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Publius Per un’Alternativa Europea Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 17 - Gennaio/Marzo 2014 distribuzione gratuita Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani Le manifestazioni in corso in questi giorni in Ucraina a favore della adesione alla UE pongono la giovane nazione e l’Europa stessa dinanzi alla loro impotenza. Le pressioni del governo russo per evi tare la ;irma di Associazi one dell’Ucraina all’Unione europea, hanno l’obiettivo di legare il paese alla pro pria in;luenza economica e geopolitica (due terzi della ;lotta russa nel Mar Nero ha le proprie basi in Uc raina). La dipendenza economica della Ucraina dalla Russia è un dato di fatto sin dal giorno dello sfaldamento della Unione Sovietica: senza il gas pro veniente dai gasdotti russi l’Ucraina non avrebbe modo né di far funzionare le proprie industrie né di provvedere al riscalda mento delle proprie città. Questo dipende dal fatto che in questi oltre venti anni di indipendenza l’Ucraina non ha avuto la capacità di sviluppare un proprio sistema ener getico che ne garantisse l’autonomia, nonostante le ingenti risorse petrolifere e di carbone di cui dis pone. In Ucraina, va ricor dato, regna la corruzione ed è presente una forte minoranza etnica russa (il 22% della popolazione è di origine russa a seguito della russi;icazione della regione sin dagli anni venti): due fattori che bloccano lo sviluppo democratico, a dispetto del succedersi di libere elezioni durante le quali il tema dei rapporti con l’in gombrante vicina potenza domina il dibattito polit ico. Che sul paese aleggi perennemente l’ombra della Russia è anche dato dal fatto che in molte scu ole gli studenti possono optare per studiare con docenti di lingua ucraina o con docenti di lingua russa: possiamo facil mente immaginare quale letteratura e quale storia studino i ragazzi nelle due diverse scuole. E’ un segno della divisione e della con traddizione culturale e politica in cui vive gior nalmente l’Ucraina. In questa situazione l’Unione europea viene vista dai cittadini ucraini non rus so;ili come una speranza di liberazione dall’in;lu enza della Russia. Ma c’è un “però” che grava su questa scelta. L’Unione europea non ha la forza politica necessaria per garantire una scelta libera Indice pag.1 Editoriale Publius pag.2 Web e democrazia: un’arma a doppio taglio Nelson Belloni pag.4 Quali possibilità per una nuova politica di difesa europea Giovanni Salpietro pag.5 Il Transatlantic Trade & Investment Partnership: più di un'area di libero scambio Francesco Violi >> pag.2

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Publius - per un'alternativa europea. Numero 17, Gennaio - Marzo 2014. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.

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PubliusPer un’Alternativa Europea

Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 17 - Gennaio/Marzo 2014

distribuzione gratuita

Giornale degli studentidell’Università di Pavia.

Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi

e di domani

Le  manifestazioni   in  corso  in  questi  giorni   in  Ucraina  a   favore   della   adesione  a l l a   U E   p o n g o n o   l a  giovane  nazione  e  l’Europa  stessa   dinanzi   alla   loro  impotenza.   Le   pressioni  del   governo  russo  per  evi-­‐tare   la   ;irma   di  Associazi-­‐one  dell’Ucraina  all’Unione  europea,   hanno  l’obiettivo  di   legare   il   paese  alla  pro-­‐pria  in;luenza  economica  e  geopolitica  (due  terzi  della  ;lotta   russa   nel   Mar   Nero  ha   le   proprie   basi   in   Uc-­‐raina).   La   dipendenza  economica   della   Ucraina  dalla   Russia   è   un   dato   di  fatto   sin   dal   giorno   dello  sfaldamento   della   Unione  Sovietica:  senza  il  gas  pro-­‐veniente   dai  gasdotti  russi  l’Ucraina   non   avrebbe  modo  né  di  far  funzionare  le   proprie   industrie   né   di  provvedere   al   riscalda-­‐mento   delle   proprie   città.  

Questo   dipende   dal   fatto  che   in   questi   oltre   venti  anni   di   indipendenza  l’Ucraina   non   ha   avuto   la  capacità   di   sviluppare   un  proprio   sistema   ener-­‐getico   che   ne   garantisse  l’autonomia,  nonostante   le  ingenti   risorse   petrolifere  e   di   carbone   di   cui   dis-­‐pone.   In  Ucraina,   va  ricor-­‐dato,   regna   la   corruzione  ed   è   presente   una   forte  minoranza   etnica   russa   (il  22%   della   popolazione   è  di   origine   russa   a   seguito  della   russi;icazione   della  regione   sin   dagli   anni  venti):   due   fattori   che  b loccano   lo   svi luppo  democratico,   a   dispetto  del   succedersi   di   libere  elezioni  durante   le   quali   il  tema   dei   rapporti  con   l’in-­‐gombrante   vicina   potenza  domina   il   dibattito   polit-­‐ico.   Che   sul   paese   aleggi  perennemente   l’ombra  

della   Russia   è   anche   dato  dal   fatto  che   in  molte   scu-­‐ole   gli   studenti   possono  optare   per   studiare   con  docenti  di  lingua  ucraina  o  con   docenti   di   lingua  russa:   possiamo   facil-­‐mente   immaginare   quale  letteratura   e   quale   storia  studino  i  ragazzi  nelle  due  diverse  scuole.  E’  un  segno  della  divisione  e  della  con-­‐traddizione   culturale   e  politica   in   cui   vive   gior-­‐nalmente   l’Ucraina.   In  questa   situazione   l’Unione  europea   viene   vista   dai  cittadini   ucraini   non   rus-­‐so;ili   come   una   speranza  di   liberazione   dall’in;lu-­‐enza   della   Russia.   Ma   c’è  un   “però”   che   grava   su  questa   scelta.   L’Unione  europea   non   ha   la   forza  politica   necessaria   per  garantire   una   scelta   libera  

Indice

pag.1  EditorialePublius

pag.2  Web  e  democrazia:  un’arma  a  doppio  taglio

Nelson Belloni

pag.4  Quali  possibilità  per  una  nuova  politica  di  difesa  europea

Giovanni Salpietro

pag.5 Il  Transatlantic  Trade  &  Investment  Partnership:  più  di  un'area  di  libero  scambio

Francesco Violi>>  pag.2

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La   capacità   di   internet   di   annullare  spazio   e   tempo   nella   trasmissione  delle   informazioni  ha  fortemente   tra-­‐sformato  la   realtà  produttiva   e   quin-­‐di   la   società   e   la   politica   in   tutto   il  mondo.   Le   opportunità   e   le   proble-­‐matiche  del  mondo  globalizzato  han-­‐no   natura   sovranazionale   anche   e  sopratutto  a  causa  di  internet.Ma  mentre   il  consenso  su  questa  va-­‐lutazione   è   ampiamente   condiviso,  nel   momento   in   cui   internet   viene  pensato   come   strumento   di   demo-­‐crazia   diretta   l'analisi   si   fa   più   com-­‐plessa.   Alcuni   attori   politici   sosten-­‐gono   che   internet   abbia   da   sè   la   ca-­‐pacità  di  sviluppare  progressivamen-­‐te  un  mondo  più  democratico  e   par-­‐tecipato   (cyber-­‐utopisti);   mentre   al-­‐tri   sostengono   persino   che   internet  possa   sostituire   il   ruolo  di  una   serie  di   fattori   della   vita   politica,   come   i  partiti,   o   che   internet   possa   essere  

considerato   una   fonte   di   cultura   e  informazioni   ideale   (cyber-­‐centri-­‐smo).  Altra  convinzione,   sempre  nel-­‐la   linea   del   cyber-­‐centrismo,   tipica  dei   "cyber-­‐entusiasti"   è   che   internet  abbia   il   potere   di   pari;icare   il   ruolo  nella   vita  politica   tra  una   piccola  or-­‐ganizzazione   e   una   grande   organiz-­‐zazione.Su  questo  tema,  un   libro  importante,  che  merita  di  essere   segnalato   per   il  suo   tentativo   di   ricerca   seria   e   do-­‐cumentata,   è   The   Net   Delusion:   the  dark   side   of   internet   freedom   di   Eu-­‐gene   Morozov,   con   cui   l’autore   si  propone  proprio  di  veri;icare  la   vali-­‐dità   delle   ipotesi   che   abbiamo   appe-­‐na  menzionato.  Il  primo  mito  che  Morozov  affronta  è  quello  relativo  alla  forza  democratica  dirompente   di   internet.   Egli   docu-­‐menta,   infatti,   con   chiarezza   ed  esempi,  quali  sono  i  rapporti  reali  dei  

Web e democrazia: un’arma a doppio taglio

ed  autonoma  dell’Ucraina.  L’ulteriore  apertura   ad   Est   dell’Unione,   con   la  prospettiva   di   una   successiva   ade-­‐sione,   creerebbe  ulteriori  squilibri   in  primis   nella   Unione   stessa,   che   già  oggi,  a  28,  senza  un  embrione  di  gov-­‐erno,  risulta   bloccata  in  qualsiasi  sua  decisione.   L’Unione   europea   d’altra  parte,   come   l’Ucraina,   è   sotto   ricatto  da   parte   del   governo   russo:  qualora  volesse,   la   Russia   è   in   grado  di  bloc-­‐care   o  di   ridurre   le   forniture   di   gas  verso  l’Unione   (in  particolare  verso  i  paesi   membri   del   Sud)   e   l’Unione,  come   l’Ucraina,   dovrebbe  cedere  alla  volontà  di  chi  può  imporre  la  propria  politica   estera   e   la   propria   politica  economica,   per   quanto   possano  essere  discutibili.  Il  grido  di  speranza  che  proviene  dai  manifestanti  ucraini  a   favore   di   una   adesione   all’Unione  dovrebbe   ricordarci   che   senza   un  governo  dell’Unione  (o  di  un  suo  em-­‐brione   partendo  dagli   Stati   dell’area  dell’euro)   l’Europa   è   oggi   impotente  nel  rispondere,  esattamente  come  sta  accadendo   in   Grecia:   le   risposte   che  oggi   l’Unione   europea   è   in   grado   di  dare   sono   solo   quelle   del   conteni-­‐mento   dei   costi   o   della   revisione  delle   politiche   di   bilancio,   perché  questo  è  il  solo  potere  di  cui  oggi  dis-­‐

pone,  ma  non  perché  vi  è  un  governo,  ma   perché   vi   è   una   Banca   centrale.  Sostenere   l’adesione   dell’Ucraina   a  questa   Unione   implica   che   qualche  Stato  membro   più   ricco   si   debba   far  carico  dei  costi  politici   ed   economici  che   questo   comporterebbe,   perché  l’Ucraina   è   una   nazione   da   ricos-­‐truire,  ma  per  farlo  occorrono  ingenti  risorse   ;inanziarie   (che   l’Unione  oggi  non  ha)   e   un   potere   politico  da   con-­‐trapporre   a   chi   il   potere   lo   ha   e   lo  esercita   (la   Russia).   Sostenere   l’ade-­‐sione   dell’Ucraina   pertanto   non  basta,   a   meno   di   non   voler   fare   del  facile   populismo.   Il   governo   russo,  per   bocca  del   suo   vice   premier  Shu-­‐valov,   ha  dichiarato  che   “nessuno   se  non   la   Russia   può   dare   all’Ucraina   i  fondi   che   le   sono  necessari,   così   ra-­‐pidamente   e   in   tali   quantità”.  Ma   ha  anche   aggiunto   un   monito   rivolgen-­‐dosi  non  solo  all’Ucraina  ma  anche  al  resto  d’Europa:  “Ma  non  li  aiuteremo  senza   qualche   impegno   da   parte  loro”.   Parole   che   possono   apparire  arroganti,  ma  che  può  esprimere  solo  chi   sa   di   avere   un   potere   politico  forte   alle   proprie   spalle.   Ai   populisti  anti  europei  presenti  nell’Unione  e  ai  populisti   ;ilo   europeisti   che   gridano  insieme   allo   scandalo   di   un’Europa  sorda   alle   grida   di   aiuto   dei   di-­‐mostranti   ucraini   va   ricordato   che  

anche   il  governo  dell’Armenia  non  ha  sottoscritto  l’Accordo  di  Associazione  e   il   governo   russo   ha   immediata-­‐mente   accordato   un   sconto   sul  prezzo  del  gas  verso  il  Paese:  la  poli-­‐tica  non  è   fatta  solo  di  slogan,  ma  di  forza  e   realismo  politico,  una   realpo-­‐litik   che   l’Unione   europea   non   può  che   subire.   L’Armenia   vale   meno  dell’Ucraina   agli   occhi   dei   nuovi   e  vecchi   populisti   che   si   riempiono   la  bocca   di   vuoti   slogan?   Negli   anni  Trenta  ci  si  chiedeva   chi  era  disposto  a   morire   per  Danzica   e   anche   allora  l’Europa   democratica   tacque   perché  non   aveva   la   forza   per   contrapporsi  al   nazismo.   Ci   volle   una   guerra   e  l’aiuto   di   una   potenza   mondiale  emergente   per   rispondere.   Oggi  q u a l e   c i t t a d i n o   d e l l ’ E u r opa  dell’Unione   vorrebbe   morire   per  l’Ucraina  sapendo  di  dover  fare   ulte-­‐riori   sacri;ici   oltre   a   quelli   che   già  stiamo  conoscendo?  La  triste  verità  è  che   la   crisi   ucraina   è   l’ennesima   di-­‐mostrazione   della   crisi   dell’Unione  europea  priva  di  reale  potere  politico  e   il  grido  di  speranza  ucraino  resterà  solo  lungo  le   sponde   del  Mar  Nero  a  meno   che   l’orso   russo   non   faccia  delle   concessioni:   all’Ucraina   e  all’Europa   che   con   il   cappello   in  mano  ringrazierà.  

Publius                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

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regimi   autoritari   con   il  web.  In  Cina,   in  Venezuela,  in   Vietnam,   in   Russia   e   in  altri  paesi,   la   rete   è   utiliz-­‐zata   anche   e   sopratutto  dai   governi  per   rafforzare  il   regime.   La   forme   sono  quella   della   censura   per  bloccare   parole   come  "democrazia",   quella   del  controllo  per  individuare   i  movimenti   di   sommossa  che   altrimenti   sarebbero  spiati   esclusivamente   dai  servizi   segreti   a   costi   su-­‐periori,  e  in;ine  quella  del-­‐la   propaganda,   arrivando  a   pagare   blogger   perché  scrivano   post  a   favore   del  regime   e   denuncino   siti   e  blog   "pericolosi   per   il   go-­‐verno".   Il  punto  è   che   non  esiste   una   capacità   intrin-­‐seca   di   internet   di   essere  strumento   di   democrazia,   e   l’espe-­‐rienza   dimostra   che,   nella   battaglia  via  web   tra   democrazia   e   autoritari-­‐smo,   quest’ultimo  ha   sempre   la   me-­‐glio.   Laddove   si   sostiene,   come   nel  caso   delle   primavere   arabe,   che   in-­‐ternet   abbia   avuto   un   ruolo   cruciale  nel  rovesciare   il   regime,  in  realtà  è  molto  dif;icile  riuscire  a  valutare  quan-­‐to   lo   strumento   di   pro-­‐paganda  via  web  sia  sta-­‐to   importante,   e   quanto  piuttosto   abbiano   pesa-­‐to   le   condizioni   di   crisi  sia   economica   che   di  consenso   presenti   nel   paese,   il   qua-­‐dro  internazionale,  l’instabilità  stessa  dei  regimi  al  potere  e   le  altre  dinami-­‐che   politiche   classiche   che   costitui-­‐vano   l’oggetto   della   propaganda   dei  rivoluzionari,   anche   via   internet.  Senza   contare   il   fatto   che   le   rivolu-­‐zioni  non  hanno  conseguito  i  risultati  che   speravano   di   ottenere.   Il  miglio-­‐ramento  delle  condizioni  in  Libia  e  in  Egitto,   ad  esempio,   è  alquanto  discu-­‐tibile;   basti   pensare,   nel   primo   caso,  all’anarchia   che   regna   nel   paese   (di  cui   il  caso  drammatico  dell’uccisione  dell’ambasciatore   americano   a   Ben-­‐gasi  è   una   delle   tante   dimostrazioni)  oppure  alla  controrivoluzione   egizia-­‐na,  dove   si  è   tornati  ad  un  nuovo  go-­‐verno  militare.     Il   cyber-­‐utopismo  è  dunque   una   concezione   piuttosto  semplicistica  di  quello  che  realmente  è   il   ruolo   di   internet   nella   battaglia  per  sviluppare  la  democrazia,  soprat-­‐tutto   là   dove   questa   ancora   non   esi-­‐ste.  Si  tratta  di  una  tesi  che  ha  riscos-­‐so  un   certo  successo  soprattutto  ne-­‐

gli  Stati  Uniti,  dove   il  cyber-­‐utopismo  si   è   sviluppato   tra   molti   policyma-­‐kers,   sia  repubblicani  che  democrati-­‐ci,   che   lo   hanno   visto   come   uno  strumento   per   tentare   di   diffondere  la  democrazia  nel  mondo  a  basso  co-­‐sto   e   senza   imbarcarsi   in   scenari   di  

politica   estera   molto  complessi.  Il  problema  è  che   una   visione   eccesi-­‐vamente   semplicistica  del   ruolo   di   internet   in  questo   campo   rischia   di  disorientare   le   forze  po-­‐litiche   che   devono   af-­‐frontare   un   mondo   già  

molto   dif;icile   e   in   continua   trasfor-­‐mazione.A  livello  globale,   il  mondo  del  cyber-­‐centrismo  è  molto  variegato.  In  Italia  abbiamo,  ad  esempio,  il  Movimento  5  Stelle   che   sostiene   che   l’unica   parte-­‐cipazione   veramente   democratica   è  quella     online,   perché  potenzialmente   coinvol-­‐ge   tutti   i   cittadini.   Negli  Usa   si  propaganda   molto  il   fatto   che   la   campagna  di  Obama   sia   stata   ;inan-­‐ziata   interamente  da   pic-­‐cole  donazioni  via  web,  e  si   omette   di   ricordare  l’amplissimo   lavoro   di  contatti   diretti   con   i   cit-­‐tadini,   inclusa   la   campagna   porta   a  porta,   che   ha   alimentato   il   consenso  per   il   presidente.   Ci   sono   poi   movi-­‐menti   che   utilizzano   internet   come  unica   fonte   di   informazione,   e   così  via.   In   generale,   sono  molte   le   forze  politiche  che  cominciano  a  sostenere,  anche   se   in  modo  poco  argomentato,  

che   svariati   elementi   che  compongono   la   realtà   della  politica   degli   Stati   stanno  ormai   venendo  via   via   sosti-­‐tuite  da  internet.Ora,   se   è   chiaro  che   internet  è  uno  strumento  formidabile,  molte   posizioni   tipiche   dei  cyber-­‐centristi   sono   invece  irrealistiche.  Un   esempio  è   il  mito  della  formazione  online.  La   formazione   online   non  esiste,   esistono   approfondi-­‐menti   online.   Internet   è  estremamente  vasto  e  la  scel-­‐ta  del  surfer   comincia  da   una  pagina   bianca   con   una   barra  di   ricerca:   solo   la   cultura  personale   dell'individuo   lo  porterà   ad   approfondire   ciò  che   desidera.  Un   altro  esem-­‐pio   è   il   dibattito.   Esistono  esperimenti   che   mostrano  come   il   dialogo   tra   persone  

;isicamente  vicine   in  grado  di  vedersi  in   faccia   sia   molto   più   accurato   ed  educato   di   quello  online   che   sembra  invece  favorire  messaggi  molto  bana-­‐li   e   semplici,   spesso   emozionali   e  spesso  iracondi,  esposti  più  facilmen-­‐te  dalle  personalità  più  rissose  a  cau-­‐sa   di   vari   fattori   come:   l'assenza   del  volto   nella   comunicazione,   la   non  contemporaneità   della   comunicazio-­‐ne,  l'assenza  di  senso  della  responsa-­‐bilità,   il   fatto   che  internet  è   in  primo  luogo  un  mezzo  di  svago,  ecc..Un   terzo  esempio  è   invece   l'idea  che  internet  pari;ichi  gli  attori  e  che  dun-­‐que   le   battaglie   politiche   del   XXI  se-­‐colo  sono  e  saranno  molto  più  demo-­‐cratiche   di  quelle  passate.   In   realtà  è  evidente  che  gli  attori  politici  che  più  hanno  bene;iciato  dei   vantaggi  di  in-­‐ternet  non  erano  affatto  degli   scono-­‐sciuti  e   che  tendenzialmente  internet  funziona   da   cassa   di   risonanza   per  

chi   ha   più   visibilità   sui  mezzi   tradizionali   di   in-­‐formazione.   Prendiamo,  ad  esempio,  il  Democratic  Party   americano   e   il   suo  ;inanziamento   volontario  da   parte   di  privati   (il   cui  importo   non   poteva   mai  superare   i   200$).   Questo  fenomeno   ha   portato  molti  a   credere   che  si   sia  

aperta   una   nuova   fase   democratica;  ma,  da  un  lato,   il  DP  era  già  conosciu-­‐to  da  tutti,  dall'altro,  larga  parte  della  sua   campagna   elettorale   è   stata   in  realtà   una   campagna   porta   a   porta,  quindi  qualcosa  che,  a  livello  applica-­‐tivo,  è    sopratutto  of;line.Un  altro  esempio  che  si  cita  spesso  di  

Il punto è che non esiste una capacità

intrinseca di internet di essere strumento

di democrazia

Se è chiaro che in-ternet è uno stru-mento formidabile, molte posizioni ti-piche dei cyber-

centristi sono inve-ce irrealistiche

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successi   web,   e   che   in   realtà   non  sono   dipesi   in   maggior   parte   da   in-­‐ternet,   è   proprio   quello   del   Movi-­‐mento   5   Stelle   che   ha   portato  molte  persone   nelle   piazze   e   che   è   stato  costantemente   pubblicizzato  da   ogni  telegiornale  televisivo  e  dalla  stampa,  anche   in   assenza   di   interviste   dei  componenti  del  movimento.Si   può   concludere   che   internet   è   un  nuovo  strumento  e   una   nuova   arena  di   confronto,   con   caratterisitiche   e  dif;icoltà   peculiari,   che   non   si   sosti-­‐tuisce   a  quelli  classici  come   le  piazze  e   le  sale   conferenza.  Internet  è  desti-­‐nato   a   divenire   un   complemento   di  ogni  organizzazione  politica  ma  il  suo  successo  dipenderà  molto  dalla  natu-­‐ra   e   dalle   capacità   di   tale   organizza-­‐zione   nel   mondo   away   from   key-­‐

board.In  conclusione,   le   continue  e  rapidis-­‐sime   trasformazioni   create   dalle   s;i-­‐de  del  mondo  globalizzato,  che  vedo-­‐no  gli  Stati  nazionali  e   la   stessa  poli-­‐tica  sempre   più  in   diffcioltà,  portano  molti   policymakers   e   osservatori   a  cercare   confusamente   una   soluzione  facile   nel   web.   In   questo   modo,   la  comunicazione   e   l'emozionalità   dei  messaggi  rischiano  di  prendere   il  so-­‐pravvento  sulla  formazione  politica  e  sulla  concretezza   dei  progetti  e   degli  obiettivi,   favorendo   contempora-­‐neamente   i  partiti   populisti  e   il   pro-­‐gressivo   distacco   dei   cittadini   dalla  vera   politica,   e   portando   alla   scom-­‐parsa   delle   organizzazioni   partitiche  che   pure   hanno   svolto   storicamente  un  ruolo  essenziale  per  la  vita   demo-­‐cratica.I   nodi   crucia l i   del la   pol i t ica  

internazionale,   dalla   crisi   economica  a   quelle  militari,   richiedono  un   salto  di   qualità   della   politica.   Per   gli  europei   il   problema   è   avere   la  capacità   di   creare   gli   Stati   Uniti  d'Europa   per   garantire   un   quadro  che   renda   possibile   affrontare  ef;icacemente   i   problemi,   ormai  sovranazionali.   Illudersi   che   la  comunicazione   e   l’uso   di   internet  possano   fornire,   di   per   sé,   la   chiave  per  risolvere  le  crisi,  rischia  di  essere  estremamente  controproducente  e  di  ritardare   il   momento   di   presa   di  coscienza   della   necessità,   oggi  ineludibile,   di   compiere   il   salto   di  superare   le   sovranità   nazionali   per  allargare   l’orbita   dello   Stato   e,   con  esso,  della  democrazia.

Nelson  Belloni

Tra   il  1950  e  il  1954  in  Europa  vi  fu-­‐rono   lunghe   trattative   attorno   alla  possibilità   di   costituire  una  Comuni-­‐tà  europea  di  difesa  (CED)  che   aveva  come   scopo   la   costituzione   di   un  esercito   europeo   per   superare   il  problema   del   riarmo   tedesco   in  un’ottica   di   reciproca   integrazione   e  per  consentire  agli  Stati  membri  del-­‐la   CECA  di   dotarsi   di   una  politica  di  difesa  e   sicurezza.  Tale   progetto  non  solo  era  solo  rivolto  allo  scopo  di  una  più   stretta   collaborazione   militare,  ma  gettava  anche   le  basi  per  la  costi-­‐tuzione   di   uno   Stato   federale   euro-­‐peo   fondato  su  una   costituzione  e  su  istituzioni   democratiche.   Le   resi-­‐stenze   degli  Stati   a   rinunciare  ad  un  pezzo   cosi   importante   della   propria  sovranità   ed   in   particolare   il   ri;iuto  dell’Assemblea  francese  a  rati;icare  il  nuovo  Trattato,   fecero   naufragare   il  progetto   CED.   L’Europa   rinunciò   de  facto  ad  adottare  una  politica  di  dife-­‐sa   comune   delegando   tale   compito  alla   NATO   e   alla   presenza   di   forze   e  armamenti   americani   all’interno   del  vecchio  continente.  Finita  però  la  Guerra   fredda   e   scom-­‐parsa   la  minaccia  sovietica,   si   è  riac-­‐ceso  sin  dalla   ;ine   degli  anni  Ottanta  il  dibattito  sulla  difesa  del  continente  e   se   questa   può   ancora   essere   dele-­‐gata  agli  USA  e  alle  loro  basi.  In  que-­‐

sto   nuovo   contesto   la   presenza   sta-­‐tunitense   (e   gli   arsenali   connessi)  all’interno  del  territorio  europeo  ac-­‐crescono  la  preoccupazione  tra   l’opi-­‐nione   pubblica   e   la   classe   politica.   A  ottobre   il   periodico   tedesco   Der  Spiegel   pubblicava   un   articolo   sulla  decisione   dell’amministrazione   ame-­‐ricana   di   “riquali;icare”   l’arsenale  nucleare   presente   sul   territorio   te-­‐desco.  L’idea  è   quella  di  rimpiazzare  

entro   il   2024   le   vecchie   testate   nu-­‐cleari   con   delle   nuove,   le   B-­‐61-­‐12,  che   hanno   un   potere   distruttivo   90  volte   superiore  a  quello  della  bomba  di   Hiroshima.   Questo   nonostante   da  tempo   la   Germania   abbia   espresso  più   volte   il  desiderio  di  vedere   que-­‐sto   arsenale   rimosso   de;initivamen-­‐te,  ma  ad  oggi  i  governi  USA  e   il  Pen-­‐tagono   non   hanno   fatto   particolari  passi   indietro   in   tal   senso,  mostran-­‐

Quali possibilità per una nuova politica di difesa europea

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doci  quanto  sia  unilaterale  il  rappor-­‐to  tra   la  piccola  Germania  e   il  colos-­‐so  statunitense.  E  la  Germania  non  è  la   sola   ad   aver   protestato   contro  l’ingerenza   americana   nella   politica  di   difesa   europea.  Guardando   all’Italia  possiamo  vedere   come  dalle   vicende   sull’am-­‐pliamento   della   base  militare   di   Vicenza   di  pochi   anni   fa   al   più  recente   caso   della   co-­‐struzione   del  MUOS   in  Sicilia,  le  reazioni  ostili  delle   popolazioni   loca-­‐li,   spesso   in   sintonia  con   la   più   generale  opinione  pubblica,   non  abbiano   sortito   effetti  ancora   una   volta   a  causa   della   “sudditan-­‐za”   di   tutti   i   paesi   eu-­‐ropei  di  fronte  allo  strapotere   statu-­‐nitense.  E’  chiaro  che  se  in  Europa  si  vuole   rinegoziare   alla   pari   con   gli  USA  il   tema   della  difesa,  non  si   può  farlo   senza   una   politica   estera   co-­‐mune   in   grado  di   proporre  alla  NA-­‐TO   un   nuovo   piano   per   da   difesa  europea   –  anche   per  rinegoziare  ra-­‐dicalmente  i  termini  del  vecchio  Pat-­‐to  Atlantico.  Andare   a   “ripescare”   un   progetto  analogo   a   quello   della   CED,   non   è  solo  un  modo   per  potersi   sganciare  dall’ingerenza  statunitense,  ma  offre  anche   la  possibilità   di   notevoli   van-­‐taggi  sia  dal  punto  di  vista  economi-­‐co   sia   dal   punto   di   vista   politico-­‐strategico.   In   tempo   di   crisi   econo-­‐mica  è   chiaro  che  una   riquali;icazio-­‐ne   della   spesa   militare   che   riduca  drasticamente   i   costi  senza   intacca-­‐re   la  qualità   delle   forze   armate  non  può   non   essere   presa   in   considera-­‐zione.   E’   possibile   osservare   come  negli   ultimi   decenni,   salvo   rare   ec-­‐cezioni,   l’impiego   degli   eserciti   eu-­‐ropei   in  missioni   all’estero  sia   sem-­‐pre   stato   fatto   all’interno   di   forze  multinazionali   sotto   mandato   della  NATO   o  dell’ONU.   Se   da   un   lato   ciò  ha   reso   necessario   l’istituzione   di  organismi   integrati   per   favorire   la  cooperazione   tra   le   varie   forze   ar-­‐mate,   dall’altro  questo  dato   pone   il  dubbio   se   abbia   ancora   senso  man-­‐tenere   in  piedi  le  strutture  nazionali  delle   forze   armate   con   tutti   i   costi  che  ne  derivano,  quando  si  potrebbe  avviare   un   processo   concreto   di   in-­‐tegrazione   verso   la   costituzione   di  un  esercito  comune.  E’   su   un   aspetto   particolare   che   è  necessario   soffermarsi:   nei   bilanci  

destinati   alla   difesa   dei   vari   paesi  europei,   si   può  notare   come   diversi  capitoli   di   spesa   (addestramento,  strutture   di   supporto,   acquisto   di  beni  e  servizi,   investimenti   su  ricer-­‐

ca   e   sviluppo  di  nuovi  armamenti) ,   s iano  comuni  a  tutti  i  28  sta-­‐ti  membri  e   spesso  gli  stessi   paesi   fanno   in-­‐vestimenti   su   ricerche  analoghe   ma   distinte.  Invece   di   prevedere  un   piano  di  ottimizza-­‐zione  dei  costi  e  di  ac-­‐corpamento   delle   va-­‐rie   agenzie   di   ricerca  che   garantirebbe   ri-­‐sparmi   notevoli,   gli  Stati   dell’UE   continua-­‐no   a   perseverare   nel  perseguire   le   loro   po-­‐litiche   nazionali.   E’  

dif;icile   fare   una   stima   precisa   sulle  spese   attuali   e   i   possibili   risparmi,  ma   basti   pensare   ad  esempio  ad   al-­‐cuni  casi  speci;ici  come   le   spese  nel  settore  della  ricerca  aereonautica,  in  cui  le  spese  complessive  dell’Europa  sono   state   superiori   a   quelle   degli  USA,  pur  avendo  lavorato  su  proget-­‐ti   analoghi   e   con   risultati   inferiori.  La   moltiplicazione   delle   spese   e   le  conseguenti   diseconomie   di   scala  nell’ambito  produttivo  sono  un  chia-­‐ro  “spreco”  su  cui  i  paesi  dell’UE  do-­‐vrebbero   cominciare   a   ri;lettere.  Una   stima   approssimativa   ci   dà   in-­‐fatti  una   forbice   tra   i  20  e   i  120  mi-­‐liardi  di  euro  l’anno  in  risparmi  pos-­‐sibili;   si   tratta   chiaramente   di   una  

forbice   molto   ampia,   che   tuttavia  non  può  essere  sottovalutata.Da   un  punto  di   vista  politico-­‐strate-­‐gico,   la  creazione  di  una   forza  di  di-­‐fesa   europea   non   deve   essere   vista  come   sintomo   di   una   “tensione   im-­‐perialista”   dell’Europa;   al   contrario  come  mostra   la   natura   di   alcuni   in-­‐terventi   recenti   come   Kosovo   e   Li-­‐bano  dove  ancora  oggi  sono  in  corso  le  missioni  di  peace-­‐keeping,   l’Euro-­‐pa   potrà   giocare   un   vero   ruolo   di  forza   di   pace   nel   quadro   dell’ONU  nell’area   mediterranea.   La   costitu-­‐zione   di   un   esercito   europeo   può  essere   l’occasione  di  dare   autorevo-­‐lezza   alla   politica  estera  europea,   se  essa   si  doterà   delle   istituzioni   e   de-­‐gli  organismi  necessari,  in  primis  un  vero   ministero   degli   affari   esteri,  che   superi   la   frammentazione   delle  linee   politiche   adottate   dai   diversi  Stati,   spesso   troppo   schiacciate   su  posizioni  ;iloamericane.  La  mancan-­‐za  di  un   ruolo  dell’Europa   nelle  Pri-­‐mavere   arabe   è   stata   un   sintomo  dell’incapacità   europea   di   sedere   al  tavolo   delle   relazioni   tra   le   grandi  potenze  in  condizioni  di  parità.  Le  precondizioni  per  la  costituzione  dell’esercito   europeo   esistono   già;  attualmente  vi  sono  in  vigore  diversi  progetti   di   brigate   multinazionali,  costituite   da   forze   di   diversi   paesi.  Implementare   tali   progetti,   istitu-­‐zionalizzarli   e   avviare   un   percorso  verso   una   maggiore   cooperazione  tra   tali   forze   può   permettere   di   co-­‐stituire  un  nucleo  da  cui  partire.  Allo  

La costituzione di un esercito europeo può essere l’occasione di

dare autorevolezza al-la politica estera euro-pea, se essa si doterà delle istituzioni e degli organismi necessari, in primis un vero mi-

nistero degli affari esteri

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stesso  modo,  accorpare  e  rafforzare  i  poteri  delle   diverse  agenzie  europee  che  al  momento  si  occupano,  seppur  in  ambiti  ristretti,  dell’acquisto  e  del-­‐la  condivisione  dei  beni,  può  rappre-­‐sentare  la   creazione  di  un  primo  nu-­‐cleo  amministrativo  del   futuro  eser-­‐cito  europeo.  E’   chiaro  che  accanto  a  questo  processo  –  e  per  molti  aspetti  come   sua   pre-­‐condizione   –   dovrà  accompagnarsi   lo   sviluppo  di   istitu-­‐zioni   democratiche   sovranazionali  che   abbiano   il  monopolio  sulla   poli-­‐tica  estera  e  di  difesa.  

Insomma   dopo   sessant’anni   dal   fal-­‐limento   della   CED   gli   europei   si   ri-­‐trovano   davanti   lo   stesso   bivio:   ri-­‐nunciare   a   parte   della   propria   so-­‐vranità   per  poter   provvedere   da   sé  alla   propria   sicurezza   e   riacquisire  autorevolezza   sul   piano   internazio-­‐nale,   o  scegliere   la   strada  della   con-­‐servazione  per  continuare   a   contare  poco  nello  scacchiere   internazionale  e   lasciare   ad   altri   la   responsabilità  della  difesa  europea.

Giovanni  Salpietro

Il Transatlantic Trade & Investment Partnership: più di un'area di libero scambio

In tempo di crisi economica è chiaro che una riqualifica-zione della spesa militare che riduca drasticamente i

costi senza intaccare la qualità delle forze armate non può non essere presa

in considerazione

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Il  28  novembre   2011,   a  Washington  D.C.,   al   termine   del   classico   vertice  bilaterale   tra   UE-­‐USA,   venne   annun-­‐ciato   che   gli   Stati   Uniti   e   l'Unione  avrebbero   proceduto   a   ;inalizzare  un'area   di   libero   scambio.   I   motivi  sottostanti   sono  molteplici,   secondo  le   conclusioni   del   vertice:   l'aumento  della   cooperazione   economica   tra   le  due   aree   attraverso   la   riduzione   di  tutte  quegli  ostacoli,  di  tipo  tariffario  e  di  tipo  non  tariffario,  che  porteran-­‐no  anche   alla   creazione   di   nuovi  po-­‐sti  di  lavoro.Il   vertice   quindi   incaricò   il   Transa-­‐tlantic  Economic  Council,  di   istituire  un   gruppo   di   lavoro   di   alto   pro;ilo,  (High   Level   Working   Group)  che   avrebbe   dovuto   indivi-­‐duare   le   aree   di   intervento  che   un   accordo   di   libero  scambio   avrebbe   dovuto   af-­‐frontare.   Il   report   ;inale   del  HLWG  venne   presentato   l’11  febbraio   2013:   in   esso   si   fa-­‐ceva   menzione   dell'abolizio-­‐ne   di   tutte   le   barriere   di   tipo  tariffario   e   si   affrontava   la  questione  della  riduzione  del-­‐le  barriere  di  tipo  non  tariffa-­‐rio,  attraverso  la  convergenza  verso  una  piena  compatibilità  dei   sistemi   legali   e   delle   nor-­‐me   commerciali.   I   settori  d'intervento,   da   includere  nelle   trattative   per   la   realiz-­‐zazione   dell'area   di   libero  scambio   indicati   dal   HLWG  sono:   i   beni,   i   servizi,   i   pro-­‐dotti   sanitari   e   ;ito-­‐sanitari,   i  diritti  di  proprietà  intellettua-­‐le,   gli   appalti   pubblici,   i   beni  

elettronici,  digitali   ed   informatici,  gli  investimenti  diretti,   le   misure   per   le  piccole   e   medie   imprese,   i   sussidi  pubblici,   le   imprese   sotto   controllo  statale,   l’approvvigionamento   ener-­‐getico   e   il   commercio   di   materie  prime,   la   risoluzione   dei   con;litti  commerciali,   la   forza   lavoro   e   l’am-­‐biente.Secondo  il  contenuto  del  report  ;ina-­‐le   del   HLWG,   il   Transatlantic   Trade  and   Investment   Partnership   (TTIP)  non  sarà  un  semplice  accordo  tariffa-­‐rio:   dal  momento  che   le   tariffe   com-­‐merciali   tra   USA  e   EU   sono   già   bas-­‐sissime,   al   punto   che   un   loro   totale  annullamento,   secondo   due   studi  

fatti   dal   CEPR  (Centre   for   Economic  Policy   Research)   di   Londra   e,   con-­‐giuntamene,  dagli   istituti    IFO   (Insti-­‐tut   für   Wirschaftsforschung)   di   Mo-­‐naco   e   Bertelsmann   Stiftung   di   Gü-­‐tersloh,   avrebbe   degli   effetti   relati-­‐vamente   ridotti   su   una   crescita   del  PIL   delle   due   aree.   Sarà   invece   un  High  Level  Comprehensive  Agreement  (come   lo   hanno  de;inito   i   presidenti  Barroso,  Obama  e  Van  Rompuy  in  un  comunicato   congiunto   del   13   feb-­‐braio,  nel  quale   i   tre   presidenti  han-­‐no  confermato  l'impegno  a  iniziare  le  trattative),   cioè  un  accordo  comples-­‐sivo   che  prevede  una   vera   e   propria  convergenza   sul   versante   del   diritto  

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Scheda personaggio - Emery RevesEmery   Reves   nacque   a   Bácsföldvár,  Ungheria,   da   genitori  ebrei  e  fu  edu-­‐cato   a   Berlino,   Zurigo   e   Parigi.   Di  professione   scrittore,   giornalista   e  editore   costruì   la   sua   carriera   alle  dipendenze   di   Winston   Churchill  come  suo  agente  delle  comunicazioni  per   la   propaganda   anti-­‐nazista.  Quando  Churchill  fu  eletto  Primo  Mi-­‐nistro,   Reves   fu   inviato   a   New   York  per  organizzare   la   campagna  di  pro-­‐paganda   anti-­‐nazista.   Durante   la  guerra   formò   un   proprio   pensiero  sulle   origini  della   guerra   mondiale   e  sull’unica   possibile   vera   pace,   che  culminarono   nella   pubblicazione   del  libro  Anatomia   della  Pace,   nel   1945,   che   ebbe  un  suc-­‐cesso  strepitoso.   Il  libro,   sostenuto  da   una   forte   carica  emotiva  e  morale,  con  chiaro  intento  didascalico  e  per-­‐suasivo,   denuncia   le   teorie   sulle   origini   della   guerra,  l’anarchia   istituzionale   del   mondo,   le   contraddizioni  

della   divisione   del   mondo   in   Stati  nazionali,   le   inef;icaci   soluzioni   per  mantenere   la   pace   (riduzione   degli  armamenti,  creazione  dell’ONU).

Tra  le  sue  frasi  più  celebri:  

«Per   dirla   brutalmente,   il   signiNicato  della  crisi   del  secolo  ventesimo   è   che  questo  pianeta  deve  in  un  certo  grado  essere   posto   sotto  un   controllo   uniNi-­‐cato.  Il  nostro  compito,  il  nostro  dove-­‐re   è   tentare   di   istituire   questo   con-­‐trollo   uniNicato   in   modo   democrati-­‐co».

«Nel  mezzo  del   ventesimo  secolo,   non  si  può  considerare  rivoluzionario  nessun  movimento  che  non  concentri  la  sua  azione  e  la  sua  forza  nello  sradicare  quella  istituzione  tirannica  (lo  Stato  nazionale)  che,  per  la  propria  autoconservazione   e   autogloriNicazione,   tra-­‐sforma  gli  uomini  in  assassini  e  schiavi».

commerciale.Il   Consiglio   dei   ministri   degli   esteri  dell'UE  ha  dato  il   via   libera   alle   trat-­‐tative   il  14  giugno  scorso,  dopo  il  su-­‐peramento   del   veto   francese.   L'op-­‐posizione  della  Francia   si  basava  sul-­‐la   volontà   di  applicare   una   principio  di   eccezione   culturale,  ovvero   l'esclusione   di  tutti   i   beni   di   tipo   au-­‐diovisivo  dalle   trattati-­‐ve   e   dalle   competenze  del   trattato.  La   ragione  di  questa  decisione  era  il   timore   di   un   dum-­‐ping   linguistico-­‐cultu-­‐rale   esercitato   dagli  USA   verso   i   paesi   eu-­‐ropei  non   anglofoni.   In  un   momento   iniziale  più   governi   europei   si  erano   schierati   al   suo  ;ianco  nel  richiedere   l'eccezione   cul-­‐turale.   Successivamente,   essendo  venuto   meno   il   sostegno   degli   altri  paesi   all'iniziativa   francese,   la   Fran-­‐cia   rimase   sola   ma   ferma   nella   sua  volontà  di  porre  il  veto  all'inizio  delle  trattative,  qualora   i  prodotti  audiovi-­‐sivi   non   fossero   stati   esclusi.   Solo  l'accettazione   dell'eccezione  cultura-­‐le   come   principio   dei   negoziati   per-­‐mise   il   consenso   della   République  all'inizio   delle   trattative.   Ad   oggi,   si  sono   tenuti   due   rounds   di  negoziati,  uno  a   luglio  e  uno  a   novembre,   e  un  terzo  è  previsto  per  dicembre.

Gli   effetti   del   TTIP   sull'economia  europea:

Al  momento,   sono   due   gli   studi,   già  citati   precedentemente,   che   si   sono  concentrati  su  un'analisi  approfondi-­‐ta   degli   effetti   macroeconomici   del  

TTIP   sulle   economie  europea   e   statunitense:  lo   studio   del   CEPR   e  quello  degli   istituti    IFO  e  Bertelsmann  Stiftung.Entrambi   gli   studi   pre-­‐vedono   che   un   accordo  complessivo   avrebbe  effetti  molto  positivi  su  ambedue   le   aree:   il  CEPR   parla   di   un   in-­‐cremento   del   PIL   UE  che   va   dai   62   ;ino   ai  119   miliardi   di   euro  l'anno,   e  ad  uno  di   49,5  

;ino  a   95  miliardi   di   euro  l'anno   per  gli   USA,   e   degli   effetti   positivi   sui  paesi   terzi   per   circa   100  miliardi   di  euro   l'anno.   A   livelli   as-­‐soluti,   un   gioco  win-­‐win,  che  può  creare  maggiore  ricchezza   e   benessere  per  tutte   le  parti.  E'  inte-­‐ressante   notare   che,   lo  studio  del  CEPR,  non  so-­‐lo   considera   UE   e   USA  come   due   blocchi   unici,  ma   usa   come   indice   di  calcolo   il   PIL   e   volumi  commerciali   in   termini  assoluti.  Molto   diverso   è  

lo   studio   del   IFO/Bertelsmann.  Que-­‐sto   studio,   calcola   gli   effetti   degli  scenari  del  TTIP  su  diversi  indici:  PIL  reale  pro-­‐capite,   ;lussi  commerciali  e  effetti  sull'occupazione.   La  particola-­‐rità   è   che,   a   differenza   dello   studio  del   CEPR,   questo   studio   considera  non   l'Unione   europea   come   un   uni-­‐cum,   ma   va   a   considerare   gli   effetti  del   TTIP   (sia   nello  scenario  minimo  di   sola   abolizione   delle   tariffe,   sia  nello   scenario   più   ambizioso  ovvero  di   liberalizzazione   complessiva)   sui  singoli   paesi   UE.   Con   risultati   molto  interessanti:Uno  scenario  di  abolizione   delle   sole  tariffe,   avrebbe   effetti  marginalmen-­‐te  bassi,  sebbene   positivi,     sulla  cre-­‐scita   del   PIL   reale   pro-­‐capite   delle  due   aree   (ovvero,   dei   singoli   paesi  UE  e  degli  USA  nel  complesso),  men-­‐tre  una   liberalizzazione   complessiva,  andrebbe  ad  incidere   in  modo  molto  positivo   sulla   crescita   del   PIL   degli  USA  e  di  tutti  i  28  paesi  UE.  Tuttavia,  

secondo   questo   studio,  avrebbe   effetti   negativi  sul   PIL   pro-­‐capite   reale  di   tutti   i   paesi   terzi,  compresi  i  BRICS,   i  paesi  EFTA,   NAFTA   e   i   paesi  candidati   all'ingresso  nell'Unione.   Inoltre,   ri-­‐sulta  molto   interessante  lo   studio   che   avrebbe  ques to   accordo   su l  commercio  tra   paesi  UE:  se,   infatti,   soprattutto  

Il TTIP non sarà un semplice accordo tariffario [...] sarà invece un "High Le-vel Comprehensive

Agreement" che prevede una vera e propria convergen-za sul versante del diritto commerciale

il consiglio dei ministri degli

esteri dell'UE ha dato il via libera alle trattative il

14 giugno scorso, dopo il supera-mento del veto

francese

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Publius - Per un’alternativa europeaNumero 17 - Gennaio/Marzo 2014

publius-unipv.blogspot.comVia Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3409309590 - E-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Giacomo GanzuRedazione: Nelson Belloni, Federico Butti, Laura Filippi, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Luca Lionello, Maria Vittoria Lochi, Ga-briele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Carlo Maria Palermo, Francesco Pericu, Elena Passerella, Giovanni Salpietro, Giulio Saputo, Romina Savioni, Giulia Spiaggi, Bianca Viscardi, Francesco Violi, Gabriele Volpi.Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l

Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.

Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009

Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studentiDistribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic.

nello   scenario   della   liberalizzazione  complessiva,   aumenterebbero  molto  i   ;lussi  commerciali   tra   singoli  paesi  UE   e   Stati   Uniti,   al   tempo   stesso   di-­‐minuirebbe   in   modo   sostanziale   il  commercio   intra-­‐UE,   dal   momento  che   molte   imprese   dei   singoli   paesi  membri   troverebbero   molto   conve-­‐niente   fare  affari  negli  USA  e  con  im-­‐prese  d'oltreoceano,  una  volta  venuti  meno  quegli   ostacoli   attualmente   in  essere.   Questo   calo   complessivo   del  commercio   intra-­‐UE   avrebbe   effetti  modesti  nello  scenario   “solo  tariffe”,  mentre,   nel   caso  di  quello  di   una   li-­‐beralizzazione  complessiva,  gli  effet-­‐ti   sarebbero   molto   profondi.   Ad  esempio,   i   ;lussi   commerciali   tra  Germania   e   USA,   in  questo   scenario,  aumenterebbero   del   93,5%,   ma   al  contempo,   il   commercio   tra   Germa-­‐

nia   e   Francia   calerebbe  del   23,45%,  quello   Germania-­‐Italia   del  29,45%  e  quello   Germania-­‐paesi   PIIGS,   com-­‐plessivamente   del   31%   .   Nell'insie-­‐me,  si  rafforzerebbe  in  modo  sostan-­‐ziale   la   relazione   commerciale   tra  USA  e   UE  e   con  essa   il  benessere  di  entrambe   le   parti,   anche   in   termini  di   crescita   di   posti   di   lavoro,   ma   al  contempo   ci   sarebbero   forti   riper-­‐cussioni   all’interno   dell’Unione   eu-­‐ropea.   E'   altrettanto   interessante  rilevare   che   lo   studio   IFO/Ber-­‐telsmann   non   ha   fatto   un'indagine  analoga   sugli   effetti  del   TTIP   sui  50  stati  dell'Unione  americana.

Un  matrimonio  che  si  ha  da  fare?

In   termini   economici   e   quantitativi,  un   accordo   del   genere,   nella   sua  

forma   più   ambiziosa,   sa-­‐rebbe   il   più   grande   accor-­‐do   commerciale   della   sto-­‐ria,  sia  in  termini  di  PIL  dei  partner   coinvolti,   sia   in  termini   di   ;lussi   commer-­‐ciali,   sia   in   termini  di  gua-­‐dagni   reciproci.   Un   affare  conveniente   per  entrambe  le   parti,   nonostante   ci   in-­‐duca  a  ri;lettere  il  fatto  che  ciò   possa   portare   ad   un  calo   del   commercio   intra  paesi  UE,   bilanciato   da   un  fortissimo   aumento   del  commercio  UE-­‐USA.E'  da   rimarcare   il  fatto  po-­‐sitivo  che   gli  Stati   Uniti,   in  questo   momento,   stanno  trattando   con   un'unica  controparte   europea,   ov-­‐vero   la   Commissione.   Non  è   da   escludere,   che   nel  ca-­‐so  le   trattative   giungano  a  buon   ;ine,   questo   prece-­‐dente   possa   essere   positi-­‐

vo   per   degli   accordi   futuri   riguar-­‐danti   altri   ambiti,   e   non   è   da   esclu-­‐dere   che   la   ;inalizzazione   e   l'entrata  in   vigore   del   TTIP,   possa,   nel   lungo  termine,   portare   ad   una   maggiore  convergenza,   anche   politica,   tra   le  due  sponde  dell'Atlantico.Appare  però  evidente  come,  af;inché  questo   accordo   non   crei   squilibri  capaci  di  indebolire  ulteriormente   la  coesione   europea   e   di   accrescere   il  divario   tra   paesi   europei   a   diversa  vocazione   commerciale,   da   parte  dell’Europa   questo   grande   progetto  si   deve   accompagnare   con   una   suo  parallelo   rafforzamento   dell’unione  politica   a   complemento   dell’attuale  unione  economica  e  monetaria.

Francesco  Violi