Max Stirner - L'Unico 1902

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    __ 9__Indice

    INDICE.

    lo ho riposto le mia brame nel nulla ............. 15

    PARTE PRIMA. L'UOMO.I. Una vita umana ........................................ 23

    II. Uomini del tempo antico e moderno . 31

    1. GLI ANTICHI.................................................. id

    2. I MODERNI.......................................................... 43

    1. Lo spirito................................................ 47

    2. Gli ossessi. ....................................... 55

    Il regno dei fantasmi ..... 63

    Un ramo di pazzia. ........ 67

    3. La gerarchia ....................................... 95

    3. I LIBERI........................................ 133

    1. Il liberalismo politico .......... id

    2. Il liberalismo socialista ........ 158

    3. Il liberalismo umano ................... 167

    PARTE SECONDA. IO.I. L'originalit........................................................ 201

    II. L'individuo proprietario ........ 221

    1. LAMIA POTENZA ............................................... 2382. IMIEI RAPPORTI................................................ 267

    3. LA MIA GIOIA.................................................... 397

    III. L'Unico................................................................... 445

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    Max StirnerMax StirnerMax StirnerMax Stirner(Johan Kaspar Schmidt)

    1977traduzione originale dal tedesco

    CASA EDITRICE VULCANO - C - P - 6 - TREVIGLIO BERGAMO

    NOTE BIOGRAFICHE

    MAX STIRNER nacque a Bayreuth nel 1806; frequent all'Universit di

    Berlino i corsi di Hegel e di Schleiermacher, e divenne professore in unpensionato di giovani ragazze. Frequent la Societ degli affrancati

    animata da Edgard e Bruno Bauer e Arnoldo Rouge, dove si incontravano

    Marx, Engels e Bettina Von Arnim.

    Nel 1845 Stirner rassegn le dimissioni dal suo posto, per pubblicare

    L'UNICO E LA SUA PROPRIETA'., che considerava incompatibile con

    le sue funzioni.

    Questo libro, divenuto immortale, in effetti uno dei pi importanti dellafilosofia europea; e la difesa dell'individuo per la quale egli si accanisce,

    sembra non aver perduto oggi niente della sua necessit.

    Due volte sposato, mor solo ed in profonda miseria nel 1856, al n. 19

    della Philippe Strasse di Berlino.

    Nota

    Poich si ritiene che il lettore non abbisogni di

    spiegazioni che ne indirizzino l'interpretazione,

    quest'opera esce priva di introduzione.G.L.B.

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    Io ho riposto le mie brame nel nulla.

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    A chi non appartiene la causa ch'io debbo difendere? Essa ,innanzitutto, la causa buona in se stessa, poi la causa di Dio,della verit, della libert, della giustizia; poi la causa del miopopolo, del mio principe, della mia patria; infine la causa dellospirito, e mille altre ancora. Soltanto, essa non dev'essere mai

    la mia causa! "Onta all'egoista che non pensa che a s stesso!"Vediamo un po', pi da vicino, che cosa pensino della propria

    causa coloroper gl'interessi dei quali noi dobbiamo lavorare,sacrificarci ed infervorarci.

    Voi che cos profondamente conoscete le cose checoncernono Dio, ed avete investigato per millenni gli abissi escrutato il cuore della divinit, certo saprete dirci in qual modoEgli stesso tratti la causa alla quale siamo chiamati a servire.Non tentate di nasconderci il modo di condursi del Signore.Ebbene, qual' la sua causa? Ha egli forse come da noi sirichiede abbracciato una causa a lui estranea, ha egli fattasua la causa della verit o dell'amore? Voi vi sentite indignati inudir pronunciare un simile assurdo e ci sapete insegnare chequella di Dio bens la causa della verit e dell'amore, ma che

    essa non pu esser detta a lui estranea, giacch Dio per sestesso la verit e l'amore; e vi muove a sdegno il supporre cheDio possa assomigliarsi a noi poveri vermi col favorire la causad'altri come se fosse la propria. "Dio dovrebbe occuparsi dellacausa della verit, se non fosse egli stesso la verit?".

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    __ 17__Io ho riposto le mie brame nel nulla.

    Egli non pensa che alla propria causa, ma egli il tutto neltutto, e cos la suacausa abbraccia tutto; noi non siamo il tuttonel tutto e la nostra causa oltre modo meschina e spregevole,perci noi dobbiamo servire ad "una causa pi elevata". Ebbene, chiaro che Dio non si occupa che delle cose sue, nonpensa che a s stesso e non vede che s stesso; guai a tutto ciche contrasta a' suoi disegni. Egli non serve ad uno pi alto dilui e non cerca di soddisfare che s stesso. La sua una causaprettamente egoistica.

    Osserviamo un po' la causa dell' umanit che si vorrebbefacessimo nostra. E forse quella d'alcuno a lei estraneo;l'umanit serve forse ad una causa superiore? No, l'umanitnon vede che se stessa, essa non ad altro intenta che afavorire se medesima, n ha, all'infuori della propria, causaalcuna. Nell'intento di svilupparsi, essa fa che popoli edindividui si logorino, ed allorquando questi hanno compiuto illoro ufficio, essa per tutta riconoscenza li getta nel letamaio

    della storia. Non forse la causa dell'umanit una causaprettamente egoistica?

    Non ho bisogno di dimostrare a coloro che ci vorrebberoimporre la propria causa, che col far ci essi si dimostranoteneri della lor salute, non gi della nostra. Osservate gli altri.Forse che la Verit, la Libert, l'Umanit richiedono da voi altrecose se non che v'infervoriate per loro e serviate a' lor fini?

    In ci essi trovano tutto il lor vantaggio. Osservate un po' ilpopolo tutelato dai patrioti a tutta prova. I patrioti cadono nelle

    battaglie cruente e nella lotta colla fame e colla miseria; forseche il popolo si commuove perci? Grazie al concime dei lorocadaveri esso diviene un popolo fiorente! Gli individui sonmorti per "la grande causa del popolo" che paga il suo debitocon alcune parole di ringraziamento, e ne trae tutto il profitto

    che pu. Ecco un egoismo che frutta!

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    Ma osservate un po' quel sultano, che provvede con tantoaffetto ai "suoi". Non egli forse l'immagine pi schietta deldisinteresse? non sacrifica egli forse incessantemente s stessoal bene dei suoi? Si, proprio dei suoi! Prova un po' a farglicapire che non sei suo bens tuo: in premio dell'esserti sottrattoal suo egoismo, tu sarai gettato in una carcere. Il sultano nonconosce altra causa che la propria: egli per s il tutto neltutto, l'unico, e non consente ad alcuno di non essere dei"suoi". E da tutti questi esempi illustri non volete apprendereche il miglior partito quello dell'egoista? Io per mio conto

    faccio tesoro di queste lezioni e piuttosto che serviredisinteressatamente a quei grandi egoisti, voglio esserel'egoista io stesso.

    Dio e l'umanit non hanno risposto la loro causa che in sstessi. Perci voglio riporre anch'io in me stesso la mia causa,io, che, al pari di Dio, sono nulla per ogni altra cosa, e per mesono il mio tutto, l'unico.

    Se Dio e l'umanit son ricchi abbastanza per esser tutto a sstessi, io sento che a me manca ancor meno e che non potrlagnarmi della mia "vanit". Io non sono gi il nulla del vacuo,

    bens il nulla creatore, il nulla dal quale io stesso creo ognicosa.

    Lungi dunque da me ogni causa, che non sia propriamente einteramente la mia! Voi pensate che la mia causa debba essere

    per lo meno la "buona causa"? Ma che buono, ma che cattivo !Io sono per me stesso la mia causa, ed io non sono n buono ncattivo. Tutto ci per me non ha senso alcuno.

    Il divino cosa di Dio, l'umano dell' "uomo". La mia causanon divina n umana, non la verit, non la bont, n lagiustizia, n la libert, bens unicamente ci che mio; e non una causa universale, bens unica, come unico sono io.

    Nessuna cosa mi sta a cuore pi di me stesso.

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    PARTE PRIMA__________________

    L'UOMO

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    Per l'uomo l'Ente Supremo l'uomo dice FEUERBACH.

    L'uomo ora soltanto trovato dice BRUNO BAUER.

    Ebbene, osserviamo un po' pi da vicino cotesto EnteSupremo e questo uomo nuovamente ritrovato.

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    I.

    Una vita umana.

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    L'uomo, dall'istante che apr gli occhi alla luce, nellaconfusione strana che lo circonda, cerca di ritrovare sestesso,di conquistare sestesso.

    Ma tutto ci cui il bambino tende le mani, si schermisce dai

    tentativi quand' minacciato e afferma la propriaindipendenza.E poich ogni cosa vuol conservarsi qual' e contrasta ad un

    tempo a tutto ci che le dissomiglia, la lotta per l'autonomiadiviene inevitabile.

    Vincere o soccombere, tale la vicenda di questa lotta. Ilvincitore diviene il padrone, il soccombente lo schiavo;

    quegli esercita l'imperio, il "diritto sovrano", questi adempieumile e riverente i "doveri di suddito".Ma essi continuano ad esser nemici e sempre si guatano

    sospettosi l'un l'altro: spiano le debolezze reciproche, i figliquelle dei genitori, i genitori quelle dei figli (per esempio il lorotimore): e chi non percuote percosso.

    Nell' infanzia noi riusciamo a liberarci col cercare la ragione

    delle cose e ci che in esse si nasconde (nel che i fanciulli songuidati da un sicuro istinto); e perci noi ci dilettiamo arompere i nostri balocchi, a esplorare i cantucci pi reconditi, eci sentiamo spinti da curiosit verso tutto ci ch' misterioso edappartato e su tutto vogliamo provar le nostre forze.

    Quando abbiamo scoperto il segreto, l'intima essenza d'unacosa, ci sentiamo sicuri; cosi, per esempio, quando ci siamo

    accorti che la verga troppo pi debole della nostra caparbiet,

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    essa non c'incute pi timore, noi ci sentiamo ad essa superiori.Dietro la verga si ergono, pi potenti di essa, la nostra

    ostinazione e il nostro coraggio orgoglioso. A poco a poco noiriusciamo a trionfare di tutto ci che un tempo ci apparivasinistro e pauroso; della temuta potenza della verga, dellosguardo severo del padre, ecc., e dietro a tutto ci noiritroviamo la nostra atarassia, vale a dire l'irremovibilit,l'intrepidezza, la nostra resistenza, la nostra oltre possanza,l'invincibilit. Ci che prima ci incuteva timore e rispetto ora ciinspira coraggio; dietro ad ogni cosa si drizza il nostroardire, la nostra superiorit; al brusco comando dei superiorie dei genitori noi contrapponiamo il nostro audace egoismo, ogli artifici della nostra astuzia. E quanto pi sentiamo d'essernoi, tanto pi meschino ci appare ci che prima stimavanoimpossibile a superarsi. E che cos la nostra astuzia, la nostraaccortezza, il nostro coraggio, la nostra ostinazione?

    Che cosa, se non spirito?Per gran tempo ci risparmiata una lotta, che pi tardi non ci

    dar tregua, quella contro la ragione. Passano i pi bei giornidell'infanzia, senza che siamo costretti a contender con laragione. Noi non ci curiamo affatto di lei, non accettiamo dicontrastar con essa, non ce ne vogliamo impacciare. Con la

    persuasioneda noi nulla si ottiene, noi restiamo sordi a tutte

    le massime, ecc.; per contro resistiamo difficilmente allecarezze ed alle punizioni. L'ardua lotta con la ragione haprincipio solo pi tardi e d inizio ad un periodo nuovo: nellafanciullezza noi procediamo senza tanti rompicapi.

    Spirito chiamasi il primo aspetto nel quale ci riveliamo anoi stessi e umanizziamo il divino, cio il fantastico, il sinistromistero delle potenze superiori.

    Nulla pi contrasta il sentimento della nostra fresca

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    __ 25__Una vita umana

    giovinezza e della fede in noi stessi: il mondo si ha da noi indispregio, giacche noi siamo superiori ad esso, siamo spirito.

    Ora soltanto ci accorgiamo di non aver finora osservato ilmondo con lo spirito, ma solamente con gli occhi del corpo.

    Colleforze naturali noi misuriamo le nostre prime forze. Igenitori s'impongono quale una forza elementare; pi tardi ildetto suona; bisogna abbandonare padre e madre, considerareinfranta ogni forza naturale. Essi sono superati. Per l'uomoragionevole, vale a dire per l' "uomo spirituale", la famiglia

    non rappresenta pi una forza naturale: ne segue la rinunziadei genitori, dei fratelli, ecc. Se questi "rinascono"quali forze spirituali, ragionevoli, non saranno per nullaquelli che erano prima.

    E non soltanto i genitori, ma gli uomini in generalevengono superati dal giovane; essi non sono pi un ostacoloper lui, ed egli non ne tiene pi alcun conto giacch gli si dice

    allora: bisogna obbedire pi a Dio, che agli uomini.Tutto ci che "terrestre" da quest'altezza s'arretra

    in una disprezzabile distanza; poich il nuovo aspetto il celeste. La condotta del giovane ora opposta a quella delfanciullo. Essa divenuta spirituale, mentre il fanciullo nonsentendosi finora "spirito" crebbe imparando meccanicamente.Il giovane non cerca pi d'appropriarsi le cose, come, adesempio, di cacciarsi nella memoria delle date storiche, maindaga invece i pensieri che si nascondano nelle cose, come,ad esempio, lo spirito della storia; mentre, fanciullo, eglicomprendeva i nessi, ma non gi le idee, lo spirito, quindiimparava tutto ci che gli veniva fatto di apprendere senzaalcun procedimento aprioristico e teorico, cio senza ricercarele idee.

    Se nell'infanzia s'ebbe a superare la resistenza delle leggi

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    __ 26__Una vita umana

    universali, pi tardi, in tutto ci che ci proponiamo di fare, ciabbattiamo a qualche obbiezione dello spirito, della ragione,della nostra coscienza, "Ci irragionevole, anticristiano,antipatriottico", ci grida la coscienza e ci trattiene dal fare,quella data cosa. Noi non temiamo gi la possanza delle

    Eumenidi, la collera di Poseidone, non il Dio, che vede lecose pi recondite, non la ferula del padre bens la nostracoscienza.

    Ora noi seguiamo i nostri pensieri, e noi obbediamo alle loroleggi, proprio come sino allora noi avevamo ubbidito a precettidei genitori o dei superiori. Le nostre azioni si informanoormai al nostro pensare (alle nostre idee, alle nostrerappresentazioni, alla nostra fede) come nella fanciullezza silasciarono dirigere dai comandi dei genitori.

    Tuttavia anche da fanciulli noi abbiamo pensato; ma inostri pensieri non erano incorporei, astratti, assoluti,

    cio puri pensieri (un cielo per s stesso, un mondopuramente ideale), non erano infine dei pensieri logici.Ben al contrario, erano unicamente pensieri che noi ci

    formavamo sul modo d'essere di una cosa determinata: noipensavamo che la cosa potesse essere in tale o in tal altromodo. Cosi noi pensavamo: il mondo che noi vediamo l'operadi Dio: ma non pensavamo (cio non ci curavamo d'

    "investigare") le "profondit della divinit stessa". Noipensavamo: "questo v'ha di vero in tale cosa" ma nonsapevamo immaginare il vero o la verit per s stessa, ederavamo incapaci di pervenire alle tesi "Dio la verit ". Leprofondit della divinit, "che la verit", noi non letoccavamo. Su cotale questione puramente logica, vale a direteologica: "che cosa sia la verit". Pilato non si sofferma,quantunque nel singolo caso concreto non esiti a investigarequanto ci sia di vero in una data cosa cio se la cosa sia vera.

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    __ 27__Una vita umana

    Ogni pensiero congiunto ad una cosa determinata non ancoraunpensiero per s stesso, un pensiero assoluto.

    Nello scoprire il pensiero puro, o per lo meno nel farloproprio, riposto il godimento dell'et giovanile; tutte le formeluminose del mondo delle idee, la verit, la libert,l'umanesimo, l'essere umano, illuminano ed esaltano l'animadell'adolescente. Ma riconosciuto lo spirito per la cosaessenziale, permane ancora la differenza tra uno spirito poveroed uno ricco, e perci noi ci adoperiamo a diventare ricchi dispirito; lo spirito chiede d'espandersi, di fondare un regnoproprio, un regno che non di questo mondo, di recentesuperato. In tal guisa egli si argomenta di divenire il tutto neltutto. Ci vuol dire che sebbene l'Io sia spirito, non ancoraper questo uno spiritoperfetto e deve cercare d'attingere taleperfezione.

    Con ci Io, che ero giunto a ritrovare me stesso, quale spirito,perdo nuovamente e subitamente me stesso, inchinandomidinanzi allo spirito perfetto, che non in me, ma fuori di me esentendo cos la mia pochezza.

    Si tratta (non cos forse?) sempre dello spirito, ma pudirsi d'ogni spirito ch'egli sia il vero ? Lo spirito vero e genuino l'ideale dello spirito, lo "spirito santo". Esso non il tuo o ilmio spirito, bens per l'appunto lo spirito ideale, superiore, Dioinsomma. "Dio lo spirito". E questo "Padre celeste" chedimora nell'infinito, concede lo spirito perfetto a coloro che lopregano[(1) LUCA, 11, 13..)].

    L'uomo adulto si distingue dall' adolescente perci che egliprende il mondo cos com' senza vedere di ogni cosa soltantoil lato peggiore e senza l'ambizione di riformarlo, cio dirimodellarlo secondo il suo ideale. In lui prende radicel'opinione che nel mondo si debba agire secondo il propriointeressee non gi secondo i propri ideali.

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    __ 28__Una vita umana

    Sino a tanto che l'uomo non vede in s stesso che lo spiritoeripone ogni suo pregio nell'essere "spirito" e al giovane riescecosa facile il dare la sua vita, la vita "materiale" per un nonnullaper la pi sciocca offesa del suo amor proprio e della sua

    vanit, egli non ha che dei pensieri delle idee che sperad'attuare in progresso di tempo non possiede che ideali, cioidee non tradotte in effetti, pensieri che attendono d'essereconvertiti in azione.

    Solo quando avremo incominciato ad amare il nostro "corpo"e noi stessi cos come siamo il che avviene soltantonell'et matura potremo provare un interesse personale edegoistico, vale a dire un interesse che non si restringer alsolo nostro spirito, ma abbraccer tutto l'essere, l'organismointero. Confrontate un uomo adulto con un adolescente, e ilprimo v'apparir tosto pi duro, pi ingeneroso, pi egoista.Forse pi cattivo perci? Voi direte che no; soltanto egli divenuto pi caratteristico, o, come voi preferite chiamarlo,

    pi "pratico".L'essenziale che egli andato facendo di s stesso semprepi il centro d'ogni cosa, mentre il giovane s'esalta per tantealtre cose, per Iddio, per la patria, ecc. Perci l'uomo adultosegna il punto in cui l'uomo ritrova se stesso, per la seconda

    volta. Il giovane ritrov s stesso quale spinto, e si perdenuovamente nello spirito universale, nello spirito perfetto,

    "santa", nell'uomo come tale, nell'umanit, in breve in tutti gliideali, l'uomo adulto ritrova s stesso quale uno spirito "reale ecorporeo".

    I fanciulli non conobbero che interessi indipendenti dallospirito, vale a dire da idee e da pensieri, il giovane non conobbealtri interassi all'infuori di quelli spirituali; l'uomo adulto hadegli interessi reali, personali, egoistici.

    Il fanciullo s'annoia se non ha qualche oggetto con cui possa

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    __ 29__Una vita umana

    trastullarsi; giacch egli non sa ancora occuparsi di s stesso. Ilgiovane all'incontro respinge da s gli oggetti perch essi hannofatto sorgere in lui dei pensieri: egli si trastulla coi suoipensieri, coi suoi sogni che l'occupano spiritualmente; il suo"spirito occupato".

    Tutto ci che non concerne lo spirito da lui tenuto in contodi futile. E se non di meno talora egli s'apprende a frivolezze(quali, ad esempio, le cerimonie e le formalit in uso tra glistudenti), ci avviene soltanto per lo "spirito" ch'egli v'hascoperto, per i simboli che in esse gli si sono rivelati.

    Io mi ritrovai, spirito, dietro alle cose; or mi ritrovo dietro aipensieri, lor creatore e lor signore. Al tempo delle visioni ipensieri crebbero sopraffacendo il cervello, che pur gli avevagenerati; essi aleggiarono intorno a me quali fantasie febbrili, emi scossero con orribile forza. I pensieri presero un corpoproprio, divennero fantasmi, e si chiamarono Dio, il re, il papa,la patria, ecc. Col distruggere le loro incarnazioni io li facciorientrare in mio potere e dico; Io solo sono reale. Ed alloraprendo il mondo per quello che rappresenta per me, vale a direquale il mio mondo, di cui io sono il padrone; e riferisco a meogni cosa.

    Se nei momenti di profondo disprezzo pel mondo io, qualespirito, lo respinsi da me lontano, ora respingo nel nulla glispiriti e le idee di cui io sono il possessore. Essi non hanno pialcuna forza su di me, nello stesso modo che sullo spirito nonpu prevalere alcuna potenza della terra.

    Il fanciullo era realista, assorto nelle cose di questo mondo, etale rimase sino a che gli venne fatto di scoprire a poco a pocol'essenza occulta delle cose: il giovane fu idealista, caldodell'entusiasmo dei suoi pensieri, fino a che con grave stentoriusc all'egoismo dell'uomo adulto, che dispone a suo piaceredelle cose e delle idee e pone sovra ad ogni altra cosa il proprio

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    interesse. Ma e il vecchio? Se potr diventare tale nediscorreremo a nostro agio.

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    II

    Uomini del tempo antico e del moderno.

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    Come si svilupp ciascuno di noi? che cosa desider eraggiunse? in che fall? quali disegni e quali desideri ebbe cari ilsuo cuore, quali cambiamenti subirono le sue idee, quali scossei suoi principi? in una parola, come ciascun di noi divenne quelch' oggi, cio un essere dissimile da quel di ieri o d'un tempo ?

    A queste domande ognuno pu pi o men facilmenterispondere ricorrendo ai propri ricordi, ma con maggiorvivacit avvertir i cambiamenti che in lui avvennero chi assistaallo svolgersi della vita d'un altro.

    Gettiamo adunque uno sguardo sul sistema di vita chesedusse i nostri progenitori.

    ______________

    1. GLIANTICHI.

    Poich la consuetudine ha voluto imporre ai nostri antenatiche vissero avanti Cristo il nome di "antichi", noi non vogliamoosservare che a giusto diritto essi di fronte alla nostra

    esperienza dovrebbero chiamarsi i "bambini" e vogliamocontinuare ad onorarli quali nostri buoni vecchi. Ma in qualmodo essi si ridussero a invecchiar in tal guisa e chi potsopraffargli con la sua pretesa modernit?

    Noi lo conosciamo l'innovatore rivoluzionario, lo conosciamomolto bene l'irriverente erede che profan persino il sabato deipadri per solennizzare la sua domenica, ed interruppe il corso

    del tempo per incominciare con s stesso un'ra nuova. Noi loconosciamo e sappiamo che fu il Cristo. Ma rester egli

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    __ 32__Gli antichi

    eternamente giovane, egli ancora moderno o invecchiatoancor lui al par degli antichi?

    Bisogna pur ammettere che dagli antichi sia stato generato ilmoderno che a loro si sovrappone. Esaminiamo un po' codestoatto generativo.

    "Per gli antichi il mondo era verit" diceFeuerbach, ma eglidimentica quest'aggiunta importante: "una verit della qualecercavano di comprendere la falsit"; e vi riuscirono. Cheimportino quelle parole del Feuerbach si riconoscer di

    leggeri, confrontandole coll'assioma cristiano della "vanit ecaducit delle cose mondane". Nello stesso modo che ilcristianesimo non mai in condizione di persuadere s stessodella vanit della parola divina ma crede invece all'eterna edincrollabile verit di essa, tanto pi trionfante quanto con piprofonda meditazione ricercata, cos gli antichi per parteloro vivevano nella credenza che il mondo e i rapporti umani

    (per es. i vincoli naturali del sangue) rappresentassero la verit,dinanzi alla quale il loro io impotente si dovesse piegare. Ciappunto cui gli antichi attribuivano maggior valore daicristiani respinto come cosa priva di pregio; ci che quelliriconoscevano per vero questi vituperano col marchio dellamenzogna. Svanito l'alto concetto della patria, il cristiano costretto a riguardare se stesso come uno "straniero sulla terra"

    [(1) Ebrei, 11, 13.]; cos, il santo dovere di dar sepoltura aimorti, che inspir un capolavoro quale l'Antigonedi Sofocle,si riduce nella nuova dottrina a miserabile cosa ("lasciate che imorti seppelliscano i propri morti") e la indissolubilit de'

    vincoli familiari vien tacciata come una falsit, dalla quale maiabbastanza presto ci vien fatto di liberarci [(2) MARC, 10, 29.] , ecos via.

    Ora, quando abbiamo compreso che ciascuna delle due partiha in conto di verit ci che per l'altra menzogna: l'una, cio,

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    la natura e i rapporti terreni, l'altra lo spirito e la comunionecon gli esseri soprannaturali (la patria celeste, la celesteGerusalemme): ci rimane ancora da ricercare come dal mondoantico sia sorto il moderno e come si sia potuta operare quellaevidente inversione di criteri.

    Gli antichi hanno contribuito essi stessi a trasformare la loroverit in una menzogna.

    Entriamo senz'altro nel periodo pi splendido dell'antichit,in quella che ha nome daPericle. A quel tempo i sofisti erano

    in fiore e la Grecia si faceva beffe di tutto ci che sino a pocoinnanzi aveva tenuto in pregio.Troppo a lungo i padri erano stati costretti sotto il ferreo

    dominio dello Stato, al quale nessuno poteva attentare, perch iposteri per le proprie amare esperienze non avessero dovutoapprendere a sentir se stessi. Per cui con coraggiosoardimento i sofisti lanciarono l'ammonimento: "Non lasciarti

    sgomentare!"; e diffusero la dottrina educatrice : "Adopera aproposito d'ogni cosa il tuo intelletto, la tua malizia, il tuospirito; un intelletto sano e scaltrito ti porge l'unico mezzo pertrarti d'impaccio e prepararti la pi felice delle sorti, la miglior

    vita". Essi riconobbero adunque nello spirito la miglior armadell'uomo contro il mondo.

    Ecco perch i sofisti tengono in cos alto pregio l'abilit

    dialettica, la prontezza della parola, l'arte del disputare, ecc.Essi annunziano che lo spirito pu esser adoperato in ognioccasione; ma sono ancora ben lontani dalla santit dellospirito, poich questo non per essi che un mezzo, un'arma,come l'astuzia e la caparbiet pei ragazzi. Il loro spirito l'intellettoinfallibile.

    Ai giorni nostri questa sarebbe giudicata una educazione

    intellettuale incompiuta, e a guisa di ammonimento siaggiungerebbe: non educate soltanto il vostro intelletto, ma

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    pure il cuore. Ed ci che feceSocrate.Se il cuore non riusciva a liberarsi dei suoi impulsi naturali,

    ma restava invece tutto implicato nel contenuto piaccidentale, e interamente in balia delle cose e alla merc deidesideri non frenati dalla ragione (null'altro infine che un vasoaccogliente gli appetiti pi vari), il libero intelletto avrebbedovuto esser servo del "cattivo cuore", pronto a giustificaretutto tutto ci che il "cattivo cuore" desiderasse.

    Perci Socrate dice che non basta giovarci in tutte le cose

    del nostro intelletto, ma che soprattutto importa sapere a qualeintnto ce ne vogliamo servire. Oggi noi diremmo "che si deveservire alla buona causa". Per servire alla buona causa,significa esser morali. Ecco perch Socrate il fondatoredell'etica.

    Il principio della sofistica doveva, del resto, condurre aritenere che il pi servile e cieco schiavo dei suoi desideri

    potesse essere un eccellente sofista, coll'interpretare epredisporre ogni cosa in favore del suo rozzo cuore. Non sitrova forse cercando bene una buona ragione per ogni cosa eper ogni causa?

    Perci disse Socrate: "voi dovete essere a puri di cuore" sevolete che la vostra saggezza sia degna di stima. A questo puntoincomincia il secondo periodo della liberazione dello spirito

    ellenico, il periodo dellapurezza del cuore. Giacch il primoebbe la sua conclusione coi sofisti, i quali proclamaronol'onnipotenza dell'intelletto. Ma il cuore rimase mondano,cio schiavo del mondo, sempre agitato da desideri di benimateriali. E questo cuore rozzo doveva venir educato:sopraggiungeva l'et dell'educazione del cuore. Ma in qualmodo dev'esser educato il cuore? L'intelligenza pervenuta agiocar liberamente col contenuto dello spirito; un'eguale sorteattende il cuore; e di fronte a questo deve perire tutto ci che

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    mondano, sicch si finir col rinunziare alla famiglia, allacomunit della patria, ecc., per amore del cuore, vale a diredella felicit, della beatitudine del cuore.

    L'esperienza d'ogni giorno conferma che l'intelletto pu averda lungo tempo rinunziato a qualche cosa per la quale il cuorepalpita ancora lungamente.

    E cos l'intelletto sofistico si era reso talmente padrone delleantiche forze signoreggianti, che per toglier loro ogni poteresull'uomo non altro ormai occorreva se non snidarle dal cuore

    ove ancora regnavano incontrastate.Una tale guerra fu iniziata da Socrate e la pace non fuconchiusa che il giorno in cui per il mondo antico.

    Da Socrateha principio lo studio del cuore e la critica dici che esso contiene.

    Nei loro ultimi e disperati sforzi gli antichi gettarono dal lorocuore tutto ci che vi si accoglieva, sicch esso non seppe pi

    battere per cosa alcuna: questa fu l'opera degli scettici. Cos fuottenuta nell'et degli scettici la purezza del cuore, comenell'et dei sofisti s'era conseguita la liberazione dell'intelletto.

    L'educazione sofistica ebbe per conseguenza che l'intellettonon s'arrest dinanzi a cosa alcuna; la scettica che il cuore nonsi commosse pi per alcuna cosa.

    Sino a tanto che l'uomo nei suoi rapporti impacciato dallecose mondane e ne dipende e ne rimane schiavo (e tale egliresta sino alla fine dell'antichit dacch ancor sempre il suocuore deve lottare per rendersi indipendente) egli non unospirito; giacch lo spirito incorporeo e non conosce rapporticol mondo e col corpo; per esso il mondo non esiste, come nonesistono legami naturali, ma soltanto ci che spirituale, ilegami dello spirito. Perci l'uomo doveva, prima di riuscire asentirsi puro spirito, perdere ogni riguardo, divenire, quale ce

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    lo ritrae l'educazione scettica, incurante d'ogni cosa, libero datutti i suoi rapporti, indifferente a tutto il mondo, si da vederlocrollare senza commuoversi. E il risultato dell'opera gigantescadegli antichi questo: di far s che l'uomo diventi un esseresenza mondo e senza rapporti, vale a dire uno spirito puro.

    Allora soltanto, libero da ogni cura terrena, egli a s stesso iltutto nel tutto, esiste per s solo, lo spirito per lo spirito, o,per meglio dire, non si cura che delle cose spirituali.

    Nell'astuzia viperea e nell'innocenza di tortura del

    cristianesimo i due termini dell'antica liberazione dello spirito,l'intelletto ed il cuore, sono condotti a tal perfezione daapparire ringiovaniti e moderni, e n l'uno n l'altro si lascianosgomentare da ci che mondano e naturale.

    Allo spiritoadunque s'innalzarono gli antichi ed aspiraronoa diventar spirituali. Ma l'uomo, che intende svolgere la suaoperosit quale spirito, si vede attratto verso compiti ben

    diversi da quelli che prima poteva prefiggersi, verso compitiche veramente occupano lo spirito, e non soltanto il senso o lapenetrazione, facolt codeste che solo ci aiutano a rendercipadroni delle cose. Solo di cose spirituali si occupa lo spiritoed in tutto egli va rintracciando le sue vestigia: per lo spiritocredente"ogni cosa viene da Dio" e non l'interessa se non inquanto serve a rivelargli una divina origine; per lo spirito

    filosofico tutto si presenta con l'impronta della ragione el'interessa solo in quanto gli sia dato di trovarsi un contenutointellettuale.

    Gli antichi non esercitavano dunque lo spirito poichancora non lo possedevano (non esistendo esso nelle cose,con le quali nulla ha di comune, ma nel pensiero che dietroe sopra ciascuna cosa); soltanto lo ricercavano, lo invocavano, elo acuivano per lanciarlo contro il loro nemico ultrapossente, ilmondo dei sensi. Tutto infatti era per essi oggetto dei sensi,

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    dacch lo stesso Jehova e i numi pagani ancor ripugnavano alconcetto "Dio e spirito" e alla patria terrena non era ancorasottentrata la celeste. Ancor oggi gli ebrei, codesti figliprecocemente savi dell'antichit, non sono giunti, pur con tuttala loro sottigliezza e la forza della lor perspicacia e la versatilitdel loro pregevolissimo intelletto, a trovare lo spirito, che hain non cale ogni cosa.

    Il cristiano ha interessi spirituali, perch egli ardisce di essereun uomo spirituale; l'ebreo non sa comprendere nemmenotali interessi in tutta la loro purezza, perch egli non permette as stesso di non attribuire alcun valore alle cose. Egli non saelevarsi alla pura spiritualit, ad una spiritualit com'espressa, a mo' d'esempio religiosamente nella fede cristianache ci rende beati, anche senza le opere. La loro mancanza dispiritualit allontana per sempre gli ebrei dai cristiani,giacche a chi non spirituale tutto ci che tiene dello spiritoriesce inconcepibile, nello stesso modo che l'uomo spirituale

    disprezza chi tale non .Gli ebrei non possiedono che lo "spirito di questo mondo".La penetrazione e la profondit dello spirito antico sono

    tanto lontane dallo spirito e dallo spiritualismo del mondocristiano quanto il cielo dalla terra.

    Chi si sente un libero spirito, non oppresso n angustiato

    dalle cose di questo mondo, perch egli non ne tiene conto;solo chi tanto sciocco da attribuire loro unpesopu sentirnela gravezza, e in questo caso egli dimostra di tenersi ancorastretto alla "cara vita". Colui, che sopra ogni altra cosa vago disentirsi e di comportarsi quale un libero spirito, poco si curerche le cose gli volgano propizie od avverse e non penser comedebba governarsi per viverdi una vita libera e lieta.

    Egli non s'affligge per gli inconvenienti che derivano da unavita soggetta alle cose, dacch quella ch'egli conduce vita

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    spirituale; e infatti mangia ed ingoia quasi sempre senzaesserne consapevole, e se gli fa difetto l'alimento, muore colcorpo, ma sapendosi immortale quale spirito, e chiude gli occhicon una preghiera e con un pensiero. La sua vita consistenell'occuparsi di cose spirituali tutto ci che non pensieronon lo tange; quale che sia l'oggetto della sua occupazionespirituale preghiera, contemplazione, o speculazionefilosofica l'azione sua il pensiero. Ecco perch il Descartesquando alfine si fu di ci convinto pot proclamare l'assioma:"Io penso, dunque io sono". Questo significa: "Il mio pensiero

    il mio essere e la mia vita ; soltanto se vivo spiritualmente, iovivo; soltanto quale spirito sono realmente io; oppure: Io sonointeramente spirito e null'altro che spirito". Lo sventurato

    Pietro Schlemihl che aveva perduto la propria ombra ilritratto dell'uomo diventato spirito; poich il corpo dello spiritonon proietta ombra alcuna.

    Come diversi gli antichi! Per quanto ci si dimostrassero

    gagliardi e virili, di fronte alla forza delle cose dovevano purriconoscerla, n ad altro seppero riuscire che a difender controessa come meglio poterono, la loro vita. Solo tardi riconobberoche la "vera vita" non era quella della lotta contro le cose, bensla vita spiritualequella che rifuggivadalle cose, e quandodi ci si accorsero divennero cristiani, vale a dire moderni enovatori contro gli antichi.

    La vita rifuggente dalle cose, la vita spirituale, non ritraeperci pi alcun alimento dalla natura, bens si pasce di solipensieri "perci non pi vita" mapensiero.

    Tuttavia non da credere che gli antichi non conoscessero ilpensiero; ci sarebbe altrettanto falso quanto l'immaginareche l'uomo spirituale non partecipi alla vita materiale. Bensessi avevano le proprie idee su ogni cosa, sul mondo, sugli

    uomini, sugli dei, ecc. e si argomentavano in ogni guisa a

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    rendersene coscienti. Per non conoscevano il Pensiero,quantunque pensassero a molte cose e si travagliassero coiloro pensieri. Si confronti in proposito degli antichi il versocristiano: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, e diquanto il cielo pi alto della terra d'altrettanto i mieipensieri sono pi alti dei vostri" e si rammenti quanto ho dettopi sopra a proposito dei nostri pensieri infantili.

    Che cosa cerca adunque l'antichit? Il vero godimentodella vita! E si finir per arrivare alla "vera vita".

    Canta il greco poeta Simonide: "La salute il pi preziosobene dell'uomo mortale, poi viene la bellezza, poi la ricchezzaconquistata senza frodi, infine il godimento che si prova nellaconversazione di giovani amici". Tutti questi sono beni dellavita o godimenti della vita. Quale altra cosa cercava mai

    Diogenedi Sinope se non il vero piacere, ch'egli ritrov nelminimo grado dei bisogni? Che cosaAristippo, che lo ritrovnel saper serbare tranquillo l'animo nella buona e nella avversafortuna? Essi tutti cercavano la gioia d'una vitainalterabilmente serena la giocondit, la letizia.

    Gli stoicivogliono attuare il tipo dell'uomo saggio, di colui cio che sa vivere una vita conforme ai dettami dellasaggezza; essipongonoil loro ideale nel disprezzo del mondo,in una vita immobile e imperturbata, senza rapporti amichevolicol mondo, isolata e appartata; lo stoico solo vive, tutto ilresto morto per lui. All'incontro gli Epicureidomandavanouna vita tutta movimento.

    Gli antichi ambivano, quando volessero vivere allegramente,una vita agiata (precipuamente gli Ebrei, che si augurano

    vita lunga, benedetta di figli e di doni di fortuna),l'eudaimonia, il benessere nelle sue forme pi varie.

    Democritoesalta, p. es., come tale la "tranquillit dell'animo"la quale permette di "viver dolcementesenza timore e senza

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    agitazioni".L'antico del parere che la tranquillit dell'animo sia la

    migliore compagna della vita, quella che procura la pi lietadelle sorti e porge il miglior mezzo per campare. Ma siccomeegli non pu staccarsi dalla vita, principalmente per la ragioneche ogni sua attivit s'esaurisce nello sforzo che fa perstaccarsene, cio per respingerla (per far la qual cosa necessaria l'esistenza di una vita che possa esser respinta, chediversamente nulla pi rimarrebbe da respingere), cos eglinon pu altro raggiungere se non al pi un altissimo grado diliberazione, e per il grado soltanto si distingue dagli altri menofortunati negli sforzi fatti per esser liberi. Se pure ottenessel'assoluto annientamento dei sensi terrestri, quel gradod'annientamento che sol permette ancora di sussurrare laparola "Brahma", egli non si distinguerebbe per ciessenzialmente dall'uomo sensuale.

    Lo stesso stoicismo e la stessa virt virile in fin dei contivengono alla conclusione della necessit di sostenersi e diaffermarsi contro il mondo, e l'etica degli stoici (unica loroscienza poich dallo spirito null'altro seppero insegnare se nonil modo con cui esso dovesse comportarsi di fronte al mondo edalla natura [: fisica :] e lottare contro essa) non una dottrinadello spirito, bens una dottrina del disprezzo del mondo edell'affermazione del proprio io, cio di quella

    "imperturbabilit e indifferenza della vita ", che fu la virt picaratteristica deiRomani.

    Pi lontano di questa filosofia della vita non andarononemmeno iRomani(Orazio, Cicerone, ecc.).

    Quella dal benessere (edon) degli epicurei unafilosofia simile a quella degli stoici, ma pi raffinata, piingannatrice. Essa null'altro insegna fuor che una diversaattitudine verso il mondo, un contegno pi prudente; il mondo

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    dev'essere ingannato, imperocch esso il nemico.Ma gli scettici soltanto ripudiano il mondo interamente.

    Tutti i rapporti col mondo sono per essi "senza valore e senzaverit." Timone dice: " I sentimenti ed i pensieri, che noiattingiamo dal mondo, non contengono nulla di vero". "Checosa verit?" esclama Pilato. Il mondo, secondo la dottrinadi Pirrone, non n buono n cattivo, n bello n brutto, e cos

    via; tutti questi sonopredicati, che io gli attribuisco. Timonedice: "Per s stessa nessuna cosa buona o cattiva, bensl'uomo s'immagina che sia tale o tale"; di fronte al mondonon rimane che l'atarassia (l'apatia) e l'afasia(l'ammutolimento o, con altre parole, l'isolamento ulteriore).Nel mondo non esiste pi alcuna verit da conoscere, le cose sicontraddicono, le idee delle cose sono incapaci di distinzione(bene e male sono la stessa cosa, di modo che quello che pertaluno buono, per tal altro cattivo). E con ci cessa la ricercadel vero; e non rimane che l'uomo privo di conoscenza,

    l'uomo che nulla trova da conoscere nella vita, e lasciasussistere cos com' il mondo vuoto di verit, e non se ne cura.

    In cotal modo l'antichit si sbriga del mondo delle cose,dell'ordine universale, dell' universo stesso. Ma all'ordineuniversale ed alle cose di questo mondo non appartiene gisoltanto la natura, bens ne fan parte tutti i rapporti nei qualil'uomo si vede posto dalla natura, p. es., la famiglia, la

    comunit, in una parola tutti i cosiddetti "legami naturali".Col mondo dello spirito principia allora il cristianesimo.

    L'uomo che si trova ancora vigile in armi contro il mondo l'antico, il pagano (ed a questa categoria appartiene anchel'ebreo, per non essere cristiano); l'uomo che solo guidatodalla gioia del cuore della sua compassione dalla sua simpatiadal suo spirito il moderno, il cristiano. Gli antichi col

    porre ogni loro sforzo nel superare il mondo e redimere

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    l'uomo dalle pesanti catene che lo avvincevano, pervennero alladissoluzione dello stato ed alla esaltazione dell'individuo.Comunit, famiglia, ecc. quali rapporti naturali, non sonoforse ostacoli importuni, che diminuiscono la mia libertspirituale?

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    2. I MODERNI.

    "Se uno va con Cristo, diviene una nuova creatura; l'antico passato, ecco tutto s' rinnovato" [(1) Cor, 5, 17.].

    Se pi sopra fu detto: "Per gli antichi il mondo era unaverit", ora noi dobbiamo dire: "pei moderni lo spirito era unaverit ", per, qui come l, non dobbiamo omettere disoggiungere: una verit di cui cercavano ed anche giunsero ascoprire la falsit.

    Il Cristianesimo segu una via non dissimile da quellapercorsa dall'antichit. In tutta l'et di mezzo infatti

    l'intelletto fu tenuto prigioniero dei dogmi cristiani, ma nelsecolo che precedette la riforma si ribell col sofismo e siprese gioco sacrilego di tutti gli articoli di fede. E in pari temposi diceva, principalmente in Italia ed alla Corte di Roma;purch si serbi cristiano il cuore, l'intelletto pu scapricciarsi asuo bell'agio.

    Gi molto prima della riforma erano cosi frequenti le dispute

    cavillose che il papa e i pi ritennero che anche l'apparizione diLutero si dovesse risolvere in una "disputa di frati".L'umanesimo corrisponde alla sofistica, e nello stesso modoche nell'et dei sofisti la vita greca trova vasi nella sua maggiorefloridezza (secolo diPericle), cosi il massimo splendore rifulsenel secolo dell'umanesimo, o, come si potrebbe anche dire, delmachiavellismo (invenzione della stampa, scoperta del nuovo

    mondo, ecc.). In quel tempo al cuore era ignoto ancora ildesiderio di liberarsi dal suo contenuto cristiano.Ma la Riforma, al pari della filosofia socratica, mosse guerra

    seriamente al cuore e da allora i cuori divennero, a tuttaevidenza, sempre pi anticristiani. Avendo incominciato con

    Lutero a por mente alla cosa, la riforma doveva condurreinevitabilmente il cuore a liberarsi dal grave peso della

    cristianit. Il cuore, facendosi di giorno in giorno menocristiano, perde il contenuto che l'occupava, sino a tanto che

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    non gli rester altro fuorch la pura virt sua sostanziale, lacordialit, l'amore universale, l'amore dell'uomo, ilsentimento della libert, la "coscienza di s stesso". Orasoltanto pu dirsi che il cristianesimo perfetto, perch divenuto arido, privo di vita e di contenuto. Ora non si ha pialcun contenuto al quale il cuore non si ribelli, eccetto il casoche inconsciamente ci se ne lasci sorprendere. Il cuore fa lacriticad'ogni cosa, di tutto ci che mostra di voler insinuarsiin lui, con una crudelt spregiudicata e non capace dialcuna piet (se non inconsciamente o di sorpresa). Del resto,

    vi qualche cosa che si possa amare negli uomini, dacchtutti sono "egoisti" e nessuno l'uomocome tale, vale a dire"un puro spirito"? Il cristiano non ama che lo spirito; ma dovesi troverebbe qualcuno che non fosse proprio null'altro chespirito?

    Amare un uomo di carne ed ossa non sarebbe degno d'unpuro cuore, sarebbe piuttosto un tradimento della purezza

    del cuore, dell' "interesse teoretico". Giacch non si devecredere che la cordialit assomigli a quella giovialit che stringead ognuno la mano; ben all'opposto la pura cordialit non cordiale con nessuno, essa non che un interesse platonico perl'uomo come uomo, ma non gi come persona. La persona leripugna per il suo "egoismo", perch non l'uomo, o meglionon l'uomo ideale. E l'interesse teoretico non esiste che per

    l'idea. Per la pura cordialit o per la pura teoria gli uomini nonesistono se non per essere criticati, scherniti e profondamentedisprezzati; sono per esse quello che sono pel prete fanatico;fango e null'altro che fango.

    Giunti cosi all'apogeo della cordialit apatica, dobbiamo purinfine accorgerci che lo spirito, il quale solo amato dalcristiano, non esiste, o che questo spirito una menzogna.

    Ci che qui abbiamo esposto concisamente e in modo forse

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    poco intelligibile, si schiarir, speriamo, successivamente.Accettiamo l'eredit lasciataci dagli avi, e da buoni lavoratori

    ricaviamone ci che se ne pu ritrarre. Il mondo giace ai nostripiedi, vilipeso, molto al disotto di noi e del nostro cielo al qualele sue braccia pi non si tendono e cui non giunge pi il suoalito che i sensi hanno ammorbato.

    Per quante seduzioni ponga in opera, esso non puabbagliare che i nostri sensi, ma lo spirito e noi in veritnon siamo che spirito non gli riesce d'ingannarlo. Cos

    favella la "libert spirituale". Poi che pervenne alla compiutaconoscenza delle cose, lo spirito si elev sopra di esse, si sciolsedai legami che lo tenevano avvinto, ed ora spazia libero nell'infinito.

    Allo spirito, che dopo tante fatiche si sottratto alla schiavitdel mondo, poi che rinneg le cose terrene e la materia,null'altro rimane se non ci ch' spirituale. E tuttavia, come

    soltanto ci si straniato dal mondo ma non l'ha potutodistruggere, cos nel mondo egli continua a vedere un perenneostacolo, un triste ente e si strugge nel desiderio dispiritualizzarlo, e concepisce e accarezza per esso, congiovanile baldanza, disegni di riforme, di miglioramenti, diredenzione.

    Gli antichi erano, come vedemmo, asserviti alla materia e

    all'ordine naturale delle cose; ma di continuo si travagliano persottrarsi a un tal dominio, in impeti sovrumani di ribellionesenza posa rinnovellati; infine dal loro gemito supremonacque il "Dio, vincitore del mondo". Tutta l'operosit dellapersona era rivolta alla conoscenza del mondo, e svolgevasi inun perpetuo intento di penetrarne il mistero e di oltrepassarlo.E quale la sapienza dei molti secoli succedutisi? Che cosacercarono di scoprire i moderni? Il mistero del mondo non pigiacch l'avevano svelato gli antichi, bens il mistero di Dio,

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    __ 46__I moderni

    loro da quelli legato, del Dio ch' "spirito di tutto ci cheappartiene allo spirito, ch' spirituale".

    L'attivit dello spirito, che "investiga persino gli abissi delladivinit" ha nome teologia. Se gli antichi null'altro ci possonoinsegnare che la loro filosofia naturale, i moderni nonarrivarono n arriveranno mai pi in l della teologia. Noi

    vedremo pi tardi che persino le pi recenti ribellioni controDio null'altro sono infine che i pi disperati sforzi dellateologia, insurrezioni teologiche dunque.

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    1. Lo spirito.

    Immenso il regno degli spiriti e innumerevoli cosecomprende.

    Vediamo dunque che sia questo spirito che i nostri vecchi cilasciarono in retaggio.

    Essi lo generarono tra i dolori, e pur non seppero riconoscersiin lui: gli dettero la vita, ma non gli appresero la parola chedoveva pronunciare solo egli. Il "Dio nato" il figlio dell'uomoprofferisce, primo, la massima che lo spirito, cio egli, Dio,nulla ha a che fare col mondo e coi suoi rapporti, ma solamente

    conosce s stesso e ci che gli si attiene.Il mio coraggio inalterabile in mezzo a tutti i colpi della sorte,

    la mia incrollabilit, il mio spirito d'indipendenza, e forse tuttoci "spirito" nel pieno suo senso ? In tal caso mi troverei ancoranello stato di lotta col mondo, ed unico mio intento sarebbe dinon soccombere a lui! No, prima ch'egli non s'occupi che di sstesso, del suo mondo, del mondo spirituale, lo spirito non il

    libero spirito, ma solamente lo spirito di questo mondo, chealle cose del mondo avvinto. Egli spirito libero, cioeffettivamente spirito, soltanto nel mondo suo proprio; inquesta terra egli uno straniero. Soltanto in grazia d'un mondospirituale lo spirito spirito realmente, giacch il mondo de'sensi gli ignoto.

    Ma donde, se non da lui stesso, deve venirgli cotesto mondo

    spirituale? Egli deve rivelarsi; e le parole che pronuncia, lemanifestazioni del proprio essere, compongono il suomondo.Come l'uomo fantasioso vive solo nelle immagini da lui create edi quelle compone il suo regno; come il pazzo s'edifica unmondo formato di sogni, senza il quale egli cesserebbe d'esserpazzo; cos lo spirito obbligato a crearsi un dominiospirituale, e prima che questo non sia creato egli non spirito.

    Sicch le sue creazioni fanno di lui uno spirito, e dalle

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    __ 48__Lo spirito

    creature si manifesta in lui il creatore; in esso egli vive, esseformano il suo mondo.

    Che cosa dunque lo spirito? E il creatore d'un mondospirituale! Anche a me ed a te si riconosce lo spirito quando sivede che ci siamo appropriate cose spirituali, vale a dire cheabbiamo dato vita ai pensieri, quando pure ci sian statisuggeriti; nella nostra infanzia se pur ci vessero suggeriti ipensieri pi edificanti sarebbe a noi mancata e la volont e lafacolt di riprodurli.

    Cos dunque lo spirito non esiste se non quando crea coseimmateriali; la sua vita associata a ci ch'egli ha creato.Siccome noi lo riconosciamo dalle sue opere, vale la pena di

    domandarci in che queste consistono. Orbene, le opere o lecreature dello spirito null'altro sono che spirito.

    Se io m'avessi dinanzi degli ebrei, ma di quei genuini, io quidovrei farpunto e lasciarli dinanzi a questo mistero, che per

    quasi duemila anni li trov increduli e indifferenti. Ma siccometu, mio caro lettore, difficilmente sarai un ebreo puro sangue, che se tale fossi, non avresti perduto il tempo a seguirmi sinqui noi vogliamo fare insieme ancora un tratto di cammino,sino a che forse anche tu mi volgerai le spalle, vedendo ch'io tirido sul viso.

    Se qualcuno ti dicesse che tu sei tutto spirito, tu ti tasteresti il

    corpo, e gli risponderesti incredulo: "Iopossiedo, bens, dellospirito, ma non esisto solo come spirito; sono anche un uomoin carne ed ossa". Tu faresti ancor sempre una distinzione frate ed il tuo "spirito". Ma ribatte colui, tu sei destinato,quantunque inceppato per ora dai vincoli del corpo, a diventareun giorno "uno spirito beato", e comunque tu possarappresentarti l'aspetto futuro di questo spirito, non men

    vero che morendo tu dovrai spogliarti del corpo e tuttavia tucontinuerai ad esistere e ad esistere in eterno; adunque lo

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    __ 49__Lo spirito

    spirito solo in te eterno e vero, il corpo non altro che unadimora provvisoria, che tu dovrai abbandonare e mutar conun'altra.

    Adesso tu gli presterai fede? Per ora tu non sei ancorasoltanto spirito, ma allorquando sarai costretto ad emigrare daltuo corpo mortale, tu dovrai far di meno del corpo, perci necessario che tu preveda per tempo una tale eventualit eprovveda per tempo al tuo vero "io". "Che cosa gioverebbeall'uomo se conquistasse l'intero mondo e nondimeno recassedanno all'anima sua!"

    Ma anche ammesso che i dubbi sollevati in corso di tempocontro i dogmi cristiani, ti abbiano tolta da lunga pezza la fedenell'immortalit del tuo spirito, un dogma per te rimastointatto e intangibile, una verit alla quale resti sempre devoto,che cio lo spirito di te la miglior parte e che le cose spiritualihanno verso di te maggiori diritti di ogni altra cosa. Se pur

    ateo, ti trovi d'accordo con chi crede alla immortalit nello zelocontro l'egoismo.Ma quale idea ti sei formata dell'egoista? Un uomo, il quale

    anzich vivere per un'idea, cio per qualcosa di spirituale,sacrificandole il proprio vantaggio, serve invece a quest'ultimo.

    Un buon patriota, ad esempio, sacrifica tutto sull'altare dellapatria; e ha la patria sia una idea una cosa indiscutibile,

    poich gli animali irragionevoli ed i bambini ancor privi dispirito non conoscono ne patria n patriottismo. Se adunquequalcuno non si dimostra buon patriota, egli rivela nei suoirapporti colla patria il suo egoismo.

    E cosi in numerosissimi casi; chi nella societ umana siarroga e sfrutta un privilegio reo d'egoismo e pecca contro laidea dell' uguaglianza; chi esercita un dominio un egoista che

    pecca contro la idea della libert, e cos via.

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    E appunto perci tu disprezzi l'egoista, dacch egli pospone lospirituale al personale, e non pensa che a s stesso quando tu

    vorresti vederlo operare per amor d'un'idea. Voi vi distinguetein ci, che centro per te lo spirito, per lui il suo proprio essere,ovvero che tu sdoppi il tuo io, facendo dello spirito il vero "io",padrone del resto che ha minor valore, mentre egli non vuolsaperne di codesto sdoppiamento, curando i suoi interessispirituali o materiali come meglio gli piace e gli giova.

    Tu credi di biasimare soltanto coloro che non sannocomprendere il puro interesse spirituale, e invece tu imprechi atutti quelli che non vedono nell'interesse spirituale ci "che vi di pi vero e sublime". Paladino d'una tale bellezza, tu giungi atanto da negare al mondo sia altra bellezza. Tu non vivi per testesso, bens per il tuo spirito e per tutto ci che viene dallospirito, cio per le idee.

    Siccome lo spirito non esiste se non in quanto crea, vediamoquale sia la sua creazione prima.

    Compiuta questa, altre naturalmente ne seguono, al modostesso che secondo la mitologia bastava creare i primi uominiperch la stirpe si propagasse da s. Ma la prima creazionedeve sorgere "da nulla": lo spirito per attuarla nulla possiedeall'infuori di se stesso, o, per meglio dire, egli non possiedeancora nemmeno se stesso, ma deve formarsi: sicch la suaprima creazione esso stesso, lo spirito.

    Per quanto ci possa sembrar mistico, a noi lo insegnal'esperienza quotidiana. Sei tu forse un pensatore, prima d'averpensato? Col creare il primo pensiero tu crei te stesso, ilpensatore; poi che tu non pensi prima di pensare, vale a dire,prima d'aver un pensiero. Non forse il tuo canto che fa di teun cantore, la parola che fa di te un essere parlante? Ebbene,nello stesso modo, la creazione d'una cosa spirituale fa di teuno spirito.

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    Ma alla guisa stessa che tu distingui te dal pensatore, dalcantore e dal parlatore, cos ti distingui anche dallo spirito,sentendo molto bene he tu sei ancora oltre che spirito qualchealtra cosa; ma come all' "io" che pensa nell'entusiasmo nelpensare va mancando il senso dell'udito e della vista, cosianche tu, nell'entusiasmo dello spirito, desideri con tutte le tueforze di essere solamente immateriale e di obliare ogni altracosa. Lo spirito il tuo ideale, ci che ancora non furaggiunto, ci che si trova oltre ogni confine; lo spirito sichiama per te Dio, "Dio lo spirito".

    Contro tutto ci che non spirito tu lasci libero corso al tuosdegno, e cos anche contro te stessoperch non sai liberartida ogni cosa materiale. Invece di dire "Io sonopiche unospirito" tu dici, tutto compunto : "Io sono da meno che unospirito, e lo spirito, il puro spirito, o non posso cheimmaginarlo, ma non esserlo, e poich io non lo sono,dev'esserlo un altro, esistere come tale un altro, che io chiamo "

    Dio ".E proprio della natura delle cose, che lo spirito che deve

    esistere puramente per s, deve essere uno di l; e siccomel'uomo non pu essere immateriale del tutto, il puro spirito, lospirito come tale, non pu essere che fuori dell' uomo, fuoridel mondo umano; dunque non sulla terra, ma in cielo.

    Soltanto da questo disaccordo tra l'io e lo spirito, soltantoperch l'io e lo spirito non significano una sola e medesimacosa, bens dimostransi del tutto differenti tra loro, soltantoperch l'io non lo spirito e lo spirito non l'io, sorgelogicamente la necessit che lo spirito debba avere stanza al dil, debba essere " Dio ".

    Ma con ci si dimostra pure quanto prevalentementeteologica la redenzione di cui ci vuole regalare ilFeuerbach[(1) Essenza del Cristianesimo.] Egli dice cio che noi abbiamo

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    soltanto misconosciuto il nostro vero essere, e che percil'abbiamo cercato nel di l, ma ora, poich siano convinti cheDio null'altro che il nostro stesso essere umano, noi dovremoriconoscerlo per nostro e trasferirlo dal cielo alla terra. "Dio",che spirito, chiamato da Feuerbach, il "nostro essere".Ora, possiamo noi ammettere senza opposizione che il "nostroessere" sia posto in contrastocon noi stessi, e che noi stessisiamo divisi in un io essenziale ed in uno non essenziale? Nonricadiamo con ci nuovamente nelle miserevoli condizioni diun esilio fuori di noi stessi?

    Che cosa si guadagna, se, per cambiare, collochiamo in noistessi la divinit ch'era fuori di noi? Siamo noi quello che innoi ?

    Non sarebbe gi vero il dire che noi siamo ci ch' fuori dinoi. Io sono tanto poco il mio cuore, quanto sono la miaamante riamata, che pure rappresenta un altro "me stesso".Noi fummo costretti a collocare lo spirito fuori di noi appuntoperch esso pur vivendo in noi non costituiva tutta la nostrasostanza: per ci appunto noi non lo potevamo rappresentarese non fuori di noi, in un di l remoto.

    Con la forza della disperazione Feuerbach s'avviticchia atutto intero il contenuto del Cristianesimo, ma non gi perripudiarlo, bens per avvincere a s il lungamente desiderato, ilsempre lontano, strappandolo con un ultimo sforzo al cielo,dove si trovava per possederlo cos eternamente. Non forseci un ultimo disperato tentativo dal quale dipende la vita o lamorte, e non e in pari tempo l'ardente bramosia cristianadellal di l? L'eroe non vuole fare il suo ingresso nellal di l,

    bens attirarlo a s e costringerlo a diventar cosa di questa terra! E non grida forse d'allora in poi tutto il mondo, con maggior ominor coscienza, che il regno dei sensi l'essenziale, e che il

    cielo deve venir sulla terra e deve esser vissuto gi in questa

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    vita?Poniamo in poche parole di fronte la teoria teologica del

    Feuerbach e la nostra confutazione. L'essenza dell'uomo dice quel filosofo l'ente supremo dell'uomo. Orbenel'essere supremo dalla religione viene chiamato Dio econsiderato in s oggettivamente. Ma poi che in realt esso non che l'essenza dell'uomo, cos per la storia dell'umanitincomincer una nuova era, in cui l'uomo sar Dio [(1) Essenzadel Cristianesimo, pag. 402].

    E noi rispondiamo: L'essere supremo in vero l'esseredell'uomo; ma appunto perch il suo esseree non lui stesso,cos tanto vale considerarlo fuori di s sotto il nome di Dio o ins quale essere umano, quale uomo,Ionon sono n Dio nl'uomo, n l'essere supremo n l'essere mio, e perci m'indifferente il pensare un essere in me o fuori di me. Si, noi ciimmaginiamo sempre l'essere supremo fuori di noi ed in noi,poich lo "spirito divino", secondo la fede cristiana, pure il

    "nostro spirito" e dimora in noi. [(2) Vedi Rom. 8, 9; Cor. 3, 16;Giovanni 20, 22, ecc., ecc.] Egli ha stanza e nel cielo e in noi; noipoveri esseri non rappresentiamo che la sua "dimora"; e se il

    Feuerbach ci distrugge anche la sua "dimora celeste", aprezzo di quale fatica noi gli potremo dar ricetto ?

    Ma tronchiamo questa divagazione (che avremmo dovutoprotrarre a pi tardi) per non incorrere in ripetizioni, e

    ritorniamo alla prima creazione dello spirito.Lo spirito alcunch di diverso dall'io. Ma in che cosa

    ne differisce?

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    2. Gli ossessi.

    Hai tu mai veduto uno spirito? "Io no, ma l'ha veduto lanonna". Ecco, la stessa cosa succede a me. Io non ho veduto

    mai alcuno spirito; invece mia nonna ne incontrava uno adogni momento; sicch, per non far torto alla sincerit dellanonna, mi convien credere all'esistenza degli spiriti.

    Ma tra i nostri vecchi non vi eran di tali che facevanospallucce allorch la nonna favoleggiava degli spiriti che aveva

    veduti? Certo; ma erano increduli, liberi pensatori che grandanno recarono alla nostra santa religione. E noi ce ne

    accorgeremo! Su che cosa fondata la credenza negli spiriti senon sulla fede nell'esistenza d' "esseri spirituali in generale?". Equesta fede non vien forse scossa, se si permette che uominiseguaci della pura ragione ardiscano attentarvi? Come per lascemata credenza negli spiriti e nei fantasmi la stessa fede inDio sia stata se stessa ci insegnato dai romantici: i qualitentano di attraversarsi tali funeste conseguenze col ridestare a

    nuova vita il mondo dei miti e delle favole, e in modoparticolare vi si adoperano di recente con la rievocazione "di unmondo superiore che penetra entro il nostro mondo", con leloro sonnambule, con le veggenti diPrevorst, ecc.

    I buoni credenti ed i padri della Chiesa non prevedevano checol cessar della credenza negli spiriti dovesse mancare ilterreno alla religione stessa, si che da allora in poi essa avesse a

    librarsi sull'aria. Chi non crede pi nei fantasmi non ha che aproseguire con una certa coerenza per la sua via, per accorgersiche dietro le cose non si nasconde alcun essere sovrannaturale,alcun fantasma o, ci che l'ingenuit linguistica chiama conun medesimo vocabolo alcuno "spirito".

    "Gli spiriti esistono!" Guardati un po d'attorno nel mondo, edimmi se da ogni cosa non si riveli a te uno spirito. Dal piccolo

    fiore grazioso parla a te lo spirito del creatore che l'ha formatocos bello; gli astri annunziano lo spirito che li ha ordinati: dai

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    vertici dei monti ti soffia incontro uno spirito sublime; dalleacque s'innalza a te uno spirito di bramosia; dagli uominifavellano a te milioni di spiriti. Si sprofondino i monti,appassiscano i fiori, crolli l'universo, perisca anche l'ultimouomo e che importa d'una cotal ruina generale? Lo spirito,l'invisibile, "vive in eterno".

    S, su tutto il mondo passa lo spirito coi suoi brividi ! Soltantosu lui? No, il mondo stesso sembra un sinistro fantasma,l'ombra d'uno spirito.Che altro potrebbe essere un fantasma senon un corpo apparente a uno spirito reale? Ebbene, il mondo "vano" il "vuoto", un' "apparenza" che inganna col suosplendore; l'unica verit sta nello spirito; il mondo non che lafigura apparente dello spirito.

    Vicino e lontano, da per tutto, ti circonda un mondo dispiriti: tu sei sempre in balia delle apparizioni e delle

    visioni. Ogni cosa che a te si presenti, altro non che ilriflesso d'uno spirito che risiede in lei, un' "apparizione"fantastica: il mondo per te solo un complesso di "fenomeni",dietro ai quali lo spirito fa suoi giochi.

    Vorresti forse paragonarti agli antichi che vedevano gli deidappertutto? Gli dei, mio caro moderno, non sono spiriti; glidei non umiliano il mondo sino a ridurlo ad una parvenza, n lospiritualizzano.

    Ma per te tutto il mondo appare spiritualizzato e fattosimile a un misterioso fantasma; perci non meravigliarti seanche in te stesso null'altro troverai che una ridda di fantasmi.Non forse il tuo corpo ossesso da quel fantasma che tuchiami spirito; non forse quello solo il vero, il reale, mentre iltuo corpo cosa "passeggera, vana, una parvenza" ? Non siamonoi tutti altrettanti spettri; esseri sinistri che attendonod'essere "redenti"; non siamo noi forse "spiriti"?

    Dacch lo spirito apparso nel mondo, dacch il verbo s'

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    fatto "carne", il mondo s' spiritualizzato, diventato ilregno dei fantasmi. Tu hai lo spirito, perch hai pensieri. Checosa sono i tuoi pensieri? esseri spirituali. Dunque nonsono cose: No, bens lo spirito; l'essenza di tutte le cose; ciche in esse di pi intimo; la loro idea. Sicch ci che tupensi non semplicemente il tuo pensiero? Ben al contrario,il pensiero la realt, ci che v' di vero al mondo; la veritstessa; quando io penso veracemente, io penso la verit. Io posso bens ingannarmi sul conto della verit edisconoscerla; ma se io conosco veracemente, l'oggetto

    della mia conoscenza la verit. Sicch tu intendiperennemente a conoscere il vero? La verit m' sacrosanta.Pu darsi, si, che io trovi imperfetta una data verit, e che lasostituisca con una migliore, ma con ci non posso levar dalmondo la verit. Nella verit io credo, perci la ricerco; oltreessa non v' cosa alcuna; essa eterna.

    Sacrosanta, eterna la verit: essa la santit, l'eternit

    stessa. Ma tu, che ti lasci penetrare e guidare da codestasantit, divieni santo tu pure. Di pi, la santit non fatta per ituoi sensi, e giammai ne troverai la traccia quale uomosensuale, poich essa parla alla tua fede e, pi ancora, al tuospirito: ed anzi essa medesima uno spirito; uno spirito cheparla allo spirito.

    Non cosa facile metter da parte la santit, come sostengono

    alcuni, che "schivano di pronunciare questa parola impropria".Qualunque sia la ragione per cui mi si taccia di egoismo, certo che tale accusa non sarebbe possibile se non si avesse ilpensiero di qualche cosa cui io debba servire con maggior zeloche non a me stesso e in cui sopra tutto io debba cercare la miasalute; di qualche cosa, insomma, di santo. E quando anchequesta cosa santa rassomigli ad una cosa umana, o sia, se

    pur vuolsi, l'uomo stesso, non le verr meno per ci il caratteresuo; al pi la santit soprannaturale si muter in terrestre, e la

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    divina in umana.La santit non esiste che per l'egoista che non conosce se

    stesso, per l'egoista involontario, che va sempre in cerca dici che a lui conviene e che pure non vede in s stesso l'esseresupremo; che non serve che a s stesso, pur ritenendo diservire ad un essere superiore; che nulla conosce di superiore as stesso mentre pur si sente spinto a qualche cosa di pielevato; in breve per l'egoista che non vorrebbe esser tale, chesi umilia e combatte il proprio egoismo, e in pari tempo non siumilia che "per essere innalzato", vale a dire per soddisfare ilsuo egoismo.

    Poich vorrebbe cessare d'esser egoista, egli cerca in cielo edin terra esseri superiori per servirli, e sacrificar loro s stesso;ma per quanto si agiti e si travagli, in fin dei conti egli fa tuttoci nel proprio interesse.

    Tutti gli sforzi ch'ei fa per liberarsi da s stesso non da altro

    derivano che dall'istinto inconscio della propria liberazione.Perch tu sei avvinto all'ora passata, perch tu devi far oggi ciche hai fatto ieri, perch non puoi ad ogni momentotrasformarti, ti senti oppresso dalle catene dello schiavo. Perquesto ad ogni minuto della tua esistenza ti sorride un attimoallietante dell'avvenire; e, sviluppandoti, ti vai liberando da testesso, cio da quello che tu eri poco prima.

    Ci che tu sei in ogni singolo momento tua creazione; enon vorresti perderti, tu creatore, nella tua creatura? Tu sei unessere superiore a te stesso e oltrepassi te stesso. Mainvolontario egoista, tu non arrivi a conoscere che sei tustesso quell'essere superiore, cio che tu non sei unicamenteuna creatura, ma anche il creatore di te stesso. Mancando diuna tale conoscenza, "l'essere superiore" ti appare come unnon son che a te estraneo. Tutte le cose superiori, la verit,l'umanit, ecc., stanno al disopra di noi.

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    Questo ci estraneo; ecco il segno a cui conosciamo ci che santo. In tutto ci che santo qualcosa di "strano", cio distraniero, nel quale noi ci sentiamo a disagio. Ci che per me santo non appartiene a me; e se, ad esempio, la proprietaltrui non fosse per me una cosa sacrosanta, io la considerereiqual cosa mia, della quale in una occasione opportuna io potreidisporre a mio piacere; se all'opposto io riguardo come santo il

    volto dell'imperatore della Cina, esso rimane estraneo pei mieiocchi, e perci li chiudo quand'egli si appressa.

    Perch una verit matematica inconfutabile, la quale,secondo il significato comune della parola, potrebbe dirsieterna, perch una tale verit non "santa"? Perch non ci furivelata, o perch non la manifestazione d'un esseresuperiore. Se col nome di verit rivelate noi noncomprendiamo che le cosiddette verit religiose, noic'inganniamo di molto, e disconosciamo il valore del concetto:"essere superiore". L'essere superiore, adorato anche sotto il

    nome d' "ente supremo", fu dagli atei fatto segno allo scherno.Essi distrussero luna dopo l'altra le "prove" della esistenza diquell'Ente, senza accorgersi che abbattevano l'antico per farposto al nuovo. Non e forse "l'uomo in s" un essere superioreal singolo uomo; e tutte le verit, i diritti e le idee, che sisvolgono dal concetto "uomo", non devono forse esserconsiderate e in conseguenza riguardate come sante, per essere

    manifestazioni e rivelazioni di quel concetto? Poich se pertaluna delle verit che sorgono in apparenza da quel concettodovesse esser confutata, ci non sarebbe che provare che ci fuun malinteso da parte nostra senza nulla scemare alla santitdel concetto stesso e senza togliergli il carattere suo di fronte aquelle verit che ne possono esser considerate "a buon diritto"quali rivelazioni. "L'uomo" preso nella sua collettivit

    oltrepassa ogni uomo singolo, ed un essere universale e"superiore"; anzi per gli atei "l'essere supremo".

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    E allo stesso modo che le rivelazioni divine non furonovergate dalla mano propria di Dio, bens portate a conoscenzadegli uomini mediante gli "strumenti del Signore"; cos anchel'essere supremo moderno non scrive di propria mano le suerivelazioni, bens le fa giungere a nostra conoscenza mediante i"veri uomini". Solamente, il nuovo essere supremo rivela (giusto il riconoscerlo) un concetto pi spirituale che nonl'antico Dio; poich l'antico ci veniva rappresentato sottouna forma corporea, mentre il moderno resta libero d'ogni

    veste materiale. Ne tuttavia gli difetta una certa corporeit,

    tanto pi fascinante quanto pi naturale; perch altro esso non insomma che l'uomo, anzi l'umanit intera. Il caratterefantastico dello spirito s'incarna cos in una forma corporea eridiviene popolare.

    Santo adunque l'essere supremo, e santa ogni cosa per cuiquesto essere si rivela o si riveler; e santi coloro chericonoscono questo essere supremo e ci ch' suo attributo,

    cio le sue rivelazioni. La cosa santa rende poi santo colui chel'adora; del pari ci che egli fa santo: una vita santa, un santomodo di pensare, d'agire, d'immaginare, d'aspirare, ecc.

    La ricerca di quel che si debba adorare quale essere supremonon pu aver importanza sino a tanto che gli avversari sonod'accordo sul punto essenziale, cio che esiste un esseresupremo al quale si deve culto e fede. Se qualcuno sorridesse di

    disprezzo assistendo a una controversia sull'essere supremo come farebbe, ad esempio, un cristiano udendo disputare un

    Sciita con un Sunnita o un Bramino con un Buddista -ci vorrebbe dire che l'ipotesi d'un essere supremo per lui

    vana e una disputa su tale argomento una cosa assurda einutile. Che poi il Dio uno o il Dio trino o il Dio Lutero, odinfine "l' uomo", rappresentino l'essere supremo,

    indifferente a chi nega l'esistenza di un tale Ente, poich aisuoi occhi tutti quei servi d'un essere supremo non sono che

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    gente religiosa: cos il furibondo ateo, come il cristiano dallafede cieca.

    Nella santit risiede dunque innanzi tutto l'essere supremo, ela fede in lui la nostra santa fede.

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    Il regno dei fantasmi.

    Coi fantasmi noi entriamo nel regno degli spiriti, nel regnodegli "esseri".

    L'essere misterioso e incomprensibile che s'aggiranell'universo e lo turba, appunto il fantasma che noichiamiamo Ente supremo. Penetrarlo, comprenderlo, trovareci che in esso v' di reale (dimostrare l' "esistenza di Dio") questo il compito prefissosi nei millenni dall'uomo con laorribile inutile fatica, col lavoro senza fine delle Danaidi, di farreale il fantastico, di mutare lo spirito in corpo. Dietro al

    mondo che esiste essi cercarono la "cosa in s", l'essere: dietrola "cosa" es. si cercarono la "non cosa".Quando si penetra nel fondo d'una cosa, cio nella sua vera

    essenza, si scopre molte volte che essa altra da quella che ciappariva; un discorso ingannevole, od un cuore falso, delleparole gonfie o dei pensieri meschini, e cos via. Col rivelarnel'essenza, il fenomeno sino allora mal conosciuto si riduce a

    un'apparenza vana. L'essenza del mondo, che ha tantaparvenza d'allettamenti e di splendori , per colui che vuoleapprofondirla, la vanit; la vanit l'essenza universale. Orachi religioso non si occupa dall'apparenza ingannatrice, maricerca l'essenza, e trova nell'essenza la verit.

    Gli esseri che sorgono da certa specie di fenomeni sono gliesseri cattivi; quelli che sorgono da altre specie sono i buoni.

    L'essenza dell'animo umano , per esempio, l'amore; l'essenzadella volont umana il bene; quella del suo pensiero la verit,e cosi via.

    Ci che prima ai nostri occhi costituiva il mondo, oggi sipresenta come una pura apparenza; e ci che veramenteesiste pi tosto l'essere, il cui regno popolato di dei, spiriti,demoni, vale a dire di esseri buoni e di maligni. Soltanto questomondo a rovescio, il mondo degli esseri, esiste oggid

    veramente. Il cuore umano pu essere privo d'amore, ma la sua

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    __ 64__Il regno dei fantasmi

    essenza vive ed il Dio che " tutto amore"; il raziocinioumano pu errare, ma la sua essenza, la verit, esiste: "Dio la

    verit", ecc.Conoscere e riconoscere gli esseri e null'altro che gli esseri:

    ecco la religione; il suo regno un regno degli esseri, deifantasmi, degli spettri.

    La tendenza di render comprensibile il regno misterioso deglispiriti, e di incarnarne il "non senso", ha prodotto un

    fantasma reale, uno spirito che ha corpo. E in qual modo si

    sono affaticate le pi forti e le pi geniali intelligenze delcristianesimo per comprendere un tal fantastico oggetto!Per restava sempre la contraddizione delle due nature, laspirituale e la sensuale. Nulla fu pi tormentoso per un'anima.L'ossesso che per cacciare da s uno spirito si tortura fino aldelirio e s'agita nelle pi terribili convulsioni, non provaun'angoscia comparabile a quella che cristiani soffersero pelloro inconcepibile fantasma.

    Ma per merito di Cristoquesta verit fu palese; che lo spiritopropriamente detto, il vero fantasma, era l'uomo. Quello spiritoche ha preso forma corporea per l'appunto l'uomo; eglistesso l'essere visibile, e n' l'apparenza in pari tempo che lasostanza. Da allora in poi l'uomo non teme, a dire il vero, ifantasmi che sonofuori di lui, bens se stesso; egli ha terroredi s stesso. Nelle profondit del suo seno ha ricetto lo spiritodel peccato; perfino il pi innocente pensiero (ch' pureuno spirito) pu essere un demonio. Il fantasma ha presocarne; Dio s' fatto uomo; ma l'uomo stesso ora l'orridofantasma del quale prima indagava il mistero e ch'ei si sforzavadi cacciare, di evocare e di far parlare; l'uomo lo spirito.Possa perire il corpo, purch si salvi lo spirito; lo spirito ciche importa soprattutto; e la salute dello spirito, o "dell'anima",

    discaccia ogni altro interesse. L'uomo divenuto dinanzi a se

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    __ 65__Il regno dei fantasmi

    stesso un fantasma; sinistro fantasma al quale anche dovetteassegnare una sede nel proprio corpo (vedi le controversieintorno alla sede dell'anima).

    Tu per me ed io per te non siamo esseri superiori. Eppuretanto in me quanto in te pu racchiudersi un essere superiore ilquale ci indurr ad una reciproca venerazione. Per restringercialla cosa pi comune, in me ed in te vive "l'uomo". Se non

    vedessi in te un uomo, quale motivo avrei di stimarti? Tu nonsei, vero, l'uomo e la sua vera forma adeguata, benssoltanto la spoglia mortale, dalla quale egli pu separarsisenza cessar d'esistere; ma per ora almeno quell'esseresuperiore ha fissato in te la sua dimora, e tu rappresenti per me(per la ragione che uno spirito immortale ha preso stanza in uncorpo mortale, sicch la tua forma non che "provvisoria "),uno spirito che mi si rivela senza esser vincolato al tuo corpo nead un modo di manifestazione determinato: dunque unfantasma. E perci non vedo gi in te un essere superiore, bens

    rispetto unicamente quell'essere superiore che in te si"contiene"; rispetto in te "l'uomo". Questo gli antichi nonsapevano vedere nei loro schiavi, l'essere superiore, l'uomo,non moveva il loro affetto. Un fantasma d'altra sortescorgevano in ciascun di loro: lo spirito popolare che a tutti gliindividui sovrasta ed in ognuno di essi. Quindi veneravanoquello spirito, e solo in quanto un singolo serviva devotamente

    ad esso o ad un altro spirito affine, (per es allo "spirito dellafamiglia") costui poteva ottenere considerazione e importanza.Soltanto in grazia dell'essere superiore, chiamato popolo, ilsingolo "membro" del popolo valeva qualcosa. Allo stesso modoche tu ci sei sacro in virt dell' "uomo" che scorgiamo in te, cosallora si era resi sacri per il prestigio di qualche ente superiore,popolo, famiglia, ecc. Se io mi prendo cura di te perch ti amo,

    perch il mio cuore trova alimento in te e i miei bisogni hannoin te la loro soddisfazione, ci non avviene gi per amor d'un

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    essere superiore, di cui tu sei l'involucro sacro, n perch iovegga in te uno spirito che attraverso il tuo corpo mi si riveli,ma per soddisfare il mio egoismo. Tu stesso mi sei caro, coscome sei poich il tuo essere non superiore a te, non pielevato, pi universale di te, ma con te la stessa cosa: ci chetu sei.

    Ma il fantasma non solo nell' uomo; in ogni cosa. L'esseresuperiore, lo spirito, compenetra ogni cosa. Spiriti da ogniparte!

    Gioverebbe qui una rassegna di tutti gli spiriti che aleggianoper ogni dove, se pi sotto essi non ci dovessero riapparire perdileguar qual nebbia al sole dell'egoismo. Perci cirestringeremo ad accennare alcuno a mo' d'esempio, peroccuparci del modo con cui ci dobbiamo comportare verso diloro: tali lo "spirito santo", la verit, il diritto, la legge, la giustacausa, la maest, il matrimonio, la salute pubblica, l'ordine, lapatria, ecc.

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    Un ramo di pazzia.

    O uomo, la tua testa non a segno; tu hai un granello difollia. Tu immagini grandi cose, dipingi alla tua fantasia un

    intero mondo di dei fatto per te solo, un regno degli spiriti alquale tu solo sei destinato: un ideale che a s ti chiama. La tua un'idea fissa.

    Non pensare gi che io scherzi o parli in stile biblico, seconsidero quegli uomini, anzi la maggior parte degli uominiche vivono sotto il fascino delle cose elevate, quale altrettanti"pazzi" degni del manicomio.

    Che cosa s'intende per "idea fissa"? Un'idea della qualel'uomo si reso schiavo. Se da una tale idea fissa voiriconosceste che l'uomo pazzo voi chiudete in un manicomio,colui che n' schiavo. E non sono forse tali i dogmi della fede,dei quali non lecito dubitare la maest, per esempio, delpopolo alla quale non si deve attentare (chi lo fa si rendecolpevole di lesa maest); la virt che il censore tutela col dar

    l'ostracismo ad ogni parola che possa ledere in qualunquemodo la moralit, ecc.? Non sono forse, tutte codeste, "ideefisse"? Non son forse tutte stolte chiacchiere, quelle, peresempio, della massima parte dei nostri giornali; chiacchiere dipazzi, dominati dall'idea fssa della moralit, della legalit, delcristianesimo, erranti liberi per il mondo poich tanto vasto ilmanicomio che li accoglie? Se ad alcuno di cotali pazzi si toccail tasto dell'idea fissa, ecco che ci sar necessario d'assicurarcicontro la sua furia. Giacch questi grandipazzirassomiglianoai pazzi ordinari in ci, che essi assalgono proditoriamente chis'attenta a dissuaderli dalla loro "idea fissa". Prima gli tolgonol'arma; poi la parola, ed in fine piombano su di lui perdilaniarlo colle loro unghie. Ogni giorno ci fornisce nuoveprove della vigliaccheria e degli istinti di vendetta di tali pazzi,e il popolo sciocco plaude alle loro folli attitudini. Bisognaleggere le gazzette dei nostri giorni per acquistare l'orribile

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    convincimento, che si rinchiusi insieme con dei pazzi. "Tunon devi dar del pazzo al fratello tuo, altrimenti, ecc.". Ebbene,io non temo la vostra maledizione e dico: "i miei fratelli sonopazzi, arcipazzi". Che un disgraziato inquilino del manicomios'immagini d'essere il Padre Eterno, l'imperatore del Giappone,oppure lo Spirito Santo, o che un bravo borghese persuada as stesso ch'egli destinato ad essere un buon cristiano, unfedele protestante, un cittadino devoto al governo, un uomo

    virtuoso e cosi via si tratta pur sempre d'una "idea fissa".Colui che non ha tentato mai n mai osato di cessar d'essere

    (fosse pure per un momento) un buon cristiano, un fedeleprotestante, un uomo virtuoso prigioniero e schiavo dellasua fede, della sua virt. Come gli scolastici non filosofavanoche entroi limiti dei dogmi della Chiesa e il papa Benedetto

    XIV scriveva dei grossi volumi il cui contenuto non esorbitavadai confini delle superstizioni papistiche, come molti scrittoripubblicarono innumerevoli in-folio sullo "Stato" senza

    mettere in dubbio l' idea fissa dello Stato, come le colonne deinostri giornali sono ripiene di politica, perch coloro che liscrivono sono dominati dall'idea che l'uomo sia destinato adessere un "animale politico"; cosi vegetano anche i sudditi nellasudditanza, i virtuosi nella moralit, i liberali nell'umanesimo,ecc. senza mai provare contro tali loro idee fisse il coltello dellacritica. Immutabili, al pari delle monomanie dei pazzi quelle

    idee, se ne stanno su fondamenta di granito, e guai a chis'attenta a toccarle perch son cose sacre! L'idea fissa: eccoci ch' sacro.

    Ci abbattiamo noi forse soltanto in uomini ossessi daldemonio, oppure anche in persone ossesse dall' idea del bene,della virt, della moralit, della legge, o da qualche altro"principio"? Le ossessioni e possessioni diaboliche non sono le

    sole esistenti. Dio agisce su noi, ma su noi agisce pure ildemonio; le opere di Dio sono effetti della "grazia divina", le

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    altre della "malia del demonio". Gli ossessi sono possedutidalle loro opinioni.

    Se la parola "ossessione" vi spiace, adoperate per l'altra di"prevenzione"; anzi, poich lo spirito vi possiede e da esso vi

    vengano tutte le ispirazioni, dite pure "entusiasmo". Iosoggiungo che l'entusiasmo perfetto non volendo indugiare aparlar dell'entusiasmo non sincero si chiamafanatismo.

    Il fanatismo ritrovasi precisamente nelle persone colte;giacch colto l'uomo il quale dimostra interesse per le cosespirituali; ora quando un tale interesse si manifesta in attodiviene (n altrimenti potrebbe essere) "fanatismo"; cio uninteresse fanatico per una cosa "sacra" (fanum). Si guardi unpo' ai nostri liberali; si getti un'occhiata sui giornali patriotticidella Sassonia; si ascolti quello che dice la Schlosser[(1) IlSecolo XVIII, II. 519.]: "La societ dell'Holbach formava unavera trama contro la dottrina rivelata e contro il sistemavigente, e coloro che vi avevano parte erano altrettanto fanatici

    del loro ateismo, quanto i frati e i preti, i gesuiti e i pretisti, imetodisti e i missionari e le societ della Bibbia del loroservizio divino meccanico e della loro fede nei dogmi".

    Si ponga attenzione al modo con cui o oggid si comportaun uomo "morale", che pur presume molto spesso di essersisbrigato di Dio e rigetta il cristianesimo come un'anticaglia. Segli si domanda se abbia mai dubitato che l'accoppiamento tra

    fratelli non sia un incesto, che la monogamia non sia il veromatrimonio, che la piet non sia sacro dovere ecc., egli proverun brivido morale. E donde questo brivido? Dalla sua fede neiprecetti dell'etica. Quella fede morale ha profonde radici nelsuo petto. A nulla gli giova il suo travagliarsi contro i devoticristiani; egli stesso rimasto sempre cristiano, cio uncristiano morale. Sotto forma di moralit il cristianesimolo

    tiene schiavo, e propriamente schiavo della fede. Lamonogamia dev'essere una cosa sacra, e chi vive in bigamia

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    dev'essere punito; punito chi si rende colpevole di incesto.In ci appaiono perfettamente d'accordo tutti quelli che sidanno faccenda a gridare che lo Stato non deve curarsi dellareligione e che l'eb