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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 128 (48.452) Città del Vaticano sabato 6 giugno 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!.!z!]! Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente colombiano Non si può essere sani in un pianeta malato Dall’Onu un messaggio per la salvaguardia della biodiversità Il Pontefice esprime solidarietà e vicinanza alla Chiesa e al popolo degli Stati Uniti In migliaia per ricordare Floyd mentre nel paese continua la protesta NOSTRE INFORMAZIONI Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidio- cesi metropolitana di La Plata (Argentina) il Reverendo Jor- ge Esteban González, Rettore della Cattedrale e Pro Vicario Generale della medesima Arci- diocesi, assegnandogli la sede titolare di Alesa. Claudio Rinaldi e la vocazione al giornalismo Un incontro quotidiano di FRANCESCA ROMANA DE’ANGELIS Intramontabile Tex Willer Gesuiti vestiti da francescani di FELICE ACCRO CCA «Attorno alla psicoanalisi» Ricoeur andata e ritorno di LUCA M. POSSATI DA PAGINA 3 A 6 Q quattro pagine APPROFONDIMENTI DI CULTURA , SO CIETÀ SCIENZE E ARTE Commissione vaticana covid-19 Nuove forme di prossimità Per i parroci romani è l’occasione di un nuovo rapporto con i fedeli La messa dopo la tempesta ROBERTO CETERA A PAGINA 7 L’intenzione di preghiera del Pontefice per il mese di giugno Compassione per il mondo PAGINA 8 Il reverendo Al Sharpton ricorda Floyd durante la cerimonia a Minneapolis (Reuters) ROMA, 5. «È il momento della natu- ra». Questo lo slogan della giornata mondiale dell’ambiente, che ci celebra oggi, 5 giugno. Un evento globale, promosso dalle Nazioni Unite allo scopo di sensibilizzare la società civile sui temi del riscaldamento globale, del rispetto delle biodiversità. Proteggere l’ambiente significa proteggere l’uma- nità. Quest’anno la giornata è dedicata in particolare al rispetto della biodiversi- tà. Oggi circa un milione di specie animali e vegetali (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) rischiano di scom- parire. «La biodiversità — spiegano le Nazioni Unite — riguarda ogni aspetto della salute umana, fornendo aria e ac- qua puliti, cibi nutrienti, fonti di me- dicina, resistenza naturale alle malattie e mitigazione dei cambiamenti climati- ci. La modifica o la rimozione di un elemento di questa rete influisce sull’intero sistema di vita e può pro- durre conseguenze negative». L’attuale pandemia di coronavirus ci sta dando un insegnamento importan- te: «Quando distruggiamo la biodiver- sità, distruggiamo il sistema che sup- porta la vita umana. Oggi si stima che, a livello globale, circa il 75 per cento di tutte le malattie infettive emergenti nell’uomo sono zoonotiche, cioè trasmesse alle persone dagli ani- mali». Negli ultimi 150 anni — dice ancora l’Onu, presentando la giornata — «la copertura della barriera corallina viva è stata ridotta della metà, entro i pros- simi 10 anni una specie su quattro co- nosciuta potrebbe essere stata spazzata via dal pianeta e ci vorrebbero 1,6 ter- re per soddisfare le richieste che gli umani fanno alla natura ogni anno». Per tutelare la biodiversità, invertire il degrado del suolo, adattarsi al cam- biamento climatico, salvaguardare i mari e promuovere sistemi alimentari sostenibili, il Fondo mondiale per l’ambiente ha deciso di finanziare pro- grammi della Fao a favore di 30 paesi. Sono molte le voci della politica che hanno espresso sostegno alla ini- ziativa dell’Onu. Il presidente del Par- lamento Ue David Sassoli ha dichiara- to: «Siamo sull’orlo di un disastro cli- matico. Anche nei tempi drammatici in cui viviamo, le enormi sfide am- bientali che affrontiamo devono essere al centro della nostra azione politica. Non possiamo tornare indietro sugli obiettivi e le ambizioni del Green Deal dell’Ue». Il presidente della Re- pubblica italiana, Sergio Mattarella, è intervenuto questa mattina sottoli- neando il legame imprescindibile tra natura e vita. «Le recenti drammatiche vicende che toccano tutto il nostro pianeta ci impongono di prendere atto del legame imprescindibile che esiste tra l’equilibrio della natura e la nostra sopravvivenza» ha detto il capo dello Stato: «Proteggere e ripristinare la biodiversità vuol dire valorizzare la vi- ta». «Tutto è in relazione: la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri». Rilanciando gli hashtag #LaudatoSi e #WorldEnvironmentDay con un tweet sull’account @Pontifex, venerdì 5 giugno il Papa si è unito alle celebrazioni della Giornata mondiale dell’ambiente. Nella circostanza Francesco ha anche inviato al presidente della Colombia — il paese designato quest’anno dall’Onu come organizzatore della Giornata, che a causa della pandemia da covid-19 si è potuta svolgere solo in modo virtuale — la lettera che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione dallo spagnolo. A Sua Eccellenza Signor Iván DUQUE MÁRQUEZ, Presidente della Repubblica di Colombia Signore Presidente, Sono lieto di rivolgermi a lei, a tutti i membri organizzatori e ai partecipanti della Giornata Mondiale dell’Ambiente, che quest’anno si sarebbe dovuta celebra- re in modo presenziale a Bogotá, ma che a causa della pandemia covid-19 si terrà in forma virtuale. È una sfida che ci ri- corda che dinanzi all’avversità si aprono sempre nuovi cammini per stare uniti co- me grande famiglia umana. La protezione dell’ambiente e il rispet- to della “biodiversità” del pianeta sono temi che ci riguardano tutti. Non possia- mo pretendere di essere sani in un mon- do che è malato. Le ferite provocate alla nostra madre terra sono ferite che sangui- nano anche in noi. La cura degli ecosiste- mi ha bisogno di uno sguardo di futuro, che non si limiti solo all’immediato, cer- cando un guadagno rapido e facile; uno sguardo che sia carico di vita e che cerchi la preservazione a beneficio di tutti. Il nostro atteggiamento dinanzi al pre- sente del pianeta dovrebbe impegnarci e renderci testimoni della gravità della si- tuazione. Non possiamo rimanere muti di fronte al clamore quando comproviamo gli altissimi costi della distruzione e dello sfruttamento dell’ecosistema. Non è tem- po di continuare a guardare dall’altra parte indifferenti dinanzi ai segni di un pianeta che si vede saccheggiato e violen- tato, per la brama di guadagno e in no- me — molto spesso — del progresso. Ab- biamo la possibilità d’invertire la marcia e puntare su un mondo migliore, più sa- no, per lasciarlo in eredità alle generazio- ni future. Tutto dipende da noi; se lo vo- gliamo veramente. Abbiamo da poco celebrato il quinto anniversario della Lettera enciclica Lau- dato si’, che richiama l’attenzione sul gri- do che ci lancia la madre terra. Invito an- che voi a essere partecipi dell’anno spe- ciale che ho annunciato per riflettere alla luce di quel documento. E così, tutti in- sieme, prendere maggiormente coscienza della cura e della protezione della nostra Casa comune, come pure dei nostri fra- telli e sorelle più fragili e scartati dalla società. Infine, vi incoraggio in questo compito che avete intrapreso, affinché le vostre decisioni e conclusioni siano sempre a fa- vore della costruzione di un mondo sem- pre più abitabile e di una società più umana, dove ci sia posto per tutti e dove nessuno sia di troppo. E, per favore, vi chiedo di pregare per me. Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa si prenda cura di voi. Cordialmente, FRANCESCO Vaticano, 5 giugno 2020 ALLINTERNO Guterres interviene al vertice Gavi e chiede la possibilità di un vaccino per tutti In Brasile un morto al minuto WASHINGTON, 5. Migliaia di per- sone hanno affollato ieri Minnea- polis per la prima commemora- zione pubblica di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni morto soffocato dal ginocchio di un agente bianco. Un ginocchio di- ventato la metafora del tratta- mento subito negli Stati Uniti dagli afroamericani per centinaia di anni. L’arcivescovo di Los Angeles e presidente della Conferenza epi- scopale degli Stati Uniti, José Horacio Gómez, ha ricevuto ieri una telefonata da Papa France- sco. Durante il colloquio, il Papa ha annunciato le sue preghiere e la sua vicinanza alla Chiesa e al popolo degli Stati Uniti in que- sto momento di agitazione, come rende noto in un comunicato la Conferenza episcopale degli Stati Uniti. L’arcivescovo Gómez ha condiviso questa notizia con i ve- scovi statunitensi nella speranza che «possano consolarsi e acqui- sire forza nell’incoraggiamento del Santo Padre». Papa France- sco «ha espresso la sua gratitudi- ne ai vescovi — si legge nel comu- nicato — per il loro tono pastora- le nella risposta della Chiesa alle manifestazioni in tutto il Paese e nelle loro dichiarazioni e azioni dopo la morte di George Floyd, e ha assicurato ai vescovi le sue continue preghiere e vicinanza nei giorni e nelle settimane a ve- nire». Dal Papa «preghiere spe- ciali» anche per l’arcivescovo Bernard A. Hebda e la Chiesa lo- cale di Saint Paul e Minneapolis. L’arcivescovo Gómez, a nome della Conferenza episcopale, ha espresso gratitudine a Papa Fran- cesco per «le sue forti parole di sostegno che sono state espresse anche durante l’udienza generale e, a sua volta, ha assicurato al Santo Padre le preghiere» dei ve- scovi Usa. Durante la cerimonia in ricor- do di Floyd, il reverendo newyor- chese Al Sharpton, noto leader della lotta per i diritti civili, ha detto: «La ragione per cui non abbiamo mai potuto essere chi volevamo e sognavamo di essere è che abbiamo mantenuto quel ginocchio sul nostro collo; è tem- po di scendere in campo in nome di George e dire “togliete il vo- stro ginocchio dai nostri colli”». Parole risuonate tra applausi e musica gospel nel santuario della North Central University, dove tra le 500 persone ammesse (per le restrizioni da coronavirus) c’erano anche gli attivisti Jesse Jackson e Martin Luther King III, la senatrice dem Amy Klobu- char, e autorità cittadine e statali. La cerimonia arriva all’indoma- ni della svolta nelle indagini, con la procura che ha aggravato l’im- putazione per Derek Chauvin — l’agente bianco che ha premuto il ginocchio sul collo di Floyd — da omicidio colposo a omicidio vo- lontario e ordinato l’arresto dei suoi tre colleghi accusandoli di complicità (la cauzione è stata fissata in un milione di dollari). Era quanto chiedevano la fami- glia e i manifestanti che hanno infiammato l’America. E che adesso, nonostante i 10 mila arre- sti eseguiti finora, continuano a scendere in piazza più pacifica- mente per chiedere riforme con- tro le iniquità razziali e gli abusi delle forze dell’ordine, mentre il Senato si appresta a votare l’abo- lizione della stretta al collo. Quello di ieri non è stato che il primo omaggio a Floyd. Oggi il suo corpo sarà portato a Raeford, in North Carolina, dove è nato, per una camera ardente. Cerimo- nia analoga lunedì in Texas a Houston, dove è cresciuto e ha vissuto gran parte della sua vita. Il giorno dopo infine è in pro- gramma nella stessa città un fu- nerale con 500 persone. A Hou- ston ci sarà anche l’ex presidente Joe Biden, principale candidato democratico alla Casa Bianca. Intanto, attorno alla Casa Bianca è stata eretta una recinzio- ne dopo gli scontri e le violenze degli scorsi giorni. Il presidente Donald Trump ha ricevuto dure critiche da parte dei militari per l’intenzione di far intervenire l’esercito contro i manifestanti. Ieri lo speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, è in- tervenuta affermando che «un ec- cesso di militarizzazione può por- tare il caos». Inoltre, «la mancan- za di chiarezza potrebbe aumen- tare il caos». Secondo l’ex presi- dente dei capi di stato maggiore congiunti, il generale Martin Dempsey, i commenti di Trump «sono preoccupanti e molto peri- colosi». L’idea «che il presidente prenda il controllo della situazio- ne usando i militari mi preoccu- pa» ha detto Dempsey nel corso di un’intervista. C’è «l’azione comune della Chiesa» volta a contrastare i vari fronti di crisi aperti dalla pandemia nel lavoro della Commissione vaticana covid-19, nata dopo la richiesta del Papa al Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale di creare un organismo, in collaborazione con altri enti cattolici, per esprimere la propria sollecitudine e l’amore per l’intera famiglia umana di fronte alla sfida del coronavirus. Per il primo dei cinque Gruppi in cui è ar- ticolata la Commissione, abbiamo raccolto le voci del mondo del- la pastorale della salute, che nell’emergenza sta sperimentando nuove forme di prossimità a malati, famigliari e personale medico e infermieristico. DARIUSZ GIERS E GIANLUCA BICCINI A PAGINA 8 BRASÍLIA, 5. Leggermente di più di un morto al minuto. Questo si evince dall’ultimo bilancio del ministero della Salute brasiliano relativo al numero delle vittime causate dal nuovo coronavirus nelle ultime 24 ore, 1.473 in tut- to. Per il terzo giorno consecuti- vo il Brasile ha fatto registrare un nuovo record nel numero di decessi quotidiani. La cifra ha portato il totale delle perdite in termini di vite umane a 34.021. In concomitanza del centesimo giorno da quando il covid-19 è stato riscontrato ufficialmente in Brasile, il 26 febbraio, il Paese, come previsto dagli analisti, ha superato l’Italia nella drammati- ca graduatoria mondiale delle morti complessive riconducibili al virus. Per quanto riguarda i contagi il ministero della Salute ieri sera ha messo a bilancio quasi 31.000 nuovi casi, e il tota- le degli infetti ha superato quota 600.000. Dati che, una volta di più, confermano il Paese foco- laio della pandemia in America Latina. L’intera regione, al momento, è ritenuta dall’O rganizzazione mondiale della sanità (Oms) l’epicentro della pandemia nel mondo. Nei giorni scorsi funzio- nari dell’Oms ed esperti virologi hanno avvertito sul grave rischio di un peggioramento della situa- zione. Pericolo accentuatosi in Brasile dopo che nei giorni scor- si diversi governi regionali han- no avviato, poco opportunamen- te, processi graduali di riduzione delle misure di lockdown e reso più flessibili le norme sul distan- ziamento sociale. Sul fronte internazionale ieri il segretario generale dell’O nu, António Guterres, partecipando al vertice Gavi, ha affermato che «il vaccino, da solo, non è abba- stanza, abbiamo bisogno di soli- darietà globale per garantire che ogni persona, ovunque, vi abbia accesso». Rivolgendosi ai parte- cipanti del Forum si è detto con- sapevole che «c’è ancora molto lavoro da fare» per sviluppare un vaccino contro il covid-19 e al tempo stesso ha fissato tre im- pegni chiave per il futuro immi- nente: «Trovare un modo sicuro per continuare a somministrare le vaccinazioni nonostante il co- vid-19, utilizzare le reti di conse- gna del vaccino per fornire una serie di altri servizi sanitari pri- mari e assicurarsi, quando sarà disponibile il vaccino per il vi- rus, che raggiunga tutti». Poco prima infatti aveva avvertito sul- le difficoltà di attuare le abituali campagne vaccinali, a causa del- la situazione di emergenza crea- tasi con la pandemia di covid-19, affermando che «20 milioni di bambini non hanno il pieno complemento dei vaccini, e 1 su 5 non ne ha ricevuto nessuno».

Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente … · 2020-06-05 · cale di Saint Paul e Minneapolis. L’arcivescovo Gómez, a nome della Conferenza episcopale,

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Page 1: Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente … · 2020-06-05 · cale di Saint Paul e Minneapolis. L’arcivescovo Gómez, a nome della Conferenza episcopale,

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 128 (48.452) Città del Vaticano sabato 6 giugno 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!"!.!z

!]!

Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente colombiano

Non si può essere saniin un pianeta malato

D all’O nuun messaggio

per la salvaguardiadella biodiversità

Il Pontefice esprime solidarietà e vicinanza alla Chiesa e al popolo degli Stati Uniti

In migliaia per ricordare Floydmentre nel paese continua la protesta

NOSTREINFORMAZIONI

Nominadi Vescovo Ausiliare

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’A rc i d i o -cesi metropolitana di La Plata(Argentina) il Reverendo Jor-ge Esteban González, Rettoredella Cattedrale e Pro VicarioGenerale della medesima Arci-diocesi, assegnandogli la sedetitolare di Alesa.

Claudio Rinaldie la vocazione al giornalismo

Un incontro quotidianodi FRANCESCA ROMANA DE’ ANGELIS

Intramontabile Tex Willer

Gesuiti vestiti da francescanidi FELICE ACCRO CCA

«Attorno alla psicoanalisi»

Ricoeur andata e ritornodi LUCA M. PO S S AT I

DA PA G I N A 3 A 6

Qquattro pagineAPPROFONDIMENTI

DI C U LT U R A , SO CIETÀSCIENZE E ARTE

Commissione vaticana covid-19

Nuove forme di prossimità Per i parroci romani è l’occasionedi un nuovo rapporto con i fedeli

La messadopo la tempesta

ROBERTO CETERA A PA G I N A 7

L’intenzione di preghieradel Pontefice per il mese di giugno

Compassioneper il mondo

PAGINA 8

Il reverendo Al Sharpton ricorda Floyd durante la cerimonia a Minneapolis (R e u t e rs )

ROMA, 5. «È il momento della natu-ra». Questo lo slogan della giornatamondiale dell’ambiente, che ci celebraoggi, 5 giugno. Un evento globale,promosso dalle Nazioni Unite alloscopo di sensibilizzare la società civilesui temi del riscaldamento globale, delrispetto delle biodiversità. Proteggerel’ambiente significa proteggere l’uma-nità.

Quest’anno la giornata è dedicata inparticolare al rispetto della biodiversi-tà. Oggi circa un milione di specieanimali e vegetali (su un totale stimatodi circa 8,7 milioni) rischiano di scom-p a r i re . «La biodiversità — spiegano leNazioni Unite — riguarda ogni aspettodella salute umana, fornendo aria e ac-qua puliti, cibi nutrienti, fonti di me-dicina, resistenza naturale alle malattiee mitigazione dei cambiamenti climati-ci. La modifica o la rimozione di unelemento di questa rete influiscesull’intero sistema di vita e può pro-durre conseguenze negative».

L’attuale pandemia di coronavirus cista dando un insegnamento importan-te: «Quando distruggiamo la biodiver-sità, distruggiamo il sistema che sup-porta la vita umana. Oggi si stimache, a livello globale, circa il 75 percento di tutte le malattie infettiveemergenti nell’uomo sono zoonotiche,cioè trasmesse alle persone dagli ani-mali».

Negli ultimi 150 anni — dice ancoral’Onu, presentando la giornata — «lacopertura della barriera corallina vivaè stata ridotta della metà, entro i pros-simi 10 anni una specie su quattro co-nosciuta potrebbe essere stata spazzatavia dal pianeta e ci vorrebbero 1,6 ter-re per soddisfare le richieste che gliumani fanno alla natura ogni anno».

Per tutelare la biodiversità, invertireil degrado del suolo, adattarsi al cam-biamento climatico, salvaguardare imari e promuovere sistemi alimentarisostenibili, il Fondo mondiale perl’ambiente ha deciso di finanziare pro-grammi della Fao a favore di 30 paesi.

Sono molte le voci della politicache hanno espresso sostegno alla ini-ziativa dell’Onu. Il presidente del Par-lamento Ue David Sassoli ha dichiara-to: «Siamo sull’orlo di un disastro cli-matico. Anche nei tempi drammaticiin cui viviamo, le enormi sfide am-bientali che affrontiamo devono essereal centro della nostra azione politica.Non possiamo tornare indietro sugliobiettivi e le ambizioni del GreenDeal dell’Ue». Il presidente della Re-pubblica italiana, Sergio Mattarella, èintervenuto questa mattina sottoli-neando il legame imprescindibile tranatura e vita. «Le recenti drammatichevicende che toccano tutto il nostropianeta ci impongono di prendere attodel legame imprescindibile che esistetra l’equilibrio della natura e la nostrasopravvivenza» ha detto il capo delloStato: «Proteggere e ripristinare labiodiversità vuol dire valorizzare la vi-ta».

«Tutto è in relazione: la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazionicon la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confrontidegli altri». Rilanciando gli hashtag #LaudatoSi e #WorldEnvironmentDaycon un tweet sull’account @Pontifex, venerdì 5 giugno il Papa si è unito alle celebrazionidella Giornata mondiale dell’ambiente. Nella circostanza Francesco ha anche inviatoal presidente della Colombia — il paese designato quest’anno dall’Onu come organizzatoredella Giornata, che a causa della pandemia da covid-19 si è potuta svolgere solo in modovirtuale — la lettera che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione dallo spagnolo.

A Sua EccellenzaSignor Iván DUQUE MÁRQUEZ,

Presidente della Repubblica di Colombia

Signore Presidente,Sono lieto di rivolgermi a lei, a tutti imembri organizzatori e ai partecipantidella Giornata Mondiale dell’Ambiente,

che quest’anno si sarebbe dovuta celebra-re in modo presenziale a Bogotá, ma chea causa della pandemia covid-19 si terràin forma virtuale. È una sfida che ci ri-corda che dinanzi all’avversità si apronosempre nuovi cammini per stare uniti co-me grande famiglia umana.

La protezione dell’ambiente e il rispet-to della “bio diversità” del pianeta sonotemi che ci riguardano tutti. Non possia-mo pretendere di essere sani in un mon-do che è malato. Le ferite provocate allanostra madre terra sono ferite che sangui-nano anche in noi. La cura degli ecosiste-mi ha bisogno di uno sguardo di futuro,che non si limiti solo all’immediato, cer-cando un guadagno rapido e facile; unosguardo che sia carico di vita e che cerchila preservazione a beneficio di tutti.

Il nostro atteggiamento dinanzi al pre-sente del pianeta dovrebbe impegnarci erenderci testimoni della gravità della si-tuazione. Non possiamo rimanere muti difronte al clamore quando comproviamogli altissimi costi della distruzione e dellosfruttamento dell’ecosistema. Non è tem-po di continuare a guardare dall’altraparte indifferenti dinanzi ai segni di unpianeta che si vede saccheggiato e violen-tato, per la brama di guadagno e in no-me — molto spesso — del progresso. Ab-biamo la possibilità d’invertire la marciae puntare su un mondo migliore, più sa-no, per lasciarlo in eredità alle generazio-ni future. Tutto dipende da noi; se lo vo-gliamo veramente.

Abbiamo da poco celebrato il quintoanniversario della Lettera enciclica Lau-dato si’, che richiama l’attenzione sul gri-do che ci lancia la madre terra. Invito an-che voi a essere partecipi dell’anno spe-ciale che ho annunciato per riflettere allaluce di quel documento. E così, tutti in-sieme, prendere maggiormente coscienzadella cura e della protezione della nostraCasa comune, come pure dei nostri fra-telli e sorelle più fragili e scartati dallaso cietà.

Infine, vi incoraggio in questo compitoche avete intrapreso, affinché le vostredecisioni e conclusioni siano sempre a fa-vore della costruzione di un mondo sem-pre più abitabile e di una società piùumana, dove ci sia posto per tutti e dovenessuno sia di troppo.

E, per favore, vi chiedo di pregare perme. Che Gesù vi benedica e la VergineSanta si prenda cura di voi.

C o rd i a l m e n t e ,

FRANCESCO

Vaticano, 5 giugno 2020

ALL’INTERNO

Guterres interviene al vertice Gavi e chiede la possibilità di un vaccino per tutti

In Brasile un morto al minuto

WASHINGTON, 5. Migliaia di per-sone hanno affollato ieri Minnea-polis per la prima commemora-zione pubblica di George Floyd,l’afroamericano di 46 anni mortosoffocato dal ginocchio di unagente bianco. Un ginocchio di-ventato la metafora del tratta-mento subito negli Stati Unitidagli afroamericani per centinaiadi anni.

L’arcivescovo di Los Angeles epresidente della Conferenza epi-scopale degli Stati Uniti, JoséHoracio Gómez, ha ricevuto ieriuna telefonata da Papa France-sco. Durante il colloquio, il Papaha annunciato le sue preghiere ela sua vicinanza alla Chiesa e alpopolo degli Stati Uniti in que-sto momento di agitazione, comerende noto in un comunicato laConferenza episcopale degli StatiUniti. L’arcivescovo Gómez hacondiviso questa notizia con i ve-

scovi statunitensi nella speranzache «possano consolarsi e acqui-sire forza nell’incoraggiamentodel Santo Padre». Papa France-sco «ha espresso la sua gratitudi-ne ai vescovi — si legge nel comu-nicato — per il loro tono pastora-le nella risposta della Chiesa allemanifestazioni in tutto il Paese enelle loro dichiarazioni e azionidopo la morte di George Floyd, eha assicurato ai vescovi le suecontinue preghiere e vicinanzanei giorni e nelle settimane a ve-nire». Dal Papa «preghiere spe-ciali» anche per l’a rc i v e s c o v oBernard A. Hebda e la Chiesa lo-cale di Saint Paul e Minneapolis.L’arcivescovo Gómez, a nomedella Conferenza episcopale, haespresso gratitudine a Papa Fran-cesco per «le sue forti parole disostegno che sono state espresseanche durante l’udienza generalee, a sua volta, ha assicurato al

Santo Padre le preghiere» dei ve-scovi Usa.

Durante la cerimonia in ricor-do di Floyd, il reverendo newyor-chese Al Sharpton, noto leaderdella lotta per i diritti civili, hadetto: «La ragione per cui nonabbiamo mai potuto essere chivolevamo e sognavamo di essereè che abbiamo mantenuto quelginocchio sul nostro collo; è tem-po di scendere in campo in nomedi George e dire “togliete il vo-stro ginocchio dai nostri colli”».Parole risuonate tra applausi emusica gospel nel santuario dellaNorth Central University, dovetra le 500 persone ammesse (perle restrizioni da coronavirus)c’erano anche gli attivisti JesseJackson e Martin Luther KingIII, la senatrice dem Amy Klobu-char, e autorità cittadine e statali.

La cerimonia arriva all’indoma-ni della svolta nelle indagini, con

la procura che ha aggravato l’im-putazione per Derek Chauvin —l’agente bianco che ha premuto ilginocchio sul collo di Floyd — daomicidio colposo a omicidio vo-lontario e ordinato l’arresto deisuoi tre colleghi accusandoli dicomplicità (la cauzione è statafissata in un milione di dollari).Era quanto chiedevano la fami-glia e i manifestanti che hannoinfiammato l’America. E cheadesso, nonostante i 10 mila arre-sti eseguiti finora, continuano ascendere in piazza più pacifica-mente per chiedere riforme con-tro le iniquità razziali e gli abusidelle forze dell’ordine, mentre ilSenato si appresta a votare l’ab o-lizione della stretta al collo.

Quello di ieri non è stato che ilprimo omaggio a Floyd. Oggi ilsuo corpo sarà portato a Raeford,in North Carolina, dove è nato,per una camera ardente. Cerimo-nia analoga lunedì in Texas aHouston, dove è cresciuto e havissuto gran parte della sua vita.Il giorno dopo infine è in pro-gramma nella stessa città un fu-nerale con 500 persone. A Hou-ston ci sarà anche l’ex presidenteJoe Biden, principale candidatodemocratico alla Casa Bianca.

Intanto, attorno alla CasaBianca è stata eretta una recinzio-ne dopo gli scontri e le violenzedegli scorsi giorni. Il presidenteDonald Trump ha ricevuto durecritiche da parte dei militari perl’intenzione di far intervenirel’esercito contro i manifestanti.Ieri lo speaker della Camera, lademocratica Nancy Pelosi, è in-tervenuta affermando che «un ec-cesso di militarizzazione può por-tare il caos». Inoltre, «la mancan-za di chiarezza potrebbe aumen-tare il caos». Secondo l’ex presi-dente dei capi di stato maggiorecongiunti, il generale MartinDempsey, i commenti di Trump«sono preoccupanti e molto peri-colosi». L’idea «che il presidenteprenda il controllo della situazio-ne usando i militari mi preoccu-pa» ha detto Dempsey nel corsodi un’intervista.

C’è «l’azione comune della Chiesa» volta a contrastare i varifronti di crisi aperti dalla pandemia nel lavoro della Commissionevaticana covid-19, nata dopo la richiesta del Papa al Dicastero peril servizio dello sviluppo umano integrale di creare un organismo,in collaborazione con altri enti cattolici, per esprimere la propriasollecitudine e l’amore per l’intera famiglia umana di fronte allasfida del coronavirus. Per il primo dei cinque Gruppi in cui è ar-ticolata la Commissione, abbiamo raccolto le voci del mondo del-la pastorale della salute, che nell’emergenza sta sperimentandonuove forme di prossimità a malati, famigliari e personale medicoe infermieristico.

DARIUSZ GIERS E GIANLUCA BICCINI A PA G I N A 8

BRASÍLIA, 5. Leggermente di piùdi un morto al minuto. Questosi evince dall’ultimo bilancio delministero della Salute brasilianorelativo al numero delle vittimecausate dal nuovo coronavirusnelle ultime 24 ore, 1.473 in tut-to. Per il terzo giorno consecuti-vo il Brasile ha fatto registrareun nuovo record nel numero didecessi quotidiani. La cifra haportato il totale delle perdite intermini di vite umane a 34.021.In concomitanza del centesimogiorno da quando il covid-19 èstato riscontrato ufficialmente inBrasile, il 26 febbraio, il Paese,come previsto dagli analisti, hasuperato l’Italia nella drammati-ca graduatoria mondiale dellemorti complessive riconducibilial virus. Per quanto riguarda icontagi il ministero della Saluteieri sera ha messo a bilancioquasi 31.000 nuovi casi, e il tota-le degli infetti ha superato quota600.000. Dati che, una volta dipiù, confermano il Paese foco-laio della pandemia in AmericaLatina.

L’intera regione, al momento,è ritenuta dall’O rganizzazionemondiale della sanità (Oms)l’epicentro della pandemia nelmondo. Nei giorni scorsi funzio-nari dell’Oms ed esperti virologihanno avvertito sul grave rischiodi un peggioramento della situa-zione. Pericolo accentuatosi inBrasile dopo che nei giorni scor-si diversi governi regionali han-no avviato, poco opportunamen-te, processi graduali di riduzione

delle misure di lockdown e resopiù flessibili le norme sul distan-ziamento sociale.

Sul fronte internazionale ieri ilsegretario generale dell’O nu,António Guterres, partecipandoal vertice Gavi, ha affermato che«il vaccino, da solo, non è abba-stanza, abbiamo bisogno di soli-darietà globale per garantire cheogni persona, ovunque, vi abbiaaccesso». Rivolgendosi ai parte-cipanti del Forum si è detto con-sapevole che «c’è ancora moltolavoro da fare» per sviluppareun vaccino contro il covid-19 eal tempo stesso ha fissato tre im-pegni chiave per il futuro immi-

nente: «Trovare un modo sicuroper continuare a somministrarele vaccinazioni nonostante il co-vid-19, utilizzare le reti di conse-gna del vaccino per fornire unaserie di altri servizi sanitari pri-mari e assicurarsi, quando saràdisponibile il vaccino per il vi-rus, che raggiunga tutti». Pocoprima infatti aveva avvertito sul-le difficoltà di attuare le abitualicampagne vaccinali, a causa del-la situazione di emergenza crea-tasi con la pandemia di covid-19,affermando che «20 milioni dibambini non hanno il pienocomplemento dei vaccini, e 1 su5 non ne ha ricevuto nessuno».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 6 giugno 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

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Il premier del governo riconosciuto dall’Onu incontra Erdoğan ad Ankara

Le forze di al-Serraj riprendonoil controllo di Tripoli

Possibili violenze in caso di annessione israeliana

Te n s i o n ein Medio oriente

TRIPOLI, 5. Dopo più di un anno dicombattimenti, il Governo di unitànazionale libico (Gna), guidato daFayez al-Serraj e riconosciutodall’Onu, ha annunciato di aver ri-preso il controllo dell’intera area me-tropolitana di Tripoli. Il primo mini-stro al-Serraj si è detto determinatoa riconquistare l’intero Paese, in se-guito a una serie di battute d’a r re s t odel generale dell’autopro clamatoEsercito nazionale libico (Lna),Khalifa Haftar.

A segnare un passo decisivo per larisposta all’offensiva lanciata un an-no fa da Haftar è stata la riconqui-sta, ieri, dell’aeroporto internaziona-le di Tripoli da parte delle forze delGna. Mentre le forze impegnatenell’Operazione Vulcano di Rabbiadichiaravano di aver ripreso il con-trollo di «tutti i confini amministra-tivi della capitale», al-Serraj è volatoad Ankara per incontrare il presiden-te turco, Recep Tayyip Erdoğan.«Tripoli è stata liberata», ha detto ilcapo del Gna in conferenza stampaal termine dell’incontro con Er-doğan, da mesi suo principale allea-to. «Continueremo — ha aggiunto —la nostra lotta fino all’annientamentodel nemico in Libia. Non accettere-mo alcun negoziato con Haftar». Al-Serraj ha poi ringraziato Ankara per«la sua storica e coraggiosa posizio-ne», assicurando già di voler «vede-re le imprese turche in Libia durantela fase di ricostruzione». Un soste-gno che Ankara si dice pronta a raf-f o r z a re .

Anche se in ritirata, Haftar ha po-sto però delle condizioni specificheper tessere le condizioni per un rin-novato dialogo sul fronte diplomati-co. Il comando generale dell’Lna haannunciato, in un comunicato stam-pa, il ritiro delle sue unità al di fuoridi Tripoli, a patto che le forze delGna aderiscano al cessate il fuoco,

nell’ottica di una ripresa dei colloquidel comitato militare 5+5 per un ces-sate il fuoco duraturo tra le parti.«In caso di mancato rispetto» dellatregua, «riprenderà le operazioni esospenderà la sua partecipazione alcomitato 5+5» di Ginevra mediatidall’Onu. «La battaglia — si leggenella nota — non è finita e continue-rà fino alla vittoria per il bene degliinteressi nazionali». Fonti vicine aHaftar riferiscono che il generale in-siste sul fatto che la Turchia non do-vrebbe partecipare ad alcuna sessio-ne di negoziazione sul cessate il fuo-co in Libia. Durante l’incontro adAnkara, Erdoğan si è impegnato in-vece a continuare a sostenere il go-verno di Tripoli. «Agiremo con al-Serraj a tutti i livelli delle piattafor-me internazionali» ha affermato, ri-badendo che, a suo avviso, l’uomoforte della Cirenaica «non ha alcunalegittimità per sedersi ai tavoli nego-ziali».

Nelle ultime ore, le forze del Gnahanno annunciato di aver preso ilcontrollo della città di Tarhuna — ul-timo avamposto di Haftar — a sud-est di Tripoli, senza combattere. Loriferisce l’agenzia turca Anadolu.«Dopo Tarhuna — ha dichiarato ilportavoce dell’operazione Vulcanodi Rabbia — i nostri obiettivi ora so-no Sirte, al-Jufra e i pozzi petroliferinel sud».Recep Erdoğan e Fayez al-Serraj in conferenza stampa ad Ankara (Reuters)

TEL AV I V, 5. Tensione in Mediooriente. Il Primo ministro Neta-nyau si prepara ad attuare le an-nunciate annessioni di parte deiTerritori della Palestina, come pre-vederebbe anche il piano di pacedel presidente Usa Donald Trump.Ieri un esponente palestinese halanciato un serio avvertimento: seci saranno le annessioni, violentidisordini potrebbero interessaretutti i territori.

«Nella zona si svilupperà un’on-data di violenza senza precedenti»ha ammonito Mahmoud al-Habba-sh, il consigliere del presidenteAbu Mazen per gli Affari religiosie islamici, aggiungendo che gli ap-parati di sicurezza palestinesi «nonfaranno da poliziotti per Israele».«Voi — ha aggiunto al-Habbashparlando a una radio israeliana —nemmeno vi immaginate la collerache serpeggia fra i palestinesi.Ogni casa, ogni giovane, ogni ra-gazza sono sul punto di esplodere.Con questa decisione Netanyahuspalanca le porte della violenza edIsraele — ha concluso — ne subiràle conseguenze».

Come accennato, l’esercito israe-liano e lo Shin Bet (i servizi inter-ni) stanno approntando i preparati-vi in vista dei vari scenari che sipotrebbero verificare sul campocon i palestinesi in relazione allapossibile annessione, che è stataannunciata per gli inizi di luglio eriguardare almeno il 30 per centodei Territori palestinesi. Le opera-zioni — a cui è stato dato il nomedi “Alba nelle montagne” — hannocome obiettivo la risposta alle varieipotesi sul terreno: dagli attacchidei cosiddetti “lupi solitari”, ai di-sordini di massa, all’inizio di unaterza Intifada o di una rivolta ge-neralizzata in Palestina. Ma anche«l’ipotesi estrema — come è statadefinita dai media — di un totaletaglio dei legami con lo Stato pale-stinese e con la Giordania».

La Commissione Ueconferma la validità

dell’a c c o rd ocol Mercosur

BRUXELLES, 5. La Commissione eu-ropea ha confermato ieri la propriaconvinzione sulla validità dell’accor-do commerciale Ue-Mercosur, con-cluso quasi un anno fa dopo un ven-tennio circa di negoziati. Lo ha fattodopo che, martedì scorso, il parla-mento olandese ha votato una mo-zione in cui chiede al proprio gover-no di informare Bruxelles che nonsosterrà l’accordo, ritenuto dannosoper le possibili conseguenze perl’ambiente e gli agricoltori.

Il portavoce della Commissioneeuropea, Daniel Rosario, ha afferma-to che questo accordo ha «tutto ciòche promuove valori come lo svilup-po sostenibile e vantaggi per gliagricoltori, i produttori e i consuma-tori europei», aggiungendo comun-que che l’esecutivo Ue «continueràad ascoltare con attenzione le diver-se opinioni in vista del processo diratifica». Il testo, per entrare in vi-gore, dovrà infatti essere ratificatoda tutti gli Stati membri. L’eventua-le decisione del governo olandese,secondo gli esperti, potrebbe metterea repentaglio il più grande accordocommerciale mai concluso dall’Ue.

L’intesa tra l’Ue da un lato e Ar-gentina, Brasile, Paraguay e Uru-guay dall’altro prevede concessionialle esportazioni agricole latinoame-ricane su carni bovine, pollame, risoe zucchero e al tempo stesso garanti-sce la conservazione degli standarddi sicurezza alimentare Ue e defini-sce vincolanti gli impegni sull’appli-cazione dell’accordo di Parigi sul cli-ma.

Contro il trattato convergono leposizioni degli agricoltori dei Paesidell’Ue e degli ambientalisti: i primipreoccupati dalla concorrenza dellepotenze agricole del Sud America,gli altri dell’aumento sproporzionatodella deforestazione, soprattutto inBrasile.

Anche la Finlandia contraria al Recovery fund

La Bce raddoppia l’impegno sul debito

Il direttore generale della Bce Christine Lagarde (Ansa)

Arresti per trattain Italia

Insediato il nuovo premierdel Kosovo

Covid: negli Usanon si registrano

forti miglioramentiWASHINGTON, 5. Dopo circa20.000 nuovi positivi e 1.021 nuovidecessi per cause riconducibili alcovid-19 registrati dalla Johns Hop-kins University nelle ultime 24 ore,sono arrivati a 1.872.261 i casi con-fermati di nuovo coronavirus e108.120 il numero complessivo dellevittime negli Stati Uniti. Non sivedono dunque rilevanti cenni dimiglioramento. Nell’ultima settima-na, infatti, 19 Stati su 50 hannoavuto una media di nuovi casi su-periore a quella della settimanaprecedente. Secondo le autorità,poi, le proteste di massa per lamorte di George Floyd potrebberocausare una seconda ondata dicontagi, per via dell’abbattimentodel distanziamento sociale.

Lo Stato di New York rimane ilgrande epicentro della pandemianegli Stati Uniti con 375.133 casiconfermati e 30.090 morti, una ci-fra appena sotto il Regno Unito, ilBrasile e l’Italia. Nella sola GrandeMela sono morte 21.752 persone.

Intanto il Centro per il controlloe la prevenzione delle malattie de-gli Stati Uniti (Cdc) ha stimatoche entro il 27 giugno nel Paese imorti per covid-19 potrebbero arri-vare oltra 127.230 a causa del coro-n a v i ru s .

PRISTINA, 5. Il nuovo premier delKosovo, Avdullah Hoti, si è inse-diato ieri alla guida del Governo,poche ore dopo avere ottenuto lafiducia del Parlamento.

Alla cerimonia di passaggio diconsegne non h partecipato AlbinKurti, il premier uscente. Kurtichiede infatti nuove elezioni, inforte polemica con la proceduraseguita dal presidente, HashimThaçi, che ha scelto la via di unanuova maggioranza parlamentareper affidare a Hoti l’incarico.

Il nuovo governo sarà formatoda 16 ministri: sette della Lega de-mocratica del Kosovo (il partitodel premier); quattro dell'Alleanzaper il futuro del Kosovo (dell'expremier Ramush Haradinaj); duedel partito Nisma; due della Listaserba e uno del Partito democrati-co dei turchi del Kosovo.

Nel presentare il programma diGoverno, Hoti ha indicato treprincipali priorità della sua azionepolitica: la ripresa del dialogo conla Serbia, la lotta alla pandemia dicovid-19 e la ripresa economica.

FIRENZE, 5. Con l’accusa di trattadegli esseri umani, 7 persone sonostate arrestate all’alba dalla squadramobile di Siena, coordinata dallaDirezione distrettuale antimafia diFirenze. Sono in totale 12 le ordi-nanze cautelari emesse.

L’operazione delle forze dell’or-dine — denominata Agadez — haconsentito di stroncare un’asso cia-zione per delinquere dedita allatratta degli esseri umani, riduzionein schiavitù e sfruttamento dellap ro s t i t u z i o n e .

Gli investigatori della squadramobile della questura di Siena, incollaborazione con le questure diFoggia, Torino, Cuneo, Chieti e Pi-stoia, hanno arrestato 6 donne dinazionalità nigeriana e un uomoitaliano, di età compresa tra i 25 e i54 anni. Le misure, 5 custodie cau-telari in carcere, un provvedimentodi arresti domiciliari e un obbligodi presentazione alla polizia giudi-ziaria sono state eseguite in provin-cia di Firenze, tra Empoli e CastelF i o re n t i n o .

P re s i d e n z i a l iin Polonia

il 28 giugno

VA R S AV I A , 5. Il primo turno del-le elezioni presidenziali in Polo-nia si terrà il 28 giugno prossi-mo. Il voto per eleggere il nuo-vo capo dello Stato si sarebbedovuto tenere il 10 maggio, maè stato rimandato a causa dellapandemia di covid-19.

La data è stata confermatadal presidente della Camerabassa, Elżbieta Witek, precisan-do che il 28 giugno si voterà se-condo la nuova legge firmataieri sera dall’attuale capo delloStato, Andrzej Duda.

La legge stabilisce che il vototorna alla gestione della Com-missione nazionale elettorale diVarsavia (precedentemente do-veva essere gestito dal ministerodi Beni statali) e che si svolgeràin due modalità: tradizionale(negli seggi) e per corrispon-denza (per anziani e coloro inquarantena).

Il voto del 10 maggio dovevaessere per la prima volta in Po-lonia solo per corrispondenzaper tutti i trenta milioni di elet-tori, ma con l’esclusione deglipolacchi all’estero. Secondo al-cuni esperti, anche la nuovalegge non è conforme con laCostituzione e per rispettarla ilvoto dovrebbe avere luogo solodopo il 6 agosto prossimo, la fi-ne del mandato di Duda.

FRANCOFORTE, 5. La Banca centraleeuropea (Bce) rilancia gli acquistidi debito per l’emergenza pandemi-ca da covid-19. L’istituto con sede aFrancoforte aumenta infatti di 600miliardi di euro il Pepp (il program-ma di acquisto di debito per l’emer-

genza virus), portando il totale aquasi 1350 miliardi di euro.

E con un’altra novità: i bondcomprati, che via via scadono, ver-ranno rinnovati con nuovi acquistialmeno per tutto il 2022. Ai mercati— che nel frattempo si preparano a

nuove maxi-aste di liquidità a lungotermine — la Bce manda dunquel’avvertimento a non scommetteresulla «frammentazione» dell’e u ro ,puntando su “anelli deboli” comel’Italia o la Spagna. Lo ha indicatoil presidente della Banca centraleeuropea, Christine Lagarde, spie-gando che «sarà mantenuta per tut-ta la durata del Pepp la flessibilitàche consente di comprare più debi-to di Paesi più colpiti, di intervenireladdove lo spread, lo stress finan-ziario, segnalano allarme».

In più, la Bce lascia invariati itassi d’interesse: il tasso principalerimane fermo a zero, il tasso sui de-positi resta a -0,50 per cento.L’orizzonte temporale in cui la Bcecondurrà gli acquisti di titoli perl’emergenza pandemica «sarà estesoalmeno fino a giugno 2021» dall’at-tuale scadenza di dicembre 2020.

Strada ancora tutta in salita, in-vece, per il Recovery fund, il pianoeuropeo di aiuti ai Paesi maggior-mente colpiti dalla crisi economica.

«La proposta non è accettabile»,ha detto la Finlandia, chiedendo aBruxelles di «ridurre la quota disovvenzioni e aumentare i prestiti».Helsinki, pur dicendosi «ancoraaperta» a colloqui, chiede di accor-ciare la durata del piano a meno di4 anni e ridurre il periodo di rim-borso a meno di 30 anni. La Fin-landia si aggiunge ad Austria, PaesiBassi, Danimarca, Svezia, Ungheriae Repubblica Ceca, che hanno giàbocciato il Recovery fund.

Page 3: Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente … · 2020-06-05 · cale di Saint Paul e Minneapolis. L’arcivescovo Gómez, a nome della Conferenza episcopale,

L’OSSERVATORE ROMANOsabato 6 giugno 2020 pagina 3

QA P P R O F O N D I M E N T I D I C U L T U R A , S O C I E T À , S C I E N Z E E A R T E

quattro pagine

Un incontroquotidiano

Claudio Rinaldi e la vocazione al giornalismo

di FRANCESCA ROMANA DE’ ANGELIS

Affabile, gentile,sorridente Clau-dio Rinaldi, di-rettore della«Gazzetta diParma», diventatrascinante quan-do parla di gior-

nalismo, la passione della sua vita.Nato nel 1968, e dunque in mezzo atanta storia, scopre fin da giovanissi-mo la sua vocazione grazie al giocodel calcio e alla prosa inconfondibi-le, luminosa e per lui folgorante diun grande come Gianni Brera. Piùtardi dallo sport passa alla cronaca,ma resta uguale la voglia di raccon-tare il mondo sulle pagine di ungiornale. Pur essendo giovane Clau-dio si è formato a un giornalismod’altri tempi quando il cronista con-sumava nelle strade le suole dellescarpe, il giornale era solo di carta,in tanti trascorrevano la domenicapomeriggio con la radiolina all’o re c -chio, il calcio era ancora uno sport ein qualche caso anche poesia. Daiquotidiani dove ha compiuto il suoprecoce apprendistato viene il rigoredel professionista fatto di rispettoper i lettori vale a dire di onestà,precisione e cura del dettaglio. Dallecronache delle partitelle domenicalidi quando era ragazzo l’attaccamen-to alla maglia cioè alla «Gazzetta diParma» e la passione di chi amaquello che racconta. Una combina-zione vincente che fa di Rinaldi, percreatività talento e qualità tecniche,un “numero 10” del giornalismo. Co-me direttore ha uno stile inconfondi-bile che si esercita attorno a tre pa-role d’ordine: impegno, lealtà, cor-rettezza. E poi aggiungere il nuovofacendo tesoro del passato, premiarel’impegno e il merito come può faresolo chi si è conquistato con faticaogni piccolo avanzamento sul cam-po, vivere la «Gazzetta» assieme aisuoi collaboratori come fosse casa efamiglia. Infine sentire nel profondodel cuore il valore della memoria eandare avanti senza dimenticaremaestri e compagni di strada.

Il primo ricordo della tua vita?

Nei primi anni della mia vita sonovissuto a Empoli dove mio padre Al-bino, agente di commercio della Pe-rugina, lavorava. Quando avevo ottoanni la famiglia, che comprendevamia madre Elsa e mio fratello piùgrande Giorgio, si trasferì a Parma.Il primo ricordo è legato alla scuola.Accompagnato dai miei genitori en-trai in classe e vedemmo che la mae-stra seduta in cattedra stava leggen-do la «Gazzetta di Parma». A ripen-sarlo oggi quell’episodio mi sembraun segno del destino, ma alloraquell’immagine fece una brutta im-pressione ai miei genitori. A me nondissero niente, ma si guardarono conun’espressione sconcertata che nonmi sfuggì. In realtà la maestra LiaMalagnino si rivelò un’ottima inse-gnante, molto avanti per i tempi,che praticava già allora una “scuoladelle parole” facendo leggere ai suoipiccoli allievi qualche articolo digiornale e abituandoli così findall’infanzia ad avere confidenza conil quotidiano.

Chi ha contato di più nella tua forma-zione?

L’ambiente familiare che mi hacircondato di affetto lasciandomicrescere con serenità. Dai miei geni-tori ho imparato tanto, ma soprat-tutto il valore dell’onestà, della lega-lità, del rispetto e poi l’amore, per-ché hanno vissuto sempre l’uno perl’altra. La scoperta del giornalismoinvece la devo a mio zio Mario, ilfratello di mia madre, un grande ap-passionato di calcio e di letture, chemi insegnò tutto, anche la sua fedeinterista che con naturalezza eredi-tai. Fu lui a portarmi alla mia primapartita a San Siro, uno spettacoloindimenticabile anche perché quelpunto conquistato dall’Inter sullaRoma significò lo scudetto. Era il1980. Mentre crescevo a pane e«Gazzetta dello Sport» un’estate,durante le vacanze che trascorreva-mo al mare di Savona con le nonne,mio zio mi regalò un libro: era laStoria critica del calcio italiano, la“summa” delle teorie di Gianni Bre-

ra sul calcio. Avevo 14 anni e fino aquel momento, come per tutti i ra-gazzi, il calcio era stato formazionimandate a memoria, partite, risultati,classifica. Adesso nelle pagine diGianni Brera diventava il meravi-glioso racconto di un gioco di squa-dra con straordinari solisti dove c’eratutto: agonismo, tattica, intuito, ge-sti atletici, fantasia di piedi e di te-sta. Ero giovanissimo ma amavomolto leggere e questo mi permisedi lasciarmi conquistare dalla suascrittura che già allora mi sembròritmica, rapida e potente come unapartita, ma intensa e ricca come lepagine di grande letteratura. Più tar-di avrei compreso e amato tante al-tre doti di Brera scrittore.

Dici “più tardi” quindi Brera non fusolo un mito della giovinezza.

È un mito che resiste intatto anco-ra oggi. Avevo 16 anni quando unagosto, con un amico che non con-divideva affatto la mia passione peril calcio, raggiunsi Monterosso nelleCinque Terre dove sapevo che Breratrascorreva le vacanze. Non conosce-vo il suo indirizzo ed entrai a chie-dere nella bottega di un ferramentache naturalmente sulle prime si rifiu-tò di darmi l’indicazione e che infinedovette cedere pur di liberarsi di me.Brera non era in casa, mi dissero cheera andato alla stazione a spedire il“fuorisacco”, cioè la busta con gli ar-ticoli che i corrispondenti affidavanoal capotreno e che poi i fattorini deigiornali andavano a ritirare. Lo tro-vammo che era in attesa del treno evincendo l’emozione lo avvicinai.Come mi avrebbe confidato anni do-po a commuoverlo quel giorno fu ilmio candore, la tenuta da adolescen-te fatta di pantaloncini e maglietta el’entusiasmo con cui citavo passi deisuoi articoli. Finì che ci invitò a ca-sa, gli raccontai del mio sogno di fa-re il giornalista sportivo e riuscii,sempre con molto garbo, a estorcer-gli il numero telefonico della sua ca-sa di Milano. Due furono i consigliche nel tempo mi avrebbe dato: ilprimo andare a parlare con il diret-tore della «Gazzetta di Parma» di-cendogli il mio desiderio di lavorarein un giornale. Più tardi, in rispostaa un articolo che gli avevo inviato,arrivò il secondo consiglio insieme aparole di apprezzamento che non homai dimenticato. La lettera suonavacosì: «Lo trovo molto ben fatto l’ar-ticolo, equilibrato, saggio e scrittocon bella disinvoltura, come si addi-ce a uno che conosce il mestiere...Per lei mi auguro si aprano cieli me-no grigi e bassi. Non pensi allosport prima di essersi fatto un buoncorredo culturale. Poi, se vorrà con-tentarsi, faccia pure sport». Comin-ciai allora a raccogliere libri, articoli,lettere, interviste, un archivio che ne-gli anni è vistosamente cresciuto eche oggi occupa scaffali interi. Ap-

prezzavo molto l’estrosità e le straor-dinarie invenzioni lessicali delle suepagine, la coerenza di Brera, l’auto-revolezza tale da imporre le scelte adallenatori e commissari tecnici, il co-raggio di affrontare le polemiche,tantissime, sempre a testa alta. E na-turalmente quella sua penna così lu-cida, creativa e ricca di colore. Cele-bri i soprannomi con cui ribattezza-va giocatori e allenatori, i neologismie gli adattamenti delle parole da uncampo semantico all’altro. Alcunesue invenzioni sarebbero diventatevocabolario essenziale del calcio:contropiede, melina, libero, rifinitu-ra. E mi piace ricordare “intramonta-bile”, un aggettivo amato da Brerache oggi io userei per definirlo.

E la scuola che ruolo ha avuto nellatua formazione?

Forse un ruolo più marginale. Fre-quentai il liceo scientifico Marconima di quegli anni ricordo soprattut-to le letture — Hemingway, Pavese,Fenoglio, Soldati e tanta letteraturasportiva —, il mio piccolo gruppo diamici, dei geni in matematica concui condividevo sogni da rincorrere,l’impegno la domenica come arbitro,perché come calciatore ero stato de-ludente, e le cronache di partitellelocali che diventarono un impegnosempre più importante. A seguire ilcalcio avevo iniziato da bambinoquando, guardando in televisione lepartite, abbassavo l’audio e mi sosti-tuivo al cronista. Avevo proseguitonegli anni del liceo alzandomi lamattina in anticipo per poter leggerei giornali prima di entrare in classe ecollaborando a giornali e a una sto-rica emittente privata, «Radio Emi-lia». Finita la scuola mi iscrissi a let-tere a Bologna, ma l’università si ri-

velò incompatibile con il lavoro chemi assorbiva interamente. In quelperiodo non c’era domenica, Nataleo San Silvestro in cui fossi libero,ma niente era capace di spegnere ilmio entusiasmo: il giornalismo vissu-to si confermava una passione preco-ce e fortissima.

E poi arrivò l’assunzione alla «Gaz-zetta di Parma», un giornale che de-tiene due importanti primati: è il piùantico quotidiano italiano e può vanta-re una quota di mercato straordinaria,su 100 lettori che a Parma e provinciavanno in edicola 80 acquistano la«Gazzetta».

Il nostro ieri va indietro di quasitre secoli. È sempre un’emozionesfogliare il numero del 19 aprile 1735che custodiamo in cassaforte. Perconvenzione facciamo risalire aquell’anno la nostra fondazione, maquella copia è solo la prima che pos-sediamo perché ci sono indizi che la«Gazzetta» sia ancora più antica.Da allora, salvo brevissimi periodi,siamo sempre usciti: prima una voltaa settimana, poi tre, quindi dal 1850tutti i giorni. La vecchia sfida con la«Gazzetta di Mantova» resterà persempre senza vinti e vincitori: i col-leghi della riva sinistra del Po vanta-no copie più antiche datate 1664, mahanno cambiato più volte il nomedella testata e avuto lunghe sospen-sioni delle pubblicazioni. Ecco per-ché, per continuità, rivendichiamo diessere il più antico quotidiano italia-no. Quanto al rapporto tra copievendute e popolazione sono numeriche ci riempiono di orgoglio ma chenon bastano a raccontare il legamedei lettori con la «Gazzetta». Senon ci fosse questo grande e fortissi-mo affetto la «Gazzetta» non sareb-

be quella che è: il cuore della città,un’istituzione che il grande Baldas-sarre Molossi, che ne fu direttoreper ben 35 anni a partire dal 1957,definì «uno di quegli alberi secolariche il tempo ha ingigantito e le bu-fere non hanno piegato: è un puntodi riferimento, un luogo di incontro,un posto di ritrovo».

Hai citato Molossi e gli anni d’oro del-la sua direzione. Parlaci di lui.

Per chi come me ha avuto la for-tuna di fare un pezzo di strada sottola sua ala, le sue lezioni restano indi-menticabili. Così come la «Gazzet-ta» è Parma, Baldassarre Molossi èla «Gazzetta». Scrisse di lui IndroMontanelli: «Un giornalista a metàstrada tra l’istituzione e la leggen-da». Fedele al principio di voler fareuna grande «Gazzetta» e non unpiccolo «Corriere della Sera» comenon si stancava di ripetere, Molossicon la sua direzione portò una rivo-luzione epocale. Nel pensare il gior-nale, nello scrivere gli articoli, neldeciderne la collocazione, nell’impa-ginarli il suo obiettivo fu fare della«Gazzetta» lo specchio della co-scienza della città. Per ottenere que-sto risultato aveva delle regole inde-rogabili. Le tre doti del bravo gior-nalista? Esattezza, esattezza, esattez-za. E ancora quella raccomandazio-ne ripetuta infinite volte: «Scrivetechiaro, i vostri articoli devono esserecompresi dall’ortolana della Ghiaia(piazza del centro storico di Parmadestinata da sempre a mercato citta-dino) senza far arrossire il professoreuniversitario». Infine una regola cheera frutto di uno straordinario intui-to: Molossi sapeva scegliere le perso-ne giuste e metterle al posto giusto.Insieme ad Aldo Curti, suo fedelissi-mo braccio destro e altro pezzo distoria del giornale, si sono succedutinei vari reparti campioni di giornali-smo per professionalità, passione peril mestiere e umanità. A tutti questimaestri va la mia gratitudine. Un so-lo nome non potendoli citare tutti,Luciano Pecorari che mi accolse po-co più che ragazzino e che mi ha in-segnato tutto.

«Stampando una notizia a grandi let-tere, la gente pensa che sia indiscutibil-mente vera» diceva Jorge Luis Borges.

È la grande responsabilità deigiornalisti. Noi della «Gazzetta»non vogliamo certo paragonarci al«New York Times» o al «WallStreet Journal» ma c’è un filo chelega quei colossi alla nostra piccola— e dico piccola per area di diffusio-ne — ma gloriosa «Gazzetta»: consi-derare la serietà e l’autorevolezza co-me i primi obiettivi cui tendere. Nonè un caso che le due testate che hoappena citato, le più prestigiose delgiornalismo statunitense, abbianoavuto un’impennata di abbonamenti,in controtendenza alla crisi mondialedella carta stampata, dopo l’arrivo diTrump e l’esplosione della stagionedelle fake news. I lettori cercano rifu-gio nella serietà delle testate più affi-dabili: quelle in cui giornalisti diqualità, con scrupolo e professionali-tà, approfondiscono e verificano no-tizie e fonti prima di pubblicare unarticolo.

Una mostra dedicata alla «Gazzetta»,accompagnata da un bel catalogo, hacelebrato quest’anno la ricorrenza dei285 anni del giornale.

Un traguardo importante che me-ritava di essere celebrato degnamen-te. Abbiamo lavorato tanto per alle-stire l’esposizione a Palazzo Pigorinie i due volumi del catalogo per com-plessive 800 pagine. È stato un ap-passionante gioco di squadra che hacoinvolto tanti giornalisti della«Gazzetta», ma anche tanti studiosie docenti. Ho condiviso la regia diquesta celebrazione con GiancarloGonizzi, storico appassionato e col-to, e il nostro grande lavoro è statopremiato dai risultati. Abbiamo rac-contato gli eventi e i personaggi chehanno segnato la nostra storia e Par-ma città della musica, della letteratu-ra, dello sport, del cinema, della vitauniversitaria, della ricerca scientifica,del mondo dell’industria. Abbiamoraccontato la storia del nostro gior-nale tra riflessioni, aneddoti e curio-sità: la visione cosmopolita della

«Gazzetta» nei secoli, il primo e vi-stosissimo buco — così in gergo gior-nalistico si definisce una notizia im-portante non data — che fu la Rivo-luzione francese a cui il giornale, permotivi politici, non dedicò neancheun rigo, l’obbligo che Guillaume duTillot, ministro delle Finanze delDucato di Parma, impose ai caffet-tieri di acquistare dieci copie delgiornale e a cui si deve la consolida-ta abitudine cittadina della letturadel quotidiano nei caffè. E ancoraabbiamo raccontato Parma capitaledel giornalismo. Dalla «Gazzetta»sono passate tante grandi firme: ba-sta scorrere quei nomi, leggere le lo-ro biografie e i loro articoli per farsiun’idea di quali fuoriclasse parliamo.Scriveva così Egisto Corradi: «Perchi intenda fare il giornalista non c’èscuola migliore di quella del giorna-le di provincia, specie di un giornaledi provincia vivo come la Gazzetta...In un piccolo giornale si fa tutto, siimpara tutto, ci si rende conto ditutto». Grandissimo inviato speciale,personaggio umile quanto ricco distraordinario talento, Corradi neiquasi trent’anni trascorsi al «Corrie-re della Sera» ricorreva a un truccodiventato celebre tra i giornalisti co-me frutto di una creatività per salva-guardare il mestiere. Ogni volta chesi trovava in difficoltà e c’era il ri-schio che le telefonate venissero in-tercettate, come a Praga nell’agostodel 1969, primo anniversario dell’in-vasione sovietica, Corradi chiamavail «Corriere», si faceva passare Lu-ciano Micconi lo “storico” s e g re t a r i odi redazione e gli dettava il pezzo indialetto parmigiano. «I cecoslovac-chi — scriveva Corradi — sono poli-glotti, è vero: ma trovino un inter-prete capace di comprendere cosa ioabbia mai detto al mio collega par-migiano».

Quali progetti hanno accompagnato latua nomina a direttore?

Come dissi subito ai colleghi nonintendevo fare rivoluzioni perché la«Gazzetta» non ne aveva bisogno,ma ho cambiato qualcosa e introdot-to delle novità che mi sembravanoimportanti. Da direttore ho nomina-to a capo della redazione cronacadella città e cronaca della provincia,i due reparti più importanti del gior-nale, due colleghi che erano redatto-ri ordinari per premiare il loro impe-gno e la loro professionalità perchéda sempre sono un sostenitore delmerito e un nemico della carrieraper anzianità, che nelle redazioni èquasi sempre la norma. Ho raddop-piato le pagine che tutti i giorni de-dichiamo alla cultura e dato una pa-gina in più agli interni/esteri, masenza sacrificare la cronaca localeche resta il cuore del giornale. Hoanche riorganizzato l’offerta di inser-ti speciali quotidiani: ogni giorno uninserto a tema, dallo sport alla scuo-la, quasi tutti di 8 pagine, al centrodel giornale ed estraibili in modoche possano essere collezionati o an-che solo estratti e letti con maggiorecomodità. La domenica poi c’è «Ladomenica della Gazzetta» un insertoculturale che ha debuttato durantela mia direzione, quello al quale so-no più legato e che ha ricevutograndi consensi da parte dei nostrilettori.

La «Gazzetta» mi pare di capire è untuo luogo del cuore, ce ne sono altri?

Tanti luoghi in Italia, tra cui laSicilia che amo molto e che ho gira-to tutta, ma il mio vero luogo delcuore è New York, una passione cheho trasmesso a mia moglie Katia,anche lei giornalista ed esperta di ar-te contemporanea. È una città cheviviamo camminando. Nelle sue stra-de ti sembra che passi il mondo, nel-le sue strade ti senti al centro delmondo.

È poco più di un anno che sei statonominato direttore della «Gazzetta».Che ricordo hai di quel giorno?

Una grande emozione. Ricordo ilbrindisi dopo l’annuncio, il mio bre-ve discorso di fronte ai giornalisti eun brindisi più ristretto con i colle-ghi in redazione. Poi mi sono messosubito al lavoro. Un’unica malinco-nia al pensiero della felicità cheavrebbe provato mio padre, che ave-vo perduto due anni prima, a saper-mi direttore. Per il resto un giornobellissimo, un sogno raggiunto, perme la più bella favola del mondo.

Marc Chagall, «Studio per “La pioggia”»(1911, particolare)

Deciso a fare il giornalista,Claudio Rinaldi (Firenze,1968) ha iniziatocollaborando negli anni delliceo con la «Gazzetta diParma», «Radio Emilia», il«Resto del Carlino»o ccupandosiprevalentemente di sport.Nel 1992 è stato assuntocome praticante alla«Gazzetta di Parma» daBaldassare Molossi. Dapraticante e da redattore hasempre lavorato in cronacaoccupandosi di giudiziaria,amministrativa e inchieste.Ha fatto il capocronista eper 10 anni il caporedattorecentrale. Nel 2016 è statonominato vicedirettore edirettore il 1° marzo 2019.Tra i suoi volumiGioannfucarlo. La vita e gliscritti inediti di Gianni Breracon P. Brera (2001); Dirige

Michelotti da Parma. Vita epassioni di un grande arbitro(2010); Mi chiamavanoProfessor Fatica. Vita, segretie tabelle del più grandeallenatore di maratoneti conL. Gigliotti (2014). Hascritto il saggio GianniBrera in America (aprile-luglio 1955) in Per FrancoContorbia (2019) e curatocon G. Gonizzi il catalogoParma è la Gazzetta (2020).

• Tex WillerFELICE ACCRO CCA e ANDREA MONDA

• Minori vittime delle mafiedi ENRICA RIERA

• Ricoeur andata e ritornodi LUCA M. PO S S AT I

• La felicità di cancellaredi GABRIELE NICOLÒ

Page 4: Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente … · 2020-06-05 · cale di Saint Paul e Minneapolis. L’arcivescovo Gómez, a nome della Conferenza episcopale,

pagina 4 sabato 6 giugno 2020 L’OSSERVATORE ROMANO sabato 6 giugno 2020 pagina 5da

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Gesuiti vestiti da francescaniRileggere le storie Tex Willer scoprendo particolari sfuggiti all’occhio dell’adolescente che ero quando le sfogliai per la prima volta

Per un pugnodi dieci dollari

Qquattro pagine

Superati ormai i settant’anniTex Willer continua a mostrarela freschezza di un adolescenteE anche se con qualche imprecisionedalla storia di Lucero(indiano mescalerodotato di notevole abilità e intelligenza)emerge un profondo spirito religioso

In «Assenti - Senza giustificazione» di Rosario Esposito La Rossa

Voci da una classe fantasmavittima delle mafie

56 giorniÈ passare dalla quiete alla tempesta e ritorno, leggere 56 giorni di FrancescaSegal e Figlio del lupo di Romana Petri, due libri diversissimi per genere, ot-tica e vicende, ma con un sorprendente filo comune. Nel primo (Torino,Bollati Boringhieri 2020, pagine 223, euro 17, traduzione di Manuela Faima-li) l’autrice racconta il tempo passato nel reparto di terapia intensiva neona-tale con le sue gemelle nate a 29 settimane e 6 giorni. Nella notte in cui vie-ne eseguito d’urgenza il cesareo, le bambine entrano nella trentesima setti-mana, spartiacque tra la quasi impossibilità di sopravvivere alla speranza difarcela. Dal giorno zero delle sue figlie, Segal entra in un mondo di regolenuove. Tutto acquista una dimensione impensabile — nella novità della ma-ternità, c’è anche la novità di una maternità che è fatta di tempi, spazi, gestied emozioni unici. Tra medici, infermieri e personale sanitario più o menodisponibile ed empatico, la vera sorpresa viene dal legame che si crea con lealtre madri. Nella stanzetta attrezzata per tirare il latte (operazione difficile espesso frustrante per chi non ha portato a termine la gravidanza, ma neces-saria perché bastano poche gocce per nutrire i prematuri), queste donne siaiutano a vicenda, si confortano, si assistono. La lotta ha un’altra forza seviene spartita. «Ci vuole un villaggio per crescere un bambino. Quel villaggio èandato perso nella nostra cultura. Nel momento del bisogno — scrive Segal— le donne in sala mungitura ne hanno costruito uno».

Figlio del lupoSe il tempo assume una dimensione rallentata nella terapia intensi-va neonatale, è invece a tamburo battente in Figlio del lupo (Milano,Mondadori 2020, pagine 375, euro 19,50) in cui Romana Petri ro-manza l’esistenza di Jack London, raccontandone l’autentica furiadi vivere. Pugile, cacciatore di foche, agente di assicurazioni, cerca-tore d’oro, ma soprattutto — prima ancora di iniziare a vivere dav-vero — scrittore. Scrittore prima ancora di scrivere, testimone e aedodello sforzo degli ultimi in cerca di giustizia, circondato da donneche lo hanno molto amato, ma poco compreso (ad eccezione, forse,della sorella Eliza), sempre all’eccesso per dare voce ai muti: questoè stato lo scrittore statunitense. Poverissimo e poi ricchissimo (perqualche giorno almeno), in perenne bisogno di vedere, guardare,battagliare e scrivere, London è un uomo sempre in corsa nella vitae dalla vita, a un passo dal fallimento anche al culmine della fama.Il filo tra questa furia della natura e i prematuri della Segal impe-gnati in una battaglia per conquistare un millimetro di vita? Ci sisalva solo insieme testimoniano le due minuscole bambine dalla«pelle troppo fragile per i vestiti», la loro madre e una delle piùgrandi penne d’America. (giulia galeotti)

di CRISTIANO GOVERNA

Per motivi (ad oggi) ancora inesplicabili, la vita dei fuoriclasse è costellatadi cretini intenti a danneggiarla. Come quella volta (1952) nella quale lacasa di produzione voleva che Un uomo tranquillo di John Ford durassedue ore esatte. Aver deciso le regole prima di entrare in rapporto con lecose è uno dei tic più singolari cui la vicenda umana ci abbia messo di

fronte. Ma la sera nella quale Ford presentava il film alla produzione accadde unacosa davvero “da film”. Il regista americano infatti, conscio di aver realizzato unapellicola che durava due ore e nove minuti, stoppa la proiezione alle due orepattuite. Lasciando bruscamente in sospeso il finale, e con esso ciò che ogni essereumano vuol sapere dei due protagonisti coi quali ha condiviso un pomeriggio alcinema: ce la faranno? Saranno felici? Erano tempi difficili anche quelli, ma i cretinialmeno rispondevano a superiori meno scemi di loro. Questa, sostanzialmente, è ladifferenza fra ieri e oggi. I treni verdi e quel presentimento di felicità in ogni cosa,questo non riesco a dimenticare in questo film del 1952, un lavoro nel quale Fo rdtrasuda senza pudore la sua ostinata passione per la forza dei rapporti umani,l’amicizia, l’amore e, perché no, la giustizia. È celebre l’intervista a un quotidianofrancese nella quale Ford ammise la sua passione per questi aspetti dell’animoumano che «si è presa l’abitudine di sbeffeggiare» e in Un uomo tranquillo la forza,talvolta violenta, dirompente, dell’interazione umana è al suo grado di massimapurezza. Il film, che si basa su un racconto breve di Maurice Walsh pubblicato nel1933 sul «Saturday Evening Post», racconta una delle storie più vecchie del mondo,quella dell’uomo che fa ritorno a casa. Siamo nei primi vent’anni del Novecento eSean Thornton (John Wayne) è un pugile che dopo aver fatto la sua carriera inAmerica, a Pittsburgh per la precisione, torna in Irlanda (nel villaggio di I n n i s f re e )per acquistare la fattoria in cui è nato e che era di proprietà della sua famiglia primadi emigrare. Torna con quel desiderio che fa capolino in un uomo dopo essersiimbattuto in qualcosa di doloroso. La pace. Durante la sua carriera di pugile infatti,Sean ha dovuto affrontare la peggiore delle disgrazie, quella di averinvolontariamente cagionato (sul ring) la morte di un suo avversario. Decide alloradi tornare nella placida Irlanda per ritrovare quella pace (e forse vincere quel suodoloroso ricordo) lontano dal caos americano e dal mondo della boxe. Sulla stradache conduce al villaggio Sean s’imbatte (e si innamora) di Mary Kate Danaher(Maureen O’Hara) una rossa dal carattere impetuoso nonché sorella del prepotenteproprietario terriero Will Danaher. Anche Will ambisce all’acquisto della fattoria equando Sean la compera soffiandogliela, Danaher va su tutte le furie. A quel punto,saputo dell’interessamento dell’americano per la sorella, il proprietario terriero faràdi tutto per osteggiare il loro fidanzamento. Eccola qua, perfettamente squadernata,la cara, vecchia e invincibile ricetta del successo: due che si amano, un cattivo cheprova a rovinare la festa. All’interno di questa ricetta, Ford maneggia condisinvoltura ed eleganza, i dettagli, i piccoli segreti che fanno di quella ricetta, unsapore antico e attualissimo allo stesso tempo. Per esempio lo sfondo. Ci sonolocation perfette per far transitare gli uomini, e ce ne sono altre altrettanto perfetteper farli definitivamente fermare. Se infatti in Sentieri Selvaggi lo sfondo era laMonument Valley qua è quell’Irlanda verde e felice che sembra offrirsi come fondaleperfetto per chi vuole ritrovare motivi per vivere ed inseguire la felicità. Quei treniverdi, tirati a lucido, gli spazi ampi che costringono a desideri altrettanto vasti, e lagente che non sorride per difendersi ed eludere i rapporti umani ma per spalan c a rela porta del proprio cuore. Forse piccolo, certamente immortale. Ogni cosa finiscecon qualcuno che a modo suo ti dà una mano, e con una birra scura, densa, come ilcaffè. Stupendo, per semplicità e rispetto, il rapporto tra i due sacerdoti (quellocattolico e quello protestante) la cui interazione rappresenta un master di feliceconvivenza e rispetto. Un film nel quale l’impeto del vivere e dell’amare saconiugarsi a quell’idea di serenità necessaria, come l’impeto di un bacio fra Sean eMary ha bisogno della carezza della pioggia tanto da assumere un impatto visivotalmente emblematico da essere “citato” in E . T. da Spielberg. Ultimo degliingredienti necessari è la scazzottata finale, lo showdown nel quale “buono” e“cattivo” misurano le loro ragioni e la giustizia farà capolino. Il problema qua è chela scazzottata che vedrete è quanto di più lontano dalla violenza possiateimmaginare, somiglia più a quei corpo a corpo dei bambini all’asilo, le contese perun giocattolo che iniziano come guerre e finiscono, misteriosamente, a gioc a reinsieme. Un uomo che ha un dolore sulla coscienza e vuole comprarsi la fattoriadella sua infanzia, una donna che non sapeva di aspettare un amore così e il postoperfetto nel quale raccontare questa storia (l’Irlanda). Speriamo dunque, in questanuova puntata del nostro cassetto dei ricordi, di avervi incuriositi e che siate giàsulle tracce di questo piccolo/grande oggetto smarrito. Ancor due cose però, dettagliforse. O forse no. La prima. Avete visto per caso Lost in translation di SofiaCoppola? Il finale nel quale, in una strada affollata del Giappone, Bill Murray eScarlett Johansson si bisbigliano qualcosa che lo spettatore non riesce a cogliere? Unsegreto che resta fra loro due? Ecco, al termine della visione di Un uomo tranquilloscoprirete che anche al cinema «Nulla si crea, nulla si distrugge». La seconda.Quando usate la moneta, i termini economici, per dar valore alle cose mettete inconto che il danaro misura la vita in modo sciocco. Conta i giorni ma non sapesarli. John Ford, per esempio, dopo aver letto la storia dalla quale avrebbe trattoquesto film, ne acquistò i diritti per dieci dollari. Dieci dollari.

Particolare dalla copertina

Ufficio oggetti smarriti

Il passato

i m p re v e d i b i l e

di FELICE ACCRO CCA

Tex Willer è indubbiamentel’eroe più popolare del fu-metto italiano; ha ispiratolibri, mostre, persino film(anche se quello realizzato

nel 1985 non fu gran cosa!) ed è — damoltissimi anni, ormai — il mio preferi-to. D’altronde, un adolescente comeme, che nutriva una grande passioneper il genere western, non poteva nonentusiasmarsi per quel fumetto che gliconsentiva d’immergersi con la fantasiain un campo indiano o tra le vie polve-rose di villaggi di pionieri e città fanta-sma, di viaggiare dentro una diligenzainseguita da pellerossa a cavallo o assa-lita da delinquenti col volto coperto:ancora oggi le sue nuove avventure mivengono puntualmente spedite da per-sone amiche che conoscono questa miapassione ed esse costituiscono per meuna piacevole, sana evasione dalle ten-sioni quotidiane (che certo non manca-no).

Ranger — voce autorevole, anzi,all’interno del Corpo — e gran capo deiNavajos (è vedovo di una donna india-na, la bella Lilyth), svelto di lingua co-me di mano, Tex ha amici fedelissimi(Kit Carson, suo figlio Kit e il navajoTiger Jack), che lo seguono ovunque,ma anche acerrimi nemici, primo fratutti il diabolico Mefisto. Il personag-gio, creato da Gian Luigi Bonelli nel1948 e realizzato graficamente da Aure-lio Galleppini, gode di una straordina-ria longevità, se pensiamo che — sup e-rati ormai i settant’anni — continua amostrare la freschezza di un adolescen-te: ristampe a colori si sono susseguitenel corso degli anni, in brossura o co-pertina rigida, in formato sempre piùelegante, sovente sotto l’egida di grossiquotidiani.

Ciò mi ha consentito di rileggerevecchie storie, nelle quali ho avuto mo-do di soffermarmi su particolari chenon poteva certo cogliere l’o cchio

dell’adolescente che ero quando le sfo-gliai per la prima volta.

C’è da dire che — diversamente dalleprime strisce di Capitan Miki del 1951-1952 — in Tex è poco presente l’elemen-to religioso. A differenza del primo Mi-ki, qui gli eroi generalmente non prega-no e vige, di norma, la legge anticadell’“occhio per occhio”, anche se l’isti-tuzione religiosa non viene maltrattata:esempi buoni e cattivi si alternano trale figure dell’universo protestante — intanti “re v e re n d i ” sembra, infatti, di po-ter scorgere più il ministro protestanteche non il prete cattolico —, mentrefanno quasi sempre una bella figura i

religiosi della Chiesa cattolica, general-mente frati francescani (giustamente,peraltro, visto che compaiono per lopiù in storie ambientate nelle zone diconfine tra il Messico, l’Arizona e il Te-xas, dove la presenza francescana è sta-ta storicamente determinante).

Nella serie avviata nel 2019 per il set-tantesimo di vita del personaggio — 70anni di un mito, una pubblicazione set-timanale non vendibile separatamenteda «La Gazzetta dello Sport» o dal«Corriere della Sera» — è stata ripub-blicata la storia di Lucero, un indianomescalero dotato di notevole abilità eintelligenza, capo di una banda che as-

guito, Lucero aveva assunto una dop-pia identità: dopo ogni scorreria rien-trava infatti nei panni di un h a c i e n d e roricchissimo, don Fabio Esqueda.

Nell’episodio, nascosto sotto l’abitoreligioso, egli non esita a recarsi nellamissione dove aveva a lungo vissuto,per distruggere una foto che lo ritraevaassieme ai compagni del suo corso euccidere con le proprie mani l’unico re-ligioso superstite tra quelli che un tem-po l’avevano conosciuto di persona, co-sì da cancellare ogni traccia del suopassato.

Solo quando stanno per mettergli ilsale sulla coda Tex e gli altri si rendo-no conto che Lucero e don FabioEsqueda sono la stessa persona; ne se-guono perciò le tracce fino alla missio-ne: l’uomo vi era ritornato ormai in findi vita, con in corpo il piombo di Car-son, stringendo tra le mani il Crocifissotrafugato anni prima. La storia si chiu-de in modo inaspettato, con una gran-de catechesi sulla misericordia di Dio eil suo perdono. Ai religiosi, che gli si

accalcano attorno per prestargli soccor-so, Lucero parla a fatica: «Del mio cor-po potrete ... occuparvi dopo ... ora de-vo chiedere qualcosa ... a padre Miche-le ... e devo chiederglielo ... in nome diquesto», dice mostrando il Crocifisso.«Chi sei?», gli chiede allora il più an-ziano dei gesuiti: «Lucero». Condottosulla tomba di padre Michele, il mori-bondo s’inginocchia, depone la crocesulla pietra e confessa: «A padre Tom-maso ... presi il crocifisso ... e ... a luila vita ... potrò mai ... essere perdona-to?». Gli risponde il padre più anziano:«Dio perdona sempre, Lucero».

La storia — il cui finale vale più diuna predica —, pubblicata originaria-mente nel 1972, fu scritta da Gian LuigiBonelli, il creatore di Tex, e illustratada Guglielmo Letteri, il quale è statosin dagli Sessanta una delle colonnedella saga bonelliana. Si tratta di duepietre miliari nella storia del fumetto,che in questa occasione hanno prodotto— a mio giudizio — uno tra i risultatimigliori della loro lunga carriera; tutta-

di ENRICA RIERA

Sono pieni di sogni i temi dei bambini. C’è chi scrive di voler diventare calcia-tore, chi racconta il desiderio di viaggiare per mari e terre sconosciuti, chi, an-cora, spiega perché vorrebbe costruire una casa, fare il giornalista, indos s a rel’abito bianco da sposa. Rosario Esposito La Rossa, scrittore, editore, ma, so-prattutto, primo libraio di Scampia, queste aspirazioni e fantasticherie infanti-

li, le passa in rassegna nel suo ultimo libro, Assenti - Senza giustificazione (Trieste, Einau-di Ragazzi, 2020, pagine 120, euro 11,90), in cui è proprio l’immaginazione, oltre chel’inchiostro della penna, a dare una seconda possibilità, e una voce, a quei giovani in-nocenti morti ammazzati dalle mafie.

Nel volume di recente pubblicazione sono, pertanto, raccolti questi scritti, i ventiduetemi che appartengono (idealmente) agli alunni di una classe fantasma, tutti accomuna-ti dalla sorte spietata e dalla “colpa” di essere cresciuti in contesti disagiati di diversezone italiane, dove, il più delle volte, si viene «coltivati per la galera, programmati per ireati». Se non fossero stati uccisi, usati come scudo contro le pallottole, sciolti nell’aci-do, bruciati, sgozzati, immobilizzati dalle rivoltelle, privati della speranza e dell’a m o re ,se non avessero deciso di togliersi la vita per scampare alla brutalità del male, se non sifossero trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, cosa avrebbero fatto, adesso,Mariangela, Giuseppe, Salvatore, Rita, Annamaria, Cocò, Luigi, Gennaro, Stefano, Ni-cholas, Vittorio e tutti gli altri? Probabilmente sarebbero riusciti a realizzarli i propri so-gni, e a prendere da tutto quel fango l’energia positiva per mettere le fondamenta aqualcosa di buono. Ma la realtà è un’altra. La cronaca non ha nulla a che vedere con lafantasia. E quei bambini dei temi scolastici ispirati alle reali vicende della criminalità so-no morti per davvero, «come cardellini in mezzo ai corvi».

Questo libro «ci ricorda che dobbiamo indignarci» sempre, avverte l’autore nelle pri-me pagine della sua potente opera, perché, non solo, l’indignazione non può durare «iltempo di una foto, il tempo di una lacrima», ma pure perché la memoria non deve maivenire meno. Ha ragione. I millennial hanno il diritto e il dovere di conoscere ciò che èaccaduto nel loro Paese «affinché non accada più», e non possono nemmeno essere in-differenti ai fatti, pur se i fatti appaiono lontani nel tempo e nelle circostanze. Bisogna«trasformarsi in megafoni», scrive, ancora, Rosario Esposito La Rossa, che, con le suedi parole, con la sua di scrittura, con il suo di impegno, grazie alla libreria che ha aper-to nel quartiere difficile di Napoli («La Scugnizzeria» accoglie ragazze e ragazzi, impe-gnandoli nelle arti, negli sport, nelle attività più disparate e gli insegna a sognare il so-gno impossibile), riesce a rispondere alle pallottole di ieri e di oggi con l’arma più affi-lata e indelebile che esista, quella della cultura («Le parole, se usate bene, possono farpiù male delle pietre»). Con Assenti - Senza giustificazione, dunque, l’autore, 32enne, na-to e cresciuto proprio a Scampia, imparentato col primo ragazzo con disabilità vittimainnocente di camorra (si chiamava Antonio Landieri e aveva 25 anni) resiste e, ancorauna volta, getta il seme perché resistano tutti quanti gli altri.

C’è un ulteriore motivo, oltre a quelli legati all’importanza di ricordare, fare giustiziae crepare il muro del silenzio, per cui questo libro va letto, e, anzi, dovrebbe a pieno ti-tolo diventare un testo scolastico, proposto a tutti i ragazzi (almeno a quelli, come con-siglia la casa editrice, dai 13 anni in su) e agli adulti, i veri, nella maggior parte dei casi,assenti ingiustificati.

La ragione è che queste 120 pagine insegnano, proprio ai grandi, a non giudicare, acercare di non fallire di fronte all’innocenza dell’infanzia. Ai professori, ai maestri, aglieducatori, a chi ricopre il ruolo di guida dei bambini nei bassi di Napoli, tra le monta-gne dell’Aspromonte, sulle coste salentine, nelle terre siciliane dei Ciclopi e negli altriluoghi d’Italia, l’autore — tramite uno dei suoi personaggi che sta dietro la cattedra discuola — porge un invito: «Andateli a prendere casa per casa, dentro i bar, dentro le sa-lumerie dove lavorano per ottanta euro al mese, mentre consegnano le pizze (…). Noidobbiamo convincere questi bambini che un altro mondo è possibile».

Parole che fanno subito pensare a quanto di importante ed esplicito disse Papa Fran-cesco nel 2014 a Cassano allo Ionio, quando, a seguito della morte per mano delle co-sche di Cocò, il treenne che il libro di Esposito La Rossa lo apre col suo tema, scomu-nicò i mafiosi, esortando la comunità a combattere il male: «Mai più vittime (…) cosedel genere non devono mai succedere nella società».

E perché non ne accadano più di questi drammatici eventi c’è bisogno, se non altro,di uomini e donne comuni, di docenti impegnati, coraggiosi, mai indifferenti, che sisporchino le mani, che diano opportunità, che vadano nei posti e non che ne parlinosenza conoscerli. Guide che indichino il cammino, che non esistano solo nei libri o neifilm (dalla più recente impavida prof. tratteggiata da Valeria Parrella in Almarina al ce-lebre «O capitano! Mio capitano!» de L’attimo fuggente, i riferimenti esemplari sono tan-ti) e che, in definitiva, facciano capire che, pure in certi posti, la felicità non è sprecatae «i sogni non sono a pagamento».

via, riguardo al soggetto religioso lasceneggiatura rivela qualche errata con-vinzione e un’informazione carente.

È l’unica volta — a mia conoscenza —che in Tex vengono tirati in ballo i ge-suiti: perché proprio loro, quando tuttele altre volte in cui ci s’imbatte in unamissione questa è regolarmente abitatada francescani? Forse che, parlando in-direttamente d’insegnamento, la Com-pagnia di Gesù se ne riteneva più pa-tentata? In realtà, benché in questo epi-sodio i religiosi siano indicati come ge-suiti, al lettore non può sfuggire chesiano invece disegnati con l’abito deifrancescani; inoltre, il loro superiore èchiamato «priore», con terminologia,cioè, né gesuitica né francescana.

Osservazioni, queste, che non voglio-no sminuire il lavoro di due giganti delsettore, e costituiscono piuttosto un in-vito a intensificare collaborazione e co-noscenza reciproca, perché anche unfumetto western — l’abbiamo visto —può contribuire a diffondere grandi va-lori.

Nel giugno del 1973 usciva il numero 154 del fumetto Tex intitolato Una campana per Lucero di cui parla congrande accuratezza e profondità monsignor Felice Accrocca in questa pagina. Sono molto legato a quelnumero di Tex perché è stato uno dei primi che ho letto del fumetto inventato da Gian Luigi Bonelli e

oggi, che la serie è arrivata al n. 715, posso dire che forse è stato grazie a quel numero che sono diventato uningordo lettore al punto da possedere l’intera collezione. Forse deluderò le aspettative di monsignor Accrocca maio leggevo quel numero 154 non tanto per la storia di Lucero, così particolare nel suo incrociare ben due ordinireligiosi, ma per quella che seguiva subito dopo e che continuava nel numero successivo che a me, ragazzo disette anni, divertiva moltissimo. Già la copertina del 155, intitolato San Francisco, era formidabile con quel pugnodevastante di Tex che manda all’aria un cinese oltre la tenda di un fumeria d’oppio, promettendo grandi risseall'interno del volume e infatti per pagine e pagine Tex e i suoi pards sgominano intere bande di cinesi armati dicoltelli ma travolti dalla furia del ranger più famoso dell’Arizona (Italia). Mi colpisce una coincidenza, la storia diLucero, come nota monsignor Accrocca, è disegnata dall’ottimo Guglielmo Letteri, è una delle sue primerealizzazioni per la serie di Tex. Nel 2006 l’ultimo numero disegnato di Lettieri è stato il 552 intitolato Il velenodel Cobra, anch’esso con una vicenda riguardante uno scontro tra Tex e la comunità cinese, una storia moltointeressante anche perché in oltre settant’anni di vita Tex ha sempre rappresentato una bella cartina al tornasoleper capire i cambiamenti della società italiana. Infatti all’inizio della vicenda vediamo che Tex e i suoi in unazona semidesertica, uditi degli spari in lontananza (la zona non è poi così semideserta), soccorrono, sparacchiano,eliminano, salvano, beni materiali e persone. Si scopre quindi che i salvati sono dei cinesi e che il carro portavadei lingotti d’oro estratti dalla loro miniera. Ecco la novità: «Avete una miniera?» chiede Kit Carson, il bracciodestro di Tex, a pag. 26. «Capisco il vostro stupore», risponde Ly Kuong, il cinese capo-scorta, «di solito quellidella mia razza lavorano nelle miniere dei bianchi» e poi spiega che invece questa miniera è proprio sua, diproprietà di un cinese, che ha deciso di fare così «per non essere più sfruttato». Era il 2006 e le comunità cinesigià cominciavano a espandersi nel tessuto urbano delle grandi e piccole città italiane. Ly Kuong continua la sualezione all’incauto Carson (il vecchio ranger sta a Tex come Watson a Holmes) e racconta dei primi cinesi chearrivarono sulla costa orientale americana e finirono per andare a lavorare in pieno Far-West lì, a PromontoryPoint, nello Utah, dove nel 1869 si congiunsero i tronconi ferroviari della Union Pacific con quelli della CentralPacific unificando il paese e accelerando la fine dello stesso Far-West. Il Far-West è finito ma per i lettori italianicontinua ogni mese con questo fumetto che raccontando l’avventurosa ed epica lotta infinita per la giustizia inuna terra selvaggia accompagna anche le trasformazioni sociali del nostro paese.

A.M.

salta, depreda e uccide allamaniera dei bianchi, rastrellan-do cioè oro e carta moneta, co-sa inusuale, questa, perché gliindiani al metallo giallo nondanno gran peso, se non perbarattarlo — nei casi peggiori— con alcool di dubbia qualità.Lucero sembra inafferrabile e,in un primo tempo, si mostratale anche a Tex e ai suoipards, pur abilissimi nel legge-re le tracce lasciate sul terreno.

È mettendosi alle calcagnadi questo personaggio inaffer-rabile che Tex e Kit Carson, inun primo momento, poi iquattro tutti insieme, entranoin contatto con una missionedi gesuiti, nella quale Lucero(sopravvissuto bambino a unascorreria che aveva insanguina-to il suo villaggio) era stato ac-colto e aveva poi vissuto perdiverso tempo ricevendoneun’ottima formazione intellet-tuale assorbita con straordina-ria recettività, tanto da rivelar-si, anno dopo anno, il miglioredegli allievi. Tuttavia, nel mo-mento in cui la comunità stavaper proporgli di prendere luistesso i voti religiosi, era scap-pato dopo aver sottratto deldenaro e un Crocifisso. In se-

«Il Martirio di Sant’O rsola»in mostra a NapoliÈ stata l’ultima opera di Caravaggio, poco pri-ma della morte, il Martirio di Sant’O rs o l a . Erail 1610. Il dipinto è di nuovo visitabile pressole Gallerie d’Italia - Palazzo Zevallos Stiglianoa Napoli, che hanno riaperto i battenti, dopol’emergenza legata al covid-19, il 2 giugno. Co-me pure è tornata fruibile, sempre a PalazzoZevallos, la mostra (prorogata al 28 giugno)David e Caravaggio. La crudeltà della natura, ilprofumo dell’ideale. Il Martirio di Sant’O rs o l a fueseguito in tutta fretta essendo l’artista in pro-cinto di partire per Porto Ercole dove avrebbedovuto compiere le formalità per essere grazia-to dal bando capitale. Durante il viaggio, co-me è noto, trovò la morte. La fretta fu tale chela tela non era perfettamente asciutta alla con-segna: la commissione gli era stata affidata dalbanchiere genovese Marcantonio Doria, la cui

famiglia aveva per protettrice proprio Sant’O r-sola. Per accelerare l’asciugamento, incauti ser-vi esposero il quadro al sole. I danni, comun-que, furono limitati. In seguito alla morte diCaravaggio, si perse memoria del dipinto chefu erroneamente attribuito al pittore MattiaPreti. Fu lo storico dell’arte Ferdinando Bolo-gna a intuire la corretta attribuzione del qua-dro, in cui Caravaggio si discosta dall’icono-grafia tradizionale di Sant’Orsola, generalmen-te ritratta con i simboli del martirio e in com-pagnia di una o più vergini sue compagne.L’artista sceglie il momento stesso in cui lasanta, avendo rifiutato di concedersi al tirannoAttila, viene da lui trafitta con una freccia. Ilquadro presenta una delle caratteristiche prin-cipali dell’arte di Caravaggio, ovvero il gioco,sapiente e intrigante, di ombra e luce, al finedi creare un’atmosfera lugubre, come si addicea una morte imminente, riscattata tuttavia daun chiarore che si fa spazio a forza per emer-

gere e imporsi. Particolare è la figura di Attila,raffigurato in abiti settecenteschi. Il condottie-ro e sovrano unno ha appena scagliato la frec-cia e sembra essersi già pentito del suo gesto.Pare che allenti la presa sull’arco: il suo volto,contratto in una smorfia di dolore, è attraver-sato da un sentimento di resipiscenza. Dal can-to suo Sant’Orsola sembra non provare dolore,ma una placida rassegnazione. Il suo estremopallore intanto suggerisce la morte che la staghermendo. Sono quindi raffigurati tre barbari(anch’essi vestiti con abiti moderni, uno ha ad-dirittura un’armatura di ferro) che sorreggonoil corpo di Orsola. Nel barbaro collocato im-mediatamente dietro alla donna è raffiguratoCaravaggio stesso: ha la bocca dischiusa eun’espressione segnata dal dolore. Pare che ri-ceva la fatale trafittura insieme alla santa,esprimendo in questo modo la sua netta oppo-sizione al gesto compiuto dal sovrano unno.(gabriele nicolò)

LETTERE DAL DIRETTORE

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 6 giugno 2020da

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Qquattro pagine

Ricoeur andata e ritorno«Attorno alla psicoanalisi», ovvero del ruolo che la filosofia gioca ancora oggi nel dialogo tra le scienze

Stefan Zweig e il superfluo nei romanzi

La felicità di cancellare

Adriana Calcanhotto:«Só»È a cominciare dalla copertina chel’ultimo disco di AdrianaCalcanhotto si fa apprezzare.L’immagine di una vecchia mac-china da scrivere che ha appenaimpresso, in inchiostro rosso, il ti-tolo dell’album su un foglio im-macolato fa intendere che la can-tautrice di Porto Alegre proseguenel suo percorso di recuperodell’immensa tradizione musicaledel suo Paese. Un recupero chenon vuole tuttavia essere la sterileriproposizione di modelli stantii,ma l’attualizzazione di quelle so-norità che hanno fatto grande la

musica brasiliana. Bossa nova,quindi, ma anche tropicalismo, eballate velate da sentori jazz, iltutto presentato con ricercati ar-rangiamenti e raffinatissime solu-

zioni vocali che ancora una voltacollocano Adriana Calcanhotto alcuore della Musica popolare bra-siliana, quel variegato movimentoartistico che raccoglie i migliorimusicisti delle ultime decadi.Ascoltando Só, è facile notare lavicinanza del disco con i lavori diMarisa Monte, l’altra grandissimamusicista brasiliana che, comeAdriana Calcanhotto, fa del voca-lismo il suo marchio distintivo.Due grandi voci femminili acco-munate dalla ricercatezza e daldesiderio di riproporre in una ve-ste nuova un patrimonio musicaleimmenso e imperdibile. Oltre lemo de.

Neil Young:« H o m e g ro w n »Può sembrare strano recensire undisco non ancora pubblicato. Main realtà H o m e g ro w n — la cui usci-

ta, anticipata in questi giorni daun brano Tr y disponibile sullepiattaforme digitali, è stata riman-data alle prossime settimane acausa della pandemia di covid-19— è noto per essere un disco “p er-duto” del cantautore canadese.Un disco in realtà piu “nascosto”che “p erduto”, perché diH o m e g ro w n si sente parlare da de-cenni, cioè almeno dalla primametà degli anni ’70, quando venneregistrato. Era quello un periododi enorme energia creativa, graziealla quale, Neil Young diede allaluce lavori del calibro di Harveste On the Beach. Erano gli anni deltormentato ma prolifico sodalizio

con Crosby, Stills e Nash a cuiYoung donava un po’ della suaverve elettrica, oltre alle immanca-bili, sognanti ballate. In realtàmolti dei brani di Homegrown so-no già noti al pubblico, perché in-seriti in dischi successivi o perchéeseguiti da vivo. L’autore ha defi-nito il disco come un ponte traHarvest e Comes a Time, tra l’inti-mismo dolente, quindi, e l’affet-tuosa solarità. Nell’attesa che illungo arcano sia svelato, si restafiduciosi sulla qualità di questoennesimo disco di Neil Young.Una qualità che di solito è im-mensa. (giuseppe fiorentino)

Nel romanzo «Il cuore è una selva» di Amadei

Potenzadella creazione

Ispirato alla vita del pittore Ligabue

di SI LV I A GUSMANO

«B ianca gli dava del voi. Lo aveva chiama-to artista. Forse, lo vedeva davvero perquello che era, un forestiero che vieneda posti lontani, un’anima di sghemboche tenta di ricondursi all’esistenza di

tutti e, per difetto, ripiega sul ventre della natura, e nonparla la lingua del popolo, ma quelle delle bestie, dell’acquae del fuoco». È ispirato alla vita del pittore e scultore Anto-nio Ligabue (1899-1965) nato a Zurigo e morto a Gualtierinella bassa reggiana, l’ultimo romanzo di Novita Amadei, Ilcuore è una selva (Vicenza, Neri Pozza 2020, pagine 266, eu-ro 18). Ligabue non è mai citato, solo in chiusura una notadell’autrice lo presenta, raccontando anche come è avvenutoil suo incontro con una figura che conosceva «più come per-sonaggio popolare che come artista».

Il romanzo si apre la sera di Natale quando, durante lamessa, viene trovato un vagabondo che non parla. Dalla suaapparizione in chiesa in quella notte di ghiaccio di fine anniDieci, quest’uomo senza nome diventa subito un personag-gio del paese, ribattezzato el mätt. Alcuni lo dileggiano e glifanno scherzi crudeli, altri ne sono spaventati, ma per lo piùla comunità nel suo insieme lo accetta. Si abitua ad averloattorno, a vederlo dormire nelle loro stalle, camminare tra leloro case, vagare per la golena, mai fermo. Lavora con loroe per loro nelle fattorie. È bracciante, famiglio, operaio allafornace... finché, improvvisamente, si rivela talentuosissimoartista.

È diviso in due parti il romanzo. Ma non tra quando elmätt è muto (o meglio creduto tale) e quando inizia a parla-re (vent’anni dopo quella notte di Natale, sotto l’o ccupazio-ne tedesca parlerà; e si scoprirà che, oltre al dialetto impara-to al villaggio, conosce il tedesco: «Non vi piace il mio dise-gno?» chiede livido all’ufficiale nazista. «Furono quelle leprime parole che il paese sentì pronunciare dal matto»). No:il prima e il dopo sono segnati da quando il matto è ancheartista. Perché la sua abilità è lì, esplode sotto gli occhi ditutti, incontrovertibile. Non smette di essere el mätt, ma —finalmente — quelle due parole non sono più in grado di de-finirlo. «Anche se il matto era un obbrobrio e non parlava,lo riconoscevano capace di un’arte che nessuno di loro pa-droneggiava». È il suo talento ciò che gli permette di avereun posto nel mondo.

Sarà in manicomio che il matto rivelerà la sua dote — ap-pena gli tolgono la camicia di forza, raccoglie una scheggiadi mattone e inizia a disegnare. La potenza di ciò che crea— si tratti di un disegno o di una scultura — arriva allo spet-tatore che lo incontra prima, molto prima della sua differen-za. El mätt modella e dipinge su qualsiasi cosa trovi, conqualsiasi cosa trovi: tronchi, assi di legno, vecchie imposte;con i pennelli, con le dita, con le unghie. Dalle sue mani —mescolati all’argilla, alla terra e alla saliva — prendono vitapaesaggi e scene di vita quotidiana; animali domestici e ani-mali selvatici, in situazioni di quiete o, soprattutto, di ten-sione e di lotta; volti divisi fra dolore e euforia. Sono operedi una potenza straordinaria, visionari e insieme reali, cherestituiscono un groviglio di ricordi, sensazioni e sogni maiespressi a parole. Tra l’incredulità e l’orgoglio della comuni-tà, l’arte diventa la via per vivere. E se ancora el mätt nonparla, è questa la sua voce, forte, immediata; una lingua diforme e di colore capace di comunicare sentimenti complessie profondi.

Oltre all’irruenza dell’arte, sono tanti i temi che emergonodalle pagine di Amadei. Il senso della famiglia, della mater-nità e dell’amicizia; la responsabilità individuale rispetto aigrandi momenti della Storia, e alle scelte quotidiane — chenon sono mai piccole, anche se ci piacerebbe pensarlo; lavolubilità del sentire comune; il vero significato della parolafedeltà; e le sfaccettature di un sentimento come l’a m o re .

Soprattutto però Il cuore è una selva è un romanzo capacedi rappresentare alla perfezione — senza manierismo, pieti-smo o eccesso — il labilissimo confine che ha retto anche lavita di Ligabue tra potenza dell’arte e fantasmi della mente.

di LUCA M. PO S S AT I

Il rapporto della filosofia conla psicoanalisi è complesso eha attraversato l’intera storiadel Novecento. Pietra di scan-dalo, la psicoanalisi mette in

discussione la certezza cartesiana delsoggetto autocosciente e padrone si séper rivelare le potenze dell’inconscioe delle sue pulsioni. Il soggetto nonappartiene più a sé stesso; decentrato,non è più il punto di irradiazione delsenso. Sotto lo sguardo di Freud,l’ego cogito diventa una tela piena dibuchi, la fragile superficie di un ocea-no in tempesta: un “falso cogito” ef-fetto di un narcisismo tanto primitivoquanto invincibile.

Testimonianza privilegiata della ri-voluzione filosofica freudiana è l’op e-ra di Paul Ricoeur, fenomenologofrancese tra i più importanti, che allapsicoanalisi ha dedicato alcune dellesue opere migliori, tra cui Della inter-pretazione. Saggio su Freud (1965) e Ilconflitto delle interpretazioni (1969). Alconfronto ricoeuriano con la lezionefreudiana — uno dei più importanti esistematici nella filosofia contempora-nea — è consacrato il volume At t o r n oalla psicoanalisi, edito da Jaca Book(Milano, 2020, pagine 336, euro 28) acura di Francesco Barale. Il libro sidivide in due parti. Nella prima vieneofferta al lettore italiano la traduzionedella raccolta Ecrits et conférences 1.Autour de la Psychanalyse, frutto dellavoro critico di alcuni specialisti delfilosofo e che raccoglie importantiscritti di Ricoeur sulla psicoanalisipoco conosciuti o difficilmente acces-sibili. Nella seconda parte invece sitrovano altri scritti ricoeuriani di ca-rattere più generale, ma nei quali ilrapporto con la psicoanalisi è semprecentrale. Ad essi è aggiunta ancheun’intervista a Ricoeur dello psico-analista Giuseppe Martini.

Quel che c’è di veramente interes-sante nel rapporto tra l’ermeneuticaricoeuriana e la psicoanalisi è il fattoche si tratta di un rapporto bidirezio-nale, cioè che si muove in due dire-zioni inverse: da Ricoeur alla psicoa-nalisi e dalla psicoanalisi a Ricoeur.

L’ermeneutica ricoeuriana non po-teva non incontrare Freud. Questo èevidente fin dalle prime opere diRicoeur consacrate alla filosofia dellavolontà, della finitudine e del male.Freud suggella quello che perRicoeur è evidente fin dall’inizio: unavolta entrata in crisi la soggettivitàclassica, c’è posto soltanto per un pa-ziente lavoro di interpretazione chesappia scavare nei segni, nei simboli enei testi. In altre parole, l’identitàpersonale non è un dato, ma l’esito diun’interpretazione della cultura, equindi un compito, qualcosa semprein fieri, fragile, aperto a una costantericomprensione. È il motivo centraledelle grandi opere della maturità co-me Tempo e racconto (1983-1985), Sé co-me un altro (1990) e La memoria, lastoria, l’oblio (2000) nelle quali l’iden-tità è essenzialmente un’identità nar-rativa. «Parlare di sé in psicoanalisi èdunque passare da un racconto inin-telligibile a un racconto intelligibile».Il racconto, l’interpretazione, il con-fronto con l’altro, la traccia, l’ateismoe la religione, il linguaggio e l’imma-gine: sono tutte tematiche fondamen-tali anche per la psicoanalisi.

Che senso ha la pratica analitica?«Se l’analizzando va in analisi non è

semplicemente perché soffre ma per-ché è turbato da sintomi, comporta-menti, pensieri che non hanno sensoper lui, che non può coordinare in unracconto accettabile e dotato di conti-nuita» risponde Ricoeur. «Tutta l’ana-lisi non sarà altro che una ricostruzio-ne dei contesti entro i quali questisintomi assumono un senso. Dandoad essi, tramite il lavoro della parola,un contesto di riferimento rispetto alquale divengono appropriati, i sinto-mi si integrano in una storia che puoessere raccontata».

Ma come può la vita ridursi a unracconto se di essa non possiamo maiavere una visione globale, cogliendolacome una totalità singolare? Della vi-ta non conosciamo né l’inizio né la fi-ne; è un racconto che resta irrimedia-bilmente indefinito, aperto. Dunque,che tipo di unità cerca la psicoanalisi?Per rispondere a questo interrogativocruciale Ricoeur non guarda a Freud,ma a Jung. Il senso della pratica ana-litica non sta nell’analisi unilateraledei disturbi sessuali, ma nella ricercadi un senso della vita che sia umano eindividuale, e basato sull’accettazionedella realtà.

La psicoanalisi è stata profonda-mente trasformata dall’incontro con

Ricoeur. E questo sotto molteplicipunti di vista. Ricoeur ha anzituttocontribuito a una profonda revisionecritica del freudismo e del lacanismo.Per lui, Freud presenta l’uomo comeun sistema chiuso in sé, troppo isola-to e ossessionato dalla sua sessualità;«lo rappresenta in uno schema: con-scio, preconscio, inconscio; o, nellaseconda topica: Io, Es, Super-io, manon c’è mai l’altro. L’altro non è maitematizzato come un elemento dellastruttura, eppure l’esperienza analiticaè il rapporto del desiderio con l’al-tro». Ricoeur ha inoltre gettato le ba-si per una seria riconsiderazione dellostatuto epistemologico della psicoana-lisi rappresentando una voce impor-tante nel lungo Methodenstreit sullescientificità della disciplina freudiana.Come scrive uno dei curatori del vo-lume, Vinicio Busacchi, «ancora oggi,a oltre cinquant’anni dall’uscita delSaggio su Freud, il lavoro [di Ricoeur]risulta riferimento fondamentale pertutte quelle modellizzazioni e teoriz-zazioni che mirano, in un modo onell’altro, a focalizzare l’elemento er-meneutico-interpretativo o ermeneuti-co-narrativo nel contesto della rifles-sione metapsicologica e/o della tecni-ca terapica e/o della clinica in genera-le». Il primo decennio del nuovo se-colo ha visto in Canada, negli StatiUniti e in America latina la pubblica-zione di importanti lavori che ripen-sano l’apporto ricoeuriano alla psicoa-nalisi; «la filosofia ricoeuriana trovasignificativo impiego in nuove frontie-re della ricerca d’ambito psicoanaliti-co e psichiatrico ove si assiste all’in-treccio interdisciplinare di piu para-digmi — l’approccio dinamico, l’ap-proccio cognitivista, l’imp ostazioneneurobiologica, la prospettiva narrati-vista, la prospettiva fenomenologica»scrive ancora Busacchi.

Il volume Attorno alla psicoanalisiesce quindi in un momento di grandefervore interdisciplinare, e testimoniail ruolo efficace che la filosofia puògiocare ancora oggi nel dialogo tra lescienze e quindi nell’estensione dellaconoscenza.

di GABRIELE NICOLÒ

È un dibattito antico quellosul superfluo. Vi convergo-no concezione della vita,istanze etiche, principi mo-rali, stile personale. Anche

nel mondo della cultura la discussio-ne, di secolo in secolo, sul superfluo èstata animata, nonché caratterizzatada valutazioni differenti, talora di se-gno opposto. Mentre William Shake-speare affermava che «il superfluocausa i capelli bianchi, mentre chi hasolo il necessario vive più a lungo»,George Bernard Shaw confessava dipoter fare a meno di tutto ma nondel superfluo. Sulla stessa lunghezzad’onda, e non poteva essere altrimen-ti, si pone l’Immaginifico, ovvero quelGabriele D’Annunzio che esclamava:«Il superfluo mi è necessario come ilrespir». Dal canto suo Pablo Picassodichiarava: «L’arte è l’eliminazionedel superfluo».

Questa sentenza sembra specchiar-si, con manifesta esemplarità, nellebrevi ma densissime pagine contenutein uno dei capolavori dello scrittoreaustriaco, naturalizzato britannico,Stefan Zweig, Il mondo di ieri. R i c o rd idi un europeo (1941), un’opera illumi-nante che si configura come un’elegiastruggente di un’Europa che va gra-dualmente piegandosi sotto il tallonedei totalitarismi, lesivi dei valori piùalti della dignità, della libertà e dellapace.

La particolarità di queste pagineconsiste nel “coraggio” di Zweig didare voce — ovviamente con il signo-rile garbo, non solo umano ma anchestilistico che lo contraddistingueva —a quelle riserve e a quelle perplessitàche possono essere nutrite, di fronteai nomi più illustri e venerati dellaletteratura, anche dal lettore comune:ovvero da quel lettore, come scrisseVirginia Woolf nell’opera appunto in-titolata Il lettore comune, che vorrebbeesprimere la sua opinione (spesso pe-netrante) su un libro famoso, ma poise la tiene per sé, dando per scontatoche il suo parere, soprattutto se non èdel tutto elogiativo di un testo consa-crato dalla critica, non sarà mai presoin considerazione.

Nel definirsi «impaziente e passio-nale», Zweig si dice contrario ad ogniperplessità e ad ogni esagerazione, «atutto ciò che è superfluo e che diven-ta un ostacolo in un romanzo». «Tut-to ciò — scrive — mi irrita profonda-mente». Quindi rileva: «Solo un librocapace di mantenere lo stesso livellopagina dopo pagina trascinandomi diun fiato fino all’ultima riga, può ap-pagarmi in pieno». Nel proseguire lasua filippica, lo scrittore rincara la do-

se: «Nove libri su dieci di quelli chemi capitano tra le mani mi sembranoun po’ troppo appesantiti da descri-zioni superflue, dialoghi prolissi einutili personaggi di contorno, cosìche mi appaiono troppo poco avvin-centi, poco vivaci».

Ecco poi che arriva la sorprendentestoccata che conferisce un acuto aquesta lucida e severa disamina. «Per-sino nei più celebri capolavori classicimi disturbano i numerosi passaggistentati e farraginosi, tanto che unavolta proposi a un editore l’audaceprogetto di ripubblicare tutta la lette-ratura mondiale, da Omero alla Mo n -tagna incantata, passando per Balzace Dostoevskij, in un collana che of-frisse versioni rivedute e sfrondate ditutto quanto fosse individualmentesuperfluo, in modo che tali opere, ilcui contenuto è indubbiamente senzatempo, potessero tornare a vivere eparlare anche alla nostra epoca».

Lo sguardo critico di Zweig allora,per amore di coerenza, viene rivolto asé stesso, e al processo da lui seguitonello scrivere un’opera. Il criterio diselezione è concepito come essenzialee prioritario. «Mi libero di ogni za-vorra, e asciugo l’architettura interna.Mentre quasi tutti gli scrittori — os-

serva — non riescono a tacere tuttoquello che sanno e, quasi fossero in-namorati di ogni loro riga ben riusci-ta, tentano di apparire più vasti eprofondi di quanto siano in realtà, ioinvece ho l’ambizione di conosceresempre molto di più di quanto nonappaia dal di fuori Questo processodi condensazione si ripete per unaprima, una seconda e per una terzavolta sulle bozze a stampa, trasfor-mando alla fine in una divertente cac-cia all’ultima frase o parola» la cui es-senza, senza nulla togliere alla preci-sione, potrebbe rendere più incisivo ilritmo. Nel mio lavoro — sottolineaZweig — l’esperienza più entusia-smante si vive quando si riesce a can-cellare, a eliminare qualcosa». E loscrittore, cedendo per un attimo auna vena intimista, ricorda che unavolta, dopo che si era alzato con ariaparticolarmente soddisfatta dalla scri-vania, sua moglie gli disse che di si-curo doveva essergli riuscito moltobene qualcosa. Allora con orgoglio lerisposi: «Sì, sono riuscito a eliminareun intero periodo e a rendere così iltutto molto più fluido».

Nel ribadire dunque la volontà dighermire il nucleo essenziale banden-do «pause superflue e rumori di fon-do», Zweig scrive: «L’unica arte cheso per certo di possedere è quella del-la rinuncia, poiché non mi lamentomai se di mille pagine scritte ottocen-to finiscono nel cestino e solo due-cento sopravvivono come essenza di-stillata».

Particolare dalla copertina

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 6 giugno 2020 pagina 7

La messa dopo la tempestaPer i parroci romani è l’occasione di un nuovo rapporto con i fedeli

di ROBERTO CETERA

«T utto è destinato a cambia-re», relazionalità, condi-zioni socio economiche,

scuola e lavoro, cultura e psiche. È ilmantra di questi giorni. Ma è cam-biato, o sta cambiando, anche il no-stro modo di essere cristiani, di esse-re comunità, di rapportarci ai sacra-menti e ai pastori? È sicuramenteancora presto per capire come saràla Chiesa del dopo-covid-19, ma,all’indomani della prima messa delladomenica, dopo undici settimanesenza, abbiamo cercato di carpire in-tanto qualche indizio dalla strutturaorizzontale della Chiesa: le parroc-chie. Cominciando da Roma.

Dragoncello è all’estrema periferiasud di Roma, molto isolata dal cen-tro della città. Don Simone Caleffi èil giovane parroco di una chiesa dal-le linee architettoniche moderne inlinea con l’edilizia recente del quar-tiere. «È venuta molta poca gentedomenica. Al contrario delle liturgieon line che ho tenuto nel tempo dellockdown, che erano invece moltoseguite da molti di più di quantiabitualmente vengono in chiesa. Hoparlato un po’ con i miei parrocchia-ni alla fine della messa. Come è det-to nella Gaudium et spes, le sofferen-ze e le angosce del mondo sono pro-prie anche della Chiesa che nelmondo vive e cerca di essere motivodi speranza. Voglio dire, che cometra tutti, ho trovato che anche tra icristiani c’è chi è rimasto come pri-ma, chi ha vissuto e vive tuttora nel-la paura, e chi ha beneficiato di que-sto periodo ritrovando le ragionidella propria fede e vivendo in ma-niera più autentica la preghiera».

Dragoncello è un quartiere dormi-torio, durante il giorno la gente la-vora a Roma o a Fiumicino, per cuiper molti è stata una propizia occa-sione di riscoperta di una dimensio-ne di vita più familiare. «Per me,per noi preti, è stato un tempo digrazia», aggiunge don Simone.«Tante cose da fare sì, ma anchemolto più tempo per pregare, legge-re, meditare. Anche per noi c’è statauna riscoperta, quella di una dimen-sione diciamo un po’ “monastica” dacui il nostro ministero non può pre-scindere. All’inizio mi sono sentitoun po’ sbandato, ma mi è stata digrande aiuto la vicinanza costante,quasi quotidiana, del mio vescovo».

Sempre nel quadrante sud dellacapitale, ad Acilia, è il francescanoPaolo Maiello, 58 anni, una vita spe-sa sul fronte della carità e oggi par-roco di San Leonardo di PortoMaurizio a raccontare le sue impres-sioni. «È tornata a messa circa lametà dei frequentatori abituali. Emolti sono ancora segnati dalla pau-ra. Chi aveva difficoltà — che fosseromateriali o psicologiche — prima delcoronavirus, nel periodo dell’isola-mento se l’è viste amplificare. Colgoanche tanta rabbia che non trovasfogo. Ma il commento più diffuso èstato “Meno male che ci siete stati.In tante serate di solitudine e tristez-za collegarsi alla vostra pagina, pre-gare e anche solo vedere le vostrefacce ci ha dato conforto”».

Un contatto mai interrotto con lagente. Soprattutto grazie al grandesforzo fatto sul fronte della carità.«Abbiamo istituito i “condomini so-lidali” per la raccolta di generi ali-mentari e due volte a settimana di-stribuivamo 250 pacchi. Sembra unparadosso, ma nel tempo dell’isola-mento attraverso la solidarietà ci sia-mo conosciuti meglio come comuni-tà. Le porte della chiesa che sonosempre rimaste aperte, erano un po’il segno di un cuore sempre aperto.Come prete è stato un tempo di gra-zia, ho rivisto il film della mia vita eringrazio Dio per il carisma che miha donato: averla passata tutta esempre tra gli ultimi».

Saltiamo una cinquantina di chilo-metri, sul versante esattamente op-posto della città. Don Attilio No-stro, parroco di San Mattia apostolo,ribadisce: «Molta gente in meno, cisono molti anziani nella mia parroc-chia che hanno ancora timore a ve-nire in chiesa. Ma quelli che sonovenuti erano contentissimi di ritro-varsi, con la felicità stampata in viso.Che è esplosa al momento del canto.Non avevo mai visto i miei fedelicantare con tanta passione e vigore.Era un rito liberatorio. Erano so-prattutto molto riconoscenti per es-

sergli rimasti sempre vicini in questitre mesi. Devo dire la verità, i piùcontenti sono stati i frequentatoriche erano meno abituali prima dellapandemia».

Mancavano invece le famiglie gio-vani con i bambini. «Dovremo riflet-tere bene sulla ripresa delle attivitàcatechistiche per i più piccoli — ri-marca don Attilio — mentre gli uni-versitari sono sempre rimasti collega-ti con noi attraverso Zoom. Le mes-se on line sono state un successo,ma poiché gli anziani hanno ancorapaura a venire ho deciso che per unp o’ continueremo col doppio bina-rio: presenza e on line allo stessotemp o».

Non dissimile la situazione nellaconfinante parrocchia di San Gio-vanni Crisostomo. Dice don Massi-mo Tellan: «Sì, molta meno gente diquanto pensassi è venuta domenicascorsa. Temo che tutte le polemicheintervenute nelle ultime settimanesulla ripresa delle messe abbianoavuto il negativo effetto di impaurireoltremodo le fasce più deboli. Peròchi è venuto era veramente contentonon solo di pregare insieme ma an-che di mettere a fattor comune le lo-

ro esperienze personali e familiaridurante la quarantena».

Racconta infatti Valerio, un suoparrocchiano: «Accanto al dolore ealla preoccupazione per quanto suc-cedeva intorno a noi, abbiamo peròsubito apprezzato la bellezza del ri-trovarci insieme in famiglia, con miamoglie e le bambine. E abbiamo cer-cato opportunità per dedicare deltempo anche alla preghiera. Abbia-mo iniziato con alcuni amici, suZoom, a pregare i vespri tutti i gior-ni. Bambini e grandi, ragazzi e an-ziani; un gruppo che è andato cre-scendo nel tempo. Poi abbiamo co-minciato anche a cantarli: una bel-lezza inattesa. E non abbiamo piùsmesso: quello che era inizialmenteun rifugio è diventato una decisionedi comunione, che non vorremmot e r m i n a re » .

Anche in zona nord c’è una peri-feria estrema. A Santi Elisabetta eZaccaria, a Prima Porta, don Massi-mo Cunsolo è il giovanissimo vice-parroco che in tempo di pandemiaha scoperto la vocazione di youtu-ber. «Oltre ad occuparmi dei giova-ni della parrocchia sono insegnantedi religione. Un lavoro che mi piacemoltissimo. Volevo mantenere a tuttii costi i rapporti coi miei ragazzi eallora ho cominciato un po’ p erscherzo a postare dei video. Sonopiaciuti e si sono diffusi più diquanto pensassi. Ora succede chegente che non ho mai visto in chiesami riconosca e mi fermi per strada.Quello che ho notato domenica conla prima messa è che il bisogno dicomunità era anche più alto del bi-sogno di eucaristia. E poi due coseinteressanti. Tra messa in presenza emessa on line c’è un’inversione dellemodalità di attenzione. Mi spiego:nella messa presenziale c’è intimapartecipazione alla liturgia eucaristi-ca e spesso invece un po’ di distra-zione al momento della predicamentre nella messa on line avviene ilcontrario. In molti mi hanno raccon-tato che erano molto contenti di sen-tire ogni mattina la predica del Pa-pa, ma poi non riuscivano a concen-trarsi nella preghiera eucaristica. El’altra cosa che ho notato è che se laprima messa domenicale ha registra-to un calo di almeno del 50 per cen-

to dei partecipanti, incredibilmentele celebrazioni feriali sono attese daun numero di fedeli ben più alto cheprima del covid-19. Io credo che sitratti di un “effetto traino” dellamessa del Papa a Santa Marta: hacreato un’abitudine». E questa osser-vazione di don Massimo è comunealla maggior parte dei parroci cheabbiamo interpellato. Un dato im-portante su cui dovremo rifletterepiù avanti.

Ancora un salto e ci ritroviamo inpieno centro di Roma, a Santa Ma-ria ai Monti, di cui è parroco donFrancesco Pesce. «Non posso dire diaver ritrovato i miei parrocchiani,perché non li ho mai persi in realtà.Tra visite, telefonate, e collegamentiweb siamo sempre rimasti vicini.Quando domenica ci siamo incon-trati in chiesa, ho trovato tanta gentecontenta. Contenti delle catechesi edelle riflessioni divulgate su Face-book e Zoom. E contenti della mes-sa del Papa, un appuntamento tal-mente bello e coinvolgente che hoscelto di non celebrare la messa online nei giorni feriali, ma solo la do-menica. Abbiamo fatto un’esp erienzadi carità molto bella con i “buonispesa parrocchiali”. Oltre cinquecen-

tecipazione tra quelli meno abituali,segno che qualcosa di profondo si èmosso dentro durante il periodo del-le restrizioni. Mi sono stati racconta-ti cambiamenti positivi nelle relazio-ni familiari. Soprattutto tra padri efigli. È stato un tempo ritrovato. Ioho la percezione che siano interve-nuti cambiamenti profondi nella co-scienza cristiana ma è ancora prestoper capire in quale direzione, conquali tendenze. Sicuramente emergeun grande bisogno di spiritualità chedobbiamo essere capaci di intercetta-re. Me ne sono accorto dalla sentitapartecipazione, durante la quarante-na, all’adorazione eucaristica chepromuovevamo. Ma per farlo nonpossiamo esimerci da una riflessioneprofonda su come dobbiamo cam-biare anche noi. Ci sono domandenuove che esigono risposte nuove.D’altronde nella “sosp ensione” diquesti tre mesi c’è un messaggio ab-bastanza chiaro che il Signore ci af-fida: “Fermati, Fai silenzio. Ascoltala Parola. Ripensa a dove stai an-dando”. Anche la vita ecclesiale,dobbiamo ammetterlo, è stata trop-po improntata dalla frenesia del fare,negli ultimi tempi. Questo tempo èun k a i ro s. Non dobbiamo sprecarlo.Ma ci vuole il coraggio di guardarcidentro e saper guardare cosa nonandava, e cosa può migliorare. Lamessa on line è Chiesa in uscita,perché tocca una categoria nuova dipersone che pongono domande di-verse dalle solite a cui dobbiamo sa-per rispondere fuori del linguaggiousuale. E, aggiungo, dobbiamo farlocon urgenza».

Sono grosso modo le stesse paroleche usa don Filippo Martoriello, tor-nando nella periferia est di Roma,sulla Casilina. La sua è una piccolaparrocchia, appena cinquemila abi-tanti, e che ha la particolarità di ave-re metà della popolazione stranieraprevalentemente musulmana. Più omeno in linea con le altre realtà, an-che qui è mancata almeno la metàdei frequentatori abituali della messadomenicale. «Mi ha colpito soprat-tutto — afferma don Filippo — che lapercentuale di quelli che non hannofatto la comunione è più alta, c’è an-cora tanta paura del contagio. Qui,d’altronde, tre persone le abbiamoperse a causa del virus».

Ma la riflessione molto lucida, ol-tre i numeri, si muove come dettosullo stesso piano del parroco diSanta Marcella. «Quello che gli psi-cologi hanno chiamato “s i n d ro m edella capanna” — sentirsi sicuri soloa casa e fare tutto e solo da casa —ha riguardato anche l’aspetto religio-so. I numeri delle messe on line so-no stati molto alti, non solo più altidi ora ma anche più alti di primadella pandemia. E nuove persone,abitualmente fuori del circuito eccle-siale, si affacciano con domande di-verse e più interessanti di quelle acui siamo abituati a rispondere. Mistanno arrivando tanti spunti di ri-flessione per una Chiesa nuova, piùspirituale. È una sfida grande. Spe-riamo di essere all’altezza di pensaread una pastorale più sensibile al latoumano e all’essere comunità reale.Le dinamiche familiari sono statemolto interessanti e me ne sonogiunte molte eco. La maggiore pre-senza a casa è stata fonte di maggio-re intimità ma ha anche scatenatotante contraddizioni. Una mammami diceva giusto oggi: “Ho cono-sciuto molto meglio i miei figli. An-che sotto aspetti che non avrei maivoluto conoscere”».

E queste dinamiche hanno suscita-to tante belle confessioni e l’inizio diaccompagnamenti spirituali. E i mu-sulmani? «Ah fantastici, mi sono sta-ti utili!». In che senso? «Nel sensoche mi davano l’opportunità di cor-reggere: li avete visti, quando sonoin moschea e nel quartiere, come so-no più ligi al rispetto delle regoledel distanziamento? Imparate da lo-ro! In verità, a parte le battute, que-sto sentirsi tutti sulla stessa barcacircondata dai marosi del virus hacreato tanta solidarietà, ed ha abbat-tuto parecchi steccati pretestuosi chec’erano prima. Ho visto scene moltobelle, come quella del signore mu-sulmano che, davanti all’ultimo pac-co alimentare rimasto, ha offerto didividerlo all’italiano che gli era die-tro nella fila. Per quanto riguardame — osserva don Filippo— è statoun tempo bello in cui ho rivisto tan-te cose del mio essere prete. Soprat-

tutto mai come in questa occasioneho sperimentato così sensibilmentel’aspetto della paternità insito nelmio ruolo».

Concediamoci lungo la Casilina,una fuga dalla città fino alla vicinadiocesi di Frosinone per sentire unavoce diversa, quella di don GiacintoMancini a Monte San Germano:«Attenzione a non generalizzare lereazioni. Non ci sono solo le grandirealtà metropolitane. C’è anche laprovincia, la campagna, i paesini,dove la fede si presenta in forme di-verse, più semplici, ricche del sensodella pietà religiosa, che dobbiamoessere attenti a non mortificare. Per-ché è la nostra memoria, la tradizio-ne da cui tutti originiamo, e presen-ta tanti begli aspetti di verità. Peresempio qui la festa della VergineMaria, patrona del paese, è l’eventodell’anno e, pure senza processione,lo abbiamo voluto celebrare con unrosario di palloncini che si è alzatosul paese. Anche questo se vuoi èsocial. Nel paese poi ci sono ampispazi, il pericolo si è avvertito dimeno; i contadini hanno semprecontinuato a lavorare. Non scordia-moci mai che l’Italia è anche que-sta».

Tornando a Roma chiudiamo que-sto primo giro alla scoperta dellaChiesa del dopo covid-19 nel quar-tiere di San Lorenzo, una volta po-polare e oggi universitario, con donAndrea Lonardo, parroco di SanTommaso Moro. «Noi abbiamo fat-to delle scelte diverse. Pochi riti online, la messa solo quella della do-menica, preghiere sì ma soprattuttotanto spazio alla conoscenza. Vedi iocredo che tanto don Cavallini chedon Martoriello abbiano ragione:questa vicenda ci ha messo in con-tatto con tanta gente che prima nonvedevamo e che ha esigenze diversedalla nostra “clientela” abituale».

Chi si affaccia o riaffaccia alleporte della chiesa, osserva il sacerdo-te, non è interessato tanto agli usi ecostumi della fede e rischia di vederesolo quelle che gli sembrano piutto-sto delle incongruenze. «Invece vuo-le risposte ai perché essenziali. Ecco,se dovessi indicare la parola chiavedi questa fase indicherei “essenziali-tà”. L’essenzialità dell’essere cristia-ni. Che significa che Gesù è risorto?Come può darsi una vita oltre lamorte? Che vuol dire che è asceso alcielo? Ha sfidato la forza di gravitào cosa? Chi ha scritto i vangeli? Edicono tutta la verità? e perché sonostati scelti quei quattro e non altri?Insomma l’essenzialità del nostrocredere. Nel mio percorso di fedesono sempre stato particolarmenteaffezionato al vangelo di Giovanni.Ecco io penso che noi oggi dovrem-mo ripercorrere, attualizzandola, lastrada di Giovanni, cioè spiegare,rendere intellegibile, comprensibile,ragionevole la buona novella. Ti di-co, in verità, questa storia tragicache abbiamo vissuto ha svelato unarealtà difficile e cioè che siamotutt’oggi deboli su questo campo,non abbiamo lavorato abbastanza afar crescere e maturare nella fede ilpopolo di Dio, adagiandoci spessosulla sola pratica devozionale, e sa-cramentale. E allora ho pensato su-bito all’inizio del lockdown: questoè il momento giusto. Così abbiamoavviato ogni sera alle 18 una vera epropria scuola sugli elementi essen-ziali del credere. Esiste un’anima?Cosa sono i vangeli apocrifi? Cos’èl’immortalità? Cos’era l’amicizia perGesù? Giuda era un predestinato?L’essenziale, dunque, e spiegato intermini e linguaggi altrettanto essen-ziali. Attenzione, non è accademia.Ma è un prendere di petto le que-stioni che più arrovellano lo spirito ela fede delle persone. Prima del ke-rigma, o accanto ad esso, è necessa-ria un’evangelizzazione formativa.Una signora mi confidava qualche

sera fa: “Mi sono sempre portatadietro il senso di colpa di non averaccompagnato mio padre nei suoiultimi istanti. Ora che ho capito finoin fondo il senso dell’immortalità, soche posso dialogare ancora con miopadre, che mi è vicino. Così comemi è vicino Gesù, e quando pregonon parlo al muro”».

I corsi durano non più di 25 mi-nuti e il linguaggio è semplice e ac-cessibile a tutti. «È stato un successoincredibile — spiega don Andrea — eogni sera circa mille persone segui-vano le lezioni. Me ne compiaccio,non per vantare una bravura, ma peraver intuito che c’era una domanda.Che credo sia la domanda che per-marrà anche nel dopo coronavirus eche dovrà caratterizzare la nostraproposta di nuova evangelizzazione.D’altronde questa iniziativa è in li-nea con la proposta pastorale chesvolgo da tempo. Da anni curo unmio blog che si chiama “Gli Scritti”:pochi giorni fa abbiamo celebratoun successo che ha dell’i n c re d i b i l e :trenta milioni di pagine consultate. Imedia digitali sono più di una diver-sa e moderna tecnica di comunica-zione. Penso a due aspetti: il primoè la molteplicità delle offerte. Peresempio quando mai era possibileprima di internet offrire un serviziodi cultura religiosa e teologica ai fe-deli del paesino del confratello chehai intervistato sopra? O scegliere diseguire una messa magari cantata ingregoriano da virtuosi monaci cister-censi? E poi, secondo aspetto, la di-vulgazione digitale offre la possibili-tà dell’interazione, di avere riscontri,feedback. Che certo non hai al ter-mine di una predica. Anche solomettere un “mi piace” sotto uno deinostri video non è un’operazione ba-nale, significa esporsi, mettere lapropria faccia su temi sensibili. Iopenso che da questo punto di vistala quarantena abbia segnato un pun-to di non ritorno per una pastoralediversa». Tanti spunti di riflessioneche meritano di essere approfonditi.Cercheremo di raccoglierne ancora.Nei prossimi giorni.

Viaggio nelle comunità che hanno affrontato la crisi / 1

Nomina episcopalein Argentina

Jorge Esteban Gonzálezausiliare di La Plata

Nato a La Plata, il 20 giugno1966, è stato ordinato sacerdoteper il clero della medesima arci-diocesi metropolitana il 7 dicem-bre 1992. Ha ottenuto la laurea inteologia spirituale presso la Ponti-ficia università Gregoriana, ed èstato vicario parrocchiale, profes-sore dell’Instituto de teología diLa Plata, formatore e docente nelseminario maggiore, presidentedella commissione arcidiocesanaper la comunicazione, parroco diInmaculado Corazón de Maríanella località di City Bell, membrodel consiglio per la formazionedel diaconato permanente e delconsiglio presbiterale, decano del-la zona nord dell’arcidiocesi. At-tualmente è pro vicario generale,rettore e parroco della cattedrale,membro del consiglio presbiterale,professore del seminario maggioree direttore del gruppo per la for-mazione permanente del clero. Èmembro della Federazione deipresbiteri diocesani di Schönstatte dal 2007 al 2018 è stato assessorenazionale della Gioventù femmini-le del medesimo movimento.

to persone hanno versato cinquantaeuro a testa, che hanno formato al-trettanti voucher che potevano esserespesi nei negozi del quartiere — cosìabbiamo aiutato anche loro — e an-che le segnalazioni delle famiglie instato di bisogno non erano una miainiziativa ma venivano dai parroc-chiani.

Una parrocchia molto “so ciale”prima ancora che “so cial”, puntua-lizza don Francesco. «Per me, devodire, è stato un tempo molto ricco,credo che era dai tempi del semina-rio che non avevo pregato così tan-to. Un punto invece che mi piacesottolineare circa il ritorno in chiesaè che non ho mai fatto così tantebelle confessioni. Quelli, e non sonopochi, che non hanno sprecato iltempo della quarantena, ne hannoapprofittato per riavvolgere la pelli-cola del film della propria vita e far-ne un bilancio: ne sono venute fuoridelle confessioni profonde, esisten-ziali, che mi hanno anche commos-so. E poi il senso di comunità: tantoè mancato, quanto ora è più forte edesiderato. Spero che possa esserecosì per l’intera Chiesa, perché, dicola verità, tutte queste polemichepseudoteologiche sull’apertura o me-no delle chiese — e certe indicazioninon sempre chiare — hanno creatodisorientamento, e acuito quella po-larizzazione artificiosa tra un presun-to cattolicesimo di sinistra e uno didestra che proprio non va bene. Manelle realtà come la nostra dove ilsenso di comunità è vivo non hannofatto breccia».

Dal rione Monti, scesi per il Co-losseo, si risale a San Saba, dove in-contriamo don Andrea Cavallini,parroco di Santa Marcella e direttoredell’ufficio catechistico diocesano.«Le messe che abbiamo celebratoall’aperto hanno registrato più pre-senze di quelle in chiesa. Comunquesi è sentita la mancanza dei bambinie le loro famiglie. Tutti sono venutipreparati alle nuove disposizioni chehanno rispettato scrupolosamente.Alla fine della messa — non era maisuccesso prima — è scoppiato spon-taneo un applauso di liberazione. Imiei parrocchiani più impegnati liho ritrovati come sempre, mentre honotato un maggiore interesse e par-

Page 7: Nella Giornata mondiale dell’ambiente il Papa scrive al presidente … · 2020-06-05 · cale di Saint Paul e Minneapolis. L’arcivescovo Gómez, a nome della Conferenza episcopale,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 6 giugno 2020

Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui)Commissione vaticana covid-19

Il lavoro del gruppo 1

Agire adessoper il futuro L’intenzione di preghiera del Papa per il mese di giugno tradizionalmente dedicato al Sacro Cuore di Gesù

Compassione per il mondo

A colloquio con un officiale del settore per la pastorale della salute presso il Dssui

L’Africa in tempo di pandemia

Per i cappellani ospedalieri in Europa

Sperimentate nuove formedi prossimità

(Francesco, Momento straordinario di preghiera27 marzo 2020)

di DARIUSZ GIERS*

Per quanto riguarda i cappel-lani ospedalieri la situazionedelle Chiese locali è stata

monitorata tramite contatti con inunzi apostolici, le Conferenzeepiscopali, e vescovi, sacerdoti, re-ligiosi e laici attivi nelle corsie dei

nosocomi. Sono state organizzatevideo-conferenze con i rappresen-tanti del mondo della salute e del-la relativa pastorale dell’E u ro p a ,dell’America latina e dell’Australia,e con il Comitato internazionalecattolico delle infermiere e delle as-sistenti medico-sociali (Ciciams).Collegate da tre continenti, le in-fermiere hanno espresso gratitudi-ne per le varie forme di assistenzaspirituale e di preghiera offerte daisacerdoti delle diverse Chiese loca-li. Oltre ai contatti diretti tramitetelefono e internet, la situazione inquesto ambito viene seguita ancheattraverso la stampa internazionale.

In particolare, a livello europeo,il Dssui ha partecipato alle video-conferenze settimanali, organizzatedall’Ufficio nazionale per la pasto-rale della salute della Conferenzaepiscopale italiana (Cei), direttodon Massimo Angelelli. Ex-cappel-lano del Policlinico romano di TorVergata si è prodigato instancabil-mente affinché i cappellani in Ita-lia che si sono imbattuti in unaemergenza senza precedenti possa-no avere le risorse necessarie e co-noscere tutte le procedure relativeall’accesso e all’assistenza spiritualeai malati di covid-19. A ogni ap-puntamento si collegavano un cen-tinaio di agenti pastorali di tutte leregioni condividendo testimonian-ze, idee e «buone pratiche».

All’ultimo in ordine di tempo, ilquattordicesimo appuntamento, ilvescovo di Cassano all’Jonio, Fran-cesco Savino, ha affermato chel’emergenza ha fatto capire megliocome «la pastorale sanitaria» sia«l’avamposto di ogni pastorale enella pastorale d’insieme deve esse-re dunque quella privilegiata». Es-sa, infatti, mette al centro la perso-na con tutti i suoi bisogni, compre-so quello spirituale che è fonda-mentale per lo sviluppo integraledell’essere umano.

Padre José Luis Mendes, diretto-re dell’ufficio della pastorale dellasalute della Conferenza episcopalespagnola ha informato sulla dram-matica situazione a Madrid e sullacoraggiosa risposta di cappellani esacerdoti che svolgono un ruoloimportante nel sostenere gli opera-tori sanitari e che aiutano a farecollegamenti tramite mezzi di co-municazione tra i malati e i paren-ti. Nella capitale della Spagna cisono 110 cappellani che sono statia disposizione 24 ore al giorno.

L’ufficio ha sollecitato i parrociperché verifichino che nelle loroparrocchie nessun malato o anzia-no sia lasciato solo. Anche una te-lefona può essere rassicurante econfortante.

Il vescovo Paul Mason, respon-sabile per la pastorale della salutedella Conferenza episcopale d’In-ghilterra e Galles ha affermato chela presenza dei cappellani è statamolto apprezzata non solo da ma-lati e loro familiari, ma anche dalpersonale sanitario. Ha sottolinea-to che i cappellani professionali,istruiti circa l’uso dei dispositivi diprotezione sono stati autorizzatiall’accesso nei reparti speciali dan-do un inestimabile supporto. I ve-scovi inglesi si sono compiaciuticon i loro cappellani che non han-no avuto alcun timore di stare alcapezzale dei malati spesso in findi vita pur esponendosi al rischiodel contagio.

D all’Irlanda il vescovo MichaelRouter ha inviato un rapporto mi-nuzioso contenente toccanti testi-monianze di 5 cappellani ospeda-lieri. La pandemia mondiale — haspiegato — influenza il modo incui le cure pastorali vengono ero-gate in ambito sanitario. La pasto-rale della salute non sarà mai piùla stessa. «Il modo in cui forniamoi nostri servizi è cambiato — hadetto — e siamo stati sfidati a tro-vare nuovi percorsi per accompa-gnare i pazienti, entrare in contattocon le famiglie, supportare il per-sonale e come celebrare i sacra-menti, i riti e i rituali». Insommanel contesto di questa pandemia icappellani hanno scoperto nuovimodi di fornire assistenza pastoraleche — ha concluso il presule —«possiamo usare in futuro per svi-luppare un modello di assistenzain un evento grave comparabile.Adesso la sfida più grande è l’ac-compagnamento delle persone inlutto che hanno perso i familiari.Bisogna creare spazi dignitosi eappropriati per i morenti e coloroche piangono per loro. A questoriguardo la Chiesa deve iniziare apianificare. Di fronte alla popola-zione che sta invecchiando la cap-pellania cattolica nell’ambito sani-tario deve essere meglio sostenu-ta».

Dalla Francia, il coordinatoredell’Aumônier national des etablis-sements de santé Costantino Fioreha riportato che soprattutto il per-

sonale sanitario è stato oggetto dimolta attenzione da parte dei cap-pellani, perché chiamato a gestiresituazioni di forte stress, speciequando si trattava di assegnaredelle priorità ai pazienti da curare.Molti giovani medici non eranopreparati e hanno bisogno di unaccompagnamento individuale o digruppo per riprendersi dall’esp e-rienza, anche dal punto di vistaspirituale. Pure in Francia l’accom-pagnamento delle famiglie in luttorimane un grosso capitolo. Senzala possibilità di preparare, o perfi-no di celebrare, i funerali, esse sisono rivolte agli a u m ô n i e rs per mo-menti di preghiera in ospedale.L’arcivescovo di Parigi ha deplora-to il fatto che in Francia i sacerdotinelle strutture sanitarie sono consi-derati volontari e non cappellani.Questo ruolo, per mancanza deiministri ordinati, viene svolto mag-giormente dai laici che non posso-no amministrare i sacramenti aimorib ondi.

Il direttore dell’ufficio della pa-storale della salute dell’episcopatopolacco don Arkadiusz Zawisto-wski ha riferito che il vescovo re-sponsabile del settore RomualdKa m i ński ha indirizzato una letteraa tutti coloro che sono impegnatinel servizio sanitario nazionalecompresi i cappellani e i volontari.Alla lettera sono seguite, molto ap-prezzate, le visite del vescovo neicentri di cura. Ha avuto un’ecopositiva la campagna di preghiera:«Adotta un medico» (o operatoresanitario) nel tempo della pande-mia e quando l’emergenza è finital’Ufficio ha organizzato il Pellegri-naggio nazionale del mondo dellasalute al santuario mariano di Ja-sna Góra. Sotto la guida del vesco-vo Kamiński si sono uniti i cappel-lani ospedalieri e gli operatori sa-nitari del paese per offrire alla Ver-gine i dolori e le gioie sperimentatiin tempo di pandemia. Nella cap-pella dell’icona miracolosa era pre-sente il presidente Andrzej Dudaper esprimere gratitudine agli ope-ratori sanitari e ai cappellani ospe-dalieri che con grande coraggiohanno curato i corpi e le anime deimalati da covid-19.

*Responsabile del Dssuiper i cappellani ospedalieri

di GIANLUCA BICCINI

Incaricato per la pastorale dellasalute presso il Dicastero per ilservizio dello sviluppo umano in-

tegrale, monsignor Charles Namuge-ra in questa intervista parla della si-tuazione nella Regione africana.

Chi sono i vostri interlocutori?

I responsabili degli uffici nazionaliper la pastorale della salute e sociale(Caritas), gli ospedali ed altri centridi cura, le associazioni di medici einfermieri, i centri di bioetica, lecommissioni per giustizia e sviluppo.Una delle loro maggiori preoccupa-zioni è quella di garantire nel migliormodo possibile non solo la cura cli-nicamente appropriata, ma anchequella pastorale alle donne e agli uo-mini colpiti dal coronavirus. Al com-tempo tutti ci confermano come laChiesa sia impegnata sul fronte dellaprevenzione e dell’assistenza e suquello umanitario, collaborando invari modi ai piani statali di lotta con-tro la pandemia.

Come si concretizza tale impegno in ge-n e ra l e ?

Anzitutto le Conferenze episcopalihanno emesso comunicati stampa peravvisare i fedeli e preparare le popo-lazioni riguardo alle indicazioni daseguire e le disposizioni da parte de-gli Stati. Hanno promosso varie ini-ziative e programmi di sensibilizza-zione attraverso i mezzi di comunica-zione, specialmente la radio. E in va-ri paesi le strutture ecclesiali si sonomesse a disposizione delle autoritànazionali per le persone in quarante-na o per curare i malati di covid-19.

Veniamo al continente africano, di cuilei conosce particolarmente bene la real-tà. Cosa può dirci in proposito?

Il cardinale prefetto Turkson ha te-nuto nei giorni scorsi una videocon-ferenza con i responsabili della pasto-rale della salute nell’Africa Sub-Saha-riana. Ascoltando gli incaricati inter-venuti da Zimbabwe, Nigeria, Mala-wi, Ghana, Repubblica Centrafrica-na, Costa d’Avorio, Burkina Faso eZambia, si è potuto evidenziare chela pandemia è arrivata quasi in tuttipaesi ma per adesso i numeri sonoancora contenuti: centosettantamilacontagiati su 1,3 miliardi di abitanti. Ipaesi con il numero più alto sonoSud Africa che ha superato 40 milacasi, Egitto con quasi 30 mila, Nige-ria altri 11 mila, seguita da Algeria eGhana con oltre 8 mila contagiati. Ilnumero totale dei morti da covid-19in tutta l’Africa è di circa 4.800 per-sone.

Però considerando il pericoloso preceden-te dell’Ebola qualcuno ha paragonatol’Africa a un paziente immunodepressocircondato da parenti contagiosi...

Esatto, anche perché le sfide sononumerose: in diversi nosocomi man-cano i reparti per la terapia intensiva,tutti hanno bisogno dei dispositiviper la protezione personale (masche-rine, guanti); le strutture sanitariedella Chiesa non hanno i kit per faretest e tamponi. Occorrerebbe unamaggiore e una migliore formazionedegli operatori, andrebbe ottimizzatol’isolamento dei reparti. Inoltre, sic-come ci sono stati casi di stigmatizza-zione per timore del contagio, an-drebbero messe in atto misure di si-curezza e di educazione per mitigarela paura.

E poi c’è la cronica carenza di cibo e dil a v o ro ?

Quello della sicurezza alimentarein alcune zone dell’Africa è un pro-blema sempre in agguato. Ecco per-ché prima parlavo di impegno dellaChiesa sul fronte umanitario, laddoveessa si occupa anche di procurare pa-sti per le fasce più vulnerabili dellapopolazione, che spesso sono anchesenza occupazione, o con piccoli la-voretti saltuari. Fame e malnutrizionesono dunque aggravate dalla contin-genza attuale, mentre la necessità diapprovvigionamento di generi ali-mentari colpisce anche i ceti meno arischio a causa delle misure di chiu-sura totale e di distanziamento socia-le imposte per evitare la diffusionedel contagio.

C’è stata qualche testimonianza che l’haparticolarmente colpita durante la vi-d e o c o n f e re n z a ?

Più di una e riguardava la produ-zione locale delle mascherine, nellaquale vengono coinvolte categoriesempre svantaggiate come le donne ei giovani. Sono anche impressionantii gesti di solidarietà fra le popolazio-ni localmente e le organizzazioni del-la comunità internazionale che hannofatto arrivare dispostivi di protezioneper il personale medico, ventilatoripolmonari e il cibo che in questomomento manca a quanti lavoranonel settore senza garanzie a lungotermine. Ma c’è ancora molto biso-gno di tutto questo, anche perché invari paesi il contagio deve ancoraraggiungere il picco, e poi anche peraffrontare il problema umanitario deldopo pandemia.

C’è «l’azione comune della Chiesa»volta a contrastare i vari fronti dicrisi aperti dalla pandemia nel lavo-ro che da oltre due mesi impegna laCommissione vaticana covid-19, na-ta dopo la richiesta di Papa France-sco — il 20 marzo scorso — al Dica-stero per il servizio dello sviluppoumano integrale (Dssui) di creareun organismo, in collaborazionecon altre realtà della Curia romanae istituzioni cattoliche, per esprime-re la propria sollecitudine e l’a m o reper l’intera famiglia umana di fron-te all’emergenza coronavirus, so-prattutto mediante l’analisi e la ri-flessione sulle sfide socio-economi-che e culturali del futuro e la pro-posta di linee guida per affrontarle.

Articolata in cinque Gruppi (1,agire adesso per il futuro; 2, guar-dare al futuro con creatività; 3, co-municare la speranza; 4, cercaredialogo e riflessioni comuni; 5, so-stenere per custodire), la commis-sione e i suoi obiettivi il 27 marzosono stati presentati al Papa, alquale sono chiamati a riferire icoordinatori della direzione unicadei vari gruppi, composta dal cardi-

nale Peter Kodwo Appiah Turkson,prefetto del Dssui; dal segretario,monsignor Bruno-Marie Duffé, edal segretario aggiunto, don Augu-sto Zampini.

A partire da questo numero ini-ziamo su «L’Osservatore Romano»una serie di articoli sul faticosocammino compiuto dalla Chiesaper assicurare prossimità a donne euomini colpiti a vario titolo dal vi-rus. Un racconto fatto attraverso in-terviste, cronache e testimonianzeraccolte dalla viva voce delle perso-ne — preti, religiose e volontari — inprima linea su questo fronte.

In particolare, oggi, l’obiettivo èpuntato sul primo Gruppo, che —coordinato dal Dicastero in coope-razione con Caritas Internationalis— si dedica all’ascolto e al sostegnodelle Chiese locali, per renderleprotagoniste delle situazioni che vi-vono. Con il motto «Nessuno sisalva da solo», esso collabora conle iniziative di solidarietà promosseda altri enti della Santa Sede: Ele-mosineria apostolica, Pontificieopere missionarie e Farmacia vatica-na.

Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza:ecco la forza della fedeche libera dalla paura e dà speranza

È pieno di scene di attualità il video della Rete mondiale di preghie-ra del Papa per il mese di giugno. Scorrono immagini di persone ri-coverate nelle corsie degli ospedali, infermieri e medici in prima li-nea per cercare di curarle e guarirle. Il pensiero va immediatamenteall’emergenza sanitaria causata dal covid-19. In questo contesto, è an-cora più significativa l’intenzione del Pontefice per il mese di giu-gno: «Compassione per il mondo».

Tutto il filmato ruota intorno al Cuore di Gesù a cui è dedicatotradizionalmente il mese di giugno: «Preghiamo affinché coloro chesoffrono trovino percorsi di vita, lasciandosi toccare dal Cuore diGesù», chiede Francesco, mentre si vedono persone con le mascheri-ne al volto che, nonostante il coronavirus non hanno mai smesso dilavorare: gli operatori sanitari nelle corsie d’ospedale, i riders chesfrecciano in strada su bici e motorini per consegnare pacchi e cibo adomicilio, e gli addetti ai trasporti e alla distribuzione.

«Molte persone — osserva il Pontefice — soffrono per le gravi dif-ficoltà che patiscono». Per questo, aggiunge, «possiamo aiutarle ac-compagnandole lungo un cammino pieno di compassione che tra-sforma la vita delle persone e le avvicina al Cuore di Cristo, che ac-coglie tutti noi nella rivoluzione della tenerezza».

Diffuso attraverso il sito internet www.thepopevideo.org, il filmatotradotto in nove lingue è stato creato e prodotto dalla Rete mondialedi preghiera del Papa in collaborazione con l’agenzia La Machi e ilDicastero per la comunicazione.