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LA MUSICA NELLA DIVINA COMMEDIA I più antichi biografi di Dante, a cominciare dal Boccaccio, parlano del- l'amore di Dante per la musica: e non poteva essere altrimenti per un poeta vero, sensibilissimo al bello, che aveva l'animo aperto ad ogni espressione e ad ogni soffio della vita. Nel medioevo gli studi erano ripartiti fra il trivio ed il quadrivio: il primo comprendeva la Grammatica, la Retorica e la Dialettica; il secondo l'Aritmetica, la Musica. la Geometria e l'Astronomia. Dante quindi conosceva la musica, perciò ne parla con precisione di linguaggio e con termini tecnici, come altri- menti non avrebbe potuto fare. « Ars artium divina continens omnia principia methodarum « in primo gradu celsitudinis formata ». la chiama Giovanni De Muris; mentre Boezio ne aveva definito il compito ed i limiti nel trattato DE MUSICA: « illud cognitum esse debet, quod omnes musicae concor- « dantiae aut in duplici aut in triplici, aut in quadrupla « aut in sesquialtera aut in sesquitertia proportione con- « sistunt ». e S. Tommaso nel commento al trattato DE TRINITATE dello stesso Boezio aveva detto: « Musica considerat sonos non in quantum sunt soni, sed in quantum sunt secundum numeros proportionales ». Ma Dante che conosceva bene le norme e le definizioni scolastiche, quando parla di canto dimentica e numeri e proporzioni per lasciar parlare solo il sen- timento e la sensibilità suoi squisiti. L'eco della sua passione per la musica e della conoscenza che ne aveva si sente nel DE VULGARI ELOQUIO e più ancora nel CONVIVIO (II, 14) dove dice: « Ancora la Musica trae a sé gli spiriti umani, che sono « vapori del cuore, sicché quasi cessano da ogni operazio- « ne; si è l'anima intera quando l'ode, e la virtù di tutti « quasi corre allo spirito sensibile che riceve il suono ». 413 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

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LA MUSICA NELLA DIVINA COMMEDIA

I più antichi biografi di Dante, a cominciare dal Boccaccio, parlano del-l'amore di Dante per la musica: e non poteva essere altrimenti per un poeta vero,sensibilissimo al bello, che aveva l'animo aperto ad ogni espressione e ad ognisoffio della vita.

Nel medioevo gli studi erano ripartiti fra il trivio ed il quadrivio: il primocomprendeva la Grammatica, la Retorica e la Dialettica; il secondo l'Aritmetica,la Musica. la Geometria e l'Astronomia. Dante quindi conosceva la musica,perciò ne parla con precisione di linguaggio e con termini tecnici, come altri-menti non avrebbe potuto fare.

« Ars artium divina continens omnia principia methodarum« in primo gradu celsitudinis formata ».

la chiama Giovanni De Muris; mentre Boezio ne aveva definito il compito ed ilimiti nel trattato DE MUSICA:

« illud cognitum esse debet, quod omnes musicae concor-« dantiae aut in duplici aut in triplici, aut in quadrupla« aut in sesquialtera aut in sesquitertia proportione con-« sistunt ».

e S. Tommaso nel commento al trattato DE TRINITATE dello stesso Boezioaveva detto:

« Musica considerat sonos non in quantum sunt soni, sedin quantum sunt secundum numeros proportionales ».

Ma Dante che conosceva bene le norme e le definizioni scolastiche, quandoparla di canto dimentica e numeri e proporzioni per lasciar parlare solo il sen-timento e la sensibilità suoi squisiti.

L'eco della sua passione per la musica e della conoscenza che ne aveva si

sente nel DE VULGARI ELOQUIO e più ancora nel CONVIVIO (II, 14)

dove dice:

« Ancora la Musica trae a sé gli spiriti umani, che sono« vapori del cuore, sicché quasi cessano da ogni operazio-« ne; si è l'anima intera quando l'ode, e la virtù di tutti« quasi corre allo spirito sensibile che riceve il suono ».

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Ma specialmente si sente nell'opera sua massima, in cui possiamo rilevarel'elevato concetto che aveva dell'arte dei suoni dalla nobiltà dei compiti che

assegna alla musica.etsiPoema Divino si può paragonare ad una maestosa cattedrale: alla più

maestosa cattedrale del medioevo, in cui tutto è simmetria, numero, proporzione,armonia assoluta: il numero delle cantiche, quello dei canti, quello dei versidi ciascun canto, la distribuzione simmetrica degli episodi e delle profezie du-rante tutto il Poema attestano dell'elevato senso di armonia che risonava nell'ani-mo di Dante e dal quale egli non poteva in alcun modo prescindere, essendol'armonia il substrato della sua coscienza; dell'armonia connaturata con il PoemaDivino, ancora forse non siamo riusciti a svelare intero l'intimo segreto.

Queste però sono estrinsecazioni ' dell'armonia interiore, non manifestazionidi armonia musicale. Per contro spessissimo il Poeta fa ricorso alla musica ed aisuoni per accrescere efficacia alla sua arte, oltre agli effetti di armonia imitativa,alle speciali combinazioni di sillabe ed accenti, ai mirabili cambiamenti d'into-nazione, al variare dei ritmi, alla combinazione di fenomeni luminosi con feno-meni sonori:

Sì del cantare e sì del fiameggiarsiPar. XII, 23

Però tali effetti non erano ricercati, ma spontanei in chi concepiva il mon-do come armonia e l'armonia aveva connaturata.

Nell'Inferno non musica, non canti: nel regno delle tenebre eterne il cantoo il suono di uno strumento musicale sarebbe un balsamo per le anime in con-tinuo tormento. Nomina soltanto pochi strumenti: le zampogne, le campane, ilcorno di Nembrod di cui ode il suono, l'unico suono che sente nell'Inferno edurante tutto il Viaggio. Ad un liuto poi rassembra la pancia gonfia dell'idropicoMastro Adamo, che percossa da Sinone,

Quella sonò come fosse un tamburo.Inf. XXX, 103

Nel Purgatorio e nel Paradiso non si odono suoni di strumenti musicali eraramente li nomina.

* * *

A quell'epoca non si aveva la varietà e la ricchezza di strumenti di cui di-spone l'orchestra moderna; ma certo non difettavano. Oltre all'organo usato nellechiese, (il re degli strumenti musicali che tutti assomma e supera, e che a queitempi aveva raggiunto un discreto grado di perfezione), i trovatori ed i suona-

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tori popolari disponevano ed usavano l'arpa, il liuto, la chitarra, la tiorba, ilmandolino, una viola a cinque corde suonata con un arco, la rota (specie di vio-lino). la ribeca, il ribecchino, la giga; e si potrebbero aggiungere il salterio, l'or-ganistro a manovella, il flauto, i corni ritorti, le cornamuse, le bombarde, i cor-netti. le trombe e i tromboni.

Egli tutti li conosce, sa come ciascuno si suoni, e sa l'effetto che da cia-scuno si può trarre.

E come giga o arpa, in tempra tesadi molte corde, fa dolce tintinnoa tal da cui la nota non è intesa.

Par. XIV. 118-20

Così accenna al modo con cui si produce il suono nella cetra e nella zam-pogna:

E come suono al collo de la cetraprende sua forma, e sì come al pertugiode la sampogna vento che penetra

Par. XX, 22-24

Egli sa bene che spesso il suono dell'organo soverchia la voce del can-tore:

quando a cantar con organi si stea;ch'or sì or no s'intendon le parole.

Purg. IX, 144-45

mentre il miglior effetto si consegue da un perfetto equilibrio tra la voce e lostrumento, che procura maggior godimento in chi ascolta:

E come a buon cantor buon citaristafa seguitar lo guizzo de la cordain che più di piacer lo canto acquista

Par. XX, 142-44

Questi sono accenni a strumenti musicali ed ai loro suoni; egli però nonli fa suonare per i regni oltramondani; invece affida le sue manifestazioni musi-cali alla voce: il più perfetto strumento, il più dolce, il più nobile. Saremmoportati a pensare gli angeli di Dante come quelli che poi effigiarono il BeatoAngelico, Melozzo e ancora Van Dych; niente di tutto ciò: gli angeli danteschinon suonano alcuno strumento, ma cantano soltanto, e nelle forme più svariate:canti ad una voce sola e canti in cui la voce del solista è seguita da un coro;canti all'unisono e canti polifonici.

Egli ha una cognizione esatta del significato delle due diverse parole: me-

lodia ed armonia, che usa sempre nel loro senso preciso. Per lui la melodia è

una successione di suoni:

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E Una melodia dulce correva

per l'acre luminosoPurg. XXIX, 22

mentre l'orni (mia è insieme simultaneo di suoni producenti una sensazione

arata:

Diverse voci fanno dolci note;

così diversi scalini in nostra vita

rendon dolce armonia tra queste rote.Pur. VI, 124-27

Di canti a solo abbiamo diversi esempi nella Commedia: il canto di Casella,

quello del trovatore Arnaldo Daniello, quello dell'imperatore Giustiniano, quel-

lo di S. Pietro.

Il Poeta uscito « fuor de l'aura morta » era affranto e per le scene di dispe-

rato dolore cui aveva assistito, e per l'affaticamento in dipendenza del viaggiotutto d'un fiato, attraverso il doloroso regno; nè la brezza mattutina sulle spondedel Purgatorio con il dolce colore di zaffiro del cielo, e nè l'aspetto del celestial

nocchiero l'avevano del tutto rinfrancato e la prima persona che incontra nelnuovo regno è il musicista Casella.

Nessun musicista Dante ha posto nell'Inferno, perchè quel trovatore Bertramdel Bornio che incontra nel Canto XVIII non era un musico, nè cantore, ma poetae guerriero; ed ecco che appena uscito dall'Inf2rno, egli incontra e riconosce per pri-

ma fra tutte le anime penitenti, quella di un musicista, del suo più dolce amico.Musica non aveva udito nell'Inferno, se non il tragico risonare di

...sospiri e pianti ed alti guai.

e nella « valle d'abisso dolorosa » « tuono... d'infiniti guai »; e le « dolenti note »

del cerchio dei lussuriosi, e le voci orribili di Plutone, di Nembrod, di Cerbero;ed ecco che uscito appena dall'Inferno, di musica è sitibondo, e la richiede. edottiene di sentirla, e l'ascolta in estasi, quasi che solo la musica potesse ristorarlo

dei passati affanni, e solo la musica annunciargli degnamente l'ingresso in

quel secondo regno

dove l'umano spirito si purga

e di salire el ciel diventa degno.

Purg. I, 4-6

Cosa importa sapere chi era Casella? Cosa importa sapere se •era di Pistoiao di Firenze? quando nacque, quando morì, quali musiche compose? Il ricordodi Dante l'ha immortalato, e per la conoscenza di lui a noi basta sapere quello

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che ne ha scritto Dante. E l'episodio, così pieno di emotività ci dà la misura del-la considerazione che di lui ne faceva Dante e della sensibilità del Poeta agli ef-fetti della musica e del canto.

Il reiterato vano tentativo di abbracciarlo; il tenero dialogo che segue; le pa-role « Casella mio in cui par di sentire la voce di Dante quasi tremare di com-mozione e d'affetto; e il pregare del Poeta, quel pregare in cui l'ardore del desi-derio vince la titubanza e la timidezza che pur traspaiono dalle parole; e il pron-to rispondere del cantore, e la dolcezza indimenticabile che ne prova Dante so-no già un inno alla musica, e alla delicatezza dei sentimenti che da essa nascono;e all'anima gentile del musico fiorentino.

Casella aveva in vita musicato la canzone del CONVIVIO

Amor che ne la mente mi ragiona

e sapendo di fare cosa grata all'amico, la intona, onde arreca a Dante l'atteso con-forto. come già altre volte aveva fatto col dolce suo canto.

Ma che dire dell'effetto che questo canto produce su Dante e Virgilio e glispiriti raccolti intorno ad essi? Dove trovare un quadro spiritualmente più ampio,emozione più intensa, progressione più musicale e più rapida e dolce nell'ascesaverso il sublime che in queste quattro terzine:

« Se nova legge non ti togliememoria o uso l'amoroso cantoche mi solea quetar tutte mie voglie

di ciò ti piaccia consolare alquantol'anima mia, che con la mia personavenendo qui è affannata tanto! »

Amor che ne la mente mi ragionacominciò egli allor sì dolcementeche la dolcezza ancor dentro mi suona.

Lo mio maestro, e io, e quella gentech'eran con lui parevan sì contenticome a nessun toccasse altro la mente.

Purg. 11, 106-17

Chi ha immaginato, in tale luogo, in tale momento, una tale scena, amavaveramente la musica di un amore senza confini. Maggiore abbandono al fascinodí un'arte non è possibile; maggior lode alla bellezza di un arte è inimmagina-bile. Tutto dimenticato. Da tutti: e la purificazione che urge, ed il premio che at-tende, e l'usata impassibilità in Virgilio e l'ansia di raggiunger la suprema alle-grezza in Dio.

Il canto í n quell'epoca si presentava sotto un duplice diverso aspetto; pote-va esse re o dotto o popola re. Il primo era il, canto delle chiese il secondo quello

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delle strade e delle piazze. Il primo aveva come punto di partenza il canto greo-

riailo, che in origine era all'unisono, come si è tornati a fare, quando per semplicità si usa tale canto nelle funzioni liturgiche; in prosieguo di tempo si aggiun-sero a poco a poco le prime forme rudimentali della polifonia. Ed al canto gre-goriano bisogna pensare per ritrovare il colore e il tono delle musiche sacre che

hanno così profondamente commosso il cuore di Dante; per intendere perchèabbia attribuito a principi, a re, ad imperatori tanto di quell'amore cheegli sentiva per l'arte musicale, da rappresentarceli cantori; perchè abbia fattodella musica, unita alla luce, uno dei più grandi premi offerti dalla divinità agli

assunti in paradiso.La musica sacra continuava anche ai tempi di Dante ad essere precipua-

mente rappresentata dal canto gregoriano, che ben corrispondeva nell'imponen-za della sua grandiosità maestosa alle condizioni degli spiriti assetati di misticapoesia, e che reca in sè fin dal suo nascimento quella vitalità per la quale duratuttora. Il canto gregoriano nella musica sacra era quello del canto dei Salmi,dei motetti, delle sequenze, delle antifone, della Messa cantata; delle cui partidiverse, come di tutto ciò che attiene alla quotidiana ufficiatura della Chiesa, tro-

viamo fatta menzione in molti luoghi del Poema Divino.La musica gregoriana possedeva ritmo, ma ìn genere non aveva misura, tra-

ducendosi quindi quasi sempre in melopea. Questo non impediva e non impedi-sce che il canto gregoriano sia quasi sempre permeato di dolcezza, e a volte pos-segga una solennità che raramente è stata con altra musica raggiunta. Un esem-pio bellissimo è quello del Praefatio delle messe solenni, in cui la frase musicaleè di una soavità incomparabile ed insieme di tale grandiosità da far sen-tire, esempio unico forse in tutta la musica esistente, nel canto di uno solo levoci di intere falangi; al punto da far dire, nientemeno a Mozart, che avrebbedato tutta la sua musica per quella sola. Il sorgere del contrappunto doveva por-tare necessariamente al vincolo della misura, se si voleva evitare la confusioneche sorgeva ai primordi dell'armonia, quando le diverse voci si combinavanosoltanto in alcuni punti della frase musicale con adeguate consonanze, restandoper il resto libere al punto da poter a volte ciascuna voce cantare un testo

diverso su un medesimo tema musicale, con quale effetto odierno è facile inten-dere. Pertanto l'elaborazione e l'evoluzione dottrinaria che subiva la musica ri-guardava soltanto la musica di chiesa, la musica dotta.

* * *

Ma il popolo, fuori dei chiostri e delle chiese sentiva il bisogno di cantare,e la canzone popolare echeggiava sulle labbra delle fanciulle e dei giovani accom-pagnata dai suoni dei liuti e delle viole. E quando cantava non si curava né didottrina né di misura; né di norme, né di contrappunto; cantava come l'empitodell'animo e l'estro dettava, né per cantare sentiva il bisogno di ricorrere a temi

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esistenti, tratti da antiche nenie o da temi gregoriani, ma i temi creava da sé,come l'allegrezza o la malinconia dettava.

E' verosimile che come alla poesia popolare e popolareggiante si sovrapposequella eletta, così alle prime frasi musicali e alle prime strofe senza significatoe di carattere prettamente popolare, come ne sorgono tutt'ora, si siano sovrappo-ste canzoni con un vero schema e quindi con un ritmo; e mentre delle primemanifestazioni non abbiamo alcun esempio antico, delle seconde ci rimangono ilCanto delle Scolte Modenesi (intorno al 900) « O tu qui servas »; i canti del-l'anonimo genovese sulla vittoria di Laiazzo (1294), la ballata dell'assedio diMessina (1282 ): « Deh, com'egli è gran pietate » parzialmente riportata dalVillani; alcuni canti storici e religiosi ed alcuni Lai o Lamenti del Milleduecento.

Non tutte le canzoni, cantilene e ballate ci sono pervenute con la relativamusica, ma certo il loro carattere dice che venivano cantate dal popolo e daitrovatori nelle corti e nelle piazze, perchè la canzone, parto della fantasia popo-lare. era fatta per essere cantata. Così Casella che musicò la surriferita canzonedi Dante, musicò anche le poesie di Memmo Orlandi, come si rileva da due codi-ci vaticani. in cui, accanto alle poesie è scritto « et Casella diede il suono »; co-me pure sotto ad una poesia di Lapo degli Uberti si legge « secondo la melodiadi Mino d'Arezzo ».

Si nota intanto un sollevarsi di queste composizioni, perchè mentre in prin-cipio le espressioni musicali popolari erano fiori silvestri, germogliati spontanea-mente per colorire parole senza senso, a poco a poco vediamo che la musica eratrovata da persone non prive di cognizioni musicali, su un componimento poeti-co, che se non era addirittura una poesia di Dante, di Guido Cavalcanti o di La-po degli Uberti, aveva tuttavia pretenzioni poetiche.

Era ancora l'epoca dei trovieri e dei trovatori. I trovatori erano provenzali;i trovieri erano tutti del nord, e quasi tutti dell'Artois e della Fiandra franco-bel-ga. I trovieri sorgono molti anni dopo i trovatori, e ne sono stati in certo modo idiscepoli. I trovieri hanno cantato un repertorio più vario, più grazioso, più gra-dito di quello dei trovatori. Essi erano valentissimi compositori di musica e poe-sia; ma non disdegnavano di raccogliere i canti nati nel popolo e fatti per il po-

polo.Ecco nel Purgatorio Arnautz Daniels, il trovatore che « fu il miglior fabbro

del parlar materno », che si presenta a Dante con la melanconica e dolce musi-ca dei versi provenzali:

Je sui Arnaut, que plor e vau cantan

Firenze, che nel secolo XIV era il centro di ogni attività intellettuale, fu

anche la culla di un'arte nuova: l'ars nove fiorentina, la quale si differenzia dal-

l' antiqua, sí a perchè in luogo di fondarsi su un tema dato, un tema già noto, ado-pera terni liberamente scelti, sia perchè al canto a due o a tre voci, unisce talora

anche quello ad una sola, sia sopratutto perché accostandosi al tipo della musica

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popolare, assume andamenti liberi e sciolti, carattere mondano, forme più snelle

e vivaci.E' vanto dei maestri Fiorentini del secolo XIV l'aver aperto un primo spi-

raglio di luce nelle tenebre che gravavano su l'arte musicale del medioevo, l'aver

intuito il bisogno di renderla espressiva ed umana, l'aver contribuito a liberarla

dalle pastoie dottrinali e scolastiche. In molte delle loro composizioni noi trovia-

mo una grazia, una freschezza di sentimento, una libertà di creazioni melodiche

che ben corrispondono all'indole e alle tendenze italiane. E tali risultati quei

maestri raggiunsero e col bandire le orribile dissonanze antitonali dei

discantisti stranieri, e coll'imprimere un più naturale e ritmico andamento allamelodia e coll'introdurre l'uso di piccoli valori di note, dai quali la frase melodi-ca derivò l'agilità, la vivacità, la snellezza. Né loro mancò l'ardimento del ci-mentarsi a musicare le grandi canzoni dei grandi poeti; come si è visto che avven-

ne per la canzone di Dante

Amor che ne la mente mi ragiona

cui Casella aveva da vivo posto le note.Assai povera cosa per contro era allora la musica strumentale, ristretta ad un

embrionale accompagnamento delle danze e del canto. Ogni importanza allora

veniva data alle voci; nè la tecnica del sonare era ancora sviluppata, nè si eraancora pensato agli effetti che si potevano trarre dall'aggregazione e dall'amal-

gama dei vari strumenti. Eppure di questi non vi era penuria, ché a leggere cer-

ti elenchi, sarebbe da credere che i compositori potessero disporre di orchestre.se non più numerose, forse più varie delle nostre, come si è precedentementevisto.

Sovente nel Decamerone son ricordate canzoni che si cantavano, e gli stes-si cantori del tempo si distinguevano in cantori a liuto e cantori a libro, e mentrei primi cantavano canzoni popolari, i secondi cantavano e suonavano con il li-bro della musica davanti; quindi presumibilmente musica aulica o di chiesa.

Accanto a questa musica popolare e profana, aveva vita un'altra musica po-

polare, ma sacra; erano le canzoni dei Battuti, i Canti dei Flagellati, ed in gene-re tutte le Laude medioevali, nate con il movimento sorto in Umbria nel 1233,

anno dell'Alleluia, e di cui l'espressione più alta furono quelle di fra Jacopone

da Todi. I temi di questi canti se non erano proprio attinti al canto gregoriano.erano però molto simili a quelli degli inni e delle sequenze religiose.

La Lauda è una forma di poesia prodotta dal popolo umile italiano, spin-to dall'ardore religioso. Essa è la forma popolare di canto sacro, distinta da quellachiesastica, pur movendo da essa. E' il canto della plebe, la quale vuol lodare Dioed i santi, ma non con inni latini. che ormai non intende più; bensì in volgare.

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talchè presto la lauda assume la forma dominante drammatica. Le Scuole deiLaudesi, che eran nate a Firenze, sul finire del XII secolo, erano costituite daartigiani che ogni sabato si riunivano in una chiesa, e lì cantavano 5 o 6 laudea quattro voci, mutando cantori ad ogni landa; dopo di che, mentre suonaval'organo, a chiusura della festa si scopriva una madonna.

* * *

I canti ad una voce che Dante vuol farci sentire, risentiranno dell'una ma-niera o dell'altra, a seconda del loro carattere e della persona che canta. D'ispi-razione chiesastica, se non addirittura gregoriano, nel modo del Praefatio, dovevaessere il canto ad una voce sola di Giustiniano:

« Hosaniza. sanctus Deus sabaoth,

superillustrans claritate tua

felices ignes lzorum malacoth ».

Così volgendosi alla nota suafu viso a me cantare essa sustanza.

Par. VII, 1-5

e dello stesso carattere dové essere quello di S. Pietro, che si stacca dalla corte deiBeati danzanti, e per 3 volte gira cantando intorno a Beatrice:

e tre fiate intorno a Beatricesi volse, con un canto tanto divoche la mia fantasia non mi ridice.

Par. XXIV, 22-24

a meno che nel Paradiso egli non pensasse ad una musica sovrannaturale chetrascendesse temi e forme umani, fossero pur queste chiesastiche; e che egli, perciò che non era costretto a tradurre in notazioni musicali, era pienamente liberodi immaginare come l'alta sua fantasia gli dettava.

Carattere certamente opposto doveva avere il canto della Sirena:

Poi ch'ella avea '1 parlar così discioltocominciava a cantar sì che con penada lei avrei mio intento rivolto.

« Io son » cantava, « io son dolce sirenache i marinari in mezzo mar dismago,tanto son di piacer a sentir piena.

Io volsi Ulisse del suo cammin vagoal canto mio; e qual meco si ansarado sen parte, sì tutto l'appago ».

I'urg. XIX, 16-24

Di carattere trovatorico e quasi madrigalesco era il canto di Lia:

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giovane e bella in sonno mi parca

donna vedere andar per una landacogliendo fiori, e cantando dicea:

« Sappia qualunque il mio nome dimanda

ch'io mi son Lia e vo movendo intorno

le belle mani a farmi una ghirlanda.

Per piacermi a lo specchio qui m'adorno,ma mia suora Rachel mai non si smalta

dal suo miraglio e siede tutto il giorno.

H l'è de' suoi begli occhi veder vagacom'io de l'adornarmi con le mani:

lei lo vedere e me l'oprare appaga ».Purg. XXVII. 97-103

Lia, simbolo della vita attiva, è l'annunciatrice di Matelda, la

donna soletta che si gìa

cantando e scegliendo fior da fiore

ond'era pinta tutta la sua via.Purg. XXVIII, 40-42

e certo questo canto di Matelda non doveva essere diverso da quello di Lia;

e fece i prieghi miei esser contenti

sì appressando sé, che il dolce suonoveniva a me co' suoi intendimenti.

id. 58-60

Il poeta ha saputo trarre ineffabili effetti dai soavi canti delle donne avvi-cendati a quelli degli uomini. Così sentiamo Piccarda Donati che intona l'AveMaria. La melodia era certamente gregoriana, ché se per gli altri canti Dantepoteva pensare a temi extra-ecclesiastici, per il saluto angelico esisteva già lamelodia: quella gregoriana; né era invalso ancora l'uso di trovare nuovi temi

e nuove musiche per questo saluto e per le altri comuni antifone, quali l'AlmaRedemptoris Mater o l'Ave Regina Coelorttm o la Salve Regina, che chiudonoil compieta, l'ultima parte dell'ufficio divino.

Ma iniziato il canto, Piccarda si allontana; e con essa si allontana e vanisceil canto:

Così parlommi, e poi cominciò AveMaria cantando, e cantando vanio,come per acqua cupa cosa grave.

Par. III, 121-23

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L'effetto dell'allontanarsi e del dileguare del canto è reso magistralmente e

con la similitudine del grave che affonda in acqua cupa, e dal movimento, dagliaccenti e dall'armonia imitativa che ne risulta.

Nel passaggio da un girone ad un altro del Purgatorio, un angelo gli cancel-la dalla fronte uno dei 7 P segnatigli dall'angelo portiere, e canta a solo una del,-le 7 beatitudini evangeliche. Così vediamo che la musica interviene alle successi-ve purificazioni e presiede all'ascesa progressiva verso il Paradiso terrestre, allepurificazione finale e all'ascensione verso la perfezione e l'ideale supremo.

* * *

Maggiore effetto intende conseguire quando sposa il canto ad una voce con ilcoro. Di questa maniera abbiamo un esempio pieno di dolcezza incomparabile alfinir del giorno, nella Valletta dei Principi.

Cade la sera; quella sera descritta con quei versi di risonanza universale epieni di tanto sentimento da aver la possanza di farci risalire dal fondo dell'animala malinconia caratteristica dell'ora tutte le volte che li ascoltiamo:

Era già Fora che volge il disioParg. VIII, 1

Il Poeta rimane assorto a mirare una di quelle anime che, in piedi, con lepalme levate verso l'oriente, intona il famoso inno che la comune tradizione at-tribuisce a S. Ambrogio, e che viene cantato al cader della sera, nel Compieta. Maquell'anima canta solo le prime note; il resto viene cantato in coro da tutte le

altre anime:

Te lucis ante sì devotamentele uscio di bocca e con sì dolci noteche fece me a me uscir di mente.

E l'altre poi dolcemente e devoteseguitar lei per tutto l'inno interoavendo gli occhi a le superne rote.

id. 13-18

Egli possedeva una sensibilità superlativa per la musica giungendo ad esta-siarsi a tal canto della sera; e certo si rievocavano in lui i tratti ed i vocalizzi

giubilatori di alcuni alleluia, che egli aveva seguito con l'anima sospesa ripercuo-

tersi entro le volte delle chiese. E di qui son nati molti dei suoi versi pieni di

musica e di echi, quali il meraviglioso

la rivestita carne alleluiando

che egli ha posto ín quel XXX. Canto del Purgatorio, nel quale ci fa assistere alla

esecuzione di una vera e propria cantata per solo e due cori, mirabile saluto musica-

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le alla mistica Donna vestita di virtù, adorna di che .,•01‘) col Su" "111"1-

vire gli avrebbe fatto conoscere « veteris vestigia flammae ».

Altro esempio meraviglioso di a solo con coro si ha quando, con mirabile in-

venzione, immagina che perpetuamente si rinnovi il saluto dell'Arcangelo Gabrie-

le alla Vergine, con l'a►nuncio che esso contiene. Gabriele intona Ave Maria e

tutta la corte celeste seguila in coro il saluto:

E quell'amor che primo lì discese

cantando Ave Maria gratia pienadinanzi a lei le sue ali distese.

Rispose a la divina cantilenada tutte parti la beata corte

sì ch'ogni vista sen fe' più serena.Par. XXXII, 94-99

E molti altri esempi del genere si potrebbero citare.Di cori all'unisono un esempio è il canto delle anime traghettate dal cele-

stial nocchiero; il canto della liberazione:

In exsitu Israel de Aegyptocantavan tutti insieme ad una voce

Purg. 46-47

.J poiché nulla fa pensare il contrario, all'unisono dovettero essere i canti delledue corone degli spiriti beati: dei dottori in filosofia e teologia:

Lì si cantò non Bacco, non Peana

ma tre persone in divina naturaed in una persona essa e l'umana.

Par. XIII, 25-27

quello dei giusti scintillanti per ardore di carità:

però che tutte quelle vive luci

vie più lucendo, cominciaron canti

da mia memoria labili e caduci

Par. XX, 10-12

Pur all'unisono, ma a riprese alterne, come una salmodia, è quello delle ani-me che andavano

cantando Miserere verso a verso

Purg. V, 24

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e quello delle tre donne che simboleggiano le virtù teologali e delle quattro sim-boleggianti le virtù cardinali:

Deus, venerunt gentes, alternandoor tre or quattro dolce salmodia,

le donne incominciaro, e lacrimando.Purg. XXXIII, 1-3

Ma se i cori all'unisono, e i cori alternantisi, e quelli rispondenti alle pro-poste di un solo cantore trovano in Dante l'ascoltatore avido e raccolto, e il de-

scrittore sensibile e commosso, capace di richiamare la dolcezza dei canti solo conla dolcezza del suo dire:

Pure Agnus Dei eran le loro esordia;

una parola in tutte era ed un modo,sì che parea tra esse ogni concordia.

Purg. XVI, 19-21

quale chiarezza di esposizione raggiunge, quale profondità di emozione tradisce,quanta conoscenza della teoria dimostra quando ci parla dei cori a più voci!

Basterebbe. per tutte, una terzina sola, dove l'anima che sente, il poeta checanta. il musico che intende si eguagliano per altezza:

E come in fiamma favilla si vedee come in voce voce si discernequand'una è ferma e l'altra va e riede,

Par. VIII, 16-18

Negli ultimi due versi Dante dà la definizione precisa di quella forma corale li-turgica che allora si chiamava diaphonia basilica:

Diaphonia... basilica est modus canendi duobus modis

melodiam, ita quod unus teneat continue notam Ultant,

quae est quasi basis cantus alterius concinentis: alter

vero socius tantum incipit vel in dia pente vel in diapa-

son, quandoque ascendens quandoque discendens, itaquod in pausa concordet aliquo modo cum eo qui busin

observat ».

Troviamo poi ai tempi di Dante che il distacco nel quale, a differenza del-

l'antica diafonia, le parti si movevano anche per moto contrario, acquista ali resi

il moto obliquo, venendo così a possedere quasi tutti gli clementi di quella forma,

che consistendo nell'arte di far concordare nota contro nota (punctum contra

punctum) prese il nome che ancora gli resta di contra ' ,punto. Ce ne fa fede Dan-

te medesimo; il quale mostrandosi anche questa volta 1 . ■ )r ni t o di esatte cognizioni

tecniche, e quasi anticipando la definizione che del moto obliquo danno i mode r-

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ni teorici ( che tale lo dicono quando uno dei suoni sta fermo mentre l'altro ascen-de e discende ) ne trae motivo per la stupenda comparazione che abbiamo vista:

e come in voce voce si discernequand'una è ferma e l'altra va e riede.

Proprio ai tempi dì Dante la teoria fa notevoli progressi, specie per opera dí

Marchetto da Padova.-Ma a quale delle forme, di cui si veste l'arte musicale, non pensa il Poeta?

Egli non limita i suoi canti alla forma più semplice: all'unisono, sía pure alter-nato; onde poter conseguire maggior effetto fa ricorso alla polifonia vocale, pre-sentendo ed intravedendo con la divinazione del genio svolgimenti ulteriori del-

le forme allora note.La vetta della musica polifonica si ha con Pier Luigi Sante da Palestrina,

vissuto in pieno Rinascimento. Ma se per la musica liturgica egli fu il purificato-re, conferendole purezza, nobiltà, elevatezza d'ispirazione e rendendola degna diessere eseguita nella casa di Dio ad elevazione ed edificazione delle anime fedeli;per la musica in genere fu il grande, il più grande polifonista, il genio, la mi-niera inesauribile di temi musicali, cui poi, consciamente od inconsciamente han-no attinto musicisti posteriori anche grandi. I lamenti di Amfortas nel Parsifal diW-agner sono tutti irrorati dalle lacrime così pietose, così divinamente confortan-ti che stillano dal motetto Peccantem me cotidie del Palestrina.

Ma il Palestrina nacque 193 anni dopo la morte di Dante, perciò la polifo-nia del Divino Poeta non va intesa nel senso palestriniano, per cui Pier Luigiè reputato sommo e desta altissima ammirazione.

La polifonia al tempo di Dante non era agli inizi, perché i primi vagiti ri-salgono fino all'800, ché il benedettino Ucbaldo (840-930) nelle sue opere teori-che musicali, parla dell'organum come di cosa già conosciuta; tuttavia aveva aspet-i rudimentali. Le forme di polifonia del tempo erano il bordone, l'organum, il di-scanto.

Il bordone consisteva nello svolgere la melodia su un basso che era al centroo al termine della scala. Ancor oggi nei canti corali ci sono di quelli che manten-gono una nota bassa, variandola all'occorenza di poco; e nell'organo compionotale funzione i cosidetti pedali, mentre nelle cornamuse una o due canne. cheemettono sempre la stessa nota, compiono la funzione del bordone.

L'organum consisteva in ciò, che mentre alcuni eseguivano la melodia, altricominciavano a cantare all'unisono; ma durante l'esecuzione se ne allontanavanocantando parallelamente al cantus firmus con note distanti da quelle di 4 o 5 od8 toni, ossia con intervalli di quarta, di quinta o di ottava, per poi finire ancoraall'unisono. Questo era il vecchio organum. Il nuovo organum, meno barbaro, sor-to posteriormente, introduceva altri intervalli, oltre ai suddetti, esclusa la terza chesi riteneva fosse dissonante.

Il discanto era un canto pure a 2 voci, in cui una, il tenore (da tenere) tene-va il canto fermo; al disopra di questa, l'altra, il discanto, cantava all'unisono,

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,sostituendo a volte all'unisono, fioriture melismatiche di libera invenzione; oppurementre cantava all'unisono, sostituiva un movimento vario della voce, in modoche dove il cantus firmus saliva, il discanto discendeva e viceversa, producendoin tal maniera il cosidetto moto obliquo.

Alla prima forma di armonia allude Dante chiaramente quando nel Paradisoterrestre dice che lo stormir delle fronde faceva bordone al canto degli uccelli. Eva-dendo dalla musica liturgica per avvicinarsi, attraverso quella della natura alla pro-fana, egli ci offre un fiore splendido da cogliere nelle aiuole musicali che allieta-no e profumano l'immenso suo giardino:

non però dal lor essere dritte spartetanto, che gli augelletti per le cimelasciasser d'operare ogni lor arte;

ma con piena letizia l'ore primecantando, riceveano intra le foglieche tenevan bordone a le sue rime.

Purg. XXVIII. 13-18

Qui il senso delle proporzioni e dell'equilibrio orchestrale, la scelta delle ar-monie e dei timbri, il sentimento musicale della natura sono squisiti. Ché se ilfalso-bordone era nel medioevo una varietà di diafonia nella quale come si è dettoun suono basso (vocale o strumentale) accompagnava alla terza o alla quinta infe-riore il canto fermo; e bordone era la più grossa e più grave canna della cornamu-sa, ecco che Dante ricrea questa forma in un registro insolito: l'acuto; con voci

insolite; quelle degli uccelletti e delle foglie, e trova (poeta e musicista insieme)che a cantar di uccelletti solo cantar di foglie (più grave, ma sempre.. soprale righe) può armonizzarsi e fondersi e accompagnarsi in dolce concerto.

Abbiam detto che il discanto portava naturalmente che una voce si contrap-ponesse all'altra; si aveva così il notam contra notam o puctunz contra puctum; e

certamente Dante pensava a questa combinanazione armonica delle voci, quandonella sfera del Sole, dice di aver visto:

la gloriosa rotamoversi e render voce a voce, in tempraed in dolcezza ch'esser non può nota

se non colà dove il gioir s'insempra.Par. X, 145-'fl

E il ricorrere e il ripetersi dí queste formule, di questi che oggi si direbbero

temi, sempre riconoscibili anche fra i vocalizzi e gli ornamenti di cui è ricco

il canto monodico gregoriano, non sarà sfuggito all'orecchio attento del Poeta, e

glí sarà sembrato una delle tante prove dell'ordine ' minimi() che regge e governo

quest'arte che ín Pitagora ha trovato il suo primo legislatore, e in Platone e il,

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A risi olele e in notaio e in S. Tommaso illustrator e studiosi non solo nell'or-

dine speculativo, ma anche in quello morale.

Ma ad un punto la sua ardita fantasia lo porta a precorrere í tempi e a

superare col pensiero i più grandi polifonisti, coll'immaginare un coro caratte-

ristico e pieno di solenne grandiosità: un canto a 9 voci, un coro celestiale che

sino allora nessun contrappuntista o polifonista aveva saputo immaginare e scri-

vere, presentendo l'avvento di quelle colossali creazioni polifoniche che dovranno

rappresentare più tardi l'apogeo della musica sacra cristiana. Egli ode « osannar

di coro in coro » le tre gerarchie angeliche, ciascuna composta di 3 ordini celesti,

quindi di 3 cori, e ciascuna gerarchia

perpetualemente « Osanna » sverna

con tre melode, che suonano in tree

ordini di letizia onde s'interna.Pur. XXVIII, 118-20

In tal modo si ha un'immane coro in cui mirabilmentte si sposano le vocidei nove ordini angelici, ciascuno cantante una diversa melodia. e queste armo-nizzano e si fondono meravigliosamente fra loro, in modo da costituire una gi-gantesca polifonia a nove voci. Egli ha concepito una immane creazione polifo-nica sul tipo di quelle che dovranno più tardi scaturire dalla mente di un Pale-

strina, di un l3ach, di un Hàndel e che per la grandiosità delle concezione, perl'equilibrio delle parti, per l'elevatezza dell'ispirazione dovranno segnare l'apogeodella musica sacra e profana.

Preso fra la luce e il suono, Dante si esalta e commuove al suono più chealla luce:

Io vidi più fulgor vivi e vincenti

far di noi centro e di sé far corona

più dolci in voce che in vista lucenti:

Par. X, 64-65

Canzone diviene sulle labbra di Matelda la storia del Paradiso Terrestre;cantano nel Paradiso principi, re, imperatori; anche quelli dei più lontani secoli;

cantano i profeti e gli apostoli; le virtù cardinali, e fra le teologali, la Carità che

è sentimento, come la musica è sentimento. E più si sale nei cieli, e più sublimidiventano i canti. e gli inni, e più ineffabili diventano le bellezze. Fino a chequando tutto il Paradiso — tutto il Paradiso! — canta gloria al suo creatore, un

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torrente di gioia sembra invadere l'animo del Poeta, ed invade e distempeTa inuna infinita dolcezza gioiosa l'animo nostro:

Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo

cominciò Gloria tutto il Paradiso,

sì che m'inebriava il dolce canto.

Ciò ch'io vedeva mi sembrava un riso

de l'universo, perché mia ebbrezza

entrava per l'udire e per lo viso.Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!

oh vita intera d'amore e di pace!

oh sanza brama sicura ricchezza!Par. XXVII, 1-9

A volte sembra che il solo canto sia inadeguato allo scopo, per cui egli

rinnova la funzione sacra che avevano le danze nell'antichità, quando sulle duecolline di Sion ed Ophel di Gerusalemme, cori di fanciulle accompagnavano con

la danza il canto dei salmi del re David; e sovente fa accompagnare i canti con

le danze.E danzando. le donne che simboleggiano le Virtù, fiancheggiano il carro

trionfale della Chiesa: le tre Virtù Teologali accanto alla ruota destra, le quattro

Cardinali accanto alla sinistra:

Tre donne in giro da la destra rota

venian danzando:

Da la sinistra quattro facean festa

E fra canti e danze scende Beatrice dal cielo:

sotto verde manto

vestita del color di fiamma viva.Purg. XXX, 32-33

Così la musica e la danza si uniscono festanti nella grandiosità solenne della

scena per preludiare all'apparizione della donna sublime, alla discesa della donna

divina, la quale amata sulla Terra e venerata nel Cielo, è il termine fisso del-

l'alto pensiero del Poeta.Egli, introducendo la musica nel suo Divino Poema, a conforto delle anime

penitenti nel regno della purificazione, e ad esultazione di quelle beate nel regno

della gloria, ne ha consacrato l'essenza divina nel suo poema immortale.

BENIAMINO ANDRIANI

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