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MEMORIAV, Bümplizstrasse 192, CH-3018 Bern, www.memoriav.ch Tel. +41 (0)31 380 10 80, Fax +41 (0)31 380 10 81, [email protected] FOTO MEMORIAV RACCOMANDAZIONI CONSERVAZIONE DELLE FOTOGRAFIE

MEMORIAV,Bümplizstrasse192,CH …d’acquistoodidonazione,dovrebbeessereoggettodi unaconvenzionefraleparticontraenti.Iseguentipuntidovranno figurarenellaconvenzione: –scopoeoggettodellaconvenzione

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MEMORIAV, Bümplizstrasse 192, CH-3018 Bern, www.memoriav.ch

Tel. +41 (0)31 380 10 80, Fax +41 (0)31 380 10 81, [email protected]

FOTO

MEMORIAVRACCOMANDAZIONI

CONSERVAZIONEDELLE FOTOGRAFIE

2 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

S O M M A R I O

Fotografia di copertina: Fondo Louis Colin.

Foto: DAV, Biblioteca della Città di La Chaux-de-Fonds, La Chaux-de-Fonds

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Introduzione

La fotografia, un media complesso

Collezioni e istituti in Svizzera

Deposito e accettazione di un fondo

Alterazione e misure di conservazione

Il restauro, un’operazione delicata

L’impiego delle nuove tecnologie

La stampa digitale in bianco e nero e a colori

La riproduzione analogica

La riproduzione digitale

L’archiviazione dei files digitali

Accesso e utilizzazione

SEPIADES: un modello di catalogazione di collezioni fotografiche

Diritti e utilizzazione

Bibliografia

Interventi in caso di catastrofe

MemoriavRaccomandazioni Fotofebbraio 2007

RedazioneGruppo di lavoro fotografia,

Memoriav

TraduzioneCorrado Fontana, Castel

San Pietro

CorrezioniMemoriav

ProduzioneLaurent Baumann, Memoriav

GraficaMartin Schori, Bienne

Stampainka druck, Zurigo

Tiratura: 500 copie

EditoreMemoriav

Bümplizstr. 192, 3018 Bern

Tel. 031 380 10 80

[email protected]

www.memoriav.ch

I M P R E S S U M

3R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VI N T RODU Z I ON E

La maggior parte delle fotografie, come pure certi documenti audiovisivi, non sono conservatein collezioni specializzate ma giacciono, assieme a documenti scritti e ad oggetti di vario genere,nei fondi d’archivi, biblioteche, musei e altri istituti analoghi. Solo un ristretto numero di questiistituti ha la possibilità d’assumere personale specializzato per il trattamento di questi fondi.Le raccomandazioni contenute in questo documento si rivolgono soprattutto alle collaboratricie ai collaboratori non specializzati responsabili di fondi fotografici. Esse forniranno, con riassuntie testi più approfonditi, risposte agli interrogativi più frequenti sollevati dalla conservazione edalla valorizzazione della fotografia. I lettori troveranno pure riferimenti bibliografici che offronoaltri punti di vista sui temi trattati.Alcune affermazioni di questo documento manterranno a lungo la loro validità mentre altreinvecchieranno rapidamente. È la ragione per la quale ci sforzeremo di aggiornare regolarmentequesto documento, in particolare nella sua versione elettronica sul sito di Memoriav.

Alcuni elementi importanti– Le fotografie possono essere lette in due modi: come espressioni artistiche o come fontistoriche.

– Il negativo e la stampa hanno pari importanza. Il negativo rende possibile la riproduzione diinformazioni sotto forma di immagini; la stampa originale (firmata o autorizzata) rappresentaun’opera che riflette, attraverso la sua tecnica e la sua estetica, lo spirito del tempo in undeterminato momento storico come pure la volontà creativa di un individuo.

– Le stampe originali, datate dell’epoca dello scatto e chiamate «vintage prints», hanno, perla storia della fotografia e dell’arte, un valore superiore a quello del negativo e sono particolar-mente ricercate dai collezionisti.

– Qualsiasi fotografia, sia essa un negativo o una stampa, deve essere considerata comeun pezzo unico fino a prova del contrario.

– Nessun supporto fotografico, vecchio o recente, possiede una stabilità che garantiscauna lunga conservazione.

– La conoscenza del supporto e il suo stato fisico sono le condizioni più importanti per deciderei provvedimenti di conservazione adatti ad ogni fotografia.

– Adeguate condizioni di archiviazione, imballaggi speciali e controlli regolari sono elementiindispensabili per la conservazione delle fotografie, anche se in buono stato.

– La digitalizzazione o altre tecniche di trasferimento provocano sempre perdite di informazioni.In ogni caso non sostituiscono la conservazione degli originali.

– La sicurezza delle fotografie digitalizzate deve essere regolarmente verificata mediante deibackups, un controllo della qualità dei file e una migrazione dei dati.

– Qualsiasi manipolazione del materiale fotografico (duplicazione, stampa, ecc.) deve esseredocumentata.

– Ogni fotografia deve essere considerata come un’opera protetta dai diritti d’autore.Nessuna copia o pubblicazione è possibile senza il consenso degli aventi diritto.

– La valutazione dell’importanza di una fotografia o di un fondo fotografico è un procedimentocomplesso. Essa dipende, fra l’altro, dal mandato e dalle possibilità dell’istituto incaricato dellaconservazione e della valorizzazione dei fondi. Il valore di un fondo e il suo interesse varianonel tempo. L’istituto che non è in grado di accogliere un fondo, ha il dovere di cercare o diinformare altri istituti.

Kurt Deggeller, Memoriav

4 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Oggi, a quasi 170 anni dalla sua invenzione, la fotografiariveste un’importanza sociale e culturale incontestata. Dallafine del diciannovesimo secolo, la fotografia svolge un ruolodecisivo nei campi dell’informazione e della documentazione,dell’espressione artistica, della ricerca, della pubblicità. Lafotografia non é solo un testimone importante, un patrimonioculturale fondamentale dell’era industriale e postindustriale;essa ha modificato la nostra percezione della realtà. Le opere dinumerosi fotografi fanno oramai parte della nostra memoriavisuale collettiva.

Se non vogliamo perdere questa memoria, dobbiamo agire in

fretta: bisogna riunire, salvaguardare e valorizzare il nostro patri-

monio fotografico in maniera attiva e cosciente. Una quantità consi-

derevole di fotografie della fine del diciannovesimo e degli inizi del

ventesimo secolo sono già irrimediabilmente andate perse o

distrutte. Ciò è dovuto prima di tutto alla fragilità di queste imma-

gini, causata da un processo chimico, ossia l’azione della luce su

una superficie fotosensibile. Questa sensibilità, se da un lato per-

mette di trattenere le tracce lasciate dalla luce, dall’altro contribui-

sce a fare del prodotto finale del processo fotografico un patrimo-

nio in pericolo. È ben vero che la fissazione delle tracce lasciate

dalla luce sulla superficie fotosensibile si è nettamente migliorata e

sviluppata dai tempi dei primi processi fotografici nel 1839. Tutta-

via, e malgrado tutti i progressi tecnici, le fotografie sono rimaste

fino ai giorni nostri degli oggetti fragili, estremamente sensibili agli

influssi esterni. È impossibile arrestarne la decomposizione; si può

solo frenarla. Ciò vale sia per le immagini prodotte su base chimica:

dalla dagherrotipia e altre tecniche analoghe, fino ai processi nega-

tivo-positivo riproducibili e alla fotografia a colori del ventesimo

secolo; sia per le stampe dei nostri giorni, basate su processi digi-

tali.

Che cosa fare allora? È ben vero che una gran parte del contenuto e

delle informazioni trasmesse nelle fotografie sono oggi trasferite e

archiviate sotto forma di pixel e di byte. L’accesso agli apparecchi e

alle tecniche necessarie, oggi possibile e alla portata di un vasto

pubblico, può certamente suscitare grandi speranze; nondimeno

esso risolve solo una parte del problema. La digitalizzazione, anche

facendo astrazione dei problemi e degli interrogativi che solleva in

merito ai metodi di archiviazione, alle capacità di stoccaggio, alla

La fotografia, un media complesso

5R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VL A FOTOGRA F I A , U N MED I A COMP L E SSO

perennità e alla leggibilità dei dati, ci distoglie in generale dalla

complessità del media in questione. Questo perché l’informazione

trasmessa attraverso i dati rappresenta solo un aspetto dell’imma-

gine fotografica. L’altro aspetto, di pari importanza, è quello fisico:

infatti, una fotografia rimane l’artefatto di un determinato processo

di fabbricazione, il prodotto finale di un atto creativo che va ben al

di là del semplice scatto. La scelta dell’inquadratura e delle dimen-

sioni dell’immagine, la sua interpretazione durante l’ingrandi-

mento, l’autenticazione mediante una firma manoscritta, il fascino

prodotto dai materiali utilizzati o le tracce d’usura rivelatrici di un

contesto d’utilizzazione particolare, sono alcuni degli elementi di

questo processo che vanno persi al momento della digitalizzazione.

È a questo momento che diventa manifesta la complessità della

relazione fra supporto e realtà: ogni fotografia è molto di più di un

semplice riflesso del mondo esterno.

Per essere professionalmente corretti, gli sforzi miranti alla tutela

del patrimonio fotografico dovrebbero concentrarsi prima di tutto

sulla conservazione delle immagini originali. I messaggi storici, cul-

turali ed estetici trasmessi dall’aspetto fisico della fotografia, sono

tanto significativi quanto l’immagine stessa, concretamente descri-

< Restauro di una lastra del Fondo Carlo Ponti.

Foto: Museo svizzero dell’apparecchio fotografico, Vevey

vibile, basti pensare alla fotografia artistica che manifesta tutto il

suo effetto solo come oggetto esposto.

In questo senso, la digitalizzazione delle immagini offre solo un

aiuto complementare alla salvaguardia della memoria visiva della

nostra società. Certamente protegge l’originale, limitandone la fre-

quenza d’impiego; sicuramente semplifica enormemente l’accesso

rapido all’informazione in immagine quando si tratta di riprodurla o

di diffonderla attraverso i media. Tuttavia essa non ci dispensa dal

compito urgente di imparare a capire e a valutare i supporti origi-

nali di queste informazioni come opere significative e di proteg-

gerle in quanto sistemi di segni e di simboli complessi per le gene-

razioni future.

P E T E R P F R U N D E R , F O T O S T I F T U N G

S C H W E I Z ( F O N D A Z I O N E S V I Z Z E R A P E R

L A F O T O G R A F I A ) , W I N T E R T H U R

Megaletoscopio (Apparecchio per

osservare le fotografie) di Carlo Ponti.

Foto: Museo svizzero dell’apparecchio

fotografico, Vevey

6 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Collezioni e istituti in Svizzera

Le collezioni1 fotografiche in Svizzera sono il risultato degliinteressi dello Stato, dei collezionisti e di altri istituti pubblici.La Confederazione ha raccolto, sin dalla fine del diciannove-simo secolo, degli insiemi d’immagini a fini documentaristicisui più svariati temi.Alcuni istituti della Confederazione come l’Archivio federaledei monumenti storici, la Biblioteca nazionale e l’Ufficio fede-rale di topografia furono i primi a riunire fotografie in modopiù o meno sistematico. Tuttavia, e nonostante le loro conside-revoli dimensioni, queste collezioni hanno una modestanotorietà, ad eccezione di quella dell’Archivio federale deimonumenti storici.

Sorta da un’iniziativa privata, la Fondazione svizzera per la fotogra-

fia, creata nel 1971 a Zurigo, ha avuto un ruolo pionieristico. Ha

svolto un’attività di sensibilizzazione a favore di questo media e

riunisce tuttora un campionario rappresentativo della fotografia

svizzera del ventesimo secolo. Il Museo svizzero dell’apparecchio

fotografico nato anch’esso nel 19712 si concentra sulla storia delle

tecniche fotografiche. Negli anni 80 e 90 videro la luce altri istituti

situati ai quattro angoli della Svizzera. Il museo dell’Elysée nasce

nel 1985 a Losanna, la Fondazione Galleria Gottardo si costituisce

agli inizi degli anni 80 a Lugano e infine il Fotomuseum di Win-

terthur viene aperto nel 1993. Parallelamente alla notorietà acqui-

sita grazie alle esposizioni e manifestazioni che organizzano e alle

relative pubblicazioni, questi enti moderni e dinamici hanno riunito

nel tempo collezioni di diverse dimensioni e di contenuti di vario

genere.

Negli ultimi tre decenni abbiamo assistito alla «riscoperta» di un

gran numero di fotografie che si erano accumulate nei vari istituti e

che erano state più o meno dimenticate. D’altra parte sono proprio

questi gli anni della presa di coscienza della rapida scomparsa del

patrimonio fotografico e della storia di cui esso era portatore.

Numerose operazioni di salvataggio di fondi sono state condotte su

un terreno già gravemente devastato. Gli istituti responsabili di

questo patrimonio variano da cantone a cantone. In questo campo

l’eterogeneità è la regola: ogni cantone presenta una situazione

1 Le riflessioni che seguono, provengono da un rilevamento dati, nell’ambito del

progetto Memoriav, con il titolo «Etude sur l’état des collections photographiques

en Suisse». Il concetto collezione è molto relativo: lo studio si riferisce a dei raggrup-

pamenti fotografici di ogni tipo e grandezza (Legati, collezioni, ecc.). Chiaramente

ne fanno anche parte delle vere e proprie collezioni, nelle quali sono state raggrup-

pate sistematicamente delle fotografie per ottenere un forte corpo-immagini.

2 Il successo di un’esposizione sulla storia della fotografia, nella quale vennero

mostrate soprattutto una grande quantità d’oggetti provenienti dalla collezione

Michel Auer, ha notevolmente contribuito alla fondazione di questo museo.

7R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VCO L L E Z I ON I E I S T I T U T I I N SV I Z Z E R A

particolare. A volte sono gli istituti specificatamente destinati alla

fotografia ad assumersi un ruolo direttore, altre volte sono istituti

con un indirizzo più generale.

Alcuni esempiA Basilea-Città come pure nei Grigioni i rispettivi archivi cantonali

sono spesso i punti di riferimento in materia per altri istituti deposi-

tari di fotografie. A San Gallo questo compito è assunto congiunta-

mente dall’archivio e dalla biblioteca cantonali. Nei cantoni di Fri-

borgo e Vallese, sono invece le biblioteche con settori «non libri»

molto sviluppati, che hanno assunto questo ruolo. È il caso anche

della biblioteca di La Chaux-de-Fonds nel cantone Neuchâtel.

Alcuni musei storici o delle belle arti, come a Losanna e a Ginevra,

si sono già da molti anni impegnati a favore della fotografia, mentre

un impegno analogo è molto più recente a Lucerna con la Stiftung

Fotodokumentation accolta dal Museum Bellpark di Kriens.

A Svitto invece, è l’Ufficio dei monumenti storici cui spetta il com-

pito di accogliere le più importanti collezioni di fotografie. Nel can-

ton Obwaldo il patrimonio fotografico è sparso presso numerosi

privati; la fondazione privata Burch-Korrodi sta tentando, quasi da

sola, di riunire sotto un unico tetto dei documenti fotografici.

Numerosi sono pure i cantoni e le città dove i fondi fotografici sono

ripartiti in maniera abbastanza equilibrata fra vari istituti, in fun-

zione delle responsabilità di ciascuno di loro. Così, oltre alla Biblio-

teca nazionale e all’Archivio dei monumenti storici, Berna riunisce

dei fondi fotografici al Museo della comunicazione, al Museo alpino

svizzero, alla Burgerbibliothek, alla Fondazione Fotografia, Film e

Video del Kunstmuseum, al Museo storico e all’Ufficio dei monu-

menti storici della città, per citare i più importanti. Potremmo conti-

nuare questa enumerazione con le città di Zurigo e Soletta, o con il

canton Turgovia.

Bisogna ancora sottolineare che un certo numero di collezioni

appartengono a privati. Questi depositari possono essere suddivisi

nelle seguenti categorie:

a) collezionisti interessati ad ogni tipo di fotografia: per alcuni di

loro, come Ruth e Peter Herzog, Michèle e Michel Auer, Charles-

Henri Favrod, la ricerca di immagini di notevole qualità estetica

va di pari passo con un forte interesse per l’aspetto documenta-

rio di questo media.

Roland Gretler da parte sua ha raccolto nei suoi archivi denomi-

nati «Panoptikum zur Sozialgeschichte» documenti legati al

movimento operaio e al mondo del lavoro, concentrandosi

essenzialmente sul contenuto delle fotografie;

b) privati, spesso loro stessi fotografi, che conservano e/o

ampliano fondi provenienti dall’attività fotografica di famigliari

(per esempio, le famiglie Boissonnas a Ginevra, Deriaz a Baul-

mes, Rolf Jeck a Basilea, Koch a Sciaffusa) o di predecessori

come la signora Corinne Cuendet a Clarens che gestisce il fondo

fotografico di Henri Germond (1931–1994);

c) ditte private nei cui locali riposano archivi fotografici, intensiva-

mente sfruttati o caduti nell’oblio, come quelli della ABB a

Baden, Sulzer a Winterthur, Georg Fischer a Sciaffusa, SIG Arms

International a Neuhausen a/ Rheinfall (oggi Alstom), Nestlé a

Vevey;

d) associazioni, società e fondazioni che hanno raccolto fotografie

su loro stesse o su temi specifici legati alle loro attività. Fra di

loro citeremo il Verein Tram-Museum Zürich (TMZ), l’associazione

Pro Friborgo, il Gruppo Svizzera-Filippine a Zurigo, la Stiftung

Documenta Natura a Berna;

e) agenzie di stampa e editori come la Ringier Dokumentation Bild

o la Lookat Photos / Fotografenagentur.

Domande ricorrentiGli interrogativi che si pongono i responsabili di raccolte fotografi-

che sono di vario genere.

Se è impossibile rispondere in maniera normativa a tutte queste

domande, esistono comunque alcune regole e raccomandazioni di

base in grado di guidare il loro lavoro: è lo scopo di questo docu-

mento.

Su un piano globale, alcuni si chiedono che cosa conservare della

massa di documenti che gli vengono sottoposti, auspicando un giu-

dizio concernente il valore estetico, documentario e storico del loro

fondo. Parte di questi rilevano che la gestione di un fondo fotogra-

fico è particolarmente onerosa da un punto di vista finanziario: una

volta acquistato il materiale di imballaggio, non rimane più niente,

nel bilancio preventivo, da destinare al lavoro di catalogazione (o

viceversa).

Su un piano più pratico, altri richiedono informazioni sul materiale

di conservazione, sulle condizioni climatiche dei depositi e sulla

gravità del degrado riscontrato sui documenti fotografici.

Per altri ancora, è la catalogazione che suscita il maggior numero di

interrogativi. Questi possono essere di ordine molto generale o, al

contrario, molto specifici, secondo l’esperienza dell’istituto o del

responsabile. Per citare solo i più ricorrenti: quali campi far figurare

su una scheda di catalogazione? Esistono banche dati o tesauri

pronti all’impiego? Esiste un materiale informatico standardizzato e

raccomandato?

Il campo della digitalizzazione delle immagini è pure un tema di

preoccupazione per i gestionari di raccolte fotografiche. Una volta

risolta la questione della pertinenza della scelta a favore della digi-

talizzazione delle immagini, ecco sorgere tutti i problemi tecnici ad

essa collegati.

S Y LV I E H E N G U E LY , F O T O S T I F T U N G

S C H W E I Z ( F O N D A Z I O N E S V I Z Z E R A P E R L A

F O T O G R A F I A ) , W I N T E R T H U R

< Yvonne Gris, melancolia, 1988.

Foto: Yvonne Gris, Fotostiftung

Schweiz / ProLitteris

8 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Deposito e valutazione preliminare di un fondo

Dal punto di vista dell’istituto che ne è depositario, un fondo èinteressante nella misura in cui s’iscrive in una politica d’acqui-sizione coerente, precedentemente definita dal suo mandato.L’istituto interessato dovrebbe inoltre fissare una serie di cri-teri che permettano di valutare la qualità, l’interesse di unfondo o di una collezione. Questo tipo di operazione permettedi limitare il carattere soggettivo delle scelte operate. Iseguenti parametri potrebbero servire come spunto per unariflessione che ogni istituto dovrebbe poi riformulare e preci-sare in funzione delle proprie esigenze.

Criteri di valutazione delle raccolte di fotografie:(notare che alcuni di loro coincidono!)

– unicità, rarità, esemplarità (i dagherrotipi di G. Eynard-Lullin per

esempio).

– valore estetico: qualità dello sguardo del fotografo, qualità o ori-

ginalità dei processi fotografici, stato di conservazione delle foto-

grafie.

– valore documentario/tematico: i documenti della raccolta sono

portatori d’informazioni che conferiscono loro un valore culturale

e/o storico a diversi livelli (regionale o nazionale).

– valore globale, di origine (rappresentatività): la raccolta costitui-

sce un’entità coerente, rappresentativa di un collezionista, di un

autore, di un tema.

9R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VDEPOSITO E VALUTAZIONE PREL IMINARE DI UN FONDO

– valore storico e/o simbolico: la raccolta è legata ad un evento,

ad un personaggio o ad un’istituzione, ecc. importanti della sto-

ria locale o nazionale.

S Y LV I E H E N G U E LY , F O T O S T I F T U N G

S C H W E I Z ( F O N D A Z I O N E S V I Z Z E R A P E R L A

F O T O G R A F I A ) , W I N T E R T H U R

Come appena indicato, l’istituto depositario procede immediata-

mente ad una valutazione sommaria del fondo ed esamina la

pertinenza dell’acquisizione.

Oltre all’interesse del fondo stesso, alla sua utilità e alla sua perti-

nenza in relazione agli scopi dell’istituto, esso analizzerà:

– i mezzi di cui dispone per la conservazione e la valorizzazione

del fondo,

– le altre possibilità esistenti per la conservazione del fondo. Se

necessario, esso farà appello all’opinione di esperti o di colleghi.

Qualunque accettazione di un fondo, sia essa sotto forma

di deposito, d’acquisto o di donazione, dovrebbe essere oggetto di

una convenzione fra le parti contraenti. I seguenti punti dovranno

figurare nella convenzione:

– scopo e oggetto della convenzione

– gestione del fondo, condizioni per la sua conservazione

– accessibilità e utilizzazione del fondo (consultazione)

– diritti d’autore e diritti della personalitá

– condizioni legate alla riproduzione e alla pubblicazione

a) accettazioneAl momento dell’accettazione, si avrà cura di:

– prendere ogni precauzione onde evitare perdite e danni,

in particolare durante il trasporto e la sistemazione,

– prendere possesso di tutto il materiale che accompagna il fondo

(dossier, inventari, documentazione …)

– raccogliere il maggior numero di informazioni sul fondo, quali:

– il o gli autori

– l’origine e la storia

– il contenuto

– i diritti che lo concernono.

Le fonti orali non devono essere trascurate perché sono sovente le

sole a fornirci informazioni utili e perché possono rapidamente

estinguersi.

b) identificazioneAl momento della registrazione di un fondo, si farà attenzione a

riportare tutte le informazioni utili alla sua gestione e alla sua utiliz-

zazione. Sarà redatto un protocollo d’entrata il quale registrerà la

provenienza, le circostanze d’entrata, le condizioni d’acquisizione,

gli indirizzi utili, ecc.

Lo stato dei documenti deve essere verificato e, se possibile, si

dovrà approntare un piano preliminare di procedura (supporti).

c) classificazioneOgniqualvolta si deve classificare un fondo o una collezione

di fotografie, si dovranno rispettare alcune regole elementari

(condivise da tutti gli istituti) ed effettuare dei lavori preliminari:

– rispetto dell’integrità e dell’unità del fondo;

– mantenimento, se possibile, della classificazione esistente,

rendendola manifesta anche qualora fosse implicita;

– condizionamento delle fotografie secondo i principi citati sopra;

– classificazione.

d) segnatura e inventario sommarioSi passa alla segnatura dei documenti una volta terminata la

classificazione. Talvolta si può procedere parallelamente all’archi-

viazione dei documenti. Ogni documento deve essere provvisto

di una segnatura onde evitare errori al momento dell’utilizzazione

dei pezzi.

Saranno adottati sistemi di segnatura semplice che richiamino il

più possibile gli elementi originari, quali per esempio i numeri delle

fotografie di un film. Parallelamente alla segnatura dei documenti,

è possibile compilare la lista sommaria dei documenti.

e) valutazioneQuando i documenti sono provvisti di segnatura e sommariamente

inventariati, se ne può già avere una buona visione d’insieme.

Si può allora valutare il valore del fondo e precisare i lavori da

eseguire.

Il valore di un fondo dipende da criteri estetici, documentari.

Lavori da eseguire:

– conservazione (condizioni)

– restauro

– duplicazione

– catalogazione

In questi campi il conservatore può fare appello ai consigli

di specialisti.

J E A N - H E N R Y P A P I L L O U D

M E D I A T E C A D E L V A L L E S E , M A R T I G N Y

< Vendemmia, Visperterminen, verso il 1947.

Provins, Mediateca del Vallese, Martigny

1 0 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Fin dall’invenzione della fotografia, la fragilità e la limitata sta-bilità dei fototipi (negativi o positivi) preoccuparono i fotografi iquali si sforzarono non solo di analizzare le cause delle molte-plici alterazioni ma anche di mettere a punto processi fotogra-fici più stabili.Dal 1850, grazie ai lavori di Davanne, Girard, Van Monckovene altri ancora, fu possibile evidenziare due fattori che, ancoraoggi, sono all’origine dei deterioramenti dei fototipi: la qualitàdel trattamento e la conservazione.E, alla fine della seconda guerra mondiale, scienziati americanifissarono una serie di norme per il trattamento e la conserva-zione dei supporti fotografici (negativi e positivi). Applicandoquesti procedimenti di lavoro, è possibile evitare il degrado deidocumenti. E’ altresì opportuno differenziare i fattori d’altera-zione intrinseci da quelli esterni.

Alterazione

Fattori intrinseci d’alterazione –Il trattamento chimico dei supporti fotograficiSe l’immagine è correttamente sviluppata, la buona conservazione

del documento dipende, a questo stadio, dalle ultime due tappe

del ciclo: il fissaggio e il lavaggio.

Quando la copia è immersa nel bagno di fissaggio, nei bianchi e

nelle mezze tinte rimangono dei sali fotosensibili che diventeranno

solubili grazie all’azione del tiosolfato di sodio.

Il lavaggio elimina queste sostanze in una proporzione tanto più

grande quanto più esso si protrae e per quanto il bagno di fissaggio

non abbia una percentuale d’argento superiore alla soglia di

tolleranza. D’altra parte la composizione del fissatore ha un grande

influsso sulla sua futura eliminazione.

Nel caso specifico di un fissatore utilizzato più volte, la copia trat-

terrebbe nello strato di carta e nella gelatina non solo il tiosolfato

residuo ma anche una certa quantità di argento in forma complessa

che si trasformerebbe lentamente in solfuro d’argento. Anche

un lavaggio prolungato non riuscirà ad eliminare questi sali residui,

i quali finiranno con il colorare il negativo, generando una perdita

d’informazione al momento della lettura. L’influenza del tiosolfato

di sodio e di diversi altri composti non potrebbe essere presa

in considerazione senza tenere conto delle condizioni di conserva-

zione. In effetti, parametri quali l’umidità o la temperatura possono

attivare l’alterazione di un fototipo anche se ci si trovasse di fronte

a un tasso modesto di sali residui. Condizioni favorevoli di conser-

vazione tendono ad arrestare l’azione di questi sali.

Fattori esterni d’alterazione –Meccanici, chimici e biochimici

1. Manipolazione azzardata di documentiAlcune regole semplici e una rigorosa disciplina permetterebbero

di evitare un gran numero di alterazioni meccaniche dovute

ad errate manipolazioni umane: segni d’impronte, rotture di lastre,

stampe lacerate o sgualcite, negativi rigati, ecc.

Consigli:

– trasportare i documenti su un vassoio

– imparare a tenere un supporto fotografico con due mani

– indossare guanti di cotone.

– imballare adeguatamente le stampe in occasione di prestiti

o di trasporti.

2. La luceLo spettro visibile della luce (violetto-blu-verde-giallo-arancione-

rosso) si situa su lunghezze d’onda fra i 400 e i 750 nm. Sono

le radiazioni che precedono (ultraviolette) e quelle che seguono

(infrarosse) che determinano principalmente il deterioramento

dei supporti fotografici.

I raggi UV provocano uno scolorimento dello strato immagine

mentre i raggi IR fanno apparire un ingiallimento.

Alterazione e misure di conservazione

M E M O R I A VALTERAZIONE E MISURE DI CONSERVAZIONE

Inoltre, più la lunghezza d’onda è piccola, più essa origina reazioni

importanti nei materiali organici quali cellulosa, collagene, pigmenti

organici, ecc.

Consigli

a) Luce naturale

Per attenuarne gli effetti nefasti, quattro sono le possibili soluzioni:

– le sale d’esposizione devono essere orientate a nord,

– installazione di tende esterne,

– impiego di filtri sulle finestre,

– impiego di supporti provvisti di vetri con protezione UV.

b) Luce artificiale

Lampade incandescenti:

– le lampade con filamento al tungsteno non emettono radiazioni

UV ma provocano una colorazione giallastra come pure una forte

emanazione di calore.

– le lampade alogene (iodio + quarzo) offrono una resa migliore

dei colori ma un’emanazione di calore superiore a quelle al tung-

steno. É utile dotarle di un filtro UV.

Lampade fluorescenti:

Questo tipo di lampada è senza alcun dubbio il meno pericoloso

per i documenti fotografici. Non dimenticare d’istallare un filtro UV

policarbonato.

Le fibre ottiche:

Questa tecnica presenta un sistema di distribuzione di una

sorgente di luce cosiddetta convenzionale mediante un centinaio

o parecchie centinaia di fibre diretti su specifici oggetti o all’interno

di vetrine espositive. Il sistema é conveniente grazie alla sua

caratteristica modulare.

c) Ridurre l’intensità luminosa

– 150 lux per stampe moderne in bianco e nero,

– 50 lux per stampe a colori e per le copie del diciannovesimo

secolo.

d) Limitare la durata d’esposizione

Anziché parlare di durata d’esposizione, è piu esatto utilizzare

il concetto di «dose totale d’esposizione» (DTE).

Tale dose può essere calcolata nel modo seguente: intensità dell’il-

luminamento (lux) moltiplicata per il numero di ore d’esposizione.

Categoria Processo DTE annua

Molto sensibile Fotografie del XIXo secolo 12 000 lux.ore

Fotografie istantanee

Colore cromogeno

Abbastanza Dye Transfert 42 000 lux.ore

sensibile Ilfochrom Classic

Bianco e nero su carta RC

Sensibile Bianco e nero su carta barite 84 000 lux.ore

A mo’ d’esempio, una stampa a colori cromogeni esposta in

un museo aperto 40 ore alla settimana non potrà essere

esposta per più di tre settimane all’anno se illuminata da una

sorgente di luce di 100 lux. (40 x 3 x 100 = 12 000 lux.ore).

3. L’umidità relativaSe è troppo bassa, essa aumenta gli effetti dell’elettricità statica

e provoca screpolature sull’emulsione.

Se troppo alta, si genera un’idrolisi dei coloranti e della gelatina

che favorisce la formazione e in seguito la proliferazione di determi-

nate spore e di alcuni funghi all’interno dell’emulsione.

4. La temperaturaQuesto quarto fattore si combina strettamente con l’umidità rela-

tiva. Una temperatura troppo elevata attacca la gelatina e provoca

dei distacchi dell’emulsione.

Al contrario, una temperatura bassa associata ad un’umidità

relativa adeguata favorisce un notevole allungamento della vita

dei supporti fotografici.

5. L’inquinamentoCi sembra inutile insistere sugli effetti dannosi dell’inquinamento

atmosferico sui supporti fotografici. Alcuni gas, quali l’anidride

solforosa, l’ossido d’azoto, cloruri e i solventi attaccano l’argento

metallico ossidandolo.

Stesso discorso per le particelle solide dell’aria (minerali e orga-

niche) che danneggiano l’emulsione e provocano delle rigature

indelebili.

6. Gli agenti biologiciDeterminati funghi e batteri rappresentano una grave minaccia

per i supporti fotografici. In certe condizioni climatiche sfavorevoli

essi si fissano sullo strato argenteo e distruggono l’immagine.

Consigli:

Quando si acquisiscono documenti fotografici, è utile procedere

ad un attento esame di ogni supporto fotografico onde separare

i pezzi contaminati. Questi ultimi dovranno essere affidati a un

restauratore specializzato il quale procederà a trattamenti fungicidi,

insetticidi e battericidi in auto-clave.

Per quanto concerne i fondi in buono stato, il rispetto delle condi-

zioni di conservazione (temperatura + umidità relativa) rappresenta

la miglior garanzia contro ogni agente biologico.

7. L’incendio e l’inondazioneQuesti due fattori di distruzione, spesso irrimediabile, sono

strettamente legati alla scelta e alla concezione dei siti adibiti

all’archiviazione. Cantine e soffitte sono da evitare!

1 1R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

< Supporti fotografici rovinati.

Foto: ISCP, Neuchâtel

1 2 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

1 3R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VALTERAZIONE E MISURE DI CONSERVAZIONE

Misure di conservazione

Lo spazio d’archiviazione si compone di una serie di sale (conserva-

zione più consultazione) rispondenti alle norme di conservazione

ISO. Tale struttura permette di tenere costantemente sotto controllo

i seguenti parametri: igrometria, temperatura, illuminazione, parti-

celle organiche e minerali, inquinamento atmosferico.

Materiale e manipolazioniL’insieme del materiale di conservazione (buste – scatole –

contenitori, ecc.) deve essere scelto con cura evitando la presenza

dei seguenti prodotti:

– materie plastiche contenenti solventi volatili o di natura

igroscopica quali i policloruri di vinile

– metalli perossidabili

– buste di carta cristallo (acidità + presenza di cellofan)

– carta ricca di lignina

– carta con acidità residua superiore a pH 6

– colle, in particolare colle acriliche

– nastri adesivi (presenza di solventi)

– bande di caucciù (presenza di zolfo)

– pitture e vernici fresche

– arredi e telai in legno resinoso.

I fototipi devono essere spostati su vassoi. Le manipolazioni

devono essere limitate allo stretto necessario ed eseguite

con guanti di cotone. Particolare attenzione dovrà essere riservata

all’acquisto del materiale di imballaggio da farsi presso fornitori

specializzati.

Spazi per l’archiviazione di lunga durataI fototipi saranno suddivisi in tre distinti settori a seconda del tipo di

processo fotografico e dei componenti chimici spesso incompatibili.

1. i nitrati

2. i supporti fotografici in bianco e nero

3. il colore

Un dispositivo generale per la climatizzazione regola con precisione

il livello igrometrico e la temperatura di ogni sala secondo la tabella

seguente:

1. Nitrati 12°C +/–1°C 45% U.R. +/–5%

2. Support i fotografici in b/n 20°C +/–1°C 35% U.R. +/–5%

3. Colore 0°C 30% U.R. +/–5%

La tabella seguente mostra come la vita dei supporti fotografici a

colori si allunghi in funzione dell’abbassamento della temperatura:

Temp. d’archiviazione Fattore

24°C 1 x t

19°C 2 x t

12°C 5 x t

7°C 10 x t

–10°C 100 x t

–26°C 1000 x t

L’abbassamento della temperatura al di sotto di 0°C è troppo

oneroso. Inoltre le condizioni di lavoro sarebbero troppo difficili per

il personale preposto. Ecco perché, nella pratica, viene general-

mente adottata una soluzione intermedia (13°C).

Composizione dell’ariaLa climatizzazione deve utilizzare l’aria esterna dopo averla fatta

passare attraverso tre tipi di filtri: un aerosol d’acqua, un filtro

a carbone attivo e un filtro a lana di vetro e sostanze plastiche com-

presse.

Nei locali riservati alla conservazione è consigliata una leggera

sovrapressione dell’ 8%.

Arredi e imballaggi dei fototipi1. Negativi flessibili e lastre in bianco e nero

Questi fototipi vengono conservati, dopo la pulitura e l’analisi

(restauro se necessario), in buste in carta fabbricata con stracci di

cotone puro (carta permanente) e prive di colle a base di solventi.

L’insieme negativo/busta viene collocato in una scatola in cartone

neutro o in un contenitore in alluminio anodizzato.

2. Negativi a colori

I negativi internegativi e le diapositive a colori vengono conservati

in buste in Mylar tipo D, un materiale del tutto inerte e trasparente.

3. Stampe in bianco e nero e a colori

Le stampe sono dapprima fissate su un cartone permanente con

una brachetta in carta giapponese. Esse vengono poi conservate in

scatole per l’archiviazione realizzate in cartone con pH neutro.

LuceNegli spazi per l’archiviazione bisognerà effettuare dei controlli

scrupolosi delle emissioni ultraviolette e dell’emanazione di calore

dall’impianto di illuminazione.

Ispezioni e controlliLo spazio d’archiviazione deve essere regolarmente ispezionato

e controllato al fine di rilevare o di identificare qualunque anomalia

(sicurezza dei locali, macchie di acqua, polvere, eccetera).

Contemporaneamente i fondi dovranno essere oggetto di sondaggi

periodici allo scopo di controllare il loro stato di salute e di reagire

prontamente e in maniera adeguata in caso di improvvisi deteriora-

menti, come ad esempio l’esalazione di gas (emanazione d’acido

nitrico o di odore d’aceto nel caso di fondi su supporti al nitrato

o all’acetato). Le condizioni climatiche dovranno anch’esse essere

rilevate settimanalmente mediante l’istallazione di uno o più

termoigrografi.

C H R I S T O P H E B R A N D T

I S C P – I S T I T U T O S V I Z Z E R O P E R L A C O N S E R V A Z I O N E

D E L L A F O T O G R A F I A , N E U C H Â T E L

< Fondo Pierre Hirt.

Foto: Museo storico di La

Neuveville, La Neuveville

1 4 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Il restauro, un’operazione delicata

Il restauro costituisce il momento metodologico del riconosci-mento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nellabipolarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione alfuturo. Cesare Brandi

Conservare – restaurare

La pratica quotidiana dei conservatori/restauratori segue ai nostri

giorni una metodologia d’intervento comune all’insieme delle

discipline della conservazione dei beni culturali. Il restauro sia delle

vecchie fotografie sia di quelle moderne richiede una competenza

artistica, una formazione scientifica e una buona conoscenza della

storia della fotografia e della storia dell’arte.

Eseguito all’origine dagli stessi fotografi sulle loro stampe, il

restauro è diventato oggi una professione completamente auto-

noma. Infatti, gli interventi eseguiti nel passato, come per esempio

il trattamento dei dagherrotipi in una soluzione di tiourea, non

sono più compatibili con le regole deontologiche della professione.

Simili trattamenti, spettacolari a priori, modificano e rovinano

in maniera definitiva la struttura argentea dei supporti fotografici.

Essi sono d’altro canto irreversibili, ciò che li rende inaccettabili

secondo l’etica della professione.

I metodi e le tecniche di conservazione messe in atto per la

salvaguardia delle collezioni fotografiche si basano in parte sulle

conoscenze che abbiamo dei meccanismi del deterioramento,

ma sono soprattutto legate alla comprensione che abbiamo acqui-

sito di questo media.

Nel corso degli ultimi centocinquant’anni una «storia dello sguardo»

si è materializzata e fissata attraverso diversi tipi di supporti che

costituiscono a loro volta una storia di procedimenti. La fotografia

si trova dunque ad operare costantemente in una duplice dimen-

sione: come sistema di rappresentazione specifico e come oggetto/

materia particolarmente fragile se riferito alla sua stabilità chimica.

Ogni fototipo è dunque costituito da un supporto (carta, cuoio,

vetro, metallo, poliestere o altro) e da un legante (amido, albumina,

arrow-root, collodio, gomma arabica, gelatina) contenente in

sospensione alogeni d’argento o pigmenti come per esempio il

carbone.

Il primo compito del conservatore/restauratore consiste nell’identi-

ficare ogni copia. È risaputo, in effetti, che esistono più di cento

procedimenti per arrivare alla realizzazione di un’immagine foto-

grafica.

L’identificazione di un supporto fotografico si ottiene con l’aiuto di

un binoculare, con una luce radente o riflessa e inoltre con reagenti

a base d’acqua o alcol oppure con uno spettrometro a fluore-

scenza-X.

Ogni fototipo è così documentato, i fattori del deterioramento ana-

lizzati e discussi. Dopo la definizione dello stato di salute e dopo

aver reinserito il supporto fotografico nel suo contesto storico, è

possibile formulare una diagnosi e proporre i trattamenti necessari.

Questa proposta scritta che definisce, in maniera chiara, la natura

degli interventi come pure i loro costi è sottoposta all’approvazione

della direzione dell’istituto, la quale darà poi formalmente il nulla

osta o chiederà una controproposta.

Il risultato di questi interventi, se realizzati, sarà in seguito reper-

toriato in un protocollo di restauro il quale sarà poi consegnato

all’istituto interessato. L’insieme di questi dati permetterà

di seguire l’evoluzione fisica dell’oggetto nel corso degli anni

e, perché no, di ripensare la problematica da un altro punto di vista

e forse con nuove tecniche.

1 5R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VI L R E S TAU RO , UN ’ O P E R A Z I ON E D E L I C ATA

I pochi laboratori di restauro di documenti fotografici oggi esistenti

in Europa effettuano soprattutto trattamenti di salvaguardia (analisi

dei supporti, ricostruzione di parti mancanti, consolidamento,

duplicazione, isolazione) che rispettano il principio della reversi-

bilità. Vi è dunque una chiara presa di posizione: non è per il

momento auspicabile intraprendere interventi di restauro chimico

i cui risultati permangono aleatori. Questi metodi, interessanti

sul piano sperimentale, offrono risultati talvolta spettacolari ma

rimettono radicalmente in causa il principio della reversibilità

dei trattamenti, che rimane l’elemento centrale della carta inter-

nazionale del restauro.

E’ dunque di rigore la massima prudenza. La conservazione/restau-

razione delle copie fotografiche è una disciplina recente che consi-

ste soprattutto nel prendere in esame le alterazioni, nell’analizzare

e nel capire i fattori di degrado, nello stabilizzare le copie foto-

grafiche e nel promuovere metodi di conservazione preventiva.

C H R I S T O P H E B R A N D T

I S C P – I S T I T U T O S V I Z Z E R O P E R L A C O N S E R V A Z I O N E

D E L L A F O T O G R A F I A , N E U C H Â T E L

< Ambrotipo in fase di restauro.

Foto: ISCP, Neuchâtel

Restauro del Fondo Roberto Donetta, prima e dopo.

Foto: Fondazione Archivio Donetta, Corzoneso

1 6 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

può via via rappresentare un valore estetico per lo storico dell’arte

e lo storico della fotografia, un valore di documento per lo storico

e un valore d’uso per l’editore che tenterà di stamparla.

L’apporto delle nuove tecnologie libera il conservatore/restauratore

da difficili compromessi e lo autorizza ad intervenire in due fasi

successive e a due livelli, quello della conservazione e restaura-

zione e quello della restituzione. Prendiamo, come esempio, il caso

di una collezione di negativi su lastre di vetro di cui parecchi esem-

plari sono rotti. Il restauro di lastre di vetro rotte è un campo com-

plesso e ingrato perché, aldilà dei minuziosi interventi del restaura-

tore (assemblaggio di un puzzle con apposite colle con un indice

di rifrazione vicino a quello del vetro), l’incrinatura continuerà

ad essere visibile sulla stampa sottoform a di un sottile filamento

nero. L’entrata in scena delle nuove tecnologie permette dunque

di formulare la seguente proposta: in una prima fase, gli sforzi per

una conservazione preventiva verranno intensificati imballando

questi negativi in apposite scatole realizzate con materiali specifici

(cartone a pH neutro senza sbiancante ottico, senza fungicidi,

ecc.) e nelle quali ogni pezzo sarà minuziosamente sistemato onde

evitare qualsiasi sfregamento e contatto con l’altro. L’insieme

di questi supporti verranno tenuti in un locale di conservazione con

condizioni climatiche (igrometria e temperatura) adeguate.

Una volta prese queste misure, il conservatore/restauratore potrà

allora intervenire sull’immagine dell’artefatto mediante la digitaliz-

zazione e procedere a un certo numero di manipolazioni totalmente

virtuali e senza pericoli per il supporto originale. Nel nostro

caso, il ricorso a un programma per il trattamento d’immagine

di tipo Photoshop permetterà di cancellare sullo schermo la traccia

lasciata dall’incrinatura e, in seguito, di produrre un nuovo negativo

sulla base di questa restituzione.

E’ importante che il trattamento digitale delle fotografie venga

considerato dai professionisti della conservazione come un mezzo

Dal restauro alla ricostruzione

L’avvento delle nuove tecnologie, in particolare il trattamentodigitale dei documenti fotografici, ha avuto una prima, dupliceconseguenza: quella di imporre una definizione della fotografiacome bene culturale e quella di un ritorno alla semantica perdefinire il senso e la finalità degli interventi di conservazione/restauro.

Se l’equilibrio dichiarato e difeso da Cesare Brandi fra la dimen-

sione estetica e la dimensione storica di un bene culturale si è alla

fine imposto come un’evidenza, le cose non andarono di certo sem-

pre così nel passato. Nel secolo scorso alcune scuole di restauro

misero l’accento sull’una o sull’altra visione. Privilegiando il valore

estetico di un’opera, il tempo era sacrificato e sopravviveva unica-

mente la volontà di ricostruire un’ipotetica realtà, come una sorta

di stato originale. La valorizzazione della dimensione storica rein-

trodusse il tempo, quello che fissa l’attimo della creazione, quello

che scorre e che consuma conferendo all’oggetto la sua autenticità,

quel tempo che lascia le tracce delle varie funzioni che l’oggetto

ha avuto nel corso dei decenni o dei secoli.

Alois Riegl, un professore viennese incaricato all’inizio del secolo

di fissare le regole per la protezione del patrimonio, proponeva

di valutare un bene culturale in funzione dei quattro valori seguenti:

il valore estetico, il valore storico, il valore d’antichità e il valore

d’uso. Invece di privilegiare l’uno o l’altro di questi valori, il conser-

vatore/restauratore dei nostri giorni tende alla ricerca di un equili-

brio fra i suddetti quattro poli. Tale equilibrio varierà a seconda che

si abbia a che fare con il restauro di mobili, di film o di libri, dato

che il valore d’uso di questi beni culturali non è lo stesso. Per esem-

pio, una fotografia di Robert Frank intitolata «Mary and Pablo

at 53 East S.» del 1951 e raffigurante la moglie e il figlio dell’artista,

L’impiego delle nuove tecnologie

1 7R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VL ’ I M P I EGO D E L L E NUOV E T ECNO LOG I E

a loro disposizione e che non deleghino ad altri questo tipo d’inter-

vento, con il pretesto di difficoltà d’adattamento alla nuova tecnica

o per disprezzo per quello che non è più un restauro ma una restitu-

zione.

Nel lasciare la responsabilità delle nuove tecnologie nelle mani

di organismi essenzialmente tecnici e scientifici, vi è oggi il rischio

di lasciar credere che la trascrizione digitale di una fotografia possa

e debba con il tempo sostituire il bene culturale.

Il conservatore/restauratore, grazie alla sua formazione sul piano

etico, alla sua aperta visione dell’oggetto fotografico inteso

come bene culturale, al suo gusto per il patrimonio artistico, alla

sua capacità nel distinguere lo spostamento semantico che va

dal «restaurare al restituire-riparare-ricostituire-ricostruire» è senza

alcun dubbio colui che meglio di chiunque altro è in grado di

presentare con sensibilità e discernimento delle proposte visuali.

Fra queste, si può ipotizzare che, per esigenze espositive

o editoriali, si presenti la stampa originale su carta albuminosa,

completamente ingiallita e scolorita affiancata dalla sua restitu-

zione digitale, nella forma di due o tre distinti stadi.

Tale nuovo atteggiamento privilegerà e rispetterà l’oggetto

originale, lasciando nel contempo la porta aperta a qualsiasi ipotesi

critica ed audace, ma senza pericolo per le collezioni.

I concetti e le definizioni che abbiamo appena sviluppato hanno

come campo d’applicazione la fotografia del diciannovesimo

e di una parte del ventesimo secolo, collezioni che con l’avvento

delle nuove tecniche, sono improvvisamente diventate espressione

della preistoria dell’immagine ai sali d’argento.

La fotografia a colori, a causa per esempio dello scolorimento

di certi supporti, pone nuovi problemi quali l’assenza di tecniche

artigianali di restauro e la conseguente necessaria messa a

punto di mezzi digitali in grado di ricostituire, tanto per fare un

esempio, il colore delle foglie in primavera o in autunno. Il

trattamento di diapositive alterate accentua l’importanza dello

spostamento semantico, con il passaggio dalla restituzione

alla ricostituzione, che porta il bene culturale a conservare ancora

una piccola presenza fisica pur avendo perso la maggior parte

della sua materia.

Oggi, il novanta per cento delle immagini sono realizzate su un sup-

porto digitale. L’immagine digitale é passata dallo statuto interme-

diario di strumento a quello di un media a pieno titolo. I valori e gli

impieghi ne sono stati sconvolti. Il concetto stesso di copia fotogra-

fica originale ne risulta parzialmente modificato, come pure tutte le

definizioni che abbiamo appena formulate per descrivere gli inter-

venti legati alla conservazione degli incunaboli dei primi cento cin-

quant’anni della fotografia.

C H R I S T O P H E B R A N D T

I S C P – I S T I T U T O S V I Z Z E R O P E R L A C O N S E R V A Z I O N E

D E L L A F O T O G R A F I A , N E U C H Â T E L

< Restauro del Fondo Carlo Ponti.

Foto: ISCP, Neuchâtel

Negativo su vetro alterato.

Foto: ISCP, Neuchâtel

1 8 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Le copie analogiche in bianco e nero, per il loro carattere fisico-chimico, sono sottoposte a una serie di procedimenti (fabbri-cazione – trattamento chimico – lavaggio – stampa) che favori-scono la produzione di copie stabili la cui perennità ne risultaassicurata. Tutt’altro é il discorso attorno alla stabilitàdelle copie a colori che, fin dalla loro invenzione, sono motivodi grande preoccupazione e di inquietudine per tutti coloroche hanno a che fare con esse, conservatori, bibliotecari, archi-visti e galleristi.In effetti, se si esclude una piccola percentuale di copie stam-pate secondo procedimenti specifici quali il «Dye transfert,il carbone tricromo Fresson, l’Ilfochrome», la maggior partedelle copie è stampata su supporti che i risultati dei testd’invecchiamento qualificano come «fragili».

Di fronte a questa inquietante constatazione, l’avvento dell’imma-

gine digitale costituisce, sia per i conservatori quanto per i fotografi

e gli artisti, una strada nuova da esplorare. Sul piano pratico, la

realizzazione di stampe a partire da un file digitale è possibile nei

due modi seguenti:

– Il primo metodo consiste nel trasferire i dati (ottenuti con la

digitalizzazione di un negativo o di una diapositiva) ad un ingran-

ditore digitale che stamperà la copia su un supporto argenteo

classico (RA4 oppure Ilfochrome). Questa soluzione non offre

sostanziali vantaggi dal punto di vista della perennità delle copie,

salvo il caso particolare dell’Ilfochrome.

– La seconda soluzione consiste nelle tecniche digitali (stampa

mediante sublimazione termica, stampa mediante trasferimento

di calore, stampa mediante copia elettrostatica) fra le quali la

stampa a getto d’inchiostro è senza alcun dubbio la più promet-

tente. L’informazione digitale viene trasferita a una stampante

a getto d’inchiostro. L’evoluzione e i costanti progressi di questa

tecnologia lasciano intravedere a breve termine numerosi van-

taggi, fra i quali la scelta del tipo di grana del supporto e la scelta

della gamma cromatica o della gamma bianco e nera.

La fabbricazione di supporti in carta di alta qualità (norme ISO

11798) é il risultato di una tecnologia perfettamente a punto. Oggi

si possono trovare sul mercato dei tipi di carta chiamati Fine Art

e fabbricati da ditte specializzate da tempo nella produzione

di carta per l’edizione di incisioni o di stampe. Rimane il problema

della stabilità dei pigmenti nella complessa struttura della

stampante (finezza e fluidità dei coloranti, numero degli ugelli

d’iniezione, tempo d’asciugatura, interazione inchiostro/fibra).

Nonostante i numerosi fattori da prendere in considerazione

e le difficoltà ancora da risolvere (stabilità per rapporto alla luce,

resistenza all’inquinamento e agli schizzi d’inchiostro, influenza

dell’umidità relativa e della temperatura), si può tranquillamente

affermare che questa tecnica di stampa é in costante progresso

e che oggi può essere considerata affidabile. Essa favorisce

lo sviluppo della fotografia nell’ottica di una sempre maggiore

stabilità e di un impiego più raffinato del media.

La stampa digitale apre grandi prospettive di sviluppo per la

fotografia in bianco e nero e per quella a colori Fotografi e artisti

troveranno in questa tecnologia una maggiore libertà per quanto

concerne i formati, che saranno meno limitati, per la scelta della

grana (opaca, semi-opaca, semi-lucida, lucida) del supporto – sia

esso opaco o trasparente – come pure per la composizione

e la padronanza della gamma cromatica o della gamma in bianco

e nero che ciascuno potrà definire in tutte le sue sfumature.

C H R I S T O P H B R A N D T

I S C P – I S T I T U T O S V I Z Z E R O P E R L A C O N S E R V A Z I O N E

D E L L A F O T O G R A F I A , N E U C H Â T E L

La stampa digitale in bianco e nero e a colori

LA STAMPA DIGITALE IN BIANCO E NERO E A COLORI< Fondo Pierre Hirt.

Foto: Museo storico di La

Neuveville, La Neuville

1 9R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A V

Foto: Museo alpino svizzero, Berna

2 0 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Eseguita dai fotografi fin dall’invenzione del procedimento,la riproduzione dei documenti fotografici sottostà ad alcuniprincipi di base: genere d’illuminazione, tipo di luce, contrastodel soggetto, scelta e trattamento dell’emulsione. Ed ogni volta,lo scopo mirato è il rispetto delle caratteristiche dell’originale,e cioè della gamma cromatica, del contrasto e della tonalità.

La riproduzione analogica sta oggi scomparendo a beneficio

della tecnologia digitale. Gli apparecchi fotografici (dal piccolo al

grande formato) rimangono gli stessi ma sono dotati di sensori. La

rapidità, la qualità e il controllo dell’inquadratura sono eccezionali

e solamente il prezzo d’acquisto può ancora giustificare il ricorso

a una tecnica che si può oramai definire quella del secolo scorso.

Il ricorso alla tecnica analogica è giustificata solamente per

il bianco e nero per avere a disposizione una matrice affidabile

e facile da conservare. Non appena si passa al colore, il ricorso al

digitale è caldamente consigliato, vista la precaria stabilità delle

copie a colori. E’ dunque l’archiviazione dei dati digitali l’odierno

problema chiave onde assicurare la perennità dei dati.

Praticata dai fotografi fin dall’invenzione del procedimento, la

riproduzione analogica di documenti fotografici deve rispondere ad

alcuni principi basilari: tipo d’illuminazione, tipo di luce, contrasto

del soggetto, scelta e trattamento dell’emulsione. In ogni circo-

stanza lo scopo prefisso è il rispetto delle caratteristiche dell’origi-

nale, e cioè la gamma cromatica, il contrasto, la tonalità.

In pratica la riproduzione viene realizzata in uno spazio apposita-

mente attrezzato chiamato studio. Si tratta di un locale le cui pareti

devono essere di colore nero opaco alfine di limitare l’effetto di

elementi riflettenti o colorati. L’apparecchio fotografico viene

fissato su uno stativo per la riproduzione verticale nel caso

di documenti di piccolo formato (da 10x15 a 50x65cm) o orizzon-

tale per i documenti più grandi (da 70x100 a 250x350 cm). Attual-

mente la maggior parte dei fotografi utilizza per l’illuminazione

il flash elettronico, una tecnica rispettosa delle varie tappe

del processo grafico (riproduzione – fotolitografia – stampa) grazie

soprattutto all’affidabilità della qualità della luce e della tempera-

tura colore che può essere tenuta sotto controllo per mezzo di

un colorimetro termico.

FormatiIn funzione dell’obiettivo da raggiungere, la riproduzione puó

essere attuata per mezzo di apparecchi diversi, corrispondenti ai

vari formati: 24x36mm, 6x6 cm, 6x9 cm, 10x12.5 cm (4x5 inch),

20x25 cm (8x10 inch).

Il piccolo formato (24x36mm) viene riservato per le necessità

di una documentazione (stampa su carta) o di una conferenza

(diapositiva per proiezione). Se si richiedono maggiori parametri

di precisione, è necessario aumentare la superficie del negativo

o della diapositiva e passare quindi dal piccolo formato a quello

medio (4,5x6 cm, 6x6 cm, 6x9 cm) mentre per esigenze editoriali

si passerà ai formati superiori: 10x12.5 cm (4x5 inch) e 20x25 cm

(8x10 inch).

OtticaGli obiettivi di riproduzione di cui dispongono gli apparecchi pro-

fessionali sono detti «apocromatici». Ciò significa che sono dotati

La riproduzione analogica

2 1R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VL A R I P RODU Z I ON E ANA LOG I C A

di lenti disposte simmetricamente al fine di rispettare la rappresen-

tazione ortogonale del soggetto (assenza di deformazione) come

pure l’insieme della gamma cromatica. Ogni obiettivo è oggetto

di verifiche che permetteranno di definire il diaframma ideale per

una definizione ottimale.

FilmSia che si utilizzi una pellicola in bianco e nero oppure una

a colori, ciò che conta è la capacità di risoluzione del film. Questa

definizione viene espressa in quantità di linee per millimetro.

I film in bianco e nero, sempre meno numerosi sul mercato, ver-

ranno scelti in funzione della loro capacità di registrare il maggior

numero di dati. Dopo essere stati esposti, dopo aver verificato

il contrasto del soggetto e dell’emulsione nella fase dello sviluppo,

questi film verranno sottoposti a un trattamento d’archiviazione

mirante ad assicurare loro una perfetta stabilità.

Per quanto concerne le emulsioni a colori, la scelta è relativamente

limitata giacché la riproduzione è di regola realizzata su supporti

invertibili corrispondenti al trattamento E-6. Si ottengono in tal

modo delle diapositive di qualsiasi formato le quali, grazie alla loro

qualità cromatica, dovrebbero rispettare nei migliori dei modi i

parametri dell’originale. Il difetto principale dei film trattati secondo

il procedimento E-6 sta nella loro scarsa stabilità nel tempo.

Diverse perizie effettuate parlano di una durata da quaranta a

sessant’anni a seconda delle condizioni di conservazione.

Sempre nel campo della riproduzione, ma nell’ottica della preserva-

zione, è necessario accennare a un’emulsione molto particolare:

il film a colori Ilfochrome Micrographic. E’ una pellicola molto

stabile e ad altissima risoluzione. In realtà essa costituisce una

copia di sicurezza e di preservazione. Il suo maggior difetto consi-

ste nel suo impiego molto difficile, sia nella fase dell’esposizione

che in quella del trattamento. E’ quindi consigliabile affidare

il lavoro a un laboratorio specializzato in questo campo, in grado

di svolgere e garantire tutte le fasi dell’operazione.

L’era digitaleLa riproduzione analogica sta scomparendo ovunque ed é oramai

considerata come una tecnica del secolo scorso, non foss’altro che

a causa della cessazione della produzione dei materiali necessari. Il

suo posto é stato occupato dalla tecnologia digitale. Gli apparecchi

fotografici (di medio e di grande formato) sono per conseguenza

stati parzialmente modificati e equipaggiati di dorsi muniti di

sensori digitali in grado di fornire files da 150 a 300 mb.

La rapidità, la qualità e il controllo dell’insieme dei parametri dello

scatto rispondono non solo alle più alte esigenze professionali

ma sono pure in contatto istantaneo con la catena grafica e con le

applicazioni nel web.

La riproduzione viene realizzata in studio, un locale dalle pareti

dipinte di nero, con un’illuminazione composta da due o quattro

< Conservazione del Fondo Michel.

Foto: Museo svizzero dell’apparecchio fotografico, Vevey

Simone Blanc.

Foto: Fondo Simon Glasson, Museo della Gruyère, Bulle

flash elettronici. La possibilità di «modellare» la luce permette

risultati molto differenti da quelli che si ottengono mediante

la digitalizzazione con lo scanner il quale agisce un po’ come una

fotocopiatrice.

Il ricorso alla tecnica analogica potrebbe giustificarsi unicamente

nel caso del bianco e nero alfine di disporre di una matrice

affidabile e facile da conservare. Non appena si passa al colore,

il problema della conservazione è tale che è fortemente consigliato

il ricorso alla tecnologia digitale. É dunque l’archiviazione delle

informazioni digitali il problema oggi ricorrente per assicurare la

perennità dei metadati.

C H R I S T O P H E B R A N D T

I S C P – I S T I T U T O S V I Z Z E R O P E R L A C O N S E R V A Z I O N E

D E L L A F O T O G R A F I A , N E U C H Â T E L

2 2 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

La digitalizzazione delle fotografie, mediante la creazionedi copie, ha parecchie funzioni. Prima di tutto, le caratteristichedelle copie digitali permettono una loro ampia e facile diffu-sione, che oltrepassa considerevolmente l’ambito della saladi consultazione. In secondo luogo, la copia digitale proteggel’originale dalle manipolazioni che possono essere numerosee maldestre e infine lo preserva dagli sbalzi climatici allor-quando viene conservato in un ambiente climatizzato a bassatemperatura e a debole igrometria.

I costi della digitalizzazione sono diventati più ragionevoli. Tuttavia

se l’acquisto di un’infrastruttura professionale per la digitalizza-

zione é finanziariamente più accessibile, l’investimento nelle

risorse umane non ha subito alcuna evoluzione ed é quest’ultima

la voce di bilancio più importante nel quadro di un progetto di

digitalizzazione. In secondo piano, ma non per questo da trascu-

rare, vi é il problema della sicurezza delle immagini digitali che

necessita ancora d’importanti investimenti. Proprio per ragioni

di sicurezza bisognerà provvedere alla moltiplicazione delle copie

e talvolta anche delle tecniche di back-up, affinché almeno una

versione digitale sopravviva …

I vantaggi della digitalizzazione delle immagini sono evidente-

mente innegabili; tuttavia l’adozione di questa tecnica e la sua inte-

grazione non possono non solo fare a meno della conservazione

degli originali, ma bisognerà ancora assicurare la perennità dei dati

elettronici.

Cos’è un’immagine digitale?

L’immagine digitale è costituita da una matrice di punti immagine

chiamati «pixels»1. La sua qualità dipende da quattro parametri:

– la risoluzione che, espressa in «ppi» («pixel per inch», ossia

«punti per pollice»), misura la finezza dell’immagine.

– il formato, ossia la dimensione fisica che influisce sulla scelta

della risoluzione. Il formato viene generalmente espresso in pixel,

ma pure in millimetri o centimetri per l’uscita della stampante.

– il campionamento che, espresso in numero di bit2, è la condi-

zione per una buona resa dei colori (1 bit equivale a 2 toni, 8 bit

a 256 toni, 16 bit a 65536 toni, e via di seguito),

– la colorimetria: l’immagine composta di luce (colori additivi)

richiede 3 colori: il Rosso, il Verde e il Blu (RVB o modo RGB)3.

L’immagine composta di tinte (colori sottrattivi), in uso nella

stampa, necessita da parte sua di 4 colori: il Ciano, il Magenta,

il Giallo e il Nero (CMGN o modo CMYK).

La riproduzione digitale

1 Contrazione dell’inglese «picture element».

2 Contrazione dell’inglese «binary digit».

3 Grazie al programma Photoshop® e al profilo ICC dell’immagine digitalizzata secondo

la modalità RGB, quest’ultima può facilmente essere convertita nel modo CMYK

per le necessità di una tipografia.

2 3R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VL A R I P RODU Z I ON E D I G I TA L E

Le attrezzature periferiche

Esistono parecchie attrezzature per la digitalizzazione dell’imma-

gine: scanner manuale, scanner piano, scanner a tamburo, appa-

recchio fotografico digitale, ecc. Lo scanner piano che permette il

trattamento di documenti flessibili o rigidi, è quello che meglio si

presta alla digitalizzazione di documenti fotografici. Per i docu-

menti fotografici di grandi dimensioni, bisogna talvolta far ricorso a

una fotocamera professionale di grande formato dotata di un dorso

digitale.

Simile ad una fotocopiatrice, lo scanner piano funziona per mezzo

di una barra di sensori fotosensibili (sensori «CCD»4) la quale

scorre sopra l’immagine e trasforma le variazioni di luce in segnali

elettrici.

I fabbricanti propongono diversi tipi di scanner, differenti per qua-

lità e prezzo, a dipendenza della risoluzione ottica (numero di ppi),

della resa dei colori (numero di bit), della focale, delle possibilità

(per esempio: digitalizzazione di foto opache o trasparenti), dei

programmi forniti, ecc. L’impiego di uno scanner professionale –

indispensabile nel campo che ci interessa – richiede personale

competente.

Conviene dunque verificare l’importanza dei fondi e delle collezioni

da digitalizzare per valutare se è opportuno procedere a un

investimento per una digitalizzazione in loco o se viceversa non

sia preferibile affidare l’incarico a un laboratorio specializzato.

Scelta, quest’ultima, che bisognerebbe preferire perché, anche se

la digitalizzazione é oramai un’operazione anodina, digitalizzare

in maniera professionale rimane comunque un mestiere.

Gli aspetti tecnici

1. GeneralitàLa digitalizzazione di un’immagine consente sia di preservare l’ori-

ginale, sia di favorire la comunicazione dell’informazione. Evidente-

mente è possibile prendere in considerazione un unico impiego.

Se una collezione di fotografie è fisicamente e chimicamente stabi-

lizzata per un’adeguata conservazione, perché non procedere

alla digitalizzazione con il solo scopo di gestire la collezione,

o unicamente per metterla in rete, o magari per la pura e semplice

pubblicazione di un catalogo? I criteri richiesti per la digitalizza-

zione potranno allora essere meno severi che non per una digitaliz-

zazione per ragioni di sicurezza o di salvaguardia.

Prima di intraprendere qualsiasi digitalizzazione, conviene determi-

narne con rigore gli obiettivi. Si vuole facilitare l’accesso al fondo?

Si vuole metterlo in rete? Preparare una mostra? Rendere più sicuro

un fondo di tipo documentaristico? Una volta chiaramente definiti

gli obiettivi della digitalizzazione, sarà l’uso a fissarne i criteri

tecnici.

Nel caso di progetti di comunicazione, una bassa o una media riso-

luzione saranno sufficienti per la consultazione in rete, e spetterà al

responsabile del sito fissare le caratteristiche tecniche della digita-

lizzazione. Nel caso dell’edizione di un catalogo o di qualunque

altra pubblicazione, spetta alla tipografia decidere sul formato e

sulla risoluzione.

Al contrario, nell’ambito di progetti di salvaguardia o di sicurezza,

sarà necessario trarre il maggior numero di informazioni dall’origi-

nale. Le esigenze della digitalizzazione saranno allora molto

più rigorose. La realizzazione di una copia di salvaguardia o di

sicurezza risponde a criteri oggi collaudati.

D’altra parte, il progetto di salvaguardia o di sicurezza non

dovrebbe limitarsi a rendere più sicuri gli originali, ma deve essere

accompagnato da un progetto di comunicazione. A partire dalle

copie di salvaguardia o di sicurezza verranno conseguentemente

generate copie di lavoro destinate alla gestione della collezione,

o ulteriori copie destinate alla diffusione.

2. Alcuni dati tecniciNegativi o diapositive: La grana della maggior parte delle foto-

grafie risponde alla norma DIN 18 la quale definisce la risoluzione

di un negativo o di una diapositiva in 500 linee per centimetro,

l’equivalente di circa 1200 ppi per un’immagine digitalizzata. Tale

risoluzione è tuttavia insufficiente per negativi e positivi di piccole

dimensioni (24x36mm). La risoluzione della digitalizzazione viene

fissata in funzione dell’uso, nel rispetto però del minimo richiesto

per l’archiviazione (vedi tabella).

Stampe: la stampa è il risultato finale del lavoro del fotografo o

dell’artista. Conviene dunque rispettare tale volontà e digitalizzare

la stampa nel formato 1:1. In generale una stampa viene digitaliz-

zata a 600 ppi, addirittura a 900 ppi per le stampe di piccole

dimensioni (vedi tabella). Le copie risalenti al XIX secolo come pure

le stampe virate del XX secolo sono digitalizzate a colori in modo

tale da rispettare la loro tonalità.

Il bianco e nero: i documenti in bianco e nero sono in realtà compo-

sti da diverse sfumature di grigio. Anche se l’occhio umano non

distingue più di un centinaio di tonalità di grigio, la precisione del

campionamento deve essere ottimale allo scopo di conservare

il maggior numero di informazioni. Il loro campionamento è dunque

fissato in 16 bit, pari a 65 536 tonalità di grigio.

Il colore: la digitalizzazione delle immagini a colori a scopo d’archi-

viazione viene effettuata secondo il metodo RGB per un campiona-

mento di 24 bit (oltre 16 milioni di colori), ossia 8 bit per ogni colore

di base.

3. La creazione della copia di sicurezza o di salvaguardiaLa copia di sicurezza5 é solo un duplicato, fedelmente digitalizzato

dell’originale in scala 1:1, nel formato standard TIFF6 senza alcuna

compressione suscettibile di alterarne i dati, e destinato a permet-

< Cavalli in piazza per la stima, Divisione 4, Lucerna, 1914–18.

Foto: Buchter, Archivio federale svizzero, Berna

4 Dall’inglese «Charged-coupled device».

5 Sicurezza non significa automaticamente che la copia è stata resa più sicura! L’alto

potenziale d’informazioni contenute in questa copia esige che essa venga conservata

su un supporto informatico di sicurezza (Vedi: «L’archiviazione dei files digitali»).

6 Dall’inglese «Tagged Image File Format».

2 4 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VL A R I P RODU Z I ON E D I G I TA L E

2 5R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

tere la conservazione del maggior numero possibile di informazioni

contenute nell’originale.

Se si dispone sia del negativo sia della stampa, purché quest’ultima

sia una stampa contemporanea del negativo (vintage), la copia

di sicurezza verrà realizzata a partire dalla stampa. La copia di sicu-

rezza non viene mai teletrasmessa per consultazione ed è messa

su un supporto affidabile.

La copia di sicurezza viene chiamata «grezza»: non le viene imposta

nessuna nuova inquadratura né alcun ritocco che potrebbero alte-

rare il potenziale d’informazione dell’originale.

Potrebbe rivelarsi interessante produrre e conservare una seconda

copia di sicurezza, stavolta ritoccata, dalla quale trarre automatica-

mente le copie di lavoro. In caso di cambiamento degli standard

delle copie di lavoro, queste ultime verranno eliminate. Le copie di

sicurezza «ritoccate» sono utilizzate per automatizzare la realizza-

zione della nuova generazione di copie di lavoro.

Risoluzione d’acquisizioneFormati originali: negativi + diapositive Risoluzione minima

24 x 36 mm 4800 ppi

6 x 6 cm 2000 ppi

6 x 9 cm 2000 ppi

9 x 13 cm 1500 ppi

10 x 15 cm 1200 ppi

4 x 5 inch 1200 ppi

13 x 18 cm 1200 ppi

18 x 24 cm e piú 800 ppi

Formati originali: stampe Risoluzione minima

9 x 13 cm 900 ppi

10 x 15 cm 900 ppi

13 x 18 cm 600 ppi

18 x 24 cm e piú grandi 600 ppi

Modalità d’acquisizioneMetodo Campionamento Standard Formato

Negativo b/n Tonalità di grigio 16 bits TIFF 100%

Negativo colore RGB 24 bits TIFF 100%

Lastra in vetro Tonalità di grigio 16 bits TIFF 100%

Diapositiva RGB 24 bits TIFF 100%

Stamba b/n Tonalità di grigio 16 bits TIFF 100%

Stampa colore RGB 24 bits TIFF 100%

Stampa XIX sec. RGB 24 bits TIFF 100%

Stampe virate RGB 24 bits TIFF 100%

Per scrupolo di fedeltà all’originale, la catena di produzione

«scanner – schermo – stampante» deve anch’essa rispondere agli

standard di qualità professionale in materia di rispetto dei colori.

É la ragione per la quale ciascun elemento della catena

dovrà essere campionato in maniera precisa affinché l’immagine

che appare sullo schermo e l’immagine stampata presentino le

medesime caratteristiche tonali dell’originale.

Fonti per la digitalizzazione delle fotografie – 2006

Berkeley Digital Library SunSITE – Digitizing Images and Text:

http://sunsite.berkeley.edu/Imaging/

Conservation OnLine (CoOL) – Digital Imaging:

http://palimpsest.stanford.edu/bytopic/imaging/

Forum Bestandserhaltung – Digitalisierung:

http://www.uni.muenster.de/Forum-Bestandserhaltung/

konversion/digi.html

Landesarchiv Baden-Württemberg – Digitalisierung

von Archiv- und Bibliothekgut:

http://www.landesarchiv-bw-de/sixcms/detail.php?template=

hp_artikel&id2=6625&sprache=de

Ministère de la Culture et de la Communication de France – Comité

scientifique pour la documentation informatisée et multimédia du

Conseil ministériel de la recherche – Numérisation du patrimoine

culturel:

http://www.culture.gouv.fr/culture/mrt/numerisation/index.htm

Ministerial Network for Valorising Activities in Digitalisation

(Minerva) – Guide des bonnes pratiques:

http://www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/

goodpract/document/bonnespratiques1_3.pdf

Portail International Archivistique Francophone (PIAF) – Formation

– Module 09 Reproduction par microfilmage et numérisation:

http://www.piaf-archives.org/sections/formation/module_09

Organisation Internationale de la Francophonie – BiblioDoc.Franco-

phonie.org – Actualités – Dossier – La Numérisation:

http://bibliodoc.francophonie.org/article.php3?id_articcle=197

Safeguarding European photographic images for access (Sepia) –

Publications:

http://www.knaw.nl/ecpa/sepia/publications.html

J O Ë L A E B Y

A R C H I V I O F E D E R A L E S V I Z Z E R O , B E R N A

< Duckheim, Katharina, nata nel 1809, von Hilgert a Nassau,

concubina di Bartholomäus Ackermann, anni 1852–53.

Foto: Buchter, Archivio federale svizzero, Berna

26 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

a 120 Megabyte al secondo. In confronto agli ultimi anni, il prezzo

degli apparecchi di registrazione e di riproduzione é rimasto stabile

e oscilla fra i 1000 e i 6000 franchi. I prezzi delle cassette sono

invece calati di circa la metà e variano oggi fra i 50 e i 200 franchi.

Visto che questa è una tendenza che sembra confermarsi, i supporti

magnetici saranno probabilmente ancora per molti anni i più

vantaggiosi (rapporto prezzo-Megabyte).

La vita dei nastri magnetici in cassette ha una durata limitata.

Essi devono obbligatoriamente essere conservati in condizioni

climatiche adeguate e venir ribobinati di tanto in tanto, nonché

ricopiati all’incirca ogni 5 anni.1

Vantaggi

– Grande capacità di memoria

– Stabilità e sicurezza soddisfacenti

– Costi contenuti

Svantaggi

– Possibili danni meccanici

– Nessun accesso diretto; è possibile unicamente una lettura

sequenziale

– Ricerca lenta nell’archivio

– Manutenzione indispensabile ogni qualche anno al fine

di garantire la preservazione dei dati

– Apparecchi di registrazione e di riproduzione relativamente

costosi

– Robotizzazione molto costosa

Le collezioni e i fondi digitali o digitalizzati si presentano sottoforma di files molto adatti per essere archiviati in tutta sicu-rezza. É tuttavia necessario disporre di un numero sufficientedi esemplari supplementari e assicurarsi che i dati rimanganoleggibili anche nel tempo.

Si può ritenere che 1000 immagini occupino mediamente da 50

a 100 Gigabyte, cifre certamente non trascurabili. Un negativo

13x18 cm, digitalizzato a 1200 dpi e 8 bit «produce» un file di circa

55 Megabyte, uno a 16 bit un file di 110 Megabyte e un negativo

a colori, a 24 bit, uno di 165 Megabyte. A questa copia di sicurezza

si devono aggiungere ancora alcune centinaia di chilobyte delle

due copie di lavoro.

Anche se i supporti disponibili sul mercato sono numerosi, non tutti

sono adatti all’archiviazione. I migliori sono senza ombra di dubbio

i supporti magnetici e i supporti ottici.

Supporti magneticiI supporti magnetici più adatti all’archiviazione sono i nastri

magnetici in cassetta, destinati in modo particolare alla salvaguar-

dia dei dati elettronici. Attualmente le tecnologie più interessanti

sono l’LTO-2 oppure l’LTO-3, lo DDLT, l’AIT-3 e l’AIT 3592. Molti

fabbricanti hanno in previsione di mettere sul mercato ancora que-

st’anno nuove tecnologie come l’LTO-4, l’AIT-5 o il DLT-4S.

La loro attuale capacità di memoria varia da 100 a 400 Gigabyte

per una velocità di trasferimento compresa fra i 20 e gli 80 Mega-

byte al secondo. Entro la fine dell’anno si prevedono aumenti della

capacità di archiviazione fino a 800 Megabyte per nastro e fino

L’archivazione dei files digitali

2 7R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VL ’ A R CH I VA Z I ON E D E I F I L E S D I G I TA L I

Supporti otticiI DVD hanno, di fatto, soppiantato i CD-R e questo non solo

grazie alla loro capacità di archiviazione ben sette volte maggiore.

Il vertiginoso aumento della diffusione dei DVD ha avuto quale

conseguenza la drastica riduzione del loro costo. DVD vergini di

qualità superiore costano circa dai 3 ai 5 franchi. Esattamente

come per i DVD vergini, anche i prezzi degli apparecchi registratori

sono diminuiti. La maggior parte dei modelli sono oramai sul

mercato per meno di 100 franchi.

Mentre i CD-R si basano su di un unico standard, nel settore dei

DVD si assiste invece a un pullulare incontrollato degli standards.

Accanto ai DVD+ e ai DVD–, registrabili una o più volte, il mercato

offre anche dei DVD a doppio strato (double layer) con una capacità

di archiviazione quasi raddoppiata (8.5 Gigabyte).

Tuttavia il problema della compatibilità rimane irrisolto. Anche

se un apparecchio registratore DVD accetta tutti gli standards, non

è invece del tutto garantito che un apparecchio di registrazione

o riproduzione di un altro fabbricante possa leggere il disco inte-

gralmente e senza errori. Le soglie di tolleranza sono fissate ad un

livello nettamente inferiore che non nel caso dei CD-R. La velocità

d’incisione esercita anch’essa un’influenza sulla qualità del DVD

inciso. E spesso i fabbricanti consigliano marche di dischi vergini

che si adattano ai loro apparecchi registratori. In generale, è meglio

essere prudenti se si vogliono evitare problemi d’incompatibilità.

Per essere certi della qualità, è dunque assolutamente necessario

procedere a rigorose operazioni come la realizzazione di più copie

o la verifica dei dati incisi.

La durata di conservazione dei media ottici rimane tuttora un

problema controverso1. Citiamo il CD-R Preservation Gold o il DVD

Preservation Gold della Kodak i quali, secondo il fabbricante,

avrebbero una durata di 100 anni e più se conservati in condizioni

favorevoli2. La loro diffusione è comunque limitata.

I dischi Blu-ray e i DVD HD hanno fatto quest’anno la loro appari-

zione sul mercato nel settore dei divertimenti. É probabile che fini-

ranno con il prendere il posto degli attuali DVD nel campo dell’ar-

chiviazione di dati. Tuttavia i supporti registrabili rimangono difficili

da trovare e i prezzi degli apparecchi registratori e riproduttori

come quelli dei dischi vergini rimangono ancora alquanto alti.

1 Non sono unicamente i supporti a invecchiare, ma anche i formati dei files.

Quelli maggiormente problematici sono i formati proprietari, non liberi, che possono

essere letti unicamente con il programma e il sistema operativo corrispondente.

Una verifica periodica dei dati archiviati in formati di files problematici e la loro

conversione in un formato più adeguato fa parte dei compiti importanti di una

buona conservazione.

2 Sulla durata e sull’utilità dei CD e dei DVD a scopo d’archiviazione, vedi:

«US-Forscher kämpfen gegen digitale Vergesslichkeit», in c’t, 10.12.2004,

http://www.heise.de/newsticker/meldung/print/54145.

< Profughi dalla Francia, Giura, 18 giugno 1940.

Foto: Tièche, Archivio federale svizzero, Berna

Internati francesi, Spahis, Giura, 22 giugno 1940.

Foto: Steiner, Archivio federale svizzero, Berna

Vantaggi del DVD– Accesso diretto ai dati

– Buona velocità di trasferimento

– Prezzi vantaggiosi dei registratori DVD

– Robotizzazione a costi contenuti

Svantaggi del DVD– Limitata capacità di archiviazione

– Numero eccessivo di standards

– Possibili danni (manca un contenitore di protezione)

– Lentezza dell’incisione

U R S M E Y E R , J O E L A E B Y

A R C H I V I O F E D E R A L E S V I Z Z E R O , B E R N A

Le fotografie sono conservate allo scopo di essere visionate,trasmesse e utilizzate. Da alcuni anni la consultazione degliarchivi non è più riservata a pochi utenti e i conservatori assi-stono a un aumento di richieste di vario tipo alle quali devonoin un modo o nell’altro dar seguito. Se non desidera essereoberato di lavoro, il responsabile di una collezione non può piùassumersi il ruolo di intermediario fra i documenti e gli utenti;ma deve cercare di mettere a disposizione dei suoi «clienti»strumenti di ricerca che permettano loro di muoversi autono-mamente nella collezione.D’altra parte, l’aumento considerevole di richieste d’utilizza-zione delle fotografie in tutti campi (editoria, Internet, mostre)richiede l’adozione di regole per il prestito che tengano contosia dei criteri di conservazione dei documenti che dellagestione dei diritti delle fotografie.

Strumenti di ricerca

Gli archivi dei fotografi o delle collezioni pubbliche o private, sono

dotati di sistemi più o meno efficaci per accedere alle immagini.

In generale al momento della sua costituzione il fondo viene orga-

nizzato in funzione dei bisogni del suo creatore. Spesso riservato

all’uso di una sola persona, esso è dunque principalmente basato

sulla memoria. L’accesso avviene attraverso la consultazione

diretta dei documenti. Non appena la consultazione si estende,

diventa necessario, pur nel rispetto dell’organizzazione originaria,

dotare il fondo di strumenti di ricerca più trasparenti e più efficaci.

E’ utile ricordare che qualsiasi facilitazione introdotta nellatrasmissione dei documenti non dovrà in nessun caso provo-care un deterioramento o una messa in pericolo degli originali.

Unità di catalogazioneGli strumenti di ricerca dovranno essere più o meno perfezionati

secondo le dimensioni del fondo e dei mezzi a disposizione. Essi

vanno dalla descrizione sommaria d’insieme al catalogo dettagliato

Accesso e fruizione

28 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VACC E SSO E F RU I Z I ON E< Raymond Schmid e il suo assistente, Sion, 1932.

Raymond Schmid, Bourgeoisie de Sion, Mediateca

del Vallese – Martigny

di ciascuna unità. Gli inventari o le liste analitiche, siano essi mano-

scritti, dattiloscritti o informatizzati, consentono un accesso prelimi-

nare ai documenti; tuttavia, nel caso in cui non consentissero una

ricerca su più fondi, essi dovranno essere completati, al più presto,

mediante cataloghi.

Si pone allora il problema della scelta dell’unità di catalogazione.Essa potrà essere rappresentata da:

– una fotografia (una copia originale unica)

– una serie di fotografie (reportage, insieme monotematico, ecc.)

– un vasto insieme tematico

Benché esistano tuttora cataloghi sotto forma di schede, i più

recenti sono informatizzati. Varie sono le opzioni a disposizione.

A seconda delle scelte fatte, esistono più opzioni di programmi

e di organizzazione delle banche dati.

I programmi– programmi di banche dati in commercio: ne esistono moltissimi.

I più conosciuti dal grande pubblico sono l’Access e il Filemaker.

Se, da un lato, consentono una rapida, efficace e poco onerosa

creazione di una banca dati di medie dimensioni, dall’altro

necessitano d’interventi mirati per poter migrare sulle versioni

più recenti e sollevano interrogativi sulla loro perennità.

– programmi istituzionali: alcuni istituti hanno adattato un pro-

gramma di banca dati alle proprie esigenze.

– programmi specifici: creati da importanti istituti specializzati

nella documentazione, parecchi programmi specifici per il tratta-

mento di documenti possono pure accogliere dati riguardanti

i fondi fotografici. È il caso dei programmi VTLS (RERO),

ALEPH (Svizzera tedesca), ecc. Anche se l’immissione di dati

non è molto agile e presenta limitazioni più significative che non

negli altri sistemi, il loro principale vantaggio consiste in

un’accessibilità migliore e in una certa garanzia di perennità

(migrazione preso in conto).

Il contenuto delle banche datiUna banca dati è strutturata in modo da ricevere tutte le infor-

mazioni che si vogliono immettere. Due sono le filosofie che si

dividono il campo:

– banche dati specifiche: i programmi sul mercato o quelli creati

appositamente da un istituto consentono ad ognuno di organiz-

zare a suo piacere i dati. Il vantaggio è evidente perché così

vengono soddisfatti i bisogni specifici. Per quanto concerne gli

inconvenienti, essi sono legati alle capacità di chi ha concepito

il progetto, ai problemi in caso di migrazione e alle maggiori

difficoltà che si incontrano nel realizzare cataloghi collettivi.

– banche dati standard: parecchi sistemi propongonodegli standard

per la gestione di dati documentari. Fra i più importanti citiamo:

– ISBD: nato nel mondo bibliotecario; la parte «non-libri» è stata

sviluppata.

– AFNOR: adattamento della norma ISBD.

– ISAD (G): sviluppata per gli archivi.

– Dublin Core: norma internazionale minima.

Anche se gli standard di descrizione bibliografica che consentono

un’identificazione obiettiva e univoca di un documento tendono ad

avvicinarsi, non si può dire lo stesso per l’indicizzazione.

L’indicizzazioneL’accesso alle fotografie in funzione del loro soggetto o del loro

tema è al centro di un ampio dibattito. In questo campo la standar-

dizzazione è meno avanzata e ognuno ha la tendenza a far ricorso

chi al proprio thesaurus, chi al proprio indice. Esistono parecchi

linguaggi documentari che tentano di normalizzare -in generale

o limitatamente a un settore- i termini impiegati per la descrizione

di un documento. Citiamo, senza voler essere esaurienti:

– LCSH (Library of Congress Subject Headings)

– Rameau (generico, derivato dal LCSH per merito di Laval;

serve come base per il RERO

– Garnier (thesaurus iconografico, soprattutto per il medioevo)

– Iconclass (sistema di classificazione iconografica)

Le principali biblioteche nazionali europee, fra le quali la Biblioteca

nazionale svizzera, puntano attualmente all’elaborazione di un

sistema d’indicizzazione multilingue.

Mentre l’evoluzione e la flessibilità dei sistemi informatici hanno

favorito la nascita di sistemi adattati alle esigenze degli istituti, la

necessità di un minimo di continuità così come le possibilità offerte

da Internet tenderebbero invece a rafforzare una certa standardiz-

zazione.

Le informazioni in reteGrazie ad Internet è oggi possibile consultare cataloghi in rete e

grazie alle semplificazioni dei sistemi ogni istituto può, se lo desi-

dera, mettere i propri dati a disposizione di un largo pubblico. In

questo ambito incontriamo gli stessi problemi conosciuti per le

operazioni di catalogazione, in particolare quello della scelta fra un

sistema specifico o l’integrazione in un sistema più vasto.

La consultazione delle fotografie

La consultazione dei cataloghi, pur restando la via più utilizzata per

accedere alle immagini, non è sempre soddisfacente in considera-

zione del fatto che si deve sempre passare attraverso la media-

zione, insufficiente, delle parole. E infatti, dopo aver percorso que-

sta prima, indispensabile, tappa, bisogna poter verificare la

pertinenza delle proprie scelte. Ciò che significa dover passare rapi-

damente alla visualizzazione delle immagini. Ora, tenuto conto che

gli originali devono essere manipolati il meno possibile, sono state

sviluppate varie forme di visualizzazione.

Anche se l’istituzione disponesse di un sistema per la visualizza-

zione delle fotografie, un utente potrebbe aver necessità di vedere

l’originale, sia per osservare specifici dettagli dell’immagine, sia per

analizzare le tecniche fotografiche utilizzate dal fotografo.

2 9R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

3 0 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Siccome la manipolazione delle fotografie è la prima causa del loro

degrado, si cercherà di limitare al minimo indispensabile la consul-

tazione degli originali. Chiunque sia l’utente, la consultazione sarà

sempre un’operazione eccezionale da compiere in condizioni rigi-

damente fissate:

– locale apposito per questo servizioevitare le variazioni di temperatura e d’igrometria

– presenza permanente di personale dell’istitutoche manipola i documenti nel rispetto di tutte le precauzioni

d’uso (vassoi, guanti, ecc.)

Situazioni eccezionali quali i lavori di classificazione o di restauro in

corso di un fondo, la gran fragilità dei supporti, ecc. possono por-

tare il conservatore a rifiutare per periodi più o meno lunghi qual-

siasi consultazione di determinati documenti.

La visualizzazione delle immagini– Stampe e provini

Per visualizzare le loro fotografie i fotografi sono soliti realizzare

delle stampe di lavoro o dei provini. Alcuni istituti hanno ripreso

questo sistema relativamente oneroso sotto forma di tavole, di

copie multiple inserite in telai per l’ordinamento o incollate sulle

schede del catalogo.

Se è imperativo conservare a tale scopo i lavori già realizzati, esi-

stono attualmente altri mezzi più economici e più adeguati alla

consultazione.

– Immagini video

Negli anni ottanta si era sviluppata la riproduzione analogica

d’immagini per mezzo di un videodisco registrabile. Questo pro-

cedimento, oramai superato, è stato abbandonato.

– Immagini digitali

L’immagine digitale, dopo aver superato gli inconvenienti di par-

tenza (memorizzazione e velocità di visualizzazione), è diventata

la forma più diffusa per la visualizzazione. In questo senso essa

soddisfa tutti gli obiettivi che si fissano quei conservatori che

vogliono mettere i loro archivi a disposizione del pubblico.

Poiché una digitalizzazione di media o di alta risoluzione richiede

un consistente lavoro di preparazione, le immagini digitali desti-

nate alla consultazione sono in genere derivate dalle copie digi-

tali di lavoro (vedi «La riproduzione digitale»).

Secondo la quantità di immagini a disposizione e l’importanza

accordata ai criteri di ricerca, documentari o visuali, è possibile

scegliere fra due sistemi di visualizzazione.

– Priorità alla ricerca documentaria

L’utente definisce e precisa la sua ricerca con l’aiuto degli stru-

menti tradizionali della documentazione. Quando la sua ricerca

sarà conclusa, potrà dapprima consultare i dati relativi alle imma-

gini selezionate e poi visualizzarle.

– Priorità alla ricerca visuale

A partire da dati bibliografici più limitati e da criteri di ricerca, è

possibile, per mezzo di un visore, visualizzare rapidamente una

gran quantità d’immagini.

– Ricerca automatica

Allo scopo di diminuire o anche di fare a meno delle costose ope-

razioni di indicizzazione, vengono fatte ricerche per definire un

trattamento automatico delle immagini.

3 1R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

M E M O R I A VACC E SSO E F RU I Z I ON E

Il prestito e l’esposizione

La trasmissione di fotografie a terzi pone problemi che il conserva-

tore di archivi fotografici non può ignorare. Egli dovrà in particolare

prestare attenzione ai seguenti punti essenziali:

1. La preservazione degli originali

2. Il rispetto dei contratti che legano il suo istituto al proprietario

dei documenti

3. Il rispetto dei diritti d’autore

Il prestitoPer principio, sono solo ed unicamente le copie a venir trasmesse

a terzi per essere utilizzate. Pertanto si presteranno di preferenza:

– un file digitale

– una riproduzione della fotografia

– una stampa moderna

– l’originale se ciò è assolutamente necessario.

Per ragioni di controllo e di responsabilità il prestito è effettuato

a condizioni sempre e espressamente indicate direttamente con il

fruitore finale della fotografia, se ciò è possibile.

Per qualsiasi prestito di documenti è indispensabile redigere un

contratto nella debita forma. Esso conterrà almeno i seguenti punti:

1. designazione e descrizione particolareggiate dell’oggetto

prestato

2. accertamento dettagliato delle condizioni del documento

(segni, lacerazioni, ecc.)

3. didascalia

4. menzione obbligatoria del fotografo e dell’istituto

5. valore e responsabilità assicurative

6. condizioni finanziarie del prestito (diritti d’autore, spese, ecc.)

7. durata del prestito

8. clausole concernenti eventuali deterioramenti, smarrimenti, ecc.

9. consegna dei documenti giustificativi abituali in una o due copie

(pubblicazione).

In occasione della restituzione dei documenti verrà effettuata

un’attenta verifica e ogni problema verrà immediatamente segna-

lato all’utente che sarà pure avvisato delle eventuali conseguenze.

L’esposizioneConsiderato che le fotografie hanno allo stesso tempo un valore

documentario e un valore artistico, è di regola necessario esporre

le copie originali, in particolare se si tratta di valorizzare il lavoro

dell’autore. Tuttavia è possibile giustificare la presentazione di

copie non originali quando si vuole mettere l’accento sull’aspetto

puramente documentario o quando le condizioni espositive costi-

tuiscono un pericolo per la conservazione delle fotografie.

Il conservatore dell’archivio dovrà essere cosciente del fatto che

esporre una fotografia presenta dei rischi e che tale operazione,

necessaria per la valorizzazione dell’opera, deve essere accompa-

gnata dalle dovute precauzioni. In particolare dovranno essere

rispettati i seguenti punti:

– montaggio in passe-partout e in-quadratura realizzati

in materiale adeguato (non acido);

– quadri conformi e innocui per i documenti;

– speciali precauzioni per il trasporto (protezione fisica,

climatica e chimica);

– protezione contro eventuali danni;

– protezione contro la luce

E’ espressamente raccomandato di fare un duplicato di sicurezza

per le opere esposte. Il duplicato potrà essere contabilizzato nelle

spese relative all’esposizione o al prestito.

Vedi sopra pagine 10–11, Christophe Brandt, «Alterazione e misuredi conservazione».

J E A N - H E N R Y P A P I L L O U D

M E D I A T E C A D E L V A L L E S E – M A R T I G N Y

< Haliburton e il suo elefante sulle tracce d’Annibale

al Gran San Bernardo, 1935.

Foto: Raymond Schmid, Bourgeoisie di Sion,

Mediateca del Vallese – Martigny

3 2 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

SEPIADES (SEPIA Data Element Set) è un modello per ladescrizione di collezioni fotografiche sviluppato nell’ambitodel programma dell’Unione europea SEPIA – SaveguardingEuropean Photographic Images – che affrontava, fra il 1999 eil 2003, il tema della conservazione e della digitalizzazionedi fondi storici fotografici.Dal 2004 SEPIA è una rete indipendente coordinata dallaCommissione europea di conservazione e di accesso, l’ECPA.(Per maggiori informazioni, consultate il sito:http://www.knaw.nl/ecpa/sepia).Ecco un riassunto del modello in questione.

Una buona descrizione è la chiave di ogni collezione. Un catalogo

contiene dati sui vari aspetti di una fotografia e fornisce inoltre altre

informazioni che non concernono direttamente l’oggetto. Non solo

esso permette l’accesso alla fotografia ma ne consente anche la

comprensione.

La preservazione non mira unicamente alla salvaguardia dell’og-

getto; essa ha anche lo scopo di renderlo accessibile. Ecco perchè

il catalogo ha un ruolo cruciale nella preservazione della fotografia.

Senza la sua presenza nel catalogo, la fotografia andrà persa

malgrado tutta la cura posta alla sua salvaguardia. Il rischio

è ancora maggiore nel caso della fotografia digitale: solamente

una buona documentazione sulle caratteristiche tecniche dei

files ne impedirà la loro scomparsa in breve tempo.

I modelli per la descrizione contribuiscono a migliorare la solidità e

il grado di precisione di un catalogo. Nell’era del digitale, la costitu-

zione di standards rende possibile lo scambio di dati con altri isti-

tuti e permette, di fatto, l’accesso a basi di dati comuni.

Le raccomandazioni contenute in SEPIADES per la catalogazione

di collezioni fotografiche forniscono un modello di descrizione

dettagliata e strutturata, senza per questo essere rigida.

Sono solo 21 gli elementi base (core elements) vivamente racco-

mandati, se non addirittura considerati come tassativi per una

descrizione. Le altre indicazioni dipendono invece dalle esigenze

di ogni istituto e hanno quale scopo quello di orientare coloro

che sono interessati a sviluppare determinati aspetti della loro col-

lezione, sia che si tratti di dati amministrativi, di specificità tecniche

o altro ancora.

Il modello SEPIADES può sia completare un modello descrittivo

già esistente aggiungendo specifiche caratteristiche alla fotografia,

sia essere utilizzato come strumento indipendente.

La descrizione a più livelliIdealmente ogni fotografia dovrebbe poter essere catalogata come

un’unità indipendente. Ma una descrizione dell’oggetto-unità è

sovente impossibile per limitazioni di tipo finanziario o umano o a

causa delle dimensioni delle collezioni. Numerosi istituti catalo-

gano a livello di una collezione o di un gruppo di fotografie e ciò

per avere una visione d’insieme preliminare del loro fondo.

Il modello SEPIADES permette invece la descrizione delle collezioni

fotografiche a più livelli. Il più alto è quello dell’istituto, che gestisce

una o più collezioni. Una collezione si compone poi di uno o

più gruppi di oggetti, e per finire ogni collezione o gruppo conta

una o più fotografie. Il modello SEPIADES lascia totale libertà

per creare la propria struttura gerarchica con i livelli e i sotto-livelli

necessari; e inoltre esso fornisce tutti gli elementi per realizzare

un catalogo delle acquisizioni.

SEPIADES: un modello di catalogazione per collezioni fotografiche

M E M O R I A VS E P I A D E S

– Il livello dell’istituto (I = Institute) riunisce le informazioni di

base utili alla collaborazione fra istituti e allo scambio di dati

(indirizzo, nazione, breve descrizione delle collezioni, ecc.)

– Il livello della collezione (C = Collection) identifica un gruppo

di oggetti raccolti da un’unica persona (il/la fotografo/a, il colle-

zionista) o da un istituto, oggetti che possono essere proprietà

della persona o dell’istituto. Gli elementi descrittivi di una colle-

zione inglobano l’amministrazione, la provenienza e l’oggetto

fotografico.

– Il livello del gruppo (G = Grouping) comprende un’insieme

d’immagini fisiche che può essere considerato come una suddivi-

sione di una collezione o di un altro gruppo. Il modello SEPIADES

permette di descrivere un numero illimitato di gruppi e di sotto-

gruppi. Gli elementi di un gruppo inglobano l’amministrazione, la

provenienza e l’oggetto fotografico.

– Il livello della fotografia (S = Single Item) è il livello descrittivo

più dettagliato. Gli elementi descrittivi di una fotografia inglo-

bano l’amministrazione, la provenienza e l’oggetto fotografico.

La caratteristica dell’immagine fotografica sta nelle sue diverse

manifestazioni fisiche (negativo originale, stampa, copia, file

digitale, ecc.) Il modello SEPIADES distingue fra l’oggetto fisico

(physical image) e la sua rappresentazione (visual image):

ne consegue che la scena visibile sulla fotografia è descritta una

sola volta e in seguito messa in rapporto con le sue diverse

manifestazioni fisiche.

– Una delle più importanti funzioni di un catalogo è quella di

fornire informazioni sulla storia e sul contesto di una collezione.

La provenienza è importante sia per la ricerca sia per le questioni

concernenti i diritti. Tali elementi sono descritti in un settore

distinto del catalogo (A = Acquisition).

Gli elementi di baseI 21 elementi base (core elements) del modello SEPIADES corrispon-

dono a uno standard minimo. Esso permette un’adeguata descri-

zione di una collezione fotografica mediante un numero ridotto di

campi o settori. Non tutti gli elementi sono pertinenti; per esempio,

l’elemento «File Format» ha senso solo nel caso di un’immagine

digitale. Riassumendo, si può affermare che ogni elemento base è

raccomandato purché esso sia applicabile.

La descrizione della collezione, sulla base degli elementi SEPIADES,

può essere esportata nel formato Dublin Core (per maggiori infor-

mazioni al riguardo: http://www.dublincore.org).

3 3R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

< Scuola elementare di Corzoneso piano.

Foto: Fondazione Archivio Donetta, Corzoneso

Foto: ISCP, Neuchâtel

3 4 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

Fonti

Klijn, Edwin (ed.). SEPIADES Recommendations for cataloguingphotographic collections: Advisory report by the SEPIA Working

group on Descriptive Models for Photographic Collections. Amster-

dam: European Commission on Preservation and Access, 2003.

(http://www.knaw.nl/ecpa/sepia/workinggroups/wp5/

sepiadestool/sepiadesdef.pdf)

Klijn, Edwin and Lusenet, Yola de. SEPIADES Cataloguingphotographic collections. Amsterdam: European Commission

on Preservation and Access, 2004.

(http://www.knaw.nl/ecpa/publ/pdf/2719.pdf)

P I A I M B A C H F L Ü K I G E R , M E M O R I A V , B E R N

SEPIADES core elements Definizione UsoI A C G S

11. Codice di referenza Insieme di segni chiari e distinti (cifre e/o lettere) che consente l’individuazionedella collezione, del gruppo o dell’oggetto (physical image) x x x

12. Denominazione dell’istituto Nome completo dell’istituto x

13. Codice d’acquisizione Insieme di segni chiari e distinti (cifre e/o lettere) dato dall’istitutoad ogni nuova acquisizione x

14.Luogo (permanente o temporaneo) Luogo dove viene conservata la nuova acquisizione,la collezione, il gruppo o l’oggetto x x x x

15. Descrizione Descrizione generale dell’istituto e delle sue collezioni; descrizione della collezione,del gruppo o del contenuto dell’oggetto (visual image) in forma narrativa(chi, cosa, dove, quando) x x x x

16.Titolo Nome dato dal creatore alla collezione, al gruppo o all’immagine x x x

17. Creatore Persona o entità (organizzazione, agenzia, eccetera) responsabile della creazionedella collezione, del gruppo, dell’oggetto (visual image) x x x

18. Descrittori Termine che descrive il tema della collezione o del gruppo, materia/classificazioneo ciò che si trova sulla fotografia (visual image) x x x

19. Nomi Nomi delle persone o delle entità che hanno rapporti con la collezione, con il gruppoo con l’immagine (visual image) x x x

10. Data Data della pubblicazione e/o dello scatto della fotografia della collezioneo del gruppo; data dello sviluppo dell’immagine (physical image) x x x

11. Luogo geografico Luogo geografico che ha un rapporto con la collezione, con il gruppo. Luogogeografico che situa l’immagine (visual image) che ha un rapporto con quest’ultima x x x

12. Restrizioni all’accesso / copyright Le restrizioni all’accesso concernono i diritti dell’istituto su un’acquisizione,una collezione, un gruppo o l’oggetto (physical image) x x x x

13. Relazioni Specificazione delle relazioni della collezione, del gruppo o dell’oggetto (physicalimage) con altre collezioni, gruppi o oggetti sia all’interno sia all’esterno dell’istituto x x x

14. Descrizione fisica Carattere dell’immagine (physical image); per esempio: copia originale, duplicata, ecc. x

15. Identificazione tecnica Colore, polarità, tipo, supporto x

16. Dimensioni Forma, formato, misure x

17. Tipo di fotografia Denominazione del procedimento chimico o nome commerciale del procedimento x

18. Formato del file Formato del file dell’immagine digitale x

19. Referenze Referenze delle fonti che forniscono informazioni sulla collezione, il gruppoo l’immagine (letteratura, siti web, ecc.) x x x

20. Origini della collezione/ del gruppo Informazioni sulla tematica o sulle caratteristiche fisiche della collezione, del gruppo;per esempio, le basi che sono all’origine della collezione o del gruppo x x

21. Contenuto della collezione/ Genere del materiale della collezione o del gruppo;21. del gruppo o dell’acquisizione descrizione del contenuto dell’acquisizioneI x x x

Fondo Charles Morel. >

Foto: Musée gruérien, Bulle

I = INSTITUTE(livello dell’istituto)

A = ACQUISITION(acquisizione)

C = COLLECTION(livello della collezione)

G = GROUPING(livello del gruppo)

S = SINGLE ITEM(livello della fotografia)

3 5R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

S E P I A D E S COR E E L EMEN TS M E M O R I A V

3 6 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

I diritti d’autoreLe opere fotografiche, quelle cinematografiche e tutte le opere

visuali considerate come creazioni dello spirito individuale sono

protette dalla Legge svizzera sui diritti d’autore (LDA) come pure da

specifici accordi internazionali. L’inesistenza di qualsiasi probabi-

lità che un’altra persona possa aver creato esattamente la stessa

opera basta a conferire a un’opera il carattere dell’individualità.

Tuttavia, in circostanze particolari, può rivelarsi difficile determinare

se un documento è protetto oppure no. Il concetto di diritti d’autore

concerne l’uso dell’opera a scopi commerciali, vale a dire il diritto

di sfruttamento e il diritto morale dell’autore sulla sua opera.

Il diritto di sfruttamento comprende il diritto di riproduzione come

pure il diritto di modificare l’opera, pur rimanendo quest’ultimo

un diritto esclusivo dell’autore. La pubblicazione e lo sfruttamento

di un’opera modificata sono sottoposti all’autorizzazione di que-

st’ultimo fintantoché l’opera rimane sotto protezione. Al contrario,

quando si ha a che fare con una modificazione cosi profonda

da generare una nuova opera indipendente per la quale l’originale

ha svolto unicamente una funzione ispirativa, non è necessario

chiedere l’autorizzazione all’autore dell’opera originale.

Il diritto morale dell’autore sulla sua opera si articola in tre parti:

il riconoscimento del suo statuto di autore; il diritto di decidere in

merito alla divulgazione dell’opera; il diritto di protezione dell’inte-

grità dell’opera. Contrariamente al diritto morale civile (protezione

della personalità), il diritto morale in materia di diritti d’autore

non cessa con la morte dell’autore. Esso può essere invocato dagli

eredi fino alla scadenza del termine di protezione.

In Svizzera, i diritti d’autore sono difesi da diverse società di

gestione (per esempio la ProLitteris) poste sotto la sorveglianza

della Confederazione. Le persone colpevoli di violazione di diritti

d’autore sono perseguibili civilmente o penalmente.

La protezione della personalitàIn linea di principio, secondo il Codice civile svizzero che disciplina

la protezione della personalità, un’immagine può essere pubblicata

unicamente con l’autorizzazione della persona coinvolta. L’auto-

rizzazione dipende pure dalla ragione, dall’interesse e dallo scopo

dell’uso. É possibile però pubblicare il ritratto di un professore

in una rivista scientifica senza il suo consenso in considerazione del

fatto che il suddetto professore può essere considerato come una

personalità pubblica.

É invece necessario richiedere anticipatamente l’autorizzazione

scritta alla persona coinvolta o ai suoi eredi se si tratta di una foto-

grafia proveniente dalla sfera privata o se si tratta di una pubblica-

zione di tipo commerciale. É comunque opportuno informarsi

allorquando si tratta di personalità contemporanee delle quali si

vuole utilizzare l’immagine a scopi pubblicitari o per qualunque

altro prodotto commerciale.

Fotografare una persona e pubblicarne il documento senza

avvertirla può rappresentare una violazione dei diritti in materia di

protezione della personalità. Ecco perché si consiglia di richiedere

un’autorizzazione scritta. La questione è ben diversa se la persona

si trovasse in un luogo o prendesse parte a una manifestazione

pubblica nel corso della quale può aspettarsi di essere fotografata.

Impiego dell’operaSe non eccezionalmente, un’opera protetta dalla legislazione sui

diritti d’autore non può essere utilizzata senza il consenso dell’au-

tore, sia che la pubblicazione avvenga nei media tradizionali sia

in quelli elettronici. L’autore possiede il diritto esclusivo sulla sua

opera, come pure il diritto di far riconoscere il suo statuto di autore.

Ciò significa, in primo luogo, che solo lui può decidere con quale

denominazione d’autore l’opera può essere presentata e, in

secondo luogo, che ha il diritto di essere nominato ogniqualvolta

l’opera è presentata. Inoltre egli può decidere se, quando e come

l’opera può essere impiegata. Può altresì rifiutare la sua autorizza-

zione o accordarla dietro compenso.

La protezione diventa automaticamente effettiva nell’istante in cui

l’opera è creata. Nessun segno specifico è necessario, ma esso può

tutt’al più avere la funzione di avvertire i terzi. In determinati casi,

un’opera protetta può essere utilizzata senza l’autorizzazione degli

aventi diritto. La legislazione sui diritti d’autore parla allora di

limitazioni ai diritti d’autore: si tratta di casi per i quali la protezione

non è assoluta:

– Le opere sono libere da diritti 70 anni dopo il decesso

dell’autore.

– La fruizione di un’opera diventata pubblica per un impiego

privato è libera da diritti; l’impiego privato non implica che terzi

in genere abbiano il diritto di accesso all’opera e di impiego

pubblico della stessa.

– La fruizione nell’ambito di una scuola o da parte della comunità

scientifica è in linea di principio autorizzata (gratuitamente o

con retribuzione a tariffa ridotta).Tuttavia la comunità scientifica

beneficia del diritto di usare la totalità dell’opera mentre in

ambito scolastico il diritto consente unicamente l’uso di estratti

dell’opera. La riproduzione di estratti a scopi di documentazione

interna o nell’ambito di ditte è autorizzata. Di fatto, né la realizza-

zione di una copia di sicurezza né l’impiego di una copia digita-

Diritti e fruizione

M E M O R I A VD I R I T T I E F R U I Z I ON E

lizzata per un catalogo interno concernono i diritti d’autore.

Lo stesso vale per la pubblicazione in un catalogo d’asta, e ciò

fino al momento della vendita effettiva.

Non viene fatta alcuna distinzione fra impiego elettronico e impiego

tradizionale. É tuttavia necessario chiarire la situazione dei diritti

per ogni caso specifico. Per fare un esempio, la pubblicazione di un

documento su Internet non significa che esso diventi disponibile

liberamente. Come nel caso delle pubblicazioni tradizionali, il

proprietario o l’autore deve accordare l’autorizzazione e fissare le

sue condizioni in materia di citazione delle fonti. All’occorrenza,

è necessario versare una somma a titolo di canone d’uso.

Una normativa specifica regola l’impiego privato di documenti su

Internet nel caso in cui determinati siti siano protetti da un codice

e messi a disposizione unicamente di una cerchia conosciuta

di utenti. É possibile proteggere immagini disponibili sul proprio

sito Internet solo fino a un certo punto; per esempio, per mezzo

di filigrane digitali.

Le esigenze della conservazione non sempre sono compatibili con

gli aspetti giuridici. Per esempio, dal punto di vista della conserva-

zione, è sempre auspicabile eseguire una copia di sicurezza. É

tuttavia necessario predisporre un controllo allo scopo di sapere se

quest’ultima sarà pubblicata e, se del caso, dove. Bisogna allora fis-

sare le modalità per la pubblicazione o per il suo impiego, e ciò già

nella fase preparatoria di qualunque progetto di digitalizzazione.

Sarebbe auspicabile scegliere opere per le quali è già giunto a sca-

denza il termine di protezione o delle quali si é entrati in possesso

dei diritti per contratto, per esempio grazie a un atto di donazione.

Al momento dell’acquisizione di documenti iconografici, è necessa-

rio specificare per iscritto quale parte sottostà a quali diritti. Ed

è pure necessario accordarsi in anticipo sulle modalità di consulta-

zione per scopi scientifici con il donatore del fondo o dei docu-

menti. Se i documenti iconografici fanno parte di un fondo di

successione assieme ad altri generi di documenti (documenti

scritti, per esempio), i quali non si possono duplicare senza

il consenso del donatore, degli eredi o di qualunque altra istanza

detentrice dei diritti, tali disposizioni saranno valide anche per

i documenti iconografici.

Si possono trovare, sia nell’ambito di una collezione sia nei depo-

siti di successione degli archivi, fotografie recanti per esempio il

timbro di un’agenzia fotografica o il nome dell’autore della fotogra-

fia. Non si dovrà mai trascurare simili designazioni d’origine, anche

se si è di fronte a un fondo il cui accesso è in linea di massima

libero.

Modalità d’usoÉ consigliabile fissare mediante una convenzione scritta le modalità

per ogni tipo d’impiego di documenti iconografici e di far firmare

detta convenzione dai clienti. Lo si può fare via fax per avere una

risposta rapida ad ogni interrogativo. La convenzione dovrà preferi-

bilmente essere sottoscritta dalle due parti prima della consegna

del documento. Si possono, fra le altre, inserire nella convenzione

le seguenti voci:

– Genere di documenti forniti

– Modalità di consegna

– Eventuali canoni e onorari

– Scopo dell’impiego

– Titolo, data e lingua della pubblicazione

– Durata dell’inserzione o della visualizzazione nel caso di

pubblicazioni elettroniche

– Tiratura

– Dimensioni delle illustrazioni

– Diffusione

– Tipi di media che pubblicano il documento

Inoltre la convenzione serve a definire con chiarezza determinati

aspetti giuridici:

– Indicazione degli aventi diritti sulle fotografie

– Menzione della frequenza dell’impiego

– Rinnovo della richiesta d’autorizzazione per un ulteriore

impiego o per un altro genere d’impiego

– Divieto di trasmettere a terzi

– Rimessa di un documento giustificativo

Di regola ci si accorda sul tipo di fruizione e sui compensi per un

determinato scopo e per un solo e unico impiego. Qualsiasi deroga

deve far oggetto di un accordo scritto. Si potrà poi verificare sulla

base di queste informazioni se gli impegni presi sono stati rispet-

tati. Siccome in Svizzera la rimessa di un documento giustificativo

non è obbligatoria, se ne può far esplicita richiesta al cliente.

Bisogna pure redigere una convenzione scritta nel caso in cui l’uti-

lizzatore faccia delle riprese con un apparecchio digitale.

Non é possibile menzionare il nome dell’autore, dell’istituto e

neppure la segnatura del documento in qualsiasi genere di media.

Per quanto concerne le pubblicazioni elettroniche o nella pubbli-

cità, é necessario tener conto delle esigenze tecniche e dell’impagi-

nazione imposte dal cliente. Bisogna allora trovare in accordo

con il cliente soluzioni praticabili. Su una pagina Internet, tanto per

fare un esempio, si può creare un vincolo con l’avente diritto.

Canoni e onorariSe i diritti d’autore sono estinti, nessun pagamento può più essere

richiesto. Un istituto d’archiviazione può tuttavia percepire onorari

per ricompensare il lavoro di conservazione e i servizi di consul-

tazione e di prestito, sia che si tratti dell’opera originale o di

una copia. Queste entrate possono servire al finanziamento della

preservazione del fondo. Ogni istituto d’archiviazione deve in fin

dei conti stabilire autonomamente se percepire o no degli onorari,

e come saranno calcolati.

Deve altresì scegliere quali documenti potranno essere sfruttati

su base commerciale. Gli archivi e i detentori di collezioni sono

attori a pieno titolo del mercato dell’immagine e hanno per questo

il diritto di percepire onorari sulla base di una giustificazione

commerciale e/o scientifica.

D R . C H R I S T I N E B Ä R T S C H

A R C H I V I O F O T O G R A F I C O D E L L A B I B L I O T E C A D E L

P O L I T E C N I C O F E D E R A L E D I Z U R I G O , Z U R I G O

3 7R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

< Scuola Politecnica Federale di Zurigo, sperimentazione, 1928

Scuola Politecnica Federale di Zurigo, Istituto d’elettrotecnica, 1935

Scuola Politecnica Federale di Zurigo, Dipartimento di chimica, 1916/17

Foto: Biblioteca della Scuola Politecnica Federale, Zurigo

3 8 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

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à la numérisation. (Agfa librairie; vol. 4)

– Le traitement numérique des images. (Agfa librairie; vol. 5)

– A Guide to Digital Photography / Einführung in die digitale

Fotografie / Guide de la photographie numérique.

(Agfa librairie; vol. 6)

– The Secrets of Color Management / Die Geheimnisse des

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– Sepia: To have and to hold: Preservation of photographic

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– Optical Storage Technology Association: www.osta.org

4 0 R A C C O M A N D A Z I O N I F O T O

In caso d’emergenza è necessario intervenire rapidamente ein maniera professionale. Fare ricorso a specialisti della conser-vazione si rivela spesso la giusta scelta alfine di vagliare eseparare i documenti e reagire poi il più velocemente possibile.

Due sono i tipi di catastrofe più frequenti: l’inondazione e l’incen-

dio. Il terremoto rappresenta una minaccia importante ma fortuna-

tamente più rara.

I primi due devono invece essere seriamente presi in considera-

zione allo scopo di predisporre (e fors’anche di esercitare) un

procedimento e un piano d’intervento al quale prenderanno parte

sia il personale dell’istituto sia persone esterne quali pompieri,

membri della protezione civile, restauratori, eccetera.

Il piano d’interventoEsso fornisce a tutti i protagonisti la mappa dei luoghi delle colle-

zioni e dei fondi, le loro rispettive localizzazioni nonchè l’ordine di

priorità del salvataggio. Il documento conterrà la mappa del sito,

piano per piano, la localizzazione degli ascensori, delle scale e dei

corridoi, delle vie d’accesso, dei sistemi di sicurezza e dei codici

d’accesso.

L’incendioÉ soprattutto un problema di prevenzione: i locali devono essere

costruiti con materiali ignifughi e dotati di detettori di fumo. Gli

architetti dovranno altresì provvedere all’istallazione di un sistema

d’estinzione sia a base di gas sia a base d’acqua.

L’inondazioneNel caso purtroppo molto più frequente di un’inondazione, la

rapidità dell’intervento è il fattore principale. Un’inondazione può

essere parziale e puntuale ( nel caso dell’esplosione di una con-

dotta) o generale (la catastrofe naturale). La prima cosa da fare è

togliere i documenti dalle sale riservate alla conservazione se esse

sono state inondate, oppure predisporre degli spazi di lavoro

se l’inondazione è stata parziale. In un primo tempo, i documenti

dovranno essere divisi per categorie. I negativi flessibili in bianco

e nero e a colori (spesso in quantità considerevoli) saranno

risciacquati, accuratamente asciugati e rapidamente congelati in

appositi sacchetti di politene.

Le copie bagnate (bisogna fare molta attenzione nel differenziare

i vari procedimenti chimici) saranno anch’esse asciugate ponendole

su fogli di carta assorbente, la facciata con l’immagine girata verso

l’alto, senza la loro busta o il passe-partout. In caso di necessità

queste fotografie potranno a loro volta essere congelate o messe

ad asciugare all’aria aperta. Una stima della quantità di documenti

da trattare è un’operazione importantissima onde predisporre

un’adeguata logistica e lottare così con successo contro il tempo,

visto che bisognerá ad ogni costo evitare l’idrolisi, e cioè l’attacco

e la distruzione ad opera dell’acqua dello strato riservato all’imma-

gine (carta – emulsione – gelatina). Più l’acqua é temperata,

più questo processo sará rapido. La conseguenza immediata di

un’inondazione è la formazione di micro-organismi e di muffe

che attaccheranno rapidamente i documenti.

Dopo aver domato il sinistro e salvato o stabilizzato i documenti

più fragili, si procede a una valutazione della situazione e si avverti-

ranno le assicurazioni. Più tardi, i documenti congelati o asciugati

all’aria aperta potranno essere trattati secondo tecniche sperimen-

tate per restaurarli, stabilizzarli e imballarli.

Anche le sale adibite alla conservazione dovranno essere ripri-

stinate mediante interventi di prosciugamento, di ventilazione e di

disinfezione.

Interventi in caso di catastrofe

In caso d’emergenza la persona qui nominatavi fornirà volentieri qualsiasi informazione utile:

Christophe Brandt

Istituto svizzero per la conservazione della fotografia

Faubourg de l’Hôpital 14

2000 Neuchâtel

Tel. 032 725 39 55 oppure 079 637 52 30

Fax 032 725 98 57

[email protected]