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ECIALE: CAPRICCI, CHE FARE? SPECIALE: CAPRICCI, CHE FARE? SPECIALE: CAPRICCI, CHE FARE? SP La natura dei capricci Nessun bambino fa i capricci da solo; è necessaria la compresenza di un adulto Q uella dei capricci è una questio- ne difficile e delicata, perché, nel momento del capriccio, noi genitori sentiamo l’angoscia e la rabbia no- stra che cresce assieme all’angoscia e alla rabbia del bambino. Sentiamo la provocazione, la sfida, ma anche il senso di impotenza: nostro, sì, però anche suo. E la delusione, e la prete- sa, e lo sconforto: nostri, ma anche suoi. È facile, allora, che perdiamo le staffe e assumiamo comportamenti reattivi (di cui, magari in tempi suc- cessivi, è probabile che ci pentire- mo): o eccessivamente restrittivi, o eccessivamente permissivi. Atteggia- menti comunque eccessivi. È allora importante potersi orienta- re, almeno a grandi linee, sia per cercare di prevenire i capricci, sia per riuscire a venirne a capo in modi adeguati, una volta che il capriccio è scoppiato. FENOMENI RELAZIONALI Troppo spesso viene da considerare il capriccio come fosse una cosa che riguarda soltanto il bambino. Con l’aggettivo “capriccioso”, si è tentati di ridurre il capriccio addirittura a una caratteristica personale del bambino. Ma non esiste nessun bambino che faccia un capriccio quando si trova da solo. Perché si strutturi un capriccio, è necessaria la compresenza del bambino e di un qualche adulto cui il bambino è, e si sente, affidato. I capricci, infatti, so- no fenomeni relazionali. Nascono al- l’interno della relazione, si svolgono Paolo Roccato Medico Psicoterapeuta Psicoanalista, Associato alla Società Psicoanalitica Italiana, Torino “Per i bambini che dominano total- mente la madre o l’intera famiglia, la vita non è molto divertente […] C’è poco piacere reciproco e molta irritazione […] Un bambino che vin- ce con la prepotenza non trova mai niente di soddisfacente, perché non gli è dato spontaneamente. Non ci sono doni, ma solo estorsioni. Maga- ri si sentirà potente, ma non ap- prezzato né amato”. Asha Phillips, I no che aiutano a crescere. 18 18-30_UPPA 10/07/13 15:24 Pagina 18

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La natura dei capricci

Nessun bambino fa i capricci da solo; è necessaria la compresenza di un adulto

Quella dei capricci è una questio-ne difficile e delicata, perché, nel

momento del capriccio, noi genitorisentiamo l’angoscia e la rabbia no-stra che cresce assieme all’angosciae alla rabbia del bambino. Sentiamola provocazione, la sfida, ma anche ilsenso di impotenza: nostro, sì, peròanche suo. E la delusione, e la prete-sa, e lo sconforto: nostri, ma anchesuoi. È facile, allora, che perdiamo lestaffe e assumiamo comportamentireattivi (di cui, magari in tempi suc-cessivi, è probabile che ci pentire-mo): o eccessivamente restrittivi, oeccessivamente permissivi. Atteggia-menti comunque eccessivi.È allora importante potersi orienta-re, almeno a grandi linee, sia percercare di prevenire i capricci, sia

per riuscire a venirne a capo in modiadeguati, una volta che il capriccio èscoppiato.

FENOMENI RELAZIONALITroppo spesso viene da considerareil capriccio come fosse una cosa cheriguarda soltanto il bambino. Conl’aggettivo “capriccioso”, si è tentatidi ridurre il capriccio addirittura auna caratteristica personale delbambino. Ma non esiste nessunbambino che faccia un capriccioquando si trova da solo. Perché sistrutturi un capriccio, è necessaria lacompresenza del bambino e di unqualche adulto cui il bambino è, e sisente, affidato. I capricci, infatti, so-no fenomeni relazionali. Nascono al-l’interno della relazione, si svolgono

Paolo RoccatoMedico Psicoterapeuta Psicoanalista, Associato alla Società Psicoanalitica Italiana, Torino

“Per i bambini che dominano total-mente la madre o l’intera famiglia,la vita non è molto divertente […]C’è poco piacere reciproco e moltairritazione […] Un bambino che vin-ce con la prepotenza non trova mainiente di soddisfacente, perché nongli è dato spontaneamente. Non cisono doni, ma solo estorsioni. Maga-ri si sentirà potente, ma non ap-prezzato né amato”. Asha Phillips, Ino che aiutano a crescere.

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all’interno della relazione e mirano(sia pure malamente) a modificarequalche cosa di importante nella re-lazione.

SI SVOLGONO SEMPRESU DUE PIANISembrerebbe impossibile che unbambino sia davvero angosciato edavvero furibondo solo perché, peresempio, al supermercato vuole ilgelato e la mamma non glie lo vuolecomprare. Sembra davvero una as-soluta insensatezza che dia tuttaquella importanza a un gelato. An-che per questo il suo capriccio susci-ta risposte così irritate e controag-gressive.Il fatto è che i capricci si svolgonosempre su due piani: l’uno, quelloesplicito, che coinvolge cose sciocchepressoché irrilevanti per entrambi ipartner relazionali (come il gelatodell’esempio); l’altro, quello impor-tante, implicito, di cui entrambi nonsono consapevoli, se non in modopiuttosto vago. Per di più, quasi sem-pre ne è un pochettino più consape-vole il bambino che non il genitore.

IL PIANO ESPLICITOQualsiasi oggetto, o azione, o evento,o possibilità può essere il centro at-torno al quale si struttura il pianorelazionale esplicito del capriccio.Da parte dell’adulto, la cosa per cuiviene scatenato il capriccio è sempreconsiderata di per se stessa unasciocchezza: o per la qualità (“Ma in-

somma: basta! Non è che un gela-to!”), o per la quantità (“Smettila! Tel’ho già preso tre volte, oggi!”). Alcontrario, per il bambino la cosasembra avere assunto un’importan-za assoluta, quasi fosse questione divita o di morte. Il fatto è che, sottosotto, anche per il bambino la cosaesplicita non ha un grande valore diper se stessa. Ha valore, sì, ma comerappresentante di quello che si svol-ge sull’altro piano: quello importan-te, quello implicito.

IL PIANO IMPLICITOIl piano importante, implicito, quasimai è immediatamente evidente, an-che se gli indizi di esso sono sempresquadernati lì davanti agli occhi,pronti ad essere decifrati per chi lisappia cogliere. Il bambino fa di tut-to (malamente, purtroppo per en-trambi) per far cogliere all’adultoquesti indizi, però senza quasi mairiuscirci, soprattutto a causa dei mo-di rabbiosi, rivendicativi, irritantimessi in atto.Quello che si gioca sul piano impor-tante, implicito, può riguardare mol-ti aspetti della vita mentale e relazio-nale del bambino, della vita mentalee relazionale dei genitori, e - diretta-mente - della relazione tra il bambi-no e l’adulto cui egli si trova affidato(che non è detto debba necessaria-mente essere uno o entrambi i geni-tori). I più frequenti aspetti in gioco(visti dalla parte del bambino) sono iseguenti:

a) “Ho bisogno di un segno concretodel tuo amore per me, perché nonsono sicuro che tu (in questo mo-mento, o in questo periodo, o in ognimomento) mi ami”.Questo bisogno di rassicurazionesull’essere amato può dipendere damoltissime circostanze. Potrebbe es-sere che il genitore in quel periodosia davvero distratto da preoccupa-zioni e problemi “da grandi”, che loallontanano mentalmente e magarianche fisicamente dal bambino(questioni di lavoro, disgrazie, diffi-coltà economiche, difficoltà relazio-nali col partner amoroso, studio, at-tesa di una promozione, forte inte-resse per qualche cosa, ecc.).Può essere che il bambino dubitidell’amore dei genitori per lui, per-ché è in arrivo (o è già arrivato) unfratellino o una sorellina. “Che biso-gno avevano di farne un altro? Forseli ho delusi”.Il bambino potrebbe essere ango-sciato perché ha sentito che mamma

“Quando i genitori insegnano alproprio figlio a ubbidire alle regoleperché queste sono giuste e nonperché essi hanno più potere di lui,preparano il bambino a rispettarela legge negli anni a venire, quandoi genitori non saranno sempre cosìpotenti”. T. Berry Brazelton e Jo-shua D. Sparrow, Il tuo bambino ela disciplina. Una guida autorevoleper porre limiti a vostro figlio.

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e papà intendono separarsi, o ha vi-sto che realmente si sono separati.“Se si separa da papà, magari questaqui si separa anche da me, e io restotutto solo”.Ma ci possono essere altre motiva-zioni, quali il sentirsi in colpa versol’adulto: “Ho bisogno di essere rassi-curato che la mia colpa non ha fattovenir meno il tuo amore per me”.Oppure: “Mi sento trascurato suqualche cosa di importante per me,per cui ho bisogno di un gesto con-creto che testimoni che mi vuoi be-ne”; “Sento te come distratto, addo-lorato, depresso, preoccupato, fragi-le, bisognoso, confuso, entusiastaper qualcosa d’altro, ecc., per cui te-mo (o percepisco) di avere perduto iltuo amore, e cerco una rassicurazio-ne. Ho bisogno di mettere te allaprova”.b) “Ho bisogno di sapere quanto po-tere ho io, sia in assoluto sia nellarelazione con te”.Il potere è quella funzione relaziona-le che fa sì che un’altra persona fac-cia qualche cosa che altrimenti nonfarebbe. “Ho bisogno di mettere me

alla prova”. Posso anche avere biso-gno di verificare quanto tu accettiche anche io possa avere un po’ dipotere su di te, e non solo tu su dime. Posso, infatti, essere angosciatosia se ho troppo potere sia se ne hotroppo poco. Ho bisogno di verifica-re quanto potere ho, da un lato pernon sentirmi in balia soltanto di mestesso (cioè: non affidato a nessuno),e dall’altro lato per non sentirmischiacciato dalla prepotenza degli al-tri, te compreso.Percepire di avere un effettivo pote-re è spesso una scorciatoia per riu-scire a percepire se stesso come sog-getto della propria vita e della pro-pria esperienza nella propria rete re-lazionale, e non come sottomesso.Certi atteggiamenti realmente pre-potenti, realmente “sadici”, nasconodall’incapacità di soddisfare in altrimodi il fondamentale bisogno disentirsi riconosciuto come soggetto.c) “Ti segnalo che non stai gestendoadeguatamente il tuo potere con me,mentre io ho bisogno che tu lo eser-citi adeguatamente, in modo piùchiaro, coerente ed esplicito, così

che io possa orientarmi meglio e tro-vare così sicurezza”. In questo caso,col capriccio il bambino provoca l’a-dulto, per poter avere la percezionedi essere importante per lui. Gli se-gnala che ha bisogno che nelle inte-razioni con lui vengano attivate fun-zioni “paterne”, benevoli ma ferme,che sanciscano i limiti e le regole. Habisogno, in sostanza, che l’adulto glidica “No”, con fermezza e con chia-rezza. Spesso, quella di ricevere regole bendefinite e vincolanti è un’esigenza dipercepire attorno a sé un mondo incui ci si possa muovere con una suf-ficiente sicurezza, come potrebbe es-sere per noi adulti l’esigenza che siinstallino dei chiari ed univoci se-gnali stradali nel traffico convulso.La fermezza, la coerenza e la sensa-tezza nel porre le regole fanno partedell’amorevolezza. E il bambino losente.d) “Ho bisogno di sapere se la perso-na cui sono affidato è sufficiente-mente stabile e forte”.Poche cose sono così angoscianti perun bambino come il constatare che

“Quando un bambino è travolto daun impeto d’ira, sente di non riu-scire a controllarsi. Il fatto di esse-re bloccato con fermezza viene in-terpretato come un segno che ci sipreoccupa per lui e che, per il suobene, si è pronti ad affrontare lasua collera”. Asha Phillips, I no cheaiutano a crescere.

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l’adulto cui è affidato è una specie difragile marionetta in suo potere.L’insicurezza devastante che ne deri-va talvolta viene dal bambino affron-tata assumendo lui la parte di quello“forte”, che impone il proprio volere.Ma, inevitabilmente, lo farà comepuò farlo un bambino, senza granche di esperienza di vita. Sarà, allo-ra, una specie di caricatura di “forza”e di “sicurezza”. Tenderà, così, ad as-sumere atteggiamenti dispotici, dit-tatoriali, che rischiano addirittura diintimidire l’adulto insicuro, soprat-tutto se si sente per qualunque moti-vo colpevolizzato verso il bambinomedesimo.e) “Ho bisogno di sapere che non so-no solo affidato a te, ma che ho ancheun certo grado di autonomia da te”.Fin dall’epoca dell’allattamento ilbambino ha, sì, bisogno di affidarsi edi dipendere dalla mamma, ma haanche bisogno di sentire riconosciutoun certo grado (all’inizio piccolissi-mo) di autonomia (nel ritmo e nelladurata della suzione, per esempio).Quando un bambino sente preclusaogni possibilità di riconoscimentodelle sue proprie competenze e delsuo proprio realistico grado di auto-nomia, è possibile che, prima di di-sperarsi del tutto, cerchi di “forzare”l’adulto con dei capricci. Il guaio èche, di solito, in tal modo ottiene ilrisultato opposto: si fa percepire, in-fatti, come troppo piccolo, inaffida-bile, “capriccioso”, da tenere ancorpiù sotto tutela.f) “Ho bisogno di percepire me comesoggetto della mia vita e ti segnalo lanecessità che tu te ne accorga e chemi riconosca in questo mio bisogno”.Per il benessere psichico e relaziona-le, un elemento di base indispensa-bile è avere la possibilità di sentirsi,di essere, e di essere riconosciutodagli altri come soggetto della pro-pria vita e della propria esperienza.Il bambino ha bisogno che sia siste-maticamente riconosciuto dagliadulti che si occupano di lui il valoredel suo sentire, del suo pensare, delsuo desiderare e del suo volere. Que-sto non vuol dire che gli si debba da-

re il potere su tutto e su tutti, o chesi debba sottomettersi al suo pensie-ro o al suo sentire, o che ogni suodesiderio debba essere legge. Quelloche lui sente, pensa, desidera e vuoleè importante, se ne tiene conto, madeve inserirsi nel mondo complessi-vo guidato dagli adulti, in cui le leggile stabiliscono i grandi. Per il bambi-no, come del resto per tutti noi, è piùimportante sentirsi riconosciuto co-me soggetto desiderante, piuttostoche non ottenere la cosa desiderata.Si può riconoscere che, sì, il gelato èuna gran bella cosa (anche se i dieti-sti, giustamente, non sono affattod’accordo...), ma che questa voltanon lo si compera.

RICAPITOLANDO E PRECISANDO Gli ambiti in cui si muovono le inte-razioni sul piano relazionale impor-tante, implicito, del capriccio sono,dunque: l’amore; il potere mio; ilpotere tuo; la forza, la stabilità e lachiarezza; l’essere affidato e l’essereemancipato; la soggettività.Comunque sia, tanto sul piano rela-zionale esplicito di superficie, quan-to su quello implicito, nell’attivarsidi un capriccio avvengono delle inte-razioni che è possibile riconoscere eche è necessario gestire in quanto ta-li su tutti due i piani. Il bambino, nelmomento in cui chiede qualche cosaattraverso un capriccio, immette suidue piani della relazione almenoquattro elementi: 1) il desiderio disuperficie (per esempio: il famosogelato), collegato con il bisognoprofondo (per esempio: la rassicura-zione sull’essere amato, o la chiarez-za del rapporto di potere); 2) l’aspet-tativa deludente e angosciante che ildesiderio di superficie non verràsoddisfatto e che il bisogno profondoverrà misconosciuto; 3) l’espressio-ne rabbiosa e la protesta contro que-sta prevista frustrazione; 4) la spintaper costringere l’interlocutore a mo-dificare il proprio atteggiamento.È ben comprensibile, allora, che l’a-dulto, che si sente investito dallaturbolenza di queste “onde” relazio-nali (angosciate, accusatorie, prete-

a

e-n-sio

e

“Subito dopo la crisi di collera, du-rante la quale si è gettato a terra,il bambino avrà bisogno della pro-tezione forte e rassicurante dibraccia amorevoli ... Ma nel belmezzo di una crisi di collera, lecoccole non servono. Il bambino èspaventato dalla propria perdita dicontrollo. Forse è per questo moti-vo che in alcuni casi fa le bizze ri-petutamente, finché non impara acontrollarsi” T. Berry Brazelton eJoshua D. Sparrow, Il tuo bambinoe l’aggressività.

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stuose, rabbiose), possa perdere l’o-rientamento e annaspare.Per come si presenta il fenomeno“capriccio”, quasi mai i due che vi sitrovano coinvolti (bambino e adulto)arrivano a cogliere e a “negoziare” ilrapporto sul piano relazionale im-portante, che così rimane implicito:si fermano (quasi) sempre al solopiano di superficie, che, come en-trambi più o meno chiaramente san-no, è pretestuoso. Questo ingenerafrustrazione e rabbia in entrambi,sia mentre che si svolge la relazionedel capriccio sia dopo, quando il ca-priccio è stato accantonato. Per fare questo, è indispensabile chesia individuato il piano importanteimplicito e che le interazioni prose-guano su quel piano, abbandonandoquello pretestuoso di superficie. An-ziché risolto o superato, quasi sem-pre il capriccio viene accantonato,perché le interazioni permangono fi-no alla fine dell’episodio solo sulpiano pretestuoso, e lasciano immo-dificata ogni cosa sul piano impor-tante, implicito.L’uscita dall’episodio relazionale delcapriccio, infatti, quasi sempre avvie-ne quando uno dei due “cede”, “dan-dola vinta” all’altro sul piano prete-stuoso, cosa che risulta frustranteper entrambi i partner relazionali, eche lascia in entrambi uno strascicodi rancore e livore. Entrambi si sen-tiranno cattivi, e quindi in colpa: siail “vincitore” sia il “vinto”, comun-que siano andate a finire le cose.

LA RABBIALa rabbia che investe i partner rela-zionali durante l’episodio “capric-cio” ha molte motivazioni, la princi-pale delle quali è il senso di impo-tenza legato al fatto che ci si sta oc-cupando di una stupidaggine, men-tre il vissuto è quello di chi sta trat-tando qualche cosa di vitale. È prin-cipalmente l’equivoco che fa arrab-

biare, il sentirsi non capiti, non con-siderati e, soprattutto, contraddettisu qualcosa di importante che vienemisconosciuto. E che permane mi-sconosciuto, anche quando uno deidue la spunta. In ogni caso i due re-stano rabbiosi, anche quello che vie-ne accontentato, sia esso il genitoreo sia il bambino.La pubblicità televisiva, nella qualesono quotidianamente immersi i no-stri bambini (come del resto noi ge-nitori), favorisce gli equivoci fra og-gettino posseduto e realizzazione disé, fra oggettino donato e relazionedi amore. Essa è, quindi, un potenteterreno preparatorio per l’instaurar-si della relazionalità “capriccio”, che,per l’appunto, è strutturata sulla so-stituzione di un piano profondo im-portante con un effimero piano su-perficiale concreto.Attenzione: non tutto è “capriccio”.

Ci sono espressioni eclatanti di an-goscia disperata che non sono “ca-pricci” e che sarebbe deleterio consi-derare tali. In esse, è differente lastruttura relazionale: manca il livellosuperficiale esplicito concreto (comeil gelato dell’esempio ricorrente).Il bambino, per esempio, si rotolaper terra, gridando disperato che ascuola non ci vuole andare. È visibil-mente angosciato, ma sembra nonsapere o non osare dire perché. Albambino viene da imboccare la stra-da di questo tipo di attivazione rela-zionale così clamorosa (anziché leusuali modalità comunicative) quan-do sente o pensa di non poter trova-re ascolto o aiuto per ciò che lo an-goscia oltre misura. Può essere chesi vergogni o che si senta in colpa amostrare ai genitori la propria ango-scia e la situazione che la genera, eche dia per scontato che o non verràcreduto, o verrà disprezzato, o verràsgridato e punito.L’angoscia può essere innescata dal-la paura per un pericolo reale (Peresempio: “Ci sono dei grandi che miminacciano”), o per la previsione diuna intollerabile umiliazione (“Do-vrò cantare davanti a tutti, e non so-no capace”).Queste comunicazioni disperate de-vono essere prese molto sul serio,facendo sentire al bambino che si hauna genuina intenzione di capirlo edi aiutarlo, e che si sta dalla suaparte. Bisognerà cercare di com-prendere che cosa lo angoscia e per-ché, aiutandolo poi ad affrontare lasituazione in modi realistici ed effi-caci, magari inventando insieme op-portune “strategie”. Spesso, già ilsolo percepire di essere stato presodavvero sul serio costituisce un vali-do aiuto, che facilita in lui il reperi-mento e l’attivazione di proprie ade-guate risorse.

[email protected]

“L’esplosione di rabbia da partedel genitore potrebbe spaventareil bambino a tal punto da ridurre alminimo le probabilità che egli im-pari”. T. Berry Brazelton e JoshuaD. Sparrow, Il tuo bambino e la di-sciplina.

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Certi genitori vanno letteralmentenel panico quando il bambino

scatena un capriccio. È facile che sisentano in colpa, perché leggono nelcapriccio una (neppure troppo ma-scherata) rabbiosa accusa di inade-guatezza e la previsione di una delu-sione data quasi per certa. È proba-bile, allora, che rispondano al ca-priccio cedendo del tutto alle richie-ste sciocche e pretestuose del bam-bino, o innescando una specie di liti-gio, di tira e molla, che rischia di di-ventare interminabile, o sbottandoin violente proibizioni e punizioniferoci. E anche quando “cedono”,spesso lo fanno protestando, svalu-tando, sgridando, disprezzando. Ilrisultato è quello di confondere ilbambino (e se stesso, genitore), conmessaggi contraddittori: da un latote la do vinta, dall’altro lato sanciscoche lo faccio solo perché sei un in-sopportabile imbecille.Cerchiamo di orientarci. Come perogni realtà umana, non ci sono rego-lette “giuste” cui attenersi. Si trattadi cercare di orientarsi, per poterscegliere di volta in volta gli atteg-giamenti che possano essere suffi-cientemente adeguati.Come? Non fermiamoci al solo pia-no relazionale esplicito, ma provia-mo comprendere quali cose presu-mibilmente si stanno svolgendo nelpiano relazionale implicito, che èquello importante. Bisogna, però,chiarire subito che, nell’occasione di

un capriccio, conviene non farla maitroppo lunga. Poche risposte, chiare,esplicite, ben orientate nella direzio-ne giusta sono meglio di qualunqueinfinito chiarire, spiegare e rispiega-re, contrattare e ricontrattare, invertenze senza fine.

I “TEMI” DEL CAPRICCIOOgni capriccio si struttura su un te-ma esplicito, che prende la forma“Voglio”/“Non voglio” (per esempio:“Voglio le patatine!”; “Non voglio glispinaci!”), e contemporaneamentesu un tema implicito, che riguardabisogni fondamentali del bambino.È necessario trattare in modi diffe-renti i capricci secondo i loro diffe-renti temi, soprattutto quelli implici-ti, che sono i più importanti.Partiamo dal caso in cui sottostanteal capriccio c’è il bisogno del bambi-no di venire rassicurato di essere an-cora amato. È ovvio che qualunquerisposta che non contenga anchequesta rassicurazione non può risol-vere il capriccio. Nell’esempio dellefatidiche patatine, non serve a nullacomprargliele e basta: è necessariodirgli anche qualcosa del tipo “Vabene, per questa volta te le compero.Ma guarda che io ti voglio bene lostesso, sai, anche senza che io ti deb-ba comprare le patatine per fartelosapere”. Nel caso si decida, invece,di dirgli di no, è necessario non dir-gli solo: “No, adesso non te le com-pero, per questo e quel motivo (di-cendo, ovviamente, la verità: “Nonpossiamo spendere soldi per questecose”; “Se mangi tutte quelle patati-ne, diventi grasso come una balena”;

“Alla fine della settimana ti do i soldidelle patatine giornaliere, così ticompri quello che vuoi, magari piùbello”; ecc.). Conviene dirgli anchequalcosa del tipo: “Guarda però che,anche se questa volta non ti compe-ro le patatine, io ti voglio bene dav-vero, sai?”.In ogni caso, conviene fare unprofondo respiro prima di parlare,per evitare situazioni grottesche incui si rischia di urlargli furibondi sulmuso, a denti e pugni chiusi: “Guar-da che io ti voglio bene, sai?!”.È da sottolineare il fatto che rispon-dere cedendo e, contemporanea-mente, disprezzandolo, confondeancora di più il bambino (e il genito-re), perché proprio nel mentre cheviene accontentato sul piano esplici-to della concretezza irrilevante, albambino viene data una rispostacontraria alla rassicurazione profon-da da lui cercata. “Uffa! Non ti sop-porto più. Ti compro ‘ste patatinedel cavolo. Sei proprio un cretino in-sopportabile!”.Passato l’episodio “capriccio”, neigiorni e nelle settimane seguenticonverrà fare attenzione a lanciareadeguati messaggi chiari e rassicu-ranti sul fatto che gli si vuole davve-ro bene, non concretizzando però

Capricci: che fare?

Una cosa, fra tutte, è fondamentale: mai mettersi al livello del bambino

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Paolo Roccato

“Raramente le concessioni fatte perquieto vivere si rivelano efficaci”.Asha Phillips, I no che aiutano acrescere.“Un bambino punito fino all’umilia-zione sarà più interessato alla ven-detta che a chiedere scusa”. T.Berry Brazelton e Joshua D. Spar-row, Il tuo bambino e la disciplina.

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nuovamente il discorso sulle cose(come potrebbe essere comprargli lamacchinina), ma con espressioni di-rette di amore: mostrando genuinointeresse per lui e per le sue espe-rienze di vita.Se il capriccio si attiva per il bisognodel bambino di sapere quanto potereha, sia in assoluto sia nel rapportocon l’adulto cui è affidato, è necessa-rio che le risposte siano realistiche,in modo che il bambino possa perce-pirsi né con troppo potere (cosa chelo angoscerebbe, perché lo farebbesentire “nel vuoto”, non “contenuto”,non protetto), né con troppo pocopotere (col rischio di farlo sentiresqualificato, privo di valore). Nellesettimane successive al capriccio, bi-sognerà fare attenzione a creare si-tuazioni in cui il bambino possaesercitare un certo realistico potere,come potrebbe essere decidere ilgioco da fare, la torta da preparareinsieme, il vestito da acquistare, ilregalo da scegliere per un amico, esimili.Quando il capriccio si innesca comesegnalazione che l’adulto sta eserci-tando il proprio potere con il bambi-no in modi confusi, contraddittori, odel tutto omissivi, è necessario chele risposte siano ferme, chiare, uni-voche. Si tratta del caso, in fondo,più facile, che però si struttura di so-lito perché l’adulto ha reali difficoltàad esercitare con tranquillità il pro-prio normale potere sui figli. Talora

questi genitori sono ex-bambini chehanno subito vessazioni, per cui sisentono in colpa se impongono qual-che cosa a propria volta ai bambini.Di qui, i loro modi contraddittori econfusi o addirittura del tutto omis-sivi. È ovvio che nelle settimane suc-cessive al capriccio l’adulto deve cer-care di recuperare il terreno, col da-re regole chiaramente esplicitate,semplici, facili da seguire, e deve ri-manere fermo nell’esigere che ilbambino vi si attenga.Nei casi in cui col capriccio il bambi-no cerca di mettere alla prova la re-lazione per verificare se l’adulto èdebole, fragile, inconsistente, o seriesce invece ad essere forte e rassi-curante, è necessario che l’adultocerchi di rispondere (al momento epiù ancora nei tempi successivi) inmodi coerenti, chiari e rigorosi, chesaranno quindi rassicuranti.Se quello messo alla prova dal capric-cio è un genitore che momentanea-mente si trova ad essere più fragiledel solito (per una malattia, peresempio, o per una qualche sua situa-zione particolarmente ansiogena, co-me la prospettiva di un esame o unfamigliare da assistere), può essereutile che chieda aiuto all’altro genito-re, affinché, nei giorni e nelle settima-ne successive al capriccio, possa for-nire lui le rassicurazioni necessarie inquel momento al bambino.Se col capriccio il bambino cerca diconoscere “sperimentalmente”

quanto è dipendente dall’adulto equanto, invece, può sentirsi ed esse-re emancipato da lui, è necessario,soprattutto nei giorni e nelle setti-mane successive, inventare delle ri-sposte che riescano a ri-definire la“giusta” dipendenza (che sarà senti-ta come rassicurante ma non impri-gionante) e la “giusta” autonomia(che sarà sentita come valorizzantema non ansiogena). Si possono crea-re situazioni in cui vengano ricono-sciute e valorizzate le capacità di au-tonomia del bambino, temporal-mente vicine ad altre, differenti si-tuazioni, in cui lo si coccola e lo siaccudisce. Non è il caso, in queste si-tuazioni, di ricordare le scene del ca-priccio: se le risposte sono intonateai reali bisogni profondi, il bambino(così come l’adulto!) riuscirà a trova-re nuovi più appropriati equilibripersonali e relazionali.Qualora il bisogno profondo siaquello di venire riconosciuto comesoggetto della propria vita e delleproprie esperienze, è necessario chel’adulto abbia cura di dare al bambi-no in modo esplicito un adeguato ri-conoscimento e una opportuna valo-rizzazione degli aspetti soggettividella sua esperienza: desiderio, pia-cere, emozioni, sentimenti, volontà,bisogno di opposizione...Nel momento del capriccio, si po-trebbe, per esempio, dirgli qualcosadel tipo: “Sei davvero molto arrab-biato, perché le patatine le vuoi pro-

“Le bizze di un bambino di due anni potrebbero comin-ciare a sembrare in misura minore degli episodi di per-dita di controllo e in misura maggiore un tentativo delbambino di affermare la propria capacità di controllarvi[…] Una crisi di collera è una forma di comunicazione[…] vi ricorre quando non sa più in che altro modo im-porsi. Il compito del genitore è aiutare il figlio sia a im-parare modalità alternative per esprimere i propri biso-gni sia ad accettare il fatto che non sempre si può farequello che si vuole”. T. Berry Brazelton e Joshua D.Sparrow, Il tuo bambino e la disciplina.

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prio, e ti disperi, perché io ho decisoche non te le compero. Io so, però,che tu sei in grado di sopportarequesto dispiacere”. Nei giorni suc-cessivi, indipendentemente dal pas-sato capriccio, conviene raccoglierele emozioni e le esperienze del bam-bino e descriverle in modi per luicomprensibili, tipo: “Eri contenta,prima, quando era venuta a trovartila tua amica, eh!?”, “Forse hai piùvoglia di giocare a pallone con gliamici, che non di venire con noi a fa-re la passeggiata”.Conviene, inoltre, cercare di farglifare esperienze in cui possa sentirsiriconosciuto e valorizzato come sog-getto, con un effettivo, anche se pro-porzionato, potere.Come abbiamo visto, le risposte al“capriccio” devono essere date indue tempi: le prime, quelle da daresubito, sono relative ai “temi” espli-citi, e devono mirare principalmentea fermare il “capriccio”; le altre, dadare soprattutto nei giorni e nellesettimane successive, sono relativeai “temi” impliciti, e devono mirare araccogliere e soddisfare i bisogniprofondi rappresentati dal capriccio.

RISPOSTE IMMEDIATEIl capriccio si struttura come conflit-to esasperato, come espressione diangoscia impotente, come impotenterabbia furibonda. Se non si riesce arisolverlo in breve tempo, esso ri-schia di apparire inarrestabile, cosache aumenta il senso di impotenza edi angoscia in entrambi i partner re-lazionali che vi si trovano impegnati.Ad un certo punto, bisogna riuscirea fermarlo.Come? È utile e possibile dire (e fa-re) con fermezza: “Adesso: Basta”.Oppure: “Adesso vai di là, bevi unbicchiere di acqua, e te la fai passa-re. Poi, quando ti è passata, torni diqua e riprendiamo il contatto”. Op-pure: “Adesso vado di là, così io micalmo e tu te la fai passare. Tornofra cinque minuti. Vedrai che sarà fi-nita”. O anche: “Fattela passare,adesso. Vedrai che ci riesci. Io ti vo-glio bene, ma tu devi smetterla.

Quando te la saraifatta passare, vedraiche starai meglio”. Certe volte,infatti, rimanere in contatto di-retto può rendere più difficilel’acquietarsi. Può essere utileinterrompere il contatto, perun breve tempo.Ma una cosa, fra tutte, è fon-damentale: mai mettersi al li-vello del bambino. Mai.Anche quando è esasperato, ilgenitore deve ricordarsi di es-sere su un altro piano. Non èmai il caso di mettersi e litigarecol bambino. La relazione non èparitaria. Noi abbiamo dei compitieducativi, abbiamo la responsabilitàdi cercare di aiutare i nostri figli adattrezzarsi per affrontare la vita, coni suoi limiti, con le sue frustrazioni,con le sue necessità di mediazione.Quando ci si accorge che si sta “liti-gando” coi nostri figli, convienesmetterla subito, e assumere un at-teggiamento differente, recuperandoprontamente la nostra posizione digenitori.In ogni caso, è necessario chiarire albambino che è il modo relazionaledel capriccio quello che non è accet-tabile: il bambino deve trovare deimodi adeguati di far presenti i pro-pri desideri (di superficie e profon-di) e i propri bisogni. Nei giorni se-guenti il capriccio, lo si può aiutareinsegnandogli come potrebbe fare inaltre occasioni, anche con esempiconcreti alla sua portata.

RISPOSTE DIFFERITEMai le risposte immediate da solesono sufficienti. Come abbiamo vi-sto, le risposte ai bisogni profondisono prevalentemente affidate allerisposte differite. Se si riesce a com-prendere quale fosse il piano impor-tante soltanto dopo che il capriccio èterminato, (e non sempre ci si riesce,né durante né dopo), è sempre utileanche in tempi successivi attivarsisu quel piano e cercare di dare suquel piano risposte adeguate: segna-lando gratuitamente il proprio amo-re, riconoscendo il potere sensato

del bambino, attivando in modochiaro e coerente il proprio poteresul bambino, riconoscendo il valoredella soggettività del bambino, e cosìvia. Spesso, anzi, gli interventi a po-steriori sono più facili e più efficacinel risanare una situazione relazio-nale difficile, perché meno pressatidalla vivezza del conflitto, e quindipiù liberi.Se le risposte sono adeguate, nonserve richiamare esplicitamente l’e-pisodio del capriccio: in modo più omeno inconsapevole, entrambi lo ca-piscono benissimo.

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“Una madre che permette al figlio diessere sgarbato e poco rispettoso neisuoi confronti gli comunica che èquesto il modo giusto di trattarla”.Asha Phillips, I no che aiutano a cre-scere.“Nella maggior parte dei casi, i geni-tori picchiano un figlio quando perdo-no momentaneamente il controllo.Chiaramente, non c’è nulla di positi-vo che il bambino possa imparare inqueste situazioni”. T. Berry Brazeltone Joshua D. Sparrow, Il tuo bambinoe la disciplina.

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Lontano dal mo-mento del capric-

cio, può essere moltoutile leggere ai bam-

bini una storia che tratti qualche aspetto dell’argomento, peraiutarli ad affrontare meglio le situazioni legate ai capricci.La condivisione dell’atmosfera fiabesca crea un legame disolidarietà, che è particolarmente importante quando siguardano insieme esperienze di così grande tensione.

- Nel paese dei mostri selvaggi, Storia e illustrazioni diMaurice Sendak, Babalibri, 2013Bellissimo! Ai bambini piace moltissimo. Grandi illustrazio-ni, poco testo molto incisivo. Mostra in modo fiabesco il re-cupero di sé dal furore disperato verso il ritrovamento dellaquiete interiore e dell’amore. Per bambini dai 2 ai 6 anni.

- Mamma, me lo compri? , n° 19 della serie La FamigliaOrsetti, di Stan e Jan Berenstain, Ed. Piemme, CasaleMonferrato 2004Un po’ troppo “pedagogico”, ma buono ugualmente perchésul finale contiene una indicazione - utile a bambini e geni-tori - di come poter rendere inutili i capricci. Per bambinidai 3 ai 6-7 anni.

- Il rude Ramiro e altre storie, di Margaret Atwood,2004L’Autrice, le cui opere sono tradotte in più di trenta lingue, èstata candidata più volte al Premio Nobel. Il libro contienetre bellissime storie. La seconda, “La Principessa Prunella eil polposo naso color prugna”, riguarda specificamente i ca-pricci. È molto divertente, spassosa per grandi e piccini.Simpatiche anche le illustrazioni. Adatta a bambini dai 3-4anni ai 7-8.

- La Battaglia del Burro, del Dr. Seuss, Giunti, 2002Per sei mesi, nella classifica dei best sellers del New York Ti-mes. Spiritoso, grottesco, simpatico, mostra l’assurdità deilitigi pretestuosi (e della guerra!). Tocca di striscio i capricci,ma, usando sapientemente il ridicolo, è molto efficace.

Ti leggo una storia

Paolo Roccato

Letture per bambini (utili anche ai genitori!) per imparare ad affrontare i capricci

“Dategli la possibilità di scegliere, quando la scelta chefa, qualsiasi essa sia, è comunque accettabile. «No,non compreremo le patatine e neppure l’aranciata.Però puoi decidere fra le pere e le mele. Tutte e due?Va bene!»”. T. Berry Brazelton e Joshua D. Sparrow, Iltuo bambino e la disciplina.

“Il bambino non può imparare a controllare l’aggressi-vità e le emozioni negative se non ha avuto la possibi-lità di provarle, di conoscerle in prima persona”.Martha Harris, citata in Asha Phillips, I no che aiutanoa crescere.

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