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Romanzo Due donne alla ricerca della libertà in un paese selvaggio al di là del mare sarah lark Nella terra della nuvola bianca

Nella terra della nuvola bianca · Due donne alla ricerca della libertà in un paese selvaggio al di là del mare In copertina: fotografie di iStockphoto z e 18,50 Nella terra della

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Page 1: Nella terra della nuvola bianca · Due donne alla ricerca della libertà in un paese selvaggio al di là del mare In copertina: fotografie di iStockphoto z e 18,50 Nella terra della

sarah larkha lavorato per molti anni come guida turistica e ben presto si è innamorata della Nuova Zelanda che l’ha stregata con i suoi paesaggi dalla bellezza quasi irreale. Nella terra della nuvola bianca, il suo romanzo d’esordio, è il primo libro di una saga in cinque episodi che ha come palcoscenico la favolosa terra dei maori.

“Intorno a me ampi paesaggi di infinita bellezza, ma a tutta questa magnificenza manca un centro che porti luce e amore nella mia vita. Sì, vorrei una donna pronta a intrecciare il suo destino con il mio. Potreste essere voi questa donna?”

Londra, 1852. Quando legge questa lettera, Helen, istitutrice dei due piccoli Lord Greenwood, decide di dare una svolta alla propria vita. Partirà verso una terra sconosciuta e misteriosa, la Nuova Zelanda, per sposare un uomo che non ha ancora mai incontrato. Ad attirarla è il sogno di un futuro tutto da costruire in una terra vergine, remota e affascinante. Anche Lady Gwyneira, rampolla ribelle di una nobile famiglia londinese, è alla ricerca di un marito, ma non ha nessuna intenzione di accettare le proposte di matrimonio degli insipidi pretendenti che finora hanno chiesto la sua mano. Perché allora non dire di sì alla proposta di un viaggio nella terra dei maori per conoscere il figlio di Gerald Warden, magnate d’oltremare della lana? Al diavolo il tè delle cinque e le chiacchiere vane, Gwyneira vuole essere libera di cavalcare sulle vaste praterie di questo nuovo mondo dagli orizzonti infiniti. I destini di Helen e Gwyneira, due donne diverse ma accomunate dal desiderio di impadronirsi delle loro vite, si incroceranno sulla Dublin, la nave che in una mattina d’estate spiegherà le vele diretta a Christchurch, Nuova Zelanda. Impossibile dire se ad attendere Helen e Gwyneira ci saranno amore e felicità, ma il loro cuore batterà all’impazzata non appena scorgeranno all’orizzonte una baia circondata da verdi montagne, oltre le quali comincia il loro futuro. Sarah Lark intesse una trama romanzesca traboccante di personaggi, passioni e colpi di scena. È questo il segreto di un successo europeo - oltre un milione di copie in Germania e 200 mila in Spagna per il solo primo episodio - che ha laureato l’autrice come una delle più interessanti scrittrici del romanzo epico e sentimentale.

Romanzo

Due donne alla ricerca della libertàin un paese selvaggio al di là del mare

In copertina: fotografie di iStockphoto

© Gonzalo Pérez

www.sonzognoeditori.ite 18,50

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sarah

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Le montagne svettavano oltre le nubi, sembrava che fluttuassero

in un ovattato candore. Si racconta che i primi uomini ad arrivare in canoa

dalla Polinesia si trovarono di fronte a questa stessa visione. Per questo il nome maori della Nuova Zelanda è Aotearoa,

la Terra della nuvola bianca

“Una saga epica e romantica sulla cultura dei maori e la colonizzazione

della Nuova Zelanda”Der Spiegel

“La storia senza tempo di una straordinaria amicizia al femminile.

L’affresco vibrante e accurato di un’epoca in bilico tra tradizione

e modernità”El País

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sarah larkha lavorato per molti anni come guida turistica e ben presto si è innamorata della Nuova Zelanda che l’ha stregata con i suoi paesaggi dalla bellezza quasi irreale. Nella terra della nuvola bianca, il suo romanzo d’esordio, è il primo libro di una saga in cinque episodi che ha come palcoscenico la favolosa terra dei maori.

“Intorno a me ampi paesaggi di infinita bellezza, ma a tutta questa magnificenza manca un centro che porti luce e amore nella mia vita. Sì, vorrei una donna pronta a intrecciare il suo destino con il mio. Potreste essere voi questa donna?”

Londra, 1852. Quando legge questa lettera, Helen, istitutrice dei due piccoli Lord Greenwood, decide di dare una svolta alla propria vita. Partirà verso una terra sconosciuta e misteriosa, la Nuova Zelanda, per sposare un uomo che non ha ancora mai incontrato. Ad attirarla è il sogno di un futuro tutto da costruire in una terra vergine, remota e affascinante. Anche Lady Gwyneira, rampolla ribelle di una nobile famiglia londinese, è alla ricerca di un marito, ma non ha nessuna intenzione di accettare le proposte di matrimonio degli insipidi pretendenti che finora hanno chiesto la sua mano. Perché allora non dire di sì alla proposta di un viaggio nella terra dei maori per conoscere il figlio di Gerald Warden, magnate d’oltremare della lana? Al diavolo il tè delle cinque e le chiacchiere vane, Gwyneira vuole essere libera di cavalcare sulle vaste praterie di questo nuovo mondo dagli orizzonti infiniti. I destini di Helen e Gwyneira, due donne diverse ma accomunate dal desiderio di impadronirsi delle loro vite, si incroceranno sulla Dublin, la nave che in una mattina d’estate spiegherà le vele diretta a Christchurch, Nuova Zelanda. Impossibile dire se ad attendere Helen e Gwyneira ci saranno amore e felicità, ma il loro cuore batterà all’impazzata non appena scorgeranno all’orizzonte una baia circondata da verdi montagne, oltre le quali comincia il loro futuro. Sarah Lark intesse una trama romanzesca traboccante di personaggi, passioni e colpi di scena. È questo il segreto di un successo europeo - oltre un milione di copie in Germania e 200 mila in Spagna per il solo primo episodio - che ha laureato l’autrice come una delle più interessanti scrittrici del romanzo epico e sentimentale.

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Le montagne svettavano oltre le nubi, sembrava che fluttuassero

in un ovattato candore. Si racconta che i primi uomini ad arrivare in canoa

dalla Polinesia si trovarono di fronte a questa stessa visione. Per questo il nome maori della Nuova Zelanda è Aotearoa,

la Terra della nuvola bianca

“Una saga epica e romantica sulla cultura dei maori e la colonizzazione

della Nuova Zelanda”Der Spiegel

“La storia senza tempo di una straordinaria amicizia al femminile.

L’affresco vibrante e accurato di un’epoca in bilico tra tradizione

e modernità”El País

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sarah larkha lavorato per molti anni come guida turistica e ben presto si è innamorata della Nuova Zelanda che l’ha stregata con i suoi paesaggi dalla bellezza quasi irreale. Nella terra della nuvola bianca, il suo romanzo d’esordio, è il primo libro di una saga in cinque episodi che ha come palcoscenico la favolosa terra dei maori.

“Intorno a me ampi paesaggi di infinita bellezza, ma a tutta questa magnificenza manca un centro che porti luce e amore nella mia vita. Sì, vorrei una donna pronta a intrecciare il suo destino con il mio. Potreste essere voi questa donna?”

Londra, 1852. Quando legge questa lettera, Helen, istitutrice dei due piccoli Lord Greenwood, decide di dare una svolta alla propria vita. Partirà verso una terra sconosciuta e misteriosa, la Nuova Zelanda, per sposare un uomo che non ha ancora mai incontrato. Ad attirarla è il sogno di un futuro tutto da costruire in una terra vergine, remota e affascinante. Anche Lady Gwyneira, rampolla ribelle di una nobile famiglia londinese, è alla ricerca di un marito, ma non ha nessuna intenzione di accettare le proposte di matrimonio degli insipidi pretendenti che finora hanno chiesto la sua mano. Perché allora non dire di sì alla proposta di un viaggio nella terra dei maori per conoscere il figlio di Gerald Warden, magnate d’oltremare della lana? Al diavolo il tè delle cinque e le chiacchiere vane, Gwyneira vuole essere libera di cavalcare sulle vaste praterie di questo nuovo mondo dagli orizzonti infiniti. I destini di Helen e Gwyneira, due donne diverse ma accomunate dal desiderio di impadronirsi delle loro vite, si incroceranno sulla Dublin, la nave che in una mattina d’estate spiegherà le vele diretta a Christchurch, Nuova Zelanda. Impossibile dire se ad attendere Helen e Gwyneira ci saranno amore e felicità, ma il loro cuore batterà all’impazzata non appena scorgeranno all’orizzonte una baia circondata da verdi montagne, oltre le quali comincia il loro futuro. Sarah Lark intesse una trama romanzesca traboccante di personaggi, passioni e colpi di scena. È questo il segreto di un successo europeo - oltre un milione di copie in Germania e 200 mila in Spagna per il solo primo episodio - che ha laureato l’autrice come una delle più interessanti scrittrici del romanzo epico e sentimentale.

Romanzo

Due donne alla ricerca della libertàin un paese selvaggio al di là del mare

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Le montagne svettavano oltre le nubi, sembrava che fluttuassero

in un ovattato candore. Si racconta che i primi uomini ad arrivare in canoa

dalla Polinesia si trovarono di fronte a questa stessa visione. Per questo il nome maori della Nuova Zelanda è Aotearoa,

la Terra della nuvola bianca

“Una saga epica e romantica sulla cultura dei maori e la colonizzazione

della Nuova Zelanda”Der Spiegel

“La storia senza tempo di una straordinaria amicizia al femminile.

L’affresco vibrante e accurato di un’epoca in bilico tra tradizione

e modernità”El País

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Sarah Lark

Nella terra della nuvola bianca

Traduzione di Helen Verardo

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NUOVA ZELANDA

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Londra, Powys, Christchurch 1852

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La Chiesa anglicana di Christchurch, Nuova Zelanda, cerca giovani donne di sani principi, che abbiano a cuore la cura della casa e l’educazione dei figli, interes-sate a convolare a giuste nozze con membri di ottima reputazione e buona posizione sociale della nostra co-munità.

Lo sguardo di Helen fu attratto da quell’annuncio sull’ultima pagina del giornale della chiesa. Lo sfogliava distrattamente mentre i suoi allievi si concentravano in silenzio su un esercizio di grammatica. Helen avrebbe preferito leggere un libro, ma le continue domande di William non le permettevano di concentrarsi. Il più gio-vane dei figli del suo datore di lavoro, Robert Greenwood, era un caro bambino, ma non esattamente brillante. Aveva sempre bisogno d’aiuto e l’unica cosa che sapeva fare bene era blandire gli adulti con la sua vocina da so-prano; riusciva sempre a convincere Lucinda, sua madre, ad annullare le lezioni fissate da Helen. Per questa ra-gione non sapeva ancora leggere con sicurezza e aveva difficoltà con l’ortografia.

George, il fratello sedicenne di William, un ragazzo alto e un po’ impacciato, aveva già finito la versione di latino. Era svelto, anche se a volte faceva qualche errore. Le materie classiche lo annoiavano e non vedeva l’ora di entrare, un giorno, nella ditta di import-export del padre. Sognava viaggi in Paesi lontani, spedizioni verso i nuovi

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mercati delle colonie che, sotto la regina Vittoria, si mol-tiplicavano senza sosta. Indubbiamente George era un mercante nato: già alla sua età era abile nel contrattare e sapeva sfruttare il suo notevole fascino. Lo faceva anche con Helen, riuscendo a convincerla a concludere prima le lezioni. Proprio come stava cercando di fare ora, dopo che William aveva finalmente capito dove copiare la so-luzione del suo esercizio; Helen aveva preso il quaderno di George per controllare il suo lavoro, ma lui lo aveva spinto provocatoriamente di lato.

«Oh su, Miss Davenport, non vorrete davvero rico-minciare da capo? La giornata è troppo bella per studiare! Facciamo piuttosto una partita a croquet… dovreste af-finare un po’ la vostra tecnica, altrimenti alla prossima festa in giardino nessun gentiluomo vi noterà, voi non sposerete nessun conte e passerete il resto della vita a fare lezioni a casi irrecuperabili come Willy!»

Helen alzò gli occhi al cielo, guardò fuori dalla finestra e aggrottò la fronte vedendo nubi scure all’orizzonte.

«Sarebbe un’ottima idea, George, ma stanno arrivando nuvole cariche di pioggia: il tempo di finire qui e scendere in giardino e ci ritroveremmo zuppi, e non credo proprio che questo mi renderebbe più attraente agli occhi di un gentiluomo. E poi cosa ti fa pensare che io abbia simili mire?» Helen cercò di mostrarsi indifferente, e in questo era molto brava. Lavorare come istitutrice nelle famiglie dell’alta società londinese significava imparare subito a gestire la mimica facciale. Il ruolo di Helen dai Greenwood non era né quello di un membro della famiglia né quello di una normale dipendente. Partecipava spesso ai pranzi e alle attività ricreative, ma stava attenta a non esprimere la propria opinione, a meno che non venisse esplicita-mente richiesta, e cercava di non attirare mai l’attenzione. Per questa ragione non poteva neanche intrattenersi serenamente con gli ospiti più giovani durante le feste

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in giardino e si ritrovava, invece, a chiacchierare con le signore e a badare ai suoi due allievi. A volte il suo sguardo sfiorava il viso di qualche giovane ospite di bell’aspetto e, a occhi aperti, sognava di passeggiare per il parco con qualche visconte o baronetto, ma di questo George non poteva essersi accorto.

George si strinse nelle spalle. «Be’, state leggendo gli annunci matrimoniali!» disse con un sorrisetto guardando il giornale della chiesa. «E poi siete ancora molto bella, perché non dovreste sposare un baronetto?»

Helen alzò gli occhi al cielo: sapeva che avrebbe do-vuto rimproverarlo, ma non riuscì a trattenere un sorriso. Se il ragazzo avesse continuato così, avrebbe avuto vita facile con le donne e negli affari, ma forse non a Eaton. Helen era immune a quel tipo di complimenti: sapeva di non essere bella nel senso classico del termine, aveva lineamenti regolari ma piuttosto ordinari, la bocca troppo sottile, il naso troppo appuntito e i suoi placidi occhi grigi guardavano il mondo con troppo disincanto per poter risvegliare l’interesse di un qualche giovane e ricco uomo di mondo. Helen aveva bellissimi capelli setosi, lisci, lunghi fino ai fianchi, d’un bruno intenso con riflessi ramati. Forse si sarebbe fatta notare se li avesse sciolti come facevano alcune giovani durante i picnic o le feste in giardino, che spesso fingevano che il caldo fosse in-sopportabile o che il vento portasse via i cappelli. Scio-glievano le chiome, mostrando a qualche giovanotto su una barca a remi nel laghetto di Hyde Park lo splendore dei loro riccioli.

Helen non avrebbe mai fatto nulla del genere. Figlia di un pastore protestante, aveva ricevuto un’educazione severa e portava i capelli legati in trecce fin da quando era bambina. Era cresciuta in fretta: la madre era morta quando lei aveva appena dodici anni e il padre le aveva affidato il compito di badare alla casa e ai tre fratellini

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più piccoli. Il reverendo Davenport non amava occuparsi né della cucina né dell’educazione dei figli, per lui con-tavano solo il lavoro nella comunità e la traduzione e l’interpretazione delle scritture. Helen lo aiutava rico-piando in bella grafia le sue prediche e leggeva già la Bibbia in greco quando i suoi fratelli lottavano ancora con la grammatica. Mentre Susan, la sorella più piccola, sfruttava gli incontri di beneficenza e i picnic della chiesa per conoscere qualche notabile della comunità, Helen aiutava il padre nella vendita degli oggetti, preparava torte e serviva il tè. Il risultato era facilmente prevedibile: a diciassette anni Susan aveva sposato il figlio di un medico, mentre Helen, dopo la morte del padre, era stata costretta ad accettare un lavoro come precettrice. Con il suo stipendio pagava gli studi di legge e medicina dei due fratelli maschi: l’eredità del padre non bastava infatti ad assicurare loro un’adeguata formazione, anche perché i due non sembravano intenzionati a portare a termine in fretta gli studi.

«Di solito, i baronetti sposano le baronessine» rispose in tono secco alla domanda di George «e per quanto concerne questo…» indicò il giornalino della chiesa «stavo leggendo l’articolo, non l’annuncio.»

George non disse niente, ma fece un sorrisetto elo-quente. Helen guardò l’orologio: la lezione ormai era finita e di lì a poco sarebbe stata servita la cena. George impiegava pochi minuti per pettinarsi e prepararsi per la cena, proprio come lei, mentre per William il passaggio dal grembiule sporco di inchiostro a un abito pulito ri-chiedeva sempre più tempo.

Helen concluse la lezione con alcuni commenti sull’im-portanza della grammatica, che i due ragazzi ascoltarono solo distrattamente.

William balzò in piedi. «Devo far vedere alla mamma il mio disegno!»

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George gettò un’occhiata allo scarabocchio del fratello, che a breve avrebbe mandato in visibilio la madre e scrollò le spalle rassegnato.

Helen si sorprese a ripensare alle parole di George: «Se non vi sposerete, passerete il resto della vostra vita a fare lezioni a casi irrecuperabili come Willy!». Afferrò il giornale per buttarlo via, ma poi ci ripensò, lo infilò in tasca e andò in camera.

Robert Greenwood non aveva molto tempo da dedi-care alla famiglia, ma la cena insieme a moglie e figli era per lui irrinunciabile e la presenza dell’istitutrice non lo disturbava, anzi, spesso trovava interessante ascoltare l’opinione di Miss Davenport su questioni di attualità, letteratura o musica.

Helen Davenport aveva con quegli argomenti più familiarità di sua moglie, la cui formazione classica la-sciava un po’ a desiderare. Gli interessi di Lucinda si li-mitavano alla cura della casa, all’adorazione del figlio più piccolo e alla partecipazione a comitati femminili che si occupavano di beneficenza.

Anche quella sera Robert Greenwood sorrise nel ve-dere entrare Helen e la fece accomodare dopo averla salutata formalmente. Lei ricambiò il sorriso, facendo attenzione a rivolgerlo anche a Mrs. Greenwood: non doveva crearsi alcun malinteso su un possibile flirt con il suo datore di lavoro, anche se Robert Greenwood era indiscutibilmente un uomo di fascino. Era alto e magro, aveva un viso sottile, un’espressione intelligente e occhi scuri e vivaci. Era sempre elegante e le sue buone maniere non avevano nulla da invidiare a quelle delle famiglie nobili che lui e la moglie frequentavano, ma di cui non riuscivano ad attirare le simpatie. I Greenwood avevano fama di essere degli arrampicatori sociali. Il padre di Ro-bert aveva costruito dal nulla un’azienda di successo e il

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figlio l’aveva fatta crescere cercando di farsi una buona reputazione. Tuttavia il matrimonio con Lucinda Raiford, figlia di aristocratici caduti in disgrazia a causa della pas-sione del capofamiglia per il gioco d’azzardo e le corse dei cavalli, non aveva migliorato la situazione. Lucinda amava mettersi in mostra, le feste dai Greenwood erano sempre un po’ sopra le righe; le altre dame sembravano apprezzare, ma poi facevano commenti velenosi alle sue spalle.

Anche quel giorno, alla semplice cena in famiglia, Lucinda si era presentata un tantino troppo elegante, vestita di seta color lilla e con un’acconciatura che doveva essere costata ore di lavoro alla cameriera. Parlò dell’in-contro del comitato femminile per l’orfanotrofio al quale aveva partecipato nel pomeriggio, ma nessuno le prestò molta attenzione. Né Helen né Mr. Greenwood erano interessati.

«Allora, cos’avete fatto di bello oggi?» chiese infine Mrs. Greenwood. «A te non lo domando neanche, Ro-bert, saranno stati affari, affari e ancora affari» aggiunse lanciando uno sguardo che avrebbe voluto essere amo-revole e indulgente. La signora Greenwood era convinta che il marito non prendesse abbastanza seriamente le sue attività sociali.

«Ho avuto un’interessante conversazione con un pro-duttore di lana della Nuova Zelanda e…» disse Robert guardando il figlio più grande, ma Lucinda continuò a parlare, imperterrita, rivolgendo un sorriso indulgente a William. «E voi, figli miei? Avrete giocato in giardino, immagino. William, tesoro, hai di nuovo battuto a croquet George e Miss Davenport?»

Helen tenne lo sguardo fisso sul piatto, irrigidendosi, ma con la coda dell’occhio vide George alzare gli occhi al cielo, come se cercasse l’aiuto del suo angelo custode. William era riuscito a battere il fratello maggiore un’unica

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volta, e solo perché quel giorno George era influenzato. Persino Helen riusciva a far passare la palla sotto le porte con più maestria, anche se spesso si fingeva maldestra per far vincere il piccolo. Mrs. Greenwood apprezzava quei gesti, mentre Mr. Greenwood la rimproverava se si accorgeva dell’inganno.

«Il ragazzo deve abituarsi al fatto che la vita è fatta anche di sconfitte!» diceva severo. «Deve imparare a perdere, solo così potrà vincere!»

«Ah, mammina, Miss Davenport non ci ha permesso di giocare! Siamo rimasti tutto il giorno in casa a studiare, studiare e studiare» disse William facendo una smorfia triste.

Subito Mrs. Greenwood lanciò a Helen uno sguardo di disapprovazione. «È vero, Miss Davenport? Eppure sapete che i bambini hanno bisogno d’aria fresca! A quest’età non possono passare tutto il giorno sui libri!»

Helen si sentì invadere dalla rabbia. Non poteva ac-cusare William di mentire, ma per fortuna intervenne George. «Non è vero. William ha fatto come sempre la sua passeggiata dopo pranzo. Pioveva e lui non voleva uscire, ma Miss Davenport gli ha comunque fatto fare un giro nel parco, solo non abbiamo avuto tempo di gio-care a croquet prima della lezione.»

«William ha avuto tempo per disegnare» cercò di cam-biare discorso Helen, sperando che Mrs. Greenwood iniziasse a parlare dei disegni degni di un museo del figlio dimenticandosi del resto; ma non funzionò.

«Non importa, Miss Davenport. Se il tempo non è ma-gnanimo di mattina, dovete fare una pausa nel pomerig-gio. Nei circoli che William frequenterà tra breve, la forma fisica è importante quasi quanto la preparazione culturale!»

William sembrava gustarsi i rimproveri materni alla sua insegnante e Helen tornò con la mente a quell’an-nuncio…

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George parve intuire i pensieri di Helen, sorvolò sulla ramanzina della madre e le lamentele del fratello e si riagganciò al discorso del padre. «Anche Miss Davenport è interessata alla Nuova Zelanda.»

Helen si irrigidì mentre tutti si voltarono a fissarla. «Ah, davvero?» chiese Mr. Greenwood. «Pensate di

emigrare?» Sorrise. «Allora la Nuova Zelanda è una buona scelta. Temperature non eccessive, non ci sono paludi malsane come in India, non ci sono nativi sangui-nari come in America né coloni criminali come in Au-stralia…»

«Davvero?» chiese Helen, contenta che la conversa-zione tornasse su un terreno neutrale. «La Nuova Zelanda non è stata colonizzata mandando carcerati?»

Mr. Greenwood scosse la testa. «Ma no, la comunità è stata fondata quasi esclusivamente da buoni cristiani britannici ed è così tuttora. Con questo non voglio dire che non ci siano anche soggetti di dubbia onestà. Soprat-tutto tra i balenieri che cacciano lungo la costa occidentale potrebbe nascondersi qualche malvivente, e i pastori non saranno tutti gentiluomini, ma la Nuova Zelanda non è certo un ricettacolo di reietti della società e la colonia è ancora molto giovane, autonoma solo da pochi anni.»

«Ma i nativi sono pericolosi!» intervenne George che aveva un debole per gli scontri armati ed evidentemente voleva fare sfoggio delle sue conoscenze. «Ci sono state guerre fino a poco tempo fa, non è vero, papà? Una volta hai raccontato che avevano costretto un tuo socio in af-fari a bruciare tutta la lana.»

Mr. Greenwood annuì, orgoglioso del figlio. «Giusto, George, ma ormai è acqua passata, anche se a volte si riaccende qualche conflitto. Da quando la regina ha in-viato il nostro buon William Hobson come governatore generale, queste scaramucce vengono risolte rapida-mente. Quell’uomo è uno stratega geniale. Nel 1840 ha

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fatto firmare a sessantaquattro capitribù un documento in cui essi si dichiarano sudditi di Sua Maestà. Da allora, la Corona ha diritto di prelazione su qualsiasi vendita di terreno. Purtroppo non tutti hanno sottoscritto e non tutti i coloni sono d’accordo, ma il Paese è sostanzial-mente sicuro: quindi niente paura, Miss Davenport!»

Mrs. Greenwood aggrottò la fronte. «Non penserete davvero di abbandonare l’Inghilterra, Miss Davenport? Non penserete davvero di rispondere a quell’annuncio che il parroco ha pubblicato sul giornale della chiesa?»

Helen cercò di non arrossire. «Quale annuncio?» chiese Robert rivolgendosi diret-

tamente a Helen.«Io… non so esattamente di cosa si tratti. Era solo un

annuncio…» «Una comunità in Nuova Zelanda cerca fanciulle in

età da marito» spiegò George a suo padre. «Sembra che in quel paradiso nei mari del Sud manchino le donne.»

Mr. Greenwood sorrise. «Paradiso nei mari del Sud? In realtà il clima è più simile a quello dell’Inghilterra. Non è un segreto che oltremare ci siano più uomini che donne. Fatta esclusione per l’Australia, dove è approdato il peg-gio della società femminile: imbroglione, ladre, prost… ehm, donne di facili costumi. Ma quando si tratta di emi-granti volontari, sono più spesso gli uomini ad avere lo spirito d’avventura: le donne seguono i mariti oppure non vanno. Un tratto distintivo del sesso debole.»

Helen si morse la lingua: non condivideva del tutto quel ragionamento maschilista. Bastava guardare William o pensare ai suoi due fratelli, che ancora non avevano portato a termine gli studi. Ben nascosto in camera sua, Helen custodiva anche un libro dell’attivista per i diritti femminili Mary Wollstonecraft, ma questo doveva restare un segreto: se lo avesse scoperto, Mrs. Greenwood l’avrebbe subito licenziata.

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«È contro la natura femminile viaggiare su navi piene di emigranti senza la protezione di un uomo, insediarsi in una terra ostile e svolgere attività che Dio ha destinato esclusivamente agli uomini.»

«Be’, ma queste donne non vengono mandate alla cieca. L’annuncio dice che prima si avranno contatti epi-stolari, inoltre si riferiva esclusivamente a membri della comunità di ottima reputazione e buona posizione so-ciale» spiegò Helen.

«Ben più grave della mancanza di donne nelle colonie, mi pare il problema della servitù» disse Mrs. Greenwood cambiando discorso. «Oggi al comitato dell’orfanotrofio ne abbiamo discusso a lungo. Pare che le migliori fami-glie di… come si chiama quel posto? Christchurch? Be’, insomma, pare non riescano a trovare personale ade-guato. C’è grande carenza di cameriere. Per questo il nostro comitato manderà lì alcune delle nostre orfanelle. Abbiamo quattro o cinque ragazzine di dodici anni che sono ormai abbastanza grandi per guadagnarsi da vivere da sole. Qui in Inghilterra preferiscono ragazze un po’ più grandi, ma laggiù sono certa che saranno più che contenti. A Christchurch le ragazze hanno la prospettiva di un buon lavoro e noi le mandiamo soltanto presso famiglie di buona reputazione…»

«Naturalmente» disse Robert in tono sarcastico. «Im-magino intratterrete una fitta corrispondenza con i futuri padroni di casa di queste cameriere, almeno quanto le giovani donne da maritare fanno con i loro futuri sposi.»

Indignata, Mrs. Greenwood aggrottò la fronte. «Non mi prendi sul serio, Robert!»

«Certo che sì, mia cara! Non metterei mai in discus-sione le buone intenzioni dello stimatissimo comitato dell’orfanotrofio. Inoltre non manderete di sicuro le bam-bine oltreoceano senza un’accompagnatrice. Forse tra le giovani donne in cerca di marito troverete qualcuno di

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Page 20: Nella terra della nuvola bianca · Due donne alla ricerca della libertà in un paese selvaggio al di là del mare In copertina: fotografie di iStockphoto z e 18,50 Nella terra della

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fidato che, in cambio di un aiuto del comitato per coprire le spese del viaggio, si prenda cura delle bambine durante la traversata.»

Helen fissava l’arrosto nel piatto, che probabilmente la cuoca aveva impiegato più di mezza giornata a preparare. Non aveva pensato che il viaggio oltreoceano avrebbe avuto un costo. No, tutta quella storia della Nuova Zelanda era completamente folle, doveva togliersela dalla testa. Non era il suo destino quello di avere una famiglia. O forse sì? No, non doveva più pensarci!

Ma nei giorni successivi Helen Davenport non riuscì a pensare ad altro.

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