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Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Milano 1
revisione 2008 linee guida ipertensione 1
AZIENDA SANITARIA LOCALE PROVINCIA DI MILANO N° 1 DIPARTIMENTO DI CURE PRIMARIE U.O.C. ASSISTENZA SPECIALISTICA
LLLIIINNNEEEEEE GGGUUUIIIDDDAAA PPPEEERRR IIILLL TTTRRRAAATTTTTTAAAMMMEEENNNTTTOOO DDDEEELLLLLLAAA
IIIPPPEEERRRTTTEEENNNSSSIIIOOONNNEEE AAARRRTTTEEERRRIIIOOOSSSAAA
RREEVVIISSIIOONNEE AAGGOOSSTTOO 22000088
Dr.ssa Daniela MALNIS Direttore U.O.C. Assistenza Specialistica ASL MI 1 Dr.ssa Sarah CATTANEO Direttore f.f. U.O.C Assistenza Farmaceutica ASL MI 1
Dr.ssa Fiorinda BOTTINI Medico di Medicina Generale ASL MI 1 Dr. Stefano ONGARO Medico di Medicina Generale ASL MI 1
Dr.ssa Gaetana PALUMBO Dirigente Medico U.O. M edicina Ospedale Legnano Dr. Pietro Biagio CORIGLIANO Dirigente Medico U.O. Medicina Ospedale Abbiategrasso
Dr. Sergio BERRA Dirigente Medico U.O. Medicina Ospedale Rho
Dr. Pietro GRECHI Dirigente Medico U.O. Medicina Ospedale Garbagnate
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revisione 2008 linee guida ipertensione 2
I risultati degli studi epidemiologici degli ultimi anni hanno evidenziato l’enormità del problema ipertensione arteriosa per la salute pubblica: con una prevalenza di
oltre il 20% negli adulti, l’ipertensione arteriosa risulta essere il principale fattore di rischio per mortalità per la popolazione dell’intero pianeta, aumentando il rischio cardiovascolare di oltre un miliardo di persone. Attente analisi dei dati hanno inoltre dimostrato che l’aumento del rischio non è a carico solamente dei soggetti con ipertensione evidente, ma anche di quelli con valori pressori ai limiti superiori del range considerato normale: esiste dunque un continuum nell’incremento di rischio dai 115 mmHg di sistolica in poi. Dato per scontato il ruolo fondamentale della modifica degli stili di vita (spesso difficile da attuare), va sottolineato che il rischio aggiuntivo indotto dall’ipertensione arteriosa è chiaramente modificabile con un’appropriata terapia, che risulta tanto più efficace quanto più precocemente viene intrapresa. I risultati di tutti i recenti grandi trials hanno rinforzato il concetto che ridurre la PA riduce la morbilità e
mortalità dovute a malattie cardiovascolari, in particolare ictus, scompenso cardiaco, infarto del miocardio e insufficienza renale terminale. Nonostante queste chiare evidenze, la percentuale di ipertesi diagnosticati e trattati in modo efficace è ancora molto bassa ( meno di un terzo in Italia ).
La sfida per la Medicina di Base è quindi quella di individuare e trattare adeguatamente il maggior numero possibile di ipertesi, azione essenziale per la salute pubblica, in quanto riduce l’incidenza della morbilità (con conseguente invalidità) e mortalità cardiovascolare.
In questo difficile compito appare fondamentale che chi, come noi, lavora tutti i giorni a diretto contatto con il paziente, dedichi una piccola parte del suo prezioso tempo a spiegargli quali rischi corre e perché è necessario che si curi: è un buon investimento, perché anche il farmaco migliore non serve a nulla se il soggetto non
viene adeguatamente motivato ad assumerlo. Ancora una volta, al di là delle più sofisticate tecnologie e dei progressi della farmacologia, il rapporto medico-paziente risulta essenziale per il buon esito di una terapia che è di solito per tutta la vita e spesso in soggetti del tutto asintomatici. Di più: tocca sempre a noi, con tanto buon
senso, usare come strumento flessibile e non come una gabbia le Linee Guida, e tradurre in pratica le indicazioni dei grandi trials, le cui condizioni di svolgimento sono spesso così lontane da quelle della nostra attività quotidiana. Al di là dei grandi numeri nessuno come noi conosce il singolo paziente, la sua storia clinica e
personale: è su di lui che le Linee Guida devono essere “adattate”, ricordando che la valutazione del profilo di rischio cardiovascolare globale deve essere sempre il punto di partenza per ogni progetto terapeutico.
IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE
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revisione 2008 linee guida ipertensione 3
La revisione delle Linee Guida Aziendali per la Diagnosi e il Trattamento
dell’Ipertensione Arteriosa, edite per la prima volta nel 1999 e già revisionate nel 2002, ci è apparsa necessaria alla luce della pubblicazione, nell’ultimo biennio, di diversi importanti contributi scientifici sull’argomento, in particolare le nuove Linee Guida Europee ( ESH/ESC 2007 ), gli studi ASCOT-BPLA (2005), VALUE (2006),
ADVANCE (2007), ONTARGET (2008).
CCOOMMEE MMIISSUURRAARREE CCOORRRREETTTTAAMMEENNTTEE LLAA PPRREESSSSIIOONNEE AARRTTEERRIIOOSSAA
La misurazione della pressione arteriosa è senza dubbio una delle azioni più frequenti nel lavoro quotidiano del Medico di Medicina Generale . Analizzare quali sono le metodiche e le condizioni da rispettare per un ottimale controllo dei valori pressori può sembrare superfluo; in realtà anche un recente studio (8) condotto con un questionario, su oltre 300 medici di 4 USSL lombarde ha dimostrato il verificarsi di alcuni problemi:
• solo il 25-30 % dei medici, nei sei mesi precedenti l’indagine, aveva provveduto alla taratura dello sfigmomanometro aneroide (o elettronico) e, negli ultimi dodici mesi di quello a mercurio;
• solo un quarto dei medici utilizza bracciali adeguati per bambini ed obesi;
• solo un quarto dei medici rileva più di una misura della pressione nel corso della visita;
• l’ 81% approssima la lettura a 5 mmHg di mercurio e una piccola parte a 10 mmHg;
• il 31% rileva la pressione arteriosa diastolica alla fase IV° di Korotkoff (anziché alla fase V°);
• in caso di divergenza tra diverse misure non viene considerata la media, ma : – la più bassa nel 31% dei casi, – la più alta nel 7% dei casi
• in caso di divergenza tra le misure dei due arti superiori, il 16% dei medici considera quella minore anziché quella più alta.
E’ essenziale, perciò, riproporre alcune regole fondamentali per una corretta misurazione della pressione arteriosa.
Dimensione del bracciale : il bracciale, negli adulti, deve circondare il braccio e coprirne almeno i due terzi della lunghezza (13-15 cm di altezza per 30-35 cm. di lunghezza);
sarebbe bene avere un bracciale per bambini e uno per obesi (un bracciale troppo piccolo dà valori di misurazione più alti);
Manometro :
il manometro aneroide va tarato ogni sei mesi, quello a mercurio ogni anno;
ALCUNE INDICAZIONI
NORME SULLA STRUMENTAZIONE
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gli sfigmomanometri utilizzati dal paziente a domicilio vanno confrontati con quello in uso nell’ambulatorio del Medico di Medicina Generale.
gli sfigmomanometri utilizzati dal paziente a domicilio vanno scelti fra i modelli
elettronici da braccio (sconsigliati quelli da polso per problemi tecnici relativi alla misurazione), vanno calibrati una volta all’anno: il paziente va istruito sulla tecnica di misurazione e sulla necessità di controllare la pressione due volte al mattino prima dell’assunzione dei farmaci e due volte nel pomeriggio una volta la
settimana. Misurazioni più frequenti potranno essere suggerite se la PA non risulta controllata.
Dovrà inoltre essere prevista la progressiva sostituzione dei tradizionali apparecchi
di misurazione pressoria a mercurio, non compatibili con l’ambiente (direttiva CE) con quelli a rilevazione digitale ormai ampiamente validati, od aneroide.
Numero di letture da effettuare :
almeno due letture a distanza di non meno di tre minuti;
almeno in occasione della prima diagnosi la pressione arteriosa deve essere misurata in ambedue gli arti superiori;
deve essere registrata la pressione media diastolica e la
pressione media sistolica risultante dalle diverse misurazioni;
se la variabilità tra le letture supera i 10 mmHg, ripetere la misurazione; se
persiste il divario registrare la pressione più alta;
CONDIZIONI DA RISPETTARE DA PARTE DEL PAZIENTE
prima della misurazione
non deve avere assunto caffè nell’ ora precedente la misurazione
non deve aver fumato negli ultimi 10 minuti
deve essere stato seduto per alcuni minuti in ambiente tranquillo e riscaldato
non deve aver assunto farmaci adrenergici (decongestionanti nasali o colliri)
durante la misurazione
deve essere seduto con la schiena appoggiata
deve sfilare le maniche troppo strette (il bracciale non va messo sopra gli abiti)
deve rilassare il braccio e appoggiarlo in modo che la fossa anticubitale
dell’avambraccio sia a livello del cuore
NORME SULLA TECNICA DI MISURAZIONE
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nei pazienti anziani è importante ottenere misurazioni anche in ortostatismo, per individuare ipotensioni ortostatiche che sono progressivamente più frequenti con l’avanzare dell’ età;
misurazioni clino ed ortostatiche sono comunque auspicabili sempre nel paziente in terapia.
Modalità :
applicare il bracciale fermamente al braccio (una applicazione lassa del bracciale può determinare una sovrastima dei valori pressori);
gonfiare il bracciale, rapidamente, 20-30 mmHg sopra la scomparsa del polso
radiale (o brachiale) percepito con la palpazione;
applicare lo stetoscopio e sgonfiare il bracciale a 2-3 mmHg al secondo ( la approssimazione della lettura sarà quindi di 2-3 mmHg);
misurare la pressione sistolica all’inizio dei toni di Korotkoff (inizio toni ripetitivi) e
quella diastolica alla fase V° di Korotkoff (totale scomparsa); alla fase IV° (attenuazione dei toni) solo nei bambini.
CCLLAASSSSIIFFIICCAAZZIIOONNEE DDEELLLLAA PPRREESSSSIIOONNEE AARRTTEERRIIOOSSAA
PPEERR AADDUULLTTII >> 1188 AANNNNII Sono definiti “ipertesi” i soggetti adulti con pressione arteriosa superiore a 140/90 mmHg accertata dopo accurato follow up di durata variabile, anche 3-6 mesi (8) Si definisce “IPA sistolica isolata” valori di PAS >= a 140 mmHg e PAD < a 90mmHg (9).
nuova definizione e classificazione ESH/ESC (2003) dei valori di PA
categoria PA sistolica mmHg
PA diastolica mmHg
PA ottimale < 120 < 80
PA normale 120 - 129 80 - 84
PA normale - alta 130 - 139 85 - 89
Ipertensione di grado 1 (lieve) 140 - 159 90 – 99
Ipertensione di grado 2 (moderata) 160 - 179 100 – 109
Ipertensione di grado 3 (grave) > 180 > 110
Ipertensione sistolica isolata > 140 < 90
quando i valori della PA sistolica e diastolica rientrano in categorie differenti, si applica la categoria più alta.
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Appare importante sottolineare inoltre come il valore soglia di definizione di paziente
iperteso non appartenga ad un modello matematico, ma altresì rappresenta un concetto flessibile legato al completo inquadramento del paziente basato sul suo reale profilo di rischio cardiovascolare
Stratificazione del rischio e quantificazione della prognosi in funzione del trattamento antipertensivo
Pressione arteriosa (mmHg)
altri fattori di rischio, danno d’organo o presenza di patologia concomitante
Normale PAS120-129 o PAD 80 - 84
Normale alta PAS130–139 o PAD 85-89
Grado 1 PAS 140–159 o PAD 90-99
Grado 2 PAS 160–179 o PAD 100-109
Grado 3 PAS=> 180 o PAD=>110
nessun fattore di rischio aggiunto
rischio nella media
rischio nella media
rischio aggiunto basso
rischio agg. moderato
rischio agg elevato
1-2 fattori di rischio
rischio agg. basso
rischio agg. basso
rischio agg. moderato
rischio agg. moderato
rischio agg. molto elevato
3 o più fattori di rischio, SM, danno d’organo o diabete
rischio agg. moderato
rischio agg. elevato
rischio agg. elevato
rischio agg. elevato
rischio agg. molto elevato
Malattia CV o renale
rischio agg. molto elevato
rischio agg. molto elevato
rischio agg. molto elevato
rischio agg. molto elevato
rischio agg. molto elevato
PAS:pressione arteriosa sistolica PAD:pressione arteriosa diastolica CV cardiovascolare “basso” “moderato” “elevato” “molto elevato” si riferisce al rischio di eventi CV fatali e non fatali a 10 anni; il termine “aggiunto” indica che nelle diverse categorie il rischio è superiore alla media; SM: sindrome metabolica. La linea tratteggiata indica che la definizione di ipertensione può essere flessibile, poiché dipende dal livello di rischio CV globale
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FATTORI CHE INFLUENZANO LA PROGNOSI
Fattori di rischio Danno d'organo subclinico Pressione sistolica e diastolica
Pressione differenziale (anziani)
Evidenza elettrocardiografica di IVS (Sokolow-Lyon>38 mm; Cornell>2440 mm*msec)
oppure Evidenza ecocardiografica di IVS° (IMVS M >125 g/m2, F >110 g/m2)
Età (M>55 anni; F>65 anni)
Abitudine al fumo Ispessimento della parete carotidea (IMI >0,9 mm) o placche ateromasiche
Dislipidemia Velocità dell'onda di polso carotidea-femorale >12m/sec
CT >5,0 mmol/l (190mg/dl) Indice pressorio arti inferiori / arti superiori <0,9
oppure
C-LDL >3,0 mmol/l (115 mg/dl)
oppure
Lieve incremento della creatinina plasmatica: M: 115-133 umol/l (1,3-1,5 mg/dl); F: 107-124 umol/l (1,2-1,4 mg/dl)
C-HDL: M <1,0 mmol/l (40 mg/dl), F <1,2 mmol/l (46mg/dl)
oppure
TG >1,7 mmol/l (150 mg/dl)
Riduzione del filtrato glomerulare ‡ (<60 ml/min/1,73m2) o della clearance della creatinina◊ (<60 ml/min)
Glicemia a digiuno: 5,6-6,9 mmol/l (102-125 mg/dl)
Microalbuminuria 30-300 mg/24h o rapporto albumina-creatinina: >22 (M) o >31 (F) mg/g di creatinina
Glicemia da carico alterata
Obesità addominale [circonferenza addominale >102 cm (M), >88 cm (F)]
Familiarità per malattie CV precoci M età <55 anni; F età <65 anni
Diabete mellito Malattie CV o renali conclamate
Malattie cerebrovascolari: ictus ischemico; emorragia cerebrale; attacco ischemico transitorio (TIA)
Malattie cardiache: infarto del miocardio; angina; rivascolarizzazione coronarica; scompenso cardiaco
Malattie renali: nefropatia diabetica; insufficienza renale (creatinemia M >133, F >124 mmol/l) ; proteinuria (>300 mg/24h)
Vasculopatia periferica
Glicemia a digiuno >7,0 mmol/l (126 mg/dl) (ripetute valutazioni)
oppure: Glicemia post-prandiale >11,0 mmol/l (198 mg/dl)
Retinopatia avanzata: emorragie o essudati, papilledema
La presenza di almeno 3 di questi 5 fattori di rischio: obesità addominale, alterata glicemia a digiuno, PA >130/85 mmHg, basso colesterolo HDL, elevati TG (come già descritto) fa porre diagnosi di sindrome metabolica
M: maschio; F: femmina; CV: cardiovascolare; IVS: ipertrofia ventricolare sinistra; TG: trigliceridi; CT: colesterolemia totale; C-LDL: colesterolo LDL; C-HDL: colesterolo HDL; IMI: ispessimento
medio-intimale; ◊ formula di Cockroft Gault; ‡ formula MDRD; °rischio massimale di IVS concentrica: incremento dell'IMVS (indice di massa ventricolare sinistra ) con un rapporto spessore
parietale/raggio > 0,42
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In una necessaria economia di risorse delle politiche sanitarie potrebbe essere inoltre di riferimento una tabella di confronto vantaggi/limiti delle metodiche di approccio al paziente iperteso.
Fattibilità, significato prognostico ed impatto economico di alcuni markers di danno d’organo (valutazione da 0 a 4+)
Marker
Valore
predittivo per eventi CV
Fattibilità
Costo
ECG
++ ++++ +
Ecocardiografia
+++ +++ ++
Spessore medio-intimale carotideo
+++ +++ ++
Distensibilità arteriosa (velocità dell’onda di polso)
+++ + ++
Indice pressorio arti inferiori/arti superiori
++ ++ +
Contenuto di calcio a livello delle pareti coronariche
+ + ++++
Struttura del tessuto cardiaco/vascolare
? + ++
Markers circolanti di collagene
? + ++
Disfunzione endoteliale
++ + +++
Lacune cerebrali/Lesioni della sostanza bianca
? ++ ++++
Stima della filtrazione glomerulare o della creatinina clearance
+++ ++++ +
Microalbuminuria
+++ ++++ +
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LINEE GUIDA PER LA RACCOLTA DELL’ ANAMNESI FAMILIARE E CLINICA
1. Durata dell’ipertensione e valori pressori rilevati in precedenza 2. Elementi suggestivi della presenza di una ipertensione secondaria:
a. Storia familiare di nefropatia (rene policistico) b. Malattia renale, infezioni delle vie urinarie, ematuria, abuso di analgesici
(malattia del parenchima renale) c. Assunzioni di contraccettivi orali, liquerizia, carbenoxolone, spary nasali,
cocaina, anfetamine, steroidi, antinfiammatori non steroidi, eritropoietina, ciclosporina
d. Episodi di sudorazione, cefalea, stato d’ansia, palpitazioni (feocromocitoma)
e. Episodi di astenia muscolare e tetania (iperaldosteronismo) 3. Fattori di rischio:
a. Storia familiare e personale di ipertensione arteriosa e di malattie cardiovascolari
b. Storia familiare e personale di dislipidemia c. Storia familiare e personale di diabete mellito d. Abitudine al fumo e. Abitudini dietetiche f. Obesità, sedentarietà g. Russamento, sindrome delle apnee ostruttive (raccogliere informazioni
anche dal partner) h. Personalità
4. Sintomi di danno d’organo: a. Encefalo ed occhi: cefalea, vertigini, visione alterata, attacchi ischemici
cerebrali transitori (TIA), deficit motori o sensoriali b. Cuore: palpitazioni, dolore toracico, dispnea, edemi declivi c. Rene: sete, poliuria, nicturia, ematuria d. Arterie periferiche: estremità fredde, claudicatio intermittens
5. Terapia antipertensiva precedente: a. Farmaco/i usati, efficacia ed effetti indesiderati
6. Caratteristiche personali, familiari ed ambientali
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AACCCCEERRTTAAMMEENNTTII EEMMAATTOOCCHHIIMMIICCII EE SSTTRRUUMMEENNTTAALLII PPRREE--TTRRAATTTTAAMMEENNTTOO
ESAMI DI LABORATORIO Test di routine
• Glicemia a digiuno
• Colesterolemia totale
• Colesterolo LDL
• Colesterolo HDL
• Trigliceridemia a digiuno
• Potassiemia
• Uricemia
• Creatinemia plastica
• Creatinina clearance (formula di Cockroft-Gault) o calcolo del filtrato glomerulare (formula MDRD)
• Emoglobina ed ematocrito
• Analisi delle urine (completato da uno stick test per la microalbuminuria e da un’analisi del sedimento urinario)
• Elettrocardiogramma
Test raccomandati
• Ecocardiogramma
• Valutazione ultrasonografica carotidea
• Misurazione quantitativa dell’albuminuria in presenza di stick positivo
• indice pressorio arti inferiori/arti superiori
• Esame del fundus oculare
• Curva da carico di glucosio [se la glicemia a digiuno e >5.6 mmol/l (102 mg/dl)]
• Misurazione della pressione arteriosa a domicilio e monitoraggio delle 24 ore
• Misurazione della velocità dell’onda di polso (se disponibile)
Valutazioni più approfondite (compito dello specialista)
• In caso di ipertensione complicata sono necessari ulteriori esami per la ricerca di danno cerebrale, cardiaco, renale e vascolare
• Nel sospetto di ipertensione secondaria è consigliato il dosaggio di renina, aldosterone, ormoni corticosteroidi, catecolamine plasmatiche e/o urinarie; arteriografia; ecografia renale e surrenalica, tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica cerebrale
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VALUTAZIONE DEL DANNO D’ORGANO SUBCLINICO Poiché il danno d’organo precede, nel continuum cardiovascolare, lo sviluppo di eventi è importante valutarne la presenza in diversi organi.
1. Cuore: L’esame elettrocardiografico dovrebbe far parte della valutazione di
routine dei soggetti ipertesi per identificare la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra, di segni di sovraccarico ventricolare sinistro, di ischemia e di aritmie. La valutazione ecocardiografica dovrebbe essere raccomandata per identificare, in modo più sensibile, l’ipertrofia cardiaca. la metodica consente di definire i diversi modelli geometrici di ipertrofia. L’ipertrofia concentrica si associa più direttamente ad un incremento del rischio. L disfunzione diastolica può essere valutata mediante tecnica doppler del flusso trans mitralico.
2. Vasi arteriosi: La valutazione ultrasonografica delle arterie carotidi extracraniche è raccomandata per identificare la presenza di ipertrofia vascolare o di aterosclerosi asintomatica. La distensibilità arteriosa (la cui alterazione è presente nell’ipertensione arteriosa sistolica isolata nell’anziano) può essere valutata mediante la misurazione della velocità dell’onda di polso. Tuttavia, questa metodica non è al momento di vasto impiego. La presenza di un indice pressorio arti inferiori/arti superiori ridotto suggerisce la presenza di vascolopatia periferica avanzata.
3. Rene: La diagnosi del danno renale legato allo stato ipertensivo si basa sul riscontro di una ridotta funzione renale o di albuminuria. Una stima dei valori di creatinina clearance (formula di Cockroft-Gault che prende in esame l’età, il sesso, la razza e i livelli di creatinina sierica) o del filtrato glomerulare (formula MDRD che tiene conto dell’età, del sesso, della razza e dei livelli di creatinina sierica) dovrebbe essere effettuata in tutti i pazienti ipertesi. Lo stick urinario permette di identificare la presenza di proteinuria. Se lo stick risulta negativo, si può determinare la microalbuminuria su un campione estemporaneo di urine mediante il calcolo della concentrazione urinaria di albumina e di creatinina.
4. Esame del fundus oculare: (si sottolinea che questo esame non e’ più considerato di routine per tutti gli ipertesi) L’esame del fundus è raccomandato solo negli stati ipertensivi di grado severo. Le alterazioni retiniche di grado 1 e 2 non sono specifiche della patologia ipertensiva, anche se il loro riscontro nei pazienti più giovani richiede ulteriori approfondimenti. Emorragie, essudati, edema papillare sono di frequente riscontro negli stadi ipertensivi più gravi e correlano con un aumento del rischio cardiovascolare.
5. Encefalo: Il riscontro di infarti cerebrali silenti, infarti lacunari, microemorragie e lesioni della sostanza bianca è frequente nei pazienti ipertesi. Tutte queste alterazioni possono essere visualizzate mediante RM o TAC cerebrale. tuttavia, la disponibilità limitata e i costi di queste metodiche ne consigliano l’impiego in assenza di sintomi. Nei pazienti ipertesi anziani possono essere utili test di valutazione cognitiva per identificare la presenza di un iniziale deterioramento cerebrale.
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Il monitoraggio ambulatoriale della P.A.(“MAP” o “ABPM”) si esegue con apparecchiature portatili automatiche, programmabili nella sequenza delle misurazioni, funzionanti con sistemi di rilevazione acustici od oscillometrici o misti.
Principali indicazioni al MAP sono :
• identificare i casi di ipertensione clinica isolata
• varibilita’ importante della PA nella stessa visita o in visite successive;
• sospetta ipertensione resistente;
• PA clinica elevata in soggetto a basso rischio cardiovascolare
Principali controindicazioni al MAP sono:
• extrasistolie frequenti, fibrillazione atriale;
• attività fisica intensa;
• paziente non affidabile
Il MAP costituisce un indice predittivo della morbilità e mortalità cardiovascolare più puntuale che non la misurazione occasionale della P.A. (12)
La misurazione della pressione da parte del paziente al
proprio domicilio o nel proprio ambiente di lavoro, non e’ in grado di provvedere le stesse informazioni di un monitoraggio delle 24 ore, tuttavia consente di acquisire informazioni in giorni diversi e in situazioni simili alle
abituabili condizioni di vita.
Quando misurata in più giorni, condivide alcuni dei vantaggi del monitoraggio delle 24 ore e cioè:
• assenza di reazione di allarme alla misurazione.
• maggiore riproducibilita’ rispetto alla pressione in clinica.
• maggiore predittivita’ delle presenza e della progressione del danno d’organo e del rischio di eventi cardiovascolari.
Cause di ridotta attendibilità dei valori pressori rilevati a domicilio: extrasistolie frequenti, fibrillazione atriale, apparecchio non affidabile. Nel momento in cui si suggerisce ad un paziente di misurare la pressione arteriosa al domicilio bisogna: 1. consigliare l’uso di apparecchi validati da braccio e non da polso (una lista aggiornata
degli apparecchi validati e’ disponibile sul sito www.dableducational.org); verificare che le dimensioni della cuffia siano adeguate alla circonferenza del braccio.
2. istruire il paziente sulla necessità di misurare la pressione tutti i giorni negli ultimi 7 gg. precedenti una visita di controllo, dopo alcuni minuti di riposo, in posizione seduta, in due punti della giornata (mattino al risveglio e nel pomeriggio/sera) in modo da avere informazioni sulla copertura delle 24 ore da parte della terapia.
Monitoraggio Ambulatoriale della Pressione Arteriosa (MAP)
AUTOMISURAZIONE DOMICILIARE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
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Questo schema andrebbe applicato in fase diagnostica, in fase iniziale del trattamento e anche nel follow-up. E’ probabilmente utile che le misurazioni vengano effettuate comunque regolarmente ad intervalli maggiori, durante tutto il periodo intercorrente fra diverse visite, allo scopo di coinvolgere il paziente nella gestione della propria cura. (Parati G et Al J Hypertens 2008; 26:1505)
3. informare il paziente che le eventuali differenze ritrovate possono far parte della normale variabilità della pressione
4. richiedere la trascrizione delle pressioni per poterne prendere visione ad ogni visita di controllo
5. scoraggiare ogni tentazione di automedicazione in base ai valori ritrovati. 6. scoraggiare misurazioni troppo frequenti e/o ossessive. E’ inoltre necessario ricordare che i valori di riferimento per la pressione domiciliare non sono quelli della pressione clinica (vedi tabella). PAS PAD - Sfigmomanometrica clinica 140 90 - Monitoraggio ambulatorio nelle 24 h. 125 80 - Domiciliare (automisurazione) 135 85
L’ AUTOMISURAZIONE DOMICILIARE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA HA UN IMPORTANTE VALORE CLINICO ED E’ DIMOSTRATO IL SUO VALORE PROGNOSTICO.
dovrebbe essere incoraggiata allo scopo di: - raccogliere un maggior numero informazioni relative al controllo della pressione al punto valle per una migliore copertura terapautica delle 24 ore. - migliorare l’aderenza del paziente al regime terapeutico dovrebbe essere scoraggiata se: - e’ fonte di ansia per il paziente - induce all’automedicazione.
consigli al paziente iperteso per una corretta misurazione domiciliare della pressione arteriosa
1. usare apparecchi che misurano al braccio e non al polso 2. misurare la pressione in posizione seduta dopo alcuni minuti di riposo 3. misurare la pressione una volta ogni 15 gg. in due punti della giornata: al mattino al
risveglio (prima di assumere la terapia del mattino) e nel pomeriggio (non importa l’orario). nell’ultima settimana prima di una visita di controllo misurare la pressione ogni giorno con le stesse modalità
4. segnare sempre le misurazioni effettuate e portarle al proprio medico ad ogni visita di controllo.
5. non modificare mai di propria iniziativa la terapia in base ai valori riscontrati ma consultarsi sempre con il proprio medico.
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OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO
• L’obiettivo primario del trattamento del paziente iperteso è quello di ottenere la massima riduzione del rischio cardiovascolare globale a lungo termine.
• Questo obiettivo richiede il trattamento di tutti i fattori di rischio reversibili e identificabili, nonché il trattamento degli elevati valori pressori.
• In tutti i pazienti ipertesi, la pressione arteriosa dovrebbe essere ridotta a valori inferiori ai 140/90 mmHg ed eventualmente a valori ancora più bassi, se tollerati.
• Nei diabetici e nei pazienti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato o in presenza di condizioni cliniche associate (ictus, infarto del miocardico, danno renale e proteinuria) la pressione arteriosa dovrebbe essere ridotta a valori inferiori ai 130/80 mmHg.
• Nonostante l’impiego di una terapia di associazione può essere difficile raggiungere valori pressori inferiori ai 140/90 mmHg o addirittura inferiori ai 130/80 mmHg, specie negli anziani, nei diabetici e nei soggetti con segni di danno d’organo.
• Al fine di facilitare il raggiungimento degli obiettivi elencati, si dovrebbe iniziare il trattamento antipertensivo prima che si sviluppi un danno cardiovascolare irreversibile.
TTRRAATTTTAAMMEENNTTOO NNOONN FFAARRMMAACCOOLLOOGGIICCOO
DDEELLLLAA IIPPEERRTTEENNSSIIOONNEE AARRTTEERRIIOOSSAA VARIAZIONI DELLO STILE DI VITA
Le modifiche dello stile di vita dovrebbero essere istituite in tutti i pazienti, compresi i soggetti che richiedono un trattamento farmacologico. La finalità è quella di ridurre la pressione arteriosa e di modulare gli altri fattori di rischio riducendo il numero e la posologia dei farmaci antipertensivi da utilizzare. Le modifiche dello stile di vita dovrebbero essere consigliate anche ai soggetti con pressione arteriosa normale-alta e con fattori di rischio associati per ritardare la comparsa di uno stato ipertensivo. Le modifiche dello stile di vita che sono in grado di ridurre i valori pressori o il rischio cardiovascolare e che dovrebbero essere adottate in tutti i pazienti, includono:
• l’abolizione del fumo
• il calo ponderale e la stabilizzazione del peso
• la riduzione dell’eccessivo di consumo alcoolico
• l’esercizio fisico
• la riduzione del consumo di sodio con la dieta
• l’incremento dell’apporto di frutta e verdura e la riduzione della quantità di grassi alimentari e in particolare di grassi saturi
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Le modifiche dello stile di vita non dovrebbero essere presentate frettolosamente al paziente. Esse dovrebbero essere dettagliate e accompagnate da un adeguato supporto comportamentale. E’ utile rinforzare saltuariamente l’importanza dell’intervento non farmacologico. Spesso risulta difficile al paziente seguire nel tempo le misure non farmacologiche. I pazienti dovranno essere monitorati per non procrastinare troppo l’eventuale trattamento farmacologico.
TTRRAATTTTAAMMEENNTTOO FFAARRMMAACCOOLLOOGGIICCOO
La decisione su quando iniziare il trattamento anti-ipertensivo deve basarsi su due fattori:
1) i livelli di PA sistolica e diastolica
2) il livello di rischio cardiovascolare globale. Gli ipertesi di grado 2-3 sono candidati al trattamento farmacologico (provata efficacia della riduzione pressoria nella riduzione del rischio cardiovascolare): la terapia va iniziata
immediatamente nei pazienti con ipertensione di grado 3 come pure in quelli di grado 1 e 2 con profilo di rischio cardiovascolare elevato; in quelli con rischio moderato si può posticipare l’inizio della terapia di qualche settimana testando l’efficacia delle misure non farmacologiche e si può posticipare anche di qualche mese nei pazienti di grado 1 e rischio
cardiovascolare basso sempre non dimenticando le misure non farmacologiche. In caso di fallimento delle stesse e’ indispensabile il ricorso ai farmaci. Si può raccomandare l’inizio di un trattamento farmacologico in quei pazienti con PA nel range normale o normale-alto che presentino un rischio cardiovascolare elevato per
diabete o per malattie cardiovascolari concomitanti.
SSTTRRAATTEEGGIIEE TTEERRAAPPEEUUTTIICCHHEE
Nella maggior parte dei pazienti ipertesi la terapia deve essere iniziata gradualmente in modo da raggiungere l’obiettivo pressorio nell’arco di alcune settimane. Se la scelta di partenza e’ di usare un farmaco in monoterapia, questo deve essere usato a basso dosaggio; se la pressione non risulterà controllata, sarà possibile impiegare un dosaggio pieno dello stesso farmaco oppure passare ad un’altra classe farmacologica. Questo approccio di “monoterapia sequenziale” può portare ad identificare il farmaco cui il paziente risponde meglio in termini di efficacia e tollerabilità ma ha scarsa probabilità di portare il paziente al target pressorio desiderato: non più del 20-30% dei pazienti risulterà ben controllata in monoterapia eccetto nei soggetti con ipertensione di grado1.
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Per raggiungere l’obbiettivo pressorio è quindi verosimile che un’ampia percentuale di pazienti debba assumere terapia di associazione con più farmaci: tale percentuale dipenderà dai valori pressori di partenza del paziente ma anche dall’obbiettivo pressorio da raggiungere (più basso per diabetici e nefropatici). Per esempio nello studio ASCOT (12) che comprendeva soggetti ad elevato rischio cardiovascolare, circa 9 su 10 pazienti ricevevano due o più farmaci per raggiungere una pressione < 140/90 e < 130/80 nei diabetici.. Negli studi sui diabetici la maggior parte dei soggetti assumevano almeno due farmaci e anche in studi su pazienti diabetici con nefropatia (13-14) i farmaci assunti sono stati in media 2,5-3 oltre il sartano il cui effetto veniva studiato. L’approccio terapeutico basato sull’associazione di due agenti ha lo svantaggio della possibilità di esporre il paziente a un farmaco non necessario: esso presenta tuttavia i seguenti vantaggi:
1. l’uso di principi a diverso meccanismo d’azione rende più probabile il controllo della pressione arteriosa e delle complicanze;
2. nella combinazione i singoli principi attivi possono essere usati a basso dosaggio e questo rende meno probabili eventi avversi;
3. le associazioni precostituite presenti in commercio permettono di somministrare due farmaci in una sola compressa migliorando l’aderenza del paziente;
4. iniziare il trattamento con una combinazione di due farmaci può consentire di raggiungere più rapidamente il target presso rio. Questo può essere di importanza critica nei pazienti ad alto rischio come e’ stato dimostrato nello studio VALUE (17) nel quale la maggiore riduzione della PA osservata nel gruppo amlodipina rispetto al gruppo valsartan nei primi 6 mesi di terapia si e’ tradotta in una differenza negli eventi cardiovascolari osservati.
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Le linee guida ESH/ESC hanno indicato la terapia di associazione non solo come step successivo alla monoterapia, ma anche come approccio terapeutico iniziale. I vantaggi sono rappresentati dal fatto che utilizzando una terapia d’associazione
• è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio con minor probabilità di comparsa di effetti collaterali;
• sono eliminate le frustrazioni legate alla ricerca ripetitiva ed inutile di una monoterapia efficace nei pazienti con valori pressori molto elevati o con danno
d’organo;
• le associaioni fisse disponibili consentono, impiegando due farmaci in una sola
compressa, di semplificare lo schema terapeutico e di ottimizzare la compliance alla terapia;
• è più probabile ottenere un adeguato controllo pressorio in un tempo più breve rispetto alla monoterapia.
Per esempio nello studio VALUE la maggior riduzione presoria ottenuta con amlodipina nei primi 6 mesi di trattamento è risultata associarsi a minor incidenza di eventi cardiovascolari. La terapia di associazione deve quindi considerarsi di prima scelta nei pazienti a rischio cardiovascolare elevato. La figura seguente esprime le combinazioni di due farmaci che negli studi clinici sono state dimostrate e ben tollerate. Le combinazioni più razionali sono espresse come linea continua.
Si tratta di uno studio i cui risultati erano molto attesi: scopo dello studio era paragonare un sartano ad un ace inibitore di riferimento (telmisartan vs ramipril) e la loro associazione nei confronti del solo ace inibitore. Condotto su
Lo STUDIO ONTARGET (Telmisartan, Ramipril, or Both in Patients at Higs Risk for Vascular Event)
AT 2
ACE inibitori
Beta bloccanti
calcioantagonisti
diuretici
alfa bloccanti
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oltre 25.000 pazienti ad elevato rischio cardiovascolare (non tutti ipertesi) lo studio ha fornito i seguenti risulatati:
• Telmisartan si è dimostrato non inferiore al ramipril negli outcomes principali di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico, ictus od ospedalizzazione per insufficienza cardiaca;
• al confronto ramipril/telmisartan risulta meno significativa l’incidenza di tosse/angioedema nel gruppo con ARBs tuttavia in questi ultimi appaiono prevalere
sintomi di ipotensione;
• il braccio dello studio che prevedeva l’associazione dei due farmaci non ha dimostrato
benefici ulteriori rispetto ai singoli farmaci ed anzi ha evidenziato che l’associazione ACE/ARBs incrementa significativamente il rischio di ipotensione, sincope, insufficienza renale ed iperpotassiemia con incremento della necessità di dialisi in assenza di un vantaggio clinico addizionale.
Scelta dei farmaci anti-ipertensivi
• Sembra ormai assodato che i principali benefici della terapia anti-ipertensiva dipendano dalla riduzione pressoria e solo in parte dal tipo di farmaco impiegato.
• Le cinque classi principali di farmaci anti-ipertensivi (diuretici, calcio antagonisti, ace inibitori, betabloccanti, sartani) sono tutte indicate come scelta terapeutica con cui iniziare e proseguire il trattamento, sia in monoterapia sia in associazione: si tratta di farmaci con efficacia anti-ipertensiva documentata e in grado di ridurre in maniera significativa l’incidenza di eventi cardiovascolari fatali. I beta bloccanti non hanno effetto in termini di protezione cerebrovascolare nonostante gli effetti favorevoli sugli eventi coronarici fatali e non fatali. Pertanto tale terapia dovrebbe essere riservata a quei pazienti con storia di angina pectoris, scompenso cardiaco e IMA recente, alcune aritmie, cioè le principali complicanze cardiache dello stato ipertensivo. Viceversa, i beta bloccanti non andrebbero usati in prima battuta nei pazienti con sindrome metabolica soprattutto se associati a diuretico tiazidico. Gli alfabloccanti sono considerati come valida terapia di associazione, ma non più come farmaco di prima scelta in monosomministrazione, per la mancanza di dati in merito provenienti da studi di adeguate dimensioni. Oltre alle sei classi principali, è possibile usare anche altre molecole, ma solo come terapie di associazione: tra queste clonidina, alfametildopa e moxonidina risultano efficaci e con buon profilo di tollerabilità.
• Dal momento che la maggior parte dei pazienti richiede più di un farmaco per un controllo pressorio ottimale, non e’ necessario enfatizzare, come e’ stato fatto in
passato, la scelta del farmaco iniziale; tuttavia vi sono numerose condizioni nelle quali vi e’ evidenza in favore della scelta di un farmaco sia come trattamento iniziale che in associazione (vedi tabella.)
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classe indicazioni controindicazioni
assolute controindicazioni
relative
diuretici (tiazidici) pazienti anziani; ipertensione sistolica isolata; ipertensione in razza nera
gotta Gravidanza Intolleranza glucidica; s. metabolica;
diuretici dell’ansa insufficienza renale terminale; scompenso cardiaco
diuretici antialdosteronici
scompenso cardiaco post IMA
insufficienza renale; iperpotassiemia
beta-bloccanti angina post IMA scompenso cardiaco (da aumentare gradualmente) tachiaritmia gravidanza glaucoma
asma BPCO BAV 2° e 3° grado
atleti o intensa attività fisica; arteriopatia periferica; intolleranza glucidica
ace-inibitori scompenso cardiaco disfunzione ventricolare sinistra post IMA nefropatia non diabetica nefropatia diabetica proteinuria/microalbuminuria; ipertrofia ventricolare sin; aterosclerosi carotidea:
FA; sindrome metabolica;
gravidanza; iperpotassiemia; stenosi delle arterie renali bilaterali; edema angioneurotico
Antagonisti dell’ angiotensina 2
tosse da Ace-inibitori scompenso cardiaco post IMA nefropatia diabetica proteinuria/microalbuminuria; ipertrofia ventricolare sin; FA; sindrome metabolica;
Gravidanza; stenosi delle arterie renali bilaterali; iperpotassiemia;
calcioantagonisti
(verapamil diltiazem)
Angina
aterosclerosi carotidea tachiaritmia sovraventricolare
BAV 2° e 3° grado
scompenso cardiaco
Calcio Antagonisti diidropiridinici
ipertensione sistolica isolata; Angina ipertrofia ventricolare sin; aterosclerosi carotidea gravidanza ipertensione in razza nera
scompenso cardiaco tachiaritmie
Alfa-bloccanti ipertrofia prostatica benigna iperlipidemia
ipotensione ortostatica
- scompenso cardiaco
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SCELTA DEI FARMACI ANTIPERTENSIVI
Danno d’organo subclinico Ipertrofia ventricolare sinistra ACEI, CA, ARB Aterosclerosi asintomatica CA, ACEI Microalbuminuria ACEI, ARB Danno renale ACEI, ARB
Eventi patologici Pregresso ictus Qualsiasi farmaco dotato di efficacia antipertensiva Pregresso IMA BB, ACEI, ARB Angina pectoris BB, CA Scompenso cardiaco Diuretici, BB, ACEI, ARB, antialdosteronici Fibrillazione atriale Parossistica ARB, ACEI Permanente BB, CA non-diidropiridinici Insufficienza renale/proteinuria ACEI, ARB, diuretici d’ansa Vasculopatia periferica CA
Condizioni particolari Ipertensione sistolica isolata (anziano) Diuretici, CA Sindrome metabolica ACEI, ARB, CA Diabete mellito ACEI, ARB Gravidanza CA, metildopa, BB Razza nera Diuretici, CA
IMA: infarto miocardico acuto; ACEI: ACE inibitori; ARB: bloccanti recettoriali dell’angiotensina II; CA: calcio-antagonisti; BB: beta-bloccanti
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CONDIZIONI CHE FAVORISCONO L'IMPIEGO DI ALCUNI FARMACI ANTIPERTENSIVI
Calcio-antagonisti Calcio-antagonisti Diuretici tiazidici
Beta-bloccanti (diidropiridinici) (verapamil/dilitiazem)
Ipertensione sistolica isolata Angina pectoris
Ipertensione sistolica isolata Angina pectoris
(anziani) Pregresso infarto del miocardio (anziani)
Malattia aterosclerotica carotidea
Scompenso cardiaco Scompenso cardiaco Angina pectoris Tachicardia sopraventricolare
Ipertensione nella razza nera Tachiaritmie
Ipertrofia ventricolare sinistra
Glaucoma
Malattia aterosclerotica carotidea
e coronarica Gravidanza Gravidanza
Ipertensione nella razza nera
ACE inibitori Bloccanti recettoriali Diuretici Diuretici dell'ansa
dell'angiotensina II (antialdosteronici)
Scompenso cardiaco Scompenso cardiaco Scompenso cardiaco Insufficienza renale in fase
terminale Disfunzione
ventricolare sinistra
Pregresso infarto del
miocardico
Esiti di infarto del
miocardio Pregresso infarto del miocardio Nefropatia diabetica Scompenso cardiaco
Nefropatia diabetica Proteinuria /
Microalbuminuria Nefropatia non diabetica
Ipertrofia ventricolare sinistra
Ipertrofia ventricolare sinistra Fibrillazione atriale Malattia aterosclerotica carotidea Sindrome metabolica Proteinuria / Microalbuminuria
Tosse da ACE inibitori
Fibrillazione atriale Sindrome metabolica
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Farmaco Generico (Drugs RD 2008, Vol. 9, N. 2: 65-72) “Il ricorso ai farmaci generici riduce la spesa sanitaria e da origine a un mercato competitivo. I generici sono prodotti farmaceutici non più protetti da brevetto e pertanto disponibili in versioni non “di marca” (branded). Questa categoria comprende i cosiddetti “generici puri” (prodotti che contengono sia lo stesso ingrediente farmaceutico attivo sia gli stessi eccipienti) e i “generici di marca”, termine che si riferisce a prodotti non strettamente conformi alla specialità originale, ma “reinventati” ricorrendo a nuova formulazione. I farmaci generici rappresentano un’importante risorsa per le strategie nazionali di contenimento della spesa farmaceutica, dal momento che consentono di ridurre il costo dei farmaci a livello dell’utilizzatore e, a livello più ampio, creano un mercato effettivamente competitivo.”
TERAPIA ANTIPERTENSIVA NEL PAZIENTE ANZIANO ______________________________________________________________________
• Trial clinici controllati randomizzati confermano che i benefici della terapia antipertensiva, in termini di riduzione della morbilità e della mortalità cardiovascolare, sono evidenti anche nei pazienti di età >60 anni affetti da ipertensione sisto-diastolica o sistolica isolata.
• Il trattamento farmacologico dovrebbe iniziare con diuretici tiazidici, calcio-antagonisti, bloccanti recettoriali dell’angiotensina II, ACE inibitori e beta-bloccanti. Trial condotti nell’ipertensione sistolica isolata hanno dimostrato gli effetti favorevoli dei diuretici tiazidici e dei calcio-antagonisti. Una sub analisi di altri trial ha evidenziato anche l’efficacia dei bloccanti recettoriali dell’angiotensina.
• Nell’impostazione della terapia iniziale e nelle eventuali modofiche terapeutiche successive si deve utilizzare un basso dosaggio. Nel paziente anziano infatti dosaggi elevati aumentano l’incidenza degli effetti collaterali.
• L’obiettivo terapeutico è quello già definito per i soggetti più giovani e cioè valori pressori pari o inferiori a 140/90 mmHg. I pazienti in età più avanzata necessitano di due o più farmaci per raggiungere un buon controllo pressorio, tenendo presente che spesso è difficile ridurre la pressione sistolica a valori inferiori a 140 mmHg.
• Il trattamento farmacologico dovrebbe essere modulato sulla presenza di fattori di rischio aggiuntivi, di danno d’organo e di patologie cardiovascolari e non cardiovascolari, di frequente riscontro nell’anziano. Poiché con l’aumentare dell’età il
rischio di ipotensione ortostatica la misurazione pressoria dovrebbe includere anche rilevazioni pressorie in ortostatismo.
• Lo studio HYVET di recente pubblicazione ha dimostrato per la prima volta il beneficio del trattamento nei pazienti ultraottantenni con una riduzione degli eventi cardiovascolari ma anche della mortalita’ totale.
TERAPIA ANTIPERTENSIVA NEI PAZIENTI DIABETICI
• In tutti i pazienti diabetici di tipo 2 si dovrebbero consigliare rigorosi interventi di tipo non farmacologico, quali il calo ponderale e la dieta iposodica.
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• L’obiettivo del trattamento è il raggiungimento di valori pressori inferiori a 130/80 mmHg. Il trattamento farmacologico dovrebbe essere iniziato anche quando i valori pressori sono nel range normale-alto.
• Per raggiungere questo goal pressorio possono essere impiegati tutti i farmaci di comprovata efficacia e tollerabilità. Spesso è necessario ricorrere ad una terapia di associazione.
• Le evidenze disponibili suggeriscono che la riduzione pressoria ha effetti di
nefroprotezione. Un effetto di nefroprotezione additivo può essere ottenuto con l’impiego di un bloccante del sistema renina-angiotensina (sartano o ACE inibitore).
• Il trattamento di associazione dovrebbe includere un bloccante del sistema renina-angiotensina, che dovrebbe rappresentare il farmaco di scelta in caso di monoterapia.
• Il riscontro di microalbuminuria rappresenta una indicazione alla terapia farmacologica antipertensiva, anche in presenza di valori pressori normali-alti. I farmaci bloccanti il sistema renina-angiotensina svolgono importanti effetti antiproteinurici. Questi farmaci dunque rappresentano la prima scelta terapeutica.
• Le strategie terapeutiche devono prendere in considerazione anche l’intervento su
fattori di rischio cardiovascolare. Tale intervento include l’impiego di una statina.
• La misurazione della pressione arteriosa deve essere eseguita anche in ortostatismo a causa dell’elevata probabilità di riscontro di ipotensione posturale.
TERAPIA ANTIPERTENSIVA NEI PAZIENTI NEFROPATICI
• La nefropatia e l’insufficienza renale sono caratterizzate da un rischio cardiovascolare
molto elevato.
• La nefroprotezione nel paziente diabetico si deve basare su: a) un rigoroso controllo pressorio (valori pressori inferiori a 130/80 mmHg o addirittura più bassi se è presente una proteinuria >1g/die) e b) una riduzione o se possibile una normalizzazione della proteinuria.
• Per ottenere un efficace riduzione pressoria è di solito necessario ricorrere ad una terapia di associazione tra diversi farmaci (inclusi i diuretici dell’ansa).
• Per ridurre la proteinuria è necessario l’impiego di un bloccante recettoriale dell’angiotensina, di un ACE inibitore o di entrambi.
• Fatta eccezione per i pazienti afro-americani, non è chiaro se il blocco del sistema
renina-angiotensina sia in grado di prevenire o ritardare lo sviluppo di nefrosclerosi nei pazienti ipertesi non-diabetici e non-proteinurici. E’ comunque utile includere nello schema terapeutico di associazione un farmaco che agisca sul sistema renina-angiotensina.
• Spesso nei pazienti nefropatici deve essere preso in considerazione un intervento terapeutico integrato (farmaci antipertensivi, statine e antiaggreganti piastrinici) in quanto il rischio cardiovascolare di questi pazienti è estremamente elevato.
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Si tratta del più grande trial su paziente diabetici di tipo 2. Il braccio degli ipertesi ha confermato che la riduzione pressoria con una combinazione fissa di perindopril e indapamide, aggiunta al trattamento abituale, ha ridotto
sia la mortalità per tutte le cause (14%) che quella cardiovascolare (18%) e l’incidenza dei principali eventi cardiovascolari non mortali. I benefici sono stati ottenuti indipendentemente dai valori pressori di partenza e il valore pressorio medio raggiunto al termine del follow-up era di 134,7/74,8. (19) TERAPIA ANTIPERTENSIVA NEI PAZIENTI CON PATOLOGIE CEREBROVASCOLARI
• Nei soggetti con storia di ictus o attacco ischemico transitorio, la terapia antipertensiva è in di ridurre drasticamente le recidive di ictus e il rischio di eventi cardiaci associati.
• I benefici del trattamento antipertensivo si evidenziano sia nei pazienti ipertesi sia in quelli con valori pressori nel range normale-alto. L’obiettivo terapeutico è raggiungere valori pressori inferiori a 130/80 mmHg.
• I risultati dei trial clinici suggeriscono che i benefici della terapia sono legati alla riduzione pressoria. Può essere quindi utilizzato da solo o in terapia di associazione
qualsiasi farmaco. La stragrande maggioranza delle informazioni riguardano gli ACE inibitori o i bloccanti recettoriali dell’angiotensina II, in associazione alla terapia convenzionale o diuretica. Sono necessari ulteriori studi per chiarire gli effetti di protezione cerebrovascolari di questi farmaci.
• Non sono ancora ben definiti i benefici legati alla riduzione pressoria durante la fase acuta di un ictus. I numerosi studi in corso di esecuzione contribuiranno a chiarire questo aspetto. Vi è invece accordo sul fatto che il trattamento antipertensivo dovrebbe essere iniziato in condizioni di stabilità clinica, di solito dopo diversi giorni dall’evento acuto. Rimangono da valutare con attenzione gli effetti della terapia antipertensiva sullo sviluppo o progressione della demenza e del deficit cognitivo (che colpiscono rispettivamente il 5% e il 15% della popolazione di età >65 anni.
• In alcuni studi clinici il deterioramento cognitivo e la comparsa di demenza sembrano in relazione diretta con i valori pressori. E’ accertato che la comparsa di queste due complicanze può essere ritardata dal trattamento antipertensivo.
TERAPIA ANTIPERTENSIVA NEI PAZIENTI CON MALATTIA CORONARICA E SCOMPENSO CARDIACO
• Nei pazienti con pregresso infarto del miocardio la somministrazione precoce di beta-bloccanti, ACE inibitori o di antagonisti recettoriali dell’angiotensina riduce la mortalità e le recidive di infarto. Questi effetti favorevoli sono imputabili alle proprietà cardioprottetive di questi farmaci e in parte anche alla riduzione pressoria.
Lo STUDIO ADVANCE
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• La terapia antipertensiva è risultata efficace anche nei pazienti ipertesi con malattia coronarica. Gli effetti favorevoli si manifestano con l’impiego di diverse associazioni farmacologiche (compresi i calcio-antagonisti) e correlano con l’entità della riduzione pressoria ottenuta. Benefici sono stati evidenziati anche in presenza di valori pressori inferiori a 140/90 mmHg o addirittura inferiori a 130/80 mmHg.
• Il riscontro anamnestico di ipertensione è frequente nei pazienti con scompenso
cardiaco congestizio, anche se i valori pressori sono spesso ridotti a causa della riduzione della gettata cardiaca. La terapia dovrebbe includere diuretici tiazidici e dell’ansa in aggiunta a beta-bloccanti, ACE inibitori, sartani e antialdosteronici. I calcio-antagonisti dovrebbero essere evitati se non per controllare la sintomatologia
anginosa.
• Nei pazienti con storia di ipertensione non è infrequente il riscontro di una disfunzione diastolica del ventricolo sinistro. Tale riscontro si associa ad una prognosi sfavorevole. Non sono al momento disponibili informazioni sufficienti sui benefici della terapia antipertensiva in caso di disfunzione diastolica.
TRATTAMENTO DEI FATTORI DI RISCHIO ASSOCIATI ________________________________________________________________________ Terapia ipolipemizzante
• Tutti i pazienti con malattia cardiovascolare e diabete tipo 2 dovrebbero ricevere un trattamento con statine. I goal terapeutici sono un colesterolo totale o LDL inferiore a
4,5 mmol/l (175mg/l) e a 2,5 mmol/l (100mg/l). In alcuni casi questi valori possono essere più bassi.
• Anche i pazienti senza storia di malattia cardiovascolare ma con un rischio cardiovascolare elevato (rischio di eventi a 10 anni>20%) dovrebbero essere trattati con statine anche se i livelli di colesterolemia totale e LDL non sono elevati.
Terapia antiaggregante
• Una terapia antiaggregante, in particolare l’impiego dell’acido acetilsalicilico a basso dosaggio, dovrebbe essere istituita in tutti i pazienti ipertesi con storia di pregressi eventi cardiovascolari non a rischi emorragico.
• Nei pazienti ipertesi l’impiego di acido acetilsalicilico a basso dosaggio induce effetti cardiovascolari favorevoli negli ipertesi di età superiore ai 50 anni senza precedenti patologie cardiovascolari. Questi pazienti includono quelli che presentano un incremento modesto dei valori di creatininemia o un rischio cardiovascolare elevato. In questi pazienti i benefici della terapia con acido acetilsalicilico a basso dosaggio superano di gran lunga quelli legati al rischio di complicanze emorragiche.
• Al fine di ridurre le complicanze emorragiche, è opportuno raccomandare l’impiego
dell’acido acetilsalicilico a basse dosi solo dopo aver raggiunto un buon controllo pressorio.
Controllo glicemico
• E’ importante ottenere un buon controllo glicemico nei pazienti ipertesi diabetici.
• Gli obiettivi degli interventi terapeutici (non farmacologici e farmacologici) sono valori di glicemia post-prandiale <6 mmol/l (108 mg/dl) e di emoglobina glicata <6,5%.
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FOLLOW-UP CLINICO
• Durante la fase di titolazione della terapia farmacologica i pazienti dovrebbero essere
di frequente sottoposti a visita medica per modificare il regime terapeutico scelto in base all’obiettivo e alla comparsa di effetti collaterali.
• Una volta raggiunto l’obiettivo pressorio è possibile ridurre la frequenza delle visite mediche. Non è consigliabile programmare le visite mediche ad intervalli di tempo troppo lunghi, in quanto la compliance alla terapia è strettamente legata a un buon
rapporto tra medico e paziente.
• I pazienti che presentano un basso profilo di rischio o con ipertensione di grado 1 dovrebbero essere sottoposti a visite mediche ogni 6 mesi, anche se in caso di auto misurazione pressoria domiciliare i controlli potranno essere più dilazionati nel tempo. I pazienti che presentano un profilo di rischio elevato o molto elevato dovrebbero essere visitati ad intervalli più ravvicinati. I pazienti in trattamento non farmacologico dovranno essere sottoposti frequentemente a visite di controllo in quanto la compliance alle misure non farmacologiche è ridotta e la risposta pressoria è variabile.
• Le visite di follow-up sono finalizzate a monitorare tutti i fattori di rischio reversibili e il danno d’organo. Poiché gli effetti della terapia sul danno d’organo sono evidenziabili solo nel lungo termine, le visite preposte a questi controlli dovranno essere programmate con scadenza annuale.
• La sospensione del trattamento da parte del paziente in cui è stata correttamente
effettuata diagnosi di ipertensione si associa di solito, più o meno precocemente, alla ricomparsa dello stato ipertensivo. E’ quindi consigliabile proseguire per tutta la vita il trattamento. E’ tuttavia possibile che dopo un prolungato periodo caratterizzato da un buon controllo pressorio si possa tentare di ridurre la posologia dei farmaci assunti,
specialmente se il paziente segue in maniera rigorosa le misure non farmacologiche.
ESAME FISICO PER LA VALUTAZIONE DELLA PRESENZA DI IPERTENSIONE SECONDARIA, DI DANNO D’ORGANO E DI OBESITA’ VISCERALE ________________________________________________________________________ Segni suggestivi di ipertensione secondaria e di danno d’organo
• Caratteristiche della sindrome di Cushing
• Segni cutanei di neurofibromatosi (feocromocitoma)
• Reni aumentati di volume e palpabili (rene policistico)
• Auscultazione di soffi addominali (ipertensione nefrovascolare)
• Auscultazione di soffi precordiali o toracici (coartazione aortica o malattie dell’aorta)
• Polsi femorali d’ampiezza ridotta o di ritardata comparsa, ridotta pressione femorale (coartazione aortica, malattia dell’aorta)
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Segni di danno d’organo
• Encefalo: soffi carotidei, alterazioni periferiche della sensibilità e della motilità
• Retina: alterazioni del fondo oculare
• Cuore: localizzazione e caratteristiche dell’itto cardiaco, aritmie, ritmo di galoppo, rantoli polmonari, riscontro di edemi periferici
• Arterie periferiche: assenza, riduzione, o asimmetria dei polsi, estremità fredde, presenza di lesioni ischemiche cutanee
• Arterie carotidi: soffi sistolici ________________________________________________________________________ Presenza di obesità viscerale
• Peso corporeo
• Aumento della circonferenza addominale (in ortostatismo): M: >102 cm; F: >88 cm
• Aumento dell’indice di massa corporea [peso corporeo (kg) / altezza (m2)]
• Sovrappeso >25 kg/m2; obesità >30kg/m2
LA SINDROME METABOLICA
• La sindrome metabolica include una serie di condizioni cliniche caratterizzate
dall’associazione tra obesità viscerale, alterazioni del metabolismo glucidico, metabolismo lipidico ed ipertensione arteriosa. La prevalenza della sindrome è elevata negli individui di mezza età e negli anziani.
• Il riscontro di marker di danno d’organo, quali la microalbuminuria, l’ipertrofia ventricolare sinistra ed una ridotta distensibilità arteriosa, è frequente nei pazienti con sindrome metabolica. In questi pazienti il rischio sviluppare eventi cardiovascolari o diabete è molto elevato.
• I pazienti con sindrome metabolica dovrebbero essere sottoposti ad una accurata valutazione diagnostica del danno d’organo. In questi pazienti è indicato valutare i valori pressori anche mediante monitoraggio e a domicilio.
• In tutti i pazienti con sindrome metabolica dovrebbero essere intraprese modifiche dello stile di vita. Il trattamento farmacologico dovrebbe essere iniziato con farmaci che ritardano la comparsa di diabete. Sdi dovrebbero preferire i bloccanti del sistema
renina-angiotensina associati, se necessario, a calcio-antagonisti o a diuretici tiazidici a basse dosi. E’ auspicabile una riduzione pressoria a valori inferiori della soglia “normale-alta”.
• Non vi sono al momento trial specifici che suggeriscono l’impiego di farmaci antipertensivi in tutti i pazienti con sindrome metabolica e valori pressori normali-alti.
E’ ad ogni modo evidente che il blocco farmacologico del sistema renina-angiotensina è in grado di ritardare la comparsa di ipertensione.
• Un trattamento con statine o con antidiabetici dovrebbe essere istituito nei pazienti con sindrome metabolica associata rispettivamente a dislipidemia o a diabete. I sensibilizzatori dell’insulina sono in grado di prevenire l’insorgenza di nuovi casi di diabete. Non si hanno informazioni sui benefici di questi trattamenti nei pazienti con sindrome metabolica in assenza di diabete.
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CAUSE DI IPERTENSIONE RESISTENTE CAUSE DI IPERTENSIONE RESISTENTE AL TRATTAMENTO
• Scarsa aderenza al piano terapeutico
• Incapacità di modificare lo stile di vita:
- incremento ponderale
- elevato consumo di bevande alcooliche
• Assunzione abituale di farmaci o sostanze che aumentano la pressione (liquirizia, cocaina, steroidi, antinfiammatori non steroidi, ecc.)
• Sindrome delle apnee notturne
• Ipertensione da cause secondarie
• Danno d’organoirreversibile o poco responsivo alla terapia
• Ipervolemia plasmatica
- terapia diuretica inadeguata
- insufficienza renale ingravescente
- elevato consumo di sodio
- iperaldosteronismo ________________________________________________________________________
Cause di ipertensione resistente “spuria”
• Ipertensione da camice bianco
• Impiego di bracciali di misure inadeguate
• Pseudoipertensione
INVIO ALLO SPECIALISTA Si ritiene opportuno che vengano inviati allo specialista di secondo livello i pazienti con le seguenti caratteristiche :
• sospetto di ipertensione secondaria,
• ipertensione arteriosa resistente,
• ipertensione arteriosa severa,
• ipertensione arteriosa con gravi complicanze d’ organo,
• ipertensione giovanile.
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Agli Uffici Amministrativi
del Distretto n° .............
di ..................................
Io sottoscritto, Medico di Medicina Generale del/della Sig./sig.ra
cognome e nome utente n° tessera di iscrizione al SSN
dichiaro che il paziente sopracitato e’ affetto da MALATTIA IPERTENSIVA
[ ] SENZA DANNO D’ORGANO [ ] CON DANNO D’ORGANO
� 031.401 ipertensione essenziale
� 031.402 cardiopatia ipertensiva
� 031.403 nefropatia ipertensiva
� 031.404 cardionefropatia ipertensiva
� 031.405 ipertensione secondaria
in terapia con
...................................................................................................................................
..........................………………………………………………………………………………..……
data diagnosi di ipertensione arteriosa ........./........./................
timbro e firma del M.M.G.
data richiesta ........./........./..... ...............................................................
spazio riservato A.S.L.
data di rilascio tessera
........./........./..................
eventuali note
firma dell’ Operatore
..............................................................
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Dipartimento dei Servizi Sanitari di Base
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CONSIGLI PER UNA DIETA IPOSODICA:
ALIMENTI
DA PREFERIRE DA EVITARE
latte e latticini latte fresco intero o parzialmente
scremato, yogurt
latte condensato o in polvere
formaggi formaggi freschi, mozzarella, crescenza,
belpaese, quartirolo non più di una
porzione la settimana
formaggi stagionati
salumi e insaccati considerando l’elevato contenuto di sodio di
tutti questi alimenti è preferibile evitarne
il consumo
pesce fresco o surgelato
il pesce fresco deve essere sciacquato
abbondantemente in acqua corrente perché
talvolta viene conservato in acqua salata
prima della vendita
molluschi, crostacei, acciughe, sardine,
caviale, salmone, stoccafisso, sgombri,
pesce sott’olio, marinato, in scatola, in
salamoia, in carpione
carne manzo, bue, vitello, pollo, tacchino, coniglio,
fegato di vitello
oca, selvaggina, frattaglie,
carni conservate in scatola o affumicate
uova 2 alla settimana
pane e farinacei pasta, riso, crema di riso, grissini senza
sale, pane toscano
crakers, corn flakes, grissini salati
frutta frutta fresca di stagione, cotta o frullata fichi freschi e secchi, pompelmo, polpa di
limone, frutta secca, sciroppata, succhi di
frutta confezionati
verdura verdura fresca o surgelata barbabietole, finocchi. olive verdi, olive
conservate, cardi, carciofi, sedano, spinaci,
scorzonera, verza, crescione, carote,
erbette, crauti, piselli surgelati o secchi,
verdura conservata in scatola
grassi olio di oliva o di semi burro, margarina, strutto, lardo
dolciumi zucchero, miele, marmellate e gelatine
purché non conservate con benzoato di
sodio
dolciumi in genere di preparazione
industriale
bevande vino e birra in modesta quantità te, caffè, superalcolici, bibite, acqua gasata
varie aceto, succo di limone, pepe, cannella, noce
moscata, chiodi di garofano, vaniglia,
zafferano, salsa di pomodoro senza sale,
aromi in generale
dadi per brodo, estratto di carne, salse
conservate, maionese di preparazione
industriale, mostarde, capperi, olive,
saccarina
Gli alimenti devono essere confezionati senza aggiunta di sale; è da preferire la cottura al vapore, alla griglia, con
bollitura, al forno, al cartoccio. Il carattere insipido della dieta può essere corretto con alcuni accorgimenti pratici quali
l’ uso delle spezie e degli aromi descritti nella casella “varie”
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DIETA IPOLIPIDICA - NORME GENERALI
ALIMENTI
DA PREFERIRE DA EVITARE
latte e latticini
formaggi
latte scremato, yogurt magro, formaggi
magri (quartirolo, ricotta romana, caprino di
latte vaccino, mozzarella, scamorza)
latte intero, latte condensato, yogurt intero,
tutti i formaggi grassi o stagionati
insaccati
prosciutto crudo magro privato del grasso
visibile, bresaola
coppa, mortadella, salame, cotechino,
salsicce, pancetta, zampone, prosciutto
cotto
pesce
calamari, luccio, merluzzo, orata, palombo,
polpo, razza, rombo, salmone, seppie,
sogliola, spigola, tinca, trota, vongole;
carpa, cefalo, sarde, sgombro, tonno, triglia
gamberi, aragosta, anguilla
carne
parti magre di vitello, manzo, pollo, coniglio,
agnello, cucinate ai ferri, bollite, al forno o
arrosto senza grassi (la pelle del pollo deve
essere scartata dopo la cottura)
parti grasse del maiale fresco, oca,
selvaggina, frattaglie,
carni conservate in scatola
uova
2 alla settimana, solo se prescritti dalla
dieta
cereali e derivati
pane bianco, pane integrale, grissini senza
grassi, pasta, riso, semolino
pane all’olio, biscotti, crakers, fette
biscottate, pasta all’uovo
frutta
frutta fresca di stagione, (uva, cachi, fichi,
banane, solo 200gr. al giorno)
frutta secca, sciroppata, castagne
verdura
tutte le verdure a foglia verde e gli ortaggi;
le patate sono concesse solo in sostituzione
del pane (150 gr. di patate sono pari a 40
gr. di pane)
condimenti
olio di oliva o di semi di mais o girasole
burro, margarina, strutto, lardo
dolciumi
zucchero, gelati, biscotti, caramelle,
cioccolato, dolciumi in genere
bevande
te, caffè, spremuta di frutta al naturale (in
sostituzione della frutta) vino e birra
secondo prescrizione medica
bevande zuccherine, succhi di frutta,
superalcolici, bibite gasate
varie
brodo vegetale, aromi, cipolla, origano,
basilico, prezzemolo, sottaceti, senape,
spezie, aceto, succo di limone
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CONSIGLI PER UNA DIETA IPOLIPIDICA
Norme dietetiche generali
L'aumento del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue favorisce l'insorgenza dell'aterosclerosi che predispone a malattie gravi quali l'angina pectoris, l'infarto cardiaco, l'ictus cerebrale e l'arteriopatia obliterante degli arti inferiori. E' quindi opportuno che il colesterolo e i trigliceridi siano mantenuti al di sotto dei 200 mg/dL soprattutto quando sono presenti altri fattori di rischio per l'aterosclerosi come un genitore colpito da infarto del miocardio, il sesso maschile, l'ipertensione, il fumo di sigaretta, il diabete e bassi livelli di colesterolo HDL.
Un'alimentazione corretta rappresenta un insostituibile mezzo per mantenere o per riportare a valori accettabili i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Solo in caso di fallimento della dieta si deve procedere ad una terapia con farmaci che, comunque non sostituiscono la dieta ma si aggiungono ad essa. La dieta si basa sulla riduzione degli alimenti più ricchi in colesterolo e in grassi di origine animale e solo quando e' strettamente necessario, cioè in caso di sovrappeso o di vera obesità anche sulla riduzione della quantità degli alimenti. Nella scelta degli alimenti si deve dare la preferenza a quelli di origine vegetale che sono privi di colesterolo e poveri di grassi "saturi" ritenuti dannosi perché tendono ad elevare i tassi di colesterolo nel sangue.
Primi piatti e pane La pasta, il riso e il pane, sia nella preparazione abituale che in quella integrale possono essere assunti liberamente a meno che il peso corporeo non sia eccessivo. In questo caso la quantità va' limitata secondo la prescrizione. Nella preparazione di primi piatti, particolare attenzione deve essere posta nella scelta del condimento.
Condimenti Si basano essenzialmente su grassi. Non devono essere usati quelli di origine animale (burro, strutto, lardo ecc.) che devono essere completamente sostituiti da quelli di origine vegetale. Olio di oliva e di mais, in quantità contenute sono i grassi permessi e, qualora la preparazione dei cibi lo renda necessario, possono essere usate le margarine molli in vaschetta, non quelle solide.
Carni Il consumo delle carni che e' in genere superiore alle reali necessità, deve essere accuratamente controllato perché esse sono ricche in colesterolo e in grassi "saturi" anche quando il grasso visibile viene rimosso. La carne deve essere limitata a non più di 3 - 5 pasti alla settimana e si deve dare la preferenza al pollame, ai tagli magri di manzo e di cavallo e alla carne di coniglio. Le frattaglie (cervello, cuore, fegato e rognone) sono particolarmente ricche in colesterolo e grassi e vanno pertanto eliminate dall'alimentazione abituale. Pesce Tutti i pesci, compreso i più comuni crostacei, hanno un contenuto in grassi relativamente basso. Fanno eccezione l'anguilla e il capitone che, comunque, contengono come tutti gli altri prodotti della pesca, grassi non dannosi e, probabilmente, anche utili. L'uso del pesce deve essere aumentato fino a raggiungere i 3 - 4 piatti settimanali.
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Legumi E' opportuno aumentare il consumo dei legumi (fagioli, ceci, fave, lenticchie, piselli, ecc.) che rappresentano una fonte preziosa di proteine e sono privi di grassi. Possono validamente sostituire i cibi che devono essere eliminati dall'alimentazione abituale. Uova Per il loro alto contenuto in colesterolo, il consumo delle uova deve essere limitato a non più di 2 - 3 la settimana, tenendo in considerazione anche le uova utilizzate nella preparazione dei cibi (pasta all'uovo, torte, impanature, ecc.).
Salumi I salumi non devono essere consumati più di 2 - 3 volte la settimana. Vanno preferito il prosciutto crudo e la bresaola dopo averli privati del grasso visibile. I salumi insaccati (salami) sono sconsigliabili perché i grassi aggiunti durante la macinazione della carne non possono essere allontanati.
Latticini I formaggi rappresentano comunemente la fonte maggiore di grassi animali e il loro consumo deve essere pertanto ridotto a non più di 2 volte la settimana. E' da ricordare che in Italia non esistono formaggi magri. I soli latticini magri sono la ricotta magra e i cosiddetti fiocchi di latte che possono essere assunti più liberamente.
Latte e Yogurt Devono essere utilizzati quelli parzialmente o totalmente scremati.
Verdura e Frutta fresca Possono essere assunti liberamente e rappresentano un'eccellente alternativa ai "fuori pasto".
Bevande Il consumo delle bevande non alcoliche e' libero, ma si deve tenere presente il loro elevato contenuto in zuccheri quando la dieta deve essere povera di calorie. Il vino e le altre bevande alcoliche non hanno alcuna influenza sul colesterolo ma possono peggiorare i livelli di trigliceridi quando questi sono già elevati. Il loro consumo ha le stesse limitazioni delle bevande zuccherate in caso di sovrappeso.
Dolci I dolci hanno un contenuto in grassi piuttosto elevato e alcuni, soprattutto quelli a base di creme, particolarmente alto. Il loro consumo deve essere quindi fortemente limitato. Possono fare eccezione alcuni gelati e, in particolare i sorbetti a base di frutta.
Piatti preconfezionati E' preferibile non vengano consumati perché non sono generalmente noti quali e quanti grassi vengono usati nella loro preparazione. La preparazione dei piatti Per le carni e il pesce sono in generale da preferirsi le cotture che richiedono la minima aggiunta di grassi come la cottura alla griglia, alla piastra o al cartoccio. Vanno limitati gli arrosti e gli umidi e aboliti i fritti che necessitano di grassi di cottura abbondanti. Le verdure vanno preferibilmente consumate crude oppure dopo cottura al vapore o la bollitura in poca acqua.
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Spezie, erbe aromatizzanti, prezzemolo, cipolla, aglio, aceto e tutto ciò che può servire a rendere più gradevoli le vivande, sono consentiti nella quantità desiderata. E' tollerato l'uso di dadi per brodo (4-5 g) o di estratti di carne necessari per la preparazione dei primi piatti. Il peso degli alimenti specificati nel menù si riferisce al peso dell'alimento crudo, al netto degli scarti.
Suddivisione del menù settimanale Una attenzione particolare deve essere posta nella scelta dei secondi piatti che deve seguire alcune regole limitative che riguardano in particolare: le uova: UN UOVO non più di 1 volta la settimana i formaggi: non più di 2 volte la settimana i salumi: non più di 2 volte la settimana le carni: non più di 6 volte la settimana
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DETERMINAZIONE DELL' INDICE DI MASSA CORPOREA (BMI) DA PESO E ALTEZZA
INDICE DI MASSA CORPOREA (Kg/mq)
19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 35 40
Altezza (cm)
Peso(kg)
147 41 43 45 48 50 52 54 56 58 61 63 65 76 86
150 43 45 47 50 52 54 56 59 61 63 65 68 79 90
152 44 47 49 51 54 56 59 61 63 66 68 70 82 94
155 46 49 51 54 56 58 61 63 66 68 71 73 85 97
159 48 51 53 56 58 61 63 66 68 71 73 76 88 101
162 50 52 55 58 60 63 66 68 71 73 76 79 92 105
165 52 54 57 60 63 65 68 71 74 76 79 82 95 109
168 54 56 59 62 65 68 71 73 76 79 82 85 99 113
171 56 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 102 117
174 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 106 121
177 60 63 66 69 72 75 78 81 85 88 91 94 110 125
180 62 65 68 71 75 78 81 84 87 91 94 97 113 130
183 64 67 70 74 77 80 84 87 90 94 97 100 117 134
186 66 69 73 76 80 83 86 90 93 97 100 104 121 138
189 68 71 75 79 82 86 89 93 96 100 104 107 125 143
192 70 74 77 81 85 88 92 96 100 103 107 111 129 147
L’ indice di massa corporea, o BMI, è il parametro di scelta per valutare l’obesità. Il BMI prende in
considerazione peso e altezza di un soggetto, in quanto si ottiene dividendo il peso corporeo espresso in
Kg per la superficie corporea (BMI = Kg/mq)
Per utilizzare la tabella, individuare l’altezza del soggetto sulla colonna sinistra e quindi il peso nella riga
corrispondente. Il numero alla sommità della colonna del peso rappresenta il BMI del soggetto.
In genere un soggetto di età > 35 anni è considerato sovrappeso se il BMI è compreso tra 25 e 30, obeso
se il BMI è > 30.
La determinazione del BMI presenta le stesse limitazioni delle tabelle peso per altezza, in quanto il BMI
non fornisce informazioni sulla percentuale o sulla distribuzione del tessuto adiposo corporeo.
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INDICATORI PER IL MONITORAGGIO DELLA GESTIONE DEL PAZIENTE IPERTESO Obiettivo del monitoraggio è individuare la appropriatezza del percorso assistenziale del paziente, sulla base delle linee guida concordate e condivise, al fine di assicurare a ciascun paziente la miglior qualità di cura, di individuare le criticità per poter mettere in atto le correzioni specifiche. UTILIZZO RISORSE OSPEDALIERE Ricoveri ordinari o day hospital con prima diagnosi “ipertensione” codice ICD 9 da 401 al 405 (n°/anno) Visite specialistiche di branca – prima visita codice 897 – visite successive codice 8901- riferite ai seguenti codici di specialità cardiologia 08 (n°/anno) medicina generale 26 (n°/anno) ESAMI DI LABORATORIO E DIAGNOSTICA colesterolo HDL codice 90141 (n°/anno) colesterolo totale codice 90 143 (n°/anno) colesterolo LDL codice 90142 (n°/anno) creatininemia codice 90163 (n°/anno) trigliceridi codice 90432 (n°/anno) quadro elettrolitico codice 90374 – 90404 – 90133 (n°/anno) fundus oculi codice 9511 (n°/anno) ECG codice 8952 (n°/anno) ECG da sforzo codice 8943 (n°/anno) Ecocardiografia codice 88721 (n°/anno) Holter codice 8954 (n°/anno) MAP codice 89611 (n°/anno) Rx Torace codice 87441 (n°/anno) FARMACI (per gruppo ATC)
consumo farmaci antipertensivi C03C – C03D – C03E (diuretici) C07 (betabloccanti)
C08 (calcioantagonisti) C09 (inibitori dell’angiotensina)
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revisione 2008 linee guida ipertensione 38
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Le tabelle 1. 2. 3. 4. relative alla terapia farmacologica dell’ ipertensione, sono state tratte dall’ articolo pubblicato su “Avvenire Medico”