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LUCA ANDRETTO Principio costituzionale di apertura internazionale e giudizio di bilanciamento fra principi fondamentali SOMMARIO: 1. Giudizio di bilanciamento e costituzionalismo multilivello. – 2. I controli- miti come limite interno al principio di apertura internazionale ex art. 11 Cost. – 3. Legalità costituzionale e legalità internazionale nell’art. 117, c. 1, Cost. Le Carte internazionali sui diritti umani. – 4. Impraticabilità del giudizio di bilanciamento fra i principi dell’ordinamento repubblicano e quelli degli ordinamenti sovra- ed internazionale. 1. – Il giudizio di bilanciamento è la tecnica comunemente adottata per risolvere conflitti contingenti fra norme aventi la struttura nomologica del principio 1 . Si ricorre a tale tecnica allorché i tradizionali canoni di risolu- 1 Il giudizio di bilanciamento presuppone che i principi giuridici possano entrare in reciproco contrasto e che le relative antinomie non siano meramente apparenti. I principi giuridici si distin- guono dalle regole in quanto «precetti di ottimizzazione», ossia precetti che non necessariamente richiedono un rispetto assoluto, bensì il maggior grado di osservanza compatibile con le contin- genze fattuali e giuridiche: proprio per questo essi sono suscettibili di applicazione temperata in ragione della concomitante applicazione di principi confliggenti, al contrario delle regole che pos- sono soltanto essere adempiute o non adempiute. In questo senso cfr. R. ALEXY, Kollision und Ab- wägung als Grundprobleme der Grundrechtsdogmatik, in La ragionevolezza del diritto, a cura di M. La Torre e A. Spadaro, Torino 2002, p. 9 ss., nel testo tradotto in lingua italiana, Collisione e bilanciamento quale problema di base della dogmatica dei diritti fondamentali, ivi, p. 37 s. Per una ricostruzione teoretica che esclude la possibile conflittualità fra principi, benché limitatamente a quelli espressivi di diritti fondamentali, cfr. L. FERRAJOLI, I fondamenti dei diritti fondamentali, in I diritti fondamentali. Un dibattito teorico, a cura di L. Ferrajoli, Roma-Bari 2001, p. 277 ss. Per una ricostruzione (specificazionista) che postula la possibilità di prevenire i conflitti fra principi, di modo che le relative antinomie ri- sultino meramente apparenti, cfr. J. OBERDIEK, Specifying Rights Out of Necessity, in Oxford Jour. Leg. Studies, Vol. 28, 2008, p. 127 ss. Per una critica a queste due tipologie di ricostruzione teoretica cfr. B. CELANO, Diritti, principi e valori nello Stato costituzionale di diritto: tre ipotesi di ricostruzione, in A- nalisi e diritto, 2004, p. 53 ss. Sul giudizio di bilanciamento come tecnica di risoluzione dei conflitti contingenti fra principi cfr. R. DWORKIN, Taking Rights Seriously, London 1977, nel testo tradotto in lingua italiana, I diritti presi sul serio, Bologna 1982, p. 93 ss.; R. ALEXY, Theorie der Grundrechte, Frankfurt a.M. 1986, nel testo tradotto in lingua spagnola, Teoría de los derechos fundamentales, Madrid 1993, p. 87 ss.; G. PINO, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali. Una mappa dei problemi , in Ragion Pratica, 2007, p. 219 ss. Sulle origini nordamericane del giudizio di bilanciamento e sul suo originale sviluppo da parte della scienza giuridica tedesca cfr. A. VESPAZIANI, Interpretazioni del bilanciamento dei diritti fondamentali, Padova 2002. Sulle applicazioni di tale giudizio da parte della Corte costituzionale italiana cfr. R. BIN, Diritti e

Principio costituzionale di apertura internazionale e ... · 2 Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali zione delle antinomie non possano operare,

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LUCA ANDRETTO

Principio costituzionale di apertura internazionale e giudizio di bilanciamento fra principi fondamentali

SOMMARIO: 1. Giudizio di bilanciamento e costituzionalismo multilivello. – 2. I controli-miti come limite interno al principio di apertura internazionale ex art. 11 Cost. – 3. Legalità costituzionale e legalità internazionale nell’art. 117, c. 1, Cost. Le Carte internazionali sui diritti umani. – 4. Impraticabilità del giudizio di bilanciamento fra i principi dell’ordinamento repubblicano e quelli degli ordinamenti sovra- ed internazionale.

1. – Il giudizio di bilanciamento è la tecnica comunemente adottata per

risolvere conflitti contingenti fra norme aventi la struttura nomologica del principio1. Si ricorre a tale tecnica allorché i tradizionali canoni di risolu-

1 Il giudizio di bilanciamento presuppone che i principi giuridici possano entrare in reciproco

contrasto e che le relative antinomie non siano meramente apparenti. I principi giuridici si distin-guono dalle regole in quanto «precetti di ottimizzazione», ossia precetti che non necessariamente richiedono un rispetto assoluto, bensì il maggior grado di osservanza compatibile con le contin-genze fattuali e giuridiche: proprio per questo essi sono suscettibili di applicazione temperata in ragione della concomitante applicazione di principi confliggenti, al contrario delle regole che pos-sono soltanto essere adempiute o non adempiute. In questo senso cfr. R. ALEXY, Kollision und Ab-

wägung als Grundprobleme der Grundrechtsdogmatik, in La ragionevolezza del diritto, a cura di M. La Torre e A. Spadaro, Torino 2002, p. 9 ss., nel testo tradotto in lingua italiana, Collisione e bilanciamento

quale problema di base della dogmatica dei diritti fondamentali, ivi, p. 37 s. Per una ricostruzione teoretica che esclude la possibile conflittualità fra principi, benché limitatamente a quelli espressivi di diritti fondamentali, cfr. L. FERRAJOLI, I fondamenti dei diritti fondamentali, in I diritti fondamentali. Un dibattito

teorico, a cura di L. Ferrajoli, Roma-Bari 2001, p. 277 ss. Per una ricostruzione (specificazionista) che postula la possibilità di prevenire i conflitti fra principi, di modo che le relative antinomie ri-sultino meramente apparenti, cfr. J. OBERDIEK, Specifying Rights Out of Necessity, in Oxford Jour. Leg.

Studies, Vol. 28, 2008, p. 127 ss. Per una critica a queste due tipologie di ricostruzione teoretica cfr. B. CELANO, Diritti, principi e valori nello Stato costituzionale di diritto: tre ipotesi di ricostruzione, in A-

nalisi e diritto, 2004, p. 53 ss. Sul giudizio di bilanciamento come tecnica di risoluzione dei conflitti contingenti fra principi cfr. R. DWORKIN, Taking Rights Seriously, London 1977, nel testo tradotto in lingua italiana, I diritti presi sul serio, Bologna 1982, p. 93 ss.; R. ALEXY, Theorie der Grundrechte, Frankfurt a.M. 1986, nel testo tradotto in lingua spagnola, Teoría de los derechos fundamentales, Madrid 1993, p. 87 ss.; G. PINO, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali. Una mappa dei problemi, in Ragion Pratica, 2007, p. 219 ss. Sulle origini nordamericane del giudizio di bilanciamento e sul suo originale sviluppo da parte della scienza giuridica tedesca cfr. A. VESPAZIANI, Interpretazioni del bilanciamento dei diritti fondamentali, Padova 2002. Sulle applicazioni di tale giudizio da parte della Corte costituzionale italiana cfr. R. BIN, Diritti e

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zione delle antinomie non possano operare, per essere le disposizioni di rife-rimento coeve e pariordinate nella scala gerarchica2; quanto al criterio di spe-cialità, esso è idoneo a risolvere conflitti necessari fra principi, non anche a risolvere conflitti contingenti3. Come poi il giudizio di bilanciamento o-peri effettivamente e quali siano i suoi esiti pratici, le opinioni al riguardo so-no disparate4; ma non è questa la sede per il loro approfondimento.

argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Milano 1992. Sulle applicazioni da parte della Corte di giustizia europea cfr. G. PINO, La “lotta per i diritti fondamentali” in Europa. Integrazione

europea, diritti fondamentali e ragionamento giuridico, in Identità, diritti, ragione pubblica in Europa, a cura di I. Trujillo e F. Viola, Bologna 2007, p. 109 ss.

2 I principi in conflitto possono essere espressamente formulati in altrettante disposizioni norma-tive o da esse ricavati per via ermeneutica. Sovente, peraltro, essi non sono immediatamente rica-vabili da singole specifiche disposizioni, ma piuttosto elaborati dagli operatori giuridici per via in-duttiva, a partire da norme particolari dalle quali si pretende estrarre una ratio univoca mediante progressive astrazioni, generalizzazioni o universalizzazioni: cfr. R. GUASTINI, Principi di diritto e

discrezionalità giudiziale, in Dir. pubbl., 1998, p. 647 ss. In ogni caso, antinomie fra norme ricavate da disposizioni coeve e pariordinate (tipicamente contenute in un medesimo testo normativo: ad es., la Costituzione) non possono essere risolte né in applicazione del criterio cronologico, né in ap-plicazione del criterio gerarchico.

3 Conflitti necessari sono quelli riscontrabili in astratto, fra principi che disciplinano classi di fatti-specie fra loro integralmente sovrapposte, o una delle quali costituisca sottoclasse dell’altra. Nel primo caso – ove si voglia adottare la terminologia di A. ROSS, On Law and Justice, London 1958, nel testo tradotto in lingua italiana, Diritto e giustizia, Torino 1965, p. 122 ss. – si ha un conflitto del tipo ‘totale-totale’, radicalmente insolubile. Nel secondo caso, invece, si ha un conflitto del tipo ‘tota-le-parziale’, che può risolversi applicando il criterio di specialità, in favore del principio che disci-plina la classe di fattispecie meno estesa. Cfr. R. GUASTINI, I principi nel diritto positivo, in Distinguen-

do. Studi di teoria e metateoria del diritto, a cura di R. Guastini, Torino, 1996, p. 143 ss. Conflitti contingenti sono, infine, quelli che non insorgono se non al momento dell’applicazione concreta, fra principi che disciplinano classi di fattispecie distinte ma in parte coincidenti: si ha in tal caso un conflitto del ti-po ‘parziale-parziale’, la cui risoluzione richiede, appunto, un giudizio di bilanciamento.

4 A titolo esemplificativo, quanto all’essenza del giudizio, si usa distinguere tra: un bilancia- mento categoriale o definitorio, che tende all’elaborazione di una regola universalizzabile di colli-sione in base alla quale, in presenza di determinate circostanze assunte come rilevanti, l’un princi-pio deve prevalere sull’altro, a meno che intervengano nuove circostanze rilevanti non prese in consi-derazione nel caso paradigmatico; e un bilanciamento caso per caso o ad hoc, che si propone di ri-solvere il conflitto fra principi senza elaborare o, comunque, senza esplicitare alcuna regola di col-lisione, in base al presupposto che l’assunzione delle circostanze rilevanti si risolve in una mera strategia argomentativa o che, comunque, non potranno darsi nuovi casi che condividano le me-desime circostanze rilevanti. Cfr., su questa distinzione, M.B. NIMMER, The Right to Speak from Ti-mes to Time: First Amendment Theory Applied to Libel and Misapplied to Privacy, in California L. Rev., Vol. 54, 1968, p. 942 ss.; T.A. ALEINIKOFF, Constitutional Law in the Age of Balancing, in Yale L.J., Vol. XCVI, 1987, p. 943 ss.; G. MANIACI, Note sulla teoria del bilanciamento di Robert Alexy, in Dir.

quest. pubbl., 2002, p. 60 ss. (il quale propone di aggiungere una categoria intermedia, quella del bi-lanciamento ragionevolmente definitorio o categoriale in senso debole). Quanto all’esito pratico del giudizio di bilanciamento, secondo taluni esso deve tendere a un contemperamento dei principi in

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L’opinione che, piuttosto, ci si propone di approfondire nelle sue basi costituzionali è quella secondo cui al giudizio di bilanciamento debba ri-corrersi anche per risolvere conflitti fra principi appartenenti a sistemi di-stinti, con specifico riguardo all’ordinamento repubblicano da un lato, a-gli ordinamenti sovra- ed internazionale dall’altro5. Siffatte antinomie emer-gono negli spazi in cui i sistemi distinti si aprono alla reciproca integra-zione, senza però determinare una netta (e pressoché impraticabile) sepa-razione delle competenze. Ogni qualvolta una data fattispecie ricada nel-l’ambito applicativo di norme rispondenti a principi di diversa estrazione ordinamentale, il conflitto fra essi risulta a ben vedere inevitabile6.

conflitto, con l’obiettivo di salvaguardare il contenuto minimo essenziale di entrambi: sul punto cfr. G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Torino 1992, p. 11 ss. Secondo altri, l’e-sito del giudizio non può che essere l’occasionale accantonamento dell’un principio a fronte del-l’esclusiva applicazione di quello configgente: così R. GUASTINI, Principi di diritto, cit., p. 655.

5 È questa la tesi in vari scritti sostenuta da A. RUGGERI: cfr., fra i più recenti, Riforma del Tito-

lo V e giudizi di “comunitarietà” delle leggi, in AA.VV., Diritto comunitario e diritto interno. Atti del semina-

rio svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, 20 aprile 2007, Milano 2008, p. 454 ss.; Sistema integrato di fonti,

tecniche interpretative, tutela dei diritti fondamentali, in Pol. dir., 2010, p. 11 ss.; Dimensione europea della tu-

tela dei diritti fondamentali e tecniche interpretative, in Dir. un. eur., 2010, p. 137 ss.; Corte costituzionale e Corti eu-

ropee: il modello, le esperienze, le prospettive, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2010, p. 12 ss. A que-sta prospettiva è parsa accedere la Corte costituzionale nella sua più recente giurisprudenza sui rapporti fra fonti interne e CEDU. Dapprima, con le sentt. nn. 348 e 349 del 22 e 24.10.2007, in Giur.

Cost., 2007, p. 3510 e rispettivamente p. 3556, essa avrebbe prefigurato un bilanciamento tra il principio di apertura internazionale ex art. 117, c. 1, Cost. e gli altri principi costituzionali. Cfr. V. SCIARABBA, Nuovi punti fermi (e questioni aperte) nei rapporti tra fonti e corti nazionali ed internazionali, in Giur. cost., 2007, p. 3585 s.; A. RUGGERI, La CEDU alla ricerca di una nuova identità, tra prospettiva formale-

astratta e prospettiva assiologico-sostanziale d’inquadramento sistematico, in Dir. pubbl. comp. eur., 2008, p. 216 s. Dipoi, con la sent. n. 317 del 30.11.2009, in Giur. Cost., 2009, p. 4761, avrebbe inteso funzionalizzare tale bilanciamento alla «massima espansione delle garanzie»: cfr. O. POLLICINO, Margine di apprezzamento, art. 10, c.1, Cost. e bilancia- mento “bidirezionale”: evoluzione o svolta nei rapporti

tra diritto interno e diritto convenzionale nelle due decisioni nn. 311 e 317 del 2009 della Corte costituzionale?, in www.forumcostituzionale.it, 2009, p. 4 s.; A. RUGGERI, Conferme e novità in tema di rapporti tra diritto in-

terno e diritto CEDU, in Quad. cost., 2010, p. 420 ss.; E. CANNIZZARO, Il bilanciamento fra diritti fonda-

mentali e l’art. 117, 1° comma, Cost., in Riv. dir. int., 2010, p. 128 ss. Per una diversa interpretazione di queste statuizioni della Corte costituzionale cfr. infra, nota 59.

6 Osserva F. SORRENTINO, La tutela multilivello dei diritti, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005, p. 79 ss., che ciascuno degli ordinamenti considerati rappresenta un sistema autonomo e tendenzial-mente chiuso di valori giuridici e di beni tutelati, dotato di peculiari tecniche d’interpretazione e qualificazione di fatti e valori; di autonomi strumenti di garanzia; di specifiche procedure di conci-liazione fra contrapposte situazioni giuridiche; di non uniformi interessi pubblici, al persegui-mento dei quali la complessiva attività pubblica è diretta. Cfr. altresì A. PACE, Problematica delle li-

bertà costituzionali. Parte generale. Introduzione allo studio dei diritti costituzionali, Padova 2003, p. 33 ss.; M. LUCIANI, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico, in Giur. cost., 2006, p. 1661 ss.; U.

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Ferma la tradizionale impostazione dualista delle relazioni fra diritto in-terno e diritto internazionale7, l’ordinamento italiano resta impenetrabile a fonti esterne, «a meno che, limitando la propria sovranità, non permet-ta che le norme di altri ordinamenti assumano rilevanza giuridica nel suo ambito»8. Alle norme interne sulla produzione si deve, in questi casi, il li-vello d’efficacia al quale le norme esterne così recepite si collocano nel si-stema delle fonti. In questa prospettiva formale, il rischio che principi confliggenti di diversa estrazione ordinamentale si ricolleghino a disposi-zioni coeve e gerarchicamente pariordinate si riduce drasticamente.

Tuttavia, le consuete sistemazioni secondo forma si rivelano anacroni-stiche dinanzi al profluvio di norme materialmente costituzionali prove-nienti dagli ordinamenti sovra- ed internazionale9. Si fa strada, pertanto, l’opinione che i materiali normativi generati in diversi contesti ordinamen-tali non vadano ordinati in stabili gerarchie formali, ma piuttosto varia-mente combinati e bilanciati secondo i casi concreti, sulla base di para-metri di tipo assiologico10. È questo uno dei canoni essenziali del costitu-zionalismo multilivello.

Il modello teorico del costituzionalismo multilivello assume, da un la-to, l’inadeguatezza del livello statuale sul piano dell’efficienza nella tutela delle situazioni giuridiche e, dall’altro, la carenza dei livelli sovra- ed in-ternazionale sul piano dell’organizzazione politico-costituzionale; postu-

DRAETTA, Diritto dell’Unione europea e principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano: un con-

trasto non più solo teorico, in Dir. un. eur., 2007, p. 41 ss. 7 La Costituzione italiana non impone ma, semmai, solo presuppone un’impostazione dualista

nei rapporti con l’ordinamento internazionale. Cfr. F. SALERNO, Il neo-dualismo della Corte costituzio-

nale nei rapporti tra diritto internazionale e diritto interno, in Riv. dir. int., 2006, p. 343. Se così è, il perdu-rante ricorso a strumenti di adattamento alle norme internazionali risponde a una mera tradizione o consuetudine costituzionale: cfr. P. IVALDI, L’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, in, Istituzioni di diritto internazionale, a cura di S.M. Carbone, R. Luzzatto e A. Santa Maria, Torino 2002, p. 119; R. BIN, Il sistema delle fonti. Un’introduzione, in AA.VV., Studi in memoria di Giuseppe G. Flo-

ridia, Napoli 2009, p. 40; G. TESAURO, Costituzione e norme esterne, in Dir. un. eur., 2009, p. 224 s. Trattasi di una tradizione che ormai da tempo mostra segni evidenti di cedimento (cfr. già L. PALADIN, Le

fonti del diritto italiano, Bologna 1996, p. 413 ss.), ma che ancor’oggi pare lungi dall’essere superata in favore di un’opposta impostazione linearmente monista.

8 M. PEDRAZZA GORLERO, Le fonti dell’ordinamento repubblicano, Milano 2010, p. 27. 9 Cfr. A. RUGGERI, La tutela “multilivello” dei diritti fondamentali, tra esperienze di normazione e teorie

costituzionali, in Pol. dir., 2007, p. 317 ss.: l’inquadramento sistematico secondo forma presuppone che resti appannaggio della Costituzione il riconoscimento dei diritti fondamentali; ma si tratta di un’impostazione superata nei fatti, in ragione dalla molteplicità dei testi normativi sovra- ed inter-nazionali che fanno luogo al riconoscimento dei diritti umani.

10 A. RUGGERI, La tutela “multilivello”, cit., p. 324 ss.

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la, pertanto, la necessaria combinazione degli stessi – concepibile purché tutti si fondino sulla volontà generale di un medesimo popolo, cui in de-finitiva è rivolto l’esercizio delle potestà normative variamente dislocate – in un unico spazio costituzionale integrato11. Poteri e responsabilità po-litiche, che nel modello westfaliano si congiungevano tipicamente in seno agli Stati nazionali, risulterebbero oggi disaggregati e variamente distri-buiti all’interno e all’esterno del livello statuale12; sicché solo in una pro-spettiva integrata (multilivello, appunto) essi tornerebbero a conseguire il necessario completamento.

La Costituzione repubblicana esprime in numerose norme un princi-pio di apertura ai valori della comunità internazionale13. Si tratta, allora, di verificare se questo principio sia suscettibile d’estendersi al punto da re-lativizzare i restanti principi costituzionali nei loro rapporti con principi prima facie omogenei sul piano materiale, ma dotati di caratteri particolari inevitabilmente difformi per il fatto stesso di procedere da contesti ordi-namentali distinti.

2. – In un’unica norma costituzionale il principio di apertura interna-

zionale si esplica in una limitazione di sovranità che prescinde totalmente da valutazioni parlamentari di opportunità politica: si tratta dell’art. 10, c. 1,

11 Questo modello teorico traspone dal piano politologico (descrittivo) a quello giuridico

(prescrittivo) la formula della multilevel governance, su cui cfr. G. MARKS, L. HOOGE e K. BLANK, European Integration from the 1980s: State-Centric v. Multi-level Governance, in J. Comm. Mark. Studies, 1996, p. 346 ss. La recente costruzione di questo fortunato modello si deve essenzialmente a I. PERNICE e ai suoi due scritti fondamentali: Multilevel Constitutionalism and the Treaty of Amsterdam: European Consti-

tution-Making revisited?, in Comm. mark. law rev., 1999, p. 703 ss.; Multilevel Constitutionalism in the Eu-

ropean Union, in Eur. law Rev., 2002, p. 511 ss. 12 Sulla crisi del modello westfaliano di organizzazione politica, incentrato sul carattere di so-

vranità degli Stati nazionali, cfr. M.W. ZACHER, The Decaying Pillars of the Westphalian Temple: Impli-

cations for International Order and Governance, in Governance without Government: Order and Change in World

Politics, a cura di J.N. Rosenau e E.O. Czempiel, Cambridge 1992, p. 58 ss.; M. LUCIANI, L’antiso-

vrano e la crisi delle istituzioni, in Riv. dir. cost., 1996, p. 124 ss. 13 Secondo V. ONIDA, La Costituzione ieri e oggi, Bologna 2008, p. 13 ss., questo principio di a-

pertura internazionale costituisce il riflesso della naturale vocazione universalista del costituzio-nalismo contemporaneo. Cfr. altresì E. CANNIZZARO, Trattati internazionali e giudizio di costituzionali-

tà, Milano, 1991, p. 261 ss.; A. CARRINO, Costituzione e sovranità. L’Italia e l’Europa prima e dopo Maa-

stricht nel recente dibattito giuspubblicistico, in L’Europa e il futuro delle Costituzioni, a cura di A. Carrino, Torino 2002, p. 169 ss.; M. KUMM, Democratic Constitutionalism Encounters International Law: Terms of

Engagement, in The Migration of Constitutional Ideas, a cura di S. Choudhry, Cambridge 2006, p. 256 ss., nel testo tradotto in lingua italiana, Costituzionalismo democratico e diritto internazionale: termini del

rapporto, in Ars Interpretandi, 2008, p. 85.

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Cost. relativo al diritto internzionale di matrice consuetudinaria14. Sogget-ta a valutazioni politiche quantomeno al momento genetico è invece l’a-pertura internazionale espressa dall’art. 11 Cost., che autorizza il Parla-mento a traferire stabilmente con legge funzioni sovrane ad ordinamenti esterni, a condizione che ricorrano determinati requisiti15.

Il testo della disposizione si limita ad esprimere la necessità che, sul piano formale, il trasferimento di funzioni avvenga nel pieno rispetto del principio di eguaglianza fra Stati membri; e che, sul piano sostanziale, l’ordinamento di destinazione persegua coerentemente il fine costituzio-nale della pace e della giustizia fra le Nazioni. Non pare indispensabile, peraltro, l’espressa contemplazione di questo fine a livello istituzionale, essendo per lo più accolta la prospettiva funzionalista secondo cui il con-seguimento della pace e della giustizia internazionali non può che passare per una serie di realizzazioni concrete, tali da promuovere e consolidare nel tempo la reciproca interdipendenza tra Stati e tra cittadini16.

14 Le consuetudini internazionali ricevono questo trattamento privilegiato per la loro peculia-

re modalità di formazione, che necessariamente prescinde da specifiche manifestazioni di volontà da parte di organi politici, ma soprattutto per la funzione che esse svolgono nell’ordinamento d’appar-tenenza, quali regole frutto di una cultura giuridica di portata universale volte a consentire la par-tecipazione e l’interazione reciproca in seno alla comunità degli Stati. Cfr. L. CAPPUCCIO, Le con-

suetudini internazionali tra Corte costituzionale e Corte di giustizia, in Quad. cost., 2004, p. 14; M. CIANCA-GLINI, Prendendo spunto dall’ordinanza di rimessione del “caso Dorigo”: considerazioni sull’ambito di applica-

zione dell’art. 10 comma 1 Cost., in Giur. cost., 2007, p. 3340. 15 La Corte costituzionale ha ravvisato nell’art. 11 Cost. una funzione ‘permissiva’ in forza

della quale, ricorrendone i presupposti, il trasferimento di funzioni sovrane può avvenire con mera legge ordinaria: cfr. sent. n. 14 del 24.02.1964, in Giur. Cost., 1964, p. 160. Secondo C. ESPOSITO, Costituzione, leggi di revisione della costituzione e “altre” leggi costituzionali, in AA.VV., Raccolta

di scritti in onore di A.C. Jemolo, III, Diritto amministrativo, diritto costituzionale, diritto internazionale, diritto

penale, procedura penale, Milano 1962, p. 202 s. nota 24, in assenza di quest’autorizzazione espressa del Costituente, neppure con legge costituzionale sarebbe consentita l’adesione italiana a un’orga-nizzazione sovranazionale che sottoponga i cittadini a un sistema di poteri pubblici non fondato sulla Costituzione e, anzi, ad essa stabilmente derogatorio. Siffatta limitazione di sovranità si giu-stifica esclusivamente in considerazione della finalità, costituzionalmente codificata, di assicurare pace e giustizia fra le Nazioni: vi è un sicuro mandato costituzionale teso alla promozione e al so-stegno delle «organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo», sebbene il trasferimento di fun-zioni sovrane sia oggetto di mera autorizzazione rivolta al Parlamento. Diversamente, il BVerfG ha chiarito non esservi alcuna discrezionalità politica nella partecipazione della Germania al pro-cesso d’integrazione europea, essendo la stessa vincolata in forza del Präambel e dell’art. 23.1 GG: cfr. Urt. n. 2 BvE 2, 5/08, n. 2 BvR 1010, 1022, 1259/08 und 182/09, von 30.06.2009, in Eur. G-

Z, 2009, p. 285 ss., § 225. 16 La concezione funzionalista è ben esemplificata dalle parole della Déclaration Schuman, pri-

mo discorso ufficiale in cui si delineò il processo d’integrazione europea, tenuto a Parigi il 9 mag-gio 1950 dall’allora Ministro degli Esteri del Governo francese: «La contribution qu’une Europe orga-

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Ulteriori requisiti sono stati enucleati, sul piano strutturale, per via pretoria dalla giurisprudenza costituzionale. Destinataria delle limitazioni di sovranità consentite dall’art. 11 può essere soltanto un’organizzazione interstatuale di tipo sovranazionale, a carattere permanente, dotata di personalità giuridica e capacità di rappresentanza internazionale, che arti-coli se stessa in un ordinamento giuridico autonomo e indipendente da quelli dei propri Stati membri17. Il requisito della sovranazionalità è sod-disfatto dalle organizzazioni che siano in grado – tanto sul piano giuridi-co, quanto sul piano pratico – di esercitare le funzioni sovrane ad esse at-tribuite imponendo le proprie decisioni anche contro la diversa volontà eventualmente espressa dai singoli Stati membri18.

La sussistenza di ciascuno di questi requisiti non può essere valutata in modo astratto e aprioristico dal Parlamento, con l’autorizzazione alla ratifica del trattato di adesione a un ente internazionale, spettando piut-tosto alla giurisprudenza vagliare caso per caso la sua struttura e i suoi scopi effettivi. Qualora il vaglio dia esito positivo, la limitazione di sovra-nità assume carattere definitivo e il Parlamento perde stabilmente la di-sponibilità delle funzioni trasferite. Non potrà tornare ad esercitarle nep-pure mediante legge costituzionale, pena la violazione dell’art. 11 e del prin-cipio di apertura internazionale che esso esprime: l’ingiustificata riappro-priazione delle funzioni resta, infatti, concettualmente incompatibile con la compiuta limitazione della sovranità costituzionale.

nisée et vivante peut apporter à la civilisation est indispensable au maintien des relations pacifi-ques … L’Europe ne se fera pas d’un coup, ni dans une construction d’ensemble: elle se fera par des réalisations concrètes, créant d’abord une solidarité de fait» (fonte: www.robert-schuman.org).

17 Cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 18.12.1973, in Giur. Cost., 1973, p. 2412 s. 18 Tale requisito pare funzionale al principio di eguaglianza internazionale: l’indisponibilità delle

funzioni sovrane trasferite dallo Stato italiano, infatti, lo collocherebbe altrimenti in una posizione impari rispetto a quella degli altri Stati che, in ipotesi, si riservino la facoltà di contraddire le deci-sioni espresse unitariamente dall’organizzazione. Quest’energica declinazione del carattere della sovranazionalità si evince, in particolare, dalle sentt. nn. 348 e 349/2007, citt., p. 3505 e rispettiva-mente p. 3552, della Corte costituzionale. Cfr. M.E. BARTOLONI, Un nuovo orientamento della Corte

costituzionale sui rapporti fra ordinamento comunitario e ordinamento italiano?, in Dir. un. eur., 2008, p. 515 ss.; F. SORRENTINO, Apologia delle “sentenze gemelle” (brevi note a margine delle sentenze nn. 348 e 349 della

Corte costituzionale), in Dir. soc., 2009, p. 222.; nonché, con diversità di sfumature interpretative, C. ZANGHÌ, La Corte costituzionale risolve un primo contrasto con la Corte europea dei diritti dell’uomo ed inter-

preta l’art. 117 della Costituzione: le sentenze n. 348 e 349 del 2007, in www.giurcost.org, 2007, § 2; R. DICKMANN, Corte costituzionale e diritto internazionale, in Foro amm. C.d.S., 2007, p. 3594. Critico è il commento di A. GUAZZAROTTI, La Consulta “guarda in faccia” gli obblighi internazionali e la CEDU, in Studium Juris, 2008, p. 277, secondo cui il requisito in parola sarebbe stato imposto dalla Corte co-stituzionale in maniera superficiale e apodittica.

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 8

Il vaglio giurisprudenziale, tuttavia, è per sua natura diacronico, spie-gandosi in ragione dei plurimi atti di esercizio delle funzioni trasferite; e la puntuale conformità ai vari requisiti, per conseguenza, sempre defetti-bile. Necessariamente diverse sono le valutazioni secondo che la mancanza sia imputabile a un singolo atto, in ipotesi disfunzionale al perseguimento della finalità costituzionale, ovvero a un sopravvenuto difetto strutturale, formale o assiologico dell’organizzazione nel suo complesso.

Nel primo caso, benché l’atto in questione appartenga a un diverso ordinamento e non sia dunque sindacabile alla stregua di parametri di va-lidità interni19, gli organi preposti non potranno dare ad esso applicazione una volta dichiarata illegittima la legge di esecuzione del trattato, nella parte in cui abbia consentito il distorto esercizio delle funzioni attribuite all’en-te20. Nel secondo caso, venute meno le condizioni costituzionalmente ri-chieste per la stabile limitazione della sovranità nazionale, il Parlamento potrebbe giustificatamente riappropriarsi delle funzioni trasferite, abro-gando la legge di esecuzione del trattato di adesione e, contestualmente, autorizzando la relativa denuncia in sede internazionale21.

Tra i requisiti ai quali è subordinato il legittimo trasferimento di fun-zioni sovrane ex art. 11, la Corte costituzionale ha dedicato particolare at-tenzione, da un lato, ai principi fondamentali dell’ordinamento costitu-

19 Cfr. Corte cost., sent. n. 183/1973, cit., p. 2418 s.. 20 Cfr. Corte cost., sent. n. 232 del 13.04.1989, in Giur. Cost., 1989, p. 1007 s. 21 Cfr. Corte cost., sent. n. 170 del 05.06.1984, in Giur. Cost., 1984, p. 1117. La Corte ha qui

voluto riservarsi il vaglio delle leggi che si assumano violare «ingiustificatamente» non già singoli precetti, bensì principi fondamentali del diritto sovranazionale, al punto da precluderne definiti-vamente o metterne permanentemente a repentaglio la complessiva osservanza. Secondo la più convincente ricostruzione, questa riserva di competenza si riferisce alle ipotesi in cui la legge impugna-ta miri alla stabile riappropriazione delle funzioni trasferite: il Parlamento potrebbe legittimamente assumere siffatta iniziativa soltanto in caso di sopravvenuta mancanza dei requisiti previsti dal-l’art. 11 Cost. in capo all’organizzazione sovranazionale nel suo complesso. Cfr. in tal senso A. LA

PERGOLA, Il giudice co-stituzionale italiano di fronte al primato e all’effetto diretto del diritto comunitario: note

su un incontro di studio, in Giur. cost., 2003, p. 2432 ss.; G. GAJA, La Corte costituzionale di fronte al diritto

comunitario, in La dimensione internazionale ed europea del diritto nell’esperienza della Corte costituzionale, a cura di L. Daniele, Napoli 2006, p. 269. Parte della letteratura non concorda sulla distinzione fra i due casi citati nel testo e discorre, piuttosto, di un’evoluzione della giurisprudenza costituzionale: fermo il contenuto dei limiti costituzionalmente stabiliti al trasferimento di funzioni sovrane, in un primo momento si sarebbe voluto mantenere aperta una via residuale al recupero delle quote di sovranità perdute; in un secondo momento si sarebbe scelto (per motivi di opportunità politi-ca) d’introdurre un sindacato di legittimità indiretto sui singoli atti dell’organizzazione sovranazionale. In questo senso cfr. M. CARTABIA, Principi inviolabili e integrazione europea, Milano 1995, p. 112 ss.; U. VILLANI, I “controlimiti” nei rapporti tra diritto comunitario e diritto italiano, in AA.VV., Diritto comunitario

e diritto interno, cit., p. 505 s.

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zionale e, dall’altro, ai diritti inalienabili della persona umana22: principi e diritti cui, per la loro funzione di limite alle limitazioni di sovranità costi-tuzionalmente autorizzate, la letteratura attribuisce l’epiteto di ‘controli-miti’23. La tesi che si vuole qui sostenere è che i controlimiti sono in defi-nitiva riconducibili a meri corollari dei requisiti rappresentati, per un ver-so, dal principio di eguaglianza fra gli Stati membri e, per l’altro, dalla fi-nalità di assicurare pace e giustizia fra le Nazioni.

Occorre premettere che la Corte muove da una concezione inten-sionale anziché estensionale della Costituzione24: concezione che in que-sta sede si vuol tenere per presupposta. In questa prospettiva, i principi posti dal potere costituente a fondamento dell’intero ordinamento – pur soggetti a riconoscimento ed implementazione pretoria – si assumono formare un nucleo normativo rigido ed intangibile per i poteri costituiti, i quali tradirebbero la legalità costituzionale ove pretendessero modificar-lo25. L’esistenza di principi fondamentali, tuttavia, può essere predicata soltanto instaurando una gerarchia assiologica stabile tra norme formal-mente pariordinate. L’interprete esercita, cioè, un giudizio affine a quello di bilanciamento, ma individuando regole di collisione universali e perciò astratte, che prescindono dall’assunzione di specifiche circostanze rile-vanti in relazione ai singoli casi concreti. In quest’attività egli trova ausilio in dati testuali e sistematici, quali la dicitura «principi fondamentali» posta a rubrica dei primi dodici articoli della Costituzione (senza che ciò esclu-

22 Cfr. sent. n. 183/1973, cit., p. 2420; sent. n. 170/1984, cit., p. 1116; sent. n. 232/1989, cit.,

p. 1007. L’attenzione ai diritti inalienabili della persona umana, quale limite al legittimo trasferimento di funzioni sovrane, emerge peraltro sin dalla sent. n. 98 del 16.12.1965, in Giur.

Cost., 1965, p. 1339. 23 La fortunata espressione si deve a P. BARILE, Ancora su diritto comunitario e diritto interno, in

AA.VV., Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea costituente, VI, Autonomie e garanzie costituzio-

nali, Firenze, 1969, p. 45. 24 In una prospettiva estensionale, la Costituzione è concepita come l’insieme delle norme che

la compongono, ciò che sdrammatizza il rilievo delle singole revisioni nell’ambito di un quadro costi-tuzionale omogeneo. In una prospettiva intensionale, la Costituzione è invece concepita a partire dai principi supremi che la caratterizzano, sicché un mutamento di questi introdurrebbe un nuovo ordinamento costituzionale. Su questa distinzione cfr. R. GUASTINI, Revisione costituzionale: proble-mi

di forma e di sostanza, in Ragion Pratica, 1994, p. 245 ss. 25 Cfr. M. PEDRAZZA GORLERO, Dalla Costituzione al diritto costituzionale, in Dir. pubbl., 2001, p.

402 s. Per una ricostruzione teorica della nozione di principio fondamentale non assoggettabile a revisione cfr. M. TROPER, La nozione di principio sovracostituzionale, in Analisi e diritto, 1996, p. 255 ss. Per una ricostruzione della giurisprudenza costituzionale sul tema cfr. F.P. CASAVOLA, I principi

supremi nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Foro it., 1995, II, c. 153 ss.

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 10

da l’inclusione di altri principi ricavabili dalle Parti I e II della Carta e, in special modo, dei diritti umani inviolabili).

Non potrà, peraltro, individuarsi alcun’ulteriore suddivisione assiolo-gica all’interno della gamma dei principi fondamentali, pena la perdita del-l’attributo da parte di quelli che per sistema dovessero risultare soccom-benti26. Proprio su questa considerazione fa aggio l’opinione che si vuole qui sottoporre ad esame. Se il principio di apertura internazionale, sicco-me declinato dall’art. 11, va annoverato nel nucleo dei principi fonda-mentali dell’ordinamento, non può allora instaurarsi una gerarchia assio-logica stabile fra esso ed i restanti principi parimenti qualificati, i relativi conflitti dovendosi variabilmente risolvere secondo le mutevoli circo-stanze rilevanti dei casi concreti, mediante giudizio di bilanciamento. E poiché l’art. 11 spinge nel senso dell’integrazione sovranazionale, quindi per la condivisione dei principi materialmente costituzionali caratteriz-zanti gli ordinamenti destinatari delle limitazioni di sovranità, il bilan-ciamento finisce sostanzialmente per condursi tra principi appartenenti a sistemi distinti, tra i quali la clausola costituzionale funge da necessario punto d’intersezione. La prevalenza dell’un principio sull’altro è, dunque, il mutevole effetto d’inesauribili giudizi concreti di bilanciamento. Il che equivale a dire che «i “controlimiti” come categoria teorica non esistono»27.

L’opinione testé esposta, tuttavia, sottostima il carattere intrinseca-mente limitato del principio di apertura internazionale espresso dall’art. 11. È pur vero che esso spinge nel senso dell’integrazione sovranaziona-le; ma a condizione che questa si realizzi anzitutto nel rispetto del princi-pio di eguaglianza fra Stati membri. Orbene, se l’ente sovranazionale, nel-l’esercizio delle funzioni attribuite, potesse impunemente ignorare i prin-cipi fondamentali degli Stati membri al segno da alterarne i connotati po-litici di base, esso opererebbe alla stregua di un potere costituente comu-ne. Affinché ciò possa legittimamente avvenire, deve darsi un consenso generalizzato in capo alle istanze sovrane partecipanti al processo d’inte-grazione. Fintanto che un tale consenso manchi28, l’accettazione di viola-zioni dei principi fondamentali da parte dell’ordinamento italiano collo-

26 Cfr. A. RUGGERI, Riforma del Titolo V e giudizi di “comunitarietà” delle leggi, cit., p. 456. 27 Ibidem. 28 Per analisi comparate sui limiti di carattere sia formale sia materiale ancor oggi opposti al prima-

to del diritto dell’Unione europea da parte dei suoi Stati membri cfr. A. CELOTTO, T. GROPPI, Di-

ritto UE e diritto nazionale: primauté vs controlimiti, in Riv. dir. pubbl. com., 2004, p. 1315 ss.; M.R. DONNA-RUMMA, Il processo di “costituzionalizzazione” dell’Unione europea e la tensione dialettica tra la giurisprudenza

della Corte di giustizia e le giurisprudenze delle Corti costituzionali, ivi, 2010, p. 418 ss.

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cherebbe quest’ultimo in una condizione impari rispetto a quella degli al-tri Stati membri, in contrasto con lo stesso art. 11.

Quest’interpretazione non chiude a una possibile integrazione di tipo politico, anzi la prefigura. Consente, però, di graduare sul piano costitu-zionale l’intensità del processo integrativo in conformità con l’evolversi della sensibilità politica non solo italiana, ma comune agli Stati membri del-l’organizzazione sovranazionale29. Chiamato ad applicare atti trasgressori di un principio fondamentale del nostro ordinamento, il giudice ordina-rio è tenuto a sollevare questione di legittimità della legge di esecuzione rela-tiva al trattato di adesione. Spetterà alla Corte costituzionale – in virtù della maggior adeguatezza delle risorse di cui dispone – verificare il grado d’e-voluzione della sensibilità comunitaria emergente anche in altri ordina-menti nazionali, ossia la disponibilità di questi ultimi ad accettare deroghe a principi fondamentali di portata analoga a quello invocato dal giudice a quo. Non constatando siffatta disponibilità, la Corte dovrà dichiarare ille-gittima la legge nella parte in cui ha trasferito funzioni sovrane l’esercizio delle quali, a mezzo degli atti in questione, abbia in definitiva violato il principio di eguaglianza fra Stati membri. Se poi si verificasse una persi-stente ed inaccettata trasgressione di principi fondamentali, il Parlamento sarebbe libero di reagire riappropriandosi delle funzioni trasferite. In ca-so contrario, la tacita accettazione dell’opera di un nuovo potere costi-tuente condurrà alla progressiva affermazione di un ordine costituzionale sovranazionale.

Altrettanto non può dirsi con riguardo a quei particolari principi fon-damentali che enunciano i diritti inalienabili della persona umana. Il loro riconoscimento e la determinazione delle relative forme di tutela hanno costituito, in epoca liberale, una delle tipiche manifestazioni del potere costi-tuente in ambito nazionale30; ma nel corso del Novecento è emersa in tutta evidenza l’esistenza di uno stretto nesso eziologico tra la salvaguar-

29 In questa prospettiva, si comprende il motivo per cui la giurisprudenza costituzionale abbia nel

tempo accettato lampanti deroghe a principi che non si esiterebbe a qualificare come fondamen-tali. Cfr. A. SINAGRA, Rapporti interordinamentali, “sopranazionalità” o delega di competenze nel sistema dei rapporti

tra Stati membri e Comunità europea: la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in, La dimensione in-

ternazionale ed europea del diritto nell’esperienza della Corte costituzionale, cit., p. 432, il quale evidenzia co-me, per espressa o implicita scelta della Corte costituzionale, esulino dalla categoria dei contro-limiti «il principio della sovranità popolare, il principio della sovranità statale, il principio della premi-nenza della legge costituzionale dello Stato e il principio del controllo democratico sulla produ-zione normativa».

30 Cfr. l’art. 16 Déclaration des droits de l’Homme et du Citoyen del 26.08.1789: «Toute société dans laquelle la garantie des droits n’est pas assurée … n’a point de Constitution».

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 12

dia della persona umana e il mantenimento della pace e della sicurezza inter-nazionali31. Il riconoscimento e la tutela dei diritti umani sono divenuti og-getto tipico di convenzioni internazionali sia universali che specifiche a particolari categorie di soggetti, a carattere sia globale che regionale32. Non per questo la Costituzione ha abdicato al proprio ruolo di garanzia: l’art. 11, nel condizionare le possibili limitazioni di sovranità al coerente perse-guimento della pace e della giustizia fra le Nazioni, implicitamente consi-dera viziato un esercizio delle funzioni sovrane da parte dell’ente destina-tario, tale da sovvertire i diritti inalienabili dell’uomo. I diritti oggetto di ne-cessaria tutela sono, ovviamente, quelli considerati inviolabili dalla stessa Costituzione, benché in ottica integrativa appaia auspicabile una loro inter-pretazione non formalistica, che si accontenti cioè di un grado di protezio-ne sostanzialmente equiparabile a quello garantito in ambito nazionale33.

Alla luce di quanto precede, i controlimiti costituiscono, in realtà, un limite interno – piuttosto che esterno – alla norma di apertura dettata dal-l’art. 11, di modo che la vocazione internazionale del nostro ordinamento risulta ontologicamente e teleologicamente condizionata al loro rispetto. Siffatta vocazione, a sua volta, trova senz’altro espressione in un princi-pio qualificabile come fondamentale, il quale tuttavia si caratterizza per il peculiare modo di rapportarsi con gli altri principi di pari valore assiolo-gico: il conflitto con ciascuno di essi si converte immediatamente in una violazione del principio medesimo.

Seguendo tale schema logico, risulta strutturalmente impraticabile un giudizio di bilanciamento fra il principio di apertura internazionale, sic-come declinato dall’art. 11, e gli altri principi fondamentali dell’ordina-mento34. Conflitti contingenti, infatti, non potranno aversene, considera-

31 Cfr. M. KUMM, Costituzionalismo democratico, cit., p. 86 ss.; S. BARTOLE, Costituzione e costituzio-

nalismo nella prospettiva sovranazionale, in Quad. cost., 2009, p. 577. 32 Cfr. D. NOCILLA, Libertà, in Dizionario di diritto pubblico, a cura di S. Cassese, IV, Milano

2006, p. 3506 s. 33 In questo senso cfr. BVerfG, Urt. n. 2 BvR 197/83, von 22.10.1986, in Eur. G-Z, 1974, p. 5

ss., § 339. 34 Dal punto di vista dell’ordinamento sovranazionale, invece, un giudizio di bilanciamento

dovrà operarsi in caso di conflitto contingente tra principi fondamentali, qualora uno di questi lo com-prometta ad esercitare le proprie funzioni rispettando i principi di base dei suoi Stati membri. È pro-prio ciò che oggi sancisce uno dei principi fondamentali dell’UE: l’art. 3-bis TUE, come modificato dal Trattato di Lisbona, impone infatti al diritto eurounitario di rispettare la struttura fondamen-tale, politica e costituzionale di ciascuno degli Stati membri; l’art. 53 della Carta dei diritti fonda-mentali, recepita per opera dello stesso Trattato (con l’attuale art. 6, par. 1, TUE), richiede inoltre di essere disapplicata a fronte di norme costituzionali nazionali che assicurino un grado di prote-zione dei diritti superiore a quello da essa stessa garantito. Ne deriva che una violazione da parte

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to che il loro eventuale insorgere determinerebbe per ciò stesso il venir meno della copertura costituzionale altrimenti vantata dagli atti d’origine sovranazionale. La possibile obiezione per cui, in questo modo, unico prin-cipio fondamentale dell’ordinamento repubblicano diverrebbe quello espres-so dall’art. 11 non pare pertinente, giacché quest’ultimo non vuole deter-minare unilateralmente l’estensione dei restanti principi ma, semmai, li-mitare la propria stessa estensione a loro beneficio.

3. – Il principio di apertura internazionale ha di recente trovato nuo-

va espressione in altra norma costituzionale: l’art. 117, c. 1, Cost., che im-pone al legislatore ordinario di esercitare la propria funzione nel rispetto degli obblighi internazionali (oltre che dei vincoli derivanti dall’ordina-mento comunitario). Non è questa la sede per approfondire quali siano gli strumenti internazionali da cui discendono questi obblighi vincolanti la legislazione ordinaria35. Ci si chiede, piuttosto, se le norme di principio da

del diritto derivato dei principi fondamentali degli Stati membri o dei diritti della persona umana tutelati dalle rispettive Costituzioni ridonderebbe nella violazione di un principio primario dello stesso ordinamento sovranazionale e, quindi, comporterebbe già a tale livello l’invalidità degli atti così adottati. Tuttavia, il rispetto delle strutture costituzionali fondamentali degli Stati membri e delle loro norme costituzionali, che assicurino un grado di protezione dei diritti umani superiore, si po-ne a fianco di altri principi fondamentali dell’UE. Occorre, pertanto, ammettere che esso possa in con-creto occasionalmente confliggere con gli altri principi fondamentali, con la conseguente necessi-tà di risolvere il conflitto contingente mediante giudizio di bilanciamento. Siffatto giudizio spette-rebbe alla Corte di giustizia, per l’esclusiva sua competenza nel sindacare la validità del diritto so-vranazionale derivato: la Corte costituzionale non potrebbe sovrapporre un proprio diverso bilan-ciamento, ma soltanto eventualmente dichiarare l’intervenuta violazione dei controlimiti e, dunque, del principio fondamentale espresso dall’art. 11 Cost., adottando i provvedimenti conseguenti. Su que-st’evoluzione dell’ordinamento eurounitario cfr. M. CARTABIA e L. CHIEFFI, Art. 11, in Commenta-

rio alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto e M. Olivetti, I, Art. 1-54, Torino 2006, p. 592 ss.; A. RUGGERI, Trattato costituzionale, europeizzazione dei “controlimiti” e tecniche di risoluzione delle antinomie

tra diritto comunitario e diritto interno (profili problematici), in Giurisprudenza costituzionale e principi fondamentali.

Alla ricerca del nucleo duro delle Costituzioni, a cura si S. Staiano, Torino 2006, p. 830 ss.; ID., Riforma del

Titolo V e giudizi di “comunitarietà” delle leggi, cit., p. 459 ss.; A. RANDAZZO, I controlimiti al primato del

diritto comunitario: un futuro non diverso dal presente?, in www.forumcostituzionale.it, 2008, p. 6 ss. Per una diversa interpretazione, secondo cui i principi UE continuerebbero ad avere contenuto autonomo rispetto a quello offerto dalle norme costituzionali degli Stati membri, le quali dunque non diver-rebbero parametro diretto di validità del diritto derivato ma seguiterebbero a costituire punti di partenza di un processo argomentativo culminante nella creazione di norme-parametro pretta-mente sovranazionali, Cfr. D. BUTTURINI, La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale

italiano ed europeo, Napoli 2009, p. 133 ss. 35 A titolo esemplificativo, vasta parte della dottrina dubita della possibilità d’includere fra gli obbli-

ghi internazionali vincolanti l’esercizio della potestà legislativa quelli discendenti da trattati non ancora recepiti nell’ordinamento interno, da accordi stipulati in forma semplificata, dalle norme di diritto

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 14

essi sancite possano, per questa via, trovare una copertura costituzionale idonea ad escluderne la naturale soggezione agli altri principi costituzio-nali, di modo che i relativi conflitti contingenti richiedano di essere risolti mediante giudizio di bilanciamento.

Pare corretto sostenere che l’art. 117, c. 1, non determini l’immediato adattamento dell’ordinamento repubblicano alle norme internazionali ri-levanti, né obblighi in genere il legislatore interno a recepirle o a darvi formale esecuzione, ma soltanto vincoli quest’ultimo a non dettare pre-scrizioni disfunzionali agli obiettivi che esse perseguono36. Si tratta, per-tanto, di una metanorma sulla produzione giuridica37, che introduce per relationem un limite esterno al legittimo esercizio della potestà legislativa

internazionale derivato, dall’attività internazionale delle Regioni. Per sintetiche ricostruzioni delle divergenze al riguardo emerse in letteratura cfr. G. SERGES, Art. 117, co. 1, in Commentario alla Co-

stituzione, a cura R. Bifulco, A. Celotto e M. Olivetti, III, Art. 101-139, Torino 2006, p. 2215 ss.; A. COSSIRI, Art. 117, I comma, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole e R. Bin, Pado-va 2008, p. 1048 ss.

36 Le norme internazionali pongono di massima obblighi di risultato, che lasciano liberi i ti-tolari delle potestà normative di scegliere le misure concrete con cui prestarvi adempimento: cfr. B. CONFORTI, Obblighi di mezzo ed obblighi di risultato nelle convenzioni di diritto uniforme, in Riv. dir. int. priv.

proc., 1988, p. 233 ss. In generale, pare perciò consentito alla fonte legislativa dettare qualsiasi pre-scrizione compatibile con il conseguimento dei risultati imposti, mentre le sarebbe vietato dettare prescrizioni ad essi disfunzionali. In questa prospettiva, solo eccezionalmente s’imporrebbe al le-gislatore l’obbligo positivo di dettare norme dotate di specifici contenuti, nei rari casi in cui la fonte interposta imponga l’emanazione di misure legislative determinate senza neppure lasciar campo a fonti interne di rango secondario: in questo senso, sia consentito rinviare a L. ANDRETTO, La

CEDU, l’UE e il matrimonio omosessuale. Infondatezza della quaestio ex art. 117, 1° comma, Cost. della disciplina

codicistica sul matrimonio, in La «società naturale» e i suoi “nemici”. Sul paradigma eterosessuale del matrimo-

nio, a cura di R. Bin, G. Brunelli, A. Guazzarotti, A. Pugiotto e P. Veronesi, Torino 2010, p. 25 s. Per u-na diversa lettura interpretativa, secondo cui il disposto costituzionale avrebbe introdotto un ge-nerale obbligo in capo al legislatore di recepire e dare esecuzione al diritto internazionale conven-zionale, cfr. F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto internazio-

nale e comunitario, in Dir. pubbl. comp. eur., 2002, p. 1357; ID., Il diritto europeo nella giurisprudenza della

Corte costituzionale: problemi e prospettive, in Quad. reg., 2006, p. 636. Per una lettura secondo cui, inve-ce, si avrebbe oggi un adattamento automatico dell’ordinamento interno al diritto internazionale pattizio (purché self-executing) cfr. A. GUAZZAROTTI, Niente di nuovo sul fronte comunitario? La Cassa-

zione in esplorazione del nuovo art. 117 comma I, Cost., in Giur. cost., 2003, p. 482. 37 Riprendendo il lessico di N. BOBBIO, Contributi ad un dizionario giuridico, Torino 1994, p. 204

ss., pare corretto qualificare la prima parte dell’art. 117, c. 1, Cost. («La potestà legislativa è eserci-tata dallo Stato e dalle Regioni …») come norma di seconda istanza, di riconoscimento dei sog-getti dotati del potere legislativo; la seconda parte («… nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali») come norma iterata, che pone limiti materiali alla produzione normativa dei medesimi soggetti. Per una diversa lettura interpretativa, che qualifica la disposizione costituzionale come norma di produzione giuridica (anziché sulla produzione giuridica), cfr. A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, cit., p. 29.

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ordinaria. È appena il caso di ricordare che, mancando i requisiti di cui all’art. 11 Cost., i trattati e gli altri strumenti di diritto internazionale pat-tizio non operano limitazioni di sovranità, sicché le loro norme restano nella completa disponibilità del legislatore costituzionale.

L’art. 117, c. 1, non presenta un contenuto precettivo autonomo, ma «si limita ad enunciare in via generale una qualità che le leggi in esso ri-chiamate devono possedere»38. Le norme internazionali, dunque, lo inte-grano necessariamente sotto il profilo contenutistico, interponendosi tra esso e la legislazione ordinaria di guisa che la loro trasgressione da parte di quest’ultima si converte immediatamente in violazione del disposto costi-tuzionale. Da tale osservazione, la Corte costituzionale fa discendere la con-seguenza che le norme internazionali, una volta recepite, «sono di rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordi-naria»39. Si postula così la loro collocazione all’interno di un’unica scala gerarchica formale retta al vertice dalla Costituzione: le eventuali antino-mie si risolvono in applicazione del criterio gerarchico, dando sempre pre-valenza alle norme costituzionali. Non vi è spazio, in questo modello, per il giudizio di bilanciamento.

Sennonché il fenomeno dell’interposizione normativa non sempre sot-tende una relazione gerarchica formale tra le fonti coinvolte. Una norma costituzionale può infatti imporre alla legislazione ordinaria il rispetto di condizioni di validità ulteriori, rimandando ad altra fonte la determina-zione del relativo contenuto, senza per questo instaurare un rapporto ge-rarchico diretto tra la legge e la fonte in questione40. In questi casi, la rela-

38 Corte cost., sent. n. 348/2007, cit., p. 3509. Cfr. altresì sent. n. 349/2007, cit., p. 3555. 39 Sent. n. 348/2007, cit., p. 3509; poco oltre (p. 3510), la Corte ribadisce che «si tratta di

norme che integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subco-stituzionale». La medesima opinione era stata espressa in letteratura da G.F. FERRARI, Il primo com-

ma dell’art. 117 della Costituzione e la tutela internazionale dei diritti, in Dir. pubbl. comp. eur., 2002, p. 1852; G. GERBASI, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nel nuovo Titolo V

Cost.: difficoltà interpretative tra continuità e discontinuità rispetto al precedente assetto, in Il “nuovo” ordinamen-

to regionale. Competenze e diritti, a cura di S. Gambino, Milano 2003, p. 303. Altri Autori hanno inve-ce parlato di forza passiva atipica (rinforzata) delle leggi di esecuzione dei trattati internazionali, senza però giungere a teorizzare un innalzamento del relativo grado gerarchico: cfr. F. SORRENTI-NO, Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto internazionale e comunitario, cit., p. 1358; P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e comunitari per la legge dello Stato e delle Regioni, in Osservatorio sulle fonti 2002, a cura di P. Caretti, Torino 2003, p. 6; A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri

ordinatori. Lezioni, Torino 2005, p. 151. 40 Annota V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale. L’ordinamento costituzionale italiano, II, 2,

La Corte costituzionale, Padova 1984, p. 360, che possono fungere da parametro costituzionale indi-retto «persino … regole non giuridiche (massime di esperienza, regole logiche, ecc.) purché ed in

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 16

zione di validità s’instaura tra la Costituzione e la legge che è tenuta ad osservare quanto disposto dall’altra fonte, non già tra quest’ultima e la legge. Con riferimento a quanto prescritto dall’art. 117, c. 1, sembra dun-que corretta l’interpretazione secondo cui il legislatore ordinario deve ri-spettare gli obblighi discendenti da norme internazionali non già perché queste vengano ad essere dotate di forza gerarchica superprimaria, ma perché così gl’impone di fare il dettato costituzionale41.

Parimenti, in caso d’irriducibile contrasto tra norme costituzionali e norme d’origine internazionale (prive di più forte copertura), il legislatore ordinario deve rispettare le prime non già perché le seconde siano ad es-se gerarchicamente subordinate, ma perché si darebbe altrimenti una li-mitazione di sovranità non consentita dalla Costituzione. La nuova for-mulazione dell’art. 117, c. 1, ha bensì integrato la legalità internazionale in quella costituzionale, ma non abdicato alla supremazia che alla Costi-tuzione spetta in quanto «prima e fondamentale fonte dell’ordinamento in-terno, condizionante tutte le altre fonti e a tutte sovraordinata, massima espres-sione dell’originarietà-esclusività dell’ordinamento normativo»42. Gli or-gani pubblici restano, pertanto, prioritariamente tenuti ad osservare fe-delmente le norme della Costituzione43 e non potrebbero legittimamente autorizzare o stipulare trattati internazionali con essa contrastanti; a fortio-ri, una volta che trattati siffatti fossero stipulati, non potrebbero legitti-mamente osservarne o applicarne le prescrizioni allorché ciò determi-nasse ulteriori violazioni costituzionali.

Alla luce di quanto precede, l’art. 117, c. 1, non consente – né a-vrebbe potuto consentire – che si apportino deroghe o modifiche alla Costituzione da parte del diritto internazionale pattizio44, indipenden- quanto … richiamate da disposizioni formalmente costituzionali quali specifiche condizioni di validità di

determinate leggi o di determinate norme di legge». Sul fenomeno dell’interposizione normativa (dapprima teorizzato da C. LAVAGNA, Problemi di giustizia costituzionale sotto il profilo della “manifesta infondatezza”, in Riv. it. sc. giur., 1955-56, p. 230 s.) cfr. M. SICLARI, Le “norme interposte” nel giudizio di costituzionali-

tà, Padova, 1992; F. BIONDI, Oggetto e parametro, in Le zone d’ombra della giustizia costituzionale. I giudizi

sulle leggi, a cura di R. Balduzzi e P. Costanzo, Torino 2007, p. 54 ss. 41 Cfr. A. SCHILLACI, La Corte torna sui “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”: scelta del parametro,

interposizione normativa e processo di integrazione tra ordinamenti, in Giur. cost., 2007, p. 2665; S.M. CIC-CONETTI, Creazione indiretta del diritto e norme interposte, ivi, 2008, p. 573 ss.

42 M. PEDRAZZA GORLERO, Le fonti dell’ordinamento repubblicano, cit., p. 70. Sul rapporto tra i prin-cipi di legalità internazionale e di supremazia costituzionale cfr. M. SAVINO, Il cammino internazionale

della Corte costituzionale dopo le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, p. 747 ss. 43 Cfr. art. XVIII, c. 4, Disp. trans. Cost. 44 Le regole sul mutamento costituzionale e le garanzie del loro rispetto sono, infatti, conside-

rate limiti impliciti al potere di revisione costituzionale: cfr. M. PEDRAZZA GORLERO, Le fonti del-

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temente dall’instaurazione di un rapporto gerarchico tra le stesse fonti45. Ciò che più importa, il soggetto dell’applicazione dovrà, in caso di anti-nomia, dare precedenza alla norma costituzionale e, se del caso, sarà te-nuto a sollevare questione di legittimità della legge di esecuzione relativa al trattato internazionale con essa contrastante46. Di conseguenza, risulta strutturalmente impraticabile un giudizio di bilanciamento tra principi costi-tuzionali e i principi internazionali di matrice pattizia che integrano il contenuto dell’art. 117, c. 1.

Questa ricostruzione, tuttavia, mal si concilia con il fenomeno della crescente produzione di norme internazionali dal contenuto materialmente costituzionale, specie nel settore dei diritti umani. Se ogni norma costitu-zionale prevalesse per sistema su di esse, dovrebbe parlarsi di un fenome-no privo di alcun rilievo pratico47; ma così evidentemente non è48. Si trat- l’ordinamento repubblicano, cit., p. 72. Nondimeno, preoccupazione sul possibile affermarsi di una lettura interpretativa dell’art. 117, co. I, inosservante di questi limiti è espressa da M.A. SAN-DULLI, Due aspetti della recente riforma al Titolo V della Costituzione, in Rass. parl., 2001, p. 951 s.

45 L’instaurazione di un rapporto gerarchico è cosa ovvia per chi ritiene che gli obblighi inter-nazionali vincolino il legislatore ordinario solo dopo che la relativa fonte sia stata recepita nell’or-dinamento interno (a patto che il recepimento avvenga con fonte subcostituzionale). La esclude invece chi, ferma la tradizionale impostazione dualista delle relazioni fra gli ordinamenti (ossia, fermo il principio d’irrilevanza dei trattati non recepiti per quanto concerne la disciplina delle relazioni in-tersoggettive), ritiene che essi vincolino il legislatore ordinario sin dal momento del loro perfezio-namento nell’ordinamento internazionale, a prescindere dal formale recepimento interno. Nel pri-mo senso cfr. B. CARAVITA DI TORITTO, La Costituzione dopo la riforma del Titolo V. Stato, Regioni e

autonomie fra Repubblica e Unione europea, Torino 2002, p. 116; G. GEMMA, Rispetto dei trattati interna-

zionali: un nuovo obbligo del legislatore statale, in Quad. cost., 2002, p. 605; A. BONOMI, Il “limite” degli ob-

blighi internazionali nel sistema delle fonti, Torino, 2008, p. 244 ss. Nel secondo senso cfr. F. GHERA, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nei confronti della potestà legislativa

dello Stato e delle Regioni, in Trasformazioni nella funzione legislativa. Rilevanti novità in tema di fonti del dirit-

to dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, a cura di F. Modugno e P. Carnevale, Mi-lano 2003, p. 71; T. TREVES, Diritto internazionale. Problemi fondamentali, Milano 2005, p. 693; G. GAJA, Il limite costituzionale del rispetto degli “obblighi internazionali”: un parametro definito solo parzialmente, in Riv.

dir. int., 2008, p. 137. 46 Cfr. A. RUGGERI, Sistema integrato di fonti, cit., p. 20 s. Contra I. CARLOTTO, I giudici comuni e gli

obblighi internazionali dopo le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 della Corte costituzionale: un’analisi sul seguito

giurisprudenziale (Parte I), in Pol. dir., 2010, p. 66, secondo cui «il giudice non potrebbe neppure sol-levare la questione di legittimità costituzionale della norma convenzionale dovendo, comunque, applicare la norma statale conforme a Costituzione, che è l’unica rilevante nel giudizio a quo».

47 In questo senso A. RUGGERI, La tutela “multilivello”, cit., p. 322, si chiede «che senso possa avere … discorrere di un ‘riconoscimento’ in senso proprio del medesimo diritto ad opera di atti di-versi e graduati».

48 Basti pensare alla CEDU, vittima del proprio stesso successo al punto che neppure le restri-zioni recentemente apportate all’accesso alla Corte di Strasburgo paiono sufficienti a determinare un significativo smaltimento dei ricorsi ivi pendenti. Cfr. V. ZAGREBELSKY, L’avvenire del sistema

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 18

ta, dunque, di comprendere quale sia il ruolo che queste particolari nor-me giocano nel sistema costituzionale.

In quanto fonti di obblighi internazionali, le Carte sui diritti debbono essere rispettate dal legislatore ordinario in forza dell’art. 117, c. 1, sem-pre che il loro rispetto non ostacoli la prioritaria osservanza di ogni altra norma costituzionale. Possono godere della più forte copertura di cui al-l’art. 11 e, quindi, della capacità di prevalere (nel senso sopra descritto) su norme costituzionali inespressive di principi fondamentali, se adottate nell’ambito di un ordinamento sovranazionale provvisto delle caratteri-stiche indicate49. Nell’uno come nell’altro caso, i principi fondamentali

europeo di protezione dei diritti umani affidato per ora al Protocollo n. 14-bis, in Dir. umani dir. int., 2009, p. 469 ss.; P. TANZARELLA, Il futuro della Corte europea dei diritti dopo il Protocollo XIV, in Quad. cost., 2010, p. 423 ss.

49 Ad oggi ciò può predicarsi esclusivamente in favore della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione europea, proclamata a Nizza il 07.12.2000 in qualità di impegno politico delle istituzioni comunitarie, successivamente recepita dal Trattato di Lisbona che le ha conferito il medesimo va-lore giuridico dei Trattati eurounitari. Sul valore giuridico della Carta dopo il trattato di Lisbona cfr. E. GIANFRANCESCO, Some Considerations on the Juridical Value of the Charter of Fundamental Rights

Before and After the Lisbon Treaty, in www.forumcostituzionale.it, 2008, p. 7 ss. Per parte della letteratura, anche l’adesione italiana alla CEDU avrebbe comportato limitazioni di sovranità tali da richiedere la copertura costituzionale di cui all’art. 11: cfr. C. ZANGHÌ, La Corte costituzionale risolve un primo contrasto

con la Corte europea dei diritti dell’uomo ed interpreta l’art. 117 della Costituzione, cit., § 2; R. DICKMANN, Corte costituzionale e diritto internazionale, cit., p. 3594; A. GUAZZAROTTI, La Consulta “guarda in faccia”

gli obblighi internazionali e la CEDU, cit., p. 277; A. RUGGERI, La CEDU alla ricerca di una nuova identità,

tra prospettiva formale-astratta e prospettiva assiologico-sostanziale d’inquadramento sistematico, cit., p. 217; M. LUCIANI, Alcuni interrogativi sul nuovo corso della giurisprudenza costituzionale in ordine ai rapporti fra diritto italiano

e diritto internazionale, in Corr. giur., 2008, p. 203. In realtà, anche a voler considerare la CEDU quale base di un sistema autonomo e indipendente rispetto agli ordinamenti dei suoi Stati membri, le fa tuttora difetto il requisito della sovranazionalità (per tacere, poi, dei requisiti della personalità giu-ridica e della capacità di rappresentanza internazionale), giacché essa non è in grado d’imporre giuridicamente che sia data esecuzione alle sentenze della Corte di Strasburgo. In questo senso cfr. G. TESAURO, Costituzione e norme esterne, cit., p. 215 s. Il Trattato di Lisbona, tuttavia, modifi-cando l’art. 6, par. 2, TUE, ha consentito l’adesione alla CEDU anche da parte dell’Unione europea: la Convenzione verrebbe così ad acquisire lo stesso valore attribuito agli altri accordi internazio-nali stipulati dall’Unione e, qualora le relative norme fossero ritenute incondizionate e precise, verrebbe a godere di un rango superiore a quello del diritto derivato, divenendo immediatamente applica-bile sia a livello sovranazionale, sia negli ordinamenti degli Stati membri. La sua incorporazione com-porterebbe, da un lato, l’invalidità degli atti derivati con essa contrastanti e, dall’altro, la prevalen-za e diretta efficacia negli ordinamenti degli Stati membri, benché limitatamente alle fattispecie rientranti nell’ambito delle competenze attribuite all’Unione. Cfr. R. CAFARI PANICO, L. TOMASI, Il futuro della CEDU tra giurisprudenza costituzionale e diritto dell’Unione, in Dir. pubbl. comp. eur., 2008, p. 198 ss. Diversamente dagli altri obblighi internazionali assunti dall’Unione europea, peraltro, la CEDU potrebbe vantare non soltanto un rango superiore a quello del diritto derivato, ma altresì la copertura da parte di un principio primario dell’ordinamento sovranazionale. Il principio in que-

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della Costituzione restano invece sottratti alla concorrenza con queste norme. Ciò posto, si rende necessario esaminare come i diritti della per-sona umana aventi matrice costituzionale si relazionino con quelli di o-mologo contenuto aventi matrice internazionale pattizia. La tesi che si vuole qui sostenere è che le Carte internazionali sui diritti possono fungere da utili strumenti ermeneutici nell’interpretazione delle omologhe disposi-zioni costituzionali, senza per questo concorrere con esse laddove ciò si-gnifichi abbassare il livello di tutela costituzionalmente imposto.

È un dato ormai acquisito nell’ermeneutica giuridica quello per cui u-na singola disposizione normativa può esprimere una quantità indefinita di norme, all’interno di una gamma la cui estensione varia anzitutto se-condo l’intensità della relativa struttura nomologica50. Sotto questo pro-filo, l’interpretazione costituzionale non diverge da quella di qualsiasi al-tro testo normativo51, se non per la strutturale dovizia di disposizioni a-venti la struttura nomologica del principio. Mentre, però, l’interpretazio-ne delle disposizioni subcostituzionali trova sicura guida nelle norme so-vraordinate secondo forma, cui è tenuta a conformarsi se non altro allo scopo di prevenire eventuali dichiarazioni d’illegittimità52, quella delle di-sposizioni costituzionali manca invece di simile appoggio e si trova a do-

stione potrebbe occasionalmente confliggere con gli altri, con la conseguente necessità di risolve-re il relativo conflitto con la norma convenzionale (come interpretata dalla Corte di Strasburgo) me-diante un giudizio di bilanciamento nel caso concreto: tale giudizio spetterebbe esclusivamente al-la Corte di giustizia, ancorché con la supervisione esterna della Corte di Strasburgo.

50 Cfr. M. PEDRAZZA GORLERO, Il patto costituzionale. Potere e diritto fra protezione ed obbedienza, Padova 2009, p. 12 ss. Sulla distinzione tra disposizione e norma cfr. V. CRISAFULLI, Atto normati-

vo, in Enc. Dir., IV, 1959, p. 238 ss.; ID., Disposizione (e norma), ivi, XIII, 1964, p. 195 ss. 51 Cfr. M. TROPER, Interpretazione costituzionale, in Ragion Pratica, 2010, p. 91 ss. 52 L’interpretazione conforme alle norme gerarchicamente sovraordinate non è cosa diversa

dall’interpretazione conforme alle norme da esse richiamate come fonte di ulteriori vincoli a cari-co di quelle subordinate, secondo lo schema dell’interposizione normativa. Si giustifica così, per la medesima ragione indicata nel testo, un’interpretazione delle leggi ordinarie conforme alle nor-me internazionali vincolanti ex art. 117, c. 1. Cfr. F. SALERNO, Il neo-dualismo della Corte costituzionale

nei rapporti tra diritto internazionale e diritto interno, cit., p. 364 s. Parimenti, l’interpretazione delle di-sposizioni costituzionali inespressive di principi supremi dovrebbe trovare una guida in quelle e-spressive di principi siffatti, in quanto ad esse sovraordinate non già secondo forma bensì secon-do valore. Contrario a qualsiasi condizionamento della teoria dell’interpretazione da parte di una teoria delle fonti d’ispirazione formale è A. RUGGERI, Alla ricerca del fondamento dell’interpretazione

conforme, in Interpretazione conforme e tecniche argomentative. Atti del convegno di Milano svoltosi il 6-7 giugno

2008, a cura di M. D’Amico e B. Randazzo, Torino 2009, p. 388 ss.; ID., Dimensione europea della tu-

tela dei diritti fondamentali e tecniche interpretative, cit., p. 130 ss.: unica guida dell’interprete dovrebbero essere, in prospettiva assiologica anziché formale, i principi fondamentali dell’ordinamento e, ri-spetto a questi, il valore ritenuto «supercostituzionale» della dignità umana.

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 20

verne cercare uno succedaneo in diversi dati fattuali, normativi o giuri-sprudenziali, la cui scelta poggia essenzialmente sulla diversa forza per-suasiva di cui ciascuno di essi dispone53.

In questo senso, non v’è dubbio che una norma dal contenuto omo-geneo a quello della disposizione costituzionale interpretanda, iscritta nel-l’ordinamento di un ente dal forte peso politico ed espressa da una giuri-sprudenza altrettanto prestigiosa, costituisca un termine di raffronto pri-vilegiato, specie se al rispetto di detta norma è impegnata la responsabi-lità internazionale dello Stato54. Le Carte internazionali sui diritti, dunque, posseggono senz’altro la capacità d’influenzare l’interprete della Costitu-zione, inducendolo a ricavare dalla disposizione costituzionale la norma di esse maggiormente rispettosa55. In altri ordinamenti l’interpretazione con-forme ai trattati sui diritti umani è oggetto di specifico vincolo costitu-zionale56. Nell’ordinamento italiano un simile vincolo non sussiste, ma la formazione giuridica degli interpreti – sempre più attenta sia alla tematica dei diritti, sia all’evolversi dei rapporti fra ordinamenti – fa ormai tendere verso esiti pratici per nulla dissimili da quelli che si avrebbero in sua pre-senza57.

53 Sulla maggior discrezionalità dell’interpretazione costituzionale cfr. M. TROPER, Interpreta-

zione costituzionale, cit., p. 103 ss. Sulla possibilità che l’interpretazione della Costituzione trovi gui-da in norme di rango ad essa subordinato cfr. W. LEISNER, Von der Verfassungsmässigkeit der Gesetze zur

Gesetzmässigkeit der Verfassung, Tübingen, 1964, citato da R. BIN, L’applicazione diretta della Costituzione, le

sentenze interpretative, l’interpretazione conforme a Costituzione della legge, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2006, § 8.

54 Cfr. L. PEGORARO, L’argomento comparatistico nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in Corti nazionali e comparazione giuridica, a cura di G.F. Ferrari e A. Gambaro, Napoli 2006, p. 477 ss.; A. GAMBARO, La circolazione degli argomenti legali: uso del metodo comparativo e riferimento ai modelli in-

terpretativi stranieri nelle sentenze dei giudici nazionali, relazione all’incontro di studio su I giudici e la glo-

balizzazione: il dialogo tra le corti nazionali e sopranazionali, Roma, 22.06.2009 (fonte: appinter.csm.it). 55 Non può dunque sorprendere la pratica del “dialogo” tra Corti costituzionali nazionali e

Corti sovra- ed internazionali sul tema di diritti umani: cfr. V. ONIDA, Una nuova frontiera per la

Corte costituzionale istituzione “di confine” fra diritto nazionale e sovranazionale, in Le Corti dell’integrazione

europea e la Corte costituzionale italiana, a cura di N. Zanon, Napoli 2006, p. 538; G. DELLA CANA-NEA, La “lingua dei diritti” nel dialogo tra le Corti nazionali ed europee: permanenze o discontinuità?, in Dir.

amm., 2010, p. 85 ss. 56 Cfr., nell’ordinamento spagnolo, l’art. 10.2 CE: «Las normas relativas a los derechos funda-

mentales y a las libertades que la Constitución reconoce se interpretarán de conformidad con la Declaración Universal de Derechos Humanos y los Tratados y acuerdos internacionales sobre las mismas materias ratificados por España».

57 Basti pensare che, ad oggi, ogni qualvolta la Corte costituzionale ha riscontrato violazioni di obblighi internazionali ai sensi dell’art. 117, c. 1, il parametro interposto è sempre stato indivi-duato in norme della CEDU: Cfr. sent. n. 348/2007, cit.; sent. n. 349/2007, cit.; sent. n. 39 del

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L’interpretazione conforme è, peraltro, cosa diversa dal giudizio di bi-lanciamento. Questo – s’è detto – è ascrivibile al novero delle tecniche di risoluzione delle antinomie, quantunque il suo impiego si limiti alle ipo-tesi di conflitti contingenti fra principi e resti comunque sussidiario rispetto a quello dei canoni tradizionali. In quanto relativo a conflitti fra norme, al giudizio di bilanciamento non può che farsi ricorso una volta esauriti i processi ermeneutici, allorquando dinanzi all’interprete si prospettino due o più norme che connettono a una medesima fattispecie concreta effetti giuridici in tutto o in parte inconciliabili. L’interpretazione conforme, in-vece, non è una tecnica di risoluzione, ma semmai di prevenzione dei conflitti normativi58: essa presuppone la già compiuta interpretazione di una sola delle disposizioni in gioco, che l’interprete utilizza appunto co-me guida del processo ermeneutico relativo all’altra, in guisa che la nor-ma da quest’ultima ricavata connetta alla medesima fattispecie (astratta o concreta) effetti giuridici con essa non incompatibili.

Proprio il diffuso esercizio dell’interpretazione conforme alle norme internazionali sui diritti umani, quando abbia ad oggetto disposizioni co-stituzionali, consente in genere di evitare l’insorgere di antinomie tra le due fonti. Qualora però un diritto umano di matrice costituzionale si ponga in radicale contrapposizione con uno di matrice internazionale, al segno che il relativo conflitto non possa prevenirsi neppure adeguando l’inter-pretazione del primo, il ricorso a un giudizio di bilanciamento sarebbe possibile soltanto se il secondo risultasse raffrontabile ad altro diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione (se del caso interpretato in mo-do ad esso conforme); ma questo giudizio avrebbe in realtà ad oggetto non già principi di diversa estrazione ordinamentale, bensì principi costitu-zionali occasionalmente confliggenti59.

25.02.2008; sent. n. 317/2009, cit.; sent. n. 93 del 08.03.2010, in Foro it., 2010, I, c. 2008 ss.; sent. n. 187 del 26.05.2010, in www.giurcost.org, 2010; sent. n. 196 del 26.05.2010, in Foro it., 2010, I, c. 2306 ss..

58 Cfr. R. GUASTINI, Le fonti del diritto e l’interpretazione, Milano 1993, p. 381 ss. 59 È a quest’ipotesi che sembra invero riferirsi la Corte costituzionale, allorché afferma che il

controllo sulla compatibilità costituzionale delle norme internazionali assunte a parametro inter-posto di costituzionalità «deve sempre ispirarsi al ragionevole bilanciamento tra il vincolo deri-vante dagli obblighi internazionali, quale imposto dall’art. 117, c. 1, Cost., e la tutela degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzione»: sent. n. 348/2007, cit., p. 3510; in senso analogo cfr. altresì sent. n. 349/2007, cit., p. 3556. Più di recente, la stessa Corte ha affermato che «il confronto tra tutela convenzionale e tutela costituzionale dei diritti fonda-mentali deve essere effettuato mirando alla massima espansione delle garanzie, anche attraverso lo sviluppo delle potenzialità insite nelle norme costituzionali che hanno ad oggetto i medesimi di-

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 22

Diversamente, prevalenza dovrebbe sempre essere accordata al diritto di matrice costituzionale, qualificabile come principio fondamentale60. Se infatti esso potesse soccombere (così in astratto, come in sede di bilan-ciamento concreto) al cospetto di norme sovra- od internazionali di o-mologo contenuto, si porrebbe alla mercé di transeunti maggioranze po-litiche e dei governi che di queste siano espressione, in ipotesi interessati a far prevalere stabilmente altro diritto costituzionale o finanche a farne concorrere la tutela con quella di altro diritto del tutto estraneo al catalo-go costituzionale61. In definitiva, non vi è spazio per giudizi di bilancia-mento fra diritti umani di diversa estrazione ordinamentale, ma solo per un’interpretazione di quelli costituzionali in senso conforme a quelli di matrice internazionale.

Le residuali ipotesi di conflitto – da risolversi sempre a vantaggio del diritto di matrice costituzionale – potrebbero forse moderarsi ulterior-mente per mezzo di un’interpretazione delle Carte internazionali confor-me a Costituzione62. Tuttavia, un’interpretazione costituzionalmente orien-tata delle norme internazionali non potrebbe essere imposta né alle altre parti del trattato63, né alla corte internazionale cui sia eventualmente attri-buita la competenza ad interpretarlo64. Avrebbe perciò poco senso consi-

ritti»: sent. n. 317/2009, cit., p. 4761 Alla luce delle considerazioni svolte nel testo, quest’ultima sta-tuizione sembra doversi interpretare nel senso che le Carte internazionali possono senz’altro incre-mentare il livello minimo di tutela di un diritto costituzionale, purché ciò non ridondi – in relazio-ne al caso concreto – nella riduzione della tutela apprestata ad altro diritto costituzionale o a un diverso aspetto del medesimo diritto: qualora ciò accadesse, dovrebbe procedersi a giudizio di bilan-ciamento tra i due diritti costituzionali (non già tra il diritto costituzionale e il corrispondente diritto convenzionale), tutt’al più reinterpretati alla luce delle norme internazionali di riferimento.

60 Sono per loro natura fondamentali i diritti della persona umana che, riconosciuti e tutelati dalla Costituzione, divengono indisponibili per il legislatore ordinario, quindi sottratti alla dispo-nibilità della maggioranza politica: cfr. P. CRUZ VILLALÓN, Formación y evolución de los derechos funda-

mentales, in Rev. esp. der. Const., 1989, p. 36 ss. 61 Lo rileva lo stesso A. RUGGERI, La tutela “multilivello”, cit., p. 322 («dove c’è un nuovo di-

ritto, lì c’è un corrispondente nuovo dovere» e «i diritti originari, trovandosi a fianco altri diritti, sareb-bero obbligati a soggiacere ad operazioni di bilanciamento con gli stessi»), il quale però risolve il problema garantendo ai diritti di matrice esterna una solida e (in linea di principio) illimitata co-pertura costituzionale nel principio fondamentale di apertura internazionale.

62 Approfondisce la questione A. RUGGERI, Sistema integrato di fonti, tecniche interpretative, tutela

dei diritti fondamentali, cit., p. 24 ss. 63 In mancanza di un’istanza giurisdizionale convenzionalmente istituita, «la definizione delle

modalità di compliance [ad un trattato] avviene attraverso un negoziato politico, non giustiziabile»: M. SA-VINO, Il cammino internazionale della Corte costituzionale dopo le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, cit., p. 770.

64 Per questa ragione, la Corte costituzionale afferma che le è «precluso di sindacare l’inter-pretazione della Convenzione europea fornita dalla Corte di Strasburgo, cui tale funzione è stata

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derare vigente nell’ordinamento interno – o utilizzare alla stregua di para-metro interposto ex art. 117, c. 1 – una norma di matrice internazionale diversa da quella che si affermi vigere nel proprio stesso ordinamento d’origine.

4. – L’analisi condotta consente, in definitiva, di escludere il possibile

ricorso al giudizio di bilanciamento per la risoluzione delle antinomie in-sorgenti fra principi dell’ordinamento repubblicano e principi sovra- od internazionali di genesi convenzionale.

Nell’un caso, perché i principi sovranazionali sono frutto di limitazioni della sovranità nazionale non più ritrattabili nella fisiologia del sistema: fintanto che le funzioni sovrane trasferite siano esercitate nel rispetto dei requisiti sanciti dall’art. 11 Cost., i principi di rango ordinario così come quelli costituzionali non qualificabili come fondamentali devono recede-re, in caso di conflitto contingente, dinanzi alla preferente applicazione di quelli aventi origine sovranazionale. Nelle patologiche situazioni di viola-zione dei controlimiti (così come in ogni altra ipotesi di perdita dei re-quisiti da parte dell’organizzazione sovranazionale), sono invece i princi-pi costituzionali a prevalere in ragione della natura intrinsecamente limi-tata del principio di apertura internazionale, siccome declinato dall’art. 11.

Nell’altro caso, il ricorso al giudizio di bilanciamento resta escluso perché la legalità internazionale è bensì integrata in quella costituzionale per mezzo dell’art. 117, c. 1, Cost., ma non anche ad essa equiparata65. Il rispetto dei principi costituzionali è perciò requisito indispensabile affin-

attribuita dal nostro Paese senza apporre riserve»: sent. n. 311 del 16.11.2009, in Giur. Cost., 2009, p. 4672. Contra cfr. R. CONTI, CEDU e interpretazione del giudice: gerarchia o dialogo con la Corte di Stra-

sburgo?, in www.federalismi.it, 2010. 65 Qualche incertezza in proposito è in effetti causata dalla formulazione letterale del disposto

costituzionale, che in qualche modo accomuna il rispetto della Costituzione, quello dei vincoli de-rivanti dall’ordinamento comunitario e quello degli obblighi internazionali, in quanto limiti all’e-sercizio della potestà legislativa ordinaria. Tuttavia, come suggerisce A. PACE, Problematica delle

libertà costituzionali, cit., p. 30, una cosa è «l’obbligatorietà – che costituisce una caratteristica comu-ne di tutti gli atti giuridici validi… –, altra cosa è il livello gerarchico della fonte» che l’obbligo in questione istituisce: in regime di Costituzione rigida, per porre un ordine normativo extracostitu-zionale sullo stesso piano gerarchico della Costituzione sarebbe necessaria «un’esplicita equipara-zione» da parte di quest’ultima (come quella ricavabile dall’art. 11 rispetto al diritto comunitario); ma dell’art. 117, c. 1, certamente non potrebbe dirsi che contenga un’equiparazione «esplicita» in tal senso. La tesi dell’equiparazione dei tre ordini di limiti si scontra, infine, con la permanente possi-bilità aperta al legislatore costituzionale di riformare ulteriormente lo stesso disposto dell’art. 117, c. 1, anche sopprimendo la vincolatività degli obblighi internazionali per il legislatore ordinario: cfr. A. RUGGERI, Sistema integrato di fonti, tecniche interpretative, tutela dei diritti fondamentali, cit., p. 16.

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 24

ché qualunque norma internazionale – in difetto di più forte copertura – possa operare in qualità di parametro interposto nei giudizi di costitu-zionalità. Per altro verso, i principi costituzionali prevalgono senz’altro in forza del criterio gerarchico su quelli espressi da norme subcostituzionali di recepimento dei trattati internazionali. I conflitti fra principi interna-zionali di genesi convenzionale e quelli espressi da fonti interne di rango primario o subprimario, che non trovino riscontro in alcuna norma della Costituzione, vanno a loro volta risolti in forza del criterio gerarchico, per violazione della prescrizione costituzionale espressa dallo stesso art. 117, c. 1.

Trattati internazionali che godono di specifiche garanzie costituzionali sono quelli che disciplinano i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cat-tolica e quelli che regolano la condizione giuridica dello straniero. La spe-ciale considerazione dei primi nell’art. 7 Cost. trova ratio nel solenne ri-conoscimento che Stato e Chiesa «sono, ciascuno nel proprio ordine, in-dipendenti e sovrani»: la determinazione di cosa rientri nell’ordine tem-porale e cosa nell’ordine religioso è affidata al principio concordatario, derogabile esclusivamente ex post con legge costituzionale. Dal richiamo alla reciproca indipendenza e sovranità, la giurisprudenza costituzionale ricava una presunzione assoluta in base alla quale i principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano appartengono all’ordine dello Stato66. I conflitti tra essi e il principio concordatario vanno dunque risolti per si-stema a favore dei primi, senza che residui spazio alcuno per il giudizio di bilanciamento.

L’art. 10, c. 2, Cost., nel prescrivere che la condizione giuridica dello straniero sia regolata dalla legge «in conformità delle norme e dei trattati internazionali», non dispone l’adattamento automatico dell’ordinamento nazionale né stabilisce obblighi positivi di legislazione: individua per rela-tionem un vincolo negativo, il quale (a prescindere dall’interposizione di norme interne di recepimento67) determina l’illegittimità costituzionale delle leggi ordinarie che disciplinino la materia senza conformarvisi68. Qua-lora si presenti un contrasto irriducibile tra norme della Costituzione e le

66 Cfr. sent. n. 30 del 24.02.1971, in Giur. Cost., 1971, p. 153; sent. n. 18 del 22.01.1982, ivi,

1982, p. 174. 67 Cfr. E. CANNIZZARO, Art. 10, in Commentario alla Costituzione, a cura R. Bifulco, A. Celotto e

M. Olivetti, I, Art. 1-54, Torino 2006, p. 251. 68 Cfr. C. LAVAGNA, Basi per uno studio delle figure giuridiche soggettive contenute nella Costituzione ita-

liana, Padova 1953, p. 28; A. CASSESE, Artt. 10-12, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Art. 1-12. Principi Fondamentali, Bologna-Roma, 1975, p. 510 s.

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norme internazionali cui si richiama l’art. 10, c. 2, il legislatore ordinario sarebbe prioritariamente tenuto a rispettare le prime perché – anche in questa particolare materia69 – la legalità internazionale resta subordinata alla legalità costituzionale: si darebbe altrimenti una limitazione di sovra-nità non consentita dalla Costituzione. Il rispetto dei principi costituzio-nali è perciò requisito indispensabile affinché qualunque norma interna-zionale sulla condizione giuridica dello straniero – in difetto di più forte copertura – possa vincolare la legislazione ordinaria ed operare in qualità di parametro interposto nei giudizi di costituzionalità.

Come già accennato, la più forte espressione del principio di apertura internazionale è quella sancita dall’art. 10, c. 1, Cost. con riguardo al di-ritto internazionale di matrice consuetudinaria. Anche in questa declina-zione, peraltro, il principio si rivela inciso da limiti intriseci equiparabili a quelli che connotano l’art. 11. La giurisprudenza costituzionale ha asse-verato l’adeguamento automatico dell’ordinamento repubblicano alle con-suetudini internazionali, opponendo tuttavia, per quelle «che venissero ad esistenza dopo l’entrata in vigore della Costituzione», l’usuale requisito del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento medesimo70. Nel-la formulazione della disposizione, infatti, oggetto dell’adeguamento è l’«or-dinamento giuridico italiano»: in una prospettiva intensionale, esso ces-serebbe di essere tale, per divenire qualcosa di diverso da sé, se rinun-ciasse ai principi supremi che lo fondano. La trasgressione di tali principi si converte pertanto in violazione dello stesso art. 10, c. 1, sicché pure in questo caso risulta strutturalmente impraticabile il giudizio di bilancia-mento.

Oltre che nel principio di apertura internazionale (nelle sue molteplici declinazioni), i principi di derivazione sovra- od internazionale possono trovare vario riscontro in altri principi fondamentali dell’ordinamento co-stituzionale. Neppure in tali ipotesi, peraltro, potrebbe aversi un reale bi-lanciamento fra principi di diversa estrazione ordinamentale, giacché gli eventuali conflitti contingenti con altri principi nazionali si sviluppereb-bero integralmente all’interno dell’ordinamento repubblicano, quelli d’o-

69 Sulle affinità tra la formulazione dell’art. 10, c. 2, e quella dell’art. 117, c. 1 cfr. B. CONFOR-

TI, Sulle recenti modifiche della Costituzione italiana in tema di rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, in Foro it., 2002, V, c. 229.

70 Sent. n. 48 del 12.06.1979, in Giur. Cost., 1979, p. 382: l’opposizione di tale controlimite è giustificata dalla Corte argomentando che il meccanismo di adeguamento automatico opera «in un sistema costituzionale che ha i suoi cardini nella sovranità popolare e nella rigidità della Costi-tuzione».

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 26

rigine internazionale potendo al più orientare l’esercizio dei relativi pro-cessi ermeneutici.

Quanto precede induce a rigettare, perché costituzionalmente incom-patibile, uno dei canoni essenziali del costituzionalismo multilivello: l’in-tegrazione tra i livelli normativi statuale e sovrastatuali non può realiz-zarsi mediante bilanciamenti fra i rispettivi principi, pena la violazione dello stesso principio costituzionale che – nelle sue diverse declinazioni – attribuisce rilevanza alle norme d’origine sovra- ed internazionale nell’or-dinamento repubblicano. Stando alle premesse su cui poggia il modello teorico ora menzionato, conseguenza di questa mancata integrazione sarebbe l’approfondimento della scissione tra poteri effettivi e responsa-bilità politiche nella cura degli interessi costituzionalmente rilevanti e, per l’effetto, l’inefficienza dei meccanismi di tutela delle situazioni giuridiche regolate dalla sola disciplina nazionale.

A ben vedere, tuttavia, dalla pacifica constatazione che la legislazione nazionale non è ormai in grado di governare da sola fenomeni che sfug-gono ai confini spaziali della sua potestà d’imperio, non necessariamente discende la conseguenza – elevata, invece, a premessa assiomatica – per cui una quota dei poteri e delle responsabilità pubbliche tradizionalmente allocati nelle istituzioni dello Stato sarebbe ora emigrata all’esterno dei suoi confini, verso lidi sovra- od internazionali. Questi livelli sono ancor oggi per lo più sottomessi alla volontà politica espressa (collettivamente) da organi appartenenti agli Stati stessi e da questi dipendono per la tutela coattiva delle situazioni soggettive da essi riconosciute71.

La conseguenza che se ne può trarre è, semmai, quella che gli Stati hanno saputo riorganizzarsi in modo da adattare le proprie strutture decisionali alle dimensioni dei fenomeni da controllare72. Se tale riorganizzazione vuo-le mantenersi funzionale al perseguimento delle finalità costituzionali, ben-ché in strumentale coerenza con le sfide della globalizzazione economica, non stupisce che le stesse norme della Costituzione o quelle fra esse che

71 Cfr. M. LUCIANI, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico, cit., p. 1658 ss.; D. NOCIL-LA, Libertà, cit., p. 3507 s.

72 Cfr. A. PÉREZ CALVO, El lugar del Estado en la integración europea, in Teoría y Realidad Constitucional, 2005, I, p. 107 ss., nel testo tradotto in lingua italiana, Il ruolo dello Stato nell’integrazione europea, in Trat-

tato che adotta una Costituzione per l’Europa, Costituzioni nazionali, diritti fondamentali, a cura di S. Gam-bino, Milano 2006, p. 47 s.; L. BELLOCCHIO, Fine dello stato o stato senza fine?, in Democrazia e Diritto, 2005, n. 4, p. 204; M. LUCIANI, Costituzione, integrazione europea, globalizzazione, in Quest. giust., 2008, n. 6, p. 70. Ci si riserva di approfondire in diversa sede le negative ricadute del processo d’interna-zionalizzazione normativa sulla forma di governo nazionale e sul pluralismo politico-istituzionale, nonché i correttivi eventualmente adottabili sia sul piano interpretativo sia su quello istituzionale.

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esprimono principi fondamentali vengano opposte – le une o le altre, se-condo l’intensità del processo d’integrazione e la sua eventuale rispon-denza ad ulteriori finalità costituzionali – come limiti al rispetto della le-galità internazionale o rispettivamente all’effettività del trasferimento di funzioni sovrane. La sottrazione di queste norme al bilanciamento con principi sovra- od internazionali pare in ultima analisi coerente con il di-segno complessivo.

Tale sottrazione presenta, poi, l’ulteriore vantaggio di contribuire alla certezza del diritto che, pur non essendo il principale o esclusivo valore cui un ordinamento giuridico deve tendere73, costituisce nondimeno un fattore di prim’ordine nel perseguimento di un’ordinata convivenza civi-le74. Con ciò, la discrezionalità giudiziale resta ben lungi dall’essere sop-pressa, perché la qualificazione di un principio come costituzionale o co-me fondamentale – al fine di determinarne la prevalenza sui concorrenti principi inter- o sovranazionali – continua pur sempre ad essere il frutto di complicati processi ermeneutici75. Del pari, la scelta di una concezione intensionale anziché estensionale della Costituzione dipende da un pre-orientamento metodico dell’interprete, tutt’altro che necessitato ed anzi sotto vari aspetti criticabile76.

La presente riflessione, tuttavia, è figlia anche dalle attuali contingenze politiche: della necessità, quindi, che un decisivo approfondimento dei processi integrativi sia preceduto da un’ulteriore maturazione assiologica dei contesti ordinamentali di riferimento. Non si vede quale sia oggi l’op-portunità politica di spingere verso bilanciamenti tra principi di diversa e-strazione ordinamentale, quando la dimensione ancora essenzialmente economica delle competenze attribuite ai livelli sovra- ed internazionale permea i relativi strumenti di tutela, spesso appiattendoli sul principio di

73 Cfr. R. ALEXY, Begriff und Geltung des Rechts, Freiburg-München, 1992, nel testo tradotto in

lingua italiana, Concetto e validità del diritto, Torino, 1997, p. 53. 74 Sulle negative ricadute che un eccessivo ricorso al giudizio di bilanciamento produce sulla

razionalità delle scelte giurisprudenziali cfr. J. HABERMAS, Faktizität und Geltung. Beiträge zur

Diskurstheorie des Rechts und des demokratische Rechtstaats, Frankfurt a.M., 1992, nel testo tradotto in lingua italiana, Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Milano, 1996, p. 308 s.

75 Cfr. M. TROPER, Interpretazione costituzionale, cit., p. 103 s. 76 Cfr. M. TROPER, La nozione di principio sovracostituzionale, cit., p. 264 ss., secondo cui le «dot-

trine della sovracostituzionalità hanno … l’evidente funzione di giustificare il ricorso alla forza o al fatto compiuto per il superamento dei principi che si affermano sottratti a revisione». Sul punto cfr. altresì A. PACE, La causa della rigidità costituzionale. Una rilettura di Bryce, dello Statuto albertino e di

qualche altra costituzione, Padova, II, 1996, p. 87 ss.

Principio di apertura internazionale e bilanciamento fra principi fondamentali 28

eguaglianza formale o, come che sia, depotenziando i sistemi di protezio-ne sociale per la disattenzione verso o il mancato finanziamento di inter-venti positivi volti a rimuovere le diseguaglianze sociali77.

Non si condivide, pertanto, il diffuso entusiasmo per forme di promi-scuità giurisprudenziale che vadano al di là di una mera (ancorché inten-sa) forza persuasiva delle soluzioni che le diverse istanze giurisdizionali offrono a problemi consimili, ferma l’irriducibile diversità dei testi fonda-mentali di riferimento.

77 Cfr. T. BLANKE, Mercato mondiale e crisi del concetto di tutela sociale statale, in AA.VV., La strategia

democratica nella società che cambia, Roma 1995, p. 127; M. LUCIANI, L’antisovrano e la crisi delle istituzio-

ni, cit., p. 170 s.; D. NOCILLA, Libertà, cit., p. 3508. Con specifico riguardo all’ordinamento UE, la tradizionale fiducia nelle virtù riequilibratrici del mercato, che disincentiva l’adozione di misure pubbliche di protezione sociale (cfr. F. RUSCELLO, Rilevanza dei diritti della persona e “ordinamento co-

munitario”, Napoli 1993, p. 102 s.; F. GHERA, Il principio di eguaglianza nella Costituzione italiana e nel

diritto comunitario, Padova 2003, p. 270 ss.), pare ormai in via di lento superamento. Sulla tendenza, riscontrabile nei trattati di revisione, a incorporare valori irriducibili a quelli del mercato cfr. L. AZZENA, L’integrazione attraverso i diritti. Dal cittadino italiano al cittadino europeo, Torino 1998, p. 56 ss. Sul mutato atteggiamento della Corte di Giustizia europea nei confronti dei diritti sociali cfr. D. BUTTURINI, La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano ed europeo, cit., p. 23 ss. Evidenzia peraltro P. PERLINGIERI, Il “diritto privato europeo” tra riduzionismo economico e dignità

della persona, in Eur. dir. priv., 2010, p. 357, che la scelta fondamentale se collocare al centro dell’or-dinamento sovranazionale «il valore mercato, o il valore uomo … non è stata ancora definitiva-mente compiuta dall’Europa». Che ci si trovi dinanzi a un’evoluzione incompleta sotto questo profilo è ben testimoniato dall’art. 3, par. 3, c.II, TUE introdotto dal Trattato di Lisbona, la cui stessa formulazione è indice di un’impostazione ancora lontana da quella che ispira l’art. 3, c. 2, Cost.: l’Unione «combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la prote-zione sociale» (i corsivi sono miei), ma non giunge ad assegnare a se stessa il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei citta-dini, anche nell’ambito delle competenze sovranazionali. Per quest’attenta riflessione cfr. M. RUO-TOLO, A mo’ di introduzione, in La Costituzione ha 60 anni. La qualità della vita sessant’anni dopo, a cura di M. Ruotolo, Napoli 2008, p. 10 ss.