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LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA ALESSANDRA CORDIANO Il disegno di legge sul testamento biologico: l’autodeterminazione mancata e alcune antinomie sistematiche Estratto: ISSN 1593-7305 N. 9 SETTEMBRE 2009 Anno XXV RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate

La nuova giurisprudenza civile commentata - pereluana.it · (7) In tal senso, Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comu-nitario delle

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LA NUOVAGIURISPRUDENZA

CIVILECOMMENTATA

alessandra cordiano

Il disegno di legge sul testamento biologico: l’autodeterminazione mancata e alcune

antinomie sistematiche

Estratto:

ISSN 1593-7305N. 9 SETTEMBRE 2009 • Anno XXVRIVISTA MENSILEde Le Nuove Leggi Civili Commentate

IL DISEGNO DI LEGGE SUL TESTAMENTO BIOLOGICO:L’AUTODETERMINAZIONE MANCATA E ALCUNE ANTINO-

MIE SISTEMATICHE

di Alessandra Cordiano

Sommario: 1. I princìpi ispiratori. – 2. Il contenutodel testamento biologico: divieto di eutanasia e diaccanimento terapeutico. – 3. Il principio del con-senso informato e l’alleanza terapeutica. – 4. Diret-tive anticipate di trattamento: aspetti formali, vali-dità temporale e prescrittività. – 5. Il ruolo del fi-duciario. – 6. Considerazioni conclusive.

1. I princìpi ispiratori. Il progetto di leg-ge sul così detto testamento biologico, licenzia-to dal Senato, è all’esame della Camera dei De-putati, benché da più parti si fosse auspicato,nonostante l’innegabile urgenza di colmareuna vistosa lacuna, un intervento più meditatoe necessariamente sciolto dal contesto emozio-nale che lo aveva in gran parte ingenerato.

Il testo approvato dal Senato delude per mol-ti, troppi versi, in quanto disattende e travolgemolteplici ragioni teorico-giuridiche, sulle qualidottrina e giurisprudenza riflettevano copiosa-mente da molto tempo (1); primo fra tutti, ilprincipio di autodeterminazione, come enuclea-to dagli artt. 2, 13, 32 Cost., espressione della so-lidarietà costituzionale e della salute così detta«identitaria», il quale, pur formalmente enuncia-to, risulta sovente svilito e contraddetto.

La proposta contiene l’indicazione di un ca-talogo di princìpi posti a fondamento teorico, iquali, lungi dall’evidenziare un’impostazioneideologica di tolleranza, una tecnica legislativa«aperta», per favorire la creazione di un mo-dello culturale, sociale e istituzionale di accet-tazione (2), appaiono piuttosto come il tentati-

vo di porre dei confini tassativi di operativitàdell’agire umano e medico, perdendo, tra l’al-tro, quella sostanza prescrittiva e quella «per-forazione normativa» (3) riconducibile al valo-re unico, unitario e fondante della persona.Inoltre, la premessa metodologica dell’art. 1,che riconduce al combinato disposto degli artt.2, 13 e 32 Cost., appare sconfessata dalle suc-cessive prescrizioni contenutistiche e formalidelle direttive anticipate.

Il comma 1o, dell’art. 1, lett. a), esordiscecon la dichiarazione di principio secondo laquale l’ordinamento tutela la vita umana finoalla morte, quale diritto inviolabile e indisponi-bile da garantire in qualsiasi stato si trovi il sog-getto, anche nella fase terminale dell’esistenzae in stato di incapacità di intendere e di volere;con il diritto alla vita, l’ordinamento tutela egarantisce anche la dignità della persona, la cuisalvaguardia dev’essere prioritaria rispetto agliinteressi economici e scientifici della società edella scienza (art. 1, comma 1o, lett. b)).

La tutela nei riguardi della scienza rievoca ilcontenuto dell’art. 1 della Convenzione diOviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina,rivolta a proteggere l’essere umano nei con-fronti delle applicazioni della biologia e dellamedicina; il richiamo compiuto è certamenteincontrovertibile, se non fosse, però, che laConvenzione di Oviedo prevede una cornicevaloriale di ben altra portata, contenendo unpotenziale applicativo di tutt’altro tenore (4).

(1) Per un primo commento, Brignone, Testa-mento biologico: il Ddl licenziato al Senato rischia dimodificare un quadro di riferimento, in Guida al dir.,2009, fasc. 18, 98 ss.

(2) Criticamente sul modello repressivo nelle te-matiche coinvolgenti interessi esistenziali, auspican-do una tecnica legislativa aperta e «per princìpi» enon di tipo regolamentare o repressivo-penale, Per-

lingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale,Esi, 1991, 373 ss.; Ferrando, Libertà, responsabilitàe procreazione, Cedam, 1999, 303 ss.; Rodotà, Tradiritto e società. Informazioni genetiche e tecniche ditutela, in Riv. crit. dir. priv., 2000, spec. 579 ss.

(3) L’espressione è di Messinetti, voce «Dannogiuridico», in Enc. del dir., I, Agg., Giuffrè, 1997,469 ss., spec. 510.

(4) Recita l’art. 1 Conv. Oviedo: «Le Parti di cui

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La disciplina, secondo il testo approvato, siprefigge la tutela della salute, garantendo lapersona attraverso il principio, qui esplicitato,del consenso informato, mediante la partecipa-zione del paziente al rapporto di cura e attra-verso il riconoscimento – come prioritari – del-l’alleanza terapeutica e dell’obbligo informativodel medico nei riguardi dei trattamenti sanitaripiù appropriati (art. 1, comma 1o, lett. d) ede)). Il consenso informato, per essere il requisi-to imprescindibile di ogni trattamento sanita-rio non compreso fra quelli delineati come ob-bligatori o coattivi ex art. 32, comma 2o (5), co-stituisce, al contempo, il veicolo per la realizza-zione del diritto alla salute individuale: in que-sta direzione, si coglie con favore il richiamoalla salute come diritto fondamentale dell’indi-viduo, mentre si comprende meno, anche soloin ragione della sua collocazione, il successivorinvio alla salute come interesse della collettivi-tà. La tradizione dottrinale in questa materia ciha sovente rammentato come il richiamo adun’istanza pubblicistica, quando non adegua-tamente esplicitata, non può non evocare iltentativo di porre un confine al principio appe-na enunciato del divieto di trattamenti coattivi,imponendo un interesse collettivo superiore al-la protezione della salute individuale (6). Il di-

ritto alla salute nelle sue molteplici specifica-zioni di diritto fondamentale e interesse dellacollettività, lungi dal configurarsi alla streguadi un nuovo interesse superiore in grado dicreare uno strumento di soggezione del sogget-to, deve finalizzarsi alla promozione dell’indi-viduo, necessitando, al contempo, di una rilet-tura che consenta un’adeguata adesione con imodelli sociali adottati e con le nuove tecnichescientifiche (7).

Una vistosa lacuna indica, come accennato,l’assenza del principio di autodeterminazionedispositiva, formalmente additato attraverso ilrichiamo alle disposizioni di riferimento, ma difatto né adeguatamente esplicitato né rispetta-to. Enucleato dal disposto costituzionale sulfondamento del personalismo e della solidarie-tà, il principio di autodeterminazione costitui-sce il principio cardine per riformare lo statutodelle istanze esistenziali dell’individuo alla lucedi un assetto di autonomia e di autodetermina-zione, potendo ricomprendere il diritto alla sa-lute in tutte le sue molteplici estrinsecazioni erinviare, per esserne compreso, al principio diidentità personale, legittimando la libertà dideterminarsi del soggetto ed individuando –accanto al diritto alla salute e alla cura – un pa-rallelo e complementare principio di rifiuto dicure. Quest’idea riformata di salute, che si fon-da sulla personalità e sulla volontà del pazien-te, coinvolgendone principalmente i valori, leinclinazioni, le concezioni di vita e coniugandol’aspetto ontologico in una prospettiva volitivae funzionale, diviene una estrinsecazione del-l’identità concreta del soggetto (8), equiparabi-

alla presente Convenzione proteggono l’essere uma-no nella sua dignità e nella sua identità e garantisco-no ad ogni persona, senza discriminazione, il rispet-to della sua integrità e dei suoi altri diritti e libertàfondamentali riguardo alle applicazioni della biolo-gia e della medicina». In prospettiva internazionali-stica su queste tematiche, Pocar, Testamento biolo-gico: norme in contrasto con il principio internaziona-le di libera scelta, in Guida al dir., 2009, fasc. 11, 11ss.; in argomento, già in prospettiva simile, Ballari-no, Eutanasia e testamento biologico nel conflitto dileggi, in Riv. dir. civ., 2008, 69 ss.

(5) Sui trattamenti sanitari obbligatori, nella va-stissima dottrina costituzionalista, Pizzi, Malattiementali e trattamenti sanitari, Giuffrè, 1978, passim;Panunzio, Trattamenti sanitari obbligatori e Costi-tuzione, in Dir. e soc., 1979, 875 ss.; Vincenzi Ama-to, Tutela della salute e libertà individuale, in Giur.cost., 1982, I, 2462 ss.; Modugno, Trattamenti sani-tari «non obbligatori» e Costituzione, in Dir. e soc.,1982, 303 ss.

(6) Sulle opposte impostazioni che convivono al-l’interno della disposizione di cui all’art. 5 cod. civ.

e, analogamente, del concetto di salute, per tutti,Dogliotti, Le persone fisiche, nel Trattato Resci-gno, 2, I, Utet, 1999, 93; nonché Alpa-Ansaldo, Lepersone fisiche, nel Commentario Schlesinger, Giuf-frè, 1996, sub artt. 1-10, 247 ss.

(7) In tal senso, Perlingieri, Il diritto civile nellalegalità costituzionale secondo il sistema italo-comu-nitario delle fonti, II, Esi, 2006, 764, il quale rifiutasia una posizione che privilegia la salute nel momen-to collettivo e pubblicistico, sia quella che accentuail profilo della libertà assoluta del soggetto.

(8) Così Azzalini, Tutela dell’identità del pazien-te incapace e rifiuto di cure: appunti sul caso Englaro,in questa Rivista, 2008, II, 342 e 348; in argomentoanche Casonato, Consenso e rifiuto alle cure in una

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le a quella formula comprensiva di «saluteidentitaria» (9). L’ordinamento, in tal senso,non esprime un dovere inderogabile nei riguar-di della propria salute, né un interesse colletti-vo alla salute individuale, quanto piuttosto ildiritto della persona, ragionevolmente e pro-porzionalmente bilanciato con il principio disolidarietà di cui all’art. 2 Cost., che a sua voltaconsente gli atti dispositivi, che, pur arrecandouna menomazione permanente, rientrino nelloschema della liceità e della meritevolezza del-l’atto e del rispetto e promozione del valoredell’individuo (10); ciò, evidentemente, senzaindurre a sconfessare anche la tutela di un inte-resse collettivo alla salute nelle ipotesi di con-flitto con l’interesse del singolo (11).

Queste brevi considerazioni inducono a ri-badire un significativo rammarico per lo svili-mento operato nei riguardi del principio indi-cato, che avrebbe ragionevolmente condottoalla creazione di un modello – culturale primache giuridico – di apertura e di tolleranza, tesoa garantire e non a svilire istanze esistenziali,assecondate, ad oggi, unicamente dall’operatogiurisprudenziale, nell’osservanza del divietodi non denegare giustizia e in adempienza deldettato costituzionale (12).

2. Il contenuto del testamento biolo-gico: divieto di eutanasia e di accanimen-

to terapeutico. Il limite scelto dal legislatorealla indisponibilità della vita umana è indivi-duato attraverso la norma penale: l’introduzio-ne, fra i princìpi, dei reati di cui agli artt. 575,579 e 580 cod. pen. (art. 1, comma 1o, lett. c))manifesta la propensione per un modello re-pressivo e finisce per influire sostanzialmentesul contenuto ammissibile delle direttive anti-cipate.

L’impostazione teorica di matrice penale elimitativo-repressiva emerge in maniera evi-dente dalla seconda parte della frase contenutaall’art. 1, comma 1o, lett. c), in correlazione conla successiva lett. f), laddove è prescritto chel’attività medica e di assistenza alle persone, inquanto esclusivamente finalizzata alla tuteladella vita e della salute nonché all’alleviamentodella sofferenza, non deve in nessun caso esse-re orientata al prodursi o consentirsi della mortedel paziente, attraverso la non attivazione o di-sattivazione di trattamenti sanitari ordinari eproporzionati alla salvaguardia della sua vita odella sua salute. Questa disposizione, infatti,sembra imprimere al mandato terapeutico delsanitario una discrezionalità ulteriore (13), non

recente sentenza della Cassazione, in Quad. cost.,2008, spec. 567 ss.

(9) L’espressione è di Zatti, Rapporto medico-pa-ziente e «integrità» della persona, in questa Rivista,2008, II, 403 ss.; in tema, recentemente anche An-zani, Gli «atti di disposizione della persona» nel pri-sma dell’identità personale (tra regole e principi), ivi,2009, II, 1.

(10) Si veda, segnatamente, Cass., 16.10.2007, n.21748, in Familia, 2008, 93 (ivi annotata da Venuti,Il diritto all’autodeterminazione sanitaria dei soggettiin stato vegetativo permanente: la corte di Cassazionesul caso di E.E.), laddove: «In tema di attività medi-co-sanitaria, il diritto all’autodeterminazione terapeu-tica del paziente non incontra un limite allorché da es-so consegua il sacrificio del bene della vita. Di fronteal rifiuto della cura da parte del diretto interessato, c’èspazio – nel quadro dell’“alleanza terapeutica” che tie-ne uniti il malato e il medico nella ricerca, insieme, diciò che è bene rispettando i percorsi culturali di cia-scuno – per una strategia della persuasione, perché ilcompito dell’ordinamento è anche quello di offrire ilsupporto della massima solidarietà concreta nelle si-tuazioni di debolezza e di sofferenza; e c’è, prima an-cora il dovere di verificare che quel rifiuto sia infor-mato, autentico, attuale. Ma allorché il rifiuto abbiatali connotati non c’è possibilità di disattenderlo innome di un dovere di curarsi come principio di ordinepubblico». La stesa pronuncia è commentata daVenchiarutti, Stati vegetativi permanenti: scelte dicure e incapacità, in questa Rivista, 2008, I, 83 ss.

(11) Sull’osservanza della prescrizione costituzio-nale di cui all’art. 32 Cost., comma 2o, che sancisceun diritto che ha per oggetto un «non fare di chiun-que altro», Rescigno, Dal diritto di rifiutare un de-terminato trattamento sanitario secondo l’art. 32, co.

2, cost., al principio di autodeterminazione, in Dir.pubbl., 2008, 85 s.

(12) In tal senso ancora Cass., 16.10.2007, n.21748, cit.: «(...) pur a fronte dell’attuale carenza diuna specifica disciplina legislativa, il valore primarioed assoluto dei diritti coinvolti esige una loro imme-diata tutela ed impone al giudice una delicata opera diricostruzione della regola di giudizio nel quadro deiprincipi costituzionali».

(13) Appare in linea con questa considerazioneanche il comma 2o dell’art. 7, prevedendo che «Il

Testamento biologico

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sempre del tutto coincidente con la primariadiscrezionalità del medico, che in maniera ine-quivoca risulta vincolata alla realizzazione del-l’interesse del paziente (14).

Il dovere di cura del medico si fonda, essen-zialmente, sui due profili della finalità terapeu-tica e della relazione fiduciaria per l’adempi-mento delle prestazioni mediche correlate (15).La relazione medico-paziente, proprio per lasua caratterizzazione fiduciaria, si realizza so-prattutto sul terreno del consenso e del con-senso informato, sia questo preventivo o con-corrente all’attività medica concretamente in-tesa, in qualità di negozio attuativo dell’auto-determinazione e dell’identità del paziente inrelazione alla sua salute (16) e, al contempo, di

strumento autorizzativo dell’agire medico, al-trimenti vietato dal comando generale del ne-minem laedere (17). Se il medico, quindi, è te-nuto al miglior adempimento dei doveri tecnicie scientifici e di quelli deontologici per la salva-guardia della salute del soggetto con cui hastretto quel «patto» non solo negoziale, ma an-che di fiducia (18), allora si deve obiettare chel’attività medica non sia finalizzata tanto allatutela della vita e della salute, nonché all’alle-viamento della sofferenza (art. 1, comma 1o,lett. c)), quanto, principalmente, alla realizza-zione (e, conseguentemente, alla tutela) delprincipio di autodeterminazione dispositivadel paziente, che si può esprimere in qualità dirichiesta di cure ma anche, quando ve ne sianole condizioni di capacità fisica e psichica o lavolontà sia in ogni modo enucleabile (19), me-

medico non può prendere in considerazione indica-zioni orientate a cagionare la morte del paziente ocomunque in contrasto con le norme giuridiche o ladeontologia medica. Le indicazioni sono valutatedal medico, sentito il fiduciario, in scienza e coscien-za, in applicazione del principio dell’inviolabilitàdella vita umana e della tutela della salute, secondo iprincipi di precauzione, proporzionalità e pruden-za».

(14) In tema di funzionalizzazione e discrezionali-tà vincolata dell’obbligo informativo, Viciani, L’au-todeterminazione «informata» del soggetto e gli inte-ressi rilevanti (a proposito dell’informazione sul trat-tamento sanitario), in Rass. dir. civ., 1996, 278 ss. e283 s.; nonché, più recentemente, Ead., Brevi osser-vazioni sul trattamento dei dati inerenti alla salute ela vita sessuale dell’individuo, in Riv. crit. dir. priv.,2007, spec. 319 ss.

(15) Per tutti, distinguendo due profili della re-sponsabilità medica, per violazione delle regole tec-niche e per violazione dei princìpi deontologici,Cattaneo, La responsabilità del professionista,Giuffrè, 1958, 237 ss.; sempre sui profili deontologi-ci, De Matteis, La responsabilità medica. Un sotto-sistema della responsabilità civile, Cedam, 1996, 90ss.; Baldassari-Baldassari, La responsabilità civiledel professionista, II, Giuffrè, 2006, 1102 ss.

(16) La struttura del consenso è stata individuatavariamente in un negozio giuridico, talvolta di dirit-to privato (Grispigni, Il consenso dell’offeso, Athe-naeum, 1924, 101 ss.), talvolta di diritto pubblico(Delogu, Teoria del consenso dell’avente diritto,Giuffrè, 1936, 165 ss.); in un atto giuridico (cosìAntolisei, Manuale di diritto penale. Parte genera-le, Giuffrè, 1985, 245 ss.; Mantovani, Diritto pena-le. Parte generale, Cedam, 1979, 231); in un atto giu-

ridico di autorizzazione (Messinetti, Circolazionedei dati personali e dispositivi di regolazione dei pote-ri individuali, in Riv. crit. dir. priv., 1998, 350 ss.;Pellecchia, Il consenso, in Fici-Pellecchia, Ilconsenso al trattamento, in Diritto alla riservatezza ecircolazione dei dati personali, a cura di Pardolesi,I, Giuffrè, 2003, 502 ss.; Viciani, Strategie contrat-tuali del consenso al trattamento dei dati personali, inRiv. crit. dir. priv., 1999, 162 ss.); ancora, in una ga-ranzia procedurale (così, con esplicito riferimento altema della riservatezza, Scalisi, Il diritto alla riser-vatezza, Giuffrè, 2002, 225 ss.; Putignani, Consen-so e disposizione della privacy, in Privacy, a cura diClemente, Cedam, 1999, 236 ss.); e in un principiogenerale (Comandè, in Giannantonio-Losano-

Zeno Zencovich, La tutela dei dati personali. Com-mentario alla l. 675/96, Cedam, 1997, sub artt. 11 s.,101 s.).

(17) Sulla ricostruzione del profilo in chiave di at-to di autorizzazione, Auricchio, voce «Autorizza-zione, I) Parte generale, a) dir. priv.», in Enc. deldir., IV, Giuffrè, 1959, 502 ss., particolarmente perla distinzione fra autorizzazione integrativa e costi-tutiva; nonché, per la complessità del tema, Tampo-ni, L’atto non autorizzato nell’amministrazione deipatrimoni altrui, Giuffrè, 1992, diffusamente e spec.39 ss.

(18) Su questo profilo, per tutti, Cattaneo, Laresponsabilità del professionista, cit., 238 ss.

(19) Il principio di autodeterminazione, nella suaricostruzione dogmatica, induce alla considerazioneche la stessa formulazione del dettato costituzionaledi cui agli artt. 2, 13, e 32 Cost., nei termini di undovere astensivo di chiunque, non debba necessita-

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diante il rifiuto di trattamenti sanitari, ancheordinari e proporzionati, o di cure salvavita o,ancora, con la domanda di cure palliative. Laterapeuticità e la beneficialità costituisconocertamente il contenuto essenziale del manda-to medico, ma ciò non toglie che l’alleanza te-rapeutica possa orientarsi a realizzare interessialtri e ulteriori del paziente, che esprimano inogni modo un’autodeterminazione dispositivameritevole dello stesso.

Anche per queste ragioni appare ambigua lasuccessiva formulazione del disposto di cui al-l’art. 1, comma 1o, lett. f), il quale, vietandol’accanimento terapeutico, dispone l’obbligoper il medico di astenersi da trattamenti sanita-ri straordinari, non proporzionati, non efficaci onon tecnicamente adeguati rispetto alle condi-zioni cliniche del paziente o agli obiettivi di curae/o di sostegno vitale del medesimo, nei casi difine vita o in condizioni di morte imminente.Le perplessità sorgono, oltre che per l’ambi-guità dell’espresso riferimento alla condizionedi morte imminente, in relazione all’enigmaticaidentificazione del concetto di accanimento te-rapeutico con quei trattamenti sanitari straordi-nari, non proporzionati, non efficaci o non tecni-camente adeguati e per l’altrettanto ambiguaequiparazione fra attività ossequiosa del divie-to di accanimento terapeutico e comportamen-ti che direttamente o indirettamente, per loronatura o nelle intenzioni di chi li richiede o lipone in essere, configurino pratiche eutanasi-che di abbandono terapeutico.

La norma è chiaramente l’esplicitazione diun profondo contrasto, soprattutto politico,concernente l’apposizione di confini teorici epratici fra rifiuto di cure, atti eutanasici e acca-nimento terapeutico. Una assoluta difformità,tuttavia, dovrebbe caratterizzare il terreno teo-rico del rifiuto di cure (anche agevolato dall’at-tività di un terzo) e dell’atto di eutanasia (20). E

non solo perché l’eutanasia è concetto da riser-vare a quei processi di accelerazione del per-corso biologico naturale, attraverso la messa adisposizione o la somministrazione di un far-maco mortale; laddove, invece, il rifiuto di curesi identifica con l’opposizione di un soggettocapace (o anche incapace, qualora la sua volon-tà sia desumibile aliunde) alla somministrazio-ne di cure sulle quali non concorda (21). Piutto-sto, dovrebbe essere la rivisitazione a tuttocampo dei processi di autodeterminazione di-spositiva a poter rimodellare l’alleanza terapeu-tica (22) e a «rivestire di nuovi contenuti la rela-zione medico paziente» (23), sulla scorta delprincipio di solidarietà costituzionale e di iden-tità personale. Alla luce di questi princìpi deb-bono ritenersi ancorate alla dignità essenziale

re, nella formulazione indicata, di alcun intervento edi alcuna mediazione per la propria realizzazione;così Rescigno, Dal diritto di rifiutare un determina-to trattamento sanitario secondo l’art. 32, co. 2, cost.,al principio di autodeterminazione, cit., 86.

(20) Sulla differenza fra «lasciar morire» e «pro-vocare la morte», si confronti il percorso argomen-tativo di D’Avack, Sul consenso informato all’attomedico, in Dir. fam. e pers., 2008, 759 ss.; sul tema

anche Ballarino, Eutanasia e testamento biologiconel conflitto di leggi, cit., 69 ss., e spec. 71.

(21) Su questi profili, Venchiarutti, Stati vege-tativi permanenti: scelte di cure e incapacità, cit.,8102 s.; Azzalini, Trattamenti life-saving e consen-so del paziente: doveri del medico dinanzi al rifiuto dicure, in questa Rivista, 2008, I, 76 s., in nota a Trib.Roma, 23.7.2007; in argomento si veda anche Trib.Modena, 13.5.2008, in Giur. merito, 2008, 2515,con nota di Lombardi, Differenza tra rifiuto dellecure ed eutanasia e diritto del malato alla autodeter-minazione terapeutica; in commento alla stessa pro-nuncia, Ferrando, Diritto di rifiutare le cure, ammi-nistrazione di sostegno e direttive anticipate, in Fam.e dir., 2008, 924; e Landini, Amministrazione di so-stegno e autodeterminazione terapeutica, ibidem, 910ss.

(22) Così nuovamente Cass., 16.10.2007, n.21748, già indicata, laddove: «Né il rifiuto delle tera-pie medico-chirurgiche, anche quando conduce allamorte, può essere scambiato per un’ipotesi di eutana-sia, ossia per un comportamento che intende abbre-viare la vita, causando positivamente la morte, giac-ché tale rifiuto esprime piuttosto un atteggiamento discelta da parte del malato, che la malattia segua il suocorso naturale». In tal senso, Cendon-Rossi, Indivi-duato un neo-segmento operativo che l’istituto puòsostenere a pieno titolo, in Guida al dir., 2009, fasc.11, 35 ss., spec. 42 ss., in nota a Trib. Modena,5.11.2008; la stessa pronuncia è commentata daFerrando, Amministrazione di sostegno e rifiuto dicure, in Fam. e dir., 2009, 277 ss.

(23) L’espressione è di Balestra, Il testamentobiologico nell’evoluzione del rapporto medico-pazien-te, in Fam. pers. e succ., 2006, 104.

Testamento biologico

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della persona (e, pertanto, legittime) sia la ri-chiesta di cure palliative, volte ad alleviare lesofferenze e migliorare la qualità della vita (24),sia il rifiuto di qualsiasi accanimento terapeuti-co, ossia di quegli interventi, ordinari e straor-dinari, che non abbiano altro effetto che pro-lungare l’agonia del paziente, senza avere alcu-na efficacia terapeutica, ma limitandosi a ritar-dare la fine naturale (25).

Nitidamente determinato questo profilo, do-vrebbero includersi nell’alveo dei trattamentisanitari, anche non terapeutici, tutte le attivitàdi sostegno vitale che si inseriscano in un qua-dro clinico irreversibile e inesorabilmente de-generativo, come la respirazione meccanica,l’alimentazione e l’idratazione. In effetti, lanorma di cui all’art. 3 palesa una chiusuraideologica nei riguardi dell’accoglimento diuna cultura della tolleranza e dell’autonomiadei soggetti, la quale – senza confluire in unprincipio libertario di disponibilità della vita –si ispira ai criteri della meritevolezza e della di-gnità della persona. L’art. 3 prevede bensì, conriferimento al contenuto ipotizzabile del testa-mento biologico, che il soggetto, in piena liber-tà e consapevolezza, possa esprimere il proprioorientamento in merito ai trattamenti sanitari edi fine vita in previsione di un’eventuale futuraperdita della propria capacità di intendere e divolere (comma 1o), o circa l’attivazione e nonattivazione di specifici trattamenti sanitari, inmerito ai quali può disporre stante il propriostato di capacità e a seguito di una compiutainformazione medico-clinica (comma 2o); ma,al contempo, specifica che il paziente può ri-nunciare ad ogni o ad alcune forme particolaridi trattamenti sanitari in quanto di caratteresproporzionato o sperimentale (comma 3o), allu-dendo con ciò a quei soli trattamenti che, per

la loro rischiosità, futilità o invasività, non ab-biano una giustificazione terapeutica e sianoper qualsiasi ragione rifiutati dal soggetto. Ladisposizione, dunque, sembra aprirsi all’auto-determinazione del paziente, salvo poi limitareil rifiuto a quelle sole cure che si manifestinosproporzionate, eccessivamente rischiose o in-vasive, del tutto futili.

Con la successiva prescrizione che vieta alpaziente di inserire nelle direttive anticipateindicazioni finalizzate all’eutanasia attiva oomissiva, all’aiuto al suicidio (comma 4o) e al-la sospensione di forme di alimentazione edidratazione perché fisiologicamente finalizzatead alleviare le sofferenze (comma 5o), la disci-plina proposta equipara impropriamente il ri-fiuto verso trattamenti di sostegno vitale aduna forma di eutanasia e conduce al parados-so di riempire il mandato terapeutico del me-dico di un contenuto di doverosità tale, chegli consentirebbe di ignorare e fin anche tra-sgredire la volontà del paziente persino inquelle ipotesi in cui detta volontà possieda irequisiti essenziali della sua attendibilità, at-tualità e consapevolezza (26). Né appare pre-sumibile che le disposizioni contenute all’art.8 siano sufficienti per consentire di conciliarela volontà espressa dal paziente con i princìpidi legge e deontologici di tutela della vitaumana e della salute, realizzando al contempola promozione della personalità complessivadel paziente, giacché la norma ha la funzionedi colmare la lacuna derivante dall’assenzadella nomina di un fiduciario, per le ipotesi dicontrasto fra soggetti parimenti legittimati adesprimere il consenso al trattamento, o dal-l’inerzia di quello.

Solo in termini di pretestuosità si spiega, in-fine, il rinvio del comma 5o dell’art. 3 alla Con-venzione delle Nazioni Unite sui diritti dellepersone disabili, firmata a New York il13.12.2006 e recentemente ratificata con l. 3.3.2009, n. 18 (27), giacché la stessa Convenzionenon fa alcun riferimento ai trattamenti sanitari,

(24) In tema, Cendon-Rossi, I diritti dei pazientioncologici, in Dir. fam. e pers., 2008, 922 ss., spec.946; Patti, La fine della vita e la dignità della morte,in Fam. pers. e succ., 2006, 390 e spec. 393, che indi-vidua il fondamento teorico delle cure palliative nelprincipio di dignità.

(25) Pur critico nei riguardi delle disposizioni difine vita, sottolinea le peculiarità dell’accanimentoterapeutico, Oppo, Principi giuridici dei confini arti-ficiali imposti alla vita umana, in Riv. dir. civ., 2008,371 s.

(26) Reputa inammissibile questa mancata ot-temperanza, Rescigno, Dal diritto di rifiutare undeterminato trattamento sanitario secondo l’art. 32,co. 2, cost., al principio di autodeterminazione, cit.,89 ss.

(27) La legge di ratifica della Convenzione sui di-

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ma ha lo scopo di promuovere, proteggere eassicurare alle persone con disabilità il godi-mento di diritti civili e politici, quali la salute,l’istruzione, il lavoro.

Il divieto di includere nelle direttive antici-pate alimentazione e idratazione è originato daun equivoco di fondo, rappresentato dall’inter-rogativo fittizio relativo a idratazione e alimen-tazione quali forme non terapeutiche ma di so-stegno vitale o, viceversa, come trattamenti sa-nitari terapeutici e, di conseguenza, non attua-bili senza il consenso del paziente. Esso si ma-nifesta, chiaramente, come il riflesso dell’acce-so e distorto dibattito politico, ma noncoincide con un netto discrimine, apprezzabilescientificamente fra trattamenti terapeutici etrattamenti di sostegno vitale: è eloquente, inquesto senso, il mancato riferimento ad altreforme di sostegno vitale, quali la respirazionemeccanica o la rianimazione, che, allo statodell’arte, potrebbero ben essere previste nelledirettive anticipate.

L’operazione condotta, che assimila arbitra-riamente l’abbandono terapeutico mediante lasospensione di forme di sostegno vitale all’euta-nasia omissiva è destinata, infine, a valicare i con-fini del testamento biologico e a travolgere, intermini più generali, la volontà del paziente cheintenda rifiutare determinati trattamenti sanita-ri: non solo del paziente in istato vegetativo o inaltre condizioni di incapacità, ma anche del sog-getto capace. Con riguardo a quest’ultimo, infat-ti, i recenti fatti di cronaca hanno dimostrato cheil dato costituzionale in tema di autodetermina-zione, indiscutibilmente prescrittivo sul pianoteorico, non risulta talvolta sufficiente ad ade-guare l’attività medica alla volontà del pazientecapace ma fisicamente impossibilitato, che ne-cessiti della cooperazione di un terzo (28).

La specificità delle due situazioni, il rifiutodi cure del soggetto capace e quello del pazien-

te in stato vegetativo, avrebbe dovuto condur-re non a tralasciare, bensì a riflettere sulle pe-culiarità e sulle divergenze esistenti, predispo-nendo eventualmente, per l’ipotesi del pazien-te incapace, maggiori garanzie, anche giudizia-li, e di mezzi per verificare opportunamente lasituazione concreta, piuttosto che attraversol’indicazione tassativa di quali forme di soste-gno vitale possano o meno essere incluse nelledirettive anticipate sulla base di una fittizia di-stinzione fra trattamenti terapeutici rifiutabili etrattamenti di sostegno vitale non rifiutabili;detta distinzione, infatti, in ragione delle pecu-liarità dell’attività anestesiologica e di rianima-zione, acuisce sostanzialmente quella endemicaincompletezza, che connota tipicamente l’arsmedica, così nei suoi aspetti diagnostici e pro-gnostici come nella fase esecutiva, nella qualela casistica è ricca di complicanze infinite emultifattoriali.

3. Il principio del consenso informatoe l’alleanza terapeutica. La disciplina pro-posta recepisce formalmente alcuni essenzialiorientamenti dottrinali e princìpi maturati nel-la prassi medica, avvalorata anche dalle normedel Codice deontologico; la recezione, però, ol-tre a risultare esteriore e confusa, introducenovità alquanto preoccupanti.

Il consenso, sia sul versante del rapporto dicura che su quello del consenso alle terapie,presuppone l’elemento qualificante e peculia-re, costituito dalla relazione di fiducia fra isoggetti coinvolti. L’evoluzione subita dalrapporto medico-paziente, che ha visto la tra-sformazione della relazione, tradizionalmenteimpostata in chiave «paternalistica» (29), in unrapporto fra soggetti in posizione almenoidealmente paritaria, ha condotto alla confi-gurazione del criterio sinteticamente designa-to come alleanza terapeutica (30), diretto a su-

ritti dei disabili, infatti, è stata pubblicata in G.U.del 14.3.2009, n. 61. Per un primo commento, Fog-getti, Con la creazione dell’osservatorio nazionalefatto il primo passo per adeguarsi alla disciplina, inGuida al dir., 2009, fasc. 15, 35 ss.

(28) Su questo profilo, segnatamente, Rescigno,Dal diritto di rifiutare un determinato trattamento sa-nitario secondo l’art. 32, co. 2, cost., al principio diautodeterminazione, cit., 87 s. e 92 ss.

(29) In argomento, Gorgoni, Libertà di coscienzav. salute; personalismo individualista v. paternalismosanitario, in Resp. civ. e prev., 2009, 126 ss.

(30) Il Comitato nazionale di Bioetica, nel docu-mento del 20.6.1992, titolato «Informazione e con-senso all’atto medico», ritiene che «il consenso in-formato costituisca legittimazione e fondamentodell’atto medico, e allo stesso tempo strumento perrealizzare quella ricerca di «alleanza terapeutica» –

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perare, almeno potenzialmente, sia la conge-nita asimmetria informativa che caratterizzaquesto tipo di relazione, sia l’inevitabile posi-zione di soggezione emotiva del paziente, at-traverso, essenzialmente, due strumenti: unaprestazione sanitaria svolta diligentemente el’adempimento del consenso informato (31). Ilconsenso informato costituisce, per un verso,un momento specifico del rapporto di cura;per altro verso, una modalità attuativa dell’au-todeterminazione del soggetto; da entrambi ipunti di vista, esso è definito dai due momen-ti del diritto all’informazione, che consente diesercitare consapevolmente l’atto autodeter-minativo e negoziale, e dell’obbligo informati-vo del sanitario, quale strumento per l’eserci-zio predetto. I requisiti sono presi in conside-razione dalla proposta, tuttavia, con alcunesingolari e rilevanti omissioni, che di fattosemplificano la problematicità non tanto delconsenso informato e dell’obbligo informati-vo, quanto del rapporto di cura nella sua

complessità e del circuito informativo che locaratterizza.

La norma di cui all’art. 2, infatti, indicando icaratteri del consenso manifestato dal paziente,dispone che questo sia espresso previamente altrattamento sanitario; che sia esplicito, attualee revocabile e che venga prestato in modo libe-ro e consapevole. Specularmente, l’obbligo in-formativo riconducibile al medico identificaanche un ulteriore carattere del consenso, chedeve essere, appunto, informato.

Ma l’impropria semplificazione sopra accen-nata si manifesta non appena si consideri la ric-ca e complessa elaborazione del consenso nelloius quo utimur (32). Tradizionalmente, si reputanecessario che detto consenso debba esserespecifico nel suo contenuto (33) e, conseguente-mente, anche informato, dovendo coniugareadeguatamente il processo di autodetermina-zione – consentendo l’an della disposizione disé e promuovendo la massima adesione alleproposte diagnostico-terapeutiche – con la si-tuazione di debolezza emotiva del pazientestesso (34). Il consenso deve essere altresì libero(35), ossia frutto di una libera scelta del pazien-te (36) ed espresso in condizioni di oggettivanell’ambito delle leggi e dei codici deontologici – e

di piena umanizzazione dei rapporti fra medico epaziente, cui aspira la società attuale».

(31) Nella vastissima letteratura, Vincenzi Ama-to, Tutela della salute e libertà individuale, in Giur.cost., 1982, I, 2462 ss.; Parodi Giusino, Tratta-menti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e ri-spetto della persona umana, in Foro it., 1983, I, 2660ss.; Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costi-tuzionale, cit., 374 ss.; Nannini, Il consenso al trat-tamento medico, Giuffrè, 1989, spec. 455 ss.; Scali-si, Il consenso del paziente al trattamento medico chi-rurgico, in Dir. fam. e pers., 1993, 442 ss.; Ferran-do, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., 4 ss.;Ead., Consenso informato del paziente e responsabi-lità del medico, principi, problemi e linee di tendenza,in Riv. crit. dir. priv., 1998, 53 ss.; De Matteis, Laresponsabilità medica. Un sottosistema della respon-sabilità civile, cit., 50 ss.; Viciani, L’autodetermina-zione «informata» del soggetto e gli interessi rilevanti(a proposito dell’informazione sul trattamento sanita-rio), cit., 278 ss.; Ead., Strategie contrattuali del con-senso al trattamento dei dati personali, cit., 161; Do-nati, Consenso informato e responsabilità da presta-zione medica, in Rass. dir. civ., 1980, 1 ss.; Cacace,Il consenso informato del paziente al trattamento sa-nitario, in Danno e resp., 2007, 283 ss.; Gennari,Consenso informato: ritorno all’anno zero, in Resp.civ. prev., 2006, 1411 ss.

(32) Per le analogie con il consenso che deve esse-re prestato in sede di trapianto, si veda Vecchi, vo-ce «Trapianti e trasfusioni I) dir. civ.», in Enc. giur.Treccani, XXXI, Ed. Enc. it., 1994, 10.

(33) Specifica Pellecchia, Il consenso, cit., 509s., che il consenso informato non deve avere un con-tenuto generico, non limitandosi, quindi, ad unaspetto meramente formale. Sul tema della specifici-tà del consenso, anche Cafaggi, Qualche appunto sucircolazione, appartenenza e riappropriazione, nelladisciplina dei dati personali, in Danno e resp., 1998,613 ss.

(34) L’art. 35 cod. deont. puntualizza, altresì, cheil consenso acquisito nella fase iniziale di ogni tratta-mento è integrativo e non sostitutivo di quel proces-so informativo che origina dall’onere del medico.Sulla relazione di fiducia che caratterizza il processoinformativo, Vecchi, voce «Trapianti e trasfusioniI) dir. civ.», cit., 10; Zambrano, Il trattamento sani-tario e la falsa logica del consenso, in Rass. dir. civ.,2000, 760 ss.

(35) Espressamente, Scalisi, Il diritto alla riserva-tezza, cit., 242 ss.

(36) La complessità di offrire una definizionechiara della libertà del consenso si evidenzia con

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normalità (37). La libertà che deve qualificare ilconsenso, si riverbera anche sull’ulteriore re-quisito della consapevolezza (38), rinviando, perun verso, al necessario presupposto della capa-cità naturale (39), per altro verso, ad una mani-festazione di volontà che sia attuale (40), atten-

dibile (41) e sempre revocabile (42): è evidenteche i conseguenti problemi di forma (43) e di

l’inadeguatezza del rinvio alla classica ripartizionedei vizi della volontà, che non può che risentire dellainevitabile asimmetria informativa caratterizzante ilrapporto in parola e rinviare a qualsiasi evento chein qualche modo possa turbare il processo decisio-nale del soggetto. Su detta complessità, in analogiacon il tema della riservatezza, Cuffaro, Il consensodell’interessato, in La disciplina del trattamento deidati personali, a cura di Cuffaro-Ricciuto, Giap-pichelli, 1997, 221; Pellecchia, Il consenso, cit.,518.

(37) Diffusamente sulla validità del consenso pre-stato in condizioni di «normalità», Viciani, L’auto-determinazione «informata» del soggetto, cit., 299 ss.e spec. 303 ss., la quale evidenzia la necessaria nonretroattività della disciplina dell’errore sul consenso.Sul problema dell’errore nel consenso al trattamen-to medico, già Cattaneo, La responsabilità del pro-fessionista, cit., 279 ss.

(38) In tal senso, Viciani, L’autodeterminazione«informata» del soggetto, cit., 304 s. Con particolareriferimento alla salute, si rinvia alle riflessioni diZatti, Il diritto a scegliere della propria salute (inmargine al caso S. Raffaele), in questa Rivista, 2000,II, 1 ss.

(39) Circa l’insufficienza del criterio della capaci-tà legale ex art. 2 cod. civ. o del rinvio alla presun-zione di cui all’art. 97 cod. pen. a risolvere le speci-ficità del consenso all’atto medico, Dogliotti, Lepersone fisiche, cit., 99 ss., che sottolinea la maggioreidoneità della capacità naturale ad esprimere la rea-lizzazione degli interessi esistenziali sottesi; in argo-mento, Lalanne-Landi, Gli aspetti generali del con-senso al trattamento sanitario, in La responsabilitàmedica, a cura di Ruffolo, Giuffrè, 2004, 248 s.; di-versamente, De Cupis, I diritti della personalità, nelTrattato Cicu-Messineo, IV, Giuffrè, 1982, 143; Vi-gnali, La tutela della salute del minore, in Dir. fam.e pers., 2005, 1427.

(40) L’attualità della manifestazione sembrerebbeindicare il rifiuto di una manifestazione che sia, perun verso, presunta, per altro verso, implicita: l’art. 35cod. deont. afferma che il medico non deve intra-prendere alcuna attività diagnostica o terapeutica«senza l’acquisizione del consenso informato del pa-ziente» e che «in presenza di documentato rifiuto dipersona capace di intendere e di volere, il medico

deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/ocurativi». Anche nei riguardi di persona incapace, ilmedico deve intervenire rispettando la dignità dellapersona, tenendo conto delle precedenti volontàespresse dal paziente. Così quando sussistano condi-zioni di urgenza, l’assistenza indispensabile deve inogni caso tenere conto della volontà della persona,se espressa (art. 36 cod. deont.). L’intervento delmedico, quindi, deve sempre transitare attraversoun procedimento ermeneutico della volontà del ma-lato, contemperando le esigenze di compartecipa-zione al processo curativo con le evidenti peculiaritàdello stesso. Sulla connotazione di attualità riferitaal consenso, Lalanne-Landi, Gli aspetti generalidel consenso al trattamento sanitario, cit., 250. Ingiurisprudenza, si veda Cass. pen., 11.11.1970, inGiust. pen., 1971, II, 820.

(41) L’attendibilità della manifestazione può rica-varsi attraverso un consenso che sia espresso, ossiainequivocabile: si vedano, con riferimento alle di-sposizioni in tema di riservatezza, Putignani, Con-senso e disposizione della privacy, cit., 241; Patti, Ilconsenso dell’interessato al trattamento dei dati per-sonali, in Riv. dir. civ., 1988, I, 457 s. Sul tema spe-cifico, Rescigno, Dal diritto di rifiutare un determi-nato trattamento sanitario secondo l’art. 32, co. 2,cost., al principio di autodeterminazione, cit., 87 s. e92 ss.

(42) Sulla configurabilità di un potere generale direvoca, Viciani, Strategie contrattuali del consensoal trattamento dei dati personali, cit., 164 ss., che loriconduce, anche laddove non positivamente previ-sto, ad uno ius poenitendi che esprime il potere delsingolo di «riconfermare in qualsiasi momento lapropria identità»; sul tema, già Rodotà, Persona, ri-servatezza, identità. Prime note sulla protezione deidati personali, in Studi in onore di P. Rescigno, V,Giuffrè, 1998, 592 ss.; e Messinetti, Circolazionedei dati personali e dispositivi di regolazione dei pote-ri individuali, cit., 358, per il quale la revoca del con-senso è espressione dell’esercizio della libertà di au-todeterminazione del soggetto e manifestazione del-la volontà diretta alla rimozione della condizione diilliceità, compressa dalla dichiarazione di autorizza-zione.

(43) Sulla forma scritta, che può costituire un in-dice, ma non l’unico, di tendenziale garanzia del-l’assolvimento dell’obbligo informativo, Scalisi, Ildiritto alla riservatezza, cit., 237 ss.; Comandè, op.cit., 115. Secondo Pellecchia, Il consenso, cit.,525, la forma costituirebbe, da un lato, uno stru-mento di riflessione; dall’altro, una forma di pub-

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prova si presentano con particolare delicatezzacosì in condizioni di assente, limitata o perdutacapacità, come nelle ipotesi di incapacità fisica(44).

La proposta non si assume l’onere di chiariree disciplinare tutti questi profili problematici.

Nessun rilievo è svolto circa il profilo dell’at-tendibilità della manifestazione di volontà, inluogo della sola attualità, espressamente richiestadal legislatore sia sotto l’aspetto definitorio di cuial comma 1o dell’art. 2, sia attraverso il rimandoimplicito della validità quinquennale delle diret-tive anticipate di cui al comma 3o dell’art. 4. Laconsiderazione che non sempre il requisito del-l’attualità sciolga appieno le complesse questio-ni correlate all’autodeterminazione dispositiva, èemersa in maniera evidente dai noti procedimen-ti ricostruttivi della volontà presunta del pazien-te incapace, che hanno indotto a riflettere sullanecessità della presenza di una volontà attendibi-le, piuttosto che di una volontà attuale: così chese il consenso possa venire sopperito da una ma-nifestazione di volontà precedente ma chiara,non rinnovata ma inequivocabile (45), il medicosarebbe tenuto ad ossequiarla, non solo in ragio-ne dell’adempimento di un obbligo contrattuale,ma in virtù di quella fiducia tipica del rapportoterapeutico e per l’osservanza di un diritto costi-tuzionale inderogabile di autodeterminazione,potendo disattenderla solo allorquando si rin-vengano fondate ragioni per desumere che essenon rispondano più alla volontà del soggetto (46).

Altrettanto censurabile che il principio dellarevocabilità del consenso, previsto formalmen-te in qualità di diritto a rifiutare una determi-nata informazione (art. 2, comma 4o), ma so-prattutto come potere generale di revoca (art.2, comma 5o), venga del tutto sconfessato dalleprescrizioni contenutistiche sulle direttive anti-cipate e da quelle penali di cui all’art. 1, com-ma 1o, lett. c), nonché, di riflesso, dalla disposi-zione che attribuisce alle direttive anticipatevalore non vincolante.

Se non con riferimento al solo rifiuto totale oparziale a ricevere le informazioni, inoltre, appa-re del tutto trascurata la complessità insita nelprocesso informativo del rapporto di cura; essaemerge dalle peculiarità con cui, talvolta, neces-sita di adempiersi l’obbligo del medico e assumeun ruolo fondamentale sia con riguardo al pro-blema della qualità delle informazioni, quando sitratti di prognosi gravi o infauste, sia in relazionealla documentata volontà della persona assistitadi non essere informata o di delegare ad altrosoggetto l’informazione stessa (47).

blicità volontaria. Sulle modalità della raccolta delconsenso, si veda anche Grisi, voce «Responsabili-tà del professionista, Postilla di agg.», in Enc. giur.Treccani, XXVII, Ed. Enc. it, 1991, 2.

(44) Così Rescigno, Dal diritto di rifiutare un de-terminato trattamento sanitario secondo l’art. 32, co.2, cost., al principio di autodeterminazione, cit., 87 s.

(45) In tal senso, Cass. pen., 16.6.1986, in Foroit., 1987, II, 4. Sul tema, si rinvia a Stanzione-Zam-brano, Attività sanitaria e responsabilità, Giuffrè1998, 300 ss.

(46) L’orientamento è espresso da Ferrando,

Stato vegetativo permanente e trattamenti medici,cit., 1181; e da Casonato, Consenso e rifiuto alle cu-re in una recente sentenza della Cassazione, in Quad.cost., 2008, 573, che giunge a ipotizzare la necessitàdi un provvedimento motivato del medico, che giu-stifichi la mancata adesione alla volontà precedente-mente espressa dal paziente ora incapace. In tema,

anche Trib. Modena, 5.11.2008, cit., dove si legge:«Allorché taluno, avvalendosi della norma di cui al-l’art. 408, comma 2o, cod. civ., abbia designato talunoil suo auspicato amministratore di sostegno in previ-sione della propria ed eventuale futura incapacità,contestualmente esprimendo direttive di dissenso cir-ca l’adozione di determinate terapie, ancorché salvifi-che, detta volontà va rispettata, e nominato un ammi-nistratore di sostegno con l’incarico di negare, in no-me e per conto del beneficiario, il consenso autorizza-tivo dell’evento sanitario salvifico. (...) I poteri-doveridemandati in via sostitutiva andranno esercitati dal-l’amministratore di sostegno alla ferma condizioneche il beneficiario non manifesti, qualsivoglia ne sia-no le modalità espressive, una volontà opposta a quel-la precedentemente manifestata quando ancora si tro-vava nel pieno possesso delle capacità cognitive».

(47) La complessità del processo informativo di cuisi tratta è ben espressa dall’art. 33 cod. deont., soloparzialmente recepito dal comma 2o dell’art. 2, secon-do cui il medico deve fornire al paziente la più idoneainformazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle pro-spettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeuti-che e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate,tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fi-ne di promuoverne la massima adesione alle propostediagnostico-terapeutiche, ed esaudire ogni ulteriore ri-chiesta di informazione. Sul diritto all’informazionecome una pretesa che si estende sino alla conformazio-

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Deve evidenziarsi, altresì, come avrebbe po-tuto essere questa la sede per dare rilievo aquel legame di fiducia, che nella prassi permeadi sé la relazione fra il medico e coloro i qualisono legati al paziente per ragioni di affectio oper disposizione di legge (tutore e amministra-tore di sostegno) e che giustifica sovente anchela surroga dell’informazione, consentendol’estromissione del paziente dal circuito infor-mativo quando ciò effettivamente risponda aquella alleanza terapeutica, solo nominalmentefatta propria dal progetto (48). Mentre, con unasoluzione discutibile, la disposizione di cui al-l’art. 2, da un lato, accorda al tutore dell’inter-detto (comma 6o) e agli esercenti la potestà pa-rentale o la tutela del minore (comma 7o) il po-tere-dovere di esprimersi circa il trattamentomedico, salvaguardando esclusivamente e maiin pregiudizio la salute psico-fisica del pazien-te; dall’altro, attribuisce il medesimo potere al

curatore in caso di inabilitazione, il quale deveesprimere il consenso congiuntamente all’inte-ressato sulla base di una irragionevole applica-zione al caso in parola delle disposizioni di cuial comma 3o dell’art. 394 cod. civ. relative agliatti eccedenti l’ordinaria amministrazione.L’assimilazione fra atti di straordinaria ammi-nistrazione e le disposizioni in tema di salute,afferenti a scelte esistenziali del soggetto, appa-re inspiegabile oltre che contrastante con il da-to normativo, che, rinviando al combinato di-sposto degli artt. 349, comma 3o, 375 e 427,comma 3o, cod. civ., contempla espressamentela patrimonialità degli atti dispositivi (49).L’opzione condotta contraddice, altresì, la rin-novata impostazione degli istituti di protezio-ne, che, sulla scorta dell’introduzione dell’am-ministrazione di sostegno, ha visto la modificaanche del comma 1o dell’art. 427 cod. civ., cheautorizza il compimento di atti tradizionalmen-te negati dalla pronuncia giudiziale.

I rilievi critici, nondimeno, possono esten-dersi anche all’ipotesi in cui il soggetto sia «so-lamente» incapace di intendere e di volere. Lanorma di cui al comma 9o dell’art. 4, infatti,sancendo che il consenso non sia richiesto quan-do la vita della persona incapace di intendere edi volere sia in pericolo per il verificarsi di unevento acuto, nulla dispone né relativamente aldovere di ascoltare i desideri e le richieste an-che previamente espressi, come prescritto conriguardo ai minori (art. 2, comma 7o), né inmerito alla tradizionale collaborazione fiducia-ria che caratterizza la relazione fra il sanitario ei parenti del paziente incapace. Tale collabora-zione, infatti, concedendo ai familiari di esserecoinvolti nel processo informativo e decisiona-le, realizza, di fatto, un diritto ispirato alla pie-

ne del potere altrui, in qualità di esplicitazione del di-ritto all’autodeterminazione e dell’identità, per tutti,Messinetti,Circolazione dei dati personali e dispositi-vi di regolazione dei poteri individuali, cit., 355 ss. Suldiritto all’informazione come diritto al controllo sul-l’informazione stessa, finanche come diritto ad essereesclusi dal processo informativo,Rodotà, Protezionedei dati e circolazione delle informazioni, in Riv. crit.dir. priv., 1984, 729 ss. e spec. 740;Coco, Sapere e nonsapere, cit., 437 ss. Più in generale, sulla diffusa ten-denza a positivizzare compiutamente gli obblighi in-formativi, rinvenibile in numerosi settori,ZenoZen-covich, Il «consenso informato» e la «autodetermina-zione informativa» nella prima decisione del Garante,in Corr. giur., 1997, 918. Sugli obblighi informativi esulle deroghe agli stessi nella circolazione dei dati per-sonali, per le riflessioni che offrono sul tema in esame,Scalisi, Il diritto alla riservatezza, cit., 229 ss.

(48) In tema di discrezionalità del medico, App.Milano, 16.10.1964, in Foro it., 1964, I, 1083, lad-dove, nel richiedere il consenso dell’interessato, «ilchirurgo consulta i familiari e decide con essi l’attooperatorio sollecitando il parere di quest’ultimo con lereticenze opportune»; contra, rispetto al consensopresunto, si veda Ass. Firenze, 18.10.1990, inGiust. pen., 1991, 184. Su detta discrezionalità, Vi-ciani, L’autodeterminazione «informata» del sogget-to e gli interessi rilevanti (a proposito dell’informazio-ne sul trattamento sanitario), cit., 284; criticamentesu il pericolo di una surroga arbitraria nei riguardidel paziente, Nannini, Il consenso al trattamentomedico, cit., 367.

(49) Diversamente dovrebbe ritenersi per l’ipotesidel minore, per il quale l’art. 320 cod. civ. (e l’auto-rizzazione giudiziale in esso contemplata) dovrebberitenersi estensibile come principio generale anchealle questioni di natura personale: lo rileva Ruscel-lo, La potestà dei genitori. Rapporti patrimoniali, nelCommentario Schlesinger, Giuffrè, 2007, sub artt.320-333, 66; così anche Stanzione-Sciancalepo-re, Minori e diritti fondamentali, Giuffrè, 2006, 107ss., particolarmente per le questioni dei trattamentiterapeutici.

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NGCC 2009 - Parte seconda 421

tas nei riguardi dei congiunti (50), nonostantel’assoluta assenza di qualsivoglia disposizionenormativa in tal senso e la giuridica irrilevanzadi ogni loro manifestazione di volontà (51). Di

tutta questa complessa struttura non vi è alcuncenno nelle norme di cui al comma 8o e 9o del-l’art. 4, che sanciscono unicamente che qualorail soggetto sia minore o incapace di intendere edi volere e l’urgenza della situazione non con-senta di acquisire il consenso così come indicatonei commi precedenti, il medico agisce in scienzae coscienza, conformemente ai principi dell’eticae della deontologia medica.

Quando, ancora, vi sia un amministratore disostegno e il decreto di nomina preveda l’assi-stenza in ordine alle situazioni di carattere sa-nitario, la norma prescrive che il consenso siaprestato dallo stesso amministratore di soste-gno, da solo o congiuntamente al paziente. Maquid iuris per le ipotesi in cui il provvedimentodi nomina non preveda nulla con riguardo al-l’assistenza in materia sanitaria o preveda l’au-tonomia decisionale del beneficiario? La que-stione, evidentemente, può emergere nelle ipo-tesi in cui non sia stato nominato un fiduciario:la norma di cui al comma 1o dell’art. 8, infatti,riferisce della fattispecie in cui spetti all’autori-tà giudiziaria autorizzare il trattamento, quan-do, mancando il fiduciario, vi sia un contrastofra più soggetti legittimati ad esprimere il con-senso. Si dovrebbe poter dedurre che, in que-ste ipotesi, non perda vigore quella prassi cheaveva attribuito all’amministratore di sostegnoil ruolo di depositario della volontà del sogget-to divenuto incapace, in ragione di un legameordinariamente più stretto con il paziente o

(50) Lo osserva Scalisi, Gli aspetti giuridici dellachirurgia sostitutiva, in Fam. pers. e succ., 2007, 265;nello stesso senso in App. Milano, 16.10.1964, cit.:«Per sottoporre ad intervento chirurgico un soggettoche non sia legalmente o naturalmente incapace è ne-cessario che questi vi consenta, ma, se in casi partico-larmente gravi il medico ritenga opportuno tacere alpaziente la gravità della situazione, sono sufficienti ilconsenso dei familiari del malato e la non opposizionedi quest’ultimo». Lo rileva anche Calò, Il consensodel terzo al trattamento medico, in Danno e resp.,1999, 869. In senso contrario, Lalanne-Landi, Gliaspetti generali del consenso al trattamento sanitario,cit., 251; Stanzione-Zambrano, Attività sanitariae responsabilità, cit., 252 e 272 ss.; Vignali, La tute-la della salute del minore, cit., 1427; nonché Trib.Milano, 4.12.1997, in Danno e resp., 1998, 697 ss.

(51) È testimonianza di ciò la prassi che involge leprocedure di espianto di organi e che, nonostante ildisposto di cui all’art. 4, comma 1o, l. 1o.4.1999, n.91, preveda un sistema di «dissenso esplicito infor-mato» (l’espressione è di Scalisi, Gli aspetti giuridi-ci della chirurgia sostitutiva, cit., 265), coinvolge e ri-chiede il consenso dei congiunti come momento in-dispensabile per procedere all’espianto. Con riguar-do, analogamente, al regime transitorio di cui all’art.23 della disciplina, anch’esso, nonostante la previ-sione di un sistema di dissenso esplicito, attribuisceai parenti una facoltà di opposizione durante il pe-riodo di osservazione del paziente al prelievo; in vir-tù del disposto normativo espresso, l’opposizionenon dovrebbe ritenersi vincolante per i sanitariquando il consenso alla donazione venga esplicitatodal paziente; tuttavia, la prassi non segue questa pre-scrizione, subordinandola sempre alle ragioni del-l’affectio dei parenti per la forte drammaticità con-nessa. Rileva l’assenza di qualsiasi pronuncia giuri-sprudenziale in tal senso, Calò, Il consenso del terzoal trattamento medico, cit., 869; sulla posizione deicongiunti, si veda Baldassari-Baldassari, La re-sponsabilità civile del professionista, cit., 1276 ss.;Vecchi, voce «Trapianti e trasfusioni I) dir. civ.»,cit., 9; Scalisi, Gli aspetti giuridici della chirurgia so-stitutiva, cit., 264. La prassi, peraltro, era quella vi-gente nella legislazione precedente, di cui alla l.2.12.1975, n. 644, che reputava lecito l’espianto, sal-vo l’esplicito dissenso alla donazione (dalla giuri-sprudenza richiesto talvolta come scritto: così Cass.,30.3.1944, n. 211, in Giur. compl. Cass. civ., 1944,

529; talvolta solo come univoco: così Cass.,4.4.1978, n. 1572, in Giur. it., 1978, I, 1, 1423).Sull’argomento, segnatamente, Alpa-Ansaldo, Lepersone fisiche, cit., 259. Sui problemi generali rela-tivi al consenso all’impianto e al prelievo, Vecchi,voce «Trapianti e trasfusioni I) dir. civ.», cit., 5 ss.;D’Addino Serravalle, Atti di disposizione delcorpo e tutela della persona umana, Esi, 1983, 244ss.; circa le questioni relative al rapporto fra con-senso e autorizzazione giudiziale nel trapianto direne, di cui alla l. n. 458/1967, D’Arrigo, Trapian-to di fegato: una legge inutile o nociva? Alcune ri-flessioni sulla donazione di organi fra persone viven-ti, in Dir. fam. e pers., 2001, 1197 ss.; D’Avack,Trapianto da vivente crossover: aspetti etici e giuri-dici, ivi, 2006, 1509 ss. Sui profili di diritto compa-rato, Mezzanotte, voce «Trapianti e trasfusioniIII) Dir. comp. e stran.», in Enc. giur. Treccani,XXXI, Ed. Enc. it., 1994, 2 ss.

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spesso connotato dall’abitualità o dalla familia-rità.

La previsione di una decisione congiunta fraamministratore e beneficiario, nonché fra cura-tore e inabilitato, con riguardo allo specificoprofilo di cui al comma 6o dell’art. 2, si cogliecon favore come forma partecipativa nelle de-cisioni sanitarie (52); nondimeno, il successivorinvio all’art. 3, espresso ma generico, che ri-guarda il contenuto e i limiti delle direttive an-ticipate, non si spiega con riferimento alla nor-ma di cui al comma 6o dello stesso articolo, perla ragione che dette direttive sono destinate aprendere vigore dal momento in cui il soggettodivenga incapace. Se, viceversa, era in animodel legislatore introdurre un principio di parte-cipazione anche rispetto al contenuto delle di-rettive o stabilire una sorta di ordine procedu-rale per la manifestazione del consenso agli attiterapeutici, la norma risulta ridondante.

La questione richiama implicitamente le di-vergenze e il dibattito seguiti ai casi di cronacae alle pronunce giurisprudenziali coinvolgentil’istituto dell’amministrazione di sostegno, laquale aveva dato parziale conforto alle istanzeconnesse con i processi autodeterminativi delpaziente fisicamente impossibilitato a dare at-tuazione alla propria volontà e del paziente in-capace, attraverso quel processo di ricostruzio-ne «identitaria» della persona e della sua ine-quivocabile volontà (53). Nella consapevolezza

della complessità inerente questa tematica (54),si deve registrare una rimarchevole e antinomi-ca impostazione rispetto al clima culturale egiuridico che aveva caratterizzato lo spiritodella legge sull’amministrazione di sostegno el’intento del suo promotore, ben espressi, a so-lo titolo d’esempio, dalle norme di cui agli artt.404, 408, comma 1o, 409, 410 cod. civ.

4. Direttive anticipate di trattamen-

to: aspetti formali, validità temporale e

prescrittività. Anche gli aspetti prettamenteformali concernenti le direttive anticipate ditrattamento ricalcano, purtroppo, il contrastopolitico concernente il processo di ricostruzio-ne della volontà del paziente, che è stato svoltodalla giurisprudenza nell’assolvimento dei pre-cetti costituzionali e condotto sul dato storico,coinvolgendo principalmente i valori, le incli-nazioni, le concezioni di vita e coniugandol’aspetto ontologico in una prospettiva volitivae funzionale, per divenire, la volontà, «l’identi-tà concreta del soggetto» (55), complessiva e

(52) Sulla tendenziale valorizzazione della parteci-pazione del soggetto, Zatti, Spunti in tema di limi-tata capacità di fatto, in questa Rivista, 2003, II, 315ss., spec. 320 ss.; Venchiarutti, Stati vegetativipermanenti: scelte di cure e incapacità, cit., 104 ss.;Azzalini, Tutela dell’identità del paziente incapace erifiuto di cure: appunti sul caso Englaro, cit., 344 ss.;Vecchi, voce «Trapianti e trasfusioni I) dir. civ.»,cit., 6; Ferrando, Il principio di gratuità. Biotecno-logie e «atti di disposizione del corpo», in Eur. e dir.priv., 2002, 773 ss., con particolare riferimento aiminori.

(53) Così, particolarmente, Trib. Modena,5.11.2008, cit., dove, in massima, si legge: «Allorchétaluno, avvalendosi della norma di cui all’art. 408,comma 2o, cod. civ., abbia designato taluno il suo au-spicato amministratore di sostegno in previsione dellapropria ed eventuale futura incapacità, contestual-mente esprimendo direttive di dissenso circa l’adozio-ne di determinate terapie, ancorché salvifiche, detta

volontà va rispettata, e nominato un amministratoredi sostegno con l’incarico di negare, in nome e perconto del beneficiario, il consenso autorizzativo del-l’evento sanitario salvifico. Tale nomina deve ritener-si consentita anche in via anticipata, allorché cioèl’eventualità contemplata nella scrittura non si sia an-cora verificata, al momento della pronuncia del giudi-ce tutelare».

(54) Solo per accenno si rimanda alla problemati-ca evidenziata dal pericolo di privare una personasprovvista della propria e autonoma soggettivitàcorporea, dell’attributo stesso di persona, in unasorta di procedimento espropriativo del corpo e deldestino di un soggetto: sulla fondamentale dicoto-mia e interrelazione fra corpo inteso nella sua fisicitàe corpo vivente e non «cosale», Habermas, Il futurodella natura umana. I rischi di una eugenetica libera-le, Einaudi, 2002, 14 ss., che riprende a sua voltal’insegnamento di Plessner, distinguendo fra Leibsein e Körper haben; in tema, già Husserl, Medita-zioni cartesiane, Bompiani, 2002, 119 ss., che distin-gueva fra Leib, come corpo vivente, e Körper, comecorpo organico nella sua fisicità. Su questi profili sivedano le illuminanti riflessioni di Zatti, Il corpo ela nebulosa dell’appartenenza, in questa Rivista,2007, II, 1 ss. e spec. 5.

(55) Su questo procedimento ricostruttivo dellavolontà del paziente incapace, Azzalini, Tutela del-

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coerente (56). Le opportune cautele e financhei pericoli intrinsecamente associati a questaoperazione ricostruttiva, non possono tuttaviaoscurare gli innegabili benefici connessi con ilpregio di creare sostanzialmente un nuovoconcetto di salute, identificabile con quella for-mula comprensiva di «salute identitaria» (57).

Proprio quanto appena indicato costituiscela ragione prevalente dell’acceso dibattito cor-relato all’emanazione di una disciplina sul te-stamento biologico, che indubbiamente neces-sitava, a prescindere dalle opzioni contenutisti-che, della previsione di forme di garanzia nonsolo formali, ma anche procedurali, correlatealla manifestazione di volontà. La stessa formascritta poteva essere prevista come uno deglistrumenti, ma non l’esclusivo (58), viste quelleipotesi in cui risulti comunque indispensabilericostruire la volontà del soggetto che non ab-bia avuto modo di esprimere la propria auto-determinazione secondo le formalità prescritte.È vero, infatti, che se pure il documento, con-tenente un libero, consapevole e revocabile

consenso, permette di assolvere almeno il re-quisito dell’attendibilità e di garantire la cer-tezza dispositiva (59), non sempre esso consen-te di evincere l’attualità del consenso stesso;così che il processo ermeneutico ricostruttivodella volontà del paziente, attraverso scelte chepromuovano la sua «salute identitaria» (60), sirivela necessario non solo nei casi in cui il sog-getto non abbia potuto manifestare il propriointendimento, ma anche quando la volontà siastata esplicitata con le formalità prescritte (61).In questa direzione, devianti possono risultaresia un esasperato formalismo, sia l’apposizionedi limiti temporali di validità allo stesso, in ra-gione della riflessione che i confini di garanziadella persona corrono più che attraverso l’ap-posizione di limiti, mediante la rivalutazioneeffettiva del rapporto medico-paziente alla lucedei più volte indicati princìpi in materia (62).

Diversamente, la disciplina in esame prevedel’obbligatorietà della redazione per iscritto conatto di data certa delle dichiarazioni di tratta-mento (art. 4, comma 1o) e la necessità che es-se, manoscritte o dattiloscritte, siano sempresottoscritte con firma autografa dal soggetto(art. 4, comma 2o) e inserite nella sua cartellal’identità del paziente incapace e rifiuto di cure: ap-

punti sul caso Englaro, cit., 342 e 348; Casonato,Consenso e rifiuto alle cure in una recente sentenzadella Cassazione, cit., 567 ss.

(56) Può essere utile un parallelo con la disposi-zione di cui all’art. 5, d. legis. 24.6.2003, n. 211, intema di sperimentazione di medicinali, che richiedeil consenso del rappresentante che corrisponda allapresunta volontà del soggetto incapace. Sulle speri-mentazioni mediche, si rinvia a Manna, voce «Spe-rimentazione medica», in Enc. del dir., Agg., IV,Giuffrè, 2000, 1122 ss., Busnelli-Palmerini, voce«Bioetica e diritto privato», in Enc. del dir., V, Giuf-frè, 2001, 147 ss.

(57) L’espressione è di Zatti, Rapporto medico-paziente e «integrità» della persona, in questa Rivi-sta, 2008, II, 403 ss.; in tema, recentemente ancheAnzani, Gli «atti di disposizione della persona» nelprisma dell’identità personale (tra regole e principi),ivi, 2009, II, 1.

(58) Non è chiarito, per altro, se la forma sia ri-chiesta ad substantiam o ad probationem, rileva Bri-gnone, Testamento biologico: il Ddl licenziato al Se-nato rischia di modificare un quadro di riferimento,cit., 100; mentre reputa criticabile che la vincolativi-tà delle direttive anticipate dipenda dalla formascritta, Ferrando, Stato vegetativo permanente etrattamenti medici: un problema irrisolto, in Familia,2004, 1181, in nota ad App. Milano, 18.12.2003.

(59) Così Patti, La fine della vita e la dignità dellamorte, in Fam. pers. e succ., 2006, 390, spec. 395, in-dividua la necessità della forma scritta come stru-mento che garantisce la certezza dispositiva e la coe-renza sistematica.

(60) L’espressione è di Zatti, Rapporto medico-paziente e «integrità» della persona, cit., 403 ss.

(61) Si veda, in senso contrario, Alpa, Il principiodi autodeterminazione e le direttive anticipate sullecure mediche, in Aa.Vv., Testamento biologico. Ri-flessioni di dieci giuristi, Ed. Il Sole 24 Ore, 2006, 44ss., il quale sottolinea il pericolo che il formalismopossa ingenerare complicanze, oltre a possibili di-scriminazioni nei riguardi dei meno abbienti, nel ca-so in cui si preveda la necessaria presenza del no-taio.

(62) AffermaBalestra, Il testamento biologico nel-l’evoluzione del rapporto medico-paziente, cit., 104, cheil testamento biologico è volto «a colmare, sia pure inmodo parziale, lo iato che la sopravvenuta incapacitàdell’individuo determina nel rapporto con il sanita-rio». Sulla problematicità del tema, ampiamente an-che Sesta,Riflessioni sul testamento biologico, in Fam.e dir., 2008, 407 ss.

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clinica (art. 4, comma 5o) (63). In ogni momen-to, le dichiarazioni possono essere rinnovatecon le forme e le modalità prescritte (art. 4,comma 3o), modificate o revocate, anche par-zialmente (art. 4, comma 4o). Dalla norma, ap-parentemente chiara, non si comprende se laformulazione stia ad indicare una inderogabile,quanto irragionevole, simmetria formale anchedel procedimento di revoca o, piuttosto, unaauspicabile propensione verso un meno rigidoformalismo (64).

La statuita validità temporale delle dichiara-zioni anticipate è quinquennale e il termine ini-zia a decorrere dalla redazione dell’atto o, me-glio, dal ricevimento dell’atto conformementeredatto da parte del sanitario. La validità, tut-tavia, non dovrebbe subire ostacoli allorché ilsoggetto sia divenuto incapace, almeno così di-spongono il comma 3o dell’art. 4 e il comma 6o

dell’art. 3, dove è previsto che le dichiarazioniassumano rilievo nel momento in cui sia accer-tato formalmente da un collegio di medici, cheil soggetto in stato vegetativo non è più in gra-do di comprendere le informazioni circa il trat-tamento sanitario, né di assumere le correlatedecisioni. In questa sede, si coglie con sorpresal’eliminazione di una disposizione, contenutanel disegno di legge originariamente presenta-to, che rinviava alla possibilità per il sanitariodi disattendere, pur sempre motivando, le vo-lontà precedentemente espresse, nel caso in cui

fosse trascorso un lasso temporale consistentee le dichiarazioni anticipate non fossero piùcorrispondenti agli sviluppi delle conoscenzetecnico-scientifiche e terapeutiche. Questa ipo-tesi, opportunamente motivata da situazioniche fondatamente consentissero di eludere ilcontenuto del testamento biologico, avrebbepotuto rappresentare una deroga ragionevoleal principio opposto della prescrittività delledichiarazioni.

Proprio per ciò che attiene alla annosa que-stione della prescrittività delle dichiarazionianticipate di trattamento, che ha costituito unpunto nodale correlato all’emanazione dellanormativa, la disciplina sin qui redatta ha op-tato per la non vincolatività delle dichiarazio-ni anticipate. Le disposizioni normative enu-cleabili dal comma 9o dell’art. 2, dal comma1o e 6o dell’art. 4, nonché dal comma 1o del-l’art. 7, inequivocabilmente rinviano all’assen-za di prescrittività in aperta dissonanza con lamaggioranza degli ordinamenti internazionali,che, positivamente o meno, prevedono unaregolamentazione in tema di trattamenti di fi-ne-vita.

La non vincolatività è prevista esplicitamen-te dal comma 1o dell’art. 4 ed è anche sottinte-sa dal comma 6o della stessa disposizione, dovesi sancisce che in condizioni di urgenza o quan-do il soggetto versa in stato di pericolo immedia-to, la dichiarazione anticipata di trattamentonon si applica; nonché, infine, dal comma 1o

dell’art. 7, che dispone che le volontà espressesiano solo prese in considerazione dal medicocurante, il quale è tenuto ad annotare nella car-tella clinica le motivazioni per le quali ritiene, omeno, di seguirle. Lo stesso obbligo di assi-stenza per il medico nei casi di urgenza, dispo-sto al comma 9o dell’art. 2, che stabilisce che lavolontà espressa non sia richiesta quando la vi-ta della persona incapace di intendere o di voleresia in pericolo per il verificarsi di un evento acu-to, può consentire spazi di deroga dei princìpigenerali in tema di consenso. È pur vero, chel’art. 36 cod. deont. si esprime analogamente intema di assistenza nei casi di urgenza; tuttavia,esso impone al medico di tenere conto dellavolontà precedentemente espressa dal pazien-te. In questo contesto legislativo, invece, lanorma sancisce la legittimità di interventi deltutto sciolti dalla manifestazione di volontà e,

(63) Queste debbono essere, quindi, raccolte dalmedico di medicina generale e inserite in un «Regi-stro delle dichiarazioni anticipate di trattamento»,per il quale il Garante della privacy dovrà provvede-re apposite garanzie di riservatezza, accesso e con-sultazione (art. 9).

(64) L’assenza del notaio, originariamente previ-sto, si potrebbe valutare, per un verso, positivamen-te, come elemento di favore per l’ovvia osservazionesecondo cui l’obbligatorietà della redazione per attopubblico avrebbe potuto far registrare ingiuste di-scriminazioni nei riguardi dei soggetti meno abbien-ti (lo osserva Alpa, Il principio di autodeterminazio-ne e le direttive anticipate sulle cure mediche, cit.,44); per altro verso, in un senso negativo, per lamancata attuazione di quelle esigenze di certezza (edi rigorosità giuridica) che il notaio potrebbe certifi-care, oltre all’innegabile preoccupazione del caricodi responsabilità di cui i sanitari potrebbero sentirsiinvestiti.

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conseguentemente, l’assoluta irrilevanza diqualsiasi dichiarazione fatta dal soggetto per leipotesi di urgenza (65).

Non è priva di fondamento la considerazio-ne che l’assenza della prescrittività rimandil’ottemperanza delle direttive anticipate ad uncontesto di aleatorietà, quale quello cagionatonon tanto dalla legittima obiezione di coscien-za del medico, quanto dal clima politico con-troverso e dall’esposizione mediatica, che han-no caratterizzato i ben noti casi di cronaca.L’alleanza terapeutica fra medico e paziente,ricca di un fascio di diritti e di doveri reciprocicertamente esprimibili su un piano deontologi-co, ma difficilmente traducibili in una sostanzaprescrittiva, viene di fatto utilizzata per attri-buire al medico una discrezionalità tale da tra-volgere l’autodeterminazione del paziente, finoalla completa elusione della stessa.

La materia è innegabilmente costellata daprofili di profonda complessità; ciò nonostan-te, nel segno di quello che si era individuatocome il criterio guida in tema di salute, ossia ilprincipio di autodeterminazione, sarebbe statoprobabilmente più coerente con l’intero siste-ma assiologico, consacrare un principio di ob-bligatorietà delle direttive, prevedendo ipotesiderogatorie per la salvaguardia di interessi pre-minenti o, ancora, il rimando all’autorità giudi-ziaria in chiave garantistica, come previsto pru-dentemente ma in qualità di unica ipotesi, dalcomma 3o dell’art. 7, che individua il contrastodel sanitario con il «fiduciario»; o dal comma1o e 2o dell’art. 8, per il caso di assenza o diinerzia di quest’ultimo.

5. Il ruolo del fiduciario.Quanto al ruo-lo del soggetto nominato come fiduciario, di cuiall’art. 6, la rilevanza della sua posizione è benespressa dalla seconda parte del comma 1o del-l’art. 3: nel caso in cui il paziente abbia sottoscrit-to una dichiarazione anticipata di trattamento,infatti, è esclusa la possibilità per qualsiasi perso-na terza, ad esclusione dall’eventuale fiduciario, diprovvedere alle funzioni di cui all’art. 6, ossia diadempiere quanto previsto dalle dichiarazioni

formalmente espresse dal paziente.L’art. 6 prevede la possibilità di nominare

come fiduciario un soggetto, maggiorenne ecapace, che accetta, sottoscrivendo la dichiara-zione. Qualora venga nominato, il fiduciario èl’unico soggetto legalmente autorizzato ad in-teragire con il sanitario e a ottemperare le vo-lontà del paziente, perseguendo in ogni modoil miglior interesse dello stesso: vigilando che alpaziente siano somministrate le migliori terapiepalliative disponibili, evitando che si creino si-tuazioni sia di accanimento terapeutico, sia diabbandono terapeutico (art. 6, comma 3o) eimpegnandosi a verificare che il paziente nonsia sottoposto a nessuna forma di eutanasia(art. 6, comma 4o).

Le disposizioni citate in combinato dispostocon quanto contenuto dall’art. 8, destano alcu-ne riserve in ordine, in primo luogo, al rappor-to esistente – e se esistente – fra il fiduciario ealtri soggetti legittimati dalla legge, primo fratutti, anche per le peculiarità dell’istituto di ri-ferimento, l’amministratore di sostegno, che fi-no ad oggi aveva rappresentato un legame si-gnificativo fra la volontà del soggetto incapacee il medico curante, per gli spiragli che si vole-vano intravisti nella risoluzione dei conflitti intema di trattamenti di fine-vita (66).

Ulteriormente, in uno stato di incertezza ri-mangono le volontà espresse dal soggetto inca-pace, nelle ipotesi in cui sia stata omessa la no-mina del soggetto in questione. Quid iuris nel-l’ipotesi di assenza di nomina del fiduciario,dal momento che il testo dell’art. 8 fa riferi-mento, al comma 1o e 2o, solamente all’ipotesiin cui altri soggetti legittimati a decidere si tro-vino in contrasto fra loro o rimangano inerti?La norma, infatti, parla solamente della pre-senza di più soggetti legittimati ad esprimereun consenso (e, presuntivamente, anche lo spe-culare dissenso) al trattamento sanitario, cheabbiano posizioni contrastanti, ma non di dareseguito a direttive compiutamente formalizza-te, in assenza di contrasti.

Nella disposizione di cui al comma 3o del-l’art. 7 la proposta, dopo avere delineato una

(65) Su questo profilo, si vedano le osservazioni diPocar, Testamento biologico: norme in contrasto conil principio internazionale di libera scelta, cit., spec. 12.

(66) Per tutti, Cendon-Rossi, Individuato unneo-segmento operativo che l’istituto può sostenere apieno titolo, cit., 35 ss.

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sorta di statuto dei rapporti fra medico curantee fiduciario, individua in quest’ultimo l’unicotramite della volontà del paziente, prevedendoche, nel caso di contrasti con il medico curan-te, la questione debba essere sottoposta ad uncollegio di medici. Il collegio, quindi, provvedeall’audizione del medico curante e di un medi-co specialista della patologia, mentre è esclusala partecipazione del fiduciario o di altri sog-getti eventualmente legittimati, attribuendo co-sì alle questioni coinvolte una consistenza uni-camente tecnico-scientifica. Sembrerebbe,inoltre, che, per il caso di contrasto fra medicocurante e fiduciario, l’unica autorità competen-te ad intervenire sia questo collegio medico,mentre l’autorità giudiziaria potrebbe essereadita nei casi previsti dal successivo art. 8 o invia del tutto autonoma e ordinaria.

Quanto appena espresso risulta ancor più di-scutibile, se si consideri che anche quando il col-legio medico abbia espresso il proprio parere, ladisciplina ne sancisce la non vincolatività per ilmedico curante, il quale non è tenuto a porre inessere prestazioni contrarie alle sua convinzioni dicarattere scientifico e deontologico. Non si com-prendono, dunque, le ragioni della non prescrit-tività del parere, soprattutto in relazione all’as-senza di un ruolo definito dell’autorità giudizia-ria e con riferimento alla libertà di agire del me-dico che, in questo frangente, dovrebbe limitar-si al caso dell’obiezione di coscienza.

6. Considerazioni conclusive. L’attesache ha preceduto l’emanazione della disciplinasul così detto testamento biologico ha reso benconsci della difficoltà di una soluzione legislati-va dei numerosi e complessi problemi associatia queste tematiche. Nondimeno, non è possibi-le esimersi da alcuni rilievi, i più significativi,che esprimono maggiormente la delusione diuna disciplina così «confezionata».

Più volte ribadita, perché costituisce l’aspet-to più contestabile della normativa licenziata, èla sostanziale assenza di rilievo e perfino il tra-dimento del principio di autodeterminazionedispositiva, che, oltre a statuire il fondamentoteorico più consono e potenzialmente più riccoda un punto di vista esegetico, avrebbe consen-tito un’impostazione ideologica diversa el’emanazione di una legge maggiormente ingrado di modellarsi e adeguarsi al sentire col-

lettivo e ai progressi scientifici. Non si tratta, aben vedere, solo della mancanza di un fonda-mento teorico, ma di uno stravolgimento delprincipio in parola.

In seconda battuta, l’amara constatazioneche la disciplina appaia manifestamente indi-rizzata a pazienti in stato vegetativo permanen-te e di incapacità naturale, dovendosi pertantoescludere quelle fattispecie relative a pazienticapaci di discernere, che siano tuttavia nell’im-possibilità fisica di attuare il proprio proposito(67), la cui manifestazione di volontà potrebberisultare irrilevante: dimostrano questa impo-stazione la disposizione di cui al comma 6o del-l’art. 3, che attribuisce rilievo alle dichiarazionidal momento in cui venga accertato formal-mente lo stato vegetativo, e quella di cui alcomma 9o dell’art. 2, per la quale il consenso altrattamento non è richiesto quando la vita del-la persona incapace di discernere sia in perico-lo per il verificarsi di un evento acuto; nonché,implicitamente, anche il comma 8o dell’art. 2,che consente al medico di agire secondo scien-za e coscienza, quando non sia possibile otte-nere agevolmente il consenso dai legali rappre-sentanti per l’urgenza della situazione (68). No-nostante l’apparente diretta prescrittività delcombinato disposto degli artt. 2, 13 e 32 Cost.,che dovrebbe conformare l’agire medico al dis-senso informato e attendibile nei riguardi deitrattamenti sanitari, l’adeguamento del dato direaltà ad una volontà legittimamente manife-stata può di fatto non realizzarsi quando, adesempio, il soggetto si trovi in uno stato di in-capacità fisica e necessiti della cooperazione diun terzo. Una riflessione a tutto campo di que-ste problematiche avrebbe dovuto includereanche ipotesi siffatte, che esprimono esigenzedi tutela non sempre soddisfatte.

Altrettanto rammarico, per le ragioni espo-ste, provoca l’opzione accolta per la non pre-scrittività attribuita alle dichiarazioni anticipa-te di trattamento, di cui al comma 9o dell’art. 2,

(67) Su questi profili, precisamente, Rescigno,Dal diritto di rifiutare un determinato trattamento sa-nitario secondo l’art. 32, co. 2, cost., al principio diautodeterminazione, cit., 88 ss.

(68) Di questa opinione anche Brignone, Testa-mento biologico: il Ddl licenziato al Senato rischia dimodificare un quadro di riferimento, cit., 101 s.

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al comma 1o e 6o dell’art. 4 e al comma 1o del-l’art. 7: non tanto perché non si sia avvertita lanecessità di apporre cautele e garanzie al com-plesso processo di adeguamento alla volontàdel paziente che il medico è tenuto ad eseguire;quanto per l’opportunità, sentita nella prassi,di imprimere alla legge un principio superioredi vincolatività, corredato da strumenti di in-terpretazione e concretizzazione della volontàe di giustificate ipotesi derogatorie supportateda interessi di pari rango o di rango superiore ecoperte da idonei meccanismi di garanzia e diverifica delle situazioni concrete (come avvienead esempio nel progetto tedesco).

In questa linea, non sorprende l’assenza diuna disposizione, contenuta nel disegno di leg-ge originario, che rinviava alla possibilità per ilsanitario di disattendere, pur sempre motivan-do, le volontà precedentemente espresse perl’ipotesi in cui fosse trascorso un lasso tempo-rale consistente e le dichiarazioni anticipate di

trattamento non fossero più corrispondentiagli sviluppi delle conoscenze tecnico-scientifi-che e terapeutiche. La norma, effettivamente,avrebbe risposto alla necessità di identificare ilprincipio essenziale di autodeterminazione at-traverso modalità casistiche, consentendone lederoghe giustificate e coniugando la normagiuridica con le innegabili specificità dellaprassi medica: ma non ha ragione di essere fuo-ri da un contesto di vincolatività delle disposi-zioni anticipate.

Infine, si deve osservare l’assenza di qualsi-voglia riferimento, se non per il profilo indica-to concernente il ruolo e i compiti del fiducia-rio, al fondamento costituzionale delle curepalliative, sulla scorta del principio di dignitàdel paziente nella cura (69), che era presente inalcuni disegni di legge e che qui è espresso so-lamente dall’obbligo per le istituzioni di assicu-rare l’assistenza domiciliare per i soggetti instato vegetativo permanente, di cui all’art. 5.

(69) Precisamente in questo senso, si veda Patti,La fine della vita e la dignità della morte, cit., 393.

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428 NGCC 2009 - Parte seconda