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Umberto Roberto LA MEMORIA INQUIETANTE DEL TIRANNO: LA MANCANZA DI CASTITÀISOPHROSYNE DI OTTAVIANO AUGUSTO NEL DIBATTITO POLITICO TARDOANTICO Nella storiografia tardoantica la memoria di Ottaviano Augusto viene rielaborata come utile strumento per definjre uno speculum principis, che è specchio di aspira- zioni e attese politiche, o di critica a regimi poco virtuosi. Non sempre si tratta di una memoria positiva; al contrario, dipende dal punto di vista politico di chi scrive; per questa ragione il governo di Ottaviano Augusto diviene talora immagine dei rischi di una monarchia non temperata, che può drammaticamente degenerare in tirannia. Nella tradizione classica tra i segni più odiosi del tiranno v'è la sua senata inclinazione alle passioni e ai piaceri, soprattutto quelli sessuali. Il tiranno non abusa solo di ver- gini e giovani donne, ma anche delle mogli dei suoi avversari. La virtù della castità (sophrosyne) è drasticamente negata dal suo comportamento, che è invece dominato dalla hybris. Ancora in età tardoantica si considera questo atteggiamento come una conseguenza necessaria della natura di ogni tiranno. In particolare, nella storiografia dell'Oriente romano si rileva la tendenza a sottolineare il valore della castità come virtù politica che esprime civiltà e superiorità culturale e garantisce, quindi, rettitu- dine nell'azione di coloro che hanno il potere e lo gestiscono. Gli abusi di Ottaviano Augusto rappresentano per una parte della storiografia la conferma della sua indole tirannica: per introdune questa indagine è necessaria una veloce premessa sui canali, talora contrapposti, che trasmettono la memoria del personaggio in epoca tardoimpe- riale e poi bizantina 1 1. In ambito cristiano, come noto, esiste una visione provvidenzialistica di Ottaviano Augusto e della sua azione. Nella cronaca e nel pensiero storico cristiano, fin dalle origini, l'interpretazione della monarchia di Augusto è condizionata dalla sincro- nia testimoniata in Luca 2, 1: «In quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto per fare il censimento di tutto l'impero». Sono i giorni nei quali, secondo la scrittura cristiana, Giuseppe si mette in viaggio verso Betlemme, nonostante la gravidanza avanzata di Maria. Per i cristiani, il regno di Augusto è lo spazio fisico e temporale nel quale, per volontà della divina provvidenza, avviene l'epinia del Cristo Salvatore nella storia dell'umanità. Il giudizio in chiave provvidenziale sulla personalità di Augusto è testimo- niato già nel pensiero di Melitone di Sardi, che nella sua Apologia (databile intoo al 176) giustificava la fondazione del principato come condizione necessaria alla missione Sull'evoluzione del concetto di sophrosyne nel pensiero greco cfr. NORTH 1966; più recentemente anche RADEMAKER 2005. Sull'immagine di Augusto nella storiografia tardoantica c. pure il contributo di R. Bratoz in questo stesso volume. 123

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Umberto Roberto

LA MEMORIA INQUIETANTE DEL TIRANNO: LA MANCANZA DI CASTITÀISOPHROSYNE DI OTTAVIANO AUGUSTO NEL DIBATTITO POLITICO TARDOANTICO

Nella storiografia tardoantica la memoria di Ottaviano Augusto viene rielaborata come utile strumento per definjre uno speculum principis, che è specchio di aspira­zioni e attese politiche, o di critica a regimi poco virtuosi. Non sempre si tratta di una memoria positiva; al contrario, dipende dal punto di vista politico di chi scrive; per questa ragione il governo di Ottaviano Augusto diviene talora immagine dei rischi di una monarchia non temperata, che può drammaticamente degenerare in tirannia. Nella tradizione classica tra i segni più odiosi del tiranno v'è la sua sfrenata inclinazione alle passioni e ai piaceri, soprattutto quelli sessuali. Il tiranno non abusa solo di ver­gini e giovani donne, ma anche delle mogli dei suoi avversari. La virtù della castità (sophrosyne) è drasticamente negata dal suo comportamento, che è invece dominato dalla hybris. Ancora in età tardoantica si considera questo atteggiamento come una conseguenza necessaria della natura di ogni tiranno. In particolare, nella storiografia dell'Oriente romano si rileva la tendenza a sottolineare il valore della castità come virtù politica che esprime civiltà e superiorità culturale e garantisce, quindi, rettitu­dine nell'azione di coloro che hanno il potere e lo gestiscono. Gli abusi di Ottaviano Augusto rappresentano per una parte della storiografia la conferma della sua indole tirannica: per introdune questa indagine è necessaria una veloce premessa sui canali, talora contrapposti, che trasmettono la memoria del personaggio in epoca tardoimpe­riale e poi bizantina 1

1. In ambito cristiano, come noto, esiste una visione provvidenzialistica diOttaviano Augusto e della sua azione. Nella cronaca e nel pensiero storico cristiano, fin dalle origini, l'interpretazione della monarchia di Augusto è condizionata dalla sincro­nia testimoniata in Luca 2, 1: «In quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto per fare il censimento di tutto l'impero». Sono i giorni nei quali, secondo la scrittura cristiana, Giuseppe si mette in viaggio verso Betlemme, nonostante la gravidanza avanzata di Maria. Per i cristiani, il regno di Augusto è lo spazio fisico e temporale nel quale, per volontà della divina provvidenza, avviene l'epifania del Cristo Salvatore nella storia dell'umanità. Il giudizio in chiave provvidenziale sulla personalità di Augusto è testimo­niato già nel pensiero di Melitone di Sardi, che nella sua Apologia (databile intorno al 176) giustificava la fondazione del principato come condizione necessaria alla missione

Sull'evoluzione del concetto di sophrosyne nel pensiero greco cfr. NORTH 1966; più recentemente anche RADEMAKER 2005. Sull'immagine di Augusto nella storiografia tardoantica cfr. pure il contributo di R. Bratoz in questo stesso volume.

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UMBERTO ROBERTO

del Cristo 2• Questa v1s1one appare poi pienamente sviluppata nelle Chronographiae

di Sesto Giulio Africano, la prima cronaca universale cristiana conclusa nel 221. Africano è una personalità complessa: orgoglioso cittadino romano della colonia Aelia Capitolina, intellettuale greco della Seconda Sofistica, cristiano e primo autore di una interpretazione universale della storia in chiave cristiana. La sua rappresentazione di Augusto è complessa, ma in piena sintonia con la sua originale visione. Per volontà divina l'epifania del Cristo avviene sotto il regno di Augusto che, nella fitta trama di sincronismi realizzati da Africano, è anche il momento in cui la provvidenza concede ai Romani l'egemonia mondiale, attraverso la translatio imperii dall'ultima dei Macedoni, Cleopatra, ad Augusto stesso. Si realizza in questo modo la pace, che è la condizione necessaria all'incarnazione del Cristo 3• L'idea è sviluppata pure da Ippolito (In Dan. IV, 9, 2), da Origene (Contra Celsum II, 30) e confluisce poi nella storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea (I, 2, 23; ma cf. pure PE I, 4, 2-3; III, 7, 31); e sul versante latino in Orosio, con la suggestiva "invenzione" di Cristo cittadino romano 4

.

In un'epoca successiva, a conferma dell'interpretazione provvidenzialistica del regno di Augusto, interviene anche l'inserimento del principe come protagonista di esperienze teosofiche. Si tratta di uno sviluppo molto significativo del rapporto tra visione storica cristiana e sapienza pagana in età tardoantica. I primi cristiani che scris­sero di storia cercarono di spiegare i miti pagani attraverso una visione evemeristica e, comunque, razionalizzante. Trascorsa la temperie apologetica, la storiografia cristiana si orientò a nuove forme di mediazione/assimilazione della cultura antica. Nel corso del V secolo, si moltiplicano le informazioni su filosofi, saggi o grandi personaggi dell'antichità - comunque pagani - ai quali la provvidenza divina avrebbe concesso di conoscere con anticipo l'incarnazione e la missione salvatrice del Cristo. Per i sin­cronismi presenti nella scrittura l'età di Augusto si rivelò subito come epoca di grande fascino e interesse. Se ne percepisce l'importanza già con Costantino, che nella sua Oratio ad sanctorum coetum (19-21) aveva affermato le capacità di intuizione del poeta Virgilio, attribuendo alla profezia della quarta ecloga un valore, appunto, teosofico 5•

2 Cfr. il passo di Melitone in Eus. HE IV, 26, 7-8. Per lo sviluppo della visione provvidenziale del ruolo di Augusto nella storia (Augustustheo/ogie) cfr. KLEJN 2000.

3 Fondamentale per il sincronismo tra incarnazione di Cristo e ascesa di Augusto all'egemonia mondiale lui. Afr. Chron. fr. 15, 9-14; importante anche fr. 89, per la vittoria di Augusto su Cleopatra (per i frammenti delle Chronographiae cfr. WALLRAFF, ROBERTO 2007). Sul ruolo di Augusto in Africano cfr. pure ROBERTO 20 I 1, pp. 107-135.

4 Cfr. Oros. VI, 22, 5 e 7-8 «lgitur eo tempore, id est eo anno quo firmissimam verissimamque pacem ordinatione Dei Caesar conposuit, natus est Christus, cuius adventui pax ista famulata est[ ... ]. Haec est prima i/la clarissimaque professio, quae Caesarem omnium principem Romanosque rerum dominos singillatim cunctorum hominum edita adscriptione signavit, in qua se et ipse, qui cunctos homines fecit, inveniri hominem adscribique inter homines voluit: quodpenitus numquam. ab Orbe condito atque ab exordio generis humani in lume modwn ne Baby/on.io quidem ve/ Macedonico, ut non. dicam minori cuiquam regno concessum Juit. Nec dubium, quin omnium cognitioni jidei inspectionique pateat, quia Dominus noster lesus Christus hanc urbem nutu suo auctam defensamque in hunc rerum apicem provexerit, cuius potissime voluit esse cum ve nit, dicendus utique ci vis Romanus census professione Romani». Cfr. lo sviluppo del tema pure nella Cronaca di Giorgio Monaco (IX secolo), p. 298, 1-4 Bekker.

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5 Cfr. in generale CRISTOFOLI 2005.

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In un periodo tra V e VI secolo, queste capacità vengono direttamente riconosciute ad Augusto. Giovanni Malala, autore di una cronaca universale cristiana (Chronographia,in diciotto libri) in età giustinianea, ricorda la vicenda di Augusto e la Pizia (X, 5). Malala afferma di attingere la notizia dal cronografo Timoteo. L'imperatore chiese alla Pizia chi sarebbe diventato imperatore di Roma dopo la sua morte. Dopo alcuni tenta­tivi, l'oracolo finalmente rispose:

'O M Auyouowç Ka(oaQ 'Ox:wou'i,avòç np vE' ETH i;f]ç BamÀ.daç aùwù µrivì, òxi;wBQ(q:> i;cp xaì, ÙJtEQBEQEw(cp àm1À8Ev dç i;ò µavi;Eiov· xaì, JtoLf]oaç Èxm6µB11v 8uo(av ÈJTilQWT'Y]OEV· «i;(ç µti;' ÈµÈ BaoLÀ.E'lJOEL i;f]ç 'Pwµcùxf]ç JtOÀ.Lcdaç;» xaì, oùx tM8ri aùi;cp C(JtOXQLOLç ÈX i;f]ç Ilu8(aç. xaì, JtUÀ.LV ÈJtOl'Y]OEV Ò.À.À.'Y]V 8uo(av, xaì, ÈJTilQWT'Y]OEV Tl']V Ilu8(av i;ò òLà i;( oùx tM8ri aùi;cp àn6xQLOLç, àÀ.À.à myq. i;ò µavi;Eiov. xaì, ÈQQÈ811 aùniJ ànò i;f]ç Ilu8(aç i;aùi;a· Ilaiç 'EBQaioç xÈÀ.Ei;a( µE 8Eòç µaxaQWOLv àvaoowv Ii;6v6E Mµov JtQOÀ.LJtEiV xaì, i\i,òoç a'iJSLç lxfo8m / À.OLJtÒV à.m8L ÈX JtQ6µwv 1lµETÈQWV.

«Augusto Cesare Ottaviano nel suo cinquantesimo anno di regno, nel mese di ottobre (iperbereteo), si recò presso l'oracolo. Fece un sacrificio e chiese: «Chi regnerà dopo di me sullo stato romano?». La Pizia non gli diede responso. Allora fece di nuovo un altro sacrificio e di nuovo chiese alla Pizia per quale ragione non gli desse risposta, ma l'oracolo tacque. Questo fu di nuovo interrogato, e dalla Pizia vennero queste parole: «Un bambino ebreo, dio signore dei beati, mi ordina di lasciare questa dimora e di raggiungere di nuovo l'Ade. Allontanati, dunque, da chi ci governa».

Nel seguito del suo racconto Maiala afferma che Augusto, tornato a Roma, fece innalzare un grande altare ove era incisa la dedica: "questo è l'altare del dio primoge­nito" 6

• Il passo di Giovanni Malala X, 6 che segue alla rappresentazione teosofica di Augusto è di grande interesse:

'O òè aùi;òç Ka(oag 'Oxwou'i,avòç v6oq.i BÀ.118dç Èv i;f] 'Pwµn ÈTEÀE�T'Y]OEv, yÈQwv wv ti;&v oE', à.nmç xaì, owcpQovf]oaç ànò owµauxf]ç aµagi;(aç. i]v yàQ

µuouxòç <XQXLEQE'Ùç xaì, BaoLÀ.Euç.

«Lo stesso Cesare Ottaviano colpito da malattia morì a Roma, all'età di 75 anni, senza figli e dopo aver vissuto in castità lontano dai peccati della carne. Era infatti un ispirato supremo sacerdote e imperatore».

Lo sviluppo tardoantico della cosiddetta Augustustheologie raggiunge in questa rappresentazione uno dei suoi vertici. In Malala, che inaugura un modello di cele­brazione poi consolidatosi in una parte della successiva storiografia e cronachistica bizantina, Augusto diviene simbolo dell'imperatore cristiano, archiereus e basileus; la sua condizione è garantita dalla grazia divina (charisma) e si manifesta attraverso virtù politiche come la castità, am<pgoauvri. Fin dalle epoche più antiche, Malala attribuisce

6 Cfr. sul tema MECELLA 2013. Sugli interessi di teosofia in Maiala e nella cronaca universalecristiana cfr. ROBERTO c.s.

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la virtù della sophrosyne!castità ai personaggi che diffusero la sapienza tra le genti e ordinarono il mondo con leggi equilibrate. È questo il caso di Efesto, tra gli Egiziani (I, 15); e di Cecrope, tra gli Ateniesi (IV, 5). Sul solco di questi due grandi personaggi è Augusto, che nella sua epoca svolge la stessa missione di civiltà diffondendo la pace tra gli uomini e favorendo l'incarnazione del Cristo. Torneremo su questo importan­te riferimento alla castità e sulla simbologia politica di Augusto come �amÀEuç in Giovanni Maiala 7.

2. Al polo opposto rispetto alla celebrazione cristiana della missione di Augustosi sviluppa in età tardoantica un diverso filone di interpretazione. Si tratta, come dice­vamo, di una visione che accentua negativamente il ruolo di Ottaviano Augusto nella drammatica transizione dall'ordinamento repubblicano al principato. Gli autori di età tardoantica sviluppano un dibattito già presente nella storiografia imperiale, che, per il versante greco, trova un riferimento fondamentale nell'opera di Cassio Dione. Un significativo esempio dell'ambivalente giudizio degli storici tardoantichi su Augusto è nella Storia nuova di Zosimo, composta tra fine V e inizio VI secolo. La presentazione del principato augusteo offre l'occasione per una famosa digressione antimonarchica. Compendiando il significato dell'ascesa di Augusto, Zosimo (I, 5, 2) afferma:

[ ... ] i:i']ç àgLoi:oxga,:(aç à<pɵEVOL µ6vagxov 'Ox,:a�Lavòv EiAov,:o, xal i:fl ,:ou,:ou yvwµn i:riv rcaoav 6w(x11mv ÉrtL1:QÉ'llJavn:ç eì-.a0ov foui:o'Ùç xu�ov àvagg(1pavi:cç Ércl i:aiç rca.v,:wv àv0gwrcwv ÉÀ.rc(mv xal Évòç àvògòç ògµf] i:c xal è1.;ouo(çt ,:ooau1:11ç àgxi']ç xa,:arcwi:cuoavn:ç x(vòuvov.

«(I Romani) abbandonarono il regime aristocratico e scelsero Ottaviano come monar­ca; e cedendo alla sua volontà l'intero governo, senza averne consapevolezza, decisero con un colpo di dadi delle speranze di tutti gli uomini e consegnarono alla decisione e al potere di un solo uomo i rischi di un impero tanto grande».

In un più generale contesto di critica al regime monarchico, questo passo con­sidera il passaggio dal governo repubblicano alla monarchia di Augusto come segno di degenerazione dell'intero sistema politico romano 8. È interessante segnalare che, dopo la sua "tirata", Zosimo (I, 6, 1) indichi come segno della negatività di Ottaviano Augusto l'introduzione della pantomima nel suo regno:

Sul concetto di castità!sophrosyne in Maiala cfr. SCOTT 1990. Su Augusto come rex et sacerdos cfMECELLA 2013, pp. 355-356. Su Maiala e il ruolo fondamentale della sua Chronographia cfr. JEFFREYS 2003; MEIER, THURN 2009. Il sincronismo tra l'incarnazione di Cristo e il regno di Augusto è posto a cesura tra le due parti della Chronographia, tra il libro IX e il libro X. Sulla rappresentazione di Augusto come strumento della provvidenza divina nelle opere di Giorgio Monaco, Simeone Logoteta, Giorgio Cedreno,

Michele Gl ica, Costantino Manasse, Giovanni Zonara cfr. CONCA 2012, pp. 95-100 e pp. l 04- l 05; MECELLA 2013, pp. 369-370.

8 Sul passo cfr. PASCHOUD 1975, pp. 1-23 ("La digression antùnonarchique du préambule del'Histoire Nouvelle"); MAZZA 1997; PASCHOUD 2000, pp. 132-133; CONCA 2012, pp. 91-95.

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LA MEMORIA INQUIETANTE DEL TIRANNO: LA MANCANZA DI CASTITÀ!SOPHROSYNE DI OTTAVIANO

Kal OTL Taiha winov EXEL TÒv TQOJtov, aimì oacpwç; ECÌELSE TWV i::x�E�11x6T(!)V iJ nciga xal nì i::ù8ùç; ouµnrn6vm xmèt TlÌV 'OxTa�Lavoù �aOLÀE(av· f] TE yètg JtaVTOµLµoç; ogx11mç; i::v Ì::XELVOLç; dof]x811 wiç; XQOVOLç;, OUJt(ù JtQOl:EQOV O'iJOa, IluÀaòolJ xal Ba8uÀÀ01J JtQWT(!)V fflJTf]V µETEÀ86VT(!)V, xal JtQOOÉ'tL YE ETEga JtOÀÀWV afoa yi::yov6m µÉXQL wùòE xaxwv.

«E che le cose stiano in questo modo, lo hanno dimostrato chiaramente la stessa esperienza delle cose che ne derivarono e quanto avvenne subito dopo, sotto il regno di Ottaviano. E infatti la danza pantomima fu introdotta in quei tempi, mentre prima era del tutto sconosciuta; ad essa si dedicarono per primi Pilade e Batillo; e altre ancora furono le cause di molti mali fino ad oggi».

Il segno più evidente della decadenza provocata dall'avvento al potere di Ottaviano Augusto fu, a giudicare da Zosimo, l'introduzione della danza pantomima. Si tratta di un'affermazione che va contestualizzata, e spiegata secondo la mentalità di Zosimo e dei suoi lettori 9. Per meglio comprendere la singolare osservazione diZosimo è opportuno prendere in considerazione la voce di un altro storico, che utilizzò Cassio Dione e Zosimo come fonti. Il filone di interpretazione politica negativa del regime augusteo è infatti dominante nella Historia Chroniké di Giovanni di Antiochia, una storia universale cristiana composta nei primi anni del regno di Eraclio, liberatore dell'impero dalla tirannide di Foca nell'ottobre 610. L'opera è in realtà una riflessio­ne sulla natura e sulle forme del potere nella storia universale. Nel valutare i diversi sistemi politici, l'interesse e l'approvazione di Giovanni di Antiochia si rivolgono soprattutto alla repubblica romana. Oltre un terzo dei 321 frammenti giunti a nostra conoscenza trattano dell'età repubblicana, che, seguendo le sue fonti, Giovanni defi­nisce età della libertà (eleutheria), in contrapposizione alla monarchia dei primi re, degenerata in tirannide; e agli eccessi dell'età imperiale, segnata dal dispotismo dei principi. Non sorprende, dunque, che il fondatore del principato, Ottaviano Augusto, sia una figura ambigua nell'opera di Giovanni Antiocheno. Più del padre adottivo, Giulio Cesare, Augusto rappresenta nel pensiero di Giovanni il vero responsabile del cambio di regime politico; è, dunque, artefice dell'instaurazione di un nuovo sistema di governo che, attraverso alterne vicende, perpetua il dispotismo degli antichi tiranni, come Tarquinio il Superbo, e conduce fino agli abusi del tiranno Foca. Nella visione di Giovanni, Ottaviano Augusto agì secondo un piano premeditato e seppe sfruttare l'anello debole della struttura repubblicana. Questo anello debole è il potere senza freni della dittatura. Scrive al riguardo Giovanni (Io. Ant. fr. 80.1, 7-13):

"Oç; (6 ÒLXTCXT(!)Q) xae' 'EÀÀ.aòa yÀwTmV XÀ118EL11 av EL011y11TYJç; TWV ÀlJOL'tEÀWV, lJJtEQÉX(!)V µÉV Tf]ç; TWV 'lJJt(XT(!)V àgxf]ç;, wii:; òÈ �aOLÀEÙOL JtQOO<pEQÉomwç;. àv1JJtE'U81Jv6v TE yàg TWV OÀ(!)V ElXE TÒ xga,:oç; xal Lomugavvov èv np xa8rni:11x61:L xg6vcp TY]V Èsouo(av. TOLyagoùv rfooç; Kaioag JtQOTEQOç; xal µETèt ,:01),:0V Auyouowç;

Cfr. PASCHOUD 2000, p. 134, con bibliografia sul problema.

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UMBERTO ROBERTO

Ox-caofaoç, <liv uo1:Egov xmà wùç oixE(ovç xg6vo11ç µv1iµovEuooµcv, urtò npòE 6v6µan 1:f1ç µovagx(aç àvnÀ.aµ�avw8m òLÉyvwoav 10.

«Questi (sci!. il dittatore) in lingua greca si chiamerebbe "promotore delle cose utili da farsi". Si trovava infatti al di sopra ciel potere dei consoli, ed era anzi assai simile ai re; possedeva un potere assoluto sotto ogni aspetto e un'autorità del tutto uguale a quella di un tiranno, nel periodo in cui era in carica; per questo motivo Giulio Cesare per primo, e dopo di lui Augusto Ottavio, dei quali parleremo a suo tempo, decisero di impadronirsi del potere monarchico sotto questo nome».

La riflessione politica greca sulle istituzioni romane ha sempre guardato con interesse alla dittatura. Secondo una tradizione che si sviluppa attraverso i secoli, la magistratura del dictator è considerata come strumento eversivo, di grande utilità per coloro che miravano a distruggere l'armonia politica della res publica. Dionigi di Alicarnasso, una delle fonti principali di Giovanni Antiocheno, è sul punto già molto chiaro. Dionigi afferma che la dittatura è una tirannide scelta volontariamente, assimi­labile per molti aspetti agli esimneti, i tiranni elettivi dei Greci (V, 70 e 73-74). Dionigi apprezza l'efficacia della dittatura nelle situazioni di emergenza per lo Stato (V, 77, 3); ma sottolinea che l'esperienza di Silla chiarì ai Romani la carica eversiva di questa pericolosa magistratura nelle mani di uomini malvagi (V, 77, 4-6) 11•

Alcuni secoli più tardi, nell'ambito dei funzionari palatini e degli intellettuali presenti alla corte imperiale, la stretta connessione tra potere del dittatore e potere del principe è ulteriormente ribadita da un grande giurista dell'età tetrarchica, il magister Libellorum Aurelio Arcadio Carisio. Discutendo dell'origine della prefettura del pre­torio, Carisio osserva che nei tempi antichi ai dittatori era affidato un magister equi­tum per il tempo del mandato. Poi, quando il governo della res publica fu trasferito a principi che regnavano a vita (ad imperatores perpetuos) i prefetti del pretorio furono scelti dagli imperatori con le medesime funzioni dei magistri equitum. Il parallelismo tra le due cariche è evidente: cambia nell'arco cronologico la durata dell'incarico - sei mesi al massimo, i dittatori; a vita, gli imperatori - non la sua natura di potere asso­luto. Alcuni decenni più tardi, la stessa riflessione sulla corrispondenza tra dittatura e potere imperiale è svolta da un altro importante esponente della burocrazia palatina, il magister memoriae Eutropio. Rivolgendosi a Valente intorno al 370, Eutropio ricorda l'istituzione della dittatura (I, 12):

Nono anno post reges exactos, cum gener Tarquini ad iniuriam soceri vindicandam ingentem collegisset exercitum , nova Romae dignitas est creata, quae dictatura appellatur, maior quam consulatus. Eodem anno etiam magister equitum factus est, qui dictatori obse­queretur. Neque quicquam similius potest dici quam dictatura antiqua huic imperii potestati,

10 Sul frammento cfr. pure ROBERTO 2003. Anche Silla fece uso della dittatura per esercitare unregime tirannico: cfr. Io. Ant. fr. 145.2, 271-280. Sulla tirannide di Cesare: Io. Ant. fr. 150.1, 119-129 = fr. 72 MU. Cfr. in generale ROBERTO 2013.

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11 Sulla riflessione di Dionigi cfr. GABBA 1983.

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LA MEMORIA INQUIETANTE DEL TIRANNO: LA MANCANZA DI CASTITÀ!SOPHROSYNE Di OTTAVIANO

quam nunc tranquillitas vestra habet, maxime cum Augustus quoque Octavianus, de quo postea dicemus, et ante eum C. Caesar sub dictaturae nomine atque honore regnaverint 12.

Eutropio menziona in modo esplicito la scelta di Cesare e Ottaviano Augusto di utilizzare la dittatura come strumento politico per ristabilire la monarchia. Tanto in Carisio, quanto in Eutropio, l'osservazione della corrispondenza tra dittatura e potere monarchico è svolta in un contesto neutro, lontano da ogni polemica politica contro il principato. Un'accentuazione negativa della dittatura è invece in Giovanni Maiala che distingue tra Augusto, ÙQXLEQE'Ùç; xcù �aOLÀ.Euç; e Cesare, suo predecessore. Scrive infatti Maiala su Giulio Cesare (IX, 3):

6 e>È Ka(oag 'IovÀwç:; 6 e>Lx-ténwg, o Èo-tL µovagzriç:;, µc1:à rniha 1:6:>v nav-rwv ÈXQCX1:YJOEV Èv 'lJJtEQY]cpavECçx xaì, 1:ugavv(òL ÈJtl E1:Y] LY] , .

«Giulio Cesare il dittatore, cioè il monarca, dopo queste cose governò su ogni cosa in superbia e atteggiamento tirannico per 17 anni».

Appare evidente che pure per Malala esiste una connessione politica tra dittatura e tirannide. E tuttavia Malala attribuisce questa degenerazione del sistema politico al solo Cesare, che, infatti, non è considerato �aOLÀ.Euç; ma OLXtatWQ. Anche in altri passi, Malala insiste sul carattere degenerato del regime di Cesare, sottolineando che la paura era il segno più evidente della sua tirannide (IX, 2): oDtoç; ovv ò Ka(aag JtQ&toç; xaì, µ6voç; ÈXQO.tT]CTE t&v 'Pwµa(wv µEtà JtOÀ.À.où <)>6�ou xaì, navta ÈÌ;Eù(x17CTEV (e si veda pure IX, 5). Al contrario, in IX, 22 Maiala presenta in questo modo il regime di Augusto:

ÈyÉvno ùÈ �amÀEÙç:; 'Pwµa(wv ngwwç:; xaì, µ6voç:; xaì, ògywcpav1:11ç:; 6 aù1:òç:; 8EL61:moç:; Auyouowç:;.

«Divenne imperatore dei Romani primo e solo e sacerdote il santissimo Augusto» 13

Su questa significativa distinzione tra ùLxtatWQ, o ÈCTtL µovagxTJç; e �aOLÀ.Euç; è fondata la visione politica positiva del regno di Ottaviano Augusto. Di conseguenza, anche se Malala non ignora alcuni tratti negativi del carattere di Augusto (IX, 19 e 24),

12 Dig. ] , 11, l pr. 2: Aurelius Arcadius Charisius magister libellorum libro singulari de officio praefecti praetorio. Breviter commemorare necesse est, unde constituendi praefectorum praetorio officii origo manaverit. Ad vicem magistri equitum praefectos praetorio antiquitus institutos esse a quibusdam scriptoribus traditum est. Nam cum apud veteres dictatoribus ad tempus summa potestas crederetur et magistros equitum sibi eligerent, qui adsociati participales curae ad militiae gratia secundam post eos potestatem gererent: regimentis rei publicae ad imperatores perpetuos translatis ad similitudinem magistrorum equitum praefecti praetorio a principibus electi sunt. Questa visione di Carisio passa poi a Giovanni Lido Mag. I, 14, dunque in anni vicini all'epoca di Giovanni Antiocheno. Cfr. sul passo PIACENTE 2012, pp. 141-150. Per aspetti della riflessione in età antonina cf. pure GRELLE 2005.

13 Si noti nuovamente l'abbinamento tra la carica di basileus e l'investitura carismatica che fa di Augusto un sovrano circonfuso di sacralità e un sacerdote. Cfr. MECELLA 2013, pp. 363-364.

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UMBERTO ROBERTO

la sua personalità è completamente esaltata dalla missione storica che la provvidenza gli ha assegnato 14

.

3. La riflessione sul potere del dittatore si radicalizza in chiave negativa nell'ope­ra di Giovanni Antiocheno. Nella sua visione storica non c'è distinzione tra il potere di Cesare e quello di Ottaviano Augusto. Entrambi utilizzano la dittatura come strumen­to per introdurre nuovamente la monarchia nella res publica. Giovanni di Antiochia appare dunque in piena sintonia con Zosimo che considera Augusto come µ6vaQxoç. D'altronde, il calcolo politico di Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto è legato in modo indissolubile, secondo l' Antiocheno, alla natura malvagia della loro indole. Nel presentare i segni che anticiparono la stagione terribile delle guerre civili, Giovanni rielabora un passo che viene da lui attribuito a brani perduti di Livio e Diodoro; passo che noi conosciamo attraverso la versione di Plutarco nella Vita di Silla, 6. Si tratta di un'interpretazione etrusca della storia che indica come segno del passaggio dei saecu­la, dei cicli storici che scandiscono la vita dell'umanità, diversi e mostruosi prodigi e, soprattutto, l'apparizione di uomini cattivi e sempre più malvagi. Gli indovini etruschi interpretarono secondo questa teoria i segni che si verificarono prima della guerra tra Silla e Mario. Commentando le dottrine degli Etruschi, il nostro autore afferma (Io. Ant. fr. 145.2, 73-77):

i;ain:a µèv oùv ELLE 01.n:wc; ELLE aÀÀwc; EXEL, oxonEiv nag(1iµL, xahm À.a�6vwc; Ex i;wv EJtLYEVOµÉVWV J1:L8av6,;11i;a cLVa 'WU Myo'\J. i;cp yàg ovn EX 'WUÙE i;à 'Pwµa(wv À.oyLl;oµévcp 11 cE noÀ.m(a ngòc; i;ò XEigov anaoa µnanÉmwxE xaì, av8gwnm cpauÀ.mc; XQ1']CJ<lµEVOL i;g6nmc; f]v811oav.

«Tralascio, invero, di indagare se le cose stiano così o in altro modo, sebbene tale inter­pretazione riceva una certa credibilità dagli eventi che seguirono. A considerare, infatti, la storia romana da questo momento in poi, da una parte la forma di governo nel suo comples­so degenerò in una condizione peggiore, dall'altro fiorirono uomini che erano di malvagia condotta» 15

.

Evidentemente Giovanni di Antiochia si inserisce sul solco di una visione di decadenza che caratterizza l'atmosfera culturale del primo secolo a.C. Nel giudizio dei contemporanei uno tra i segni più evidenti della decadenza è l'ascesa di uomini privi di moralità. Uomini cattivi diventano protagonisti di un'età segnata dal male e dalla dege­nerazione. In questa visione si colloca per Giovanni la vicenda di Ottaviano Augusto.

La negatività della personalità di Ottaviano Augusto emerge soprattutto nella memoria drammatica della sua prima stagione al potere, tra il 43 e il 27 a.C., nell'epoca del triumvirato e dopo Azio. È interessante sottolineare che nel ricostruire l'immagine

14 Su Cesare OLx,a,wg, o !':ou µovagx17ç cfr. le osservazioni di MECELLA 2013, pp. 355-356; e CONCA 2012, pp. 93-94.

15 Fonte di Giovanni di Antiochia è probabilmente Diodoro Siculo che deriva, a sua volta, daPosidonio di Apamea. SulJ'interesse di Giovanni per le profezie etrusche cfr. ROBERTO 2005.

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LA MEMORIA INQUIETANTE DEL TIRANNO: LA MANCANZA DI CASTITÀ/SOPHROSYNE DI OTTAVIANO

di Ottaviano come uomo malvagio, Giovanni rielabora pure le informazioni provenien­ti dalla sua principale fonte di riferimento sul periodo, Cassio Diane. A questo storico non sfuggono le responsabilità di Ottaviano. Anche se la sua visione del personaggio è complessa, Cassio Diane afferma, tuttavia, il merito politico di Augusto (LVI, 43, 4):

ò.ui ,:r o'ilv ,:aina, xaì, on •1ÌV µovagx(av Tfl <'n1µoxgm(çt µG;aç ,:6 ,:r ÈÌl.rv8rg6v Oq>lOLV È,:1ig170E xaì, ,:ò x6oµLOv ,:6 Lt àocpaÌI.Èç JtQOOJtaQEOXE'\JUOEV, &o,:' i:l;w µÈV toù 617µoxgauxoiJ 8géwovç i:l;w ùÈ xaì, ,:éòv ,:vgavvLxéòv -\'.,�grwv ov,:aç i:v w ÈÌI.E1J8EQLçt OWq>QOVL xaì, ÈV µoVUQXLçt àùEEL sf]v, �UOLÌI.E1JOµÉV01Jç ,:r UVE1J ùOlJÌI.ELaç xaì, 617µoxgmouµtvovç avEtJ 6Lxoo,:ao(aç, ùELvéòç a'Ì.nòv Èn68ovv.

«Rimpiangevano grandemente Augusto per queste ragioni e per il fatto che egli, avendo combinato il potere monarchico con la res publica, conservò la loro libertà e diede fondamento all'ordine e alla sicurezza, in modo che, liberi sia dalla sfrontatezza dei governi popolari che dagli abusi delle tirannidi, vivessero in un regime di misurata libertà e in una monarchia non fondata sulla paura, sudditi di un sovrano senza essere schiavi e pmtecipi di una res publica senza le discordie civili» 16.

Giovanni non condivide questa visione. Al contrario, attribuisce direttamente a Ottaviano responsabilità che Cassio Diane tende a sfumare. È il caso delle proscri­zioni all'inizio del secondo triumvirato. Mentre Cassio Diane afferma che Ottaviano si lasciò trascinare dai suoi colleghi più malvagi, Antonio e Lepido, Giovanni non ha dubbi sulla vera natura del personaggio. Cassio Diane attribuisce a Fulvia e ad Antonio la decisione di integrare con nuovi nomi gli spazi dei proscritti graziati o scampati alla morte; per Giovanni, al contrario, alla decisione contribuì lo stesso Ottaviano (fr. 152, 7-9):

xm LVU µ'f] XEVUL EV toiç ÌI.ElJXWµaoL ,:(òv àv6géòv al xwgm WOLV, ihÉgovç àv,:Éygm.jmv o ,:r Kaioag xaì, AÉJuùoç xaì, Àv,:wvLOç.

«e perché non vi fossero spazi vuoti nelle tavole di proscrizione, Cesare, Lepido e An­tonio ne inserirono altri».

Inoltre, secondo Giovanni, particolarmente odiosa fu l'accondiscendenza dei triumviri nel favorire l'avidità dei soldati (fr. 152,17-23):

µ6vm ùÈ ol ,:à onÌl.a i:xov.rç ÈnÌl.ovtovv. ol µÈv yàg ,:àç oùo(aç ,:wv ,:rÌl.rm17oav,:wv oÌl.aç xaì, i1tovv xaì, ÈÌl.a�avov, ol ùÈ xaì, Èç ,:à ,:wv twv,:wv Ì:,:L yrg6v,:wv ,:r xaì, à,:Éxvwv yÉv11 ÈOE�Lasovto. Èç toOO'lJtoV yàg ànÌl.170,:(aç xaì, àvawxvv,:(aç ÈXWQ'l70UV, wo,:r uvà xaì, •1ÌV ,:f]ç Àn(aç ,:f]ç toù Ka(oagoç µ17,:gòç àno8avov011i; ,:6,:r xaì, 617µoo(çt ,:acpfl uµ178r(o17ç <oùo(av> nag' aùtoiJ toù Ka(oagoç ahf]om. ,:aiJ,:a ol i:griç av6grç Èno(ouv Kaioag xaì, AÉJtLùoç xaì, Àvi:wvLOç.

16 Cfr. pure Cass. Dio LII, 18, 3-4; LII, 14, 3-5; LIII, 19, 1. In generale sul giudizio di Cassio Dionecfr. pure il contributo di R. Bratoz in questo stesso volume.

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«Solo coloro che portavano le armi si arricchivano. Gli uni, infatti, chiedevano e otte­nevano gli interi patrimoni dei morti; gli altri si intromettevano negli affari delle famiglie di quanti, pur ancora vivi, erano vecchi e senza figli. Giunsero costoro a un tal livello di insa­ziabilità e sfrenatezza, che un tale arrivò a chiedere allo stesso Cesare il patrimonio di sua madre Azia, allora defunta e onorata con pubblica sepoltura. Queste cose facevano i triumviri Cesare (Ottaviano), Lepido e Antonio».

Un altro gruppo di frammenti, sempre provenjenti dalla tradizione di Cassio Dione, offre ulteriori prove della negatività di Ottaviano Augusto. Vi si introduce, tuttavia, un tema importante della riflessione politica. Anche nel caso di un carattere come quello di Ottaviano, la malvagità poteva essere attenuata o perfino frenata dalla presenza di buoni consiglieri. È il caso dell'episodio relativo a Mecenate che ferma Ottaviano dal comminare, senza pietà, condanne a morte. Altro esempio significativo è il riferimento al ruolo del filosofo Atenodoro di Tarso, uno dei maestri di Ottaviano Augusto 17

.

È opportuno soffermarci su questo rapporto tra il principe e il filosofo. Si tratta di un rapporto già segnalato da Zosimo. Infatti, dopo aver accusato Ottaviano di aver introdotto la pantomjma nell'impero, Zosimo prosegue affermando (I, 6, 2):

'Oxrn�lUVO'll òÈ oµwç Ml;avi:oç µETQLW<; µETaXElQL�rnem TY]V àgx11v, Ès O'lJ µaì..una Taiç À8'1']voòwgou ,:oi:, LTWLXO'll ouµ�oÀaiç èru:(08'1'].

«Tuttavia Ottaviano pensò di esercitare il potere con moderazione, dal momento in cui si convinse soprattutto di seguire i consigli di Atenodoro lo stoico» 18.

Questo giudizio trova corrispondenza nei frammenti di Giovanni Antiocheno. Consideriamo, in particolare, fr. 157 = 78, 6-7 Miiller (= Exc. Salm. II 47). Nella prima parte del testo, esagerando una notizia di Cassio Dione, Giovanni critica aspramente uno dei segni della malvagia indole di Ottaviano Augusto, la sua passione sfrenata per le donne; in particolare, per le mogli dei senatori:

µavLWòl']<; òÈ �v ru:gì, Tàç àÀÀ.oTg(aç yuvaixaç, wç xaì, wùç àvògaç ai'n<bv ÈsUJtTJQETELV T(fl µLaoµau.

«Rispetto alle donne degli altri si comportava come spinto da una furia, al punto che i loro mariti erano perfino costretti a collaborare all'oltraggio».

Atenodoro di Tarso, filosofo stoico che Ottaviano considerava maestro e sapiente compagno, decise di intervenire. Si nascose in gran segreto in una lettiga al posto della moglie di un senatore, che Ottaviano aveva fatto chiamare. In questo modo, Ateno­doro si fece introdurre negli appartamenti privati del principe che attendeva la donna,

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17 Cfr. sull'episodio di Mecenate BAUMAN 1982. In generale ROBERTO 20 I 3, pp. 418-422.18 PASCHOUD 2000, p. 134.

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LA MEMORIA INQUIETANTE DEL TIRANNO: LA MANCANZA DI CAST!TÀ/SOPHROSYNE DI OTTAVIANO

bramata contro il suo volere. Portata la lettiga, Atenodoro balzò fuori all'improvviso, brandendo una spada. Alla vista dell'uomo armato, lo spavento fu tale che Ottaviano: «giurò solennemente che mai avrebbe rifatto ciò. Cesare a tal punto lo apprezzò che, convocato il senato, lo elogiò grandemente e aggiunse anche questa cosa, che dopo aver vissuto una vita malvagia era stato riscattato da Atenodoro» 19•

Per quanto riguarda le forme di trasmissione della tradizione di Cassio Diane, èinteressante sottolineare come vi sia un cambio evidente di contesto tra la versione del brano nell'epitome di Xiphilino e la tradizione dello Excerptum da Giovanni di Antio­chia. Nella versione di Xiphilino (Cassio Diane LVI, 43, 1-2 nell'edizione Boissevain, II pp. 553-554), il brano relativo ad Atenodoro illustra la disponibilità all'ascolto degli amici da parte di di Ottaviano Augusto:

EÙJCQOOOòoç TE yàg J[((OLV òµo(wç �V, xal È<; XQ'hµma rroÀÀ.oiç Èrn'lQXEL, i;oi,ç TE cp(ì..ovç Loxvgwç ÈT(µa, xal rniç rragg1io(mç aùTwv urrEQÉXaLQE. Trnµf]gwv ùÈ rrgòç wiç dg11µtvmç cm i;oi) J\.811vo6wgov l':v 6(cpgq.i rroTÈ xmaoTÉYQJ Èç TÒ 6wµérnov aùwu wç xal yvvmx6ç TLvoç ÈOxoµLo8ÉvTOç, xal È/; aùwu /;L<pf]govç Èxm16f]oavwç, xal JrQOOEJrELJrOVTO<; «OÙ cpo�fl µf] TL<; OE OUTW<; ÈOEÀ8ÒJv àrrOXTE(vn;» OÙX orrwç cbgy(o811, àÀÀ.à xa'L xagLv aùnp ryvw.

«Era, infatti, ugualmente accessibile da chiunque e veniva in soccorso a molti con de­naro. Onorava grandemente gli amici e si rallegrava della loro libertà di parola. È prova delle cose dette il fatto che una volta Atenodoro fu portato come fosse una donna nella sua stanza da letto su una lettiga coperta. Balzato fuori dalla lettiga con in mano una spada, lo apostrofò: "Non hai paura che qualcuno entri da te in questo modo e ti uccida?". Augusto non si adirò, ma gli dimostrò perfino riconoscenza».

Xiphilino elimina quasi del tutto il contesto della vicenda e si limita a considerare l'aspetto positivo della reazione di Ottaviano Augusto. È una visione evidentemente edulcorata del principe, che occulta la sua inclinazione al vizio. Nella tradizione di Giovanni di Antiochia il brano è invece precisamente inserito come aneddoto a dimo­strazione della irrefrenabile passione di Augusto per le donne. Dunque, il brano è utile a Giovanni per sottolineare un elemento negativo e sicuramente tirannico del carattere del principe. E tuttavia, pure in questo contesto si ritorna su una qualità già indicata nel personaggio: Ottaviano Augusto era ben consapevole della sua indole negativa, e dunque pronto a seguire i consigli degli uomini validi che lo circondavano, dei maestri, degli amici. Da qui la narrazione dell'episodio di Atenodoro.

Rispetto alla tradizione di Cassio Diane, Giovanni forse esagera i toni, ma non inventa; è piuttosto Xiphilino che nasconde. Ne abbiamo importante conferma dal fatto che la contestualizzazione dell'episodio di Atenodoro che troviamo nello Excerptum da

19 Cfr. Io. Ant. fr. 157, 12-16: OEOL6-w. OÈ aùtòv àvmm70aµ_Evoç Èxeivoç taiç µEy(atmç ogxmç xatéo17ae µ17oén:ot'&Uote to'fno n:gal;m. ov toaoutov ÙJl:€Q17yam70cv, wate t1ìv m'.iyxì...17tov auvayaywv xaÌ, n:6Ua tÒV A817v6owgov ÈyxcoµLaaaç xaÌ, tO'ÙtO Jl:QOCTÉ8l7XEV wç xaxòv �(ov ÈCTXllXùJç 'lmÒ A817voOùJQ01J ÈJ1:17VWQ8ÙJ817.

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Giovanni con-isponde pienamente al racconto presente in Giovanni Zonara 20. Questi fu

autore di una 'Eru-wµ� 1:wv 'Io-rnQLWV dalla creazione alla morte di Alessio I Comne­no ( 1118). Con una redazione diversa rispetto allo Excerptum da Giovanni, pure Zonara X, 38 (455,19 - 456,10) afferma che Ottaviano Augusto aveva una smodata passione per le donne:

EÙxm:6.<j)ogoç ngòç tà à<j)goè'>(ma �v, xaì, ol yuvaixEç Èxoµ(�ovto iii::; È�o'UÀ.Eto Èv xataotÉymç <pogE(mç xaì, ovtwç dc:; tòv aùtou dof]yovto 86.À.aµov, ÈxEivoç òÈ tautaç ÈS11YÉ tE xaì, ÈXÉXQY]tO.

«Era incline ai piaceri sessuali, e le donne che bramava erano portate in lettighe coperte e in questo modo erano introdotte nella sua camera da letto; e quello le faceva uscire e ne abusava».

Come per Giovanni di Antiochia, anche per Zonara l'intervento di Atenodoro in­tendeva correggere la nefasta inclinazione del principe. Ne consegue che le due versioni, quella di Giovanni e quella di Zonara, restituiscono il giusto contesto di un episodio già presente nella fonte comune, Cassio Dione, e opportunamente "corretto" da Xiphilino nella sua epitome. È evidente, infatti, che, pur cercando di presentare un'immagine po­sitiva di Augusto, soprattutto dopo gli eccessi della stagione triumvirale, Cassio Dione non rinuncia a descrivere le caratteristiche negative dell'indole del principe. Tra queste v'è appunto la passione verso le donne e la pratica di relazioni extraconiugali. Altrove, infatti, Cassio Dione ricorda la passione di Augusto per Terenzia, moglie di Mecenate (LIV, 19, 3 e LV, 7, 5); e la tolleranza di Livia per i frequenti tradimenti del marito (LVIII, 2, 5: xaì, 1:à à<j)goèHma ainou à8ugµma µ�1:E àxouav µ�1:E ato8avrn8m JtQOCTJtoL01JµÉV'Y]. Lo stesso termine, 1:à à<j)go6(ma, torna nella narrazione di Zonara, che da Cassio Dione deriva).

La menzione in Cassio Dione e, soprattutto, in Giovanni di Antiochia della passio­ne di Augusto per le mogli dei senatori non si limita alla sfera dell'aneddoto. Ha invece un chiaro valore politico. Come ben noto, la sfrenata inclinazione al piacere fisico e alla lussuria è tra i più odiosi attributi della hybris del tiranno. Giovanni di Antiochia, ad esempio, ne offre abbondante testimonianza nella galleria di tiranni presente nella sua opera, da Tarquinio il Superbo, a Caligola, a Nerone a Foca. Anche nel caso di Ottaviano Augusto questo atteggiamento è il segno stesso di una prassi politica degenerata. Del resto, Giovanni appare in piena continuità con un tema già presente in una delle voci più critiche del principato augusteo. Nel descrivere le nozze tra Ottaviano e Livia, infatti, Tacito carica pesantemente le tinte del suo racconto. Dopo la morte di Augusto, si fecero a Roma molti discorsi sul principe. Vi fu chi esaltò senza pudore le virtù di Augusto; e chi, invece, ne ricordò la durezza e la ferocia delle azioni, come triumviro e, poi, come

20 Sull'immagine di Ottaviano Augusto in Zonara cfr. CONCA 2012, pp. 100-104. Probabilmenteda Giovanni di Antiochia deriva Giorgio Cedreno, 302, 15 - 303, 20. Per altri brani che riportano la stessa tradizione confluita in Giovanni Antiocheno cfr. Miche!. Glycas, p. 382, 4-22; e Costantino Manasse, vv. 1869-1894.

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monarca. Ricorrendo all'espediente retorico dei discorsi riferiti, Tacito afferma che tra i misfatti della vita privata di Augusto risaltano sicuramente due gesti: l'aver strappato la moglie a Tiberio Nerone, Livia; e l'aver domandato ai pontefici se le sue seconde nozze potessero essere considerate legittime, pur essendo Livia in gravidanza avanzata del primo marito (Ann. I, 10, 5: nec domesticis abstinebatur: abducta Neroni uxor et consulti per lubidrium pontifices, an concepto necdum edito partu rite nuberet). A que­sto passo si aggiunge una breve menzione del matrimonio tra Livia e Ottaviano, in un excursus che segue la notizia della morte dell'Augusta. Tacito afferma sul matrimonio che Ottaviano la portò via al marito, utilizzando un verbo che indica privazione, auferre; ma poi aggiunge che non sappiamo se ciò avvenne contro la volontà della donna o con il suo consenso (Ann. V, 1, 2: exin Caesar cupidine formae aufert marito, incertum an invitam, adeo properus, ut ne spatio quidem ad enitendum dato penatibus suis gravidam induxerit). Oltre a Tacito, anche Svetonio condivide questa tradizione (cf. Aug. 62, 2: ac statim Liviam Drusillam matrimonio Tiberi Neronis et quidem praegnantem abdu­xit), insieme a quella, assai più diffusa, di un accordo tra Ottaviano e Tiberio Claudio Nerone nel concedere Livia al triumviro, nonostante la gravidanza. E tuttavia, lo stesso Svetonio ricorda come Marco Antonio fosse particolarmente critico rispetto alle nozze. Antonio faceva esplicito riferimento a un atto di violenza da parte di Augusto contro Tiberio e Livia (Aug. 69, 1). È stato opportunamente notato che i verbi utilizzati da Tacito per descrivere il matrimonio appartengono al lessico della violenza, e in partico­lare del rapimento e dell'abuso sulle donne. Tacito infatti utilizza abducere (Ann. I, 10, 5), che corrisponde al verbo della versione negativa di Svetonio (Aug. 62, 2); la stessa accezione negativa ha il verbo auferre nell'altro passo degli Annales (V, 1, 2). Inoltre, si sottolinea la rapidità con cui Ottaviano volle soddisfare il suo desiderio (come indica il properus di Ann. V, 1, 2; ma anche lo statim di Svetonio, Aug. 62, 2). Ne consegue che, rielaborando le sue fonti, Tacito intendeva consapevolmente descrivere l'atto come frutto di una natura malvagia, come segno inequivocabile di tirannide 21

• La carica negativa del discorso di Tacito è pienamente confermata da un altro passo degli Annali (XII, 6, 2). Tacito menziona il dibattito in senato sulle eventuali nozze incestuose tra Claudio e Agrippina. Nel prendere la parola a favore del matrimonio, il senatore Vitellio contrappose la scelta di Claudio, che rimasto vedovo sperava di risposarsi, al compor­tamento indegno dei principi del passato. Tutti i senatori, infatti, avevano sicuramente sentito dire dai propri genitori, o avevano personalmente visto, mogli di rango senatorio strappate ai legittimi mariti per saziare le voglie dei principi prima di Claudio (audivisse a parentibus, vidisse ipsos abripi coniuges ad libita Caesarum). Anche in questo caso, il lessico ha un'evidente valenza politica: abripere connota infatti il gesto di questi

21 La versione del matrimonio tra Ottaviano e Livia come basato sul consenso è in Velleio Patercolo(II, 79, 2 e 94, 1), Plinio il Vecchio (Nat. Hist. V II, 150); Cassio Dione (LVIII, 44, 3); Epit. de Caes. I, 23; Aurelio Vittore, Caes. I, 23). Cfr. le due versioni di Svetonio: Aug. 62, 2 e Tib. 4, 3. Sulla questione cfr. FLORY 1988, che pensa di poter attribuire la versione negativa del matrimonio tra Ottaviano e Livia alla propaganda di Antonio, pp. 352-353. In generale sul giudizio di Tacito cfr. pure il contributo di R. Bratoz in questo stesso volume.

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malvagi Cesari; e l'espressione ad libita Caesarum rimanda alla sfera degli sfrenati desideri sessuali dei tirnnni. Nel caso delle memorie orali tramandate dai genitori, il riferimento di Tacito ad Augusto è evidente; non solo per quanto attiene alla vicenda di Livia e Tiberio Claudio Nerone; ma anche per le vicende raccontate da Cassio Dione e dagli storici da lui dipendenti, Giovanni Antiocheno e Zonara 22

• E d'altra parte, questa visione negativa dei comportamenti sessuali di Augusto prosegue nella tradizione sena­toria di età imperiale, e riemerge significativamente nell'anonima operetta Epitome de Caesaribus. Dopo aver descritto le gesta di Ottaviano Augusto, considerato appressar libertatis, l'autore afferma (1, 21-24):

Nec tamen vir tantus vitiis caruit. Fuit enim paululum ùnpatiens, leniter iracundus, occulte invidus, palamfactiosus; porro autem dominandi supra quam aestimari potest, cupi­dissimus, studiosus aleae lusor. 22 Cumque esset cibi ac vini multum, aliquatenus vero somni abstinens, serviebat tamen libidini usque ad probrum vulgariafamae. Nam inter duodecim catamitos totidemque puellas accubare solitus erat. 23 Abiecta quoque uxore Scribonia amore alienae coniugis possessus Liviam quasi marito concedente sibi coniunxit. Cuius Liviae iam erant filii Tiberius et Drusus. 24 Cumque esset luxuriae serviens, erat tamen eiusdem vitii severissimus ultor, more hominum, qui in ulciscendis vitiis, quibus ipsi vehe­menter indulgent, acres sunt. Nam poetam Ovidium, qui et Naso, pro eo, quod tres libellos amatoriae artis conscripsit, exilio damnavit .

Si noti come nella sua visione negativa, l'anonimo critichi duramente la contrad­dizione tra le inclinazioni di Augusto (serviens luxuriae) e la sua dura legislazione contro l'adulterio e i comportamenti ostili al mos 23

.

Possiamo ora riprendere in considerazione la notizia di Zosimo sul favore di Augusto per i pantomimi. Si può forse interpretare il passo come un altro riferimen­to alla mancanza di castità/sophrosyne del principe, specchio della sua propensione alla tirannide. Zosimo privilegia questo motivo perché ai suoi tempi la questione era particolarmente attuale. Sotto Anastasio, infatti, furono presi duri provvedimenti per vietare gli spettacoli di pantomima. L'imperatore decise di cancellare la pantomima nel 502, dopo che per due volte, nel 498 e nel 501, la celebrazione delle feste Brytae, che prevedevano tali spettacoli, aveva provocato disordini e vittime a Costantinopoli. Nel panegirico di Procopio di Gaza, l'imperatore riceve un elogio appunto per aver defini­tivamente cancellato gli eccessi della pantomima dalle città dell'impero 24

. Per Zosimo

22 L'altro riferimento nel passo di Tacito è a Caligola: cfr. in generale FL0RY 1988, pp. 351-352. 23 Cfr. pure Aur. Vict. I, 4. Cf. sull'epitome SCHLUMBERGER 1974, pp. 27-30. Su questa tradizione

cfr. pure il contributo di R. BRAT0Z in questo volume. Anche la Historia Augusta contiene giudizi critici sul passaggio dalla libertà alla monarchia di Augusto: cfr., ad esempio, HA, Clodius Albinus 13, 5; HA, Carus, Carinus, Numerianus 3, l; cfr. pure VoN HAEHLING 1985. Sul contrasto tra la legislazione moralizzatrice sul matrimonio e la condotta personale di Augusto cfr. pure Cassio Diane LV, 16, 3-5; e KEMEZIS 2007.

24 Cfr. Procopius Gazaeus, Opuscu.la Rhetorica et Oratoria, ed. E. Amato, ad. G. Ventrella, Berlin­New York 2010, § 16, p. 96: 'E1Jga oÉ uç; rtavteÀ.&ç; JCQÒç; touvavt(ov àriwuoe 0fo· aggeveç; yàg rtaioeç;, woJtEQ tY]V Lo(av dç; yvvaixaç; àµ.n�6µevm <jrumv, yvvaixeç; �0eÀ.ov elvm tcp oxfJµatL xat OLexÀ.&vt0 toiç; µHemv àvtt yÀ.wtt17ç; xLvoDvteç; t1ìv xeiga xat Of7µov oÀ.ov JCQÒç; àoeÀ.yfJ 0fov

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e per il suo pubblico, informato dei fatti, attribuire a Ottaviano Augusto l'introduzione della pantomima nella società romana - notizia peraltro falsa - si può interpretare come evidente segno della lussuria del personaggio 25.

4. Tornando a Giovanni di Antiochia, una conferma del!' interpretazione negati­va dell'indole di Augusto viene anche dalla seconda parte del frammento 157, 17-22 (= Exc. Salmasianum II 47). All'episodio di Atenodoro, che cerca di correggere il prin­cipe nella sua sfrenata inclinazione alla lussuria, Giovanni unisce un altro motivo di critica ad Augusto attraverso un aneddoto che di nuovo ha per protagonista il filosofo stoico:

Oùi:oi; 6 cjnÀ.6oocpoi; r]S(ou i:òv Ka(oaQa ouyxwQ11om a1mp di; _TYJV JtmQ(0a ÈJtaVEÀ.8EiV. Kaì, µ6À.LS JtELoai;, àonat6µevoi; m'.n6v, ÈJtLX'lJ'ljJai; JtQÒS ,:Ò oùi; JtCTQEXCXÀ.EL ì'.va, 6oaxLi; ÒQyw8f1, µ'Y] JtQ0l:EQOV xEÀ.Euo11 i:ò JtQaxi:fov, JtQLV av xa8' foui:6v Ò.QL8µfJ011 ,:à xo' yQaµµma· T]OEL yàQ aùi:où ,:ò ò�u8uµov xaì, EÙµti:aBÀ.11i:ov. 6 0È KaioaQ �onat6µevoi; Ecj)1l «�iJyE uJtɵv11oai; µE wi; ài:EÀ.'Y]S dµì, xaì, où OUYXWQ'llOW om i:17i; èveyxaµév11i; i:Éwi; ÈnLB17vm.

«Questo filosofo chiedeva che Cesare gli consentisse di far ritorno in patria. Dopo averlo convinto con difficoltà, al momento dei saluti, si chinò al suo orecchio e lo esortò, ogni qual volta si fosse adirato, a non dare ordini, se non avesse contato le 24 lettere dell'al­fabeto tra sé. Conosceva, infatti, il suo umore acerbo e la volubilità della sua indole. Cesare nel salutarlo gli disse: «Bravo, mi hai ricordato che sono imperfetto, dunque non ti concederò per un po' di tempo di tornare in patria».

Giovanni ricorda la resistenza di Augusto al desiderio di Atenodoro di tornare in patria. Il motivo di questo atteggiamento era legato alla capacità di Atenodoro di controllare 1 'ira del principe, riuscendo a calmarlo con i suoi consigli. Augusto sente di aver bisogno della compagnia del filosofo ed esita a congedarlo. Il passo deriva da una tradizione storiografica che rimonta a Plutarco. L'aneddoto è infatti contenuto in Apophtegmata, 7 (207c), ma probabilmente Giovanni Antiocheno lo rielaborò dalla let­tura della Vita dedicata a Ottaviano Augusto, per noi perduta 26

. Senza dubbio, colpisce la "tessitura" simbolica del frammento 157. Augusto ne esce come un tiranno efferato,

txµa(vovtEç· o0Ev txxm6µcvoL JtQÒS EQLV iiv0gw:n:OL xal µav(av tµcgCçovto tcp µ(oEL xal xm' aÀÀ.17À.wv w0ouvta. Tauta tOLV'lJV ola 6,7 uva x17À.iOa tWV 1Jm7x6wv CXJtEOO�ELç, xal xat'iiµ<j)w OWq)QOVEi taiç av0gommç iJ <j)vmç, al OÈ JtOÀ.ELç Èmpsovta.

25 Cfr. sulla questione CAMERON 1969, pp. I 06-110 che considera l'informazione un dato importanteper stabilire la datazione dell'opera di Zosimo; secondo Cameron, Zosimo scrisse prima dell'abolizione della pantomima, nel 502. Cfr. pure PASCHOUD 1971, pp. 132-133, che attenua tuttavia l'importanza dell'informazione per la data dell'opera. Riguardo la responsabilità di Augusto per l'introduzione della pantomima nella società romana, si tratta di un errore di Zosimo. Tale introduzione è sicuramente anteriore, cfr. ROBERT 1930; in generale sull'iniziativa di Anastasio cfr. CHAUVOT 1986, pp. 163-173.

26 Un interessante passo parallelo a quello del filosofo Atenodoro è presente in Procopio di Cesarea,Pers. II, 12, 8-19, che parla dell'amicizia tra Augusto e il re di Edessa Abgar. Anche in questo caso, Augusto ritardò il più possibile il ritorno del suo amico e consigliere nel suo regno.

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placato unicamente dalla presenza del filosofo Atenodoro. Per offrire questo quadro, che è in sintonia con quanto già affermato sul personaggio, Giovanni unisce la tradi­zione di Cassio Dione sulla lussuria di Augusto con un passo di Plutarco che ricorda la sua inclinazione all'ira. Del resto, anche altri brani degli Apophtegmata insistono su questo inquietante carattere di Augusto. La sua ira esplodeva senza freni e colpiva duramente tutti. Plutarco mantiene questo dato negativo della sua personalità; dato che torna molto utile a Giovanni Antiocheno nel costruire l'immagine di Augusto come uomo di indole maligna e incline all'abuso e alla tirannide. Sfrenati piaceri sessuali e ira fuori controllo sono caratteri distintivi del tiranno 27.

In conclusione. È evidente la divaricazione storiografica tra Zosimo e Giovanni di Antiochia, da una parte, e Giovanni Malala, dall'altra, nel giudizio sulla personalità e sul ruolo storico di Ottaviano Augusto. Il passo di Maiala X, 6 insiste proprio sulla castità di Augusto e sulla sua capacità di astenersi dal peccato carnale come qualità suprema del basileus. In Maiala è questo un carattere fondamentale che spiega perfino la capacità di Augusto di vivere un'esperienza teosofica. Ma già dall'età imperiale fonti autorevoli come Cassio Dione rappresentavano una personalità diversa, che imba­razzava quanti volevano descrivere Augusto, fondatore del principato, come modello di virtù e di rettitudine politica. Rispetto alla cruda ma autentica ambivalenza del personaggio in Cassio Dione, il tardo compilatore Xiphilino altera le notizie presenti nella sua fonte. Giovanni di Antiochia, al contrario, segue Cassio Dione e lo esaspe­ra, mettendo in evidenza tutti i tratti negativi di Ottaviano Augusto, responsabile di aver abbattuto la libertà repubblicana. Non v'è nulla di carismatico o provvidenziale nell'azione di Ottaviano Augusto, secondo Giovanni di Antiochia. Al contrario: la sua natura è segnata dalla negatività di un uomo incline ai vizi più odiosi della tirannide, piaceri sessuali e ira; e la sua azione porta alla degenerazione del sistema politico e dell'intera politeia romana. In questa visione tanto fosca, emerge un'unica possibile fonte di redenzione: l'indole negativa del principe ha bisogno di essere temperata dalla presenza di buoni consiglieri, di amici coraggiosi e capaci di raddrizzarne difetti e debolezze. Come già per Zosimo, anche per Giovanni di Antiochia Atenodoro di Tarso è il simbolo di una necessaria collaborazione tra il monarca e i suoi sudditi più validi per garantire il buon governo.

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27 Sull'interessante rappresentazione di Plutarco cfr. CASADIO 20 I 2. I brani contenuti negli Apophtegmata sono attestati poi anche nelle Vite corrispondenti. Probabilmente anche i passi relativi ad Augusto furono poi introdotti nella Vita a noi non pervenuta. È dunque possibile che Giovanni abbia effettivamente tratto questo materiale dalla Vita di Augusto.

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RIASSUNTO

La memoria di Ottaviano Augusto nella storiografia tardoantica dell'Oriente romano non appare condivisa. In particolare, una visione che parte dalle origini del pensiero storico cristiano e si sviluppa fino alla Chronographia di Maiala rappresenta Augusto come strumento della divina provvidenza per con­sentire la diffusione del cristianesimo (Augustustheologie). La celebrazione della virtù della sophrosyne/ castità è il segno più evidente del ruolo provvidenziale di Augusto. Proprio in riferimento all'inclinazione ai piaceri di Augusto, un altro gruppo di storici sviluppa un giudizio completamente opposto. Ottaviano Augusto è uomo senza freni, incline ai piaceri sessuali e all'ira. Per Zosimo e Giovanni di Antiochia (che sviluppano temi già presenti in Cassio Diane e in Tacito) la mancanza di sophrosyne/castità è il segno più evidente della malvagia natura di Augusto. Il primo basileus era in realtà un tiranno che tolse la libertà ai Romani.

Parole chiave: Augusto; Ottaviano; tirannia; sophrosynelcastità; storiografia tardoantica.

SUMMARY: THE MEMORY OF TYRANNY: OCTAV!ANUS AUGUSTUS' LACK OF CHASTITYfSOPHROSYNE IN THE LATE

ANTIQUE POLITICAL THINK!NG.

Late greek historians present contrasting opinions on Octavianus Augustus as a politica! model. On the one hand, John Malalas's Chronographia develops the christian theory of Augustus as an instru­ment of divine providence. His mission was to pacify the world and prepare it to the epiphany of Christ (Augustustheologie). He could accomplish this task through his sophrosyne/chastity, which is considered his supreme politica! virtue. On the other hand, some historians - in particular, Zosimus and John of Antioch, who derives from Cassius Dio - describe Augustus as a lustful and depraved man. His anger and lust show his true character: Octavianus Augustus was an evi! man. He ruled as a tyrant and deprived the Romans of their freedorn.

Keywords: Augustus; Octavianus; tyranny; sophrosyne/chastity; late antique historiography.

UMBERTO ROBERTO

Università Europea di Roma Via degli Aldobrancleschi 190 _ I-00163 Roma u rnberto .roberto@un ier.i t

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