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__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Az ienda UL.SS. n. 8 - via Fores tuzzo, 41 - 31011 Asolo (TV) - te l. 0423/5261 - fax 0423/526308 - c .f. e p . i.v.a . 00896810264 - www.ulssasolo .ven. itservizio di prevenzione e protezione - via Ospedale, 18 - 31033 Castelfranco Veneto (TV) - tel. 0423/731909 - fax 0423/732222 - e mail: [email protected]
Codifica …………..
Regione del Veneto
AZIENDA U.L.SS. N. 8 ASOLO
PROCEDURAAZIENDALE
PER IL RISCHIOBIOLOGICO NELLE
ATTIVITA’ TERRITORIALI Rev. 0 del …………
Preparato da
dr.ssa Patrizia De Matteisdott. Paolo Menna
dr.ssa Alessandra Luisa Amorena
dott.ssaNadia Cavalli,GabriellaDaneluzzo,Polo carla
Ruolo
Medico Competente del LavoroResponsabile Servizio PrevenzioneProtezionedirigente veterinario
infermiere
DataGiugno 2009
In collaborazione con U.O. territorialiApprovato da:dr.ssa Paola Corziali
RuoloDirettore Sanitario
DataLuglio 2009
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INDICE
Premessa pag. 4
Il rischio biologico pag. 5
La trasmissione delle malattie pag. 6
Le precauzioni universali pag. 8
Lavaggio delle mani pag. 9
Dispositivi di protezione individuale pag. 9
Gestione di aghi e taglienti pag. 12
Trattamento di dispositivi e materiali riutilizzabili pag. 13
Pulizia, sanificazione e disinfezione di superfici e ambienti pag. 13
Gestione e trasporto del materiale biologico pag. 14
Trattamento effetti letterecci pag. 14
Smaltimento dei rifiuti pag. 15
Misure di protezione per manovre ad alto, medio e basso rischio pag. 16
La sorveglianza sanitaria pag. 17
Le vaccinazioni pag. 18
Gestione infortunio a rischio biologico pag. 19
D.Lgs. 81/08: Obblighi dei lavoratori, formazione del personale pag. 21
Riferimenti bibliografici pag. 22
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Rischio professionali e Medicina Veterinaria
Introduzione pag. 23
Rischi fisici pag. 24
Rischi chimici pag. 24
Rischio biologico pag. 25
Valutazione del rischio biologico pag. 26
Le zoonosi pag. 27
Leptospirosi pag. 27
Mal rosso pag. 28
Brucellosi pag. 29
Febbre Q pag. 29
Tubercolosi pag. 30
Dermatofizie (micosi) pag. 30
Psittacosi Ornitosi pag. 31
Idatidosi pag. 31
Escherichie coli produttori di verocitossine pag. 31
I rischi emergenti pag. 31
Rischio da allergie pag. 33
Dispositivi di protezione individuale pag. 34
Bibliografia pag. 34
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PREMESSA
L’esposizione ad agenti infettanti può causare infezione e malattia.
Le conseguenze possono essere diverse in relazione alla natura dell’agente, alla via di infezione ed alla recettività
dell’ospite. L’infezione può essere localizzata o generalizzata e i sintomi possono comparire dopo pochi giorni o dopo
mesi e anni. Le conseguenze possono essere lievi o molto gravi, temporanee o persistenti.
Diversi microrganismi vengono considerati poco patogeni o innocui ma spesso anche questi possono provocare malattia
in soggetti deboli o immunodepressi.
Il D.Lgs. 81/08 affronta in maniera specifica il rischio conseguente all’esposizione ad agenti biologici, non solo per le
attività che ne comportano l’utilizzo diretto ma anche per quelle in cui la loro presenza è occasionale, come nell’attività
assistenziale nei luoghi di ricovero e cura.
Gli operatori sanitari durante l’attività lavorativa corrono il rischio di acquisire infezioni da agenti biologici patogeni
venendo a contatto con i pazienti o con i loro liquidi biologici.
La conoscenza di questo rischio, degli agenti biologici che lo determinano, della loro modalità di trasmissione, delle
precauzioni da adottare è fondamentale per prevenirlo.
RISCHIO BIOLOGICO
Per rischio biologico non si intende qualsiasi esposizione a materiale
biologico, ma è più utile indirizzare l’attenzione sul fatto che vengano
eseguite o meno le procedure a maggior rischio di esposizione, quali le
exposure prone procedures (EPP) (Commissione Nazionale per la Lotta
contro l’AIDS, 1995; Coggiola e Meliga, 2000; UKDepartment of
Health, 2002c).
AGENTE BIOLOGICO
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IL RISCHIO BIOLOGICO
In ambiente sanitario i microrganismi patogeni con i quali gli operatori sanitari entrano più
frequentemente in contatto sono:
Virus dell’epatite B (HBV)
Virus dell’epatite C (HCV)
Virus dell’AIDS (HIV)
Micobacterium tubercolosis (TBC).
Il rischio biologico può essere effettivo o potenziale.
Rischio effettivo:
E’ presente nelle attività in cui avviene un uso deliberato o intenzionale di agenti biologici quali: le
attività di ricerca o sperimentazione, le attività di laboratorio e le prove biologiche su animali o cellule.
Rischio potenziale:
Nelle attività in cui la presenza di agenti biologici è un’evenienza possibile, vi è un potenziale rischio
di esposizione ad agenti biologici. La maggior parte delle strutture sanitarie è compresa in questa
seconda categoria: ospedale, territorio, domicilio.
Tutti i soggetti a cui viene fornita assistenza sanitaria unitamente ai relativi effetti personali, devono
essere considerati potenzialmente infetti ed infettanti.
I momenti e le situazioni a maggior rischio sono le seguenti:
Tutte le attività che comportano l’utilizzo di oggetti appuntiti;
Iniezioni intramuscolari, prelievi, terapie infusionali;
Lo smaltimento di aghi, taglienti, biancheria e rifiuti;
La detersione e disinfezione di materiale tagliente;
La manipolazione e il trasporto di materiale biologico;
Le attività chirurgiche, incluse le medicazioni;
Le attività di laboratorio;
Tutte le manovre invasive compiute sul paziente.
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LA TRASMISSIONE DELLE MALATTIE
Gli operatori sanitari possono contrarre infezioni, in seguito
all’esposizione ad agenti biologici in ambito lavorativo per via:
► Area
► Droplets
► Cutanea
► Parenterale
► Entrale
VIA AEREA
La trasmissione degli agenti patogeni avviene attraverso nuclei di goccioline
aerodisperse provenienti da residui di particelle e goccioline evaporate contenenti
microrganismi che rimangono sospesi nell’aria e che possono essere dispersi dalle
correnti d’aria all’interno di una stanza o attraverso grandi distanze (morbillo, varicella,
tubercolosi).
ATTRAVERSO DROPLETS
Alcune malattie virali (influenza) o batteriche (tubercolosi, pertosse, meningite) possono essere trasmesse attraverso
goccioline di grandi dimensioni (droplets) emesse dal paziente quando parla, tossisce, starnutisce o durante manovre
invasive (broncoscopia, aspirazione endotracheale). Perché si verifichi il contagio è necessario un contatto molto
ravvicinato.
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CUTANEA
Alcune infezioni possono diffondersi attraverso un contagio cutaneo direttamente (da cute a cute) o
indirettamente (attraverso effetti letterecci).
Da pazienti infetti con agenti biologici infettivi che vivono e si replicano negli strati della pelle.
Il personale a maggior rischio espositivo è rappresentato nei reparti di degenza.
VIA PARENTERALE
La via parenterale riguarda la trasmissione di agenti biologici in grado di provocare malattie attraverso il sangue o
liquidi biologici contenenti sangue infetto.
Ogni qualvolta l’operatore preveda il contatto con sangue o con altri liquidi biologici, deve sempre utilizzare
appropriate misure di barriera e adottare le precauzioni universali.
Il rischio di infezione in ambito sanitario può essere favorito da manovre o procedure non corrette e mancato utilizzo
dei dispositivi di protezione Individuale (DPI).
VIA ENTERALE
Nella trasmissione orofecale l’agente infettante entra nell’organismo attraverso la
bocca e viene eliminato (dai soggetti malati o portatori) con le feci. Queste malattie
(es. salmonellosi, epatite A) si diffondono:
per ingestione di alimenti contaminati da soggetti malati o portatori che non
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osservano le elementari norme di igiene personale (es. lavare accuratamente le mani dopo l’uso del bagno);
per ingestione di prodotti della terra, verdure, ortaggi, che sono stati coltivati in terreni irrorati da acque
inquinate da feci e che vengono consumati senza adeguato lavaggio o cottura;
per ingestione di frutti di mare crudi o non sottoposti ad adeguata cottura oppure pescati o coltivati in acque
marine inquinate da scarichi fognari.
LE PRECAUZIONI UNIVERSALI (D.M 28/09/90)
Definizione
Sono misure da adottare per prevenire l’esposizione parenterale, cutanea e mucosa nei casi in cui si preveda un
contatto accidentale con liquidi biologici.
A chi sono indirizzate
A tutti gli operatori sanitari la cui attività professionale può comportare un contatto con sangue e materiali
biologici di pazienti durante prestazioni sanitarie in ambito ospedaliero, territoriale e domiciliare.
A quali pazienti devono essere applicate
A tutti i pazienti, indipendentemente dalla diagnosi e dall’età.
Quando devono essere applicate
Sia durante l’esecuzione di procedure assistenziali, diagnostiche e terapeutiche che prevedono un possibile
contatto accidentale con liquidi biologici, sia quando si maneggiano strumenti o attrezzature che possono esser
contaminati con sangue o altri materiali biologici.
Materiali infettanti
Sangue
Secrezioni genitali maschili e femminili
Liquor
Liquidi: pleurico, pericardico, peritoneale, sinoviale, amniotico
Tessuti
Tutti gli altri materiali (feci, urine, secrezioni nasali, escreato, saliva, lacrime, sudore, vomito, latte
materno) sono considerati infettanti se sono visibilmente contaminati con sangue.
Che cosa prevedono
1. Lavaggio delle mani;
2. Uso dei dispositivi di protezione individuale;
3. Gestione aghi e taglienti;
4. Decontaminazione, pulizia, disinfezione, sterilizzazione di presidi e attrezzature;
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5. Pulizia, sanificazione, disinfezione di superfici e ambienti;
6. Ttrasporto campioni biologici
7. Trattamento effetti letterecci;
8. Smaltimento rifiuti.
1. LAVAGGIO DELLE MANI
Il lavaggio frequente delle mani è riconosciuto come la più importante misura per ridurre il rischio di
trasmissione di microrganismi da una persona all’altra o da una localizzazione all’altra nello stesso paziente.
Lavarsi le mani è un’operazione semplice, ma deve avvenire secondo alcune regole.
Lavaggio sociale e/o antisettico:
1) insaponare le mani accuratamente (dita, palme, dorso, polsi, unghie) per almeno 10 secondi; sciacquare con
acqua corrente in modo completo;
2) in caso di imbrattamento con liquidi organici, procedere al lavaggio con acqua e sapone per almeno 30
secondi seguito da antisepsi (usare prodotti a base di Clorexidina 4%, PVP J) in modo completo, sciacquare con
acqua corrente, asciugare bene con salviette in carta monouso;
3) chiudere i rubinetti, se non presenti i dispositivi di azionamento a leva o a pedale, con salviette di carta
monouso.
E’ necessario lavare la mani prima e dopo:
Contatto con ferite;
Procedure invasive;
Tra operazioni su pazienti diversi;
In tutti i casi in cui si sospetti di essere venuti a contatto con liquidi biologici.
2. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)
Qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o
più rischi presenti nell’ambiente di lavoro, suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute, nonché ogni
complemento o accessorio destinato a tale scopo.
I DPI sono impiegati quando i rischi non possono essere evitati o ridotti in misura sufficiente.
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Guanti
I guanti, barriera fisica tra la cute delle mani e l’ambiente esterno, rappresentano un DPI indispensabile per
prevenire i rischi in ambito sanitario, escluse le lesioni dovute ad aghi e taglienti.
I guanti devono essere indossati:
quando si eseguono manovre in cui è prevedibile il rischio di contatto con sangue od altro liquido
biologico;
durante l’esecuzione di procedure di accesso vascolare (prelievi, iniezioni, posizionamento di dispositivi
di accesso vascolare...);
durante l’esecuzione di prelievi su lobi auricolari, talloni e dita di neonati e bambini;
durante l’addestramento del personale all’esecuzione di prelievi;
quando si maneggiano strumenti appuntiti e taglienti;
quando la cute delle mani presenta lesioni.
Il personale deve indossare guanti di misura adeguata e di tipo idoneo alla prestazione da eseguire:
guanti monouso sterili per tutte le procedure che determinano il contatto con aree del corpo
normalmente sterili;
guanti monouso non sterile per le procedure diagnostiche o assistenziali che non richiedono tecniche
asettiche;
guanti in gomma per uso domestico per le operazioni di pulizia ambientale e per la decontaminazione
dello strumentario.
I guanti devono essere sempre rimossi al termine della procedura e non vanno mai indossati nei corridoi, negli
ascensori, nelle aree di riposo, nella mensa e negli uffici per salvaguardare la salute di colleghi e utenti.
Devono essere immediatamente sostituiti quando si rompono, si pungono o si lacerano.
L’Azienda fornisce agli operatori diversi tipi di guanti per le diverse tipologie di rischio.
Per esposizione a liquidi biologici i guanti vanno sempre usati per ogni contatto con materiali potenzialmente
infetti; sono da preferire guanti depolverati o privi di lattice per evitare allergie all’operatore e al paziente.
L’uso dei guanti non sostituisce il lavaggio delle mani. I guanti contaminati possono diventare un veicolo
di trasmissione di microorganismi patogeni.
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Filtranti facciali
Sono DPI che proteggono l’operatore dall’esposizione ad agenti biologici trasmissibili per via ematica e per via
aerea/droplets. Nel primo caso proteggono le mucose del naso e della bocca da schizzi di sangue e liquidi
biologici, nel secondo caso proteggono dall’infezione di malattie quali tubercolosi e meningite meningococcica.
I DPI vengono suddivisi in:
1. FFP1, esposizione a rischio biologico generico;
2. FFP2, esposizione ad agenti biologici con trasmissione via aerea/droplets;
3. FFP3, in caso di manovre invasive in malattie infettive a trasmissione via aerea/ droplets
(TBC, aviaria, SARS).
Le mascherine chirurgiche non sono DPI: rappresentano una tutela del paziente, ma hanno scarsa efficacia
per la protezione degli operatori da agenti biologici a trasmissione aerea.
Visiere e occhiali
Vengono utilizzate in caso di possibile esposizione del volto a materiale biologico, per proteggere le mucose
della bocca del naso e degli occhi da schizzi o aerosol di liquidi biologici. La trasmissione di patogeni quali
HBV, HCV e HIV è stata dimostrata specialmente durante interventi chirurgici, irrigazioni, estubazioni, uso di
apparecchiature con sangue sotto pressione, a seguito di massicce contaminazioni di mucose tra le quali più a
rischio è quella congiuntivale.
Gli occhiali da vista non sono DPI perchè non coprono adeguatamente gli occhi.
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Abbigliamento di protezione
Sovracamici, tute, manicotti, ecc., devono essere indossati per procedure assistenziali che possono causare
imbrattamento esteso di sangue o altri liquidi biologici.
Se contaminati, devono essere sostituiti immediatamente.
3. GESTIONE DI AGHI E TAGLIENTI
Gli strumenti appuntiti, affilati e taglienti devono essere maneggiati con cautela per prevenire ferite accidentali.
Durante la manipolazione
Porre la massima attenzione agli interventi svolti in regime di urgenza;
Non indirizzare mai la punta di taglienti verso parti del corpo;
Non tentare di raccogliere taglienti se stanno cadendo; i taglienti caduti a terra raccoglierli con le pinze;
Non passare i taglienti di mano in mano, se possibile;
Non portare in tasca taglienti;
Nella manipolazione usare guanti monouso.
Durante lo smaltimento
Non disconnettere manualmente gli aghi dalla siringa
Non reincappucciare gli aghi dopo l’uso
Gli aghi, i bisturi, le lame monouso non devono essere reincappucciati, né disinseriti, né volontariamente
piegati o rotti;
Dopo l’uso aghi e taglienti devono essere eliminati in contenitori resistenti, rigidi, impermeabili, con
chiusura ermetica che deve:
o essere assemblato correttamente
o trovarsi nelle immediate vicinanze
o essere riempito al massimo per ¾ di capacità;
Non deve mai essere travasato il contenuto da un contenitore all’altro.
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4. TRATTAMENTO DI DISPOSITIVI E MATERIALI RIUTILIZZABILI
Tutti gli oggetti e le attrezzature sanitarie utilizzati o potenzialmente contaminati con sangue o materiali
biologici vanno adeguatamente lavati, disinfettati ed eventualmente sterilizzati.
Prima di procedere alla disinfezione o alla sterilizzazione è d’obbligo un’adeguata pulizia.
La classificazione di Spaulding permette di stabilire quando è sufficiente pulire e/o disinfettare un dispositivo
riutilizzabile e quando, invece, è necessario sterilizzarlo.
Dispositivi non critici: contatto con cute integra (es. termometri): detersione e disinfezione
Dispositivi semi-critici: contatto con mucose integre (es. endoscopi): detersione e disinfezione ad alto livello
Dispositivi critici: contatto con tessuti sterili e mucose non integre (es. laparoscopi): detersione e sterilizzazione.
5. PULIZIA, SANIFICAZIONE E DISINFEZIONE DI SUPERFICI ED AMBIENTI
Schizzi di sangue o altri liquidi biologici su superfici di lavoro devono essere prima rimossi e successivamente
l’area deve essere decontaminata mediante un prodotto a base di cloro, utilizzando i guanti durante le manovre
di pulizia e disinfezione.
Qualunque sia il rischio dell’area di ricovero del malato, è fortemente raccomandato detergere e, dove indicato,
disinfettare le superfici ambientali, il letto e i suoi accessori, le attrezzature nelle vicinanze e tutte le altre
superfici che più frequentemente vengono toccate.
La disinfezione, che deve essere preceduta dalla sanificazione (detersione), è indicata per superfici di ambienti
che ospitano malati con malattie infettive, suscettibili a infezioni o sottoposti a procedure invasive. Al termine
delle operazioni di pulizia e disinfezione ambientale, tutto il materiale utilizzato deve essere lavato, disinfettato
e posto ad asciugare in un ambiente pulito.
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6. GESTIONE E TRASPORTO DEL MATERIALE BIOLOGICO
I campioni biologici e i prelievi bioptici vanno collocati e trasportati in contenitori a valigetta chiusi, che
impediscano eventuali perdite e rotture accidentale. E’ necessario:
Indossare i guanti;
Lavare accuratamente le mani dopo l’uso dei guanti;
Non toccare mai i campioni con le mani nude, anche se chiusi in contenitori;
Controllare che il campione sia ermeticamente chiuso;
Controllare che la parte esterna del contenitore non sia contaminata;
Posizionare i campioni negli appositi supporti;
Non inserire le richieste all’interno del contenitore, ma trasportarle a parte.
Non toccare con i guanti oggetti che non fanno parte della procedura che si sta eseguendo (computer,
telefoni, interruttori, ecc.);
7. TRATTAMENTO EFFETTI LETTERECCI
La biancheria sporca deve esser maneggiata il meno possibile e senza scuotimenti per evitare la contaminazione
degli ambienti e delle persone.
Non deve mai essere appoggiata sul pavimento od altra superficie (rischio di contaminazione).
La raccolta va effettuata tenendo la biancheria distante dal corpo e va inserita immediatamente nel sacco che
deve essere tenuto vicino al letto.
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Per maneggiare, trasportare e trattare la biancheria usata contaminata con sangue, liquidi biologici, secreti ed
escreti, prevenire l’esposizione di cute e mucose e la contaminazione della divisa indossando guanti e
sovracamice.
8. SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
Il “rifiuto sanitario” è qualsiasi materiale solido, liquido o gassoso che sia scartato in quanto inutile per ogni
ulteriore utilizzo e che sia collegato con le attività di diagnosi, terapia e riabilitazione delle strutture sanitarie.
I rifiuti sanitari sono classificati in:
Urbani e assimilabili agli urbani, quali quelli provenienti dai servizi generali, dagli uffici, magazzini,
cucine;
Speciali non pericolosi o pericolosi quali quelli provenienti dai reparti, sale operatorie, ambulatori,
laboratori.
Sono considerati rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo quelli che sono stati contaminati da sangue o altri
liquidi biologici. I rischi di natura infettiva connessi allo smaltimento del rifiuto sanitario sono conseguenti a
ferite da taglio o da punta.
Alle diverse classi di rifiuto ospedalieri corrispondono diverse modalità di raccolta e smaltimento.
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MANOVRE AD ALTO RISCHIO MISURE DI PROTEZIONE
Incanulazione via arteriosa eprelievi arteriosi
Usare guanti, sovracamice, visiera o occhiali protettivi e filtrante facciale
Intubazione naso-oro-tracheale Utilizzare, quando possibile, materiale monouso
Tracheotomia aspirazione endotracheale
In caso di rottura di guanto, puntura o taglio rimuovere e sostituire il guantonon appena possibile
Cambio cannule tracheostomicheSeguire i protocolli di disinfezione ad alto livello e disterilizzazione dello strumentario
Punture esplorative e/oevacuative in cavità e organi
Non reincappucciare gli aghi, nè rimuoverli dalle siringhe o manipolarlisenza guanti
Endoscopie e amniocentesi Osservare le norme relative alla raccolta, all’eliminazione e al trasporto deimateriali di rifiuto
MANOVRE A MEDIO RISCHIO MISURE DI PROTEZIONE
Usare guanti, sovracamice, visiera o occhiali e filtrante facciale■ Medicazione di ferite chirurgiche,ulcere, piaghe In caso di rottura di guanto, puntura o taglio rimuovere e sostituire il
guanto appena possibile
Non reincappucciare gli aghi, né rimuoverli dalle siringhe, né manipolarli senzaguanti
■Tecniche che prevedano la possibilità dischizzi di sangue e/o materiale biologico
In caso di prelievo con sistema vacutainer, eliminare tutto il sistema dopol’uso
■ Incanulazione di vie venose centrali eperiferiche
In caso di prelievo con siringa, al termine dell’operazione eliminareimmediatamente l’ago nell’apposito contenitore
■ Prelievi venosiPer il trasporto, immettere subito i campioni in appositocontenitore. Inviare i moduli di richiesta separatamente dai campioni
■ Lavaggio di materiali e strumenticontaminati con materiale biologico
Seguire le procedure di decontaminazione, di pulizia e di disinfezionedello strumentario
■ Iniezioni intramuscolariOsservare le norme relative alla raccolta, all’eliminazione e altrasporto dei materiali di rifiuto
Al termine dell’iniezione, eliminare immediatamente siringa ed agonell’apposito contenitore
■Svuotamento contenitori diliquidi organici
Per il lavaggio di strumenti usare guanti di gomma robusti,sovracamice e visiera
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LA SORVEGLIANZA SANITARIA (art. 41 D.Lgs. n. 81/08)
Controllo sanitario in funzione dei rischi specifici presenti nell’ambiente di
lavoro effettuata dal Medico Competente.
E’ necessaria per:
tenere sotto controllo la salute del lavoratore;
scoprire il più precocemente possibile eventuali effetti di fattori
di rischio;
prevenire ulteriori danni alla salute.
E’ importante anche per codificare i soggetti che, per cause patologiche o genetiche, presentano anomalie a carico
dei vari apparati (ipersuscettibili).
La sorveglianza sanitaria prevede un complesso di indagini cliniche cui devono essere sottoposti i lavoratori che
svolgono attività per le quali è riconosciuta un’esposizione a particolari rischi per la salute, nella fattispecie dei
lavoratori della sanità per la loro esposizione lavorativa a rischio biologico.
Gli accertamenti e le visite
Gli accertamenti e le visite vengono eseguiti dal Servizio del Medico Competente Aziendale.
Il D.Lgs. 81/08 stabilisce che è obbligo dei lavoratori sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto
legislativo o comunque disposti dal medico competente: la non ottemperanza comporta sanzioni per i lavoratori.
Le visite mediche per i lavoratori esposti possono essere:
Preventive, intese a constatare l’esistenza di controindicazioni al lavoro, al fine di valutare l’idoneità del
lavoratore alla mansione specifica;
Periodiche per controllare lo stato di salute ed esprimere il giudizio l’idoneità del lavoratore alla
mansione specifica;
Su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o
MANOVRE A BASSO RISCHIOMISURE DI PROTEZIONE
■ Tricotomia
■ Clistere
■ Pulizia cavo orale*
■ Cateterismo vescicale
Usare guanti
(*eventuale protezione respiratoria)
Se materiale non monouso, seguire le procedure di decontaminazione, di pulizia e didisinfezione del materiale usato
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alle sue condizioni di salute suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di
esprimere il giudizio l’idoneità del lavoratore alla mansione specifica;
In occasione del cambio mansione del lavoratore;
Alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla legge.
Le visite mediche, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio, ritenuti necessari dal medico competente.
Le vaccinazioni
Le vaccinazioni si distinguono in:
obbligatorie, prescritte da una specifica norma di legge;
raccomandate per particolari categorie di lavoratori, su base volontaria;
disponibili, su specifica richiesta del personale.
La vaccinazione antiepatite B è raccomandata per tutto il personale sanitario. E’ un vaccino ricombinante
somministrato in tre dosi a 0, 1 e 6 mesi. La valutazione della risposta anticorpale è suggerita a distanza di 1-2
mesi dall’ultima dose del ciclo vaccinale. Generalmente non dà luogo a complicanze.
La vaccinazione antiepatite A è raccomandata per il personale sanitario che presta assistenza nelle unità
operative di gastroenterologia, pediatria, malattie infettive e per gli addetti alla manipolazione degli alimenti. La
somministrazione prevede due dosi a 0 e 6-12 mesi.
La vaccinazione antitetanica è d’obbligo per gli addetti alle manutenzioni e alle pulizie, è consigliata per gli
addetti alla cucina, per i veterinari e per il personale di pronto soccorso. Le dosi di richiamo devono essere
somministrate ogni 10 anni. Nel caso l’operatore sanitario risulti non vaccinato, invitarlo a sottoporsi all’intero
ciclo vaccinale (tre dosi a 0, 1 6-12 mesi).
La vaccinazione antiinfluenzale è consigliata a tutto il personale sanitario. E’ necessaria la rivaccinazione
annuale, prima dell’inizio della stagione epidemica. La vaccinazione antinfluenzale trova la sua motivazione
soprattutto per evitare il verificarsi del contagio da operatore sanitario a paziente.
Test cutaneo alla tubercolina (I.D. Mantoux) e QuantiFeron TB test
Lo screening per la Tubercolosi va effettuato mediante accertamento tubercolinico (intradermoreazione secondo
Mantoux). Il test, eseguito al momento dell’assunzione ed in caso di stretto contatto con pazienti affetti da TB
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attiva, va letto a 48 e 72 ore. A volte, per confermare un esito negativo, può essere indicato ripetere il test a
distanza di 8 settimane. Il test è negativo se l’indurimento dermico è < di 5 mm.
Il QuantiFERON®-TB o QFT), che misura il rilascio d’interferone-gamma nel sangue intero incubato per una
notte con il derivato proteico purificato (PPD) di M. tuberculosis e con antigeni di controllo, è utilizzato per la
diagnosi di tubercolosi latente.
GESTIONE INFORTUNIO A RISCHIO BIOLOGICO
Gli operatori sanitari, in relazione alla mansione svolta, sono soggetti al rischio di contatto accidentale con
liquidi biologici potenzialmente infetti. La contaminazine può avvenire per:
contatto accidentale di cute o mucose;
punture, tagli o ferite causati da presidi appuntiti o taglienti utilizzati nell’attività assistenziale.
Classificazione del livello di rischio di infezione per modalità di esposizione
Alto rischio:
lesione profonda, sanguinante, per puntura con ago cavo;
contatto diretto con virus concentrato in laboratorio di ricerca.
Medio rischio:
puntura con ago o ferita sanguinate con presidio, visibilmente contaminato da sangue;
esposizione di cute lesa o della congiuntiva a sangue o liquidi biologici, visibilmente contaminati da
sangue.
Basso rischio:
lesione superficiale, non sanguinante;
esposizione di lesione in fase di cicatrizzazione o di mucosa non congiuntivale a sangue o liquidi
biologici, visibilmente contaminati da sangue;
contatto prolungato di una vasta area cutanea con sangue;
ferita da morso.
Nessun rischio documentato:
contaminazione di piccola superficie di cute integra con sangue;
lesioni con presidi non visibilmente contaminati da sangue.
Fattori aggravanti qualsiasi livello di rischio:
ferita profonda;
puntura d’ago cavo utilizzato per prelievo;
presenza di sangue in quantità visibile sulla superficie del presidio implicato nell’incidente;
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contaminazione congiuntivale.
In caso di contaminazione con i seguenti liquidi biologici:
Sangue o qualsiasi altro materiale biologico che contenga visibilmente sangue
Tessuti
Liquido cerebrospinale, sinoviale, amniotico, pleurico, pericardico, peritoneale
Sperma o secrezioni genitali femminili
Materiale di laboratorio contenente HIV
o di infortunio con:
Ferita o puntura con ago o tagliente;
Contaminazione di mucose o cute lesa;
Contaminazione massiva e/o prolungata a materiale ad elevata concentrazione virale
COSA FARE SUBITO – SEMPRE
In caso di puntura o taglio aumentare il sanguinamento della ferita e detergere con acqua e sapone, quindi
procedere alla disinfezione accurata della ferita con clorossidante elettrolitico (tipo Amuchina al 5%), o con
prodotto a base di PVPJ (tipo Paniodine, Betadine).
In caso di contatto con il cavo orale procedere a risciacqui con clorossidante elettrolitico (tipo Amuchina 5%),
oppure con Acqua Ossigenata 10 vol.
In caso di contatto con le congiuntive procedere ad abbondante risciacquo delle mucose con acqua o soluzione
fisiologica.
Recarsi in Pronto Soccorso, per la notifica dell’infortunio, al massimo entro 4 ore e, in seguito, presso il
Servizio del Medico Competente.
Accertamenti sierologici sull’operatore:
Per tutti i soggetti infortunati
Ac anti-HCV, Ac anti-HIV 1-2, Ac anti-HBs.
Per l’operatore gli accertamenti, a tempo 0, sono disposti dall’unità
operativa di Pronto Soccorso.
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In seguito l’operatore verrà seguito dal Servizio del Medico Competente, per le prodedure di follow-up.
Accertamenti sierologici sul paziente(se identificabile)
Ac anti-HCV, Ac anti-HIV 1-2, HbsAg.
Gli accertamenti per il paziente fonte vengono disposti dal medico
dell’unità operativa di ricovero.
DECRETO LEGISLATIVO 81/08: OBBLIGHI DEI LAVORATORI
Il Decreto Legislativo n° 81/08, identifica alcuni obblighi a cui sono soggetti i lavoratori, in particolare gli
addetti alle attività assistenziali che devono:
Osservare le norme di protezione e adottare le misure idonee per il controllo delle infezioni;
Usare, nelle circostanze previste, i dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione
(guanti, filtranti facciali, occhiali, visiere, ecc.);
Informare immediatamente il Dirigente di U.O. dell’accidentale esposizione a sangue o ad altri liquidi
biologici, allo scopo di mettere in atto gli opportuni provvedimenti;
Segnalare tempestivamente al Preposto i casi in cui i DPI e altro materiale di rilevanza in termini di
sicurezza (es. contenitori rigidi dei rifiuti speciali) risultino in esaurimento o non idonei;
Sottoporsi, dove previsto, agli accertamenti sanitari preventivi e periodici (visite mediche, esami
ematochimici, ecc.) presso il Servizio del Medico Competente.
FORMAZIONE E INFORMAZIONE DEL PERSONALE
Il personale deve ricevere informazione/formazione sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta,
sulle normative di sicurezza e sulle disposizioni aziendali in materia:
all’assunzione in servizio
al trasferimento o cambiamento di mansioni
all’introduzione di nuove attrezzature di lavoro, di nuove procedure lavorative, di nuove sostanze e
preparati pericolosi.
Per ogni unità operativa deve essere individuata una figura incaricata dell’informazione e dell’
addestramento del personale.
Ogni nuovo dipendente che entra a far parte di una unità operativa deve ricevere informazioni:
sui rischi in cui può incorrere rispetto al posto di lavoro e alle mansioni;
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sulle misure da adottare per evitarli o ridurli (modalità d’uso dei DPI, manovre e procedure corrette,
precauzioni da adottare, ecc.);
sulle procedure che riguardano gli incidenti a rischio biologico;
sui diritti e doveri dei lavoratori in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro;
sui servizi aziendali incaricati della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro (Servizio di Prevenzione e
Protezione, Servizio di Sorveglianza Sanitaria, CIO);
sui nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1. Centers For Disease Control And Prevention. (1996). “Draft Guidelines for isolation precautions in
hospitals”. Am J Infect Control; 24 (1): 24-52.
2. Ministero della Sanità. Decreto 28/9/90. “Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle
strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private”.
3. D.Lgs. n. 81/08. “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della
salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
4. De Matteis P. “Il libretto del nuovo assunto”. Azienda Ulss 8 Asolo. 2008
5. Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (SIMLII). (2005). “Rischio biologico per i
lavoratori della sanità: linee guida per la sorveglianza sanitaria”. Casa editrice PI-ME. Pavia. 2005
6. Linee guida per l’uso del test Quantiferon test TB per la diagnosi di tubercolosi latente Gerald H.
Mazurek MD Margarita E. Villarino MD division of tuberculosis elimination national center for hiv, std and
tb prevention centers for disease control and prevention
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RISCHI PROFESSIONALI E MEDICINA VETERINARIA
INTRODUZIONE
Quanto disposto nel D. Lgs. 81/08 sul miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro,
coinvolge tutte le attività produttive e non fa certo eccezione per i veterinari.
Infatti, detta normativa rappresenta per i veterinari ben più di un interesse puramente speculativo, in particolare
per quelli che operano a vario titolo nell'ambito di strutture produttive che prevedono obbligatoriamente la
presenza o la supervisione dei veterinari stessi, sia come beneficiari della normativa stessa, sia come
responsabili della sua applicazione..
Del resto, fra le attività industriali considerate insalubri con rischio per la sicurezza e la salute umana
paragonabile a quello delle industrie chimiche e degli impianti nucleari sono già comprese almeno 7 attività che
coinvolgono i veterinari: allevamenti di animali, stalle di sosta, macelli, allevamenti di larve, scuderie, maneggi,
salumifici e impianti di trasformazione delle carni, le attività di clinica e chirurgia nei confronti di animali
d’affezione ed esotico.
Anche nelle attività suddette, dunque, il datore di lavoro è tenuto ad adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le
misure necessarie a "..tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (art. 2087 c.c.),
anche attraverso l'applicazione delle acquisizioni più recenti e più aggiornate sull'argomento.
La valutazione dei rischi è un procedimento articolato che mira ad individuare i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori esistenti in una azienda considerando la probabilità che un certo evento accidentale accada
in relazione alla entità del danno conseguente al verificarsi dell'evento accidentale stesso; all'azione di
valutazione deve seguire l’identificazione e l'attuazione di misure preventive e protettive idonee al fine di
salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Pur essendo diversi i contesti nei quali i veterinari operano (allevamenti, ambulatori, mattatoi e stabilimenti di
trasformazione di prodotti di OA, ecc.) e tenendo ben presente che il documento di valutazione dei rischi per
una determinata azienda deve essere costruito in maniera specifica per l'azienda stessa, i rischi con i quali i
veterinari si trovano più spesso a fare i conti sono i seguenti e si possono così classificare:
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RISCHI FISICI
morsi, graffi e traumi causati dagli animali per manipolazione e contenimento degli animali stessi.
Attraverso morsi e graffi possono essere trasmessi agenti biologici patogeni;
ferite da strumenti taglienti e aghi;
traumi per cadute su superfici appena lavate, per sollevamento, ammassamento, spinta di carichi
pesanti, sacchi e animali.
RISCHI CHIMICI
Derivanti dall'impiego di:
farmaci in generale ;
anestetici gassosi come alotano e isofluorano; la dispersione di tali composti chimici nella sala
operatoria dipende da vari fattori, fra cui il tipo di apparecchiatura d'erogazione, i sistemi di
convogliamento ed eliminazione dei gas, la qualità e l'entità della ventilazione della sala, tenendo anche
conto dell'emissione del gas inalato da parte dell'animale anestetizzato attraverso le vie respiratorie. Pur
non esistendo dati statistici relativi alla concentrazione di tali gas nelle sale operatorie dei veterinari, è
possibile ipotizzare, sulla base delle note concentrazioni degli stessi nelle sale ospedaliere,
un'esposizione non indifferente. Le caratteristiche toxocinetiche degli anestetici alogenati ne
determinano una rapida diffusione nei tessuti con susseguente lenta dismissione, ed è nota l'ipotesi della
mutagenicità di tali agenti, probabilmente legata alla formazione di radicali liberi; gli anestetici sono poi
imputati di disturbi del sistema nervoso centrale e periferico, del fegato (soprattutto l'alotano) e del rene;
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detergenti e disinfettanti utilizzati per la detersione e la disinfezione di locali, attrezzature e strumenti
per la prevenzione delle malattie infettive e diffusive, delle infezioni post operatorie e iatrogene;
possono presentare pericolosità per contatto (ustioni), inalazione (infiammazione delle mucose delle vie
respiratorie e oculocongiuntivali); particolare attenzione va riservata ai prodotti che causano effetti
tossici, cancerogeni e teratogeni (es. formalina); nell'impiego di tali presidi attenersi scrupolosamente
alle indicazioni di uso della casa produttrice indicate nella scheda tecnica del prodotto, effettuare
diluizione corretta, non miscelare prodotti diversi; per la prevenzione utilizzare sistemi di protezione,
quali guanti, maschera, occhiali.
RISCHIO BIOLOGICO
Particolare interesse per i veterinari per " tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad
agenti biologici".
L'agente biologico viene definito come "qualsiasi microrganismo ... che potrebbe provocare infezioni, allergie o
intossicazioni". Gli agenti biologici vengono poi suddivisi in quattro gruppi in funzione del livello di rischio che
comportano, e cioè:
Tabella 1: AGENTI BIOLOGICI IN FUNZIONE DEL LIVELLO DIRISCHIO
gruppo 1agenti che presentano poche probabilità di causare malattiein soggetti umani
gruppo 2agenti che possono causare malattie in soggetti umani ecostituiscono un rischio per i lavoratori, ma nei confronti deiquali esistono efficaci misure di profilassi e terapia
gruppo 3
agenti che possono causare malattie gravi in soggetti umanie costituiscono un serio rischio per i lavoratori; tali agentipossono propagarsi nella comunità ma nei loro confrontiesistono efficaci misure di profilassi e terapia
gruppo 4
agenti che possono provocare malattie gravi in soggettiumani , costituiscono un serio rischio per i lavoratori,presentano un elevato rischio di propagazione nellacomunità e di norma non sono disponibili efficaci misure diprofilassi e terapia
Il datore di lavoro di un'azienda ,che presenti rischi di esposizione ad agenti biologici di varia natura per i
lavoratori, come è il caso di tutte le aziende zootecniche in generale, le aziende agricole, gli ambulatori ed i
laboratori veterinari, è obbligato a tenere in considerazione questi rischi all'atto della valutazione.
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Il datore di lavoro è tenuto a documentarsi, anche consultando la ASL ed il medico competente, sulle malattie
che possono essere contratte a causa degli agenti biologici, sui potenziali effetti allergici e tossici degli agenti,
su eventuali ulteriori situazioni che possono influire sul rischio e sul sinergismo dei diversi gruppi di agenti
biologici utilizzati. Così, oltre al procedimento di valutazione generale di tutti i rischi presenti in azienda, il
D.Lgs. 81/08 impone la predisposizione della valutazione specifica dei rischi di natura biologica e del relativo
documento.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
E difficile valutare il rischio biologico: una valutazione condotta razionalmente considera il rischio R come il
prodotto della probabilità P del verificarsi di un evento per le conseguenze negative D o danno che esso
comporta.
Per il rischio biologico da zoonosi mancano i dati necessari per valutare la probabilità che si verifichi l'infezione
o la malattia. Difficile è anche esprimere l'entità del danno atteso; infatti le conseguenze dell'esposizione ai più
comuni agenti zoonosici possono variare dalla semplice sieroconversione, alla malattia con manifestazioni
sintomatologiche estremamente variabili fino all'insorgenza di postumi irreversibili o fino alla morte.
Il danno è infatti condizionato da:
dose infettante ricevuta;
patogenicità del ceppo;
stato immunitario dell'uomo;
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presenza di fattori di rischio quali trattamenti o infezioni intercorrenti, bambini, stato fisiologico
(gravidanza).
ZOONOSI
L'OMS ha riconosciuto le zoonosi quali causa di malattie professionali (WHO Fact Sheet December 1997) e la
lotta alle zoonosi è uno dei compiti storici della veterinaria ed uno dei principali motivi della presenza dei
Servizi veterinari nel Sistema Sanitario Nazionale. Il D.Lgs. 81/08 rende obbligo di legge la valutazione del
rischio biologico e la lotta alle zoonosi professionali.
Il rischio biologico è strettamente correlato allo stato epidemiologico degli animali allevati e macellati che varia
per le modificazioni ambientali, per il tipo di attività zootecniche praticate e le loro modalità, per i mutamenti
intervenuti nelle popolazioni degli animali portatori, domestici e selvatici, ecc.
Il Servizio veterinario deve collaborare, per quanto di competenza, coi Servizi di tutela della salute nei luoghi di
lavoro per l'applicazione del D.Lgs. 81/08 in allevamenti, macelli, laboratori di trasformazione carni,
ambulatori, stabulari ed in genere in tutte le attività che comportano contatti con animali o loro prodotti. Fonte
del pericolo sono gli animali e controllare la sanità animale rappresenta la prevenzione alla fonte del problema.
La conduzione dell'allevamento, i trattamenti vaccinali o terapeutici, l'esecuzione delle profilassi, la scelta e
manutenzione dei ricoveri sono fattori di controllo delle patologie animali e quelle degli operatori e
consumatori. Il medico del lavoro si confronta con le malattie nell'uomo e dispone degli strumenti per
contrastarne le conseguenze ma ha evidenti difficoltà ad intervenire con la rimozione delle cause del problema.
LEPTOSPIROSI
Deriva dall'infezione della spirocheta Leptospira interrogans e l'eventuale conseguenza medico legale è
estremamente importante in rapporto alla possibilità di danno nefrologico o epatico grave, ovvero alla
possibilità dell'evento morte. In ambiente umido la sua resistenza a temperatura ambiente è molto elevata
(mesi); uno dei principali serbatoi dell'infezione, con
mantenimento quindi della possibilità di diffusione della malattia, è il topo.
L'ingestione è la principale via di trasmissione; le spirochete possono comunque penetrare nell'organismo
attraverso le mucose o parti abrase della cute.
Nella pratica veterinaria il contatto con urine dell'animale infettato (cani, gatti, bovini, suini) durante la visita
dell'animale, interventi chirurgici, prelievi ematici rappresenta il momento fondamentale della possibile
trasmissione, così come il potenziale contatto con fluidi uterini durante il parto, da cui il fondamentale uso di
guanti e maschere.
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La leptospirosi costituisce il rischio più importante nell'allevamento suino, particolarmente nelle regioni del
paese dove l'infezione tra i suini risulta diffusa (Lombardia, Emilia, Umbria); visto che l’urina degli animali
infetti costituiscono la fonte di infezione principale, le operazioni di lavaggio di capannoni, mezzi di trasporto,
sale macellazione che comportano la formazione di aerosol possono rappresentare un momento di rischio.
MAL ROSSO
Il mal rosso, sostenuto da Erysipelothrix Rhusiopathiae, è un'altra infezione notevolmente diffusa tra i suini in
Italia e può costituire un rischio per allevatori e veterinari, ma la categoria professionale più colpita è quella dei
macellatori.
L’Erysipelothrix Rhusiopathiae determina nell'uomo una lesione cutanea detta erisipeloide ma anche artriti,
meningiti ed endocarditi valvolari particolarmente gravi. Nella trasmissione dell'infezione all'uomo assumono
particolare importanza sia la macellazione di suini infetti che la lavorazione e il consumo delle relative carni.
Il D.Lgs. 18 aprile 1994 n. 286 "Attuazione delle direttive 91/497/CEE e 91/498/CEE concernenti i problemi
sanitari in materia di produzione e ed immissione sul mercato di carni fresche prevede l'esclusione dalla
macellazione di suini affetti da mal rosso. Purtroppo la presenza di setole abbondanti o animali non
perfettamente puliti impediscono spesso di individuare le classiche lesioni esantematiche alla vista ante mortem.
I suini con lesioni cutanee clinicamente manifeste vengono poi facilmente individuati e distrutti in sede di visita
post mortem, ma solo dopo essere stati manipolati dagli operai.
A questo va aggiunto che alcune forme di questa infezione sono praticamente in apparenti e che l'agente si
localizza a livello di tonsille , placche di Peyer e cripte della valvola ileo cecale anche in animali
apparentemente sani. Per tutti questi motivi una visita veterinaria accurata non può offrire protezione assoluta
agli addetti di un macello.
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BRUCELLOSI
La brucellosi è la più conosciuta ed importante zoonosi per allevatori, veterinari, macellatori ed addetti ai
laboratori di diagnosi.
La brucellosi in Italia è una malattia a bassa prevalenza negli allevamenti bovini di molte regioni grazie al piano
specifico di profilassi e di eradicazione della infezione brucellare (L. 615 del 9 Giugno 1964 "Bonifica sanitaria
degli allevamenti dalla tubercolosi e dalla brucellosi”; D.M. 3 Giugno 1968 "Piano nazionale per la brucellosi
bovina") che ha portato, dopo circa 30 anni, alla quasi scomparsa del problema da molte aree del Paese.
La sua importanza come rischio professionale è senza dubbio diminuita in questo settore, mentre persiste
elevata nell'allevamento ovi caprino, dove l'infezione tra gli animali è più diffusa. Tuttavia il rischio non si può
definire trascurabile, particolarmente in quelle aree dove l'incidenza si mantiene anche tra i bovini.
Brucella abortus rappresenta la specie del genere Brucella più diffusa in questa specie animale.
Non è comunque da escludere anche la possibilità di una infezione da Brucella melitensis che, anche se
riscontrata più frequentemente tra gli ovicaprini, può colpire anche i bovini.
In allevamento la manipolazione di feti o placente in occasione di aborti e il contatto con secrezioni vaginali,
deiezioni, carcasse di animali infetti rappresentano i fattori di rischio principali; per il veterinario pubblico è un
fattore di rischio anche la puntura accidentale durante l'attività di prelievo di sangue agli animali per i piani di
profilassi.
La recente apertura al commercio di animali vivi da Paesi dell'Europa orientale ove le situazioni
epidemiologiche sono poco note ed i sistemi veterinari sono relativamente affidabili, accentua i rischi di
infezione per macellatori, allevatori e veterinari.
FEBBRE Q
La Febbre Q causata da Coxiella burnetii si trasmette dall'animale infetto (bovini, pecore, capre) all'uomo per lo
più attraverso l'aereosol infetto durante il parto, per quanto cariche cospicue di tali agenti possano essere
presenti anche nel latte, sangue, urine, feci, secrezioni orali e nasali; un'altra possibile via di trasmissione è
rappresentata dal morso di zecca infetta.
Gli aereosol infetti rappresentano una fonte di rischio per gli addetti all'allevamento e alla macellazione di
animali. Negli anni '50 ha dato origine a numerosi focolai di malattia in Italia. Indagini sierologiche effettuate in
Puglia e in Polonia (Baldelli R. e coll. 1995, Tylewska e coll. 1991) risulterebbe che l'esposizione professionale
agli agenti della Febbre Q riveste una notevole importanza ma la rarità attuale delle segnalazionidi di malattia
sta probabilmente a significare che per lo più potrebbe trattare di infezioni asintomatiche o accompagnate da
sintomi non caratteristici, difficilmente distinguibili da quelli di altre patologie.
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TUBERCOLOSI
Rappresenta un rischio professionale quasi mai quantificabile per i casi umani in quanto difficilmente si arriva
ad una tipizzazione del micobatterio responsabile, ciò non consente quindi di distinguere le infezioni da M.
bovis da quelle di M. tuberculosis sicuramente più frequenti, ma non legate alla trasmissione da parte dei
bovini.
In ogni caso il problema della recrudescenza a livello mondiale di infezione tubercolare nell'uomo, merita
particolare attenzione.
L'OMS nei suoi più recenti rapporti segnala milioni di casi umani nonostante le campagne di eradicazione in
corso da decenni in quasi tutti i Paesi, Italia compresa (L. 615 del 9 Giugno 1964. "Bonifica sanitaria degli
allevamenti dalla tubercolosi e dalla brucellosi).
Nel caso della tubercolosi, attualmente la popolazione a maggior rischio è rappresentata da soggetti affetti da
virus HIV responsabile della immunodeficienza acquisita. Rifugiati e immigrati che trovano impiego nelle
aziende zootecniche, sono talvolta costretti a vivere in condizioni di estremo disagio economico e per questo
possono essere vittime di infezione tubercolare. Ricordiamo che si possono avere casi di positivizzazione alla
prova della tubercolina in bovini venuti a contatto con persone affette dalla forma tubercolare umana.
Le fonti di infezione possono essere le più diverse: l'infezione può passare da uomo a uomo, dagli animali
all'uomo, tra specie animali diverse (es. bovino-suino) all'uomo. Alimenti non adeguatamente trattati
termicamente possono essere una fonte di infezione importante.
Tutto ciò impone una sorveglianza permanente anche a livello d'allevamento e, successivamente, di centri di
macellazione al fine di segnalare immediatamente al servizio di prevenzione casi di tbc animale per l'adozione
di misure tese a proteggere l'uomo ed eradicare la malattia dalle popolazioni animali.
DERMATOFIZIE (MICOSI)
Tali malattie si trasmettono per contatto diretto con l'animale infetto o anche per via indiretta attraverso oggetti
contaminati per contatto con l'animale.
La distribuzione è variabile a seconda delle specie, nell'uomo si manifestano soprattutto nella sedi di contatto.
Notevolmente diffuse tra i bovini sono le micosi sostenute da Tricophyton verrucosum che possono colpire
anche gli operatori.
PSITTACOSI ORNITOSI
È certamente una malattia eccezionale nella professione veterinaria, ma data la via di trasmissione attraversa le
clamidie disperse nell'aria dai volatili non è impossibile; è sicuramente più frequente negli allevatori.
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Diffondono tale infezione anche gli uccelli da allevamento; la malattia è per lo più ad andamento benigno:
sindrome influenzale, solo raramente con complicazioni polmonari e neurologiche.
IDATIDOSI
Ha come via tipica di trasmissione quella investiva, ma non è impossibile che il professionista si infetti curando
il cane che, leccandosi, può portare le uova con la saliva o sul pelo.
Un'efficace prevenzione è costituita dalla protezione delle mani durante la pratica professionale e dal lavaggio
accurato delle stesse.
La manifestazione patologica classica è rappresentata dalle tipiche cisti a fegato e polmone. E’ una malattia
legata all'allevamento ovino e a condizioni socio culturali particolari.
E. COLI produttori di verocitossine
Sono ceppi di Coli che producono verocitossine, che determinano nell'uomo sindromi emolitiche uremico-
emorragiche che hanno portato a morte alcuni bambini anche nel nostro Paese.
Tale agente troverebbe nel bovino, e forse in altre specie, il reservoir asintomatico.
L'infezione si trasmetterebbe all'uomo attraverso carni poco cotte o altri cibi, tra cui succhi di
frutta, yogurt e verdure contaminati da feci di bovino.
I ceppi produttori di verocitotossine sono presenti nell'intestino degli animali, soprattutto bovini, e sono stati
isolati anche da capi conferiti per la macellazione. Si sta indagando se tali ceppi costituiscano un rischio per gli
addetti alla macellazione.
I RISCHI EMERGENTI
E’ necessario a questo punto ricordare nuovi e potenziali rischi di malattie trasmissibili dagli animali all'uomo
finora poco conosciuti ma che sono saliti prepotentemente alla ribalta internazionale.
Si tratta degli agenti non convenzionali responsabili di encefalopatie spongiformi nell'uomo (Creutzfeld Jacob,
Kuru, sindrome di Stressman Scheinker, Insonnia fatale familiare) e negli animali (Scrapie, Encefalopatia
spongiforme bovina, Encefalopatia spongiforme felina, ecc).
Si è prospettata recentemente, in seguito agli oltre centomila casi di malattia nei bovini (BSE) verificatisi dal
1985 ad oggi in Inghilterra, il passaggio dell’infezione dagli animali all'uomo, determinando in quest'ultimo un
forma finora sconosciuta, ora definita variante giovanile di Creutzfeld Jacob (vCJD).
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Nel nostro Paese non sono stati evidenziati casi di BSE ad eccezione di 2 bovini provenienti dalla Gran
Bretagna, prontamente abbattuti e distrutti.
Il rischio per veterinari, allevatori, addetti alla macellazione, macellai e consumatori è bassissimo in termini di
probabilità di esposizione all'agente BSE, ma la gravità del problema richiede comunque che venga preso in
forte considerazione; vedi l'adozione di tutta la serie di misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie
spongiformi trasmissibili.
Moltissime sono le misure adottate e realizzate dai Servizi Veterinari, fra le principali ricordiamo:
Negli allevamenti:
divieto assoluto di somministrare farine di carne a tutti gli animali d'allevamento che sono tenuti,
ingrassati o allevati per la produzione di alimenti;
vigilanza e controllo dell'alimentazione animale: dalle materie prime per alimenti zootecnici, ai mangimi
finiti, dai luoghi di produzione e di commercializzazione fino alla somministrazione negli allevamenti;
accurati e sistematici controlli di laboratorio sui mangimi per escludere l'uso di farine di carne;
sistematica sorveglianza e controllo di tutti gli animali dalla nascita, anche in tutti i loro spostamenti,
fino all'immissione sul mercato della carne, attraverso un sistema di identificazione e tracciabilità
informatizzato (sistema dell'anagrafe bovina e della tracciabilità delle carni);
controllo di tutti gli animali morti in allevamento, qualunque sia la causa, con prionic-test, esame di
laboratorio che consente con molta rapidità di escludere la presenza del prione modificato nel cervello
degli animali.
Al mattatoio:
tutti gli animali prima della macellazione vengono visitati da un veterinario e solo se sani vengono
macellati;
tutti gli animali, una volta macellati, vengono visitati (ispezione veterinaria) prima di destinare le loro
carni al consumo alimentare umano;
in via del tutto precauzionale vengono comunque eliminate tutte quelle parti, chiamate parti a rischio
specifico che, negli animali malati come constatato dagli scienziati, possono contenere il prione
(cervello, occhi, tonsille, colonna vertebrale con il midollo spinale e i gangli spinali, intestino); la
rimozione della colonna vertebrale viene effettuata rispettando dettagliatissime prescrizioni;
tutte le parti a rischio specifico degli animali vengono incenerite;
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esame del cervello, organo "bersaglio" in tutti i capi bovini di età superiore ai 24 mesi, come previsto
per legge. L'esame consente con molta rapidità di poter escludere la presenza del prione modificato nel
cervello degli animali; ·
etichettatura delle carni, che consente di far conoscere al consumatore: numero identificativo
dell'animale, paese di nascita, paese di allevamento, luogo di macellazione.
Si deve essere pronti, in caso di comparsa anche nel nostro Paese, ad adottare in toto le misure già adottate in
Inghilterra e Francia, i due Paesi per ora maggiormente colpiti da CJD e BSE.
Si ricorda, tra l'altro, come le emergenze sanitarie legate al consumo di prodotti di origine animale che hanno
caratterizzato quest'ultimo decennio, in particolare la BSE, hanno messo in risalto l'importanza della polizia
sanitaria al fine di evitare ogni rischio per la salute pubblica
quella degli animali.
Questo obiettivo è al centro del REGOLAMENTO COMUNITARIO 1774/2002 che fissa le norme di polizia
sanitaria applicabili alla raccolta, al trasporto, al deposito, alla manipolazione e alla trasformazione e
all'eliminazione dei sottoprodotti di OA.
Si tratta di un regolamento che ha un fortissimo impatto su tutta la filiera della carne e che proibisce
l'introduzione nella catena alimentare di carcasse animali e di sottoprodotti di OA declassati; le uniche materie
prime di OA autorizzate per la produzione di mangimi sono quelle provenienti da animali dichiarati idonei al
consumo umano a seguito di un'ispezione sanitaria.
Il Regolamento prevede, inoltre, metodi per l'utilizzazione o l'eliminazione di prodotti di OA, nonché
disposizioni più rigorose in materia di controllo e di tracciabilità. Il Regolamento fissa, infine, le condizioni alle
quali i sottoprodotti di OA e i prodotti derivati possono essere importati da Paesi terzi.
RISCHIO DA ALLERGIE
Il contatto e la manipolazione di animali può determinare la comparsa di numerose forme cliniche allergiche.
Tali malattie professionali colpiscono dall'11% al 44% del personale che ha contatto quotidiano e stretto con gli
animali; il personale si sensibilizza per inalazione di allergeni sospesi nell'atmosfera o a seguito di abrasioni,
graffi o morsi. Gli allergeni sono costituiti da proteine della saliva, urina, feci, siero, forfora del pelo, piume.
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DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Elmo per carichi sospesi
Guanti
Visiere
Occhiali
Archetti paraorecchi
Tappi in silicone e tappi monouso
Filtranti facciali
Calzature antinfortunistiche
Giubbotti termici con cappuccio
Sopracamice monouso idrorepellente
Tuta in tyvec
Soprascarpe, soprastivali monouso
Guanti antitaglio in maglia metallica leggera
BIBLIOGRAFIA
Bresciani G.1 - Zannetti G.2. “Il veterinario e il "pianeta sicurezza" definito dal D.Lgs. 626/1994.
Ghinzelli M., Cancellotti F.M. “La tutela della salute e sicurezza sul lavoro nel settore agrozootecnico: il
ruolo del veterinario”; Professione Veterinaria: 10/2000
Rapa A. "Le malattie professionali del veterinario"; Il Progresso Veterinario: 12/2000
Birello S., Mazzeo M. "Come valutare i rischi nelle aziende suinicole"; Rivista di Suinicoltura: 3/1996
Semeraro M.T. "L.626: chi è il responsabile"; Professione Veterinaria: 5/2000
Gagnone G. "Rischio biologico negli tabulari, possibili rischi di contagio, prevenzione" USL 42, Pavia