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Lineamenti di Teoria della Misura e degli Errori Università Mediterranea di Reggio Calabria – Facoltà di Architettura Corso di Formazione in Elementi di Edilizia - FEED Corso di DISEGNO – Modulo 2 Prof. Franco Prampolini Unità didattica n. 2.02

Lineamenti di Teoria della Misura e degli Errori - unirc.it · Teoria della Misura e degli Errori ... una grandezza fisica, cioŁ, si produce un ˇinterferenzasul sistema. Il solo

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Lineamenti diTeoria della Misura e degli Errori

Università Mediterranea di Reggio Calabria – Facoltà di ArchitetturaCorso di Formazione in Elementi di Edilizia - FEED

Corso di DISEGNO – Modulo 2Prof. Franco Prampolini

Unità didattica n. 2.02

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Lineamenti di Teoria dellaMisura e degli Errori

“Mi sia concesso iniziare con una affermazione chepuò sembrare un paradosso: volendo parlare di errorioccorre essere molto precisi. Precisi e metodicisopratutto nelle definizioni che costituiscono lepremesse indispensabili di ogni indagine e che inparticolare, trattando degli errori, costituiscono anchegli elementi di paragone teoretici dei risultati pratici”.

M. Cunietti, Gli errori di misura (Conferenza tenuta l'11 aprile 1961)

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Definizione: Lord Kelvin

“When you measure what you arespeaking about and express it innumbers, you know something about it,but when you cannot express it innumbers your knowledge about is of ameagre and unsatisfactory kind.”

“… quando potete misurare ed esprimerein numeri ciò di cui state parlando, soloallora sapete esprimere qualcosa diesso; ma quando non vi è possibileesprimere numericamente l’oggettodella vostra indagine, allora la vostraconoscenza è scarsa ed insoddisfacente.…”

William Thomson (Lord Kelvin) (1824 - 1907)

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Le Grandezze

Abbiamo visto, nell’introduzione, che l’uomo tende a rappresentarese stesso l’ambiente che lo ospita in molteplici atteggiamenti: partelegati alla concettualità pura (fantasia) parte legati a più concreteforme di interazione con l’ambiente stesso.

Ciò che l’uomo misura, indipendentemente dalla finalità dellamisura stessa, è riconducibile a qualcosa che può esserequantificato e che, in quanto tale, è suscettibile di misura.

Definiamo una Grandezza come una caratteristica che vienericonosciuta come comune in singole concretizzazioni di Concettiche nascono dall’osservazione della realtà.

Esempio: sollevando oggetti diversi ne riportiamo una differentesensazione di sforzo; da questa osservazione nasce il concetto dipeso; il peso è una caratteristica che riconosciamo come comunein oggetti diversi; il peso è una grandezza.

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Classi di Grandezze

Una classe di grandezze è l’insieme delle grandezze dello stesso genere.

Bertrand Russell definisce una grandezza come … una coppia direlazioni definibili, maggiore o minore; queste relazioni sonosimmetriche e transitive e sono incompatibili, nel senso che ognivolta una è valida tra A e B e l’altra è valida tra B ed A.

I termini che sono suscettibili di queste relazioni sono grandezze.Ogni grandezza ha una certa relazione particolare con qualcheconcetto, che si esprime dicendo che essa è una grandezza di quelconcetto.

Due grandezze che hanno questa relazione con medesimo concettosi dicono dello stesso genere; essere dello stesso genere è lacondizione necessaria e sufficiente per una relazione del tipo‘Maggiore’ o ‘Minore’”.

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La “Misura”: B. Russel

Esistono varie definizioni di Misura.

La definizione data da Bertrand RUSSELL nel suo volume ThePrinciples of Mathematics è probabilmente ancora oggi la piùgenerale e intrinsecamente completa:

Dicesi misurazione di grandezze, nel senso più generale, qualsiasi metodocon cui si stabilisca una correlazione univoca e reciproca tra tutte o tra alcunegrandezze di un determinato genere e tutti o alcuni numeri interi, razionali oreali secondo il caso. In questo senso generale la misurazione richiede unarelazione uno-uno tra i numeri e le grandezze in questione, relazione che puòessere diretta o indiretta, importante o banale, secondo le circostanze.

Bertrand Russell

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La misura è il procedimento che permette di ottenere ladescrizione quantitativa di una grandezza fisica.

Questo processo presuppone sempre:

• l’elaborazione di un modello descrittivo di ciò che si vuolemisurare, mediante la sua definizione e la formalizzazione direlazioni fisico/geometriche tra la grandezza misurata e altregrandezze;

• la formalizzazione di una scala di misura, che consenta diconoscere una relazione d’ordine tra i diversi valori che ilmisurando può assumere.

• L’oggetto che materializza la scala di misure e ne consentel’impiego ai fini della misura, detto Strumento.

La “Misura” - Definizioni 1

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La “Misura” - Definizioni 2

MISURA: informazione costituita da un numero, un’incertezzaed un’unita di misura, assegnata a rappresentare unparametro in un determinato stato del sistema.

INCERTEZZA: intorno limitato del valore di un parametro,corrispondente agli elementi della fascia di valoreassegnatagli come misura.

UNITA DI MISURA: termine di riferimento adottato, perconvenzione, per confrontare una grandezza con altre dellastessa specie.

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Misure Dirette e Indirette

Le misure si classificano in DIRETTE e INDIRETTE.Sia le une che le altre possono essere Condizionate.

Sono misure DIRETTE di una grandezza quelle che possonoeseguirsi sovrapponendo I'unita di misura alla grandezza damisurare e leggendo direttamente il valore. Per esempio le misuredi una lunghezza effettuata mediante l'impiego di un cordellametrica.

Sono misure INDIRETTE di una grandezza quelle che possonoessere ottenute attraverso relazioni analitiche, che legano tra loroaltre grandezze misurate direttamente.

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Misure condizionate

Entrambe le precedenti tipologie di misure vengono poidefinite CONDIZIONATE, quando le grandezze che sideterminano debbono sottostare a delle condizioni note.

Ad esempio se si misurano gli angoli interni di un poligonodi n vertici, le misure effettuate dovranno soddisfare lacondizione π2nαi

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Gli Strumenti

Ogni misura, come detto, necessita di uno Strumento. Ai fini dellapresente esposizione saranno quindi approfondite le implicazionilogiche dell’uso degli strumenti in quanto parte integrante del processodi misura.In questo senso lo strumento funziona essenzialmente comematerializzazione dell’unità di misura e dell’organo di confronto. È, inquanto tale, la materializzazione di una grandezza della stessa classedel misurando, ma, in qualche modo, è allo stesso tempo, al di fuoridal contingente: per dirla con le parole di Roberto Masiero: una cosanon può essere, allo stesso tempo, misura e misurata.

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Gli Strumenti: portata e sensibilità

Sul piano pratico poi, innanzitutto, bisogna tener conto dell’intervallodi funzionamento di uno strumento. Difatti ogni strumento è in gradodi fornire delle misure di una grandezza partendo da un valore minimodetto soglia e fino ad un valore massimo che ne è la portata.

L’ampiezza di questo intervallo dipende dalle sue caratteristichecostruttive e queste sono pure responsabili del fatto che al di fuori diquesti limiti la risposta dello strumento è in genere alterata in modoche la corrispondenza tra questa e la grandezza da misurare nonoffre più sufficienti garanzie di riproducibilità.

Si definisce pertanto sensibilità di uno strumento il minimo valoredella grandezza che si vuole misurare ancora apprezzabile dallostrumento e l’indeterminazione che ne segue nella misura dellagrandezza è detta errore di sensibilità.

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Gli Strumenti: precisione

Si definisce precisione di uno strumento il rapporto tra la sensibilitàdello strumento e la massima quantità di grandezza che lo strumentopuò misurare (portata). Una riga millimetrata lunga 1 metro ha unaprecisione di 1 * 10-3; una bilancia che misura fino a 20 Kg con lagraduazione del grammo ha una precisione di 2 * 10-4.La precisione è quindi ADIMENSIONALE.

Per il fatto di essere ADIMENSIONALE, la precisione ci permette diconfrontare l'accuratezza di misure di diverso tipo che intervengononella determinazione di una grandezza misurata indirettamente.

Si definisce inoltre come errore ( νi ) di una generica misuraν i = Xi – Xm

la differenza tra il valore Xi che corrisponde a quella misura e ilvalore Xm che si avrebbe effettuando la misura in una situazione incui i parameri ambientali assumessero il loro valore medio.

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Incertezza: W. Heisenberg

Tutti gli strumenti di misurazione sono costruiti dall’uomo e non hanno quindicaratteristiche soprannaturali, possiamo affermare, con certezza, che non esistenessuno strumento in grado di effettuare una misurazione esatta (ammesso chetale concetto sia in questo campo utilizzabile).Ricordiamo il principio di indeterminazione di Heisenberg che afferma che “Non èpossibile conoscere simultaneamente posizione e quantità di moto di un datooggetto con precisione arbitraria”. In Fisica moderna, in altre parole, non ha sensochiedersi qual è la traiettoria di una particella, ossia cercare di individuare con lamedesima precisione posizione e velocità del sistema, perché ciò è vietato dallastessa interazione con lo strumento di misura. Quando si effettua la misurazione diuna grandezza fisica, cioè, si produce un’interferenza sul sistema. Il solo atto dellamisurazione produce una variazione dell’entità da misurare rendendola affetta daerrore in quanto non conforme al suo stato preesistente.Non ha quindi senso parlare di un “valore vero” della misura, ma è opportunoconsiderare il “valore istantaneo” della stessa.

Werner Heisenberg

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Incertezza: B. Russell

Ancora una volta la definizione di incertezza che ci viene da B. Russellè di particolare efficacia:“Siamo portati a pensare che, per effettuare in pratica misure precise, siapreferibile usare una sbarra d'acciaio piuttosto che un'anguilla viva. È unosbaglio; non perché l'anguilla ci dica quel che si presume la sbarra debbadirci; bensì perché in realtà la sbarra non ci dice niente di più di quel che nonci dica l'anguilla. Non è che le anguille siano rigide: è che in realtà le sbarred'acciaio si contorcono. A un osservatore che si trovasse in un determinatostato di moto, l'anguilla apparirebbe rigida mentre la sbarra sembrerebbeagitarsi esattamente come noi vediamo agitarsi l'anguilla. Per chiunque simuovesse in modo diverso sia da noi sia da questo osservatore, tantol'anguilla quanto la sbarra apparirebbero in agitazione. E non è il caso diaffermare che un osservatore ha ragione e un altro ha torto. In faccende delgenere, quel che si vede non va riferito unicamente al processo fisicoosservato, ma anche al punto di vista dell'osservatore. Le misure delledistanze e dei tempi non rivelano direttamente le proprietà delle cosemisurate, ma i rapporti tra le cose e il misuratore”.(da L'ABC della Relatività)

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Incertezza: Einstein

Le teorie di Bohr mi interessano moltissimo, tuttavia nonvorrei essere costretto ad abbandonare la causalità strettasenza difenderla più tenacemente di quanto abbia fattofinora. Trovo assolutamente intollerabile l'idea che unelettrone esposto a radiazione scelga di sua spontaneavolontà la direzione del salto. In questo caso preferirei fareil croupier di casinò piuttosto che il fisico”.

Non è facile adeguarsi a questo mododi pensare e non sorprende che moltifisici lo considerassero inaccettabile.Tra gli oppositori di questa concezioneci fu anche il più grande fisico delNovecento, Albert Einstein (1879-1955):

“Sembra difficile poter dare un’occhiata alle carte di Dio. Ma che Diogiochi a dadi come la attuale teoria quantistica gli richiede, è un fattoche non posso credere neppure per un solo momento.

Albert Einsteine Niels Bohr

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Incertezza: Bohr Vs. Einstein

Le figure più rappresentative erano Einstein e Bohr che replicò adEinstein dicendo “Einstein! Smetti di dire cosa Dio deve fare!”.E ancora "Non solo Dio gioca a dadi, ma bara pure".

Ben 17 dei 29 partecipanti a questa conferenza divennero poi vincitori diPremi Nobel.Senza tuttavia scomodare la meccanica quantistica, che ci porta alleradici stesse del problema, possiamo comunque ritenere che il processodella misurazione, Attività eminentemente umana, come la definiva CarloMonti nel 1984 (Fondamenti di Rilevamento Generale, Utet), che consentedi correlare una grandezza ad un numero, avvenga in un sostanzialeambito di incertezza anche nel “mondo reale”.

Questa famosissima frase di Einstein vennepronunciata, tra l’altro, nel corso della 5a SolvayConference, tenuta nell’ottobre del 1927, cheaveva come tema “Neutroni e Fotoni” e dove ifisici più famosi del mondo si riunirono perdiscutere la “Teoria dei Quanti” da poco divulgata.

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Incertezza: Ambiti 1

1. Incertezza della grandezza oggetto da misurare: al di la, comedicevamo, dei problemi indotti dalla meccanica quantistica, glioggetti reali possono mutare il loro stato in base alle condizioniambientali, ad esempio per la temperatura, o per l’umidità o, piùsemplicemente, per l’usura o l’esposizione agli agentiatmosferici. Ciò determina che la grandezza da misurare non sipresenta costante nel tempo.

2. Incertezza dello strumento che utilizziamo per la misura, ilquale può essere soggetto a varie imperfezioni costruttive,rispetto alle sue caratteristiche geometriche, alla graduazioneche materializza l’unità di misura, ecc.

Possiamo individuare sostanzialmente quattro ambiti nei quali siarticola, sul piano fenomenologico, l’incertezza del processo dimisurazione:

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Incertezza: Ambiti 2

3. Incertezza metodologica: anche utilizzando il medesimostrumento per misurare la medesima classe di grandezze èpossibile utilizzare tecniche e metodiche mensoriesostanzialmente differenti che generano misurazioni affattodiverse.

4. Incertezza nell’operatore: se la misura è atto eminentementeumano (anche quando la misura viene effettuata in modoautomatico da macchine, la definizione delle condizionioperative e la taratura del sistema è sempre riconducibileall’attività dell’uomo) e il giudizio dell’operatore risultacomunque determinante ai fini della precisazione del risultatofinale, è di piena evidenza come questa dipendenza crei di fattouna situazione di aleatorietà.

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Incertezza: Esiti

Il risultato di questa situazione è costituito, in ultima analisi, dal fattoche se ripetiamo più volte la misura di una stessa grandezza ilnumero che rappresenta la misura non sarà costante, ma varierà inmodo aleatorio all’interno di determinati limiti.

Una misura, quindi, è si presenta sempre come una variabile casualee può essere intesa come somma di un evento deterministico(misurando) e di altri eventi sovrapposti (errori di misura/correzioni).

Per una stima corretta della misura e degli errori è necessarioapplicare tecniche statistiche per il trattamento dei dati casuali e lateoria della probabilità.

Definiamo ulteriormente la PRECISIONE come la capacità diquantificare in modo rigoroso l’ambito di incertezza nel quale lamisurazione ha luogo.

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Errori grossolani e sistematici

Gli errori, connaturati al processo di misura, si possono suddividerein tre categorie fondamentali: grossolani, sistematici e accidentali.

Gli errori grossolani (outlier) sono gli sbagli, quelli dovuti a qualchesvista nell'eseguire le misure come, ad esempio, quelli ditrascrizione, o di cattiva lettura della scala. Tali errori non sonotemibili in quanto se si effettuino più misure di una grandezza si notasubito se fra le misure concordanti ce n’è qualcuna che si discostanotevolmente dalle altre.

Gli errori sistematici (bias) sono quelli dovuti all'impiego di unostrumento o un metodo di misura che faccia sbagliare sempre nellostesso senso. Tali errori hanno dunque segno costante e possonoinfluire anche gravemente sulle misure; in genere operando conaccuratezza possono essere individuati e valutati. Si possono quindicorreggere le misure o si possono usare gli strumenti con metodi checonsentano di eliminare tali errori.

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Errori accidentali o casuali

Gli errori accidentali o casuali, sono errori dovuti a cause diverse,indipendenti fra di loro, che possono agire sia in un senso che nelsenso opposto. Sono generalmente dovuti all’osservatore, agli effettidell’ambiente, agli strumenti, all’ora di osservazione, ecc. e possonocontenersi in limiti ristretti se si opera con attenzione e con lenecessarie cautele. Tali errori si presentano quindi nelle misure avolte con un segno, a volte col segno opposto, e quasi sempre convalori piuttosto piccoli.

Gli errori accidentali sono radicati, come si è visto, nel processostesso della misura e non possono mai essere evitati. Occorre peròvalutarli per definirne l’entità e per minimizzarne gli effetti.

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La teoria degli Errori 1

Lo studio di questi errori presuppone l’esecuzione di un numerosufficientemente alto di misure, svolte tutte, per quanto possibile,nelle medesime condizioni. Ottenuta la relativa distribuzione saràpossibile valutarla con le metodiche proprie della statistica checonsentiranno di estrarre indici descrittivi dei valori e affidabilità dellemisure e degli strumenti.

La teoria degli errori che consideriamo riguarda specificamente glierrori casuali di osservazione e si occupa di determinare i limiti entroi quali devono essere contenuti gli errori per poter essere consideraticasuali, di calcolare il valore più probabile della grandezza e didefinire un giudizio sulla precisione delle misure eseguite.

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La teoria degli Errori 2

La teoria degli errori di osservazione, trova applicazione quando sieffettuano numerose misure di una grandezza. I risultati sono tantopiù accettabili quanto maggiore è il numero delle determinazioni dellagrandezza in esame.

Gli sviluppi di tale teoria consentono poi di ricavare, per i vari tipi dimisura, la precisione che ci si deve attendere nel determinarle e,quindi, la tolleranza accettabile per ciascun tipo di operazioni.

In base alla diversa tipologia di errori possiamo poi definire lecaratteristiche proprie di uno strumento, due parametri fondamentali:Precisione e Accuratezza. Vediamone una descrizione intuitiva colclassico esempio del tiro a bersaglio.

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m

J1

m

J 2

m

J 3 J

m

4

Accuratezza

Precisione

1 - preciso ed accurato 2 - preciso ed inaccurato3 - impreciso ed accurato 4 - impreciso ed inaccurato

Precisione e Accuratezza

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La misura come evento aleatorio

La misura quindi si presenta come un evento aleatorio, o, meglio,il valore della misura (osservazione) si comporta come unavariabile statistica casuale monodimensionale.

Se si misura più volte la stessa grandezza si hanno risultatidiversi specialmente se le misure si fanno con alta precisione.

Per studiare quindi un processo di misura si parte conl’estrazione di un campione statistico significativo della misurastessa, eseguendo cioè più osservazioni e raccogliendo i valoriottenuti, e si prosegue quindi nella graficizzazione del fenomenostudiato costruendone l’istogramma.

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Il Campione statistico

Principali parametri statistici del Campione:

a) Popolazione: l'insieme di ‘N’ individui che possiedono tutti unastessa caratteristica che si presenta in quantità differenti;

b) Attributo: la caratteristica suddetta;

c) Valori argomentali: i differenti valori dell'attributo che possonopresentarsi negli individui della popolazione;

d) Frequenza assoluta: il numero degli individui che hanno lostesso valore argomentale;

e) Frequenza relativa: il rapporto tra la frequenza assoluta ed ilnumero totale degli individui della popolazione.

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Immaginiamo di aver misurato per 500 volte la lunghezza dicirca 1 metro e 80 cm (1800 mm) con uno strumento con lasensibilità del millimetro. Contiamo quante volte un certovalore compare nel campione e costruiamo la relativa tabella.La distribuzione tipica sarà la seguente:

Lunghezza (mm) Frequenza Probabilità

1793 1 0,2%

1794 4 0,8%

1795 4 0,8%

1796 18 3,6%

1797 38 7,6%

1798 56 11,2%

1799 69 13,8%

1800 96 19,2%

1801 72 14,4%

1802 68 13,6%

1803 41 8,2%

1804 18 3,6%

1805 12 2,4%

1806 2 0,4%

1807 1 0,2%

I Valori misurati

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L’Istogramma dei valori

frequenza

1 4 418

3856

69

96

72 68

41

18 122 1

020406080

100120

_179

3_1

794

_179

5_1

796

_179

7_1

798

_179

9_1

800

_180

1_1

802

_180

3_1

804

_180

5_1

806

_180

7Valori

frequenza

Costruiamo ora l’istogramma dei dati, secondo la frequenza, ovverosecondo la percentuale, con la quale ogni singolo valore si è presentato:

Percentuale

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%_1

793

_179

4

_179

5

_179

6

_179

7

_179

8

_179

9

_180

0

_180

1

_180

2

_180

3

_180

4

_180

5

_180

6

_180

7

Valori

Perc

entu

ale

Probabilità

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Intervalli e Frequenza

Si riportano sull’asse delle ascisse i valori, determinandoopportuni intervalli che tengono conto del valore massimo eminimo ottenuti (di norma la scala dei valori tende a coinciderecon la sensibilità dello Strumento).

Sull’asse delle ordinate sarà riportata, anche in questo casocon intervalli opportuni rapportati al numero delle osservazionifatte, la frequenza con la quale i valori, compresi nell’intervalloprescelto, si sono presentati all’interno del campione (quantevolte è comparso un determinato valore), ovvero lapercentuale con la quale lo stesso evento si è verificato.

frequenza

1 4 418

3856

69

96

72 68

41

18 122 1

020406080

100120

_179

3_1

794

_179

5_1

796

_179

7_1

798

_179

9_1

800

_180

1_1

802

_180

3_1

804

_180

5_1

806

_180

7

Valori

frequenza

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Il Postulato della MediaQuesta distribuzione può essere descritta in prima battuta datre indici statistici di primo grado:

MODA: valore di massima frequenza (f = max)

MEDIA:

MEDIANA: valore che divide in due la distribuzione

Il Postulato della Media afferma che, non potendo determinare,il “valore vero” di una grandezza, si assume il valore Medio,come il valore più attendibile, o verosimile, della grandezzaconsiderata.

Per un numero sufficientemente alto di valori i tre indici tendono acoincidere.

nX...XXX n21

0

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Il valore “vero” della misura

Questa scelta lascia però aperto il campo ad una considerazione. Seun osservatore esegue n misure di una grandezza e ne fa la mediaottiene un certo valore; se un altro osservatore ripete le misure n voltene ottiene con molta probabilità un altro. Quindi siamo ancora inpresenza di valori non univoci.

La risposta che dà la teoria della misura è questa: se si vuole che unaserie di misure dia un valore univoco indipendentemente da chi laesegue, occorrerebbe fare infinite misure. In altre parole: per unaserie di infinite misure di una stessa grandezza, la media aritmeticadegli infiniti valori delle due serie di misure sarà uguale.

Il valore che si otterrebbe facendo infinite misure è quello che la teoriadella misura definisce “valore vero” della misura stessa.

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Poiché nessuno è in grado di fare infinite misure di una grandezza èchiaro che il valore vero della misura non sarà mai noto.L’operazione di misura ci porterà quindi a conoscere solo una stimaempirica del “valore vero”; in altre parole sia una generica misura diuna serie di n misure, sia la media aritmetica della serie di misuresono delle stime empiriche della misura vera.

La media aritmetica viene assunta come valore più rappresentativodella misura vera ricavabile dalla serie di misure fatte, perché essaha maggior probabilità di essere più vicina al valore vero di quellache ha una qualsiasi generica misura della serie.

La differenza tra un generico valore di misura di una quantità digrandezza e il “valore vero” si chiama errore.

La natura dell’”errore”

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Gli Scarti

La Media dei valori, nell’esempio che precede, è di 1800 mm (ilvalore esatto sarebbe 1800,138, ma per le considerazioni espostepiù sopra per gli strumenti, non ha senso considerare valori inferiorialla sensibilità strumentale). A questo punto possiamo riconsiderarele misure che già abbiamo effettuato sotto una nuova luce.

Se il valore medio è il più verosimile, il “miglior valore possibile” perla misura, allora possiamo considerare gli errori occasionali comescostamenti da questo valore, e chiameremo “scarto” la differenzafra la singola misura effettuata e la Media.

Attenzione!! I valori che coincidono con la media non sono i valori“giusti” e gli altri quelli più o meno “sbagliati”: semplicemente, inmodo casuale, il loro scarto è uguale a 0.

La tabella precedente si presenterebbe dunque così:

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La distribuzione degli scarti

Gli “scarti” sono qui indicati in millimetri come scostamento dalvalore medio. Si noti che la frequenza, ovviamente, non varia.

Lunghezza (mm) Frequenza Scarto (dal valore medio di 1800 mm)

1793 1 -7

1794 4 -6

1795 4 -5

1796 18 -4

1797 38 -3

1798 56 -2

1799 69 -1

1800 96 0

1801 72 +1

1802 68 +2

1803 41 +3

1804 18 +4

1805 12 +5

1806 2 +6

1807 1 +7

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L’istogrammadegli scarti

L’istogramma assumerebbe, di conseguenza, l’aspetto chesegue. Se ne ricava che, ai fini pratici, studiare le misure o gliscarti rispetto al valore medio porta ai medesimi risultati sulpiano quantitativo, ma risulta più chiaro al fine della definizionedella precisione del processo di misura.

frequenza

1 4 418

3856

69

96

72 68

41

18 122 1

0

20

40

60

80

100

120

-7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 +1 +2 +3 +4 +5 +6 +7Scarti

frequenza

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Caratteristiche degli erroriDa una prima analisi dei dati possiamo ricavare che

• gli errori positivi si presentano con uguale frequenza di quellinegativi;

• gli errori piccoli sono più frequenti di quelli grandi (gli errori siaddensano intorno allo zero, cioè alla Media), ovvero, se siconsiderano due intervalli di eguale ampiezza uno prossimoallo zero e l'altro più discosto, nel primo cade un numeromaggiore di errori;

• gli errori sono compresi entro determinati limiti.

• l'istogramma è approssimativamente simmetrico rispetto alvalore medio delle misure effettuate. frequenza

1 4 418

3856

69

96

72 68

41

18 122 1

0

20

40

60

80

100

120

-7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 +1 +2 +3 +4 +5 +6 +7Scarti

frequenza

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Il valore più conveniente di una grandezza che si può ricavare dagli nvalori risultanti dalle misure può essere determinato anche in base acriteri più rigorosi. Sia m0 il valore che cerchiamo. Gli erroricommessi nelle n misure effettuate saranno quindi:

x1 - m0, x2 - m0, …, xn - m0

ovvero, dalla definizione di “scarto”: ν1 = x1 - m0

ν1, ν2, …, νn

Se accettiamo che un sistema di misure “migliore” quando gli erroridiventano sempre più piccoli, allora possiamo anche accettare che lasomma di tali errori debba pure essere la minore possibile. Ma se cilimitiamo a sommare gli scarti non andiamo molto lontano.

Gli errori, come si è visto, sono equiprobabili rispetto al segno,possono essere cioè in egual modo positivi o negativi. La proprietàdella Media è proprio quella di rendere nulla la somma degliscostamenti del campione da quel valore. La somma degli scarti, inaltre parole, è sempre uguale a 0.

i Minimi Quadrati 1

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i Minimi Quadrati 2

Per poter analizzare il campione dobbiamo quindi valutare ilvalore assoluto degli scarti, considerando i loro quadrati. Si puòaccettare di scegliere fra tutti i valori che può assumere m0 comepiù conveniente, quello per il quale la somma dei quadrati deglierrori risulta minima (Principio dei minimi quadrati).

Consideriamo la funzione di m0

f(m0) = (x1 – m0)2 + (x2 – m0)2 + … + (xn – m0)2

E cerchiamo il valore che la minimizza.

minνn

1i

2i

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i Minimi Quadrati 3

Sarà sufficiente eguagliare a 0 la derivata prima della funzione erisolvere per m0:

2(x1 – m0) + 2(x2 – m0) + … + 2(xn – m0) = 0

cioèn

x...xxm n210

Questo valore non può essere un massimo, per la funzione f(m),in quanto una somma di quadrati é sempre crescente al crescere(in valore assoluto) delle basi; quindi è il valore che rende minimala somma dei quadrati degli errori.

Il Principio dei minimi quadrati porta a scegliere come valore piùconveniente di una grandezza la media aritmetica delledeterminazioni fatte della grandezza stessa.

Questo principio equivale al postulato della media e lo rafforza. Siha cioè: M = m0

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Aumentando il numero delle osservazioni e rendendo più piccolol’intervallo l’istogramma tenderebbe sempre di più a coinciderecon una curva. Tale operazione, per x tendente a 0, si chiama“normalizzazione” dell’istogramma e genera una curva comequella che segue, detta “Curva di Gauss” che esprime la leggeteorica di distribuzione della frequenza degli errori per unsistema di misure. La curva descrive la cosiddetta “distribuzionenormale di una variabile casuale monodimensionale.

La curva di Gauss 1

L’equazione della curva di Gauss: h è unparametro che ha un valore per ciascunsistema di misure e dal quale dipende laforma della curva stessa.

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La “Gaussiana” è una curva a campana (scambia cioè concavità econvessità in corrispondenza di due flessi che si trovano all’incirca ai 3/5dell’altezza della curva), è simmetrica, rispetto al valor medio, easintotica rispetto all’asse delle ascisse.

La densità di probabilità gaussiana, (o normale), ha un ruolofondamentale in statistica, poiché i risultati di molti tipi di misure fisiche sidistribuiscono secondo questa funzione.

Abbiamo visto come la misura sia formata da due parametrifondamentali: il valore numerico e la precisione ad esso associata. Perla determinazione del valore numerico abbiamo definito due possibilialternative risultate poi equivalenti. Vedremo ora come, attraverso lacurva di Gauss, sarà possibile quantificare rigorosamente questosecondo parametro.

La curva di Gauss 2

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La Varianza

dxxexπhσ 2

i2h2

i2

da cui si dimostra che

Per valutare la “qualità” della distribuzione delle misure utilizziamoun indice statistico di secondo grado: la Varianza. Tale indicedescrive come i valori si distribuiscono attorno alla media e, per ifini della presente trattazione, può essere identificato con l’”ErroreQuadratico Medio”, o “Deviazione Standard” e si indica perconvenzione con la lettera greca “σ”

2h1σ

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L’errore quadratico medio é inversamente proporzionale allaprecisione, e un sistema é tanto migliore quanto più piccolo é il suo σ,che è funzione del parametro h.

La curva di Gauss, allora, potrà essere definita essendo noti la Media ela Deviazione Standard di un insieme di misure e assumerà un aspettodiverso al variare di σ (in alcuni casi indicato anche con la lettera μ).

La curva di Gauss

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L’errore quadratico medio

nx...xx x

nnσ

2n

22

212

ii2

Ovvero:

Nella pratica, tuttavia, facciamo un numero finito di determinazionie quindi gli errori sono in numero finito. Se si pensa di dividerel’intervallo in cui cadono in tanti intervalli di ampiezza Δx,all’integrale si può sostituire una somma di un numero finito ditermini.

nx...xxσ

2n

22

21

L'errore quadratico medio di un sistema di misure, quindi, si puòcalcolare molto facilmente tramite la radice quadrata della mediadei quadrati degli errori.

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Lo Scarto quadratico medio

Ovvero:1... 22

221

n

n

Applicando quest’ultima formula otteniamo quello che piùcorrettamente può essere definito scarto quadratico medio(s.q.m.); tale valore sarà maggiore di quello dato dalla formula perl’errore quadratico medio.

Gli errori apparenti sono infatti ottenuti come differenze fra irisultati delle misure e il valore più conveniente, che é daconsiderare un po’ differente dal valore vero. Per n abbastanzagrande, le due formule praticamente si equivalgono.

L’espressione ottenuta è però funzione degli “errori veri” che,come si è detto, non si conoscono. Se il numero delledeterminazioni n è abbastanza grande, in pratica si usa un’altraespressione, funzione degli scarti vi (errori apparenti):

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La curva di Gauss

La determinazione dello Scarto Quadratico Medio è molto importanteperché ci consente di analizzare la curva di Gauss in termini diprobabilità che un certo valore si presenti.

Con l’integrale della funzione di Gauss tra -σ e +σ otteniamo laprobabilità che uno scarto qualsiasi, sia compreso entro detti limiti.

Tale probabilità, indipendente da h, è sempre uguale a 0,683, ciòsignifica che, qualsiasi sia la serie di osservazioni (caratterizzata dalparametro h), la probabilità che uno scarto qualsiasi, preso ad arbitrio traquelli calcolati, cada nell’intervallo tra -σ e +σ è sempre del 68,3%.

Per meglio chiarire: al variare della serie di osservazioni l’intervallo ±σvarierà, aumentando per serie meno precise e diminuendo per quellepiù precise, mentre il parametro h diminuirà per serie meno precise edaumenterà per serie più precise: si otterranno cioè curve a campana piùo meno schiacciate sull’asse delle ascisse, ma l’area sottesa dalla curvae l’asse delle ascisse entro i limiti ± σ sarà sempre uguale a 0,683, fattauguiale ad 1 l’area totale sottesa dalla curva stessa.

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La “Tolleranza”

Se proseguiamo l’analisi e calcoliamo successivamente l’integraledella funzione di Gauss tra -2σ e +2σ otteniamo una probabilità parial 95,7%. e se andiamo a -3σ e +3σ arriviamo al 99,7%.

In pratica, su 1000 misure prese, almeno 997 presenteranno unerrore, cioè uno scostamento dalla media in valore assoluto, nonmaggiore di 3σ. Questa può essere considerata la soglia chedistingue gli errori casuali da quelli grossolani e ci consente definire latolleranza (errore temibile) del nostro sistema di misure con il valore:

2h33σT

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La “deviazione standard” dell’esempio che stiamo analizzandorisulta di 2,3 mm. La misura della lunghezza che abbiamoanalizzato, quindi, risulta la seguente: 1800 ± 2,3 mm. La“varianza campionaria” risulta pari a 5,25 mm. Lo “scostamentomassimo” del campione a 7 mm.

Associare ad una misura un e.q.m. può evidenziare due diversesituazioni.

• Può essere che siano state eseguite un certo numero di misure e lesi siano trattate come è stato precedentemente descritto.

• Può però anche essere che si sia operato con uno strumento taleda consentire di valutare l'e.q.m. delle misure di una quantità digrandezza, anche se si è eseguita una sola misura.

Analisi delle misure realizzate

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Se infatti operiamo diverse serie di misure sulla stessa quantità digrandezza con uno stesso strumento e, in condizioni ambientalimedie, ne costruiamo le curve di distribuzione relative, se esse sidisperdono in un intervallo costante, possiamo dire che utilizzandolo strumento in una situazione ambientale media, è noto lo scartoquadratico medio della popolazione di misure.

Anche effettuando quindi un'unica misura saremo in grado diindicarne a priori l'accuratezza teorica, semplicemente basandocisul valore dell'e.q.m. fornito per lo strumento dalla casa costruttrice,quello che viene definito lo “scarto standard dello strumento”.

Conclusioni 1

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Nei capitolati d'appalto per l’esecuzione di rilievi, in architettura comein cartografia, vengono fissati dei limiti di precisione che devonovenire rispettati dalle Ditte che eseguono i lavori.

La precisione alla quale deve soddisfare il lavoro viene stabilitaassegnando l'e.q.m. (errore quadratico medio) con il quale devonoessere eseguite le misure, oppure assegnando un limite massimod'errore che non deve essere superato e che viene indicato con ilnome di tolleranza.

Che significa dire che una misura può essere affetta da un erroremassimo prefissato?

Conclusioni 2

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Per chiarire questo punto, bisogna ricordare che per errore di unamisura si intende lo scostamento della misura dal valore M che è ilvalore centrale dell'intervallo di dispersione delle misure.

Pertanto fissare una tolleranza significa fissare la massima quantitàin cui una misura può discostarsi dal valore M; in pratica significafissare l'ampiezza dell'intervallo di dispersione delle misure,nell’entità che più sopra abbiamo definito come “Tolleranza”.

Se pertanto viene richiesto di determinare una quota di un punto conla tolleranza di ±2 cm , questo significa che si dovrà operare construmenti e una metodologia tale per cui la popolazione di misurepossibili sia tutta contenuta entro un intervallo che va da -2 cm a +2cm nell'intorno del valore M, che abbiamo definito come “migliorvalore possibile” della quota considerata.

Conclusioni 3

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Ma, per ottenere questo risultato, leoperazioni dovranno essere effettuate con unmetodo che consenta il conseguimento di une.q.m. di un terzo di ± 2 cm.

Generalmente di un metodo di misura o diuno strumento si considera l'e.q.m. a priori. Sidice ad esempio: con questo teodolite sipossono misurare gli angoli con errore di ± 2",intendendo con questo che si può “sbagliare”nella misura k dell'angolo fino a 6".

Imporre l'e.q.m. significa imporre anche lecondizioni di accidentalità degli errori e dellaloro distribuzione gaussiana.

Conclusioni 4

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Sta a noi decidere se l’incertezza così definita è congruente con lefinalità per le quali abbiamo realizzato il rilievo oppure no. In altreparole non ha significato parlare di precisione in senso assoluto, maquesta va sempre considerata in funzione dell’utilizzo che è previstoper i dati. Ricordiamo che la precisione costa cara.

Aggiungere un decimale dopo la virgola, in termini di valoresignificativo, è questione generazionale. Se pensiamo alle stazionitotali, la differenza di costo fra uno strumento al secondocentesimale (0,0001 grad, un decimillesimo di grado centesimale) euno ai cinque secondi (0,0005 grad) può essere quasi di 2 a 1.

Conclusioni 5

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Conclusioni 6

Ricordiamo inoltre che quanto detto vale solo in condizioni ambientalimedie di laboratorio e perde di significatività quando si opera, comeaccade al topografo, sulla realtà fisica dove risultano quanto maivariabili le condizioni ambientali, cosicché l'e.q.m. caratteristico dellostrumento è da ritenersi solo indicativo, mentre il vero e.q.m. saràdeterminabile operando una serie di misure e trattandole in modorigoroso come indicato più sopra.

Agire rigorosamente nel campo del rilevamento generale,indipendentemente cioè dallo specifico settore applicativo, significaoperare preliminarmente una specifica progettazione che tenga contodegli effetti combinati dell’impiego di determinati metodi mensori edeterminati strumenti, al fine di poter determinare anticipatamente irisultati del processo di misurazione.

Parafrasando una nota frase da un vecchio film …

misurare vuol dire … non dover mai dire ‘mi dispiace’.