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Poursuite - Alfredo Aceto

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Alfredo Aceto insegue la vita, la osserva, la studia, la cataloga, la archivia. È la vita delle piccole cose che scorrono e scappano via che lo interessa, la vita di ciò che apparentemente non ha alcun motivo per essere guardato e ricordato. Invece è proprio in quel fuori campo negletto che si annidano rivelazioni e segreti, una zona d’ombra senza messa in scena, dove l’esistenza non si deve mettere in costume o darsi diversa da quello che è. Non si aspetta di essere osservata e si mostra davvero, si dà semplicemente...

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Alfredo AcetoP o u r s u i t e

Dal 10 al 30 marzo 2009a cura di Olga Gambari

Poursuite a cura di Olga Gambari

Alfredo Aceto insegue la vita, la osserva, la studia, la cataloga, la ar-chivia. È la vita delle piccole cose che scorrono e scappano via che lo interessa, la vita di ciò che apparentemente non ha alcun motivo per essere guardato e ricordato. Invece è proprio in quel fuori campo negletto che si annidano rivelazioni e segreti, una zona d’ombra senza messa in scena, dove l’esistenza non si deve mettere in costume o dar-si diversa da quello che è. Non si aspetta di essere osservata e si mostra davvero, si dà semplicemente. Certo, bisogna saperla guardare, e que-sto è un dono che si possiede o non si possiede. Alfredo Aceto ce l’ha. È attratto istintivamente da quelle tracce minime che la quotidianità lascia, scie senza importanza in cui le persone si incarnano nelle loro identità anonime, nomi e facce della folla. Bisogna avere pazienza, fare appostamenti, aspettare, registrare, prendere appunti. È un alfabeto di segni minimali e trascurabili, una sorta di sottotesto che contiene la chiave di lettura per ciò che sta più in alto, in quei reami illuminati dai riflettori.

Questo giovanissimo artista torinese si colloca in una tradizione che fa dell’inseguimento un metodo, da Sophie Calle a Vito Acconci, in un territorio a cavallo tra arte e vita.Ci vuole lo sguardo di un artista e la sua rielaborazione dei dati per tra-sformare la vita in opera d’arte. Sono due dimensioni che all’orizzonte sovrappongono quasi perfettamente i loro profili.

Come un investigatore implacabile Aceto si apposta e guarda, in una sorta di spionaggio esistenziale. Appunti, fotografie, schizzi. I suoi ri-levamenti sono di natura razionale, utilizzano un linguaggio telegrafi-co e oggettivo. Ma ciò che emana dalle sue formalizzazioni possiede, in realtà, uno spirito molto diverso. Aceto rimescola la fotografia, la pittura e il disegno con componenti letterarie e poetiche, animando inventari secchi da cui poi, però, germinano sensazioni e suggestioni. Assomigliano a fragranze indefinite, che si alzano in volo verso lo spet-tatore, come riflessi di ciò che l’artista prova di fronte alla realtà che cataloga.

Sembra di entrare in una spirale di ricordi e aperture, storie che comin-ciano a partire da quei dati, come se fossero cartelle che contengono tutta documentata la vita di ognuno di quegli individui sconosciuti a cui si riferiscono. Una sorta di archivio borghesiano, che parte da scar-ne informazioni per risalire a ritratti personali pieni di dettagli, narrati-vi, in cui anche le sfumature, le manie, le particolarità sono registrate. Ci sono giorni in cui Alfredo si mette in strada, in un punto, e prende nota delle targhe delle auto che passano, via via che le vetture vanno e vengono. Dietro a ogni algido codice di riconoscimento c’è una per-sona, una storia, un vissuto fatto di parole, vicende, abitudini.Alfredo visualizza i suoi appostamenti stradali su carte, con al centro strisciate nere di varia materia e segno, dalla china all’acrilico, alla ver-nice. A lato scrive le targhe, in una sorta di grafico verticale che sembra un albero genealogico, e in effetti lo è, perché è il diagramma della vita che nelle ore del suo appostamento è scorsa in quella via. Dei suoi appostamenti a Lille in Francia ricorda :“Rilevavo le targhe per impre-gnarmi di quelle vie. Non vi era un turista e cosi rilevando questi nu-meri mi sono accaparrato di quel quartiere.”

Altri appostamenti li ha fatti rilevando cosa la gente di Lille buttava via il mercoledì sera. Una tardizione locale. Oggetti di tutti i tipi, alcuni an-cora utili, ma che in certe case, per alcune famiglie non servivano più, erano diventate inutili. Anche in questo caso, a saper guardare oltre il secco dato, si riesce a leggere il ritratto al tempo stesso pubblico e intimo di una persona, di un nucleo. Sono i detriti, le sbavature senza importanza, e in prima battuta senza senso, che fanno filtrare la verità, quella che a volte sfugge all’evidenza più ufficiale e manifesta.

Un’altra indagine Aceto l’ha svolta nella casa di una signora, nell’otto-bre del 2008. Madame Celine Gerard era morta il giorno prima, viveva a Menton, all’indirizzo 31 Rue de la Cote. Altro non si sa. Poi però leg-giamo un resoconto dell’artista stesso, dove racconta i passi fatti in casa di Madame Celine, gli oggetti e gli arredi incontrati. Un lavandino, il tavolo della cucina, il letto, il crocefisso al muro. E lì, da queste altre minime tracce, la sua vita viene fuori, come un romanzo. In qualche modo Alfredo è uno scrittore, che usa la penna per rilevare i suoi dati, per raccogliere il suo materiale artistico. Poi lo compone e formalizza in vari modi, ma alla fine il risultato è una narrazione, sono racconti, poesie.

In un altro lavoro l’artista ha pedinato un suo vicino di casa a Mouvaux nell’estate del 2008. “Davanti alla mia finestra della camera da letto, nella casa di fronte, viveva un signore che la mattina spiavo dall’in-terno di un’ automobile parcheggiata” dice. Ne è nato un’installazione composta da sette trittici. Prima di tutto c’è lo scatto, una fotografia ogni mattina, immagini quasi identiche scandite in sette giorni. Una settimana di vita altrui e propria che si intersecano. Poi a fianco si apre un colore, una sfumatura in acrilico e pigmenti su carta.

Sette campiture per imprimere quello che era e poteva essere lo stato d’animo di quei momenti, di quelle mattine, comprendendo contem-poraneamente l’osservato e l’osservatore. Una coesistenza osmotica di ruoli. E infine il terzo dettaglio, il menù che ogni giorno l’artista con-sumava nella casa dove era ospite. Sette elenchi battuti a macchina. “Sabato 19 Luglio- Arrivo. Insalata verde, pollo arrosto, patatine fritte, acqua minerale. Tovaglia azzurra, piatti e bicchieri di ceramica neri, po-sate in argento. Tavolo preparato in giardino sotto un grande albero – CIELO SERENO” recita per il primo giorno. L’incipit. Il menù generale era stato consegnato dalla padrona di casa al suo giovane pensionante all’inizio della settimana di soggiorno, specificato giorno per giorno. Attraverso l’elencazione del cibo preparato e consumato quotidiana-mente, insieme alla descrizione del luogo dove è stato consumato, in giardino o in cucina, e a una nota sul tempo meteorologico, ci tro-viamo calati in un’intimità profonda. Siamo completamente dentro al vissuto e allo sguardo soggettivo dell’artista, che osserva e pedina lo sconosciuto che abita di fronte. Alla fine anche noi lo stiamo spiando, siamo nell’abitacolo dell’automobile.

In questo lavoro l’identità contaminata tra arte e vita è totale, uno scambio in cui anche lo spettatore entra, e partecipa. L’artista si mette sulle tracce del reale, e noi, invece, sulle sue, in una circolarità di in-seguimenti, in cui il confine tra chi guarda e chi è osservato diventa permeabile. Si prende consapevolezza che la vita di ognuno di noi rap-presenta un’opera d’arte unica e irripetibile e merita di essere notata e raccontata, oltre che vissuta. Comunque sia.

Poursuite présentée par Olga Gambari

Alfredo Aceto poursuit la vie, l’observe, l’étudie, la catalogue et l’archi-ve. C’est la vie des petites choses qui passent et qui partent qui l’inté-ressent, la vie de ce qui n’a apparemment aucune motivation d’être regardé ni souvenu.  Mais c’est justement dans cet espace oublié qui se cachent révélations et secrets, dans une zone obscure sans mise en scène où l’existence ne doit pas se déguiser ou se montrer diffé-rente de ce qu’elle est. Elle ne s’attend pas à être observée et elle se montre réellement, se dévoile tout simplement. Certes, il faut savoir la regarder, et c’ est un don que l’on possède ou pas et Alfredo Aceto le possède.  Il est attiré instinctivement par ces traces minimales que le quotidien laisse, marques sans importance dans lesquelles les person-nes s’incarnent dans leurs identités anonymes, noms et visages dans la foule. Il faut etre patients,  attendre pour espionner, enregistrer, pren-dre des notes.

C’est un alphabet de signes minimaux et négligeables, une sorte de sous-titrage contenant la clef de lecture pour comprendre ce qu’il y a au dessus de tout, dans ce royaume éclairé par des réflecteurs. Ce jeu-ne artiste turinois se place dans une tradition qui fait de la poursuite une méthode, de Sophie Calle à Vito Acconci, dans un territoire entre art et vie. Le regard d’un artiste et sa réélaboration des données sont nécessaires pour transformer la vie en œuvre d’art. Ce sont deux di-mensions qui à l’horizon superposent quasi parfaitement leurs profils.  Comme un implacable investigateur, Aceto se place et regarde, dans

une sorte d’espionnage existentiel. Notes, photographies, esquisses. Ses relevés   sont de nature rationnelle, utilisant un langage télégra-phique et objectif. Mais ce qui ressort de ses formulations possède, en réalité, un esprit très différent. Aceto mélange la photographie, la peinture et le dessin avec des composantes littéraires et poétiques, donnant vie à de rapides inventaires d’où naissent, ensuite, sensations et suggestions. Elles ressemblent a fragrances indéfinies qui s’envolent vers le spectateur, comme des reflets de ce que l’artiste éprouve face a la réalité qu’il catalogue.

Il nous semble de pénétrer dans une spirale de souvenirs et d’ouvertu-res, d’histoires qui commencent à partir de ces données, comme des fichiers contenants la vie très documentée de chacun de ces indivi-dus inconnus auxquels elles se réfèrent. Une sorte d’archive partant de pauvres renseignements pour en déduire des portraits personnels riches  en détails, narratifs où même les nuances,  les manies, les par-ticularités sont enregistrées. Parfois, Afredo va dans la rue et note les chiffres  des différentes  plaques d’immatriculation des voitures, pen-dant que ces véhicules se garent et puis repartent.  Derrière tout code d’identification il y a une personne, une histoire, un vécu qui se pré-sente par le biais de mots, événements, couleurs de cheveux.  Aceto présente ses emplacements sur du papier, avec au centre des bandes noires de différentes matières et de différents traits, à partir de l’encre de chine jusqu’au vernis.  A’ côté des bandes, il écrit les différentes pla-ques.

Dans une sorte de graphique vertical qui ressemble tant à un arbre généalogique, et en effet, c’en est un, puisque c’est le diagramme de la vie qui s’est déroulée pendant son emplacement dans cette rue.

De ses emplacements à Lille il dit: « Je relevais les plaques d’immatri-culation pour m’imprégner de ces rues. Il n’y avait aucun touriste, donc en relevant ces chiffres je me suis emparé de ce quartier  ». D’autres attentes impatientes, il les a réalisés en relevant ce que les riverains du quartier jetaient dans la rue le mercredi soir. Objets de toute sorte, cer-tains d’entre eux encore utiles, mais qui dans certaines maisons ne ser-vent plus. A nouveau, savoir aller au delà d’une simple donnée permet de lire le portrait aussi bien publique qu’ intime d’une personne, d’une famille. Ce sont les détritus, les bavures sans aucun sens apparent qui filtrent la réalité, celle qui souvent échappe à l’évidence plus officielle. Aceto a réalisé une autre enquête dans la maison d’une dame en d’oc-tobre 2008.

Madame Céline Gérard était morte la veille, elle vivait à Menton, 31 Rue de la Côte. On sait rien d’autre. Mais ensuite,   on lit un compte rendu de l’artiste même, où il raconte les sensations éprouvées dans la maison de madame Céline, les objets qu’il a rencontrés. Un lavabo, la table de la cuisine, le lit, le Christ sur le mur. Et c’est par ces traces que sa vie ressort, comme un roman. Alfredo est d’une certaine façon un écrivain qui utilise surement la plume pour ses relevés, pour collec-tionner son matériel artistique. Ensuite, il le compose et le formalise de différentes façons. Mais à la fin, le résultat est une narration, ce sont des récits, des poésies.

Dans un autre travail encore, l’artiste a poursuivi un de ses voisins à Mouvaux pendant l’été 2008.  «  Devant la fenêtré, dans la maison d’en face, vivait un monsieur que j’espionnais le matin d’une voiture garée », affirme l’artiste. Delà est né un travail composé de sept trip-tyques. Avant tout il y a les photos, prises chaque matin, quasiment

identiques pendant sept jours. Une semaine de vie propre et d’autrui qui se mêlent. Ensuite, juste à côté se présente une couleur, un dé-gradé en acrylique et en pigments sur du papier pour représenter un état d’âme, celui du personnage observé et celui de l’observateur. Un échange osmotique de rôles. Et enfin le troisième détail, le menu que chaque jour l’artiste consommait dans la maison où il était accueil-li. «  Samedi 19 juillet – arrivée. Salade verte, poulet rôti, frites,  eau minérale. Nappe bleu ciel, assiettes et verres en céramique noire, cou-verts en argent. Table préparée dans le jardin sous un grand arbre – CIEL DEGAGE’.» affirme-t-il pour le premier jour.

L’incipit. Le menu général divisé jour par jour avait été donné par la maitresse de maison à son jeune invité dès le début du séjour. Par l’énumération des aliments préparés et consommés quotidiennement, par la description du lieu où le repas a été consommé, dans le jardin ou dans la cuisine et par une note sur les conditions météorologiques, nous nous trouvons immergé dans une profonde intimité. Nous som-mes complètement dans le vécu et dans le regard subjectif de l’artiste qui observe et poursuit l’inconnu qui habite face à lui. A la fin, nous aussi, nous sommes en train de l’espionner, nous sommes dans l’ha-bitacle de la voiture. Dans ce travail, l’identité contaminée entre art et vie est totale, un échange où le spectateur même rentre et participe. L’artiste se met sur les traces du réel et nous, nous nous mettons sur les siennes dans un cercle de poursuites  où la frontière entre celui qui regarde et celui qui est observé devient perméable.

On devient conscient que la vie de chacun de nous est une œuvre d’art unique et irrépétible et mérite de capturer notre attention, d’être  ra-contée  et non seulement vécue. Quelle qu’elle soit.

Mostre2004 a 2008 Bessans: Ateliers d’artistes internationnaux – Bessans (France)

2006 Torino : terzo premio Concorso Marziano Bernardi, premiazione alla GAM di Torino

2006 - Torino: personale “Arte in ogni dove” - coordinata da Luciano Cappellari e curata da Rosanna Greco

2007 Torino: personale “Pripyat”- Studio Laboratorio di Anna Virando - curata dal Prof Francesco Preverino

2008 Nizza: personale “Talking”, Tra la terra e il cielo

2008 Milano: personale “Pripyat II” – Spazio Tadini – curata da Susanna Mus-ton ed organizzata da Emanuele Norsa – conferenza con l’artista

2008: Fondazione d’Ars – “L’energia della parola” organizzata da Grazia Chiesa

2009 Torino: personale Galleria Allegretti Contemporanea curata da Olga Gambari e coordinata da Celso Zappalà

2009 Caserta: mostra “I Ricordanti” , Museo d’Arte Contemporanea pressola Filanda dei Cipressi del Real Belvedere di San Leucio. A cura di MassimoSgroi

Allegretti ContemporaneaPalazzo Bertalazone di San Fermo XVII sec.Via San Francesco d’Assisi n.1410122 TorinoTel. +39 011.5069646

[email protected]

Progetto grafico e impaginazioneAndrea [email protected]

RingraziamentiSi ringraziano tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione della mostra, in particolare:

Alessandro Baro Andrea MarteElisa ChiantarettoAlessandro PampanoniAndrea SossoCelso ZappalàLycée Jean Giono TurinHilaire MultonOlga GambariVéronique Vouland-AneiniRoberto AllegrettiTuri RapisardaAES, Ferrofino, Romanetto

Dedicato a Giovanni Saracco

CENTRE CULTUREL FRANÇAIS DE TURIN