16
E ditoriale on questo numero chiudiamo il secondo anno di pubblicazione del nostro periodico l’Alfiere e siamo proprio soddisfatti dei risultati raggiunti. Sono aumentate le uscite, da tre a quattro numeri all’anno; sono cresciute le pagine, dalle iniziali dodici a sedici ed è aumentata anche la tiratura, soprattutto in occasione delle edizioni della Giostra e per fine anno, questa appunto, concomitante con la cena sociale dell’Associazione. Ci sono stati nuovi contributi e collaborazioni – tutte volon- tarie e spassionate – che, crediamo e speriamo, hanno au- mentato la qualità e la quantità degli argomenti e degli arti- coli trattati. E in conseguenza di tutto ciò ci confortano gli apprezzamenti e i complimenti, insieme a qualche critica – peraltro ben accolta e salutare – che ci stimolano a crescere e migliorare ancora. Con queste premesse, impegnandoci a fare sempre di più e meglio, la Redazione augura a tutti i soci, ai lettori e ai tanti, tantissimi amici degli Sbandieratori di Arezzo, Buone Feste e Felice Anno Nuovo. C 1 L’ALFIERE - n. 4 - 2017 L’ALFIERE Periodico di informazione dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo Autorizzazione Tribunale Arezzo n. 2/16 del 23/05/16 - Dir. Resp.: Sergio Rossi - Coordinamento redazionale: Romano Junior Vestrini, Daniele Serboli - L’ALFIERE - Pubblicazione a cura dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo, Piazzetta del Praticino, 7 - 52100 Arezzo - Hanno collaborato: Riccardo Nardi, Lorenzo Diozzi, Simone Duranti, Lorenzo Buracchi, Francesco Ricciarini, Marco Donati - Foto: archivio Sbandieratori Anno II – n. 4 Dicembre 2017 Sergio Rossi Storia di Arezzo La Terra di Arezzo nella Divina Commedia 2 Dietro le quinte I tanti amici della nostra Associazione 4 Parola alla storia La Presidenza Manneschi: esperienza ed equilibrio 6 Personaggi leggendari Roberto Ridolfi, per tutti il «Berto» 10 Giostra e dintorni È più facile essere artisti che artigiani” 12 L’angolo del Circolo Tante iniziative e occasioni di aggregazione 16 S ommario I n primo piano Un altro pezzo di Giostra se ne va: Ciao Dario… Romano Junior Vestrini a Giostra del Saracino piange la scomparsa di Dario Bonini, che si è spento, dopo una lunga malattia, all’età di 65 anni. Aveva ricoperto a lun- go il prestigioso e difficile ruolo di Maestro di Campo della Giostra del Saracino, manifestazione per cui nutriva una grande passione. Aveva scelto di abban- donare il suo compito nello scorso giugno per motivi personali, sicuramente dopo aver iniziato a soffrire del male che oggi lo ha definitivamente battuto. Caparbio e deciso, aveva comandato lo svolgersi della Giostra per anni con autorità, guadagnandosi la stima di tutti. Dario era vedovo da anni, lascia un figlio di nome Daniele, a cui vanno le più sentite condoglianze della nostra redazione e di tutta l’Associazione. L

Presentazione standard di PowerPoint · 2020. 3. 27. · Simone Duranti, Lorenzo Buracchi, Francesco Ricciarini, Marco Donati - Foto: archivio Sbandieratori Anno II –n. 4 Dicembre

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  • Editoriale

    on questo numero chiudiamo il secondo anno

    di pubblicazione del nostro periodico l’Alfiere e

    siamo proprio soddisfatti dei risultati raggiunti.

    Sono aumentate le uscite, da tre a quattro numeri all’anno;

    sono cresciute le pagine, dalle iniziali dodici a sedici ed è

    aumentata anche la tiratura, soprattutto in occasione delle

    edizioni della Giostra e per fine anno, questa appunto,

    concomitante con la cena sociale dell’Associazione. Ci

    sono stati nuovi contributi e collaborazioni – tutte volon-

    tarie e spassionate – che, crediamo e speriamo, hanno au-

    mentato la qualità e la quantità degli argomenti e degli arti-

    coli trattati. E in conseguenza di tutto ciò ci confortano gli

    apprezzamenti e i complimenti, insieme a qualche critica –

    peraltro ben accolta e salutare – che ci stimolano a crescere

    e migliorare ancora. Con queste premesse, impegnandoci

    a fare sempre di più e meglio, la Redazione augura a tutti i

    soci, ai lettori e ai tanti, tantissimi amici degli Sbandieratori

    di Arezzo, Buone Feste e Felice Anno Nuovo.

    C

    1L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    L’ALFIEREPeriodico di informazione dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo

    Autorizzazione Tribunale Arezzo n. 2/16 del 23/05/16 - Dir. Resp.: Sergio Rossi - Coordinamento redazionale: Romano Junior Vestrini, Daniele Serboli - L’ALFIERE

    - Pubblicazione a cura dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo, Piazzetta del Praticino, 7 - 52100 Arezzo - Hanno collaborato: Riccardo Nardi, Lorenzo Diozzi,

    Simone Duranti, Lorenzo Buracchi, Francesco Ricciarini, Marco Donati - Foto: archivio Sbandieratori

    Anno II – n. 4

    Dicembre 2017

    Sergio Rossi

    Storia di ArezzoLa Terra di Arezzo nella Divina Commedia

    2

    Dietro le quinteI tanti amici della nostra Associazione

    4

    Parola alla storiaLa Presidenza Manneschi: esperienza ed equilibrio

    6

    Personaggi leggendariRoberto Ridolfi, per tutti il «Berto»

    10

    Giostra e dintorni “È più facile essere artisti che artigiani”

    12

    L’angolo del CircoloTante iniziative e occasioni di aggregazione

    16

    Sommario

    In primo piano

    Un altro pezzo di Giostra se ne va: Ciao Dario…Romano Junior Vestrini

    a Giostra del Saracino piange la scomparsa di Dario Bonini, che si è

    spento, dopo una lunga malattia, all’età di 65 anni. Aveva ricoperto a lun-

    go il prestigioso e difficile ruolo di Maestro di Campo della Giostra del

    Saracino, manifestazione per cui nutriva una grande passione. Aveva scelto di abban-

    donare il suo compito nello scorso giugno per motivi personali, sicuramente dopo aver

    iniziato a soffrire del male che oggi lo ha definitivamente battuto. Caparbio e deciso,

    aveva comandato lo svolgersi della Giostra per anni con autorità, guadagnandosi la

    stima di tutti. Dario era vedovo da anni, lascia un figlio di nome Daniele, a cui vanno

    le più sentite condoglianze della nostra redazione e di tutta l’Associazione.

    L

  • uesto articolo vuole essere il primo di una

    serie di approfondimenti storici e culturali

    sulla città di Arezzo che saranno pubblicati

    sulla rivista L’Alfiere. Il primo tema che viene

    trattato affonda le sue premesse in elementi

    tutt’altro che aretini. Infatti, sarà qui analizzato il

    ruolo di Arezzo all’interno della Divina Commedia,

    opera letteraria del poeta fiorentino Dante Alighieri,

    composta nei primissimi anni del XIV secolo.

    Considerata, tanto a livello popolare quanto accade-

    mico, come un capolavoro della lingua italiana,

    questa opera contiene molti riferimenti alla storia

    dell’epoca, sia fiorentina che di tutta la Toscana.

    Tra i versi e le rime infatti si alternano descrizioni di

    luoghi e di personaggi che Dante stesso ha visitato

    e conosciuto, tra cui anche alcuni accenni ad

    Arezzo e a personalità aretine. La città di Arezzo

    non ospitò mai direttamente il poeta, il quale

    tuttavia visitò più volte la vallata del Casentino. I

    viaggi di Dante in Casentino avvennero nel 1298

    quando impugnò personalmente le armi nella

    Battaglia di Campaldino, nella splendida cornice

    della città di Poppi e successivamente durante

    l’esilio, che dal 1302 lo ha obbligato a dover lasciare

    Firenze e ad errare in molte regioni italiane, come

    graditissimo ospite. Il Casentino viene infatti spesso

    citato nella Divina Commedia per i suoi elementi

    naturali come il torrente Archiano, il monte

    Falterona, il Pratomagno e La Verna descrivendo la

    pietra in cui San Francesco ricevette le stigmate.

    I primi versi che andiamo direttamente ad

    analizzare sono contenuti nel Canto XIV del

    Purgatorio (vv. 46 – 48). Dante, in questa parte del

    suo viaggio incontra, nella cornice degli invidiosi,

    alcune anime, tra cui quella del nobile ravennate

    Guido del Duca. Il poeta si presenta alle anime

    dicendo di venire dalle valli bagnate dal fiume Arno

    STORIA DI AREZZO

    2

    La Terra di Arezzo nella Divina Commedia

    L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    Q

    e Guido, approfittando di questa citazione, inizia

    una terribile descrizione degli abitanti della Toscana,

    mediante paragoni con animali. I casentinesi sono

    paragonati a porci, gli aretini a botoli, i fiorentini a

    lupi e gli abitanti di Pisa a volpi. Si può apprezzare

    come la descrizione segua il percorso del fiume che

    nasce in Casentino, devia il suo percorso prima di

    incontrare Arezzo e prosegue poi fino al mare. La

    citazione che mostra questo cambio di direzione

    dell’Arno di fronte agli aretini è «Botoli trova poi,

    venendo giuso,/ringhiosi più che non chiede loro possa,/e da

    lor disdegnosa torce il muso». La scelta del botolo può

    essere spiegata andando a guardare un antico

    stemma aretino che portava la scritta «spesso il

    cinghiale è preso da un piccolo cane». Questo

    motto, che elogia la tenacia del cane nei versi, viene

    negativamente declinato nella descrizione degli

    aretini. Inoltre questa descrizione di botoli ringhiosi

    è stata più volte usata dagli aretini stessi per

    descriversi come un popolo di cittadini tenaci e duri.

    La presenza di Arezzo nei versi di Dante tra guerre, giostre, truffe e botoli ringhiosi

    Lorenzo Diozzi

  • STORIA DI AREZZO

    3L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    In mezzo a lupi e volpi quindi, per quanto non

    elogiata, la città di Arezzo finisce per essere solo

    descritta come abitata da cittadini testardi e litigiosi.

    Generalmente meno noto è invece il Gruppo di versi

    che si occupano proprio di un aretino. Si tratta di

    Griffolino d’Arezzo che Dante incontra nel Canto

    XXIX dell’Inferno in mezzo ai falsari (vv. 109 –

    120). Griffolino in persona dice al poeta di essere

    nato ad Arezzo e gli studiosi hanno ricostruito la sua

    storia scoprendo che era uno scienziato e studioso di

    chimica, magia ed alchimia che, divenuto familiare di

    un nobile senese, prometteva a questi straordinari ma

    truffaldini avvenimenti magici in cambio di denaro.

    Dopo essersi fatto pagare per insegnare al nobile a

    volare per l’aria ed aver ovviamente fallito, Griffolino

    finì al rogo con l’accusa di eresia, denunciato dal

    senese stesso.

    Il più famoso riferimento alla città di Arezzo nel-

    l’opera è però rappresentato dai vv. 1 – 12 del Canto

    XXII dell’Inferno, che parlano della Giostra. Per evi-

    tare fantasiose ricostruzioni è però giusto analizzare

    bene le parole di Dante: «Io vidi già cavalier muover

    campo,/ e cominciare stormo e far lor mostra,/ e talvolta

    partir per loro scampo;/ corridor vidi per la terra vostra,/ o

    Aretini, e vidi gir gualdane,/ fedir torneamenti e correr

    giostra». All’inizio del Canto il poeta descrive lo

    spostamento di alcuni demoni paragonandolo al tu-

    multuoso fracasso di un Gruppo di cavalieri in movi-

    mento e in combattimento. Dante continua poi

    affermando di conoscere bene queste attività di

    cavalieri, per aver visto nella terra degli aretini nume-

    rosi combattimenti e scorrerie di guerra, nonchè paci-

    fiche cavalcate di tornei e giostre. Il poeta, nel descri-

    vere i cavalieri in assetto da guerra nel territorio di

    Arezzo, fa un riferimento alla battaglia di Campal-

    dino che lui stesso ha combattuto, mentre nel

    parlare dei tornei pacifici probabilmente si riferisce

    ad attività tipiche dei cavalieri dell’esercito medie-

    vale, che prima della guerra si allenavano in scontri

    e gare. La giostra di cui parla Dante non è quindi

    l’attuale Giostra del Saracino e Dante non è mai

    stato nelle tribune di Piazza Grande a sostenere uno

    dei quattro quartieri. Tuttavia il poeta ha personal-

    mente visto i cavalieri aretini adoperarsi sia nella

    guerra che nei tornei, dimostrando come, se pure

    molto diversa, la Giostra sia una passione per i

    botoli ringhiosi di oggi come lo era per quelli di un

    tempo. In questi primi versi del XXII Canto il poeta

    afferma anche che queste attività di cavalieri erano

    sempre accompagnate da segnali dati da trombe e

    tamburi. Questa descrizione non risulta certo una

    novità per gli aretini, abituati alla presenza di tali

    strumenti nella Giostra, ma neppure per gli

    Sbandieratori che trovano proprio in questi

    strumenti il ritmo per le loro esibizioni.

    Dante parla poi ancora di giostre di cavalieri aretini

    nel XIII Canto dell’Inferno (vv. 120 – 121) quando

    ricorda «l’imboscata del Toppo» uno dei tanti

    episodi delle battaglie tra Guelfi e Ghibellini. Presso

    Pieve al Toppo infatti i Ghibellini aretini, dopo aver

    respinto un assalto diretto alla loro città, prepara-

    rono un agguato ai Guelfi senesi, che furono scon-

    fitti. Nell’episodio raccontato nell’inferno dantesco

    un’anima con pungente ironia rinfaccia ad un’altra

    di essere morta durante «le giostre del Toppo». La

    parola giostra viene ironicamente usata per descri-

    vere la battaglia come un pacifico incontro di cava-

    lieri, quando invece fu un importante scontro nel

    quale perse la vita anche un giovane senese chiama-

    to Lano, che Dante incontra nell’inferno.

    Il valore della Divina Commedia non è solo quello

    letterario, ma anche quello storico e la città di

    Arezzo, come qui ricordato, anche se con un ruolo

    non certamente centrale, ha l’onore di essere citata

    tra le maestose rime dell’opera.

  • DIETRO LE QUINTE

    4

    I tanti amici della nostra Associazione

    Cosa c’è dietro i nostri successi? Tante persone che lavorano con grande passione

    Riccardo «Flebo» Nardi

    L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    inita la stagione delle trasferte, è ripartita, un

    po' a fatica, quella della “preparazione tecni-

    co-tattica” (per usare un termine calcistico).

    Si sa, dopo aver speso molte energie nei tantissimi

    impegni che ci richiede il Gruppo in primavera ed

    estate, tirare un po’ il fiato non può che essere

    salutare. Gli allenamenti, i viaggi (con annessa

    organizzazione), le esibizioni che ci impegnano i

    fine settimana e non solo, l’organizzazione delle

    cene, le feste diventate ormai appuntamenti annuali,

    la manutenzione dei materiali, le riunioni di

    consiglio, la gestione del circolo e della sede

    dell’associazione: una mole di lavoro che solo a

    pensarci fa paura. Quindi ai soliti ignoti che non

    danno niente per scontato e che, con passione e

    sacrificio, fanno sì che tutto questo possa continua-

    re ad essere realtà, va tutta la mia stima ed ammira-

    zione. Come del resto va un ringraziamento speciale

    a chi, anche se esterno al Gruppo attivo, lavora con

    noi e ci aiuta a fare in modo che nelle trasferte ed

    alle Giostre del Saracino il Gruppo possa

    presentarsi al meglio. Un aiuto importante viene,

    anche se è un pensiero non condiviso da tutti, dalla

    collaborazione da parte di Aretini e non, esterni al

    Gruppo, che percepiscono il Gruppo come una

    bellissima realtà da incentivare e vivere con noi.

    Amiamo ricordare che il Gruppo Sbandieratori

    appartiene alla città e non a pochi intimi, quindi

    lasciamo gli individualismi e godiamo delle vecchie

    e nuove amicizie, esterne e non al Gruppo attivo,

    che non possono far altro che aiutarci a crescere e

    migliorare. Se è vero che conoscere noi stessi ci

    aiuta a conoscere meglio e accettare gli altri, è anche

    vero che conoscere ed accettare gli altri ci aiuta ad

    accettare e conoscere meglio noi stessi.

    Quindi, con la certezza che tutto il Gruppo si vorrà

    unire, mando un abbraccio e un grazie di cuore a:

    F

    DIETRO LE QUINTE

    Stefano Bulletti, ex sbandieratore sempre disponi-

    bile all’occorrenza (soprattutto se c’è da mangiare!);

    Felice Rogialli, fotografo “ufficiale” del Gruppo, che

    ci segue con entusiasmo e passione in ogni occasione

    (Felice, prima o poi ti si porta anche all’estero!);

    Ivana Cipolleschi, che da anni realizza le nuove

    bandiere e rattoppa quelle strappate da qualche sban-

    dieratore un po’ broccione…;

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  • DIETRO LE QUINTE

    5L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    Conosciamo i consiglieri

    Il «Gianni Morandi» del Gruppo: Piero Pedone

    Romano Junior Vestrini

    e c’è uno slogan

    che non si addice

    a Piero è “Lasciare

    spazio ai giovani”. Già

    perché, da quando ha

    deciso di fare lo sban-

    dieratore professionista,

    viaggia su medie annuali

    impressionanti, tanto che

    qualcuno si è chiesto, con

    una certa dose di preoccupazione, se sia stato

    licenziato, salvo poi rammentare immediatamen-

    te che ancora lavora (più o meno) in Provincia,

    quell’ente misterioso ormai svuotato di tutte le

    proprie competenze. Poco male, anzi bene, così

    Piero può fare tutte le trasferte, ingaggiando

    serrate competizioni con ragazzi che potrebbero

    essere suoi nipoti. È Vicecomandante della Poli-

    zia Provinciale e Vicepresidente storico dell’Asso-

    ciazione (si avvicendano i presidenti, ma lui è sem-

    pre lì), carica quest’ultima che è riuscito a mante-

    nere e, all’occorrenza riprendere, attraverso bieche,

    ma apprezzatissime, mosse padronali: proverbiali

    le cene presso la locanda “Villa Pedone” a base di

    finocchiona, quaglie ed altre prelibatezze. Piero in-

    fatti oltre a privarsi dell’uso della propria auto in

    favore delle esigenze del Gruppo, si è privato

    anche dell’utilizzo di casa sua e tutto questo ov-

    viamente in cambio di trasferte e di una poltrona in

    consiglio. Cantautore mancato, in confronto a lui

    Edoardo Bennato strimpella, Piero, sbandieratore

    dal 1976 con oltre 600 trasferte all’attivo, rappresen-

    ta meglio di tutti l’essenza più genuina del Gruppo.

    Se non ci fosse andrebbe inventato, se non ci fosse

    i lunghi viaggi in pullman sarebbero insopportabili,

    se non ci fosse il Gruppo dovrebbe dotarsi di una

    nuova Seat Alhambra, se non ci fosse saremmo

    tutti più magri. Insomma, Piero, continua così!!!!

    S

    Graziano Ciofi, che ha costruito e si è preso cura

    dei nostri tamburi con grande abilità e passione

    (prossimo passo bacchette per tutti!);

    Tommaso Andreini, pittore e artista senese che ha

    dipinto le nostre bandiere e tamburi (dal drappel-

    lone del Palio ai nostri tamburi…sei un amico);

    Noemie Grottini, la costumista che negli ultimi

    anni ha disegnato e realizzato i nuovi costumi da

    sbandieratore, oltre a riparare "il riparabile". Prezio-

    sa collaboratrice che ci supporta e sopporta in tutte

    le nostre richieste.

    Ovviamente ho un po’ scherzato, ma i ringrazia-

    menti sono sentiti e soprattutto, sinceri.

  • PAROLA ALLA STORIA

    6

    La Presidenza Manneschi: esperienza ed equilibrio

    Intervista al successore di Carlo Dissennati alla guida dell’Associazione

    Sergio Rossi, Daniele Serboli

    L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    stato un vero piacere, oltreché quasi un dovere, incontrare Marco Manneschi, per parlare con lui della sua

    esperienza quale Presidente della nostra Associazione fra il 1997 e il 2001. Piacevole e doveroso perché

    Marco, insieme alla consueta schiettezza e amabilità, emerse peraltro anche durante il nostro colloquio,

    ha caratterizzato il suo mandato con esperienza, equilibrio e competenza in un periodo non facile per gli

    Sbandieratori. Manneschi era infatti succeduto alla Presidenza al compianto Carlo Dissennati, prematuramente

    scomparso, primo e storico Presidente dell’Associazione e ha gestito la non facile fase di distacco progressivo del

    Gruppo dall’APT, a seguito delle vicissitudini istituzionali ed organizzative che in quegli anni ebbero tali Uffici.

    Marco, qual è la prima immagine, il ricordo,

    l’emozione che ti vengono in mente pensando alla

    tua esperienza alla guida degli Sbandieratori?

    Carlo Dissennati. Sì, mi viene in mente subito e per

    primo questo ricordo, questa immagine. Il ricordo

    di una persona straordinaria che ho conosciuto

    proprio in quanto lui Presidente degli Sbandieratori

    ed io, dal 1991, Presidente dell’Apt e quindi

    indissolubilmente legati dal rapporto istituzionale.

    Che però, piano piano, nel tempo è cresciuto e si è

    sviluppato, diventando stima, rispetto e fiducia

    reciproci, amicizia. I ragazzi sono una cosa spet-

    tacolare, con le loro capacità tecniche, la loro

    freschezza e la forte emotività, la loro gioia di

    vivere. La figura di Carlo, così forte e caratteristica è

    stata invece per me, una vera scoperta e credo di

    esserlo stato un po’ anch’io per lui. Ci siamo

    conosciuti in occasione della trasferta di New York,

    in cui eravamo rimasti senza albergo e ci fu un

    parapiglia tra me e il maitre, una persona di colore

    di due metri, dove rischiai di avere la peggio, perché

    eravamo quasi arrivati allo scontro fisico. Ricordo

    sempre in quella occasione, come una sera, dopo la

    cena, lui incantò tutti noi e gli astanti quando iniziò

    a declamare un intero Canto della Divina Commedia.

    Nacque, ripeto, una reciproca stima e il passaggio del

    testimone alla guida dell’Associazione forse fu la

    naturale conseguenza.

    E fra le trasferte, quali ti sono rimaste impresse?

    Auckland in Nuova Zelanda, nel 2000, per la Coppa

    America di vela, ospiti del Club Luna Rossa alla quale

    non ho partecipato ma che ho fortemente voluto,

    oppure quella in Giappone nel 1997, ad Osaka. In

    realtà ricordo sinceramente tutte le trasferte a cui ho

    partecipato sia da Presidente dell’APT, sia da

    Presidente del Gruppo, in particolare Versailles e

    tante altre in Italia e all’estero. È sicuramente un

    bellissimo biglietto da visita della città e auspico che

    lo possa diventare ancora di più, anche a livello

    regionale e, perché no, nazionale. Questa idea fu tra

    l’altro presentata anche all’allora presidente

    dell’ICE, Inghilesi, che la accolse con entusiasmo,

    perché vedeva in noi un importante strumento di

    promozione dell’immagine dell’Italia nel mondo.

    È

  • PAROLA ALLA STORIA

    7L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    Dopo la tua esperienza diretta, hai comunque

    continuato ad essere vicino al Gruppo, partecipando

    a tutte le iniziative che vengono svolte e frequentan-

    do l’Associazione anche solo come socio. Come hai

    trovato il clima, come vedi gli Sbandieratori oggi?

    Sì, ho continuato e continuo volentieri e con

    immenso piacere a seguire la vita dell’Associazione

    perché mi sento di farne parte. E vedo un Gruppo

    in buona salute, capace di prestazioni di alto livello

    tecnico e coreografico, con la ricerca continua di

    migliorare le performances. Credo che occorra

    mantenere questo stile per affrontare delle sfide che

    oggi sono internazionali e sempre più impegnative

    con la concorrenza. Mi piace e vorrei che fosse

    ancora di più sperimentato e studiato il rapporto fra

    musica e bandiera. Gli spazi sono tanti però è

    chiaro che si passa da una concezione amatoriale ad

    una professionale e non è detto che sia facile.

    Inoltre bisognerebbe trovare un grande sponsor.

    Occorrerebbe cioè un progetto lungimirante in

    grado di attrarre risorse consistenti, un “progetto

    territoriale” che possa rappresentare, tramite i

    simbolismi del gioco di bandiere, le eccellenze della

    nostra terra in ogni campo.

    Questo Gruppo si collocherebbe naturalmente al

    livello dei migliori e più affascinanti spettacoli al

    mondo e fungerebbe da veicolo per messaggi univer-

    sali, come la pace, la giustizia, la libertà legandoli ad

    una terra che ha prodotto e continua a produrre

    meraviglie, sia sul piano culturale, sia su quello

    scientifico.

    Una cosa che mi sento di dire è che vedo, con

    piacere, da parte dei vari gruppi dirigenti che si sono

    succeduti negli anni, l’attenzione e la cura anche per

    gli aspetti organizzativi, amministrativi, regolamen-

    tari e contabili che una Associazione come la nostra

    deve avere e questo grazie, permettete questa sotto-

    lineatura, ad un lavoro che fu proprio iniziato

    quando ero al vertice della stessa e ciò, ripeto, lo

    considero estremamente positivo.

    Rilevo anche una grande attenzione dell’Asso-

    ciazione verso l’esterno, nei confronti anche degli

    ex sbandieratori, del corpo sociale nel suo insieme e

    ciò è molto importante, così come mi pare stia

    sfumando la vecchia contrapposizione fra Gruppo

    Attivo e resto del mondo. Occorre mantenere e

    consolidare la consapevolezza che il Gruppo è un

    patrimonio cittadino, della collettività e che tutti

    coloro che a vario titolo ne hanno fatto parte sono e

    rappresentano la storia dell’Associazione che deve

    legarsi al passato proiettandosi al futuro. D’altra

    parte la vita di una Associazione come la nostra è

    fatta di persone che vanno e vengono, di cicli, di

    esperienze e contributi, tutti importanti e necessari.

  • PAROLA ALLA STORIA

    8 L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    capacità di muoversi nel mondo. Come tutti sanno il

    Gruppo era nato proprio come un ufficio, un

    settore dell’EPT, negli anni 60, poi se ne era

    distaccato assumendo una propria vita autonoma ed

    indipendente, rimanendovi legato per le funzioni

    organizzative e amministrative. In seguito per scelte

    e decisioni indipendenti dalla volontà dell’Asso-

    ciazione questo Ente ha dovuto ridimensionare il

    proprio ruolo e gli Sbandieratori hanno dovuto

    imparare, e anche bene a mio avviso, a muoversi

    con sempre maggiore autonomia: è questa la

    scommessa che oggi deve vincere. L’Associazione

    nei confronti con gruppi similari si era un po’ tirata

    fuori. La gara tra gruppi che hanno bandiere diverse

    e storie diverse è obiettivamente impropria. Il

    Gruppo ha vissuto in questa sua peculiarità,

    evitando per quanto possibile di partecipare a

    confronti falsati, ma se il gioco di Bandiera avrà un

    maggiore riconoscimento l’Associazione

    probabilmente si dovrà adeguare o, quantomeno,

    cercare di gover-nare questo processo richiedendo

    standards uni-formi. Occorre quindi lavorare molto

    sia a livello tecnico che a livello relazionale ed

    istituzionale, in modo tale che se giochi di bandiera

    devono essere, siano giochi di bandiera seri e non

    giochi di bandiera “barzelletta”.

    Fondamentale è superare le frizioni, i personalismi,

    non abbandonare la storia e far venir meno l’eredità

    che ognuno ha contribuito a creare. Un corpo vivo,

    che non abbandona niente della sua storia, che

    implica un’apertura massima a tutti coloro che sono

    stati nostri compagni d’avventura nel passato, che

    magari possono aver lasciato, per i più diversi

    motivi, a volte anche con amarezza. Ma l’amarezza

    si supera, si stempera. Siamo un patrimonio della

    città e lo sono tutti quelli che ci sono transitati.

    Sottolineo, in proposito, che si sono sempre

    fronteggiate due concezioni, una che intende

    appunto l’Associazione come un patrimonio di tutti

    e l’altra, più intima, che la identifica di più con il

    Gruppo attivo, in quanto alla fine sono gli

    sbandieratori stessi che la portano avanti. Il che, in

    un certo senso, è vero. È il Gruppo attivo che porta

    avanti l’Associazione, ma il Gruppo attivo deve

    accettare l’idea di essere come un organismo, un

    corpo vivo in continuo divenire, non certo come

    qualcosa di fisso e immutabile. E quindi occorre

    perseguire una forma di maturità, che consenta di

    trovare costantemente una mediazione tra queste

    due visioni. Perché se da un lato è vero che contro

    l’opinione del Gruppo attivo non si può fare niente,

    è altrettanto vero che, tagliando tutti i ponti il con il

    passato dell’Associazione, si va poco lontano. E

    l’equilibrio è rappresentato dal concepire appunto

    l’Associazione come un patrimonio della città.

    Come tale si acquisiscono vantaggi, ma anche

    responsabilità. Soprattutto quando siamo all’estero,

    rappresentiamo l’Italia e ciò conferisce onori, ma

    anche oneri, rappresentati principalmente dal saper

    raccogliere quei suggerimenti che arrivano dalla città

    e dal corpo sociale, con il fine ultimo di progredire e

    migliorare sempre.

    Abbiamo accennato prima all’APT, alla

    successiva autonomia dell’Associazione, a

    come il Gruppo si è mosso negli anni, alla

    Federazione Internazionale degli Antichi Sport

    della Bandiera, di cui peraltro fummo fra i soci

    fondatori. Che futuro vedi per gli sbandieratori?

    Vedo certamente ancora con favore una maggiore

    valorizzazione della propria specificità, della propria

  • PAROLA ALLA STORIA

    9L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    Quando sono state studiate le bandiere, ci si è rifatti a

    un modello storicizzato e se tornasse a passare questo

    messaggio il Gruppo sarebbe chiamato ad essere un

    alfiere di questa nuova situazione. Tale prospettiva

    affermerebbe i giochi di bandiera su scala globale, si

    potrebbe considerare naturalmente il Gruppo come

    uno dei migliori al mondo. Ovviamente tutto questo è

    un lavoro che va fatto su più fronti, ma l’Associazione

    deve porre questo problema e provare a guidarlo,

    evitando così il rischio di essere trascinata. Se l’Asso-

    ciazione riesce a far capire che questo può essere un

    biglietto da visita, non solo a livello locale, ma anche

    nazionale diventa un valore aggiunto per tutto il paese

    e per gli stessi altri gruppi.

    Ci vorrebbe un aggancio a livello nazionale e a tal

    proposito vengono in mente, per esempio, la

    Pattuglia Acrobatica Nazionale, le Frecce Trico-

    lori, oppure altre eccellenze italiane con le quali

    potremmo ideare un qualche evento insieme e oc-

    casioni come queste potrebbero permettere il

    grande salto di qualità. Quali scenari sono ipotiz-

    zabili secondo te?

    Oggi occorre fare il salto di qualità, occorre salire e

    raggiungere una dimensione nazionale, rappresen-

    tando sì Arezzo, la Toscana ma anche l’Italia e dice-

    vo prima, aspirare a diventare un brand internazio-

    nale. I nuovi gruppi dirigenti dovranno essere capa-

    ci di guidare questo processo, con le scelte oculate,

    con le persone giuste, con i rapporti ed i canali adat-

    ti a perseguire questi obbiettivi, una sorta di Sban-

    dieratori 4.0, perché sessanta anni di storia di grande

    qualità possono permettere di sognare in grande. È

    questo il mio augurio e il mio auspicio che faccio

    con il cuore a tutti gli sbandieratori. Quello che vie-

    ne fatto adesso è miracoloso, sessant’anni di attività

    a livelli di eccellenza. Ora però per guardare al futu-

    ro occorre un ulteriore salto di qualità, pianificando

    attentamente le attività da compiere nei prossimi

    dieci anni. Dobbiamo diventare non più il migliore

    tra i gruppi, ma un qualcosa di unico che altrove

    non si trova. Ieri ero ad Assisi ed era pieno di gente

    per vedere San Francesco e, più in generale, un

    qualcosa che è profondamente radicato in un tempo

    storico preciso. L’Italia ha chance enormi.

    Io non credo però che si possa vivere solo di turismo

    e la Grecia ce lo dovrebbe insegnare. Penso al turismo

    come ad un settore strettamente connesso alla cultura

    e conseguentemente alle attività della ricerca e della

    innovazione in ogni settore produttivo. In realtà è

    tutto il paese che dovrebbe ripensare il proprio siste-

    ma, in modo da proporre all’estero i propri prodotti e

    non solo l’idea dell’Italia e delle sue bellezze geografi-

    che e artistiche. Insomma, non si può vendere solo il

    turismo. D’altro canto ci invidiano in tutto il mondo

    un primato culturale, la capacità di essere all’avan-

    guardia nell’innovazione, la qualità della vita e da qui

    bisogna ripartire. Nel suo piccolo la nostra Associazio-

    ne può rappresentare una delle eccellenze del paese,

    ma su questo, come detto, occorre lavorare.

    In evidenza

    Musica bandiere e voci in Pieve

    Daniele Serboli

    enerdì 8 dicembre la Pieve di Arezzo è

    stata la cornice della terza edizione di

    “Musica bandiere e voci in Pieve”, ormai

    divenuta appuntamento fisso per la città.

    Assieme al Coro “Voceincanto”, diretto dalla

    Maestra Gianna Ghiori e alla sottolineatura del

    celebre organista Marco Rossi, gli Sbandieratori

    hanno regalato al numeroso pubblico accorso

    volteggi di bandiere e brani musicali ispirati sia

    alla cultura del territorio che al repertorio classico.

    V

  • PERSONAGGI LEGGENDARI

    10

    Roberto Ridolfi, per tutti il «Berto»

    La storia di uno dei primi e dei più rappresentativi Sbandieratori di Arezzo

    Sergio Rossi

    L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    oberto Ridolfi, per tutti “Il Berto”, potreb-

    be raccontarci tutta la storia della nostra

    Associazione. Si perché lui è proprio uno dei

    primi, uno dell’inizio dell’avventura. Era infatti fra

    gli otto – due per Quartiere – a rappresentare la

    Giostra del Saracino nella spedizione a Liverpool

    del 1960, in occasione della quale l’EPT inviò una

    delegazione della Città di Arezzo.

    Ed era con Omero Vezzali, Andrea Imparati,

    Franco Nencioli, Piero Patrussi con i quali entrò a

    far parte subito, del primo Gruppo di Sbandieratori

    che il Professor Dini stava costituendo.

    Roberto ha incontrato la sua futura moglie ad Har-

    rogate due anni dopo, nel 1962, durante la prima

    trasferta inglese del neonato Gruppo e sono rimasti

    “fulminati” a prima vista, reciprocamente. A voglia

    fraintendimenti linguistici – leggendario il “tomorrow”

    scambiato per “bel moro” – altro che Erasmus e globaliz-

    R In evidenza50 anni dai "Giuochi internazionali degli antichisports della bandiera" nel ricordo dei protagonisti

    Daniele Serboli

    i è svolta gio-

    vedì 16 novem-

    bre alle ore 21,

    presso il Teatro Vasaria-

    no, la conferenza “Le

    olimpiadi della bandiera:

    50 anni dai giuochi in-

    ternazionali degli anti-

    chi sports della bandiera

    nel ricordo dei protago-

    nisti”, una serata rievo-

    cativa dell’anniversario

    dei grandi giochi che si tennero ad Arezzo nel luglio

    del 1967. Anche attraverso la visione di materiale

    filmato e fotografie in parte inedite, sono stati ricor-

    dati i momenti salienti di quell’evento che accese i

    riflettori sulla città e che vide la partecipazione di

    oltre 500 atleti provenienti da tutta Europa. Di

    fronte ad un nutrito e attento pubblico, composto

    non soltanto dai ragazzi dell’Associazione di ieri e di

    oggi, ma anche da una delegazione della FISB e da

    tanti vecchi amici arrivati da Bibbiena, Figline,

    Ascoli Piceno, Faenza e Firenze, sono intervenuti

    Sergio Rossi, Claudio Dini e Carlo Lobina, a cui va il

    merito di aver organizzato, assieme al nostro

    Presidente Giovanni Bonacci, questo evento dall’e-

    levato contenuto emotivo. La serata, che ha visto la

    partecipazione del Vicesindaco Gamurrini e il con-

    tributo, sempre puntuale, dell’ottimo Saverio Cresti-

    ni, è stato anche un bel modo per far conoscere ai

    più giovani le radici più profonde della nostra As-

    sociazione, nella convinzione che non possa esserci

    futuro senza la conoscenza della nostra storia.

    S

  • PERSONAGGI LEGGENDARI

    11L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    zazione. Fra il Berto, Colcitronese verace, e Rita, la

    giovane e bella ragazza di Albione, fu amore istan-

    taneo, tanto che lei lo seguì in Italia e se lo sposò.

    Roberto ha continuato a lanciare la sua bandiera nei

    cieli di tutto il mondo, diventando uno dei collabora-

    tori più stretti dei Direttori Tecnici, prima il Professor

    Vittorio Dini, poi Pasquale Livi. È stato per anni

    “maganziniere” titolare del Gruppo, incarico che ha

    ricoperto con scrupolo e precisione diventati prover-

    biali. Non è mai mancato a nessuna delle riunioni o as-

    semblee dell’Associazione…rimarcando ogni volta il

    suo voto di astensione alla approvazione del Bilancio

    Annuale di Esercizio. La sua vena “polemica”…attesa

    e puntualmente ripetuta, non ha fatto altro che confer-

    mare e ribadire la grande umanità, il grande cuore e la

    passione del Berto per gli Sbandieratori e tutti i ragaz-

    zi, più e meno giovani hanno apprezzato e compreso

    chi è il “Berto” ed hanno imparato a volergli bene

    davvero, considerandolo fino in fondo uno di loro,

    proprio lui, che in realtà è stato il primo di loro.

    In evidenza

    Il ricordo degli Sbandieratori defunti

    Romano Junior Vestrini

    mportante appuntamento per la nostra

    Associazione: domenica 1 Ottobre, nella

    Chiesa di Santa Maria della Pieve, è stata

    officiata da Don Alvaro Bardelli la S. Messa in

    ricordo di tutti coloro che hanno fatto parte

    dell’Associazione e che purtroppo ci hanno

    lasciato. La cerimonia, particolarmente sugge-

    stiva e carica di emozione, è diventata ormai un

    appuntamento consolidato nel tempo, con il

    quale si intende mantenere il legame con la

    memoria e con le famiglie di tutti coloro che

    hanno partecipato alla vita del Sodalizio e ai suoi

    quasi 60 anni di storia.

    I

  • GIOSTRA E DINTORNI

    12

    “È più facile essere artisti che artigiani”

    Intervista al maestro Francesco Conti, costruttore di Lance d’oro

    Simone Duranti, Riccardo «Flebo» Nardi

    L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    ntriamo nella bottega di Francesco Conti e ci sembra di essere piombati in un altro tempo, dove man

    mano che osserviamo, dietro un apparente disordine, scopriamo un intarsio del Seicento, poi una cornice

    barocca, un vecchio lavoro da terminare. Il caos di una bottega artigiana nella vecchia Colcitrone acquista

    pian piano un senso, una logica, un significato e ci accorgiamo che in qualsiasi punto appoggiamo lo sguardo c’è una

    storia, un lavoro fatto da mani esperte, un vissuto che Francesco non esita a raccontarci. Là dove la polvere si posa

    leggera tra vecchi e nuovi intarsi, dove l’artigiano riporta in vita e crea...

    Una tua presentazione e cenni sulla tua formazione:

    Sono nato nel 1948 e provengo dall’Olmo, ma posso defi-

    nirmi un uomo di città: tutta la mia vita comunque dentro

    le cinte murarie; 11 anni a Firenze e poi sempre nel centro

    storico di Arezzo. Ho frequentato le scuole professionali,

    interessato alla cultura della manualità e del lavoro: prima

    l’Istituto poi tre anni al Margaritone in oreficeria. Ho pro-

    seguito poi con intaglio e scultura lignea. Finita la scuola

    entrai in contatto con un aretino che lavorava in centro

    storico a Firenze e mi chiese se poteva interessarmi fare

    una prova in una ditta, visto che ero specializzato nella

    scultura lignea. Accettai e con timidezza entrai a bottega.

    Fui messo al banco e mi venne affidata una prima prova:

    arrotare le sgorbie, attrezzi da intaglio. Dopo di che venni

    testato in una cosa più complessa, la rifinitura di una

    scultura, di un putto, se ben ricordo.

    Il mio lavoro vero e proprio cominciò con il restauro di

    parti lignee provenienti dall’Abbazia di Montecassino. Con

    la ricostruzione del dopoguerra, venivano portati a Firenze

    nelle botteghe specializzate, i frammenti delle parti lignee.

    L’abilità consisteva proprio nel rimetterle insieme e in più

    di realizzare ex novo quell’80% che mancava e che era an-

    dato distrutto. Si trattò di una grandissima possibilità: è sta-

    ta una base esperienziale straordinaria. In più la bottega

    stessa era eccezionale: Bartolozzi e Maioli in Firenze…

    una realtà che aveva pochi eguali proprio per la sua collo-

    cazione in una città che significava Rinascimento e non

    solo, una delle vette artistiche mondiali. Il mio datore di

    lavoro, da artista qual era, mi spinse a frequentare i corsi di

    disegno all’Accademia: nudo e studio dell’anatomia… una

    base che mi è servita moltissimo. Partivamo con la realiz-

    zazione di modelli in creta, poi in gesso e infine scolpiva-

    mo il legno. A bottega sono stato undici anni: ho avuto

    Modo di conoscere persone utili e competenti, di eserci-

    tarmi con tante pratiche di restauro di opere che non si

    trovavano altrove. In seguito sono tornato ad Arezzo,

    aprendo la mia prima bottega in Via Mazzini 32. Nel 1979

    l’allora primo magistrato Mario Cantucci mi avvicinò, sa-

    pendo il mio mestiere, chiedendomi se fossi interessato a

    realizzare la Lancia d’oro della Giostra del Saracino. Io ov-

    viamente conoscevo la giostra ma non mi rendevo vera-

    mente conto di cosa fosse quel trofeo che poi andrò a

    scolpire per una vita. Dopo pochi giorni Cantucci mi por-

    tò alla sede di Porta Crucifera per farmi vedere le lance

    E

  • GIOSTRA E DINTORNI

    13L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    vinte ed esposte. Le vecchie lance venivano realizzate da

    falegnamerie dove si faceva un po’ di intaglio ma io non

    mi sono confrontato con i precedenti costruttori e ho la-

    vorato sempre in autonomia. Si trattava di lance ad uno

    stato molto semplice, che potremmo definire embrionale

    rispetto alla complessità delle realizzazioni posteriori. Mi

    pareva e mi pare tuttora sorprendente che una manifesta-

    zione che già all’epoca, siamo alla fine degli anni Settanta,

    aveva fama e risonanza, avesse come premio della vittoria

    dei manufatti così semplici. Le vecchie lance sono tutte

    molto simili l’una all’altra e soprattutto non hanno dediche

    o motivazioni. Da notare che, nonostante il nome “lancia

    d’oro”, quasi mai erano rivestite in oro e certamente non

    in oro zecchino, ma in foglia di oro falso e porporina. In

    questo senso sono stato io ad introdurre la prima vera lan-

    cia d’oro, realizzata appunto con la tecnica dell’applica-

    zione dell’oro zecchino in foglia. La questione della dora-

    tura riguarda buona parte dei materiali lignei che compon-

    gono le dotazioni dei figuranti, come gli scettri del maestro

    di campo e dei fanti del Comune che ho dorato io.

    La mia prima lancia, che fu vinta da Santo Spirito, non

    aveva un tema specifico e quando la consegnai ci fu sor-

    presa perché una forma e una colorazione così non si era

    mai vista in precedenza. Dall’anno successivo mi misi a

    pensare ad un tema, ad una dedica. Dovete immaginare

    che io non avevo nessun consulente e che di conseguenza

    facevo tutto da solo, sia per l'aspetto dell’ideazione che

    della costruzione. Pensai ai personaggi storici che erano le-

    gati ad Arezzo, che ci erano nati: Petrarca, Guido Monaco,

    Vasari e Michelangelo. Pensai a delle mura che rappresen-

    tassero il nostro passato di città medievale e ancor prima

    etrusca e di realizzare questi personaggi “attorcigliati” allo

    sviluppo della lancia. È da questo momento che per 10-15

    anni io ho dato in autonomia il tema alla lancia d’oro.

    Quindi di fatto l'Ente Giostra non ti imponeva un te-

    ma ma eri tu a pensarlo ed elaborarlo in autonomia…

    Io ricevevo la commissione della Lancia normalmente un

    mese prima e facevo tutto da solo dall’idea fino alla realiz-

    zazione completa. A questo proposito vorrei ricordarvi un

    aneddoto: nel 1982 si svolse una doppia edizione della

    Giostra e quindi mi vennero commissionate due Lance. Io

    presentai al Comune il bozzetto per la prima che pensai di

    dedicare a San Francesco. Giovanni Mastini, segretario del

    sindaco Ducci, accolse bene l'idea ma mi chiese che sa-

    rebbe stato bello dedicare l’altra Lancia ad una figura laica.

    Io mi misi a pensare e tornai da lui con la proposta di una

    Lancia per Garibaldi, dato che ricorreva il centenario della

    morte. Ovviamente ad un laico e ad un socialista la pro-

    posta dal sapore patriottico simboleggiata da Garibaldi

    piacque molto!

    In definitiva il concetto stesso di dedica non era un’esi-

    genza della manifestazione per la quale veniva proposto

    un trofeo. Fu soltanto il mio interesse artistico ad inserire

    personaggi scolpiti sul legno che determinarono questa

    che poi è diventata una tradizione della dedica. Dopo

    almeno 10 anni la Giostra si è dotata della presenza e della

    consulenza di uno storico come Luca Berti e da quel

    momento ho cominciato a ricevere dei temi e delle

    dediche prestabilite.

    Dopo aver fatto una quarantina di Lance d'oro, circa 20

    anni di lavoro, nel 1998 è stato deciso di affidare il

    bozzetto centrale della Lancia attraverso concorso. Io

    assieme al dottor Berti e ai rappresentanti dei quartieri

    facevamo parte della commissione giudicante. Dal disegno

    vincitore io poi realizzavo la Lancia nella sua interezza. Va

    specificato che il bozzetto riguarda soltanto il corpo cen-

    trale ma il resto della Lancia ha ugualmente bisogno di

    elementi decorativi. Quindi l'asta è comunque sempre

    stata conseguenza della mia creatività, in coerenza con il

    tema e lo spirito del corpo centrale. Tutto questo è ciò che

    abbiamo è che continua anche oggi.

    Una Lancia che reputo molto bella e alla quale sono molto

    affezionato è quella dedicata ai Maestri di Campo e che

    venne decisa dopo la morte di Centini nel 1987. Si tratta

    della Lancia che mi ha dato maggior suggestione perché

    Centini morì 15-20 giorni prima della giostra e io avevo già

    stabilito un altro soggetto. Il primo magistrato Spadini mi

    chiese a quel punto di realizzare una Lancia in onore del

    Maestro di Campo appena scomparso. A quel punto pen-

    sai di associarci le figure dei precedenti maestri di campo e

  • GIOSTRA E DINTORNI

    14 L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    to, al seicento fino alla parte sommitale astratta, contem-

    poranea.

    Quando ti è stato proposto di cominciare a realizzare

    le Lance tu non eri un quartierista o comunque una

    persona particolarmente legata alla Giostra…

    No, avevo imparato a conoscerla negli anni precedenti il

    mio incarico, ma non posso definirmi un “ammalato” di

    Giostra o comunque un quartierista. Posso dire che il Sa-

    racino ho cominciato a conoscerlo approfonditamente nel

    tempo, proprio occupandomi della realizzazione delle

    Lance d’oro. Sono entrato progressivamente dentro il lin-

    guaggio del Saracino e quel paio di mesi dall’incarico fino

    alla realizzazione finale mi vedono in “estasi” come San

    Francesco! Nonostante il mio atteggiamento piuttosto

    neutrale, reputo la Giostra una manifestazione straordina-

    ria, in grado di muovere gli animi e le passioni di tanti

    aretini…capisco il bisogno turistico di una città, ma il Sara-

    cino dev’essere soprattutto una cosa nostra, per gli aretini.

    devo dire che l'aspetto scenografico di questa lancia me la

    rende particolarmente cara e unica. Questa lancia la vinse

    Sant’Andrea, come quella del 1991 dedicata a Giovanni di

    messer Egidio da Celaia, che giudico particolarmente

    difficile e, credo, bella. La dedica riguardava il processo

    tenutosi ad Arezzo nel 1391 contro appunto Giovanni da

    Celaia, accusato di cospirazione anti fiorentina. In questo

    caso ho rappresentato nel corpo centrale La Cacciata dei

    diavoli da Arezzo, una delle ventotto scene del ciclo di

    affreschi delle Storie di San Francesco, realizzata da Giotto

    ad Assisi. In questo caso la città di Arezzo con le sue torri

    è scolpita nel corpo centrale mentre il volo dei diavoli

    occupa lo sviluppo nella parte superiore della Lancia.

    Una lancia molto celebrata è stata la 100ª, perché doveva

    recuperare proprio la memoria di tutte quelle precedenti.

    Si trattava di una delle tante lance d'oro dedicate a San

    Donato e per il fatto che rappresentava la numero 100

    decisi di creare nello sviluppo della Lancia 98 piccole lance

    intramezzate dalle bandiere del quartiere vincitore, la

    presenza di un drappo che simboleggiava la prima giostra

    del 1931 (nella quale non fu consegnato come trofeo una

    lancia ma appunto un drappo). A coloro che mi chiede-

    vano come mai fossero 98 piccole lance più il drappo per

    un totale di 99 io aggiungevo che la 100ª era fisicamente la

    Lancia stessa che stavano osservando!

    Ovviamente ci sono Lance fatte da bozzetto che ha par-

    tecipato al concorso di selezione che sono particolarmente

    belle e di valore.

    Comunque, indipendentemente dalla realizzazione

    del bozzetto, la costruzione materiale delle Lance

    d'oro è tua fin dal 1979…

    Sì, è sempre stato così fino all'anno scorso, quando per la

    Lancia che è stata portata al pontefice, per l'edizione stra-

    ordinaria della Giostra dedicata al Giubileo della Miseri-

    cordia, abbiamo collaborato io e l’artista Ivan Theimer. Il

    concorso da quest’anno è stato sospeso e la lancia viene

    commissionata ad artisti famosi e nel caso di quella affida-

    ta a Ugo Riva io mi sono limitato alla realizzazione del-

    l’asta. Adesso sto realizzando la Lancia per il Museo della

    Giostra che comprenderà vari simboli ed immagini legate

    al significato del Saracino: il buratto, i quartieri, i musici, gli

    sbandieratori i fanti del Comune…tutti gli elementi che

    caratterizzano questa manifestazione…oltre alla illustra-

    zione storica realizzata da Novarese. Sto cercando di fare

    uno sviluppo della Lancia che dalla parte bassa, salendo, si

    ispira ad epoche differenti in termini decorativi: dal trecen-

  • GIOSTRA E DINTORNI

    15L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    Tecnicamente, come ci si approccia al tuo mestiere?

    Come procedi nella realizzazione?

    Innanzitutto il materiale: utilizzo poco il noce, che tende a

    tarlare; si usa il pino cembro e prevalentemente il tiglio,

    ricordato anche nelle “Vitae” del Vasari come il legno per

    eccellenza delle sculture lignee del trecento, che tiene il

    colore e la doratura. Un legno che si lavora discretamente,

    che è compatto e tarla poco. Per tenere l’oro c’è bisogno

    di un legno morbido: il noce è troppo duro e la doratura

    salta. C’è una Lancia, vinta da Porta crucifera nel 2005,

    tutta in noce, dedicata al letterato Federigo Nomi, dove

    infatti la doratura è minima. Si parte da una sgrossatura

    iniziale e via via si affina la lavorazione. L’abilità necessaria

    nella scultura lignea è il sapersi fermare al momento giu-

    sto, riuscendo ad intuire il rispetto dei volumi. Anche l’asta

    è una vera e propria scultura perché non la fisso mai nella

    morsa ma la giro a tutto tondo sopra un banco. Vedrete

    delle lance che sono completamente “avvolte” e nel

    lavorarle le maneggio senza fissarle…è un rapporto molto

    fisico, va sentito, si deve essere tutt’uno con l’opera. Sono

    sempre partito da un’idea, che a volte cambia in parte

    durante il percorso di lavorazione. Dall’idea alla realizza-

    zione un mese mi è necessario. Oggi poi con la creazione

    di bozzetti per il corpo centrale elaborati da altri, devo

    essere in grado di armonizzarlo adeguatamente con il

    resto. Un’asta che reputo straordinaria è quella della Lan-

    cia del 2015 dedicata alla liberazione del campo di

    Auschwitz: un abbraccio e un vortice di colori che seguo-

    no una sorta di simbologia che afferma il senso di rinascita

    del rivedere la luce dopo la catastrofe. Tornando alla

    costruzione, la Lancia si compone di tre parti: un corpo

    centrale, la base dell’impugnatura e l’asta. Normalmente

    queste parti separate vengono innestate l’una sull’altra, an-

    che se ci sono state tre o quattro Lance realizzate da

    un’asta unica lunga tre metri e mezzo. Prima di me le Lan-

    ce avevano altezze variabili: adesso rispettano uno stan-

    dard di tre metri e mezzo. In definitiva, la Lancia è arte ma

    anche tecnica di lavorazione.

    Mi sembra il concetto di artigianato nella sua

    accezione più nobile…

    È più facile essere artisti che artigiani. L’arte e l’essere

    artisti è un concetto così vasto e labile… la vera difficoltà è

    essere artigiani. Tutti possiamo creare, possiamo immagi-

    narci un’opera a partire da un concetto, da una idea.

    L’essere capaci di realizzarla richiede delle competenze

    oggettive frutto di studio e applicazione tecnica.

    Ti è mai stato contestato un lavoro che invece tu

    apprezzavi particolarmente?

    Mah, nell’arte i giudizi sono talmente soggettivi che non

    ha molto senso il giudizio individuale. Posso solo dire che

    si tratta di un lavoro difficile. Ci sono elementi fissi,

    decorazioni che vanno sempre inserite, come una regola: il

    Comune, i quartieri e alternativamente la Madonna del

    Conforto e San Donato. Elementi molto piccoli che io

    realizzo sempre scolpiti e che, non potendo mancare,

    vanno armonizzati col resto dell’opera. Si tratta di un

    lavoro complesso, fatto anche di errori e ripensamenti, col

    rischio di arrivare a consegnare il lavoro finito giusto in

    tempo per la Giostra! Mi è addirittura successo di

    presentarmi in Comune per consegnare una Lancia

    mentre il corteo era già in movimento!

    Per concludere, il tuo rapporto con gli Sbandieratori…

    Siete un Gruppo importante, non soltanto per la Giostra:

    avete un grande ruolo e rappresentate l’immagine di

    Arezzo al di fuori della città. Inoltre sono un vostro

    tesserato e partecipo alla vostra cena annuale di fine anno.

    Ti chiedessero di fare una Lancia dedicata agli

    sbandieratori, come la realizzeresti?

    Certamente cercherei di riprodurre la fastosità dei vostri

    colori oltre ad un riferimento alla vostra araldica, al vostro

    simbolo. Ma visto che non siete solo colore ma anche

    suono, dovrebbero entrarci anche una simbologia di

    trombe e tamburi…

  • L’ANGOLO DEL CIRCOLO

    16

    Lorenzo Buracchi, Francesco Ricciarini

    L’ALFIERE - n. 4 - 2017

    opo le meritate vacanze estive e le fatiche

    per la preparazione della Giostra di Set-

    tembre, è ripartita con l’entusiasmo di sem-

    pre l’attività del Circolo. Tante le iniziative, tra

    novità e appuntamenti diventati ormai tradizionali.

    Ma vediamo nel dettaglio quanto è stato già fatto e

    quanto abbiamo in programma di realizzare per il

    2018. Il primo appuntamento ufficiale è stato

    sabato 28 ottobre con la consueta e imitatissima

    festa dell’Oktober Fest, a base di stinchi di maiale,

    polli e birra artigianale, alla quale hanno partecipato

    oltre 70 persone. Nei mesi di novembre e dicembre

    la sala «Enzo Bidini» si è riempita in occasione della

    proiezione della trilogia di Amici Miei, dei film

    “natalizi” e soprattutto delle ormai tradizionali tom-

    bole, l’ultima delle quali è in programma per la sera-

    ta del 5 gennaio, insieme all’arrivo della Befana. Per

    il 2018, assieme agli impegni consueti, come la

    serata dell’Epifania appunto e la festa di Carnevale, i

    ragazzi del Circolo hanno in programma moltissime

    novità, di cui tutti i soci potranno beneficiare ogni

    giovedì sera, dalle 21.00 in poi. L’obiettivo è infatti

    quello di offrire a tutti, giovani e meno giovani, un

    ulteriore momento fisso di ritrovo.

    Inoltre, dopo il successo ottenuto lo scorso anno,

    da gennaio inizieranno i tornei a coppie di carte,

    biliardo e calcio balilla. Le iscrizioni sono già aperte,

    accorrete, come sempre, numerosi.

    D

    www.sbandieratori.arezzo.it #SbandieratoriArezzo SbandieratoriArezzoSbandieratori di Arezzo

    Tante iniziative e occasioni di aggregazione

    I ragazzi del circolo propongono attività per tutti i gusti, all’insegna del divertimento

    Notizie dal Consiglio

    Grazie a G. Romanelli, bentornato a S. Rossi

    Marco Donati

    l Consiglio di Amministrazione dell'Asso-

    ciazione Sbandieratori di Arezzo ha ap-

    provato in data 02.10.17 la surrogazione

    del consigliere Vicepresidente Giacomo Roma-

    nelli, dimissionario, e la convalida dell’elezione

    del consigliere surrogante Sergio Rossi, ai sensi

    dell'art. 15 dello statuto sociale.

    Il Consiglio ha inoltre deliberato, su proposta del

    Presidente, la nomina a Vicepresidenti di

    Pierfrancesco Pedone (con funzioni vicarie) e

    Carlo Lobina, mentre Sergio Rossi assume la

    carica di Segretario in luogo dello stesso

    Pierfrancesco Pedone; Carlo Lobina conserva

    anche la carica di Tesoriere.

    Il Consiglio intero ringrazia Giacomo Romanelli

    per il suo proficuo contributo, il coinvolgimento

    e la passione che hanno fatto di lui un validis-

    simo componente del Consiglio negli ultimi anni,

    augurandosi che la sua presenza e la sua preziosa

    collaborazione rimangano una risorsa importante

    per l'Associazione anche in futuro.

    Un caldo saluto

    di benvenuto nel

    Consiglio va a

    Sergio Rossi, ele-

    mento di grande

    valore per il

    Gruppo, attual-

    mente Direttore

    del nostro perio-

    dico "L'Alfiere".

    Il suo attacca-

    mento all'Associa-

    zione, la sua esperienza e la sue capacità saranno

    sicuramente un importante e preziosissimo con-

    tributo per il Direttivo.

    I

    III EDIZIONE: 22 APRILE 2018Nell’ambito di “Bicinfiera” (20-21-22 aprile),

    torna anche “L’Ardita”, con tre diversi percorsi:

    Gourmet (25 km), Classico (50 km) e L'Ardita (80 km)

    ISCRIZIONI GIÀ APERTE ON LINEwww.bicinfiera.it - 348.3435285 - [email protected]