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Metodo Golfera - Guida Alla Memorizzazione Dei Verbi Greci

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Tecniche di memoria di Gianni Golfera per avere una memoria di ferro

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Indice

Capitolo I - Qualche riflessione sui verbi greci

Capitolo II - I fondamenti scientifici e storici del metodo Golfera

Capitolo III - La mnemotecnica come arte di programmare le

condizioni che determinano la fissazone spontanea del ricordo

Capitolo VI - Come organizzare lo studio

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Premessa

Questa Guida è dedicata a tutti coloro che hanno sofferto nell’imparare a memoria iparadigmi dei verbi greci, finendo poi per consultare infinite volte, inesorabilmente, ilceleberrimo Pechenino - Sorrentino... a cui non finiremo mai di essere grati. La memorizzazione delle forme fondamentali dei verbi greci è in effetti un’impresa che ben pochi fortunati mortali hanno potuto compiere ripetendo due o tre volte monotone giaculatorie. Il resto dell’umanità ha dovuto fare i conti, fin dai tempi antichi, con l’ansia di ricevere terribili e magari immeritate punizioni, come toccò a sant’Agostino, con frustrazioni, e con l’incubo costante: “Me ne ricorderò ancora fra un mese, fra un anno, fra due anni ...” un brivido di gelo percorre la schiena “... domani?”. Questa Guida propone una via di uscita dall’incubo.Il metodo qui illustrato è volto a superare l’insicurezza, a dare la certezza di poter controllare e restituire con esattezza ciò di cui ci siamo appropriati mentalmente.Per sfruttare adeguatamente le possibilità offerte da questa Guida bisogna avere unabuona conoscenza schematica dell’architettura del verbo greco. Non è invece necessario conoscere a fondo, in tutte le variabili, i processi fonetici e gli elementi morfologici che concorrono alla formazione delle voci dei paradigmi.

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Cap. I Qualche riflessione sui verbi greciVediamo dapprincipio un po’ di parametri quantitativi che ci daranno un’idea delleragioni che stanno all’origine delle difficoltà.

La quantità delle informazioni

Una buona grammatica di greco riporta sempre un buon numero di paradigmi. Per ogni verbo il paradigma comporta un certo numero di informazioni.Servendoci di un buon manuale vediamo quante informazioni sono contenute nelparadigma di un verbo ad alta ricorrenza:

io porto

Abbiamo contato 16 informazioni.Immagazzinare e richiamare efficacemente e stabilmente questo insieme di dati facendo appello alla sola memoria naturale è un’impresa impossibile.

portare

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Siamo abituati a imparare a memoria ripetendo serie di informazioni.Ma questo metodo abitudinario si scontra nel nostro caso con difficoltà insormontabili. È noto che la nostra memoria di lavoro ha una capacità di 7 ± 2 informazioni per volta. È perciò impossibile lavorare su un blocco di 16 informazioni. Quando arrivo alla nona informazione sono sicuro che, se proseguo, qualcosa andrà perduto per strada. L’esempio di potrebbe dire qualcuno, è eccezionale: solo pochi verbi greci comportano un così alto numero di informazioni. Questa obiezione è vera.Però è innegabile anche che il numero di informazioni nei paradigmi greci è sempre piuttosto alto, ai limiti della capacità della memoria di lavoro. Un calcolo ottimistico ci porta a una media di otto informazioni alla volta. La capacità media della memoria di lavoro è stimata a 7 informazioni. Questo dato è molto importante, e la dice lunga sulle difficoltà di memorizzazione e sugli insuccessi in questo ambito. Se facciamo un confronto con il latino vediamo subito la differenza: un para-digma latino comporta al massimo sei informazioni. Si tratta di una quantità ragio-nevole, al di sotto della capacità media della memoria di lavoro. La quantità di dati presente nei paradigmi greci influenza non solo la fase di assimilazione, ma anche la fase di restituzione.La memoria di lavoro non può contenere infatti in una sola volta tutte le informazioni contenute nel paradigma di verbi importanti, come fevrw, oJravw, levgw, baivnw. Nella fase del richiamo è impossibile che l’intero paradigma possa scorrere con la velocità con cui può scorrere un paradigma latino. È evidente perciò che tutti quelli che incontrano difficoltà in questo lavoro sono individui perfettamente normodotati...noltre è chiaro che per superare queste difficoltà è indispensabile aiutare la memoria naturale, facilitarle il compito.

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Un po’ di teoria

A) La struttura virtuale del verbo grecoLa tabella che segue è una rappresentazione virtuale e incompleta della struttura del verbo greco. Le forme sono ordinate secondo la successione dei temi temporali tradizionalmente adottata per i paradigmi nelle grammatiche e nei dizionari, ove normalmente il tema del futuro Attivo e Medio precede il tema dell’aoristo Attivo e Medio.

Il rosso marca le forme verbali assenti nel tema temporale.

Il giallo evidenzia l’architettura del sistema participiale all’interno dei temi temporali.

Questa successione consente di vedere molto bene che il sistema participiale si organizza secondo tre differenti schemi:

1. per il presente, il tema temporale del presente genera un participio Attivo e un participio Medio e Passivo. Un unico tema temporale accompagna perciò stabilmente le tre diatesi, e non è possibile distinguere morfologicamente il Medio dal Passivo:

tema temporale del presente

participio Aparticipio MP

pres impf fut AM aor AM aor Pf ut P pf A ppf A pf MP ppf MPf ut pf A fut pf MP

indic

cong

ottat

imper

ptc A

ptc M

ptc P

ptc MP

agg v A

agg c P

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1. 2. Per l’aoristo e per il futuro si hanno due temi differenti che generano un participio

Attivo e Medio e un participio Passivo. Le tre diatesi sono morfologicamente ben distinguibili:

3. Per il perfetto si hanno due temi differenti che generano un participio Attivo e un participio Medio e Passivo. Di nuovo viene a mancare la possibilità di distinguere Medio e Passivo:

Una diversa disposizione dei temi temporali, dove l’aoristo precede il futuro, evidenzia efficacemente la differente disposizione dei modi all’interno di questi due temi temporali, e a ben guardare illustra efficacemente anche la configurazione dei partici-pi. Dal profilo mnemonico questa disposizione è vantaggiosa anche perché consente di valutare subito la possibilità della trasformazione passiva, deducibile dalla presenza dell’aoristo passivo.

tema dell’aoristo AM tema del futuro AM tema dell’aoristo P tema del futuro P

participio A participio A participio P participio P

participio M participio M

tempa del perfetto A tema del perfetto MPparticipio A participio MP

pres impf fut AM aor AM aor P fut P pf A ppf A pf MP ppf MPf ut pf A fut pf MP

indic

cong

ottat

imper

ptc A

ptc M

ptc P

ptc MP

agg v A

agg v P

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Già da queste rappresentazioni grafiche la complessità dell’architettura del verbo greco è evidente. Ma a questa evidenza si aggiunge una notizia non consolante: la nostra rappresentazione è incompleta. Il nostro schema non esaurisce le possibili forme in cui può articolarsi la coni-ugazione di un verbo greco. L’aoristo AM può presentarsi in diverse forme all’interno di uno stesso paradigma: non è raro incontrare verbi che accanto all’aoristo forte tematico o all’aoristo fortissimo atematico hanno sviluppato l’aoristo debole sigmati-co: , io andai; , io feci andare.

I verbi greci sono ad architettura variabile in una misura inconfrontabile con altre lingue: latino, tedesco, inglese.

B) Cosa bisogna includere nella memorizzazioneNella memorizzazione è necessario prima di tutto decidere quali forme includere,attenendosi all’indispensabile. Perciò in generale lo schema da prevedere dovràcomprendere:

1. I temi temporali “sorgente”, da cui si formano temi temporali derivati:

2. I temi temporali dell’aoristo AM, in tutte le sue varietà, e del futuro AM

3. l’imperfetto quando l’aumento si presenta in forma particolare (per es. , io avevo).

Il paradigma virtuale completo deve perciò prevedere le seguenti forme:

Per tutto quanto abbiamo detto è chiaro che non succederà mai di dover sfruttare per intero questa configurazione, ma ciò non semplifica affatto le cose. Può perfinosuccedere, come abbiamo visto con fevrw, che le forme da memorizzare e le relativeinformazioni siano anche più articolate, per la presenza di differenti radici all’interno di uno stesso verbo di partenza.

sorgenti

derivati

presimpf

aor Pfut P

pf Appf Afut pf A

pf MPppf MPfut pf MP

aor debole AM aor debole AM aor fortissimo A fut AM

pres impf aor deb AM aor forte AM aor fort.mo A aor P fut AM pf A pf MP

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4. Le radiciTuttavia la presenza delle radici non è svantaggiosa. L’apprendimento dei paradigmi può essere un ottimo punto di partenza per immagazzinare lessico di base anche dal punto di vista nominale. Con i paradigmi infatti entriamo in contatto con una moltitudine di radici. Lavorare sulle radici consente una visione più dinamica della lingua, e sviluppa una maggiore capacità intuitiva nell’analisi delle forme. È perciò conveniente aggiungere al nostro schema un ultimo elemento, un radicario, che potremo riservare alle radici.

Lo schema dei nostri paradigmi sarà perciò, nella sua massima espansione, cosìconfigurato:

I nostri obiettivi

L’esperienza personale e le recenti certezze acquisite dalle neuroscienze ci dicono che muoversi all’interno delle caleidoscopie del verbo greco facendo affidamento sulla sola memoria naturale è inefficace. L’apprendimento è destinato alla labilità, e la permanenza sicura dei dati esige un controllo e un consolidamento costanti.

Questa Guida si propone:

◊ di alleviare la fatica mentale dell’apprendimento a memoria,◊ di conseguire la permanenza dei dati appresi,◊ di superare il sentimento di frustrazione connaturato all’esperienza della

labilità.

Questi obiettivi sono raggiungibili applicando i principi del metodo Golfera, i cuifondamenti scientifici e storici verranno illustrati nel cap. III, e le cui applicazioniverranno esemplificate nel cap. IV.La lettura di questa parte della nostra Guida è importante, non è un optional: occorreessere consapevoli di ciò che stiamo per fare.

radicariopres impf aor debAM

aor forteAM

aor fort.moA

aorP

futAM

pfA

pfMP

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Cap. II I fondamenti scientifici e storici del metodo Golfera

Il metodo Golfera si fonda sulle neuroscienze. Nelle varie pubblicazioni che lo illustrano si vede che il suo inventore possiede una vasta e sicura competenza scientifica, che lo pone in condizione di considerare il problema dell’apprendimento sotto i più diversi punti di vista: dall’alimentazione all’organizzazione dell’ambiente in cui si studia, dai fattori di relax ai fattori di stress. Chi volesse farsene un’idea può consultare il suo e-book “Le 101 strategie per migliorare la memoria”. Le riflessioni e i consigli in esso contenuti sono ricavati da un’attenta informazi-one sui risultati delle ricerche scientifiche più recenti e da una verifica in primo luogo personale, e poi riflessa dall’esperienza di tutti coloro che hanno provato a mettere in pratica metodo e consigli. Il metodo ha una sua importante specificità. Esso mette l’accento su un “mec-canismo” del nostro cervello in qualche modo paradossale: sollecita cioè l’intervento della sfera emotiva, che per definizione è disordinata e imprevedibile, nella memoriz-zazione, cioè nella fissazione ordinata, razionale e programmabile delle informazioni nella nostra mente. Questo apparente paradosso trova continue conferme nelle ormai precise osservazioni dell’attività cerebrale consentite dalle moderne tecnologie: quan-do si attiva la sfera emotiva, il ricordo si fissa efficacemente, con stabilità e precisione. Dico queste cose senza essere un neuroscienziato. In effetti il mio curriculum vitae et studiorum non vanta né esami né titoli nel campo delle neuroscienze. Ho però fatto buone, varie e piacevoli letture, soprattutto in questi ultimi anni, che hanno orientato le mie scelte didattiche e la mia ricerca di risposte. Ho scelto dopo attenta riflessione di frequentare un corso di Golfera perché i presupposti che riscontravo nelle presentazioni su Internet coincidevano con importanti conclusioni che avevo trovato nelle mie letture. Cercherò ora di presentare in modo sintetico i presupposti del metodo, met-tendoli in relazione con quanto ho raccolto dalle mie letture.

La vistaI ricordi stabili hanno principalmente una natura visiva.L’archivio della memoria umana a lungo termine è costituito soprattutto da immagini. Naturalmente la memoria delle immagini non è l’unica di cui possiamo dis-porre. Ma la sua importanza ci sarà chiara se proveremo a rispondere a questa doman-da: quando ci capita di ricordare una festa, un evento gioioso a cui abbiamo partecipa-to, ci sono venuti in mente per prima cosa i volti e i gesti delle persone che abbiamo incontrato, o piuttosto il nome della via e il numero dell’indirizzo dove si svolgeva la festa? Questo genere di domande si potrebbero moltiplicare all’infinito: quante volte ci ricordiamo il volto di un attore, ma non il nome. Ben più raramente succede l’inverso.Il ricordo delle cose che ci hanno emozionato è visivo: qual era il modello del treninotanto desiderato, di un Natale di tanti anni fa? Mi ricordo immediatamente l’immagine,

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e poi, se era davvero importante, il nome del modello.Quante volte abbiamo raccontato un fatterello divertente annunciandolo con le parole: “Che scena!”. La nostra mente “vede” l’evento, e la visione trascina il ricordo delle parole e del succedersi dei fatti. La vista è un potente organizzatore di tutta la nostra vita: condiziona l’equilibrio, i movimenti, lentezza, rapidità, piacere, disgusto, incertezza, sicurezza e infinite altrecomponenti del nostro comportamento. Non ci meraviglieremo se i ricordi indimenticabili sono soprattutto di carattere visivo. Golfera si è chiesto quali caratteristiche hanno le immagini che si fissano nella memoria spontaneamente, senza il nostro intervento programmato, e ha individuato quattro caratteristiche:

◊ Esagerazione◊ Movimento◊ Accostamento Inusuale◊ Coinvolgimento Emotivo.

Sono le famose immagini EMAICE, E MAI CE ne scorderemo, come invita a ripeterenelle sue lezioni.

Vediamo una per una queste caratteristiche.

E come EsagerazioneAbbiamo a che fare con le dimensioni dell’oggetto che percepiamo. Un oggetto grande è destinato a richiamare la nostra attenzione spontanea più di un oggetto piccolo. Questo orientamento della nostra percezione ha una funzione salvavita: ci fa stare alla larga di ciò che è più grosso di noi. La maggior parte degli incidenti su cui insiste la prevenzione riguardano le piccole dimensioni, quelle che non richiamano spontaneamente la nostra attenzione, che perciò ha bisogno di essere attivata attraverso l’educazione.Un’immagine sproporzionatamente grande attiva la nostra attenzione più di un’immagine piccola.L’esagerazione favorisce la memoria, perché è un elemento attivante dell’attenzione.

M come MovimentoSu questa seconda caratteristica potremmo ripetere le stesse cose che abbiamo detto della prima. Anche il movimento è un attivatore dell’attenzione, e la nostra percezione mostra anche in questo di essere orientata alla salvaguardia della specie, cioè alla nostra salvaguardia. Una cosa in movimento ci pone più problemi di una cosa ferma. Impone risposte più complesse nei nostri movimenti e nel nostro relazionarci a essa. Interessa perciò una più vasta articolazione del nostro sistema nervoso, dei controlli mentali che lo regolano. Condividiamo queste prime due caratteristiche con diverse altre specie animali.

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A e I come Accostamento InusualePer capire in modo divertente cosa significa accostamento inusuale vi consiglio il film“Lui è peggio di me”, protagonisti Celentano e Renato. Se l’avete già visto provate adomandarvi quali scene ricordate, altrimenti fate questo esercizio qualche settimana dopo la visione. Vedrete che tutte conterranno degli accostamenti inusuali. Non ve ne indico nemmeno uno per non togliervi il divertimento. A differenza di esagerazione e movimento, l’accostamento inusuale coinvolge in modo consistente la cultura individuale. Non la cultura intesa come titolo di studio, ma come somma di aspettative legittimate dall’esperienza vissuta e apprese attraver-so di essa. Un esempio. Non c’è nessuna legge di natura che dica che ruotando orizzontal-mente il viso da sinistra a destra o viceversa si esprime una negazione. Questa aspet-tativa nasce dall’educazione ricevuta nell’ambiente. Dal vissuto, come si dice. In India per esempio lo stesso gesto significa assenso gioioso. Questo vuol dire che quando un indiano vede un occidentale che rifiuta qualcosa con quel movimento del viso, si trova confrontato con un accostamento inusuale, e altrettanto succede quando un occiden-tale vede un indiano che acconsente giosamente con quello stesso movimento. La pubblicità è piena di questi tradimenti dell’aspettativa, perché i pubblicitari sanno benissimo che l’accostamento inusuale aiuta la fissazione inconsapevole di ri-cordi nella memoria. Ci inondano così di automobili che arrivano in vetta al Cervino, di barche a vela che scivolano dentro l’asfalto e così via. L’accostamento inusuale eccita l’attenzione in un modo meno primitivo di quan-to accade con esagerazione e movimento. La mente si trova di fronte a un’aspettativa delusa. Non c’è solo un orientamento della percezione che viene chiamato in causa. Può essere facilmente coinvolta la sfera emotiva: ridiamo, ci preoccupiamo, restiamo sorpresi. L’accostamento inusuale è tanto più efficace nella fissazione del ricordo, quanto più riesce a coinvolgere la sfera emotiva. Il ruolo dell’emotività nella memorizzazione è ormai ampiamente e concordemente riconosciuto. È ora di cercare di approfondire quest’ultima caratteristica del ricordo spontaneo.

C ed E come Coinvolgimento EmotivoUn mio amico psicologo dice che l’emozione è la benzina del ricordo. Golfera dice che il ricordo stesso è un’emozione. Ci sono pagine molto istruttive e di piacevole lettura su questo argomento (per es. Daniel Schachter, I sette peccati della memoria, Milano, Mondadori, pp. 208-214). Ognuno di noi può verificare su sé stesso la consistenza di queste sintesi sci-entifiche. Meditiamo sui nostri ricordi più durevoli, interroghiamoci sulle loro connes-sioni emotive. Troveremo scene di eventi attesi con ansia e di pericoli superati con paura e gioia, panorami che ci hanno dato sensazioni cosmiche, visi ancora capaci di suscitare in noi calore d’affetto. Ci sono momenti della vita che riviviamo nel ricordo come se si ripetessero, ne rivediamo sorprendenti dettagli, risentiamo suoni, odori, freddo e calura. Di altri momenti non abbiamo nessuna memoria. Fatichiamo perfino a credere di averli at-traversati. Di tutti i concerti sinfonici a cui ho assistito dal vivo, e non sono pochi, quello

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che mi risuona più vivamente all’orecchio è ancora il primo, all’età di dodici anni, nella sala - cinema di piazza Frattini a Milano, vicino a casa. Era la prima volta che sentivo dal vivo un’orchestra di archi. La lotta per ottenere il permesso di andarci, l’ansia di non poterci andare, e alla fine il timbro di quei violini suscitarono in me un’emozione fortissima. Ho ancora incontrato quel timbro particolare solo pochissime volte. E in quelle occasioni l’odore di caramella della sala, le sue luci e quella lontana esecuzione dell’Incompiuta di Schubert sono tornati a essere presenti, come ora, mentre scrivo. Il metodo Golfera mi ha avvicinato ai miei ricordi spontanei. Non sono più sor-preso di ricordare vivamente certi particolari, e di non aver avuto memoria di cose, che mi sarebbe stato utile ricordare con altrettanta facilità e spontaneità. Consiglio anche a te un bellissimo esercizio: concediti il tempo per interrogare i tuoi ricordi spontanei. Applicherai nella pratica l’imperativo millenario dell’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”. Potrai verificare a fondo le buone ragioni che motivanol’utilizzazione del metodo qui esposto.

La dislocazione nello spazioQuest’ultimo fattore di facilitazione del recupero mnestico è oggetto di attente indagini da parte delle neuroscienze contemporanee. Esso è stato messo in luce da più di duemila anni, dal tempo degli antichi Greci, e ci pone a diretto contatto con le premesse storiche del metodo Golfera. Golfera ha studiato e spiegato uno dei trattati più celebri che concernono la memoria: il De umbris idearum di Giordano Bruno, risalente al 1533. Ne ha esplorato le prescrizioni, e ne ha giustificato i silenzi. Ha sperimentato personalmente l’efficacia dei processi ivi descritti, li ha semplificati e modificati a uso dell’uomo contemporaneo. Questo versante storico del suo metodo è tutt’ora aperto a nuove esplorazioni. Chi volesse saggiarne lo spessore può leggersi il volume che Golfera dedicato al De umbris idearum di Giordano Bruno. Quel libro è stato per me una delle letture più strabilianti della mia vita: non credo di aver mai incontrato a nessun livello una concretezza e una lucidità interpretativa confrontabili. Le testimonianze storiche lasciate dalla mnemotecnica nella storia della culturaoccidentale dicono senza ombra di dubbio che la dislocazione delle immagini dellamemoria entro uno spazio noto è un potente ausilio al ricupero del ricordo. Con quest’ultima caratteristica abbiamo concluso la rassegna dei fondamenti scientifici e storici del metodo che applicheremo.Riassumendo, abbiamo detto che:

1. Si lavora sul ricordo visivo, sulle immagini della memoria,

2. Le immagini che si fissano spontaneamente nel ricordo hanno le quattro seguenti caratteristiche:

◊ Esagerazione◊ Movimento◊ Accostamento Inusuale◊ Coinvolgimento Emotivo

3. La dislocazione delle immagini in uno spazio noto è un potente ausilio al ricupero del ricordo.

Passiamo ora agli aspetti applicativi.

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CAP. III La mnemotecnica come arte di programmare le condizioni che determinano la fissazone spontanea del ricordo

Il ricordo involontario, come abbiamo visto, si determina quando sussistono certecondizioni. Se noi riusciamo a creare queste stesse condizioni in modo volontario e programmato otteniamo lo stesso effetto: la fissazione del ricordo nella memoria a lungo termine.

Cap. IVCome organizzare lo studio

Se hai ben capito il capitolo precedente sei pronto per cominciare.Da subito due avvertimenti importanti. Visti i presupposti del metodo, e cioè l’intervento della parte irrazionale della nostra mente per creare un ordine razionale, verrai da subito confrontato con cose che potranno parerti stravaganti, insensate, puerili e in qualche caso spassose. Perciò:

◊ Sospendi il giudizio e valuta l’efficacia, prima di liquidare il metodo come stravagante.

◊ Se ti diverti troppo, buon per te. Ma ricordati che il nostro scopo è apprendere, e che le immagini sono solo un mezzo.

Come abbiamo detto, lo schema dei nostri paradigmi, nella sua massima espansione,comprenderà le seguenti voci:

La prima fase consiste nell’organizzare dei contenitori, cioè dei luoghi della memoria

radicariopres impf aor debAM

aor forteAM

aor fort.moA

aorP

futAM

pfA

pfMP

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che definiscano e fissino sistematicamente i riferimenti concettuali.Le immagini che qui ti propongo per questa operazione sono quelle che hanno fun-zionato per me. Ricordati però che qui è in gioco la tua soggettività. Se le immagini che ti propongo non ti dicono nulla, non richiamano nulla al tuo mondo emotivo, sei libero di escogitarne delle altre, più vicine al tuo cuore.

1. Il presentePer il presente ho pensato a un oggetto quotidiano, che vedo tutti i giorni, che in qual-che modo non mi rimanda necessariamente al passato o al futuro.La tavola da pranzo, quella dei pranzi e delle cene quotidiane in famiglia.

Questo oggetto mi consente di lavorare anche sull’imperfetto. Quando sarà necessa-rio inserire l’imperfetto nel paradigma, potrò ricorrere alla tavola da pranzo con unagamba rotta... imperfetta insomma!

La continuità dell’immagine rispetto al presente mi aiuta a ricordare che l’imperfetto è un tempo derivato dal presente.Non ho bisogno di particolari marcatori per il Medio e il Passivo. Il tema del presente non dà informazioni sul carattere transitivo o intransitivo del verbo.

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2. L’ aoristoSarà che son goloso, ma la parola “aoristo” mi ha sempre fatto venire in mente unarrosto... Perciò il mio luogo dell’aoristo è una rosticceria. Rinuncio a creare un dis-egno: ognuno pensi alla rosticceria che preferisce. Entrano in questa immaginazione i profumi (o le puzze, secondo i gusti), i sapori. Siccome l’aoristo Attivo e Medio si articola in tre possibili coniugazioni, ho preferito concentrarmi su questa sua carat-teristica, e ho creato tre immagini rispettivamente per l’aoristo debole, l’aoristo forte e l’aoristo fortissimo.

Aoristo AM debole: il rosticcere debolino

Aoristo AM forte, tematico: il rosticcere forzuto

Aoristo AM fortissimo: il superrosticcere

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Qualcuno mi dirà: e l’aoristo kappatico? Va bene: se proprio vuoi, disegnati il tuorosticcere con kappa e spada. Per me rinuncio a creare una figura specifica per l’aoristo kappatico, perché guardandone bene la coniugazione si vede che il suffisso kappatico compare solo per le prime tre persone dell’indicativo aoristo A. Per il resto siamo di fronte a una coniugazione vicinissima all’aoristo fortissimo, con una coniugazione completa del Medio. Per me è più efficace tenere a mente ques-to, piuttosto che le tre forme con la K.I miei rosticceri rappresentano la diatesi Attiva e Media.In rosticceria è il rosticcere che lavora all’attivo, o al medio, se è goloso...Il passivo si trova sul ... grill.

3. L’aoristo PIl luogo dell’aoristo Passivo è il grill della rosticceria. Per le ragioni che ben conosciamo, e cioè per il fatto che le immagini devono essere a noi vicine, l’icona che ho scelto per il grill non mi rimanda a un oggetto professionale delle rosticcerie, con venti polli alla volta che girano sfrigolando, ma al giardinetto di casa mia:

Fai altrettanto, e se nei tuoi affetti c’è una rosticceria, pensa ai sei o sette spiedi chegirano tutti insieme, in bella coordinazione.

Non ho ritenuto opportuno ideare dei marcatori per distinguere la forma deboledell’aoristo P da quella forte. Queste caratteristiche usciranno dalla memorizzazionestessa delle forme.

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4. Il futuro AMIl luogo del futuro Attivo e Medio è un campo di football. Quello dove ho giocato lemigliori partite, oppure, se sei una ragazza e non giochi a football, quello del calciatoredel tuo cuore. Se non ce l’hai ancora trovane uno!

Non son necessari marcatori della diatesi. Ma all’occorrenza il nostro campo di calcio ci consente di assegnare l’attivo a un attaccante, il medio a un mediano, il passivo… al portiere.

5. Il perfetto AIl mio luogo del perfetto è una pasticceria... e con questo avrete capito che mi piacemangiare: il tavolo da pranzo prima, la rosticceria poi e adesso una pasticceria sono quasi una confessione completa. A mia discolpa ammetterò che mi piace anche cucinare...Ma cosa c’entra una pasticceria col perfetto ? direte voi.Ho letto troppo l’Artusi, ecco il problema. E lui il semifreddo lo chiamava ancoraperfetto, dal francese perfait.Come già feci (tanto per far risuonare un po’ di Artusi) per la rosticceria, non vi disegno una pasticceria, e vi invito a pensare alla vostra pasticceria preferita.Mi concentro invece sulla figura attiva in pasticceria, il pasticcere:

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6. Il perfetto MPÈ il caso di dire dulcis in fundo... e avrete tutti capito che il perfetto Passivo avrà laforma di un dolce. Il dolce varierà a seconda dei verbi, per cui si prospettano mirabolanti invenzioni di pasticceria.Per ora accontentiamoci di un’icona scontata:

7. Il radicarioQuesto oggetto è semplicemente il raccoglitore delle immagini su cui abbiamo fissato le radici. Si può incrementare man mano che incontriamo radici nuove, oppure riempire al termine della memorizzazione, come sintesi.Per rappresentarlo mi basta un barattolo di vetro:

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Siamo così giunti al termine della nostra codificazione dei luoghi e dei marcatori dove immagazzinare le forma verbali. Queste immagini ci serviranno per imparare a memoria in modo piacevole e leggero le possibili articolazioni del paradigma di un qualsiasi verbo greco. Puoi modificarle e sostituirle a tuo piacimento: l’importante è che la tua mente riesca a trattenere con sicurezza e con un senso di relax le informazioni di cui le immagini sono portatrici.

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l tavolo da pranzo di casa mia, con una gamba rotta

il presente il tavolo da pranzo di casa mia

l’imperfetto

l’aoristo

l’aoristo AM debole il rosticcere debolino

l’aoristo AM tematico oforte

il rosticcere forzuto

l’aoristo AM fortissimo il superrosticcere

in rosticceria

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nel campo di football

l’aoristo P sul grill

il futuro AM

il perfetto

il perfetto A il pasticcere

il perfetto MP il dolce

il radicario un barattolo

in pasticceria

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