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FEDERICA PERUZZO PIETRO CASOLA EDITORE DI LIBRI LITURGICI AMBROSIANI NEL QUATTROCENTO 1. Ecclesiastici editori nel Quattrocento milanese Giovanni Antonio Sassi, nella Historia literario-typographica Mediolanensis, tratteggia all’anno 1490 un breve ritratto dell’Ordinario del Duomo Pietro Casola, mettendone in risalto il merito maggiore: «Petrus Casola, vir probitate et doctrina per haec tempora clarus, illustrandae rei Ecclesiasticae, quae ad Ambrosianam Ecclesiam pertinebant, animum, curamque omnem impendit, Divinique Officii tam nocturni, quam diurni, Ordinem, quem Breviarium appellant, iuxta morem S. Ambrosii, grandiori primum forma, dein etiam exiliori charactere impressum hoc anno vulgavit». 1 Prima di lui, già Possevino, 2 Puricelli 3 e Picinelli 4 lo avevano ricordato come benemerito nei confronti della liturgia ambrosiana. La fama del canonico è legata ad un impegno nel campo editoriale unico nel suo genere, animato dal proposito di restituire lustro alle celebrazioni della Chiesa milanese e di mettere a disposizione del clero strumenti adeguati allo svolgimento delle celebrazioni. Nell’arco di un decennio (1490-1499) Pietro Casola curò personalmente la revisione dei testi del Breviario ambrosiano, finanziandone due edizioni, apparse nel 1490 (Milano, Zarotto: IGI 2067; GW 5251) e nel 1492 (Milano, Zarotto: IGI 2068; GW 5252), 5 che differiscono quasi esclusivamente per Pubblicato a stampa in «Italia medioevale e umanistica», XLVI (2005), pp. 149-206. Ringrazio il dott. Fausto Ruggeri, della Biblioteca del Capitolo Metropolitano di Milano, mons. Marco Navoni e il dott. Marco Petoletti, cui devo la segnalazione degli esemplari del Breviarium presso l’Archivio Storico Diocesano e la Biblioteca di S. Ambrogio. La presente ricerca è stata compiuta grazie a una borsa di studio della Fondazione Confalonieri di Milano. 1 G.A. SASSI, Historia literario-typographica Mediolanensis, in F. ARGELATI, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani, in Aedibus Palatinis, 1745, vol. I/1 col. 315. Con le espressioni grandiori [...] forma e exiliori charactere il Sassi sembra suggerire che l’edizione del Breviarium ambrosianum curata da Pietro Casola nel 1490 sia apparsa in due diversi formati. In realtà si tratta di due edizioni diverse. La prima, in folio, fu effettivamente stampata nel 1490: Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia (= IGI), Roma, Libreria dello Stato, 1943 («Ministero dell’educazione nazionale. Indici e cataloghi. Nuova serie», I), vol. I num. 2067; Gesamtkatalog der Wiegendrucke (= GW), Leipzig, K. W. Hiersemann, 1932, vol. V num. 5251. La seconda, in 8°, fu stampata invece nel 1492 (IGI 2068; GW 5252). L’errore si ripete anche nel Catalogus librorum qui Mediolani editi fuere ab anno MCCCCLXV usque ad MD, chronologica serie digestus, in ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. I/1 pp. 589-91, dove non è indicata l’edizione del 1492. Anche ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. I/2 coll. 335-36 non segnala questa edizione. 2 A. POSSEVINO, Apparatus sacer, Venetiis, apud Societatem Venetam, 1606, vol. III p. 45. 3 I.P. PURICELLI, De SS. Martyribus Nazario et Celso, ac Protasio et Gervasio, Mediolani sub Nerone caesis deque Basilicis in quibus eorum Corpora quiescunt historica dissertatio, rerum etiam urbanarum notitiae perutilis: quam brevitatis gratia Nazarianam nuncupari placeat, Mediolani, G.C. Malatesta, 1656, p. 256. 4 F. PICINELLI, Ateneo dei letterati milanesi, Milano, F. Vigone, 1670, p. 460. 5 Solamente il colophon dell’edizione apparsa nel 1492 porta l’indicazione «impensa Petri Casole presbyteri: et ordinarii mediolanensis». Non sembra da escludere un suo diretto contributo finanziario anche per il Breviario del 1490, la cui veste tipografica, come vedremo, fu certamente scelta dal Casola: A. GANDA, I primordi della tipografia milanese. Antonio Zarotto da Parma (1471-1507), presentaz. di L. BALSAMO, Firenze, Olschki, 1984, pp. 64, 176, 182.

Pietro Casola editore di libri liturgici ambrosiani nel Quattrocento milanese

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(pubblicato a stampa in "Italia medioevale e umanistica", XLVI (2005), p. 149-206

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FEDERICA PERUZZO

PIETRO CASOLA EDITORE DI LIBRI LITURGICI AMBROSIANI

NEL QUATTROCENTO

1. Ecclesiastici editori nel Quattrocento milanese Giovanni Antonio Sassi, nella Historia literario-typographica Mediolanensis,

tratteggia all’anno 1490 un breve ritratto dell’Ordinario del Duomo Pietro Casola, mettendone in risalto il merito maggiore: «Petrus Casola, vir probitate et doctrina per haec tempora clarus, illustrandae rei Ecclesiasticae, quae ad Ambrosianam Ecclesiam pertinebant, animum, curamque omnem impendit, Divinique Officii tam nocturni, quam diurni, Ordinem, quem Breviarium appellant, iuxta morem S. Ambrosii, grandiori primum forma, dein etiam exiliori charactere impressum hoc anno vulgavit».1 Prima di lui, già Possevino,2 Puricelli3 e Picinelli4 lo avevano ricordato come benemerito nei confronti della liturgia ambrosiana.

La fama del canonico è legata ad un impegno nel campo editoriale unico nel suo genere, animato dal proposito di restituire lustro alle celebrazioni della Chiesa milanese e di mettere a disposizione del clero strumenti adeguati allo svolgimento delle celebrazioni. Nell’arco di un decennio (1490-1499) Pietro Casola curò personalmente la revisione dei testi del Breviario ambrosiano, finanziandone due edizioni, apparse nel 1490 (Milano, Zarotto: IGI 2067; GW 5251) e nel 1492 (Milano, Zarotto: IGI 2068; GW 5252),5 che differiscono quasi esclusivamente per

Pubblicato a stampa in «Italia medioevale e umanistica», XLVI (2005), pp. 149-206. Ringrazio il dott. Fausto Ruggeri, della Biblioteca del Capitolo Metropolitano di Milano, mons. Marco Navoni e il dott. Marco Petoletti, cui devo la segnalazione degli esemplari del Breviarium presso l’Archivio Storico Diocesano e la Biblioteca di S. Ambrogio. La presente ricerca è stata compiuta grazie a una borsa di studio della Fondazione Confalonieri di Milano. 1 G.A. SASSI, Historia literario-typographica Mediolanensis, in F. ARGELATI, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani, in Aedibus Palatinis, 1745, vol. I/1 col. 315. Con le espressioni grandiori [...] forma e exiliori charactere il Sassi sembra suggerire che l’edizione del Breviarium ambrosianum curata da Pietro Casola nel 1490 sia apparsa in due diversi formati. In realtà si tratta di due edizioni diverse. La prima, in folio, fu effettivamente stampata nel 1490: Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia (= IGI), Roma, Libreria dello Stato, 1943 («Ministero dell’educazione nazionale. Indici e cataloghi. Nuova serie», I), vol. I num. 2067; Gesamtkatalog der Wiegendrucke (= GW), Leipzig, K. W. Hiersemann, 1932, vol. V num. 5251. La seconda, in 8°, fu stampata invece nel 1492 (IGI 2068; GW 5252). L’errore si ripete anche nel Catalogus librorum qui Mediolani editi fuere ab anno MCCCCLXV usque ad MD, chronologica serie digestus, in ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. I/1 pp. 589-91, dove non è indicata l’edizione del 1492. Anche ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. I/2 coll. 335-36 non segnala questa edizione. 2 A. POSSEVINO, Apparatus sacer, Venetiis, apud Societatem Venetam, 1606, vol. III p. 45. 3 I.P. PURICELLI, De SS. Martyribus Nazario et Celso, ac Protasio et Gervasio, Mediolani sub Nerone caesis deque Basilicis in quibus eorum Corpora quiescunt historica dissertatio, rerum etiam urbanarum notitiae perutilis: quam brevitatis gratia Nazarianam nuncupari placeat, Mediolani, G.C. Malatesta, 1656, p. 256. 4 F. PICINELLI, Ateneo dei letterati milanesi, Milano, F. Vigone, 1670, p. 460. 5 Solamente il colophon dell’edizione apparsa nel 1492 porta l’indicazione «impensa Petri Casole presbyteri: et ordinarii mediolanensis». Non sembra da escludere un suo diretto contributo finanziario anche per il Breviario del 1490, la cui veste tipografica, come vedremo, fu certamente scelta dal Casola: A. GANDA, I primordi della tipografia milanese. Antonio Zarotto da Parma (1471-1507), presentaz. di L. BALSAMO, Firenze, Olschki, 1984, pp. 64, 176, 182.

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formato; fece stampare a proprie spese le Litanie secondo l’ordine ambrogiano (1494);6 scrisse un interessante trattatello a commento della messa, il Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, apparso a stampa nel 1499.7 In un arco di tempo leggermente più ampio si collocano i numerosi manoscritti liturgici da lui compilati o commissionati, che per suo volere arricchirono le biblioteche del Capitolo Metropolitano e della Basilica di S. Ambrogio, presso le quali sono tuttora conservati.8

L’opera di Casola si inserisce nel vivace ambiente dell’editoria milanese, che aveva alle spalle una tradizione ormai ventennale. L’atteggiamento critico degli intellettuali operanti in città si esercitava sui testi classici, ma anche nello studio dei Padri della Chiesa, nei confronti della Sacra Scrittura e dei testi agiografici. In questo campo la pubblicazione del Sanctuarium di Bonino Mombrizio (Milano, prima del 14.IX.1478; IGI 6690)9 rappresenta una straordinaria novità, in un quadro generale in cui l’agiografia non sembra toccata dal fervore dell’umanesimo e appare sostanzialmente estranea a un rinnovamento di tipo storico-critico.10 Il Sanctuarium riunisce le biografie di 334 santi, disposte in ordine alfabetico, e le vite o passioni sono trascritte fedelmente dalle rispettive fonti, senza alcun intervento dell’editore.11 6 Litanie secondo l’ordine ambrogiano, Milano, Zarotto, 22 IV 1494: IGI 5758; Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum (= BMC), London, The British Museum, 1930, vol. VI p. 723; GANDA, I primordi, cit., pp. 64 e 186. 7 PETRUS CASOLA, Rationale cerimoniarum misse Ambrosiane, [Milano], Ambrosius de Caponago apud Alexandrum Minutianum, 18 VI 1499 (IGI 2543; GW 6157; BMC, VI, 791). 8 Per l’elenco dei manoscritti attribuibili alla sua iniziativa: S. ROSSI MINUTELLI, Casola (De Casolis), Pietro, in Dizionario Biografico degli Italiani (= DBI), Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1978, vol. XXI pp. 376-77. 9 SASSI, Historia, cit., p. 610. I due volumi furono stampati per la prima volta entro il 14 settembre 1478: E. CATTANEO, Istituzioni ecclesiastiche milanesi, in Storia di Milano, Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri, 1961, vol. IX p. 554; T. FOFFANO, Per la data dell’edizione del ‘Sanctuarium’ di Bonino Mombrizio, in «Italia medioevale e umanistica», a. XXII 1979, pp. 509-11; T. ROGLEDI

MANNI, La tipografia a Milano nel XV secolo, Firenze, Olschki, 1980 («Biblioteca di bibliografia italiana», 90), scheda 689; T. FOFFANO, Edizioni del XV secolo nella biblioteca dell’Università Cattolica di Milano, in «Aevum», a. LXVI 1992, p. 447, num. 30. Si veda anche B. MOMBRITIUS, Sanctuarium, seu vitae sanctorum, Hildesheim-New York, G. Olms, 1978, voll. I-II. 10 S. SPANÒ MARTINELLI, Italia fra il 1450 e il 1550, in Hagiographies. Histoire internationale de la littérature hagiographique latine et vernaculaire en Occident des origines à 1550, Turnhout, Brepols, 1996 (Corpus christianorum), vol. II pp. 70 e 79; EAD., Bonino Mombrizio e gli albori della scienza agiografica, in Erudizione e devozione. Le Raccolte di Vite dei santi in età moderna e contemporanea, a cura di G. LUONGO, Roma, Viella, 2000 (Sacro/santo N.S. 4), pp. 12-18. 11 ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/1 col. 940 menziona una versione del Sanctuarium in cui le vite non erano disposte in ordine alfabetico, ma seguendo la scansione dell’anno liturgico, a partire da s. Martino: l’esemplare, manoscritto, si trovava presso la Biblioteca degli Eremitani di S. Marco e l’Argelati lo giudicò coevo al Mombrizio, se non addirittura autografo. Si veda anche F. DOLBEAU, Les prologues des légendiers latins, in Les prologues médiévaux. Actes du Colloque international organisé par l’Academia Belgica et l’Ecole française de Rome avec le concours de la F.I.D.E.M. (Rome, 26-28 mars 1998), ed. J. HAMESSE, Turnhout, Brepols, 2000 («Textes et études du moyen âge», 15), pp. 385-86. La raccolta diventò anche fonte per compilazioni di epoca posteriore. Maria Antonietta Casagrande Mazzoli, vagliando criticamente le fonti utilizzate dai Bollandisti per l’edizione della Vita s. Bobonis (Acta sanctorum maii, V, ed. G. HENSCHENIUS- D. PAPEBROCHIUS, Parisiis et Romae, Victor Palmé, 1866, pp. 185-93), arriva all’indentificazione dei due manoscritti impiegati (Fulda, Aa 96, sec. XV ex.; Voghera, Archivio Storico Comunale, Culto, cart. 335, a. 1631) e riconosce in essi testi derivati dal Sanctuarium: M. A. CASAGRANDE MAZZOLI, La tradizione testuale della ‘Vita sancti Bobonis’, in Un santo pellegrino nell’Oltrepò pavese. Nel millenario di san Bovo. Convegno Nazionale di Studi. Voghera, Sala consiliare del Palazzo comunale, 16-17 maggio 1986, in «Annali di storia pavese», a. XVI-XVII 1988, pp. 21-26. Si veda anche D. RIGAUX, Par la

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Il Mombrizio del resto poteva vantare una notevole esperienza, maturata nel campo dell’insegnamento e di un’attività editoriale che abbraccia i settori più disparati.12 Particolarmente interessante per valutare il suo atteggiamento nei confronti del testo da pubblicare è il lavoro condotto intorno all’Elementarium di Papia: del vocabolario si ebbero quattro edizioni tra il 1476 e il 1496, di cui la prima stampata a Milano.13 Gli studi condotti da Violetta De Angelis in preparazione all’edizione critica dell’Elementarium hanno rilevato, oltre ad integrazioni costituite da citazioni di testi greci o di recente acquisizione, un intervento consistente da parte dell’editore milanese nelle sezioni dedicate alle lettere X e Y, H e I: tutte quelle iniziali, cioè, che coinvolgono termini greci entrati nell’uso latino e che prevedono l’aspirazione. Nel testo di Papia il Mombrizio poteva riscontrare confusione tra la lettera latina x e la χ greca. Un problema simile presentava la lettera y con la quale venivano traslitterate tutte le ι o υ iniziali, e talvolta anche φ. La profonda revisione operata, che si precisa da un’edizione alla successiva, rivela quindi un umanista interessato alle questioni ortografiche ed estremamente aggiornato sull’opera dei contemporanei, come testimonia la conoscenza del De orthographia di Giovanni Tortelli,14 apparso a stampa per la prima volta nel 1471 (Venezia, Nicolas Jenson: IGI 9681; Roma, Ulrich Han e Simone Cardella: IGI 9682).15

grace du pinceau. Canonisation et image aux derniers siècles du Moyen Age, in Santità, culti, agiografia. Temi e prospettive. Atti del I convegno di studio dell’Associazione italiana per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia, Roma, 24-26 ottobre 1996, a cura di S. BOESCH GAJANO, Roma, Viella, 1997, p. 278; SPANÒ MARTINELLI, Bonino Mombrizio, cit., pp. 13-18. 12 Il quadro più completo sull’attività di Bonino Mombrizio è offerto da SPANÒ MARTINELLI, Bonino Mombrizio, cit., pp. 3-18. Il Mombrizio nacque nel 1424, ma la sua città natale è discussa. A.P. FRUTAZ, Mombritius, in Dict. de spiritualité, Paris, Beauchesne, 1980, vol. X col. 1522 lo dice milanese, ma di famiglia proveniente da Montebretto, in Romagna, mentre la Spanò Martinelli è propensa a credere che egli sia nato proprio a Montebretto. Compì i propri studi a Ferrara, e si trasferì a Milano nel 1460, dove si dedicò all’insegnamento: SASSI, Historia, cit., coll. 148C-D ipotizza che egli abbia occupato la cattedra di lettere latine e greche in publico gymnasio, tra il 1481, quando forse subentrò al Filelfo, e il 1482, anno in cui probabilmente morì e gli succedette il Merula. SASSI, Historia, cit., coll. 146-53, 175; ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/1 coll. 939-41; E. GARIN, La cultura milanese nella seconda metà del XV secolo, in Storia di Milano, cit., vol. VI 1956 p. 571; MOMBRITIUS, Sanctuarium, cit., pp. XIII-XXIX; FRUTAZ, Mombritius, cit., col. 1522; SPANÒ

MARTINELLI, Bonino Mombrizio, cit., pp. 3-5. 13 Milano, Domenico da Vespolate, 12.XII,1476 (IGI 7204); Venezia, Andrea Sonetti, 30.VI.1485; Venezia, Teodoro Ragazzoni, 17.III.1491 (IGI 7206); Venezia, Filippo Pinzi, 19, IV.1496 (IGI 7207). 14 A. MANFREDI, L’‘Orthographia’ di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae VI. Collectanea in honorem Rev.mi Patris Leonardi E. Boyle, O.P. septuagesimum quintum annum feliciter complentis, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1998 («Studi e testi», 385), pp. 265-98. 15 V. DE ANGELIS, Ansie ortografiche d’autore e censure umanistiche: Papia e Bonino Mombricio, in Per una storia della grammatica in Europa. Atti del convegno. Milano, 11-12 settembre 2003, a cura di C. MILANI-R.B. FINAZZI, Milano, ISU Università Cattolica, 2004, pp. 121-42. Questa attenzione nei confronti di problemi ortografici non era generalizzata. Molto diversa è ad esempio la posizione espressa dal Bussi nella prefazione alla Bibbia apparsa nel 1471 (IGI 1636): «Etenim multo melius altero illorum modorum eiusmodi describi nomina arbitror quam quomodo vulgo describuntur. Nam littera y quae tantum Graeca est et nullibi recte potest in dictionis capite absque aspirationis nota exarari, qua ratione praeponatur non video. Sed de huiusmodi minutiis litteratores quidam certabunt et ii maxime qui sunt elementorum potius figurarum quam sensuum rationis studiosi»: G.A. BUSSI, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz prototipografi romani, a c. di M. MIGLIO, Milano, Il Polifilo, 1978 («Documenti sull’arte del libro», 12), p. 57.

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Se passiamo a considerare la Sacra Scrittura, la revisione dello Psalterium, in greco e latino, operata da Giovanni Crastone (IGI 8123)16 assume valore esemplare. Nell’epistola premessa all’edizione il Crastone si richiama all’autorità di s. Agostino, che nel De doctrina christiana riconobbe la necessità di rifarsi alle fonti originali e soprattutto di padroneggiare oltre alla lingua latina il greco e l’ebraico, in modo da poter ricorrere ad esse qualora il testo latino presentasse ambiguità.17 Egli dimostra poi che molte delle lezioni recepite non corrispondono all’autentica traduzione geronimiana, ma sono errori dovuti ad interventi successivi. Descrivendo più in dettaglio il proprio lavoro il Crastone afferma di aver corretto circa 70 luoghi ricorrendo alla versione greca, pur riconoscendo di non essere sempre stato in grado di intervenire e porta come esempio un versetto del salmo 101, nel quale individua un errore di lettura introdottosi nella tradizione, ma non sa stabilire in quale direzione esso sia avvenuto.18

Anche alcune raccolte di opere del santo patrono Ambrogio offrono informazioni interessanti sul metodo di lavoro seguito dai curatori, che rivelano attenzione filologica al testo pubblicato. L’edizione curata da Masello Venia in data compresa tra il 28 marzo 1476 e il 25 maggio 1477 (IGI 428, GW 1605)19 comprende l’Hexameron, il De Paradiso, il De Cain et Abel, lo spurio Sermo de Adae et de arbore interdicta, e si fonda parzialmente sul codice fatto allestire nel XII secolo dal prevosto di S. Ambrogio Martino Corbo (ora Archivio di S. Ambrogio M 31 e M 35).20 L’editore collazionò il testo del Corbo con un altro esemplare, forse il Monzese c-1/61, e completò grazie ad esso il testo del De Paradiso, mutilo alla fine.21 Di poco posteriori al Breviarium edito da Casola sono due edizioni successive, apparse il 18 dicembre 1490 (IGI 424, GW 1600)22 e il 1 febbraio 1491 (IGI 425, GW 1601),23 rispettivamente a cura di Giorgio Crivelli e di Stefano Dolcino. Spirito raffinato, il Crivelli fu sacerdote, ma non è nota la chiesa della quale fu titolare. Stando alla testimonianza dell’Argelati, affiancava alla padronanza della lingua latina, nella quale compose anche versi, la conoscenza del greco e Gaudenzio Merula gli attribuì una versione latina dell’Iliade, in versi, di cui non rimane però alcuna

16 Milano, Buono Accorsi, 20 IX 1481: ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 839. Per la biografia del Crastone: SASSI, Historia, cit., coll. 166E e 168-72; ARGELATI, Bibliotheca, cit., col. 2019A; GARIN, La cultura milanese, cit., pp. 568-69 e 572; L. GUALDO ROSA, Crastone (Crastoni, Craston, Crestone, Crestoni), Giovanni, in DBI, vol. XXX 1989 pp. 578-80. 17 Liber secundus, par. 34: AUGUSTINE, De Doctrina Christiana, ed. and translated by R.P.H. GREEN, Oxford, Clarendon Press, 2001 («Oxford Early Christian Texts»), p. 72. 18 SASSI, Historia, cit., pp. 481-82, num. XXVIII. Il Crastone spiega che nel passo controverso i testimoni latini presentano la lezione viduam, mentre i greci sono concordi nel leggere θηραν [sic pro θηρα], cioè praedam. Il Crastone ritiene che l’errore possa essere generato da uno scambio tra θ e χ, perché traduzione di vidua in greco è χήρα, ma non si risolve a scegliere tra le due lezioni. Non ho individuato il passo cui si riferisce l’osservazione del Crastone. 19 ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 62; GANDA, I primordi, cit., p. 137. 20 G. BILLANOVICH-M. FERRARI, La tradizione milanese delle opere di sant’Ambrogio, in Ambrosius episcopus. Atti del Congresso internazionale di studi ambrosiani nel XVI centenario della elevazione di sant’Ambrogio alla cattedra episcopale. Milano 2-7 dicembre 1974, a cura di G. LAZZATI, I, Milano, Vita e Pensiero, 1976, pp. 9-10, 13, 70-77. 21 BILLANOVICH -FERRARI, La tradizione, cit., pp. 69-70. 22 Leonhard Pachel: SASSI, Historia, cit., p. 587; CATTANEO, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 547; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 60. 23 Antonio Zarotto: SASSI, Historia, cit., p. 588; CATTANEO, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 547; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 61; GANDA, I primordi, cit., pp. 180-81.

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traccia.24 La sua prima prova fu l’edizione di s. Agostino, De Trinitate e Retractationes, insieme a s. Ilario, De Trinitate, Liber contra Constantium, Libri II ad Constantium, Liber contra Arianos vel Auxentium Mediolanensem e Liber de synodis, che apparve per i tipi di Leonhard Pachel in due emissioni, il 26 maggio e il 9 luglio 1489.25 Il volume è preceduto da un’epistola all’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi,26 che fornisce alcuni ragguagli sul lavoro compiuto dal Crivelli: egli afferma di aver trascritto le opere di s. Ilario di propria mano e di averle corrette per quanto possibile, data l’impossibilità di disporre di un altro esemplare; dichiara inoltre di aver deciso di non disporre le opere in ordine cronologico, ma di aver anteposto il De Trinitate, per la sua maggiore importanza.27 Per quanto riguarda invece il De Trinitate di Agostino, è ipotizzabile che il Crivelli, pur non menzionandole, abbia conosciuto l’edizione della stessa opera apparsa entro il 1474 a Strasburgo (IGI 1053, GW 2925) e quella stampata da Johann Amerbach nel 1489 (IGI 1054, GW 2926).28 L’anno seguente il Crivelli pubblicò le Epistole di s. Ambrogio, con il De sacramentis, De virginibus, De viduis, De cohortatione virginum et dedicatione templi a Iuliana structi, De institutione virginis ad Heusebium e De Helia et ieiunio e gli spuri De vocatione omnium gentium, Sermones, Orationes. In assenza di una prefazione ci soccorre il lungo colophon, che testimonia un attento esame della tradizione manoscritta. L’ordinamento delle epistole è stato mutato rispetto a quello tradizionale: «Digessimus sancti Ambrosii epistolas secundum ordinem qui nostro iudicio videbatur magis concinne positus».29 Egli agì probabilmente almeno in parte per propria iniziativa, tuttavia appare interessante il fatto che dichiari di aver trovato l’epistola ad Vercellensem ecclesiam posta dopo quella ad papam Syricium «in emendatioribus libris», affermazione che attesterebbe l’uso di un testimone perduto, in quanto nessun codice superstite contiene le due epistole in quest’ordine. La qualità del testo edito dal Crivelli varia secondo le parti, ma l’atteggiamento critico che dimostra rende la sua stampa un testimone di primaria importanza, sistematicamente libero da errori presenti invece nel codice del Corbo. Se per le epistole comprese nell’antica raccolta in 10 libri

24 Figlio di Francesco e Franceschina de Boschainis, morì nell’anno 1502: SASSI, Historia, cit., col. 321D; ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. I/2 col. 505-06 e vol. II/2 col. 1982. In BILLANOVICH-

FERRARI, La tradizione, cit., pp. 52-53 è segnalato un Γεώργιος Κρίβελλος, copista di uno Xilifino Vat. gr. 1289 e di un Quinto Calabro, Bruxelles 11400. L’identificazione dello stesso con il sacerdote milanese non è certa. 25 SASSI, Historia, cit. p. 585; BILLANOVICH- FERRARI, La tradizione, cit., pp. 52-53; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 502. Per i testi di s. Ilario è editio princeps. 26 C. MARCORA, Due fratelli arcivescovi di Milano: il Card. Giovanni (1484-1488) e Guidantonio Arcimboldi (1488-1497), in Memorie storiche della diocesi di Milano, IV, Milano 1957, pp. 288-467; N. RAPONI, Arcimboldi, Guidantonio, in DBI, cit., vol. III 1961 pp. 777-79; A. MAJO, Arcimboldi, Guidantonio († 1497), in Diz. della Chiesa Ambr., Milano, NED, 1987, vol. I pp. 244-45; F. SOMAINI, Un prelato lombardo del XV secolo. Il Card. Giovanni Arcimboldi vescovo di Novara, arcivescovo di Milano, 3 vol., Roma, Herder, 2003, in particolare pp. 3-248. 27 SASSI, Historia, cit., coll. 316E-317A, 319-21 riporta anche i versi posti dal Crivelli a chiusura dell’opera. L’epistola all’Arcimboldi è edita dallo stesso SASSI, cit. a p. 494-96, num. XXXVI. E’ significativo che l’interesse per l’argomento si accompagni in Crivelli all’attenzione per lo stile: s. Ilario viene opposto a Tommaso d’Aquino e agli esponenti della cosiddetta Schola Parisiensis, riconosciuti dottissimi ma «a nitore Latini sermonis, elegantiaque longe remotos, vel, ut verius dicam, incultos ac barbaros»: M. FERRARI, Il rilancio dei classici e dei Padri, in Lo spazio letterario del Medioevo. 1. Il Medioevo latino, Roma, Salerno, 1995, vol. III p. 454. 28 FERRARI, Il rilancio, cit., p. 454. 29 Il testo del colophon in BILLANOVICH -FERRARI, La tradizione, cit., p. 54.

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appare molto simile all’Ambr. I 71 sup. (il più antico testimone milanese completo delle epistole)30 e al codice del Corbo, il De obitu Theodosii rivela uno stacco dalla tradizione lombarda, come evidenti tracce di emendazioni per congettura.31

Poco più di un mese dopo apparve l’edizione curata da Stefano Dolcino,32 canonico di S. Maria alla Scala e allievo del Merula.33 Essa comprendeva le Epistole, compresa la spuria Ad Demetriadem, il De obitu Theodosii, il De obitu Valentiniani e lo pseudo-ambrosiano De vocatione omnium gentium. Il Dolcino si servì del manoscritto Ambr. F 114 sup., fatto eseguire sul modello della raccolta voluta dal Corbo dall’arcivescovo Francesco Pizolpasso, che lo postillò fittamente. Il Dolcino non si limitò a recepire passivamente il testo, ma intervenne con emendazioni che furono probabilmente il frutto di collazione con altri esemplari.34

Le edizioni di libri liturgici curate da Pietro Casola condividono questa

preoccupazione filologica. Tuttavia, nonostante in tempi recenti Enrico Cattaneo abbia ribadito l’importanza dell’opera del canonico, che testimonia «con le sue edizioni accurate (per quei tempi) e i suoi manoscritti, la tradizione liturgica ambrosiana alla fine del secolo XV»,35 l’attività editoriale di Casola è stata finora oggetto solamente di studi parziali, condotti principalmente per la stesura di tesi di laurea e rimasti inediti.36 Poco conosciuta è, del resto, anche la sua lunga vita, per la

30 BILLANOVICH- FERRARI, La tradizione, cit., pp. 43-46. 31 Ivi, La tradizione, cit., pp. 33, 53-59: per il De obitu Theodosii potrebbe essersi basato su un codice perduto. 32 CATTANEO, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 547; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 61 (IGI 425, GW 1601). La prefazione, indirizzata a Ludovico Maria Sforza è edita in SASSI, Historia, cit., pp. 501-02, num. XLII. Il Dolcino curò inoltre l’edizione dell’Astronomicon di Marco Manilio (IGI 6129) e dell’Historia persecutionum christianorum di Bonifacio Simonetta (IGI 9011): C. SANTORO, Gli inizi dell’arte della stampa a Milano, in Storia di Milano, cit., vol. VI 1956 p. 877; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 619 e 919. All’opera del Simonetta è premessa una lettera del Dolcino al vicario episcopale Giovanni Battista Ferro, pubblicata da SASSI, Historia, cit., pp. 504-05, num. XLV. 33 Nato a Cremona nel 1462, si trasferì a Milano dove fu allievo di Giorgio Merula e ottenne nel 1486 un canonicato nella chiesa milanese di S. Maria alla Scala, succedendo al defunto Michele di Oleggio. Insieme a Cristoforo de Camponibus stese il Necrologio della predetta chiesa. Morì il 13 ottobre 1508 e fu tumulato nella stessa chiesa: SASSI, Historia, cit., coll. 111, 240D, 291A, 307-16; ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/2 coll. 2109-10. Alla sua penna dobbiamo le Nuptiae Ducis Mediolani, pubblicate nel 1489 e alcune rime, edite dal sacerdote Francesco Tanzio Cornigero insieme a versi di Gasparo Visconti: ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., rispettivamente scheda 400 (IGI 3586, GW 9064), 1113 (IGI 10338) e 1114 (BMC, VI, 723). ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/2 col. 2110, ricorda un’epistola a Giovanni Tolentino apparsa tra le epistole di quest’ultimo, stampate a Milano nel 1511 (nel 1512 secondo Short-title catalogue of books printed in Italy and of italian books printed in other countries from 1465 to 1600 now in the British Museum, London, The Trustees of the British Museum, 1958, 674, alla voce Tollentinas, Johannes) e un epigramma in lode di Bernardino Corio nel libro dello stesso Corio, Utile dialogo amoroso (Alessandro Minuziano, 1502?: Le edizioni italiane del XVI secolo, IV, Roma, ICCU, 1996, num. 6472). Un suo poemetto intitolato Sirmio fu stampato nel 1502: S. MESCHINI, Uno storico umanista alla corte sforzesca. Biografia di Bernardino Corio, Milano, Vita e Pensiero, 1995 («Biblioteca di storia moderna e contemporanea», 8), p. 141 n. 199. Sulla chiesa di S. Maria alla Scala si veda: G. MARSILI RIETTI, Maria della Scala, chiesa di S., in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. III 1989 pp. 1954-56. 34 BILLANOVICH- FERRARI, La tradizione, cit., pp. 48-49 e 52. 35 CATTANEO, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 561. 36 M. S. BELLADA, Codici liturgici miniati a Milano (sec. XV-XVI): l’opera di Pietro Casola e i corali di S. Maria Rossa di Crescenzago, tesi di laurea, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, a.a. 1989-1990, rel. M. Ferrari; P. FUMAGALLI, Le litanie triduane milanesi e l’opera liturgica del

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quale punto di riferimento obbligato rimane la voce del Dizionario biografico degli italiani.37 Per cercare di definire più in dettaglio la biografia sarà necessario intraprendere nuove ricerche, prendendo in esame la documentazione conservata non solo nei principali archivi milanesi (Archivio di Stato, Archivio Storico Diocesano), ma anche negli archivi vaticani, nei quali possono trovarsi tracce del suo lungo soggiorno romano. L’impresa è stata avviata qualche anno fa da un gruppo di studio diretto da Giorgio Chittolini38 ed ha condotto alla pubblicazione di un cospicuo corpus di documenti relativi all’attività della Camera apostolica, che permettono già di fissare con maggiore precisione le date della permanenza di Casola in curia. Pertanto, in attesa di poter rivolgere la mia attenzione al materiale conservato presso gli archivi di Milano, ho raccolto i dati forniti dalla bibliografia disponibile e dalla scarsa documentazione conosciuta, integrandoli con le nuove acquisizioni.

2. L’inizio della carriera ecclesiastica di Casola e il soggiorno a Roma Pietro Casola nacque nel 1427 da un’antica famiglia milanese.39 Della sua

giovinezza e della sua formazione culturale non sappiamo nulla, ma dovette canonico Pietro Casola: manoscritti e stampe, tesi di laurea, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, rel. M. Ferrari, a.a. 1990-1991. 37 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., pp. 375-77. 38 Le linee direttrici dell’indagine sono esposte da G. CHITTOLINI, Premessa e C. BELLONI, Presentazione, in I Canonici delle principali collegiate in età sforzesca: fonti e repertori per la storia milanese, a cura di C. BELLONI et al., disponibile all’indirizzo http:\\www.rm.unina.it/Rivista1/canonici. 39 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375; M. NAVONI, Casola, Pietro (1427c.-1507), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II 1988 pp. 733-34. L’anno di nascita viene fissato sulla base di una notizia riguardante la data di morte, 6 novembre 1507, e nella quale si indica l’età del Casola (80 anni) a quell’epoca: E. MOTTA, Morti in Milano dal 1452 al 1552, in «Arch. st. lomb.», s. II, a. XVIII 1891, p. 273. SASSI, Historia, cit., col. 318 proponeva invece una data di nascita di poco posteriore al 1430, fondando la propria ipotesi su una frase della prefazione posta dal Casola in apertura del Rationale cerimoniarum Misse ambrosiane (IGI 2543), edito nel 1499: «advesperascente iam aetatis meae termino, utpote iuxta sententiam Psalmi octogesimi noni, qui vitam hominis in ipsis LXX annis constitutam esse voluit». Il nome della famiglia (Cazolis) è ricordato nella Matricula nobilium familiarum Mediolani: C. CASTIGLIONI, Gli Ordinari della Metropolitana attraverso i secoli, in Memorie storiche della diocesi di Milano, Milano 1954, vol. I p. 19; si veda anche G. GIULINI, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano, Milano, F. Colombo, 1855, vol. IV p. 45. I De Cazolis sono inoltre ricordati dal Fiamma tra i capitani e i valvassori, e un esponente della famiglia, Enrico, fu tra i delegati che si riunirono in S. Ambrogio il 4 aprile 1258 per stipulare la pace tra la nobiltà ed il popolo: GIULINI, Memorie, cit., vol. IV p. 104 e 518. La famiglia si schierò a favore dell’arcivescovo Ottone Visconti contro Castelseprio: GIULINI, Memorie, cit., vol. IV p. 686. Oltre al menzionato Enrico, il Fagnani ricorda altri illustri personaggi della medesima famiglia (Nobilium familiarum Mediolanensium Commenta, Bibl. Ambr. T 106 bis sup., vol. IV, f. 153r e T 163 sup., f. 196v): Filippo Casola fu tra coloro che raccolsero in un unico corpus gli Statuti municipali entrati in vigore nel 1351, Marco fu tra i cento eletti da Galeazzo Visconti nel 1381, perché si occupassero delle frodi sulle vettovaglie, e un Donato Casola, figlio di Lorenzo, è menzionato tra coloro che, eletti in loro rappresentanza dai cittadini di Porta Vercellese, giurarono fedeltà a Galeazzo Maria Sforza nel 1470. Un Filippo Casola, del fu Giacomo, di Reggio, è ricordato da C. SANTORO, Gli offici del comune di Milano e del dominio visconteo-sforzesco (1216-1515), Milano, A. Giuffré, 1968 («Archivio della Fondazione italiana per la storia amministrativa. Prima collana. Monografie, ricerche ausiliarie, opere strumentali», 7), p. 246, all’anno 1377, come consigliere di Galeazzo Visconti. Altri due personaggi della medesima famiglia sono registrati in C. SANTORO, Gli offici del dominio sforzesco (1450-1500), Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri [1948], rispettivamente p. 174 e 469: Giovanni, console di giustizia del Comune di Milano nel 1450, e Bartolomeo, cancelliere di Parma nel 1457, 1461, 1468.

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abbracciare presto la vita ecclesiastica.40 Nel marzo del 1452 fu nominato, per volontà dei patroni della cappella e con ratifica dell'abate di S. Simpliciano, cappellano della cappellania di S. Spirito e cinque piaghe di Cristo nella chiesa di S. Tommaso in Terramara e nell’agosto dello stesso anno i vicini e parrocchiani lo elessero rettore della chiesa di S. Vittore al Pozzo a Porta Ticinese.41

Una decina di anni dopo si trasferì a Roma, al servizio degli Sforza. La prima attestazione della sua presenza nella città papale proviene da una lettera inviata al duca di Milano da Agostino Rossi, oratore ducale presso il pontefice,42 in data 4 novembre 1465, nella quale si legge: «Ho mandato don Pietro Casola a parlare ad Ambroso da Cazago in presone, per inquisire da chi gli era dati gli avisi de li benefici che accadevano a vacare in quelle parti».43 Il Casola doveva però trovarsi presso la corte papale almeno dal 1461, perché in una supplica rivolta ai duchi di Milano, non datata, ma da collocare con ogni probabilità dopo il 1 maggio 1477, egli dichiara di trovarsi a Roma da ormai sedici anni, a servizio dello Stato di Milano.44 Il suo ruolo non è molto chiaro. Rossi Minutelli ipotizza che egli potesse svolgere mansioni di segretario della legazione milanese,45 possibilità da non escludere, ma finora priva di conferme documentarie. La lettera del Rossi suggerisce un incarico legato alla complessa diplomazia che operava per la gestione dei benefici di provvista apostolica.46 In 46 documenti camerali stilati durante il pontificato di Paolo II e Sisto IV47 tra il 15 gennaio 1466 e il 16 marzo 147848 Pietro Casola compare infatti nel

40 Nella lettera a Guidantonio Arcimboldi, posta in apertura dell'edizione del Breviario del 1490 (IGI 2067), il Casola dichiara di celebrare l'ufficio divino da più di quarant'anni, quindi la sua entrata nel clero deve essere anteriore al 1450: Breviarium ambrosianum, Milano, Zarotto, 1490 (nelle citazioni successive Breviarium ambrosianum 1490), f. VIIr, lin. 21; E. CATTANEO, Il Breviario ambrosiano. Note storiche ed illustrative, Milano, [s.n.], 1945, p. 298, lin. 23. 41 L’anno seguente, 1453, alla presenza di Davide de Lanteriis, vicario generale dell’arcivescovo Nicolò Amidano, Pietro Casola rende ragione dei benefici ecclesiastici di cui è investito, producendo la documentazione ad essi relativa: Milano, Archivio Storico Diocesano (= ASDMi), Atti di visita, Miscellanea città e pievi, XI, f. 548r; ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375; Visite pastorali di Milano (1423-1854), a cura di A. PALESTRA, Roma, Multigrafica editrice-Firenze, Monastero di Rosano, 1971 («Monumenta Italiae ecclesiastica. Visitationes», 1), p. 408. Per la chiesa di S. Tommaso: M. LANGMANN, Tomaso in terra amara, chiesa di S., in Diz. della Chiesa Ambr., cit., VI 1993 p. 3684. 42 MARCORA, Due fratelli arcivescovi, cit., p. 291. 43 M. ANSANI, «Curiales» lombardi nel secondo ‘400: appunti su carriere e benefici, in Roma capitale (1447-1527), a cura di S. GENSINI, [Roma], Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio centrale per i beni archivistici, 1994 («Pubblicazioni degli archivi di Stato. Saggi», 29), p. 464, n. 327. La lettera è conservata in Archivio Storico di Milano (=ASMi), Fondo Sforzesco, Carteggio, Potenze estere, 54. Si veda anche C. BELLONI, Francesco della Croce. Contributo alla storia della Chiesa Ambrosiana nel Quattrocento, Milano, NED, 1995 («Archivio ambrosiano», 71), p. 267, n. 141. Sul Rossi si vedano in particolare le pp. 266-67 e 268, n. 146 e su Ambrogio de Cazago, nipote di Francesco della Croce, pp. 265-69. 44 Per la datazione della supplica vedi n. 71. 45 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit. p. 375. 46 Sul meccanismo della provvista apostolica di benefici ecclesiastici e sulle complesse trattative messe in atto dai governi laici per controllare le nomine si veda: L. PROSDOCIMI, Il diritto ecclesiastico dello Stato di Milano dall'inizio della signoria viscontea al periodo tridentino (secc. XIII-XVI), Milano, Edizioni de ‘L’Arte’, 1941, in particolare alle p. 51-77. 47 Con il termine «documenti camerali» si indicano i documenti relativi alla provvista dei benefici ecclesiastici (Libri annatarum, Introitus et Exitus, Quitanciae...): G. CHITTOLINI, Premessa, in I canonici delle principali collegiate. I documenti relativi ai pontificati indicati sono editi in: Camera apostolica. Documenti relativi alle diocesi del Ducato di Milano (1458-1471). I «libri annatarum» di Pio II e Paolo II, a cura di M. ANSANI, Milano, Unicopli, 1994 («Materiali di storia ecclesiastica

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ruolo di procuratore di diversi membri del clero e di religiosi per il pagamento delle annate relative ai benefici di cui tali chierici o religiosi erano investiti nelle diocesi comprese nei territori del Ducato di Milano.49

Gli atti conservati dai Libri annatarum non permettono di delineare con maggiore precisione i suoi compiti presso la corte papale. Pietro Casola non ebbe probabilmente solo la funzione di procuratore, addetto al pagamento delle annate: in un documento del 25 giugno 1477 egli è qualificato con il titolo di sedis apostolice acolitus.50 I titoli che accompagnano il suo nome nei documenti permettono di conoscere i benefici che gli furono conferiti in questi anni nella città di Milano, nonostante egli continuasse a risiedere presso la curia. In due documenti datati 15 gennaio 1466 il Casola è detto semplicemente «presbiter lector Ecclesie Mediolanensis», mentre non si fa alcun cenno al suo legame con la chiesa di S. Vittore al Pozzo e con la cappellania di S. Spirito, delle quali era titolare dal 1452.51 Da un documento datato 26 febbraio apprendiamo che egli aveva rinunciato a un canonicato nella chiesa di Como conferitogli da papa Paolo II, dopo la morte del titolare Ambrogio Massoni.52 Come rettore della chiesa parrocchiale ad Puteum appare invece in un documento del 10 ottobre 1466 e in calce al medesimo atto è riportata una notizia secondo la quale il 30 maggio 1467 il Casola ottenne «absolutionem ab excomunicatione et cetera, cum reabilitacione ad cauthelam et cetera», ma non è noto a quali fatti si riferisca detto provvedimento.53 Il 25 luglio 1467 ricevette una quietanza, in ragione del versamento di 25 fiorini, a saldo

lombarda [secoli XIV-XVI]») e Camera apostolica. Documenti relativi alle diocesi del ducato di Milano (1471-1484). I «libri annatarum» di Sisto IV, a cura di C. BATTIONI, Milano, Unicopli, 1998 («Materiali di storia ecclesiastica lombarda [secoli XV-XVI]»), d’ora in poi, rispettivamente Camera apostolica (1458-1471) e Camera apostolica (1471-1484). 48 Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 181 (1465, giugno 16, ma il pagamento dell’annata, in cui intervenne Casola, fu effettuato il 31 ottobre 1468), num. 190 (1466, gennaio 15), num. 191 (1466, gennaio 15), num. 194 (1466, febbraio 26), num. 23 (1466, ottobre 10), num. 207 (1466, ottobre 31), num. 233 (1467, agosto 6), num. 243 (1468, marzo 29), num. 251 (1468, luglio 13), num. 314 (3 ottobre 1470) in nota, num. 321 (1470, ottobre 19), num. 339 (1471, marzo 5), num. 349 (1471, luglio 3), num. 351 (1471, luglio 23), num. 353 (1471, agosto 19); Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 2 (1471, settembre 18), num. 6 (1471, settembre 27), num. 8 (1471, ottobre 19), num. 25 (1472, aprile 27), num. 29 (1472, maggio 27), num. 34 (1472, dicembre 5), num. 36 (1473, marzo 29), num. 41 (1473, maggio 26), num. 43 (1473, giugno 12), num. 49 (1473, novembre 6), num. 67 in nota (1474, marzo 10, ma la cessione della cappellania da parte di Giacomo Antiquario, tramite il procuratore Pietro Casola, data al 22 dicembre 1473), num. 80 (1474, maggio 11), num. 81 (1474, maggio 11), num. 85 (1474, maggio 24), num. 88 (1474, giugno 15), num. 93 (1474, luglio 2), num. 665 in nota (1474, agosto 27), num. 108 (1475, febbraio 14), num. 109 (1475, febbraio 20), num. 113 (1475, maggio 3), num. 114 (1475, maggio 13), num. 675 in nota (1475, agosto 11), num. 131 (1475, ottobre 30), num. 132 (1475, ottobre 30), num. 153 (1476, luglio 26), num. 162 (1476, ottobre 29), num. 163 (1476, ottobre 29), num. 164 (1476, ottobre 30), num. 165 (1476, novembre 4), num. 166 (1476, novembre 4), num. 196 (1477, luglio 3), num. 244 (1478, marzo 16), num. 245 (1478, marzo 16). 49 Per l’istituto dell’annata si veda M. ANSANI, Cenni storici sulle annate, in Camera apostolica (1458-1471), cit., pp. 15-20. Ricordiamo che il Ducato di Milano si estendeva, a quell’epoca, anche in Piemonte, Emilia e Lunigiana: ANSANI, «Curiales», cit., p. 424. 50 Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 181, n. 4. 51 Ivi, num. 190 e 191. Il dato tuttavia è da ritenersi scarsamente indicativo, in quanto non si riscontra omogeneità nell’indicazione di tali titoli all’interno dei documenti. Come lettore è indicato anche in Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 143 (1476 marzo 2). 52 Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 194. 53 IVI., num. 203.

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dell'annata per la chiesa parrocchiale di S. Vittore di Corbetta.54 Il beneficio della prepositura di S. Vittore in Corbetta gli fu confermato da Bianca Maria Visconti in data 13 agosto 1467, mentre si trovava ancora in curia, ma egli non riuscì per un certo periodo a goderne appieno, come appare dal testo della già menzionata supplica rivolta ai duchi, nella quale afferma che il canonicato è occupato da un usurpatore.55 Infine, nel 1469, in data 23 ottobre, il Casola si impegnò al versamento dell’annata per il canonicato e la prebenda della chiesa di S. Maria de Vigazolo,56 in diocesi di Tortona, rimasta vacante per la promozione del titolare alla chiesa di Ventimiglia.57

La sua presenza a Roma è documentata ancora nel luglio e agosto 147158 e il 22 dicembre 1473, quando Iacopo Antiquario cedette nelle mani del pontefice, tramite il Casola, una cappellania sita presso l’altare di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Nicola di Arcola, in diocesi di Luni.59 Egli compare anche in quattro documenti dell’anno successivo.60

In due atti del 30 ottobre 1475 è ricordata la sua appartenenza al Capitolo canonicale della Basilica di S. Ambrogio in Milano.61 In una serie di documenti concernenti l’attività del Capitolo di S. Ambrogio, compresi tra il 5 febbraio 1482 e il 17 agosto 1507, anno della sua morte, Casola è menzionato come canonico «residente e prebendato», talora in funzione di sindaco e procuratore del Capitolo o della soprastanzieria e della sacrestia della stessa chiesa.62

Di poco posteriore all’ingresso fra i canonici di S. Ambrogio è quello nel Capitolo della Cattedrale milanese: benché il Catalogus Ordinariorum63 della Basilica metropolitana ricordi il suo nome solo nel 1478, egli fu eletto dopo il 27 gennaio 1476,64 come testimonia anche una lettera patente di Galeazzo Maria Sforza datata 13 novembre, conservata nel manoscritto Triv. 141;65 in essa si concede al Casola,

54 Ivi, num. 232. Per la chiesa di S. Vittore: G. COLOMBO-A. SPIRITI, Corbetta, in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II 1988 pp. 908-15, in particolare p. 909 e p. 915. 55 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375 e n. 44. 56 Oggi Viguzzolo (AL): D. OLIVIERI, Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia, Paideia, 1965, p. 370. 57 Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 284. 58 Con il titolo di prevosto di S. Vittore in Corbetta è menzionato in tre documenti datati 3 e 23 luglio 1471 e 19 agosto 1471: ivi, ni 349, 351 e 353. 59 Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 67, in nota. La diocesi di Luni faceva parte del Ducato di Milano: cfr. n. 49. Il documento avvalora l’ipotesi che il passaggio dell’Antiquario al servizio degli Sforza e il suo trasferimento a Milano sia avvenuto entro il 1473: E. BIGI, Antiquari (Antiquario, Antiquarius), Iacopo, in DBI, cit., vol. III 1961 pp. 470-72. 60 Ivi, num. 81 (1474, 11 maggio), num. 85 (1474, 24 maggio), num. 88 (1474, 15 giugno), num. 96 (1474, 24 settembre). 61 Ivi, ni 131 e 132; L. S. PANDOLFI, L'archivio di Sant'Ambrogio in Milano, in Ambrosiana. Scritti di storia, archeologia e arte pubblicati nel XVI centenario della nascita di Sant'Ambrogio, Milano, A. Faccioli, 1942, p. 247. 62 C. KUBLER, Ricerche sul capitolo della chiesa di S. Ambrogio maggiore nel XV sec., tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, a.a. 1992-93, rel. G. Chittolini, pp. 373-417, documenti num. 165-68, 171, 173/D-E, 174, 177/A, 178, 181/A-B, 182, 186-88, 199/A, 200, 206, 208, 209, 212/B, 213. E’ indicato come procuratore del capitolo nei documenti num. 174, 178, 199/A e come procuratore della soprastanzieria e sacrestia nei documenti num. 181/A-B, 182, 186, 187. Il suo nome non compare in documenti degli anni 1484, 1485, 1486, 1489, 1494-98, 1500, 1502, 1504-505. 63 CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 35. 64 I Canonici delle principali collegiate, alla voce Casolis de, Pietro. 65 Per il manoscritto Triv. 141 si vedano le note 93 e 192.

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subentrato come ordinario a Masetto Crivelli,66 il rinnovo di un contratto di affitto relativo ad un terreno della pieve di Arcisate, pertinente all'ordinaria.67 Il 2 marzo dello stesso anno il Casola si obbligò al pagamento dell’annata relativa al canonicato e alla prebenda ottenuti nella Cattedrale: dal testo della registrazione sembra di intuire che erano già intercorsi tra il Capitolo Metropolitano e il Casola accordi che gli garantivano il possesso di un canonicato in caso di morte di un Ordinario. Si conserva infatti memoria di un mandato emesso in data 17 agosto 1473 affinché il Casola comunicasse l’ammontare delle rendite del canonicato impetrato68 e pochi mesi prima egli era stato inviato a Roma dagli stessi Ordinari, con 112 ducati d’oro di camera, affinché sollecitasse la composizione di una vertenza in corso per la possessione di Borghetto Lodigiano.69

Il 1 maggio 1477 ottenne per provvista apostolica un canonicato nella chiesa milanese di S. Stefano in Brolo,70 vacante per la morte del titolare Ambrogio di Lomazzo. Sembra tuttavia che il Casola non abbia potuto godere subito neppure di questo beneficio, poiché nella stessa supplica ricordata a proposito della prepositura di S. Vittore in Corbetta, certamente posteriore al conferimento del canonicato in S. Stefano, egli lamenta che entrambi i canonicati siano occupati da due usurpatori, non idonei alla carica loro assegnata.71 Il successivo 25 maggio, il Casola, momentaneamente residente a Parma, dichiarò davanti a notaio «ad aeternam rei memoriam et ut veritas in aperto semper elucescat» che i duchi di Milano, ad istanza di un certo Olivo di Lomazzo, gli avevano ingiunto di rinunciare al canonicato e alla prebenda di S. Stefano a favore dello stesso Olivo, «licet alias iuste et canonice a Summo Pontifice obtinuerit canonicatum et prebendam ecclesie Sancti Steffani in Brolio Mediolanensis, qui vacaverant per obitum nunc quondam Ambrosii de Lomatio». Costretto da ripetute minacce, il Casola si piegò suo malgrado alle ingiunzioni dei signori, proponendosi di chiedere nuovamente giustizia in un momento più propizio.72 In data 25 giugno 1477 i Libri Annatarum di Sisto IV registrano l'obbligazione per il pagamento dell'annata relativa al beneficio di S. Stefano in Brolo,73 tuttavia l’opposizione del Lomazzo non dovette venir meno: nel resoconto della visita pastorale, compiuta il 29 marzo 1492 dall’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi nella chiesa di S. Stefano, Pietro Casola non è registrato tra

66 Tommaso Crivelli, figlio di Giovanni, fu Ordinario della Metropolitana dal 1443 e morì il 26 o 27 gennaio 1476; fu canonico di S. Nazaro in Brolo dal 2 dicembre 1423 al 28 settembre 1467 e impetrò a Roma la prepositura di S. Stefano in Brolo; l'opposizione ducale lo costrinse a rinunciare alla carica a favore del candidato sforzesco Martino Marliani: I Canonici delle principali collegiate, alla voce Crivellis de, Tommaso (Masetto). Deputato della Fabbrica del Duomo di Milano negli anni 1446-49, 1452, 1455-67, 1472 (Annali della Fabbrica del Duomo, Milano, Libreria editrice G. Brigola, 1877, vol. II pp. 103, 105, 112, 120, 143, 155, 161, 171, 179, 189, 196, 204, 213, 218, 232, 238, 249, 257, 275) è ricordato da CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 34, all'anno 1445. 67 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375. 68 Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 143. 69 BELLONI, Francesco della Croce, cit., p. 228, n. 10. 70 Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 195. Per la chiesa di S. Stefano in Brolo: P.B. CONTI- G. FIGINI, Stefano Maggiore, basilica di, in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. VI 1993 pp. 3558-61. 71 Il testo della supplica è trascritto in FUMAGALLI, Le litanie triduane, cit., p.117, num. 3/a. 72 Parma, Archivio di Stato, Notarile, Antonio Maria Paravani, 213, 1477 maggio 27: G. BATTIONI, La diocesi parmense durante l'episcopato di Sacramoro da Rimini (1476-1482), in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la Corte di Roma. Strutture e pratiche beneficiarie nel Ducato di Milano (1450-1515), a c. di G. CHITTOLINI, Napoli, Liguori, 1989 («Europa mediterranea. Quaderni», 4), p. 119. 73 Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 195.

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i canonici, mentre vi compare Olivo di Lomazzo, che dichiara «quod habet titulum sui canonicatus auctoritate apostolica».74

A partire dal 1478 la presenza di Casola a Roma si fa più sporadica: compare in due documenti del medesimo anno75 e infine in un atto del 19 settembre 1482.76 Data infatti a quegli anni il suo ritorno definitivo nella città di origine.

3. Il rientro di Pietro Casola a Milano l’inizio dell’attività editoriale

Rientrato a Milano, Casola fu coinvolto, tra il 1478 e il 1479, in una controversia con Girolamo Cazzaniga per il possesso della cappella di S. Maria de Cepis, adiacente a S. Vittore al Pozzo.77 Se ne conserva memoria nella copia di due epistole inviate il 3 agosto 1478 e il 17 febbraio 1479 da Cicco Simonetta all’Ordinario del Duomo Andrea Fagnano78 perché provveda a comporre la questione, con il consenso delle parti.79 Il Casola riuscì ad ottenere il possesso della cappella, succedendo al defunto titolare Cristoforo de Grassis e, in qualità di cappellano, presentò una supplica ai duchi Bona e Gian Galeazzo Maria Sforza. Dal testo del documento apprendiamo che la chiesa e la casa del canonico erano ridotte in pessimo stato e occupate da laici. Il canonico dichiarò di aver già sostenuto una spesa di L. 50 imperiali al fine di rimettere la cappella in condizione di essere officiata, tuttavia le scarse rendite della stessa ne rendevano impossibile il completo recupero. Il Casola propose allora di concedere la cappella al consorzio dei muratori, affinché essi vi potessero celebrare i loro uffici religiosi e tenervi le proprie adunanze. In cambio essi si sarebbero assunti l’onere del restauro e le spese per l’ufficiatura quotidiana.80

Pietro Casola fu anche chiamato, in quegli anni, a dirimere alcune controversie che coinvolgevano altri ecclesiastici: entro il 20 aprile 1479 ricevette da Sisto IV il compito di risolvere, insieme all’ordinario Gentilino Del Maino81 e a Sisinnio da Vimercate, prevosto della chiesa dei SS. Sisinnio, Martirio e Alessandro di Brivio, una causa pendente tra due aspiranti al priorato di S. Maria di Barro, nella diocesi di

74 Il testo del documento di visita è edito in MARCORA, Due fratelli arcivescovi, cit., pp. 394-99, num. 14. 75 Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 244 e num. 245, entrambi del 16 marzo. 76 Ivi, cit., num. 814, in nota. 77 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375. 78 Andrea Fagnano è ricordato tra gli ordinari a partire dal 1478: CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 35 e I Canonici delle principali collegiate, alla voce Fagnano de, Andrea. Dall’intestazione delle missive citate apprendiamo che era decretorum doctor. Fu inoltre Economo dell’Arcivescovato: MARCORA, Due fratelli arcivescovi, cit., p. 359; MESCHINI, Uno storico umanista, cit., pp. 58-59. 79 I due testi sono editi in FUMAGALLI, Le litanie triduane, cit., p. 119, num. 3/b. 80 La richiesta fu approvata il 31 maggio 1480: E. CATTANEO, La corporazione dei muratori e la chiesa di S. Maria de Ceppis, in Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana, X, Milano, NED, 1981 («Archivio ambrosiano», 42), pp. 165-67 e 172-74 per il testo del documento (Milano, Bibl. Ambr., Pergamene, 959). 81 Canonico di S. Ambrogio dal 4 maggio 1452, divenne ordinario della Metropolitana nel 1471 (la prima attestazione è del 21 febbraio) e nel 1484 risulta tra i canonici di S. Nazaro in Brolo (9 novembre): I Canonici delle principali collegiate, alla voce Maino del, Gentilino. Morì dopo il 19 luglio 1499, data in cui risulta ancora attestato tra i canonici di S. Ambrogio, e prima del 26 settembre 1500, quando Pietro de Borronis venne eletto suo successore nella cappellania dell’altare di S. Maria, nella basilica di S. Ambrogio: KUBLER, Ricerche, cit., pp. 405-07, documenti num. 201 e 203; CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 35 ricorda il Del Maino solamente all’anno 1475 e indica come data di morte il 1507.

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Novara.82 Del 1481 è invece un arbitramento di Pietro Casola e Gentilino Del Maino, entrambi canonici ordinari, riguardante i compiti e gli obblighi del cimiliarca della Metropolitana, che vengono precisati sulla base delle consuetudini della Chiesa milanese, in seguito ad una contesa sorta tra il cimiliarca stesso e il Capitolo Metropolitano.83 Il suo nome appare inoltre tra quelli dei Deputati della Fabbrica del Duomo negli anni 1481, 1492, 1496, 1502, 1503 e 1504.84

Gli anni milanesi sono legati indissolubilmente all’impegno profuso nell’ambito degli studi liturgici, a partire dalla monumentale edizione del Breviarium ambrosianum apparsa nel 1490 e riproposta a distanza di due anni in formato ridotto. Il 22 aprile 1494, prima di intraprendere un viaggio alla volta di Gerusalemme, licenziò una singolare edizione delle Litanie secondo l’ordine ambrogiano, in cui i testi latini usati durante la celebrazione delle Litanie triduane sono accompagnati, per la prima volta, da rubriche in volgare. Al suo ritorno, forte anche delle conoscenze sugli usi orientali apprese durante il pellegrinaggio,85 compilò il Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, nel quale indicò le norme che dovevano regolare la celebrazione della messa e ne commentò le diverse parti.

La documentazione finora edita lascia completamente in ombra i contatti che egli ebbe con intellettuali dell’epoca, sia durante il lungo soggiorno presso la curia pontificia, sia nella città di Milano. Rimane così oscuro il retroterra sul quale poté formarsi questa sua attitudine allo studio della liturgia ambrosiana, maturato certamente in relazione al suo stato ecclesiastico, ma condotto con un rigore e un’attenzione alle fonti che appaiono in una certa misura innovativi. Vale comunque la pena di ricordare che nel periodo in cui Casola soggiornò a Roma, la capitale pontificia visse una stagione felice dal punto di vista editoriale, simboleggiata in modo efficace dall’intensa collaborazione che Giovanni Andrea Bussi avviò con i tipografi tedeschi Sweynheym e Pannartz.86 Per quanto riguarda invece il periodo 82 Barro è frazione di Bognanco Novarese: D. OLIVIERI, Dizionario di toponomastica lombarda, Milano, Ceschina, 1961, p. 73. La controversia fu in realtà risolta dalla morte dei due contendenti: Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 310, in nota. 83 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375 e FUMAGALLI, Le litanie triduane, cit., p. 1; il testo dell'arbitramento è edito in FUMAGALLI, Le litanie triduane, cit., p. 108-112, num. 1 (ASMi, Fondo di religione, p.a., cart. 145, 1481 marzo 7). Nel testo è indicato solo il nome del cimiliarca in carica: Antonius, probabilmente da identificare con Antonio de Calvis, registrato come «ordinarius et cimiliarca» da CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 35 all’anno 1446. Secondo il Castiglioni il Calvi morì nel 1507. Più attendibili i dati che si ricavano da I Canonici delle principali collegiate, alla voce Calvis de, Antonio: figlio di Giovanni, Antonio Calvi sarebbe attestato come canonico e cimiliarca dall’11 dicembre 1452 e morì prima del 22 novembre 1483. Sulla figura e le mansioni del Cimiliarca: G. MONZIO COMPAGNONI, Cimiliarca, in Diz. di liturgia ambr., cit., p. 142-46. 84 Annali della Fabbrica del Duomo, cit., vol. III 1880 pp. 1, 73, 85, 119, 124, 127. 85 Si veda Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, Milano, Ambrogio de Caponago, 1499 (IGI 2543), f. b viii verso-c recto: «Subiectis igitur nonnullis cerimoniis oculo corporali gręcorum sacerdotum, dum in Cretensi insula moram traherem, mentem concepi eundem antistitem sanctissimum aliqua ex ipsi sumpsisse». Nel diario aveva registrato alcune somiglianze tra il canto ambrosiano e il modo di cantare dei greci: «Del cantare facevano dicti greci ne pigliai grande admiratione, perché a me pariva cantasseno con grande discordantie; pur credo fosse al proposito de la causa, perché facevano dicta processione che era de mestizia. E tanto più m’el fa credere la costuma de la Giesia Ambrosiana che l’origine suo da la greca, ché quando fano offitio de vigilia de santi, o vero facino offitio per li morti, usano asai de queste discordantie» (Viaggio a Gerusalemme di Pietro Casola, a cura di A. PAOLETTI, Alessandria, Edizioni Dell’Orso, 2001 [«Oltramare», 11]). 86 M. MIGLIO, Bussi, Giovanni Andrea, in DBI, cit., vol. XV 1972 pp. 565-72; BUSSI, Prefazioni, cit., pp. XVII-XXIX. Per il catalogo delle opere stampate da Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz si veda BMC IV 15 e BUSSI, Prefazioni, cit., pp. 83-84.

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milanese, possiamo almeno avanzare l’ipotesi che egli frequentasse i capitoli di cui era membro, in particolare i collegi gravitanti intorno alla Cattedrale e alla Basilica di S. Ambrogio. Non è escluso che tra gli Ordinari del Duomo e i canonici di S. Ambrogio si contassero, come già in anni precedenti, personalità di un certo rilievo e di solida cultura, ma si tratta di un settore ancora in gran parte da esplorare. Infine, anche l’officina di Antonio Zarotto, della cui collaborazione Casola si avvalse ripetutamente, poté giocare un ruolo fondamentale come luogo di incontro: tra coloro che contribuirono alla revisione dei testi che lo Zarotto si accingeva a pubblicare si contano letterati di chiara fama, tra i quali ricordiamo almeno Cola Montano,87 Gabriele Paveri Fontana,88 Alessandro Minuziano,89 Francesco dal Pozzo,90 Pietro Giustino Filelfo91 e il già menzionato Stefano Dolcino.92

87 Insegnante di arte oratoria tra il 1469 e il 1472, entrò in società con i fratelli Antonio e Fortuna Zarotto e Gabriele Orsoni il 19 febbraio 1472. Egli avrebbe assunto la direzione editoriale dell’impresa, indicando i testi da stampare, e ne avrebbe corretto le bozze. Il 20 maggio dello stesso anno il Montano, l’Orsoni e Antonio Zarotto stipularono un secondo accordo con Pietro Antonio e Nicola Castiglione e Gabriele Paveri Fontana: SANTORO, Gli inizi, cit., pp. 876-77; GARIN, La cultura milanese, cit., pp. 566-68; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., pp. 24-25; GANDA, I primordi, cit., pp. 27-28 e 34.. La società si sciolse perché il Montano aveva fatto stampare libri da altri tipografi senza il consenso dei soci: prima di cadere in disgrazia presso gli Sforza collaborò infatti anche con Filippo di Lavagna e Cristoforo Valdarfer. Al Montano furono attribuiti mordaci epigrammi contro il Paveri Fontana, che dal 1473 era precettore del fratello del duca. Imprigionato, fu poi condannato alle verghe ed esiliato. Mentre si trovava nei pressi di Bologna, fu arrestato per volere di Lorenzo il Magnifico, che lo fece strozzare: GARIN, La cultura milanese, cit., pp. 566-68; ROGLEDI

MANNI, La tipografia a Milano, cit., pp. 29-30 e 36; Ganda, I primordi, cit., pp. 39-40. F. CATALANO, Il Ducato di Milano nella politica dell’equilibrio, in Storia di Milano, cit., vol. VII 1956 p. 307, sulla scorta di altri storici, ravvisa nell’insegnamento classico di Cola Montano un motivo ispiratore dell’uccisione di Galeazzo Maria Sforza, perpetrata da tre giovani milanesi il 26 dicembre 1476. 88 Piacentino, il Paveri Fontana fu allievo di Francesco Filelfo e poi suo apologista. Insegnò retorica a Milano e, oltre a comporre in versi e prosa, si dedicò al commento e all’edizione di testi classici, collaborando con Antonio Zarotto. Spirito polemico, oltre che col Merula, si scontrò con il Pontano e con Cola Montano. Nell’incarico di insegnante di retorica fu suo successore Giulio Emilio Ferrari: SASSI, Historia, cit., coll. 96C, 187-189, 224C, 237C-238A, 322A, e p. 574 n. (p); GARIN, La cultura milanese, cit., pp. 564, 574, 589; GANDA, I primordi, cit. pp. 22-24, 38-38, 39 e n., 40, 46, 57. Sua è l’edizione delle ciceroniane Partitiones oratorie, stampate da Zarotto nel 1472 (IGI 2956, GW 6757): ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 326; GANDA, I primordi, cit., p. 126. Tra le sue opere ricordiamo il De vita et obitu Galeacii Mariae Sfortiae, stampato da Arcangelo Ungrado nel 1477 (IGI 7370) e l’Invectiva contro Giorgio Merula del 1481 (IGI 7369): SASSI, Historia, cit., pp. 83, 100; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., schede 768 e 767. La pagina iniziale del De vita et obitu Galeacii Mariae Sfortiae è riprodotta in b/n in Storia di Milano, cit., vol. VII p. 306. 89 Per il Minuziano: C. DIONISOTTI, Notizie di Alessandro Minuziano, in Miscellanea Giovanni Mercati, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1946, vol. IV pp. 327-72, SANTORO, Gli inizi, cit., p. 881, R. PETRERA, Alessandro Minuziano umanista, editore, maestro dell’arte della stampa a Milano nel secolo XV, Roma, Minutianadaricadrion, 1975; E. SANDAL, Editori e tipografi a Milano nel Cinquecento, BAden-Baden, V. Koerner, 1978, vol. II pp. 13-23 e 24-41 (annali tipografici); GANDA, I primordi, cit., pp. 57, 59, 166; F. ASCARELLI- M. MENATO, La tipografia del ‘500 in Italia, Firenze, Olschki, 1989 («Biblioteca di Bibliografia italiana», 116), p. 145. 90 Sul Puteolano, allievo di Francesco Filelfo, e insegnante in Milano si veda: SASSI, Historia, cit., coll. 188C, 237-40, e p. 577; ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/1 col. 1380A; vol. II/2 col. 2053; GARIN, La cultura milanese, cit., pp. 588 e 592; GANDA, I primordi, cit., p. 57, 158.. 91 Pietro Giustino Filelfo si stabilì a Milano nel 1476, anno in cui morì la madre Alfina. Egli si dedicò prevalentemente all’edizione di opere classiche. Ottenne inoltre un privilegio per la stampa delle opere del prozio: SASSI, Historia, cit., coll. 191-94, 221C. Si veda anche ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/2 col. 2172B; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., pp. 52-53, 66, 68, 76 e schede 230, 303, 436, 573, 669, 777, 917; GANDA, I primordi, cit., pp. 57-58 e 67. A Pietro Giustino è rivolta

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4. Il viaggio di Pietro Casola a Gerusalemme e i suoi ultimi anni

Grazie al minuzioso diario che lo documenta, il pellegrinaggio in Terra Santa, compiuto nel 1494, è il momento più conosciuto della sua lunga vita.93 Casola ricevette la benedizione dell’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi il 14 maggio, terzo giorno delle Litanie triduane, e lasciò Milano il giorno successivo. Dopo aver sostato a Caravaggio, Calcio,94 Brescia, Lonato,95 Peschiera, Verona, Vicenza e Padova, il 20 maggio giunse a Venezia. Qui dovette attendere due settimane la partenza della Galea del Zaffo, diretta a Gerusalemme, e approfittò del tempo a disposizione per visitare la città in compagnia del frate Francesco Trivulzio,96 giunto a Venezia qualche giorno prima di lui. Finalmente il 4 giugno i pellegrini poterono imbarcarsi. Il viaggio di andata durò due mesi, durante i quali ai pellegrini e all’equipaggio occorsero varie disavventure: la galea si incagliò in una secca e dovette superare diverse tempeste, durante lo scalo a Candia furono sorpresi dal terremoto e mentre sostavano a Cipro ebbero notizia di possibili agguati da parte di pirati.97 La galea giunse a Giaffa il 17 luglio, ma le perpezie dei pellegrini erano solamente incominciate: i Mori cercarono infatti in tutti i modi di ostacolarne lo sbarco per estorcere denaro, finché il 1 agosto, dopo estenuanti trattative condotte dal patrono della galea, Agostino Contarini,98 e dal Padre Guardiano del Monte Sion, Francesco Suriano,99 i pellegrini poterono iniziare il loro itinerario in Terra santa, scortati dai Mori. Essi raggiunsero dapprima Rama (oggi Ramla), dove furono

un’epistola di Francesco rinvenuta dal Sassi in calce all’edizione di alcuni opuscoli di Francesco Filelfo, priva di data. Il testo è edito dallo stesso SASSI, cit., alle pp. 535-36, num. LXXIX. 92 GANDA, I primordi della tipografia milanese, cit., pp. 57-59. 93 Il diario è conservato dal manoscritto Triv. 141: Viaggio di Pietro Casola a Gerusalemme, ed. G. PORRO, Milano, Tip. Ripamonti, 1881 e Viaggio a Gerusalemme, cit. Il testo fu anche tradotto in inglese: M. NEWETT, Canon Pietro Casola's pilgrimage to Jerusalem in the year 1494, Manchester, University Press, 1907. La traduzione di Margaret Newett è disponibile on-line sul sito della Colorado State University-Pueblo: http://chass.colostate-pueblo.edu/history/seminar/casola.htm. 94 In provincia di Bergamo: OLIVIERI, Diz. di toponom. lombarda, cit., p. 125. 95 In provincia di Brescia: OLIVIERI, Diz. di toponom. lombarda, cit. p. 308. 96 Figlio di Pietro Trivulzio e Laura Bossi. Dopo aver contratto matrimonio per volere dei genitori, entrò nel convento milanese di S. Angelo dei Minori osservanti. Nel 1488 ricoprì la carica di Padre provinciale per la Provincia di Milano. Fu famoso predicatore: P. SEVESI, Il beato Francesco Trivulzio da Milano dell'Ordine dei Frati minori, in «Studi francescani», s. III, a. VIII 1936, pp. 18-75; Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 332-33. 97 Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 73-168. 98 Si tratta probabilmente di Augusto, figlio di Benedetto del fu Luca, fratello di Ambrogio Contarini, conosciuto per il suo viaggio presso Ussun-Cassan, re di Persia (il resoconto del viaggio di Ambrogio fu stampato per la prima volta a Venezia da Annibale Fossi il 16 I 1487: IGI 3182, GW 7443, BMC V 408). La famiglia Contarini, nota per i suoi commerci marittimi con l’Oriente, entrò in possesso della contea di Jaffa nel 1473, attraverso l’investitura di Giogio Contarini come conte del Zaffo, da parte della regina di Cipro Caterina Cornaro: Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 318. 99 Di famiglia veneziana, dedita ai commerci con l’Oriente, fu in Siria e in Egitto nel 1462, insieme ad uno dei suoi zii. A venticinque anni entrò nell’ordine francescano e fu inviato a Beirut e in Terrasanta. Rientrò a Venezia nel 1484 e ripartì nel 1493 per il Cairo, dopo essere stato eletto Custode di Terrasanta e Vicario papale per tutto l’Oriente. Rimase in carica fino al 1495. Nel 1513 fu imprigionato dagli arabi d’Egitto. Liberato qualche tempo dopo, tornò in Italia, dove si trovava ancora nel 1519. Lasciò notizia dei suoi viaggi in un Trattato di Terrasanta e dell’Oriente: F. SURIANO, Il trattato di Terra Santa e dell’Oriente, ed. G. GOLUBOVICH, Milano, Artigianelli, 1900; Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 331.

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alloggiati in un luogo tenuto dai frati del Monte Sion, poi la città di Gerusalemme. Da Gerusalemme ebbero la possibilità di spostarsi a Betania e Betlemme e di raggiungere il Giordano. La visita ai luoghi santi si svolse tra il 5 e il 18 agosto, quando Casola e i suoi compagni ripresero la via per Giaffa.100 Superate nuove difficoltà, la galea riprese il mare il 26 agosto, ma il viaggio di ritorno fu funestato dalla morte di alcuni pellegrini, fra i quali il predicatore francescano Francesco Trivulzio, con il quale Casola aveva stretto particolare amicizia. Il rientro a Venezia avvenne solo alla fine di ottobre.101 Il Casola si fermò ancora alcuni giorni in città e concluse il suo pellegrinaggio, rientrando a Milano a piedi dalla Cascina di Rottole il 14 novembre, poco dopo l’ingresso in città di Ludovico il Moro.102

Il nome del Casola è registrato fra quelli degli ordinari fino al 1504 e nel 1502 egli appare insignito della dignità di decano.103 Le ultime notizie circa la sua vita riguardano una donazione all'Ufficio della Pietà dei poveri di Cristo, divenuto poi il Pio albergo Trivulzio, da lui effettuata nel 1506;104 il 13 ottobre dello stesso anno dotò inoltre una cappella della basilica metropolitana di 80 lire annue, con l'impegno per gli Ordinari di cantarvi la messa conventuale.105

Morì nella sua parrocchia il 6 novembre 1507,106 all'età di 80 anni, «ex gattarro prefocante», assistito dal medico personale di Ludovico il Moro, Ambrogio Varese di Rosate.107 Fu sepolto in Duomo, come documenta una lettera di Giovanni Pietro Visconti a Giovanni Andrea Vimercati, allora protonotario apostolico e successore del Casola nella carica di ordinario.108 Il suo annuale veniva celebrato dagli ordinari

100 Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 168-223. Il diario di viaggio di Pietro Casola è ricordato anche da P.E. FRALLEONE, Pellegrini e case nove, in Custodia di Terra Santa 1342-1942, pref. di P.V. CORBO, Gerusalemme, Tip. dei Padri Francescani, 1951, p. 127. 101 Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 223-71. 102 Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 271-79; ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 375. 103 Il decano è menzionato da CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 23 come quinta dignità all'interno del Capitolo Metropolitano. 104 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 376. V. FORCELLA, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano, Milano, G. Prato, 1891, vol. VIII p. 60, ricorda una sua epigrafe presso il Pio albergo, a sinistra della porta degli Uffici. 105 ASDMi, Atti di visita, Metropolitana, XXVI, fasc. 29, f. 4r: «Capella R. Petri Casole. Capella ex legato Reverendi Petri Casole fundata et dotata. Onus erat cantandi missam conventualem a canonicis ordinariis. Suppressa fuit hec Capella et unita masse officialium ecclesie maioris cum onere cantandi epistolam et evangelium in illis missis conventualibus, que diebus ferialis et festis non solemnibus ritu ambrosiano per officiales pro ordinariis celebrantur»; ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 376. Il legato è ricordato anche in Riduzione delli Annuali della Chiesa Metropolitana di Milano fatta il 16 settembre 1639 (ASMi, Fondo di religione, p.a., cart. 150, documento segnato cass. 22, cart. C2, 4, f. 8v) e a f. 4r di un secondo fascicolo dal titolo Cap. Legati in genere = Messe, Annuali e Processioni, Riduzione, contenuto nella stessa camicia. Esso è menzionato inoltre all’anno 1723, in una Notta delli Livelli, Pensioni, legati, onoranze, fitti di casa e possessioni che maturano al reverendissimo Capitolo della Metropolitana di Milano distintamente di mese in mese ciascuno anno, f. 23: ASMi, Fondo di religione, p. a., cart. 152, documento segnato cass. 26, cart. R2, 4. 106 MOTTA, Morti in Milano, cit., p. 273 e n. 2.; M. MAGISTRETTI, Del «Quodlibet» di Francesco Castelli e del preposto Giovanni Pietro Visconti di Mafiolo, in «Arch. st. lomb.», s. V, a. XLV 1918, p. 14 n. 1. Il SASSI, Historia, cit. col. 318 indica come anno di morte il 1508. 107 A. M. CUOMO, Ambrogio Varese: un rosatese alla corte di Ludovico il Moro, Rosate, Amministrazione comunale, 1987; MOTTA, Morti in Milano, cit., p. 254: medico, professore e astrologo moriva a Fagnano sul Naviglio a 85 anni (27 ottobre 1522). 108 ROSSI MINUTELLI, Casola, cit., p. 376.

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il 5 gennaio, come si evince da un registrum annualium e da un Libro degli Annuali conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.109

5. L’edizione del ‘Breviarium ambrosianum’ del 1490 Dopo il suo rientro da Roma, Pietro Casola si dedicò ad un’intensa attività di

promozione della liturgia ambrosiana. La sua opera assunse immediatamente una fisionomia ben precisa, proponendosi un fine ambizioso: porre rimedio all’ignoranza del clero e opporre ai detrattori del rito ambrosiano validi argomenti che li facessero recedere dalla loro posizione critica. Tali intenti sono esplicitamente dichiarati nelle lettere poste a prefazione delle due edizioni del Breviarium110 e del Rationale cerimoniarum misse ambrosiane111 e tornano con particolare insistenza e vigore proprio nel testo di quest’ultimo trattatello.112

Il canonico esordì con un’imponente edizione del Breviario ambrosiano, apparsa a Milano, per i tipi di Antonio Zarotto, il 1 aprile 1490. E’ la quarta edizione del Breviario della Chiesa milanese. La prima era apparsa nel 1475, ad opera di Cristoforo Valdarfer (IGI 2065; GW 5249); la seconda, priva di riferimenti tipografici, è da collocare intorno al 1477;113 la terza, stampata nel 1487 da Iacopo Sannazaro della Riva presso la canonica di s. Ambrogio, fu curata dall’ordinario Gentilino del Maino.114 Il Breviario di Casola si differenzia dai precedenti fin dal formato: è infatti l’unico in folio nella storia del Breviario Ambrosiano a stampa.115

Breviarium ambrosianum. Milano, Antonius Zarotus, Kal. Apr. [1 Aprile] 1490,

109 Rispettivamente ASMi, Fondo di religione, p. a., 150, cass. 22, cart. C2, 5, f. 585 e 6, f. 25v. I due documenti, entrambi non datati, informano inoltre che il testamento di Pietro Casola fu redatto da Cosma de Brena, notaio dell’Ospedale della Pietà. Parte del testamento (datato 13 ottobre 1506), riguardante l’obbligo imposto agli eredi di corrispondere L. 80 imperiali ad un sacerdote che celebrasse quotidianamente la messa nella Chiesa maggiore, è trascritta in ASDMi, Atti di visita, Metropolitana, XXVI, fasc. 29, f. 7r. 110 Breviarium ambrosianum, 1490 (IGI 2067), f. VIIr-v, edita in CATTANEO, Il Breviario, cit., pp. 298-99. 111 Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, Milano, Ambrogio de Caponago, 18 VI 1499 (IGI 2543), f. a ii recto-verso. 112 Si veda ad esempio il monito ai sacerdoti perché scelgano con cura la formula conclusiva delle orazioni, in modo da non apparire illetterati (Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, Milano 1499, ff. a iiii verso-a v recto), la strenua difesa del rito ambrosiano contro coloro che non lo comprendono e lo deridono ai ff. b viii verso-c verso e d vi recto-verso. 113 E’ accolta la proposta di datazione avanzata da The illustrated Incunabula Short-Title Catalogue on CD-rom, Reading, Primary Source Media -London, The British Library, 19982. L’ unico esemplare noto di questa edizione è conservato presso la Biblioteca del Capitolo Metropolitano di Milano: U. VALENTINI- G.B. MALUSARDI, Incunaboli e cinquecentine della Biblioteca Capitolare di Milano, Milano, NED, 1983 («Archivio ambrosiano», 48), p. 21, num. 19. 114 Il nome dello stampatore compare nel contratto per la stampa del Breviario in questione (ASMi, Notarile, Capitani Antonio q. Cristoforo Elia, filza 1948), ritrovato da Arnaldo Ganda: A. GANDA, Iacopo Sannazaro della Riva stampatore di un breviario ambrosiano del 1487 (IGI 2066-A; GW 5250), in «La Bibliofilia», a. LXXXVIII 1986, pp. 117-30. Per l’editore Gentilino del Maino si veda n. 81. 115 Prima del 1490 si contano invece 5 edizioni in folio di Breviario Romano: Venezia, Nicolas Jenson, 1478 (GW 5101); [Albi: Johann Neumeister?] (GW 5102); Venezia, Nicolaus Girardengus, VI.1481 e 20.VI. 1482 (GW 5104); Venezia, Octavianus Scotus, 1482 (GW 5106); Venezia, Andreas Torresanus, 20.X.1487 (GW 5107).

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2° (mm 230 x 325).116 Ed. Petrus Casola.117 320 fogli. Segnature: a8 a8-z8 (et)8 (con)8 (rum)8 A8-I8 k8 L8 L6 A10. Numerato: [8] I-CCCII [10]. 2 colonne di 43 linee. Carattere 4:110G. Stampato in nero e rosso. (Tav. VI e VII) F. Ir, con segnatura a: Prima dies nona fit iani scorpius hora ║... lin. 4, rosso: Ianuarius

habet dies xxxi. luna xxx. ... f. VIIr: Dignissimo atque omni reuerentia uenerando Pape. Guidoni Antonio. ║Archimboldo Mediolanense Archiepiscopo. Petrus casola Mediolanensis ecclesie. Cano║nicus ordinarius indignus s. d. ║ ... lin. 9: ... Nam primum quidem ego ║ atque hi qui ante me Impresserunt diuersa spectauimus. Illi enim so║lum iter agentibus consuluisse uidentur: qui minutissimis notulis et uolumine admodum ║ breui ... imprimi curauerunt: quod ... ║ ... ebetioribus certe oculis incommodum est. ... lin. 16: ... Nos caliganti etiam etati prouidimus. ... f. VIII bianco. F. 1r α con segn. a, rosso: In nomine sancte ║ et indiuidue ║ trinitatis ║ Incipit offi║tium dicendum ║ per totum an║num: iuxta insti║tutionem sanctissi║mi doctoris ║ et patris no║stri Ambrosii. Et quia breuiarium si║ue manualle secundum institutionem predi║ctam: inchoatur in uigiliis sancti Martini: ║ideo primo ponetur ordo uesperorum ║ ... F. 2v α, lin. 37, rosso: Nunc sequitur manuale: ad laudem domini ║ nostri iesu christi. et primo in uigiliis sancti ║ martini episcopi turonensis. ad ue║sperum lucernarium. Nero: Lux orta est. ... lin. 43, rosso: ... Hymnus. ║ β lin. 1, nero: [8]Ellator armis ║ inclitus: Marti║nus actu nobi║lis: ... Termina a f. 302r β, lin. 34: ... Da ut ║ cuius dulci commemoratione letamur: ║ eius pia intercessione ab instantibus malis ║ et a morte perpetua liberemur. Per ║ eundem christum dominum nostrum. rosso: R. Nero: Amen. ║ Rosso: FINIS. ║ F. 303r α, con segn. A: [2]Ic ad maiorem deuocionem promouenda: ponitur speculum matu║tinalis offitii: Iuxta morem beatissi║mi Ambrosii. Et ne careat auctori║tate: editum fuit a beato Theodoro ec║clesie Mediolanensis presule Matuti║num igitur ut supra sepe dictum est: Incipi║tur a uersu. Deus in adiutorium meum ║ intende ... Termina a f. 310v α, lin. 23: ... de quo ║ Iohannes in apocalipsi sua dicit. ║ Quatuor animalia requiem non ha║bent dicentia sedentis super thronum. ║Sanctus et cetera. ║FINIS. ║Hoc opus impressum fuit in Ciuita║te Inclyta Mediolani: Per An║tonium Zarotum Parmensem: ║Anno salutis christianorum. M.cccc║lxxxx: In Kalendis Aprilis ║ Sub Illustrissimo Principe Ioan║ne Galeazio: Duce Mediolani: ║ Sexto: foelicissimo. ║Deo Gratias Amen. ║F. 311 e f. 312 bianchi.

Contenuto: F. Ir: Kalendarium - VIIr: Epistola Guidantonio Archimboldo - 1r:

Rubricae - 2v: Proprium Sanctorum et Proprium de Tempore hiemale 118- 111r: Commune

116 Misure dell’esemplare Milano, Bibl. del Capitolo Metropolitano, II G 1-9. 117 La descrizione bibliografica segue lo schema proposto da GW con alcune indicazioni in più relative al contenuto: la dicitura Epistolarium p. ann. indicata da GW è stata distinta in Horae minores ed Epistolellae per annum e sono state elencate le parti che seguono il Proprium sanctorum estivo. Si è preferito inoltre indicare i fogli seguendo la numerazione apposta negli incunaboli: i fogli iniziali, non numerati, sono stati provvisti di numerazione in cifre romane, mentre per i fogli seguenti, numerati in cifre romane, si è indicato, per comodità, il numero in cifre arabe. GW indica invece il numero effettivo del foglio, senza tener conto della numerazione stampata. 118 I libri liturgici ambrosiani presentano una particolare organizzazione del Santorale e del Temporale, che si mantenne fino alla revisione condotta per volontà di s. Carlo Borromeo: la pars hiemalis ha inizio con il Santorale invernale, da s. Martino [11.XI] a s. Tommaso apostolo [21.XII], seguito dal Proprio del Tempo dal I sabato di Avvento alla V domenica dopo l’Epifania; si prosegue con il Proprio dei Santi dalla festa dei ss. Sebastiano e Solutore [20.I] fino a s. Gregorio [12.III] (con oscillazioni dovute alla maggiore o minore ricchezza del Santorale) e con il Proprio del Tempo dalla Settuagesima al Sabato santo. Con il Sabato santo ha termine la pars hiemalis, mentre l’ufficio di Pasqua apre la pars aestiva: in genere il Proprio del Tempo prosegue fino alla Pentecoste, o in codici più recenti fino al Corpus Domini; segue il ciclo completo del Santorale estivo e la serie delle domeniche dopo Pentecoste.

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dominicarum et feriarum - 120r Horae minores - 124v: Epistolellae per annum - 133r: Officium defunctorum - 135v: Officium parvum beatae virginis Mariae - 137v: Benedictiones ad lectores - 139r: Psalterium-Hymarium - 176v: Commune Sanctorum - 183r: Proprium de Tempore aestivum - 268v: Proprium Sanctorum aestivum - 297r: Orationes de novo additae - 300r: Hymni - 301v: Officium Transfigurationis- 302v: Pater noster, Ave Maria, Salve Regina - 303r: Speculum matutinalis officii ambrosiani.

GW 5251, IGI 1490, L. HAIN, Repertorium bibliographicum (= Hain), 4 v., Berlin 1925, 3785 Esemplari conosciuti: 119 Milano, Arch. Storico Diocesano, Atti circa i sacri riti, sez. VII-B, vol. 9; Milano, Ambr.,

Inc. 2002 (perg.), Inc. 2025 (perg.),120 Inc. R 457; Milano, Capitolo Metropolitano, II.G.1.8, II.G.1.9, II.G.1.10; Milano, S. Ambrogio, Inc. XV/3 (9) (perg.);121 Milano, Triv., Inc. A 99;122 Monza, Bibl. Civica; Parma, Bibl. Palatina; San Daniele del Friuli, Bibl. comunale.

119 La collocazione degli esemplari conosciuti, salvo diversa indicazione, è desunta da The illustrated ISTC on CD-rom, cit.. Ove possibile è stata aggiunta la segnatura degli stessi. 120 L’esemplare Inc. 2002 presenta un’elegante decorazione a filetti su tutte le iniziali delle orazioni e delle letture, mentre la seconda lettera di ogni testo è ornata in inchiostro giallo. Gli spazi che dovevano ospitare miniature sono invece rimasti bianchi. Il volume appartenne alla Cattedrale milanese, come attestano due note di possesso successive apposte forse dalla stessa mano sul verso del secondo foglio di guardia posteriore, entrambe erase e leggibili con l’ausilio della lampada di Wood: «Hic liber est ecclesie maioris <Me>diolani», «Hic liber est ecclesie maioris». Molto più interessante appare l’ornamentazione dell’esemplare Inc. 2025, completo delle miniature, in genere ben conservate. L’incunabolo è inoltre ornato a f. 2v da uno stemma a bucranio, partito di due e troncato di due, con cuore, angoli del cuore e della punta in oro, capo, punta e fianchi in verde. Lo stemma è inserito in un medaglione e accompagnato dalle iniziali M C. Più avanti, a f. 139r, lo stesso stemma è inserito in una corona d’alloro ed è accompagnato dalle iniziali M CV. I colori dello stemma coincidono con quelli dell’arma della famiglia Cusani: V. SPRETI, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Sala Bolognese, A. Forni, 1981 (ristampa dell’ed. Milano 1928-36), vol. II pp. 592-93. Forse il volume appartenne a Modesto de Cusano, ordinario della Cattedrale dal 24 gennaio 1485, poi primicerio: I canonici delle principali collegiate, cit., alla voce Cusano de, Modesto. Si veda anche CASTIGLIONI, Gli Ordinari, cit., p. 35. Anche l’esemplare Inc. 2025 presenta una scritta erasa, illeggibile, sul primo foglio del Calendario. 121 L’incunabolo XV/3 (9) è sconosciuto ai repertori. Miniato e ornato dallo stemma del Casola, si conclude con l’aggiunta di un bifoglio su cui sono stati trascritti, forse dallo stesso Casola, gli incipit dei canti della messa per le festività (mancano il Natale e la Dedicazione), le domeniche dell’anno liturgico e le ferie in albis. Al termine del bifoglio si trova una rubrica che recita: «Hoc manuale donatum fuit sacrastie ecclesie Sancti Ambrosii maioris Mediolani pro usu dominorum prepositi et canonicorum prefate ecclesie, anno Domini Mileximo quingenteximo et uno, ac die sextodecimo mensis iunii, presidentibus Sancte Romane Ecclesie Alexandro huius nomini sexto et Mediolanensis Ecclesie Ypolito Estense presulibus, ac regnante Francorum regem et Mediolani duce Lodavico, per Petrum de Casolis prefate Mediolanensis Ecclesie Cardinalem». Il termine Manuale per indicare il Breviario può apparire inconsueto, ma compare anche nel colophon delle edizioni del Breviario ambrosiano apparse nel 1508 e 1557 e nell’intestazione di quella del 1549. Questo dimostra come il Manuale fosse percepito come l’antecedente ambrosiano del Breviario. Una sintetica descrizione del frontespizio dell’incunabolo XV/3 (9) è offerta da G. NICODEMI, I codici miniati dell’archivio Santambrosiano, in «Rassegna d’arte», n.s., a. I 1914, p. 95. ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. I/2 col. 335, num. II ricorda due esemplari stampati su pergamena, uno dei quali si trovava nella sacrestia della Cattedrale, l’altro nella Biblioteca Ambrosiana. Il primo è probabilmente da identificare con l’Ambr. Inc. 2002 e il secondo con l’Ambr. Inc. 2025. 122 Per Triv. Inc. A 99: Milano e gli Sforza: Gian Galeazzo Maria e Ludovico il Moro (1476-1499): mostra documentaria e iconografica in occasione del Convegno internazionale «Milano nell’età di Ludovico il Moro». Biblioteca Trivulziana - Castello Sforzesco. Milano, 28 febbraio - 20 marzo 1983, a c. di G. BOLOGNA, Milano, Rizzoli, 1983, p. 111.

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Il revisore introduce alcune innovazioni, che rendono l’edizione particolarmente interessante. Cattaneo aveva sottolineato l’importanza del lavoro condotto da Casola, ricordando che proprio nel Breviario del 1490 troviamo per la prima volta un corpus completo di rubriche e che le lezioni vi sono riportate secondo l’autentica tradizione ambrosiana. Lo stesso Casola, del resto, professa il proprio impegno per far sì che quanto pertiene l’ufficio divino sia restituito alla lezione genuina, affinché la liturgia ambrosiana riacquisti la propria dignità e non sia più fatta oggetto di scherno:

Non igitur mihi arrogo que supra vires meas sunt, sed ingenue fateor nulli me labori, nulli

solicitudini ut ad veritatem accederem pepercisse. Quin etiam amicorum omnium quos ad id arbitratus sum idoneos ingenium, doctrinam, studium exercui, libros eorum evolvi, sententiam requisivi, nihil apposui, nihil resecavi, nihil immutavi nisi ex eorum sententia et antiquorum voluminum fide, nihil denique pretermisi ut ad veram lectionem redderetur, ne hec orandi institutio que alioquin probatissima est, ista confusione, id quod sepe factum est, rideatur.123 La lettera con la quale Casola offre il risultato delle proprie fatiche all’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi124 contiene informazioni interessanti sul metodo seguito dall’editore. Innanzitutto egli si è lasciato guidare dalla propria esperienza di canonico, che lo rendeva più competente dei suoi predecessori, alcuni dei quali non furono nemmeno chierici.125 Ha poi consultato manoscritti nei quali era possibile trovare non solo i testi delle celebrazioni, ma anche le norme che le regolavano, senza dimenticare che la liturgia è viva nella prassi:

Quamquam ego ad huius operis castigationem non mea solius industria aut iudicio

contentus fui, sed, collectis undique antiquissimis codicibus indubitate fidei quotquot reperire potui, et eos maxime qui in ecclesia cathedrali, ipsa antiquitate venerabiles velut archetypi, reservantur, qui non modo integram incorruptamque hanc orandi institutionem, sed rationem quoque cerimoniarum quantum ad id pertinet et quid quibus temporibus quibusque modis dicendum sit docent, adhibitis praeterea sepe in consilium venerabilibus sacerdotibus, quorum doctrina et continuus in re divina usus cunctis exploratum erat, quanta potui cura et diligentia correxi.126 Il confronto tra questa edizione e le precedenti rivela scelte differenti rispetto a quelle compiute dai suoi predecessori. Il suo Breviarium presenta un’organizzazione delle parti diversa. Se si osservano i Manuali e Breviari ambrosiani manoscritti127 è

123 Breviarium ambrosianum 1490, f. VIIv, lin. 1-7; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 299, lin. 49-57. 124 Breviarium ambrosianum 1490, f. VIIr-v; CATTANEO, Il Breviario, cit., pp. 298-99. 125 Breviarium ambrosianum 1490, f. VIIr, lin. 19-22; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 298, lin. 21-24. I curatori delle edizioni precedenti, eccetto Gentilino Del Maino, non sono noti. 126 Breviarium ambrosianum 1490, f. VIIr, lin. 22-29; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 298, lin. 24-33. 127 Sono stati esaminati i seguenti manoscritti: BUSTO ARSIZIO, Bibl. Capitolare di S. Giovanni Battista M.I.6 (sec. XIII, Manuale), MILANO, Ambr. A 1 inf. (sec. XII, Manuale), A 246 suss. (sec. XI, Manuale), C 23 inf. (ante 1336, Manuale), G 1 sup. (sec. XV, Breviario), G 41 sup. (sec. XV, Manuale), I 27 sup. (sec. XII, Manuale), I 55 sup. (sec. XI, Manuale), L 20 sup. (sec. XV, Breviario), T 103 sup. (sec. XI, Manuale), X 22 sup. (sec. XIV, Manuale), Y 18 sup. (sec. XV, Manuale), + 56 sup. (sec. XV, Manuale), Trotti 414 (sec. X-XI, Manuale), Braid. AG.XII.4 (sec. XV, Manuale, segnalato in G. BAROFFIO, Iter liturgicum ambrosianum. Inventario sommario di libri liturgici ambrosiani, in «Aevum», a. LXXIV 2000, p. 588 con segnatura AG.XI.1.4 e a p. 596 con segnatura AG.XII.4), Cap. Metrop. II D 2-28 (1269, Manuale), II D 2-30 (sec. XI, Manuale), II D 3-6 (olim II D 2-36, sec. XV, Manuale), II D 5-15 (olim II D 3-8, ante 1446, Breviario), II D 5-16 (olim II D 3-6,

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possibile riconoscere in essi una struttura che potremmo definire a blocchi paralleli e che si mantenne in una certa misura costante fra XI e XV secolo, arrivando fino ai primi Breviari ambrosiani a stampa: in questi troviamo all’inizio Caledario, Salterio e Innario, seguiti dal ciclo completo dell’anno liturgico, nel quale si alternano Proprio dei Santi e Proprio del Tempo. Subito dopo si trovano i formulari128 comuni per le feste di santi e il Proprio delle domeniche post Pentecosten. Seguono il Comune delle ferie e i testi comuni e propri per le ore minori.129

Casola opta per una soluzione diversa: Calendario ed istruzioni per la recita dell’ufficio, pars hyemalis (Santorale e Temporale alternati), commune dominicorum130 et feriarum, Salterio e Innario, Comune dei santi, formulari per le ore minori, epistolelle comuni e proprie, ufficio per i defunti, il piccolo ufficio quotidiano per la beata vergine Maria e benedizioni ai lettori, infine la pars aestiva (Proprio del Tempo e Proprio dei Santi separati). Le diverse sezioni del Breviario sono quindi disposte da Casola attorno al nucleo constituito da Salterio e Innario, nel quale si trovano i testi che costituiscono l’ossatura dell’ufficio. La parte centrale del volume contiene così tutti i brani che venivano letti quotidianamente o con maggiore frequenza rispetto ad altri. E’ probabile che sulla sua scelta, che risponde ad un criterio eminentemente pratico,131 abbia influito l’esempio dei Messal ambrosianii, nei quali l’ordinarium missae è posto in genere prima delle domeniche post Pentecosten. ante 1430, Breviario), II D 5-18 (olim II D 3-7, sec. XV, Manuale), II E 3-31 (olim II E 1-1, post 1457, Breviario), Triv. 457 (ante 1446, Breviario), 546 (sec. XIV, Manuale), 2262 (sec. XIV, Manuale, indicato in BAROFFIO, Iter, cit. p. 588 con la vecchia segnatura 2260 e a p. 596 con la segnatura attuale), SOLESMES, Abbaye St.-Pierre Réserve 47 (sec. XI, Manuale, proveniente da Milano, S. Ambrogio). Abbiamo escluso alcuni manoscritti citati dalla bibliografia, perché è stato possibile stabilire che non si trattava né di Manuali né di Breviari ambrosiani: BESANÇON, Bibl. Municipale 58, BUSTO ARSIZIO, Bibl. S. Giovanni M.2.11; MILANO, Bibl. Ambr. A 109 sup., A 189 inf., I 152 inf. (Beroldus), M 25 sup., Y 10 sup., Y 17 sup.; MILANO, Bibl. S. Ambr. M 25, M 26, M 53; MILANO, Bibl. Cap. Metrop. II E 3-8; MILANO, Bibl. Naz. Braid. AD XII 22. Non abbiamo inoltre considerato i manoscritti per i quali le descrizioni pubblicate non fornivano informazioni sufficienti: CAMBRIDGE, Fitzwilliam Museum 351; CITTÀ DEL VATICANO, Bibl. Apost. Vaticana, Borg. Lat. 212, COMO, Bibl. Comunale, 1.1.7; LONDON, British Library, Egerton 2865. Tutti manoscritti indicati sono segnalati in BAROFFIO, Iter, cit. p. 588-89 e 595-96, tranne i codici Ambr. A 109 sup., G 1 sup., G 41 sup., L 20 sup., Y 10 sup., Y 17 sup. Y 18 sup., + 56 sup., Braid. AD XII 22, Cap. Metrop. II D 3-8, II D 5-15 (olim II D 3-8), S. Ambr. M 25, M 26, M 53, segnalati solo in A. RICAGNI, Breviari ambrosiani miniati (sec. XIV-XV), tesi di laurea, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, a.a. 1987-88, relatore prof. M. Ferrari. Il manoscritto A 189 inf. è segnalato solo da R. AMIET, La tradition manuscrite du Manuel ambrosien, «Scriptorium», a. XLIX 1995, p. 137, num. 7 e Manuale ambrosianum ex codice saec. XI olim in usum canonicae vallis Travaliae, a cura di M. MAGISTRETTI, Mediolani, U.Hoepli, 1905 («Monumenta veteris liturgiae ambrosianae», 2), vol. I pp. 31-33 (sigla W). 128 Con il termine “formulario” si indica l’insieme di tutti i testi per l’ufficio di un giorno liturgico: G. BAROFFIO, Glossario, in Acolit. Autori cattolici e opere liturgiche. 3 Opere liturgiche, Milano, Editrice bibliografica, 2004, p. CIII. 129 Gli esemplari esaminati presentano differenze più o meno marcate, che riguardano per lo più la collocazione del Proprio delle domeniche post Pentecosten. Tali differenze possono essere legate alla dipendenza da modelli diversi o a particolari esigenze o richieste dei committenti e rivelano l’estrema libertà di cui godevano i compilatori di libri liturgici. 130 Così nel Breviarium del 1490. 131 Breviarium ambrosianum 1490, f. 111r: «Nunc pro commoditate dicentium officium, dimittetur offitium estivi temporis et ponetur post psalterium, sed pro continuatione operis incepti ponetur offitium commune dominicorum et aliarum feriarum communium».

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La seconda innovazione è costituita da una lunga rubrica introduttiva, nella quale Casola descrive il modo in cui devono essere condotte le celebrazioni a seconda del giorno liturgico. Casola illustra i diversi casi che potevano verificarsi in relazione al giorno occorrente (feria, sabato, domenica o solennità del Signore, feste di Santi) e, se necessario, spiega come recitare i diversi brani. Egli si sofferma sulle ore di Vespro e Mattutino, mentre per Prima, Terza, Sesta, Nona e Compieta, che presentano una struttura più stabile, rinvia alla sezione loro riservata all’interno del volume (ff. 120r-124r). La rubrica si chiude con lo schema dei vespri domenicali, in cui sono elencate le parti che compongono l’ufficio con i rispettivi incipit. Le istruzioni sono poi riprese accanto ai testi cui si riferiscono anche all’interno di formulari che assumono funzione di esempio per gli uffici simili: l’ufficio comune della domenica (ff. 111r-114v), della feria II (ff. 114v-116r: lo schema si applica a tutte le ferie) e l’ufficio comune unius martyris (ff. 177v-179v).

Le indicazioni fornite dal canonico sono esemplari per chiarezza espositiva132 e colmano una grave lacuna. Casola si era reso conto dell’urgenza di una compilazione simile, quando, consultando i libri allora disponibili, aveva scoperto in essi la quasi totale mancanza di istruzioni pratiche, che permettessero a chierici e religiosi di comprendere pienamente ciò che si accingevano a celebrare e a svolgere dignitosamente il proprio ufficio:133 grazie alle sue rubriche chi si accingeva alla recita dell’ufficio divino aveva a sua disposizione norme precise e schemi cui ricorrere come modello e dai quali attingere le parti che mancavano nel Proprio del Tempo e dei Santi.

Casola non si preoccupò solamente di dare alle stampe un volume più funzionale

e provvisto di istruzioni precise per il celebrante, ma si interrogò anche sui contenuti dell’ufficio. I dati più evidenti che emergono dal confronto con le edizioni a stampa precedenti sono l’introduzione di un ciclo completo di letture bibliche per il Mattutino dei giorni feriali e la riduzione del numero di uffici propri inclusi nel Santorale, soprattutto rispetto all’edizione curata da Gentilino Del Maino nel 1487.

La presenza di letture per il Mattutino non è una novità assoluta, ma anche in questo caso il Breviario di Casola rivela una riflessione attenta sul materiale disponibile. Le letture bibliche per il Mattutino compaiono solamente in alcuni Manuali e Breviari manoscritti del XV secolo (Milano, Cap. Metrop. II D 3-6, II D 5-18, II E 3-31, Ambr. G 1 sup. e + 56 sup.), che non presentano però sempre gli stessi testi per le medesime celebrazioni, segno evidente della mancanza di una norma in materia. Il problema era stato messo in rilievo anche dalla Constitutio archiepiscopalis emanata nel 1440 dall’arcivescovo Francesco Pizolpasso.134 Il documento permette di conoscere uno degli abusi introdottisi nella prassi corrente: le letture per il Mattutino erano sostituite con le più brevi epistolelle. La prima edizione del Breviario ambrosiano (1475) mostra di ignorare le prescrizioni arcivescovili, mentre le successive (1477 ca. e 1487) cercano di proporre una soluzione. Viene offerto un ciclo completo di letture patristiche per le domeniche e solennità del 132 Magistretti le ritenne sussidio indispensabile per la comprensione dell’ufficio divino ambrosiano del tempo: Manuale ambrosianum, cit., vol. I p. 40. 133 Breviarium ambrosianum 1490, f. VIIr, lin. 29-32; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 298, lin. 33-35 134 CATTANEO, Il Breviario, 54-57: la costituzione è edita alle pagine 293-97. Per le letture si vedano in particolare p. 294-95. Sul Pizolpasso: M. FERRARI, Pizolpasso, Francesco (1370 c. - 1443), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. V 1992 pp. 2891-93; M. NAVONI, Pizolpasso, Francesco (1370 c. - 1443), in Diz. di liturgia ambr., cit., pp. 391-93

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Signore, per le feste in onore di Maria, per la feria VI della V settimana di Avvento e per il sabato VI di Avvento, per le ferie comuni, de exceptato, in authentica, in albis e per alcune feste di santi. Il tentativo di definire letture bibliche per i giorni feriali appare invece ancora impreciso e insoddisfacente. Il Breviario del 1477 circa propone per ciascun periodo forte dell’anno un unico brano, da dividere ad placitum.135 Del Maino segue in linea generale lo schema proposto dall’edizione del 1477 circa, ma compie un passo ulteriore indicando tra una domenica e la successiva 9 o 12 letture bibliche, da suddividere in gruppi di tre e da leggere nelle ferie in cui non si celebrano feste di santi aventi lettura propria.136 Casola propone invece 3 letture bibliche per ciascuna feria di ogni settimana, seguendo l’ordine di lettura dei libri biblici indicato dall’ordo di Beroldo (sec. XII).137

I criteri che guidarono Pietro Casola nella compilazione del Santorale non sono

altrettanto chiari. Il nucleo più consistente è costituito da formulari già attestati nel Manuale di Valtravaglia, del sec. XI. Più difficile è comprendere i motivi per cui furono incluse o escluse feste introdotte in epoca successiva. Casola sembra rifiutare, in linea di massima, formulari scarsamente attestati nei manoscritti (salvo includere testi propri per s. Scolastica, assenti nei codici esaminati) o introdotti in epoca recente, feste istituite per particolare devozione dei signori di Milano o per commemorare eventi politici.138 Accoglie invece, ed è un dato interessante, testi ritmici estranei alla tradizione ambrosiana: l’ufficio per s. Galdino è interamente costituito, per le parti proprie, da brani provenienti dall’Ufficiatura ritmica in onore del santo arcivescovo composta da Orrico Scaccabarozzi;139 allo Scaccabarozzi Casola attribuisce anche i testi propri degli uffici per s. Radegonda e s. Bernardo, non ritmici e che non risultano fra le opere note dell’arciprete.140 La riduzione del Santorale non fu un’operazione indolore, ma Casola dimostra anche in questo caso 135 Per l’Avvento troviamo Is 1, 1-12 (Breviarium ambrosianum 1477 ca., f. p ii r-v), dopo l’Epifania Eph 1, 1-14 (Brev. ambr. 1477 ca., f. z ii r-v) e nelle settimane tra la domenica in Septuagesima e la domenica in caput Quadragesimae Gn 1, 1-12 (Brev. ambr. 1477 ca., f. z iii r). Nelle ferie quaresimali sono indicate letture patristiche, mentre non è offerta alcuna indicazione per il periodo compreso tra la domenica in albis depositis e l’Avvento. 136 Breviarium ambrosianum 1487, f. 54v. 137 Breviarium ambrosianum 1490, f. 10vb, lin. 9-30; M. MAGISTRETTI, Beroldus sive Ecclesiae Ambrosianae Mediolanensis Kalendarium et ordines saec. XII, Milano, Boniardi- Pogliani- Giovanola, 1894, 39, lin. 15-31. L’Ordo et caeremoniae Ecclesiae Ambrosianae Mediolanensis, scritto dal cicendelario Beroldo intorno al 1130, descrive il modo in cui si svolgeva la celebrazione cardinalizia nelle cattedrali milanesi. Sulla vita e l’opera di Beroldo si vedano anche: G. FORZATTI

GOLIA, Le raccolte di Beroldo, in Il Duomo cuore e simbolo di Milano. IV Centenario della Dedicazione (1577-1977), Milano, NED, 1977 («Archivio ambrosiano», 32), pp. 308-387; F. RUGGERI, Beroldo (sec. XII), in «Civiltà ambrosiana», a. III 1986, pp. 138-40; ID., Beroldo, in Diz. della Chiesa ambr., cit., vol. I 1987 pp. 414-16; ID., L'opera di Beroldo, in «Civiltà ambrosiana», a. VII 1990, pp. 452-54. 138 E’ il caso delle feste di s. Antonio abate, s. Gerolamo, s. Apollonia e s. Ambrogio de la victoria: E. CATTANEO, L’evoluzione delle feste di precetto a Milano dal secolo XIV al XX. Riflessi religiosi e sociali, in Studi in memoria di Mons. Cesare Dotta, Milano, NED, 1956 («Archivio ambrosiano», 9) pp. 126-27, 129, 135. 139Analecta Hymnica Medii Aevi (d’ora in poi AH), ed. G. M. DREVES, Leipzig, Fues, 1893, vol. XIVb pp. 163, 183-186, 245. 140 Sono conosciuti fino ad ora 19 uffici ritmici, una Missa pro Terra sancta, comprendente solo le orazioni e il prefazio e alcuni brani isolati, tra cui antifone e responsori e alcuni inni: F. PERUZZO¸ Orrico Scaccabarozzi: un arciprete poeta nella Milano del XIII secolo, in «Aevum», a. LXXVI 2002, pp. 347-51.

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un notevole equilibrio: raccoglie alla fine del volume (ff. 297r-302r) orazioni per feste non incluse nel Santorale e alcuni inni propri e lascia il celebrante libero di utilizzarli in alternativa ai formulari comuni.

Infine Casola intervenne anche sulla serie di testi che compongono i singoli

formulari, operando ancora una volta scelte spesso diverse rispetto alle edizioni precedenti. Certamente le innovazioni introdotte rendono il suo Breviarium uno strumento completo e funzionale, in grado di garantire la pariformitas in orando et unitas in legendo auspicata dal Pizolpasso.141

Coerente con il proposito di favorire la comprensione della liturgia da parte del clero è la proposta, in appendice al Breviario (ff. 303r-310v), di un commento allegorico all’ufficio di Mattutino, lo Speculum matutinalis officii ambrosiani. Il trattatello, attribuito dalla tradizione al vescovo Teodoro (sec. XIII in.), è in realtà databile attorno al secolo X e si inserisce nella tradizione delle esposizioni dell’ufficio divino inaugurata da Amalario con il De officiis, dal quale sono frequenti le citazioni.142 Lo Speculum descrive la celebrazione di Mattutino officiata dal clero ordinario della Cattedrale milanese.143 Il significato spirituale dei gesti compiuti e dei brani cantati dai diversi ministri è illustrato facendo riferimento alla Sacra Scrittura e alle opere dei Padri della Chiesa. Di tanto in tanto sono offerte alcune informazione circa l’origine di alcuni usi liturgici: il canto antifonato,144 la proclamazione delle letture,145 l’uso di sedere durante la proclamazione delle stesse e il canto del responsorio.146 L’idea del Casola non è del tutto originale: Cattaneo segnala infatti che lo Speculum era già apparso in appendice al Breviario curato pochi anni prima da Gentilino Del Maino, con il titolo Rationale divinorum officiorum, nel quale si riconosce una chiara allusione all’opera omonima di Guglielmo Durando.147 Del Maino ne aveva però offerto una redazione abbreviata, dalla quale erano stati espunti tutti i riferimenti alla liturgia cattedrale propriamente detta.148 Casola invece ritenne opportuno proporre il 141 Si veda il testo della citata Constitutio archiepiscopalis: CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 295, lin. 104. 142 Per i problemi posti dall’attribuzione dell’opera si veda la breve sintesi proposta da CATTANEO, Il Breviario, cit., pp. 41-44. Lo Speculum è tradito dal Beroldo ambrosiano (Ambr. I 152 inf.), ai ff. 110v-132v, dal Beroldus novus (Cap. Metrop. II D 2-28) ai ff. 351r-365r, e dalla copia da esso tratta nel 1396, ora Triv. 2262: MAGISTRETTI, Beroldus, cit., pp. XXVIII-XXIX; FORZATTI GOLIA, Le raccolte di Beroldo, cit., pp. 313 e 338. Il testo è edito in Manuale ambrosianum, cit., vol. I pp. 114-42. Per l’opera di Amalario Liber officialis: Amalarii episcopi opera liturgica omnia, ed. I. M. HASSENS, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1948 («Studi e testi», 139), vol. II. 143 L’autore dello Speculum, come si evince da indicazioni fornite nel testo, si proponeva di commentare tutte le ore, ma l’esposizione si arresta allo psalmus directus di Mattutino. 144 Manuale ambrosianum, cit., vol. I pp. 118-19. 145 Ivi, vol. I p. 120. 146 Ivi, vol. I p. 121. 147 CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 41; per la redazione edita da Del Maino: Breviarium ambrosianum 1487, ff. 391v e seguenti. Per il trattato del Durando: Guillelmi Duranti Rationale divinorum officiorum, ed. A. DAVRIL- T. M. THIBODEAU, Turnhout, Brepols, 1995-2000 («Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis», 140, 140A, 140B), vol. I-III. 148 Solo in tre punti viene espressamente menzionata l’azione rituale: si ricorda l’accensione dei ceri all’inizio della salmodia, la prassi di assegnare al vescovo l’ultima lettura nel mattutino di Parasceve e il modo di condurre la processione durante il canto dell’antifona ad crucem. Un ulteriore accenno alla prassi riguarda il canto del salmo diretto. Nella versione originale dello Speculum, edita da Magistretti, è invece sempre specificato il ministro che compie l’azione: Manuale Ambrosianum, cit.,

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testo nella sua interezza, perché il lettore avesse la possibilità di meditare tutto e ritenere ciò che reputava necessario:

Et quamvis in hoc volumine solum contineantur necessaria ad celebrationem horarum,

dimissaque sint cerimonialia principalis ecclesie, tamen ne Speculum dividatur, integre positum est, ut unusquisque possit ad libitum omnia meditari, ac ex hoc sibi necessaria sumere.149

6. L’edizione del ‘Breviarium ambrosianu’ del 1492 A distanza di due anni, il Casola ripropose l’edizione del Breviario, in un formato

più maneggevole e quindi facilmente trasportabile: Nam posteaquam quietis viris et hebescenti etati per chalcographos breviarium notis illis

grandiusculis imprimentes optime consului, non mediocris mihi persuasit cogitatio, ut pari solertia itinerantibus clericis vel modo huc modo illuc variis negociis discurrentibus in medium prospicerem breviariolum itaque, ut sic dixerim, quasi enchiridion minoribus notis imprimi curavi, adeo ut non insipide de se dicere queat: Scrinia de magnis, me capit una manus.150

L’editore dichiara di aver riproposto nella sostanza l’edizione precedente: Hoc unum addam, ne te rei veritas pretereat: ordinem primi breviarii me secutum fuisse

qui ex libris cathedralis ecclesie atque ex omni vetustate exhausta in hoc pulcherrimum corpus congressi, ne quamvis parvi voluminis sit quicquam desiderare posset. Nihil est quod demi, nihil est quod addi possit nisi equam operis maiestatem aut nimia angustia aut superflua rerum copia violare maluerim.151

E’ possibile tuttavia rilevare alcune differenze. Se appare trascurabile la riduzione

di alcune rubriche che avevano funzione di collegamento o passaggio, le Epistolelle proprie per le ore minori vengono riorganizzate: nella sezione ad esse destinata troviamo solamente i testi per i formulari dall’Avvento alla Quaresima, mentre le Epistolelle comuni per i santi e quelle per il Proprio del tempo estivo e per il Santorale sono inserite nell’ufficio corrispondente. Anche l’Innario subisce una riduzione e gli inni per le ore minori sono posti nei formulari per le singole ore.152 Diversamente da quanto accadeva nell’edizione del 1490, inoltre, i formulari del Comune dei santi contengono anche i testi per le ore minori, mentre non vengono replicati i testi per i Secondi vespri, identici ai Primi. La sezione di inni, posta in vol. I pp. 114-42. Del Maino sentì inoltre l’esigenza di completare l’esposizione, illustrando brevemente le altre ore canoniche, che vengono considerate tappe della passione di Cristo. Non ho identificato la fonte di questi passi. 149 Breviarium ambrosianum 1490, f. 303r, lin. 18-25; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 43, n. 10 afferma: «Questo brano esisteva solo nel manoscritto visto da Casola». Sono propensa a credere che non si tratti di una variante attestata dalla tradizione manoscritta, ma di una formula di introduzione al testo predisposta dallo stesso Casola, nella quale sembra di avvertire una critica nei confronti della scelta effettuata dal collega Gentilino Del Maino. 150 Breviarium ambrosianum, Milano, Zarotto, 1492, f. 7r; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 300, lin. 10-16. 151 Breviarium ambrosianum 1492, f. 7v; CATTANEO, Il Breviario, cit., p. 300, lin. 22-27. 152 L’Innario comprende quindi solo gli inni Splendor paterne glorie, Deus creator omnium, Eterne rerum conditor e il cantico Magnificat: ff. D v verso- D vi verso.

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conclusione al Breviario del 1490, scompare del tutto153 nell’edizione 1492, dove cadono anche l’Ufficio per la festa della Trasfigurazione e lo Speculum. Le letture per Mattutino vengono spesso abbreviate. Riproponendo l’edizione in formato ridotto, Casola rinuncia inoltre ad una delle principali innovazioni introdotte nel 1490: nel Breviario del 1492 mancano infatti le rubriche che illustrano le celebrazioni di Mattutino e Vespri e la rubrica relativa all’ordinamento delle letture bibliche per l’ufficio di Mattutino.154

Breviarium Ambrosianum. Milano, Antonius Zarotus, Kal. Apr. [1 aprile] 1492,

8° (mm 105 x 155).155 Ed. Petrus Casola. 398 fogli. Segnature: [8] a8-z8 (et)8 (con)8 (rum)8 A8-X8 XX8 XXX8. Numerato:

[8] I-ccclxxxv [2] [con errori]. 2 colonne di 34 linee. Carattere 8:69G. Stampato in nero e rosso. (Tav. VIII)

F. 1 bianco. F 2r, rosso: KL Ianuarius habet dies xxxi. Et luna xxx. ... F. 8r, con segn.

a: Uniuersitati Mediolani cleri ambrosiani petrus casola Mediolanensis ec║clesie canonicus ordinarius indignus. S. p. d. ║ ... f. 8r lin. 11: ... Nam posteaquam quietis viris: et hebescen-║ti etati per chalcographos breuiarium notis illis grandiu-║sculis imprimentes optime consului: non mediocris mihi ║ persuasit cogitatio: ut pari solertia itinerantibus clericis: ... lin. 16: perspicerem Breuiariolum itaque: ut sic dixerim: quasi euchiridion ║ minoribus notis imprimi curaui: ... f. 9r α con segn. a e num. rom. I, rosso: Incipit breuiarium iuxta mo-║rem beati Ambrosii ad laudem ║ domini nostri iesu christi. Et primo in ║ vigiliis sancti martini episcopi ║ turonensis. ad vesperum lucer.║Nero: Lux orta est. ... lin. 9, rosso: ... Hymnus. ║ Nero: [9]Ella-║tor ar-║mis in║clytus ║ Marti║nus ac-║tu no-║bilis: ... termina a f. 398v β, lin. 13: ... et ║ quorum votiuo letatur officio ║ suffragio releuetur optato. per. ║ Impressum fuit hoc opus in ║ inclyta ciuitate Mediolani ║ per Antonium Zarotum Parmen║sem. Impensa Petri Casole ║ presbyteri: et ordinarii medio║lanensis. Anno salutis christiane ║ M.cccc.lxxxxii. in kalendis ║ Aprilis. Sub illustrissimo ║ Ioanne Galeacio Sphortia ║ vicecomite. Duce Mediola║ni sexto felicissimo. ║ FINIS. ║

Contenuto:156 F. Ir: Kalendarium - 7r: Epistola clero ambrosiano - a r: Proprium

Sanctorum et Proprium de Tempore hiemale - t vi r: Commune dominicarum et feriarum - x iiii r: Horae minores - y ii v: Epistolellae per annum - y v v: Officium defunctorum - z i v: Officium parvum beatae virginis Mariae - z iiii v: Benedictiones ad lectores - z vi v: Psalterium-Hymnarium - D vi v: Commune Sanctorum - E viii v: Proprium de Tempore aestivum – S ii v: Proprium Sanctorum aestivum - XXX iiii v: Orationes de novo additae.

GW 5152, IGI 2068 Esemplari conosciuti: 157 Milano, Ambr., Inc. 510; Vaticano, Bibl. Apost. Vat., Inc. V.

180.

153 L’unico inno che viene conservato nell’ufficio corrispondente (f. 396r), è Auctorem sui nominis (AH 22, 94), per s. Eufemia, ma esso si trovava già all’interno del formulario proprio per la santa nell’edizione del 1490. 154 Breviarium ambrosianum 1490, ff. 1r-2v e 10v. 155 Misure dell’esemplare Milano, Ambr. Inc. 510. 156 La descrizione offerta da GW è stata precisata: la dicitura Epistolarium p. ann. indicata da GW è stata distinta in Horae minores ed Epistolellae per annum e sono state indicate le Orationes che seguono il Proprium sanctorum estivo. 157 La collocazione degli esemplari è desunta da The illustrated ISTC on CD-rom, cit., le segnature dai cataloghi delle rispettive biblioteche.

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7. Le ‘Litanie secondo l’ordine ambrogiano’ Precedente la sua partenza per la Terra Santa è l’edizione delle Litanie secondo

l’ordine ambrogiano, apparsa per i tipi di Antonio Zarotto il 23 aprile 1494 (IGI 5768). Anche in questo caso Casola aveva un predecessore: Arcangelo Ungardo, sacerdote milanese, aveva curato la stampa del medesimo libro liturgico nel 1476 (IGI 5767).158 Nella lettera al Vicario generale Romano Barni, posta in apertura del volume, Ungardo dichiara di aver intrapreso quest’opera perché certo che essa sarebbe stata al tempo stesso gradita al Barni e utile al popolo milanese, che partecipava alle celebrazioni delle Litanie triduane con grande devozione.159 Solamente pochi infatti avevano la possibilità di seguire grazie a un libro le preghiere e le suppliche levate a Dio in quelle solenni celebrazioni: «Quod opus cum viderem vix in paucorum manibus esse, quippe in negligentiam cadente fidelium devotione, ac multorum charitate refrigerata, statui, nulla magis alia re fretus quam Divina clementia tuaeque reverentiae auxilio, quem mihi tum in hac re, tum in aliis omnibus patronum defensoremque constitui, per hanc artem quam Christus Dominus coelitus demisit in terram, tantam horum librorum copiam imprimere, quanta Mediolanensi populo, cuius tibi in praesenti cura commissa est, plurimis seculis suffectura videatur».160 Il curatore ritenne utile premettere al testo anche una breve esposizione riguardante la storia delle Litanie triduane e le ragioni della loro istituzione, ad edificazione dei fedeli. Il volume realizzato dall’Ungardo conserva tuttavia un’impostazione di tipo tradizionale, con testo e rubriche in latino. L’impegno didascalico di Casola si spinge oltre. Dal punto di vista testuale non si notano sostanziali differenze, che si limitano a discrepanze nell’ordinamento dei brani,161 ma

158 SASSI, Historia, cit., coll. 382D-383A; ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit. scheda 570. Arcangelo Ungardo fu vicario della chiesa parrocchiale di S. Zenone in Pasquirolo di Milano nel 1468 e nel 1472. L’edizione delle Litaniae non è datata, ma la data può essere stabilita sulla base di informazioni tratte dalla prefazione e del tipo di carattere impiegato. Egli proseguì la propria attività dedicandosi ad edizioni di classici: ROGLEDI MANNI, La tipografia a Milano, cit., pp. 43-44 e 253. 159 Le Litanie triduane si tenevano a Milano nelle tre ferie precedenti l’Ascensione e prevedevano una lunga processione che partiva dalla cattedrale e ad essa ritornava, facendo tappa in numerose chiese della città: SASSI, Historia, cit. coll. 383-89; P. DELL’ACQUA, Litanie minori, in «Ambrosius», a. X 1934, pp. 111-12; P. BORELLA, Le litanie triduane ambrosiane, in «Ambrosius», a. XXI 1945, pp. 40-50; I. SCHUSTER, Le litanie triduane nella liturgia ambrosiana, in «Rivista diocesana milanese», a. 1938, pp. 367-71; E. T. MONETA CAGLIO, Litanie triduane, in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. III 1989 pp. 1735-37. All’opera di Pietro Casola al riguardo è dedicato il lavoro di FUMAGALLI, Le litanie triduane, cit., con particolare attenzione all’incunabolo Cap. Metrop. II G 3-14. La grande devozione dei milanesi nei confronti delle litanie triduane è testimoniata anche da un’opera di tutt’altro tenore, il De supplicationibus maiis di Angelo Decembrio. Il trattatello prende le mosse da una disputa avvenuta tra giovani incontratisi nella basilica di S. Ambrogio in occasione delle celebrazioni, per offrire ampi ragguagli sulle manifestazioni della religione pagana: F. GUALDONI, Dal De supplicationibus maiis al De religionibus et caerimoniis: vicende di un testo inedito di Angelo Decembrio, in «Italia medioevale e umanistica», a. XLI 2000, pp. 179-241, in particolare alle pp. 194-99. 160 Lettera di Arcangelo Ungardo a Romano de’ Barni, premessa a Litaniae secundum ordinem ambrosianum, Mediolani [1476], f. a iii verso. La lettera è edita in SASSI, Historia, cit., pp. 539-40, num. LXXXIII. 161 La serie di testi proposta da Casola differisce in alcuni punti anche dall’antifonario per le Litanie triduane compilato nel 1492 per la chiesa milanese di S. Maria della Scala (ora Biblioteca dell’Università Cattolica di Milano, UC MS 5): G. TIBILETTI, Antifonario processionale delle Litanie triduane (manoscritto del 1492), in «Ephemerides liturgicae», a. LXXXVII 1972, pp. 145-62. Il

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una decisa innovazione è costituita dalle rubriche in volgare. Sorprende, oltre a rendere problematico il giudizio sull’operazione, l’assenza di una lettera prefatoria in cui l’editore dichiari esplicitamente il fine che si propone di raggiungere. Le rubriche in volgare non appaiono mai nei libri liturgici ufficiali, ma solamente in libri destinati alla preghiera privata, come i Libri d’ore, e anche in questo caso non sembra trattarsi di una prassi generalizzata. A titolo esemplificativo prendiamo come campione i Libri d’ore manoscritti e a stampa conservati nella Biblioteca Ambrosiana, nella Biblioteca Vaticana162 e nella Biblioteca Civica di Bergamo. Possiamo osservare che, su 84 Libri d’ore di provenienza italiana, solamente 5 presentano rubriche in volgare: i manoscritti Ambr. SP.II.169 (post 1473), + 95 sup (olim S.P.II.173 BIS, sec. XV2), le cinquecentine Ambr. S.M.G.G.II.2 (1513) e S.M.G.G.I.16 (1563)163 e il codice Bergamo, Biblioteca Civica, Cass. 3.2 (olim Gab. Φ 5 retro 6; a. 1505).164 Le rubriche in volgare sono piuttosto rare anche in manoscritti o incunaboli di provenienza transalpina: le rubriche in volgare compaiono solo in 5 dei 75 Libri d’ore francesi esaminati e non compaiono mai in Libri d’ore di provenienza fiamminga, tedesca, inglese o slava.

Probabilmente Casola pensò di realizzare uno strumento che permettesse ad un pubblico alfabetizzato di seguire in modo più partecipe la celebrazione, tramite una spiegazione dei momenti in cui essa si articolava. Il volumetto poteva essere inoltre un valido sussidio anche per il clero, che talora possedeva una conoscenza piuttosto superficiale della lingua latina.165

Litanie secondo l'ordine ambrogiano. Milano, Antonius Zarotus, 22 aprile 1494,

in 4° (138 x 185).166 Ed. Petrus Casola.167 94 fogli. Segnature: a-l8 m6. 27 linee. Carattere: 110 Gb. Stampato in nero e rosso. (Tav. IX) F. Ir (rosso) A laude de dio: qui se incomentiano: le le║tanie secundo lordine

ambrosiano: E ║ queste sono le letanie se fano: li primi tri gior║ni : da poy la dominica: si fa da poi lascensio║ne del nostro signore iesu christo: E si fano a ║ questo modo. El primo giorno cioe el lune║di … f. 32r (rosso) El secundo giorno de le litanie in el choro de ║ la giesia maiore: … f. 55r (rosso) EL terzo giorno de le litanie congrega║to el clero e lo populo in la giesia ma║iore … f. 82r FINIS. f. 82v. (rosso) Ad primam uersus. ║ (nero) DEus in adiutorium meum inten-║de … f. 87r Ad tertiam ... f. 89r Ad sextam ... f. 91v Ad nonam ... f. 94r. COLOPHON: Impresum Mediolani per Antonium ║ Zarotum Parmensem. Impensa ║ manoscritto contiene solamente i testi delle antifone che venivano cantate nelle stazioni e durante lo spostamento da una chiesa alla successive. 162 G. MORELLO, Libri d’Ore della Biblioteca Apostolica Vaticana. Catalogo della mostra. Salone Sistino, [Zürich], Belser, 1988. 163 I libri d’ore della Biblioteca Ambrosiana, a c. di C. MARCORA, Milano, L’Ariete, 1973, pp. 76-79, 105-06, 179, 191. 164 Libri d’ore della Biblioteca civica di Bergamo, introd. a c. di L. CORTESI- L. MANDEL, Cinisello B., A. Pizzi, 1971 («Monumenta Bergomensia», 29), p. 19-20. 165 Emblematico è al riguardo un decreto del 31 gennaio 1485, emanato dal Capitolo Metropolitano nei confronti dei cappellani della cattedrale, i quali non assolvevano ai propri doveri durante le celebrazioni e si facevano sostituire «per alios ignaros et variis gramatice vitiis notatos aliosque minus idoneos et qui legere nesciunt deserviri faciendo, in maximum cleri obprobrium et populi confusionem et scandalum plurimorum»: MARCORA, Due fratelli arcivescovi, cit., p. 370. 166 Misure dell’esemplare Milano, Cap. Metrop. II G 3-15. 167 La descrizione segue la traccia offerta da BMC VI 723. Ho aggiunto le indicazioni relative alle ore di Prima, Terza, Sesta e Nona.

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Petri Casole Ordinarii Eccle║sie Mediolanensis. ║ M.cccc.lxxxxiiii. Die ║ xxii. Aprilis. Re. Io║anne Galeazio ║Duce Se.

IGI 5768, Hain 10122, BMC VI 723 Esemplari conosciuti:168 Chicago, The Newberry Library; Londra, British Library,

IA.26076; Milano, Ambr., Inc. 618; Milano, Cap. Metrop., II G 3-13, II G 3-14, II G 3-15; Paris, Bibl. Nationale de France; Paris, Bibl. Mazarine; Torino, Bibl. Nazionale; Vaticano, Bibl. Apost. Vat., Inc. V 181; Venegono, Bibl. del Seminario Arcivescovile.

8. Il ‘Rationale cerimoniarum misse smbrosiane’ Il Rationale fu stampato il 18 giugno 1499 da Ambrogio de Caponago presso

Alessandro Minuziano (IGI 2543).169 Pietro Casola si proponeva con questo trattatello di illustrare il modo di celebrare la messa secondo il rito ambrosiano, quasi a complemento dell’opera intrapresa con la duplice pubblicazione del Breviario, non a caso menzionata nell’epistola al clero posta all’inizio del volume.170

Il Rationale si apre con una puntuale descrizione delle azioni compiute dal celebrante, che differiscono qualora egli celebri da solo o con l’ausilio di altri ministri, con o senza canto. Casola riporta inoltre i testi fissi della messa: le orazioni e le formule che il sacerdote deve recitare secrete, la confessio ante altarem, le formule conclusive delle orazioni, le parti dialogiche (saluto del celebrante, conclusione delle letture, dialogo all’inizio del prefazio, congedo), le benedizioni ai lettori, parte del canone intervallata da indicazioni rituali, il Pater noster. I ff. b v recto-b vii recto sono quasi interamente occupati dalle formule per la benedizione finale al popolo, che variano a seconda della festa o del periodo liturgico. L’ordo missae mortuorum, ai ff. b vii verso-b viii recto, illustra le differenze che intercorrono tra la messa per i defunti e lo schema tradizionale. Questa prima parte dell’opera può essere considerata il parallelo della rubrica introduttiva posta da Casola all’inizio del Breviario del 1490 e risponde alla medesima esigenza: offrire al celebrante indicazioni precise sul modo in cui doveva essere condotta la celebrazione. I primi Messali a stampa infatti, analogamente ai Breviari, non offrivano informazioni adeguate, limitandosi a poche rubriche inserite all’interno del canone. L’unico Messale in cui l’ordinarium missae è provvisto di una lunga rubrica in cui sono descritti i gesti del celebrante durante tutta la celebrazione è quello stampato da Antonio Zarotto nel 1488 (IGI 6545), e curato dal prevosto di S. Tecla Andrea Bossi.171 La questione rubricale aveva però già a più riprese attirato

168 La collocazione degli esemplari conservati è desunta da The illustrated ISTC on CD-rom, cit. Ove possibile sono state aggiunte le segnature. 169 Per il Minuziano vedi n. 89. 170 Rationale cerimoniarum misse ambrosiane 1499, f. a iir. 171 SASSI, Historia, cit., col. 290C; ARGELATI, Bibliotheca, cit., vol. II/2 col. 1847. Esperto in materia liturgica, oltre al Messale curò un’edizione di opere di s. Ambrogio, comprendente il Liber pastoralis, il De fide ad Gratianum, De spiritu Sancto, De incarnatione dominica, De obitu sancti Satyri, De bono mortis, De resurrectione et cruce Domini, Expositio super Pater Noster, apparsa il 16 giugno 1492 (IGI 433, GW 1613), per i tipi di Ulrich Scinzenzeler: SASSI, Historia, cit., col. 341A; ROGLEDI

MANNI, La tipografia a Milano, cit., scheda 66, e pp. 26 e 49; BILLANOVICH- FERRARI, La tradizione, cit., pp. 39-40 e p. 33, dove si ipotizza che il codice usato dal Bossi fosse il famoso libro di cui i milanesi reclamarono con violenza la restituzione, episodio che diede origine alla fama di avversario

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l’attenzione dell’autorità ecclesiastica, che cercò, senza successo, di porvi rimedio: il primo tentativo in proposito fu effettuato nel 1304 dall’arcivescovo Francesco da Parma, il quale, verificato lo stato di confusione che regnava nei libri liturgici, tentò di proporre una norma certa, assumendo come programma di riforma la Restauratio et informatio misse ambrosiane scritta dal cappellano Giovanni de Maridata.172 Un intento simile aveva mosso in tempi più recenti Francesco Della Croce, cui dobbiamo la copia dell’Expositio missae conservata nel manoscritto Parigi, Bibl. de l’Arsenal 221, donato da Cicco Simonetta al re di Francia Luigi XI.173 Una nota dello stesso Della Croce suggerisce una preoccupazione apologetica, di cui si farà erede il nostro Casola: «Hec volui notare et scribere ego Franciscus de la Cruce, decretorum doctor, primicerius et ordinarius ecclesiae Mediolanensis ut satisfactionem sit reprehendentibus». Il testo presenta però alcune difficoltà e potrebbe insinuare il dubbio che anche il colto primicerio non avesse una conoscenza troppo precisa delle cerimonie. Giordano Monzio Compagnoni osserva infatti che l’expositio non rispecchia la liturgia degli ordinari, ma del clero decumano. Inoltre il rito descritto sembra riflettere uno stadio liturgico anteriore rispetto a quello testimoniato dal Liber celebrationis missae ambrosianae, compilato da Giovanni Bello de Guerciis nel terzo quarto del XIV secolo e non la liturgia celebrata agli inizi del Quattrocento.174 Il Liber celebrationis è di particolare interesse, perché non si limita a descrivere l’azione rituale: il De Guerciis dichiara che il suo scopo principale è preservare dall’oblio la celebrazione dell’Eucarestia,175 poiché le norme che regolavano gli uffici divini rischiavano di essere dimenticate a causa dei frequenti interdetti che avevano colpito la città di Milano. E’ tuttavia possibile riconoscere nella sua compilazione anche una preoccupazione didascalico-catechetica. Il De Guerciis si cura di favorire la comprensione di formule e gesti, attraverso spiegazioni del significato dei riti che occupano quasi la metà della parte superstite del trattatello. Casola opera in modo simile: terminata la descrizione dell’ordo missae vero e proprio, ritiene utile proseguire con una spiegazione più dettagliata, affrontando il significato del termine «messa», precisando in quali luoghi essa debba essere celebrata e quali siano le caratteristiche del sacerdote e degli abiti utilizzati dai ministri (ff. c verso-c v verso). Viene poi spiegato il significato dei gesti compiuti della liturgia ambrosiana del cardinale Branda Castiglioni. Non è chiaro se il prevosto di S. Tecla Andrea Bossi e l’omonimo rettore della chiesa di S. Alessandro, menzionato in una bolla di papa Sisto IV, datata 17 luglio 1477, siano la stessa persona: il documento è riprodotto in Storia di Milano, cit., vol. VII p. 348. 172 MAGISTRETTI, Beroldus, cit., pp. 183-85. La descrizione della messa data dalla Restauratio si arresta però al canone. Su Francesco da Parma: R. PERELLI CIPPO, Fontana, Francesco († 1308), in Diz. della Chiesa Ambr., vol. II 1988 pp. 1250-51; M. NAVONI, Fontana, Francesco († 1308), in Diz. di liturgia ambr., cit., pp. 215-16. 173 E. CATTANEO, L’esposizione della messa ambrosiana donata da Cicco Simonetta al re di Francia, in «Ambrosius», a. XXIX 1953, pp. 180-87, con edizione del testo; BELLONI, Francesco della Croce, cit., p. 242. Sul Della Croce: M. FERRARI, Un bibliotecario milanese del Quattrocento: Francesco della Croce, in Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana, Milano, NED, 1981 («Archivio ambrosiano», 42), vol. X pp. 175-261; M. FERRARI, Della Croce, Francesco († 1479), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II 1988 pp. 1020-21; F. PETRUCCI, Della Croce, Francesco, in DBI, cit., vol. XXXVI 1988 pp. 794-96; BELLONI, Francesco della Croce, cit.; M. NAVONI, Della Croce, Francesco († 1479), in Diz. di liturgia ambr., cit., pp. 181-83. 174 G. MONZIO COMPAGNONI, Un trattato rituale trecentesco: il ‘Liber celebrationis misse ambrosiane’ di Giovanni Bello de Guerciis, in Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana, Milano, NED, 2001 («Archivio ambrosiano», 86), vol. XIX pp. 73-181, in particolare pp. 90-94. 175 Proemio, in MONZIO COMPAGNONI, Un trattato rituale, cit., p. 109, ll. 4-20.

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durante la celebrazione, degli oggetti usati e dei testi che vengono recitati (ff. d ii verso-g iii verso). Una spiegazione analoga è approntata per la messa per i defunti (ff. g iiii recto-g vii recto). Il Casola presta particolare attenzione alle differenze che intercorrono tra messa romana e messa ambrosiana: secondo il rito romano il sacerdote deve indossare prima l’amitto, poi il camice, ma Ambrogio ha stabilito che tali vesti debbano essere indossate nell’ordine inverso (f. c iiii recto); nella messa romana il Kyrie eleison viene recitato nove volte dopo l’introitus, in quella ambrosiana il Kyrie è recitato tre volte dopo il Gloria in excelsis, tre volte dopo il vangelo, e tre alla fine della messa (f. d recto); il canone romano non menziona i confessori (f. e vi recto). Casola ipotizza anche una derivazione dell’uso ambrosiano da quello greco (f. g v recto), che egli ha avuto modo di conoscere personalmente durante il suo viaggio in Terra Santa: «Subiectis igitur nonnullis cerimoniis oculo corporali gręcorum sacerdotum, dum in cretesi insula moram traherem, mente concepi eundem antistitem sanctissimum aliqua ex ipsis sumprisse» (f. b viii verso-c recto).

L’autore del trattato appare costantemente mosso da una preoccupazione allo stesso tempo pedagogica e apologetica: egli desidera incrementare l’istruzione del clero e di conseguenza la sua devozione, rendendolo consapevole dei gesti compiuti, ma anche dimostrare ai detrattori del rito ambrosiano la sapienza posta da Ambrogio nel plasmare il rito della sua chiesa, messa in ombra dalla negligenza dei suoi successori:

Descripto superius ordine et ritu celebrationis missę iuxta institutionem beatissimi

antistitis Mediolanensi et doctoris precipui Ambrosii, pro aliquali et rudi satisfactione nonnullorum, qui spreta tanti viri ordinatione non solum eam devote non recipiunt, sed quod deterius est aliqua ex parte irridere non erubescunt, sane credendum est beatissimum Ambrosium in cunctis operibus suis irreprehensibilem in huius misse institutione ratione non defecisse. Et si quis est quod fortassis animos scientium posset involvere, hoc non eidem antistiti sanctissimo, sed successorum suorum et aliorum sacerdotum ac clericorum Mediolanensium negligentia tribuendum iudicavi; quia hi qui scientia ac litteris floruere rudibus hanc rationem pandere noluerunt. Hi vero qui summam ignorantiam possederunt, muniti desidia, rationem iam in codicibus dudum descriptam inquirere neglexerunt.176

Convinto che una corretta esposizione possa permettere a coloro che criticano

l’operato del presule Ambrogio di rivedere le proprie posizioni, il Casola si accinge a riassumere brevemente quanto ha potuto apprendere «ex libello quodam quasi ex sterquilinio a me redempto, et antiquissimis figuris ac caracteribus et sine auctore descripto, adhibitoque Speculatoris volumine divinorum rationale nuncupato, ante visis codicibus maioris ecclesie, ne ab eis recederem». Se rimane ancora difficile immaginare quale testo possa celarsi dietro al libello sine auctore, è invece chiaro il riferimento alla massima autorità nel campo dei commenti alla liturgia, il Rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durando, lo speculator.177 Casola costruisce il proprio commento tramite la giustapposizione, più raramente la parafrasi, di excerpta dal trattato del Durando, in particolare dal Liber quartus, de missa et singulis que in

176 Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, f. c iiii verso. 177 L’opera che gli valse questo soprannome è lo Speculum iudiciale (o iuris): Guillelmi Durandi Rationale, cit., vol. III p. VII. Sul vescovo giurista e la sua opera: Guillaume Durand, Éveque de Mende (v. 1230-1296): Canoniste, liturgiste et homme politique. Actes de la Table Ronde du C.N.R.S., Mende 24-27 mai 1990, ed. P.-M. GY, Paris, CNRS, 1992.

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ea aguntur. Meno frequenti sono invece le citazioni dai libri I, II, III e VI.178 Casola, pur attingendo abbondantemente al materiale raccolto da Durando, è consapevole della necessità di armonizzare la fonte, che commenta la messa in rito romano, con l’oggetto della propria analisi, cioè la messa secondo il rito ambrosiano. Per questo egli non esita a riordinare gli excerpta adattandoli alle differenze rituali e a ricorrere alla testimonianza degli antichi Messali, perché la tradizione in essi contenuta possa continuare ad illuminare la prassi e a correggere gli errori che si sono insinuati in essa.179 Inserisce inoltre alcuni excursus per illustrare alcune particolarità ambrosiane, come la già menzionata triplice ripetizione del Kyrie eleison in momenti distinti della messa (f. d recto), la ripetizione frequente del Dominus vobiscum (f. d vi recto-verso, e ii recto), l’uso dell’offerta da parte dei Vecchioni180 (f. d viii verso), la posizione del Simbolo (f. e verso), una peculiare distinzione all’interno del canone (f. e vii verso-e viii recto). Il testo del trattatello contiene infine numerosi riferimenti a passi del Decretum Gratiani, in particolare ai trattati De consecratione181 e De paenitentia,182 e al Liber extra di Gregorio IX. Tali riferimenti si trovano anche nei manoscritti che tramandano l’opera del Durando, consegnati a note marginali, che nelle edizioni a stampa apparse in area italiana tra il XV e il XVII furono inserite nel corpo del testo.183 E’ possibile quindi che il nostro canonico leggesse il Rationale divinorum officiorum in una delle edizioni apparse negli anni precedenti.184

In linea con l’atteggiamento dimostrato nelle edizioni del Breviario e delle Litanie è l’attenzione nei confronti delle antiche fonti ambrosiane, in questa circostanza rappresentate dall’anonimo libello recuperato da Casola. Le sue parole, «quasi ex sterquilinio a me redempto»,185 tradiscono l’entusiasmo della scoperta: il canonico

178 Nell’ordine: Liber primus, de ecclesia et ecclesiasticis locis et ornamentis, de consecrationibus et sacramentis; liber secundus, de ministris et ordinibus ecclesiasticis et eorum officiis; liber tertius, de indumentis seu ornamentis sacerdotum atque pontificum et aliorum ministrorum; liber sextus, de officiis dominicarum et quarumdam feriarum et festivitatum Domini et ieiuniorum quatuor temporum. 179 Il referimento ai messali antichi è esplicito nel commento alla frazione del pane, accompagnata al tempo di Casola dalle parole «Corpus tuus fragitur Christe, calix benedicitur, sanguis tuus sit semper ad vitam et salvandas animas nostras» (f. b iii recto), all’inizio del canone (f. e iiii recto-verso). 180 Sulle funzioni della schola dei Vecchioni: F. RUGGERI, Vecchioni, in Diz. della Chiesa ambr., cit., vol. VI 1993 pp. 3850-51. 181 Decreti secunda pars, causa XXXIII, quaestio III [Tractatus de penitencia], in Decretum magistri Gratiani, in Corpus iuris canonici, ed. AE. FRIEDBERG, Lipsiae, B. Tauchnitz, 1922, vol. I coll. 1159-1247. 182 Decreti tertia pars de consecratione, in Decretum, cit., vol. I coll. 1293-1424. 183 Guillelmi Durandi Rationale, cit., vol. III p. 229. Per le fonti citate si vedano in particolare le pp. 29-31 e 239-45. 184 IGI registra dodici edizioni apparse in Italia prima del 1499: Roma, Ulrich Han e Simone Cardella, 23.VI.1473 (IGI 3617); Roma, Georg Lauer, 20.II.1477 (IGI 3623); Roma, Georg Lauer, 16.X.1477 (IGI 3624); Vicenza, Hermann Liechtenstein, 1478 (IGI 3625); Napoli, Mattia Moravo, 28.VII.1478 (IGI 3636); [Treviso, Michele Manzolo], 1479 (IGI 3628); Vicenza, Hermann Liechtenstein, 1480 (IGI 3629); Venezia, Gerog Walch, 18.V.1482, (IGI 3632); Venezia, Erhard Ratdolt, 8.XII.1485 (IGI 3635); Venezia, Guglielmo Anima Mia, 20.XI, 1487 (IGI 3638); Venezia, Boneto Locatello, 7.IV.1491 (IGI 3640), Venezia, Simone Bevilacqua, 14.III.1494 (IGI 3642). 185 Casola utilizza un lessico di ascendenza biblica: «sterquilinium» rimanda infatti alla figura di Giobbe coperto di piaghe (Iob 2,8) e al destino dei morti insepolti profetizzati da Geremia (Ier 8,2; 16,4; 25,33). Non è difficile tuttavia riconoscere in essa il parallelo di espressioni analoghe (tenebris, carcere, squalore et sordibus, …), che ricorrono con una certa frequenza negli epistolari umanistici, per indicare lo squallore del luogo in cui i codici riscoperti erano abbandonati: R. SABBADINI, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV, Firenze, Sansoni, 1967 («Biblioteca storica del Rinascimento», 4*), vol. I pp. 56 n. 83, 80 n. 39, 81-82 n. 41, 101, 104, 110.

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sembra porsi idealmente nella scia di coloro che nella prima metà del secolo avevano restituito all’attenzione degli umanisti opere perdute di classici. Era del resto ancora vivo il ricordo delle recenti esplorazioni condotte a Bobbio dal Merula tramite Giorgio Galbiato.186

CASOLA, Petrus. Rationale cerimoniarum misse Ambrosiane. [Milano],

Ambrosius de Caponago apud Alexandrum Minutianum, vigilia Gervasii et Protasii [18 giugno] 1499, in 4° (143 x 204).187

56 fogli. Segnature: a8-g8. Ultimo foglio bianco. 26 linee. Carattere 1: 111 R. Capitali stampate, e alcuni spazi bianchi, con lettere-guida. (Tav. X)

F. 1r Titolo: RATIONALE CERIMO║NIARVM MISSE ║AMBROSIANE. F. 2r, segn.

a ii: ¶Clero Mediolanensi Petrus Casola Ecclesiæ ║Mediolanensis canonicus ordinarius nuncupa║tus. S.P.D. ║ (N3)On dubito dignissimi confratres imbecilli║tatem ingenioli mei a multis (non tamen ina║ni iudicio) condemnatum iri. ... F. 3r, segn. a iii: Modus missam celebrandi iuxta institutionem diui ║Ambrosii Mediolanensis antistitis precipui. ║ (S3)Acerdos pręparando se ad missam celebran║dam primo induit camisium dicendo saltem ║ secrete hunc uersum. Dealba me domine: … F. 9r Segn. b: eleuet oculos deuote uersus celum. Et cum dicit Bene║ ... Termina a f. 55r, segn. g vi lin. 4: ... et illam osculando: dat ║ benedictionem populo dicendo Dominus noster iesus ║ christus qui est uita uiuorum et resurrectio mortuorum ║ uos benedicat: et perducat ad gaudia regni celorum. ║ R. Amen. ║AMBROSIVS DE CAPONA║GO IMPRESSIT APVD ║ALEXANDRVM MI║NVTIANVM. ║M.CCCC.LXXXXVIIII. ║VIGILIA SANCTO║RVM GERVA║SII ET PRO║THASII. F. 55v segn. g vi: ¶Habetis uenerabiles sacerdotes hunc meum mini║me ambitiosum laborem: sed summę charitatis plenum. ║ lin. 17: … Valete: Et Iesum sal║uatorem pro collega uestro uobis deditissimo orate. ║ F. 56 bianco.

GW 6157, IGI 2543, Hain 4552, BMC VI 791 Esemplari conosciuti:188 Amiens, Bibl. municipale, LESC 457, RES 483 A;189 Bergamo,

Bibl. comunale; Genova, Bibl. Universitaria; London, British Library, IA. 26903 , IA. 26904; Milano, Ambr., Inc. 718; Milano, Cap. Metrop., II G 3-7, II G 3-8; Milano, Braid., AM X 19190; Milano, Triv., Inc. D. 44; Milano, Univ. Cattolica, Inc. 12 (mutilo);191 New York, New York State Library; Oxford, Bodleian Library (2 copie); Palermo, Bibl. Comunale; Paris, Bibl. Nationale de France, Velins-1709; Parma, Bibl. Palatina; Roma, Bibl. Corsiniana, 47 A 7; Vaticano, Bibl. Apost. Vat., Inc. IV 610; Venegono, Bibl. del Seminario Arcivescovile; Venezia, Bibl. Naz. Marciana.

186 SABBADINI, Le scoperte, cit., vol. I pp. 156-64; M. FERRARI, Le scoperte a Bobbio nel 1493: vicende di codici e fortuna di testi, in «Italia medioevale e umanistica», a. XIII (1970), pp. 139-80. 187 Misure dell’esemplare Cap. Metrop. II G 3-8. 188 La collocazione degli esemplari conservati è desunta, salvo ove diversamente indicato, da The illustrated ISTC on CD-rom, cit.. Le segnature sono desunte dai cataloghi delle rispettive biblioteche. 189 I due esemplari sono stati individuati mediante la consultazione del Catalogue collectif des bibliothèques de France (http:\\www.ccfr.bnf.fr). 190 Questo esemplare appartenne al canonico del Duomo Francesco Castelli, come appare da una nota autografa posta sul primo foglio di guardia. Il Castelli appose anche numerose note nei margini del libro: alcune di esse sono correzioni, che segnalano un cambiamento nei testi che venivano recitati. Sul Castelli si veda: M. PALMA, Castelli, Francesco, in DBI, cit., vol. XXI 1978 pp. 713-14; F. RUGGERI, Castelli, Francesco (1505 c.- 1578), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II 1988 pp. 745-46. 191 FOFFANO, Edizioni del secolo XV, cit., p. 442 num. 12.

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9. Il diario del pellegrinaggio in Terra santa

L’opera che rivela nel modo più efficace la personalità di Pietro Casola è il diario del pellegrinaggio in Terra Santa, che il canonico stese dopo il suo rientro a Milano, partendo, come di consueto, da appunti presi durante il viaggio.192 Il suo racconto si inserisce in un filone che aveva goduto di larga fortuna già nel Medioevo, ma che nel corso del XV secolo cominciava ad allontanarsi da un certo schematismo, per arricchirsi di nuovi spunti narrativi legati all’esperienza personale degli autori. Esemplare al proposito è il resoconto del pellegrinaggio di Roberto da Sanseverino (1458),193 che si discosta da alcuni punti caratteristici degli Itineraria tradizionali: all’aspetto religioso del viaggio è dedicata un’attenzione piuttosto marginale, sono del tutto omessi testi delle preghiere da recitare nelle diverse circostanze e le liste di reliquie, le indulgenze lucrabili sono indicate solo sommariamente. Il Sanseverino preferisce riferire particolari avventurosi o curiosi e gli incontri con i notabili locali. Il suo viaggio, del resto, appare motivato più dall’esigenza di sondare l’effettiva potenza turca che da un reale desiderio di visitare i luoghi santi.194 I diari di Capodilista, che viaggiò insieme al Sanseverino, e di Santo Brasca, recatosi a Gerusalemme nel 1480, si mantengono invece più vicini agli Itineraria precedenti.195

Come già avevano fatto i suoi predecessori, anche il Casola si servì come traccia dei resoconti di altri viaggiatori: dichiara di conoscerli, senza però precisarne gli autori.196 Anna Paoletti nota punti di contatto tra il suo diario e quello del cancelliere sforzesco Santo Brasca: in alcuni passi il Canonico sembra voler completare il racconto del suo predecessore.197 E’ plausibile che egli avesse a disposizione una copia del diario di Brasca, apparso per la prima volta a stampa nel 1481 ([Milano], Leonhard Pachel e Ulrich Scinzenzeler: IGI 2052, GW 5073), e non possiamo escludere che i due si conoscessero di persona. Il silenzio di Casola rende però

192 Il testo è tradito dal manoscritto Triv. 141, sec. XV ex.-XVI in., cart., ff. 166, 185 x 277, scrittura di mano del sec. XV, come le correzioni apposte nei margini e nell’interlinea. Ai ff. 1r-165v si trova il testo del diario di Pietro Casola, acefalo e mutilo, mentre f. 166 contiene notizie sull’opera e su un possibile proprietario, Geronimo della Casa di Fromb. La scrittura di f. 166 è di mano cinquecentesca. Mancano inoltre i ff. 63 e 64, con parte della descrizione dell’isola di Candia. Il manoscritto fu usato, nel corso del XVIII secolo, da Carlo Trivulzio che se ne servì per ricostruire gli ultimi mesi del beato Francesco Trivulzio. Egli appose inoltre nei margini didascalie che sottolineano le notizie principali: G. PORRO, Catalogo dei codici manoscritti della Trivulziana, Torino, Fratelli Bocca, 1884 («Biblioteca storica italiana pubblicata per cura della R. Deputazione di Storia patria», 2), pp. 60-61; C. SANTORO, I codici medioevali della Biblioteca Trivulziana, Milano, Comune di Milano, Biblioteca Trivulziana, 1965, p. 22; Milano e gli Sforza, cit., p. 229; Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 61-63. 193 Felice et divoto ad Terrasancta viagio facto per Roberto de Sancto Severino (1458-1459), a cura di M. CAVAGLIÀ- A. ROSSEBASTIANO, Alessandria, Ed. Dell’Orso, 1999 («Oltremare», 9). 194 Felice et divoto, cit., pp. 7-31. 195 Viaggio in Terrasanta di Santo Brasca, 1480. Con l’itinerario di Gabriele Capodilista 1458, a cura di A. L. MOMIGLIANO LEPSCHY, Milano, Longanesi, 1966 («I cento viaggi», 4); Santo Brasca ricoprì in epoca sforzesca gli uffici di coadiutore del cancelliere e di cancelliere delle entrate ordinarie. Fu probabilmente anche referendario generale e commissario del sale nel 1498-99. Al ritorno di Massimiliano Sforza fu maestro delle entrate ordinarie e nel 1515 senatore ducale. Il Moro si servì di lui come ambasciatore. Compì il proprio viaggio in Terra Santa nel 1480: A. L. MOMIGLIANO-LEPSCHY, Brasca Santo, in DBI, vol. XVI 1972, pp. 56-59; S. MESCHINI, Luigi XII duca di Milano. Gli uomini e le istituzioni del primo dominio francese (1499-1512), Milano, Franco Angeli, 2004, pp. 243-44. L’itinerario di Gabriele Capodilista fu pubblicato per la prima volta intorno al 1475: IGI 2437, GW 6024. 196 Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 191. 197 Ivi, pp. 55-56.

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difficile identificare ulteriori fonti: limitandoci ai pellegrini milanesi dobbiamo ricordare Gian Giacomo Trivulzio, che si recò in Terra Santa nel 1476 con Guidantonio Arcimboldi, non ancora arcivescovo,198 e il nobile Girolamo Castiglione, che consegnò le sue memorie ad un’operetta stampata nel 1491.199

Il diario di Casola si discosta però in modo netto dai possibili modelli, nutrendosi delle osservazioni di uno spirito curioso e attento, che mette in primo piano non un itinerario ideale, ma ciò che cattura la sua attenzione. Il canonico ripercorre in ordine cronologico le tappe dell’itinerario di andata e ritorno, indicando giorni, mesi e festività liturgiche e descrivendo gli avvenimenti più interessanti di ogni giornata.200 Le località visitate durante il tragitto verso Venezia sono descritte con attenzione, indicando anche notizie sulla loro storia e sulle vicende politiche. Egli si sofferma sulle chiese principali e registra alcuni particolari che lo avevano colpito: le fontane di Brescia, ad esempio, vengono paragonate a quelle di Viterbo, ma ancor più stupefacente appare il luogo in cui lavorano i macellai;201 di Vicenza ricorda invece la lavorazione della seta, «cosa molto dignissima».202 Giunto a Venezia la sua descrizione si fa più minuziosa.203 Il Casola rimane profondamente colpito dall’intensa attività economica e non può fare a meno di esprimere la propria ammirazione, oltre che per la magnificenza degli edifici, per l’operosità dei Veneziani.204 La descrizione della città di Venezia occupa gran parte del diario, circa la metà dello spazio dedicato ai luoghi santi, tanto che Casola sente il bisogno di giustificarsi di tanta prolissità: egli afferma di non fare ciò per ingraziarsi i Veneziani, ma per obbedire alla richiesta di coloro che lo hanno incaricato di scrivere e per testimoniare di persona cose che egli a stento avrebbe potuto credere, se gli fossero state narrate.205 Una volta imbarcatosi, la galea e il mare offrono particolare spunto alla narrazione. Il mare, che negli itineraria precedenti tendeva a scomparire, assume invece nel resoconto del canonico un ruolo preciso: dilata le distanze, rallenta gli spostamenti e avvolge i luoghi, più o meno conosciuti, in una dimensione di mistero. Il mare accentua la precarietà e l’incertezza che caratterizzano il pellegrinaggio, mentre il dispiegarsi delle forze della natura diviene espressione della

198 Notizie del loro viaggio si ricavano da alcune lettere a Galeazzo Maria Sforza: E. Motta, Gian Giacomo Trivulzio in Terrasanta, in «Arch. st. lomb.», s. II, a. XIII 1886, pp. 866-78. 199 G. CASTIGLIONE, Fiore di Terra Santa, Roma, Eucharius Silber, [dopo il 2 V 1491]: IGI 2558, GW 6174. L’opera fu ristampata altre due volte nel corso del Quattrocento: Messina, Georg Ricker, [c. 1497] (IGI 2559, GW 6175) e Wilhelm Schömberger, 6 VIII 1499 (IGI 2560, GW 6176). Sull’autore: M. PALMA, Castiglione, Girolamo, in DBI, cit., vol. XXII 1979, pp. 91-92. 200 Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 28-29. L’anno in cui egli compì il pellegrinaggio non è esplicitato nel racconto e nemmeno l’identità del narratore. In entrambi i casi ci soccorrono indicazioni interne al testo, grazie alle quali è possibile giungere all’identificazione dell’autore con l’Ordinario Pietro Casola e a fissare la data del viaggio al 1494: Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 19-20, 30-31. L’anno può essere stabilito grazie alla menzione di due avvenimenti storici: la discesa di Carlo VIII in Italia e l’ascesa a nuovo duca di Milano di Ludovico il Moro. 201 Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 78: «Lì vidi ben questo commendabile, zoé uno loco grande, longho et spatioso, unde sono reducti tuti li macellari con tanta monditia qual, vedendo sì mondo, mi dava gran piacere, abundantissimo de ogni generatione di carne. Me fece stupire dicto loco per non haverne mai veduto uno simile». 202 Ivi, p. 81. 203 Ivi, pp. 36-37. 204 Ivi, pp. 37, 84-91. 205 I destinatari dell’opera non sono noti. Benché egli dichiari esplicitamente di aver composto il suo diario dietro richiesa, sembra comunque pensare ad una schiera di lettori più vasta: ivi, pp. 32, 83-84.

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volontà di Dio e segno della sua costante presenza.206 Le tappe del viaggio offrono al pellegrino l’occasione di descrivere città, le mercanzie che vi si trovano, ma soprattutto i costumi degli abitanti, osservati con curiosità e rispetto, benché possano suscitare in lui impressioni contrastanti. Nel suo racconto trovano spazio anche notizie curiose, probabilmente frutto di leggende: «Dicono esserli una insula che se chiama la insula de le Simie,207 la qual dicono essere de tanto bono aere, che lì se trovano homini de C, de CX, de CXX e anche de CXL anni. Un’altra insula chiamata la insula de sancto Nicola de Carichi,208 unde, maridando le loro fiole in dicta insula, non li danno in dota altro che una sapa e uno badile, e che, adoperandoli, mai non se frustano».209

La Terra Santa occupa nel diario uno spazio relativamente limitato, proporzionato al tempo che il pellegrino vi trascorse: meno di tre settimane su circa sei mesi di viaggio. Anche se lo scopo del pellegrinaggio era principalmente devozionale, nella sua opera non compaiono le tanto diffuse liste di indulgenze e di reliquie o i testi delle preghiere da recitare.210 Egli parla invece delle prediche tenute dal Trivulzio durante il viaggio in mare e delle meditazioni che prepararono l’arrivo dei pellegrini a Giaffa, mettendo in rilievo l’importanza della preparazione spirituale.211

Pietro Casola insiste continuamente sulla visione diretta delle cose riferite e pone la propria persona al centro della narrazione: egli si rivolge talvolta esplicitamente al lettore, con il quale intrattiene un dialogo continuo, ribadendo la veridicità delle cose narrate e giustificandosi per l’impossibilità di trascrivere tutto.212 Dal suo racconto riceviamo anche alcune informazioni di carattere pratico, come il tipo di abbigliamento adatto ai pellegrini o alcune delle spese che è necessario affrontare,213 ma è evidente che l’autore non voleva limitarsi al ruolo di guida. Egli non ripete ciò che era già stato scritto altre volte, ma trascrive giorno per giorno la realtà del suo viaggio personale, nei suoi più vari aspetti.214 La cifra più significativa dell’intero racconto risiede perciò nel continuo intervento dell’autore, che filtra continuamente i fatti narrati, ed esprime senza remore la propria opinione. In numerose circostanze egli rivela uno spirito vivace e arguto e una notevole capacità di adattarsi alle situazioni: una sera, ospite di un mercante lucchese si cimenta ai fornelli («io fece la cucina a la milanese, maxime una torta) e durante il viaggio si preoccupa affinché frate Francesco Trivulzio abbia da mangiare («Io feci la cucina al meglio che sapeva per reficiare el patre predicatore. A me ogni cosa era bono»).215

206 Ivi, pp. 43-45. 207 Oggi Simi, nell’omonima Baia a nord-ovest di Rodi: NEWETT, Canon Pietro, cit., cap. VIII. 208 Oggi Kherki: Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 308. 209 Ivi, p. 158. 210 Durante la visita al Monte degli Ulivi, dichiara (Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 191): «Io non li meto se lì dicesse antiphone, né oratione, perché queli patri non le dicevano; solo dicevano in latino e in volgare que erano quili loghi e altre non se diceva. Ben gli erano dreto de molti itinerarii, e italiani e ultramontani, in volgare e in latino, che ne facevano menzione, como alias se dicevano antiphone e oratione appropriate a quili loghi se visitaveno. Io dirò quello non è stato in effecto; credo, benché la grande freza haveva quili frati a monstrarci quili loghi, facesseno interlassare qualche cosa de l’usato». 211 Ivi, pp. 121, 131-32, 140-41, 168-71, 177, 236-37, 238. 212 Ivi, p. 32. 213 Ivi, p. 110. 214 Ivi, pp. 7-9. 215 Ivi, pp. 110 e 143.

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Le sue annotazioni sono spesso accompagnate da un sano realismo. Quando i compagni di viaggio si lamentano per la durata di alcuni scali, giudicata eccessiva, il Casola prende le difese del patrono della Galea, che preferiva muoversi con prudenza. Egli riconosce la verità delle recriminazioni avanzate dagli altri pellegrini, ma difende la propria posizione: «Io era el giudice de le controversie nascevano tra li peregrini e lo Patrono. E anche a me daveno qualche bocata, digando che io faceva bono el dicto del Patrono, perché etiam, stando in terra me faceva le spexe, a loro no; e questo era il vero, ma io spendeva più che loro».216 Anche le situazioni di maggiore sofferenza vengono tratteggiate con una punta di brio. Lo sconforto per il trattamento ricevuto dai Mori, una volta giunti al porto di Giaffa, ad esempio, si traduce in un quadro vivace: «Nam quilli tali signori tuti, intendando che la galea de peregrini era gionta, se armorono al Zaffo, e piantorono li sui paveglioni ex adverso de la galea, ita ch’el pariva fosse uno exercito che se paregiasse per fare guerra; e cossì era saltem a le borse de li peregrini».217 Non manca però, nelle parole del canonico, una vena moralizzatrice che non risparmia nessuno, dal bersaglio prevedibile offerto dai «cani mori» ai milanesi, criticati spesso per i costumi volubili, per la smodatezza nel bere,218 per lo scarso rispetto nei confronti degli edifici di culto219 e anche per una certa disonestà.220 La sua vena mordace non risparmia neppure i religiosi. Frate Francesco Trivulzio viene bollato nella sua abitudine di confortare i pellegrini con le sue prediche, indice certamente di animo pio, ma poco attento ai bisogni materiali.221 Il vescovo di Brescia è invece accusato di non curarsi troppo delle cerimonie.222 La sua condizione di ecclesiastico non gli impedisce infine di confessare che talvolta le prediche o le celebrazioni sono noiose: si vedano i rimproveri mossi al predicatore della cattedrale di Lesna223 e al modo in cui celebravano l’ufficio i frati veneziani di S. Giorgio maggiore.224

216 Ivi, pp. 254-55. 217 Ivi, pp. 171. 218 Annotando che gli abitanti di Ragusa non possono tenere vino in casa, osserva: «Forse che quando se servasse questa constuma a Milano, non li sarebbeno tante podagre quante li sono et ad homini et a donne»: ivi, p. 131. 219 Ivi, p. 94: «[...] solum dirò in genere che la più abiecta parochia di Venezia è più ornata che la più forbita de Milano». Ancora a p. 107 il Casola si sofferma sui paramenti indossati durante la processione del Corpus Domini dai religiosi veneziani, che andavano tutti «con ogni loro proforzo de paramenti, belli e dico belli, ita che nui altri non li possiamo andare dreto; nam vidi tal pluviale che haveva tra el frixo e lo capino tante perle, tanto grosse e belle, ch’el me pariva valesse tuti li paramenti del paese nostro». 220 Ivi, pp. 26-27. 221 Ivi, p. 236: «[...] e lì fece una bella predica (era la penultima a quello santo homo) e li confortava la brigata a non havere tanta solicitudine cerca le cose del mondo, como pariva, se havesse. A lui faceva bono dire perché non li mancava, ma a molti chi odivano a chi manchava, non bastava el dire». 222 Ivi, pp. 276-77: «et era lì el prefato domino lo Vescovo el quale, al mio vedere, doveva esser stato poco in Corte di Roma a imperare (sic) cerimonie e gravitati episcopale, e, se pur le haveva imparate, poche ne usava; e basta». Vescovo di Brescia era in quegli anni Paolo Zane, morto nel 1531: C. EUBEL, Hierarchia catholica medii aevi, Monasterii, Typis Libr. Regénsbergianae, 19142, vol. II p. 111. 223 Ivi, p. 265: «Audita la missa andoromo a la giesia catedrale per odire la predica, la qual predica non era simile a quelle faceva el quondam domino fra Francesco Triulcio, le quale incitaveno l’homo al odire e questa incitava al rasonare et etiam al dormire». 224 Ivi, p. 272: «domino Jeronimo di Zorzi, alora per la signoria declarato oratore al Papa [...] prima me condusse a odire vespero a Sancto Georgio Mazore, el quale era tanto rincrescevole de odire, per el modo de l’offitiare di frati, che fu forza se levasseno». Girolamo Giorgi, figlio di Francesco, fu ambasciatore della Repubblica di Venezia a Costantinopoli dal 1475. Nel 1494 fu nominato

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Casola non si accontenta quindi di un resoconto rapido e tecnico, ma colora il suo racconto di umorismo, ironia arguta nei confronti delle proprie debolezze e di alcuni costumi altrui: esemplari sono le critiche bonarie rivolte alla volubilità dei milanesi in materia di mode o i giudizi espressi sull’abbigliamento delle donne veneziane.225 Così, dopo essere riuscito ad evitare di «eleggere uno pesse» per sua sepoltura, Pietro Casola ci consegna un diario che supera la prospettiva impersonale delle narrazioni precedenti e imprime una svolta decisa ad un genere verso il quale è comunque debitore.

La vasta opera intrapresa dal canonico Pietro Casola rivela un intento preciso, che la distingue in modo netto dall’attività dei contemporanei: essa è tutta tesa ad una comprensione più autentica della liturgia ambrosiana, abbracciata nella sua complessità. Tale comprensione si attua con un lavoro di indagine accurata condotta sulle fonti, che non si risolve in mero archeologismo o nella riproposta di modelli passati. Casola dimostra la capacità di interrogare criticamente la tradizione per trarre da essa istruzioni che siano guida all’agire presente in ambito cerimoniale. L’obiettivo di offrire al clero ambrosiano strumenti funzionali non è raggiunto tramite una costruzione arbitraria, ma grazie alla consapevolezza che la prassi si inserisce in una storia liturgica di cui la chiesa cattedrale era, e deve continuare ad essere, custode e garante, magari tramite le nuove possibilità offerte dalla stampa. La sua attenzione alle fonti si inserisce in un clima culturale, quello del tardo Quattrocento milanese, di cui si conosce ancora poco. Ulteriori indagini sulla vita e l’opera del Casola, che si dimostra anche narratore avvincente, potranno quindi contribuire a delineare un quadro più preciso di questa stagione dell’umanesimo lombardo.

ambasciatore ordinario di papa Alessandro VI e nel 1498 fu inviato, come oratore straordinario, a rendere omaggio al nuovo re di Francia Ludovico XII: ivi, pp. 334-35. 225 Ivi, pp. 13 e 100-102.