Mathias Sandorf

  • Upload
    tiopomo

  • View
    446

  • Download
    4

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Mathias Sandorf è un romanzo di avventura dell'autore francese Jules Verne. Il libro utilizza numerosi espedienti narrativi tipici dei precedenti romanzi di Verne: isole, crittogrammi, sorprendenti rivelazioni di identità, apparecchiature futuristiche e un eroe solitario in cerca di vendetta.Verne dedicò il romanzo alla memoria di Alexandre Dumas padre, sperando di fare di Mathias Sandorf il Conte di Montecristo dei suoi Viaggi straordinari.

Citation preview

1

JULES VERNE

MATHIAS SANDORFDisegni di Leon Benett incisi da Froment, Heulard, A. Jacob F.-L. Maulle, F. Moller, A.-F. Vannemaker Copertina di Florenzio Corona U. MURSIA & C.MILANO

Traduzione integrale dal francese di FRANCA GAMBINOTitolo originale dell'opera MATHIAS SANDORF (1885)

Propriet letteraria e artistica riservata Printed in Italy Copyright 1972 U. MURSIA & C. 1307/AC - U. MURSIA & C. - Milano - Via Tadino, 29

2

PRESENTAZIONENon a caso Verne ha dedicato questo romanzo ad Alexandre Dumas figlio (e alla memoria del padre, il celebre autore de Il conte di Montecristo) scrivendo esplicitamente: In quest'opera ho tentato di fare di Mathias Sandorf il Conte di Montecristo dei "Viaggi straordinari". E infatti, la situazione fondamentale del romanzo (e persino certi suoi sviluppi) analoga. Il conte Mathias Sandorf, un ricco aristocratico ungherese, ha progettato con alcuni amici una rivolta per staccare l'Ungheria dall'Impero austriaco. Ma per la delazione di alcuni loschi individui la rivolta fallisce, e il conte, insieme con altri due congiurati, Ladislas Zathmar ed Etienne Bathory, viene imprigionato nel forte di Pisino, in attesa d'essere giustiziato. Qui, per caso, i prigionieri vengono a conoscenza dei nomi dei loro traditori, Sarcany e Toronthal, e da quel momento la loro rassegnazione s muta in una ferma decisione di fuggire ad ogni costo per potersi vendicare e fare giustizia. Essi studiano e attuano dunque un piano di fuga, ma solo Mathias Sandorf riesce nell'intento. Gli altri vengono ripresi e giustiziati. Qui, esattamente come ne Il conte di Montecristo, c' un salto di tempo. Di Mathias Sandorf, scomparso nei flutti dell'Adriatico, non si sa pi nulla. Ma un giorno, nel porto di Ragusa, fa scalo una goletta da diporto di propriet di un medico famosissimo quanto ricco, il dottor Antekirtt. Corre voce ch'egli si sia fatto una enorme fortuna in Medio Oriente prestando la sua opera di medico e guarendo d'un male sconosciuto un potente marajah. Ma corre anche voce ch'egli abbia prestato gratuitamente la sua opera alle popolazioni indigene, salvandole da gravi epidemie, acquistandosi la fama di mago e di benefattore. E questo completa in parte il suo profilo morale. Il dottor Antekirtt (una figura nobile ed enigmatica) non solo ricchissimo, ma fondamentalmente buono e generoso.3

Il lettore, a poco a poco, scopre con sorpresa che il dottore nientemeno che Mathias Sandorf, ritornato in Europa dopo tanto tempo (proprio come il Conte di Montecristo) per vendicarsi dei suoi delatori. Egli aveva studiato in giovent alcuni elementi di medicina, di fisica e di chimica che messi a profitto in Medio Oriente erano stati alla base della sua fortuna. E ora, dopo quindici anni, la macchina della vendetta comincia a mettersi in moto. Mathias Sandorf, sotto le mentite spoglie del dottor Antekirtt, riesce a ottenere la simpatia e la collaborazione dei figli dei suoi amici scomparsi e ad uno ad uno s'impadronisce dei suoi nemici per sottoporli a giudizio. Ma e ancora una volta valido il raffronto con il romanzo di Dumas non sar Sandorf a realizzare la giustizia e a compiere vendetta. La giustizia di Dio giunge prima di lui, risparmiandogli azioni che ripugnavano alla sua natura nobile e generosa. Come abbiamo visto, sia pure in modo rapido e sommario, i punti di contatto fra i due romanzi sono moltissimi, e toccano sia la vicenda, e il suo intreccio, sia la psicologia dei personaggi principali, e sia ancora il carattere romantico dell'opera, avventurosa, patetica, drammatica, e organizzata con grande abilit. Non a caso Dumas figlio, rispondendo alla dedica di Verne, cos gli scrisse: Nessuno pi dell'autore de Il conte di Montecristo avrebbe gradito la lettura dei Suoi appassionanti lavori, pieni di fantasia, di luce, di originalit. Tra Lei e lui esiste una parentela letteraria talmente palese che, letterariamente parlando, Lei gli pi figlio di me. Ed io Le sono affezionato da tanto tempo che sono felice di essere Suo fratello.

4

JULES VERNE nacque a Nantes l'8 febbraio 1828. A undici anni, tentato dallo spirito d'avventura, cerc di imbarcarsi clandestinamente sulla nave La Coralie, ma fu scoperto per tempo e ricondotto dal padre. A vent'anni si trasfer a Parigi per studiare legge, e nella capitale entr in contatto con il miglior mondo intellettuale dell'epoca. Frequent soprattutto la casa di Dumas padre, dal quale venne incoraggiato nei suoi primi tentativi letterari. Intraprese dapprima la camera teatrale, scrivendo commedie e libretti d'opera; ma lo scarso successo lo costrinse nel 1856 a cercare un'occupazione pi redditizia presso un agente di cambio a Parigi. Un anno dopo sposava Honorine Morel. Nel frattempo entrava in contatto con l'editore Hetzel di Parigi e, nel 1863, pubblicava il romanzo Cinque settimane in pallone. La fama e il successo giunsero fulminei. Lasciato l'impiego, si dedic esclusivamente alla letteratura e un anno dopo l'altro - in base a un contratto stipulato con l'editore Hetzel - venne via via pubblicando i romanzi che compongono l'imponente collana dei Viaggi straordinari - I mondi conosciuti e sconosciuti e che costituiscono il filone pi avventuroso della sua narrativa. Viaggio al centro della Terra, Dalla Terra alla Luna, Ventimila leghe sotto i mari, L'isola misteriosa, Il giro del mondo in 80 giorni, Michele Strogoff sono i titoli di alcuni fra i suoi libri pi famosi. La sua opera completa comprende un'ottantina fra romanzi e racconti lunghi, e numerose altre opere di divulgazione storica o scientifica. Con il successo era giunta anche l'agiatezza economica, e Verne, nel 1872, si stabil definitivamente ad Amiens, dove continu il suo lavoro di scrittore, conducendo, nonostante la celebrit acquistata, una vita semplice e metodica. La sua produzione letteraria ebbe termine solo poco prima della morte, sopravvenuta a settantasette anni, il 24 marzo 1905.

5

IndicePRESENTAZIONE................................................................................ 3

MATHIAS SANDORF.......................................................................9 PARTE PRIMA................................................................................10Capitolo I............................................................................................... 10IL PICCIONE VIAGGIATORE......................................................................10

Capitolo II............................................................................................. 27IL CONTE MATHIAS SANDORF................................................................27

Capitolo III........................................................................................... 38LA CASA TORONTHAL...............................................................................38

Capitolo IV............................................................................................ 52IL BIGLIETTO CIFRATO..............................................................................52

Capitolo V............................................................................................. 66PRIMA, DURANTE E DOPO IL PROCESSO..............................................66

Capitolo VI............................................................................................ 81IL MASTIO DI PISINO..................................................................................81

Capitolo VII.......................................................................................... 94IL TORRENTE FOIBA...................................................................................94

Capitolo VIII....................................................................................... 113LA CASA DEL PESCATORE FERRATO..................................................113

Capitolo IX.......................................................................................... 128SUPREMI SFORZI IN UNA LOTTA SUPREMA......................................128

PARTE SECONDA........................................................................134Capitolo I............................................................................................. 134PESCADE E MATIFU..................................................................................134

Capitolo II........................................................................................... 144IL VARO DEL TRABACCOLO.................................................................. 144

Capitolo III.......................................................................................... 157IL DOTTOR ANTEKIRTT...........................................................................157

6

Capitolo IV.......................................................................................... 172LA VEDOVA DI ETIENNE BATHORY.....................................................172

Capitolo V........................................................................................... 185DIVERSI INCIDENTI.................................................................................. 185

Capitolo VI.......................................................................................... 202LE BOCCHE DI CATTARO........................................................................202

Capitolo VII........................................................................................ 217COMPLICAZIONI........................................................................................217

Capitolo VIII....................................................................................... 228UN INCONTRO NELLO STRADONE.......................................................228

PARTE TERZA..............................................................................237Capitolo I............................................................................................. 237MEDITERRANEO!......................................................................................237

Capitolo II........................................................................................... 248IL PASSATO E IL PRESENTE....................................................................248

Capitolo III.......................................................................................... 262CI CHE ACCADEVA A RAGUSA...........................................................262

Capitolo IV.......................................................................................... 275NEI PRESSI DI MALTA..............................................................................275

Capitolo V........................................................................................... 288MALTA.........................................................................................................288

Capitolo VI.......................................................................................... 305NEI DINTORNI DI CATANIA....................................................................305

Capitolo VII........................................................................................ 318LA CASA INGLESE.....................................................................................318

PARTE QUARTA...........................................................................333Capitolo I............................................................................................. 333IL PRESIDIO DI CEUTA.............................................................................333

Capitolo II........................................................................................... 346UN ESPERIMENTO DEL DOTTORE.........................................................346

Capitolo III.......................................................................................... 3647

DICIASSETTE VOLTE................................................................................364

Capitolo IV.......................................................................................... 375L'ULTIMA POSTA.......................................................................................375

Capitolo V........................................................................................... 391NELLE MANI DI DIO..................................................................................391

Capitolo VI.......................................................................................... 402L'APPARIZIONE..........................................................................................402

PARTE QUINTA........................................................................... 415Capitolo I............................................................................................. 415UNA STRETTA DI MANO DI CAPO MATIFU........................................415

Capitolo II........................................................................................... 429LA FESTA DELLE CICOGNE.................................................................... 429

Capitolo III.......................................................................................... 442LA CASA DI SIDI HAZAM.........................................................................442

Capitolo IV.......................................................................................... 453ANTEKIRTTA..............................................................................................453

Capitolo V........................................................................................... 465GIUSTIZIA....................................................................................................465

8

MATHIAS SANDORFA ALEXANDRE DUMAS Dedico questo libro a Lei ed anche alla memoria di quel geniale romanziere che fu Alexandre Dumas, Suo padre. In quest'opera ho tentato di fare di Mathias Sandorf il conte di Montecristo dei Viaggi straordinari. La prego di accettare questa dedica come dimostrazione della mia profonda amicizia. JULES VERNE RISPOSTA DI A. DUMAS 23 giugno 1885 Caro amico, sono molto sensibile al Suo caro pensiero di dedicare a me Mathias Sandorf, di cui comincer la lettura al mio ritorno, venerd o sabato. Ha fatto bene ad associare, nella Sua dedica, il ricordo del padre all'amicizia del figlio. Nessuno pi dell'autore de Il conte di Montecristo avrebbe gradito la lettura dei Suoi appassionanti lavori, pieni di fantasia, di luce, di originalit. Tra Lei e lui esiste una parentela letteraria talmente palese che, letterariamente parlando, Lei gli pi figlio di me. Ed io Le sono affezionato da tanto tempo che sono felice di essere Suo fratello. La ringrazio per la Sua costante amicizia e una volta di pi e con gran calore La assicuro della mia. A. DUMAS

9

PARTE PRIMACAPITOLO IIL PICCIONE VIAGGIATORETRIESTE,1 capoluogo della regione illirica, si divide in due citt molto dissimili. Una delle due, Theresienstadt, un centro nuovo e ricco, costruito ad arte su quella baia che l'uomo ha strappato al mare; l'altra una borgata vecchia e povera, irregolarmente costruita e rinserrata fra il Corso, che la separa da Theresienstadt, e i pendii del Karst, collinetta incoronata da una fortezza molto pittoresca. Il porto di Trieste difeso dal molo di San Carlo, dove di solito gettano l'ancora le navi mercantili. Su questo molo si raccolgono volentieri, a volte in numero che impensierisce, gruppi di sfaccendati senza un domicilio fisso, i cui abiti, pantaloni, gilet o giacche che siano, potrebbero venir confezionati senza tasche, considerato che i loro proprietari non hanno mai avuto - n probabilmente avranno mai - qualcosa con cui riempirle. Tuttavia quel giorno, 18 maggio 1867, fra quei vagabondi si sarebbero forse potuti distinguere due individui un po' meglio vestiti. Che potesse capitare loro un giorno o l'altro di nuotare nell'oro sembrava poco probabile, a meno che non avessero un colpo di fortuna. Per avevano tutta l'aria di gente risoluta a fare in modo che questo colpo arrivasse.1

Il romanzo ambientato nella seconda met dell '800 e Verne si rif naturalmente alle denominazioni geografiche del tempo. (N.d.T.) 10

Uno si chiamava Sarcany e si diceva nativo della Tripolitania. L'altro, siciliano, si chiamava Zirone. Tutti e due, dopo avere percorso il molo per la decima volta, si fermarono alla sua estremit, scrutando l'orizzonte, verso ovest, quasi aspettassero proprio la nave della fortuna. Che ora ? chiese Zirone, in italiano, lingua che il suo compagno parlava correntemente come ogni altra del Mediterraneo. Sarcany non rispose. Come sono stupido! esclam il siciliano. l'ora in cui la gente comincia a sentir fame, quando ha dimenticato di fare colazione! Elementi tedeschi, slavi e italiani erano cos mescolati, in quella zona dell'Impero Austro-Ungarico, che quei due individui, sebbene stranieri, non potevano per nulla richiamare l'attenzione. Per di pi, essi avevano un'aria talmente dignitosa sotto i loro mantelli scuri lunghi fino agli stivali, che nessuno avrebbe potuto supporre che avevano le tasche vuote. Sarcany, il pi giovane dei due, di mdia statura ma ben proporzionato ed elegante nei modi e nel portamento, aveva venticinque anni. Si chiamava Sarcany e nient'altro. Senza nome di battesimo. Infatti, non era stato battezzato, essendo probabilmente africano d'origine, proveniente dalla Tripolitania o dalla Tunisia; tuttavia, bench la sua pelle fosse bruna, i lineamenti raffinati lo avvicinavano pi al tipo bianco che al tipo africano. Se mai ci fu una fisionomia ingannevole, fu proprio quella di Sarcany. Bisognava essere un acuto osservatore per scoprire in quel volto regolare, dagli occhi neri e belli, dal naso sottile, dalla bocca ben disegnata e appena ombreggiata da radi baffetti, la profonda astuzia di quel giovanotto. Nessuno avrebbe potuto sorprendere sul suo volto quasi impassibile i segni di malcontento e di disgusto generati da un perenne stato di rivolta contro la societ. I fisionomisti affermano - ed hanno ragione nel maggior numero dei casi - che i simulatori di questo tipo finiscono sempre col tradirsi, per abili che siano; ma Sarcany era la smentita vivente di questa asserzione. Non c'era modo di capire, dall'esame della sua persona, ci che egli era o11

ci che era stato. Egli non destava negli altri quell'istintiva avversione che di solito ispirano i bricconi e i furbi, e questo appunto lo rendeva anche pi pericoloso. Nessuno sapeva quale fosse stata l'infanzia di Sarcany. Senza dubbio quella di un essere abbandonato a se stesso. Come e da chi era stato allevato? In quale angolo della Tripolitania si era nascosto durante i suoi primi anni? Quali attenzioni gli avevano permesso di sfuggire alle molte insidie di quel clima micidiale? In verit nessuno, probabilmente nemmeno lui, nato a caso, cresciuto a caso, destinato a vivere a caso, avrebbe saputo trovare una risposta a queste domande. Tuttavia, durante l'adolescenza, era riuscito a formarsi una certa istruzione pratica, dovuta forse alla necessit in cui s'era trovato ben presto di correre il mondo, di frequentare persone d'ogni specie, di immaginare i pi diversi espedienti, non foss'altro per provvedere al mantenimento quotidiano. Era entrato cos in relazione da alcuni anni, per una serie di circostanze diverse, con una delle pi ricche case di Trieste, quella del banchiere Silas Toronthal, personaggio di cui si parler parecchio in questo racconto. Quanto al compagno di Sarcany, l'italiano Zirone, era solo un uomo senza fede e senza legge; uno di quegli avventurieri capaci di tutto, disposti a vendersi per qualsiasi impresa a chi meglio paga. Siciliano di nascita, sulla trentina, era tanto in grado di dare dei cattivi consigli quanto di accettarli e, soprattutto, di garantirne la messa in opera. Dove mai fosse nato, forse lo avrebbe detto, se lo avesse saputo. In ogni caso, non dava volentieri il suo indirizzo, sempre che ne avesse uno. Proprio in Sicilia i casi di una vita zingaresca lo avevano messo in rapporto con Sarcany. Da allora i due compari pellegrinavano insieme di luogo in luogo, tentando per fas et nefas2 di dare la caccia alla fortuna. Tuttavia Zirone, giovanottone barbuto, molto scuro di carnagione con capelli e barba nerissimi, non riusciva a dissimulare la nativa scaltrezza, che trapelava dagli occhi sempre socchiusi e dal continuo ciondolare del capo. Cercava per di mascherare tale scaltrezza con l'eccessivo chiacchierare. Del resto il2

Espressione latina che significa: con ogni mezzo, lecito e illecito. (N.d.T.) 12

suo temperamento tendeva piuttosto all'allegria che alla tristezza ed egli si mostrava tanto aperto quanto il suo giovane compagno era riservato. Quel giorno, tuttavia, Zirone era meno loquace del solito. Evidentemente la questione del pranzo lo rendeva inquieto. Il giorno prima Sarcany, giocando in una bisca d'infimo ordine dove aveva sempre perduto, si era ridotto completamente al verde nell'ultima partita; non sapevano pi a che santo votarsi. Potevano solo contare sul caso, ma poich questa Provvidenza dei pezzenti non si faceva trovare sul molo di San Carlo, decisero di andarle incontro lungo le vie della citt nuova. Qui, sulle piazze, sui lungomare, lungo le strade di qua e di l dal porto, nelle vicinanze del gran canale che attraversa Trieste, va, viene, si affolla, si affretta, si agita in faccende una popolazione di centomila abitanti d'origine italiana, la cui lingua, che la veneziana, si confonde in mezzo al concerto cosmopolita di tutti quei marinai, commercianti, impiegati, e fra discordanti suoni tedeschi, francesi, inglesi e slavi. Tuttavia, se questa nuova citt ricca, ci non significa che tutti i suoi abitanti siano dei cresi. Affatto! Il grosso della ricchezza in mano ai commercianti inglesi, armeni, greci ed ebrei che vivono in un fasto e in un'opulenza degni della capitale dell'Impero AustroUngarico. Ma, a parte costoro, quanti poveri diavoli battono da mattina a sera quelle strade piene di negozi, fiancheggiate da alti edifici solidi e chiusi come scrigni, ove si accumulano mercanzie d'ogni genere che questo porto franco, felicemente situato all'estremit dell'Adriatico, attira! Quante persone che non hanno fatto colazione, che forse non pranzeranno e che pure non sanno allontanarsi dai moli, dove le navi della pi potente Societ marittima dell'Europa, il Lloyd austriaco, sbarcano abbondanti ricchezze provenienti da ogni parte della terra! Quanti miserabili, in una parola, come se ne trovano a migliaia nelle grandi citt, a Londra, a Liverpool, a Marsiglia, a Le Havre, ad Anversa, a Livorno mescolati agli opulenti armatori, nei pressi di quegli arsenali, il cui ingresso loro vietato, sulla piazza della Borsa, che non aprir mai ad essi le13

porte, sulla gradinata di quel Tergesteum, ove il Lloyd ha insediato i suoi uffici, le magnifiche sale di lettura, in pacifica convivenza con la vicina Camera di Commercio! Non c' dubbio che in tutte le grandi citt marittime dell'antico e del nuovo mondo formicola un genere di disgraziati che proprio di questi grandi centri. Non si sa da dove vengano, da che parte siano piovuti n dove finiranno. Sono in gran maggioranza degli spostati, di varia nazionalit. Le ferrovie e le navi mercantili li scaricano in citt come merci avariate, ed essi ingombrano le strade da dove la polizia cerca invano di scacciarli. Sarcany e Zirone, lanciata un'ultima occhiata al golfo, sino al faro che sorge sulla punta di Santa Teresa, abbandonarono il molo. Passando fra il Teatro Comunale e lo square, giunsero sulla Piazza Grande, dove passeggiarono per un quarto d'ora, presso la fontana costruita con la roccia del vicino Carso, ai piedi della statua di Carlo VI. Quindi ripiegarono verso sinistra. Zirone dava certe occhiate ai passanti, come se avesse avuto l'irresistibile tentazione di derubarli. Poi si diressero verso l'enorme quadrato del Tergesteum, precisamente nell'ora in cui si chiude la Borsa. Eccola vuota come la nostra! osserv il siciliano, ridendo senza averne la minima voglia. Ma l'impassibile Sarcany finse di non udire lo scherzo del suo compagno, che si stiracchiava sbadigliando come un affamato. Poi essi attraversarono la piazza triangolare, dove grandeggia la statua di bronzo dell'imperatore Leopoldo I. Un fischio di Zirone fischio da monello scapestrato - fece volare via una schiera di quei colombi azzurri che tubano, di solito, sotto i portici della vecchia Borsa, simili ai confratelli grigi della piazza di San Marco a Venezia. Poco lontano si apre il Corso, che divide la nuova dalla vecchia Trieste. una via larga, ma poco signorile, con negozi molto frequentati, ma senza gusto, pi simile alla Regent Street di Londra o a Broadway di Nuova York che al Boulevard des italiens di Parigi. Del resto, il via vai continuo e c' anche un discreto movimento di carrozze, dalla Piazza Grande alla Piazza della Legna nomi che14

indicano come la citt risenta della sua origine italiana. Sarcany fingeva di non provare alcuna tentazione, ma Zirone, passando davanti alle botteghe, vi gettava dentro sguardi pieni di desiderio come di chi non ha danaro per entrarvi. Eppure ce ne sarebbero state tante, l, di cose utili, soprattutto nelle botteghe di commestibili e nelle birrerie, dove si vuota pi birra che in qualunque altra citt dell'Impero Austro-Ungarico. Viene ancora pi fame, e pi sete, in questo Corso! fece osservare il siciliano, facendo schioccare la lingua come una nacchera da malandrino, contro le labbra secche. A questa osservazione Sarcany rispose appena con un'alzata di spalle. Presero quindi la prima via a sinistra e, giunti al canale dove si trova il ponte girevole detto Ponte Rosso, risalirono lungo le rive, alle quali si possono avvicinare anche navi di grossa portata. L diminuivano quelle forti tentazioni provocate in loro dalla visita delle vetrine. Poco lontano dalla chiesa di Sant'Antonio, Sarcany svolt bruscamente a destra. Il compagno lo segu in silenzio. Poi essi riattraversarono il Corso e si spinsero nella citt vecchia, le cui strade strette, non carrozzabili quando si giunge ai primi pendii del Karst, sono orientate quasi tutte in modo da evitare il temuto soffio della bora, vento impetuoso e gelido di nord-est. In quella vecchia Trieste, Zirone e Sarcany, quei due squattrinati, dovevano sentirsi pi a casa propria che non nei ricchi quartieri della citt nuova. Era infatti in un albergo pi che modesto, non lungi dalla chiesa di Santa Maria Maggiore, che avevano preso alloggio il giorno del loro arrivo. Ma siccome l'oste, che vedeva allungarsi la nota del conto, aveva delle insistenze assai perentorie, evitarono quel punto pericoloso, attraversarono la piazza e oziarono per qualche tempo intorno all'Arco di Riccardo. Ma alla fin fine, non si potevano accontentare di studiare quegli avanzi di architettura romana. Quindi, poich la fortuna sembrava tardasse a presentarsi tra quelle vie mal frequentate, cominciarono a risalire, uno dietro l'altro, le viuzze malagevoli che conducono quasi alla cima del Karst, alla terrazza della cattedrale.15

Strana idea, quella di arrampicarsi fin lass! mormor Zirone, stringendosi la cintura del mantello. Ma non abbandon il suo giovane compagno e da sotto si poteva vederli mentre scalavano quelle gradinate, impropriamente dette vie, che coprono i pendii del Karst. Dieci minuti dopo, pi assetati e pi affamati che mai, raggiunsero la terrazza. Da quel punto elevato lo sguardo spazia, attraverso il golfo di Trieste, in alto mare; contempla il porto animato per il movimento delle barche da pesca, l'ingresso e l'uscita degli steamers e delle navi mercantili; abbraccia la citt intera, i sobborghi, le ultime case distese sulla collina, le ville sparse sulle alture: ma questo spettacolo non commoveva quei due avventurieri. Essi ne avevano visti anche di pi belli, e, d'altra parte, quante volte avevano gi portato fin lass i loro fastidi e la loro miseria! Zirone specialmente, avrebbe preferito oziare davanti ai ricchi negozi del Corso. Se non che, essi erano saliti fin lass proprio per tentare il caso e le sue generosit fortuite; quindi conveniva aspettare senza troppa impazienza. All'estremit della scala che accede alla terrazza, presso la cattedrale bizantina di San Giusto, c' un recinto, un tempo cimitero, ed ora museo di antichit. Non pi tombe, ma frammenti di pietre funebri, distese sotto i rami bassi di begli alberi, stele romane, cippi medioevali, pezzi di triglifi e di metope delle diverse epoche del Rinascimento, cubi vetrificati che conservano ancora tracce di cenere, il tutto sparso alla rinfusa fra l'erba. La porta del recinto era aperta. Sarcany dovette solo fare la fatica di spingerla. Entr, seguito da Zirone, che si limit a fare questa malinconica riflessione: Se avessimo l'intenzione di finirla con la vita, il luogo sarebbe adatto! E se per caso te lo proponessero? rispose ironicamente Sarcany. Eh! Rifiuterei, camerata! Mi si conceda un giorno felice su dieci e non chiedo di pi! Lo avrai, e avrai persino di meglio! Che tutti i santi d'Italia ti ascoltino! E sa Iddio come son tanti!16

Per il momento seguimi soggiunse Sarcany. Entrambi percorsero un sentiero semicircolare, fra una doppia fila di urne, e andarono a sedersi sopra un grande rosone romanico riverso al suolo. Dapprima rimasero silenziosi, cosa che piaceva a Sarcany, ma non cos al suo compagno. Quindi Zirone s'affrett a parlare dopo due o tre sbadigli mal trattenuti. Per Dio! Non pare che si affretti ad arrivare, questa benedetta fortuna sulla quale siamo cos idioti da contare! Sarcany non rispose. Che idea riprese Zirone venire a cercarla fra queste rovine! Mi sa che abbiamo presa una cattiva strada, caro mio! Non si capisce perch dovrebbe fare capolino in questo vecchio cimitero. Le anime cessano di aver bisogno della fortuna, non appena hanno deposta la veste mortale! E quando mi trover in loro compagnia, non soffrir certo per il ritardo del pranzo o della cena! Andiamocene! Sarcany, immerso nelle sue riflessioni, con lo sguardo perso per aria, non si mosse affatto. Zirone rimase alcuni istanti senza parlare; ma tant', l'abituale loquacit ebbe poi il sopravvento. Sarcany, disse sai sotto quale forma mi piacerebbe vederla comparire, questa fortuna, che oggi sembra dimenticare due vecchi clienti come noi? Sotto l'aspetto di uno dei fattorini del banchiere Toronthal, che si presentasse qui, con il portafogli gonfio di biglietti di banca, e ci consegnasse detto portafogli da parte del detto banchiere, con mille scuse per il ritardo! Ascoltami, Zirone rispose Sarcany, corrugando le sopracciglia: per l'ultima volta, te lo ripeto, non c' nulla da sperare da quella parte. Ne sei sicuro? S! Tutto il credito che io avevo presso di lui esaurito, e, alle mie ultime domande, ha risposto con un rifiuto definitivo. Male! Malissimo, ma cos!17

Se il tuo credito esaurito riprese Zirone segno che tu hai avuto del credito! E su che si fondava? Sull'intelligenza e sullo zelo, coi quali hai servito la casa Toronthal in certi affari delicati. Ecco perch durante i primi mesi del nostro soggiorno a Trieste, Toronthal non s' mostrato per nulla restio, al nostro riguardo, in fatto di quattrini! Ma impossibile che tu non possa acchiapparlo ancora da qualche lato, magari minacciandolo Se avessi potuto, lo avrei gi fatto rispose Sarcany con un'alzata di spalle e non saremmo al punto di dover correre dietro a un pranzo! No, per Dio! Purtroppo non l'ho in pugno, questo Toronthal, ma ci potrebbe anche succedere E allora mi pagher capitale, interessi e interessi degli interessi di quello che oggi mi rifiuta. Mi pare del resto che i suoi affari, adesso, siano piuttosto ingarbugliati. So che ha capitali impegnati in faccende di esito dubbio. Il contraccolpo di parecchi fallimenti in Germania, a Berlino, a Monaco, s' fatto sentire fino a Trieste, e quando gli feci la mia ultima visita, qualunque cosa egli abbia potuto dirmi, Silas Toronthal mi parve inquieto. Lasciamo che l'acqua s'intorbidi, e quando sar ben torbida E va bene! esclam Zirone. Ma intanto noi non abbiamo che acqua da bere! Vedi, Sarcany, mi pare che si potrebbe tentare un ultimo sforzo presso Toronthal! Si potrebbe battere ancora una volta alla sua cassa e ottenere almeno la somma necessaria per ritornare in Sicilia, passando da Malta E per che fare in Sicilia? Lo so io, lo so! Conosco il paese, e potrei mettere insieme una banda di maltesi, gente di fegato e senza scrupoli, per tentare qualche colpo! Eh! Per mille diavoli, se non c' pi nulla da fare qui, partiamo e obblighiamo questo dannato banchiere a pagarci le spese del viaggio! Per poco che tu ne sappia sul suo conto, ci deve bastare perch egli ti preferisca un bel po' lontano da Trieste! Sarcany scosse il capo. Insomma, non si pu certo andare ancora avanti tanto! Siamo agli estremi! aggiunse Zirone. S'era alzato e batteva la terra coi piedi, come per rimproverarle di18

essergli tutt'altro che benigna! Proprio allora la sua attenzione fu attirata da un uccello che volava stentatamente al di l del recinto. Era un colombo, la cui ala stanca batteva appena, e che a poco a poco calava verso il suolo. Zirone non si chiese a quale delle contosettantasette specie ornitologiche appartenesse il colombo che gli stava davanti; vide solo una cosa: che doveva essere di una specie commestibile. E cos, dopo averlo additato al suo compagno, lo divorava con gli occhi. La bestiola era allo stremo delle forze. S'era attaccata agli sporti della cattedrale, la cui facciata fiancheggiata da un'alta torre quadrata d'origine pi antica. Non reggendosi pi, ormai sul punto di cedere, and prima a posarsi sul tetto di una piccola nicchia, nella quale si trova la statua di San Giusto; ma le zampe indebolite non lo ressero pi e il colombo si lasci scivolare sul capitello di una colonna antica, incastrata nell'angolo che la torre fa con la facciata della chiesa. Se Sarcany, sempre immobile e silenzioso, non si preoccupava di seguire il colombo nel suo volo, Zirone invece non lo perdeva di vista. L'uccello veniva dal nord. Un lungo viaggio lo aveva ridotto in quello stato. Forse l'istinto lo spingeva verso una meta pi lontana. Infatti, poco dopo, riprese il volo seguendo una traiettoria curva, che lo costrinse a fare una nuova sosta, precisamente sui rami bassi di un albero dell'antico cimitero. Zirone decise allora di prenderlo, e piano piano, strisciando, si diresse verso l'albero. Si avvicin alla base di un tronco gibboso, dal quale gli sarebbe stato facile arrivare al ramo con le mani. Rimase l, immobile, muto, nell'attitudine del cane che spia la selvaggina appollaiata al disopra del suo capo. Il colombo, che non lo aveva veduto, volle riprendere il volo: ma le forze lo tradirono di nuovo, e, a pochi passi dall'albero, ricadde al suolo. Spiccare un salto, allungare il braccio, afferrare il volatile con la mano fu cosa di un secondo per il siciliano. E, naturalmente, stava gi per tirare il collo al disgraziato volatile, quando si trattenne dal farlo, gett un grido di sorpresa, e ritorn in gran fretta presso19

Sarcany. Un piccione viaggiatore! disse. Un viaggiatore al suo ultimo viaggio! rispose Sarcany. Senza dubbio riprese Zirone e tanto peggio per coloro a cui destinato il biglietto attaccato sotto le sue ali. Un biglietto! esclam Sarcany. Aspetta, Zirone, aspetta! Questo merita una dilazione! E arrest la mano del compagno, che stava per stringer intorno al collo del volatile. Poi, prendendo il sacchetto che Zirone aveva allora staccato, ne estrasse un biglietto scritto in un linguaggio cifrato. Il biglietto conteneva solo diciotto parole, disposte come segue, su tre colonne verticali: ihnalz arnuro odxhnp aeeel spesar eedgnc zaemen trvree estlev enmos erssur toeedt ruiopn mtqssl eeuart noupvg ouitse artuee

Del luogo di partenza e del luogo di destinazione, nulla. Ma era possibile capire il senso di quelle diciotto parole, composte ciascuna dello stesso numero di lettere, senza possedere la chiave di lettura? Era poco probabile, e occorreva aver pratica di queste cose, sempre che il biglietto non fosse indecifrabile! Davanti a quel criptogramma che non gli diceva nulla, Sarcany, dapprima assai contrariato, ristette alquanto perplesso. Il biglietto conteneva forse qualche notizia importante, e, soprattutto, compromettente? Si poteva, anzi si doveva, pensarlo, solo considerando le precauzioni prese perch non venisse letto, caso mai fosse caduto in mani diverse da quelle cui era destinato. L'aver adoperato, per comunicare, il singolare istinto del piccione viaggiatore, piuttosto che la posta o il telegrafo, erano altri indizi tali da far pensare che quello fosse un affare per cui si richiedeva un segreto assoluto.20

Forse disse Sarcany queste righe contengono un mistero che potrebbe diventare la nostra fortuna! In tal caso rispose Zirone questo colombo sarebbe il messaggero della fortuna dietro alla quale abbiamo tanto corso fin da questa mattina. Per Dio! E pensare che stavo per strangolarlo! Dopo tutto, l'importante avere il messaggio; e niente ci impedisce di far cuocere il messaggero Non aver tanta fretta, Zirone! riprese Sarcany salvando per la seconda volta la vita dell'uccello. Forse, grazie a questo piccione, potremo conoscere il destinatario del biglietto, sempre che abiti a Trieste. E dopo? Questo non ci metter certo in grado di leggere il biglietto, Sarcany! No, Zirone. E nemmeno di sapere da dove viene! vero! Ma ci devono pur essere due corrispondenti. E se arrivo a conoscerne uno, spero che possa servirmi a scoprire l'altro. Dunque, invece di uccidere il volatile bisogna rimetterlo un po' in forze, perch possa arrivare a destinazione. Col biglietto? chiese Zirone. Col biglietto, del quale prender subito una copia esatta, e che conserver fino al momento in cui sar il caso di farne uso. Sarcany trasse di tasca un taccuino e, con una matita, copi il biglietto. Sapendo che di solito nei criptogrammi ha valore anche il collocamento materiale delle lettere e ogni minima circostanza, ebbe cura di conservare l'esatta disposizione delle parole l'una rispetto all'altra. Ci fatto, rimise il taccuino in tasca e il biglietto nel sacchettino, che riattacc sotto l'ala del colombo. Zirone osservava i suoi movimenti, ma non condivideva le speranze del suo compagno. E ora? disse. E ora rispose Sarcany datti da fare per rifocillare il viaggiatore. Veramente, il colombo era pi sfinito per la fame che per la stanchezza.21

Le ali intatte, senza la minima lesione, provavano che quella momentanea debolezza non era prodotta n dai pallini di un cacciatore n dalla sassata di qualche monello. Aveva fame e sete, ecco tutto. Zirone cerc attorno, e trov per terra alcuni semi che il colombo mangi con avidit; poi egli lo disset con alcune gocce che l'ultima pioggia aveva lasciato in fondo a un pezzo di vecchio coccio. In tal modo, una mezz'ora dopo, lo aveva messo in perfetto stato per riprendere il viaggio interrotto. Se deve viaggiare ancora molto osserv Sarcany e se la sua meta al di l di Trieste, poco c'importa che cada lungo la strada. Tanto lo perderemo ben presto di vista, e ci sar impossibile seguirlo. Se invece diretto a una casa di Trieste, le forze non gli verranno meno prima di raggiungerla, perch avr ancora da volare solo per uno o due minuti. Hai perfettamente ragione rispose il siciliano. Ma riusciremo a vederlo fino al luogo dove ha l'abitudine di rifugiarsi, anche se non andr oltre Trieste? Faremo del nostro meglio replic con semplicit Sarcany. Ed ecco ci che fece: La cattedrale, composta di due vecchie chiese romaniche, dedicate l'una alla Vergine e l'altra a San Giusto, patrono di Trieste, fiancheggiata da un'alta torre che si innalza all'angolo della facciata, forata da un grande rosone, sotto la quale si apre la porta principale dell'edificio. Questa torre domina l'altipiano della collina del Karst, e la citt si stende ai suoi piedi come una carta in rilievo. Da quel punto elevato facile scorgere i tetti delle case dai primi pendii della scarpata fino al litorale del golfo. Non era dunque difficile seguire il colombo nel suo volo, purch lo si rimettesse in libert dall'alto della torre; e forse si poteva vedere in quale casa avrebbe cercato rifugio, sempre che la sua destinazione fosse la citt di Trieste e non qualche altra citt della penisola illirica. Il tentativo poteva riuscire, e in ogni modo valeva la pena di farlo. Non c'era che da rimettere l'uccello in libert. Sarcany e Zirone lasciarono quindi il vecchio cimitero,22

attraversarono il sagrato e si diressero verso la torre. Una delle porte ogivali - precisamente quella che si apre sotto l'antico roccione sovrastato a piombo dalla nicchia di San Giusto - era aperta. Entrambi la varcarono e cominciarono a salire i ripidi gradini della scala a chiocciola, che porta al piano superiore. In due o tre minuti furono in cima, sotto il tetto che copre l'edificio, al quale manca una balconata esterna. A quell'altezza due finestre che si aprono su ciascuna facciata della torre permettono allo sguardo di giungere a tutti i punti del doppio orizzonte formato dalle colline e dal mare. Sarcany e Zirone si affacciarono alla finestra dalla quale meglio si abbraccia il panorama di Trieste, nella direzione di nord-ovest. Suonavano le quattro, all'orologio del castello del XVI secolo, costruito in vetta al Karst, dietro la cattedrale. La luce era ancora vivissima. Nel mezzo di un'atmosfera pi limpida che mai, il sole calava lentamente verso le acque dell'Adriatico, e quasi tutte le case della citt ne ricevevano perpendicolarmente i raggi sulle facciate rivolte verso la torre. Le circostanze quindi erano favorevoli. Sarcany prese il colombo in mano; lo risollev dandogli un'ultima generosa carezza e lo mise in libert. Il colombo batt le ali, ma a tutta prima discese cos rapidamente da lasciar temere che terminasse con una caduta brutale la sua carriera di messaggero alato. Allora il siciliano, per l'emozione, non pot trattenere un grido di disappunto. No! Si rialza! esclam Sarcany. Infatti il colombo stava riprendendo quota nello strato inferiore dell'aria; poi, descritta un'ampia curva, si dirigeva obliquamente verso il quartiere nord-ovest della citt. Sarcany e Zirone non lo perdevano di vista. Nel volo di quell'uccello, guidato da un meraviglioso istinto, non c'era ombra di esitazione. Si capiva che egli andava diritto alla meta designata, dove gi si sarebbe trovato da un'ora, senza quella sosta forzata sotto gli alberi del vecchio cimitero. Sarcany e il suo compagno l'osservavano con ansiosa attenzione.23

Si chiedevano se non stesse per oltrepassare la citt, nel qual caso ogni loro speranza sarebbe finita nel nulla. Non fu cos. Lo vedo! Lo vedo sempre! esclamava Zirone, che possedeva una vista acutissima. Bisogna soprattutto vedere il luogo dove va a fermarsi rispondeva Sarcany e determinarne l'esatta posizione. Pochi minuti dopo la sua partenza, il colombo cal sopra una casa che sovrastava le case vicine con il suo frontone, in mezzo a una macchia d'alberi, dalla parte dell'Ospedale e del Giardino Pubblico. Qui disparve, entrando dal finestrino d'un abbaino, in quel momento visibilissimo, che era sormontato da una banderuola di ferro traforata molto finemente, la quale si sarebbe certamente detta opera di Quentin Metsys, se Trieste si fosse trovata in un paese fiammingo. Ora che avevano fissato l'orientazione generale, non doveva essere arduo, servendosi di quella banderuola facilmente riconoscibile, distinguere il frontone alla cui sommit s'apriva quel finestrino e, infine, la casa abitata dal destinatario del biglietto. Sarcany e Zirone ridiscesero in fretta, e, dopo avere percorso i pendii del Karst, seguirono le viuzze che mettono capo alla Piazza della Legna. L dovettero orientarsi un momento, per cercare il gruppo delle case di cui si compone il quartiere orientale della citt. Giunti alla convergenza di due grandi arterie, la Corsia Stadion, che conduce al Giardino Pubblico, e l'Acquedotto, bella via alberata che conduce alla grande birreria del Boschetto, i due avventurieri ebbero qualche esitazione riguardo alla direzione giusta. Dovevano andare a destra o a sinistra? Istintivamente, scelsero la destra con l'intenzione di esaminare una dopo l'altra tutte le case di quella via, al di sopra della quale avevano notato che la banderuola dominava un po' di verde. Andavano dunque cos, osservando attentamente i diversi frontoni e i tetti dell'Acquedotto, senza aver trovato ci che cercavano, quando giunsero all'estremit della via. Eccola! esclam Zirone. E mostr una banderuola che il vento dal mare faceva girare sul suo sostegno, al disopra di un abbaino attorno al quale svolazzavano24

appunto alcuni piccioni. Non era possibile ingannarsi. Il piccione viaggiatore era andato a posarsi l. La casa, di aspetto modesto, si confondeva nell'isolato che forma l'inizio della via dell'Acquedotto. Sarcany chiese notizie nelle botteghe vicine e seppe ben presto ci che desiderava. Da molti anni la casa apparteneva e serviva d'abitazione al conte Ladislas Zathmar. Chi il conte Zathmar? chiese Zirone, che udiva quel nome per la prima volta. il conte Zathmar! rispose Sarcany. Ma forse non possiamo informarci? Pi tardi, Zirone, non precipitiamo niente! Ci vuole calma, riflessione. E ora facciamo ritorno al nostro albergo. S proprio l'ora di desinare per chi ha il diritto di mettersi a tavola! osserv ironicamente Zirone. Se non pranziamo oggi rispose Sarcany probabilmente pranzeremo domani. Dove? Chi sa, Zirone? Forse dal conte Zathmar! Andarono avanti con passo moderato - a che giovava affrettarsi? e si trovarono di l a poco al modesto albergo che tuttavia era pur sempre troppo caro per loro, dato che non potevano pagare l'affitto. Quale sorpresa li attendeva! Una lettera era appena giunta all'indirizzo di Sarcany. Questa lettera conteneva un biglietto da duecento fiorini, con queste sole parole: Ecco l'ultimo danaro che riceverete da me. Vi baster per ritornare in Sicilia. Partite, e che io non senta pi parlare di voi. SILAS TORONTHAL Vivaddio! - esclam Zirone. Il banchiere si ricreduto in25

tempo! proprio il caso di non disperare mai di questi uomini d'affari. Lo credo anch'io! rispose Sarcany. Questo danaro ci servir per lasciare Trieste? No, servir per rimanervi!

26

27

CAPITOLO IIIL CONTE MATHIAS SANDORFGLI UNGHERESI sono quei magiari che vennero ad abitare il paese verso il IX secolo dell'era cristiana. Formano attualmente 3 un terzo della popolazione totale dell'Ungheria, pi di cinque milioni. Che siano d'origine iberica, egizia o tartara, che discendano dagli unni d'Attila o dai finnici del nord - la questione controversa - poco importa. Ci che importa osservare che non sono affatto slavi, e nemmeno tedeschi, e che non gradiscono evidentemente divenirlo. Questi ungheresi conservarono la propria religione e si mostrarono ferventi cattolici dall'XI secolo in poi, epoca nella quale accettarono la nuova fede. Inoltre, essi parlano ancora la loro antica lingua, una lingua dolce e armoniosa che si presta a tutto l'incanto della poesia, meno ricca della tedesca, ma pi concisa, pi energica, una lingua che, dal XIV al XVI secolo, sostitu il latino nelle leggi e nei decreti, in attesa di diventare lingua nazionale. Il 21 gennaio 1699 il trattato di Carlowitz assicur il possesso dell'Ungheria e della Transilvania all'Austria. Vent'anni dopo, la Prammatica Sanzione dichiar solennemente indivisibili gli Stati dell'Austria-Ungheria e stabil che, in mancanza di figli maschi, potevano succedere le figlie in ordine di primogenitura. Grazie a questo nuovo statuto, nel 1740 Maria Teresa sal sul trono di suo padre Carlo VI, ultimo discendente in linea maschile della casa d'Austria. Di fronte alla forza gli ungheresi dovettero sottomettersi; ma centocinquanta anni pi tardi ce n'erano ancora molti di ogni condizione e di ogni classe che non erano disposti a riconoscere n il3

Si tenga presente che il volume usc nel 1885. (N.d.R.) 28

trattato di Carlowitz, n la Prammatica Sanzione. All'epoca in cui comincia questo racconto esisteva un ungherese di nobile nascita, la cui vita si riassumeva in questi due sentimenti: l'odio verso tutto ci che era tedesco e la speranza di restituire al proprio paese l'autonomia di un tempo. Giovane ancora aveva conosciuto Kossuth, e, sebbene per nascita e per educazione fosse assai lontano da lui su importanti questioni politiche, aveva dovuto ammirare il grande cuore di quel patriota. Il conte Mathias Sandorf abitava un vecchio castello d'origine feudale in un comitato della Transilvania del distretto di Fagaras. Fabbricato sopra uno dei contrafforti settentrionali dei Carpazi orientali, che separano la Transilvania dalla Valacchia, quel castello si elevava sopra tale scoscesa catena di monti in tutta la sua selvaggia fierezza, simile a uno di quei supremi rifugi in cui i congiurati possono resistere fino all'ultima ora. Alcune miniere vicine, ricche di ferro e di rame e abilmente sfruttate, permettevano al proprietario del castello d'Artenak di godere di un'ingente fortuna. Quella propriet comprendeva una parte del distretto di Fagaras, la cui popolazione conta almeno settantaduemila abitanti. Costoro, cittadini e contadini che fossero, provavano per il conte Sandorf, e non ne facevano mistero, una smisurata devozione e una gratitudine senza limiti, memori del bene che egli faceva al paese. Quel castello per era tenuto d'occhio dalla cancelleria ungherese di Vienna, ufficio del tutto indipendente dagli altri ministeri dell'Impero. In alto loco le idee del proprietario d'Artenak erano conosciute e se non si temeva lui personalmente, erano proprio quelle idee che davano qualche pensiero. Mathias Sandorf aveva allora trentacinque anni ed era un uomo la cui statura, di poco superiore alla media, denunciava una grande forza muscolare. Il capo, sulle spalle possenti, aveva un aspetto nobile e fiero; il suo volto abbronzato, piuttosto quadrato, aveva le caratteristiche del tipo magiare in tutta la sua purezza. La vivacit dei movimenti, la chiarezza della parola, lo sguardo fermo e calmo, il fremito impercettibile delle narici e delle labbra, dato da un'attiva circolazione sanguigna, il sorriso abituale, segno incontestabile di29

bont, un certo brio nelle parole e nei movimenti, tutto ci indicava una natura franca e generosa. stato notato che esistono delle grandi analogie fra il carattere francese e quello ungherese. Il conte Sandorf ne era la prova vivente. da porre in rilievo uno dei lati pi salienti del suo carattere: il conte Sandorf, incurante di ci che riguardava la propria persona, capace di perdonare, all'occasione, offese che colpivano solo lui, non aveva fin allora perdonato, n avrebbe perdonato mai, un'offesa rivolta a un suo amico. In lui il senso della giustizia e l'odio verso ogni perfidia erano elevati al massimo. Da ci gli derivava una sorta di implacabilit impersonale: non era di quelli che lasciano solo a Dio il compito di punire, in questo mondo. Bisogna dire a questo punto che Mathias Sandorf aveva ricevuto un'istruzione assai seria. Invece di concedersi gli svaghi che le ricchezze potevano procurargli, aveva secondato le sue inclinazioni che lo indirizzavano verso le scienze fisiche e la medicina. Sarebbe stato un medico molto valente se le necessit della vita lo avessero obbligato ad esercitare questa professione. Prefer invece essere un chimico molto apprezzato dagli scienziati. L'Universit di Pesth, l'Accademia delle scienze di Presburgo, la Scuola reale delle Miniere di Chemnitz, la Scuola normale di Temeswar a turno lo avevano annoverato tra i loro allievi pi assidui. Questa vita dedicata allo studio rese pi complete e pi solide le sue qualit naturali: fece di lui un uomo nel vero senso della parola. Tale egli fu considerato da tutti coloro che lo conobbero, soprattutto dai suoi professori, rimasti suoi amici, nelle diverse scuole e universit del regno. Un tempo, nel castello d'Artenak c'era gaiezza, rumore, movimento. Su quell'alta cresta dei Carpazi, i cacciatori della Transilvania si davano volentieri appuntamento. Si facevano delle grandi e pericolose partite di caccia, nelle quali il conte Sandorf tentava di placare il suo naturale istinto alla lotta che non poteva soddisfare nel campo politico. Egli si teneva in disparte, ma osservava molto da vicino il corso degli avvenimenti. Pareva solo preso dal pensiero di vivere, dividendo il tempo fra gli studi e quel fasto che le sue ricchezze gli permettevano. In quel tempo viveva30

ancora la contessa Rena Sandorf. Ella era l'anima delle riunioni nel castello d'Artenak. Quindici mesi prima dell'inizio di questo racconto, la morte l'aveva colpita, in piena giovinezza, in piena bellezza, e non rimaneva di lei che una bambinetta di soli due anni. Quella perdita colp il conte Sandorf in maniera crudele. Egli non pot mai consolarsene. Il castello divenne silenzioso, deserto. Da allora, dominato da un profondo dolore, il padrone continu a vivervi come in un chiostro. Fece della bambina l'unico motivo della sua vita, affidandola alle cure di Rosena Lendeck, moglie del suo intendente. Quell'eccellente donna, ancora giovane, si vot completamente all'unica ereditiera dei Sandorf, dedicandole le attenzioni di una seconda madre. Durante i primi mesi di vedovanza, Mathias Sandorf non lasci il castello d'Artenak. Si chiuse in s e visse nelle memorie del passato. Poi, il pensiero della patria, posta in uno stato di inferiorit in Europa, riprese il sopravvento. Infatti la guerra franco-italiana del 1859 si era risolta in una grave sconfitta per la potenza austriaca. Tale sconfitta era stata seguita, sette anni dopo, da un altro colpo ben pi grave, quello di Sadowa. Ora l'Ungheria si sentiva legata a un'Austria non solo privata dei suoi possedimenti italiani, ma vinta da due parti e subordinata alla Germania. Per questo gli ungheresi sentimento abbastanza naturale perch nel sangue - si sentirono umiliati nel loro orgoglio. Per loro, le vittorie di Custoza e di Lissa non erano bastate a compensare la sconfitta di Sadowa. Il conte Sandorf, l'anno successivo, aveva studiato diligentemente la situazione politica e si era persuaso che un movimento separatista sarebbe forse riuscito. Era dunque venuto il momento di agire. Il 3 maggio di quell'anno -1867 - dopo avere baciato la figlioletta, che affidava alle cure di Rosena Lendeck, il conte Sandorf lasciava il castello d'Artenak, partiva per Pesth, e qui si metteva in contatto con i suoi amici e seguaci, prendendo alcune disposizioni preliminari; poi, pochi giorni dopo, veniva a Trieste per attendervi gli avvenimenti. Quel luogo doveva essere il centro principale della cospirazione. Di l dovevano partire tutti i fili, tenuti dal conte Sandorf. In quella31

citt i capi della cospirazione, forse meno sospettati, avrebbero potuto agire con maggior sicurezza, e soprattutto con maggiore libert, per portare a buon fine quell'opera patriottica. A Trieste abitavano due dei pi intimi amici di Mathias Sandorf, che, animati dal suo stesso spirito, erano decisi a seguirlo in quest'impresa fino in fondo: il conte Ladislas Zathmar e il professor Etienne Bathory, ungheresi anch'essi e di nobile origine. Pi maturi di una decina d'anni di Mathias Sandorf, entrambi mancavano quasi di beni di fortuna. L'uno ricavava una piccola rendita da una modesta propriet, situata nel comitato di Lipto, a sud del Danubio; l'altro insegnava fisica a Trieste e viveva solo dei proventi delle sue lezioni. Ladislas Zathmar abitava la casa prima riconosciuta da Sarcany e Zirone in via dell'Acquedotto, modesta casa che aveva messo a disposizione di Mathias Sandorf per tutto il tempo che egli doveva passare fuori del suo castello d'Artenak, cio fino alla conclusione del progettato moto rivoluzionario, qualunque essa fosse. Il servizio della casa era affidato a un solo domestico, un ungherese di nome Borik, di circa cinquantacinque anni. Costui era un uomo altrettanto devoto al suo padrone quanto l'intendente Lendeck lo era al proprio. Etienne Bathory aveva un'abitazione non meno modesta sulla Corsia Stadion, a poca distanza dal quartiere in cui abitava l'amico Zathmar. Qui trascorreva molta parte della sua vita accanto alla moglie e al figlio Pierre che aveva allora otto anni. Etienne Bathory era imparentato, lontanamente ma realmente, con quei principi magiari che, nel XVI secolo, occuparono il trono della Transilvania. Da allora la famiglia s'era divisa e mescolata in molte ramificazioni e pu senz'altro costituire motivo di meraviglia il fatto che uno dei suoi ultimi discendenti fosse diventato un semplice professore dell'Accademia di Presburgo. In ogni caso, Etienne Bathory era uno scienziato di prim'ordine, di quelli che vivono in solitudine, ma che divengono celebri coi prodotti dell'ingegno. Il motto del baco da seta, Inclusum labor illustrat,4 avrebbe potuto essere il suo. Un giorno le sue idee politiche, che egli peraltro non4

Il risultato del lavoro fa grande colui che vi rinchiuso. (N.d.T.) 32

cercava di nascondere, lo costrinsero a dare le dimissioni, e fu allora che egli venne a stabilirsi a Trieste come insegnante privato, accompagnato dalla moglie che lo aveva coraggiosamente sostenuto in tutte le prove della vita. I tre amici si riunivano invariabilmente in casa di Ladislas Zathmar dal giorno dell'arrivo del conte Sandorf, sebbene questi avesse ostentatamente fatto mostra di occupare un appartamento del Palazzo Modello - ora Albergo Delorme - sulla Piazza Grande. La polizia era lontanissima dal sospettare che quella casa in via dell'Acquedotto fosse il centro d'una cospirazione che contava numerosi partigiani nelle principali citt del regno. Ladislas Zathmar ed Etienne Bathory erano divenuti senza esitare i pi devoti collaboratori di Mathias Sandorf. Avevano riconosciuto come lui che le circostanze si prestavano a un movimento che poteva ricollocare l'Ungheria al posto che essa ambiva di occupare in Europa. Dedicandosi a ci, mettevano in pericolo la vita, e lo sapevano, ma questa considerazione non valeva a rimuoverli dal loro proposito. La casa in via dell'Acquedotto divent il luogo d'appuntamento dei principali capi della cospirazione. Molti partigiani, inviati dai diversi punti del regno, vennero a prendervi deliberazioni e a ricevere ordini. Un servizio di piccioni viaggiatori, latori di biglietti, stabiliva una comunicazione rapida e sicura fra Trieste, le principali citt dell'Ungheria e la Transilvania, quando si trattava d'istruzioni che non potevano essere affidate n alla posta, n al telegrafo. Insomma, le precauzioni erano state prese con tanta cura che i cospiratori avevano potuto sfuggire sino allora ad ogni sospetto. D'altra parte, come sappiamo, per i messaggi si usava un linguaggio cifrato, e con un metodo che, se esigeva il segreto, offriva almeno una sicurezza assoluta. Tre giorni dopo l'arrivo del piccione viaggiatore, il cui biglietto era stato intercettato da Sarcany, il 21 maggio, verso le otto di sera, Ladislas Zathmar ed Etienne Bathory si trovavano entrambi nello studio aspettando il ritorno di Mathias Sandorf. Mari personali avevano di recente obbligato il conte a ritornare in Transilvania e al castello d'Artenak; ma egli aveva profittato di questo viaggio per33

conferire con gli amici di Klausenburg, capoluogo della provincia e doveva fare ritorno quello stesso giorno dopo aver comunicato loro il contenuto di quel dispaccio, di cui Sarcany aveva conservato la copia. Dopo la partenza del conte, altra corrispondenza aveva viaggiato fra Trieste e Buda e molti biglietti scritti in linguaggio cifrato erano arrivati per mezzo di piccioni. In quel momento, Ladislas Zathmar era occupato nel decifrarli, per mezzo di quell'apparecchio conosciuto col nome di griglia crittografica. In effetti, i dispacci erano scritti secondo un metodo molto semplice: quello della trasposizione delle lettere. In tale sistema, ogni lettera conserva il suo valore alfabetico, cio una b significa b, una o significa o e via dicendo. Le lettere, per, vengono poi mutate di posizione in base ai pieni e ai vuoti di una griglia, che, applicata sul messaggio, lascia apparire solo le lettere necessarie, nell'ordine in cui bisogna leggerle, nascondendo le altre. Queste griglie di uso antico, ma ora assai perfezionate con il sistema del colonnello Fleissner, sembrano ancora il procedimento migliore e pi sicuro per ottenere la chiave di un criptogramma indecifrabile. Negli altri metodi, detti per interversione, non si pu avere completa fiducia, sia che si tratti di sistemi a base invariabile o con chiave semplice, nei quali ogni lettera dell'alfabeto sempre rappresentata dalla stessa lettera o dallo stesso segno, sia che si tratti di sistemi a base variabile o a doppia chiave, nei quali per ogni lettera non si adopera sempre lo stesso alfabeto. I pi esperti decifratori sono capaci di operare prodigi in questo genere di ricerche, sia col calcolo delle probabilit, sia con un lavoro di indagine. Anche solo tenendo conto delle lettere che ricorrono di pi nei criptogrammi - e nelle lingue francese, inglese e tedesca, o in spagnolo, a in russo, e e i in italiano - riescono a ricostruire nel suo esatto significato il testo del criptogramma. Pochi dispacci scritti con questi metodi possono resistere alle loro sagaci deduzioni. Pare dunque che le griglie e i dizionari in cifra - nei quali le parole e le frasi pi in uso sono rappresentate da numeri - offrano le maggiori garanzie d'indecifrabilit. Ma questi due sistemi presentano34

un grave inconveniente: esigono un segreto assoluto, o piuttosto un'estrema cura di non lasciar cadere in mani straniere la chiave che stata predisposta. Se, infatti, qualcuno trova la griglia o il dizionario, pu leggere con la massima facilit una scrittura che altrimenti avrebbe potuto celare a tutti il proprio segreto. Il carteggio fra il conte Sandorf e i suoi amici era dunque tenuto col sistema della griglia, cio di un pezzo di cartone bucato in determinati punti; ma, per maggiore precauzione, nel caso in cui le griglie di cui lui ed i suoi amici si servivano fossero andate perdute o fossero state rubate, non ne sarebbe venuta alcuna conseguenza grave, perch da una parte e dall'altra si aveva cura di distruggere i dispacci appena letti. Non doveva dunque rimanere alcun indizio del complotto in cui i pi nobili signori e i magnati dell'Ungheria, insieme con i rappresentanti della borghesia e del popolo, stavano giocando la loro vita. Ladislas Zathmar aveva appunto appena bruciato gli ultimi dispacci quando fu bussato con mano discreta alla porta dello studio. Era Borik che introduceva il conte Mathias Sandorf, venuto a piedi dalla stazione vicina. Ladislas Zathmar gli mosse subito incontro. Il vostro viaggio, Mathias? gli chiese con la premura propria di chi vuole anzitutto essere rassicurato. andato bene, Zathmar rispose il conte Sandorf. Io non potevo dubitare dei sentimenti dei miei amici della Transilvania, e possiamo esser certi della loro collaborazione. Hai annunciato loro l'ultimo dispaccio giunto da Pesth tre giorni fa? aggiunse Etienne Bathory, che era legato al conte Sandorf da una amicizia tale da potergli dare del tu. S, Etienne rispose Mathias Sandorf sono avvisati. Si tengono pronti e insorgeranno al primo segnale. In due ore, noi saremo padroni di Buda e di Pesth, in una mezza giornata dei principali comitati al di qua e al di l del Tibisco, in una giornata della Transilvania e del governatorato dei Confini militari. 5 E allora5

Antica divisione amministrativa e militare dell'Impero asburgico, che giunse a 35

otto milioni d'ungheresi avranno riconquistata la loro indipendenza. E la dieta? chiese Bathory. I nostri partigiani vi sono in maggioranza rispose Mathias Sandorf. Formeranno subito il nuovo governo, che prender la direzione degli affari. Tutto proceder regolarmente e facilmente, perch i comitati, per ci che riguarda l'amministrazione, dipendono ben poco dalla Corona, e dispongono di una propria polizia. Ma il conte palatino che presiede il Consiglio di Luogotenenza a Buda riprese Ladislas Zathmar. Il conte palatino e il Consiglio di Buda saranno subito messi nell'impossibilit di agire E nell'impossibilit di corrispondere con la cancelleria ungherese a Vienna? S! Abbiamo preso tutte le misure perch la simultaneit dei nostri movimenti possa raggiungere un pieno successo. Il successo! riprese Etienne Bathory. S, il successo! rispose il conte Sandorf. Nell'esercito, non c' ungherese che non ci appartenga, anima e corpo! A quale discendente degli antichi magiari non batte il cuore alla vista della bandiera dei Rodolfi e dei Corvini? Mathias Sandorf pronunci queste parole con l'accento del pi nobile patriottismo. Ma fino a quel momento egli riprese non trascuriamo nulla per allontanare ogni sospetto. Siamo prudenti, e saremo anche pi forti! Non avete udita nessuna grave notizia a Trieste? No rispose Ladislas Zathmar. Si fa un gran discorrere dei lavori che lo Stato fa eseguire a Pola, e per i quali sono stati impegnati molti operai. Infatti, da circa quindici anni, il governo austriaco, nella previsione di una probabile perdita del Veneto - perdita che s' effettuata aveva avuto l'idea di formare a Pola, quasi all'estremit meridionale dell'Istria, immensi arsenali e un porto militare, percomprendere, dall'Adriatico alla Transilvania, l'insieme dei territori di frontiera nei quali erano state insediate popolazioni slave. (N.d.T.) 36

meglio dominare quella parte dell'Adriatico. Nonostante le proteste di Trieste, cui questo progetto toglieva parte dell'importanza marittima, i lavori erano stati portati avanti con ansia febbrile. Mathias Sandorf e i suoi amici potevano dunque pensare che i triestini sarebbero stati disposti a seguirli qualora il movimento separatista si fosse propagato fino a loro. Qualunque cosa succedesse, il segreto della cospirazione per l'autonomia ungherese era stato gelosamente custodito. La polizia non avrebbe potuto affatto supporre che i maggiori esponenti della congiura fossero in quel momento riuniti nella modesta abitazione di via dell'Acquedotto. Tutto sembrava dunque essere stato preparato perch l'impresa avesse buon esito: si trattava solo di attendere il momento opportuno per agire. La corrispondenza cifrata, prima molto intensa fra Trieste e le principali citt dell'Ungheria e della Transilvania, diveniva sempre meno frequente o addirittura nulla, a meno che non si verificassero imprevisti. Ormai i piccioni viaggiatori non avevano pi dispacci da recapitare, poich erano stati presi gli ultimi provvedimenti; anzi, per maggior precauzione, s'era pensato di chiudere la colombaia della casa di Ladislas Zathmar. D'altra parte, bisogna aggiungere che il danaro non solo il nerbo della guerra, anche la forza delle congiure. necessario che al momento della sollevazione esso non manchi ai cospiratori. In quell'occasione essi devono averne a sufficienza. Si sa che, se Ladislas Zathmar ed Etienne Bathory potevano sacrificare la vita all'indipendenza del loro paese, ad esso non potevano certo sacrificare la loro ricchezza, perch avevano solo delle risorse personali assai limitate. Il conte Sandorf, invece, era immensamente ricco, e oltre alla vita era pronto a mettere tutte le sue sostanze a disposizione della sua causa. Cos, da alcuni mesi, tramite il suo intendente Lendeck, dando in garanzia le proprie terre, egli era riuscito a realizzare una somma considerevole - pi di due milioni di fiorini.66

Circa cinque milioni di franchi. (N.d.A.) 37

Occorreva che tale somma fosse sempre a sua disposizione e che egli potesse servirsene all'occorrenza. Perci essa era stata depositata, a nome del conte, in una banca di Trieste la cui onorabilit fino a quel momento era fuori d'ogni dubbio e la solidit a tutta prova. Si trattava di quella casa Toronthal, di cui Sarcany e Zirone avevano parlato durante la loro sosta al cimitero della citt alta. Ora, questa circostanza del tutto fortuita doveva avere le pi gravi conseguenze, come si vedr nel seguito di questo racconto. A proposito di questo danaro, di cui si discusse brevemente durante il loro ultimo colloquio, Mathias Sandorf disse al conte Zathmar e a Bathory che era sua intenzione fare al pi presto visita al banchiere Silas Toronthal, per avvertirlo di tenere i fondi a sua disposizione entro il pi breve tempo. Infatti gli avvenimenti avrebbero presto costretto il conte Sandorf a dare da Trieste il segnale convenuto, tanto pi che quella sera stessa gli parve che la casa di Ladislas Zathmar fosse oggetto di una particolare sorveglianza. Verso le otto, quando il conte Sandorf e Etienne Bathory uscirono, l'uno per tornare alla sua casa nella Corsia Stadion, l'altro per andare al Palazzo Modello, notarono due individui nell'ombra, che li seguivano a distanza cercando di tenersi nascosti. Mathias Sandorf e il suo compagno, volendo mettere in chiaro la cosa, non esitarono a dirigersi verso quegli individui, a ragione sospetti; ma costoro, avendoli scorti, disparvero dietro l'angolo della chiesa di Sant'Antonio, all'estremit del gran canale, prima che fosse possibile raggiungerli.

38

CAPITOLO IIILA CASA TORONTHALA TRIESTE non c' quasi societ. Tra razze differenti, come tra caste diverse, ci si vede poco. I funzionari austriaci hanno la pretesa di occupare il primo posto, a qualunque grado della gerarchia amministrativa si trovino. Sono, in generale, persone distinte, colte e cortesi; ma lo stipendio scarso, inadeguato al posto che occupano ed essi non possono competere coi negozianti e con i banchieri. Questi ultimi, poich i ricevimenti si fanno di rado nelle famiglie ricche, e le riunioni ufficiali mancano quasi del tutto, si ripagano con un gran lusso esteriore: nelle vie con le sontuose vetture e al teatro con le acconciature sfarzose e la profusione di diamanti di cui le loro spose fanno sfoggio nei palchi del Teatro Comunale o di quello dell'Armonia. Fra tutte quelle ricche famiglie si citava, a quel tempo, quella del banchiere Silas Toronthal. Il capo di quella casa, il cui credito si estendeva molto al di l dell'Impero Austro-Ungarico, aveva allora trentasette anni. Egli occupava con la moglie, pi giovane di lui di alcuni anni, un palazzo in via dell'Acquedotto. Silas Toronthal aveva fama di straricco e tale doveva essere. Rischiose e riuscite speculazioni di borsa, un ampio movimento di affari con la societ del Lloyd austriaco e con altre case rispettabili, prestiti importanti di cui gli era stata affidata l'emissione, avevano abbondantemente riempito la sua cassa. Da ci, una vita estremamente lussuosa che lo metteva molto in evidenza. Tuttavia, come aveva detto Sarcany a Zirone, era anche possibile che gli affari di Silas Toronthal si trovassero allora un po' in39

difficolt, almeno momentaneamente. Che egli avesse subito, sette anni prima, il contraccolpo del turbamento causato in banca e in Borsa dalla guerra franco-italiana, e poi, pi recentemente, dalla campagna finita col disastro di Sadowa, e che il ribasso, a quell'epoca, dei titoli di Stato sulle principali piazze d'Europa e specialmente su quelle dell'Impero Austro-Ungarico, Vienna, Pesth, Trieste, l'avessero seriamente messo alla prova, poteva essere. Allora, certamente, l'obbligo di rimborsare le somme depositate presso la sua banca sotto forma di conti correnti, avrebbe potuto creargli gravi seccature. Ma egli aveva saputo certamente risollevarsi dopo quel dissesto; quindi, se quanto affermava Sarcany era vero, era segno che la solidit della sua banca era stata recentemente compromessa da nuove speculazioni troppo azzardate. Per dire il vero, da alcuni mesi Silas Toronthal, almeno intimamente, era molto mutato. Per quanto sapesse padroneggiarsi, il cambiamento della sua fisionomia lo tradiva. Non era pi, come una volta, padrone di se stesso. Chi l'avesse osservato, avrebbe notato che egli non osava fissare in volto i suoi interlocutori, come soleva fare per il passato: li guardava invece di sbieco e con gli occhi socchiusi. Questi indizi non erano sfuggiti alla signora Toronthal, donna malaticcia, di poca energia, del tutto sottomessa, d'altronde, al marito, e quasi del tutto all'oscuro sull'andamento dei suoi affari. Ora se qualche disastro minacciava la sua banca, Silas Toronthal, bisogna riconoscerlo, non poteva pretendere di beneficiare della simpatia pubblica. vero che egli aveva nella citt e in tutto il paese molti clienti, ma in realt vi contava pochissimi amici. La sua innata vanit, l'alto concetto che aveva della propria posizione e l'aria di superiorit che assumeva con tutti e che affettava in ogni cosa, non erano doti che potessero procurargli degli amici fuori del campo di lavoro. D'altra parte, i triestini lo consideravano straniero, perch era nato a Ragusa, cio in Dalmazia. Nessun legame di famiglia lo univa alla citt dove circa quindici anni prima era venuto a gettare le basi della sua fortuna. Questa era, in quei giorni, la situazione della casa Toronthal. Tuttavia, sebbene Sarcany avesse dei sospetti a questo proposito, non40

si poteva ancora dare per certa la notizia che il banchiere si trovasse in cattive acque. Il suo credito non era per nulla diminuito, almeno ufficialmente. Ecco perch il conte Mathias Sandorf, dopo aver realizzato i suoi fondi, non aveva esitato ad affidargli una somma considerevole, somma che avrebbe dovuto essere sempre a sua disposizione purch egli ne desse preavviso ventiquattro ore prima. Potr far meraviglia che ci fossero delle relazioni fra quella banca, ritenuta serissima, e un individuo quale Sarcany. Ma era proprio cos, e queste relazioni risalivano gi a due o tre anni addietro. A quell'epoca, Silas Toronthal aveva trattato degli affari molto importanti con la reggenza7 di Tripoli. Sarcany, sensale per ogni genere di affari e praticissimo in tutto ci che riguardava conteggi, era riuscito ad intromettersi in questo giro d'affari che, a dire il vero, erano di natura piuttosto sospetta. In essi c'erano state questioni inconfessabili di bustarelle, di commissioni dubbie, di prelevamenti poco onesti, nei quali il banchiere di Trieste non aveva voluto comparire di persona. Fu in circostanze del genere che Sarcany divenne l'agente di queste losche combinazioni e rese parecchi altri servigi di questo genere a Silas Toronthal. Egli ebbe in questo modo occasione di metter piede nella banca, anzi sarebbe il caso di dire la mano. Infatti Sarcany, lasciata la Tripolitania, non cess di praticare una specie di ricatto nei confronti del banchiere di Trieste. Non gi che Silas Toronthal fosse del tutto nelle sue mani. Di quelle operazioni sospette non c'era alcuna prova materiale. Ma la posizione di un banchiere sempre delicata. Una sola parola pu nuocergli molto. Ora Sarcany ne sapeva abbastanza perch si dovesse fare i conti con lui. Silas Toronthal fece dunque questi conti. Ci gli cost anche delle somme piuttosto ingenti che furono rapidamente dissipate soprattutto nelle bische, con l'indifferenza tipica dell'avventuriero che non si d pensiero dell'avvenire. Ma Sarcany, dopo avergli dato la caccia fino a7

Con il nome di reggenze barbaresche venivano in antico indicati gli Stati situati nella parte nordoccidentale dell'Africa: Tripoli, Tunisi e Algeri. (N.d.T.) 41

Trieste, divenne ben presto cos importuno, cos esigente, che il banchiere fin per stancarsi e gli tolse ogni credito. Sarcany avanz delle minacce. Silas Toronthal tenne duro. Ed ebbe ragione, giacch il ricattatore dovette infine riconoscere che, in mancanza di prove precise, egli poteva considerarsi vinto, o quasi. Ecco dunque che Sarcany e il suo onesto compagno Zirone erano ridotti, da qualche tempo, all'estremo, senza neanche quel tanto che occorreva per lasciare la citt e recarsi altrove a caccia di fortuna. Sappiamo per che, allo scopo di sbarazzarsene definitivamente, Silas Toronthal aveva appena inviato loro un ultimo soccorso. Quella somma doveva metterli in grado di abbandonare Trieste, per ritornare in Sicilia, dove Zirone era iscritto a una temibile associazione, che sfruttava le province dell'est e del centro. Il banchiere poteva dunque sperare di non rivedere mai pi il suo sensale della Tripolitania, e di non udire nemmeno pi parlare di lui. In questo si ingannava, come in molte altre cose. Era il 18 maggio che i duecento fiorini, inviati da Silas Toronthal insieme col breve biglietto d'accompagnamento, erano stati indirizzati all'albergo in cui abitavano i due avventurieri. Sei giorni dopo, il 24 dello stesso mese, Sarcany si presentava alla banca, chiedeva di parlare a Silas Toronthal, e tale fu la sua insistenza che questi fu costretto a riceverlo. Il banchiere era nel suo studio, di cui Sarcany chiuse accuratamente la porta, dopo essere stato introdotto. Ancora voi! esclam immediatamente Silas Toronthal. Che cosa venite a fare qui? Vi ho mandato, e per l'ultima volta, una somma che doveva bastarvi per lasciare Trieste! Non avrete pi nulla da me, qualunque cosa voi possiate dire o fare! Perch non siete partito? Vi avverto che piglier delle misure per impedire d'ora innanzi i vostri ricatti! Che volete ancora da me? Sarcany aveva ascoltato con molta calma questa filippica, alla quale era preparato. Il suo atteggiamento non era neanche pi quello che egli assumeva di solito, insolente e provocante, durante le sue ultime visite in casa del banchiere. Non solo egli era perfettamente padrone di s, ma il suo contegno42

era molto serio. Avvicin una sedia, sebbene non fosse stato invitato a sedersi; poi aspett che il banchiere avesse sfogato il suo cattivo umore con rumorose recriminazioni. Ebbene, vi decidete a parlare? riprese Silas Toronthal che, dopo aver percorso nei due sensi il suo studio, si era seduto a sua volta ma senza potersi padroneggiare. Attendo che siate pi calmo rispose tranquillamente Sarcany. E aspetter tutto il tempo che sar necessario. Che io sia calmo o no, poco importa! Per l'ultima volta: che volete da me? Silas Toronthal, rispose Sarcany desidero proporvi un affare. Non voglio parlar d'affari con voi n voglio trattarne! grid il banchiere. Non c' pi nulla in comune tra me e voi, e voglio che voi lasciate Trieste oggi stesso, all'istante, per non ritornarvi mai pi! Faccio conto di lasciare Trieste rispose Sarcany ma non voglio partire se prima non mi sono sdebitato con voi. Sdebitarvi? Voi? Rimborsandomi? Voglio restituirvi interessi, capitali, senza contare una parte nei profitti di Silas Toronthal alz le spalle a tale proposta inattesa, provenendo da Sarcany. Le somme che vi ho anticipato sono passate in conto profitti e perdite! Io vi ritengo libero, non pretendo niente da voi, sono superiore a simili inezie. E se non mi piacesse rimanere vostro debitore? E se a me piacesse rimanere vostro creditore? Ci detto il banchiere e l'avventuriero si guardarono in faccia. Poi Sarcany, alzando egli pure le spalle: Frasi, nient'altro che frasi! Vi ripeto che vengo a proporvi un affare molto serio. Molto serio e insieme molto losco, senza dubbio. Eh! Non sarebbe la prima volta che voi sareste ricorso a me per trattare43

Parole, nient'altro che parole! rispose il banchiere, per ribattere l'insolente osservazione di Sarcany. Ascoltatemi disse Sarcany: sar breve. Farete bene. Se quello che vi propongo non vi conviene, non ne parleremo pi, e io me ne andr. Da qui o da Trieste? Da qui e da Trieste. Domani? Questa sera! Parlate dunque! Ecco di che si tratta disse Sarcany. Ma aggiunse volgendosi in giro siete sicuro che nessuno ci possa udire? Vi preme molto che il colloquio sia segreto? rispose ironicamente il banchiere. S, Silas Toronthal, giacch io e voi stiamo per diventare padroni della vita di personaggi importanti! Voi, forse! Io, no! Giudicate voi stesso! Sono sulle tracce di una cospirazione. Quale sia il suo scopo, non lo so ancora. Ma dopo la partita che stata giocata in mezzo alle pianure lombarde, dopo l'affare di Sadowa, tutto ci che non austriaco pu avere buon gioco contro l'Austria. Ora, io ho qualche motivo per credere che si prepari un movimento politico, forse in favore dell'Ungheria; e noi potremmo profittarne! Silas Toronthal, di rimando, si content di rispondere in tono derisorio: Non ho nulla da guadagnare da una cospirazione Forse s! E come? Denunciandola! Vediamo, spiegatevi! Ascoltatemi dunque rispose Sarcany. E fece al banchiere il racconto di ci che era accaduto nel vecchio cimitero di Trieste, come era riuscito ad impadronirsi del colombo44

viaggiatore, come un biglietto in cifra - di cui aveva conservato il facsimile - fosse capitato nelle sue mani, e in qual modo egli avesse riconosciuto la casa del destinatario di questo biglietto. Aggiunse che da cinque giorni Zirone e lui s'erano messi a spiare quanto accadeva, se non nell'interno, almeno all'esterno di quella casa. Tutte le sere vi si riunivano le stesse persone, e vi entravano con molta precauzione. Altri colombi ne erano andati e tornati, alcuni diretti al nord, altri provenienti di l. La porta di quella casa era custodita da un vecchio domestico, che non l'apriva volentieri e ne sorvegliava diligentemente l'accesso. Sarcany e il suo compagno avevano dovuto agire con una certa circospezione per non attirare l'attenzione di quell'uomo; e tuttavia temevano d'aver provocato da alcuni giorni i sospetti di lui. Silas Toronthal cominciava ad ascoltare pi attentamente il racconto che gli faceva Sarcany. Si chiedeva quanto di vero vi poteva essere in tutto ci, dal momento che il suo antico sensale era soggetto a cauzione e, in fin dei conti, in che senso costui intendeva che egli avrebbe potuto interessarsi a quest'affare e ricavarne un qualsivoglia guadagno. Quando il racconto fu terminato, quando Sarcany ripete per l'ultima volta che si trattava di una cospirazione contro lo Stato, di cui egli poteva avvantaggiarsi utilizzandone i segreti, il banchiere gli rivolse appena le seguenti domande: Dove si trova questa casa? Via dell'Acquedotto, numero 89. A chi appartiene? A un signore ungherese. Il suo nome? Il conte Ladislas Zathmar. E le persone che gli fanno visita? Due principalmente, entrambi ungheresi. Uno ? Un professore di questa citt, che si chiama Etienne Bathory. E l'altro? Il conte Mathias Sandorf !45

A questo nome, Silas Toronthal ebbe un leggero moto di sorpresa, che non sfugg a Sarcany. Quanto a quei tre nomi che aveva appena pronunciato, gli era stato facile, venirne a conoscenza pedinando Etienne Bathory, quando tornava a casa sua nella Corsia Stadion, e il conte Sandorf, quando rientrava all'Albergo Delorme. Lo vedete, Silas Toronthal riprese Sarcany non ho esitato a comunicarvi questi nomi. Riconoscerete che non cerco di giocare d'astuzia con voi! Ci che mi dite assai vago! rispose il banchiere, a cui premeva di approfondire la cosa prima d'impegnarsi. Vago? disse Sarcany. Eh! Senza dubbio! Non avete nemmeno la pi piccola prova materiale. E questa? La copia del biglietto si trov nelle mani di Silas Toronthal. Il banchiere prese a esaminarla con interesse. Ma per lui quelle parole in cifra non avevano alcun senso, e niente provava che possedessero l'importanza che Sarcany pretendeva di attribuire loro. Se questo affare poteva interessarlo, ci era solo perch vi figurava il conte Sandorf, suo cliente: infatti, i rapporti che egli aveva con lui lo impensierivano non poco, nel caso che il conte avesse chiesto il pagamento immediato dei capitali depositati nella sua banca. Ebbene, la cosa mi sembra sempre pi vaga! A me invece sembra chiarissima rispose Sarcany per nulla scoraggiato dalle osservazioni del banchiere. Avete potuto leggere il biglietto? No, Silas Toronthal, ma sapr decifrarlo quando sar il momento. E come? Ho una certa pratica anche in questo, come in molte altre cose, e di biglietti in cifra ne ho gi letti parecchi; ora, dall'esame che gi feci di questo mi risulta che la sua chiave non si basa su numeri n su un alfabeto convenzionale che possa attribuire a ciascuna lettera un significato diverso da quello che essa ha realmente. In questo biglietto una s equivale a una s, una p ad una p, ma queste lettere46

sono state disposte in maniera tale che non possono esser messe al loro giusto posto snza l'aiuto di una griglia. Sappiamo che Sarcany non s'ingannava. Era stato appunto adoperato questo sistema in quel biglietto. Si sa anche che per questo, esso era ancora pi indecifrabile. Ebbene, la cosa sar come voi dite, ma senza la griglia non possibile leggere il biglietto. Infatti, non possibile. E come vi procurerete questa griglia? Non lo so ancora rispose Sarcany ma, siatene certo, riuscir a procurarmela. Davvero! Ebbene, al vostro posto, Sarcany, non mi piglierei tanta pena! Mi piglier la pena che sar necessaria. Con quale scopo? Mi contenterei d'informare la polizia di Trieste dei miei sospetti, presentandole questo biglietto. La informer, Silas Toronthal, ma non basandomi su semplici supposizioni rispose freddamente Sarcany. Prima di parlare, voglio avere delle prove materiali e quindi indiscutibili! Voglio diventare padrone assoluto di questa cospirazione, proprio cos, padrone assoluto, per ricavarne tutti i vantaggi che vi offro di dividere con me. E chi sa, forse pu essere meglio che mi metta dal lato dei cospiratori, invece di schierarmi contro di loro! Questo linguaggio non poteva sorprendere Silas Toronthal. Egli sapeva che Sarcany, pieno di acume ma anche di malvagit, era capace di tutto. Del resto se egli non esitava a parlare in tal modo davanti al banchiere di Trieste, era chiaro che sapeva a sua volta di poter fare qualsiasi proposta a Silas Toronthal, perch anche la coscienza di lui non era per nulla scrupolosa. D'altronde, lo ripetiamo ancora, Sarcany conosceva da molto il banchiere; e aveva motivi per credere che da qualche tempo gli affari della banca non procedessero a gonfie vele. Ora, il segreto di questa cospirazione, sorpreso, scoperto e utilizzato non avrebbe potuto permettergli di sollevare la sua situazione? Era su questo che puntava Sarcany.47

Dal canto suo, Silas Toronthal mirava in quel momento a stringere i panni addosso al suo antico sensale. Che si trattasse di un complotto contro il governo austriaco di cui Sarcany aveva scoperto le tracce, era pi che ammissibile. Quella casa di Ladislas Zathmar, in cui si tenevano conciliaboli segreti, quella corrispondenza cifrata, la somma enorme depositata nella sua banca dal conte Sandorf e che doveva essere tenuta a sua disposizione, tutto ci suscitava i pi legittimi sospetti. Era pi che probabile che Sarcany cogliesse nel segno. Ma il banchiere, desideroso di sapere di pi, di conoscere a fondo le intenzioni che muovevano il suo interlocutore, continuava ancora a resistergli. Si limit perci a rispondergli con simulata indifferenza: E poi, quando sarete pervenuto a decifrare questo biglietto, - se riuscirete a farlo - vedrete che si trattava di affari puramente privati, senza alcuna importanza, e non ci sar alcun guadagno da ricavarne per voi n per me. No! esclam Sarcany, con l'accento della pi profonda convinzione. No! Sono sulle tracce di un movimento politico importante, manovrato da uomini di nobile origine; e voi, Silas Toronthal, ne siete sicuro al pari di me. Insomma, che volete da me? chiese il banchiere, questa volta molto nettamente. Sarcany si alz, e con voce pi bassa ma fissando il banchiere: Ci che voglio, e insistette su questa frase ve lo dico subito. Voglio essere accolto, il pi presto possibile, nella casa del conte Zathmar, con un pretesto qualsiasi, per guadagnarmi la sua confidenza. Una volta nella fortezza, dove nessuno mi conosce, potr scoprire la griglia e decifrare il biglietto, del quale far uso per il nostro migliore interesse. Per il nostro interesse? ripete Silas Toronthal. Ma perch vi preme tanto di associarmi a questo affare? Perch ne vale la pena e voi ne avrete un grosso guadagno! Potreste tenerlo tutto per voi! No! Ho bisogno del vostro aiuto! Spiegatevi dunque una buona volta!48

Per raggiungere lo scopo mi occorre del tempo, e per attendere ho bisogno di danaro. Ora non ne ho pi! Il vostro credito con me esaurito, lo sapete! Sia! Me ne aprirete un altro! E che cosa potrei guadagnarci? Questo: dei tre uomini che vi ho nominati, due sono poveri, il conte Zathmar e il professor Bathory, ma il terzo ricco, anzi ricchissimo. In Transilvania possiede dei beni considerevoli. Ora, voi sapete che, se egli viene arrestato come cospiratore e viene condannato, i suoi beni confiscati andranno per la maggior parte a coloro che avranno scoperto e denunciato la cospirazione! Voi ed io, Silas Toronthal, ce li divideremo! Sarcany tacque. Il banchiere non rispondeva: rifletteva a quanto gli si chiedeva per entrare nel gioco. Peraltro, egli non era uomo da compromettersi personalmente in un affare di questo genere: ma sapeva che il suo agente era capace di agire per tutti e due. Se egli si decideva a prendere parte all'affare, avrebbe saputo abilmente legarlo con un patto che lo avrebbe messo alla sua merc, in modo tale da poter rimanere egli stesso nell'ombra Tuttavia, esitava. Beh! In fin dei conti, che cosa avrebbe rischiato? In questa odiosa faccenda egli sarebbe rimasto nell'ombra e ne avrebbe raccolto i profitti - profitti enormi, che potevano rimettere in sesto la situazione finanziaria della sua banca Ebbene? chiese Sar