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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO 3 Quando si parla di teoria dell’allenamento/scien- za dell’allenamento si parla di un campo specifi- co a carattere interdisciplinare. Per ambedue sono particolarmente importanti la biologia e la medicina dello sport, ma anche la biomeccanica e la fisiologia dello sport. Poiché in letteratura spesso si parla contempora- neamente di teoria dell’allenamento e di scienza dell’allenamento, cercheremo di spiegare breve- mente i due concetti. Come mostra la figura 2, la teoria dell’allena- mento rappresenta l’insieme delle conoscenze degli allenatori, degli insegnanti di educazione fisica, degli istruttori o degli atleti; conoscenze che non sono – o che ancora non sono state – confermate scientificamente, ma sono state sperimentate nella pratica. La scienza dell’allenamento invece – come disci- plina parziale ancora giovane della scienza dello sport – cerca di fornire una base scientifica a questa teoria dell’allenamento a orientamento soprattutto pratico, di porre i suoi contenuti e le sue affermazioni su salde fondamenta scientifi- che, di confermare, ma anche di falsificare, sem- pre su basi scientifiche, le ipotesi e le convinzioni sull’allenamento attualmente esistenti (cfr. Hoh- mann, Lames, Letzelter 2002, 25; Weineck/Wei- neck 2005, 11). CAPITOLO 1 Medicina sportiva Fisiologia funzionale Biochimica Biomeccanica Pedagogia dello sport Sociologia dello sport Psicologia dello sport Teoria del movimento Teoria dell’allenamento FIGURA 1 La teoria dell’allenamento/scienza dell’allenamento come campo specifico a carattere interdisciplinare. Pratica sportiva Teoria dell’allenamento Conoscenze della scienza dell’allenamento che non sono immediatamente rilevanti per l’azione Conoscenze della teoria dell’allenamento comprovate scientificamente Conoscenze della teoria dell’allenamento non comprovate scientificamente Conoscenze pratiche al di fuori della teoria dell’allenamento Scienza dell’allenamento FIGURA 2 Il patrimonio delle conoscenze della scienza dell’al- lenamento, della teoria dell’allenamento e della pratica dello sport. (Hohmann, Lames, Letzelter 2002, 25). TEORIA DELL’ALLENAMENTO/ SCIENZA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEI CONCETTI

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

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Page 1: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO 3

Quando si parla di teoria dell’allenamento/scien-

za dell’allenamento si parla di un campo specifi-

co a carattere interdisciplinare.

Per ambedue sono particolarmente importanti la

biologia e la medicina dello sport, ma anche la

biomeccanica e la fisiologia dello sport.

Poiché in letteratura spesso si parla contempora-

neamente di teoria dell’allenamento e di scienza

dell’allenamento, cercheremo di spiegare breve-

mente i due concetti.

Come mostra la figura 2, la teoria dell’allena-mento rappresenta l’insieme delle conoscenze

degli allenatori, degli insegnanti di educazione

fisica, degli istruttori o degli atleti; conoscenze

che non sono – o che ancora non sono state –

confermate scientificamente, ma sono state

sperimentate nella pratica.

La scienza dell’allenamento invece – come disci-

plina parziale ancora giovane della scienza dello

sport – cerca di fornire una base scientifica a

questa teoria dell’allenamento a orientamento

soprattutto pratico, di porre i suoi contenuti e le

sue affermazioni su salde fondamenta scientifi-

che, di confermare, ma anche di falsificare, sem-

pre su basi scientifiche, le ipotesi e le convinzioni

sull’allenamento attualmente esistenti (cfr. Hoh-mann, Lames, Letzelter 2002, 25; Weineck/Wei-neck 2005, 11).

CAPITOLO 1

Medicina sportiva Fisiologia funzionale

BiochimicaBiomeccanica

Pedagogia dello sport Sociologia dello sport

Psicologia dello sportTeoria del movimento

Teoria dell’allenamento

FIGURA 1

La teoria dell’allenamento/scienza dell’allenamentocome campo specifico a carattere interdisciplinare.

Praticasportiva

Teoriadell’allenamento

Conoscenze della scienza

dell’allenamento che non sono

immediatamente rilevanti per l’azione

Conoscenze della teoria

dell’allenamento comprovate

scientificamente

Conoscenze della teoria

dell’allenamento non comprovate scientificamente

Conoscenze pratiche al di fuori

della teoria dell’allenamento

Scienzadell’allenamento

FIGURA 2

Il patrimonio delle conoscenze della scienza dell’al-lenamento, della teoria dell’allenamento e dellapratica dello sport.(Hohmann, Lames, Letzelter 2002, 25).

TEORIA DELL’ALLENAMENTO/

SCIENZA DELL’ALLENAMENTO

DEFINIZIONE DEI CONCETTI

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO4

ALLENAMENTO

Il concetto “allenamento sportivo” comprende

essenzialmente la preparazione fisico-energetica,

psicosociale, tecnico-coordinativa e tattico-cogni-

tiva dell’atleta, realizzata attraverso esercizi fisici

e diretta a migliorarne le prestazioni. Tuttavia gli

obiettivi del relativo allenamento si distinguono

secondo il settore sul quale esso è indirizzato.

Così, anche nello sport scolastico e in quello per

la salute, l’allenamento sportivo mira certamente

a uno sviluppo pianificato e mirato della capacità

di prestazione fisica. Tuttavia, il suo obiettivo non

è, come avviene nello sport di vertice, quello di

raggiungere la massima prestazione individuale

possibile in un processo di allenamento a lungo

termine, controllato e diretto secondo leggi molto

rigide.

In questo caso dunque viene definito complessoun processo d’azione indirizzato a raggiungere

effetti adeguati sugli indici rilevanti della presta-

zione dell’atleta.

In questo contesto si può parlare di pianificazione:

• quando obiettivi, metodi, contenuti, costru-

zione e organizzazione dell’allenamento

sono prestabiliti, tenendo conto delle nozio-

ni della scienza dell’allenamento e dell’e-

sperienza di allenamento;

• quando la realizzazione dell’allenamento si

orienta su queste nozioni;

• quando la sua esecuzione viene controllata e

la sua efficacia è analizzata servendosi di con-

trolli differenziati della prestazione, quindi:

• quando esistono un controllo e una regola-

zione rispetto allo scopo da raggiungere (si

veda Controllo dell’allenamento, pagina 38;

cfr. Röthig, Prohl 2003).

Si ha indirizzo verso un oggetto quando tutte le

azioni realizzate o le misure prese all’interno del-

l’allenamento sportivo conducono direttamente

alle finalità volute.

Secondo i diversi stadi di sviluppo e le finalità

perseguite si possono realizzare tipologie di alle-

namento molto diverse, come avviene, ad esem-

pio, nell’allenamento di alta prestazione, nell’al-

lenamento della fitness, in quello riabilitativo, in

quello della tecnica, in quello dei principianti o

dei bambini e così via.

ALLENABILITÀ

L’allenabilità rispecchia il grado di adattamento

ai carichi di allenamento. Si tratta di un parame-

tro dinamico, che dipende da una serie di fattori

endogeni (tipologia costituzionale, età, ecc.) ed

In generale, nel linguaggio corrente, il termine“allenamento” viene utilizzato nei settori piùdiversi (fisico, psichico, motorio, cognitivo,affettivo, ecc.), intendendo con esso, per lo più,un processo di esercitazione che tende, inmisura più o meno espressa, al miglioramentodel relativo settore di obiettivi.

Da un punto di vista che si indirizza soprattuttoverso i problemi della prassi dello sport, l’alle-namento sportivo si definisce come: “un pro-cesso d’azione complesso che si pone lo scopodi influire, in modo pianificato e rivolto a unoggetto (specifico), sullo stato (livello) di pre-stazione sportiva e sulla capacità di realizzarenel migliore dei modi possibile tale prestazionein situazioni di competizione”.

Dallo scopo particolare dell’allenamento dipendese per suo tramite lo stato (il livello) della presta-zione dell’atleta debba essere aumentato, con-servato – a questo proposito si parla del cosid-detto “allenamento di mantenimento” – oppurevolutamente diminuito: a questo proposito siparla anche di “disallenamento”.

CAPITOLO 2 ALLENAMENTO E ALLENABILITÀ

ALLENATORE/COACH

DEFINIZIONE DEI CONCETTI

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO6

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

grado di formazione di una determinata presta-

zione motoria sportiva e, in ragione della struttu-

ra complessa delle condizioni che la caratterizza-

no, è determinata da una molteplicità di fattori

specifici.

L’utilizzazione dell’aggettivo “sportiva” si rende

sempre necessario se si vuole che la capacità di

prestazione venga definita rispetto ad altri setto-

ri della vita quotidiana (ad esempio, rispetto alla

capacità di prestazione professionale, intellettua-

le, ecc.).

FATTORI DELLA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

Se si considera la molteplicità dei fattori che la

compongono (una visione schematica di tali fat-

tori può essere osservata nella figura 3), si deve

concludere che la capacità di prestazione sporti-

va può essere allenata solo globalmente. Solo lo

sviluppo armonico di tutti i fattori che la deter-

minano offre la possibilità di raggiungere la

massima prestazione individuale.

Capacità coordinative Abilità motorie

Capacità psichicheCapacità

tecnico-cognitive

Capacitàdi prestazione

dell’atletaFattori di predisposizione,costituzionali,di salute, ecc.

Capacità sociali

Condizione

Forza Rapidità ResistenzaMobilitàarticolare

Tecnica

FIGURA 3Modello semplificato delle componenti della capacità di prestazione sportiva.

Se la si considera globalmente, la capacità di pre-stazione sportiva è segnata essenzialmente dallapersona o dalla personalità dell’atleta e dalgrado di espressione delle sue qualità individuali.Nello sport competitivo o nello sport di vertice unruolo decisivo viene svolto anche dall’allenatore.

CAPITOLO 3 LA CAPACITÀDI PRESTAZIONE SPORTIVA

LE CARATTERISTICHEDELLA PERSONALITÀ

CHE DETERMINANOLA PRESTAZIONE DELL’ATLETA

E DELL’ALLENATORE

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO 15

Durante il processo di allenamento a lungo termi-

ne, grazie alla determinazione di obiettivi, conte-

nuti, mezzi e metodi di allenamento – ci attenia-

mo strettamente alla terminologia della didattica

dello sport – la capacità di prestazione è soggetta

a un perfezionamento finalizzato (figura 9).

OBIETTIVI DELL’ALLENAMENTO

Gli obiettivi del processo sistematico di allena-

mento possono essere capacità, abilità, qualità,

atteggiamenti, ecc. Si distinguono:

• Obiettivi psicomotori di apprendimento

Essi comprendono, da un lato, i fattori organi-

co-muscolari della prestazione, quali la resi-

stenza, la forza, la rapidità e le loro sotto-

categorie; e, dall’altro, le capacità e abilità

coordinative (tecniche sportive), che si trova-

no al centro soprattutto del processo di

apprendimento motorio.

• Obiettivi cognitivi di apprendimento

Essi, in particolare, comprendono nozioni nel

settore tecnico e tattico, ma anche cono-

scenze generali di base su come ottimizzare

e rendere efficace l’allenamento.

• Obiettivi affettivi di apprendimento

Gli obiettivi di apprendimento cosiddetti

“affettivi” sono rappresentati dalla forza di

volontà, dal superamento di se stessi, dall’au-

tocontrollo, dalla capacità di affermazione,

ecc.; si trovano in uno stretto rapporto reci-

proco con i fattori psichici della prestazione

oppure li limitano.

CONTENUTI DELL’ALLENAMENTO

I contenuti dell’allenamento (sinonimo: esercizi di

allenamento) rappresentano la maniera concreta

di orientare l’allenamento verso il suo obiettivo

prestabilito. Ad esempio: l’obiettivo dell’allena-

mento “resistenza alla forza dei muscoli estensori

degli arti superiori” si raggiunge attraverso il con-

tenuto d’allenamento: “esercizio di piegamenti

sulle braccia”.

Se si considera che, nel processo di allenamento,

esercitarsi rappresenta la forma basilare di attività

diretta allo sviluppo della capacità di prestazione

sportiva, al centro della programmazione dei con-

tenuti dell’allenamento sportivo troviamo le formedi esercizio. Dalla loro scelta corretta dipende fino

a che punto e con quale velocità si riesce a miglio-

rare la capacità di prestazione sportiva.

CAPITOLO 4 LO SVILUPPO DELLA CAPACITÀDI PRESTAZIONE SPORTIVA

Allenamento

Obiettivi Contenuti Metodi

(nell’esempio della resistenza)

Mezzi

Motori

Cognitivi

Affettivi

Sociali

Esercizi di sviluppo

generale

Esercizi speciali

Esercizi di gara

Metodo della durata

Metodo a intervalli

Metodo della ripetizione

Metodo della gara

Tipo di attrezzo

Tipo di informazione

Tipo di organizzazione

FIGURA 9Lo sviluppo delle capacità di prestazione attraverso obiettivi, contenuti, metodi e mezzi di allenamento.(Da Weineck/Weineck 2005, 25).

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO20

A causa dell’elevata rilevanza che presentano i

principi metodici per la pianificazione, il controllo e

l’impostazione dell’allenamento sportivo, essi ver-

ranno esposti dettagliatamente nei paragrafi che

seguono.

FONDAMENTI GENERALI

DEI PRINCIPI DELL’ALLENAMENTO

SPORTIVO

Sull’allenamento sportivo agiscono una plurali-

tà di leggi diverse – che sono, ad esempio, di

natura biologica, pedagogica, psicologica – la

cui conoscenza è decisiva se si vuole impostare

efficacemente l’allenamento stesso. I princìpi o

regole dell’allenamento sportivo servono a ren-

dere ottimale la capacità di azione metodologi-

ca di allenatori e atleti. Occorre considerare,

però, che – a causa dei loro legami inscindibili

– essi devono essere considerati non isolata-

mente, ma nel loro complesso, e devono perciò

essere padroneggiati e applicati nella loro glo-

balità.

I principi dell’allenamento sportivo si riferisco-

no a tutti gli ambiti e a tutti i compiti dell’alle-

namento, del quale determinano sia contenuti e

metodi, sia anche l’organizzazione. Rappresen-

tano esigenze imprescindibili che vengono

poste all’azione dell’allenatore o dell’atleta, in

quanto fanno riferimento all’utilizzazione con-

sapevole e cosciente nel processo di allenamen-

to delle leggi alle quali abbiamo già fatto riferi-

mento.

Secondo l’autore e il tipo di trattazione, vengono

nel seguito citati numerosi e diversi principi del-

l’allenamento sportivo, che sono inseriti in pro-

poste diverse di sistematizzazione.

Finora si è effettuata una distinzione tra principi

generali e speciali.

• L’ambito nel quale sono validi i princìpi

generali dell’allenamento sportivo si esten-

de alla maggioranza degli sport, a tutti i

settori dell’allenamento e alle tappe della

costruzione a lungo termine della presta-

zione.

• I princìpi speciali si riferiscono a singoli

aspetti dell’allenamento, quali ad esempio

quello tecnico-coordinativo, o a un gruppo

specifico di obiettivi come quelli dello sport

praticato a scopi riabilitativi, lo sport per

tutti o quello scolastico.

I princìpi si distinguono dalle regole di allena-

mento in quanto posseggono un grado maggio-

re di generalizzazione e si concretizzano in

regole.

La pluralità dei singoli princìpi può essere distri-

buita in quattro gruppi principali:

• princìpi del carico;

• princìpi della ciclicità (cioè della divisione in

cicli);

• princìpi della specializzazione;

• princìpi della proporzionalità.

Nella figura 11 viene presentato un quadro

generale dei princìpi del carico dell’allenamento

sportivo.

Per una loro spiegazione definitiva, che offragaranzie di scientif icità, occorre ancoraaspettare, in quanto finora la scienza dellosport è solo parzialmente riuscita a provare ea dare una conferma sperimentale ai variprincìpi.

All’interno del processo di allenamento le rego-le servono a interpretare un principio e ne spie-gano quali sono i campi di applicazione, i con-tenuti e le forme di manifestazione.

CAPITOLO 5 I PRINCIPI DELL’ALLENAMENTO

SPORTIVO

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO 33

Un importante presupposto per rendere più effi-

cace il processo di allenamento è tenere conto

non solo dei princìpi della programmazione del-

l’allenamento, ma anche della sua pianificazione

a lungo termine, della sua impostazione secondo

un piano e della sua valutazione.

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Il concetto e l’orientamento dei contenuti della

pianificazione dell’allenamento sono così definiti

da Starischka (1988, 7):

Quindi, le caratteristiche più importanti della

pianificazione dell’allenamento sono rappresen-

tate dal suo progressivo adattamento, dalla sua

costruzione per fasi temporali e dalla periodizza-zione del carico di allenamento.

TIPOLOGIE DI PIANIDI ALLENAMENTO

I piani di allenamento rappresentano linee guida

di lavoro vincolanti per dirigere l’allenamento di

uno o più atleti o di un determinato gruppo di

atleti durante un periodo definito di tempo.

Nella figura 21 viene evidenziato come, secondo

il gruppo al quale sono diretti e il periodo di

tempo, siano possibili diverse tipologie di piani

di allenamento.

I diversi piani di allenamento vengono elaborati

sotto forma di concezione di allenamento o

come piani quadro, piani di gruppo, piani indivi-

duali, piani pluriennali, annuali, di un macrociclo,

di un microciclo, di un’unità di allenamento (cfr.

Thiess, Schnabel, Baumann 1980, 237; Starisch-ka 1988, 11).

LA CONCEZIONE DELL’ALLENAMENTO

Per concezione dell’allenamento si intende un

orientamento di base per la direzione, la pianifi-

cazione e l’impostazione dell’allenamento, nel

quale sono contenuti, e definiti, gli obiettivi e i

compiti che ci si pone e le vie di possibile solu-

zione che devono essere percorse per realizzarli.

CAPITOLO 6 PIANIFICAZIONE,ORGANIZZAZIONE E ANALISI

DEL PROCESSO DI ALLENAMENTO

“La pianificazione dell’allenamento è un proce-dimento, diretto al raggiungimento di un obiet-tivo di allenamento, che tiene conto dello statoindividuale di prestazione, della strutturazionesistematica e a carattere di previsione del pro-cesso di allenamento (a lungo termine), cheviene orientato in base alle esperienze ricavatedalla prassi dell’allenamento e alle acquisizionidella scienza dello sport”.

Piano generale Concezionedell’allenamento

Pianodi allenamento

individuale

Pianodi allenamento

di gruppo

A lungotermine

Generale

A brevetermine

Speciale

Piano di allenamentopluriennale

Piano di allenamentoannuale

Piano del macro (meso)ciclo

Piano dell’allenamentosettimanale

Piano dell’unitàdi allenamento

FIGURA 21

Tipologie di piani di allenamento.(Secondo Starischka 1988, 11).

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO38

Dal momento che nei singoli capitoli che riguar-

dano l’allenamento della resistenza, della forza,

della rapidità, della mobilità articolare e della

coordinazione tratteremo le procedure speciali di

valutazione funzionale o gli aspetti specifici della

direzione e del controllo dell’allenamento, in que-

sto particolare capitolo esporremo soltanto con-

cetti, rapporti e princìpi di carattere generale che

sono necessari per la loro comprensione.

IL CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO

Valutazione funzionale (o diagnostica della pre-

stazione), controllo della prestazione e pianifica-

zione dell’allenamento sono elementi del con-

trollo complesso dell’allenamento, strettamente

collegati tra loro, che possono essere trattati iso-

latamente solo con grande difficoltà.

Se si desidera che nel processo di allenamento a

breve, medio e lungo termine sia garantito il

miglioramento della prestazione, il livello del suo

sviluppo deve essere esaminato servendosi di

procedure, dette di diagnostica della prestazione.

I dati così rilevati verranno poi tenuti in debita

considerazione nella pianificazione dei giorni e

delle settimane successive, modificando oppure

mantenendo le caratteristiche attuali del proces-

so di allenamento.

Per questi processi si utilizza il concetto di con-

trollo dell’allenamento (sinonimo: controllo della

prestazione). In questo senso, secondo Carl,Grosser (in Röthig 1992, 527/528), il controllo

dell’allenamento può essere così definito:

Quindi il controllo dell’allenamento include il

cambiamento finalizzato del dato reale (Istwert)fino a raggiungere il dato programmato (Soll-wert).

Secondo le diverse finalità dell’allenamento (mas-

simi risultati sportivi, salute o riabilitazione), il suo

controllo, servendosi in modo differenziato di

quelle componenti che sono controllabili e regola-

bili (metodi e contenuti dell’allenamento) e tenen-

do conto delle leggi dell’adattamento e degli

eventuali fattori di disturbo, permette uno svilup-

po ottimale della prestazione individuale.

Come mostra la figura 22, l’analisi dei fattori che

determinano la prestazione rappresenta il pre-

supposto irrinunciabile di ogni processo di con-

trollo/direzione e regolazione.

In una prima fase, servendosi di procedure di

valutazione funzionale (si veda più avanti) si rile-

va direttamente – attraverso la prestazione spor-

tiva complessa – o indirettamente – attraverso le

sue singole componenti – quale sia lo stato di

prestazione del momento. Nei bambini e negli

All’inizio di ogni azione di controllo dell’allena-mento troviamo la pianificazione dell’allena-mento stesso.

Se attraverso il confronto tra i dati programmati(Sollwert) e quelli reali (Istwert) si vuole riuscirea individuare tempestivamente deviazioni dagliobiettivi fissati per il periodo di tempo conside-rato ed eventualmente introdurre le relative cor-rezioni, allora il controllo della pianificazionedel processo di allenamento è davvero inevita-bile.

“Controllo dell’allenamento indica, sintetica-mente, la sintonizzazione finalizzata (a breve e alungo termine) di tutte le misure di pianificazio-ne, di esecuzione (realizzazione) dell’allenamen-to, dei suoi controlli e delle gare e della lorovalutazione, in vista del cambiamento dello statodi prestazione sportiva (ovvero dello stato diallenamento), con l’obiettivo di raggiungere pre-stazioni e successi sportivi migliori.”

Il parametro decisivo di controllo/direzione del-l’allenamento è il carico che, se ben dosato,rappresenta lo stimolo adeguato per l’incre-mento della prestazione.

CAPITOLO 7 CONTROLLO DELL’ALLENAMENTOE VALUTAZIONE FUNZIONALE

(O DIAGNOSTICADELLA PRESTAZIONE)

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO 47

La pratica dello sport evidenzia continuamente

che i massimi risultati sportivi si possono ottene-

re solo se le basi a essi necessarie si creano già

nell’età infantile e nell’adolescenza. Ciò presup-

pone una pianificazione sistematica e a lungo

termine del processo di allenamento.

Ne deriva che la costruzione a lungo termine della

prestazione deve essere impostata come un pro-

cesso unitario attraverso stadi cronologicamente

definiti, con accentuazioni diverse per quanto

riguarda i loro contenuti, e passare gradualmente,

ma sistematicamente, da una formazione di base

multilaterale, orientata verso uno sport, a un alle-

namento specializzato nello sport o nella discipli-

na sportiva specifica.

Quando si costruisce a lunga scadenza la presta-

zione sportiva, per il processo di allenamento a

lungo termine sono decisive da un lato la forma-

zione dei presupposti per questa prestazione

futura e, dall’altro, la necessità di garantire le

strutture temporali – che si regolano coerente-

mente sull’età delle massime prestazioni (cfr.

anche pagina 47) – e le condizioni generali

necessarie a una preparazione a lungo termine e

allo sviluppo di prestazioni di vertice.

In questa costruzione a lungo termine della pre-

stazione occorre rispettare la complessità e l’unità

dello sport praticato, tenendo conto (cfr. tabella 7)

del profilo specifico di ciò che quello sport richie-

de (ovvero del suo modello di prestazione).

L’ARTICOLAZIONE DEL PROCESSO

DI ALLENAMENTO A LUNGO

TERMINE

Il processo di allenamento a lungo termine, in

generale, è suddiviso in stadi (livelli) diversi

(figura 23), ognuno dei quali prevede obiettivi,

metodi, contenuti diversi, con una corrispondente

organizzazione dell’allenamento, che tiene conto

dell’età.

CAPITOLO 8 IL PROCESSO DI ALLENAMENTO

A LUNGO TERMINE

PRIMA FASE DELL’ALLENAMENTO SECONDA FASE DELL’ALLENAMETO

DI COSTRUZIONE DI COSTRUZIONE

• Grande voglia di muoversi, piacere di correre • Capacità di prestazione di resistenza superiori

• Capacità di resistenza superiore alla media con alla media (margine superiore dei valori normativi

buoni presupposti verso le attività aerobiche (elevata per l’età, piacere di confrontare le proprie

percentuale di fibre ST, VO2max di 60 ml/kg/min e oltre, prestazioni con quelle degli altri, elevata costanza

evidenti capacità di resistenza nei grandi giochi sportivi di prestazione, rapido recupero dopo molteplici

e in altre attività fisiche di durata fino a 30 min e oltre, carichi, ecc.) e/o

rapida capacità di recupero dopo i carichi fisici e/o • capacità di prestazione di velocità superiori alla

• doti superiori alla media di rapidità motoria (elevata % media (notevole capacità di scatto, elevata frequenza

di fibre FT, notevole velocità di reazione, forza di scatto, di movimento, capacità di resistenza alla velocità)

forza rapida, capacità d’eseguire movimenti con • Elevata capacità di prestazione in una determinata

frequenza elevata, ecc.) gamma di distanze

• Movimenti armoniosi (stile di corsa sciolto • Tassi elevati di miglioramento nelle prestazioni

e decontratto, facilità di movimento) di velocità e di resistenza

• Facilità d’apprendimento (buone capacità • Stato di salute stabile, elevata capacità di carico

di comprensione, rapidità e costanza del sistema motorio e di sostegno, capacità

nell’apprendimento; capacità di acquisire senza di tolleranza del carico

problemi movimenti/tecniche specifici del proprio • Tipologia di atleta competitivo, aggressivo

sport, ma anche di altri sport) in gara, mentalmente forte

• Massima capacità di mobilitazione, coscienza

di sé e fiducia in se stesso

• Senso tattico, spirito d’iniziativa

• Capacità di contrastare l’avversario

TABELLA 7

Indicatori per il talento nelle discipline di corsa dell’atletica leggera.

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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO 53

L’ARTICOLAZIONE

DEI CICLI ANNUALI

Il processo di allenamento a lungo termine, che

può essere suddiviso in allenamento di base, for-

mazione generale di base e in allenamento gio-

vanile, allenamento di transizione verso l’alto

livello e poi di alto livello, nel suo ciclo annuale è

sottoposto a una ulteriore suddivisione.

Ciò si verifica perché, durante il suo processo di

allenamento pluriennale, l’atleta non può restare

ininterrottamente “in forma”. Per questa ragione

la costruzione, il mantenimento o la perdita della

forma sportiva sono soggette a una periodizza-

zione ciclica che si ripete, cioè a fasi soggette a

oscillazioni temporali cicliche. Un ciclo di allena-

mento – che a seconda degli sport o del livello di

qualificazione dell’atleta può essere ripetuto

una, due, oppure, in casi estremi, addirittura tre

volte nel corso dell’anno – viene perciò suddiviso

in tre periodi:

• il periodo di preparazione (o preparatorio)

finalità: sviluppo della forma sportiva;

• il periodo di gara

finalità: continuare nello sviluppo della

forma sportiva attraverso la partecipazione

a gare;

• il periodo di transizione*

finalità: recupero attivo e rigenerazione, per-

dita (necessaria e opportuna) della forma

sportiva.

Queste fasi di sviluppo della forma nel corso del-

l’anno di allenamento raggiungono un livello che

si incrementa continuamente, per portare infine

alla massima prestazione individuale desiderata.

Questa suddivisione del ciclo in periodo di pre-

parazione, di gara e di transizione, con le loro

rispettive finalità, in forma più o meno diversifi-

cata vale per tutti i settori: non dipende dall’”età

di allenamento” o dal livello di qualificazione

dell’atleta.

Però, tra settore dello sport di allenamento di

vertice, allenamento giovanile o allenamento a

livello medio si possono rilevare differenze note-

voli, nei vari periodi, che riguardano, tra l’altro,

sia il rapporto tra volume e intensità del carico,

sia l’utilizzazione di contenuti generali e speciali

di allenamento.

IL PERIODO DI PREPARAZIONE

Il periodo di preparazione nell’allenamento gio-

vanile o in quello di medio livello può essere

suddiviso in due fasi.

Nella prima fase in primo piano troviamo una

ampia preparazione generale organico-muscola-

re, mentre nella seconda fase prevalgono i mezzi

di allenamento specifici con una diminuzione del

volume e un aumento dell’intensità. Invece, nello

sport di vertice, in tutto il periodo di preparazio-

ne domina l’intensità del carico, il carico specifi-

co di gara. Questa differenza si spiega con il

fatto che l’atleta di alto livello dispone già di un

livello iniziale, straordinariamente elevato, di

capacità di prestazione psicofisica e tecnico-tat-

tica; quindi, un’impostazione del carico che si

basi sul volume non è più in grado di provocare i

necessari processi di adattamento che sarebbero

necessari per un ulteriore incremento delle pre-

stazioni.

Nello sport di vertice si realizza una articolazione

dettagliata in macrocicli diversi (cfr. pagina 57)

della durata da due a sei settimane, in quanto

così è possibile aderire in modo più preciso alle

leggi della formazione della prestazione sportiva.

IL PERIODO DI GARA

Il periodo di gara, attraverso gli elevati carichi

rappresentati dalle varie competizioni, permette

di sviluppare e stabilizzare la massima forma

individuale. In questo caso quantità e qualità

CAPITOLO 9 ALLENAMENTO

E PERIODIZZAZIONE

* Da non confondere con la fase della carriera sportiva che si definisce di transizione verso l’allenamento di alto livello,di cui si è già parlato, NdC.

Page 10: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO60

Abbiamo già ricordato come (pagina 15) nei

contenuti per lo sviluppo dello stato di allena-

mento si distinguano esercizi di sviluppo genera-le, esercizi speciali ed esercizi di gara. Il massimo

rendimento sportivo individuale può essere rag-

giunto solo se essi vengono utilizzati al momen-

to giusto, nella giusta quantità (volume) e con la

giusta intensità.

Nello sport, la gara (la competizione) può essere

così definita:

Per gara (o competizione) si intende: “un con-fronto di prestazioni tra atleti/atlete o squadrerealizzato sulla base delle disposizioni e deiregolamenti di gara di un sport o di una disci-plina sportiva con l’obiettivo di ottenere i mas-simi risultati sportivi, una vittoria o una classifi-ca dei piazzati” (Schnabel, Harre, Borde 1994,470).

SETTORE FINALITÀ PER QUANTO METODI E CONTENUTI RISULTATO E EFFETTI RIGUARDA L’INFLUSSO DELLA PREPARAZIONE PSICO-SOCIALI SULLA CAPACITÀ DI ALLA GARA PRESTAZIONE SPORTIVA

Sport d’elevata Prestazione massima Metodi e contenuti adeguati Vittoria o piazzamentoprestazione allo sport di vertice sul piano nazionale diretti alla costruzione o internazionale della capacità di prestazione sportiva

Sport Incremento della capacità Utilizzazione di metodi Vittoria o piazzamentocompetitivo di prestazione sportiva e contenuti applicabili nella relativa categoria normale nella relativa categoria in generale di risultati (permanenza/ di risultati nello sport passaggio alla categoria praticato superiore o retrocessione a quella inferiore)

Sport ricreativo Mantenimento o Utilizzazione dei relativi Vittoria o piazzamentoe per la salute miglioramento della metodi e contenuti nella gara; capacità di prestazione secondo lo sport scelto autorealizzazione, sportiva con esercitazioni e socializzazione allenamento pluri o monodirezionale

Sport dei Secondo la finalità (sport Utilizzazione di metodi Vittoria o piazzamento diversamente di vertice, sport riabilitativo e contenuti adeguati nella relativa gara;abili o per la salute) massima alle diverse abilità autorealizzazione prestazione nella relativa partecipazione sociale, classe di prestazioni, comunicazione, gioia recupero o mantenimento/ e divertimento, incremento della capacità apprezzamento sociale di prestazione fisica o sportiva

TABELLA 12

Caratterizzazione sintetica dei diversi tipi di gare in diversi settori dello sport.(Da Schnabel, Harre, Borde 1994, 470, modificato).

CAPITOLO 10 L’IMPORTANZA DELLE GARE

E DELLA LORO PIANIFICAZIONE

PER LO SVILUPPO DELLO STATO

DI ALLENAMENTO

Page 11: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO72

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Un raduno di allenamento persegue finalità diver-

se secondo la sua tipologia e le modalità del suo

svolgimento e della sua organizzazione.

In un raduno di allenamento, per quanto possibile,

debbono essere soddisfatte tutte le variabili relati-

ve alle condizioni indispensabili per la riuscita del-

l’allenamento (ad esempio, assistenza medico-

sportiva e psicologica, alimentazione corretta,

impianti ottimali, clima favorevole, ecc.).

TIPOLOGIA

Secondo lo sport e le loro finalità speciali, si

distinguono tipologie diverse di raduni di allena-

mento, che illustreremo sinteticamente.

RADUNI DI ALLENAMENTO TECNICO-TATTICI

Nei raduni tecnico-tattici si dovrebbe lavorare pre-

valentemente, in modo concentrato, sul migliora-

mento e la stabilizzazione di singole tecniche o tat-

tiche, mantenendo sempre una qualità esecutiva

molto elevata. La durata ottimale è da tre a cinque

giorni.

Ancora non può essere valutata abbastanza suffi-

cientementela possibilità che in un raduno di alle-

namento, in poco tempo si riesca a esercitare e uti-

lizzare contenuti tecnico-tattici, provarne l’efficacia

e correggerli nuovamente (cfr. Martin, Korfsmeier

2006, 32).

RADUNI DI ALLENAMENTO PER LA PREPARAZIONE ATLETICA

I raduni per la preparazione atletica servono alla

formazione generale globale e/o specifica o per

eliminare punti deboli individuali o squilibri

muscolari. Si realizzano durante un periodo di

preparazione o come preparazione a una gara

importante.

RADUNI DI ALLENAMENTO PER LO SVILUPPO DELLA RESISTENZA

In questo caso, nella prima parte del periodo di

preparazione troviamo in primo piano la resi-stenza generale (resistenza di base), nella secon-

da parte la resistenza speciale. Per gli atleti pra-

ticanti corsa sono particolarmente adatte località

che posseggano lunghe spiagge o una confor-

mazione del terreno tale da permettere un alle-

namento di corsa variabile e anche installazioni

fisioterapiche per le necessarie misure di recupe-

ro (Schmidt 2000, 14).

RADUNI DI ALLENAMENTO PER LA COSTRUZIONE DELLA SQUADRAO LO SPIRITO DI SQUADRA

Quando in primo piano ci sono problemi di

costruzione del gruppo, ad esempio quando si

deve ricostruire o formare una nuova squadra,

può essere utile un breve raduno di allenamento

che serve agli atleti per conoscersi meglio.

In questo genere di raduni di allenamento – ciò

vale soprattutto per le squadre dei giochi sportivi

– se si vuole che una squadra diventi tale, occor-

re che gli atleti lavorino e fatichino insieme. Se si

vuole che una squadra si formi o si ricostituisca,

si deve passare per quattro fasi.

Nella tabella 14 sono riassunti le motivazioni e i

comportamenti caratteristici di queste quattro

fasi.

Un raduno di allenamento è una modalitàorganizzativa che prevede un lavoro più inten-so e concentrato, rispetto all’allenamento nor-male, su aspetti tecnici, organico-muscolari osociali in vista di una determinata competizio-ne e/o di una futura stagione, che si svolge inun ambiente che soddisfa le aspettative di alle-natori e atleti (cfr. Eder 1987, 8).

CAPITOLO 11 I RADUNI DI ALLENAMENTO COMEMEZZO PER IL MIGLIORAMENTO

DELLA CAPACITÀ DI PRESTAZIONESPORTIVA O PER

LA PREPARAZIONE ALLE GARE

Page 12: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO86

La capacità di prestazione sportiva si manifesta

nella realizzazione dei processi motori specifici

dello sport praticato. Sia la qualità – cioè l’aspet-

to coordinativo – sia la quantità – cioè l’aspetto

energetico – dei movimenti sportivi si migliorano

attraverso l’allenamento con un carico specifico.

Gli sport con accento sulla coordinazione, quindi,

sono strettamente collegati con il sistema di rece-

zione, elaborazione e immagazzinamento delle

informazioni, che è di natura nervosa centrale,

mentre quelli a indirizzo prevalentemente energe-

tico (ad esempio, gli sport di resistenza) lo sono

soprattutto con i sistemi di trasporto dei substrati

energetici e di rimozione dei metaboliti.

L’ALLENAMENTO COME PROCESSODI ADATTAMENTO

Dal punto di vista della biologia dello sport e della

fisiologia della prestazione – questi aspetti devo-

no restare sempre in primo piano – l’allenamento,

in generale, deve essere concepito come un conti-

nuo effetto di adattamento al carico. A causare

cambiamenti adattativi nei sistemi che esso solle-

cita sono gli stimoli d’allenamento, in quanto alte-

rano l’omeostasi dell’organismo, intendendo per

omeostasi la conservazione dello stato biochimico

dell’ambiente interno dell’organismo.

Per il miglioramento della capacità di prestazione

sportiva, quindi, svolgono un ruolo fenomeni di

adattamento specifici e aspecifici. Gli adattamen-ti specifici si riferiscono ai sistemi direttamente

impegnati – nel nostro caso al sistema neuromu-

scolare, coordinativo e a quello energetico, mec-

canico – mentre quelli aspecifici riguardano i

meccanismi ausiliari di sostegno alla loro azione

(ad esempio, i sistemi di trasporto e di distribu-

zione che abbiamo citato precedentemente).

Gli effetti tipici di adattamento che si realizzano

nelle capacità neuromuscolari (coordinative) o

energetiche (organico-muscolari) dipendono dal

particolare tipo di prestazione motorio-sportiva.

Nel merito si può affermare che le prestazioni di

carattere coordinativo si possono migliorare prima

e più rapidamente di quelle organico-muscolari.

Ciò è importante soprattutto per l’allenamento dei

bambini e degli adolescenti.

Per quanto riguarda il settore delle capacità orga-

nico-muscolari (o condizionali), troviamo potenzia-

lità di sviluppo tra loro differenti: mentre la rapidi-

tà può essere aumentata limitatamente attraverso

l’allenamento – un soggetto adulto non allenato è

in grado di aumentare la sua rapidità di circa il 15-

20% – non è così per la resistenza e la forza, che

possono essere migliorate in misura incomparabil-

mente maggiore (fino al 100%) (cfr. Hollmann,Hettinger 1980, 288; Worobjewa, Worobjew 1978,

146; Alexe 1973, 15).

Si considera che la causa dell’andamento della

curva mostrata nella figura 33 sia da ricercare

nel grado di variazione dell’alterazione dell’o-

La capacità di prestazione motoria – compresi iprocessi di apprendimento dei movimenti – sibasa sulla capacità funzionale del sistema neu-romuscolare (coordinazione dei movimenti,controllo e regolazione dei movimenti) e diquello energetico (trasformazione, utilizzazionee reintegro dell’energia necessaria per eseguirelavoro meccanico). I due sistemi sono stretta-mente collegati tra loro.

Stimoli specifici provocano reazioni specifichedi adattamento.

All’inizio dell’allenamento lo sviluppo del livellodi adattamento (stato di allenamento) è moltorapido, per poi diventare sempre più lento edifficile (figura 33).

CAPITOLO 12 PRINCIPI GENERALI FISIOLOGICIE BIOLOGICI DEL MIGLIORAMENTODELLA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE

OTTENUTO ATTRAVERSOL’ALLENAMENTO

Page 13: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO110

Per un loro sviluppo psicofisico completo e armo-

nico, i bambini e gli adolescenti hanno bisogno

di una certa quantità di movimento. General-

mente i bambini controllano da soli questo biso-

gno grazie al loro grande impulso a muoversi.Rispetto a quella degli adulti, la grande attività

di movimento dei bambini va ricondotta da un

lato alla sovrapproduzione di neurotrasmettitori

e al predominio di impulsi cerebrali (soprattutto

da parte del pallido), dall’altro al fatto che gli

sforzi collegati al movimento sono percepiti

come minori rispetto a quanto avviene, invece,

negli adulti (figura 53) (cfr. Bar-Or 1982, 27).

Se si considera che il movimento rappresenta

una necessità dello sviluppo – che, in parte, è

notevolmente limitata dall’educazione scolastica

(per l’obbligo di stare seduti) – l’allenamento

fisico, soprattutto nell’età infantile e nell’adole-

scenza, va incoraggiato senza riserve, specie se

realizzato in modo adeguato all’età e allo svilup-

po. In questo periodo d’età, però, occorre che

l’avviamento a un allenamento di alto livello sia

fatto dipendere da una serie di pre condizioni

(cfr. anche Hollmann 1981, 249).

Come verrà illustrato qui di seguito, bambini e

adolescenti non sono adulti in miniatura, né alla

base della loro attività sportiva vi è un allena-

mento simile a quello degli adulti, ma un allena-

mento ridotto. Naturalmente, anche l’allenamen-

“Il bambino non è un adulto in miniatura e lasua mentalità non è solo quantitativamente,ma anche qualitativamente, differente da quel-la degli adulti, per cui un bambino non soltan-to è più piccolo, ma anche diverso.”

Claparède 1937

10 30 50 70

Grandezza della sensazione

soggettiva di sforzo

Età (in anni)

FIGURA 53

Sensazioni soggettive di sforzo, rapportate alla fre-quenza cardiaca, e loro dipendenza dall’età.(Da Bar-Or 1982, 27).

• All’inizio di ogni processo di allenamentosportivo di alto livello, dovrebbe essere ese-guito un esame generale di tipo ortopedico einternistico, per potere escludere, nel modopiù ampio possibile, che eventuali repertipatologici o alterazioni nel settore dell’appa-rato locomotorio passivo e attivo o del siste-ma cardiopolmonare possano rappresentareun pericolo già durante questo tipo di alle-namento.Tale esame dovrebbe essere ripetuto a inter-valli regolari, in modo tale da poter indivi-duare e, quindi, evitare tempestivamentedanni prodotti da eccessi di carico.

• Ogni allenamento di alto livello dovrebbeessere intrapreso volontariamente e nondovrebbe essere influenzato da pressioni deigenitori o dell’allenatore.

• Esso dovrebbe essere impostato e realizzato,tenendo conto dell’età, secondo modalitàadeguate alle caratteristiche e alle particola-rità psicofisiche del bambino.

• La pratica dell’allenamento non dovrebbedanneggiare né la formazione scolastica, néquella professionale.

• L’allenamento dovrebbe lasciare a bambini eadolescenti la disponibilità di spazi di tempoper coltivare interessi di altro genere, noncollegati allo sport.

CAPITOLO 13 LE BASI BIOLOGICHE

DELL’ALLENAMENTO DEI BAMBINI

E DEGLI ADOLESCENTI

Page 14: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO126

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Nei vari tentativi di definizione del concetto ditalento, possiamo distinguere un approccio stati-co e uno dinamico alla sua spiegazione.

Il concetto statico contiene questi quattro elemen-ti per caratterizzare un talento (Joch 1992, 83):

• disposizioni, che pongono l’accento sullacapacità;

• disponibilità, che mette in primo piano lavolontà;

• ambiente sociale, che determina le opportu-nità;

• risultati, che documentano quale sia il risul-tato della prestazione realmente ottenuto.

Nell’interpretazione dinamica del talento, que-st’ultimo si struttura solo nel corso di un proces-so attivo e finalizzato (“specificazione”): taleprocesso rappresenta un fenomeno di trasforma-zione nel quale è coinvolta tutta la personalità(cfr. Muhle 1971, 93; Joch 1992, 87).Tale concetto dinamico di talento, quindi, com-prende soprattutto due caratteristiche fonda-mentali che sono:

• il processo attivo di cambiamento;• il controllo esercitato attraverso l’allenamen-

to e le competizioni e la necessità che essovenga seguito dal punto di vista pedagogico.

Se lo si vuole precisare dal punto di vista dellosviluppo, secondo Joch (1992, 87) esso può esse-re così descritto:

Joch (1992, 90), sulla base di questi approcci sta-tici e dinamici alla determinazione del suo con-cetto, così definisce il talento:

È proprio questa definizione di Joch, che cerca diintegrare tutti gli aspetti, che secondo noi dovreb-be essere attualmente preferita ad altri particolaritentativi di definizione del talento di tipo statico odinamico.Quindi, per talento sportivo, o predisposizione allosport, si deve intendere l’insieme dei presuppostiper le prestazioni sportive del quale sono in pos-sesso il bambino, l’adolescente o l’atleta e il lorosviluppo. Il livello e le possibilità di sviluppo deipresupposti della prestazione, quindi, sono deter-minati: a) dalle doti o presupposti genetici; b) dalprocesso dell’attività di allenamento.

Per lo sport di vertice, il problema del rapportotra fattori genetici e fattori riferibili all’allena-mento svolge un ruolo importante.

“Lo sviluppo del talento è un processo attivo ditrasformazione, pedagogicamente guidato, cheè intenzionalmente diretto attraverso l’allena-mento e forma la base per un elevato livello diprestazione che dovrà essere raggiunto succes-sivamente.”

Ha talento, oppure è un talento, colui che, sullabase di disposizioni, della disponibilità alla pre-stazione e delle possibilità che gli sono offertedall’ambiente nel quale vive, ottiene (possibil-mente in gara) risultati della prestazione supe-riori alla media della sua età, ma suscettibili disviluppo. Tali risultati rappresentano il prodottodi un processo attivo di trasformazione, peda-gogicamente guidato e controllato intenzional-mente attraverso l’allenamento, che è orientatoin modo determinato verso quell’elevato livellodi prestazione sportiva che dovrà essere rag-giunto successivamente.

Per questa ragione, l’attitudine (talento) deveessere considerata il risultato del confronto atti-vo, attraverso adeguate misure di allenamento,della persona o della personalità dell’atletadotato di disposizioni genetiche individuali(genotipo) con l’ambiente che lo circonda.

CAPITOLO 14 RICERCA E PROMOZIONEDEL TALENTO NELL’ETÀ

INFANTILE E GIOVANILE

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156

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

TIPI DI RESISTENZA

Secondo come la si considera, si possono distin-

guere tipologie diverse di manifestazione della

resistenza.

Se si considera l’aspetto della percentuale di

muscolatura impegnata si distinguono una resi-stenza generale e una locale; se si considera l’a-

spetto della specificità dello sport una resistenzagenerale e una specifica; se invece si considera

quello della trasformazione dell’energia muscola-

re una resistenza aerobica e una anaerobica; quel-

lo della durata temporale una resistenza di breve,

di media e di lunga durata; se, invece, si considera

quello delle forme principali di sollecitazione

motoria interessate la resistenza alla forza, allaforza rapida e alla rapidità.

La resistenza generale (muscolare) si definisce

così perché impegna da un settimo a un sesto

dell’intera muscolatura scheletrica – ad esempio,

la muscolatura di un arto inferiore rappresenta

circa un sesto dell’intera massa muscolare – e

viene limitata soprattutto dal sistema cardiocir-

colatorio e respiratorio (espresso dal massimo

consumo d’ossigeno, cfr. pagina 175) e dall’uti-

lizzazione periferica dell’ossigeno.

Di conseguenza, la resistenza (muscolare) localeprevede la partecipazione di meno di un sesto/

settimo dell’intera muscolatura; oltre che dalla

resistenza generale è determinata, in misura parti-

colare, dalla forza speciale, dalla capacità anaero-

bica e dalle forme di forza che sono limitate da

quest’ultima, quali la resistenza alla rapidità, alla

forza e alla forza rapida (cfr. figura 77 e il testo

che l’accompagna), come dalla qualità della coor-

dinazione neuromuscolare specifica (tecnica) della

disciplina. Mentre la resistenza generale – carat-

terizzata dall’aumento della capacità del sistema

cardiocircolatorio – può influenzare sotto molti

aspetti la resistenza locale, limitandone la presta-

zione – ciò vale in particolare per il rapido ristabi-

limento dopo il carico – quest’ultima, general-

mente, non ha alcun influsso sulla capacità di pre-

stazione della resistenza generale (ad esempio,

per quanto riguarda un aumento delle dimensioni

del cuore, ecc.). Oltre a una forma di resistenza

generale e a una forma di resistenza locale, nella

pratica dello sport si usa parlare di resistenza

generale e speciale. In questa contrapposizione

antitetica, per resistenza generale si deve intende-

re la forma di resistenza indipendente dallo sport

praticato – detta anche resistenza di base – men-

tre per resistenza speciale si deve intendere la

forma di manifestazione specifica dello sport pra-

ticato. Il concetto di resistenza locale e speciale si

toccano e si sovrappongono in vari punti e in

parte vengono usati come sinonimi.

Dal punto di vista della trasformazione dell’ener-

gia muscolare vengono poi distinte una resistenza

aerobica e una anaerobica.

Nel caso della resistenza aerobica (cfr. anche

pagina 158), l’ossigeno necessario per la combu-

stione per via ossidativa dei substrati energetici

è disponibile in quantità sufficiente, mentre nella

resistenza anaerobica, a causa della grande

intensità del carico – che può essere provocata

sia da un’elevata frequenza di movimento sia da

un maggiore impegno di forza – l’apporto di

ossigeno è insufficiente per questa combustione,

per cui l’energia viene trasformata per via non

ossidativa.

Poiché, nella maggior parte dei casi, nella pratica

dello sport non troviamo mai una trasformazione

“pura” dell’energia per via ossidativa o anossi-

dativa, ma una loro mescolanza, che dipende da

ambedue (cfr. figura 76), si è rilevato sensato

suddividere la resistenza generale in resistenza

di breve, di media e di lunga durata.

L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA

In generale, per resistenza si intende la capaci-tà psicofisica dell’atleta di opporsi all’affatica-mento.

La resistenza psichica comprende la capacità del-l’atleta di riuscire a resistere il più a lungo possi-bile a uno stimolo che lo indurrebbe a interrom-pere uno sforzo; la resistenza fisica si riferiscealla capacità dell’intero organismo, o di suoi sin-goli sistemi parziali, di resistere alla fatica.

CAPITOLO 15 L’ALLENAMENTO

DELLA RESISTENZA

Page 16: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

262

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Rispetto alla definizione del concetto di “forza”

nell’ambito della fisica, la formulazione di una

definizione precisa dello stesso concetto che ne

comprenda anche i suoi aspetti fisiologici e psi-

chici presenta notevoli difficoltà. Infatti, i tipi di

forza, di lavoro muscolare, di tensione muscola-

re, e il carattere differenziato di quest’ultima,

sono straordinariamente elevati e sono influen-

zati da numerosi fattori. Quindi, una spiegazione

tesa a definire il concetto di forza può essere

possibile solo in rapporto con le seguenti tipolo-

gie di manifestazione della forza.

I TIPI DI FORZA

Prima di addentrarci in una suddivisione speciale

delle tipologie di forza, per principio deve essere

stabilito che la forza o le diverse forme nelle quali

essa si manifesta possono essere sempre trattate

sotto l’aspetto della forza generale e speciale.

Per forza generale si intende la forza di tutti i

gruppi muscolari, indipendentemente dallo sport

praticato, mentre la forza speciale rappresenta la

sua forma di espressione tipica di un determina-

to sport o del suo correlato muscolare specifico

(cioè i gruppi muscolari che partecipano a un

determinato movimento sportivo).

Dalla figura 175 si possono ricavare tre forme

principali di espressione: la forza massimale, la

forza rapida e la resistenza alla forza.

L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA

Nei diversi sport, la forza non si presenta maiin forma “pura”, astratta, ma sempre in unacombinazione, o in forme miste più o menosfumate dei fattori condizionali (cioè organico-muscolari e coordinativi) di prestazione fisica.

Forza

Forza massimale(FM)

Forza reattiva(FRe)

Resistenza alla forza(RF)

Dinamica Statica

Forza di lancioForza di trazioneForza di spinta

Forza di tenutaForza di trazione

Forza di pressione

Forza elasticaForza di stacco

Dinamica

Forza rapida(FR)

Dinamica Statica

Forza di saltoForza di lancio

Forza di tiroForza di colpo Forza di spintaForza di sprint

Sviluppodella FR

isometrica

Dinamica Statica

RF di saltoRF di lancioRF di spintaRF di colpoRF di sprint

Forzadi tenuta

FIGURA 176

La forza, le diverse capacità di forza e le loro diverse forme di manifestazione.

Resistenza alla forza

Resistenzaalla forza massimale

Resistenzaalla forza rapida

Forzamassimale

Forzaesplosiva

Forzainiziale

Forzarapida

FIGURA 175

Le interrelazioni tra le tre principali forme dellaforza.

CAPITOLO 16 L’ALLENAMENTO DELLA FORZA

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DEFINIZIONE DEL CONCETTO

La rapidità rappresenta un insieme di capacità,

straordinariamente varie e complesse, che si

manifesta in modi completamente diversi nei vari

sport. Lottatori, pugili, karateka, giocatori e spe-

cialisti dell’atletica leggera si caratterizzano tutti

per un’elevata espressione della rapidità, ma da

molti punti di vista si differenziano per quanto

riguarda la rapidità specifica del loro sport.

La rapidità non è solo la capacità di correre rapida-

mente, ma assume un ruolo importante anche nei

movimenti aciclici (salti, lanci) e in altri movimenti

ciclici (come il pattinaggio di velocità su ghiaccio o

lo sprint nel ciclismo) (cfr. Voss 1993, 5).

Schnabel, Thiess (1993, 696) considerano la rapi-

dità una capacità organico-muscolare che rap-

presenta un presupposto di prestazione per rea-

lizzare a intensità elevata e massima azioni

motorie nel più breve tempo possibile, nelle con-

dizioni di fatto esistenti per la loro esecuzione.

Martin, Carl, Lehnertz (1991, 147) invece classifi-

cano solo in parte la rapidità tra le capacità

organico-muscolari, in quanto si baserebbe solo

parzialmente su meccanismi energetici, mentre

dipenderebbe in misura più elevata da program-

mi di controllo di natura nervosa centrale.

La complessità coordinativo-condizionale della

rapidità risulta evidente anche nella definizione di

Frey.

La definizione più completa dalla rapidità è quel-

la di Grosser (1991, 13), in quanto comprende

non soltanto i suoi aspetti coordinativo-condizio-

nali, ma anche le sue peculiari componenti psi-

chiche. Grosser così definisce la rapidità:

Se la si riferisce ai giochi sportivi, dalla descrizio-

ne che ne danno per il calcio Benedek, Palfai(1980, 10) è facilmente visibile quale sia la com-

plessità della gamma di forme di manifestazione

e della struttura dei fattori propri della rapidità:

Da questa breve caratterizzazione di quali siano

le esigenze di rapidità nel gioco del calcio, si

possono già dedurre alcuni suoi elementi parziali

essenziali, quali la rapidità di percezione, di anti-

cipazione, di presa di decisione, di reazione, di

velocità senza pallone, di azione con il pallone e

la prontezza generale nell’agire.

Perciò, ampliando la definizione di Bauer (1990,

7), la rapidità degli atleti dei giochi sportivi (ma

anche di quelli degli sport di combattimento,

NdT) può essere così definita (cfr. Weineck 2004,

377):

CAPITOLO 17 L’ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ

436 L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA

La rapidità è una delle forme principali di solleci-tazione motoria che, come avviene per la mobili-tà articolare, può essere attribuita sia alle capa-cità organico-muscolari – forza e resistenza –sia a quelle coordinative (cfr. Grosser 1991, 13;Martin, Carl, Lehnertz 1991, 147; Weineck1992, 377; Schnabel, Thiess 1993, 696).

La rapidità è quella capacità che, sulla base dellamobilità dei processi del sistema neuro-muscola-re e delle possibilità di sviluppo della forza dellamuscolatura, permette di eseguire azioni motoriein un periodo di tempo minimo nelle condizionicontingenti esistenti (cfr. Frey 1977, 349).

“…nello sport, per rapidità s’intende la capaci-tà di raggiungere, in determinate condizioni, lamassima velocità di reazione e di movimentopossibili, sulla base di processi cognitivi, disforzi massimi di volontà e della funzionalitàdel sistema neuro-muscolare”.

...”la rapidità del giocatore di calcio è unacapacità che comprende molti aspetti, in quan-to ne fanno parte non soltanto le capacità diagire e reagire con prontezza, di scattare e cor-rere velocemente, di trattare la palla rapida-mente, di scattare e arrestarsi, ma anche quelladi intuire rapidamente e di sfruttare perciò lasituazione esistente”.

La rapidità di un atleta dei giochi sportivi rap-presenta un qualità complessa che è compostada varie capacità psicofisiche, che sono:

Page 18: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

La mobilità articolare rappresenta una caratteristi-

ca, relativamente indipendente, della capacità di

prestazione sportiva e tra le principali forme di

sollecitazione motoria occupa una posizione inter-

media tra le capacità organico-muscolari e quelle

percettivo-cinetiche.

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

La flessibilità è un altro concetto che ha lo stesso

significato di “mobilità articolare”. L’articolarità –che coinvolge la struttura delle articolazioni – e la

capacità di allungamento muscolo-tendinea – che

riguarda i muscoli, i tendini, i legamenti e l’appa-

rato capsulare – fanno invece parte della mobilità

articolare e, pertanto, si tratta di due concetti

dipendenti dalla mobilità articolare stessa.

I VARI TIPI DI MOBILITÀ ARTICOLARE

La mobilità articolare si suddivide in generale,

speciale, attiva, passiva, statica e in allungamen-

to volontario (allungamento attivo) o generato

da forze esterne (allungamento passivo).

Si parla di mobilità articolare generale quando la

capacità di escursione del movimento nei princi-

pali sistemi articolari (articolazioni delle spalle e

dell’anca, colonna vertebrale) si trova a un livello

sufficientemente sviluppato. Si tratta, comunque,

di un criterio relativo, in quanto il grado di svi-

luppo della mobilità articolare generale può

essere più o meno elevato in base al livello delle

esigenze (atleta professionista o amatore).

Si parla di mobilità articolare speciale quando si

fa riferimento alla capacità di escursione di una

determinata articolazione. Per esempio, un osta-

colista ha bisogno di una mobilità maggiore

delle articolazioni dell’anca.

Si definisce mobilità articolare attiva la massima

escursione di movimento di un’articolazione che

un atleta può raggiungere contraendo i muscoli

agonisti e – contemporaneamente – rilassando

(cioè estendendo) i muscoli antagonisti.

La mobilità articolare passiva, invece, corrisponde

alla massima escursione di movimento che un

atleta può raggiungere in presenza di forze ester-

ne (un compagno, trazione con ausilio di un

attrezzo) ed è basata sulla capacità di rilassamen-

to o di allungamento dei muscoli antagonisti.

La differenza tra la mobilità passiva e quella atti-

va è definita riserva di mobilità e indica il limite

di miglioramento della mobilità articolare attiva

che si può raggiungere potenziando gli agonisti

o aumentando la capacità di allungamento degli

antagonisti.

Poiché gli esercizi di allungamento attivo o pas-

sivo sono definiti in modi diversi da un autore

all’altro (Glück et al. 2002, 67) e, quindi, posso-

no dare origine a interpretazioni diverse, per

evitare ambiguità è stato proposto di utilizzare i

concetti di allungamento autoregolato (allunga-

mento autoregolato per azione diretta o indiret-

ta) e allungamento regolato dall’esterno (allun-

gamento regolato da azioni di forza esterna

indiretta; cfr. Glück 2002, 67). Con questa inter-

pretazione del concetto di allungamento musco-

lare si pone in primo piano l’azione dell’atleta e

vi è una distinzione tra l’atleta che esegue eser-

cizi di allungamento volontario (allungamento

autoregolato) e quello che si sottopone a eserci-

zi che prevedono l’azione di forze esterne

(allungamento regolato dall’esterno). La figura

425 riporta le sottocategorie di questa nuova

classificazione.

Secondo Glück et al. (2002, 67), l’allungamentoautoregolato, se si prendono in considerazione i

feedback cinestetici rilevati dalla muscolatura

allungata in modo attivo dall’atleta o sottoposta

a allungamento, avrebbe il vantaggio di garanti-

L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA532

CAPITOLO 18 L’ALLENAMENTO DELLA MOBILITÀARTICOLARE

La mobilità articolare rappresenta la capacità ela qualità che permette a un atleta di eseguiremovimenti di grande ampiezza di una o piùarticolazioni, sia volontariamente sia in presen-za di forze esterne.

La mobilità articolare passiva è sempre mag-giore di quella attiva.

Page 19: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Le capacità coordinative debbono essere distinte

dalle abilità motorie. Mentre queste ultime vanno

riferite ad azioni motorie concrete stabilizzate, in

parte automatizzate, le prime rappresentano i pre-

supposti consolidati, ma generalizzati, cioè di

base, di tutta una serie di azioni motorie dell’uo-

mo (cfr. Hirtz 1981, 349).

TIPI DI CAPACITÀ COORDINATIVE

Si fa una distinzione tra capacità coordinative

generali e speciali.

Le capacità coordinative generali sono il prodot-

to di un addestramento multilaterale in molti

sport e in molte attività motorie. Per cui, anche

nei vari campi della vita quotidiana e dello sport,

si manifestano in modo tale che qualsiasi proble-

ma o compito di movimento possa essere affron-

tato e superato in modo razionale e creativo.

Le capacità coordinative speciali sono formate

prevalentemente nel quadro della relativa disci-

plina di gara e sono caratterizzate dalla possibili-

tà di variazione nella tecnica dello sport pratica-

to. La loro caratteristica è quella di presentarsi,

secondo gli sport o le discipline sportive, in tipi-

che costellazioni complesse di più capacità. In

tali costellazioni, secondo lo sport o la disciplina

sportiva, assumono una posizione preminente, e

accentuata, determinati collegamenti tra le loro

componenti, che mostrano specifiche relazioni

infrastrutturali per quanto riguarda il loro peso

fattoriale.

L’IMPORTANZA DELLE CAPACITÀCOORDINATIVE

In modo molto generale, si può affermare che si ha

bisogno delle capacità coordinative per controllare

e risolvere situazioni che richiedono di agire rapi-

damente e in modo finalizzato. Esse, quindi, pre-

sentano una valenza molto elevata anche come

prevenzione di incidenti e infortuni (in quanto per-

mettono di evitare collisioni, cadute, ecc.).

L’ALLENABILITÀ DELLE CAPACITÀCOORDINATIVE

Sebbene il momento ottimale per lo sviluppo

delle singole componenti delle capacità coordi-

native in parte si manifesti in momenti molto

diversi, in generale si può affermare che presen-

L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA 575

CAPITOLO 19 L’ALLENAMENTODELLE CAPACITÀ COORDINATIVE

Le capacità coordinative sono capacità dell’uo-mo, determinate primariamente da processi dicontrollo e regolazione dei movimenti (Hirtz1981, 348), che mettono l’atleta in grado dicontrollare, con sicurezza ed economia, le sueazioni motorie sia in situazioni prevedibili (ste-reotipate) sia in situazioni imprevedibili (varia-bili) e di apprendere movimenti sportivi inmodo relativamente rapido.

• Le capacità coordinative rappresentano labase di una buona capacità sensomotoria diapprendimento. Ciò vuole dire che più eleva-to è il loro livello, più velocemente e conminore difficoltà si apprendono movimentinuovi o difficili. Korobkov (citato da Raeder1970, 68) definiva il loro allenamento: “alle-namento dell’allenabilità”.

• L’elevata economia, collegata a un loro svi-luppo elevato, determinata dalla precisionedel controllo del movimento, permette dieseguire gli stessi movimenti con uno scarsodispendio di forza muscolare e, quindi, ha uneffetto di risparmio di energia. Per questaragione determina il livello di utilizzazionedelle capacità organico-muscolari.

• Un atleta, sulla base di una buona capacitàdi coordinazione, anche negli anni successividi allenamento è in grado di apprenderenuove abilità tecnico-sportive o di trasforma-re quelle già apprese.

• Un livello elevato di capacità coordinativepermette di impadronirsi razionalmente diabilità tecniche, caratteristiche di altri sportche, poi, possono essere utilizzate, ad esem-pio, per lo sviluppo della condizione fisica eper l’allenamento di compensazione.

Page 20: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Djackov (1973, 6) definisce la maestria tecnicacome la completa padronanza di strutture eco-

nomiche del movimento, proprie di un esercizio

sportivo, quando esso è utilizzato per raggiunge-

re il massimo risultato possibile anche nelle con-

dizioni più dure di competizione sportiva.

LE TIPOLOGIE DI TECNICA

SPORTIVA

Come avviene per le capacità coordinative, si

distinguono capacità o abilità tecniche generali e

speciali.

Le abilità tecniche generali sono rappresentate

dalle cosiddette tecniche di base di corsa, salto,

lancio/tiro, ecc., che appartengono al repertorio

motorio di base di molti sport, in particolare dei

giochi sportivi. Le tecniche speciali sono quelle

specifiche e caratteristiche di un determinato

sport o di una determinata disciplina sportiva.

LE COMPONENTI DELLA TECNICA

SPORTIVA

Nel processo di allenamento a lungo termine, se

si vuole raggiungere la maestria tecnica indivi-

duale e, con essa, anche quella sportiva, nel pro-

cesso di sviluppo della tecnica, debbono essere

incluse tutte quelle componenti che sostengono

L’ALLENAMENTO DELLA TECNICA E TATTICA SPORTIVA 603

CAPITOLO 20 L’ALLENAMENTO DELLA TECNICA

SPORTIVA

Per tecnica sportiva si intende una procedurache, generalmente, si è sviluppata nella praticadei vari sport e che permette di risolvere undeterminato problema di movimento nel modopiù razionale ed economico possibile. La tecni-ca di una disciplina sportiva, quindi, corrispon-de a quello che si potrebbe definire il tipo idea-le di movimento che, però, mantenendo lecaratteristiche tipiche del movimento stesso,può essere soggetto a modificazioni adattatealle particolarità individuali di chi lo esegue,che sono quelle che identificano il cosiddettostile personale.

Tecnica sportiva

basata su

Capacitàcoordinative

Capacità psichiche

Patrimoniodi movimenti

Esperienzamotoria

Capacità deglianalizzatori

e si esprime in

Padronanzadelle tecniche

sportive

Allargamento della competenzad’azione tattica

Capacità di sfruttamentodel potenziale

psicofisico

FIGURA 483

Rassegna schematica delle forme di base o di manifestazione della tecnica sportiva.

Page 21: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

LE TIPOLOGIE DI TATTICA

SPORTIVA

Anche per quanto riguarda la tattica, si fa una

distinzione tra tattica generale e tattica speciale.

La prima si riferisce alle leggi e alle regole gene-

rali dell’agire in modo tattico, la seconda, invece,

è specifica di uno sport e, quindi, ha bisogno di

un addestramento adeguato.

LE COMPONENTI DELLA TATTICA

SPORTIVA

La figura 508 fornisce un quadro generale delle

componenti con le quali si costruisce un’azione

tattica.

Un comportamento ottimale in gara dell’atleta

presuppone che anche egli abbia un atteggia-

mento tattico.

A questo riguardo Sonneschein (1987, 13) affer-

ma: “Spesso si sottovaluta che le prestazioni

sportive sono legate anche a processi cognitivi,

emotivi e volitivi che, se si vogliono incrementare

le prestazioni, possono essere migliorati quanto i

presupposti fisici”.

Le capacità psichiche e tattico-cognitive abbrac-

ciano un complesso di processi interni di impulso

e di controllo, che non possono essere separati

tra loro. Il loro grado di espressione influisce in

misura determinante sulla qualità delle presta-

zioni sportive.

L’ALLENAMENTO DELLA TECNICA E TATTICA SPORTIVA 643

CAPITOLO 21 L’ALLENAMENTO DELLA TATTICA

SPORTIVA

Per tattica si intende il comportamento che èstato pianificato in vista di una competizioneindividuale o di squadra e impostato sulla pro-pria capacità di prestazione e su quella dell’av-versario, come anche sulle condizioni esterne.

Tattica sportiva

basata su

Capacità cognitive Abilità tecniche Capacità psicofisiche

Comportamenti ottimali di gara grazie all’utilizzazione di capacità e abilità individuali

mira a

FIGURA 508

Le componenti della struttura di un’azione tattica.

Ma un piano tattico può essere realizzato solose si parte da una base tecnica adeguata, daicorrispondenti presupposti organico-muscolari,come anche da adeguate capacità psichiche,volitive e intellettuali. Occorre chiedersi, infatti,come si potrebbe realizzare, ad esempio, l’indi-cazione tattica “giocare di prima”, se non si dis-ponesse della necessaria maestria; quale sensoavrebbe l’indicazione “copertura a uomo”, se inogni occasione l’avversario fosse superiore comerapidità e resistenza; e, infine, come si potrebberealizzare un gioco di squadra affiatato, se per ilcompagno fosse difficile comprendere o applica-re una determinata situazione di gara o se, perinsufficiente disponibilità allo sforzo o perché siimpegna poco, perdesse ogni contrasto con l’av-versario.

Page 22: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

IL TRANING AUTOGENO

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Il training autogeno è stato sviluppato, all’inizio

del secolo scorso, da J.H. Schulz partendo dall’ip-

nosi, dalla quale si differenzia in quanto in esso

non troviamo un rilassamento esogeno, prodotto

cioè da un intervento esterno, ma un autorilassa-

mento per concentrazione che, attraverso l’auto-

suggestione, porta a uno stato “ipnoide”, cioè a

un abbassamento del livello di coscienza con

una decontrazione muscolare ottimale (Rosa1973, 18).

SETTORE D’APPLICAZIONE

Nel campo sportivo, il training autogeno svolge

un ruolo soprattutto per il recupero e il ristabili-

mento delle potenzialità fisiche e psichiche del-

l’atleta che, in gara, è soggetto a situazioni

estreme di sforzo e si vede costretto a eliminare

più rapidamente possibile gli stati di esaurimen-

to fisico e di sovreccitazione psichica.

APPLICAZIONE E BASI FISIOLOGICHE

Il training autogeno rende necessario un eserci-

zio sistematico, ritmico, saldamente integrato

nello svolgimento della giornata e che, quindi, è

diventato un’abitudine. Rosa (1973, 34-35) parla

della formazione di “uno stereotipo temporale

nello svolgimento della giornata” che, dal punto

di vista della psicologia dell’apprendimento, è un

grande sostegno alla garanzia della sua riuscita.

L’accesso al livello inferiore del training autoge-

no – che è di importanza primaria nello sport – è

permesso a chi lo pratica da formule di autosug-

gestione come “sono calmissimo”, ecc., che

sono seguite dai sei esercizi del grado inferiore:

• L’esercizio della pesantezza

Formula: “il braccio destro è molto pesante”.

Processi fisiologici: in questo esercizio è volu-

tamente data la priorità al braccio destro –

che è l’arto dominante della maggior parte

degli esseri umani – in quanto la mano

destra è ampiamente rappresentata nella cir-

convoluzione pre-frontale (cioè nella circon-

voluzione cerebrale che comprende l’area

motoria) e, quindi, l’irradiazione che ne deriva

interessa ampiamente altri settori della cor-

teccia. Il senso di pesantezza si può spiegare

con la diminuzione del tono muscolare e può

essere attestato oggettivamene attraverso

registrazioni elettromiografiche.

• L’esercizio del calore

Formula: “il braccio destro è molto caldo”.

Processi fisiologici: l’abbassamento del tono

muscolare comporta una diminuzione del

tono vascolare. Perciò, si produce una dilata-

zione dei vasi sanguigni, con conseguente

aumento della temperatura cutanea, che

provoca la sensazione di calore (figura 513).

Parallelamente, diminuiscono la frequenza

cardiaca e la pressione sanguigna, che svol-

gono anch’esse un’azione positiva sulla

capacità di rilassamento e di recupero.

L’ALLENAMENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE 655

CAPITOLO 22 METODI PSICOLOGICI DIRETTI A MIGLIORARE IL RISTABILIMENTO

E LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONEFISICA

Per poter ottenere lo stato di rilassamentocompleto attraverso il training autogeno, chilo pratica si deve liberare completamentedalle rappresentazioni mentali della prestazio-ne e, concentrandosi sul rilassamento di sestesso (auto-rilassamento), si deve estraniarecompletamente dai rapporti con l’ambientecircostante. Per questa ragione, il suo appren-dimento deve avvenire in un momento ditranquillità interiore e di assenza di conflittipsichici, non in momenti di forte tensione psi-chica.

Page 23: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

L’ALLENAMENTO MENTALE

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

FORME DI ALLENAMENTO MENTALE

Secondo Fetz (1979, 88-89), l’allenamento menta-

le si trova allo stesso livello di quello propriamen-

te detto e si differenzia, nelle cosiddette “istruzio-

ni di esercitazione verbale”, in allenamento attra-

verso informazioni verbali, allenamento ideomo-

torio e allenamento basato sull’osservazione

(“osservativo”; cfr. figura 516).

Kunze (1971, 340-343) suddivide i metodi di alle-

namento mentale secondo la tipologia di presa ed

elaborazione delle informazioni e separa l’allena-

mento mentale da quello basato sull’osservazione

(allenamento osservativo), da quello verbale (alle-

namento verbale) e da quello che si fa in pratica.

L’allenamento mentale è da lui suddiviso in alle-

namento sub-vocale, allenamento percettivo

nascosto e allenamento ideomotorio (figura 517).

Mentre l’allenamento sub-vocale e quello percet-

tivo nascosto sono controllabili più dall’esterno

(attraverso determinate formule o immagini che si

riferiscono allo svolgimento ottimale del movi-

mento) e rappresentano la realizzazione di un

valore nominale (Sollwert), nell’allenamento ideo-

motorio vi possono essere sia un valore nominale

come pure un valore reale (Istwert) basato su

dati, la cui realizzazione si produce ogni volta che

la rappresentazione del movimento è collegata a

un pattern di movimento già esistente. Invece, la

realizzazione di un valore nominale si ha quando

il pattern di movimento non si è ancora completa-

mente formato. Per questa ragione, la realizzazio-

ne di un valore reale serve alla stabilizzazione di

L’ALLENAMENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE662

CAPITOLO 23 METODI PSICOLOGICI DIRETTI

A MIGLIORARE IL PROCESSO

DI APPRENDIMENTO

DELLA TECNICA

Per allenamento mentale si intende l’apprendi-mento o il miglioramento di un processo dimovimento ottenuto attraverso una sua intensarappresentazione mentale, senza che, contem-poraneamente, esso venga realmente eseguito(cfr. Volkamer 1972, 137; Fuhrer 1975, 1313;Beck 1977, 212).

Esercitazione motoria (Allenarsi)

Esercitazione pratica(Allenarsi)

Esercitazione ideomotoria

Esercitazione basata su informazione verbale

Esercitazione mentale(Allenarsi)

Esercitazione basatasull’osservazione

Informazionescritta

Informazioneorale

con/senzaaccompagnamento

verbale

Dimostra-zione

ImmaginiSimboli

(astrazioni)

FIGURA 516

Esercitazione motoria tenendo particolarmente conto delle forme di esercitazione mentale.(Da Fetz 1979, 414).

Page 24: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

L’IPNOSI

Si tratta di una procedura che non si applica a

tutti, in quanto dipende da una sensibilità speci-

fica alla suggestione esterna.

ESECUZIONE

L’atleta è posto in uno stato ipnotico simile al

sonno dall’ipnotizzatore che, successivamente, gli

suggerisce alcune istruzioni che egli eseguirà

mentre si trova ancora in stato ipnotico o nel suc-

cessivo stato di veglia.

POSSIBILITÀ E LIMITI NELLA PRATICA

SPORTIVA

La prestazione sportiva può essere influenzata

attraverso procedure di suggestione ipnotica,

soprattutto in campo psichico: nel caso di ansie

immotivate, del timore di un avversario che si

ritiene più forte, ecc.

La prestazione fisica può essere incrementata solo

se, attraverso l’ipnosi, si rimuovono i fattori di di-

sturbo o le inibizioni di carattere psichico che

influiscono su una possibile prestazione; però non

è più possibile orientare coscientemente la con-

centrazione sulla gara, perché l’ipnosi esclude

quasi completamente l’autocontrollo.

Poiché l’applicazione dell’ipnosi è tecnicamente

difficile e, soprattutto, è complicato praticarla nel

quadro della preparazione alla gara, la sua appli-

cazione in campo sportivo è contenuta in limiti

molto ristretti.

DESENSIBILIZZAZIONE – MODIFICAZIONE SISTEMATICA DEL COMPORTAMENTO

Nell’allenamento di desensibilizzazione, dopo una

istruzione sistematica e una discussione sui conte-

nuti della gara imminente, i fattori individuali

traumatizzanti vengono rielaborati, finché, gra-

dualmente, perdono la loro importanza e si rimuo-

vono i fattori di disturbo dei meccanismi di rego-

lazione nervosa.

La desensibilizzazione è stata portata da Wolpe(1958) a livello di uno dei metodi di terapia com-

portamentale e serve a rimuovere o a ridurre

modi di comportamento nevrotici come, ad esem-

pio, l’ansia, sintomo di realizzazioni inadeguate

dovute a processi di apprendimento ritenuti “erra-

ti”.

Infine, con la modificazione sistematica del com-portamento, i rilassamenti prodotti dalla desensi-

bilizzazione sono ripetuti così a lungo che, grazie

all’effetto di abitudine, la rappresentazione della

situazione non provoca più reazioni inibitorie.

L’ALLENAMENTO CON BIOFEEDBACK PER IL MIGLIORAMENTO DEI DISTURBI DELL’ATTENZIONE E LA RIDUZIONE DI STATI INTERNI DI TENSIONE E DI ANSIA

MIGLIORAMENTI DEI DISTURBI

DELL’ATTENZIONE

Negli sport che richiedono un’elevata misura di

concentrazione e di precisione – come è il caso,

ad esempio, del tiro con l’arco, del curling, del

biliardo o del golf – i processi attentivi svolgono

un ruolo importante. Il tempo individuale di pre-

parazione al successivo tiro, lancio, colpo, ecc.

serve a concentrarsi sul bersaglio e a reprimere

movimenti non previsti. L’interruzione del movi-

mento di puntamento, di colpo, di lancio, ecc. –

come avviene quando un tiratore abbassa il fucile

– spesso è la conseguenza della sensazione sog-

gettiva dell’atleta che ritiene di trovarsi in uno

stato negativo di concentrazione. Ricerche con-

dotte su tiratori di alto livello (cfr. Hillmann et al.

2000, 71-83) mostrano che l’interruzione del

movimento di puntamento, rispetto all’esecuzione

L’ALLENAMENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE 673

CAPITOLO 24 METODI PSICOLOGICI DIRETTIA RIMUOVERE I FATTORIPSICHICI DI DISTURBO

CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀDI PRESTAZIONE SPORTIVA

Page 25: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

IL RISCALDAMENTO

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Attraverso un riscaldamento razionale, specifico

per lo sport praticato, dunque, si debbono creare

migliori condizioni iniziali per le capacità di pre-

stazione neuromuscolari, organiche e mentali

dell’atleta e per la sua disponibilità allo sforzo,

come anche condizioni ottimali per la prevenzio-

ne degli infortuni.

LE TIPOLOGIE DI RISCALDAMENTO

Si distinguono un riscaldamento generale e un

riscaldamento speciale. Nel primo, deve essere

portato a un livello elevato l’insieme delle possibi-

lità funzionali dell’organismo. Ciò si realizza attra-

verso esercizi che servono al riscaldamento di

grandi gruppi muscolari (ad esempio, corsa di

riscaldamento).

Il riscaldamento speciale è specifico per la discipli-

na praticata, cioè si eseguono quegli esercizi che

servono a riscaldare quei muscoli che sono in rap-

porto diretto con essa.

Il riscaldamento generale deve precedere quello

speciale.

Il riscaldamento in sé, a sua volta, può essere pas-

sivo, attivo, mentale, oppure realizzato in forma

combinata.

Nel riscaldamento attivo l’atleta esegue realmen-

te esercizi o movimenti, mentre in quello mentalese li rappresenta soltanto. Però, una preparazionementale può essere utilizzata solo con processi di

movimento relativamente semplici o quasi com-

pletamente automatizzati.

Se utilizzato da solo, nella maggior parte dei casi

il riscaldamento mentale ha scarso valore, perché

mette in moto solo parzialmente, e spesso con

scarsa intensità, i processi di adattamento caratte-

ristici del riscaldamento (cfr. più avanti). Invece, in

alcuni sport (ad esempio ginnastica artistica, atle-

tica leggera), se è combinato con altri metodi di

riscaldamento, risulta di grande efficacia.

Il riscaldamento passivo, in forma di docce calde,

frizioni, massaggi, ecc., può essere concepito solo

come integrazione di quello attivo, in quanto è

difficile che da solo possa contribuire a un incre-

mento della prestazione o a una sufficiente pre-

venzione degli infortuni.

Nel riscaldamento attuato attraverso docce o fri-zioni si produce soprattutto un riscaldamento

periferico, con dilatazione dei vasi cutanei e, quin-

di, una distribuzione diffusa del sangue. In questo

modo, la muscolatura successivamente impegnata

nel lavoro non viene né sufficientemente riscalda-

ta, né irrorata di sangue quanto sarebbe necessa-

rio, né preparata dal punto di vista coordinativo,

come avviene nel riscaldamento attivo.

Anche le varie forme di massaggio possono essere

utilizzate solo come un’integrazione, talvolta

necessaria (ad esempio, per sciogliere dei muscoli

contratti), del vero e proprio riscaldamento attivo.

Come dimostrano ricerche di Roth, Voss, Unver-richt (1973, 271), con il riscaldamento attivo l’irro-

razione di sangue aumenta di circa sei volte, men-

tre nelle varie forme di massaggio, invece, si

ottengono valori notevolmente minori (con l’im-

pastamento si arriva a 2,3 volte, nel massaggio di

sfioramento a 1,9 volte e in quello vibratorio a

1,52 volte).

Al centro della preparazione ai carichi sportivi,

troviamo il riscaldamento generale attraverso

esercizi attivi (corsa di riscaldamento, esercizi di

allungamento e di scioltezza, ecc.), al quale fanno

seguito un riscaldamento speciale, specifico della

disciplina, carichi preliminari e carichi veri epropri. Secondo gli sport, come integrazione si

può ricorrere agli altri metodi.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA 681

CAPITOLO 25 L’IMPORTANZA

DEL RISCALDAMENTO

E DEL DEFATICAMENTO

NELLO SPORT

Per riscaldamento si intendono tutte quellemisure che prima di un carico di lavoro fisico-sportivo – sia esso di allenamento oppure digara – servono a creare uno stato ottimale dipreparazione psicofisica, cinestetico-coordinati-va, e alla prevenzione degli infortuni.

Page 26: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

GENERALITÀ SULLA FATICAE IL RISTABILIMENTO DOPO CARICHI SPORTIVI

Dopo un allenamento sportivo, in funzione dei

diversi parametri del carico, si produce una fatica

più o meno marcata o addirittura un esaurimento.

La prima precede il secondo e rappresenta una

sorta di meccanismo di difesa che ha il compito di

impedire che si esauriscano completamente le

riserve delle quali è in possesso l’organismo. Il

quadro della fatica si produce attraverso interrela-

zioni complesse tra fatica centrale e periferica.

Sebbene in allenamento i limiti della fatica possa-

no essere spostati secondo il livello di allenamento

stesso, il successivo recupero diventa sempre più

importante. In determinate condizioni, se si prende

in considerazione solo l’aspetto del carico e non si

tiene sufficientemente conto dei periodi di ristabili-

mento, si può giungere a un impoverimento “stri-

sciante” delle riserve energetiche dell’atleta e,

quindi, a una diminuzione della sua capacità di

lavoro (cfr. pagina 241). Per questa ragione, carico

di allenamento e successivo ristabilimento sono

strettamente collegati e si condizionano a vicenda.

Un sistema razionale di carico e recupero, inoltre,

rappresenta una delle principali condizioni per

l’aumento dell’efficacia dell’allenamento. In questo

contesto, occorre considerare soprattutto l’etero-

cronia del ristabilimento (cfr. pagina 25); perciò, sia

nel valutare quale sia l’effetto di un carico prece-

dente su quello successivo, sia nel giudicare l’effet-

to di una o più unità di allenamento (come som-

matoria, cfr. pagina 27), con direzione energetica o

morfologico-strutturale diversa, si deve fare asso-

lutamente attenzione all’influenza che esercitano

sull’organismo dell’atleta, un’influenza che viene

definita dai metodi utilizzati.

Il principale presupposto per un incremento della

capacità di prestazione sportiva è assicurato solo

se carico e recupero si trovano in un rapporto

ottimale. Dopo il carico, non solo si debbono

ricostituire nuovamente le riserve energetiche,

assecondando la previsione di una futura mag-

giore capacità di carico dovuta al meccanismo

della supercompensazione, ma anche ristabilire

alcuni fattori determinanti per la prestazione

“logorati” durante il carico, che comporta una

risintesi delle proteine consumate, la costruzione

di nuove strutture proteiche (ipertrofia muscola-

re, enzimi, ormoni, ecc.). Inoltre, la rigenerazione

serve alla prevenzioni dei traumi. Infatti, le strut-

ture del sistema locomotorio e di sostegno estre-

mamente sollecitate dal carico – come, ad esem-

pio, i muscoli, i tendini, i legamenti, i dischi inter-

vertebrali, le cartilagini articolari – richiedono il

tempo necessario per poter “rielaborare” ade-

guatamente gli elevati carichi di allenamento ai

quali sono state sottoposte.

Dal punto di vista fisiologico, secondo l’attuale

approccio sistemico alla spiegazione del fenome-

no della fatica, queste sono le cause che la pro-

vocherebbero:

• Esaurimento dello riserve energetiche

Soprattutto nel caso di carichi sportivi intensi

si produce una diminuzione dei fosfati ener-

getici; se i carichi sono di lunga durata abbia-

mo un impoverimento del glicogeno muscola-

re e, infine, una diminuzione dell’intensità del

lavoro o dell’attitudine a esso. Per garantire

l’attività normale dell’apparato contrattile il

contenuto di ATP nelle fibre muscolari deve

essere mantenuto a un livello che corrisponde

a circa lo 0,25% del loro peso complessivo.

• Diminuzione dell’attività enzimatica

Con il crescente aumento di prodotti acidi del

metabolismo si produce un abbassamento del

pH ematico. Se si supera un determinato

grado di acidità – un atleta allenato ha un

livello di tolleranza dell’acidosi maggiore di

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA 691

CAPITOLO 26 L’IMPORTANZA DEL RECUPEROE DEL RISTABILIMENTO

DOPO I CARICHI SPORTIVI PERL’OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO

DI ALLENAMENTO

Nello sport di alto livello attuale, spesso, in primopiano troviamo il carico e frequentemente si tra-scura il recupero che è strettamente collegatocon esso (cfr. Fritzenberg, Kellmann 2001, 25).

Page 27: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

Se si trascura di provvedere a un recupero suffi-

ciente, si possono sviluppare sintomi di eccesso

di sollecitazione di varia natura, sia fisica, sia

psichica che, in parte, si possono riassumere nel

termine superallenamento*.

LE CAUSE DEL SUPERALLENAMENTO

Nello sport competitivo e di elevata prestazione

per lo sviluppo della capacità di prestazione spor-

tiva, è essenziale allenarsi duramente. Per miglio-

rare in modo ottimale, però, l’atleta dovrebbe

essere in grado non soltanto di allenarsi intensa-

mente, ma anche di riposarsi adeguatamente

dopo l’allenamento: normalmente sono sufficienti

ventiquattro ore. Però, se ci si allena due o tre

volte al giorno per vari giorni, come avviene, ad

esempio, in un allenamento a blocchi, sono poi

necessari da uno a due giorni di recupero (cfr.

Hynynen et al. 2006, 313). Se vi è uno squilibrio

tra allenamento e recupero, quindi, si può produr-

re una sindrome da superallenamento, come si

può osservare spesso negli atleti di livello elevato

(cfr. Uusitalo 2001, 35 e segg.; Kelmann 2002, 3 e

segg.).

A tale proposito, si può osservare che:

Secondo Urhausen (in Künstlinger 2006, 53),

ogni atleta presenta una sorta di “serbatoio

degli stress” che contiene, oltre allo stress del-

l’allenamento e delle gare, gli stress professiona-

li e privati, le malattie, i cambiamenti climatici,

gli errori alimentari, ecc. Nella sindrome da supe-

rallenamento, anche se si continua o addirittura

si incrementa l’allenamento, si produce una

diminuzione del rendimento dell’atleta. L’atleta

si sente “spompato”, lamenta di avere le gambe

pesanti, depressione e stanchezza.

La fase precoce dello sviluppo di un superallena-

mento è definita overreaching – tale stato viene

volutamente provocato in un allenamento a

blocchi – e rappresenta una sorta di superallena-

mento a breve termine. Il recupero successivo a

un periodo di allenamento duro o a un allena-

mento teso a raggiungere uno stato di overrea-ching può durare da più giorni fino a una o più

settimane. Ma, nel caso di superallenamento, il

ristabilimento può richiedere da più mesi fino a

un anno (cfr. Raglin, Barzdukas 1999, 27; Kel-mann 2002, 3 e segg.; Pichot, Roche, Gaspoz2004, 10 e segg.; Uusitalo et al. 2004, H1821 e

segg.; Hynynen et al. 2006, 313).

Nel settore dell’allenamento, le cause possono

essere:

• un incremento eccessivamente rapido del-

l’intensità e del volume del carico di allena-

mento;

• un insegnamento eccessivo e forzato della

tecnica di processi difficili di movimento;

• l’eccessiva unilateralità dei metodi e dei

contenuti di allenamento;

• una sommatoria di gare con intervalli di

riposo insufficienti.

TIPOLOGIE DI SUPERALLENAMENTO

SINTOMI CARATTERISTICI

DIAGNOSI

Fondamentalmente si realizza una distinzione tra

superallenamento basedoviano (simpaticotoni-

co) e addisoniano (parasimpaticotonico). La

tabella 105 fornisce un quadro di queste due

forme di superallenamento.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA700

CAPITOLO 27 IL SUPERALLENAMENTO

* O, che sarebbe anche meglio, sovrallenamento (NdC).

Un carico oggettivamente identico viene sogget-tivamente elaborato in modo completamentediverso. La rielaborazione del carico da parte diun atleta è notevolmente influenzata da nume-rosi fattori. Così, ad esempio, un ambiente nega-tivo dal punto di vista sociale (problemi con ilpartner, preoccupazioni professionali, ecc.) puòprovocare mancanza di serenità, disturbi delsonno, scarso appetito e una depressione dell’u-more che hanno un’importante azione negativasul recupero.

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L’alimentazione, attraverso un apporto adeguato

di nutrienti, ha lo scopo di compensare il consu-

mo di energia e di materiali biologici, provocati

dal metabolismo basale e da quello funzionale(intendendo con questa espressione l’aumento

del metabolismo dovuto all’attività fisica). Nel-

l’atleta questa compensazione deve avvenire in

modo particolarmente preciso, in quanto presta-

zioni sportive elevate possono essere ottenute

solo in base a un allenamento e a un’alimenta-

zione ottimali. Attraverso l’alimentazione si man-

tengono in equilibrio i cinque bilanci energetici:

il bilancio calorico, il bilancio alimentare, il bilan-

cio delle sostanze minerali, il bilancio delle vita-

mine e il bilancio dei fluidi.

IL BILANCIO CALORICO

Il bilancio calorico comprende il consumo di

energia dovuto alla combustione dei carboidrati,

dei grassi e delle proteine e la loro ricostituzione

grazie all’assunzione di alimenti. Il valore calori-

co di un grammo di carboidrati o di proteine è di

circa 17,22 kJ o 4,1 kcal, quello di un grammo di

grasso circa il 36,9 kJ o 9 kcal.

Nell’assunzione e nell’assimilazione degli alimenti,

per l’effetto dinamico specifico dei nutrienti e a

causa del processo di digestione, si producono per-

dite di energia. Per effetto dinamico specifico si

deve intendere la perdita calorica che si produce a

causa del solo assorbimento o della demolizione e

ricostituzione delle sostanze contenute negli ali-

menti. Per le proteine, esso ammonta a circa il

22% – di qui i regimi proteici nelle cure di dima-

gramento – per i carboidrati all’8% e per i grassi al

4% (Donath, Schüler 1972, 23). In una dieta mista,

si può calcolare una perdita media di circa il 10%.

Per classificare correttamente gli alimenti assun-

ti, allo scopo di valutare il necessario apporto

calorico, occorre tenere conto delle perdite che si

producono per l’effetto dinamico specifico e per

il processo di digestione e che, come detto,

ammontano a circa il 10%.

Il bilancio calorico è determinato dal metaboli-smo basale, che ne richiede circa il 60% per la

produzione di calore e per mantenere costante la

temperatura del corpo, e dal metabolismo fun-zionale, cioè dal bisogno di energia che è neces-

sario per le prestazioni fisiche eccedenti il meta-

bolismo basale.

IL METABOLISMO BASALE

Nell’uomo, il metabolismo basale ammonta a

circa 4,2 kJ o 1 kcal all’ora e per kg di peso cor-

poreo. In una formula semplificata: metabolismo

basale (in kcal) = peso corporeo (kg) x 24 (ore).

Le donne presentano un fabbisogno del 5-10%

minore, in quanto – possedendo una maggiore

quantità di tessuto adiposo sottocutaneo – dis-

pongono di un migliore isolamento e, quindi,

hanno una minore perdita di calore.

IL METABOLISMO FUNZIONALE

Il metabolismo funzionale raggiunge livelli diver-

si secondo l’intensità e la durata dell’attività

(tabella 107).

IL BILANCIO ALIMENTARE

Il bilancio alimentare esprime il rapporto corretto

tra i carboidrati, i grassi e le proteine assunte

con l’alimentazione.

Negli atleti degli sport di forza, queste propor-

zioni si debbono spostare a favore di un aumen-

to delle proteine, negli atleti degli sport di resi-

stenza verso un aumento dei carboidrati.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA 707

CAPITOLO 28 L’ALIMENTAZIONE DELL’ATLETA

Per il metabolismo energetico sono importantisoprattutto i carboidrati e i grassi, per quellostrutturale (anabolismo) le proteine.

In una normale dieta mista, la ripartizione tragli alimenti è 60% carboidrati, 25% di grassi e15% di proteine.

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PRINCIPI GENERALI – MODALITÀ DI REALIZZAZIONE

Attualmente, la prevenzione delle patologie dege-

nerative del sistema cardiocircolatorio rappresenta

uno dei problemi centrali della medicina preventi-

va, in quanto queste patologie sono al primo posto

nelle statistiche delle cause di mortalità nelle

nazioni industrializzate. Nella sola Repubblica

federale di Germania, esse provocano la metà dei

circa 900.000 decessi annuali.

Le cause possono essere individuate in una serie di

fattori esogeni (ad esempio abitudini di vita, diete-

tiche, consumo di tabacco, ecc.) ed endogeni (ad

esempio fattori di rischio quali l’ipertensione, un

tasso elevato di colesterolo), in parte legati ai

primi, che partecipano alla formazione di patologie

degenerative cardiocircolatorie. Un ruolo impor-

tante è svolto anche dalla carenza di movimento o

ipocinesi, in quanto ogni organo presenta quella

capacità funzionale che corrisponde al suo grado

di sollecitazione .

Normalmente, il rischio di infarto cardiaco in un

soggetto non allenato aumenta notevolmente

dopo il 40° anno d’età, ma in un soggetto allenato

anche dopo i quarant’anni resta basso per i suc-

cessivi venti-venticinque anni.

Ai fini della prevenzione delle patologie cardiocir-

colatorie e da ipocinesi, si è dimostrato particolar-

mente efficace soprattutto un allenamento aerobi-

co della resistenza (jogging e walking), in quanto

migliora, in modo mirato e globale, la funzionalità

cardiocircolatoria, la capacità di prestazione fisica

e, contemporaneamente, influisce positivamente

su una serie di fattori di rischio.

Però numerosi casi mortali nelle corse non compe-

titive o in normali sedute di allenamento di jog-ging dimostrano che questo genere di allenamento

della resistenza, anche se svolto per scopi salutisti-

ci, non deve essere applicato alla leggera, su ogni

soggetto e in qualsiasi forma. Questi casi di morte,

che spesso i mass media enfatizzano senza ulterio-

ri commenti, sono in grado di provocare dubbi e

insicurezze in una parte dei cittadini preoccupati

della loro salute, per cui occorre parlare brevemen-

te di questo problema.

L’analisi approfondita di questi decessi dopo atti-

vità fisica (cfr. Munschek 1974 e 1977; Vuori1978; Jung, Schäfer-Nolte 1982) ha dimostrato

che alla base di quasi tutti i casi di persone dece-

dute dopo intenso sforzo fisico vi era una patolo-

gia coronarica.

Invece, le morti improvvise di soggetti praticanti

regolarmente sport o durante attività fisiche di

routine sono estremamente rare e si producono,

quasi esclusivamente, in condizioni non abituali o

in condizioni speciali di stress (ad esempio, corse

popolari con carattere competitivo). Numerosi

decessi di origine cardiaca, dei quali si incolpa lo

sport, sono sicuramente puramente casuali: avreb-

bero potuto prodursi durante l’attività sportiva, ma

anche durante un qualsiasi impegno di carattere

fisico della vita quotidiana (Jung, Schäfer-Nolte1982, 11).

Per evitare eventi così spiacevoli, prima di intra-

prendere un allenamento “dinamico” aerobico

della resistenza, occorre tenere conto di alcune

importanti indicazioni.

LE VISITE MEDICHE PREVENTIVE

A esse dovrebbero sottoporsi tutti coloro che per

anni non hanno praticato sport, o coloro che

riprendono dopo essere restati inattivi per lungo

tempo.

La visita preventiva dovrebbe essere eseguita da

un medico sportivo e prevedere un’anamnesi

accurata (anamnesi familiare, malattie pregresse,

fattori di rischio, livello di vita) e una diagnosi di

ingresso che dovrebbe prevedere, soprattutto, le

seguenti indagini:

• esame fisico (internistico/ortopedico);

• elettrocardiogramma;

• ergometria;

L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE 719

CAPITOLO 29 L’ALLENAMENTODELLA RESISTENZA COME

ALLENAMENTO PER LA SALUTE

“La salute non è tutto, ma senza la salute tuttoè nulla.”

Schopenhauer

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FONDAMENTI GENERALI DI UN ALLENAMENTO DELLA FORZA DIRETTO ALLO SVILUPPO DELLA SALUTE

Se si vuole mantenere o incrementare la capacità

di prestazione fisica nel settore dell’attività fisica

per la salute, l’allenamento della forza rappresen-

ta un presupposto indispensabile (cfr. Buskies1999; Buskies, Boeckh-Behrens 1996; Tiemann1997; American College of Sports Medicine 1998,

975 e segg.; Boeckh-Behrens, Buskies 2001).

Secondo il gruppo cui esso viene rivolto – adole-

scenti, adulti sani, anziani o persone con quadri

patologici speciali o atleti di livello diverso – se

si vogliono ottenere effetti ottimali, l’allenamen-

to della forza deve essere adattato alle particola-

rità e alla capacità di carico individuali e ai diver-

si livelli di allenamento.

Un allenamento della forza diretto alla salute è

determinato da diverse variabili che esporremo

brevemente qui di seguito (cfr. Kraemer, Rata-mess 2004, 675).

METODI

La maggior parte dei programmi di allenamento

della forza prevede ripetizioni dinamiche di

esercizi con elementi concentrici ed eccentrici,

mentre, normalmente, le azioni isometriche

hanno un’importanza secondaria. Un lavoro

muscolare eccentrico richiede una minore quan-

tità di energia per una data forza e sostiene

uno sviluppo ottimale dell’ipertrofia e della

forza muscolare ma, nel caso di esercizi inabi-

tuali o troppo intensivi, causa rapidamente

notevoli dolori muscolari.

Gli esercizi isometrici, che sono spesso utilizzati

per rafforzare selettivamente determinati grup-

pi muscolari, hanno però lo svantaggio che pos-

sono provocare rapidamente una respirazione

compressiva o un aumento più o meno rapido

della pressione arteriosa, che non sono deside-

rabili per determinati gruppi di persone (ad

esempio, soggetti cardiopatici o ipertesi).

LA SCELTA DEGLI ESERCIZI

Generalmente, da un lato si distingue un allena-

mento della forza con pesi liberi o alle macchine

e, dall’altro, un allenamento con esercizi mono o

pluriarticolari e forme di allenamento propriocetti-

vo (cfr. pagina 330). Mentre gli esercizi monoarti-

colari sollecitano solo i muscoli che interessano

un’articolazione o un grande gruppo muscolare,

gli esercizi poliarticolari allenano più articolazioni

e più gruppi muscolari. In generale, si può affer-

mare che i gruppi muscolari maggiori devono

essere allenati prima di quelli minori e che gli

esercizi poliarticolari devono essere utilizzati

prima di quelli monoarticolari.

Per lo sviluppo della forza rapida, si debbono uti-

lizzare esercizi che interessano tutto il corpo (ad

esempio, l’esercizio di strappo con il bilanciere)

prima di esercizi di base come gli squat o le esten-

sioni alla panca.

INTENSITÀ DEL CARICO

L’intensità del carico dipende da una serie di ulte-

riori fattori di allenamento, come la successione

degli esercizi, il volume, la frequenza, i metodi, la

velocità di esecuzione o la durata delle pause (cfr.

Kraemer, Ratamess 2000, 467 e segg.).

L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE 735

CAPITOLO 30 L’ALLENAMENTODELLA FORZA COME

ALLENAMENTO PER LA SALUTE

Prima di iniziare un allenamento della forzacon pazienti a rischio – ad esempio soggettiipertesi, diabetici o persone che possono svol-gere solo limitatamente un’attività fisica permotivi ortopedici – dopo un consulto medicopreliminare (per escludere eventuali controindi-cazioni), tenendo conto degli obiettivi che sivogliono ottenere, si devono scegliere i metodi,i contenuti (esercizi) e gli attrezzi adatti.

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PRINCIPI GENERALI

Delle varie sottocategorie della rapidità assumo-

no un ruolo importante solo

• la rapidità aciclica, intesa come forza rapida;

• la rapidità ciclica, intesa come tappingmanuale e podalico;

• la componente cognitiva della rapidità, cioè

la rapidità di percezione, anticipazione, presa

di decisione e reazione.

FINALITÀ DI UN ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ DIRETTO ALLO SVILUPPO E AL MANTENIMENTO DELLA SALUTE

Le finalità essenziali di un allenamento diretto

allo sviluppo e al mantenimento della salute

sono:

La rapidità di corsa svolge un ruolo importante

solo nella gioventù e nella media e avanzata età

adulta.

Già dopo i trent’anni di età (quando spesso sono

già presenti alterazioni arteriosclerotiche nei vasi

sanguigni) è controindicata per le persone non

allenate a causa dell’elevato carico che essa rap-

presenta dal punto di vista cardiocircolatorio.

CONTENUTI DI UN ALLENAMENTODELLA RAPIDITÀ DIRETTOALLO SVILUPPO O AL MANTENIMENTO DELLA SALUTE

ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ CICLICA

Può essere allenata in ogni momento della vita

quotidiana da seduto (alla scrivania, nei banchi

di scuola, ecc.) o nella stazione eretta con una

sola mano o un solo piede, alternando destra e

sinistra, o alternando tapping manuale con tap-ping podalico.

ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ ACICLICA

Dal punto di vista della salute, la rapidità aciclica

o la forza rapida sono importanti soprattutto

nella prevenzione delle cadute o per reagire con

movimenti rapidi quando si inciampa e si sta per

cadere, evitando così le gravi conseguenze di una

caduta. La causa della sua importanza però è che

se viene allenata per tutta la vita serve soprattut-

to a mantenere le fibre FT, cioè le fibre muscolari

rapide di tipo IIa/IIx.

L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE748

CAPITOLO 31 ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀCOME ALLENAMENTO

PER LA SALUTE

• mantenimento delle componenti cognitivedella rapidità, cioè conservazione della com-petenza nella vita quotidiana (ad esempio,della capacità di guidare con sicurezza neltraffico);

• mantenimento delle fibre FT;• conservazione della rapidità di reazione,

intesa come prevenzione dei traumi, dellecadute, ecc.

La rapidità ciclica dovrebbe essere allenata pertutto il periodo della vita solo in forma di tap-ping manuale o podalico per conservare lacoordinazione rapida o le fibre FT (cfr. il testoche segue “rapidità aciclica”).

Se non si allena la forza rapida per tutta lavita, si produce una perdita di fibre FT di circal’1% ogni anno, oppure esse sono sostituitedalle fibre ST. Ma così peggiora la capacità direagire adeguatamente con movimenti di forzarapida a situazioni impreviste (ad esempio,

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PRINCIPI GENERALI

La mobilità articolare rappresenta un fattore la

cui importanza per l’efficienza fisica generale e

per la competenza in tutti gli aspetti della vita

quotidiana spesso è sottovalutata. Come già

esposto, la mobilità articolare fa parte di quelle

capacità motorie che regrediscono più rapida-

mente con l’invecchiamento. Ogni persona, quin-

di, si deve porre il compito di contrapporsi a que-

sto peggioramento attraverso un allenamento

adeguato.

FINALITÀ DI UN ALLENAMENTODELLA MOBILITÀ ARTICOLAREDIRETTO AL MIGLIORAMENTO E AL MANTENIMENTO DELLA SALUTE

Le finalità essenziali di un allenamento della

mobilità articolare diretto al miglioramento e al

mantenimento della salute sono quelle di:

Come abbiamo già esposto, esistono numerosi

fattori che limitano la mobilità articolare. Nella

normalità dei casi, si può affermare che: la mag-

giore o minore mobilità di un’articolazione

dipende soprattutto dalle strutture connettivali

che la guidano e la proteggono (capsula e appa-

rato legamentoso) e dalla muscolatura che la

interessa.

Si tratta di un processo che è accelerato dalla

diminuzione delle fibre elastiche negli elementi

strutturali del tessuto connettivo e dal crescente

aumento della densità dei tessuti (tra l’altro per

una graduale perdita di acqua), entrambi deter-

minati dall’età.

MANTENERE O AUMENTARE LA CAPACITÀ

PSICOFISICA DI CARICO

Una limitazione della mobilità articolare influisce

da vari punti di vista sulla capacità generale di pre-

stazione e sulla capacità di carico. Una scarsa

mobilità della colonna vertebrale non è solo un

ostacolo quando si parcheggia all’indietro, ma

aumenta la difficoltà di spostare o sollevare ogget-

ti o pesi che si trovano sul pavimento. Il crescente

accorciamento della muscolatura limita i contro-

movimenti e, quindi, le traiettorie di accelerazione,

comportando una minore espressione della forza

(ad esempio, quando si spacca la legna; cfr. Israel1996, 13).

ECONOMIZZARE IL LAVORO MUSCOLARE

Una muscolatura “rigida” rappresenta una mag-

giore resistenza per ogni movimento. In ogni

passo, in ogni movimento delle braccia, oltre al

vero e proprio lavoro che si deve compiere, si

deve superare la resistenza opposta dai muscoli

antagonisti. Negli sforzi prolungati, ciò porta a

un rapido affaticamento e, quindi, a un’interru-

zione anticipata del lavoro, perché si deve utiliz-

zare una maggiore quantità di energia.

L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE 751

CAPITOLO 32 L’ALLENAMENTODELLA MOBILITÀ ARTICOLARE

COME ALLENAMENTOPER LA SALUTE

• mantenere o incrementare la capacità psico-fisica e di carico;

• economizzare il lavoro muscolare;• fare prevenzione posturale;• evitare squilibri muscolari;• facilitare l’apprendimento motorio;• effettuare prevenzione dei traumi;• ottimizzare il recupero dopo lo sforzo;• ottenere una distensione psicofisica;• provvedere al mantenimento delle compe-

tenze necessarie per la vita di tutti i giorni.

Un allenamento quotidiano mantiene elastiche lestrutture capsulari, muscolari, connettivali. Però,con il tempo, carenza di movimento sotto formadi posture errate o mantenute troppo a lungo (adesempio stare seduti molto a lungo) e, quindi,movimenti di escursione limitata portano, inav-vertitamente, a un “irrigidimento” crescente.

Page 33: LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO · 6 LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO DEFINIZIONE DEL CONCETTO La capacità di prestazione sportiva rappresenta il

PRINCIPI GENERALI

Per ogni uomo, le capacità coordinative rappre-

sentano fattori importanti per la prevenzione di

infortuni e traumi, per l’efficienza fisica generale,

per l’attività mentale e per la competenza nelle

attività della vita quotidiana. Le carenze coordi-

native si manifestano in una mancanza generale

di abilità e nella scarsa padronanza del proprio

corpo, che aumentano soprattutto il rischio di

cadute.

FINALITÀ DI UN ALLENAMENTOCOORDINATIVO DIRETTO ALLO SVILUPPO O AL MANTENIMENTO DELLA SALUTE

Le finalità principali di un allenamento coordina-

tivo diretto allo sviluppo o al mantenimento

della salute sono quelle di:

AUMENTARE O MANTENERE LA CAPACITÀ

PSICOFISICA DI PRESTAZIONE

Tutti i fattori della capacità psicofisica di presta-

zione dipendono dal livello delle capacità coordi-

native. La grande maggioranza delle attività di

tempo libero che “allenano” la nostra resistenza,

la nostra forza o la nostra velocità di azione

richiedono un minimo di “capacità di movimen-

to”:

MAGGIORE ECONOMIA DEL LAVORO

MUSCOLARE

Chi controlla perfettamente un movimento dal

punto di vista coordinativo ha bisogno di una

quantità molto minore di energia rispetto a chi

inizia ad apprenderlo. Infatti, egli utilizza in

modo ottimale i muscoli che sono necessari per

un’esecuzione efficace del movimento, mentre

chi ancora non lo controlla “muove tutte le sue

leve” per riuscire alla meno peggio a realizzarlo.

Il cervello di un “esperto” per realizzare il con-

trollo globale dei suoi movimenti lavora in modo

più economico di quanto non faccia quello di

una persona non allenata.

La maggiore economia fa sì che in tutte le attivi-

tà motorie perfettamente controllate, che cioè si

svolgono automaticamente, siano esse movi-

menti professionali o tecniche sportive, la fatica

si produce meno velocemente e per questo si

può ottenere una prestazione globalmente più

elevata (cfr. Weineck 2000, 104).

L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE754

CAPITOLO 33 ALLENAMENTODELLA COORDINAZIONE COMEALLENAMENTO PER LA SALUTE

• aumentare o mantenere la capacità psicofisi-ca di prestazione;

• ottenere una maggiore economia del lavoromuscolare;

• prevenire gli incidenti, i traumi e le cadute;• facilitare l’apprendimento motorio;• migliorare l’impostazione del tempo libero;• allenare la mente;• mantenere la competenza sociale;• conservare competenza verso le attività della

vita quotidiana.

chi non è in grado, o non è più capace, di nuo-tare, andare in bicicletta, usare i pattini inlinea, pattinare su ghiaccio o usare gli sci difondo, ha scarse possibilità di rafforzare il suosistema cardiocircolatorio attraverso un allena-mento della resistenza vario e praticabile intutte le stagioni dell’anno.

Chi non conosce sport che richiedono forza epotenza come, ad esempio, la ginnastica artisti-ca, l’arrampicata, il judo, ecc. ha minori possibili-tà di allenare la sua forza massima, la sua veloci-tà o la sua resistenza alla forza (cfr. anche Drobe2006, 71).

Chi non sa giocare a badminton, tennis tavolo,tennis o a giochi come il calcio, la pallavolo,l’hockey, ecc., ha scarse probabilità di allenare omantenere le sue capacità di reazione o di perce-zione.