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Matematica e didattica della matematica Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria a.a. 2008-09 Docente: Ana Millán Gasca LEZIONE 3 I NUMERI INTERI I. Unità è ciò secondo cui ciascun ente è detto uno. II. Numero è una pluralità composta da unità. Euclide, Elementi, Libro VII “Abbiamo presentato il concetto del numero come resultante per astrazione dal confronto di classi e serie di oggetti materialmente dati, in guisa che le proprietà dei numeri apparivano come espressione di semplici esperienze elementari, intorno alla realtà fisica. Ma come mai tali esperienze potrebbero avere un valore probante al di là dei limiti in cui effettivamente furono esperiti?” F. Enriques, Questioni riguardanti la matematica elementare. Parte I. Critica dei principi, vol. 1, La serie infinita dei numeri, 3° edizione, 1924, p. 252 SOMMARIO: 3.1. I numeri naturali e le operazioni. 3.2. L’infinito dei numeri naturali: il principio di induzione matematica. 3.3 Gli assiomi di Peano. 3.4 L’ordinamento dei numeri naturali. 3.5 Che cosa è contare. Cardinalità 3.6 L’ampliamento del campo numerico. 3.7 L’insieme dei numeri interi Bibliografia: Che cos’è la matematica, cap. 1 (§1. 1 e § 2); Argomenti di matematica per filosofia, cap. 2 (I numeri naturali), Questioni riguardanti le matematiche elementari, Parte I, Critica dei principi, Articolo VI, Parte prima, I numeri naturali. 3.1 I numeri naturali e le operazioni Nel momento stesso in cui un piccolo bambino di neanche due anni pronuncia per la prima volta qualche parola-numero, inizia a aprirsi davanti a lui un universo numerico che esplorerà con passione seguendo molte piste: la successione o sequenza delle parole-numero apre la strada ai vari usi e proprietà dei numeri naturali. Magari il bambino ha un suo numero “preferito”; egli poi sa che alcuni numeri sono importanti, a seconda di ciò che essi contano, misurano o identificano (l’età, il

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Matematica e didattica della matematica

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria a.a. 2008-09

Docente: Ana Millán Gasca

LEZIONE 3 I NUMERI INTERI

I. Unità è ciò secondo cui ciascun ente è detto uno. II. Numero è una pluralità composta da unità. Euclide, Elementi, Libro VII

“Abbiamo presentato il concetto del numero come resultante per astrazione dal confronto di classi e serie di oggetti materialmente dati, in guisa che le proprietà dei numeri apparivano come espressione di semplici esperienze elementari, intorno alla realtà fisica. Ma come mai tali esperienze potrebbero avere un valore probante al di là dei limiti in cui effettivamente furono esperiti?” F. Enriques, Questioni riguardanti la matematica elementare. Parte I. Critica dei principi, vol. 1, La serie infinita dei numeri, 3° edizione, 1924, p. 252

SOMMARIO: 3.1. I numeri naturali e le operazioni. 3.2. L’infinito dei numeri naturali: il principio di induzione matematica. 3.3 Gli assiomi di Peano. 3.4 L’ordinamento dei numeri naturali. 3.5 Che cosa è contare. Cardinalità 3.6 L’ampliamento del campo numerico. 3.7 L’insieme dei numeri interi Bibliografia: Che cos’è la matematica, cap. 1 (§1. 1 e § 2); Argomenti di matematica per filosofia, cap. 2 (I numeri naturali), Questioni riguardanti le matematiche elementari, Parte I, Critica dei principi, Articolo VI, Parte prima, I numeri naturali. 3.1 I numeri naturali e le operazioni

Nel momento stesso in cui un piccolo bambino di neanche due anni pronuncia per la prima

volta qualche parola-numero, inizia a aprirsi davanti a lui un universo numerico che esplorerà con passione seguendo molte piste: la successione o sequenza delle parole-numero apre la strada ai vari usi e proprietà dei numeri naturali. Magari il bambino ha un suo numero “preferito”; egli poi sa che alcuni numeri sono importanti, a seconda di ciò che essi contano, misurano o identificano (l’età, il

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numero civico di casa, il numero di bambini della classe); eppure egli inizia a essere consapevole del fatto che, da un certo punto di vista ciò che interessa non è il singolo numero ma la collezione completa dei numeri naturali: questo è il punto di vista della matematica. Nella matematica moderna si esprime questa idea dicendo che i numeri naturali formano un insieme, in altre parole considerando l’insieme dei numeri naturali, che viene indicato con la lettera maiuscola N.

Come abbiamo visto nella lezione 2, i numeri servono innanzitutto per contare: si contano i bambini presenti in classe, i giorni che mancano alla recita, oppure le caramelle di un pacchetto. I numeri servono inoltre per ordinare o enumerare, ad esempio quando diciamo che una bambina è arrivata seconda nella corsa oppure che la Terra è il terzo pianeta del sistema solare secondo la distanza al Sole. I numeri servono anche per misurare e come codice di identificazione.

I numeri sono però anche un potente strumento intellettuale: essi servono anche per calcolare, ossia per risolvere problemi eseguendo delle operazioni fra numeri dati, come quando “scopriamo” che quando alla piccola collezione di tre figurine si aggiungono altri due allora essa consiste di cinque figurine. I bambini acquisiscono attraverso i numeri una precoce consapevolezza sulle capacità mentali (distinte dalle capacità fisiche come manipolare, vedere, sentire, alzare pesi o correre). Essi si avventurano in questa esplorazione con sicurezza e fiducia nelle proprie risorse. Tuttavia, già nella scuola primaria i bambini scoprono anche che bisogna stare attenti a maneggiare i numeri. Ad esempio, si presenta già qualche “intralcio” quando si tenta di eseguire una sottrazione con numeri naturali: se il minuendo non è maggiore del sottraendo, la sottrazione non è possibile. Se poi si vogliono eseguire le divisioni che sono tanto utili nella vita quotidiana, e il dividendo non è un multiplo del divisore, ci si mette di mezzo il fastidioso resto.

L’addizione e della moltiplicazione sono le operazioni che funzionano bene fra numeri naturali: esse sono operazioni interne, vale a dire, dati due numeri naturali qualsivoglia n ed m possiamo sempre determinare il numero naturale che è il risultato della addizione (la loro somma, che denotiamo

!

n + m ) e il numero naturale che è il risultato della moltiplicazione (il loro prodotto, che denotiamo

!

n "m).

Le proprietà delle operazioni di addizione e moltiplicazione dei numeri naturali Le operazioni di addizione e di moltiplicazione dei numeri naturali sono governate dalle leggi

fondamentali dell’aritmetica (la quinta di queste leggi mette in rapporto le due operazioni): 1) proprietà commutativa dell’addizione dei numeri naturali:

!

n + m = m + n per ogni coppia di numeri naturali n,m 2) proprietà commutativa della moltiplicazione dei numeri naturali:

!

n "m = m " n per ogni coppia di numeri naturali n,m 3) proprietà associativa dell’addizione dei

naturali:

!

l + n + m( ) = l + n( ) + m per ogni terna di numeri naturali l,n,m 4) proprietà associativa della moltiplicazione dei naturali:

!

l " n "m( ) = l " n( ) "m per ogni terna di numeri naturali l,n,m 5) proprietà distributiva della moltiplicazione dei numeri naturali rispetto all’addizione

!

l " n + m( ) = l " n + l "m per ogni terna di numeri naturali l,n,m

Usare un modello concreto per il concetto astratto di numero, come i regoli o delle scatole contenenti dei gettoni, può indurre a capire la validità generale delle leggi; allo stesso modo, tale validità può essere messa in evidenza con i bambini verificandola su molti esempi numerici. Tuttavia, i modelli concreti, così come la sperimentazione o esplorazione a tentoni, sono insoddisfacenti, poiché si è di fronte ad affermazioni molto “impegnative”, dovuto al fatto che sono di tipo generale. Si pensi ad esempio alla proprietà commutativa dell’addizione:

“nell’addizione di numeri naturali, l’ordine degli addendi non altera la somma”.

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Questa affermazione è valida “sempre”: in altre parole, essa è valida in un numero infinito di casi e fornisce un esempio accessibile ai bambini dell’ambizione della matematica come forma di conoscenza. Nel seguito della lezione vogliamo indagare più in profondità la “natura” dei numeri naturali, ciò che è alla base dell’infinito dei numeri naturali, dell’ordine dei numeri naturali e delle operazioni fra numeri naturali e le loro proprietà. Ciò ci renderà più consapevoli di ciò che sui numeri ognuno di noi ha cominciato a capire fin dalla prima infanzia, e ci permetterà di accompagnare e guidare i bambini alla scoperta dell’aritmetica.

Le leggi dell’aritmetica sono alla base di molte regole pratiche di calcolo scritto e mentale e,

di conseguenza, anche del calcolo algebrico (quando si lavora con espressioni in cui alcuni numeri sono sostituiti da lettere). Infatti, molte strategie di calcolo mentale si basano su una combinazione delle proprietà commutativa e associativa che permette di raggruppare addendi o fattori arrivando a cifre tonde; e la proprietà distributiva è la base di tecniche come “mettere in evidenza”, raggruppare termini simili oppure eliminare le parentesi. Ad esempio:

!

(k +1) " 6 + k " k +1( ) = 6 " (k +1) + k " k +1( ) = 6 + k( ) " k +1( ) Con gli alunni delle elementari è di grande interesse proprio l’uso delle leggi dell’aritmetica

nel calcolo mentale.

“Aggiungere uno” e il ragionamento per ricorrenza I bambini entrano precocemente con l’esempio più semplice e naturale dell’infinito trattato

dalla matematica, l’infinito dei numeri naturali. Si tratta di un aspetto che i matematici considerano fondamentale dal punto di vista della loro disciplina, ma che si manifesta anche nelle concezioni numeriche ingenue del bambino, nel fatto che essi si convincono intuitivamente dell’esistenza di leggi generali dell’aritmetica. Ad esempio, un bambino ha bisogno di esplorare fisicamente oppure mentalmente fino a scoprire oppure a convincersi che la somma di due numeri naturali si può sempre “pensare” e da come risultato un numero naturale (anche se può essere difficile eseguirla); allo stesso modo, un bambino arriva ad avere la sicurezza che l’ordine degli addendi non altera la somma, e di conseguenza, egli usa questa proprietà dei numeri laddove può essere utile, ad esempio nel calcolo mentale: se gli viene chiesto quanto fa due più cinque egli eseguirà (mentalmente, o aprendo le dita) 5 più 2 per agevolare il calcolo.

L’infinito dei numeri naturali è tutt’uno con quello che Henri Poincaré ha chiamato “il ragionamento matematico per eccellenza”, ossia il ragionamento per ricorrenza. Il ragionamento per ricorrenza è collegato alla “magia dell’aggiungere uno” che genera la sequenza dei numeri naturali e che, in certe condizioni, ci permette di dire, dopo un po’ di esempi, “e così via”.

Fulcro della consapevolezza numerica dei bambini è la sequenza o successione dei numeri, che inizia da un particolare numero, Uno. I bambini acquisiscono pezzi sempre più lunghi di questa sequenza

Uno, due, tre, quattro, …, dieci, undici, dodici, tredici,…, venti, vent’uno,..

ossia riconoscono che “dopo ogni numero vi è un altro numero” perché ne accumulano molti esempi: dopo uno, c’è due; dopo due, c’è tre, … dopo nove, c’è dieci… ogni numero ha un successivo. Questo meccanismo può essere espresso in termini moderni attraverso il concetto di successore (la funzione successore): ad ogni numero naturale corrisponde un altro numero naturale

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successore e questo successore è uno e uno solo. Non solo, ma due numeri naturali diversi hanno successori diversi, e quindi ogni numero naturale, tranne il numero 1, è successore di un numero naturale e solo di uno.

!

" # " sc[ ]" # "

!

sc 1( ) = 2

sc 2( ) = 3

sc 3( ) = 4

...

il successore di diciassette è un unico numero, diciotto quattro è successore di un unico numero, tre

uno non è successore di alcun numero Abbiamo quindi un elemento privilegiato, 1, e una funzione successore che soddisfa condizioni specifiche. Ma vogliamo scavare più a fondo il motivo per il quale noi abbiamo “fiducia” nei numeri, oppure, più matematicamente, il motivo per il quale le leggi dell’aritmetica sono valide sempre. Il motivo di questa sicurezza risiede, come mise in evidenza con grande perspicacia Giuseppe Peano, in una legge logica, una proprietà che si chiama il principio di induzione, che coinvolge e “vincola” sia l’elemento privilegiato sia la funzione successore.

Questa legge non solo è alla base stessa delle leggi delle operazioni, ma è anche alla base della possibilità stessa di eseguirle. Infatti, l’esistenza del successore è proprio ciò che ci permette di eseguire qualsiasi addizione. Scriveremo:

!

a +1 per il successore di a, sc(a)

!

a + 2 per il successore del successore di a

!

a + 3 per il successore del successore del successore di a e così via Poiché

!

a +1 deriva immediatamente dall’idea di successore, nel modo di vedere di un adulto entrambe le idee si confondono. Nei bambini, però, vi è un percorso su entrambe queste idee e sul loro collegamento: l’idea di “successore” emerge attraverso la sequenza delle parole-numero (la parola sette va dopo la parola sei); “aggiungere uno” è il primo esempio di addizione ed emerge attraverso le prime addizioni effettivamente eseguite (eventualmente in risposta alle domande di un adulto); il collegamento risiede poi nel collegare il “meccanismo” che genera successori (che va avanti, oltre tutti gli esempi linguistici effettivi) all’aggiungere uno. Analizziamo che significa l’aver scritto “e così via”: possiamo continuare con

!

a + 4,a + 5,a + 6… e raggiungere così un qualsivoglia numero naturale b. Dato un numero a, che significa

!

a + b , ossia “aggiungere ad a il numero b”? Basta considerare prima il successore di a, poi il successore del successore di a, poi ancora il successore del successore del successore di a, e ripetere questa operazione b volte (questa ripetizione regolare si fa riferimento in matematica con la parola ricorrenza). La definizione di

!

a + b , scrive Poincaré, “contiene, in realtà, un’infinità di definizioni distinte, ciascuna delle quali ha senso solo quando si conosce quella che la precede”. Una volta definita l’addizione per ricorrenza, si può dimostrare, sempre per ricorrenza, che è valida la proprietà commutativa.

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La “magia” dei numeri naturali che è alla base delle sue leggi o proprietà risiede nel fatto che dopo ogni numero esiste sempre il numero seguente (il successore); e che qualsiasi numero desiderato può essere raggiunto con un numero finito di passi, partendo dall’uno. Ne parliamo in termini matematici più precisi nel seguito. 3.2 L’infinito dei numeri naturali: il principio di induzione

La matematica si confronta spesso con l’infinito. Uno dei teoremi di aritmetica dimostrati già

nelle prime pagine dedicate all’aritmetica negli Elementi di Euclide afferma che i numeri primi sono infiniti. In geometria, si considerano tutti i rettangoli nel piano, oppure tutti i punti di una retta. L’infinito è una grande sfida della matematica: potremmo dire che proprio ciò che ci fa sentire la matematica come diversa da tutte le altre discipline del sapere è il fatto che essa riesce a misurarsi con l’infinito. E ciononostante essa non può vantarsi di essere riuscita a dominarlo. Vediamone un esempio per chiarire di cosa stiamo parlando. ESEMPIO 3.1 Una famosa congettura. Sappiamo che il primo numero pari, 2, è un numero primo. Consideriamo la affermazione seguente: ogni numero naturale pari diverso da 2 può espresso come addizione di due numeri primi. Proviamo a esplorare la verosimiglianza di questa asserzione matematica:

!

4 = 2 + 2 (oppure anche 4 = 3+1)

6 = 3+ 3 (oppure anche 6 = 5 +1)

8 = 5 + 3

10 = 5 + 5

...

per ogni riga e anche per le seguenti troviamo molte alternative; andando avanti:

!

44 = 31+11

46 = 43+ 3

48 = 41+ 7 (oppure anche 48 = 29 +19)

...

Da questa esplorazione, l’affermazione sembrerebbe vera. Si tratta però solo di verifiche in singoli casi. Invece, l’asserzione contiene in sé un’infinità di asserzioni, poiché riguarda ogni pari diverso da 2.

Le proprietà matematiche

Per indagare se sussiste oppure no una proprietà matematica, espressa attraverso una frase o

asserzione si può provare a imboccare una fra queste due strade: – si tenta di presentare una dimostrazione che l’asserzione è vera (è allora diventa una

proposizione o teorema matematico). – oppure si cerca un controesempio, ossia un esempio che non verifichi l’asserzione, che la

“smentisca”: basta un solo controesempio perché dimostrare che l’asserzioni è falsa.

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Proprio questo è ciò che chiese Christian Goldbach al grande matematico settecentesco

Leonard Euler, in una lettera scritta nel 1742: di dimostrare l’asserzione oppure di trovare un controesempio. Da allora nessun matematico è riuscito a dimostrarla, ma nemmeno a trovare un controesempio (nonostante i potenti sistemi di calcolo automatico, che ci permettono al giorno d’oggi di esplorare numeri molto grandi). Un’asserzione matematica di cui non si conosce una dimostrazione ma nemmeno un controesempio è una congettura: in questo caso, per l’appunto, si tratta della famosa congettura di Goldbach.

I numeri primi, che hanno sempre affascinato i matematici e sono tornati di attualità per le

loro applicazione alla crittografia nelle reti informatiche, sono un esempio delle difficoltà della matematica nei suoi rapporti con l’infinito. Nella lezione 5 dimostreremo il teorema che afferma che i primi sono infiniti. Ora invece vediamo un secondo esempio che riguarda invece una affermazione la cui validità è certificata dalla matematica: essa è valida sempre (ossia, in un numero infinito di casi). Essa è un esempio del fatto che, secondo l’immagine comune della matematica, le affermazioni matematiche sono vere, sicure.

ESEMPIO 3.2 Gauss e la somma dei primi Consideriamo ora le seguenti addizioni: 1 1 + 2 1 + 2 + 3 1 + 2 + 3 + 4 1 + 2 + 3 + 4 + 5 ……. Otteniamo una sequenza o, come si dice in matematica, una successione di numeri 1, 3, 6, 10, 15, 21,… Possiamo dare una visualizzazione geometrica di questi numeri sul nostro tavolo di lavoro, adoperando delle pedine o gettoni Si tratta infatti dei numeri triangolari, la prima delle famiglie di numeri figurati studiate dai pitagorici. Continuare a ottenere altri di questi numeri è un buon esercizio di calcolo mentale di addizioni! …, 28, 36, 45, 55, 66,78, 91, 105, 120, 136, … e tuttavia, arrivati al diciassettesimo numero triangolare, la cosa si fa più complicata, per non dire al ventisettesimo o al trentasettesimo …

Ecco ora il racconto di cosa propose una volta il maestro della scuola elementare di Gauss, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, ai suoi malcapitati alunni

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«Il suo maestro si chiamava Büttner e amava picchiare. Voleva dare l’impressione di essere severo e

ascetico, e soltanto qualche volta la espressione del suo viso tradiva il piacere che gli procurava dare bastonate. Amava assegnare ai suoi alunni compiti che richiedevano molto tempo e che, ciononostante, dovevano essere svolti senza errori, altrimenti avrebbe messo mano al bastone. La scuola era nel quartiere più povero di Brunswick, nessuno dei ragazzi sarebbe andato al liceo, nessuno avrebbe fatto altro che lavori manuali. Gauss sapeva che Büttner non lo poteva soffrire. Anche se provava a stare zitto e a rispondere lentamente come gli altri, era consapevole dell’antipatiia dell’insegnante, era certo che il maestro cercava tutti i pretesti per poterlo picchiare un po’ più forte degli altri.

E una volta il pretesto glielo diede. Büttner aveva assegnato il compito di addizionare tutti i numeri da uno a cento. Ci sarebbero volute

ore, con tutta la buona volontà era impossibile riuscire a fare tutti i calcoli senza errori per non ricevere una punizione. Forza, al lavoro, aveva gridato Büttner, chiudete le bocche ché entrano le mosche e cominciate, forza!

In seguito, Gauss no avrebbe saputo dire se quel giorno era più stanco del solito o solo un po’ più sprovveduto. In ogni caso, non era riuscito a controllarsi e dopo tre minuti andò alla cattedra con la sua lavagnetta d’ardesia su cui c’era scritto soltanto un rigo.

Dunque, disse Büttner e afferrò il bastone. Lo sguardo cadde sul risultato e la mano si bloccò. Chiese cosa significasse quella scritta.

Cinquemilacinquanta. Cosa? A Gauss mancò il fiato, si schiarì la voce e cominciò a sudare. Voleva soltanto tornare a posto e

mettersi a contare come gli altri, seduti a testa bassa a scrivere e a fingere di non ascoltare. Dovevamo addizionare tutti i numeri da uno a cento. Uno più cento fa centouno. Novantanove più due fa centouno. Novantotto più tre fa centouno. Fa sempre centouno. Bisogna fare cinquanta addizioni. E moltiplicare centouno per cinquanta.

Büttner ammutolì. Cinquemilacinquanta, ripeté Gauss, nella speranza che, almeno per una volta, Büttner capisse.

Cinquanta per centouno fa cinquemilacinquanta. Si asciugò il naso. Stava per scoppiare a piangere. […] Così, dopo la lezione, a testa bassa, Gauss si avvicinò alla cattedra. Büttner gli fece giurare davanti a

Dio che tutto vede di aver fatto da solo quei calcoli. Gauss glielo giurò, ma quando tentò di spiegargli che, se si affronta un problema senza pregiudizi e senza essere schiavi della forza dell’abitudine, la soluzione si trova da sé, Büttner lo interruppe e gli porse un libro molto voluminoso: Aritmetica superiore.»

Daniel Kehlmann, La misura del mondo (2005)

Il ragionamento applicato da Gauss può essere usato per sommare i primi cinquanta numeri

naturali, oppure i primi duecento. In altre parole, possiamo quindi individuare una formula per calcolare la somma di una sequenza lunga a piacere di numeri naturali consecutivi, o, detto in un modo pitagorico, per ottenere il n-esimo numero triangolare: basta ottenere la metà del prodotto dell’ultimo numero della sequenza per il suo successore:

La somma dei primi n numeri naturali è

!

n " n +1( )2

Possiamo verificare la validità di questa formula in alcuni casi: basta “sostituire” n con un

numero preciso. Ad esempio,

per

!

n =1, il primo numero triangolare è 1 sostituendo nella formula otteniamo effettivamente

!

1" 2

2=1

per

!

n = 2 , il secondo numero triangolare è 3 sostituendo nella formula otteniamo effettivamente

!

2 " 3

2= 3

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per

!

n = 3, il terzo numero triangolare è 6 sostituendo nella formula otteniamo effettivamente

!

3 " 4

2= 6

per

!

n = 7, il settimo numero triangolare è 28 sostituendo nella formula otteniamo effettivamente

!

7 " 8

2= 28

Queste verifiche, di nuovo come nel esempio 3.1, non dimostrano però la validità della formula. Per dimostrare quest’affermazione possiamo usare il ragionamento usato da Gauss, che non è ovvio soltanto per la somma dei primi cinquanta, bensì può essere generalizzato a un numero n qualsivoglia. Vediamo invece come si può dimostrare per ricorrenza. Abbiamo verificato che per il primo numero triangolare essa è vera. Si può trovare un ragionamento unico, che ripetuto quante volte sia necessario, ci permetta di arrivare a qualsiasi numero triangolare? Supponiamo di aver già dimostrato che la formula è valida per la somma dei primi k numeri naturali (ossia il k-esimo numero triangolare), ossia sappiamo che

!

1+ 2 + ...+ k =k " k +1( )

2

e consideriamo il successivo numero triangolare

!

1+ 2 + ...+ k + (k +1) si tratta di una somma di

!

k +1 termini di cui sappiamo però il valore della somma dei primi k termini, quindi sostituendo:

!

1+ 2 + ...+ k + k +1( ) =k " k +1( )

2+ (k +1) =

k " k +1( ) + 2 " k +1( )2

=k + 2( ) " k +1( )

2=k +1( ) " k + 2( )

2

(si osservi che nella seconda uguaglianza abbiamo messo comun denominatore 2 a due frazioni e nella terza abbiamo messo in evidenza

!

k +1 (a destra)). Quindi abbiamo dimostrato che in tal caso la formula è valida anche per il successivo numero triangolare. Abbiamo dimostrato ciò che si chiama il passo induttivo: se la formula è valida per un numero n, essa è valida anche per il successore di n. Avendo dimostrato il passo induttivo, possiamo ragionare per ricorrenza: siccome sappiamo che la formula è valida per 1, allora è valida per 2; ma poiché è valida per 2, allora è valida per 3; ancora poiché è valida per 3, allora è valida per 4. Immaginate un numero naturale qualsivoglia. Diciamo 2789. Ripetendo il ragionamento 2788 volte arriveremo a dimostrare che la formula è valida per la somma dei numeri da 1 a 2789. ESEMPIO 3. 3 Un esempio di uso del principio di induzione nella geometria piana. Consideriamo la proposizione geometrica seguente:

Tracciando n rette in un piano non si può dividere il piano in più di

!

2n parti.

La matematica afferma che l’asserzione è vera. Per accertare la verità di questo genere di proposizioni la cui verità non è affatto evidente, la matematica usa la dimostrazione. Si osservi che, anche in questo caso, sotto un enunciato compatto, la proposizione raccoglie infinite asserzioni, e precisamente una per ogni numero naturale. Essa significa quindi che: “tracciando una retta in un piano non si può dividere il piano in più di 2 parti”; “tracciando due rette in un piano non si può dividere il piano in più di 4 parti”; “tracciando 3 rette in un piano non si può dividere il piano in più di 8 parti”; e così via.

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Anche le scienze naturali scoprono delle leggi, delle verità generali che regolano ampie classi di fenomeni, e tuttavia la matematica segue procedure e ha ambizioni molto diverse. Riprendiamo ciò che dicono al riguardo Courant e Robbins:

«L’“induzione empirica” nelle scienze naturali procede da una particolare serie di

osservazioni di un certo fenomeno alla formulazione di una legge generale che governa il verificarsi di questo fenomeno. Il grado di certezza con cui la legge è in tal modo stabilita dipende dal numero delle singole osservazioni e delle conferme. Questo tipo di ragionamento induttivo è spesso del tutto convincente; la predizione che il Sole sorgerà domani a oriente è certa quanto altre mai, ma non ha lo stesso carattere di un teorema dimostrato con un ragionamento strettamente logico o matematico.

L’induzione matematica, in maniera completamente diversa, si usa per stabilire la verità di un teorema matematico in una successione infinita di casi, il primo, il secondo, il terzo, e così via senza eccezioni.» Nell’esempio citato, non basta dimostrare i primi tre casi della proposizione che abbiamo

ricordato, ma nemmeno dieci e neanche mille casi bastano a dimostrarla. Nell’esempio, il primo caso è vero perché una retta divide il piano in due parti o semipiani. Se

aggiungiamo una seconda retta, allora ogni semipiano sarà diviso a sua volta in altre due parti, e quindi avremo 4 (ossia

!

22) parti, oppure soltanto tre parti se la seconda retta è parallela alla prima

(in tal caso uno dei semipiani rimane intatto): quindi avremo al più

!

22 parti. Se ora aggiungiamo

una terza retta, ciascuna delle parti precedenti sarà divisa in altre 2 nuove parti oppure rimarrà intatta, quindi il numero delle parti non supererà

!

2 " 22 parti, ossia avremo al più

!

23= 8 parti. E così

via: questo ragionamento si può applicare ad ogni passaggio, vale a dire se avremo

!

2k parti nel caso

di k rette, avremo

!

2 " 2k

= 2k+1 parti nel caso di

!

k +1 rette. ESEMPIO 3.4 La somma degli angoli di un poligono convesso di

!

n + 2 lati è n angoli piatti. Questa affermazione contiene anch’essa un’infinità di asserzioni: la somma degli angoli di

un triangolo convesso è un angolo piatto (180° in gradi sessagesimali; si ottiene per

!

n =1); la somma degli angoli di un quadrilatero convesso è due angoli piatti (360°; si ottiene per

!

n = 2); la somma degli angoli di un pentagono convesso è tre angoli piatti (540°; si ottiene per

!

n = 3); e infinite altre. Anche in questo caso possiamo ragionare per ricorrenza.

Il primo caso è un teorema della geometria euclidea (in effetti è una affermazione equivalente al V postulato degli Elementi di Euclide e quindi non è vero nelle geometrie non euclidee, come ricorderemo nella lezione 4). Si può convincere i bambini di questo risultato, anche in questo caso, con un modello concreto: si ritaglia un triangolo di carta e si colorano i tre vertici di un colore diverso avendo cura di colorare dello stesso colore fronte e retro. Poi si trovano i punti di mezzo di due dei lati usando il compasso e si piega il triangolo per la linea che unisce i due punti di mezzo: si osserva che i tre angoli affiancati sommano un angolo piatto.

Ora consideriamo un quadrilatero qualsivoglia. Tracciamo una delle sue due diagonali per ottenere due triangoli. La soma dei suoi angoli si ottiene dalla somma delle due somme degli angoli dei due triangoli, e quindi fa due angoli piatti.

In effetti questo ragionamento si può ripetere “con regolarità”: se abbiamo un pentagono, tracciando una diagonale otteniamo un quadrato e un triangolo, e quindi due angoli piatti più un altro angolo piatto fanno tre angoli piatti. In generale si può verificare il passo induttivo: se sappiamo che la somma degli angoli di un poligono convesso di

!

n + 2 lati è n angoli piatti, e consideriamo un poligono di un lato in più, ossia di

!

n + 3, vogliamo dimostrare che la somma dei suoi angoli è

!

n +1 angoli piatti. Per farlo, basta tracciare una diagonale e otteniamo un poligono di

!

n + 2 e un triangolo: la somma degli angoli quindi è n angoli piatti più un altro angolo piatto, ossia

!

n +1 angoli piatti, come volevasi dimostrare.

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57

Il principio di induzione Questi esempi ci permettono di capire che esiste una procedura di dimostrazione basata su

due condizioni che permette di dimostrare un’asserzione matematica in un numero infinito di casi. La enunciamo ora in modo generale (non più per esempi di proposizioni particolari come i precedenti); si chiama principio di induzione matematica.

Principio di induzione matematica

Considerata una successione di infinite proposizioni matematiche

!

A1,A

2,A

3,... che insieme

costituiscono la proposizione generale A, se innanzitutto – (a) si dimostra che un primo caso sia vero; e poi – (b) si individua un metodo che rende possibile il passo induttivo, ossia un metodo per

dimostrare che, se la proposizione per un certo numero naturale k è vera, allora è vero il caso seguente, per

!

k +1; allora ne segue che tutte le proposizioni della successione sono vere e A è dimostrata.

Il principio di induzione matematica è la base delle definizioni e ragionamenti per

ricorrenza. Esso rende possibile definire le operazioni di addizione e moltiplicazione fra numeri naturali e dimostrare le proprietà di queste operazioni che abbiamo elencato nel paragrafo 3.1.

Abbiamo accennato come si definisce l’addizione per ricorrenza, a partire dal concetto di successore, alla fine del paragrafo 3.1. La moltiplicazione, poi, è un’addizione ripetuta, quindi possiamo intuire che anche per essa funziona una definizione per ricorrenza a partire dal concetto di addizione. Non esporremo qui nei dettagli come si fa questo lavoro matematico per non appesantire il nostro corso (per chi sia interessato, rinviamo al capitolo 2 del testo di Argomenti di matematica per filosofia, oppure alla lettura del capitolo 1 del classico La scienza e l’ipotesi di Poincaré).

L’intuizione che guida al bambino nella comprensione delle due operazioni è basata sull’idea di ricorrenza (d’altra parte sappiamo che la ripetizione è qualcosa in sintonia con la sensibilità del bambino). Per condurre un dialogo sui numeri naturali con i bambini, si può fare leva sull’idea del numero uno e sul meccanismo dell’aggiungere uno (attraverso la sequenza delle parole numero); si procede per ripetizione o ricorrenza, e si arriva alle prime semplici addizioni:

!

1+1= 2, 2 +1= 3, 3+1= 4,...

1+ 2 = 3, 2 + 2 = 4, 3+ 2 = 5,...

1+ 3 = 4, 2 + 3 = 5, 3+ 3 = 6,...

1+ 4 = 5, 2 + 4 = 6, 3+ 4 = 7,...

....

Il principio di induzione fu individuato da Giuseppe Peano come nucleo concettuale

dell’idea di numero naturale.

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58

3.3 Gli assiomi di Peano

Negli Elementi di Euclide non vi sono degli assiomi o leggi aritmetiche, ma si trova una definizione di unità e una definizione di numero:

Unità è ciò secondo cui ciascun ente è detto uno. Numero è una pluralità composta da unità. Il principio di induzione è stato applicato nel corso della storia senza che si sentisse l’esigenza

di analizzare in profondità le sue basi logiche: i matematici erano guidati dall’intuizione dell’idea di ricorrenza matematica. Il principio di induzione era una delle strategie che permettevano alla matematica di “piegare” l’infinito, strategie che la distinguono da tanti altri ambiti della conoscenza umana e che spiega perché, fin dall’epoca dei Greci, essa sia stata posta al di sopra di ogni disciplina. Le basi logiche del principio di induzione usate nelle dimostrazioni che coinvolgono la sequenza dei numeri naturali sono le base logiche stesse dei numeri naturali, ma i matematici non erano interessati a scavare tali basi logiche. Ancora alla fine dell’Ottocento, molti matematici condividevano l’opinione di Leopold Kronecker (1823-1891), il quale ebbe a dire: «Diò creò i numeri naturali, tutto il resto è opera dell’uomo».

Nel 1889 il matematico italiano Giuseppe Peano riflettendo sul problema di stabilire Cos’è un numero? propose un punto di vista che non usava le definizioni di Euclide legate all’intuizione. Peano – che fu uno dei propugnatori delle lingue internazionali e particolarmente attento all’insegnamento della matematica – scelse di focalizzare l’attenzione sul concetto di successore e sul principio di induzione. Egli partiva quindi da tre concetti primitivi: i numeri stessi; un numero privilegiato, che egli indicava con il simbolo 1; e il concetto di successore, che egli indicava semplicemente scrivendo

!

n +1. Quindi egli accantonò qualsiasi tentativo di definire che cosa è “uno” e che cosa è un “numero” al modo di Euclide; di cosa si trattava era indicato implicitamente attraverso degli assiomi, ossia delle asserzioni relativi ai numeri, all’elemento privilegiato e al concetto di successore che non si chiedeva di dimostrare ma di accettare come vere. Questi assiomi erano tre: (i) ogni numero naturale ha un successore e uno solo, e inoltre due numeri diversi hanno successori diversi, (ii) l’elemento 1 non è il successore di alcun numero; (iii) vale il principio di induzione.

Ogni altra asserzione relativa ai numeri avrebbe dovuto essere dimostrata invece a partire dagli assiomi, a cominciare dalle definizioni stesse dell’addizione e della moltiplicazione con le relative leggi dell’aritmetica. Sulla base di questi assiomi, Peano riusciva infatti a definire le operazioni fra i numeri naturali e le loro proprietà.

3.4 L’ordinamento dei numeri

Consideriamo ora da un punto di vista più preciso il fatto che i numeri naturali si possono confrontare fra di loro (ossia, che possiamo rispondere alla domanda: chi viene dopo?) e che formano una serie ordinata.

A partire dall’addizione dei numeri naturali è definita nell’insieme dei numeri naturali una relazione binaria con notevoli proprietà. La relazione binaria di disuguaglianza, >, si definisce nel modo seguente: dati due numeri naturali

!

n,m si dice che n è maggiore di m (e si scrive

!

n > m) se esiste un numero naturale k tale che

!

n = m + k . Ai bambini parliamo della disuguaglianza; spieghiamo anche l’uso di tre simboli combinati >,

<, =. Introducendo questi simboli dobbiamo tener presente il concetto fondamentale dal punto di vista matematico, che è l’ordine od ordinamento dell’insieme dei numeri naturali.

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59

A questo scopo dobbiamo tuttavia considerare una definizione matematica un po’ più generale, quella di disuguaglianza non stretta “essere maggiore o uguale”,

!

" , si definisce nel modo seguente: Dati due numeri naturali

!

n,m si dice che n è maggiore o uguale di m (e si scrive

!

n " m ) se

!

n = m oppure esiste un numero naturale k tale che

!

n = m + k

Osserviamo che effettivamente questa relazione “essere maggiore o uguale” ha le proprietà seguenti:

(I)

!

per ogni numero naturale n, si ha n " n (proprietà riflessiva della relazione

!

").

(II)

!

per ogni terna di numeri naturali n,m,l se n " m e m " l, allora n " m (proprietà transitiva della relazione

!

"). (III)

!

per ogni coppia di numeri naturali n,m, se n " m e m " n, allora n = m(proprietà antisimmetrica della relazione

!

"). (IV)

!

per ogni coppia di numeri naturali n,m, si ha n " m oppure m " n(proprietà di ordine totale della relazione

!

")

L’ordinamento dei numeri naturali ci permette di rappresentare N “sulla retta dei numeri”, ossia attraverso un reticolo lineare in cui ogni nodo rappresenta un numero naturale.

!

•——•——•——•——•… Il fatto che i numeri naturali siano totalmente ordinati è talmente importante che ogni

ampliamento del sistema numerico, come vedremo, dovrà conservare – oltre alle cinque leggi fondamentali dell’aritmetica – anche quest’ordine totale.

Inoltre, questa “organizzazione” interna dei numeri naturali è anche studiata in matematica in senso astratto, vale a dire, laddove una relazione binaria su un insieme qualsivoglia A verifica le proprietà riflessiva, antisimmetrica e transitiva si dice che si ha una relazione d’ordine su A (si vedano gli esercizi 12 e 13).

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60

Insiemi e appartenenza

Alla base dei concetti matematici di insieme e di elemento vi è l’individuazione di collezioni o

famiglie di oggetti o entità, ossia il primo tentativo di ritrovare o stabilire un ordine nel mondo che ci circonda. I bambini che frequentano una certa scuola formano un insieme; la coordinatrice che deve organizzare le varie classi in un certo anno scolastico ha come riferimento tale insieme. Le persone residenti in Italia formano un insieme; uno statistico che lavora all’ISTAT può pianificare una certa indagine facendo riferimento a tale insieme. I membri della propria famiglia formano un insieme; quando ci prepariamo ad apparecchiare a tavola pensiamo a questo insieme. Le dita delle due mani formano un insieme. Questi esempi ci ricordano che quando si stabilisce un confronto quantitativo tale confronto avviene tra insiemi.

La matematica però non indaga ciò che ci fa “mettere assieme” questi oggetti o entità: vi è un insieme laddove noi le consideriamo come facendo parte di una raccolta. In altre parole, ciò che interessa in matematica è l’idea di appartenenza; di conseguenza, per formulare l’idea matematica di insieme servono due indicazioni di rappresentazione simbolica: ogni insieme è identificato da una lettera; e vi è un simbolo, una lettera ipsilon dalla forma speciale, per indicare che un elemento appartiene a un insieme.

Un insieme A (attenzione, potremmo usare B, C, X, U oppure altre lettere, per consuetudine

maiuscole) è una famiglia di oggetti o enti, detti elementi, tale che per ogni ente possibile x sappiamo dire se esso è un elemento di A (

!

x " A) oppure non lo è (

!

x " A). Si chiama insieme vuoto, e si scrive

!

", l’insieme che non contiene alcun elemento.

Estensione Per individuare un insieme dobbiamo indicare quali sono i suoi elementi. In primo luogo,

possiamo usare una descrizione verbale come quella degli esempi introdotti prima. In secondo luogo, possiamo descrivere un insieme per estensione o elencazione indicando fra parentesi graffe i suoi elementi separati da virgole, ad esempio:

C = {♣,♦,♥,♠,Ο} Ricordiamo che se descriviamo un insieme per estensione possiamo disporre gli elementi in

qualsiasi ordine, e devono comparire una volta sola, proprio perché ciò che definisce un insieme è l’appartenenza.

Osservazione importante: per individuare un insieme non è necessario che vi sia una proprietà comune a tutti i suoi elementi (la proprietà comune è in realtà l’appartenenza stessa all’insieme). Si rende qui evidente la tendenza alla generalizzazione e all’astrazione che è la forza del discorso matematico.

Sottoinsiemi

Dato un insieme A, diciamo che un insieme S è un sottoinsieme di A se tutti i suoi elementi appartengono ad A; scriviamo allora (

!

S " A) e diciamo che S è contenuto in A. Ad esempio, se consideriamo tutti i bambini che frequentano una certa scuola dell’infanzia, i

bambini della sezione A ne costituiscono un sottoinsieme. Le persone residenti a Torino sono un sottoinsieme dell’insieme delle persone residenti in Italia; un altro sottoinsieme di questo ultimo insieme è costituito dai bambini minori di tre anni residenti in Italia. L’insieme

D = {♠,♣}

è un sottoinsieme dell’insieme C = {♣,♦,♥,♠,Ο}.

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61

Massimo e minimo Nella risoluzione di problemi, oltre alle operazioni (i “calcoli”), anche l’ordine dei numeri

naturali è uno strumento utile. In particolare, è utile il calcolo di valori estremi, ossia il massimo e il minimo. Dato un sottoinsieme A non vuoto di N*,

– si dice che

!

a" A è elemento minimo di A se ogni elemento di A è maggiore o uguale di a:

!

"k # A, k $ a

– si dice che

!

b" A è elemento minimo di A se b è maggiore o uguale di ogni elemento di A:

!

"k # A, b $ k (in altre parole, l’elemento massimo è maggiore di tutti gli altri, l’elemento minimo è minore di tutti gli altri). Per esempio, l’elemento minimo del sottoinsieme di numeri pari è il numero 2, l’elemento minimo del sottoinsieme dei multipli di 17 è 17, l’elemento minimo dello stesso N è il numero 1, l’elemento minimo del segmento I17 è 1 e l’elemento minimo del sottoinsieme

!

B = 19,28,4{ }è 4. Non esiste invece un elemento massimo dell’insieme dei pari, e nemmeno dei multipli di 17 o dell’insieme N stesso; l’elemento massimo di I17 è 17 e quello di B è 28. Se consideriamo i multipli di 17 minori di 200 allora l’elemento massimo è 187. La proprietà del buon ordinamento

L’ordine dei numeri naturali verifica una proprietà notevolissima, che si desume implicitamente dagli esempi che abbiamo appena esaminati. Ecco, il fatto è che ogni sottoinsieme dei numeri naturali (ad eccezione dell’insieme vuoto), sia esso finito o infinito, ha un elemento minimo.

Proprietà del buon ordinamento di N Ogni sottoinsieme non vuoto di N ha un elemento minimo:

!

"A # N,A $%

!

"a# A : k $ a

!

"k # A Questa proprietà è anche nota come principio del minimo dei numeri naturali.

Il principio del minimo può essere dimostrato usando il principio di induzione. Tuttavia, è un fatto interessante dal punto di vista del concatenamento logico delle proprietà dei numeri naturali che, se si accetta come vero il principio di minimo, si può dimostrare il principio di induzione (si veda Courant, Robbins, p. 56). Così, esso può essere sostituito negli assiomi di Peano al principio di induzione. Questi principi esprimono così, in due modi diversi, ciò che caratterizza più profondamente i numeri naturali e li distingue da tutti gli altri numeri.

* Nel seguito, per scrivere le proprietà matematiche, iniziamo a usare, oltre ai simboli

!

",#,$ della teoria degli insiemi, anche i seguenti due simboli logici, chiamati quantificatori: il quantificatore universale

!

" (si legge “per ogni”) e il quantificatore esistenziale

!

" (si legge “esiste”).

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62

Descriviamo gli assiomi in un linguaggio moderno:

Confronti L’ordinamento dei numeri naturali ci permette di confrontarli a due a due. Dati due numeri

naturali n ed m, supponiamo che

!

n > m. In tal caso esiste un (unico) numero k tale che

!

n = m + k : chiamiamo quel numero k differenza fra n e m, e scriviamo

!

n "m. La differenza è un altro numero naturale che indica la distanza fra due numeri nella loro representazione geometrica sulla linea dei numeri. La differenza stabilisce fra i due numeri naturali un confronto o raffronto “additivo”. Ad esempio, se l’ape Teresa doveva portare come compenso per il suo ritratto 50 barattoli di miele e alla fine ne ha portato a Bartolomeo Scarabeo 42, un primo confronto è quello indicato dalla differenza 50 – 42 = 8.

Tuttavia, come vedremo nella lezione 5, ancor più interessenza del confronto “additivo” tra numeri che abbiamo esaminato in questa lezione è il confronto moltiplicativo, al quale si riserva in matematica la parola rapporto

Infatti, nell’insieme dei numeri naturali abbiamo una seconda relazione di ordine, la relazione “essere multiplo di”.

Dati due numeri naturali n ed m, si dice che n è multiplo di m, ossia se esiste un numero

naturale k tale che

!

n = m " k Questa relazione d’ordine non è però totale, quindi non possiamo confrontare a due a due tutti

i numeri naturali. Stabiliamo un confronto moltiplicativo ogniqualvolta noi diciamo che un numero è il doppio, il triplo, il quadruplo e così via di un altro: rispettivamente il confronto è indicato dai numeri 2, 3, 4, e così via (si dice anche che i due numeri sono in un rapporto di 1 a 2, di 1 a 3, di 1 a 4. Ci occuperemo della relazione multiplo-divisore nella lezione 5, e dei rapporti (che portano a considerare le frazioni) nella lezione 6 (si rifletta: l’ape Teresa ha risparmiato sì ben 8 barattoli di mieli, ma essi rappresentano un risparmio di meno del 20%).

Altri numeri e il principio del buon ordinamento

Concludiamo questo paragrafo osservando che il buon ordinamento non potrà essere conservata nell’ampliamento del sistema numerico. Ci fornisce un esempio Il mago dei numeri, nel capitolo 1, laddove parla dei pezzetti della gomma da masticare:

!

1

1,1

1+1,

1

1+1+1+1,

1

1+1+1+1+1+1+1+1,...

(l’ultima frazione il mago non la scrive: provate a scriverne altre). L’insieme di queste frazioni

!

1

2,1

4,1

8,1

16... non contiene un elemento minimo. Qui si tocca di nuovo l’infinito, stavolta

l’infinitamente piccolo, che ha implicazioni matematiche diverse; limitiamoci a evocarlo con le parole del mago:

“– Così si va avanti fino alla nausea, disse Roberto. – Beh, si va avanti fino a quando i pezzi del chewing gum sono così piccoli che a

ochio nudo non si vedono più. Ma non fa niente. Continuiamo a dividerli finché ciascuno dei sei miliardi di abitanti della terra ne ha un pezzetto. E poi tocca ai seicento miliardi di topi, che ne vogliono un po’ anche loro. Come vedi in questo modo non arriveremo mai alla fine.

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63

Con il bastone il vecchio aveva continuato a scrivere in cielo degli uno viola sotto una linea infinitamente lunga e anche lei viola.

– Stai imbrattando tutto il mondo, esclamò Roberto. – Ah! Gridò il mago e iniziò a gonfiarsi. Lo faccio solo per farti un piacere! Sei tu ad

avere paura della matematica e che per non fare confusione vuoi che le cose siano semplici semplici.”

È vero che l’infinito ci porta un po’ di nausea “intellettuale”, ossia la paura provocata

dall’ignoto. È questa la “paura della matematica” in senso più profondo. Per dominarla e avventurarsi in questi territori ignoti ci vuole certamente un po’ di coraggio… l’atteggiamento giusto è non tentare di cercare “scorciatoie” o vie faciil: soltanto così le cose appariranno sotto una luce chiara, non facili, ma semplici perché limpide concettualmente. Servirà ricordare un famoso aneddoto su Euclide raccontato da uno studioso della fine dell’Antichità, Proclo, direttore della scuola di Atene. Racconta Proclo che il re Ptolomeo I, uno dei generali di Alessandro Magno che diventò re di Egitto dopo la prematura morte di quest’ultimo, chiese a Euclide se vi era un modo di conoscere la geometria più breve e semplice del laborioso cammino della lettura degli Elementi; Euclide rispose che non esiste un percorso nella geometria riservato ai potenti, tale da evitar loro la fatica e lo sforzo: non esiste una via regale in geometria.

3. 5 Contare. Cardinalità di un insieme finito “Se si considera attentamente ciò che facciamo quando

numeriamo dei gruppi e contiamo delle cose, si è condotti a por mente alla facoltà dello spirito di riferire oggetti a ad oggetti, o di far corrispondere un oggetto a un oggetto, senza la quale non è possibile in genere nessun pensiero”

Richard Dedekind (1887) Nella lezione 2 abbiamo dato ricordato che nell’uso della parola «contare» nel linguaggio

normale essa ha un significato intransitivo e uno transitivo. Concentriamoci ora sul significato transitivo: contare gli oggetti di una collezione (ben identificata, ossia sappiamo senza ambiguità se un oggetto sta nella collezione oppure no) usando le parole numerali per trovare la numerosità o cardinalità (il risultato del contare). Adesso potremo descrivere in termini matematici più precisi di contare basandoci su due concetti, quello di insieme e quello di corrispondenza biunivoca fra insiemi; e daremo una definizione matematica di cardinalità.

Una corrispondenza biunivoca fra due insiemi A e B è una regola che associa ad ogni

elemento di A un elemento e uno solo di B, in modo tale che ogni elemento di B è associato ad uno e uno solo elemento di A.

Scriviamo

!

f : A" # " B Per contare, più che l’insieme N dei numeri naturali ci servono degli insiemi numerici che si

chiamano segmenti iniziali di N:

!

1{ }

1,2{ }

1,2,3{ }

1,2,3,4{ }

...

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64

Si dice segmento iniziale di N un sottoinsieme di N del tipo

!

In

= 1,2,3,4,...,n{ } Si dice che n è la lunghezza di

!

In.

Quando si conta, infatti, si stabilisce una corrispondenza biunivoca fra un insieme dato e uno

dei segmenti iniziali

!

In.

Un insieme non vuoto si dice finito se può essere messo in corrispondenza biunivoca con

qualche segmento iniziale

!

Indi N; in tal caso si dice che l’insieme ha cardinalità n.

Contare gli elementi di un insieme finito A è stabilire una corrispondenza biunivoca fra A e un segmento iniziale di N.

L’insieme vuoto si considera come un insieme finito di cardinalità 0.

ESEMPIO 3.5. Una famiglia è composta dai genitori e dai figli Viola, Giacomo e Piero. Vogliamo contare i figli. In termini matematici, consideriamo l’insieme

!

F = Viola, Giacomo, Piero{ } . Si tratta di un insieme finito perché possiamo stabilire una corrispondenza biunivoca fra

!

I3e F. Ad

esempio, possiamo seguire la regola dell’ordine di nascita: facciamo corrispondere 1 al figlio maggiore, 2 al figlio che è nato secondo e 3 al figlio che è nato per ultimo, e la corrispondenza è biunivoca. Possiamo anche stabilire altre corrispondenze biunivoche (ne abbiamo proposto una, quindi è un insieme finito). Quindi la cardinalità di F è 3. Risponda matematicamente alla domanda: le vocale italiane formano un insieme finito? Nota: La definizione di cardinalità è corretta matematicamente? E se dimostrassi che un insieme può essere messo in corrispondenza biunivoca con due diversi segmenti iniziali di N? Possiamo essere tranquilli, perché si può dimostrare che se un insieme può essere messo in corrispondenza biunivoca con due segmenti iniziali, poniamo

!

Ih e

!

Ik, allora si avrebbe che

!

h = k .

Le idee di insieme e di corrispondenza biunivoca furono usate da Georg Cantor alla fine dell’Ottocento anche per tentare di chiarire che cosa sia un numero, spiegando in questo modo il processo di astrazione che porta dal confronto fra collezioni di oggetti al concetto di numero. Tale idea apparentemente semplice e basilare mostrò però di essere di difficile sviluppo, perché emersero dei paradossi o contraddizioni. Risolte queste, la teoria degli insiemi è diventata una branca autonoma della matematica: gli insiemi sono oggetti matematici del tutto generali, vi sono operazioni fra insiemi con delle loro proprietà e teoremi sugli insiemi. Dal punto di vista della teoria degli insiemi, ciò che è interessante sono le cardinalità infinite (come quella dei numeri naturali). D’altra parte, il linguaggio degli insiemi, anche se nelle sue origini fu sviluppato per capire il concetto di numero, pervade la matematica attuale, molto oltre questo problema originario. Forse questo piccolo assaggio degli insiemi ci ha aperto l’appetito matematico. Discuteremo alcune idee di base della teoria degli insiemi nella Lezione 6: in essa, fra l’altro, ci porremo il problema seguente: quanti elementi ha l’insieme N? Ora torniamo ai numeri. Fino ad adesso abbiamo esaltato le proprietà, le “regolarità” che sono alla base della fiducia e dell’intimità con in numeri naturali. Nell’ultimo paragrafo considereremo gli aspetti insoddisfacenti, le limitazioni dei numeri naturali, e quindi ci guarderemo intorno alla ricerca di altri numeri.

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65

3.6 L’ampliamento del sistema numerico

Negli anni della scuola elementare i bambini vengono a contatto per la prima volta con il sistema dei numeri della matematica, che va ben oltre l’insieme dei numeri naturali. Vi sono due tipi di esigenze che hanno portato storicamente a considerare altri numeri.

In primo luogo, vi è un esigenza legata al ruolo dei numeri nella misura. Se, oltre che contare, vogliamo misurare, e necessario considerare altri numeri. Ad esempio, per indicare l’istante iniziale a partire dal quale scorrono i secondi di un cronometro abbiamo bisogno dello zero (scriviamo

!

t = 0, dove t indica la variabile tempo), come anche serve lo zero per indicare un mobile in riposo (scriviamo

!

v = 0 , dove v indica la variabile velocità, misurata ad esempio in km/h). Ci serve lo zero per indicare la temperatura alla quale l’acqua diventa ghiaccio in gradi Celsius (scriviamo 0° C). Sempre per quanto riguarda la temperatura, tutte le temperature al disotto dello 0° C (oppure lo zero di un’altra scala, come quella Fahrenheit) richiedono l’uso di numeri negativi. Sappiamo che lo zero si è diffuso solo con gli arabi, nel medioevo, e anche i numeri negativi sono apparsi tardi nella storia della matematica. Infatti, pensiamo alle grandezze misurate nell’antichità (lunghezza, area, capacità): esse non richiedevano né lo zero nè i numeri negativi. Invece, i numeri frazionari (“non interi”, ossia che ammettono parti dell’unità) sono stati introdotti molto prima: misurare una grandezza richiede un confronto con l’unità di misura scelta (cubito, o metro, o litro) e quindi il risultato di una misurazione spesso non è un numero naturale.

In secondo luogo, vi sono delle esigenze di tipo matematico: le limitazioni matematiche che presentano le operazioni di addizione e di moltiplicazione nei numeri naturali, che esaminiamo in questo paragrafo, hanno portato a estendere il sistema di numeri, vale a dire, ad aggiungere altri numeri frutto di scelte di natura matematica che permettono di arrivare al campo dei numeri reali. Iniziamo in questo paragrafo un percorso che concluderemo nella lezione 7. Lo svolgeremo, quindi, in questo caso, allontanandoci del percorso reale nella storia – che però bisogna anche conoscere – e scegliendo un ordine concettuale legato alla logica interna alla matematica.

La prima aggiunta ai numeri naturali, da questo punto di vista, è lo zero.

Lo zero Lo zero è apparso storicamente come un segno grafico per indicare uno spazio vuoto nella

scrittura dei numeri secondo il sistema di numerazione posizionale decimale creato in India e diffuso dagli Arabi. Nel seguito, è stato considerato un numero a sé, e questo processo è stato accompagnato da molte elaborazioni filosofiche e teologiche riguardanti il vuoto, il nulla, e la creazione dal nulla.

Nella teoria degli insiemi di Cantor, lo 0 ha il particolare ruolo come cardinale dell’insieme vuoto.

Noi abbiamo considerato N come un insieme che inizia dal numero 1 per motivi storici e perché siamo partiti dai primi conteggi dei bambini. Abbiamo ricordato che i bambini in generale non lo includono nella sequenza delle parole–numero nella fase iniziale, e conducono sullo zero una riflessione indipendente da essa.

L’insieme

!

N" 0{ } = 0,1,2,3,4,5,6,....{ } ha lo zero come elemento minimo. Osserviamo che spesso in matematica si considera lo zero un elemento dell’insieme dei numeri naturali fin dall’inizio, come anche si prende 0 come elemento privilegiato degli assiomi di Peano).

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Anche comprendere il significato algebrico (ossia, per quanto riguarda le proprietà delle operazioni fra numeri) nell’estensione del sistema numerico con lo zero è importante per accompagnare l’introduzione di questo concetto nei bambini. Nell’insieme N – oltre alle cinque leggi dell’aritmetica elencate nel §4.1 – vi è un elemento neutro per la moltiplicazione:

(6)

!

"n # N,n $1= n

mentre l’addizione non verifica tale proprietà. Invece, nell’insieme

!

N" 0{ } vi è anche un elemento neutro per l’addizione

(7)

!

"n # N,n + 0 = n Le limitazioni della struttura algebrica dell’insieme dei numeri naturali

In matematica si dice che un insieme ha una struttura algebrica se in esso vi sono una o più operazioni. Abbiamo già descritto le interessanti proprietà dell’addizione e della moltiplicazione dei numeri naturali. Queste operazioni, tuttavia, hanno delle limitazioni, con le quali si entra in contatto fin da bambini.

Nell’insieme N le “operazioni inverse” dell’addizione e della moltiplicazione, ossia la sottrazione e la divisone, non sempre si possono eseguire.

Infatti, per quanto riguarda la sottrazione, dati

!

n,m " N possiamo indicare un numero naturale che è la loro “differenza”

!

n "m se e soltanto se

!

n " m; infatti: – se

!

n > m, allora esiste un numero naturale k tale che

!

n = m + k e poniamo

!

n "m = k – se

!

n = m, allora

!

n "m = 0 Per quanto riguarda la divisione, dati

!

n,m " N , con

!

m " 0, possiamo indicare un numero naturale che è il loro “quoziente”

!

n :m se e soltanto se n è multiplo di m, ossia se esiste un numero naturale k tale che

!

n = m " k e poniamo

!

n :m = k (si dice che m è divisore di n, e si dice anche che n è divisibile per m).

Detto in termini matematici più generali, in N non possiamo eseguire queste operazioni “inverse” perché le operazioni di addizione e di moltiplicazione non hanno la proprietà dell’elemento simmetrico, ossia non esiste, per ogni numero naturale, un numero che, operato con il primo, da come risultato l’elemento neutro. Da qui consegue l’esigenza di arrichire la struttura algebrica ampliando il “panorama” numerico.

Osservazione: le considerazioni che abbiamo fatto sulla struttura algebrica di N includono già

lo zero. Vediamo alcuni esempi:

!

15 "15 = 0, 23 - 0 = 23, 0 " 0 = 0, 0 ÷ 3 = 0 L’unico accorgimento importante è che la divisione per zero è impossibile: ricordate

l’avvertimento del mago dei numeri: «–[…] Dividere per lo zero è assolutamente vietato. – E se lo facessi lo stesso? – Salterebbe in aria tutta la matematica!» (ritrovate questo passaggio e rileggete la spiegazione del mago)

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67

Le proprietà algebriche di

!

N" 0{ } 1) proprietà commutativa dell’addizione dei numeri naturali:

!

"n,m # N,n + m = m + n 2) proprietà commutativa della moltiplicazione dei numeri naturali:

!

"n,m # N,n $m = m $ n 3) proprietà associativa dell’addizione dei naturali:

!

"l,n,m # N,l + n + m( ) = l + n( ) + m 4) proprietà associativa della moltiplicazione dei naturali:

!

"l,n,m # N,l $ n $m( ) = l $ n( ) $m 5) proprietà distributiva della moltiplicazione dei numeri naturali rispetto all’addizione

!

"l,n,m # N,l $ n + m( ) = l $ n + l $m 6) proprietà dell’elemento neutro per la moltiplicazione

!

"n # N,n $1= n 7) proprietà dell’elemento neutro per l’addizione

!

"n # N,n + 0 = n 8)

3.7 L’insieme dei numeri interi Z Aggiungiamo allora gli “opposti” di tutti i numeri naturali, vale a dire, i numeri negativi. Otteniamo l’insieme dei numeri interi Z: …, – 5, – 4, – 3, –2, –1, 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, … Possiamo estendere a tutti gli elementi di Z le operazioni di addizione e moltiplicazione in

modo accorto, vale a dire in modo tale che anche in questo insieme si verifichino le cinque leggi fondamentali dell’aritmetica e inoltre anche le proprietà 6 e 7 (vi è elemento neutro, rispettivamente 0 e 1). Questo modo “appropriato” include ad esempio la regola dei segni per la multiplicazione A questo riguardo è interessante leggere quanto scrivono Courant e Robbins (pp. 96-97):

«Per esempio, la regola

!

"1( ) # "1( ) =1

che si stabilisce per la moltiplicazione di numeri interi negativi, è una conseguenza del desiderio di mantenere la proprietà distributiva

!

a b + c( ) = ab + ac . Infatti, se si decidesse che

!

"1( ) # "1( ) = "1, allora, ponendo

!

a = "1,b =1,c = "1, si avrebbe

!

"1( ) 1"1( ) = "1"1= "2

mentre d’altra parte si ha

!

"1( ) # (1"1) = "1( ) # 0 = 0 . Molto tempo dovette passare prima che i matematici si accorgessero che la “regola dei segni” e le alra definizioni che regolano i numeri interi negativi e le frazioni non possono essere “dimostrate”. Esse sono state create da noi per avere libertà nelle operazioni e mantenere le proprietà fondamentali dell’aritmetica. Ciò che può – e deve – essere dimostrato e che, sulla base di queste definizioni, si mantengono le proprietà commutativa, associativa e distributiva dell’aritmetica. Perfino il grande Eulero ricorse a un ragionamento niente affatto convincente per dimostrare che

!

"1( ) # "1( ) “deve” essere uguale a

!

+1. Tale prodotto – così egli ragionò – deve essere o

!

+1 o

!

"1, e non può essere

!

"1 perché

!

"1= +1( ) # "1( ) .»

Quindi, ricordiamo alcuni esempi di addizione e moltiplicazione di numeri interi:

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!

"2( ) + 34 = 32, 19 " 36 = "17, 45 # "2( ) = "90, -18( ) # "2( ) = 36 È importante ricordare, quando si insegna a eseguire addizioni o moltiplicazione di numeri

negativi ai bambini, che non si tratta di procedure “naturali” bensì convenzionali, volte a recuperare le proprietà dei numeri e che tutto “funzioni bene”.

La sottrazione di numeri interi

La sottrazione in Z può essere eseguita sempre. Ad esempio:

!

6 " 8 = "2, "14 "18 = "32, 29 " "1( ) = 30 Essa è l’operazione inversa dell’addizione nel senso che se parto dal numero z, gli sottraggo il

numero w e poi al risultato sommo w, ottengo di nuovo il numero z di partenza.

!

z" # " +w[ ]" # " $w[ ]" # " z L’idea intuitiva della sottrazione è quella di “togliere”, così come l’addizione corrisponde

all’idea intuitiva di aggiungere. Il fatto che possa essere eseguita sempre la sottrazione si può formulare proprio in riferimento

all’operazione addizione. Infatti, e inoltre questa proprietà: (8)

!

"n # Z,$n* # Z : n + n*

= 0 (proprietà dell’elemento simmetrico per l’addizione). L’elemento simmetrico di un intero n rispetto all’addizione si dice opposto di n. Possiamo

quindi dire che in Z la sottrazione è l’addizione dell’opposto.

Ordinamento dei numeri interi La definizione di ordine dei numeri naturali si estende a tutti i numeri interi: Dati

!

z,l " Z , si dice che z è maggiore o uguale a l (si denota

!

z " l ) se esiste un numero naturale

!

k " N tale che

!

z = l + k .

Questa è una relazione di ordine totale. Tuttavia, abbiamo perso la grande proprietà che contraddistingue i naturali: l’ordine degli interi non è un buon ordinamento, poiché molti sottoinsiemi non vuoti non hanno minimo.

Abbiamo però la seguente proprietà: Proprietà. Ogni sottoinsieme non vuoto di Z formato da numeri negativi ha un massimo.

Infine, lasciamo come esercizio la dimostrazione di questa proprietà: Proprietà.

!

Se z " l, allora # l " #z

Valore assoluto di un numero intero Dato un numero intero z, esso può essere un numero naturale,un numero negativo oppure lo

zero. Se z è un numero negativo,chiamiamo valore assoluto o modulo di z (si denota

!

z ) al numero naturale che è il suo opposto; ad esempio

!

"18 =18. Se z è un numero naturale, il suo modulo è se stesso. Infine,

!

0 = 0 . In altri termini, se

!

z " Z , il valore assoluto di z è

!

z =max z,-z{ }

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Proprietà. Per ogni coppia di numeri interi z, l (i)

!

z " l = z " l (ii)

!

z + l " z + l (disuguaglianza triangolare)

Distanza fra due numeri interi Il valore assoluto della differenza fra due numeri interi z e w, indica la loro distanza

!

z " w .

L’estensione del sistema numerico oltre i numeri interi Nemmeno in Z la moltiplicazione gode della proprietà dell’elemento simmetrico: anzi,

l’unico numero intero che ha un elemento simmetrico in Z rispetto alla moltiplicazione, che chiamiamo inverso, è 1 (il suo simmetrico è se stesso). Per riuscire a ottenere questa proprietà (e quindi “poter sempre dividere”, tranne per lo zero) dobbiamo considerare un insieme del quale Z sia un sottoinsieme: si tratta dell’insieme dei numeri razionali. In questo insieme possiamo sempre stabilire un confronto moltiplicativo; dati due numeri qualsivoglia a e b, potremmo considerare il

loro rapporto

!

a

b.

Lettura 1 La serie infinita dei numeri. Concetto empirico e concetto razionalistico del numero. «Abbiamo presentato il concetto del numero come resultante per astrazione dal confronto di classi e serie di oggetti materialmente dati, in guisa che le proprietà dei numeri apparivano come espressione di semplici esperienze elementari, intorno alla realtà fisica. Ma come mai tali esperienze potrebbero avere un valore probante al di là dei limiti in cui effettivamente furono esperiti? Operando sopra oggetti e gruppi di oggetti materialmente dati non si arriva in fatto che a numeri non troppo grandi. Un uomo, occupato a contare dieci ore il giorno per cinquanta anni della sua vita, arriverebbe press’a poco ad un miliardo. Le esperienze effettive che dovrebbero verificare le proprietà di numeri così grandi richiederebbero un tempo assai maggiore, donde segue un’immensa difficoltà pratica per ottenere siffatte verifiche, quando non si voglia ricorrere all’opera simultanea di vari uomini. D’altronde una simile impresa, volta alla diretta verificazione delle proprietà aritmetiche dei grandi numeri, non è stata mai tentata – che si sappia –dalla società umana; e anche se si ammetta che una verifica indiretta resulti dal conteggio di numeri superiori al miliardo, che occorre, per esempio, nei bilanci degli Stati moderni, è pur certo che, anche al di là di tali limiti, l’applicazione delle proprietà fondamentali dei numeri non solleva alcun dubbio. Bisogna dunque ammettere che la conoscenza di cui si tratta non deriva dalla pura esperienza bruta del conteggio su classi di oggetti. Ed invero se l’intelligenza di certi animali o dei selvaggi può essere misurata dal numero massimo chi essa può giungere, per l’uomo civile non esiste alcun massimo nella serie dei numeri.

La nostra mente supplisce alle esperienze effettuate con esperienze immaginate, la cui possibilità di ripetizione indefinita ci porge la costruzione ideale di una serie infinita di numeri.

Dunque il fondamento dell’Aritmetica si trova non soltanto nelle esperienze elementari sulle classi di oggetti materialmente dati, ma anche nella facoltà della mente di immaginare esperienze più estese e predeterminarne il risultato mercè la combinazione e ripetizione di processi già esperiti.

Da questa osservazione si passa naturalmente a discutere la domanda: Fino a che punto è necessario operare sopra oggetti e gruppi di oggetti materialmente dati? Si può fondare l’Aritmetica senza ricorrere al mondo esterno, col semplice esame riflesso

del nostro pensiero?

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È chiaro anzitutto che la natura degli oggetti su cui si esperimenta è affatto indifferente al resultato delle esperienze elementari che sottostanno al concetto di numero; è anche indifferente che si ricorra ad esperienze visive, auditive o tattili, ecc. Non vi è quindi difficoltà ad ammettere che si possa anche ricorrere semplicemente ad esperienze mentali. Un uomo, dotato di sufficiente forza di astrazione, il quale sia cieco, sordo, muto e paralizzato, potrebbe pensare degli oggetti (anche senza immaginarli in modo preciso), e operare con associazioni e astrazioni puramente ideali sopra classi di oggetti pensati. Queste esperienze mentali sostituiscono le esperienze elementari su oggetti concreti, analizzate innanzi.

A questo punto di vista si riattacca la tesi razionalistica che: le esperienze elementari conducenti alle definizioni dei numeri non vertono sulle proprietà obiettive degli oggetti o delle classi d’oggetti considerati, ma esprimono piuttosto le leggi operative del nostro stesso pensiero, dell’associazione e dell’astrazione logica.

E così, in tale aspetto, le proposizioni fondamentali sui numeri si palesano non più come enunciati di fatto (a posteriori), ma come verità necessarie (a priori) che rispondono alle strutture e alla funzione della nostra mente.

Il contrasto fra le due tesi empirica e razionalista si concilia in una veduta critica cui già accennammo nell’introduzione storica, la quale si può formulare come segue

I principi della teoria delle classi, i numeri e le loro relazioni, corrispondono ugualmente alle leggi logiche (assiomi) dei processi d’associazione e d’astrazione cui dà luogo il pensiero, e a proprietà generali dei gruppi di oggetti reali, sotto la condizione d’invarianza di questi e nei limiti in cui tale condizione e soddisfatta.»

F. Enriques, Questioni riguardanti la matematica elementare. Parte I. Critica dei principi, vol. 1, La serie infinita dei numeri, 3° edizione, 1924, p. 252 Lettura 2: Induzione matematica e induzione applicata alle scienze fisiche

« Il giudizio su cui poggia il ragionamento per ricorrenza può venir esposto in altre forme; si può dire, per esempio, che in una collezione infinita di numeri naturali differenti ve n’è sempre uno che è minore di tutti gli altri.

Si potrà passare facilmente da un enunciato all’altro, illudendosi per così dire di avere dimostrato la legittimità del ragionamento per ricorrenza. Ma ci si fermerà sempre, si arriverà sempre a un assioma indimostrabile che in fondo non sarà che la proposizione da dimostrare tradotta in un altro linguaggio.

Non ci si può dunque sottrarre alla conclusione che la regola del ragionamento per ricorrenza è irriducibile al principio di (non) contraddizione.

Tale regola non può venirci dall’esperienza; ciò che l’esperienza potrebbe insegnarci è che la regola è vera, per esempio, per i primi dieci o per i primi cento numeri; ma l’esperienza non può abbracciare la successione infinita dei numeri, bensì solo una sua porzione più o meno ampia, e però sempre limitata.

Ora, se avessimo a che fare soltanto con questa, il principio di (non) contraddizione sarebbe sufficiente, e ci consentirebbe sempre di sviluppare quanti sillogismi vogliamo; è solo quando si tratta di rinchiuderne un’infinità in un’unica formula, è solo di fronte all’infinito che questo principio fallisce, ed è qui parimenti che l’esperienza diventa impotente. Questa regola, inaccessibile alla dimostrazione analitica e all’esperienza, è il tipo genuino del giudizio sintetico a priori. Non si potrebbe d’altra parte pensare di vedervi una convenzione, come è invece per alcuni postulati della geometria.

Perché dunque questo giudizio si impone a noi con un’evidenza irresistibile? Perché esso non è che l’affermazione della potenza della mente che sa di poter concepire la ripetizione indefinita di un medesimo atto allorché questo sia una volta possibile. La mente ha un’intuizione diretta di tale

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potenza e l’esperienza non può essere per lei che un’occasione per servirsene e perciò per prenderne coscienza.

Ma, si dirà, se l’esperienza bruta non può legittimare il ragionamento per ricorrenza, che ne è dell’esperienza aiutata dall’induzione? Vediamo successivamente che un teorema è vero per il numero 1, per il numero 2, per il numero 3, e così via, e diciamo che la legge è manifesta, e lo è allo stesso titolo di ogni legge fisica basata su un numero molto grande, ma pur sempre limitato, di osservazioni.

Non si può disconoscere la lampante analogia con gli abituali procedimenti intuitivi. Sussiste, però, una differenzia essenziale. L’induzione applicata alle scienze fisiche è sempre incerta giacché poggia sulla credenza a un ordine generale dell’Universo, un ordine che è fuori di noi. L’induzione matematica, ossia la dimostrazione per ricorrenza, invece, si impone necessariamente, poiché non è che l’affermazione di una proprietà della mente stessa”.

Henri Poincaré, La scienza e l’ipotesi, pp. 30-31. Esercizi 1) Usando il modello delle scatole di palline introdotto nella lezione per mettere in evidenza la base intuitiva su cui si fondano le leggi fondamentali della aritmetica, per moltiplicare a e b si forma una nuova scatola con a righe, ciascuna composta di b palline, ottenendo così anche b colonne, ciascuna composta di a palline. Ragionare su questo modello per verificare la proprietà commutativa della moltiplicazione e la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione.

«Modelli geometrici analoghi alle nostre scatole di palline, quali l’antico abaco, furono diffusamente utilizzati per il calcolo numerico fino al Medioevo avanzato, e vennero poi lentamente sostituiti da metodi simbolici molto superiori, basati sul sistema decimale.» (Courant, Robbins, Che cos’è la matematica, p. 39)

2) Applicando la proprietà distributiva, dimostri le identità notevoli:

!

a + b( )2

= a2 + b2 + 2ab

a " b( )2

= a2 + b2 " 2ab

a + b( ) # a " b( ) = a2 " b2

3) Calcoli mentalmente, applicando le leggi dell’aritmetica: (i)

!

12 " 26 # 20 "12 (ii) 77 + 33 (iii) 50 + (18 + 20) (iv)

!

4 " 9 " 50

Ricordiamo la gerarchia nelle operazioni che serve a interpretare correttamente le espressioni aritmetiche e algebriche: le moltiplicazioni devono essere eseguite prima delle addizioni, e quindi quando si vuole dare priorità alle addizioni bisogna usare una parentesi. Ad esempio:

!

3 " 2 + 4 " 3 =18

3 " (2 + 4) " 3 = 54

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4) Compili un elenco completo delle proprietà delle operazioni di addizione e di moltiplicazione nell’insieme Z. 5) Quale proprietà ha l’addizione di numeri interi che non ha l’addizione di numeri naturali? Dia l’enunciato e proponga un esempio. 6) Descriva per estensione o per comprensione due sottoinsiemi finiti e due sottoinsiemi infiniti di N. 7) Scriva simbolicamente l’insieme dei divisori di 20 e trovi, se esiste, l’elemento minimo e l’elemento massimo. Trovi minimo e massimo, se esistono, per l’insieme dei numeri dispari; per i numeri quadrati; per un segmento iniziale di lunghezza l? Quale è l’elemento minimo di N? Quale è l’elemento minimo di Z? E di

!

N" 0{ }? 8) Calcoli il valore delle prime somme dei cubi dei numeri naturali:

!

13

13

+ 23

13

+ 23

+ 33

13

+ 23

+ 33

+ 43

....

Dimostrare che la somma dei cubi dei numeri naturali da 1 a n è uguale al quadrato della somma dei numeri da 1 a n, vale a dire

!

13 + 23 + 33 + ...+ n3 =

n n +1( )2

"

# $

%

& '

2

(Si tratta quindi di dimostrare la formula

!

13 + 23 + 33 + ...+ n3 =

n2n +1( )

2

4, applicando il principio

di induzione). 9) Esplori le somme successive della successione dei numeri dispari:

1,3,5,7,9,11, …

Ogni numero dispari è della forma

!

2 " n #1 (si veda la lezione 3; si convinca facendo degli esempi) Calcoliamo quindi

!

1

1+ 3

1+ 3+ 5

1+ 3+ 5 + 7

(«OK, disse Roberto, risparmiati le spiegazioni. Lo capisce anche uno stupido cosa succede. Sono tutti numeri saltellati, né più, né meno» Il mago dei numeri, La quinta notte.)

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Provi a ottenere una formula per la somma dei primi n numeri dispari, e quindi la dimostri usando il principio di induzione 10) Le successioni 1,2,3,4,5,… 1,3,5,7,9,11,… 2,4,6,8, 10,12,14,… sono progressioni aritmetiche: a partire da un numero iniziale, tutti i successivi si ottengono sommando al precedente un numero fisso detto differenza. (i) Provi a costruire la progressione aritmetica con primo elemento 1 è differenza 3 (ii) Provi a costruire la progressione aritmetica con primo elemento 4 è differenza 10 In una progressione aritmetica di primo termine a e differenza d si può sempre calcolare la somma dei primi n termini con la formula seguente:

!

n +1( ) " (2a + nd)

2

Verificare la formula in alcuni casi delle progressioni costruite in (i) e (ii). 11) Dimostrare, con il principio di induzione la seguente uguaglianza:

!

1

1" 2+1

2 " 3+1

3 " 4+ ...+

1

n " n +1( )=

n

n +1

(Per gli esercizi 8 e 11, ricordare le identità notevoli, come

!

a + b( )2

= a2 + 2ab + b2.) 12) Le frazioni del tipo

!

1

1,1

2,1

3,1

4,1

5,...

si chiamano frazioni unitarie. L’insieme delle frazioni unitarie ha un elemento minimo? Ha un elemento massimo? Considerare il numero 0,35 e trovare una frazione unitaria minore di questo numero decimale. 13) Ecco un riepilogo degli assiomi di Peano usando il linguaggio della teoria degli insiemi:

Si consideri: un insieme N i cui elementi si chiamano numeri un elemento di N indicato con 1 una funzione successore che associa ad ogni numero naturale un successore

!

sc :N" # " N per i quali si hanno i seguenti assiomi assioma 1ogni numero naturale ha un successore e uno solo, e inoltre due numeri diversi hanno successori diversi assioma 2 l’elemento 1 non è il successore di alcun numero

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assioma 3 (principio di induzione) Se a un sottoinsieme A di N appartiene l’elemento privilegiato 1 e anche il successore di ogni numero del sottoinsieme, vale a dire, se A verifica le seguenti due condizioni:

(i)

!

1" A (ii)

!

se k " A, allora k +1" A allora

!

A = N Riscriva gli assiomi di Peano prendendo come elemento privilegiato lo 0. 14) Calcolare: (i) 18-20; (ii) 56-35; (iii)

!

75 " #2( ) ; (iv)

!

43 " 3; (v) -15( ) " #4( ); (vi) 6 " 5 # 2; (vi) -2 +14( ) " #12( ) 15) Dimostri che, dati

!

z,l " Z, se z # l, allora $ l # $z . 16) Consideri l’insieme degli opposti dei numeri pari. Ha un minimo? Ha un massimo? 17) Compili un riepilogo di regole per lo zero:

!

sc(0) = ; n + 0 = ; 0 + 0 = ; n " 0 = ; n " n = ; 0 " 0 = ; 0 ÷ n =; 0 = 18) Per ognuna di queste affermazioni semplici prepari un riepilogo schematico della teoria sviluppata nella lezione: (i) i numeri naturali sono infiniti (ii) i numeri naturali si possono confrontare fra di loro (iii) i numeri naturali si possono addizionare e moltiplicare 19) Per ognuna delle affermazioni dell’esercizio 18, indichi qualche semplice esperienza elementare del bambino, intorno alla realtà fisica. 20) Per ognuna delle affermazioni dell’esercizio 18, progetti qualche semplice esperienza elementare del bambino che può essere proposta prima della scuola dell’obbligo 21) Per ognuna delle affermazioni dell’esercizio 18, progetti qualche semplice esperienza elementare del bambino che può essere proposta nel primo mese della classe prima. 22) “Il matematico può, almeno in certo grado, prescindere dalle questioni propriamente filosofiche che qui si riattavano: se, e fino a che punto e in qual senso, l’idea di un oggetto in generale e della sua identificazione e discriminazione da altri oggetti, resulti da esperimenti; e se ancora da esperimenti fisici e psicologici rilevi la corrispondenza che poniamo fra oggetti e oggetti, in cui altri vede piuttosto la consapevolezza delle facoltà associative dello stesso pensiero. Sebbbene accade pure di scorgere un qualche influsso del presupposto filosofico sull’indirizzo della critica matematica, per esempio nella preferenza che alcuni critici danno al numero ordinale sul cardinale, perché quello, a differenza di questo, sembra riflettere l’idea del tempo, e perché venga ritenuto come primo nell’acquisto psicologico” F. Enriques, Questioni riguardanti la matematica elementare. Parte I. Critica dei principi, vol. 1, La serie infinita dei numeri, 3° edizione, 1924, p. 235.

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MATEMATICA E DIDATTICA DELLA MATEMATICA Ana Millán Gasca

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Secondo lei, la scelta degli assiomi di Peano è dettata da una preferenza del numero ordinale sul cardinale o viceversa? E la definizione di numero per astrazione a partire dall’idea di corrispondenza biunivoca fra insiemi? Altri esercizi: Aritmetica di base, cap. 1 (nn. 7. 8,13, 14-18); In equilibrio sulla linea dei numeri, cap. 1, esercizi 5-10.