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NEWSLETTER N ° 2 GIUGNO 2015

NEWSLETTER N ° 2 GIUGNO 2015 · 2015. 5. 22. · Il seminario centrato sul ruolo della scuola dell'infanzia nella costruzione del curricolo verticale ... condizione irrinunciabile

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NEWSLETTER N ° 2

GIUGNO 2015

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Nella cultura pedagogica europea che cia

-scun paese ha promosso in questi ultimi cin-quant’anni assieme al valore accordato alla conoscenza e alla comprensione dell’in-fanzia e del suo crescere in contesti di cura educativa dedicata, si è fatto strada contem-poraneamente il rischio di una frammenta-zione dell’approccio con cui ciascun paese, nella sua dimensione singolare, guarda al bambino, e ancor più alle politiche dedicate allo sviluppo e consolidamento dei servizi educativi e scuole dell’ infanzia. Ciò ha prodotto o produce in alcuni casi una visione parziale del fenomeno ben più vasto entro il quale l’educazione si genera e sviluppa, con il rischio di riconoscere solo in alcune realtà notoriamente accreditate, il punto di riferimento da assumere o peggio ancora replicare.Alcune di queste realtà si sono così cultural-

criticarle o obiettarle. Non è un caso che si siano trasformate in miti. Lo sono diven-tate per merito, per capacità divulgativa, per aver offerto alla cultura dell’infanzia un contributo inequivocabile, tale da dive-nire paradigmatico per tutti coloro che di quell’approccio ne hanno fatto motivo di approfondimento e di elaborazione. Tali ap-procci tuttavia, nel momento in cui vengono assunti come modelli, cessano di mantenere

soprattutto all’interno dei contesti in cui si esprimono, connotazioni rischiosamente

cui si appellava ieri anche Luigina Mortari, che hanno nutrito la cultura europea di cui

dei miti, esortandoci a metterli in discussio-ne, a criticarli poiché chi rinuncia alla crisi delle idee si espone al rischio del disorien-tamento, mentre il pensiero più avventuroso e libero di incontrare idee nuove, è quello che consente di allargare gli orizzonti, e ciò

produce più apertura mentale e una mag-giore attitudine a comprendere, valutare, vivere.Nei programmi locali sia a livello regio-nale,distrettuale, comunale o municipale in diversi paesi europei si è fatta strada la consapevolezza che “i contesti, le istituzioni e le associazioni presenti sul territorio de-vono essere intesi come risorsa nel raccor-do con i servizi educativi e scolastici nella progettazione di percorsi integrati; in par-ticolare lo scambio deve facilitare le cono-scenze tra operatori e servizi che a diverso

-do la possibilità che i servizi stessi in rete, accogliendo i bambini e le famiglie possano favorire percorsi di democrazia partecipata e luoghi di coesione sociale” Da questi indirizzi è maturata la consape-volezza sempre più diffusa che è vitale per servizi educativi andare ad immaginare e proporre nuove esperienze intorno alla co-struzione e valorizzazione di un sistema di welfare, e questo dinamismo è molto soste-

il quale sostiene che ““un terreno emble-matico in tale direzione è la costruzione di un nuovo welfare e di una “società della cura”. Tale costruzione si ispira al princi-pio universalistico, sia per quanto riguarda i destinatari, sia per quanto riguarda gli obiettivi, che riconosce come beni pubbli-ci non solo quelli prodotti dallo stato, ma anche quelli prodotti dagli attori sociali per la collettività” Sul piano epistemologico peraltro la cura educativa, nell’accezione che ne da Mortari ossia della cura dell’anima che si esprime nella capacità di avvertire il tessuto emoti-vo dell’altro, per la sua pregnanza etica, comporta sempre il riferimento esplicito al pensiero della complessità ben espresso in differenti scritti di Morin: il prendersi cura esce dall’esperienza privata e si propone

Condividiamo il testo della relazione presentata da Sandra Benedetti a nome della Regione Emilia Romagna nell'ambito del l 3° Seminario nazionale sulle Indicazioni nazionali che si è svolto a Bologna il 24 e 25 marzo 2015 con il titolo:”Alcune considerazioni per una buona scuola... dell’infanzia“. Il seminario centrato sul ruolo della scuola dell'infanzia nella costruzione del curricolo verticale dai 3 ai 13 anni ha visto la presenza di insegnanti delle scuole dell'infanzia statali e paritarie e di coordinatori e dirigenti scolastici che si sono confrontati sulle esperienze presentate nei diversi workshop.

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significativo inerente l’etica pubblica.

Queste considerazioni hanno orientato i decisori politici e gli amministratori locali di alcune regioni, come la nostra, e paesi europei a sostenere nei programmi annua-li e triennali percorsi formativi rivolti al personale educativo dei servizi, orientati ad offrire loro occasioni di scambio tra profes-sionalità diverse, messe in valore da buone esperienze, da contaminazioni di saperi fra operatori di diverse appartenenze: insomma un dialogo interdisciplinare assunto come condizione irrinunciabile per lo sviluppo di una comunità educante partecipata.

Nel praticare il confronto con altre realtà ci si è resi conto che non si può dare per scontato che l’incontro tra diverse realtà sia di per se formativo e generativo; è stato ed è importante dichiarare che lo spirito del confronto non può essere quello del “io ti do solo se tu mi dai”, così come la ricerca di un senso nel parlare delle proprie espe-rienze, non può essere ridotto solo ad una sterile trasmissione di informazioni. Nella proposta per es degli scambi pedago-gici interculturali in una prospettiva locale, ma anche europea, coloro i quali si sono im-pegnati in un lavoro di reciproca costruzio-ne del “riconoscimento di dell’altro come parte di sé” e della “esperienza dell’altro come parte della propria” lo hanno fatto nella convinzione che solo nella costruzione di dialoghi sulle proprie, diverse e speci-fiche identità, si possano svelare aspetti “trasformativi”, ossia capaci di attivare dialettiche processuali in grado di generare nuove interazioni e relazioni: un’operazione che Bruner definisce “espansione” ovvero messa in rete.

L’imparare con altri consente di promuo-vere un pensiero ecologico, eco-sistemico, capace di connettere le parti degli interlo-cutori in gioco, i punti di vista, rispettando le loro originalità e i diversi apporti: ovvia-mente non è un processo facilmente acces-sibile, richiede disponibilità e competenze: significa abitare la dimensione dei confini, lavorare tra il noto e l’incerto, tra i valori teorici che orientano e l’indefinito di prati-che quotidiane che si desidera generare.

E’ evidente come da queste premesse in questi anni il lavoro che abbiamo svolto come Regione ha assunto prima di tutto come primo obiettivo l’esplicitazione delle diverse identità pedagogiche, aspetto questo che implica la messa in comune dei riferi-menti culturali sottesi alla propria cultura pedagogica tra i diversi soggetti gestori, per declinarne gli aspetti relativi alla centralità del bambini, ma anche in relazione al suo rapporto con la rete familiare di appar-tenenza, non trascurando le connessioni con il reticolo di relazioni che rappresenta nell’insieme il contesto di vita nel quale il bambino e la sua famiglia di appartenen-za vivono. E questo per rafforzare ciò che Ceruti sostiene quando afferma che : “…E’ necessario un cambiamento di prospettiva, a cominciare dal riconoscimento del fatto che i sistemi educativi fanno parte a pieno titolo, anzi costituiscono il fondamento del nostro modello di welfare: un riconoscimen-to per nulla acquisito nonostante le afferma-zioni sull’importanza della formazione” A questo proposito ci pare che non sia ininfluente ricordare il lavoro costante dei coordinatori pedagogici e delle équipe educative sui i passaggi che strutturano la personalità del bambino e che sono da riferimento per caratterizzare un’azione educativa intenzionale: - il senso di sicurezza di fiducia e di stima che il contesto gli rimanda- l’importanza dello sperimentare con tutto il corpo, con il sistema emozionale e non solo cognitivo, di fare esperienze, di ripeterle per consolidarsi nell’i-dentità e negli apprendimenti- l’uso dello spazio e del contesto fisico, dei materiali a disposizioni per sperimentare- l’acquisizione dell’autonomia, cioè il diventare capaci di stare, lavorare, giocare insieme agli altri- l’apprendere a rapportarsi con adulti diversi dai propri genitori- l’imparare a rispettare piccole regole ma fonda-mentali nella vita di comunità- l’imparare a differire i propri desideri a decentrarsi dal sé per mettersi in empatia con l’altro - la capacità progressiva a tollerare le difficoltà, le piccole frustrazioni, i piccoli graffi come diceva ieri Guerra;- la capacità di stabilire una pausa tra gli stimoli e la pulsione: l’educazione deve avere il tempo di inserire uno iato in cui si incunea il pensiero che necessita di un tempo di elaborazione. E i servizi sono i luoghi in cui si possono creare i tempi giusti per i bambini e i genitori imparano a fare i genitori collaborando e confrontandosi ed educando anche alla

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inteso promuovere la continuità educativa orizzontale, attraverso il confronto con tutte le istituzioni e le agenzie educative presenti sul territorio. La L.R. 6/83, estremamente innovativa dal punto di vista del riconosci-mento della rete locale dei servizi educativi e scolastici, ha creato le premesse culturali all’introduzione del concetto di sistema, che verrà ripreso e ampliato dalla legislazione regionale successiva (L.R. 52/1995, L.R. 10/1999) attraverso la costruzione di un sistema misto di scuole dell’infanzia pubbli-che e private, riconoscendone la funzione educativa svolta da decenni nel territorio regionale.

Tuttavia l’investimento regionale verso un sistema di scuole dell’infanzia articolato ed integrato diventa ancor più evidente nel ‘95 quando la legge regionale n. 52, oltre a confermare l’impianto della precedente legge, riconosce quale obiettivo prioritario nell’ambito del diritto allo studio la realiz-zazione di un sistema integrato di scuole dell’infanzia – pubbliche e private - basato sul progressivo coordinamento e sulla col-laborazione tra le diverse offerte educative, in una logica di qualificazione delle stesse, promuovendo convenzioni tra gli Enti locali e le scuole dell’infanzia gestite da altri Enti senza fini di lucro. Con la successiva legge regionale n. 10 del 1999 oltre a confermare i principi a cui si erano ispirate le precedenti leggi si riba-disce “la promozione e la qualificazione di un sistema formativo integrato tra la scuo-la, la formazione professionale e i lavoro fondato sulla autonomia delle istituzioni scolastiche e su uno stretto rapporto con il territorio, anche tramite accordi o protocol-li, finalizzati alla diffusione della integrazio-ne fra questi sistemi (…)”. Infine la legge regionale n. 26 del 2001, at-tualmente vigente, in accordo con le norme contenute nella legge nazionale n. 62/2000 disciplina gli interventi per il diritto allo studio e all’apprendimento per tutta la vita e, contemporaneamente, supera il preceden-te sistema di sostegno finanziario regionale alle scuole dell’infanzia convenzionate con le Amministrazioni comunali - che era im-perniato rigidamente sul numero di sezioni .

perseveranza; - la capacità di esprimere competenze che non vuole dire sapere molte cose, ma utilizzarle rielaborandole secondo un pensiero autonomo e creativo - la capacità di divenire co-costruttore di cultura e conoscenza per sé e per gli altri, adulti e coetanei , che lo affiancano.

Per rispettare questi passaggi la scuola dell’infanzia qualsiasi sia la sua matrice, laica o religiosa, deve fare propria la peda-gogia dell’ascolto del bambino e del benes-sere che passa anche attraverso il rispetto della relazione e dei suoi tempi; per questo molti dubbi si paventano dinnanzi ad una pedagogia dell’accelerazione o dell’antici-po, una pedagogia che rinuncia al corpo, alle esperienze dirette, alla ricerca. Ma un impianto pedagogico deve essere sostenuto da uno scaffolding legislativo adeguato e robusto; allora cosa può fare in più una regione per non disperdere il patri-monio di esperienze maturate da un’ attenta ricerca e da un’assidua pratica operativa pedagogica? Proprio un’operazione di profondo rammendo inteso come arte di legare, unire, connettere e, come nel ram-mendo, tentare di conservare, innovando.Da questa prospettiva alla regione compete potenziare la cura degli assetti istituzionali e normativi in cui gemmano e si sviluppano i programmi politici che danno luogo alla costruzione di un welfare dedicato all’infan-zia e alle famiglie.Molto spesso nei documenti pedagogici sono poco esplicitate le cornici normative e legislative che sorreggono l’impalcatura sulla quale poggiano i servizi per l’infan-zia, mentre centrale appare invece la loro conoscenza come sfondo di senso in cui collocare le azioni e i programmi, consen-tendo in tal modo anche la loro valutazione in termini di efficacia e sostenibilità;Una prima tappa normativa risale al 1983, quando la regione, unitamente agli Enti locali, ha predisposto un quadro normativo che attraverso la L.R. n. 6/1983, nell’ambito del diritto allo studio, ha sostenuto con pro-prie risorse - oltre che i diritti di accesso per i bambini e le bambine - anche la qua-lificazione della scuola dell’infanzia, cer-cando di favorire uno stretto raccordo sia con i nidi d’infanzia che con le istituzioni scolastiche. Allo stesso tempo la Regione ha

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In altre parole, alla luce delle funzioni di programmazione che le sono proprie, la Regione ha - con questa legge - puntato al finanziamento della qualità del sistema integrato, prevedendo finanziamenti rivolti a progetti di qualificazione dell’intero siste-ma; a questi si aggiungono i progetti volti al miglioramento del contesto dell’offerta educativa delle scuole paritarie private, nell’intento di garantire ad ogni bambino pari opportunità educative, indipendente-mente dal tipo di scuola frequentataGli indirizzi triennali della legge regionale 26/2001 sono quindi finalizzati a rafforzare il sistema pubblico/privato nella convinzio-ne che piuttosto che escludere dal partena-riato nell’offerta di servizi, sia più produt-tivo includere i diversi orientamenti che si traducono in offerte gestionali certamente vincolate da regole comuni e da una preci-sa governance dell’ente pubblico che deve assumersi l’onere e la responsabilità della regolazione dell’intero sistema.Queste finalità possono essere perseguite tramite:1) interventi (progetti e azioni) presentati da aggre-gazioni di scuole dell’infanzia del sistema nazionale di istruzione, costituite da due o più scuole (anche di diverse tipologie gestionali) tra quelle che aderisco-no al sistema nazionale di istruzione; 2) interventi (progetti e azioni) presentati da aggre-gazioni di scuole dell’infanzia degli Enti locali, non aderenti al sistema nazionale di istruzione:o composte esclusivamente da scuole comunali e rappresentate da un Comune capofila;o costituite anche da scuole del sistema nazionale di istruzione (statali, private paritarie, degli enti locali paritarie) comunque rappresentate da un Comune capofila.3) intese tra Regione ed Enti locali e associazioni delle scuole paritarie private.Gli indirizzi introdotti delle leggi regionali 1/00, 26/01 e 14/2008 rafforzano alcune piste per noi oramai irrinunciabili sorrette appunto, per es, per quel che riguarda il rapporto con il privato parita-rio da specifiche intese sottoscritte da FISM, FOE e Legacooperative oltre che a schemi di convenzioni in cui includere alcuni punti irrinunciabili tra i quali:•Adozione di una maggiore flessibilità degli orari per facilitare l’accesso delle famiglie a questi servizi;•Diffusione della compresenza del personale sui turni per innalzare la qualità degli interventi rivolti ai bambini sia per quanto riguarda il rapporto nu-merico, sia per quanto riguarda la realizzazione del progetto pedagogico; •Azioni di miglioramento del contesto, con partico-lare riguardo alla congruenza tra organizzazione e qualità degli spazi e degli arredi nelle sezioni come nei luoghi in cui si realizza la comunicazione in entrata e in uscita con i genitori;

•Interventi di raccordo tra le scuole dell’infanzia i servizi integrativi del territorio e la scuola dell’ob-bligo; •Azioni di promozione della partecipazione dei genitori; •Diffusione delle esperienze condotte attraverso il perfezionamento della documentazione dell’attività svolta per favorire la trasmissibilità e il confronto delle esperienze (da prevedere come priorità tra le azioni suindicate). E ancora •fare leva sui coordinamenti pedagogici come ga-ranti della governance educativa e affinché condi-vidano, in una medesima sede territoriale indicata come sede del CPP, le linee comuni di orientamento da assumere per es. nei confronti dei genitori che decidano di anticipare l’ingresso dei loro figli, ac-compagnandoli in una sorta di consulenza per essere consapevoli dei punti di forza e di debolezza del passaggio; a questo proposito vale la pena ricordare il valore della sperimentazione del coordinatore pe-dagogico nelle scuole dell’infanzia statali realizzato e finanziato dalla regione per cinque anni, nell’ottica della continuità con i servizi educativi ma anche con le stesse scuole dell’infanzia del sistema integrato. Ciò ha prodotto a detta delle docenti e dei dirigenti scolastici un’ impulso positivo alla progettazione integrata nei territori dove ne hanno fatto esperienza (Bologna, Pavullo nel Frignano e Unione comuni montani, Faenza, Fidenza, Comuni area prov.le di Reggio Emilia; Piacenza, Copparo) • fare leva sulla qualificazione del sistema dei servizi educativi 0-6 anni e delle scuole dell’infanzia sostenendo i progetti di qualificazione da essi realiz-zati e presentati alle Province e dalle Province alla regione;• facilitare e promuovere i progetti di conti-nuità orizzontale e verticale che possano sostanziarsi su una efficace documentazione da divulgare oltre che tra le famiglie e gli amministratori, anche al pri-mo ciclo della scuola primaria;si tratta di recepire come irrinunciabile ciò che viene dichiarato nel di-segno di legge sulla buona scuola appena approvato dal governo, e in dibattito al parlamento, laddove si afferma che le premesse per un buon atterraggio nel sistema scolastico vanno previste nel raccordo tra servizi per bb da 0 a 6 anni che lo precede, e nella continuità tra questi due tipologie di servizi e scuole entrambi orientate a valorizzare le competenze dei bambini facendo leva non già sui precocismi infanti-li, ma sulla costruzione degli apprendimenti plurimi, attraverso lo sfondo integratore delle attività di gioco che sono a tutti gli effetti le dimensioni ideali per strutturare gli scafolding sui quali appoggiare gli apprendimenti cognitivi, emotivi, relazionali.• ampliare il raggio d’azione degli scambi pedagogici, oltre il perimetro del proprio campani-le, perché è solo nel melting pot pedagogico che si favorisce una consapevolezza sulle differenti identità dei servizi educativi e scolastici, sui loro modelli organizzativi e gestionali oltre che quelli pedagogi-ci, ciascuno dei quali va ricondotto ad una idea di bambino contemporaneo che va dichiarata.

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In altre parole, alla luce delle funzioni di programmazione che le sono proprie, la Regione ha - con questa legge - puntato al finanziamento della qualità del sistema integrato, prevedendo finanziamenti rivolti a progetti di qualificazione dell’intero siste-ma; a questi si aggiungono i progetti volti al miglioramento del contesto dell’offerta educativa delle scuole paritarie private, nell’intento di garantire ad ogni bambino pari opportunità educative, indipendente-mente dal tipo di scuola frequentataGli indirizzi triennali della legge regionale 26/2001 sono quindi finalizzati a rafforzare il sistema pubblico/privato nella convinzio-ne che piuttosto che escludere dal partena-riato nell’offerta di servizi, sia più produt-tivo includere i diversi orientamenti che si traducono in offerte gestionali certamente vincolate da regole comuni e da una preci-sa governance dell’ente pubblico che deve assumersi l’onere e la responsabilità della regolazione dell’intero sistema.Queste finalità possono essere perseguite tramite:1) interventi (progetti e azioni) presentati da aggre-gazioni di scuole dell’infanzia del sistema nazionale di istruzione, costituite da due o più scuole (anche di diverse tipologie gestionali) tra quelle che aderisco-no al sistema nazionale di istruzione; 2) interventi (progetti e azioni) presentati da aggre-gazioni di scuole dell’infanzia degli Enti locali, non aderenti al sistema nazionale di istruzione:o composte esclusivamente da scuole comunali e rappresentate da un Comune capofila;o costituite anche da scuole del sistema nazionale di istruzione (statali, private paritarie, degli enti locali paritarie) comunque rappresentate da un Comune capofila.3) intese tra Regione ed Enti locali e associazioni delle scuole paritarie private.Gli indirizzi introdotti delle leggi regionali 1/00, 26/01 e 14/2008 rafforzano alcune piste per noi oramai irrinunciabili sorrette appunto, per es, per quel che riguarda il rapporto con il privato parita-rio da specifiche intese sottoscritte da FISM, FOE e Legacooperative oltre che a schemi di convenzioni in cui includere alcuni punti irrinunciabili tra i quali:•Adozione di una maggiore flessibilità degli orari per facilitare l’accesso delle famiglie a questi servizi;•Diffusione della compresenza del personale sui turni per innalzare la qualità degli interventi rivolti ai bambini sia per quanto riguarda il rapporto nu-merico, sia per quanto riguarda la realizzazione del progetto pedagogico; •Azioni di miglioramento del contesto, con partico-lare riguardo alla congruenza tra organizzazione e qualità degli spazi e degli arredi nelle sezioni come nei luoghi in cui si realizza la comunicazione in entrata e in uscita con i genitori;

•Interventi di raccordo tra le scuole dell’infanzia i servizi integrativi del territorio e la scuola dell’ob-bligo; •Azioni di promozione della partecipazione dei genitori; •Diffusione delle esperienze condotte attraverso il perfezionamento della documentazione dell’attività svolta per favorire la trasmissibilità e il confronto delle esperienze (da prevedere come priorità tra le azioni suindicate). E ancora •fare leva sui coordinamenti pedagogici come ga-ranti della governance educativa e affinché condi-vidano, in una medesima sede territoriale indicata come sede del CPP, le linee comuni di orientamento da assumere per es. nei confronti dei genitori che decidano di anticipare l’ingresso dei loro figli, ac-compagnandoli in una sorta di consulenza per essere consapevoli dei punti di forza e di debolezza del passaggio; a questo proposito vale la pena ricordare il valore della sperimentazione del coordinatore pe-dagogico nelle scuole dell’infanzia statali realizzato e finanziato dalla regione per cinque anni, nell’ottica della continuità con i servizi educativi ma anche con le stesse scuole dell’infanzia del sistema integrato. Ciò ha prodotto a detta delle docenti e dei dirigenti scolastici un’ impulso positivo alla progettazione integrata nei territori dove ne hanno fatto esperienza (Bologna, Pavullo nel Frignano e Unione comuni montani, Faenza, Fidenza, Comuni area prov.le di Reggio Emilia; Piacenza, Copparo) • fare leva sulla qualificazione del sistema dei servizi educativi 0-6 anni e delle scuole dell’infanzia sostenendo i progetti di qualificazione da essi realiz-zati e presentati alle Province e dalle Province alla regione;• facilitare e promuovere i progetti di conti-nuità orizzontale e verticale che possano sostanziarsi su una efficace documentazione da divulgare oltre che tra le famiglie e gli amministratori, anche al pri-mo ciclo della scuola primaria;si tratta di recepire come irrinunciabile ciò che viene dichiarato nel di-segno di legge sulla buona scuola appena approvato dal governo, e in dibattito al parlamento, laddove si afferma che le premesse per un buon atterraggio nel sistema scolastico vanno previste nel raccordo tra servizi per bb da 0 a 6 anni che lo precede, e nella continuità tra questi due tipologie di servizi e scuole entrambi orientate a valorizzare le competenze dei bambini facendo leva non già sui precocismi infanti-li, ma sulla costruzione degli apprendimenti plurimi, attraverso lo sfondo integratore delle attività di gioco che sono a tutti gli effetti le dimensioni ideali per strutturare gli scafolding sui quali appoggiare gli apprendimenti cognitivi, emotivi, relazionali.• ampliare il raggio d’azione degli scambi pedagogici, oltre il perimetro del proprio campani-le, perché è solo nel melting pot pedagogico che si favorisce una consapevolezza sulle differenti identità dei servizi educativi e scolastici, sui loro modelli organizzativi e gestionali oltre che quelli pedagogi-ci, ciascuno dei quali va ricondotto ad una idea di bambino contemporaneo che va dichiarata.

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Il secondo obiettivo è rappresentato dalla esplicitazione dei criteri di valutazione della qualità del gesto educativo adottati da cia-scuna scuola, criteri che rendano coerente l’azione tra dichiarato e praticato.Anche in questo senso la molteplici azioni (seminari, sostegno a Comuni e soggetti che hanno introdotto sistemi di valutazione mirati) promuovono e sostengono progetti di qualificazione: insomma la regione con il percorso sulla sperimentazione delle linee guida per la regolazione del sistema di qualità nei servizi 0-3, intende incoraggiare esperienze di ricerca e di ricerca-formazio-ne in contesti e su pratiche, potenziando la riflessione e la sperimentazione di azioni innovative non solo sotto il profilo pedago-gico, ma anche sul versante della gestione e dell’organizzazione di singoli servizi considerandoli inclusi in un sistema più complesso a livello territoriale, nei grandi così come nei piccoli Comuni. E in questa direzione mi piace ricorda re che a FISM di Bologna ci sta seguendo fornendo interes-santi spunti per la valutazione della qualità in senso formativo, riflessivo e ricorsivo.Valutare in ambito educativo significa sospendere il giudizio e orientarsi piuttosto che ai soli dati quantitativi, a quelli quali-tativi sottesi alla costruzione del significato, ovvero del perché agisco in un modo piut-tosto che in un altro e perché il bambino ri-sponde in un modo piuttosto che in un altro. Nel campo della prima infanzia il discorso sulla costruzione del significato si occupa soprattutto di approfondire l’interpretazione dell’istituzione della prima infanzia dei suoi progetti e del lavoro pedagogico. In esso non l’eccellenza, ma la qualità che genera trasformatività è buona quando produce pratica discorsiva, spesso soggetta a disac-cordo e comunque sempre destinata alla negoziazione.Dietro questa pratica ci stanno interrogativi irrinunciabili per chi educa: chi sono per noi i bambini, e chi siamo noi per loro, cosa rappresentiamo per loro, quale vita buona pensiamo per loro, cosa significa crescere e diventare adulti…?Costruire il significato diventa allora prevedere condizioni ben precise affinché esso possa esprimersi e cioè significa:•applicare un pensiero critico e riflessivo problema-tizzando e de-costruendo assieme ai bambini

•documentando per sostenere il pensiero e l’inter-pretazione critica e riflessiva del lavoro pedagogico in modo da sottoporre la pratica a interrogazione severa e metodologicamente rigorosa favorendo ...•… la cultura del dialogo oltre la scuola verso il con-testo esterno che permette di realizzare il processo di crescita in forma democratica•la presenza di figure come i coordinatori pedagogi-ci in grado di facilitare l’auto e l’etero valutazione delle azioni messe in campo dalle educatrici e dalla capacità di leggerle in chiave decentrata rispetto alle implicazioni soggettive, in modo da evitare l’auto-referenzialità o eccessive semplificazioni che spesso conducono a certificazioni della qualità standardiz-zate.Valutare quindi significa orientarsi sul pro-cesso non trascurando il risultato, ma non intrattenendo con esso una relazione peri-colosa, così come non può essere oggetto di seduzione lo strumento che si adotta per va-lutare, da intendersi piuttosto come il mezzo e non come il fine del processo di valutazio-ne. Da qui la necessità ancora una volta di scambiarsi le esperienze e di farne motivo di indagine, approfondimento, interscambio condizioni fondamentali per fare sistema.Dentro il sistema ognuno dovrà non abdi-care alle proprie storie, ma ad abituarsi a riconnetterle dentro processi permanente-mente in mutamento.In questa direzione certo non ci impaurirà la presenza di differenti realtà pedagogiche: non mi sono addentrata infatti in esse, rite-nendole un elemento fuorviante per la facile presa su processi che potrebbero innescarsi di immediata ricerca di identificazione e quindi di appartenenza. Davvero sono centrali gli interrogativi che ponevo prima assieme ad altri come per es. Che cosa richiedono le istituzioni per la prima infanzia per i loro progetti? Che cosa necessita il lavoro pedagogico e il processo della costruzione del significato? E mentre tentiamo di dare risposta è bene che ri-con-sideriamo le nostre prospettive che non sono mai univoche, sono tante e diverse e possono dialogare assieme, ma su un patto unico sul quale occorre essere d’accordo che è anche l’obiettivo primario: offrire si, ai bambini sogni e utopie, ma attraverso ap-prendimenti rispettosi delle loro potenzialità dinnanzi ad educatori che sono soprattutto dei facilitatori e dei valorizzatori di risorse: le stesse risorse che stando con i bambini scoprono di possedere essi stessi.E’ nella co-evoluzione che sta il fascino del

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lavoro con i bambini che è un lavoro an-che sulla propria identità perennemente in trasformazione.Il dibattito tra modernismo e post-moder-nismo sta proprio qui: nella differenza tra certo e incerto e nell’incerto abituarsi a considerarlo non come una perdita di iden-tità la cui eccessiva affezione può produrre isolamento ed entropia, ma come l’inizio della sua costruzione.Infine a partire dall’attuazione della Legge Regionale n. 12/2003 in materia di “Nor-me per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita”, la regione non trascura il sistema educativo e gli obiettivi che stiamo perseguendo riguardano:1. la generalizzazione attraverso l’estensione dell’offerta (in particolare della scuola pubblica). La Regione, attraverso la L.R. 12/2003, assume come prioritaria la finalità della generalizzazione, anche attraverso risorse proprie, aggiuntive rispetto a quel-le statali; 2.la qualificazione: la Regione definirà linee orien-tative, basate sulle ricerche, sulle esperienze e più in generale sul patrimonio culturale in ambito educa-tivo espresso dal territorio. Cercheremo di ampliare l’attuale esperienza del coordinamento pedagogico, favorendone il rafforzamento e la sua diffusione in tutti i territori dell’apporto di figure tecniche di sistema, quali appunto i coordinatori pedagogici, per sostenere il livello complessivo della qualità. 3.la partecipazione delle famiglie al progetto educa-tivo;4.la continuità dei percorsi educativi, ben sapendo che la continuità educativa orizzontale tra le scuole dell’infanzia e verticale con i servizi educativi per la prima infanzia e con il primo ciclo dell’istruzione è volta a garantire il diritto dei bambini a percorsi che rispettino le fasi del loro sviluppo, specialmente nel momento dell’ingresso nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria: è proprio sul piano del-la continuità che si giocherà la complessa partita dell’anticipo.

Pertanto ferme restando le competenze dell’Assessorato/Servizio al Diritto allo studio (Ass.re Bianchi) in materia – tra l’altro - di “diritto allo studio scolastico ed universitario, edilizia scolastica, sistema d’istruzione e formazione professionale, organizzazione dell’offerta formativa, orga-nizzazione della rete scolastica, valorizza-zione delle autonomie scolastiche e coor-dinamento degli interventi a favore delle scuole” (Decreto Presidente della Regione n. 101/2010), il Servizio politiche familiari, infanzia e adolescenza (Assessorato POLI-

TICHE SOCIALI) si è finora occupato con-tinua ad occuparsi dell’assegnazione dei fondi alle Province da destinarsi alle scuole dell’infanzia, nell’ottica della continuità educativa 0-6 anni, in attuazione di uno spe-cifico comma dell’art. 3 della LR 26/2001, e in futuro ci auguriamo dell’ applicazione del disegno di legge Puglisi n. 1260 , i cui primi aspetti sono già inclusi nel disegno di legge sulla buona scuola.I vigenti “Indirizzi triennali 2013-2014 per gli interventi di qualificazione e miglio-ramento delle scuole dell’infanzia (L.R. 8 agosto 2001, n. 26 - L.R. 30 giugno 2003, n. 12).prorogati anche per l’a.e 2014-2015” prevedono annualmente, con delibera di Giunta regionale, di approvare il riparto annuale delle risorse tra le Province. Il riparto di fondi regionali (Assessorato Politiche sociali) per il 2014 è stato appro-vato per complessivi euro 4.020.000,00, così distribuiti sui :

-progetti di qualificazione-progetti di miglioramento-per il sostegno a figure di coordinamento pedagogicoLa proposta che la nuova giunta avanza e che verrà confermata in sede di approvazio-ne del bilancio 2015 è di euro 4.100.000,00 con un incremento sensibile di 80.000,00 da destinarsi al sostegno della qualità

Per qualsiasi informazione consultare il link:http://sociale.regione.emilia-romagna.it/infanzia-adolescenza/temi/politiche-educative/copy_of_politiche-educative

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