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NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI STUDIO LEGALE La mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali definitivamente al via dal 20 marzo 2011. Le controversie in materia di contratti assicurativi, bancari e finanziari. ABSTRACT: a seguito di intenso dibattito parlamentare, con il Decreto Mille Proroghe (convertito con Legge di conversione n. 10/2011, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 2011 n. 47) il Governo e il Parlamento hanno definitivamente dato il via alla mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità dell’azione civile. Nelle materie espressamente elencate (tranne che in materia di condominio e di risarcimento danni da incidenti stradali, per le quali la partenza è stata ritardata di 12 mesi) chi vorrà agire in giudizio dovrà previamente e obbligatoriamente instaurare un procedimento di conciliazione secondo quanto disposto dal Dlgs. 4 marzo 2010 n. 28. L’art. 60 della legge 69/2009 conteneva delega al Governo ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e conciliazione delle controversie in ambito civile e commerciale. Con Decreto legislativo in data 4 marzo 2010 n. 28 il Governo ha dato attuazione alla delega dettando una specifica disciplina della “mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”. L’art. 5, comma 1 , dispone che, nelle materie specificamente elencate, tra le quali le cause in materia di contratti assicurativi, bancari e finanziari, il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità dell’azione giudiziale . Nell’imminenza dell’inizio della operatività della norma, ci siamo interrogati su come affrontare la novità. Cercando di mettere un po’ di ordine nella complessa materia, evidenziando alcune criticità e chiedendoci se sia possibile, operando in modo assolutamente corretto, prevenire il cliente nella scelta dell’organismo di conciliazione, anche attraverso la predisposizione di apposite clausole nei contratti quadro.

Mediazione e conciliazione - PDF e conciliazione... · determini uno squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto. 6. - Il procedimento di mediazione – Il procedimento

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NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE

La mediazione finalizzata alla conciliazione

delle controversie civili e commerciali

definitivamente al via dal 20 marzo 2011.

Le controversie in materia di contratti

assicurativi, bancari e finanziari.

ABSTRACT: a seguito di intenso dibattito parlamentare, con il Decreto Mille Proroghe

(convertito con Legge di conversione n. 10/2011, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 26 febbraio

2011 n. 47) il Governo e il Parlamento hanno definitivamente dato il via alla mediazione

obbligatoria quale condizione di procedibilità dell’azione civile. Nelle materie espressamente

elencate (tranne che in materia di condominio e di risarcimento danni da incidenti stradali, per

le quali la partenza è stata ritardata di 12 mesi) chi vorrà agire in giudizio dovrà previamente e

obbligatoriamente instaurare un procedimento di conciliazione secondo quanto disposto dal

Dlgs. 4 marzo 2010 n. 28.

L’art. 60 della legge 69/2009 conteneva delega al Governo ad adottare entro sei mesi dalla

data di entrata in vigore uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e conciliazione

delle controversie in ambito civile e commerciale.

Con Decreto legislativo in data 4 marzo 2010 n. 28 il Governo ha dato attuazione alla delega

dettando una specifica disciplina della “mediazione finalizzata alla conciliazione delle

controversie civili e commerciali”.

L’art. 5, comma 1, dispone che, nelle materie specificamente elencate, tra le quali le cause in

materia di contratti assicurativi, bancari e finanziari, il procedimento di mediazione è

condizione di procedibilità dell’azione giudiziale.

Nell’imminenza dell’inizio della operatività della norma, ci siamo interrogati su come

affrontare la novità. Cercando di mettere un po’ di ordine nella complessa materia,

evidenziando alcune criticità e chiedendoci se sia possibile, operando in modo assolutamente

corretto, prevenire il cliente nella scelta dell’organismo di conciliazione, anche attraverso la

predisposizione di apposite clausole nei contratti quadro.

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INDICE - SOMMARIO: Premessa

1. – Generalità sulla mediazione in materia di contratti bancari e finanziari - L’art. 5, comma 1, del Dlgs. 28/2010 introduce nell’ordinamento un’ipotesi di mediazione extraprocessuale obbligatoria. In materia di contratti bancari e finanziari, il cliente della banca ha la facoltà di scegliere se instaurare il procedimento di mediazione nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010, ovvero – nei rispettivi ambiti di competenza - nelle forme di cui al Dlgs. 179/2007 istitutivo della Camera di Conciliazione e Arbitrato della Consob, o nelle forme del procedimento istituito ai sensi dell’art. 128bis del TUB e della Delibera CICR n. 275/2008 istitutiva dell’Arbitro Bancario Finanziario.

2. - La scelta dell’organismo di Conciliazione – Con riferimento a tutte le controversie per le quali lo svolgimento della mediazione è condizione di procedibilità, comprese quelle in materia finanziaria e bancaria, entrambe le parti possono adire un organismo di conciliazione dalle stesse scelto, purché iscritto negli appositi registri presso il Ministero della Giustizia. La scelta dell’organismo di conciliazione spetta alla parte che si attiva per prima.

3. - La Camera di Conciliazione della Consob - Con riferimento alle controversie insorte tra investitori non professionali ed intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali, l’investitore può adire la Camera di Conciliazione della Consob, ma l’intermediario può prevenirne l’iniziativa, investendo della conciliazione altro organismo ai sensi del Dlgs. 28/2010

4. - L’Arbitro Bancario Finanziario – Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto operazioni e servizi bancari e finanziari, relative a comportamenti successivi al 1° gennaio 2007, il cliente della banca può ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario, purché la somma oggetto di contestazione non sia superiore ai 100.000 euro. La Banca non può evitare il ricorso all’ABF, che rimane proponibile anche successivamente al fallimento di altra procedura conciliativa avviata per iniziativa della stessa.

5. - Clausole contrattuali per la individuazione preventiva dell’Organismo di Conciliazione. Limiti – Le parti possono inserire nei contratti clausole che individuano a priori l’organismo di conciliazione cui rivolgersi in caso di insorgenza di una controversia (art. 5, comma 5°), al fine di predeterminare l’organismo competente. In nessun caso, tuttavia, i clienti della banca possono rinunciare al diritto di ricorrere all’ABF: con riferimento alle controversie che rientrano nella competenza dell’ABF, sarà comunque necessario specificare che l’indicazione dell’organismo di conciliazione competente non osta alla proposizione del ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario da parte del cliente. Nei rapporti con i consumatori, l’indicazione nel contratto quadro dell’organismo di conciliazione potrebbe costituire violazione dell’art. 33, 1° comma, cod. consumo, ove l’individuazione dell’ organismo territorialmente competente determini uno squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto.

6. - Il procedimento di mediazione – Il procedimento di mediazione si svolge senza particolari formalità. Mancata previsione dell’assistenza tecnica dell’avvocato. Cenni sul procedimento davanti alla Camera di Conciliazione della Consob e sull’ABF.

7. - Esito positivo della conciliazione – Il verbale di conciliazione è omologato dal Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo di conciliazione e costituisce titolo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

8. - Mancata conciliazione – L’art. 13 Dlgs. 28/2010 prevede importanti conseguenze sul giudizio civile. La parte che abbia rifiutato la proposta del conciliatore è tenuta pagare le spese del procedimento (a prescindere dalla soccombenza) ove la decisione del giudice sia del tutto coincidente con la proposta conciliativa. L’opportunità della formulazione di una proposta conciliativa in sede di mediazione. Importanza della valutazione del “rischio giuridico” della vertenza fin dalla proposizione del reclamo.

9. - La portata delle dichiarazioni rese nel procedimento di conciliazione – Rischio del formarsi di un convincimento implicito e indiretto in capo al mediatore.

10. - La deduzione di pretese in via riconvenzionale – Una rappresentazione completa della fattispecie al mediatore consente allo stesso di emettere una proposta più aderente alla realtà, evitando anche di rendere sostanzialmente inapplicabile il dettato

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dell’art. 13 Dlgs. 28/2010. 11. - Sintesi conclusiva: cosa e come fare – Di seguito una elencazioni di sintesi delle

ipotesi operative suggerite dalla considerazione di quanto in precedenza.

Premessa.

In un clima di generale incertezza sta per entrare in vigore la c.d.

mediazione obbligatoria. Che, come noto, ha suscitato critiche feroci ed

entusiastiche adesioni. Le une e le altre – nella loro “assolutezza” -

ingiustificate: non intendiamo aggiungere la nostra voce alle une o alle altre.

Ma, partendo dal dato e dagli attuali confini normativi, cercare di vedere come

sia possibile – per una banca e segnatamente per i suoi uffici legali e per i

suoi legali “esterni” – cogliere ciò che c’è di buono ed evitare i più evidenti

rischi.

A tal fine daremo inizialmente una “lettura” di sintesi evidenziando –

doverosamente – aspetti critici e problemi che, in particolare la mediazione in

materia bancaria e finanziaria pone. Cercando quindi di immaginare soluzioni

operative tali da evitare il rischio, certamente presente, che dallo strumento

derivino complicazioni operative, incremento del “rischio giuridico” e aumento

di costi. Determinando, al contrario, una occasione di razionalizzazione

operativa, la reale possibilità di definire le controversie al di fuori e prima di un

giudizio, e, per il caso in cui a ciò non si riesca, di evitare la duplicazione della

attività istruttoria interna con conseguente aumento di costi e di spese.

Al termine del lavoro, alcune indicazioni operative di sintesi, al fine di

individuare concreti comportamenti “contrattuali” che possano ovviare ai

principali rischi, in particolare nell’individuazione dell’organismo di conciliazione

competente.

1.- Generalità su mediazione e contratti bancari finanziari.

L’art. 5, comma 1, del Dlgs. 28/2010 introduce nell’ordinamento un’ipotesi di mediazione extraprocessuale obbligatoria. In materia di contratti bancari e finanziari, il cliente della banca ha la facoltà di scegliere se instaurare il procedimento di mediazione nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010, ovvero – nei rispettivi ambiti di competenza - nelle forme di cui al Dlgs. 179/2007 istitutivo della Camera di Conciliazione e Arbitrato della Consob, o nelle forme del procedimento istituito ai sensi dell’art. 128bis del TUB e della Delibera CICR n. 275/2008 istitutiva dell’Arbitro Bancario Finanziario.

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L’art. 5 comma 1 del Decreto Legislativo 4 marzo 2010 n. 28, emanato in

attuazione dell’art. 60 della legge 69/2009 che delegava il Governo ad adottare

entro sei mesi dalla data di entrata in vigore uno o più decreti legislativi in

materia di mediazione e conciliazione delle controversie in ambito civile e

commerciale1, prevede che “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa

ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione,

successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende,

risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da

responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro

mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari2, è tenuto

preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente

decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo

8 ottobre 2007 n. 179 ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’art.

128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al

decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385, e successive modificazioni, per le

materie ivi regolate”3.

Anche in materia di contratti assicurativi, bancari e finanziari il legislatore

ha dunque previsto l’obbligo, per chi intenda agire in giudizio, di instaurare

preventivamente un procedimento di mediazione finalizzata alla conciliazione

della lite, quale condizione di procedibilità del giudizio.

A partire dal 20 marzo 20114, dunque, le cause in materia di contratti

1 Ai sensi dell’art. 1 Dlgs. 28/2010 (“Attuazione dell’art. 60 della legge 18 giugno 2009 n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”) per “Mediazione” si intende “l’attività comunque denominata svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”. Per “Conciliazione” deve viceversa intendersi il risultato della mediazione stessa, ovvero “la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione”. 2 L’elenco è certamente molto ampio ed anche suscettibile di espansione in via interpretativa: basti pensare al riferimento alle cause relative a diritti reali nelle quali potrebbero essere incluse anche le controversie aventi ad oggetto contratti traslativi di tali diritti, così come la nullità, annullamento, risoluzione degli stessi. 3 Sul concorso e/o alternatività dei procedimenti di conciliazione (nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010, nelle forme di cui al Dlgs. 179/2007 istitutivo della Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob, ovvero nelle forme dell’Arbitrato Bancario Finanziario istituito in attuazione dell’art. 128bis del T.U.B.) si dirà in seguito. 4 Il Dlgs. 4 marzo 2010 n. 28 infatti è entrato in vigore il 15° giorno dalla pubblicazione dello stesso in Gazzetta Ufficiale (n. 53 del 5 marzo 2010), ma l’efficacia della disposizione che prevede la mediazione

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assicurativi, bancari e finanziari dovranno obbligatoriamente essere precedute

da una fase davanti ad un mediatore, pena l’improcedibilità del giudizio5.

L’improcedibilità dovrà essere eccepita o rilevata d’ufficio non oltre la

prima udienza. Ove il procedimento di mediazione non sia stato instaurato, il

giudice dovrà assegnare alle parti un termine di 15 giorni per presentare la

domanda di mediazione, e fissare la successiva udienza dopo la scadenza dei

quattro mesi entro i quali, ai sensi dell’art. 6, il procedimento di mediazione

dovrà concludersi6. Ove il procedimento di mediazione fosse stato instaurato,

ma non ancora concluso, il giudice dovrebbe limitarsi a fissare la data

dell’udienza successiva nel termine di cui all’art. 6.

Il legislatore delegato ha, dunque, con il Decreto Legislativo n. 28/2010,

introdotto una forma di mediazione extraprocessuale obbligatoria7. Tuttavia,

nessuna sanzione è prevista dal legislatore per l’ipotesi che le parti non

instaurino il procedimento di mediazione. In altre parole, ove le parti non

eccepiscano (o eccepiscano fuori termine) il mancato avvio del procedimento di

mediazione, ovvero ove il giudice non rilevi tale mancanza, il processo potrà

proseguire senza conseguenze8.

obbligatoria era stata dal legislatore espressamente posticipata di un anno rispetto all’entrata in vigore della restante parte del provvedimento (art. 24 Dlgs. 28/2010). Per quanto riguarda le controversie in materia di contratti bancari, assicurativi e finanziari, non facendo tali materie parte di quelle per le quali il Decreto Mille Proroghe (così come convertito in legge 10/2011) ha previsto una dilazione di 12 mesi, l’operatività della norma rimane fissata al 20 marzo 2011. 5 All’atto del conferimento dell’incarico l’avvocato deve informare il cliente che, nei casi previsti dalla legge, la proposizione della domanda di mediazione è condizione di procedibilità della causa. In mancanza di tale informazione, il contratto tra difensore e cliente è annullabile. 6 L’art. 6 Dlgs. 28/2010 dispone infatti che: “Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi”. 7 Il Dlgs. 28/2010 ha introdotto sostanzialmente tre diversi tipi di mediazione: a) un procedimento su base volontaria stragiudiziale ed extraprocessuale (con riferimento a tutte le controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili) (art. 2, comma 1); b) un procedimento stragiudiziale ma endoprocessuale (sollecitato cioè dal giudice, ma pur sempre volontario) (art. 5, comma 2); c) una mediazione extraprocessuale obbligatoria, condizione di procedibilità dell’azione (art. 5, comma 1). Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari (che potranno dunque essere richiesti in corso di mediazione o anche in assenza della stessa) (art. 5, comma 3). Inoltre, non v’è obbligo di mediazione nei: a) procedimenti per ingiunzione, b) procedimenti di convalida di sfratto; c) procedimenti possessori; d) procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; e) procedimenti in camera di consiglio; f) nell’azione civile esercitata nel processo penale. 8 Siffatta conclusione si fonda sulla mancata previsione di una specifica sanzione a carico delle parti o sul processo, ma anche sulla considerazione che, in caso di mancata attivazione delle parti, il giudice semplicemente è tenuto a rinviare l’udienza ad altra successiva trascorso il termine di quattro mesi, senza che ciò implichi alcuna ulteriore conseguenza in capo alle parti. Sul punto, cfr. V.AMENDOLAGINE, Alcuni aspetti della mediazione “ vista da vicino”, tra utopia legislativa e prassi quotidiana, in

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Per espressa indicazione normativa (art. 5, comma 1), il procedimento di

mediazione potrà essere instaurato:

a) nelle forme previste dal Dlgs. n. 28/2010;

b) nelle forme del procedimento conciliativo presso la Camera di

Conciliazione e arbitrato per la gestione delle controversie in materia

di violazione degli obblighi di informazione e correttezza e

trasparenza, istituita presso la Consob con Dlgs. 8 ottobre 2007 n.

1799;

c) nelle forme del procedimento istituito ai sensi dell’art. 128bis del TUB

e della Delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008 istitutiva dell’Arbitro

Bancario Finanziario10.

Proprio in materia di contratti bancari e finanziari si pone dunque

innanzitutto il problema del concorso, ovvero della alternatività, delle diverse

forme di conciliazione previste dal legislatore.

Dalla semplice lettura della norma, infatti, sembrerebbe doversi dedurre

che il legislatore abbia considerato le forme della conciliazione avanti alla

Camera della Consob e quelle dell’Arbitrato Bancario Finanziario perfettamente

alternative alla instaurazione del procedimento di conciliazione previsto dal

Dlgs. 28/2010.

Tale alternatività, tuttavia, deve essere correttamente intesa: in altre

parole, il significato della norma deve essere inteso nel senso che tanto

l’instaurazione del procedimento di conciliazione avanti alla Consob, quanto il

ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, comportano l’assolvimento della

condizione di procedibilità prevista dal legislatore con il Dlgs. 28/2010.

In altre parole: che il cliente della banca instauri un procedimento di

www.judicium.it. Del resto, l’inopportunità - in quanto soluzione contraria alla finalità deflativa dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione – di un’interpretazione che ritenga applicabile la sanzione della nullità della sentenza ove pronunciata nonostante il mancato svolgimento del procedimento di mediazione, è ampiamente condivisa con riferimento all’art. 412bis in materia di processo del lavoro. 9 Il regolamento attuativo della Camera di Conciliazione e Arbitrato è posto con Delibera 29 dicembre 2008 n. 16763. I componenti della Camera sono stati nominati con Delibera 29 luglio 2009 n. 16972. 10 La materia è poi regolata dalle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” emanate dalla Banca d’Italia.

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conciliazione nelle forme del Dlgs. 28/2010, che si rivolga alla Camera di

Conciliazione della Consob, che ricorra all’Arbitro Bancario Finanziario, egli avrà

correttamente assolto l’onere di previa instaurazione di un procedimento di

mediazione, con la conseguenza che, terminato lo stesso, potrà rivolgersi

all’autorità giudiziaria per la decisione della controversia.

Ciò che viceversa il legislatore non ha certamente voluto è il

superamento dei limiti di competenza dei diversi organi, limiti che pertanto non

possono certamente ritenersi abrogati dall’art. 5, comma 1.

Di conseguenza, il cliente della banca potrà sì rivolgersi alla Camera di

Conciliazione della Consob ovvero all’ABF, pur sempre però rispettando i limiti

di competenza previsti con riferimento a tali organi.

2. – La scelta dell’organismo di conciliazione – Con riferimento a tutte le controversie per le quali lo svolgimento della mediazione è condizione di procedibilità, comprese quelle in materia finanziaria e bancaria, entrambe le parti possono adire un organismo di conciliazione dalle stesse scelto, purché iscritto negli appositi registri presso il Ministero della Giustizia. La scelta dell’organismo di conciliazione spetta alla parte che si attiva per prima.

Come previsto dal legislatore del 2010, dunque, l’instaurazione di un

procedimento di mediazione è presupposto necessario per la procedibilità della

domanda giudiziale.

In altre parole, ove una parte intenda agire in giudizio, deve innanzitutto

adire un organismo di conciliazione, la cui scelta è innanzitutto rimessa alla

volontà della parte che si attiva per prima.

Il che in concreto si traduce in ciò che:

a) ove sia la banca o l’intermediario ad attivarsi per

l’instaurazione del procedimento di mediazione:

• la banca non può né rivolgersi all’ABF (essendo tale procedimento

sostanzialmente una forma di ricorso avverso la decisione che

l’intermediario abbia assunto in sede di reclamo del cliente), né

presentare istanza per l’attivazione della procedura di conciliazione

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avanti la Camera della Consob (così infatti dispone l’art. 7 del Dlgs.

8 ottobre 2007 n. 179);

• ove sia la banca ad attivarsi per l’instaurazione del procedimento di

mediazione, lo stesso si svolgerà di conseguenza necessariamente

nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010.

Si tratterà, dunque, per la banca di determinare in concreto a quale

organismo di conciliazione rivolgersi, scegliendo tra quelli iscritti nell’apposito

registro presso il Ministero di Giustizia11.

b) ove sia il cliente ad attivarsi per l’instaurazione del

procedimento di mediazione:

• egli potrà, in ogni caso e a prescindere dall’oggetto della

controversia, depositare domanda di conciliazione nelle forme di cui

al Dlgs. 28/2010, determinando in concreto a quale organismo di

conciliazione rivolgersi, scegliendo tra quelli iscritti nell’apposito

registro presso il Ministero di Giustizia scegliendo a quale

organismo di conciliazione. Da segnalare che, al momento della

redazione delle presenti note il “Registro degli organismi di

mediazione” (v.lo in www.giustizia.it), sono operativi 161 organismi

che vanno dal ben noto Conciliatore Bancario alla Camera di

Conciliazione Ionica di Taranto o alla “Conciliazione e Risoluzione

Alternativa delle Controversie s.r.l.” con sede in Costa Masnaga;

• ove si tratti di controversia in materia finanziaria, e si tratti di

11 Si tratta di organismi costituiti da enti pubblici o privati ed iscritti nell’apposito registro istituito presso il Ministero della Giustizia (art. 16 Dlgs. 28/2010). Con Decreto 18 ottobre 2010 n. 180 è stato emanato il Regolamento per la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del Registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi. L’art. 20 del Decreto prevede peraltro che gli organismi già iscritti nel registro previsto dal decreto del Ministro della Giustizia 23 luglio 2004 n. 222, si considerano iscritti di diritto. Il Conciliatore Bancario Finanziario che finora ha operato nel settore delle controversie tra intermediari e clienti, continuerà ad operare. Non si può peraltro trascurare di sottolineare come le caratteristiche del procedimento davanti al Conciliatore Bancario Finanziario siano per molti aspetti contrastanti con quanto oggi previsto dal Dlgs. 28/2010. Si pensi innanzitutto che il procedimento presso il Conciliatore bancario finanziario si caratterizzava per: a) la volontarietà (oggi sarà obbligatorio); 2) la rapidità (era previsto che il procedimento dovesse concludersi in 60 giorni ed oggi potrà durare 4 mesi); 3) la flessibilità nella possibilità di nomina di esperti (prima prevista solo con l’accordo delle parti, ora autonomamente decisa dal mediatore).

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investitore non professionale, potrà presentare istanza volta

all’attivazione della procedura di conciliazione avanti la Camera

della Consob;

• ove si tratti di controversia in materia di operazioni bancarie,

(purché relativa a rapporti non antecedenti al 1° gennaio 2007),

potrà presentare ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario.

Occorre peraltro ricordare che, con riferimento al procedimento di

mediazione previsto dal Dlgs. 28/2010, il legislatore non ha predeterminato

alcun criterio, neppure territoriale, con riferimento alla scelta del mediatore.

Con la conseguenza che nulla vieta alla parte che si attivi per prima di

ricorrere ad un organismo di conciliazione volutamente scomodo per il

convenuto. Tenuto conto, infatti, che, ai sensi dell’art. 11, comma 4, Dlgs.

28/2010, della mancata partecipazione al procedimento di mediazione il

mediatore dovrà dare atto nel verbale nel quale dia altresì atto della proposta

dallo stesso formulata e della mancata accettazione da parte di alcuna delle

parti, pare plausibile che l’attore possa maliziosamente scegliere di instaurare il

procedimento di mediazione in un luogo volutamente scomodo per il

convenuto, che sarà così indotto a non partecipare. Poiché il mediatore

potrebbe formulare ugualmente una proposta di conciliazione, pur nell’assenza

di una delle parti12, ove tale proposta non sia poi accettata dalla parte assente,

si metterebbe quest’ultima nella situazione di subire la “sanzione” di cui

all’art.13, ove la decisione del successivo giudizio sia poi del tutto

corrispondente alla proposta conciliativa13.

12 Non è infatti dalla legge posta nessuna limitazione alla discrezionalità del mediatore quanto alla formulazione della proposta, considerato che, al contrario, proprio l’art. 11, comma 4, sembrerebbe proprio indicare che la formulazione della proposta non sia una facoltà bensì un obbligo per il mediatore. 13 Se è vero, infatti, che ai sensi dell’art. 8, comma 5, il giudice del successivo giudizio può desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116, comma 2, solo nell’ipotesi in cui la mancata partecipazione al procedimento di mediazione sia priva di un giustificato motivo (anche riferibile alla lontananza del luogo della mediazione dalla sede del convenuto), è altrettanto vero che ai fini dell’applicazione dell’art. 13 non pare prevista alcuna discrezionalità in capo al giudice, che dovrebbe porre a carico della parte vittoriosa tutte le spese del giudizio sulla base del semplice presupposto che la sentenza sia di contenuto identico alla proposta formulata dal mediatore (sull’interpretazione dell’art. 13 si veda comunque più ampiamente infra).

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3. – La Camera di conciliazione della Consob – Con riferimento alle controversie insorte tra investitori non professionali ed intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali, l’investitore può adire la Camera di Conciliazione della Consob, ma l’intermediario può prevenirne l’iniziativa, investendo della conciliazione altro organismo ai sensi del Dlgs. 28/2010.

Secondo quanto previsto dal “Regolamento di attuazione del Decreto

legislativo 8 ottobre 2007 n. 179, concernente la Camera di Conciliazione e di

Arbitrato presso la Consob e le relative procedure” (Delibera 29 dicembre 2008

n. 16763), la Camera di Conciliazione e Arbitrato della Consob amministra i

procedimenti di conciliazione e arbitrato con riferimento alle controversie

insorte tra gli investitori (non professionali) e gli intermediari per la violazione

da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza

previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori (art. 4 Delibera 29 dicembre

2008 n. 16763).

Condizioni di ammissibilità dell’istanza di conciliazione, che peraltro può

essere presentata solo dall’investitore e non dall’intermediario, sono:

i) che non sia stata avviata, anche su iniziativa dell’intermediario

altra procedura di conciliazione cui l’investitore abbia già aderito;

ii) che sia già stato presentato reclamo da parte dell’investitore,

reclamo al quale sia stata data risposta negativa ovvero sia

trascorso il termine (normalmente di 90 giorni a meno che

l’intermediario non abbia stabilito un termine più breve) previsto

per la risposta senza che l’intermediario vi abbia provveduto.

In materia finanziaria, dunque, ove il cliente (non professionale) si

determini ad agire in giudizio per far valere la pretesa violazione da parte

dell’intermediario delle norme di trasparenza, correttezza e diligenza a questi

imposte dal TUF, dovrà preventivamente all’instaurazione della lite dar corso

ad un procedimento di conciliazione e ciò potrà fare o nelle forme di cui al

Dlgs. 28/2010, ovvero – ove abbia inutilmente presentato reclamo

all’intermediario – presentando istanza alla Camera di Conciliazione della

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

11

Consob.Tuttavia, l’iniziativa dell’intermediario che, ricevuto il reclamo da parte

del cliente, e non ritenendo di poter soddisfare le richieste di quest’ultimo,

volendo prevenire l’investitore, instauri un procedimento di conciliazione ai

sensi del Dlgs. 28/2010 è in grado di determinare l’inammissibilità dell’istanza

presentata dall’investitore alla Camera di Conciliazione della Consob, ove

l’investitore abbia già aderito all’iniziativa dell’intermediario.

Stando alla disciplina posta dalla Delibera 16763/2008 sembrerebbe

dunque che l’intermediario possa evitare che la conciliazione avvenga avanti la

Camera della Consob, agendo in prevenzione, sempre che l’investitore aderisca

alla conciliazione instaurata dall’intermediario.

Per altro verso, sempre in considerazione di quanto disposto dalla

Delibera 16763/2008, la mancata adesione dell’intermediario alla conciliazione

presso la Camera della Consob non consente alla Procedura conciliativa di

essere avviata (art. 8).

Per valutare le conseguenze, da un lato, della previa instaurazione da

parte dell’intermediario di un procedimento di conciliazione diverso da quello

previsto dalla Delibera Consob 16763/2008, dall’altro, della mancata adesione

dell’intermediario al tentativo di conciliazione instaurato dall’investitore avanti

la Camera della Consob, occorre tuttavia coordinare le norme di settore con

quanto oggi disposto dal Dlgs. 28/2010.

Quanto alla prima ipotesi, innanzitutto: supponiamo che l’intermediario

proponga domanda di mediazione ad un organismo di conciliazione diverso

dalla Consob e comunichi la stessa al cliente.

Supponiamo tuttavia che quest’ultimo non intenda aderire in quanto è

sua intenzione investire del tentativo di conciliazione la Camera di Conciliazione

della Consob.

Secondo quanto previsto dall’art. 8 Dlgs. 28/2010, all’atto della

presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo

designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti, senza che l’adesione

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

12

della parte convenuta rilevi al fine dell’avvio o meno della procedura. L’ultimo

comma della norma, anzi, espressamente prevede che dalla mancata

partecipazione senza giustificato motivo il giudice del successivo giudizio di

merito potrà trarre argomenti di prova ai sensi dell’art. 116, 2° comma. In

altre parole, la mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di

mediazione non comporta il mancato svolgimento dello stesso, che viceversa si

avvia automaticamente sulla base della sola presentazione della domanda ad

opera di una delle pari.

Ove l’investitore non intenda partecipare al procedimento di mediazione

instaurato dall’intermediario, pertanto, si giungerà comunque ad un verbale di

mancata conciliazione il quale, come vedremo, può contenere anche una

proposta del conciliatore per la soluzione della lite.

Ci si può chiedere a questo punto se l’investitore che non abbia

partecipato al procedimento di mediazione avviato dall’investitore possa adire

la Camera di Conciliazione della Consob.

Come abbiamo visto, infatti, l’art. 7 della Delibera Consob 16763/2008

prevede quale condizione di ammissibilità della procedura conciliativa presso la

Consob che non siano state avviate altre procedure di conciliazione, cui

l’investitore abbia aderito. Da un lato, sembrerebbe dunque significativa la

mancata adesione dell’investitore che conserverebbe pertanto intatto il proprio

diritto di adire la Camera della Consob, dall’altro non deve essere trascurato

che il procedimento di conciliazione, pur nell’assenza dell’investitore, è pur

sempre giunto al suo epilogo, consentendo all’investitore stesso di adire

l’autorità giudiziaria.

Del resto, occorre ricordare che il procedimento davanti alla Camera della

Consob si arresterebbe in ogni caso ove mancasse l’adesione

dell’intermediario. Con la conseguenza che, anche ove si ritenesse che debba

essere riconosciuta la facoltà per l’investitore di adire la Camera di

Conciliazione della Consob pur quando l’intermediario abbia già investito altro

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

13

organo di conciliazione, certamente in tal caso mancherebbe l’adesione

dell’intermediario alla procedura conciliativa avanti la Camera della Consob.

Sembra dunque raggiunta una prima conclusione: l’instaurazione di una

procedura conciliativa da parte dell’intermediario esclude la possibilità per

l’investitore di investire del tentativo di conciliazione la Camera della Consob.

4. – L’Arbitro Bancario Finanziario - Con riferimento alle controversie relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari relative a comportamenti successivi al 1° gennaio 2007, il cliente della banca può ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario, purché la somma oggetto di contestazione non sia superiore ai 100.000 euro. La Banca non può evitare il ricorso all’ABF, che rimane proponibile anche successivamente al fallimento di altra procedura conciliativa avviata per iniziativa della stessa.

Diversa la situazione nelle fattispecie per le quali è prevista la possibilità

per il cliente della banca di ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario, procedura

per la quale, peraltro, ben maggiori sono le difficoltà di coordinamento con

quanto disposto dal legislatore del 2010 in materia di mediazione finalizzata

alla conciliazione della lite, nonostante l’art. 5 comma 1 equipari, ai fini della

realizzazione della condizione di procedibilità del giudizio, il ricorso all’ABF alla

instaurazione del procedimento di mediazione nelle forme di cui al Dlgs.

28/2010.

Secondo quanto previsto dalla Delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008,

emanata in attuazione di quanto previsto dall’art. 128bis del Dlgs. 1°

settembre 1993 n. 385 (T.U.B.), nonché dalle “Disposizioni sui sistemi di

risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi

bancari e finanziari” emanate dalla Banca d’Italia, all’Arbitro Bancario

Finanziario possono essere sottoposte le controversie relative a operazioni

e servizi bancari e finanziari aventi ad oggetto l’accertamento di diritti

obblighi e facoltà:

a) purché l’eventuale somma oggetto di contestazione tra le parti non sia

superiore ad euro 100.000;

b) purché non si tratti di rapporti non assoggettati al titolo VI del TUB ai

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

14

sensi dell’art. 23, comma 4°, Dlgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (non si tratti cioè di

controversie inerenti a operazioni di investimento o di collocamento di prodotti

finanziari)14;

c) purché non si tratti di controversie relative a operazioni o

comportamenti anteriori al 1° gennaio 2007;

d) purché oggetto della controversia siano unicamente i danni

conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione

dell’intermediario, ovvero le questioni relative a beni materiali e servizi oggetto

del contratto tra banca e cliente o di contratti ad esso collegati;

e) purché si sia regolarmente svolta la fase di reclamo presso

l’intermediario (l’intermediario si sia cioè pronunciato nel termine di 30 giorni,

ovvero sia trascorso tale termine senza che l’intermediario abbia dato alcuna

risposta)15.

Non diversamente da quanto previsto con riferimento alla conciliazione

avanti alla Camera della Consob, il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario è

impedito dalla pendenza di altro tentativo di conciliazione. Ove l’intermediario

instaurasse un procedimento di mediazione nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010,

pertanto, il cliente non potrebbe più ricorrere all’ABF, e ciò nonostante l’art. 5

comma 1 richiami espressamente tale procedura.

Tuttavia, a differenza di quanto previsto con riferimento alla

Conciliazione amministrata dalla Consob, gli intermediari sono tenuti ad aderire

- giusto il disposto dell’art. 128bis del TUB - alla procedura di risoluzione

stragiudiziale delle controversie resa attraverso il ricorso all’ABF16.

Ciò significa che, una volta conclusosi il procedimento di mediazione

14 Il Dlgs. 8 ottobre 2007 n. 179 rimetteva ad un Protocollo d’intesa tra la Camera di Conciliazione e Arbitrato presso la Consob e il sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie di cui all’art. 128bis del TUB la risoluzione delle questioni relative all’ambito delle reciproche competenze. 15 Il ricorso all’ABF, peraltro, non può essere presentato qualora siano trascorsi più di 12 mesi dalla presentazione del reclamo all’intermediario. 16 Alla sez. II delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” si prevede espressamente che: “Gli intermediari sono tenuti ad aderire all’ABF. L’adempimento di questo obbligo costituisce una condizione per lo svolgimento dell’attività bancaria e finanziaria e per la prestazione di servizi di pagamento; la Banca d’Italia ne valuta l’eventuale violazione nell’ambito della sua azione di controllo”.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

15

instaurato dall’intermediario nelle forme di cui all’art. 28/2010, l’intermediario

non può impedire che il cliente della banca possa ancora ricorrere all’ABF,

anziché adire l’autorità giudiziaria.

Tale ipotesi è peraltro espressamente considerata nelle “Disposizioni sui

sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e

servizi bancari e finanziari” che infatti prevedono che, se la conciliazione non

riesce, il cliente può riproporre il ricorso all’ABF entro 6 mesi dal fallimento del

tentativo di conciliazione. Si prevede altresì che il procedimento davanti

all’Arbitro Bancario Finanziario possa proseguire pur quando l’intermediario

abbia adito l’autorità giudiziaria.

In altri termini: l’iniziativa dell’intermediario (l’instaurazione di una

procedura conciliativa nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010, così come l’esercizio

di un’azione giudiziale o di un arbitrato) non potrebbe in nessun caso impedire

al cliente di ottenere una pronuncia da parte dell’Arbitro Bancario Finanziario.

Non si può trascurare, peraltro, che il rinvio effettuato dall’art. 5, comma

1°, al procedimento di ABF pone significativi problemi di coordinamento con la

generalizzata obbligatorietà della conciliazione quale condizione di procedibilità

dell’azione prevista dal legislatore del 2010.

Il procedimento che si svolge per iniziativa del cliente davanti all’Arbitro

Bancario Finanziario, infatti, non ha alcuna finalità conciliativa, bensì si

propone di decidere la controversia, sia pur con una decisione non vincolante

per il cliente17.

Quest’ultimo, se non soddisfatto, potrà comunque adire gli organi

giurisdizionali. La decisione stessa di adire l’organo giurisdizionale, dunque,

dovrà essere valutata alla stregua del rifiuto della proposta conciliativa

nell’ambito del procedimento di mediazione di cui al Dlgs. 28/2010.

Tuttavia, non pare che in tal caso possa trovare applicazione l’art. 13 del

17 Sulla differenza concettuale tra conciliazione e arbitrato, si veda C.PUNZI (Mediazione e conciliazione, in Riv.dir.proc. 2009, p. 845 e ss., spec. 849), il quale evidenzia come nella prima l’attività del mediatore dovrebbe sostanzialmente essere quella di “dare un consiglio” alle parti, mentre nell’arbitrato il compito dell’arbitro consiste direttamente nel decidere la controversia.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

16

Dlgs. 28/2010 che sembrerebbe riferibile unicamente al procedimento di

mediazione svoltosi nelle forme di cui agli artt. 3 e ss., con la conseguenza che

potrà essere applicato l’art. 91, comma 1, c.p.c. e che dunque il giudice dovrà

valutare discrezionalmente la possibilità di addossare le spese processuali alla

parte vittoriosa che non si sia “accontentata” della decisione resa al termine

dell’Arbitrato Bancario Finanziario.

La procedura davanti all’ABF peraltro prevede la decisione da parte di

quest’ultimo unicamente sulla base di documentazione scritta e non prevede

alcuna udienza con le parti direttamente.

E’ chiaro a questo punto quanto tale procedura si discosti da quella

mediazione finalizzata alla conciliazione della lite che nelle intenzioni del

legislatore costituisce condizione di procedibilità della causa civile.

Nelle materia di competenza dell’ABF infatti non vi sarà alcuna

mediazione, né tentativo di conciliazione, ma una preventiva decisione da

parte dell’Arbitro Bancario Finanziario, il quale sostanzialmente dovrà valutare

la legittimità del mancato accoglimento del reclamo proposta dal cliente alla

banca.

In altre parole: il cliente presenterà un reclamo alla banca; ove non

soddisfatto della risposta ottenuta dalla stessa potrà ricorrere all’ABF il quale

su base unicamente documentale deciderà in merito. La proposizione della

domanda di arbitrato davanti all’ABF costituisce condizione di procedibilità per

l’azione civile, ma, al contempo, il fatto di aver instaurato il giudizio civile

costituisce mancata accettazione della decisione dell’Arbitro Bancario, con la

conclusione che il giudice potrà applicare l’art. 91 c.p.c. e addossare le spese

processuali alla parte vittoriosa ove ritenga che la proposizione del giudizio

non fosse sorretta da un giustificato motivo.

Già in sede di reclamo, dunque, la banca dovrà aver ben presenti:

a) gli orientamenti dell’ABF, in modo da conformarsi agli stessi ed evitare il

ricorso del cliente alla procedura di arbitrato

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

17

b) l’inquadramento giuridico della vertenza, in modo da valutare

l’opportunità di affrontare il giudizio, nell’ipotesi in cui il cliente

eventualmente insoddisfatto della decisone dell’ABF decida di adire

l’autorità giudiziaria;

c) le possibilità e opportunità di una chiusura amichevole della vertenza, ciò

che potrebbe consentire di valutare se instaurare un procedimento di

mediazione nelle forme di cui al Dlgs. 28/2010, iniziativa che non

sarebbe tale da escludere che il cliente, nell’ipotesi di fallimento del

tentativo di conciliazione, si rivolga ugualmente all’ABF, ma

consentirebbe quantomeno di tentare una reale conciliazione della lite,

ciò che il ricorso all’ABF certamente non realizza.

5. – Clausole contrattuali per la individuazione preventiva

dell’Organismo di Conciliazione. Limiti – Ai sensi dell’art. 5, comma 5°, Dlgs. 28/2010, le parti possono inserire nei contratti clausole che individuano a priori l’organismo di conciliazione cui rivolgersi in caso di insorgenza di una controversia, al fine di predeterminare l’organismo competente. In nessun caso, tuttavia, i clienti della banca possono rinunciare al diritto di ricorrere all’ABF: con riferimento alle controversie che rientrano nella competenza dell’ABF, sarà comunque necessario specificare che l’indicazione dell’organismo di conciliazione competente non osta alla proposizione del ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario da parte del cliente. Nei rapporti con i consumatori, l’indicazione nel contratto quadro dell’organismo di conciliazione potrebbe costituire violazione dell’art. 33, 1° comma, cod. consumo, ove l’individuazione dell’ organismo territorialmente competente determini uno squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto.

Il 5° comma dell’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 prevede che: “Fermo quanto

previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto,

lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di

mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o

l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il

termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e

fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6.

Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la

mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

18

La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se

iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti a un altro organismo iscritto,

fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti

possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto

costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto”.

In altre parole, le parti potrebbero inserire nel contratto una clausola di

mediazione o conciliazione, nella quale indicare l’organismo di conciliazione

competente, con ciò evitando che la competenza possa radicarsi al momento

dell’insorgere della controversia sulla base della libera scelta di una delle parti.

In virtù della previsione del 5° comma dell’art. 5, dunque, si potrebbe

ritenere possibile per la Banca prevedere nell’ambito delle condizioni generali

di contratto clausole di mediazione, che individuino a priori l’organismo di

mediazione cui le parti siano tenute a rivolgersi al momento dell’insorgere della

controversia: ciò ovviamente al fine di vincolare il cliente ad un determinato

organismo di conciliazione che sia particolarmente gradito.

L’opportunità dell’inserzione di una tale clausola deve essere, tuttavia,

valutata alla luce di alcuni indici normativi:

a) in primo luogo si deve tenere presente la norma (contenuta nelle

disposizioni del 18 giugno 2009, sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle

controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, emanate

dalla Banca d’Italia in attuazione della delibera CICR del 29 luglio 2008), che

chiaramente statuisce come “Il diritto di ricorrere all’ABF non può formare

oggetto di rinuncia da parte del cliente”.

b) in secondo luogo, non può trascurarsi il dettato dell’art. 33, comma 2

lett. u) del D.lgs. n. 206 del 2005 (Codice del Consumo)18, a mente del quale

nei contratti con il consumatore si presumono vessatorie (e dunque nulle) le

clausole che stabiliscano “come sede del foro competente sulle controversie

località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore”.

18 Così come in precedenza già l’art. 1469 bis, 3° co. n. 19, c.c.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

19

Poiché la scelta dell’organismo di conciliazione da parte della Banca, che

inserisca nel contratto apposita clausola, potrebbe comportare l’individuazione

di un organismo di conciliazione radicato in luogo diverso da quello di residenza

o domicilio del consumatore, potrebbe sorgere un dubbio sulla nullità di tale

clausola per contrasto con il 2° comma dell’art. 33.

Quanto al primo punto, occorre innanzitutto considerare che il problema

della validità di clausole che individuino quale organismo di mediazione

un ente diverso dall’Arbitro Bancario Finanziario si pone unicamente

nell’ambito dei limiti di competenza per valore di quest’ultimo. In altre parole,

potrà dubitarsi dell’esistenza di un vincolo per il cliente quanto alla scelta

dell’organismo di conciliazione unicamente ove si tratti di domande di

condanna di valore inferiore ai 100.000 euro.

Il possibile contrasto tra l’inserzione di una clausola di conciliazione che

indichi un organismo diverso dall’ABF nelle materie di competenza di

quest’ultimo con la previsione dell’irrinunciabilità da parte del cliente del diritto

di ricorrere a tale organismo potrebbe peraltro essere superato osservando che

l’eventuale esperimento della procedura di mediazione non preclude, in caso di

mancato accordo, il diritto del cliente ad esperire il ricorso all’ABF (cfr.

disposizioni del 18 giugno 2009 cit.)19. Ciò significa che si potrebbe in ogni

caso ipotizzare la validità della clausola che individui un organismo di

conciliazione diverso dall’ABF, ferma restando la facoltà di ricorrere a

quest’ultimo ove il cliente non sia soddisfatto del procedimento di mediazione.

Pare dunque di poter affermare la validità della clausola che individui

a priori l’organo di mediazione competente sulla base del disposto del 5°

comma dell’art.5 Dlgs. 28/2010, clausola che potrà dunque essere

efficacemente inserita nei contratti con la clientela, salva l’indicazione

che, per quanto concerne le domande di condanna con importo inferiore ai

19 Ferma ovviamente la necessità di informare adeguatamente il cliente in relazione alla possibilità di adire l’ABF in caso di controversie con la Banca (cfr. provvedimento Banca d’Italia del 10 febbraio 2011, ove si prevede in particolare (sez. II, par. 2) “l’obbligo di stampare e mettere a disposizione della clientela la Guida concernente l’accesso all’Arbitro Bancario Finanziario”).

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

20

100.000 euro, il cliente mantiene comunque il diritto di rivolgersi all’Arbitro

Bancario Finanziario.

Un’ulteriore cautela si pone probabilmente nei contratti con i

consumatori.

Se, infatti, non pare applicabile alla fattispecie l’art. 33 lett. u) del

Codice del Consumo secondo il quale nei contratti con il consumatore si

presumono vessatorie (e dunque nulle) le clausole che stabiliscono “come sede

del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o

domicilio elettivo del consumatore”. in quanto espressamente riferita al “foro

competente” e dunque certamente dettata con esclusivo riferimento alla

competenza giudiziale, un dubbio potrebbe sorgere sulla base del dettato del

1° comma dell’art. 33, ove lo stesso prevede che “Nel contratto concluso tra il

consumatore e il professionista si considerano vessatorie le clausole che,

malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo

squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.

Non sembra peraltro che la clausola contrattuale che individui

l’organismo di conciliazione cui le parti debbano in caso di controversia

rivolgersi possa dar luogo di per sé a quel significativo squilibrio dei diritti e

degli obblighi derivanti dal contratto che è presupposto per l’applicazione del

1° comma dell’art. 33 Cod. Cons.

O meglio, certamente non lo sarebbe l’indicazione di un organismo di

conciliazione (ad es. Conciliatore Bancario Finanziario), in particolare ove tale

indicazione non contenga alcun riferimento al luogo dove debba svolgersi il

procedimento di mediazione. Ove infatti vi fosse un indicazione di luogo, si

potrebbe immaginare che il consumatore possa ritenere ed argomentare che

l’eventuale distanza tra il proprio domicilio o residenza e la sede dell’organismo

di conciliazione indicato nel contratto configuri uno squilibrio a suo danno, sulla

base non tanto dell’applicazione della lett. u) dell’art. 33 , ma dell’estensione

del principio ivi affermato.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

21

Conclusivamente, e comunque senza trascurare di interrogarsi sulla

effettiva coercibilità della clausola in esame20, stante la chiara disposizione

dell’art. 5 comma 5° del Dlgs. 28/2010 è certamente possibile l’inserimento

nelle condizioni generali di contratto di una clausola che predetermini

l’organismo di conciliazione cui le parti dovranno ricorrere in limine litis.

Ciò, peraltro, salva l’indicazione che nelle materie di competenza dell’ABF

non è comunque precluso al cliente l’accesso a tale procedimento, e salva, nei

rapporti con i consumatori21, l’opportunità di un’indicazione che prescinda da

un riferimento territoriale che possa come tale prestarsi ad un sospetto di

vessatorietà.

Determinata la legittimità dell’inserzione della clausola che individui

l’organismo di conciliazione, evidente ne appare l’opportunità, in particolare in

considerazione del fatto che l’art. 5 Dlgs. 28/2010 richiama tra le procedure di

conciliazione cui le parti possono ricorrere anche la procedura avanti la Camera

di Conciliazione e Arbitrato della Consob.

Dubbi sulla reale imparzialità di tale organo sono stati infatti da subito

avanzati per ovvie ragioni di commistione tra funzione amministrativa e

funzione giurisdizionale da parte della Consob. La Camera è pur sempre un

organismo, non dotato di personalità giuridica, che è emanazione di un

soggetto pubblico, e che, per esplicita volontà del legislatore, deve avvalersi di

risorse e strutture individuate dalla Consob (art. 3, comma 4, Reg. Consob

16763/2008). A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 3, comma 5 ‹‹la Camera

presenta alla Consob, entro il mese di febbraio, una relazione sull’attività

svolta nell’anno precedente›› e, ai sensi del successivo comma 6 ‹‹la Consob

può chiedere alla Camera informazioni sulle attività e sui compiti istituzionali

20 Il legislatore delegato, pur avendo offerto la possibilità di pattuire un organismo di mediazione in sede di contratto, non indica una “sanzione” specifica in caso di mancata instaurazione della procedura di conciliazione avanti all’organismo contrattualmente eletto. In altre parole, diversamente da quanto avviene nell’ambito di un giudizio avanti l’autorità giudiziaria, non è espressamente previsto l’obbligo in capo al conciliatore “incompetente” di dichiarare l’inammissibilità della domanda di conciliazione in presenza di una clausola di mediazione che, contrattualmente, prevede l’indicazione di un organismo di conciliazione diverso. 21 Evidente infatti che nei rapporti con aziende siffatta prudenza non appare necessaria.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

22

svolti››. Si pensi inoltre al ‹‹fondo di garanzia per i risparmiatori e gli

investitori in attuazione dell’articolo 27, comma 1 e 2 della legge 28 dicembre

2005 n. 262›› istituito con d.lgs. 8 ottobre 2007 n. 179. Si tratta, in estrema

sintesi, di un fondo di garanzia destinato all’indennizzo, nei limiti delle

disponibilità del fondo medesimo, dei danni patrimoniali causati dalla

violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, o con lodo arbitrale

non più impugnabile, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II

del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58. La gestione di tale fondo è

attribuita alla Consob, la quale è – tra l’altro - legittimata ad agire in giudizio,

in rappresentanza del fondo, per la tutela dei diritti e l’esercizio dell’azione di

rivalsa nei confronti dell’intermediario responsabile. Ed ancora: il Fondo è

finanziato esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle

sanzioni amministrative pecuniarie erogate per la violazione delle norme di cui

sopra.

Chiaro dunque che, se il problema è di tutta evidenza con riferimento al

procedimento di Arbitrato, non si può trascurare che anche nell’ipotesi di

conciliazione gestita dalla Camera presso la Consob si possano evidenziare

spunti di criticità specie in considerazione del fatto che il Dlgs. 28/2010

attribuisce al mediatore non solo un ruolo facilitativi ma anche propositivo,

essendo egli autorizzato a “proporre” una decisione che, se non accettata dalle

o da una delle parti, costituirà in ogni caso il parametro per l’attribuzione delle

spese ai sensi dell’art. 13 Dlgs. 28/2010.

6. – Il procedimento di mediazione - Il procedimento di mediazione, così come previsto dal Dlgs. 28/2010, si svolge senza particolari formalità. Mancata previsione dell’assistenza tecnica dell’avvocato. Cenni sul procedimento davanti alla Camera di Conciliazione della Consob e davanti all’Arbitro Bancario Finanziario.

Secondo quanto previsto dall’art. 4 Dlgs. 28/2010, la domanda di

mediazione si propone mediante deposito di una istanza presso un organismo

di conciliazione, scelto dalle parti. Non diversamente da una domanda

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

23

giudiziale22, la domanda di mediazione deve indicare l’organismo, le parti,

l’oggetto e le ragioni della pretesa23.

Il procedimento di mediazione si svolge senza particolari formalità,

secondo il regolamento dell’organismo scelto dalle parti.

L’art. 3, comma 3, Dlgs. 28/2010 prevede che gli atti di mediazione non

siano soggetti a formalità. Ciò tuttavia non significa che il procedimento di

mediazione sia realmente deformalizzato. Basta pensare che lo stesso art. 3 fa

riferimento agli “atti del procedimento” e che l’art. 17, comma 2, si riferisce ad

“atti, documenti e provvedimenti”, norme che dunque fanno pensare alla

possibilità per le parti di depositare atti, memorie e documenti. L’art. 8 fa

inoltre riferimento alla possibilità di nominare esperti, con una tecnica non

diversa da quella della nomina del CTU nel giudizio davanti al giudice 24.

Quanto detto apre un ulteriore e non indifferente problema. Quello della

mancata previsione dell’assistenza tecnica dell’avvocato nell’ambito del

procedimento di mediazione.

Nulla infatti prevede al riguardo il Dlgs. 28/2010, ma dal tenore delle

norme pare logico ritenere che la presenza dell’avvocato non sia stata ritenuta

dal legislatore necessaria ai fini dello svolgimento della mediazione25, scelta

che non pare affatto opportuna, come peraltro è già stato sottolineato dalla

prima dottrina26.Una corretta impostazione ed inquadramento anche giuridico

22 Dopo aver effettuato il deposito della domanda di mediazione, la stessa dovrà essere comunicata alle altre parti, poiché solo dalla comunicazione la domanda produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. La comunicazione impedisce peraltro anche il verificarsi della decadenza, ma solo per una volta, cosicché in caso di fallimento del tentativo di mediazione, la domanda dovrà essere proposta nel medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di mancata conciliazione (art.5, comma 5). 23 Si consideri peraltro che, secondo quanto già rilevato dalla dottrina, l’istanza di mediazione potrà essere meno completa della domanda giudiziale essendo da riconoscere al mediatore poteri anche ufficiosi che gli consentano di richiedere alle parti tutti i chiarimenti ritenuti necessari. Cfr. L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel D.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, in www.judiciu.it, p. 9. 24 Con riferimento a questo tema, si veda G.SCARSELLI (La nuova mediazione e conciliazione: le cose che non vanno, in www.judicium.it p.2) il quale ritiene che il procedimento di mediazione sia in sostanza una sorta di “pre-processo”, condotto da un “pre-giudice”. 25 In assenza di indicazioni legislative non è mancato chi ha sostenuto che l’avvocato, anziché assistere la parte, potrebbe direttamente sostituire la parte nell’ambito del procedimento di mediazione. In tal senso cfr. V.AMENDOLAGINE, Alcuni aspetti della mediazione “vista da vicino”, tra utopia legislativa e prassi quotidiana, in www.judicium.it , p. 3. 26 F.DELFINI, La mediazione per la conciliazione delle controversie civili e commerciali ed il ruolo dell’Avvocatura, in Riv. dir. priv. 2010, pp. 131 e ss.; L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel Dlgs.

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24

della situazione controversa è infatti fondamentale anche all’interno del

procedimento di mediazione, proprio in considerazione del fatto che il

mediatore non necessariamente si limiterà a favorire la conciliazione tra le

parti, ma potrebbe al termine del procedimento formulare una proposta27 che,

ove non accettata dalle parti costituirà la premessa per l’applicazione dell’art.

13 Dlgs. 28/2010 e dunque per l’attribuzione delle spese alla parte, anche se

vittoriosa, che non abbia accettato una proposta che sia del tutto coincidente

con la successiva decisione del giudice.

Nell’ipotesi in cui l’investitore intenda ricorrere alla Camera di

Conciliazione della Consob non sussistono sostanziali difficoltà di

coordinamento tra la procedura prevista dal Dlgs. 179/2007 e i principi oggi

posti dal Dlgs. 28/2010.

L’istanza presentata dall’investitore mediante compilazione di apposito

modulo predisposto dalla Camera dovrà essere sottoscritta ed altresì

corredata della documentazione attestante le condizioni di ammissibilità di cui

all’art. 7 Dlgs. 179/2007. L’ammissibilità dell’istanza sarà dunque valutata

dalla Camera che, solo in caso di riscontro positivo, inviterà l’intermediario ad

aderire alla procedura. Diversamente da quanto previsto dal legislatore del

2010, infatti, il procedimento avanti la Camera della Consob sarà avviato solo

ove l’intermediario aderisca.

Successivamente al deposito dell’istanza, la Camera provvede alla

nomina del conciliatore, al quale comunicherà l’adesione dell’intermediario.

Con l’accettazione della nomina da parte del conciliatore prende l’avvio il

procedimento, che si svolge senza particolari formalità attraverso la

partecipazione ad incontri, nel contraddittorio tra le parti o separatamente,

volti alla ricerca di una rapida soluzione della lite.

n. 28 del 4 marzo 2010, in www.judicium.it, p. 4; D.DALFINO, Dalla conciliazione societaria alla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, in www.judicium.it, p.13. 27 Ciò che si potrebbe maliziosamente pensare che il mediatore si determinerà sempre a fare, poiché la formulazione della proposta comporta la necessità di aumentare di un quinto le spese di mediazione, nelle quali sono ovviamente compresi gli onorari del mediatore stesso.

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25

Ben maggiori problemi di coordinamento pone l’ipotesi in cui il cliente

della banca ricorra all’ Arbitro Bancario Finanziario.

Tale procedimento prende le mosse attraverso la comunicazione, da

parte del cliente all’intermediario, del ricorso indirizzato alla Segreteria del

Collegio nella cui zona di competenza territoriale il cliente ha la propria sede o

residenza28.

Entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione del ricorso, la banca

dovrà inviare all’ABF le proprie controdeduzioni. La decisione dell’Arbitro

Bancario Finanziario è presa sulla base della documentazione raccolta, nonché

sulla base dell’applicazione delle norme di legge e regolamentari nonché dei

codici di condotta cui l’intermediario aderisca.

Nessun tentativo di conciliazione viene svolto dall’ABF, nessun incontro

tra le parti caratterizza lo svolgimento del procedimento.

Entro 30 giorni dalla pronuncia, la decisione, motivata, è comunicata alle

parti, le quali – ove non si ritengano soddisfatte dalla decisione dell’ABF –

possono ricorrere all’autorità giudiziaria.

7. – Esito positivo della conciliazione – Il verbale di conciliazione è omologato dal Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo di conciliazione e costituisce titolo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro

mesi (art. 6 Dlgs. 28/2010).

Il Decreto legislativo in materia di mediazione e conciliazione delle liti

prevede, peraltro, che il mediatore si adoperi affinché le parti raggiungano un

accordo amichevole.

Quando l’accordo non sia stato raggiunto, il mediatore potrà formulare

una proposta di mediazione, e ciò anche in assenza di richiesta in tal senso ad

28 L’articolazione territoriale dei Collegi (Milano, Roma, Napoli) è fissata dalla sez. III dalle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” emanate dalla Banca d’Italia.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

26

opera delle parti29.

Se è raggiunto l’accordo amichevole o se tutte le parti aderiscono alla

proposta del mediatore (la proposta deve essere comunicata per iscritto alle

parti che devono accettarla o rifiutarla entro sette giorni) si forma processo

verbale dell’accordo (art. 11) che, su istanza di parte e previo

accertamento della regolarità formale dello stesso, nonché della non

contrarietà all’ordine pubblico o a norme imperative (art. 12), è omologato dal

Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo di

conciliazione.

Il verbale omologato costituisce titolo per l’espropriazione forzata, per

l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale30.

Altrettanto, nell’ipotesi in cui il procedimento di mediazione si sia svolto

davanti alla Camera di Conciliazione della Consob: se si prescinde infatti dalla

circostanza che il Dlgs. 179/2007 prevede che il procedimento si chiuda in 60

giorni (anziché quattro mesi) e che il conciliatore possa esprimere una propria

proposta solo su accordo delle parti, la disciplina del verbale di conciliazione,

compresa l’omologazione dello stesso e la sua efficacia, è in tutto e per tutto

identica a quanto oggi dispone il legislatore del 2010.

Ancora una volta, invece, occorre notare le profonde differenze che

ricorrono in materia di Arbitrato Bancario Finanziario. Nessuna omologazione

della pronuncia è infatti prevista, e nessuna efficacia esecutiva è ad essa

attribuita. L’eventuale inadempimento, o ritardo nell’adempimento, da parte

dell’intermediario è però reso pubblico secondo le modalità stabilite dalla Banca

29 Il sistema così introdotto dal legislatore è stato definito “ibrido” in quanto si ispira da un lato alla concezione della conciliazione “facilitativa”, volta cioè solo a facilitare il formarsi di un accordo spontaneo tra le parti, dall’altro lato alla conciliazione “aggiudicativa”, ove cioè il mediatore ha il compito anche di formulare una proposta ove le parti non riescano a raggiungere un accordo. Il legislatore italiano, tuttavia, non ha previsto un obbligo del mediatore quanto alla formulazione di una proposta, né, del resto, ha rimesso la formulazione di essa alla sola volontà delle parti, adottando una soluzione di compromesso e cioè configurando una mera facoltà per il mediatore quanto alla formulazione di una proposta di conciliazione. 30 L’accordo può altresì prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti o per il ritardo nel loro adempimento. La previsione, contenuta all’art. 11, comma 3, contiene sostanzialmente una astreinte quale forma di coercizione delle obbligazioni di non fare o comunque infungibili.

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27

d’Italia.

8. – Mancata conciliazione – L’art. 13 Dlgs. 28/2010 prevede importanti conseguenze sul giudizio civile. La parte che abbia rifiutato la proposta del conciliatore è tenuta pagare le spese del procedimento - a prescindere dalla soccombenza - ove la decisione del giudice sia del tutto coincidente con la proposta conciliativa. L’opportunità della formulazione di una proposta conciliativa in sede di mediazione. Importanza della valutazione del “rischio giuridico” della vertenza fin dal momento della proposizione del reclamo.

L’art. 11, comma 4, prevede l’ipotesi che la conciliazione non riesca, nel

qual caso dispone che il conciliatore formi il verbale con l’indicazione della

proposta31. Nel verbale di mancata conciliazione, il mediatore dà atto

anche della eventuale mancata partecipazione di una delle parti al

procedimento di mediazione.

Una volta concluso negativamente il procedimento di mediazione, le parti

potranno instaurare (o proseguire ove già instaurato) il giudizio avanti al

giudice civile.

L’art. 13 Dlgs. 28/2010 prevede peraltro importanti conseguenze sul

giudizio civile, in particolare sulla ripartizione delle spese dello stesso, in

relazione al contegno tenuto dalle parti in sede conciliativa.

In altre parole, il legislatore ha previsto che, qualora il provvedimento

che conclude il giudizio corrisponda integralmente al contenuto della proposta

del mediatore e quest’ultima sia stata rifiutata dalla parte vincitrice, il giudice

non solo escluda la ripetizione delle spese successive alla formulazione della

proposta (quindi sostanzialmente tutte le spese del processo), ma condanni

altresì la parte vittoriosa al rimborso delle spese sostenute dalla parte

soccombente (sempre maturate dopo la formulazione della proposta), nonché

al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di

importo corrispondente al contributo unificato dovuto32.

31 Il legislatore pare qui dimenticarsi della facoltatività della stessa e dà per scontato che il verbale del mediatore contenga anche l’indicazione della proposta dallo stesso formulata. 32 Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice può, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, quantomeno escludere la ripetizione

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28

Si tratta dunque di misure sostanzialmente punitive per la parte che

abbia rifiutato una proposta conciliativa che si sia poi rivelata assolutamente

congrua, tanto da essere completamente recepita in sentenza.

Analoga soluzione era stata, peraltro, già introdotta con riferimento al

processo civile ordinario dal legislatore del 200933: l’art. 91 c.p.c., infatti, così

come modificato, prevede che, ove la domanda sia accolta in misura non

superiore alla eventuale proposta conciliativa, il giudice condanna la parte che

ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta, e ciò a prescindere dalla

soccombenza.

La previsione introdotta con l’art. 13 Dlgs. 28/2010 sembra peraltro

ancor più radicale, poiché non lascia alcuno spazio alla valutazione dei motivi

che possano aver spinto la parte a rifiutare la proposta conciliativa: il mero

rifiuto della stessa, ove poi la sentenza si riveli di contenuto e portata identici,

condurrà alla condanna della parte pur se vittoriosa34.

Per effetto dell’avvio della conciliazione obbligatoria, l’applicazione

dell’art. 13 prevarrà peraltro sul dettato dell’art. 91 c.p.c. che resterà

residualmente applicabile: 1) nelle ipotesi (realmente esigue) in cui il giudizio

non debba essere preceduto dalla conciliazione; 2) nelle ipotesi in cui nel corso

del giudizio le parti abbiano formulato (così come previsto dall’art. 185 c.p.c.)

un’ulteriore proposta conciliativa, evidentemente migliorativa rispetto a quella

formulata nel procedimento di conciliazione35; 3) nell’ipotesi (sulla quale cfr.

delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto cui il mediatore si sia rivolto. 33 Anche l’art. 40 Dlgs. 5/2003, ora abrogato, prevedeva la possibilità per il giudice di escludere la ripetizione delle spese in favore dell’attore, così come la possibilità di condannare quest’ultimo al rimborso in favore del soccombente (sia pure in parte), a seguito di una valutazione comparativa delle posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza. 34 Il legislatore ha comunque fatto salva l’applicazione degli artt. 92 e 96 c.p.c. il che significa che se vi sia soccombenza reciproca o ricorrano altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti. La parte vincitrice che abbia rifiutato la proposta conciliativa che poi si sia rivelata conforme al contenuto della sentenza non potrà pertanto mai vedersi rimborsate le spese legali, al più potendo, ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni, ottenere la compensazione delle spese. 35 Ove la parte poi vittoriosa abbia rifiutato anche la proposta più favorevole, si porrà per il giudice il problema del coordinamento delle due norme (art. 13 Dlgs 28/2010 e art. 91 c.p.c.): solo nel caso in cui la sentenza sia conforme alla proposta successiva e migliorativa, il giudice dovrà infatti valutare se i motivi che hanno spinto la parte a rifiutarla siano tali da giustificare il rifiuto o meno.

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29

supra) in cui le parti abbiano instaurato il procedimento davanti all’Arbitro

Bancario Finanziario anziché davanti al mediatore di cui al Dlgs. 28/2010.

Sarà pertanto molto importante nell’ambito del procedimento di

mediazione valutare la possibilità, se non di formulare una concreta proposta di

conciliazione, quantomeno di indurre il conciliatore a formulare una proposta

che sia il più possibile vicina a quella che si possa immaginare essere la

decisione conclusiva del giudizio. In tal modo infatti, ove parte attrice non la

accetti, sarà poi tenuta al pagamento di tutte le spese successive alla proposta

stessa nel caso in cui il provvedimento conclusivo del giudizio sia

effettivamente corrispondente al contenuto della proposta.

E’ chiaro, peraltro, che per cercare di ottenere un simile risultato, si

dovrà indurre il mediatore a ben valutare anche gli aspetti di diritto della

controversia36, poiché inevitabilmente anche su tali aspetti sarà poi fondata la

decisione del giudice.

Un mediatore che trascuri completamente l’inquadramento giuridico della

fattispecie, in altre parole, difficilmente potrà formulare una proposta che si

riveli poi di contenuto identico alla statuizione del giudice37.

Ecco dunque perché la presenza del difensore nel procedimento di

mediazione potrebbe alla fine portare un risparmio di costi. Una corretta

illustrazione delle posizioni giuridiche delle parti, potrebbe infatti più

36 Con riferimento ai profili ora delineati è stato correttamente constatato come perché l’art. 13 possa trovare applicazione il procedimento di mediazione non possa essere davvero inteso quale tentativo di conciliazione, quanto piuttosto quale “proposta di decisione”. Cfr. sul punto G.MONTELEONE (La mediazione “forzata”, in www.judicium.it, p. 3), il quale mette in evidenza forti perplessità sulla tenuta costituzionale del sistema così delineato dal legislatore. Da un lato, infatti, si incarica il mediatore di favorire la conciliazione tra le parti, ciò che sicuramente implica la necessità di “mettere sul tavolo” anche considerazioni non inerenti all’oggetto del giudizio (ad esempio la possibilità di prosecuzione dei rapporti commerciali tra le parti) e probabilmente l’opportunità di una valutazione della controversia che prescinda dalla considerazione degli argomenti strettamente giuridici; d’altro canto, si prevede che il mediatore possa formulare una proposta conciliativa, che necessariamente dovrà, anche per le ragioni indicate nel testo, essere rispettosa dei termini giuridici della vertenza e non potrà prendere in considerazione aspetti estranei alla materia del contendere. Sul punto si veda anche F.DELFINI, op.cit., p. 131 e ss., nonché V.AMENDOLAGINE, Alcuni aspetti della mediazione “vista da vicino”, tra utopia legislativa e prassi quotidiana, in www.judicium.it , pp. 6, 7. 37 La scelta stessa di un modello di mediazione c.d. aggiudicativo (sia pur eventuale, nel quale cioè il mediatore può formulare una proposta conciliativa) porta ad evidenziare come il modello prescelto sia tale da non consentire la formulazione di proposte svincolate da una ricognizione delle norme di diritto applicabili (sistema c.d. norm advocating). Sul punto: L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel Dlgs n. 28 del 4 marzo 2010, in www.judicium.it, p. 6.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

30

probabilmente condurre alla formulazione di una proposta che, se rifiutata,

comporti alla fine l’attribuzione di tutte le spese del giudizio a carico della parte

vittoriosa, con la conseguenza che alla parte soccombente rimarrebbe solo

l’onere di pagare le spese di mediazione, in quanto precedenti alla

formulazione della proposta conciliativa38.

In conclusione, affinché l’obbligatoria adesione al procedimento di

mediazione non si risolva unicamente in un aggravio di costi a carico della

banca convenuta, sarà dunque necessario, fin dalla fase del reclamo del

cliente39, aver ben chiaro quale sia il rischio giuridico della causa in

modo tale da poter ben valutare il comportamento da tenere avanti al

mediatore.

9. – La portata delle dichiarazioni rese al mediatore

nell’ambito del procedimento di mediazione – Il rischio del formarsi, in occasione della audizione delle parti, di un convincimento implicito e indiretto in capo al mediatore.

La presenza del difensore nell’ambito del procedimento di mediazione

parrebbe di grande utilità anche con riferimento alla decisione di quanto si

intende riferire al mediatore stesso.

Mi spiego meglio: il mediatore dovrà sentire le parti, separatamente e nel

contraddittorio tra le stesse40.

Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso degli incontri

del mediatore con una sola delle parti non possono essere divulgate (salvo

consenso). La proposta del mediatore non può contenere alcun riferimento a

38 Non a caso G.SCARSELLI, op.cit., p. 5, ritiene che l’art. 13 in una buona sostanza configuri una deroga integrale al principio posto dall’art. 91 c.p.c. che infatti prevede che le spese del giudizio seguano la soccombenza. Una cosa è infatti dire che il giudice può, in considerazione di gravi o giustificati motivi, diversamente disporre delle spese, altra cosa è che il giudice debba comunque porle in capo alla parte vittorioso solo perché quest’ultima abbia rifiutato una proposta conciliativa 39 A maggior ragione ove quest’ultimo dovesse instaurare il procedimento di mediazione nelle forme dell’Arbitrato Bancario Finanziario così come consentito dall’art. 5 comma 1. Ma su questo punto torneremo in seguito. 40 L’art. 8, comma 1, si riferisce infatti alla necessità di fissare un “primo incontro tra le parti” mentre l’art. 9, comma 2, si pone il problema del dovere di riservatezza circa le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso delle “sessioni separate”.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

31

tali dichiarazioni ed informazioni (art. 11, comma 2), le quali non potranno

comunque essere utilizzate nel giudizio davanti al giudice né essere oggetto di

prova testimoniale o di giuramento decisorio (ma, per un evidente refuso,

potrebbero essere materia di interrogatorio formale41).

Non si può tuttavia ragionevolmente credere che il mediatore non sarà

influenzato nel formulare la propria proposta da quanto egli sia venuto a

sapere da una delle parti in via riservata.

E’ chiaro allora che dovrà essere posta grande attenzione alle

conseguenze di quanto verrà detto nel corso delle sessioni separate,

attentamente valutando quanto si intende rivelare al mediatore, anche in

relazione alle conseguenze giuridiche di quanto dichiarato.

Tenuto altresì conto che, da un lato, dovrà essere evidenziata

l’opportunità e l’utilità di eventuali dichiarazioni e di fornire informazioni

supplementari al mediatore affinché sia possibile giungere alla conciliazione

della lite, dall’altro, che la semplice possibilità che il mediatore formuli una

proposta conciliativa potrebbe indurre a ritenere poco opportuno dare al

mediatore informazioni che potrebbero determinarne il convincimento.

Se è vero, infatti, che la formulazione di una proposta conciliativa che si

fondi su informazioni e dichiarazioni rese nelle sessioni separate avanti al

mediatore sarebbe lesiva del contraddittorio, è altrettanto vero che la stessa

sarebbe frutto di un convincimento implicito ed indiretto del mediatore. Con la

conseguenza che, considerato che il giudice ai sensi dell’art. 13 non può

esercitare alcuna discrezionalità nella attribuzione delle spese, dovendole

comunque porre a carico della parte che abbia rifiutato la proposta, non vi

sarebbe rimedio alcuno al condizionamento che quanto detto in sede separata

possa provocare un danno per il dichiarante.

41 Evidenzia il problema L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel Dlgs. n. 28 del 4 marzo 2010, in www.judicium.it, p. 21.

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32

10. – La deduzione di pretese in via riconvenzionale – Una rappresentazione completa della fattispecie al mediatore consente allo stesso di emettere una proposta più aderente alla realtà, evitando anche di rendere sostanzialmente inapplicabile il dettato dell’art. 13 Dlgs. 28/2010.

Una particolare attenzione al contegno da tenere nell’ambito del

procedimento di mediazione e alla opportunità o meno di offrire al mediatore

un quadro completo dei rapporti tra le parti deve essere riferita anche

all’ipotesi in cui nei confronti della controparte si vantino pretese che possano

essere fatte valere in via riconvenzionale.

Si pensi infatti all’ipotesi che, svoltosi il procedimento di mediazione e

conclusosi lo stesso senza che le parti siano giunte alla conciliazione della lite,

il convenuto proponga domanda riconvenzionale nel giudizio successivamente

instaurato. Ci si chiede a questo punto se debba essere avviato un nuovo

procedimento di mediazione con riferimento all’oggetto della riconvenzionale, il

che ovviamente anziché ridurre i tempi della giustizia, non potrebbe che

incidere negativamente su tempi e costi42.

Chiaro peraltro che, ove la parte che sia convenuta in un procedimento di

mediazione sappia di poter vantare una pretesa in via riconvenzionale, sarebbe

ragionevole che di tale sua pretesa mettesse al corrente il mediatore in modo

che lo stesso possa: a) tener conto della situazione complessiva al fine di

favorire l’accordo conciliativo; b) formulare una proposta conciliativa che tenga

conto anche della riconvenzionale.

Tale seconda soluzione, tuttavia, non pare di così agevole valutazione.

Secondo parte della dottrina, infatti, la proposta conciliativa dovrebbe

prendere in considerazione solo ed unicamente la domanda espressamente

proposta dalla parte che abbia instaurato il procedimento di mediazione. Solo

così, infatti, si potrebbe successivamente valutare la conformità o meno del

contenuto della sentenza con la proposta stessa, ai fini dell’applicazione

dell’art. 1343.

42 Confronta sul punto anche L.DITTRICH, op.cit., p. 13, 14. 43 In tal senso F.DELFINI, op.cit.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

33

Se, tuttavia, nell’ambito del procedimento di mediazione il convenuto

facesse presente l’esistenza di una pretesa da far valere in via riconvenzionale

e il mediatore ne tenesse conto nel formulare la propria proposta, forse anche

il giudice, nell’applicare l’art. 13 e dunque nel definire la ripartizione delle

spese, potrebbe far riferimento al complessivo contenuto della sentenza, tanto

con riferimento alla domanda principale, quanto con riferimento alla

riconvenzionale.

In tal modo, si consentirebbe un’applicazione dell’art. 13 più aderente

alla realtà. Diversamente, infatti, sarebbe ben difficile per il giudice valutare

l’identità di contenuto della sentenza con la proposta emessa in sede di

conciliazione, cosa che potrebbe anche condurre alla mancata applicazione

della “sanzione” di cui all’art. 13 anche nelle ipotesi in cui viceversa la stessa

sia giustificata.

Supponiamo ad esempio che il mediatore, ignorando l’esistenza di una

pretesa azionabile in via riconvenzionale dalla banca, emetta una proposta che

venga rifiutata dal cliente. La sentenza, emessa al termine del giudizio nel

quale sia fatta valere la riconvenzionale, non sarà per definizione di contenuto

identico alla proposta formulata in sede conciliativa, con la conseguenza che al

cliente non potranno essere addossate le spese del giudizio. Una immediata e

tempestiva valutazione dell’esistenza della pretesa azionabile in via

riconvenzionale potrebbe pertanto consentire la formulazione di una proposta

complessivamente più aderente alla realtà, il cui rifiuto da parte del cliente

comporterebbe la corretta applicazione dell’art. 13.

Anche sotto questo profilo, pertanto, viene in considerazione l’importanza

di effettuare immediatamente (fin dall’avvio del procedimento di mediazione)

la valutazione non solo del rischio giuridico della causa, ma anche della

impostazione processuale della stessa.

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34

11. – Sintesi conclusiva: cosa e come fare – Di seguito una elencazioni di sintesi delle ipotesi operative suggerite dalla considerazione di quanto in precedenza.

In conclusione: si possono svolgere a questo punto alcune notazioni

operative di sintesi che nascono evidenti dalle considerazioni che precedono:

a) normalmente qualsiasi contestazione del cliente si manifesta con l’invio

di una comunicazione (lettera, e-mail, colloquio telefonico, accesso in

filiale etc.) con enunciazione da parte dei clienti dei motivi di doglianza, e

la contemporanea richiesta di restituzioni, storno di addebiti,

rimodulazione o integrazione di accrediti, modifiche di previsioni

contrattuali, risarcimento di danni etc.;

b) tale comunicazione può prendere o meno le forme di un vero e proprio

reclamo;

c) quale che sia la forma della comunicazione, la banca procederà, nel

termine previsto per la risposta ad un reclamo, esaurita la prima

istruttoria interna finalizzata soprattutto a valutare se il reclamo sia o

non sia fondato, a rispondere;

d) ove la risposta al reclamo sia positiva, la banca cercherà di acquisire dal

cliente un segno di riconoscimento del fatto che alla domanda del cliente

la banca ha dato riscontro positivo;

e) ove la risposta al reclamo sia negativa, la banca comunicherà -

possibilmente motivando - il rigetto del reclamo;

f) a questo punto il cliente potrà: i) consultare un legale, il quale si

rivolgerà alla banca minacciando di adire le vie legali (previa

instaurazione di un procedimento di mediazione); ii) direttamente adire,

con o senza l’assistenza di un legale, l’ABF, ove competente; iii) adire un

organo di conciliazione ai sensi del Dlgs. 28/2010; iv) adire la Camera di

conciliazione della Consob, ove competente;

g) la banca conseguentemente: nell’ipotesi sub i), potrà adire un organismo

di conciliazione di suo gradimento (e avrà tutta la convenienza a farlo),

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

35

con ciò prevenendo l’iniziativa del cliente che potrebbe adire un

organismo ad essa sgradito; nell’ipotesi sub ii), dovrà necessariamente

trasmettere le proprie controdeduzioni alla segreteria dell’ABF, attendere

la decisione di quest’ultimo ed ottemperarvi; nell’ipotesi sub iii), potrà

partecipare al procedimento avviato dal cliente, concretamente cercando

di raggiungere una soluzione conciliativa della lite, ma anche non

partecipare al procedimento di mediazione, pur nella consapevolezza che

lo stesso potrà terminare con la pronuncia di una proposta da parte del

mediatore che, se non accettata, produrrà le conseguenze in ordine alla

ripartizione delle spese previste dall’art. 13; nell’ipotesi sub iv), potrà

non aderire al procedimento conciliativo, che pertanto non si avvierà, ed

instaurare altro procedimento di mediazione, tenuto tuttavia conto che il

cliente potrebbe direttamente esercitare l’azione giudiziaria avendo

assolto la condizione di procedibilità della stessa investendo la Camera di

Conciliazione della Consob44;

Come si può conclusivamente notare, una volta comunicata da parte

della banca la propria indisponibilità ad accogliere il reclamo del cliente,

l’iniziativa passa a quest’ultimo, a meno di ipotizzare che sia la banca a

segnalare al cliente, contestualmente al rigetto del reclamo, che, se egli

avesse intenzione di agire per ottenere in giudizio quanto oggetto del reclamo,

la banca stessa intende instaurare il procedimento di mediazione,indicando

l’organismo di mediazione da essa prescelto (ipotizzo: il Conciliatore Bancario

Finanziario con sede in Roma Via delle Botteghe Oscure).

Il cliente, tuttavia, non sarebbe certamente vincolato dall’indicazione

della banca che, per essere certa dell’instaurazione del procedimento avanti al

Conciliatore dalla stessa prescelto, non avrebbe che attivarsi in concreto per

prima, ciò – peraltro - prima ancora di sapere se il cliente avrebbe o meno

44 L’art. 5 comma 1° dispone, del resto, che la parte sia “tenuta ad esperire” il procedimento di mediazione, senza che la conclusione o meno dello stesso possa incidere sulla realizzazione della condizione di procedibilità ivi prevista.

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

36

proseguito nel perorare le proprie istanze.

Quanto detto induce a ritenere che - stante l’opportunità di evitare che il

cliente possa liberamente scegliere l’organismo di conciliazione cui rivolgersi

all’atto dell’instaurazione della lite – la predeterminazione dello stesso debba e

possa avvenire in un momento precedente anche alla presentazione del

reclamo da parte del cliente.

Ciò comporta l’opportunità di avvalersi di quanto disposto dall’art. 5,

comma 5°, con riferimento alla possibilità di stipulazione di clausole

contrattuali che appunto predeterminino l’organismo di conciliazione

competente.

Con riferimento ai rapporti contrattuali nuovi occorrerà, dunque,

predisporre nel testo del contratto quadro apposita clausola che indichi

l’organismo di conciliazione cui rivolgersi in caso di controversia (con i limiti e

le prudenze di cui si è detto in particolare al par.5).

Con riferimento ai rapporti contrattuali in corso, si potrebbe

pensare di comunicare alla clientela apposita variazione contrattuale ai sensi

dell’art. 118 TUB. L’indicazione dell’organismo di conciliazione competente

(sempre con i limiti e le prudenze indicate al par.5), non comportando

certamente alcuna deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria, non

potrebbe essere considerata vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c., e non

sarebbe pertanto subordinata alla specifica approvazione per iscritto da parte

del cliente.

Né, del resto, si potrebbe dubitare che manchi un giustificato motivo per

l’introduzione di apposita pattuizione che indichi l’organismo di conciliazione

competente, in considerazione della novità legislativa che introduce l’obbligo

della mediazione.

Il cliente, pertanto, ricevuta la comunicazione da parte della banca

quanto all’individuazione dell’organismo di conciliazione presso il quale

instaurare il procedimento di mediazione in caso di futura controversia,

NOTA 14 MARZO 2011 - DALMARTELLO e ASSOCIATI – STUDIO LEGALE ________________________________________________________________________________________________

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avrebbe unicamente la possibilità di recedere dal contratto nel termine di 60

giorni, ove non ritenga di poter accettare la modifica del contratto in tal senso.

Rimango a disposizione per ulteriori approfondimenti sul punto, tenuto

conto che l’opportunità di un siffatto comportamento dovrà essere

attentamente valutato nei prossimi giorni, al fine di eventualmente portare a

conoscenza della clientela la variazione contrattuale de quo con tempestività.

avv. Carola Moretti

avv. Paolo Dalmartello