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Editoriale
on questo numero chiudiamo il secondo anno
di pubblicazione del nostro periodico l’Alfiere e
siamo proprio soddisfatti dei risultati raggiunti.
Sono aumentate le uscite, da tre a quattro numeri all’anno;
sono cresciute le pagine, dalle iniziali dodici a sedici ed è
aumentata anche la tiratura, soprattutto in occasione delle
edizioni della Giostra e per fine anno, questa appunto,
concomitante con la cena sociale dell’Associazione. Ci
sono stati nuovi contributi e collaborazioni – tutte volon-
tarie e spassionate – che, crediamo e speriamo, hanno au-
mentato la qualità e la quantità degli argomenti e degli arti-
coli trattati. E in conseguenza di tutto ciò ci confortano gli
apprezzamenti e i complimenti, insieme a qualche critica –
peraltro ben accolta e salutare – che ci stimolano a crescere
e migliorare ancora. Con queste premesse, impegnandoci
a fare sempre di più e meglio, la Redazione augura a tutti i
soci, ai lettori e ai tanti, tantissimi amici degli Sbandieratori
di Arezzo, Buone Feste e Felice Anno Nuovo.
C
1L’ALFIERE - n. 4 - 2017
L’ALFIEREPeriodico di informazione dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo
Autorizzazione Tribunale Arezzo n. 2/16 del 23/05/16 - Dir. Resp.: Sergio Rossi - Coordinamento redazionale: Romano Junior Vestrini, Daniele Serboli - L’ALFIERE
- Pubblicazione a cura dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo, Piazzetta del Praticino, 7 - 52100 Arezzo - Hanno collaborato: Riccardo Nardi, Lorenzo Diozzi,
Simone Duranti, Lorenzo Buracchi, Francesco Ricciarini, Marco Donati - Foto: archivio Sbandieratori
Anno II – n. 4
Dicembre 2017
Sergio Rossi
Storia di ArezzoLa Terra di Arezzo nella Divina Commedia
2
Dietro le quinteI tanti amici della nostra Associazione
4
Parola alla storiaLa Presidenza Manneschi: esperienza ed equilibrio
6
Personaggi leggendariRoberto Ridolfi, per tutti il «Berto»
10
Giostra e dintorni “È più facile essere artisti che artigiani”
12
L’angolo del CircoloTante iniziative e occasioni di aggregazione
16
Sommario
In primo piano
Un altro pezzo di Giostra se ne va: Ciao Dario…Romano Junior Vestrini
a Giostra del Saracino piange la scomparsa di Dario Bonini, che si è
spento, dopo una lunga malattia, all’età di 65 anni. Aveva ricoperto a lun-
go il prestigioso e difficile ruolo di Maestro di Campo della Giostra del
Saracino, manifestazione per cui nutriva una grande passione. Aveva scelto di abban-
donare il suo compito nello scorso giugno per motivi personali, sicuramente dopo aver
iniziato a soffrire del male che oggi lo ha definitivamente battuto. Caparbio e deciso,
aveva comandato lo svolgersi della Giostra per anni con autorità, guadagnandosi la
stima di tutti. Dario era vedovo da anni, lascia un figlio di nome Daniele, a cui vanno
le più sentite condoglianze della nostra redazione e di tutta l’Associazione.
L
uesto articolo vuole essere il primo di una
serie di approfondimenti storici e culturali
sulla città di Arezzo che saranno pubblicati
sulla rivista L’Alfiere. Il primo tema che viene
trattato affonda le sue premesse in elementi
tutt’altro che aretini. Infatti, sarà qui analizzato il
ruolo di Arezzo all’interno della Divina Commedia,
opera letteraria del poeta fiorentino Dante Alighieri,
composta nei primissimi anni del XIV secolo.
Considerata, tanto a livello popolare quanto accade-
mico, come un capolavoro della lingua italiana,
questa opera contiene molti riferimenti alla storia
dell’epoca, sia fiorentina che di tutta la Toscana.
Tra i versi e le rime infatti si alternano descrizioni di
luoghi e di personaggi che Dante stesso ha visitato
e conosciuto, tra cui anche alcuni accenni ad
Arezzo e a personalità aretine. La città di Arezzo
non ospitò mai direttamente il poeta, il quale
tuttavia visitò più volte la vallata del Casentino. I
viaggi di Dante in Casentino avvennero nel 1298
quando impugnò personalmente le armi nella
Battaglia di Campaldino, nella splendida cornice
della città di Poppi e successivamente durante
l’esilio, che dal 1302 lo ha obbligato a dover lasciare
Firenze e ad errare in molte regioni italiane, come
graditissimo ospite. Il Casentino viene infatti spesso
citato nella Divina Commedia per i suoi elementi
naturali come il torrente Archiano, il monte
Falterona, il Pratomagno e La Verna descrivendo la
pietra in cui San Francesco ricevette le stigmate.
I primi versi che andiamo direttamente ad
analizzare sono contenuti nel Canto XIV del
Purgatorio (vv. 46 – 48). Dante, in questa parte del
suo viaggio incontra, nella cornice degli invidiosi,
alcune anime, tra cui quella del nobile ravennate
Guido del Duca. Il poeta si presenta alle anime
dicendo di venire dalle valli bagnate dal fiume Arno
STORIA DI AREZZO
2
La Terra di Arezzo nella Divina Commedia
L’ALFIERE - n. 4 - 2017
Q
e Guido, approfittando di questa citazione, inizia
una terribile descrizione degli abitanti della Toscana,
mediante paragoni con animali. I casentinesi sono
paragonati a porci, gli aretini a botoli, i fiorentini a
lupi e gli abitanti di Pisa a volpi. Si può apprezzare
come la descrizione segua il percorso del fiume che
nasce in Casentino, devia il suo percorso prima di
incontrare Arezzo e prosegue poi fino al mare. La
citazione che mostra questo cambio di direzione
dell’Arno di fronte agli aretini è «Botoli trova poi,
venendo giuso,/ringhiosi più che non chiede loro possa,/e da
lor disdegnosa torce il muso». La scelta del botolo può
essere spiegata andando a guardare un antico
stemma aretino che portava la scritta «spesso il
cinghiale è preso da un piccolo cane». Questo
motto, che elogia la tenacia del cane nei versi, viene
negativamente declinato nella descrizione degli
aretini. Inoltre questa descrizione di botoli ringhiosi
è stata più volte usata dagli aretini stessi per
descriversi come un popolo di cittadini tenaci e duri.
La presenza di Arezzo nei versi di Dante tra guerre, giostre, truffe e botoli ringhiosi
Lorenzo Diozzi
STORIA DI AREZZO
3L’ALFIERE - n. 4 - 2017
In mezzo a lupi e volpi quindi, per quanto non
elogiata, la città di Arezzo finisce per essere solo
descritta come abitata da cittadini testardi e litigiosi.
Generalmente meno noto è invece il Gruppo di versi
che si occupano proprio di un aretino. Si tratta di
Griffolino d’Arezzo che Dante incontra nel Canto
XXIX dell’Inferno in mezzo ai falsari (vv. 109 –
120). Griffolino in persona dice al poeta di essere
nato ad Arezzo e gli studiosi hanno ricostruito la sua
storia scoprendo che era uno scienziato e studioso di
chimica, magia ed alchimia che, divenuto familiare di
un nobile senese, prometteva a questi straordinari ma
truffaldini avvenimenti magici in cambio di denaro.
Dopo essersi fatto pagare per insegnare al nobile a
volare per l’aria ed aver ovviamente fallito, Griffolino
finì al rogo con l’accusa di eresia, denunciato dal
senese stesso.
Il più famoso riferimento alla città di Arezzo nel-
l’opera è però rappresentato dai vv. 1 – 12 del Canto
XXII dell’Inferno, che parlano della Giostra. Per evi-
tare fantasiose ricostruzioni è però giusto analizzare
bene le parole di Dante: «Io vidi già cavalier muover
campo,/ e cominciare stormo e far lor mostra,/ e talvolta
partir per loro scampo;/ corridor vidi per la terra vostra,/ o
Aretini, e vidi gir gualdane,/ fedir torneamenti e correr
giostra». All’inizio del Canto il poeta descrive lo
spostamento di alcuni demoni paragonandolo al tu-
multuoso fracasso di un Gruppo di cavalieri in movi-
mento e in combattimento. Dante continua poi
affermando di conoscere bene queste attività di
cavalieri, per aver visto nella terra degli aretini nume-
rosi combattimenti e scorrerie di guerra, nonchè paci-
fiche cavalcate di tornei e giostre. Il poeta, nel descri-
vere i cavalieri in assetto da guerra nel territorio di
Arezzo, fa un riferimento alla battaglia di Campal-
dino che lui stesso ha combattuto, mentre nel
parlare dei tornei pacifici probabilmente si riferisce
ad attività tipiche dei cavalieri dell’esercito medie-
vale, che prima della guerra si allenavano in scontri
e gare. La giostra di cui parla Dante non è quindi
l’attuale Giostra del Saracino e Dante non è mai
stato nelle tribune di Piazza Grande a sostenere uno
dei quattro quartieri. Tuttavia il poeta ha personal-
mente visto i cavalieri aretini adoperarsi sia nella
guerra che nei tornei, dimostrando come, se pure
molto diversa, la Giostra sia una passione per i
botoli ringhiosi di oggi come lo era per quelli di un
tempo. In questi primi versi del XXII Canto il poeta
afferma anche che queste attività di cavalieri erano
sempre accompagnate da segnali dati da trombe e
tamburi. Questa descrizione non risulta certo una
novità per gli aretini, abituati alla presenza di tali
strumenti nella Giostra, ma neppure per gli
Sbandieratori che trovano proprio in questi
strumenti il ritmo per le loro esibizioni.
Dante parla poi ancora di giostre di cavalieri aretini
nel XIII Canto dell’Inferno (vv. 120 – 121) quando
ricorda «l’imboscata del Toppo» uno dei tanti
episodi delle battaglie tra Guelfi e Ghibellini. Presso
Pieve al Toppo infatti i Ghibellini aretini, dopo aver
respinto un assalto diretto alla loro città, prepara-
rono un agguato ai Guelfi senesi, che furono scon-
fitti. Nell’episodio raccontato nell’inferno dantesco
un’anima con pungente ironia rinfaccia ad un’altra
di essere morta durante «le giostre del Toppo». La
parola giostra viene ironicamente usata per descri-
vere la battaglia come un pacifico incontro di cava-
lieri, quando invece fu un importante scontro nel
quale perse la vita anche un giovane senese chiama-
to Lano, che Dante incontra nell’inferno.
Il valore della Divina Commedia non è solo quello
letterario, ma anche quello storico e la città di
Arezzo, come qui ricordato, anche se con un ruolo
non certamente centrale, ha l’onore di essere citata
tra le maestose rime dell’opera.
DIETRO LE QUINTE
4
I tanti amici della nostra Associazione
Cosa c’è dietro i nostri successi? Tante persone che lavorano con grande passione
Riccardo «Flebo» Nardi
L’ALFIERE - n. 4 - 2017
inita la stagione delle trasferte, è ripartita, un
po' a fatica, quella della “preparazione tecni-
co-tattica” (per usare un termine calcistico).
Si sa, dopo aver speso molte energie nei tantissimi
impegni che ci richiede il Gruppo in primavera ed
estate, tirare un po’ il fiato non può che essere
salutare. Gli allenamenti, i viaggi (con annessa
organizzazione), le esibizioni che ci impegnano i
fine settimana e non solo, l’organizzazione delle
cene, le feste diventate ormai appuntamenti annuali,
la manutenzione dei materiali, le riunioni di
consiglio, la gestione del circolo e della sede
dell’associazione: una mole di lavoro che solo a
pensarci fa paura. Quindi ai soliti ignoti che non
danno niente per scontato e che, con passione e
sacrificio, fanno sì che tutto questo possa continua-
re ad essere realtà, va tutta la mia stima ed ammira-
zione. Come del resto va un ringraziamento speciale
a chi, anche se esterno al Gruppo attivo, lavora con
noi e ci aiuta a fare in modo che nelle trasferte ed
alle Giostre del Saracino il Gruppo possa
presentarsi al meglio. Un aiuto importante viene,
anche se è un pensiero non condiviso da tutti, dalla
collaborazione da parte di Aretini e non, esterni al
Gruppo, che percepiscono il Gruppo come una
bellissima realtà da incentivare e vivere con noi.
Amiamo ricordare che il Gruppo Sbandieratori
appartiene alla città e non a pochi intimi, quindi
lasciamo gli individualismi e godiamo delle vecchie
e nuove amicizie, esterne e non al Gruppo attivo,
che non possono far altro che aiutarci a crescere e
migliorare. Se è vero che conoscere noi stessi ci
aiuta a conoscere meglio e accettare gli altri, è anche
vero che conoscere ed accettare gli altri ci aiuta ad
accettare e conoscere meglio noi stessi.
Quindi, con la certezza che tutto il Gruppo si vorrà
unire, mando un abbraccio e un grazie di cuore a:
F
DIETRO LE QUINTE
Stefano Bulletti, ex sbandieratore sempre disponi-
bile all’occorrenza (soprattutto se c’è da mangiare!);
Felice Rogialli, fotografo “ufficiale” del Gruppo, che
ci segue con entusiasmo e passione in ogni occasione
(Felice, prima o poi ti si porta anche all’estero!);
Ivana Cipolleschi, che da anni realizza le nuove
bandiere e rattoppa quelle strappate da qualche sban-
dieratore un po’ broccione…;
Prodotti per orafi, carta, pulizia, ristorazione, piscina,antinfortunistica, ufficio, promozioni.www.kimikando.itVia Calamandrei, 251/E - 52100 - Arezzo - Tel.0575.25046
DIETRO LE QUINTE
5L’ALFIERE - n. 4 - 2017
Conosciamo i consiglieri
Il «Gianni Morandi» del Gruppo: Piero Pedone
Romano Junior Vestrini
e c’è uno slogan
che non si addice
a Piero è “Lasciare
spazio ai giovani”. Già
perché, da quando ha
deciso di fare lo sban-
dieratore professionista,
viaggia su medie annuali
impressionanti, tanto che
qualcuno si è chiesto, con
una certa dose di preoccupazione, se sia stato
licenziato, salvo poi rammentare immediatamen-
te che ancora lavora (più o meno) in Provincia,
quell’ente misterioso ormai svuotato di tutte le
proprie competenze. Poco male, anzi bene, così
Piero può fare tutte le trasferte, ingaggiando
serrate competizioni con ragazzi che potrebbero
essere suoi nipoti. È Vicecomandante della Poli-
zia Provinciale e Vicepresidente storico dell’Asso-
ciazione (si avvicendano i presidenti, ma lui è sem-
pre lì), carica quest’ultima che è riuscito a mante-
nere e, all’occorrenza riprendere, attraverso bieche,
ma apprezzatissime, mosse padronali: proverbiali
le cene presso la locanda “Villa Pedone” a base di
finocchiona, quaglie ed altre prelibatezze. Piero in-
fatti oltre a privarsi dell’uso della propria auto in
favore delle esigenze del Gruppo, si è privato
anche dell’utilizzo di casa sua e tutto questo ov-
viamente in cambio di trasferte e di una poltrona in
consiglio. Cantautore mancato, in confronto a lui
Edoardo Bennato strimpella, Piero, sbandieratore
dal 1976 con oltre 600 trasferte all’attivo, rappresen-
ta meglio di tutti l’essenza più genuina del Gruppo.
Se non ci fosse andrebbe inventato, se non ci fosse
i lunghi viaggi in pullman sarebbero insopportabili,
se non ci fosse il Gruppo dovrebbe dotarsi di una
nuova Seat Alhambra, se non ci fosse saremmo
tutti più magri. Insomma, Piero, continua così!!!!
S
Graziano Ciofi, che ha costruito e si è preso cura
dei nostri tamburi con grande abilità e passione
(prossimo passo bacchette per tutti!);
Tommaso Andreini, pittore e artista senese che ha
dipinto le nostre bandiere e tamburi (dal drappel-
lone del Palio ai nostri tamburi…sei un amico);
Noemie Grottini, la costumista che negli ultimi
anni ha disegnato e realizzato i nuovi costumi da
sbandieratore, oltre a riparare "il riparabile". Prezio-
sa collaboratrice che ci supporta e sopporta in tutte
le nostre richieste.
Ovviamente ho un po’ scherzato, ma i ringrazia-
menti sono sentiti e soprattutto, sinceri.
PAROLA ALLA STORIA
6
La Presidenza Manneschi: esperienza ed equilibrio
Intervista al successore di Carlo Dissennati alla guida dell’Associazione
Sergio Rossi, Daniele Serboli
L’ALFIERE - n. 4 - 2017
stato un vero piacere, oltreché quasi un dovere, incontrare Marco Manneschi, per parlare con lui della sua
esperienza quale Presidente della nostra Associazione fra il 1997 e il 2001. Piacevole e doveroso perché
Marco, insieme alla consueta schiettezza e amabilità, emerse peraltro anche durante il nostro colloquio,
ha caratterizzato il suo mandato con esperienza, equilibrio e competenza in un periodo non facile per gli
Sbandieratori. Manneschi era infatti succeduto alla Presidenza al compianto Carlo Dissennati, prematuramente
scomparso, primo e storico Presidente dell’Associazione e ha gestito la non facile fase di distacco progressivo del
Gruppo dall’APT, a seguito delle vicissitudini istituzionali ed organizzative che in quegli anni ebbero tali Uffici.
Marco, qual è la prima immagine, il ricordo,
l’emozione che ti vengono in mente pensando alla
tua esperienza alla guida degli Sbandieratori?
Carlo Dissennati. Sì, mi viene in mente subito e per
primo questo ricordo, questa immagine. Il ricordo
di una persona straordinaria che ho conosciuto
proprio in quanto lui Presidente degli Sbandieratori
ed io, dal 1991, Presidente dell’Apt e quindi
indissolubilmente legati dal rapporto istituzionale.
Che però, piano piano, nel tempo è cresciuto e si è
sviluppato, diventando stima, rispetto e fiducia
reciproci, amicizia. I ragazzi sono una cosa spet-
tacolare, con le loro capacità tecniche, la loro
freschezza e la forte emotività, la loro gioia di
vivere. La figura di Carlo, così forte e caratteristica è
stata invece per me, una vera scoperta e credo di
esserlo stato un po’ anch’io per lui. Ci siamo
conosciuti in occasione della trasferta di New York,
in cui eravamo rimasti senza albergo e ci fu un
parapiglia tra me e il maitre, una persona di colore
di due metri, dove rischiai di avere la peggio, perché
eravamo quasi arrivati allo scontro fisico. Ricordo
sempre in quella occasione, come una sera, dopo la
cena, lui incantò tutti noi e gli astanti quando iniziò
a declamare un intero Canto della Divina Commedia.
Nacque, ripeto, una reciproca stima e il passaggio del
testimone alla guida dell’Associazione forse fu la
naturale conseguenza.
E fra le trasferte, quali ti sono rimaste impresse?
Auckland in Nuova Zelanda, nel 2000, per la Coppa
America di vela, ospiti del Club Luna Rossa alla quale
non ho partecipato ma che ho fortemente voluto,
oppure quella in Giappone nel 1997, ad Osaka. In
realtà ricordo sinceramente tutte le trasferte a cui ho
partecipato sia da Presidente dell’APT, sia da
Presidente del Gruppo, in particolare Versailles e
tante altre in Italia e all’estero. È sicuramente un
bellissimo biglietto da visita della città e auspico che
lo possa diventare ancora di più, anche a livello
regionale e, perché no, nazionale. Questa idea fu tra
l’altro presentata anche all’allora presidente
dell’ICE, Inghilesi, che la accolse con entusiasmo,
perché vedeva in noi un importante strumento di
promozione dell’immagine dell’Italia nel mondo.
È
PAROLA ALLA STORIA
7L’ALFIERE - n. 4 - 2017
Dopo la tua esperienza diretta, hai comunque
continuato ad essere vicino al Gruppo, partecipando
a tutte le iniziative che vengono svolte e frequentan-
do l’Associazione anche solo come socio. Come hai
trovato il clima, come vedi gli Sbandieratori oggi?
Sì, ho continuato e continuo volentieri e con
immenso piacere a seguire la vita dell’Associazione
perché mi sento di farne parte. E vedo un Gruppo
in buona salute, capace di prestazioni di alto livello
tecnico e coreografico, con la ricerca continua di
migliorare le performances. Credo che occorra
mantenere questo stile per affrontare delle sfide che
oggi sono internazionali e sempre più impegnative
con la concorrenza. Mi piace e vorrei che fosse
ancora di più sperimentato e studiato il rapporto fra
musica e bandiera. Gli spazi sono tanti però è
chiaro che si passa da una concezione amatoriale ad
una professionale e non è detto che sia facile.
Inoltre bisognerebbe trovare un grande sponsor.
Occorrerebbe cioè un progetto lungimirante in
grado di attrarre risorse consistenti, un “progetto
territoriale” che possa rappresentare, tramite i
simbolismi del gioco di bandiere, le eccellenze della
nostra terra in ogni campo.
Questo Gruppo si collocherebbe naturalmente al
livello dei migliori e più affascinanti spettacoli al
mondo e fungerebbe da veicolo per messaggi univer-
sali, come la pace, la giustizia, la libertà legandoli ad
una terra che ha prodotto e continua a produrre
meraviglie, sia sul piano culturale, sia su quello
scientifico.
Una cosa che mi sento di dire è che vedo, con
piacere, da parte dei vari gruppi dirigenti che si sono
succeduti negli anni, l’attenzione e la cura anche per
gli aspetti organizzativi, amministrativi, regolamen-
tari e contabili che una Associazione come la nostra
deve avere e questo grazie, permettete questa sotto-
lineatura, ad un lavoro che fu proprio iniziato
quando ero al vertice della stessa e ciò, ripeto, lo
considero estremamente positivo.
Rilevo anche una grande attenzione dell’Asso-
ciazione verso l’esterno, nei confronti anche degli
ex sbandieratori, del corpo sociale nel suo insieme e
ciò è molto importante, così come mi pare stia
sfumando la vecchia contrapposizione fra Gruppo
Attivo e resto del mondo. Occorre mantenere e
consolidare la consapevolezza che il Gruppo è un
patrimonio cittadino, della collettività e che tutti
coloro che a vario titolo ne hanno fatto parte sono e
rappresentano la storia dell’Associazione che deve
legarsi al passato proiettandosi al futuro. D’altra
parte la vita di una Associazione come la nostra è
fatta di persone che vanno e vengono, di cicli, di
esperienze e contributi, tutti importanti e necessari.
PAROLA ALLA STORIA
8 L’ALFIERE - n. 4 - 2017
capacità di muoversi nel mondo. Come tutti sanno il
Gruppo era nato proprio come un ufficio, un
settore dell’EPT, negli anni 60, poi se ne era
distaccato assumendo una propria vita autonoma ed
indipendente, rimanendovi legato per le funzioni
organizzative e amministrative. In seguito per scelte
e decisioni indipendenti dalla volontà dell’Asso-
ciazione questo Ente ha dovuto ridimensionare il
proprio ruolo e gli Sbandieratori hanno dovuto
imparare, e anche bene a mio avviso, a muoversi
con sempre maggiore autonomia: è questa la
scommessa che oggi deve vincere. L’Associazione
nei confronti con gruppi similari si era un po’ tirata
fuori. La gara tra gruppi che hanno bandiere diverse
e storie diverse è obiettivamente impropria. Il
Gruppo ha vissuto in questa sua peculiarità,
evitando per quanto possibile di partecipare a
confronti falsati, ma se il gioco di Bandiera avrà un
maggiore riconoscimento l’Associazione
probabilmente si dovrà adeguare o, quantomeno,
cercare di gover-nare questo processo richiedendo
standards uni-formi. Occorre quindi lavorare molto
sia a livello tecnico che a livello relazionale ed
istituzionale, in modo tale che se giochi di bandiera
devono essere, siano giochi di bandiera seri e non
giochi di bandiera “barzelletta”.
Fondamentale è superare le frizioni, i personalismi,
non abbandonare la storia e far venir meno l’eredità
che ognuno ha contribuito a creare. Un corpo vivo,
che non abbandona niente della sua storia, che
implica un’apertura massima a tutti coloro che sono
stati nostri compagni d’avventura nel passato, che
magari possono aver lasciato, per i più diversi
motivi, a volte anche con amarezza. Ma l’amarezza
si supera, si stempera. Siamo un patrimonio della
città e lo sono tutti quelli che ci sono transitati.
Sottolineo, in proposito, che si sono sempre
fronteggiate due concezioni, una che intende
appunto l’Associazione come un patrimonio di tutti
e l’altra, più intima, che la identifica di più con il
Gruppo attivo, in quanto alla fine sono gli
sbandieratori stessi che la portano avanti. Il che, in
un certo senso, è vero. È il Gruppo attivo che porta
avanti l’Associazione, ma il Gruppo attivo deve
accettare l’idea di essere come un organismo, un
corpo vivo in continuo divenire, non certo come
qualcosa di fisso e immutabile. E quindi occorre
perseguire una forma di maturità, che consenta di
trovare costantemente una mediazione tra queste
due visioni. Perché se da un lato è vero che contro
l’opinione del Gruppo attivo non si può fare niente,
è altrettanto vero che, tagliando tutti i ponti il con il
passato dell’Associazione, si va poco lontano. E
l’equilibrio è rappresentato dal concepire appunto
l’Associazione come un patrimonio della città.
Come tale si acquisiscono vantaggi, ma anche
responsabilità. Soprattutto quando siamo all’estero,
rappresentiamo l’Italia e ciò conferisce onori, ma
anche oneri, rappresentati principalmente dal saper
raccogliere quei suggerimenti che arrivano dalla città
e dal corpo sociale, con il fine ultimo di progredire e
migliorare sempre.
Abbiamo accennato prima all’APT, alla
successiva autonomia dell’Associazione, a
come il Gruppo si è mosso negli anni, alla
Federazione Internazionale degli Antichi Sport
della Bandiera, di cui peraltro fummo fra i soci
fondatori. Che futuro vedi per gli sbandieratori?
Vedo certamente ancora con favore una maggiore
valorizzazione della propria specificità, della propria
PAROLA ALLA STORIA
9L’ALFIERE - n. 4 - 2017
Quando sono state studiate le bandiere, ci si è rifatti a
un modello storicizzato e se tornasse a passare questo
messaggio il Gruppo sarebbe chiamato ad essere un
alfiere di questa nuova situazione. Tale prospettiva
affermerebbe i giochi di bandiera su scala globale, si
potrebbe considerare naturalmente il Gruppo come
uno dei migliori al mondo. Ovviamente tutto questo è
un lavoro che va fatto su più fronti, ma l’Associazione
deve porre questo problema e provare a guidarlo,
evitando così il rischio di essere trascinata. Se l’Asso-
ciazione riesce a far capire che questo può essere un
biglietto da visita, non solo a livello locale, ma anche
nazionale diventa un valore aggiunto per tutto il paese
e per gli stessi altri gruppi.
Ci vorrebbe un aggancio a livello nazionale e a tal
proposito vengono in mente, per esempio, la
Pattuglia Acrobatica Nazionale, le Frecce Trico-
lori, oppure altre eccellenze italiane con le quali
potremmo ideare un qualche evento insieme e oc-
casioni come queste potrebbero permettere il
grande salto di qualità. Quali scenari sono ipotiz-
zabili secondo te?
Oggi occorre fare il salto di qualità, occorre salire e
raggiungere una dimensione nazionale, rappresen-
tando sì Arezzo, la Toscana ma anche l’Italia e dice-
vo prima, aspirare a diventare un brand internazio-
nale. I nuovi gruppi dirigenti dovranno essere capa-
ci di guidare questo processo, con le scelte oculate,
con le persone giuste, con i rapporti ed i canali adat-
ti a perseguire questi obbiettivi, una sorta di Sban-
dieratori 4.0, perché sessanta anni di storia di grande
qualità possono permettere di sognare in grande. È
questo il mio augurio e il mio auspicio che faccio
con il cuore a tutti gli sbandieratori. Quello che vie-
ne fatto adesso è miracoloso, sessant’anni di attività
a livelli di eccellenza. Ora però per guardare al futu-
ro occorre un ulteriore salto di qualità, pianificando
attentamente le attività da compiere nei prossimi
dieci anni. Dobbiamo diventare non più il migliore
tra i gruppi, ma un qualcosa di unico che altrove
non si trova. Ieri ero ad Assisi ed era pieno di gente
per vedere San Francesco e, più in generale, un
qualcosa che è profondamente radicato in un tempo
storico preciso. L’Italia ha chance enormi.
Io non credo però che si possa vivere solo di turismo
e la Grecia ce lo dovrebbe insegnare. Penso al turismo
come ad un settore strettamente connesso alla cultura
e conseguentemente alle attività della ricerca e della
innovazione in ogni settore produttivo. In realtà è
tutto il paese che dovrebbe ripensare il proprio siste-
ma, in modo da proporre all’estero i propri prodotti e
non solo l’idea dell’Italia e delle sue bellezze geografi-
che e artistiche. Insomma, non si può vendere solo il
turismo. D’altro canto ci invidiano in tutto il mondo
un primato culturale, la capacità di essere all’avan-
guardia nell’innovazione, la qualità della vita e da qui
bisogna ripartire. Nel suo piccolo la nostra Associazio-
ne può rappresentare una delle eccellenze del paese,
ma su questo, come detto, occorre lavorare.
In evidenza
Musica bandiere e voci in Pieve
Daniele Serboli
enerdì 8 dicembre la Pieve di Arezzo è
stata la cornice della terza edizione di
“Musica bandiere e voci in Pieve”, ormai
divenuta appuntamento fisso per la città.
Assieme al Coro “Voceincanto”, diretto dalla
Maestra Gianna Ghiori e alla sottolineatura del
celebre organista Marco Rossi, gli Sbandieratori
hanno regalato al numeroso pubblico accorso
volteggi di bandiere e brani musicali ispirati sia
alla cultura del territorio che al repertorio classico.
V
PERSONAGGI LEGGENDARI
10
Roberto Ridolfi, per tutti il «Berto»
La storia di uno dei primi e dei più rappresentativi Sbandieratori di Arezzo
Sergio Rossi
L’ALFIERE - n. 4 - 2017
oberto Ridolfi, per tutti “Il Berto”, potreb-
be raccontarci tutta la storia della nostra
Associazione. Si perché lui è proprio uno dei
primi, uno dell’inizio dell’avventura. Era infatti fra
gli otto – due per Quartiere – a rappresentare la
Giostra del Saracino nella spedizione a Liverpool
del 1960, in occasione della quale l’EPT inviò una
delegazione della Città di Arezzo.
Ed era con Omero Vezzali, Andrea Imparati,
Franco Nencioli, Piero Patrussi con i quali entrò a
far parte subito, del primo Gruppo di Sbandieratori
che il Professor Dini stava costituendo.
Roberto ha incontrato la sua futura moglie ad Har-
rogate due anni dopo, nel 1962, durante la prima
trasferta inglese del neonato Gruppo e sono rimasti
“fulminati” a prima vista, reciprocamente. A voglia
fraintendimenti linguistici – leggendario il “tomorrow”
scambiato per “bel moro” – altro che Erasmus e globaliz-
R In evidenza50 anni dai "Giuochi internazionali degli antichisports della bandiera" nel ricordo dei protagonisti
Daniele Serboli
i è svolta gio-
vedì 16 novem-
bre alle ore 21,
presso il Teatro Vasaria-
no, la conferenza “Le
olimpiadi della bandiera:
50 anni dai giuochi in-
ternazionali degli anti-
chi sports della bandiera
nel ricordo dei protago-
nisti”, una serata rievo-
cativa dell’anniversario
dei grandi giochi che si tennero ad Arezzo nel luglio
del 1967. Anche attraverso la visione di materiale
filmato e fotografie in parte inedite, sono stati ricor-
dati i momenti salienti di quell’evento che accese i
riflettori sulla città e che vide la partecipazione di
oltre 500 atleti provenienti da tutta Europa. Di
fronte ad un nutrito e attento pubblico, composto
non soltanto dai ragazzi dell’Associazione di ieri e di
oggi, ma anche da una delegazione della FISB e da
tanti vecchi amici arrivati da Bibbiena, Figline,
Ascoli Piceno, Faenza e Firenze, sono intervenuti
Sergio Rossi, Claudio Dini e Carlo Lobina, a cui va il
merito di aver organizzato, assieme al nostro
Presidente Giovanni Bonacci, questo evento dall’e-
levato contenuto emotivo. La serata, che ha visto la
partecipazione del Vicesindaco Gamurrini e il con-
tributo, sempre puntuale, dell’ottimo Saverio Cresti-
ni, è stato anche un bel modo per far conoscere ai
più giovani le radici più profonde della nostra As-
sociazione, nella convinzione che non possa esserci
futuro senza la conoscenza della nostra storia.
S
PERSONAGGI LEGGENDARI
11L’ALFIERE - n. 4 - 2017
zazione. Fra il Berto, Colcitronese verace, e Rita, la
giovane e bella ragazza di Albione, fu amore istan-
taneo, tanto che lei lo seguì in Italia e se lo sposò.
Roberto ha continuato a lanciare la sua bandiera nei
cieli di tutto il mondo, diventando uno dei collabora-
tori più stretti dei Direttori Tecnici, prima il Professor
Vittorio Dini, poi Pasquale Livi. È stato per anni
“maganziniere” titolare del Gruppo, incarico che ha
ricoperto con scrupolo e precisione diventati prover-
biali. Non è mai mancato a nessuna delle riunioni o as-
semblee dell’Associazione…rimarcando ogni volta il
suo voto di astensione alla approvazione del Bilancio
Annuale di Esercizio. La sua vena “polemica”…attesa
e puntualmente ripetuta, non ha fatto altro che confer-
mare e ribadire la grande umanità, il grande cuore e la
passione del Berto per gli Sbandieratori e tutti i ragaz-
zi, più e meno giovani hanno apprezzato e compreso
chi è il “Berto” ed hanno imparato a volergli bene
davvero, considerandolo fino in fondo uno di loro,
proprio lui, che in realtà è stato il primo di loro.
In evidenza
Il ricordo degli Sbandieratori defunti
Romano Junior Vestrini
mportante appuntamento per la nostra
Associazione: domenica 1 Ottobre, nella
Chiesa di Santa Maria della Pieve, è stata
officiata da Don Alvaro Bardelli la S. Messa in
ricordo di tutti coloro che hanno fatto parte
dell’Associazione e che purtroppo ci hanno
lasciato. La cerimonia, particolarmente sugge-
stiva e carica di emozione, è diventata ormai un
appuntamento consolidato nel tempo, con il
quale si intende mantenere il legame con la
memoria e con le famiglie di tutti coloro che
hanno partecipato alla vita del Sodalizio e ai suoi
quasi 60 anni di storia.
I
GIOSTRA E DINTORNI
12
“È più facile essere artisti che artigiani”
Intervista al maestro Francesco Conti, costruttore di Lance d’oro
Simone Duranti, Riccardo «Flebo» Nardi
L’ALFIERE - n. 4 - 2017
ntriamo nella bottega di Francesco Conti e ci sembra di essere piombati in un altro tempo, dove man
mano che osserviamo, dietro un apparente disordine, scopriamo un intarsio del Seicento, poi una cornice
barocca, un vecchio lavoro da terminare. Il caos di una bottega artigiana nella vecchia Colcitrone acquista
pian piano un senso, una logica, un significato e ci accorgiamo che in qualsiasi punto appoggiamo lo sguardo c’è una
storia, un lavoro fatto da mani esperte, un vissuto che Francesco non esita a raccontarci. Là dove la polvere si posa
leggera tra vecchi e nuovi intarsi, dove l’artigiano riporta in vita e crea...
Una tua presentazione e cenni sulla tua formazione:
Sono nato nel 1948 e provengo dall’Olmo, ma posso defi-
nirmi un uomo di città: tutta la mia vita comunque dentro
le cinte murarie; 11 anni a Firenze e poi sempre nel centro
storico di Arezzo. Ho frequentato le scuole professionali,
interessato alla cultura della manualità e del lavoro: prima
l’Istituto poi tre anni al Margaritone in oreficeria. Ho pro-
seguito poi con intaglio e scultura lignea. Finita la scuola
entrai in contatto con un aretino che lavorava in centro
storico a Firenze e mi chiese se poteva interessarmi fare
una prova in una ditta, visto che ero specializzato nella
scultura lignea. Accettai e con timidezza entrai a bottega.
Fui messo al banco e mi venne affidata una prima prova:
arrotare le sgorbie, attrezzi da intaglio. Dopo di che venni
testato in una cosa più complessa, la rifinitura di una
scultura, di un putto, se ben ricordo.
Il mio lavoro vero e proprio cominciò con il restauro di
parti lignee provenienti dall’Abbazia di Montecassino. Con
la ricostruzione del dopoguerra, venivano portati a Firenze
nelle botteghe specializzate, i frammenti delle parti lignee.
L’abilità consisteva proprio nel rimetterle insieme e in più
di realizzare ex novo quell’80% che mancava e che era an-
dato distrutto. Si trattò di una grandissima possibilità: è sta-
ta una base esperienziale straordinaria. In più la bottega
stessa era eccezionale: Bartolozzi e Maioli in Firenze…
una realtà che aveva pochi eguali proprio per la sua collo-
cazione in una città che significava Rinascimento e non
solo, una delle vette artistiche mondiali. Il mio datore di
lavoro, da artista qual era, mi spinse a frequentare i corsi di
disegno all’Accademia: nudo e studio dell’anatomia… una
base che mi è servita moltissimo. Partivamo con la realiz-
zazione di modelli in creta, poi in gesso e infine scolpiva-
mo il legno. A bottega sono stato undici anni: ho avuto
Modo di conoscere persone utili e competenti, di eserci-
tarmi con tante pratiche di restauro di opere che non si
trovavano altrove. In seguito sono tornato ad Arezzo,
aprendo la mia prima bottega in Via Mazzini 32. Nel 1979
l’allora primo magistrato Mario Cantucci mi avvicinò, sa-
pendo il mio mestiere, chiedendomi se fossi interessato a
realizzare la Lancia d’oro della Giostra del Saracino. Io ov-
viamente conoscevo la giostra ma non mi rendevo vera-
mente conto di cosa fosse quel trofeo che poi andrò a
scolpire per una vita. Dopo pochi giorni Cantucci mi por-
tò alla sede di Porta Crucifera per farmi vedere le lance
E
GIOSTRA E DINTORNI
13L’ALFIERE - n. 4 - 2017
vinte ed esposte. Le vecchie lance venivano realizzate da
falegnamerie dove si faceva un po’ di intaglio ma io non
mi sono confrontato con i precedenti costruttori e ho la-
vorato sempre in autonomia. Si trattava di lance ad uno
stato molto semplice, che potremmo definire embrionale
rispetto alla complessità delle realizzazioni posteriori. Mi
pareva e mi pare tuttora sorprendente che una manifesta-
zione che già all’epoca, siamo alla fine degli anni Settanta,
aveva fama e risonanza, avesse come premio della vittoria
dei manufatti così semplici. Le vecchie lance sono tutte
molto simili l’una all’altra e soprattutto non hanno dediche
o motivazioni. Da notare che, nonostante il nome “lancia
d’oro”, quasi mai erano rivestite in oro e certamente non
in oro zecchino, ma in foglia di oro falso e porporina. In
questo senso sono stato io ad introdurre la prima vera lan-
cia d’oro, realizzata appunto con la tecnica dell’applica-
zione dell’oro zecchino in foglia. La questione della dora-
tura riguarda buona parte dei materiali lignei che compon-
gono le dotazioni dei figuranti, come gli scettri del maestro
di campo e dei fanti del Comune che ho dorato io.
La mia prima lancia, che fu vinta da Santo Spirito, non
aveva un tema specifico e quando la consegnai ci fu sor-
presa perché una forma e una colorazione così non si era
mai vista in precedenza. Dall’anno successivo mi misi a
pensare ad un tema, ad una dedica. Dovete immaginare
che io non avevo nessun consulente e che di conseguenza
facevo tutto da solo, sia per l'aspetto dell’ideazione che
della costruzione. Pensai ai personaggi storici che erano le-
gati ad Arezzo, che ci erano nati: Petrarca, Guido Monaco,
Vasari e Michelangelo. Pensai a delle mura che rappresen-
tassero il nostro passato di città medievale e ancor prima
etrusca e di realizzare questi personaggi “attorcigliati” allo
sviluppo della lancia. È da questo momento che per 10-15
anni io ho dato in autonomia il tema alla lancia d’oro.
Quindi di fatto l'Ente Giostra non ti imponeva un te-
ma ma eri tu a pensarlo ed elaborarlo in autonomia…
Io ricevevo la commissione della Lancia normalmente un
mese prima e facevo tutto da solo dall’idea fino alla realiz-
zazione completa. A questo proposito vorrei ricordarvi un
aneddoto: nel 1982 si svolse una doppia edizione della
Giostra e quindi mi vennero commissionate due Lance. Io
presentai al Comune il bozzetto per la prima che pensai di
dedicare a San Francesco. Giovanni Mastini, segretario del
sindaco Ducci, accolse bene l'idea ma mi chiese che sa-
rebbe stato bello dedicare l’altra Lancia ad una figura laica.
Io mi misi a pensare e tornai da lui con la proposta di una
Lancia per Garibaldi, dato che ricorreva il centenario della
morte. Ovviamente ad un laico e ad un socialista la pro-
posta dal sapore patriottico simboleggiata da Garibaldi
piacque molto!
In definitiva il concetto stesso di dedica non era un’esi-
genza della manifestazione per la quale veniva proposto
un trofeo. Fu soltanto il mio interesse artistico ad inserire
personaggi scolpiti sul legno che determinarono questa
che poi è diventata una tradizione della dedica. Dopo
almeno 10 anni la Giostra si è dotata della presenza e della
consulenza di uno storico come Luca Berti e da quel
momento ho cominciato a ricevere dei temi e delle
dediche prestabilite.
Dopo aver fatto una quarantina di Lance d'oro, circa 20
anni di lavoro, nel 1998 è stato deciso di affidare il
bozzetto centrale della Lancia attraverso concorso. Io
assieme al dottor Berti e ai rappresentanti dei quartieri
facevamo parte della commissione giudicante. Dal disegno
vincitore io poi realizzavo la Lancia nella sua interezza. Va
specificato che il bozzetto riguarda soltanto il corpo cen-
trale ma il resto della Lancia ha ugualmente bisogno di
elementi decorativi. Quindi l'asta è comunque sempre
stata conseguenza della mia creatività, in coerenza con il
tema e lo spirito del corpo centrale. Tutto questo è ciò che
abbiamo è che continua anche oggi.
Una Lancia che reputo molto bella e alla quale sono molto
affezionato è quella dedicata ai Maestri di Campo e che
venne decisa dopo la morte di Centini nel 1987. Si tratta
della Lancia che mi ha dato maggior suggestione perché
Centini morì 15-20 giorni prima della giostra e io avevo già
stabilito un altro soggetto. Il primo magistrato Spadini mi
chiese a quel punto di realizzare una Lancia in onore del
Maestro di Campo appena scomparso. A quel punto pen-
sai di associarci le figure dei precedenti maestri di campo e
GIOSTRA E DINTORNI
14 L’ALFIERE - n. 4 - 2017
to, al seicento fino alla parte sommitale astratta, contem-
poranea.
Quando ti è stato proposto di cominciare a realizzare
le Lance tu non eri un quartierista o comunque una
persona particolarmente legata alla Giostra…
No, avevo imparato a conoscerla negli anni precedenti il
mio incarico, ma non posso definirmi un “ammalato” di
Giostra o comunque un quartierista. Posso dire che il Sa-
racino ho cominciato a conoscerlo approfonditamente nel
tempo, proprio occupandomi della realizzazione delle
Lance d’oro. Sono entrato progressivamente dentro il lin-
guaggio del Saracino e quel paio di mesi dall’incarico fino
alla realizzazione finale mi vedono in “estasi” come San
Francesco! Nonostante il mio atteggiamento piuttosto
neutrale, reputo la Giostra una manifestazione straordina-
ria, in grado di muovere gli animi e le passioni di tanti
aretini…capisco il bisogno turistico di una città, ma il Sara-
cino dev’essere soprattutto una cosa nostra, per gli aretini.
devo dire che l'aspetto scenografico di questa lancia me la
rende particolarmente cara e unica. Questa lancia la vinse
Sant’Andrea, come quella del 1991 dedicata a Giovanni di
messer Egidio da Celaia, che giudico particolarmente
difficile e, credo, bella. La dedica riguardava il processo
tenutosi ad Arezzo nel 1391 contro appunto Giovanni da
Celaia, accusato di cospirazione anti fiorentina. In questo
caso ho rappresentato nel corpo centrale La Cacciata dei
diavoli da Arezzo, una delle ventotto scene del ciclo di
affreschi delle Storie di San Francesco, realizzata da Giotto
ad Assisi. In questo caso la città di Arezzo con le sue torri
è scolpita nel corpo centrale mentre il volo dei diavoli
occupa lo sviluppo nella parte superiore della Lancia.
Una lancia molto celebrata è stata la 100ª, perché doveva
recuperare proprio la memoria di tutte quelle precedenti.
Si trattava di una delle tante lance d'oro dedicate a San
Donato e per il fatto che rappresentava la numero 100
decisi di creare nello sviluppo della Lancia 98 piccole lance
intramezzate dalle bandiere del quartiere vincitore, la
presenza di un drappo che simboleggiava la prima giostra
del 1931 (nella quale non fu consegnato come trofeo una
lancia ma appunto un drappo). A coloro che mi chiede-
vano come mai fossero 98 piccole lance più il drappo per
un totale di 99 io aggiungevo che la 100ª era fisicamente la
Lancia stessa che stavano osservando!
Ovviamente ci sono Lance fatte da bozzetto che ha par-
tecipato al concorso di selezione che sono particolarmente
belle e di valore.
Comunque, indipendentemente dalla realizzazione
del bozzetto, la costruzione materiale delle Lance
d'oro è tua fin dal 1979…
Sì, è sempre stato così fino all'anno scorso, quando per la
Lancia che è stata portata al pontefice, per l'edizione stra-
ordinaria della Giostra dedicata al Giubileo della Miseri-
cordia, abbiamo collaborato io e l’artista Ivan Theimer. Il
concorso da quest’anno è stato sospeso e la lancia viene
commissionata ad artisti famosi e nel caso di quella affida-
ta a Ugo Riva io mi sono limitato alla realizzazione del-
l’asta. Adesso sto realizzando la Lancia per il Museo della
Giostra che comprenderà vari simboli ed immagini legate
al significato del Saracino: il buratto, i quartieri, i musici, gli
sbandieratori i fanti del Comune…tutti gli elementi che
caratterizzano questa manifestazione…oltre alla illustra-
zione storica realizzata da Novarese. Sto cercando di fare
uno sviluppo della Lancia che dalla parte bassa, salendo, si
ispira ad epoche differenti in termini decorativi: dal trecen-
GIOSTRA E DINTORNI
15L’ALFIERE - n. 4 - 2017
Tecnicamente, come ci si approccia al tuo mestiere?
Come procedi nella realizzazione?
Innanzitutto il materiale: utilizzo poco il noce, che tende a
tarlare; si usa il pino cembro e prevalentemente il tiglio,
ricordato anche nelle “Vitae” del Vasari come il legno per
eccellenza delle sculture lignee del trecento, che tiene il
colore e la doratura. Un legno che si lavora discretamente,
che è compatto e tarla poco. Per tenere l’oro c’è bisogno
di un legno morbido: il noce è troppo duro e la doratura
salta. C’è una Lancia, vinta da Porta crucifera nel 2005,
tutta in noce, dedicata al letterato Federigo Nomi, dove
infatti la doratura è minima. Si parte da una sgrossatura
iniziale e via via si affina la lavorazione. L’abilità necessaria
nella scultura lignea è il sapersi fermare al momento giu-
sto, riuscendo ad intuire il rispetto dei volumi. Anche l’asta
è una vera e propria scultura perché non la fisso mai nella
morsa ma la giro a tutto tondo sopra un banco. Vedrete
delle lance che sono completamente “avvolte” e nel
lavorarle le maneggio senza fissarle…è un rapporto molto
fisico, va sentito, si deve essere tutt’uno con l’opera. Sono
sempre partito da un’idea, che a volte cambia in parte
durante il percorso di lavorazione. Dall’idea alla realizza-
zione un mese mi è necessario. Oggi poi con la creazione
di bozzetti per il corpo centrale elaborati da altri, devo
essere in grado di armonizzarlo adeguatamente con il
resto. Un’asta che reputo straordinaria è quella della Lan-
cia del 2015 dedicata alla liberazione del campo di
Auschwitz: un abbraccio e un vortice di colori che seguo-
no una sorta di simbologia che afferma il senso di rinascita
del rivedere la luce dopo la catastrofe. Tornando alla
costruzione, la Lancia si compone di tre parti: un corpo
centrale, la base dell’impugnatura e l’asta. Normalmente
queste parti separate vengono innestate l’una sull’altra, an-
che se ci sono state tre o quattro Lance realizzate da
un’asta unica lunga tre metri e mezzo. Prima di me le Lan-
ce avevano altezze variabili: adesso rispettano uno stan-
dard di tre metri e mezzo. In definitiva, la Lancia è arte ma
anche tecnica di lavorazione.
Mi sembra il concetto di artigianato nella sua
accezione più nobile…
È più facile essere artisti che artigiani. L’arte e l’essere
artisti è un concetto così vasto e labile… la vera difficoltà è
essere artigiani. Tutti possiamo creare, possiamo immagi-
narci un’opera a partire da un concetto, da una idea.
L’essere capaci di realizzarla richiede delle competenze
oggettive frutto di studio e applicazione tecnica.
Ti è mai stato contestato un lavoro che invece tu
apprezzavi particolarmente?
Mah, nell’arte i giudizi sono talmente soggettivi che non
ha molto senso il giudizio individuale. Posso solo dire che
si tratta di un lavoro difficile. Ci sono elementi fissi,
decorazioni che vanno sempre inserite, come una regola: il
Comune, i quartieri e alternativamente la Madonna del
Conforto e San Donato. Elementi molto piccoli che io
realizzo sempre scolpiti e che, non potendo mancare,
vanno armonizzati col resto dell’opera. Si tratta di un
lavoro complesso, fatto anche di errori e ripensamenti, col
rischio di arrivare a consegnare il lavoro finito giusto in
tempo per la Giostra! Mi è addirittura successo di
presentarmi in Comune per consegnare una Lancia
mentre il corteo era già in movimento!
Per concludere, il tuo rapporto con gli Sbandieratori…
Siete un Gruppo importante, non soltanto per la Giostra:
avete un grande ruolo e rappresentate l’immagine di
Arezzo al di fuori della città. Inoltre sono un vostro
tesserato e partecipo alla vostra cena annuale di fine anno.
Ti chiedessero di fare una Lancia dedicata agli
sbandieratori, come la realizzeresti?
Certamente cercherei di riprodurre la fastosità dei vostri
colori oltre ad un riferimento alla vostra araldica, al vostro
simbolo. Ma visto che non siete solo colore ma anche
suono, dovrebbero entrarci anche una simbologia di
trombe e tamburi…
L’ANGOLO DEL CIRCOLO
16
Lorenzo Buracchi, Francesco Ricciarini
L’ALFIERE - n. 4 - 2017
opo le meritate vacanze estive e le fatiche
per la preparazione della Giostra di Set-
tembre, è ripartita con l’entusiasmo di sem-
pre l’attività del Circolo. Tante le iniziative, tra
novità e appuntamenti diventati ormai tradizionali.
Ma vediamo nel dettaglio quanto è stato già fatto e
quanto abbiamo in programma di realizzare per il
2018. Il primo appuntamento ufficiale è stato
sabato 28 ottobre con la consueta e imitatissima
festa dell’Oktober Fest, a base di stinchi di maiale,
polli e birra artigianale, alla quale hanno partecipato
oltre 70 persone. Nei mesi di novembre e dicembre
la sala «Enzo Bidini» si è riempita in occasione della
proiezione della trilogia di Amici Miei, dei film
“natalizi” e soprattutto delle ormai tradizionali tom-
bole, l’ultima delle quali è in programma per la sera-
ta del 5 gennaio, insieme all’arrivo della Befana. Per
il 2018, assieme agli impegni consueti, come la
serata dell’Epifania appunto e la festa di Carnevale, i
ragazzi del Circolo hanno in programma moltissime
novità, di cui tutti i soci potranno beneficiare ogni
giovedì sera, dalle 21.00 in poi. L’obiettivo è infatti
quello di offrire a tutti, giovani e meno giovani, un
ulteriore momento fisso di ritrovo.
Inoltre, dopo il successo ottenuto lo scorso anno,
da gennaio inizieranno i tornei a coppie di carte,
biliardo e calcio balilla. Le iscrizioni sono già aperte,
accorrete, come sempre, numerosi.
D
www.sbandieratori.arezzo.it #SbandieratoriArezzo SbandieratoriArezzoSbandieratori di Arezzo
Tante iniziative e occasioni di aggregazione
I ragazzi del circolo propongono attività per tutti i gusti, all’insegna del divertimento
Notizie dal Consiglio
Grazie a G. Romanelli, bentornato a S. Rossi
Marco Donati
l Consiglio di Amministrazione dell'Asso-
ciazione Sbandieratori di Arezzo ha ap-
provato in data 02.10.17 la surrogazione
del consigliere Vicepresidente Giacomo Roma-
nelli, dimissionario, e la convalida dell’elezione
del consigliere surrogante Sergio Rossi, ai sensi
dell'art. 15 dello statuto sociale.
Il Consiglio ha inoltre deliberato, su proposta del
Presidente, la nomina a Vicepresidenti di
Pierfrancesco Pedone (con funzioni vicarie) e
Carlo Lobina, mentre Sergio Rossi assume la
carica di Segretario in luogo dello stesso
Pierfrancesco Pedone; Carlo Lobina conserva
anche la carica di Tesoriere.
Il Consiglio intero ringrazia Giacomo Romanelli
per il suo proficuo contributo, il coinvolgimento
e la passione che hanno fatto di lui un validis-
simo componente del Consiglio negli ultimi anni,
augurandosi che la sua presenza e la sua preziosa
collaborazione rimangano una risorsa importante
per l'Associazione anche in futuro.
Un caldo saluto
di benvenuto nel
Consiglio va a
Sergio Rossi, ele-
mento di grande
valore per il
Gruppo, attual-
mente Direttore
del nostro perio-
dico "L'Alfiere".
Il suo attacca-
mento all'Associa-
zione, la sua esperienza e la sue capacità saranno
sicuramente un importante e preziosissimo con-
tributo per il Direttivo.
I
III EDIZIONE: 22 APRILE 2018Nell’ambito di “Bicinfiera” (20-21-22 aprile),
torna anche “L’Ardita”, con tre diversi percorsi:
Gourmet (25 km), Classico (50 km) e L'Ardita (80 km)
ISCRIZIONI GIÀ APERTE ON LINEwww.bicinfiera.it - 348.3435285 - [email protected]