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Società Italiana degli Economisti dei Trasporti - IX Riunione Scientifica – Napoli, 3-5 ottobre 2007 1 Logistica Economica e aree dismesse: aspetti generali del problema e analisi di accessibilità dell’area orientale di Napoli Ennio Forte, Fedele Iannone, Luca Maisto 1. Introduzione Considerando i lavori sino ad oggi svolti da esperti e studiosi in ambito nazionale ed internazionale sui temi della Logistica Economica, si può evidenziare come siano state trascurate le problematiche di sviluppo territoriale e produttivo conseguenti ad una riqualificazione in senso logistico di aree urbane dismesse ex-industriali, conosciute nel gergo internazionale come “brown-field”. Come già evidenziato in un recente contributo (Forte e Siviero, 2005), nel Mezzogiorno d’Italia potrebbe rivelarsi utile la riqualificazione e destinazione logistica di alcune aree industriali dismesse, prevedendo ad esempio la realizzazione di piattaforme di assemblaggio e distribuzione, eventualmente anche in regime di zona franca, in un’ottica funzionale ai flussi logistici unitizzati in prevalenza provenienti dall’Asia, nonché tenendo conto delle condizioni derivanti dalla futura attivazione della Zona di Libero Scambio Euro-mediterranea e dal completamento delle reti e dei grandi assi trasportistici previsti dalla pianificazione di settore a livello nazionale ed europeo. La destinazione logistica di aree urbane dismesse ex-industriali potrebbe inoltre risultare utile anche per attività più strettamente legate alla logistica urbana: cittadelle postali, piattaforme sanitarie e farmaceutiche, gestione delle forniture alimentari, gestione dei rifiuti solidi urbani e così via. Solitamente, la sfida del riutilizzo delle aree dismesse può essere intrapresa solo grazie a modelli di partenariato pubblico-privato che siano in grado di garantire una realizzazione più rapida ed un marketing più efficace dei progetti di riconversione. Più specificamente, è indispensabile una cooperazione molto stretta tra un elevato numero di attori: pianificatori territoriali, agenzie di promozione, agenzie ambientali, investitori privati, public city manager, urbanisti, economisti, architetti, ingegneri, etc. Le tipologie di riqualificazione e le attività di progettazione devono essere infatti in sintonia con i reali fabbisogni e i piani di sviluppo economico e sociale a lungo termine delle comunità locali. In Italia, diversi fattori evidenziano la necessità di definire nuovi interventi di riqualificazione territoriale e produttiva basati sull’attivazione di servizi avanzati ed eco-sostenibili. Ad esempio, tra le misure economiche previste dalla “Legge Finanziaria 2007” vi è l’istituzione di un Fondo per il sostegno alla realizzazione di zone franche urbane (ZFU) in aree e quartieri degradati delle regioni meridionali (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2006). In Campania, sono state inoltre previste delle risorse pubbliche sia per la realizzazione di uno studio di fattibilità di un possibile distripark da localizzare sul territorio regionale (Regione Campania, 2006), sia per la realizzazione di uno studio di fattibilità finalizzato all’individuazione delle potenzialità e dell’attrattività di insediamento di zone franche in aree periferiche concentrate tra la provincia di Napoli e la provincia di Caserta (Regione Campania, 2007). In particolare, per la provincia di Napoli le ipotesi attualmente più dibattute riguardano il Centro storico di Napoli, Napoli Est e Nola; per la provincia di Caserta un’ipotesi riguarda la zona di Marcianise. Inoltre, per lo sviluppo sostenibile e la riqualificazione Ennio Forte: [email protected] Fedele Iannone: [email protected] Luca Maisto: [email protected]

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Società Italiana degli Economisti dei Trasporti - IX Riunione Scientifica – Napoli, 3-5 ottobre 2007

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Logistica Economica e aree dismesse: aspetti generali del problema e analisi di accessibilità dell’area orientale di Napoli

Ennio Forte, Fedele Iannone, Luca Maisto∗ 1. Introduzione Considerando i lavori sino ad oggi svolti da esperti e studiosi in ambito nazionale ed internazionale sui temi della Logistica Economica, si può evidenziare come siano state trascurate le problematiche di sviluppo territoriale e produttivo conseguenti ad una riqualificazione in senso logistico di aree urbane dismesse ex-industriali, conosciute nel gergo internazionale come “brown-field”. Come già evidenziato in un recente contributo (Forte e Siviero, 2005), nel Mezzogiorno d’Italia potrebbe rivelarsi utile la riqualificazione e destinazione logistica di alcune aree industriali dismesse, prevedendo ad esempio la realizzazione di piattaforme di assemblaggio e distribuzione, eventualmente anche in regime di zona franca, in un’ottica funzionale ai flussi logistici unitizzati in prevalenza provenienti dall’Asia, nonché tenendo conto delle condizioni derivanti dalla futura attivazione della Zona di Libero Scambio Euro-mediterranea e dal completamento delle reti e dei grandi assi trasportistici previsti dalla pianificazione di settore a livello nazionale ed europeo. La destinazione logistica di aree urbane dismesse ex-industriali potrebbe inoltre risultare utile anche per attività più strettamente legate alla logistica urbana: cittadelle postali, piattaforme sanitarie e farmaceutiche, gestione delle forniture alimentari, gestione dei rifiuti solidi urbani e così via. Solitamente, la sfida del riutilizzo delle aree dismesse può essere intrapresa solo grazie a modelli di partenariato pubblico-privato che siano in grado di garantire una realizzazione più rapida ed un marketing più efficace dei progetti di riconversione. Più specificamente, è indispensabile una cooperazione molto stretta tra un elevato numero di attori: pianificatori territoriali, agenzie di promozione, agenzie ambientali, investitori privati, public city manager, urbanisti, economisti, architetti, ingegneri, etc. Le tipologie di riqualificazione e le attività di progettazione devono essere infatti in sintonia con i reali fabbisogni e i piani di sviluppo economico e sociale a lungo termine delle comunità locali. In Italia, diversi fattori evidenziano la necessità di definire nuovi interventi di riqualificazione territoriale e produttiva basati sull’attivazione di servizi avanzati ed eco-sostenibili. Ad esempio, tra le misure economiche previste dalla “Legge Finanziaria 2007” vi è l’istituzione di un Fondo per il sostegno alla realizzazione di zone franche urbane (ZFU) in aree e quartieri degradati delle regioni meridionali (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2006). In Campania, sono state inoltre previste delle risorse pubbliche sia per la realizzazione di uno studio di fattibilità di un possibile distripark da localizzare sul territorio regionale (Regione Campania, 2006), sia per la realizzazione di uno studio di fattibilità finalizzato all’individuazione delle potenzialità e dell’attrattività di insediamento di zone franche in aree periferiche concentrate tra la provincia di Napoli e la provincia di Caserta (Regione Campania, 2007). In particolare, per la provincia di Napoli le ipotesi attualmente più dibattute riguardano il Centro storico di Napoli, Napoli Est e Nola; per la provincia di Caserta un’ipotesi riguarda la zona di Marcianise. Inoltre, per lo sviluppo sostenibile e la riqualificazione ∗ Ennio Forte: [email protected] Fedele Iannone: [email protected] Luca Maisto: [email protected]

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del tessuto produttivo campano sono stati previsti incentivi finanziari nel Piano d’azione per lo sviluppo regionale (Regione Campania - Assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive, 2007). Nelle sezioni seguenti si affrontano alcune tematiche di fondo riguardanti la relazione tra aree dismesse e sviluppo di servizi logistici avanzati a supporto di filiere produttive globali, evidenziando la necessità di dotare le regioni del Mezzogiorno di moderne strutture logistiche e di efficaci collegamenti con i mercati europei e mediterranei. Partendo dal concetto di distripark, viene inoltre presentato a livello generale ed in chiave logistica il fenomeno delle zone franche, soffermandosi su alcune delle principali classificazioni e tematiche concettuali, giuridiche, fiscali e doganali. Successivamente, sono illustrate le principali caratteristiche territoriali, trasportistiche e produttive di “Napoli Est”, grande area industriale dismessa retrostante il porto di Napoli, dove si può ipotizzare la realizzazione di un polo logistico in regime di zona franca. In particolare, sono analizzati gli aspetti di interesse che caratterizzano il disegno e le norme dell’attuale pianificazione urbanistica dell’area, ripercorrendo anche i principali risultati di alcuni studi passati riguardanti l’ipotesi di realizzazione di una zona franca a Napoli. Infine, sono descritti la metodologia di riferimento, i dati e gli strumenti impiegati, nonché i principali risultati ottenuti nell’ambito di un’analisi di accessibilità trasportistica attiva e passiva della zona orientale di Napoli rispetto ai nodi logistici regionali di primo livello e alle aree regionali di localizzazione di attività industriali, commerciali e logistiche. Mediante tale lavoro di analisi è stato possibile valutare in maniera indiretta le potenzialità legate agli spostamenti extra-regionali ed in maniera diretta la qualità delle connessioni infra-regionali da/verso Napoli Est. 2. Logistica Economica, riqualificazione produttiva in senso logistico di aree industriali dismesse e prospettive generali di sviluppo di distripark nel Mezzogiorno d’Italia La Logistica Economica, intesa quale nuova frontiera dell’Economia dei Trasporti, è un nuovo ambito di ricerca applicata che include la valutazione e regolamentazione dei mercati logistici e dei trasporti, la valutazione, pianificazione, organizzazione e promozione di infrastrutture e servizi logistici dedicati, l’ottimizzazione spaziale dei flussi ed alcuni aspetti della pianificazione e delle politiche di sviluppo del territorio e delle attività produttive, da affrontare con gli strumenti dell’analisi economica, geografica, computazionale e simulativa. I primi sviluppi della Logistica Economica si ebbero negli Stati Uniti durante gli anni ’50 - ’60 e nella seconda metà degli anni ’80 per quanto riguarda principalmente le applicazioni di modelli di Programmazione Matematica per la soluzione di problemi di logistica produttiva e distributiva (Charnes e Cooper, 1961; Thompson e Thore, 1990; Thore, 1991, 1995). Grazie alla disponibilità di grandi potenze di calcolo ed ampie banche dati, la Logistica Economica ha avuto nel tempo una diffusione crescente nelle applicazioni industriali e territoriali. In un contesto caratterizzato dal decentramento e dal frazionamento dei processi produttivi, assemblativi e distributivi a scala mondiale, i sistemi logistici aziendali e territoriali diventano più articolati e complessi, necessitando di nuove metodologie e strumenti di analisi, specie per quanto riguarda le decisioni strategiche di localizzazione degli impianti e di investimenti pubblici e privati in infrastrutture dedicate e nuovi più efficienti servizi logistici ed intermodali (Forte, 2006, 2008). Una delle problematiche principali della Logistica Economica consiste nell’individuare e valutare i vincoli e le opportunità di sviluppo produttivo dei sistemi economici territoriali, esplicitando una visione reticolare del territorio basata su nuovi principi di pianificazione, organizzazione e promozione che muovono verso un maggiore equilibrio tra flussi e nodi logistici posizionati in aree diverse e spesso geograficamente distanti, nonché tra domanda e offerta di beni, servizi, spazi ed infrastrutture. La Logistica Economica può quindi offrire un utile contributo per valutare le opportunità e le modalità di riqualificazione e riconversione produttiva in chiave logistica di aree urbane dismesse ex-industriali. In Europa, a partire dagli anni ’80, si è assistito a fenomeni intensi di dismissione di attività produttive localizzate in aree urbane di antico impianto industriale. La crescente liberalizzazione del

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commercio internazionale e la riduzione dei costi di trasporto sulle lunghe distanze hanno spinto le imprese a delocalizzare o terziarizzare le attività in paesi caratterizzati da un basso costo dei fattori. Sono state quindi dismesse aree industriali della “prima generazione” dotate di strutture ed impianti in parte riutilizzabili e quasi sempre adiacenti ad infrastrutture di trasporto che all’epoca erano funzionali a cicli manifatturieri locali. A livello di Unione Europea, lo studio per il recupero delle aree urbane dismesse e delle diverse opportunità di riutilizzo (dai parchi a verde ai parchi tecnologici, ad aree idoneizzate per insediamenti produttivi leggeri, etc.) costituisce oggetto di interesse prioritario. Infatti, secondo quanto riportato nello “Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE)”, approvato nel 1999 a Potsdam dal Consiglio informale dei Ministri responsabili dell’assetto del territorio (Commissione Europea, 1999), risultano 200.000 gli ettari di zone industriali dismesse, ripartite tuttavia in maniera non uniforme sul territorio europeo e il cui risanamento costerà almeno 100 miliardi di euro. Esse rappresentano, pertanto, un notevole potenziale per una tipologia di sviluppo urbano e regionale di tipo innovativo e sostenibile. Il recupero delle aree dismesse comporta azioni complesse e la risoluzione di una vasta gamma di problemi patrimoniali, procedurali, ambientali, funzionali, urbanistici, architettonici e di opportunità economica e sociale (Dragotto e Gargiulo, 2003). L’unione degli interessi privati con quelli pubblici può far sì che la riconversione di tali aree possa ottimizzare e bilanciare il rapporto tra vantaggi economici, sociali ed ambientali (Sgorbati et al., 2005). Dal punto di vista dell’analisi urbanistica, economica e sociale, il tema delle aree industriali dismesse è stato oggetto di diverse letture, che hanno sostanzialmente evidenziato gli effetti della crisi produttiva di alcune aree, tentando di definire nuove politiche di progettazione e sviluppo basate sulle potenzialità e sui nuovi ruoli che i cosiddetti “vuoti urbani” potrebbero assumere in un’ottica più ampia. In particolare, i risultati del forum RUR-CENSIS-AUDIS del gennaio ’98 sul tema “Pubblico e privato per il rilancio delle aree urbane”, riportati nel volume a cura di RUR (2000), partendo dall’osservazione di varie iniziative di riconversione delle aree dismesse in Italia, evidenziano gli aspetti organizzativi ed attuativi del processo di trasformazione. Dall’analisi degli strumenti della Legge “Bassanini 2” (Legge n. 127/97 art. 59), quali le società di trasformazione urbana (STU) e le società ad economia mista, e dal confronto tra i diversi soggetti coinvolti nel recupero delle aree dismesse, quali amministratori pubblici ed operatori privati, sono emersi punti critici della trasformazione che richiedono strategie innovative ed una maggiore attenzione agli aspetti gestionali ed operativi del processo di riconversione. La necessità di una nuova capacità di intervento integrata nell’ambito dei processi di trasformazione urbana e di riqualificazione delle aree industriali dismesse è stata messa in risalto anche negli atti conclusivi dei convegni AUDIS 1999-2000 (Gargiulo, 2001), in cui si analizza il ruolo delle aree dismesse e di diversi attori e strumenti nell’ambito del processo di trasformazione urbana, con particolare riferimento alle fasi di bonifica ambientale propedeutiche ai processi di riconversione. Inoltre, un raccolta di contributi dedicati alla valutazione degli interventi di riqualificazione di aree dismesse è contenuta nel volume a cura di Spaziante e Ciocchetti (2006). Interessante è anche il lavoro di Gargiulo et al. (2006), dove si focalizza l’attenzione sul tema della valorizzazione urbana nel suo complesso, intesa come il risultato di un insieme integrato di azioni volte a creare le condizioni affinché le diverse componenti del sistema urbano possano acquisire o aumentare il loro valore. Gargiulo e Travascio (2007) evidenziano, invece, come il tema delle aree dismesse, definite come “superfici e complessi immobiliari disponibili al riuso anche per attività diverse da quelle originarie”, sia da sempre presente nella storia urbana. Gli urbanisti campani sottolineano, inoltre, come negli ultimi trent’anni le modalità di approccio al fenomeno dismissione abbiano subito una sostanziale evoluzione tanto sul versante scientifico e conoscitivo, quanto su quello operativo. In definitiva, i due autori propongono una lettura di tale evoluzione supportata dalla descrizione di alcuni casi, arrivando infine a delineare un metodo di supporto a soggetti pubblici e privati che intendono affrontare la trasformazione di aree dismesse con il duplice obiettivo di rispettare i principi di sostenibilità ambientale e di accrescere il capitale fisso sociale.

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Come evidenziato da alcuni risultati preliminari del Progetto di ricerca “MISTER – Military and Industrial Site Reshaping” del Programma di Iniziativa Comunitaria “INTERREG III B CADSES”, in tutti i Paesi europei si registra una crescente sensibilità verso i benefici che derivano dalla riconversione delle aree dismesse (Natalini, 2007). L’obiettivo del Progetto MISTER consiste nel mettere a punto e testare un nuovo set integrato di azioni che comprendono la ristrutturazione ed il rinnovo di città attraverso un riuso dei brown-field come alternativa ad una crescita urbana intensiva; pertanto, tra le attività di ricerca preliminari del Progetto è stata prevista l’analisi di varie esperienze di riuso. Da tali indagini è emerso come le aree ben riutilizzate si siano rivelate spesso fattori determinanti per lo sviluppo dei quartieri o delle città in cui sono localizzate. Naturalmente, la gran parte dei casi di successo sono stati supportati da uno o più programmi nazionali e a volte anche europei, che hanno contribuito a finanziare gli studi di fattibilità, le fasi di progettazione e i costi di bonifica. Molto però resta ancora da fare per mettere a frutto tutto il potenziale europeo in termini di sviluppo sostenibile rappresentato dalle aree dismesse. In Italia, in particolare, l’attivazione di nuove politiche urbanistiche ed economiche ed il crescente numero di piani, progetti, studi, ricerche e convegni che coinvolgono i diversi soggetti impegnati nel processo di trasformazione delle aree dismesse mettono in evidenza la necessità di definire nuove procedure di attuazione integrata di interventi finalizzati allo sviluppo di servizi avanzati ed eco-sostenibili a supporto dei sistemi economico-territoriali e sociali coinvolti. In tal senso, specie nel Mezzogiorno, potrebbe in alcuni casi risultare opportuna la riqualificazione e destinazione logistica di tali aree, prevedendo la realizzazione di distripark e poli logistici in genere, in un’ottica funzionale ed integrata ai flussi internazionali di traffico marittimo. Ma la destinazione logistica potrebbe risultare vantaggiosa anche con riferimento ad altri settori critici per la civiltà e l’economia urbana e regionale: city logistics, reverse logistics, gestione dei rifiuti solidi urbani, district logistics, etc. La funzione strategica di tali aree dovrebbe essere quella di concorrere a raggiungere un equilibrio socialmente sostenibile dei flussi logistici, alleviando il territorio dagli effetti del traffico pesante che si riflettono nei livelli di congestione, inquinamento e, in generale, su tutta la catena di esternalità negative particolarmente rilevanti nelle aree urbane. Non va trascurato, infine, il notevole impatto che dette scelte di investimento potrebbero avere sull’occupazione, grazie alla caratterizzazione labour intensive delle attività logistiche, ed altresì il ruolo fondamentale del decisore pubblico, che dovrà provvedere mediante strumenti e meccanismi innovativi (ad esempio il project financing) a convogliare risorse per la bonifica e l’infrastrutturazione di dette aree. A livello strettamente logistico e marittimo-portuale, si ritiene opportuno far notare come le necessità imposte dalla globalizzazione dei mercati e dalla specializzazione di imprese e territori in fasi diverse dei processi produttivi abbiano determinato una significativa modifica dei rapporti esistenti tra le infrastrutture portuali ed il loro hinterland. Tale tendenza si è consolidata in un contesto di evoluzione funzionale dei servizi logistici che ha portato alla nascita di nuove infrastrutture puntuali denominate “distripark”. Il termine, coniato per la prima volta negli anni ’80 in Olanda, è stato inizialmente utilizzato per indicare un’area localizzata a ridosso di un porto e in cui collocare le merci prima del loro successivo inoltro ai mercati di destinazione. Successivamente, grazie al forte sviluppo del trasporto marittimo containerizzato e delle supply chain multinazionali, il concetto di distripark si è evoluto: oggi può essere infatti definito come un vero e proprio polo logistico avanzato, solitamente localizzato in una zona franca retroportuale in cui è possibile fornire valore aggiunto alle semplici operazioni di carico/scarico delle merci. Con tale sistema, la “rottura di carico” diviene indispensabile al fine di consentire l’effettuazione di servizi logistici avanzati quali, ad esempio, il controllo qualità, l’assemblaggio, il confezionamento e l’etichettatura, a supporto di attività globalizzate di produzione e scambio. Il punto di partenza per comprendere l’utilità derivante dalla realizzazione di distripark da localizzare sul territorio nazionale, e più specificamente nel Mezzogiorno, è il riconoscimento del nuovo ruolo dei porti italiani nei processi di integrazione mondiale e trans-euro-mediterranea del trasporto marittimo delle merci. Tra l’altro, la movimentazione di carichi unitizzati ha visto, fino a

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qualche tempo fa, una vivace competizione (in termini di tassi di crescita) tra i porti del Southern range europeo (Malta, Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Salerno, Genova, etc.) e quelli del Northern range (Rotterdam, Anversa, Amburgo, Brema, etc.), facendo registrare notevoli sviluppi nel trend dei porti meridionali ed in particolare di quelli italiani (Forte, 1999). Tuttavia, negli ultimi tempi, i porti nordeuropei hanno iniziato a reagire in maniera efficace a tale situazione attraverso opportune “politiche di corridoio”, che hanno creato condizioni ulteriormente favorevoli per la localizzazione di attività a valore aggiunto finalizzate alla lavorazione finale delle merci e al loro inoltro intermodale ai mercati di sbocco diffusi in tutto il continente europeo. Contrariamente a quanto è avvenuto dall’inizio degli anni ’90 al 2002, dove i tassi di crescita erano mediamente inferiori rispetto a quelli dei porti europei del Mediterraneo (pur rimanendo ben distanti i volumi di traffico gestiti), negli ultimi anni i porti nordeuropei hanno ripreso a crescere a tassi maggiormente sostenuti (figura 1). In particolare, i porti della fascia Amburgo-Le Havre sono cresciuti ad un tasso annuale composto dell’11% nel periodo 2003-2006 a fronte di un 6% medio annuo dei principali porti europei dell’area mediterranea1. Lo stesso sta accadendo in Spagna, dove, nel 2006, porti come ad esempio Valencia e Barcellona hanno mostrato tassi di crescita significativi nel settore dei contenitori, mentre porti come Salerno hanno mostrato invece una percentuale addirittura negativa (figura 2). Figura 1 - La movimentazione di contenitori marittimi nei principali porti europei del range

Amburgo-Le Havre e del Mediterraneo (anni 1990-2006)

Confronto tra i principali porti del range Amburgo - Le Havre e i principali porti europei del Mediterraneo (anni 1990-2006)

5,7%11,1%

8,7% 8,6% 9,3%

3,1%

19,0%23,3%

17,8%

5,2%

14,0% 8,6%13,9%

10,3%

4,5%10,0%

4,7%5,6%6,6%9,6%

10,5%

4,1%10,4%8,2%4,3%

17,0%15,0%

-10,2%

40,1%

26,5%

11,5%

3,7%

0

5.000.000

10.000.000

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20.000.000

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30.000.000

35.000.000

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1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

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Principali porti Range Amburgo - Le Havre (asse verticale sinistro) Principali porti europei del Mediterraneo (asse verticale sinistro)Principali porti Range Amburgo - Le Havre (asse verticale destro) Principali porti europei del Mediterraneo (asse verticale destro)

Fonte: nostra elaborazione su dati Containerisation International, Assoporti e Autorità portuali varie, 2007 La funzione principale dei corridoi è quella di massimizzare i benefici della connessione tra diverse aree continentali e di minimizzare (grazie all’efficienza, all’alta capacità e all’integrazione intermodale) i costi di transazione generalizzati, offrendo maggiori opportunità localizzative e facilità di circolazione delle merci, favorendo quindi un’accresciuta competitività per prodotti e servizi di determinate aree geografiche rispetto ad altre.

1 I porti nord-europei utilizzati per il confronto sono: Amburgo, Brema, Rotterdam, Anversa, Zeebrugge, Amsterdam, Rouen, Dunkerque e Le Havre. I porti europei del Mediterraneo considerati sono invece: Algeciras, Valencia, Barcellona, Tarragona, Marsiglia, Savona, Genova, La Spezia, Livorno, Ravenna, Venezia, Trieste, Civitavecchia, Napoli, Salerno, Bari, Brindisi, Taranto, Gioia Tauro e Cagliari. Gli ultimi tre porti hanno avviato i propri traffici di contenitori marittimi in un periodo successivo all’anno iniziale dell’intervallo temporale (1990-2006) considerato nell’analisi.

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Da un approfondito ed innovativo studio sulla competitività dei porti italiani pubblicato dal CNEL (2004), era già emerso che i porti del Mezzogiorno che movimentano merci varie non riescono a sfruttare adeguatamente il loro posizionamento sul versante marittimo, data la loro debolezza negli spazi di mercato terrestri, sia per la scarsità o la frammentarietà delle infrastrutture, sia per la scarsa consistenza in termini di esportazione delle economie locali. Risolvendo in particolare il problema del potenziamento delle connessioni ferroviarie da/per i porti meridionali, si incentiverebbe l’industria armatoriale mondiale a scegliere sempre più tali porti a seguito di un notevole risparmio in termini di prolungamento di itinerario da Suez ai porti del Nord Europa, recuperando possibilmente il trend evolutivo recentemente in flessione. Promovendo invece la nascita di zone ad alta intensità di attività logistiche si dovrebbero inoltre stimolare gli investimenti diretti esteri (IDE) in entrata, le importazioni in container di materie prime e semilavorati, nonché le esportazioni dei sistemi produttivi locali (distretti, cluster, filiere, etc.) che negli ultimi due decenni si sono decisamente affermati in diverse aree dell’Italia meridionale.

Figura 2 – La movimentazione di contenitori marittimi nei porti italiani, spagnoli e nordeuropei (anno 2006)

Fonte: nostra elaborazione su dati Containerisation International, Assoporti e Autorità portuali varie, 2007 Per gli anni a venire è prevista una forte crescita del traffico contenitori a livello mondiale e trans-euro-mediterraneo. Per quanto riguarda l’Europa e il Mediterraneo in particolare, il maggior tasso di crescita complessiva dei traffici unitizzati dovrebbe riguardare i porti dell’area orientale del Mediterraneo, cioè gli scali del Mar Baltico, del Mar Nero e della Turchia. La crescita dovrebbe essere comunque abbastanza sostenuta anche in altre aree portuali ed è inoltre ragionevole ipotizzare che numerose opportunità logistiche deriveranno dall’attivazione della Zona di Libero Scambio Euro-mediterranea prevista dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995 (Iannone e Varrone, 2006; MDS Transmodal, 2007; Ocean Shipping Consultants, 2006). Gli investimenti multimodali sui sistemi infrastrutturali di trasporto delle regioni e delle città portuali dell’Italia meridionale andranno quindi supportati da processi di integrazione tra infrastrutture ed offerta di servizi logistici, nonché tra domanda ed offerta di servizi logistici. In tal senso, la destinazione di aree urbane dismesse ex-industriali ad infrastrutture logistiche moderne, ad esempio del tipo “distripark” a ridosso delle aree portuali e poggianti su efficaci e capillari sistemi di connessione marittima e terrestre, potrebbe rendere più competitivo il sistema logistico del Mezzogiorno sui mercati internazionali. Scelte di questo tipo potrebbero infatti conferire a diverse città portuali il ruolo di grandi nodi al centro degli scambi trans-euro-mediterranei, rappresentando

Le Havre 2.130.000 0,5%

Brema 4.450.000 19,1%Felixstowe 3.000.000 3,4%

Amburgo 8.861.545 9,1%Anversa 7.018.799 8,2%

Campione di porti nordeuropeiRotterdam 9.690.052 5,0%

Bilbao 523.124 3,8%S. Cruz Tenerife 465.729 1,9%

Barcellona 2.317.363 11,9%Las Palmas 1.230.000 1,6%

Algeciras 3.244.641 2,0%Valencia 2.612.139 8,4%

Salerno 359.707 -14,0%Campione di porti spagnoli

Cagliari 690.392 8,0%Napoli 444.982 19,1%

Taranto 892.303 24,5%Livorno 657.592 -0,1%

Genova 1.657.113 2,0%La Spezia 1.136.664 11,0%

Movimentazione portuale di contenitori (misurata in numero di TEU) nel 2006 e variazione percentuale rispetto al 2005

Campione di porti italianiGioia Tauro 3.160.981 7,6%

Le Havre 2.130.000 0,5%

Brema 4.450.000 19,1%Felixstowe 3.000.000 3,4%

Amburgo 8.861.545 9,1%Anversa 7.018.799 8,2%

Campione di porti nordeuropeiRotterdam 9.690.052 5,0%

Bilbao 523.124 3,8%S. Cruz Tenerife 465.729 1,9%

Barcellona 2.317.363 11,9%Las Palmas 1.230.000 1,6%

Algeciras 3.244.641 2,0%Valencia 2.612.139 8,4%

Salerno 359.707 -14,0%Campione di porti spagnoli

Cagliari 690.392 8,0%Napoli 444.982 19,1%

Taranto 892.303 24,5%Livorno 657.592 -0,1%

Genova 1.657.113 2,0%La Spezia 1.136.664 11,0%

Movimentazione portuale di contenitori (misurata in numero di TEU) nel 2006 e variazione percentuale rispetto al 2005

Campione di porti italianiGioia Tauro 3.160.981 7,6%

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un importante volano per l’attrazione di IDE, lo sviluppo di attività produttive e la crescita dell’occupazione. In genere, quando si considera la possibilità di implementare un distripark, le autorità portuali e urbane dovrebbero lavorare congiuntamente ad un piano integrato relativo al land-use, al fine di soddisfare e conciliare gli obiettivi logistici del porto con le esigenze di crescita o sviluppo della città, limitando le diseconomie esterne derivanti dalle attività di trasporto (Siviero, 2005). Le decisioni di realizzazione di distripark retroportuali dovranno comunque riflettere scelte di tipo “bottom-up” guidate dal sistema delle imprese, che rappresentano la domanda di logistica merci e che valutano la convenienza in termini di efficienza ed efficacia tra l’alternativa di “rompere il carico” nell’immediato hinterland portuale e quella di lavorare e distribuire le merci a partire da poli logistici più prossimi ai luoghi di consumo finali. L’evoluzione della logistica industriale a livello di filiere produttive lascia prevedere l’espansione sul territorio italiano di una serie di attività logistiche a valore aggiunto, sia per i flussi internazionali di merci in entrata che per quelli in uscita, ed eventualmente anche la rottura di carico per i container movimentati via transhipment (Iannone, 2005). Come riportato nel lavoro di Campagna e Baraglia (2006), è attualmente ragionevole stimare che il puro transito di container marittimi possa produrre per la città portuale che sopporta il traffico un valore aggiunto medio diretto di appena 160 €/TEU, contro i circa 1.100 €/TEU medi generati da attività di quasi-manufacturing svolte in distripark retroportuali. Inoltre, gli studiosi laziali ritengono che, in termini d’indotto locale e nazionale, un moderno distripark richieda mediamente 28 addetti/ettaro diretti per le lavorazioni di merce containerizzata (1 addetto ogni 75 TEU/anno “lavorati” in media), generandone mediamente altri 55 nell’indotto locale (urbano, provinciale) e circa 38 nell’indotto nazionale (principalmente nelle regioni dell’hinterland, alcuni sino ai confini nazionali con i Paesi vicini), per un totale medio di 120 addetti diretti e indotti ad ettaro di distripark. Infine, il valore aggiunto diretto di un distripark sarebbe dell’ordine di 1.500.000 €/ettaro/anno, mentre quello indotto in ambito locale e nazionale sarebbe dell’ordine di 5.000.000 €/ettaro/anno. 3. Le zone franche Riprendendo ed ampliando quanto già riportato in un recente articolo (Iannone, 2006), si può definire “zona franca” un’area geograficamente o amministrativamente limitata, considerata al di fuori del territorio doganale del paese in cui è localizzata e al cui interno le attività produttive beneficiano di un regime agevolato in materia doganale e fiscale. Secondo diversi studi condotti a livello internazionale (ad es. Engman et al., 2007; ESCAP, 2002, 2005; Morris, 2007; Singa Boyenge, 2007; TNO Inro, 2002), le zone franche possono esercitare una forte attrattività in termini di investimenti nazionali ed esteri in infrastrutture e servizi logistici, stimolando, a determinate condizioni, la crescita dei territori che le ospitano in termini di esportazioni, valore aggiunto, trasferimento tecnologico, occupazione, aumento dei salari e miglioramento delle condizioni di lavoro. Per tali motivi, la gran parte delle zone franche è attualmente localizzata in Paesi in via di sviluppo. Le zone franche possono essere veri e propri poli manifatturieri oppure centri logistici in cui si offrono servizi a valore aggiunto come il consolidamento/deconsolidamento dei carichi, l’approvvigionamento di materie prime e componenti, il quasi-manufacturing, lo stoccaggio e la distribuzione. All’interno di tali aree, dazi e quote sono generalmente eliminati e le procedure burocratiche risultano molto semplificate, al fine di stimolare l’avviamento di nuovi business e l’attrazione di capitali esteri. Nell’attuale contesto di globalizzazione e specializzazione economica, le attività svolte nelle zone franche fanno generalmente parte di filiere produttive e distributive internazionali che si basano sul principio di frazionamento dei processi e sono facilitate da innovazioni nelle tecnologie dell’informazione (Internet) e dei trasporti (containerizzazione, gigantismo navale, sistemi hub and spoke, etc.). Per agevolare lo scambio di beni, le zone franche sono quindi solitamente localizzate in aree urbane cablate ed in prossimità di nodi di trasporto marittimo ed aereo.

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A livello mondiale, i prodotti maggiormente lavorati nelle zone franche riguardano i settori tessile, abbigliamento, calzature, giocattoli ed elettronica, che possono essere destinati a mercati di massa e basarsi sull’impiego di manodopera relativamente poco qualificata ed attività ad elevato valore aggiunto. Di recente, si assiste però anche a fenomeni di localizzazione in aree franche di attività svolte da lavoratori più qualificati, ad esempio per quanto riguarda i settori dell’high-tech, della finanza e del turismo. Inoltre, sempre più spesso nelle zone franche si localizzano non solo grandi multinazionali, ma anche piccole e medie imprese che agiscono da sub-fornitori per queste ultime. Sebbene l’accessibilità alle grandi reti di trasporto internazionale è un aspetto importante ai fini della scelta di localizzare una determinata attività in una zona franca, per determinati settori il fattore “prossimità” potrebbe essere più determinante. Ad esempio, per quanto riguarda in alcuni casi il settore dell’abbigliamento, dove la velocità nel produrre e consegnare rappresenta una determinante del successo imprenditoriale, la localizzazione delle facility in prossimità dei mercati potrebbe risultare maggiormente competitiva in termini di flessibilità produttiva, costi di trasporto e tempi di consegna. Tali vantaggi potrebbero quindi ben compensare i più elevati livelli di imposizione fiscale e dei costi del lavoro conseguenti al fatto di non operare in zone agevolate. Esistono diverse tipologie di zone franche a cui corrispondono diversi tipi di effetti giuridici e, più in generale, diverse regole di funzionamento, soprattutto in sede di loro costituzione. Secondo quanto riportato in Forte e Siviero (2005), una prima grande distinzione può essere fatta tra: - “Zone franche classiche”, caratterizzate essenzialmente dall’esonero dei diritti di dogana e, a

volte, da quello delle imposte indirette. Tale categoria comprende le “zone franche commerciali”, le “zone franche industriali d’esportazione”, i “porti franchi”, i “magazzini franchi” e le “exclave”.

- “Zone franche d’eccezione”, ove possono offrirsi altri tipi di agevolazioni fiscali (in termini di imposte dirette e tributi locali), vantaggi finanziari e amministrativi per le imprese ed anche altri incentivi di natura economica e sociale. A tale categoria si ricollegano le “zone economiche speciali”, le “zone d’impresa” e l’insieme delle “zone di riconversione economica”.

Negli ultimi quarant’anni circa, il fenomeno delle zone franche si è sviluppato rapidamente a livello internazionale. Nel 1970 solo pochi paesi ne erano dotati, ma già nel 1996 l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) stimò in circa 500 le zone franche industriali d’esportazione localizzate in ben 73 paesi, mentre l’elenco internazionale elaborato nel 1997 dalla WEPZA (World Economic Processing Zones Association) indicava in ben 830 il numero totale di zone franche d’esportazione e zone franche commerciali sparse in tutto il mondo e gran parte delle quali concentrate in tre macro-aree geografiche: Asia sud-orientale, America centrale e Mediterraneo meridionale (TNO Inro, 2002). Dai dati del censimento mondiale delle zone franche industriali d’esportazione aggiornato di recente dall’ILO (Singa Boyenge, 2007), è emerso che nel 2006 il numero delle “export processing zone” era pari a 3.500, per un totale di 130 paesi in tutto il mondo e 66 milioni di occupati (tabella 1). La concentrazione maggiore riguarda l’Asia, dove si contano più di 900 zone franche, per un totale di circa 56 milioni di occupati. Nella tabella 2 si riportano invece alcuni dati di dettaglio riguardanti le zone franche localizzate in Nord Africa, Medio Oriente ed Europa. Inoltre, secondo i dati FIAS (Foreign Investment Advisory Services, 2007), le zone franche industriali d’esportazione hanno una quota pari all’8,3% del totale delle esportazioni manufatturiere dei paesi in cui sono localizzate (tabella 3).

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Tabella 1 – Lo sviluppo delle zone franche industriali d’esportazione a livello mondiale

Anni 1975 1986 1995 1997 2002 2006N° di Paesi in cui sono localizzate zone franche industriali d'esportazione 29 47 73 93 116 130N° di zone franche industriali d'esportazione 79 176 500 845 3.000 3.500Occupazione totale (milioni) n.d. n.d. n.d. 22,5 43 66Occupazione in Cina (milioni) n.d. n.d. n.d. 18 30 40Occupazione in altri Paesi (di cui sono disponibili i dati) n.d. n.d. n.d. 4,5 13 26 Fonte: International Labour Organization, 2007

Tabella 2 - Le zone franche nei Paesi di alcune specifiche macro-aree

Macroarea PaeseN° di zone franche

industriali d'esportazione

Altri tipi di zone

N° di occupati

(2005-2006)

N° di imprese

Export delle zone in % del totale dell'export

nazionale

Nord Afri

caAlgeria 4 - 29.268 800 85%Egitto 10 43 209.042 558 n.d.

Marocco 2 - 145.000 745 61%Tunisia - 6 259.842 2.703 52%Nord

Africa

Medio Orie

nte

Bahrain 9 - 299.080 370 n.d.Iran - 21 69.388 3.809 n.d.

Giordania - 8 54.515 503 n.d.Libano - 1 1.807 23 n.d.

Arabia Saudita - 8 66.672 1.609 73%Siria 4 1 n.d. n.d. n.d.

Emirati Arabi Uniti 16 - 552.135 7.000 35%Yemen - 1 n.d. n.d. 100%

Medio Orie

nte

Europa

Cipro 1 n.d. 5.864 1.080 n.d.Grecia 3 n.d. n.d. n.d. n.d.Irlanda 2 n.d. 132.728 1.010 40%Italia 4 n.d. n.d. n.d. n.d.Malta - 10 40.000 200 49%

Portogallo - 4 n.d. 5.139 n.d.Spagna 3 n.d. n.d. n.d. n.d.Turchia - 20 40.296 3.845 n.d.

Europa

Fonte: International Labour Organization, 2007

Tabella 3 – Impatto delle zone franche sull’export dei territori di localizzazione

Esportazioni manufatturiere da zone franche industriali d'esportazione (miliardi

di dollari)

Esportazioni delle zone in % del totale nazionale delle

esportazioni Mondo 177,7 8,3%Asia/Pacifico 84,5 11,0%Americhe 44 5,3%Europa orientale e centrale + Asia centrale 14 6,8%Medio Oriente + Nord Africa 28,7 16,7%Africa Sub-sahariana 2,4 19,5%

Fonte: Foreign Investment Advisory Services, 2007 Per quanto riguarda l’Italia in particolare, da quando la competenza in materia doganale è riservata in maniera esclusiva all’Unione Europea, per avere una nozione precisa di “zona franca” occorre far riferimento alle norme del Trattato CEE e alle fonti successive e derivate (in particolare, all’art. 166 del vigente Codice doganale comunitario - Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio) (Sciarelli et al., 1997). Secondo la normativa doganale comunitaria, nelle zone franche possono essere svolte attività di stoccaggio, lavorazione, trasformazione, vendita e/o acquisto di merci in regime doganale e fiscale agevolato, ma chiunque eserciti tali attività è obbligato a tenere una contabilità di magazzino nella forma approvata dall’autorità doganale e al fine di consentire a quest’ultima

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d’individuare le merci e di seguirne tutti gli spostamenti, ad eccezione del magazzinaggio di breve durata connesso al semplice trasbordo. Il Codice doganale comunitario prevede delle agevolazioni differenziate in funzione delle diverse ipotesi di flusso commerciale:

1) Paesi terzi – Zona franca – Paesi terzi (transito) 2) Paesi terzi – Zona franca – Unione Europea (importazione) 3) Unione Europea – Zona franca – Paesi terzi (esportazione)

L’ipotesi di transito rappresenta il flusso commerciale che gode di maggiori agevolazioni. Infatti, la merce non comunitaria in transito sul territorio doganale franco europeo non è soggetta a formalità e dazi doganali, IVA, garanzia cauzionale e limiti di tempo per la riesportazione. L’ipotesi d’importazione prevede invece delle agevolazioni solo di tipo “sospensivo”; infatti, la merce importata è soggetta a dazi all’importazione al momento dell’uscita dalla zona franca, IVA per destinazione oltre ad espletamento delle formalità doganali al momento della messa in libera pratica della merce. Infine, per l’ipotesi di esportazione è previsto che la merce sia soggetta a dazi all’esportazione ed espletamento delle formalità doganali nel momento in cui esce dalla zona franca. Di recente, in Italia, si è deciso di avviare la realizzazione di una zona franca nel porto di Gioia Tauro, mentre in Europa già da tempo sono presenti aree franche, ad esempio nei porti di Rotterdam e Barcellona, al fine di agevolare il traffico merci in transito, che può essere manipolato o meno per il successivo inoltro in distribuzione. A tali zone, caratterizzate da notevoli dimensioni, si connettono quindi funzionalmente strutture logistiche e distripark. 4. Aspetti territoriali, trasportistici e produttivi della zona orientale di Napoli L’area orientale di Napoli (figura 3), che include i quartieri San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli, Gianturco e Poggioreale, rappresenta la più vasta zona industriale della città e la più estesa area dismessa del Mezzogiorno. Si estende, infatti, su una superficie pari ad un quinto della superficie della città, per un totale di circa 200 mila abitanti. È inoltre un territorio cerniera con i paesi vesuviani ed è attualmente condizionata da caos materico e degrado ambientale.

Figura 3 – Gli ambiti territoriali principali di Napoli Est

Fonte: nostra rielaborazione da http://www.napoliest.it

Ex-ra

ffine

ria

Gianturco

Poggioreale,

Centro

direzionale

S.Giova

nni a

Teducc

io,

Serre

Pazzig

no,

Rione

Barones

sa e

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ismes

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Cirio -

Corradini

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Totale: circa 27 kmq

Napoli FS smistamento

Parco ferroviario di Napoli Centrale

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L’art. 4 della Legge n. 426/1998 (“Nuovi interventi in campo ambientale”) ha definito l’intera area come “sito di bonifica d’interesse nazionale in quanto sito ad alto rischio ambientale”. Tuttavia, la prossimità all’area portuale e la presenza dell’aeroporto di Capodichino, nonché di autostrade e ferrovie regionali e nazionali, rende “Napoli Est” un luogo di importanza strategica. Tra l’altro, a partire da dicembre 2005 – data di avvio dell’alta velocità sulla tratta ferroviaria Roma-Napoli – il ruolo dell’area orientale di Napoli nel sistema della logistica meridionale italiana ha assunto una valenza ulteriore. Qualsiasi considerazione sullo stato attuale e sulle prospettive future di Napoli Est non può però che partire dal disegno e dalle norme del vigente Piano Regolatore Generale (P.R.G.), che rispecchia l’attuale volontà dell’amministrazione comunale. In particolare, con la recente approvazione e messa in atto della Variante al P.R.G. per il centro storico, la zona orientale e quella nord-occidentale di Napoli (D.P.G.R. n. 323/2004), sembra essersi conclusa l’integrale revisione della pianificazione urbanistica generale della città e avviato, quindi, il definitivo superamento del precedente strumento di pianificazione del 1972 (Comune di Napoli - Dipartimento di urbanistica, 2004). La nuova disciplina urbanistica assume l’orientamento di riqualificare il territorio naturale e costruito mediante due azioni principali, fra loro coordinate:

a) la conservazione e valorizzazione delle parti più pregiate, le aree verdi e gli estesi tessuti storici della città;

b) la trasformazione e riqualificazione delle aree industriali dismesse dell’immensa periferia formatasi nel dopoguerra.

Per quanto riguarda la zona orientale, le Norme di attuazione della Variante al P.R.G. riguardano 6 Ambiti (Centro direzionale, Rione S. Alfonso, Gianturco, Ex-raffineria, Cirio-Corradini, serre Pazzigno), la cui disciplina rappresenta la base di ogni azione di attuazione o di modifica urbanistica che si volesse adottare. Più specificamente, è previsto che la riconversione verso un apparato produttivo più moderno e leggero si basi su una vera e propria riurbanizzazione del territorio e la definizione di un nuovo paesaggio. In tal senso, la Variante al P.R.G. affida la riqualificazione dell’area alla realizzazione di un grande parco a scala urbana e territoriale (su di una superficie di circa 350 ettari), nonché di insediamenti urbani integrati e per la produzione di beni e servizi. Tali sistemi sono stati ritenuti strettamente connessi e complementari, in coerenza con le attuali previsioni di sviluppo ed evoluzione dei mercati internazionali, che vedono la qualità ambientale come elemento determinante per la riuscita di operazioni di rilancio delle attività produttive, nonché come fattore trainante di per sé. La riqualificazione di Napoli Est richiede però due significativi presupposti:

1) la delocalizzazione dei residui impianti petrolchimici, in particolare i serbatoi di carburante e gli oleodotti, già in gran parte dimessi e che sottraggono spazio ad attività più qualificate, rappresentando anche un pericolo per gli insediamenti circostanti;

2) la riorganizzazione della rete stradale, privilegiando la formazione o il recupero di strade capaci di ricostituire fronti urbani tradizionali e di servire in maniera capillare il territorio attraversato, in luogo delle sopraelevate attualmente prevalenti, a cui è da attribuire addirittura parte della responsabilità nella decadenza dell’area.

Naturalmente, qualunque soluzione delocalizzativa postula la bonifica dell’area da parte degli attuali proprietari, mentre la premessa alla riorganizzazione della rete stradale risiede nel potenziamento della rete ferroviaria metropolitana, che consente di ridurre la quota di traffico attualmente gravante sul sistema della viabilità (Camerlingo, 2004; Giannì, 2004). L’area a prevalente destinazione produttiva di Napoli Est risulta attualmente delimitata a ovest dalla Stazione centrale, dal corso Arnaldo Lucci e dal fascio binari delle FS, a sud dalla via Marina e corso San Giovanni, a est dal raccordo autostradale, dalla via Alveo artificiale e corso Protopisani (Comune di Napoli - Dipartimento di urbanistica, 2004). Essa può inoltre essere a sua volta suddivisa in quattro sub-aree, tra cui quella denominata “Polo petrolifero” o “Ambito 13 – Ex-raffineria”, che si estende su una superficie totale di circa 420 ettari (figura 4), su 120 dei quali sono localizzate le principali aziende petrolchimiche (Q8, Esso, Italcost, IP, Shell, Agip) e sulla restante

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parte le grandi industrie meccaniche e di mezzi di trasporto (Fiat, Icmi, Ansaldo, Whirpool). Gli oleodotti da qui arrivano fino al porto passando per i silos che sono a sud. Sono presenti inoltre anche altri settori manifatturieri: industria alimentare, tessile e abbigliamento, legno, carta, plastica e varie, trasformazione di materiali ferrosi. Si tratta in pratica dell’ambito centrale di Napoli Est e rappresenta la sub-zona a più bassa presenza residenziale. Essa soffre ancora di alcune disfunzioni dal punto di vista delle infrastrutture (soprattutto immateriali), della compresenza di aziende attive e dismesse, nuovi centri commerciali e depositi container che utilizzano una viabilità non del tutto sufficiente e che soffre frequenti allagamenti per carenze fognarie.

Figura 4 – L’Ambito 13 Ex-raffineria Fonte: Comune di Napoli - Dipartimento di Urbanistica, 2004 Gli impianti dismessi raggiungono una consistenza in termini di superfici pari a 77 ettari, di cui 40 ettari sono rappresentati dall’area dismessa degli impianti chimici e di raffinazione della Q8 (la cosiddetta “Area Mobil”). Proprio su questi 40 ettari, già in passato si era ipotizzato di realizzare una zona franca (Sciarelli et al., 1997; Ingrosso et al., 1998), mentre più di recente è stata formulata un’ipotesi di realizzazione di un distripark in regime di zona franca (Forte e Siviero, 2005; Pica Ciamarra, 2005) (figura 5). Secondo le attuali norme del nuovo P.R.G., gran parte del terreno lasciato libero dalle raffinerie dovrebbe ospitare il parco di Napoli orientale, costeggiato da un nuovo ampio viale che congiungerà direttamente piazza Garibaldi, riconfigurata in corrispondenza del terminal dell’Alta Velocità, con Ponticelli, il più grande insediamento residenziale e che attualmente rappresenta quello collegato in maniera peggiore di tutta la periferia orientale. Intorno al parco dovrebbe essere poi disposta la nuova zona produttiva, caratterizzata da un tessuto integrato di industrie leggere e artigianato, terziario produttivo, residenze ed altri servizi (Comune di Napoli - Dipartimento di urbanistica, 2004).

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Figura 5 – Ipotesi di attivazione di un distripark in Campania

Fonte: Pica Ciamarra, 2005 5. L’ipotesi di realizzazione di una zona franca a Napoli dagli inizi del XX secolo ad oggi L’ipotesi di realizzazione di un’area franca a Napoli non è del tutto nuova. Infatti, come evidenziato in Ingrosso et al. (1998), già la Legge n. 351/1904, recante provvedimenti per il risorgimento economico della città, autorizzava il Governo a concedere che gli stabilimenti industriali di nuovo impianto fossero retti a “regime di deposito franco” e considerati quindi al di fuori della linea doganale. Purtroppo gli eventi bellici infierirono sullo sviluppo industriale e l’attenzione della classe politica fu presto sollecitata ad altri interventi legislativi. Successivamente, con la Legge n. 75/1952 e il decreto ministeriale di attuazione del 1954 fu istituito nel porto di Napoli un punto franco considerato fuori dalla linea doganale e la cui amministrazione fu affidata all’Ente Autonomo del Porto. L’indirizzo legislativo risultò però diverso da quello precedente; infatti, ferma restando l’assimilabilità alla condizione di extra-territorialità doganale, con tale punto franco si mirò ad agevolare il transito mercantile nel porto di Napoli e solo in via sussidiaria si volle favorire l’insediamento di imprese dedite alla manipolazione e trasformazione delle merci. Solo con la Legge n. 202/1991 venne ufficialmente autorizzata, nel rispetto dei regolamenti comunitari, la costituzione di una vera e propria zona franca nel porto di Napoli. Sebbene l’iniziativa legislativa venne subito apprezzata negli ambienti imprenditoriali e colta nella sua valenza di incentivo allo sviluppo dei traffici e delle attività portuali allora in crisi, essa non ebbe però un effettivo riscontro attuativo. La mancata attivazione di una zona franca a Napoli ha alimentato e tuttora alimenta un ampio dibattito in merito ai benefici produttivi ed occupazionali che la sua realizzazione potrebbe comportare. In linea generale, le ipotesi localizzative che sono state fino ad oggi prese in considerazione e valutate in maniera più o meno dettagliata sono le seguenti:

c) una zona franca ristretta alla sola area di Levante del porto (come previsto dalle leggi 75/52 e 202/91);

d) una zona franca intermedia, comprendente anche parte delle aree limitrofe alla cinta portuale;

e) una zona franca ampia, ulteriormente estesa ad alcuni comuni della zona orientale.

MARCIANISE

NOLA

DISTRIPARK

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La prima ipotesi sembra oramai già da tempo inadeguata per la mancanza di spazi sufficienti in porto, determinando quindi l’esigenza di individuare nuovi spazi possibilmente nelle aree limitrofe allo scalo marittimo e al mare. La scelta territoriale che è apparsa e tutt’oggi appare la più idonea è quella che privilegia l’utilizzazione di alcune aree della zona orientale della città. Anche l’ipotesi di realizzazione di una zona franca nell’area di Napoli Est non è quindi affatto nuova. Nel 1997 alcuni economisti partenopei valutarono diverse possibili ipotesi specifiche di localizzazione di una zona franca a Napoli ed individuarono quale soluzione più conveniente quella riguardante l’area “Mobil-Q8” collocata a nord dell’area industriale orientale, al confine con il fascio binari della Stazione Centrale di Napoli ed adiacente alla bretella di collegamento tra le autostrade Napoli-Roma, Napoli-Bari, Napoli-Salerno e tangenziale. Tale area presenta un ottimale collegamento con i principali sistemi di trasporto ferroviario, portuale, aereo e su gomma; inoltre, l’immediata vicinanza al parco ferroviario potrebbe consentire l’attivazione di un sistema di collegamenti di tipo nazionale ed internazionale (Sciarelli et al., 1997). Fu valutato in 752 miliardi di lire l’impegno economico necessario a realizzare, in un periodo di dieci anni, l’iniziativa di zona franca su un’area di circa 40 ettari. L’ammontare fu calcolato per un insieme di interventi, tra cui: espropri, infrastrutture viarie, sistemazione terreni/bonifiche, realizzazione capannoni, servizi comuni, etc. In particolare, fu previsto l’insediamento di 100-120 aziende prevalentemente manifatturiere (modello di “zona franca industriale”), per un totale di 5.000 - 6.000 addetti. Furono a tal proposito individuate due categorie di insediamenti produttivi:

1) “settori in crescita” (macchine per ufficio, materiale per forniture elettriche, componenti meccaniche per mezzi di trasporto, prodotti in gomma, prodotti alimentari).

2) “settori da rilanciare” (legno e mobilio, cuoio e calzature, chimica fine, lavorazione oggetti preziosi, macchine utensili).

A questi ultimi, lo studio successivo di Ingrosso et al. (1998) ha aggiunto un ulteriore settore di attività, il cui insediamento è stato giudicato come potenzialmente in grado di offrire un contributo significativo nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo e crescita del sistema economico della zona medesima e dell’area circostante. Il settore riguarda l’insieme delle aziende operanti negli imballaggi per i prodotti alimentari, il cui insediamento, secondo gli estensori dello studio, si concilierebbe tanto col carattere commerciale quanto con quello industriale della zona, potendo concorrere non solo al trattamento superficiale dei prodotti alimentari nazionali ed esteri teso all’ottenimento di più favorevoli condizioni di commercializzazione degli stessi, ma anche ad una fase di impiego di lavorazioni a carattere industriale. Tale settore potrebbe supportare trasversalmente differenti comparti produttivi caratterizzati, spesso, da un elevato ricorso alle attività di ricerca e all’impiego di tecnologie tra le più avanzate (cartone, materie plastiche, vetro, alluminio, etc.). In definitiva, l’introduzione di siffatta attività all’interno della zona franca consentirebbe il coinvolgimento di unità produttive ubicate nella fascia esterna adiacente alla zona stessa, favorendo anche, al di là degli scambi di import-export tra area franca e Paesi terzi, l’instaurarsi di rapporti virtuosi di interscambio commerciale tra zona agevolata e sistema economico dell’area circostante. In ogni caso, va considerato che nell’area in cui potrebbe insistere la zona franca e/o il distripark di Napoli si è già consolidata una concentrazione territoriale di piccole imprese, con accentuata specializzazione in diversi settori manifatturieri e che costituiscono di fatto una specie di “distretto”. Dall’esistente non si dovrebbe quindi assolutamente prescindere nell’ipotesi di concreta progettazione ed attivazione della zona franca, anche se la struttura economico-industriale attuale andrebbe sicuramente riconsiderata e riproposta in chiave nuova per contribuire alla nascita di ulteriori entità produttive, nonché per riconvertire le risorse verso altri settori, in particolare quello dei servizi logistici. 6. Valutazioni di accessibilità dell’area orientale di Napoli Vengono di seguito introdotti alcuni concetti di base riguardanti le analisi di accessibilità trasportistica e i sistemi informativi geografici per i trasporti (GIS-T). Sono inoltre descritti la

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metodologia di riferimento, i dati e gli strumenti utilizzati, nonché i risultati ottenuti nell’ambito di un’analisi di accessibilità attiva e passiva della zona orientale di Napoli rispetto ai sei nodi logistici campani di primo livello (porti, aeroporto ed interporti) e alle aree regionali di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica (coincidenti con singoli comuni campani). Tenendo conto delle caratteristiche trasportistiche dell’ambito oggetto di studio e del modello di offerta di trasporto geo-referenziato a disposizione, le valutazioni di accessibilità effettuate riguardano esclusivamente la modalità di trasporto stradale, che tra l’altro assorbe da sola la quasi totalità degli spostamenti interni e la gran parte degli spostamenti di scambio ed attraversamento riguardanti la Campania2. La rappresentazione degli spostamenti su strada può inoltre essere considerata come elemento propedeutico alla rappresentazione di modalità di trasporto alternative, in quanto il trasporto su gomma consente l’accesso e il deflusso ai/dai nodi ferroviari, marittimi ed aerei (ARPA-LOGICA, 2006). 6.1. Analisi di accessibilità e sistemi informativi geografici per i trasporti (GIS-T): aspetti introduttivi Mediante un’analisi di accessibilità è possibile valutare la struttura insediativa di un’area in relazione al sistema infrastrutturale e ai servizi di trasporto disponibili. Le analisi di accessibilità possono quindi essere supportate dall’utilizzo dei sistemi informativi geografici per i trasporti (GIS-T), che consentono di geo-referenziare dati ed utilizzare modelli di ottimizzazione e simulazione capaci di rappresentare le interazioni tra il territorio oggetto di studio e quelli ad esso circostanti, interazioni rese possibili dalle reti infrastrutturali relative ad una o più modalità di trasporto3. Le diverse definizioni di accessibilità presenti in letteratura, pur riferendosi ad aspetti differenti, pongono tutte l’attenzione sulla “facilità” o potenzialità di fruizione di un dato bene o servizio separato spazialmente (ARPA - LOGICA, 2006; Cascetta, 1998; Chindemi, 2003; Chindemi et al., 2005; Chindemi e Gattuso, 2002; Forte, 1994; Musso e Benacchio, 1999; Musso et al., 2007; Regione Campania - EAV, 2004; Rodrigue et al., 2006). In termini generali, l’accessibilità di un punto rappresenta la sua “distanza” rispetto ad un altro (“accessibilità relativa”) o ad un insieme di altri eventualmente costituito dall’intero sistema territoriale di riferimento (“accessibilità integrale”). È possibile inoltre distinguere due specifiche tipologie di misure di accessibilità:

1) Misure di accessibilità “descrittive”, che tengono esclusivamente conto delle caratteristiche dell’offerta di trasporto mediante una funzione d’impedenza più o meno complessa, dalla semplice distanza in linea d’aria ad una funzione che consideri particolari caratteristiche del sistema di trasporto, quali ad esempio il tempo totale di viaggio e/o il costo monetario di viaggio. Tali misure sono generalmente le più intuitive e semplici da calcolare, conducendo a risultati descrittivi di facile interpretazione.

2) Misure di accessibilità “interpretative”, che tengono conto anche di variabili riguardanti la struttura socio-economica del territorio, ad esempio tramite l’introduzione di pesi attrattivi delle attività localizzate. Tali misure sottintendono solitamente una teoria economica di localizzazione.

È possibile poi fare un’ulteriore distinzione tra “accessibilità attiva” e “accessibilità passiva”. Nel primo caso, è possibile parlare di misure di raggiungibilità di un punto nello spazio; nel secondo

2 Si vedano ad esempio i dati riportati nel lavoro di D’Agostino e Iannone (2004). 3 I sistemi informativi geografici (GIS) rappresentano ormai da qualche tempo un terreno di frontiera comune ad una pluralità di discipline scientifiche, di cui hanno spesso fertilizzato, con il proprio apparato concettuale, metodologico e soprattutto applicativo, i relativi paradigmi costitutivi (Maisto, 2007). Un interessante lavoro riguardante tematiche applicative generali da affrontare mediante l’ausilio dei GIS è quello di Birkin et al. (1996). Per quanto riguarda invece più specificamente la letteratura e la manualistica in materia di GIS-T, si segnalano i lavori di Black (2003), Bosetti et al. (2003), Caliper (2004), Hensher et al. (2004), Lang (1999), Miller e Shaw (2001), Rodrigue et al. (2006) e Thill (2000).

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caso, invece, si misura il grado di raggiungimento, a partire da una data località, di attività o servizi localizzati sul territorio circostante. Interessanti applicazioni sulle misure di accessibilità sono state proposte e periodicamente aggiornate da ISFORT, al fine di valutare il grado di infrastrutturazione dei Sistemi Locali del Lavoro così come identificati dall’ISTAT. Alcuni risultati sono ad esempio disponibili nel lavoro di Appetecchia et al. (2002). Considerando, quindi, lo stretto legame che il concetto di accessibilità ha con lo sviluppo economico e sociale di un territorio, l’accessibilità è divenuta sempre più oggetto di analisi specifiche, che si avvalgono tra l’altro di strumenti GIS. Sono stati prodotti, in particolare, numerosi studi sull’impatto di nuove infrastrutture su diverse aree geografiche, cosicché i problemi legati all’accessibilità ed alle reti di comunicazione delle regioni e delle aree commerciali hanno assunto un ruolo sempre maggiore nei processi di pianificazione territoriale (Scagnolari et al., 2005). Tipicamente, una rete è rappresentata sul GIS mediante un grafo, ovvero uno strumento di rappresentazione topologica dell’offerta infrastrutturale composto da nodi connessi tramite archi. A nodi ed archi è inoltre possibile associare uno più attributi esprimibili in forma numerica: capacità, distanza, tempo di percorrenza, costo, etc. L’insieme di tali attributi rappresenta la componente analitica del modello di offerta da utilizzare nelle applicazioni quantitative. 6.2. Metodologia generale, dati di base e strumenti utilizzati per le valutazioni di accessibilità dell’area orientale di Napoli Nell’ambito del presente lavoro, le valutazioni in merito all’area orientale di Napoli hanno riguardato:

1) l’accessibilità stradale attiva e passiva a flusso nullo rispetto ai sei nodi logistici regionali di primo livello (porto di Napoli, porto di Salerno, aeroporto di Capodichino, interporto di Nola, interporto di Marcianise, interporto di Battipaglia);

2) l’accessibilità stradale attiva e passiva a flusso nullo rispetto alle aree regionali di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica (coincidenti con singoli comuni campani).

Il primo tipo di valutazioni è indirettamente legato agli spostamenti extra-regionali, consentendo infatti di evidenziare la qualità delle connessioni di Napoli Est rispetto ai nodi logistici regionali in cui convergono e da cui si dipartono spostamenti da e verso l’esterno del confine regionale. Il secondo tipo di valutazioni, invece, riguarda gli spostamenti infra-regionali in senso più stretto da/verso Napoli Est, consentendo in particolare di evidenziare la qualità delle connessioni dell’area orientale di Napoli con i comuni campani in cui sono localizzate le imprese appartenenti ai seguenti macro-settori ISTAT (2004) 4 considerati:

- “Attività manifatturiere” (Codice ATECO D) - “Commercio all’ingrosso” (Codice ATECO 51) - “Trasporti e logistica” (Codice ATECO I, escluse le Comunicazioni).

La zonizzazione dell’area di studio è stata effettuata considerando i 6 nodi logistici regionali di primo livello e 549 poli economici coincidenti con i comuni campani, fatta eccezione per:

- il comune di Napoli (suddiviso in quattro zone, tra cui Napoli Est); - il comune di Salerno (suddiviso in due zone); - i sei comuni presenti sull’isola di Ischia (accomunati in un unico polo economico); - i due comuni presenti sull’isola di Capri (accomunati in un unico polo economico).

Complessivamente, il territorio regionale è stato suddiviso in 555 zone di traffico. Ciascuna zona è stata inoltre indicata con un codice che coincide di norma con il codice ISTAT del comune che quella zona rappresenta, in modo da poter agevolmente utilizzare, nell’ambito delle valutazioni di accessibilità, i dati del Censimento Industria e Servizi (ISTAT, 2004) corrispondenti al massimo 4 La disaggregazione in settori di attività economica proposta dall’ISTAT (2004) segue la classificazione “ATECO 2001”, che definisce nel complesso 1.297 settori di attività, che possono essere raggruppati a diversi livelli secondo un’aggregazione crescente, fino ai macro-settori di attività tradizionalmente indicati con lettere maiuscole progressive.

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livello di disaggregazione territoriale disponibile. Lo stesso tipo di zonizzazione è presente anche nei lavori di ARPA-LOGICA (2006) e Cascetta et al. (2005). Le tipologie di mezzi di trasporto su gomma considerate nell’ambito delle valutazioni effettuate in merito all’accessibilità stradale dell’area orientale di Napoli sono:

- veicoli merci medi (capacità di carico > 3,5 tonnellate e < 12 tonnellate); - veicoli merci pesanti (capacità di carico >12 tonnellate).

Gli indicatori utilizzati per le valutazioni di accessibilità si basano sulla specificazione di una funzione di impedenza “relativa”, ovvero definita in termini di tempo minimo o di costo monetario minimo di trasporto merci su gomma in conto terzi a flusso nullo per ciascuna delle due classi di veicoli sugli itinerari considerati5. Inoltre, alcuni di tali indicatori sono di tipo “interpretativo”, in quanto tengono anche conto - mediante degli opportuni pesi - dell’importanza di ciascun nodo logistico o delle interazioni tra sistema dei trasporti e sistema economico, potendo quindi costituire un utile strumento di supporto alla pianificazione del sistema economico-logistico regionale. Più specificamente, per le valutazioni di tipo “interpretativo” si è provveduto ad individuare come “peso” degli indicatori di accessibilità relativa in termini di costo complessivo di trasporto su gomma le quantità totali di merci movimentate dai nodi logistici regionali oppure il totale degli addetti per comune di ciascuno dei tre macro-settori ATECO, a seconda degli itinerari da/verso Napoli Est considerati. Si è così voluto misurare quanto sia facile o difficile dall’area orientale di Napoli raggiungere i nodi logistici campani di primo livello e i poli economici, attribuendo un maggior peso e quindi una maggiore accessibilità ai nodi e ai comuni più attrattivi, quelli cioè con rispettivamente una maggiore quantità di merce movimentata e un maggior numero di addetti nei macro-settori di attività economica considerati6. Per il calcolo degli indicatori di accessibilità relativa ed interpretativa si è utilizzato:

un modello di offerta di trasporto geo-referenziato con una componente topologica (grafo delle infrastrutture puntuali multimodali e delle infrastrutture lineari su gomma della Campania) ed un’altra analitica (data-base informativo riguardante le prestazioni in termini di velocità, tempi e costi del trasporto merci su gomma per le due classi di veicoli considerati);

un data-base informativo riguardante le quantità di merci movimentate da ciascun nodo logistico regionale di primo livello nell’anno 2005;

un data-base informativo geo-referenziato riguardante i dati ISTAT (2004) sul numero di addetti per settore di attività economica (classificazione ATECO 2001) in ciascun comune campano.

La componente topologica del modello di offerta utilizzato e i dati analitici di base riguardanti gli attributi di distanza chilometrica, pendenza, tempo di percorrenza, velocità, nonché i vettori dei tempi minimi di trasporto a flusso nullo per le due tipologie di veicoli merci (veicoli medi e pesanti) sugli itinerari stradali considerati e i dati di traffico merci dei nodi logistici regionali di primo livello, sono di fonte LOGICA7, mentre per il calcolo dei costi di trasporto si è fatto riferimento a funzioni matematiche e parametri di base (chilometrici e orari) riportati in letteratura o rilevati tramite indagine diretta, e si è utilizzato un algoritmo di ottimizzazione su rete (algoritmo di Dijkstra) mediante l’ausilio di un GIS-T. Inoltre, il GIS è stato utilizzato anche per ricavare delle mappe tematiche che evidenziassero con una diversa colorazione i diversi livelli di accessibilità oggetto di valutazione.

5 Itinerari Napoli Est - nodi logistici regionali di primo livello ed itinerari Napoli Est - comuni campani di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica. 6 Nelle valutazioni di accessibilità interpretative riguardanti gli itinerari Napoli Est - comuni campani di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica, si è deciso di privilegiare il numero di addetti per settore come peso da utilizzare, in quanto è ovvio che i comuni con più addetti hanno le imprese di maggiori dimensioni e richiedono quindi un maggiore quantitativo di merce e un maggior numero di spostamenti. 7 Agenzia Campana di Promozione della Logistica e del Trasporto Merci (www.logicampania.it).

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Mediante il lavoro svolto è stato possibile quindi procedere anche ad un aggiornamento e ad un ampliamento della componente analitica del modello di offerta a disposizione, che è stata arricchita con attributi di costo monetario. La metodologia e i dati utilizzati per le valutazioni di accessibilità in termini di costi monetari sono illustrati più dettagliatamente nella sezione successiva. Nella figura 6 è riportata una rappresentazione topologica aggregata su GIS del modello di offerta di trasporto su gomma della Campania mediante cui è stato possibile effettuare le valutazioni di accessibilità. Il grafo di riferimento è composto da 7.359 nodi e 8.135 archi tra assi autostradali, strade extra-urbane, provinciali e comunali, nonché assi principali di penetrazione urbana per le città capoluogo.

Figura 6 - Il modello topologico aggregato di offerta di trasporto su gomma della regione Campania

Fonte: nostra elaborazione su grafo LOGICA 6.3. Metodologia e dati impiegati per le valutazioni di accessibilità relativa ed interpretativa in termini di costo di trasporto Per quanto riguarda la valutazione del costo monetario complessivo di produzione del trasporto merci a flusso nullo lungo un percorso stradale e/o autostradale definito da un insieme I di archi, si è partiti dalla seguente relazione (Russo, 2005):

(1)

in cui Ci rappresenta il costo complessivo del generico arco i ed è dato da: (2)

Il costo dell’arco dovuto al consumo di carburante è dato da: (3)

con: Li = lunghezza dell’arco in km;

,I i I i I conducenteC C C∈= Σ +

, , ,i i carburante i vari i pedaggioC C C C= + +

,i carburante i E gasC L C C=

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CE = costo del gasolio in Euro al litro esente da IVA8; Cgas = consumo di gasolio in litri al chilometro9. Ci,vari è dato invece dalla somma dei costi non correlati agli attributi del livello di servizio del percorso utilizzato e che sono riassumibili in:

- costi tecnici di esercizio (lubrificante, pneumatici, manutenzione, tasse, assicurazione); - extra conducente (straordinari e trasferte); - ammortamento; - intermediazione.

Tali costi sono collegati alla vita utile del mezzo e/o alle sue percorrenze annuali e quindi non sono immediatamente riconducibili alle singole percorrenze di arco. In letteratura è ritenuta comunque valida la semplificazione di riportare i costi vari alle distanze unitarie. In tabella 4 si riportano i valori utilizzati per le valutazioni di accessibilità riguardanti le due tipologie di veicoli merci in conto terzi sugli itinerari considerati da/verso l’area orientale di Napoli.

Tabella 4 – Costi monetari vari per unità di distanza

Costi unitari “vari” per veicoli medi in conto terzi 0,42 euro/Km

Costi unitari “vari” per veicoli pesanti in conto terzi 0,56 euro/Km

Fonte: Russo, 2005 Si è deciso inoltre, almeno in via preliminare, di semplificare l’analisi, non considerando le differenze in termini di costi di carburante e costi vari derivanti dalla non uniformità del moto sulle diverse tipologie di archi. Ci,pedaggio rappresenta il costo monetario di pedaggio relativo alle autostrade a pagamento. Per i costi di pedaggio fissi tale voce di spesa è stata inserita direttamente come attributo negli archi di barriera del grafo, in particolare per quanto riguarda la tangenziale di Napoli (0,7 euro) e l’autostrada Napoli-Salerno (1,5 euro). Per gli altri tratti di percorrenza autostradale a pagamento, invece, il costo di pedaggio per ciascuna delle due tipologie di veicoli stradali considerati è stato calcolato come prodotto della lunghezza chilometrica dell’arco per il costo specifico unitario per chilometro. A tal proposito, sono stati utilizzati i valori unitari riportati in tabella 5, stimati a partire da dati forniti dalle concessionarie. Naturalmente, per le altre tipologie di archi stradali (strade extra-urbane ed urbane) il costo monetario di pedaggio è pari a zero.

Tabella 5 – Costi monetari di pedaggio per autostrade a pagamento

Tipologia di veicolo

Autostrade di pianura (euro/km)

Autostrade di montagna (euro/km)

Medi 0,0529 0,0631 Pesanti 0,1233 0,1468

Fonte: indagine diretta 8 Pari a circa 0,93 euro/litro, IVA esclusa (Ministero dei Trasporti, Comitato Centrale per l’Albo degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, 2006). L’IVA può essere considerata come partita di giro. 9 La funzione di consumo di gasolio utilizzata è la seguente (CNR, 1983; Russo, 2005): Cgas = (Vi - 70)2/5700+m(1+0.58p) (4) con: Vi = velocità lungo l’arco i m = consumo minimo unitario; per le tre categorie di veicoli merci definite in precedenza, leggeri, medi e pesanti, è stato assunto rispettivamente i valori di 0,159, 0,220 e 0,316 (litri/km); p = pendenza, espressa in centesimi di unità.

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Infine, il costo CI,conducente è stato ottenuto in funzione del tempo di percorrenza di ciascuna delle due tipologie di veicoli sugli itinerari stradali considerati. Tale costo può quindi essere espresso come: CI,conducente = Tc,m Ca (5) Come già indicato nella sezione precedente, i vettori dei valori Tc,m (tempi minimi di trasporto a flusso nullo sugli itinerari stradali considerati da/verso Napoli Est per ciascuna tipologia di veicolo) è stata fornita da LOGICA, mentre per Ca (costo orario di guida del conducente) si è assunto un valore pari a 19 euro/ora (Russo, 2005). In definitiva, considerando la funzione di costo monetario complessivo di trasporto rappresentata dalla (1) e al fine di valutare l’accessibilità relativa ed interpretativa in termini di costo di trasporto sugli itinerari stradali da/verso Napoli Est, si è provveduto:

1) a calcolare tramite il GIS-T i cammini minimi in termini di costo monetario ottenuto dalla somma dei costi di carburante, costi vari e costi di pedaggio per gli archi componenti ciascun percorso (attivo e passivo) “Napoli Est - nodo logistico regionale di primo livello” e “Napoli Est - comune campano” per ciascuna delle tipologie di mezzi di trasporto su gomma considerati (multiple shortest path);

2) a calcolare il costo autista “ottimizzato”, moltiplicando cioè il costo orario di guida per il tempo minimo a flusso nullo di ciascun percorso (attivo e passivo) “Napoli Est - nodo logistico regionale di primo livello” e “Napoli Est - comune campano” per ciascuna delle tipologie di mezzi di trasporto su gomma considerati;

3) a sommare il costo autista “ottimizzato” e il costo monetario mimimo calcolato come indicato al punto 1) per gli archi componenti ciascun percorso da/verso Napoli Est, ottenendo in questo modo i costi monetari complessivi di trasporto minimi o “ottimizzati” a flusso nullo su ciascun percorso stradale (CI), quali indicatori di accessibilità relativa attiva e passiva;

4) a pesare gli indicatori di accessibilità relativa attiva e passiva del punto precedente sulle quantità di merci movimentate dai nodi logistici regionali di primo livello o sul numero totale di addetti per comune di ciascuno dei tre macro-settori ATECO di riferimento, a seconda degli itinerari considerati.

Il GIS-T impiegato per il calcolo dei cammini minimi utilizza l’algoritmo di Dijkstra. Tale procedura risolutiva deve il suo nome all’informatico Edsger Dijkstra e consente di calcolare i cammini minimi (o “shortest path”) in un grafo orientato con attributi non negativi sugli archi (distanze, tempi, costi). In particolare, l’algoritmo può essere utilizzato parzialmente per trovare il cammino minimo che unisce due nodi di un grafo, oppure totalmente per trovare quelli che uniscono un nodo d’origine a tutti gli altri nodi o più volte per trovare tutti i cammini minimi da ogni nodo ad ogni altro nodo. La formulazione matematica di tale algoritmo è riportata in diversi contributi scientifici dedicati ad applicazioni a problemi di rete riguardanti i trasporti e la logistica dei passeggeri e/o delle merci. Un utile riferimento bibliografico di partenza può essere, ad esempio, il lavoro di Di Gangi e Postorino (2005). In ogni caso, tramite particolari GIS-T, l’algoritmo di Dijkstra può essere applicato molto facilmente e in tempi brevi. 6.4. Principali risultati delle valutazioni di accessibilità effettuate Riassumendo quanto finora esposto, gli indicatori utilizzati per le valutazioni di accessibilità dell’area orientale di Napoli sono i seguenti:

Indicatori di accessibilità relativa attiva e passiva in termini di tempi minimi di trasporto a flusso nullo per le due classi di veicoli stradali merci considerati (veicoli medi e veicoli pesanti) sugli itinerari Napoli Est - nodi logistici regionali di primo livello e sugli itinerari Napoli Est - comuni campani di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica (indicatori forniti da LOGICA).

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Indicatori di accessibilità relativa in termini di costi complessivi minimi di trasporto a flusso nullo per le due classi di veicoli stradali merci considerati (veicoli medi e veicoli pesanti) sugli itinerari Napoli Est - nodi logistici regionali di primo livello e sugli itinerari Napoli Est - comuni campani di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica (indicatori calcolati integrando ed ampliando la componente analitica del grafo a disposizione ed utilizzando l’algoritmo di Dijkstra mediante il GIS-T).

Indicatori di accessibilità interpretativa, dove, oltre ai tempi e ai costi di trasporto sugli itinerari analizzati per ciascuna delle classi di veicoli stradali merci (veicoli medi e veicoli pesanti), sono stati anche considerati, a seconda degli itinerari, le tonnellate di merce movimentate da ciascun nodo logistico regionale di primo livello o il numero di addetti di ciascuno dei tre macro-settori considerati e presenti nei vari comuni campani (indicatori calcolati a partire dagli indicatori di accessibilità relativa dei punti precedenti, dai dati di traffico dei nodi logistici campani all’anno 2005 e dai dati dell’ultimo Censimento Industria e Servizi dell’ISTAT).

In particolare, considerando gli indicatori di accessibilità relativa in base al tempo o al costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo, i nodi logistici di primo livello e i poli economici più accessibili risultano caratterizzati dai più bassi valori di tali indicatori. Considerando, invece, gli indicatori di accessibilità interpretativa in base al costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo pesato - a seconda degli itinerari considerati - sulle tonnellate di merce movimentate nell’anno 2005 da ciascun nodo logistico regionale di primo livello o sul numero di unità locali di ciascuno dei tre macro-settori ATECO considerati nei vari comuni campani, i nodi logistici di primo livello e i poli economici più attrattivi ed accessibili risultano caratterizzati dai più alti valori di tali indicatori. Inoltre, tra gli indicatori “interpretativi” di accessibilità sugli itinerari Napoli Est - comuni campani, è stato anche calcolato il costo totale minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto di ciascuno dei tre macro-settori di attività economica considerati. In quest’ultimo caso, i poli economici più attrattivi ed accessibili risultano caratterizzati dai più bassi valori di tale indicatore. Dopo aver calcolato gli indicatori di cui sopra, in un secondo momento si è deciso di misurare l’accessibilità basandosi su una media dei risultati ottenuti ed elaborando anche delle mappe tematiche che evidenziassero con una diversa colorazione i diversi livelli di accessibilità oggetto di valutazione. I risultati del calcolo degli indicatori di accessibilità relativa ed interpretativa di Napoli Est rispetto ai nodi logistici campani di primo livello e la graduatoria di tali nodi rispetto alle rispettive suddette misure sono riportati nella tabella 6 e nelle figure 7-9. Come si può osservare, nel caso di indicatori di accessibilità relativa in termini di tempi e costi complessivi minimi di trasporto merci su gomma a flusso nullo, l’aeroporto di Capodichino e il porto di Napoli risultano i nodi più accessibili, mentre l’interporto di Battipaglia e il porto di Salerno risultano i nodi meno accessibili. Nel caso invece dell’indicatore di accessibilità interpretativa in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo “pesato” sulle tonnellate di merce movimentate nell’anno 2005 da ciascun nodo logistico, l’aeroporto di Capodichino risulta quello meno accessibile, mentre i nodi più accessibili sono Napoli e Salerno. In quest’ultima graduatoria l’interporto di Battipaglia non ha rilevanza, in quanto al momento è ancora in fase di realizzazione e quindi non attivo. Infine, gli interporti di Nola e Marcianise, indipendentemente dalla misura utilizzata per la valutazione, ricoprono rispettivamente il terzo e il quarto posto tra i nodi logistici campani.

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Tabella 6 – Valutazioni di accessibilità stradale merci media (attiva/passiva) di Napoli Est rispetto ai nodi logistici campani di primo livello (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Nodi logistici regionali di primo livello

Tempo minimo di trasporto merci su

gomma a flusso nullo da/vs. Napoli

Est espresso in minuti (media

veicoli medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di

trasporto merci su gomma a flusso

nullo da/vs. Napoli Est espresso in

euro (media veicoli medi/veicoli

pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est pesato

sulla movimentazione di

merce (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Tonnellate di merce

movimentata nel 2005

Peso della movimentazione di ciascun nodo

sulla movimentazione totale dei nodi

Porto di Napoli 36,1 21,3 13,040 21.009.231 61,21%Porto di Salerno 63,5 32,4 7,747 8.195.107 23,87%Aeroporto di Capodichino 29,4 20,7 0,005 7.608 0,02%Interporto di Nola 45,5 38,7 4,441 3.942.352 11,49%Interporto di Marcianise 51,5 42,5 1,450 1.171.450 3,41%Interporto di Battipaglia 84,6 53,1 0,000 - -

Figura 7 – Valutazioni di accessibilità relativa media (attiva/passiva) in termini di tempo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est - nodo

logistico regionale di primo livello (media veicoli medi/veicoli pesanti)

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Figura 8 – Valutazioni di accessibilità relativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli

Est - nodo logistico regionale di primo livello (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Figura 9 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est - nodo logistico regionale di primo livello pesato sulle tonnellate di merci movimentate

nell’anno 2005 da ciascun nodo (media veicoli medi/veicoli pesanti)

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Per quanto riguarda invece le valutazioni di accessibilità relativa, sia in termini di tempi che di costi complessivi minimi di trasporto merci su gomma a flusso nullo sugli itinerari Napoli Est - comuni campani di localizzazione di attività manifatturiere, di commercio all’ingrosso e di trasporti e/o logistica, si è ritenuto sufficiente riportare di seguito solamente i risultati relativi ai comuni di localizzazione delle attività manifatturiere (tabb. 7-8 e figg. 10-11), in quanto tali attività, a differenza di quelle relative agli altri due macro-settori ATECO considerati, sono presenti in quasi tutti i comuni del territorio regionale10. Dall’analisi svolta è emerso che i comuni di San Giorgio a Cremano e Portici, in provincia di Napoli, rappresentano i poli economici più accessibili rispetto a Napoli Est sia in termini di tempi, che in termini di costi di trasporto (tabb. 7-8). I comuni di Camerota e Tortorella, in provincia di Salerno, risultano invece i meno accessibili in termini di tempo di trasporto (tab. 7), mentre in termini di costo complessivo di trasporto i comuni meno accessibili rispetto a Napoli Est sono quelli di Tortorella e Torraca, sempre in provincia di Salerno (tab. 8). In generale, in termini di tempo di trasporto rispetto a Napoli Est, l’82% dei primi 50 comuni più accessibili appartiene alla provincia di Caserta e il 18% alla provincia di Napoli; per quanto riguarda invece i primi 50 comuni meno accessibili secondo tale indicatore, il 96% appartiene alla provincia di Salerno e il 4% alla provincia di Avellino (cfr. fig. 10). Inoltre, in termini di costo complessivo di trasporto rispetto a Napoli Est, l’88% dei primi 50 comuni più accessibili appartiene alla provincia di Napoli, l’8% alla provincia di Caserta e il 4% alla provincia di Salerno; per quanto riguarda invece i primi 50 comuni meno accessibili secondo quest’ultimo indicatore, il 60% appartiene alla provincia di Salerno, il 16% alla provincia di Benevento, il 12% alla provincia di Napoli e il 12% alla provincia di Avellino (cfr. fig. 11).

Tabella 7 - Valutazioni di accessibilità relativa media (attiva/passiva) in termini di tempo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune

campano di localizzazione di attività manifatturiere (media veicoli medi/veicoli pesanti) – i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

Tempo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est espresso in minuti

(media veicoli medi/veicoli pesanti)

San Giorgio a Cremano (NA) 24,6 Portici (NA) 25,9 Cercola (NA) 26,2

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Camerota (SA) 233,9 Tortorella (SA) 214,8 Roccagloriosa (SA) 210,7

10 Tali indicatori di accessibilità non sono infatti di tipo “interpretativo” e quindi i relativi valori sono “indipendenti” rispetto al macro-settore considerato.

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Figura 10 – Valutazioni di accessibilità relativa media (attiva/passiva) in termini di tempo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune

campano di localizzazione di attività manifatturiere (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Tabella 8 - Valutazioni di accessibilità relativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività manifatturiere (media veicoli medi/veicoli

pesanti) – i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est (€) (media veicoli medi/veicoli pesanti)

San Giorgio a Cremano (NA) 14,9 Portici (NA) 15,8 Cercola (NA) 19,2

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Tortorella (SA) 189,7 Torraca (SA 184,3 Casaletto Spartano (SA) 183,5

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Figura 11 – Valutazioni di accessibilità relativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli

Est – comune campano di localizzazione di attività manifatturiere (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Per quanto riguarda le valutazioni di accessibilità interpretativa di Napoli Est rispetto ai comuni campani sia in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo pesato sul numero degli addetti di ciascuno dei tre macro-settori ATECO considerati, sia in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto di ciascuno dei macro-settori, si iniziano a riportare nelle tabelle 9-10 e nelle figure 12-13 i risultati relativi ai comuni di localizzazione delle attività manifatturiere. Dalle valutazioni effettuate, è emerso che i comuni più accessibili in termini di costo complessivo di trasporto pesato sul numero degli addetti sono, nell’ordine, Napoli, Pomigliano d’Arco e Marcianise, mentre quelli meno accessibili sono Formicola, Sant’Angelo a Scala e Castiglione del Genovesi (tab. 9). In generale, il 30% dei primi 50 comuni più accessibili rispetto a Napoli Est in termini di costo complessivo di trasporto su gomma pesato sul numero degli addetti del macro-settore “Attività manifatturiere” appartiene alla provincia di Napoli, il 30% alla provincia di Salerno, il 18% alla provincia di Caserta, il 18% alla provincia di Avellino e il 4% alla provincia di Benevento. Invece, il 40% dei primi 50 comuni meno accessibili rispetto a Napoli Est in termini di costo complessivo di trasporto su gomma pesato sul numero degli addetti alle attività manifatturiere appartiene alla provincia di Salerno, il 24% alla provincia di Avellino, il 22% alla provincia di Caserta, il 10% alla provincia di Benevento e il 4% alla provincia di Napoli (cfr. fig. 12). Inoltre, i comuni più accessibili in termini di costo complessivo di trasporto su gomma per addetto manifatturiero sono, nell’ordine, Napoli, Pomigliano d’Arco e Arzano, mentre quelli meno accessibili sono Valle Dell’Angelo, Gallo Matese e Pietraroja (tab. 10). In generale, il 58% dei primi 50 comuni più accessibili rispetto a Napoli Est in termini di costo complessivo di trasporto su gomma per addetto manifatturiero appartiene alla provincia di Napoli, il 20% alla provincia di Salerno, il 16% alla provincia di Caserta, il 4% alla provincia di Avellino e il 2% alla provincia di Benevento. Invece, il 58% dei primi 50 comuni meno accessibili appartiene alla provincia di Salerno, il 20% alla provincia di Caserta, il 16% alla provincia di Avellino ed il 6% alla provincia di Benevento (cfr. fig. 13).

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Tabella 9 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario

Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività manifatturiere pesato sul numero degli addetti del macro-settore “Attività manifatturiere” (media veicoli medi/veicoli pesanti)

– i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

N° di addetti manifatturieri

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est (€) (media veicoli

medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est pesato sul numero di addetti

manifatturieri (media veicoli medi/veicoli

pesanti)

Napoli (NA) 27.771 42,3 5,2 Pomigliano d'Arco (NA) 11.523 27,3 1,4 Marcianise (CE) 6.818 45,9 1,4

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Formicola (CE) 1 72,7 0,0003 Sant'Angelo a Scala (AV) 1 73,4 0,0003 Castiglione del Genovesi (SA) 2 50,5 0,0004

Figura 12 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario

Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività manifatturiere pesato sul numero degli addetti del macro-settore “Attività manifatturiere” (media veicoli medi/veicoli pesanti)

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Tabella 10 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto

manifatturiero su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività manifatturiere (media veicoli medi/veicoli pesanti) – i primi tre comuni più accessibili e meno

accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

N° di addetti manifatturieri

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est (€) (media veicoli

medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su

gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est per addetto

manifatturiero (€/addetto) (media veicoli medi/veicoli

pesanti)

Napoli (NA) 27.771 42,3 0,002 Pomigliano d'Arco (NA) 11.523 27,3 0,002 Arzano (NA) 5.424 27,5 0,005

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Valle dell'Angelo (SA) 1 145,6 145,6 Gallo Matese (CE) 1 116,5 116,5 Pietraroja (BN) 1 116,3 116,3

Figura 13 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto

manifatturiero su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività manifatturiere (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Per quanto riguarda invece le valutazioni di accessibilità interpretativa di Napoli Est rispetto ai comuni campani di localizzazione delle attività di commercio all’ingrosso, i principali risultati sono riportati nelle tabelle 11-12 e nelle figure 14-15. Dalle valutazioni effettuate, è emerso che i comuni più accessibili in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo

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pesato sul numero degli addetti sono, nell’ordine, Napoli, Nola e Salerno, mentre quelli meno accessibili sono Taurano, Atrani e Summonte (tab. 11). In generale, il 48% dei primi 50 comuni più accessibili rispetto a Napoli Est secondo tale indicatore appartiene alla provincia di Napoli, il 24% alla provincia di Salerno, il 14% alla provincia di Avellino, il 12% alla provincia di Caserta e il 2% alla provincia di Benevento. Invece, il 42% dei primi 50 comuni meno accessibili rispetto a Napoli Est appartiene alla provincia di Salerno, il 28% alla provincia di Avellino, il 14% alla provincia di Caserta, il 10% alla provincia di Benevento e il 6% alla provincia di Napoli (cfr. fig. 14). Inoltre, i comuni più accessibili in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto del macro-settore “Commercio all’ingrosso” sono, nell’ordine, Napoli, Salerno e Nola, mentre quelli meno accessibili sono Morigerati, Rofrano e Laureto, questi ultimi tutti localizzati in provincia di Salerno (tab. 12). In generale, il 72% dei primi 50 comuni più accessibili rispetto a Napoli Est secondo tale indicatore appartiene alla provincia di Napoli, il 16% alla provincia di Salerno, il 6% alla provincia di Caserta, il 4% alla provincia di Avellino e il 2% alla provincia di Benevento. Invece, il 48% dei primi 50 comuni meno accessibili rispetto a Napoli Est appartiene alla provincia di Salerno, il 28% alla provincia di Avellino, il 12% alla provincia di Benevento ed il 12% alla provincia di Caserta (cfr. fig. 15).

Tabella 11 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di commercio all’ingrosso pesato

sul numero degli addetti del macro-settore “Commercio all’ingrosso” (media veicoli medi/veicoli pesanti) – i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

N° di addetti del macro-

settore "Commercio all'ingrosso"

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est (€) (media veicoli

medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est pesato sul numero di addetti

del macro-settore "Commercio

all'ingrosso"(media veicoli medi/veicoli pesanti)

Napoli (NA) 15.394 42,3 10,7 Nola (NA) 2.776 39,9 1,8 Salerno (SA) 2.332 32,0 1,2

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Taurano (AV) 1 54,7 0,0009 Atrani (SA) 1 61,7 0,0010 Summonte (AV) 1 69,9 0,0011

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Figura 14 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di commercio all’ingrosso pesato

sul numero degli addetti del macro-settore “Commercio all’ingrosso” (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Tabella 12 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto del macro-

settore “Commercio all’ingrosso” su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di commercio all’ingrosso (media veicoli medi/veicoli pesanti) –

i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

N° di addetti del macro-

settore "Commercio all'ingrosso"

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est (€) (media veicoli

medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli

per addetto del macro-settore "Commercio

all'ingrosso" Est (€/addetto; media veicoli medi/veicoli

pesanti) Napoli (NA) 15.394 42,3 0,003 Salerno (SA) 2.332 32,0 0,014 Nola (NA) 2.776 39,9 0,014

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Morigerati (SA) 1 165,1 165,1 Rofrano (SA) 1 163,4 163,4 Laurito (SA) 1 154,9 154,9

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Figura 15 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto del macro-

settore “Commercio all’ingrosso” su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di commercio all’ingrosso (media veicoli medi/veicoli pesanti)

Per quanto riguarda infine le valutazioni di accessibilità interpretativa di Napoli Est rispetto ai comuni campani di localizzazione delle attività di trasporti e/o logistica, i principali risultati sono riportati nelle tabelle 13-14 e nelle figure 16-17. Dalle valutazioni effettuate, è emerso che i comuni più accessibili in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo pesato sul numero degli addetti sono, nell’ordine, Napoli, Salerno e Pomigliano d’Arco, mentre quelli meno accessibili sono Liveri, Marzano di Nola e Arpaia (tab. 13). In generale, il 36% dei primi 50 comuni più accessibili rispetto a Napoli Est in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo pesato sul numero degli addetti del macro-settore “Trasporti e logistica” appartiene alla provincia di Salerno, il 28% alla provincia di Napoli, il 18% alla provincia di Avellino, il 10% alla provincia di Caserta e il 8% alla provincia di Benevento. Invece, il 38% dei primi 50 comuni meno accessibili rispetto a Napoli Est secondo tale indicatore appartiene alla provincia di Avellino, il 22% alla provincia di Caserta, il 20% alla provincia di Salerno, il 18% alla provincia di Benevento e il 2% alla provincia di Napoli (cfr. fig. 16). Inoltre, i comuni più accessibili in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto del macro-settore “Trasporti e logistica” sono, nell’ordine, Napoli, Pomigliano d’Arco e Salerno, mentre quelli meno accessibili sono Tortorella, Torraca e Monteverde (tab. 14). In generale, il 54% dei primi 50 comuni più accessibili rispetto a Napoli Est in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto ad attività di trasporti e/o logistica appartiene alla provincia di Napoli, il 26% alla provincia di Salerno, il 14% alla provincia di Caserta e il 6% alla provincia di Avellino. Invece, il 42% dei primi 50 comuni meno accessibili rispetto a Napoli Est secondo tale indicatore appartiene alla provincia di Salerno, il 26% alla provincia di Avellino, il 16% alla provincia di Caserta ed il 16% alla provincia di Benevento (cfr. fig. 17).

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Tabella 13 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di trasporti e logistica pesato sul numero degli addetti del macro-settore “Trasporti e logistica” (media veicoli medi/veicoli

pesanti) – i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

N° di addetti del macro-

settore "Trasporti e

logistica"

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est (€) (media veicoli

medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est pesato sul numero di addetti del macro-settore "Trasporti

e logistica"(media veicoli medi/veicoli pesanti)

Napoli (NA) 5.813 42,3 6,8 Salerno (SA) 1.642 32,0 1,5 Pomigliano d'Arco (NA) 1.432 27,3 1,1

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Liveri (NA) 1 44,6 0,0012 Marzano di Nola (AV) 1 46,9 0,0013 Arpaia (BN) 1 56,7 0,0016

Figura 16 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di trasporti e logistica pesato sul

numero degli addetti del macro-settore “Trasporti e logistica” (media veicoli medi/veicoli pesanti)

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Tabella 14 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto del macro-

settore “Trasporti e logistica” su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di trasporti e logistica (media veicoli medi/veicoli pesanti) –

i primi tre comuni più accessibili e meno accessibili

Primi tre comuni più accessibili rispetto a

Napoli Est

N° di addetti del macro-

settore "Trasporti e

logistica"

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs.

Napoli Est (€) (media veicoli

medi/veicoli pesanti)

Costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo da/vs. Napoli Est per addetto del macro-

settore "Trasporti e logistica" (€/addetto)

(media veicoli medi/veicoli pesanti)

Napoli (NA) 5.813 42,3 0,007 Pomigliano d'Arco (NA) 1.432 27,3 0,019 Salerno (SA) 1.642 32,0 0,020

Primi tre comuni meno accessibili rispetto a

Napoli Est

Tortorella (SA) 1 189,7 189,7 Torraca (SA) 1 184,3 184,3 Monteverde (AV) 1 151,5 151,5

Figura 17 – Valutazioni di accessibilità interpretativa media (attiva/passiva) in termini di costo complessivo minimo di trasporto merci su gomma a flusso nullo per addetto del macro-

settore “Trasporti e logistica” su ciascun itinerario Napoli Est – comune campano di localizzazione di attività di trasporti e logistica (media veicoli medi/veicoli pesanti)

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7. Conclusioni Uno dei criteri di valutazione delle misure di accessibilità è quello dei valori comparativi (ad es. il rapporto tra le accessibilità calcolate rispetto a due zone differenti), utilizzati per confronti relativi più significativi rispetto a quelli assoluti e maggiormente in grado di supportare i processi di pianificazione territoriale, della mobilità e del sistema logistico e produttivo. Una delle future attività ricerca potrebbe quindi avere ad oggetto il confronto degli indicatori di accessibilità riguardanti l’area orientale di Napoli con indicatori riguardanti anche altre aree regionali potenzialmente destinabili alla localizzazione di una zona franca da attivare in Campania. Al fine di creare le condizioni di base per un’eventuale localizzazione ed avviamento di attività logistiche di tipo innovativo nell’area orientale di Napoli, occorrerebbe un ripensamento parziale della recente manovra urbanistica, prevedendo, ad esempio, una sorta di “Variante logistica” al P.R.G. Secondo un recente studio dell’Unione Industriali Napoli (2006), la spinta sulle aree retroportuali degli incrementi di traffico marittimi registrati e previsti stimolano una rivalutazione economica e funzionale dello sviluppo di Napoli Est, che dovrebbe basarsi sempre più sulla progressiva integrazione tra i vettori di trasporto esistenti, la riqualificazione e la razionalizzazione di alcune aree e della viabilità del sedime portuale, l’ampliamento di alcuni moli ed il potenziamento dei collegamenti ferroviari, nell’ottica di un forte sviluppo di attività ad elevato valore aggiunto per quanto riguarda la manipolazione delle merci, nonché di collegamenti intermodali verso l’area interportuale napoletano-casertana e verso l’area nord acerrano-pomiglianese, secondo una visione sovra-comunale. A tal proposito, occorrerebbe quindi definire in modo concertato tra pubblico e privato le procedure tecniche ed amministrative per la progettazione e realizzazione degli interventi di riqualificazione in senso logistico dell’area orientale di Napoli, dando forte impulso al ripristino ambientale e allo stesso tempo avviando incisive azioni di marketing territoriale continuate nel tempo e basate sulla dimostrazione a potenziali investitori delle convenienze di insediamento nell’area. Si tratta cioè di individuare le migliori condizioni possibili per rendere il territorio regionale non soltanto mero mercato di consumo, ma piuttosto anche snodo di traffici ad alto valore aggiunto da/verso le principali aree geo-economiche mondiali. In pratica, un sistema integrato di risorse e funzioni locali ed extra-locali strettamente correlate ai bisogni delle moderne filiere di approvvigionamento e di distribuzione delle merci che sempre più si dispiegano attraverso le reti internazionali di trasporto. Riconoscimenti Il lavoro è frutto di attività di ricerca comune degli autori. Tuttavia, la sezione 1 è attribuibile al prof. Ennio Forte; le sezioni 2, 3, 6 e 7 sono attribuibili al dott. Fedele Iannone; le sezioni 4 e 5 sono attribuibili al dott. Luca Maisto. L’analisi tramite il GIS-T e l’elaborazione delle mappe tematiche sono state effettuate congiuntamente da Fedele Iannone e Luca Maisto. Infine, pur restando gli autori unicamente responsabili di eventuali errori od omissioni, si ringrazia il dott. ing. Vittorio Marzano per i suggerimenti forniti in merito al modello di offerta geo-referenziato impiegato per le valutazioni di accessibilità. Riferimenti bibliografici Appetecchia A., Chindemi A., Pieralice E. (2002), L’accessibilità infrastrutturale dei Sistemi Locali del Lavoro, ISFORT, Roma. ARPA - LOGICA (2006), Implementazione di un modello di offerta su supporto informativo georeferenziato per il calcolo delle prestazioni del sistema di trasporto merci della Regione Campania, Napoli. Birkin M., Clarke G., Clarke M., Wilson A. G. (1996), Intelligent GIS. Location Decisions and Strategic Planning, GeoInformation International, Cambridge. Black W. (2003), Transportation. A Geographical Analysis, The Guilford Press, New York.

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