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FACOLTÀ DI ECONOMIA SCUOLA DI DOTTORATO IN IMPRESA, FINANZA, AMBIENTE, TERRITORIO E ISTITUZIONI NELL'ECONOMIA GLOBALE DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA LA DISCIPLINA DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE TRA DIMENSIONE PUBBLICA E PRIVATA DOTTORANDO DOTT. FRANCESCO SAMPUGNARO RELATORE CHIAR.MO PROF. PIER FRANCESCO LOTITO

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FACOLTÀ DI ECONOMIA

SCUOLA DI DOTTORATO IN IMPRESA, FINANZA, AMBIENTE, TERRITORIO E ISTITUZIONI NELL'ECONOMIA GLOBALE

DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA

LA DISCIPLINA DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE TRA DIMENSIONE PUBBLICA E PRIVATA

DOTTORANDO

DOTT. FRANCESCO SAMPUGNARO RELATORE

CHIAR.MO PROF. PIER FRANCESCO LOTITO

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ANNO ACCADEMICO 2011/2012

LA DISCIPLINA DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE TRA

DIMENSIONE PUBBLICA E PRIVATA

INDICE

Introduzione

CAPITOLO I

I SERVIZI DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

SINO ALLA RIFORMA DELL’ART. 23 BIS, D.L. 112 / 2008.

1. Dalla municipalizzazione dei servizi di T.P.L, alla legge quadro 151/1981…

2. La riforma dei servizi pubblici locali: il lungo cammino verso la cessazione

degli affidamenti diretti.

3. L’incidenza delle politiche comunitarie.

4. Il trasporto pubblico locale tra istanze conservatrici e apertura alla

concorrenza.

5. Il trasporto pubblico locale nelle politiche di programmazione economica ed

industriale.

CAPITOLO II

IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE ALL’ESITO DELLA

CONSULTAZIONE REFERENDARIA DEL 12 E 13 GIUGNO 2011

1. Gli effetti del referendum abrogativo sulla normativa di settore

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2. L’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale all’indomani del

referendum: un passo indietro nella corsa al libero mercato?

3. Concorrenza e obblighi di servizio pubblico

4. Trasporto pubblico locale e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

CAPITOLO III

IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE ALLA LUCE DELLE RECENTI

RIFORME DEL SETTORE

1. Liberalizzazione e gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di

rilevanza economica nel d.l. 138/2011: gli effetti sul trasporto pubblico locale.

2. Il rafforzamento del progetto di liberalizzazione dei servizi pubblici di

rilevanza economica nella legge 183/2011 e la “clausola di prevalenza” sulla

disciplina di settore in materia di T.p.l.

3. Il d.l. 1/2012 tra promozione della concorrenza ed affidamenti diretti: il

futuro dell’in house providing.

4. Le novità introdotte dalla legge 27/2012 di conversione del d.l. 1/2012

5. Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale del 20 luglio 2012, n.199

sulle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali

Conclusioni

Bibliografia

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INTRODUZIONE

Scopo del presente lavoro è di procedere ad una disamina dell’evoluzione

normativa e organizzativa che si è prodotta nel corso di poco più di un secolo nel

settore del trasporto pubblico locale (TPL), uno specifico segmento di mercato e un

settore storicamente organizzato in termini di servizio pubblico, che ha attraversato

diverse fasi di cambiamento e ha sperimentato diversi modelli organizzativi, per

giungere alle rilevanti trasformazioni del momento attuale che risentono fortemente

della contrapposizione tra esigenze di controllo dei costi (vale a dire, dei conti pubblici)

e istanze di mantenimento di servizi di rilevanza sociale.

Muovendo da una disamina delle dinamiche economiche del settore si possono

individuare le finalità di fondo (gli interessi pubblici) che hanno ispirato il Legislatore

nazionale e quello europeo nella scelta degli strumenti regolatori attraverso cui

disciplinare questo segmento di attività a cavallo tra servizio pubblico e mercato.

L’analisi normativa – come sempre – deve tenere conto dei fini pubblici e degli

indirizzi di politica economica cui si ispira l’azione del Legislatore, spingendosi tuttavia

oltre, nel tentativo di individuare le cause dei molteplici elementi di criticità che

affliggono il settore del trasporto pubblico locale.

Il segmento di mercato in esame è indubbiamente di grande rilevanza strategica

nell’economia generale del Paese. La qualità del trasporto pubblico locale, l’efficienza

dei servizi erogati, la loro fruibilità da parte delle collettività locali, unitamente alla

sostenibilità delle gestioni da parte delle aziende erogatrici del servizio, rappresentano

fattori determinanti per la crescita del Paese.

In quest’ottica si è inteso procedere nella trattazione, partendo da una disamina

dell’evoluzione della disciplina dei servizi pubblici di trasporto pubblico locale nel

nostro Paese.

Quello dei servizi di trasporto pubblico locale è un settore in cui ad ipotesi di

ampliamento della regolazione pubblica del mercato si contrappongono ormai da tempo

sollecitazioni di segno opposto, tese ad una deregolamentazione del comparto.

Nel momento in cui emerge la grave crisi interna, che connota la quasi totalità

dei servizi di trasporto pubblico locale, e si manifestano le istanze comunitarie di

apertura alla concorrenza, si determina rispetto al passato una radicale inversione di

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tendenza dei modelli di governance, che cominciano - sia pure gradualmente - ad

ispirarsi a logiche di mercato e a criteri di efficienza gestionale. In questa prospettiva va

affrontata, come si è tentato di fare nel primo capitolo, l’analisi del ruolo di stimolo e di

impulso che la disciplina comunitaria ha avuto sui servizi pubblici locali di rilevanza

economica.

Nel corso della trattazione si è cercato poi di identificare quali siano le principali

cause che hanno determinato il superamento della disciplina tradizionale dei servizi

pubblici locali. Tra tutte va segnalato che, indubbiamente, ha avuto un ruolo

determinante la non sostenibilità, da un punto di vista economico-finanziario, delle

gestioni dirette o indirette da parte di enti pubblici.

Al superamento del regime tradizionale dei servizi pubblici locali hanno

senz’altro contribuito anche le innovazioni tecnologiche che sono risultate determinanti

per favorire l’apertura del settore alla concorrenza.

Ciò trova conferma nella circostanza che, non a caso, nel corso degli ultimi venti

anni si sono succedute varie riforme in materia di servizi pubblici locali, volte a favorire

la concorrenza e finalizzate al raggiungimento di un elevato grado di efficienza

nell’erogazione dei servizi. Come evidenziato nel corso del secondo e del terzo capitolo

il limite di dette riforme è stato quello di un approccio al settore parziale e talvolta

contraddittorio, che ne ha compromesso seriamente l’efficienza.

L’efficienza del sistema dei trasporti rappresenta un fattore determinante di

competitività dell’economia. Il trasporto pubblico locale è infatti un settore economico i

cui interessi coincidono in larga misura con quelli di buona parte del sistema produttivo

di beni e servizi nel suo complesso. La ricerca dell’efficienza, nell’ambito

dell’evoluzione dei servizi di t.p.l., è stata diretta verso la progressiva riduzione della

presenza pubblica, diretta e indiretta nella gestione e nell’erogazione dei servizi,

accompagnata dal rafforzamento della funzione di indirizzo e di regolazione da parte

delle amministrazioni locali.

L’obiettivo della presente ricerca è quello individuare le ragioni di fondo che

hanno segnato il fallimento della “gestione pubblica” dei servizi di trasporto locale che,

come è ormai acquisito, ha fatto precipitare il settore in uno stato di crisi che perdura da

oltre un secolo, concorrendo a produrre gravi squilibri di finanza pubblica.

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Lo studio condotto ripercorre l’evoluzione normativa che ha caratterizzato il

settore del t.p.l. e sugli effetti che l’assenza di un progetto a lungo termine ha

determinato su un segmento di estrema rilevanza per l’economia del Paese,

soffermandosi infine sulle più recenti decisioni di politica economica volte a fornire al

settore un modello di governance sostenibile.

L’obiettivo di fondo del Legislatore europeo, come si potrà vedere, sembra

essere quello di individuare soluzioni di policy sostenibili, che garantiscano idonei

livelli di efficienza gestionale in un settore in relazione al quale persiste un evidente

interesse pubblico di fondo (la necessità di garantire un livello adeguato di servizi) a

fronte di un costante progressivo taglio di risorse pubbliche, che coinvolge in modo

trasversale tutti gli operatori del comparto.

L’indagine prende poi in esame lo stato attuale del trasporto pubblico locale -

ancora oggi connotato da un’incertezza normativa e dall’assenza di un progetto di

riforma a lungo termine – nel tentativo di individuarne le principali criticità.

Il presente studio si pone l’obiettivo di offrire un contributo ad un settore

determinante per l’economia del nostro Paese.

Il trasporto pubblico locale non può essere considerato semplicemente come la

sommatoria di problematiche locali, ma deve essere esaminato come fattore critico per

lo sviluppo della nostra economia. La competitività del Paese è infatti strettamente

connessa ad un sistema di trasporto pubblico locale efficiente e sostenibile, mentre –

come è noto - purtroppo la condizione attuale di tale settore è ancora assai distante da

questo modello ideale di mobilità.

Di fatto la mancanza di risorse finanziarie, unitamente ai ripetuti tagli di risorse,

rendono assai incerto il futuro del settore, arrivando a metterne a rischio la

sopravvivenza.

Su tutto grava un assetto normativo e ordinamentale inadeguato, una assenza di

programmazione a livello centrale e locale, una frammentazione delle responsabilità di

spesa ripartite fra una molteplicità di enti della Pubblica Amministrazione, oltre alla

mancanza di una chiara definizione degli obiettivi.

Appare, dunque, inevitabile che per assicurare un futuro al settore il Legislatore

debba procedere all’individuazione di idonee politiche pubbliche che individuino

modalità organizzative e strumenti tesi a garantire, non solo una piena efficienza

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gestionale, ma anche una capacità di sviluppo e di innovazione che risponda alle reali

esigenze economiche e sociali del Paese.

Questo è il quadro, in termini non solo normativi ma di public policy, che si è

tentato di ricostruire.

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Capitolo I

I SERVIZI DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALESINO ALLA RIFORMA DELL’ART. 23 BIS, D.L. 112 / 2008

Sommario: 1. Dalla municipalizzazione dei servizi di T.P.L, alla legge quadro 151/1981 - 2. La riforma dei servizi pubblici locali: il lungo cammino verso la cessazione degli affidamenti diretti. - 3. L’incidenza delle politiche comunitarie- 4. Il trasporto pubblico locale tra istanze conservatrici e apertura alla concorrenza - 5. Il trasporto pubblico locale nelle politiche di programmazione economica ed industriale.

1. Dalla municipalizzazione dei servizi di T.P.L. alla legge quadro 151/1981.

La materia dei servizi pubblici locali è stata caratterizzata, sin dalle sue origini, da una

produzione normativa che ha cercato di fornire una disciplina organica ad un settore

oggettivamente complesso, in cui coesistono interessi eterogenei e contrapposti, quali

esigenze di governo pubblico e sviluppo dell'iniziativa privata, istanze sociali e gestioni

ispirate a criteri di economicità.

Ecco dunque l’oggettiva difficoltà di fornire una definizione di servizio pubblico, che

tenga conto della molteplicità di variabili che caratterizzano il settore.

Di fatto per un procedere ad un esame del fenomeno dei servizi pubblici nel nostro

Paese si rende, necessario da un lato, individuare le motivazioni dell'intervento pubblico

nell'economia, dall'altro, i mutamenti dello Stato e delle Amministrazioni locali, nei

rapporti con la società civile.

In tale situazione si assiste ad una prima fase, caratterizzata da un intervento Statale,

che non si limita alle tipiche azioni di regolazione e di controllo, ma si spinge sino alla

gestione diretta del servizio.

La tendenza che andrà maturando nell’evoluzione del settore dei servizi pubblici di

rilevanza economica, sarà quella di ripensamento del ruolo Stato, che prenderà

gradualmente le distanze da un modello di gestione diretta dei servizi pubblici,

soprattutto in ragione delle insormontabili problematiche connesse alla non sostenibilità

finanziaria di dette gestioni da parte dell’Amministrazione Statale.

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Un primo passo in tale direzione verrà realizzato mediante il trasferimento, operato in

favore delle Regioni a statuto ordinario, delle competenze amministrative su tranvie e

linee automobilistiche di interesse regionale1.

Un ruolo fondamentale, nel ripensamento della nozione di servizio pubblico, giocherà,

come vedremo di seguito, l’intervento del legislatore comunitario, che nell’ottica di una

graduale apertura del mercato, metterà gradualmente in discussione il modello della

gestione diretta Statale, come unico modello prospettabile di gestione dei servizi

pubblici di rilevanza economica.

La nozione di servizio pubblico, storicamente, diventa un problema di carattere

giuridico all'inizio del XX secolo, in coincidenza con lo svilupparsi dei processi di

nazionalizzazione e municipalizzazione di interi segmenti di economia, fino a quel

momento di prerogativa esclusiva di soggetti privati, organizzati in forma di impresa.

La municipalizzazione dei servizi pubblici, intesa come prerogativa dello Stato di

intervenire nella sfera dell'impresa privata, al fine di soddisfare i bisogni della

collettività, vede la propria affermazione, nel riconoscimento in capo ai Comuni della

facoltà di gestire i servizi pubblici, attraverso attività di natura economica, che risultano

sottratte all'economia di mercato2.

1 Ai sensi dell’art. 1, d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 5, le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale sono trasferite alle Regioni a statuto ordinario.Sono da considerare di interesse della regione nel cui ambito territoriale si svolgono ed anche se tocchino od attraversino il territorio di regioni finitime, senza svolgervi attività di natura economica relative al movimento dei viaggiatori o delle merci:a) i pubblici servizi tranviari, ivi comprese le linee metropolitane urbane ed extraurbane, i servizi ferroviari, le funicolari terrestri ed i servizi esercitati con funivie di ogni tipo;b) le linee automobilistiche di servizio pubblico, sia di persone che di merci, anche se sostitutive di linee tranviarie e ferroviarie in concessione e di linee delle ferrovie dello Stato definitivamente soppresse a norma del regio decreto-legge 21 dicembre 1931, n. 1575.L’art. 84 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, dispone che le funzioni amministrative relative alle materie tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale concernono i servizi pubblici di trasporto di persone e merci esercitati con linee tranviarie, metropolitane, filoviarie, funicolari e funiviari di ogni tipo, automobilistiche (anche sostitutive di linee tranviarie e ferroviarie in concessione e di linee delle ferrovie dello Stato definitivamente soppresse a norma del regio decreto 21 dicembre 1931, n. 1575), anche se la parte non prevalente del percorso si svolge nel territorio di un'altra regione. Le modalità di svolgimento dei servizi pubblici di trasporto ,che si svolgono parzialmente in altre regioni finitime, sono stabilite d'intesa con le regioni nel cui territorio si svolge la parte minore del percorso dei servizi pubblici di trasporto. Sono parimenti trasferite alle regioni le funzioni amministrative relative al personale dipendente da imprese concessionarie di autolinee.22 C. Mozzarelli, Il governo della città nell’Italia Giolittiana. Proposte di storia dell’amministrazione locale, Trento, 1995, p.14.

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Con la municipalizzazione dei servizi pubblici locali, il ruolo dello Stato non si limita

alle tipiche azioni di regolazione e di controllo, ma si spinge sino alla gestione diretta

del servizio.

L’azione Statale mira ad esercitare un controllo sul mercato interno per garantire uno

sviluppo economico equilibrato.

Lo Stato dunque appare l’unico soggetto in grado di assicurare il corretto

funzionamento del mercato e di conseguenza l’espansione economica del paese,

mantenendo come caposaldo della propria azione i principi fondamentali di giustizia

sociale e di pieno sviluppo della persona3.

In conformità con tale indirizzo di politica economica viene emanata la legge

Giolitti4sulla municipalizzazione, che per la prima volta va a disciplinare le modalità di

assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni.

La citata normativa era frutto di istanze di natura sociale, che vedevano nella

municipalizzazione dei pubblici servizi, lo strumento mediante il quale far fronte

all’intensificazione della vita urbana, riconducibile al progressivo incremento della

popolazione e al contestuale ingrandimento delle città, nonché alla sempre crescente

necessità di politiche sociali idonee a fronteggiare i sempre crescenti bisogni della

collettività.

Nel contempo la municipalizzazione veniva considerata l’unico strumento idoneo a

sottrarre ai privati la gestione dei pubblici servizi locali; scelta che se da un lato mirava

a preservare le reti e gli impianti pubblici, si scontrava inevitabilmente con gli ingenti

costi di gestione che sarebbero dovuti essere sopportati dalle amministrazioni statali,

con conseguente maggior onere economico a carico degli utenti finali.

La legge Giolitti interveniva dunque con l’obiettivo di regolare una situazione

complessa, caratterizzata da una pluralità di istanze di municipalizzazione, provenienti

dai singoli Comuni, che necessitavano di essere ricondotte ad una disciplina unitaria.

La problematica maggiore che affliggeva il progetto della municipalizzazione dei

servizi era rappresentato dai costi diretti che l’Amministrazione avrebbe dovuto

sopportare a seguito della riforma prospettata da Giolitti. L’assunzione diretta da parte

dello Stato, per il tramite delle amministrazioni locali, della gestione dei servizi 3 R. Balzani, Un comune imprenditore. Pubblici servizi, infrastrutture urbane e società a Forlì, Milano 19914 L. 29 marzo 1903, n. 103 “Assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni”, successivamente confluita nel r.d. n. 2578 del 15 ottobre 1925,

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pubblici, comportava inevitabilmente un onere economico troppo gravoso per le finanze

statali.

D’altro canto il Legislatore dell’epoca era fermamente convinto che la gestione diretta,

tramite municipalizzate, avrebbe assicurato maggiori profitti, con evidenti benefici per

le comunità locali.

Pur permanendo dubbi in ordine alla possibilità di introdurre criteri di economicità ed

efficienza all’interno di aziende pubbliche, di fatto cresceva nella società la domanda di

servizi, che necessitava di una regolazione e di una disciplina unitaria.

La legge Giolitti interviene dunque per far fronte alla crescente domanda di servizi

ponendosi come obiettivo primario l’individuazione dei presupposti necessari per la

loro assunzione diretta da parte delle amministrazioni locali, fissando al contempo una

serie di criteri necessari per la gestione diretta dei medesimi5.

La norma in esame conteneva un’elencazione, puramente esemplificativa dei servizi

pubblici che i comuni potevano gestire direttamente attraverso la costituzione di

un’azienda speciale separata dall'amministrazione locale.

La legge prevedeva che i servizi di non grande rilevanza potessero essere riuniti e sotto

la direzione di un’unica azienda per permettere a più comuni di consorziarsi tra loro per

gestire i servizi pubblici dei loro territori.

Sostanzialmente gli obiettivi fondamentali che la legge Giolitti si proponeva erano da

individuarsi da un lato nel riconoscimento in capo ai Comuni della facoltà di assumere

la gestione diretta dei servizi pubblici, tramite l'istituzione di aziende speciali, dall’altro

nel riconoscimento in capo alle medesime amministrazioni comunali della facoltà di

procedere alla valutazione della convenienza economica della gestione diretta dei

servizi pubblici6.

Nel contempo il legislatore mirava a favorire l'assunzione, da parte dei Comuni, della

gestione diretta dei servizi pubblici, attraverso la previsione di agevolazioni finanziarie,

5 Secondo quanto previsto dall’art. 2, co 1, della l. 29 marzo 1903, n.103, cosi come modificato dall’art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, ogni servizio assunto direttamente dall’Amministrazione locale deve costituire un'azienda speciale, distinta dall'amministrazione ordinaria del comune, con bilanci e conti separati.6 L’art. 2, co. 5 della l. 29 marzo 1903, n.103, cosi come modificato dall’art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578 dispone che “gli utili netti dell'azienda, accertati dal conto approvato, salvo il disposto dell'articolo seguente lettere a ) e d ), e detratto quando si ritenga di dover destinare al miglioramento ed allo sviluppo della azienda stessa, ed anche a ridurre le tariffe dei servizi, sono devoluti al bilancio comunale e saranno versati alla cassa del comune nei modi e tempi da stabilirsi coi regolamenti speciali delle singole aziende”.

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anche nelle ipotesi di riscatto di un servizio pubblico dato in concessione e

successivamente revocato7.

L’amministrazione Comunale poteva assumere direttamente talune attività di

prestazione, il cui esercizio era giudicato di interesse pubblico, nei casi in cui il servizio

doveva essere svolto in regime concorrenziale alle imprese private, mentre nel caso in

cui il servizio veniva svolto in regime di monopolio e quindi con una compressione dei

diritti privati, l’assunzione del medesimo doveva avvenire per legge.

In particolare, per gli enti pubblici minori, l’assunzione in monopolio poteva avvenire

solo previa deliberazione degli organi dell’ente e solo con riferimento a quei servizi per

il quale la legge formale espressamente prevedeva questa possibilità.

7 In base all’art. 25 della l. 29 marzo 1903, n.103, cosi come modificato dall’art. 24 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, I comuni possono assumere l'impianto e l'esercizio diretto dei pubblici servizi per quei servizi che siano già affidati all'industria privata, quando dall'effettivo inizio dell'esercizio sia trascorso un terzo della durata complessiva del tempo per cui la concessione fu fatta. Tuttavia i comuni hanno sempre diritto al riscatto quando siano passati venti anni dall'effettivo inizio dell'esercizio; ma in ogni caso non possono esercitarlo prima che ne siano passati dieci. Qualora i comuni non facciano uso delle facoltà di riscatto nei periodi sopra determinati, non possono valersene se non trascorso un quinquennio, e così in seguito di cinque in cinque anni.Il riscatto deve essere sempre preceduto dal preavviso di un anno.Quando i comuni procedono al riscatto debbono pagare ai concessionari un'equa indennità, nella quale si tenga conto dei seguenti termini:a) valore industriale dell'impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso dall'effettivo cominciamento dell'esercizio e dagli eventuali ripristini avvenuti nell'impianto o nel materiale ed inoltre considerate le clausole che nel contratto di concessione siano contenute circa la proprietà di detto materiale, allo spirare della concessione medesima;b) anticipazioni o sussidi dati dai comuni, nonché importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai concessionari e premi eventualmente pagati ai comuni concedenti, sempre tenuto conto degli elementi indicati nella lettera precedente;c) profitto che al concessionario viene a mancare a causa del riscatto e che si valuta al valore attuale che avrebbero, nel giorno del riscatto stesso, al saggio dell'interesse legale, tante annualità eguali alla media dei profitti industriali dell'ultimo quinquennio, quanti sono gli anni pei quali dovrebbe ancora durare la concessione, purché un tale numero di anni non superi mai quello di venti.L'importo di tali annualità si calcola sulla media dei redditi netti accertati ai fini dell'imposta di ricchezza mobile dell'ultimo quinquennio, tolti dal medesimo l'anno di maggiore e di minore profitto e depurato dell'interesse del capitale, rappresentato da ciò che si corrisponde al concessionario per i titoli di cui alle lettere a ) e b ) di questo articolo.L'ammontare dell'indennità può essere determinato d'accordo fra le parti con l'approvazione della giunta provinciale amministrativa.In mancanza dell'accordo decide in primo grado, con decisione motivata, un collegio arbitrale composto di tre arbitri, di cui uno è nominato dal consiglio comunale, uno dal concessionario ed uno dal presidente del tribunale nella cui giurisdizione è posto il comune.Avverso la decisione di tale collegio, così il comune come il concessionario possono appellarsi ad un altro collegio di tre arbitri, i quali saranno nominati dal primo presidente della corte d'appello e decideranno come amichevoli compositori.I comuni, che esercitano la facoltà del riscatto, debbono sostituirsi nei contratti attivi e passivi del concessionario incorso coi terzi per l'esecuzione dell'industria o del servizio e col personale addetto al servizio stesso, purché i contratti siano stati stipulati ed il personale sia stato assunto prima del preavviso di cui al terzo alinea del presente articolo. Tuttavia degli oneri derivanti dai detti contratti sarà tenuto conto nella determinazione dell'indennità di riscatto

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Con riferimento ai servizi in relazione ai quali i Comuni potevano assumere la gestione

diretta deve rilevarsi come l’elencazione contenuta nel testo unico non dovesse ritenersi,

esattamente come nella legge Giolitti, in alcun modo tassativa, ma meramente

esemplificativa.

I servizi municipalizzati potevano essere oggetto di gestione diretta da parte

dell’amministrazione locale, oppure potevano essere dati in concessione ai privati.

La gestione diretta poteva svolgersi in economia o con la costituzione di aziende

speciali Per quanto concerne la gestione diretta questa era consentita solo per alcuni

servizi espressamente indicati dal legislatore ovvero per altri di tenue importanza in

rapporto a quella del comune.

Per alcuni servizi di non grande importanza o di tale natura da potersi riunire

convenientemente, poteva essere costituita un’unica azienda, mantenendo tuttavia

separata le contabilità8.

La municipalizzazione dei servizi passava per una delibera del consiglio comunale ed

era soggetta al controllo di merito del comitato regionale di controllo. Particolari

indennizzi erano previsti per i casi in cui si incideva sui diritti di precedenti

concessionari. Le aziende speciali erano titolari della capacità di compiere tutti i negozi

giuridici necessari per il raggiungimento del loro fine e di stare in giudizio per le azioni

che ne conseguivano9.

Le aziende speciali erano soggette alla vigilanza del Consiglio comunale10. Esse, infatti,

pur facendo parte dell’organizzazione del Comune, non avevano personalità giuridica,

con conseguente responsabilità del comune per eventuali passività.

Gli utili netti dell'azienda, accertati dal conto approvato e detratto quanto si riteneva di

destinare al miglioramento ed allo sviluppo dell’azienda stessa, ed anche a ridurre le

8 Secondo quanto previsto dall’art. 2, co 2, della l. 29 marzo 1903, n.103, così come modificato dall’art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, nel caso di servizi di non grande importanza o di tal natura da potersi riunire convenientemente, potrà essere costituita un'azienda sola che provveda a più servizi, tenendo contabilità separate.9In base al disposto di cui all’art. 2, co 2, della l. 29 marzo 1903, n.103, così come modificato dall’art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, le aziende speciali hanno la capacità di compiere tutti i negozi giuridici necessari per il raggiungimento del loro fine e di stare in giudizio per le azioni che ne conseguono. Esse sono soggette alla vigilanza del consiglio comunale, che può sempre esaminarne l'andamento.10 Art. 2 co 2, della l. 29 marzo 1903, n.103, così come modificato dall’art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578

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tariffe dei servizi, erano devoluti al bilancio comunale nei modi e nei tempi stabiliti dai

regolamenti speciali delle singole aziende11.

Per far fronte alle perdite il legislatore aveva previsto l’istituzione di un fondo di

riserva che qualora fosse risultato non sufficiente, sarebbe stato integrato da appositi

stanziamenti nella parte straordinaria della spesa del bilancio comunale.

La direzione delle Aziende speciali era affidata ad una commissione amministratrice,

eletta dal consiglio comunale12, mentre l’organo esecutivo era rappresentato da un

direttore, impiegato nominato dalla commissione con pubblico concorso, per un triennio

e con possibilità di rinnovo del rapporto13.

I bilanci e le deliberazioni relative alle spese erano soggette alle verifiche del consiglio

comunale e del comitato regionale di controllo che poteva inoltre annullare le

deliberazioni illegittime.

Se come visto, durante l’epoca Giolittiana il modello prevalente nella gestione dei

servizi pubblici era rappresentato dall’assunzione diretta da parte dell’Amministrazione,

mediante azienda municipalizzata, cominciano gradatamente ad affermarsi, con sempre

11 L’art. 3, della l. 29 marzo 1903, n.103, così come modificato dall’art. 2 r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578 prevede che ciascuna azienda sia retta da un regolamento speciale che, oltre a contenere tutte le norme per il funzionamento amministrativo contabile e tecnico dell'azienda, determini:a) i requisiti per la nomina a direttore, la cauzione che questi deve prestare prima di essere assunto in servizio, la retribuzione dovutagli sotto forma di stipendio fisso e se debba essergli attribuita una compartecipazione agli utili e in quale misura;b) le norme per l'assunzione in servizio e per il licenziamento del personale, escluso qualsiasi onere di pensioni a carico diretto dell'ente o dell’azienda;c) l'inscrizione degli operai alla cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia ed invalidità degli operai;d) le norme per la ripartizione degli utili fra comune, direttore, personale e per la costituzione di un fondo diammortamento e di riserva, e per la valutazione delle attività patrimoniali;e) le tariffe relative al servizio e le norme per le loro modificazioni12 Tra i compiti fondamentali della commissione amministratrice rientrano la delibera annuale sul bilancio preventivo delle aziende nonché la presentazione dei conti al consiglio comunale. La commissione provvede inoltre a tutte le opere e spese, agli appalti e a quanto altro occorra per il funzionamento dell'azienda Parimenti rientrano nella competenza della commissione le delibere relative agli uffici, agli stipendi, alle indennità ed ai salari, nonché quelle concernenti la sospensione ed il licenziamento dei salariati e degli impiegati. Ogni azienda deve allegare al bilancio di previsione di ciascun esercizio la tabella numerica del personale e dei relativi stipendi e salari, che sarà approvata di volta in volta insieme col bilancio.13 La direzione dell'azienda, secondo quanto previsto dall’art.4, r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, è affidata al direttore, che deve prestare la cauzione prescritta dal regolamento speciale. Il direttore è, di regola, nominato in seguito a pubblico concorso da un’apposita commissione e resta in carica per tre anni, con possibilità di rinnovo dell’incarico. Il direttore in via eccezionale può essere nominato per chiamata, ma in tal caso la sua nomina dovrà essere proposta dalla commissione a voti unanimi e approvata dal consiglio comunale con l'intervento di almeno due terzi dei consiglieri in carica.Il direttore rappresenta l'azienda di fronte ai terzi e può stare in giudizio quando si tratta della riscossione dei crediti dipendenti dal normale esercizio dell'azienda; per qualsiasi altra lite deve essere autorizzato dalla commissione amministratrice.

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maggiore frequenza, i casi di concessione di servizio pubblico di trasporto di persone su

itinerari fissi a terzi concessionari.

Lo strumento attraverso il quale si procedeva all’affidamento dei servizi pubblici a

soggetti terzi è la concessione governativa, disciplinata dalla legge 1822/193914, che

costituisce la più antica forma di affidamento dei servizi di trasporto pubblico, o in altri

termini il classico titolo abilitativo all’esercizio di pubblici servizi di linea.

La concessione provvedeva alla determinazione delle modalità di erogazione del

servizio, individuando percorsi, fermate, orari e tariffe.

Con l’introduzione del sistema delle concessioni pubbliche15, intorno alla prima metà

del secolo scorso, si è voluto procedere ad una regolazione delle condizioni del

servizio16, messo a disposizione della collettività, nonché ad una programmazione dei

prezzi.

La tendenza al decentramento nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale assume

connotati ancora più netti intorno agli anni settanta anche in ragione della necessità

sempre più fortemente avvertita di procedere all’istituzione di idonei apparati pubblici

in grado di rispondere alle esigenze delle collettività locali17.

Un primo determinante segnale normativo in tale direzione è rappresentato dal d.p.r. 14

gennaio 1972, n. 5, con cui viene disposto il trasferimento alle Regioni a statuto

ordinario18 delle funzioni amministrative statali in materie di tramvie e linee

automobilistiche di interesse regionale.

Con il successivo d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, con cui vengono riservati allo Stato

compiti e funzioni riferibili all’interesse nazionale, attribuendo alle Regioni compiti di

14 L. 28 settembre 1939, n. 1822 “Disciplina degli autoservizi di linea (autolinee) per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all’ industria privata”15 F. Ciullo, Origini, sviluppo e trasformazione della concessione nel pubblico trasporto, in Trasporti, 1978, 3, p.2216 G. Merletto, Paradigmi dell’intervento pubblico e politica italiana dei trasporti; una rilettura critica , in Economia Pubblica, 2004, n. 6, pag. 59 s.s. 17 In relazione al fenomeno del decentramento , espressione con cui si vuole intendere il conferimento di competenze ad organi periferici dello Stato, si veda con riferimento al trasporto pubblico locale: N. Gullo, la riforma del trasporto pubblico locale, in Riv. Giud. Quadr. Pubb. Serv. 2002; S. Cassese, Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, II, 2000, p. 1967; N. Nitti, Nuovi poteri a Regioni ed enti locali, assenza di moduli per armonizzare la concreta applicazione del principio di sussidiarietà- un disegno di legge cornice per adeguare l’ordinamento repubblicano alla nuova legge costituzionale, in Nuova rass. di legisl. Dottr. Giur., n. 17, 2002, p. 1718. 18 Si fa riferimento al d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 5 “ Trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale e di navigazione e porti lacuali e dei relativi personali e uffici”; e al d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616 “Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”

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programmazione, si fa definitivamente chiarezza sul riparto delle competenze tra Stato e

Regioni19.

La norma sopra citata prevedeva che l’individuazione degli obiettivi di programmazione

economica nazionale sarebbe dovuta avvenire con il concorso delle Regioni, che

avrebbero dovuto determinare i programmi regionali di sviluppo con la partecipazione

degli enti locali territoriali, che, a loro volta, avrebbero assunto tutte le funzioni che non

necessitavano delle competenze Regionali.

Nonostante l’adozione dei sopracitati interventi normativi, le condizioni generali del

trasporto pubblico locale erano tutt’altro che confortanti20, anche in ragione della scarsa

collaborazione tra differenti livelli di governo nella predisposizione e nell’attuazione di

programmi idonei all’efficientamento dei servizi di trasporto pubblico locale.

Di fatto i trasporti locali risultavano in molti casi scadenti o comunque inadeguati alle

esigenze delle comunità locali. Da un punto di vista di politiche aziendali si

registravano scarsi investimenti, diminuzione della domanda, deficit di gestione

sempre crescenti.

Si assisteva, in quegli anni, assai di frequente, al continuo aumento dei disavanzi delle

Aziende pubbliche, disavanzi che puntualmente venivano ripianati con finanziamenti

provenienti dallo Stato e dalle Regioni21.

Per favorire una maggiore integrazione programmatica tra i diversi livelli territoriali e

per tentare di coprire i deficit di bilancio accumulati a causa degli elevati costi di

gestione, venne approvata la legge 10 aprile 1981 n. 15122, con la quale il legislatore

nazionale si preponeva di procedere ad una riforma organica del settore del trasporto

pubblico locale.

La legge-quadro 10 aprile 1981, n. 151, per l’ordinamento, ristrutturazione e

potenziamento dei trasporti pubblici locali, rappresenta la prima normativa nazionale

19 M. Bessone, La disciplina dei trasporti e ruolo della Regione. In margine all’attuazione del d.p.r. n. 616 del 1977, in Riv. Circolaz. e trasp, 1981, p.120 D.U. Galetta, M. Giava zzi, Trasporti terrestri, in Trattato di Diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. Chiti e G. Greco e coordinato da G.F. Cartei e D.U. Galetta, parte speciale, IV, Milano 2007, p.2173 21 S. Cassese, Oltre lo Stato, Roma- Bari, 2006; A. Boitani- C. Cambini, Il trasporto pubblico locale in Italia, in Mercato, concorrenza e regole , 2002, p.45 ss.22 In merito alla novità introdotte dalla legge 10 aprile 1981, n. 151 si veda: F. Merloni, P.Urbani, La legge quadro sul riordinamento dei trasporti pubblici locali e la riforma del governo locale , in Riv. giur. circolaz. trasp., 1981, p. 710; F. Merloni, Leggi regionali di attuazione della legge quadro sui trasporti pubblici locali, in Riv. giur. circ. trasp., 1985, quaderno n. 3, p.11 ss; S. Amorosino, I trasporti locali su gomma tra modelli normativi di programmazione e disfunzioni amministrative, in Trasporti, 1989, p.144.

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che individua i principi fondamentali a cui le Regioni a statuto ordinario sono chiamate

ad attenersi nell’esercizio della propria potestà legislativa ed amministrativa in tema di

trasporti collettivi urbani, extraurbani e regionali di persone e cose offerti in maniera

indifferenziata, continuativa e periodica al pubblico, con frequenze, itinerari, orari e

tariffe prestabiliti.

Risultavano esclusi dalla legge 151/1981 i trasporti pubblici di competenza dello Stato,

cioè non trasferiti alla competenza amministrativa regionale dai d.p.r. 14 gennaio 1972,

n. 5 e 24 luglio1977, n. 616, vale a dire gli autoservizi di linea a carattere internazionale

od anche solo regionale se colleganti Regioni tra loro non finitime, nonché le linee

ferroviarie in concessione o secondarie gestite dalle Ferrovie dello Stato (all’epoca

ancora azienda autonoma facente capo al Ministero dei Trasporti), per le quali era

prevista semplicemente una delega dallo Stato alle Regioni delle proprie competenze,

che rimanevano pertanto allo Stato, e non un trasferimento delle stesse, cioè un vero e

proprio decentramento amministrativo. Rientravano invece nell’ambito di applicazione

della l. 151/1981 i servizi pubblici di navigazione lacuale, fluviale, lagunare, sui canali

navigabili ed idrovie, salva la competenza statale per i rapporti internazionali

concernenti la navigazione sul lago Maggiore.

L’elemento di maggiore novità introdotto dalla L. 151/1981, attorno alla quale ruotava

la riforma del t.p.l., è l’affermazione del principio di sussidiarietà. In forza

dell’affermarsi di tale principio, le Regioni sono chiamate a delegare le proprie funzioni

amministrative agli Enti locali che, rappresentando l’istituzione più vicina alla

cittadinanza, risultano essere maggiormente idonei a conoscere e tutelare gli interessi

della collettività locale23.

Le Regioni, nell’ambito delle loro competenze24, definiscono inoltre la politica

regionale dei trasporti, predispongono piani regionali dei trasporti, adottano programmi

di intervento finanziario sia per gli investimenti, sia per l’esercizio dei trasporti pubblici

locali.

Ulteriori competenze, attribuite dal Legislatore alle Regioni, hanno ad oggetto

l’individuazione dei bacini di traffico25, la definizione di indirizzi per la ristrutturazione

ed organizzazione dei servizi di trasporto pubblico, la promozione di forme associative 23 L’art. 1, co. 3, l. 10 aprile 1981, n. 151, prevede Le regioni delegano, di norma, agli enti locali e a loro consorzi, l'esercizio delle funzioni amministrative trasferite dal d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 5, e dal d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, in materia di trasporti pubblici.24 Art. 2, l. 10 aprile 1981, n. 151

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tra Enti locali, per l’esercizio delle funzioni amministrative, la determinazione di

sanzioni amministrative per irregolarità nei titoli di viaggio.

Con riferimento alle modalità di gestione dei servizi di trasporto pubblico locale, queste

possono essere sostanzialmente individuate nella gestione diretta, in economia, con

assunzione diretta del servizio da parte dell’Ente pubblico, oppure tramite azienda

speciale, e nella gestione indiretta, mediante concessione.26

La prima forma di gestione può dunque avvenire in economia, vale a dire senza una

separazione tra l’Ente pubblico che assume il servizio e soggetto gestore, oppure

mediante azienda speciale.

La costituzione di un’azienda speciale comportava, come visto, un aumento degli organi

dell’Ente all’interno del quale l’azienda risultava incardinata. Essa, pur non essendo

dotata di personalità giuridica, doveva perseguire fini speciali rispetto a quelli generali

dell’Ente ed era pertanto provvista di autonomia organizzativa e di un’ampia

discrezionalità nell’effettuare scelte operative.

Per quanto riguarda la forma indiretta di gestione dei servizi di t.p.l , non vi è dubbio

alcuno che la concessione fosse in quegli anni la più seguita. La grande novità,

25 Ai sensi dell’art. 3, co. 2, l. 10 aprile 1981, n. 151, si intende per bacino di traffico l’unità territoriale entro la quale attuare un sistema di trasporto pubblico integrato e coordinato in rapporto ai fabbisogni di mobilità, con particolare riguardo alle esigenze lavorative, scolastiche e turistiche.26 Secondo quanto previsto dall’art. 4, l. 10 aprile 1981, n. 151, i servizi di trasporto pubblico locale sono gestiti in uno dei seguenti modi:a) in economia dagli enti locali;b) mediante aziende speciali;c) in regime di concessione.Le concessioni sono accordate alle aziende pubbliche e private secondo quanto previsto dalla legge regionale che disciplinerà, tra l'altro:a) durata e modalità delle concessioni;b) criteri di attribuzione delle concessioni, tenendo conto della idoneità tecnica e finanziaria del concessionario e garantendo adeguate forme di pubblicità e comunicazione dei procedimenti e degli atti relativi al rilascio delle concessioni stesse;c) forme di esercizio delle concessioni, con particolare riguardo alla sicurezza e alla regolarità; d) i casi di risoluzione, revoca e decadenza delle cessioni;e) i casi di linee interregionali per le quali, ai sensi dell'art. 84 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, le incombenze di cui alle precedenti lettere a), b), c) e d) competono alla regione dove si svolge il percorso prevalente, di intesa con la regione finitima interessata.Il mancato rinnovo delle concessioni di cui al comma precedente o la loro decadenza per inadempienza degli impegni previsti dal disciplinare non attribuisce il diritto ad alcun indirizzo. Le attrezzature fisse e mobili e il materiale rotabile potranno essere rilevati a prezzi di mercato dal concedente con diritto di prelazione al netto degli eventuali contributi statali o regionali in conto capitale per investimenti non ammortizzati. È vietata la sub concessione delle linee di trasporto pubblico di cui all'articolo 1, salva espressa autorizzazione del concedente motivata da esigenze di pubblico interesse.

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introdotta dalla legge 151/1981, è stata quella di riconoscere al legislatore regionale il

potere di disciplinare in modo organico i trasporti regionali, urbani ed extraurbani.

Non a caso la legge 151/1981 riconosce alle Regioni il potere di stabilire un’organica

disciplina per l’esercizio del trasporto pubblico locale, compreso quello urbano, facendo

riferimento ai bacini di traffico come parametro di riferimento ottimale entro il quale si

attua un sistema di trasporto pubblico integrato, in relazione ai fabbisogni della

comunità. Ciò costituiva una grande innovazione, poiché sino ad allora il trasporto

pubblico locale urbano era sempre stato considerato dal Legislatore di esclusiva

competenza e prerogativa assoluta delle Amministrazioni Comunali.

Nonostante gli ottimi propositi del legislatore, nel tentativo di procedere ad una riforma

organica del settore, gli obiettivi strategici che si era preposto il legislatore con la legge

151/1981 sono stati disattesi in quanto la maggior parte delle Regioni, a cui erano state

delegate le suddette funzioni di pianificazione e programmazione del sistema dei

trasporti, non è riuscita ad attuarle.

Assai di frequente si sono verificati ritardi nella predisposizione dei piani di trasporto,

nell’emanazione della normativa di dettaglio nonché nella definizione dei parametri sui

quali procedere al computo dei costi.

Quanto alle modalità di erogazione dei contributi di esercizio la norma in esame

prevedeva che detti contributi dovessero essere assegnati secondo principi e procedure

stabiliti con legge regionale con l’obiettivo di perseguire l’equilibrio economico dei

bilanci delle aziende di trasporto27.

27 Secondo quanto previsto dall’art. 6 della l. 10 aprile 1981, n. 151, i contributi di esercizio, sono erogati dalla regione, sulla base di principi e procedure stabiliti con legge regionale, con l'obiettivo di conseguire l'equilibrio economico dei bilanci dei servizi di trasporto e sono determinati annualmente calcolando:a) il costo economico standardizzato del servizio con riferimento a criteri e parametri di rigorosa ed efficiente gestione, distinto per categorie e modi di trasporto e tenuto conto, attraverso analisi comparate, della qualità del servizio offerto e delle condizioni ambientali in cui esso viene svolto;b) i ricavi del traffico presunti derivanti dall'applicazione di tariffe minime stabilite dalla regione, con il concorso degli enti locali interessati. Detti ricavi debbono coprire il costo effettivo del servizio almeno nella misura che verrà stabilita annualmente nel quadro di un programma triennale per le varie zone ambientali omogenee del territorio nazionale con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del tesoro e di intesa con la commissione consultiva interregionale di cui all'art. 13, L.16 maggio 1970, n. 281. Le tariffe, nonché i provvedimenti di organizzazione e ristrutturazione aziendale e l'adozione di idonee misure di organizzazione del traffico, debbono assicurare annualmente un incremento del rapporto «ricavi-costi» da definirsi a livello regionale, tenuto conto anche dei contributi per gli investimenti erogati per l'attuazione dei programmi aziendalic) l'ammontare dei contributi, entro i limiti dello stanziamento di cui all'articolo 5, da erogare alle imprese od esercizi di trasporto sulla base di parametri obiettivi per coprire la differenza tra costi e ricavi come sopra stabiliti.Le eventuali perdite o disavanzi non coperti dai contributi regionali come sopra determinati restano a carico delle singole imprese od esercizi di trasporto.

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Il perseguimento dell’equilibrio economico rappresentava, senza ombra di dubbio, un

elemento di profonda rottura rispetto alle politiche di settore pregresse.

Secondo le intenzioni del legislatore questo doveva avvenire, da un lato determinando i

contributi erogati dalla Regione in base al costo economico standardizzato del servizio,

fondandosi ovviamente su criteri di efficienza della gestione, dall’altro attraverso la

previsione dei ricavi di traffico presunto, derivanti dall’applicazione di tariffe minime

stabilite dalla Regione28.

Dette previsioni pur innovando profondamente il settore del trasporto pubblico locale,

presentavano un forte elemento di criticità, rappresentato dall’eterogeneità delle

soluzioni adottate dalle Regioni nella determinazione dei costi standard.

Il legislatore nazionale con l’introduzione del parametro del costo standard voleva

evidentemente far riferimento ad uno standard medio di costo della gestione del

servizio, rapportato alle condizioni ambientali locali nonché alla qualità del servizio

offerto.

Il costo standard avrebbe dunque essere calcolato da parte delle Regioni non certo sulla

base delle medie dei costi storici, ma avrebbe dovuto costituire un parametro di

efficienza calcolato sulla base dei costi consuntivi reali29.

Le normative regionali, adottate in attuazione della Legge 151/1981, presentavano

dunque profonde disomogeneità, in ordine ai criteri con cui procedere alla

Gli enti locali o i loro consorzi provvedono alla copertura dei disavanzi delle proprie aziende che eccedano i contributi regionali all'interno dei propri bilanci senza possibilità di rimorso da parte dello Stato, sulla base di un piano che preveda il raggiungimento dell'equilibrio di bilancio entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge.La verifica dello stato di attuazione del piano stesso, redatto sulla base di quanto previsto dall'art.9-bis del D.L. 17 gennaio 1977, n. 2, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 17 marzo 1977,n. 62, deve essere effettuata mediante resoconti semestrali.28 Si veda N. Rangone, I trasporti pubblici di linea, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Parte speciale, vol. III, Milano, 2003, p. 2272; L. Giani – A.Police, Le funzioni di regolazione del mercato, in Diritto Amministrativo, a cura di F.G. Scoca, Torino, 2008, p. 525 ss.29 Secondo quanto previsto dall’art. 7, l. 10 aprile 1981, n. 151, le Regioni, in collaborazione con gli enti locali o i loro consorzi, compiono annualmente la rilevazione dei costi effettivi dei servizi di trasporto pubblico locale. Ogni impresa o esercizio di trasporto deve allegare ai propri bilanci o stati di previsione una tabella di raffronto tra i propri costi e quelli economici standardizzati. Per le aziende costituite in società per azioni a totale partecipazione pubblica, il consuntivo è rappresentato dal bilancio redatto e approvato ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile. Ai fini della presente legge le imprese od esercizi di trasporto pubblico locale sono tenute a presentare i loro bilanci secondo lo schema di bilancio-tipo definito dal Ministro del tesoro .

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determinazione dei costi standard. Circostanza questa, che possiamo ritenersi

fisiologica, considerate le mutevoli condizioni ambientali e le differenti qualità di

servizio presenti nelle varie Regioni.

Al fine di uniformare la determinazione dei criteri con cui procedere alla

determinazione dei costi standard venne emanato il d.l. 6 marzo 1989, n. 54, che

individuò una serie di criteri generali, che sarebbero dovuti essere seguiti dalle Regioni

per l’assegnazione dei contributi ad enti e imprese di settore30. Il legislatore demandava

poi ad un successivo decreto del Ministro dei Trasporti la determinazione del rapporto

minimo di copertura del costo standardizzato rispetto ai ricavi del traffico per le varie

condizioni ambientali e socio-economiche omogenee. Tale decreto non è mai stato

emanato e la norma è rimasta inapplicata.

In tale contesto si farà spazio un ampio dibattito, in merito alla privatizzazione delle

aziende pubbliche e all’introduzione di criteri ispirati alla libera concorrenza in un

settore caratterizzato in buona parte da assetti monopolistici.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte possiamo ritenere che, nonostante la L.

151/1981 di riforma del trasporto pubblico locale presenti vari elementi di criticità,

non si può in alcun modo dubitare che essa abbia determinato un forte impulso verso il

decentramento amministrativo di buona parte delle funzioni in precedenza riservate allo

Stato.

30 L’art. 1 del d.l. 6 marzo 1989, n. 54, convertito nella legge 5 maggio 1989, n. 160 “ Disposizioni urgenti in materia di trasporti e di concessioni marittime prevedeva che: i criteri generali devono tener conto della domanda e dell'offerta sulle singole linee misurate rispettivamente in termini di passeggeri-chilometro e di vetture-chilometro, e della previsione di non concorrenzialità tra servizi sovvenzionati dei bacini di traffico, definiti dalle regioni dopo avere elaborato il piano regionale dei trasporti sulla base dell'analisi della domanda e dell'offerta per singola linea servita. La scelta del servizio da sovvenzionare tra servizi in concorrenza spetta alle regioni dopo aver definito il piano regionale dei trasporti e dei bacini di traffico”.

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2. La riforma dei servizi pubblici locali il lungo cammino verso la cessazione degli

affidamenti diretti.

La disciplina dei servizi pubblici locali, dopo un periodo di sostanziale stabilità, è stata

sottoposta, a partire dai primi anni novanta del secolo scorso ad una molteplicità di

interventi normativi, a tratti disorganici, nei quali non era ravvisabile un disegno

complessivo di riforma del settore.

L’unico dato, che accomunava il succedersi irregolare di questi interventi, era la

costante ricerca di modalità organizzative, che risultassero economicamente sostenibili

per la gestione dei servizi pubblici e che fossero al contempo ispirate a logiche

imprenditoriali e di efficienza.

Gli interventi del legislatore nazionale risultavano diretti sostanzialmente ad un riforma

delle utility locali in chiave industriale, andando da un lato ad incidere, modificandole,

sulle forme di gestione proprie di tali enti, dall’altro, intervenendo sulle modalità di

affidamento del servizio, attraverso la promozione di dinamiche di mercato

concorrenziali.

Gli effetti che tali interventi normativi hanno prodotto, sono andati nella direzione di un

progressivo superamento del regime monopolistico, nella gestione dei servizi pubblici

di rilevanza economica, in favore di misure pro-concorrenziali, che avevano il

vantaggio di non produrre effetti distorsivi sugli assetti del mercato.

In questa direzione risultava di fondamentale rilevanza, la previsione contenuta nella

Legge 142/199031, relativa alla possibilità per gli enti territoriali di esercitare il servizio

pubblico mediante una società per azioni.

La citata normativa, nel disciplinare di fatto le molteplici modalità di affidamento dei

servizi pubblici locali32, riprendeva in buona sostanza, con particolare riferimento al

settore del trasporto pubblico locale, quelle già indicate nella Legge 151/1981.

La gestione dei servizi pubblici da parte di Comuni e Province poteva infatti avvenire in

economia, in concessione a terzi, solo però in presenza di motivi tecnici, economici e di

31 Legge 8 giugno 1990, n. 142 "Ordinamento delle autonomie locali."32 In relazione alle differenti modalità di gestione dei servizi pubblici locali si veda: M. Cammelli, I servizi pubblici nell’amministrazione locale, in Le Regioni, 1992, p. 7 ss; D. Sorace, Note sui servizi pubblici locali dalla prospettiva della libertà di iniziativa, economica e non, dei privati , in Studi in onore di Vittorio Ottaviano, Milano, II, 1993, p. 1141; G. Piperata, Servizi pubblici locali, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, Milano 2006, p. 5527 ss

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opportunità sociale, oppure a mezzo di azienda speciale od addirittura di società per

azioni a prevalente capitale pubblico locale33.

Per quanto concerne l’azienda speciale, il legislatore ha avuto cura di precisare che essa

costituiva un ente strumentale dell’ente locale, dotato di personalità giuridica,

autonomia imprenditoriale e di proprio statuto. L’azienda speciale avrebbe dovuto

uniformare la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità, per il

raggiungimento del pareggio di bilancio mediante l’equilibrio di costi e ricavi, compresi

i trasferimenti34.

Al fine di migliorare l’efficienza del servizio pubblico il Legislatore aveva introdotto la

possibilità per Comuni e Province di stipulare tra loro convenzioni per il

coordinamento dell’attività o in alternativa procedere alla costituzione di consorzi od

unioni tra Comuni confinanti, di piccole dimensioni, per la gestione associata del

servizio.

Il quadro normativo in materia di trasporto pubblico locale muta di nuovo con

l’emanazione della legge delega 28 dicembre 1995, n. 54935, che rafforza il ruolo delle

33 Ai sensi dell’art. 22 della L. 8 giugno 1990, n.142: I comuni e le province, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.2. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge.3. I comuni e le province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme:a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda; b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati.34 Art. 23 L. 8 giugno 1990, n.14235 Secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 51, L. 28 dicembre 1995, n. 549 il Governo, con riferimento al settore dei trasporti pubblici regionali, si atterrà nell’emanazione dei decreti legislativi ai seguendo principi e criteri direttivi:a) delegare alle regioni i compiti di programmazione e amministrazione in materia di servizi di trasporto pubblico di interesse locale e regionale con qualsiasi modo di trasporto esercitati, ivi compresi i servizi ferroviari in concessione e gestione governativa e i servizi locali svolti dalle "Ferrovie dello Stato Spa"; affidare l'esercizio dei servizi di trasporto pubblico attraverso concessioni regolate da contratti di servizio, aventi caratteristiche di certezza finanziaria e di copertura di bilancio da parte delle regioni o degli enti locali, stabilendo che il relativo costo è finanziato dai bilanci regionali e prevedendo che i servizi ulteriori, rispetto a quelli corrispondenti ai livelli minimi definiti dalle regioni, siano determinati dai contratti di servizio stipulati tra le aziende e/o società concessionarie e gli enti locali e che il corrispondente costo sia a carico dei bilanci dei medesimi enti locali; separare istituzionalmente i compiti di programmazione e amministrazione da quelli di produzione dei servizi; definire i criteri per l'istituzione, a livello regionale e locale, di specifici organismi preposti alla formazione e attuazione dei

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Regioni per quanto concerne le fasi di programmazione e finanziamento dei servizi di

trasporto locale, prevedendo nel contempo un ulteriore decentramento alle Province e

ai Comuni di quelle funzioni che non necessitano di un unitario esercizio regionale.

Da un punto di vista di gestione del servizio di t.p.l., viene disposto l’obbligo di

separazione delle funzioni di programmazione da quelle di gestione, che devono essere

conferite a società di capitali o cooperative risultanti dalla trasformazione delle vecchie

aziende speciali, già previste dalla Legge 151/1981. Detti conferimenti devono

avvenire mediante procedure di gara ad evidenza pubblica.

Anteriormente all’attuazione della sopra menzionata delega da parte del Governo viene

emanata la legge 15 marzo 1997, n. 59, avente ad oggetto una delega al governo per il

conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed Enti Locali.

La norma in esame prevede che il Governo garantisca alle Regioni i compiti di

amministrazione e programmazione dei servizi pubblici di trasporto di interesse

regionale e locale, attribuendo alle stesse il compito di definire, d’intesa con gli enti

locali, il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a

soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini36, in modo tale che i costi dei servizi

ulteriori siano posti a carico di quegli Enti che ne programmino l’esercizio37.

piani di trasporto e alla preparazione e gestione dei contratti di servizio pubblico;b) delegare alle regioni il compito di stipulare contratti di servizio e di programma, con decorrenza dal 1° gennaio 1997, con le società concessionarie di servizi ferroviari di interesse regionale e locale, nonchè con le società di servizio ferroviario in regime di gestione commissariale governativa, indicando le modalità di trasferimento alle regioni delle corrispondenti risorse;c) definire le procedure e i criteri per la ristrutturazione delle società di servizio ferroviario in regime di gestione commissariale governativa da attuarsi mediante affidamento di incarico alla società "Ferrovie dello Stato Spa" per la predisposizione del piano di ristrutturazione e successivo affidamento in concessione alla stessa società per non più di un triennio, esercitando il controllo sull'attuazione del piano;d) consentire alle regioni di subentrare, non prima del 1° gennaio 1998, con propri autonomi contratti di servizio regionale al contratto di servizio pubblico tra Stato e "Ferrovie dello Stato Spa" e definire le procedure di subentro;e) garantire il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi al netto dei costi di infrastruttura, fino a conseguire un rapporto di 0,35 a partire dal 1° gennaio 1999;f) procedere all'individuazione di livelli minimi di servizio qualitativamente e quantitativamente sufficienti ad assicurare comunque l'esercizio del diritto alla mobilità dei cittadini.36 A.G. Arabia, D. Guariglio, C. Rapallini, La governance del trasporto pubblico locale, Milano, 200437 Ai sensi dell’art.4, co. 4, lett.a), l. 15 marzo 1997, n. 59, il Governo provvede a delegare alle regioni i compiti di programmazione e amministrazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale; attribuire alle regioni il compito di definire, d'intesa con gli enti locali, il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, servizi i cui costi sono a carico dei bilanci regionali, prevedendo che i costi dei servizi ulteriori rispetto a quelli minimi siano a carico degli enti locali che ne programmino l'esercizio; prevedere che l'attuazione delle deleghe e l'attribuzione delle relative risorse alle regioni siano precedute da appositi accordi di programma tra il Ministro dei trasporti e della navigazione e le regioni medesime, sempre che gli stessi accordi siano perfezionati entro il 30 giugno 1999;

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L’attuazione della legge 59/1997 in materia di trasporti pubblici collettivi viene

realizzata con due decreti delegati, di cui quello speciale, relativo al trasporto pubblico

locale viene emanato anteriormente a quello avente ad oggetto ai trasporti in generale,

evidente segnale dell’urgenza di una disciplina organica dei servizi di trasporto

regionale e locale.

Ecco allora che con l’introduzione del D.lgs. 422/199738, il Legislatore procede ad una

riforma, che possiamo definire epocale del settore del t.p.l., provvedendo ad una

redistribuzione delle competenze amministrative e finanziarie tra Stato Regioni ed Enti

Locali39.

Deve innanzitutto precisarsi come il decreto in esame regoli il conferimento alle

Regioni e agli Enti locali dei servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale

con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati e fissa altresì i criteri di

organizzazione dei servizi medesimi.

Nella ripartizione complessiva delle competenze le Regioni, risultano sostanzialmente

affidatarie di funzioni programmatorie e amministrative.40. Viene loro infatti delegato il

compito di definire gli indirizzi per la pianificazione dei trasporti locali ed in particolare

per i piani di bacino41.

Le Regioni provvedono inoltre alla redazione dei piani regionali dei trasporti, tenendo

conto della programmazione degli Enti Locali e dei piani di bacino predisposti dalle

Province, al fine di assicurare una rete di trasporti che prediliga, tra le varie modalità,

quelle a minor impatto ambientale42.

38 D.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997, n. 59”39 A. Claroni, La regolamentazione del trasporto pubblico locale in Italia, in Il diritto del Mercato del Trasporto, a cura di S. Zunarelli, in Trattato di Dir. comm. e dir. pubb. Economia, diretto da F. Galgano, Cedam, Padova, 2008, pp. 141 e ss40 M. Smeraldi, riforma amministrativa, sussidiarietà concorrenza nella regionalizzazione del trasporto locale, in Dir. trasp., 199, fasc. 1, p. 15 41 Secondo quanto previsto dall’art. 14 del d.lgs 422/1997, le Regioni assumono un ruolo di programmazione che si sostanzia nella definizione degli indirizzi per la pianificazione dei trasporti locali ed in particolare per i piani di bacino, nella redazione dei piani regionali dei trasporti, nella regolamentazione dei servizi minimi di trasporto pubblico locale, mediante l’approvazione di programmi triennali di servizi di trasporto pubblico locale, che individuino la rete e l'organizzazione dei servizi, l'integrazione modale e tariffaria, le risorse da destinare all'esercizio e agli investimenti, le modalità di determinazione delle tariffe, le modalità di attuazione e revisione dei contratti di servizio pubblico, il sistema di monitoraggio dei servizi, i criteri per la riduzione della congestione e dell'inquinamento ambientale.42 Art. 14, d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422

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Vengono fissate le competenze di Regioni ed Enti Locali in tema di programmazione

ed organizzazione dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi lagunari, fluviali e aerei,

che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe

prestabilite, ad accesso generalizzato, nell’ambito di un territorio di dimensione

normalmente regionale o infraregionale.

Si impone altresì alle Regioni di trasferire alle Province, ai Comuni e agli altri Enti

locali, tutte le funzioni in materia di trasporto pubblico locale, che non richiedano

l’unitario esercizio a livello regionale.

La norma in esame si sofferma poi sull’individuazione di quei servizi minimi,

sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità della collettività, anche mediante la

definizione di obblighi di servizio pubblico e di corrispondenti compensazioni

economiche.43

L’intento del legislatore è quello di aprire il settore del trasporto pubblico locale ad un

regime concorrenziale, che veda nella gara ad evidenza pubblica e nei contratti di

servizio gli strumenti per realizzare un’apertura del t.p.l. al mercato.

I contratti di servizio, in particolare, risponderanno alla finalità di definire

compiutamente l’oggetto della gara stessa, le modalità di determinazione del relativo

corrispettivo44, per le quali viene richiamata la disciplina di cui alla legge 14 novembre

43L’art. 16 del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422, prevede che nella definizione dei servizi minimi, sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, si debba tener conto dell'integrazione tra le reti di trasporto delle varie forme di pendolarismo, dell’effettiva fruibilità dei servizi da parte degli utenti, per l'accesso ai vari servizi, nonché delle esigenze di riduzione della congestione e dell'inquinamento.Nella determinazione del livello dei servizi minimi, le Regioni definiscono, d'intesa con gli enti locali, quantità e standard di qualità dei servizi di trasporto pubblico locale, in modo da soddisfare le esigenze essenziali di mobilità dei cittadini.44 Secondo quanto stabilito dall’art. 18 d.lgs 19 novembre 1997, n. 422, l'esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, e' regolato mediante contratti di servizio di durata non superiore a nove anni. La gestione dei servizio, deve rispondere a principi di economicità ed efficienza.Al fine di superare gli assetti monopolistici e garantire regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale, le regioni e gli enti locali per procedere all’affidamento del servizio devono tra l’altro garantire - il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio o dei soci privati delle società che gestiscono i servizi, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizi e sulla costituzione delle società miste;g) la determinazione delle tariffe del servizio in analogia, ove possibile, a quanto previsto dall'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481- l'esclusione, in caso di gestione diretta o di affidamento diretto dei servizi da parte degli enti locali a propri consorzi o aziende speciali, dell'ampliamento dei bacini di servizio rispetto a quelli già gestiti nelle predette forme;

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1995, n. 48145, che definisce le tariffe come prezzi massimi unitari del servizio, da

rivedersi periodicamente, rispetto a quello base di partenza, col metodo del “pricecap”,

inteso quale limite massimo della variazione di prezzo per un periodo pluriennale46.

Il d.lgs. 422/1997, nella sua prima versione, prevedeva la gara come metodo opportuno

per l’affidamento del servizio, ma non esclusivo, individuando ancora, come potenziali

alternative, la gestione diretta o l’affidamento diretto da parte delle Regioni o degli Enti

locali a propri consorzi o aziende speciali, peraltro con l’obbligo di affidare tramite

procedure competitive quote del servizio stesso47.

Un primo strumento per aprire il settore ad un regime di concorrenza48, sia pure ancora

del tutto parziale, è rappresentato dalla previsione normativa, contenuta nel decreto in

parola49 che dispone la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società

per azioni e cooperative tra ex dipendenti, oltre alla possibilità di affidamento diretto del

servizio a tali società e cooperative limitatamente ad un periodo transitorio non

superiore a 5 anni.

Al fine di rendere più incisiva l’apertura al mercato nel settore50 del t.p.l, viene

successivamente adottato il d.lgs. 20 settembre 1999, n. 400, il quale, andando a

45 Art. 2, l. 14 novembre 1995, n. 481, “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”46 L’art. 2, co. 18, L. 14 novembre 1995, n. 481, dispone che:“…… i parametri di cui al comma 12, lettera e), che l'Autorità fissa per la determinazione della tariffa con il metodo del pricecap, inteso come limite massimo della variazione di prezzo vincolata per un periodo pluriennale, sono i seguenti:a) tasso di variazione medio annuo riferito ai dodici mesi precedenti dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'ISTAT;b) obiettivo di variazione del tasso annuale di produttività, prefissato per un periodo almeno triennale”.47 Art. 18, co. 2, lett.b), c) d.lgs. 19 novembre 1997, n. 42248 L. Iera, Concorrenza e liberalizzazione nei servizi di trasporto pubblico, in Giorn. dir. Amm., n. 11, 2006, p. 1203; S. Santiapichi, Il trasporto pubblico locale dopo la riforma dei servizi pubblici, in www.lexitalia.it, n. 3 49 Art. 18, co. ,3 d.lgs. 19 novembre 1997, n. 42250 P. Alberti, L’organizzazione del trasporto pubblico locale nell’ambito della riforma dei servizi pubblici, in Economia e diritto del terziario, 2002, fasc. 2, p. 379.

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modificare la previsione contenuta originariamente nel d.lgs. 422/1997, individua nella

gara51 l’unico strumento, per la scelta del gestore52.

In relazione ai requisiti per la partecipazione alla gara, il d.lgs. 422/1997, prevede che vi

possano partecipare quei soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria

e professionale richiesti dalla normativa vigente.

L’obiettivo della disciplina risulta oltremodo evidente: stimolare il soggetto affidatario

del servizio ad incrementare i propri ricavi attraverso una governance, ispirata a principi

di economicità e di efficienza53.

Si vuole in buona sostanza ricondurre la gestione del servizio pubblico54 nell’ambito di

logiche di mercato, ispirate a criteri di tipo concorrenziale, riducendo al minimo gli

interventi di supporto finanziario da parte dell’ente pubblico.

Il modello concorrenziale introdotto con il Decreto Burlando, si identifica

sostanzialmente procedimento mediante il quale viene effettuata la scelta

dell’imprenditore commerciale al quale verrà affidato il servizio di gestione del t.p.l.

In tale contesto la concorrenza tra gli operatori, che aspirano a divenire gestori del

servizio, risulta limitata al momento dell’accesso al mercato, non protraendosi a quello

dell’erogazione del servizio, in cui andrà ad operare solo il gestore aggiudicatario della

gara.

L’intento del Legislatore non pare dunque rivolto verso un’apertura effettiva del settore

del t.p.l. alla concorrenza, concentrandosi in questa fase sull’individuazione di strumenti

idonei ad assicurare l’economicità e l’efficienza, sia in fase di programmazione che di

erogazione del servizio.

51 La scelta della procedura ad evidenza pubblica come unico strumento per l’affidamento del servizio di t.p.l. (le lett. b) e c) del c. 2 dell’art. 18 d.lgs. 422/1997 originario sono soppresse) viene proclamata (nuova lett. a) del predetto comma) con l’aggiunta della presenza necessaria, nel partecipante alla gara, dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti per il conseguimento dell’abilitazione all’autotrasporto di persone, già definiti nel d.m. Trasporti 20 dicembre 1991, n. 448, attuativo della direttiva Consiglio CE 21 giugno 1989, n. 438, di modifica di quella 12 novembre 1974, n. 562, e poi nuovamente stabiliti per intero dal d.lgs. 22 dicembre 2000, n. 395 (modificato dal d.lgs. 28 dicembre 2001, n. 478), di attuazione della direttiva Consiglio CE 1° ottobre 1998, n. 76, modificativa di quella 29 aprile 1996, n. 26 sull’accesso alla professione di vettore su strada di merci e viaggiatori (direttiva abrogata dal Reg. Parlamento europeo e Consiglio CE 21 ottobre 2009, n. 1071, recante la nuova disciplina comunitaria in materia con effetto dal 4 dicembre 2011).52 R. Pedersini, La riforma dei servizi pubblici: oltre le istituzioni, in Stato e Mercato, 2009, p. 9553 C. Cambini- T. Valletti, Concorrenza senza regolazione? Non ancora grazie, in Mercato e concorrenza e regole, 2003, p. 385 ss.54 C. Franchini, Le principali questioni della disciplina dei servizi pubblici locali, in Studi in onore di L. Mazzaroli, Padova 2007, p. 376

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Ovviamente il gestore, al quale verrà affidato l’esclusiva del servizio, dovrà assicurare

la continuità e l’universalità del medesimo.

Con l’approvazione del Testo unico degli Enti Locali55, sembra verificarsi un netto

discostamento, dall’indirizzo sino a allora seguito dal Legislatore nazionale, con

riferimento alla gestione dei servizi pubblici locali, in cui risulta ricompreso il

trasporto pubblico locale.

Ciò che rileva in particolare è l’ampia discrezionalità riservata all’Amministrazione

locale nella determinazione della forma di gestione del servizio.

L’Ente pubblico può, infatti, propendere per una gestione in economia, nel caso di

servizi di modesta entità, oppure può disporne la concessione a terzi per ragioni

tecniche, economiche o di opportunità sociale, o in alternativa procedere alla

costituzione di un’azienda speciale o di una società per azioni o a responsabilità

limitata, con prelevante capitale pubblico locale, o anche senza quest’ultimo requisito,

con individuazione dei soci privati attraverso procedure di gara ad evidenza pubblica .56

La disciplina, di cui all’art. 113 T.u.e.l, risultava prevalente, in quanto successiva,

rispetto disciplina speciale contenuta nel Decreto Burlando, come modificato dal d.lgs.

400/1999.

La l. 28 dicembre 2001, n. 448 procede all’eliminazione del conflitto tra le due

normative, statuendo che la disciplina del t.p.l., contenuta nel Decreto Burlando, debba

ritenersi prevalente, rispetto a quelle successive adottate con riferimento alla generalità

dei servizi pubblici locali57.

55 Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”56 Secondo quanto previsto dall’art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nella sua formulazione originaria, i servizi pubblici locali sono gestiti nelle seguenti forme: a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati;f) a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria a norma dell'articolo 116. 57 Art. 35 L. 28 dicembre 2001, n. 448 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”

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Le molteplici modifiche intervenute sull’art. 113 T.u.e.l.58, successivamente a quella

della L. 448/2001, che ha determinato l’obbligo in capo all’Amministrazione Locale di

ricorrere alla procedura ad evidenza pubblica nell’individuazione dell’affidatario del

servizio, vanno ad incidere sul settore del T.p.l. nella misura in cui affiancano alla gara

altre due modalità per individuare l’affidatario dei servizi pubblici locali.59 In particolare

viene previsto l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato in cui solo il

socio privato deve essere scelto con gara secondo le direttive indicate dalle autorità

competenti, oppure il conferimento del servizio a società a capitale interamente

pubblico purché l’Ente o gli Enti pubblici, titolari del capitale sociale, esercitino sulla

stessa società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e tale società

realizzi la parte più importante della propria attività con gli Enti controllanti.

Tale ulteriore modifica, apportata alla disciplina originaria contenuta nell’art. 113

t.u.e.l., va ad incidere sulle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici

locali di interesse economico ed è, per espressa determinazione del legislatore,

dichiarata inderogabile ed integrativa delle discipline di settore.

Per quanto riguarda poi gli affidamenti in atto il legislatore fissa la cessazione degli

stessi al 31 dicembre 2006 60.

Il già di per sé difficile obiettivo di una definiva cessazione degli affidamenti diretti in

atto, viene oltremodo ostacolato da una pluralità di intereventi normativi, che

continuano a prorogare gli affidamenti in essere, impedendo l’apertura del settore del

t.p.l. alla concorrenza61.

Da tali proroghe non si può che desumere la circostanza per cui il settore del trasporto

pubblico locale, nonostante le molteplici istanze di apertura al mercato, era ancora ben

lontano da ricevere una disciplina organica, anche alla luce del fatto che il Legislatore

nazionale dimostrava palesemente di non avere un progetto di riforma, che potesse

spingersi nella direzione di una effettiva liberalizzazione del settore.

58 Art. 113, co. 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, , introdotto dall’art. 14 d.l. 30 settembre 2003, n.269, convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 326.59 art. 14, co. 1, d.l. 30 settembre 2003, n. 26960 Art. 14 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, di modifica dell’art. 113 t.u.e.l. come emendato dall’art. 35 l. 448/200161 Tra questi si veda in particolare art. 1, co. 394, L. 23 dicembre 2005, n. 266; d.l. 30 dicembre 2005, n. 273

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3. L’incidenza delle politiche comunitarie

Con riferimento ai servizi di trasporto la normativa comunitaria ed in particolare il

regolamento (CE) 1370/200762, nonostante le enunciazioni contenute nel preambolo,

non pare affatto decisiva nei confronti degli Stati membri, nel fornire un’indicazione

netta circa le modalità di gestione dei servizi di trasporto pubblico locale.

In particolare il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) 1370/2007

si pone come obiettivo quello di promuovere la concorrenza nel trasporto pubblico di

persone su rotaia e strada, a livello intracomunitario od interno ai vari Paesi membri e

quindi anche locale, secondo i principi di trasparenza, parità degli operatori e

proporzionalità degli interventi della pubblica Autorità, rispetto alle esigenze di

regolazione del mercato.

Di fatto però, secondo le previsioni contenute nel regolamento sopra citato,

l’Amministrazione pubblica di uno Stato membro, se da un lato può procedere

all’aggiudicazione di un contratto di servizio mediante gara ad evidenza pubblica63,

dall’altro, se non espressamente vietato dal legislatore nazionale, può fornire essa stessa

il servizio, o aggiudicare direttamente contratti di servizio pubblico ad un soggetto

giuridicamente distinto, su cui la predetta Autorità deve esercitare un controllo

analogo64 a quello esercitato sulle proprie strutture.

62 Regolamento (CE) N. 1370/2007, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70.63 Art. 5, co. 1 e 2, Regolamento (CE) N. 1370/2007, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007.64 L’art. 5, co. 2, Regolamento (CE) N. 1370/2007, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, dispone che a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti, o meno, di un’autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Se un’autorità competente a livello locale assume tale decisione, si applicano le seguenti disposizioni:a) al fine di determinare se l’autorità competente a livello locale esercita tale controllo, sono presi in considerazione elementi come il livello della sua rappresentanza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. Conformemente al diritto comunitario, la proprietà al 100 % da parte dell’autorità pubblica competente, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio per stabilire il controllo ai sensi del presente paragrafo, a condizione che vi sia un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri;b) il presente paragrafo si applica a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eserciti un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale, escluse eventuali linee in uscita o altri

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Le Autorità degli Stati membri, competenti a livello locale, hanno dunque la facoltà di

fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere

all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico ad un operatore interno.

Il contratto di servizio può consistere non solo in un atto giuridicamente vincolante che

formalizza l’accordo tra autorità competente e operatore di servizio pubblico, ma anche

in una decisione adottata dall’autorità competente che assume la forma dell’atto

individuale di natura legislativa o regolamentare oppure che specifica le condizioni alle

quali l’autorità competente fornisce essa stessa i servizi o ne affida la fornitura ad un

operatore interno. Inoltre, con la sola eccezione degli obblighi tariffari, il contratto di

servizio diventa l’unico strumento utilizzabile per concedere un diritto d’esclusiva e/o

compensazioni all’operatore del servizio pubblico65.

L’aggiudicatario di un contratto di servizio, definito operatore interno, è quel soggetto

giuridicamente distinto dall’Autorità competente, sul quale quest’ultima, o nel caso di

un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che

esercita sui propri servizi66.

Si tratta con ogni evidenza di un modello di gestione in house, in relazione al quale il

Regolamento 1370/2007 individua gli indici che devono essere presi in

considerazione, al fine di verificare se risulta sussistente il requisito del “controllo

analogo”.

In tal senso, la disposizione indica, come significativi, il livello di rappresentanza in

seno agli organi d’amministrazione, di direzione o vigilanza, le disposizioni degli

elementi secondari di tali attività che entrano nel territorio di autorità competenti a livello locale vicine, e non partecipino a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale;c) in deroga alla lettera b), un operatore interno può partecipare a una procedura di gara equa da due anni prima che termini il proprio contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta, a condizione che sia stata adottata la decisione definitiva di sottoporre a procedura di gara equa i servizi di trasporto di passeggeri coperti dal contratto dell’operatore interno e che questi non abbia concluso nessun altro contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta;d) in mancanza di un’autorità competente a livello locale, le lettere a), b) e c) si applicano a un’autorità nazionale per una zona geografica non nazionale, a condizione che l’operatore interno non partecipi a gare pubbliche indette per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri al di fuori della zona per la quale è stato aggiudicato il contratto di servizio pubblico;e) in caso di subappalto ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, l’operatore interno è obbligato a prestare egli stesso la maggior parte dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri in questione. 65 art. 3, Regolamento (CE) N. 1370/2007.66 Ai sensi dell’art. 2, lett. j, Regolamento (CE) N. 1370/2007, l’operatore interno è un soggetto giuridicamente distinto dall’autorità competente, sul quale quest’ultima o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi.

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statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche

e sulle singole decisioni di gestione.

Il Regolamento, discostandosi in parte dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che

aveva escluso che potesse realizzarsi la condizione di controllo analogo quando

l’impresa affidataria fosse partecipata da privati67, stabilisce che la proprietà pubblica

totalitaria, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito

obbligatorio per aversi controllo analogo a condizione che vi sia un’influenza pubblica

dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri.

La disposizione contenuta nel Regolamento, che disciplina per la prima volta a livello

comunitario l’affidamento in house68, può essere interpretata nel senso che in talune

società miste, ed in particolare quelle sottoposte ad un’influenza pubblica dominante, il

requisito del “controllo analogo” possa essere determinato in base a criteri diversi dalla

detenzione completa del pacchetto azionario da parte dell’Autorità pubblica.

Le sopra menzionate Società potrebbero dunque essere considerate una sorta di

operatori interni e vedersi aggiudicare direttamente un contratto di servizio pubblico di

trasporto, a prescindere dalle modalità di scelta del socio privato, che in ipotesi potrebbe

essere un socio meramente finanziario.

In base ad una siffatta interpretazione, si addiverrebbe ad una conclusione non conforme

rispetto a quelli che sono gli indirizzi del legislatore comunitario e di quello nazionale,

rischiando un’involuzione nell’individuazione del modello gestionale applicabile alle

società pubbliche affidatarie di servizi di t.p.l.

Sempre con riferimento ad ipotesi di aggiudicazione diretta, il Regolamento 1370/2007,

fermo restando la prevalenza di una contraria disposizione nazionale, prevede poi la

possibilità di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo

medio stimato sia inferiore a 1.000.000 di euro, oppure che riguardano la fornitura di

servizi il cui ammontare sia inferiore a 300.000 chilometri annui.

Tali soglie di valore e dimensionali sono raddoppiate qualora il contratto sia aggiudicato

direttamente ad una piccola o media impresa che operi con non più di 23 veicoli69.

67 Sentenza Corte di Giustizia, 11 gennaio 2005, resa nella causa C-26/03 “Stadt Halle”, in Dir. e giust., 2005, p. 93 e ss68 M. Capantini, Contratto di servizio ed affidamenti in house, in Riv. It. Dir. Pubbl. comunit., 2004, 3-4, p. 805 69 L’art. 5, co. 4 , Regolamento (CE) N. 1370/2007, prevede che le Autorità competenti, a meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1.000.000. di euro oppure che riguardano la

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Il Regolamento contempla poi le ipotesi di adozione di provvedimenti di emergenza per

fronteggiare un’imminente o già sussistente interruzione del servizio: provvedimenti da

prendersi, per una durata non superiore ai 2 anni, sotto forma di aggiudicazione diretta

d’un contratto di servizio pubblico, o di proroga consensuale di quello in scadenza, o di

imposizione, tra l’altro impugnabile dall’obbligato dell’obbligo di effettuare i trasporti,

per ferrovia o su strada, richiesti dall’autorità competente70 .

Le sopra citate disposizioni non si applicano ai contratti di servizio pubblico per il

trasporto di passeggeri a mezzo autobus o tram, aggiudicati secondo 2004/17/CE e

2004/18/CE, recepite nel nostro ordinamento con il Codice dei contratti pubblici71.

Soltanto, infatti, i contratti di servizio pubblico, che rivestono la forma della

concessione, sono disciplinati dalle norme contenute nel Regolamento medesimo.

Tutti quei contratti che hanno le medesime caratteristiche giuridiche dell’appalto

risultano disciplinati dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE72.

Da ciò discende che tutti quei contratti di servizio che hanno la forma di concessione

possono essere affidati, oltre che con gara, mediante lo strumento dell’”in house” ed in

taluni casi mediante affidamento diretto.

I contratti di servizio qualificati come appalti verranno invece aggiudicati mediante

procedure ad evidenza pubblica, secondo le indicazioni contenute nelle direttive appalti

sopra citate73.

Ecco allora che risulta di fondamentale importanza individuare la corretta

qualificazione di contratto, così come indicata nella direttiva 2004/17/CE.

fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l’anno.70 Secondo quanto previsto dall’art. 5.5 del Regolamento (CE) N. 1370/2007, L’autorità competente può prendere provvedimenti di emergenza in caso di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione. I provvedimenti di emergenza assumono la forma di un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico o di una proroga consensuale di un contratto di servizio pubblico oppure di un’imposizione dell’obbligo di fornire determinati servizi pubblici. L’operatore di servizio pubblico ha il diritto di impugnare la decisione che impone la fornitura di determinati servizi pubblici. I contratti di servizio pubblico aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza o le misure che impongono di stipulare un contratto di questo tipo hanno una durata non superiore a due anni.71 D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, così come modificato ed integrato dal d.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6.72 DIRETTIVA 2004/17/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.73 In merito alla distinzione tra appalti e concessioni si veda: C. Alberti, Appalti in house, concessioni in house ed esternalizzazione, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2001, 3-4, p. 495 e ss.; M. S. Sabbatini, Le Direttive CE 2004/17 e2004/18 in tema di appalti pubblici, concessioni e “grandi opere”: un riordino in itinere, in Dir. comm. Internaz., 2004, 2, p. 335 e ss.; C.M. Saracino, Appalti e concessioni: dai "nomina iuris" alla disciplina. Alcuni profili di indagine, in Foro amm., TAR, 2007, 7-8, p. 2480 e ss.

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Quest’ultima definisce la concessione di servizi come un contratto, che ha le medesime

caratteristiche di un appalto, con l’unica differenza che il corrispettivo della fornitura

del servizio è rappresentato unicamente dal diritto di gestirlo o in tale diritto

accompagnato da un prezzo74.

L’elemento che differenzia le due fattispecie, peraltro chiaramente indicato dalla

Commissione e della Corte di Giustizia è rappresentato dall’assunzione del rischio di

gestione75. Nell’ambito del trasporto pubblico locale questa differenza corrisponde

sostanzialmente a due fattispecie contrattuali, che prendono il nome rispettivamente di

“gross cost contracts” e “net cost contracts”.

Nei primi il gestore si assume il rischio della produzione del servizio, mentre risulta a

carico dell’amministrazione concedente quello commerciale, legato alle entrate

finanziarie. Tali contratti, facendo assumere il rischio dell’attività a totale carico

dell’amministrazione, vanno pertanto aggiudicati necessariamente con gara ad evidenza

pubblica al fine di rendere trasparente la procedura e nello stesso tempo cercare di

contenere l’ammontare delle compensazioni, non solo ritenute compatibili col mercato

comune ma anche dispensate dall’obbligo di notifica preventiva76.

Nei secondi (net cost contracts), invece, l’impresa si assume il rischio commerciale

della gestione a fronte della corresponsione di un corrispettivo predeterminato, pari alla

differenza, tra i costi di esercizio e ricavi da traffico presunti.

Solo in questi casi, ovvero solo qualora chi intenda assumere il trasporto pubblico ne

accetti il rischio d’impresa, è consentita dal legislatore comunitario la mancata

effettuazione della gara.

Siamo in questo caso di fronte ad una concessione di servizi che risulta esclusa dalle

formali procedure competitive ad evidenza pubblica.

74 Si veda M.S. Sabbatini, le Direttive CE 2004/17 e 2004/18 in tema di appalti pubblici, concessioni e grandi opere: un riordino in itinere, in Dir. Comm. Internaz., 2004, 2, p. 335; C. M. Saracino, Appalti e concessioni: dai “nomina juris” alla disciplina. Alcuni profili di indagine , in Foro amm., TAR, 2007, 7-8, p.2480 75 Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, in Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, n. C 121 del 29.04.2000; Corte di Giustizia, 13 ottobre 2005, causa C- 458/03, Parking Brixen, Racc. p. I-8585; Corte di Giustizia 10 settembre 2009, causa C-206/08.76 Ai sensi dell’art. 9, co. 1, DIRETTIVA 2004/17/CE, le compensazioni di servizio pubblico per l’esercizio di servizi di trasporto pubblico di passeggeri o per rispettare gli obblighi tariffari stabiliti da norme generali, erogate a norma del presente regolamento, sono compatibili con il mercato comune. Tali compensazioni sono dispensate dall’obbligo di notifica preventiva di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del trattato.

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La concessione di servizi presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, ad

eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura dei servizi, consiste unicamente

nel diritto di gestire detti servizi e di beneficiare degli utili provenienti dalla gestione

degli stessi.77

Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora venga imposto

al concessionario di praticare alla collettività degli utenti prezzi inferiori a quelli

corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile d’impresa,

ovvero quando si tratti di assicurare al concessionario un equilibrio economico-

finanziario di gestione, indispensabile per assicurare la qualità del servizio stesso.

Il prezzo determinato dal concedente per la prestazione del concessionario non ha

funzione di garanzia del rischio assunto dal concessionario in sede di conclusione del

contratto.

Solo quando l’impresa si assume direttamente il rischio connesso alla gestione del

pubblico si può procedere, secondo le indicazioni del legislatore comunitario e salvo il

contrario avviso del Paese membro, ad un affidamento diretto senza la necessità di

ricorrere a procedure di evidenza pubblica.

Il dato che emerge dalla disciplina comunitaria in esame è l’assoluta libertà, garantita

agli Stati membri, di adottare normative di settore di segno opposto, rispetto alle linee

guida fornite dal legislatore comunitario con riferimento alle modalità di affidamento e

di gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica.

Ciò evidentemente non giova neanche a livello di diritto interno, considerata la

completa assenza di un concreto progetto di riforma dei servizi di t.p.l. in grado di

fornire agli operatori del settore un chiaro segnale sulla direzione che il legislatore

nazionale intende seguire nella gestione di detti servizi.

La permanenza della facoltà di scelta in capo all’Ente pubblico, tra gestione diretta del

servizio e affidamento mediante gara ad evidenza pubblica, non aiuta certo il settore del

t.p.l.,che risulta di frequente in balìa delle scelte discrezionali delle singole

Amministrazioni locali.

In tal senso risulta parimenti nociva per il settore, la previsione da parte del legislatore

comunitario di un periodo transitorio eccessivamente lungo, che cesserà al 3 dicembre

2019, perché gli Stati membri procedano ad adeguarsi alle sue previsioni.

77 Artt. 3, co. 12, e 30 , d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, “Codice contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e2004/18CE”

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4. Il trasporto pubblico locale tra istanze conservatrici e apertura alla concorrenza

L’attuale tendenza nella gestione dei servizi di trasporto pubblico locale sembra volgere

nella direzione di un incremento dei processi di esternalizzazione delle funzioni e dei

servizi, originariamente svolti in economia dalle Amministrazioni Locali.

Ciò rientra nell’ obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, nell’ambito di un più

ampio progetto di riforma, volto ad una razionalizzazione complessiva della spesa

pubblica.

L’esternalizzazione delle funzioni, svolte precedentemente in via diretta dagli Enti

Locali, ha comportato il passaggio della produzione di servizi dalla sfera pubblica a

soggetti formalmente separati, ma a composizione prevalentemente pubblica.

I casi di Amministrazioni locali, che detengono la proprietà di imprese che forniscono

servizi pubblici di rilevanza economica, tra cui i servizi di t.p.l., vanno moltiplicandosi,

con evidenti ripercussioni sui territori in cui insistono.

I servizi pubblici di rilevanza economica, a lungo gestiti in economia dalle

amministrazioni comunali, sono stati soggetti, a partire dagli anni novanta, ad un

radicale processo di riforma, sorto anche a seguito dell’aggravarsi della crisi della

finanza pubblica. Quest’ultima ha determinato una profonda accelerazione nel

perseguimento dell’obiettivo di migliorare l’efficienza e la governance delle public

utilities, settori di intervento chiave delle amministrazioni pubbliche locali per la forte

valenza sia economica che sociale.

Tale processo, sia pure caratterizzato da molteplici interventi del legislatore, a tratti

disorganici, pare andare nella direzione di un riconoscimento di una maggiore

autonomia nella scelta del soggetto affidatario della gestione del servizio e la sua

conseguente emancipazione dal tradizionale rapporto di organicità con l’Ente locale.

Sebbene le attuali modalità di affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica

fossero state prospettate dal legislatore nazionale, a partire dagli anni novanta, mediante

un esplicito favore per il ricorso a strumenti societari per la gestione di servizi a

rilevanza economica, è tuttavia mancato un progetto di riforma coerente ed unitario e

una presa di posizione netta del legislatore nella direzione di una riforma pro

concorrenziale del settore.

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Il settore del trasporto pubblico locale non fa eccezione, continuando ad essere

caratterizzato da istanze contrapposte che, se da un lato vanno verso un’apertura del

settore al mercato, dall’altro risultano sempre ancorate a tendenze conservatrici che

mirano, come visto, a prorogare gli affidamenti diretti in corso.

Ne costituisce un chiaro esempio l’art. 23-bis, che, inserito nel d.l. 25 giugno 2008, n.

112, dalla legge di conversione 133/200878, con riferimento ai servizi pubblici locali di

rilevanza economica generale, tra cui rientrano per espressa previsione del legislatore i

trasporti, dispone che il normale affidamento debba avvenire mediante gara79, ma con

alcune eccezioni, anche se limitatamente alla fine del 2010..

La facoltà di deroga all’ordinario ricorso alla gara viene consentita solo nel caso in cui

le caratteristiche economiche, sociali, morfologiche ed ambientali del contesto

territoriale, in cui si svolgerà l’attività in questione, non permettano un efficace ricorso

al mercato, nel rispetto sempre dei principi comunitari di accessibilità, universalità ed

adeguato livello del servizio.80

In questi casi l’Ente locale affidante deve adeguatamente pubblicizzare e motivare la

scelta di rinunciare all’affidamento mediante gara, trasmettere contestualmente la

relativa decisione e documentazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del

Mercato (A.G.C.M.), chiedendo un parere obbligatorio ma non vincolante a

quest’ultima, che sarà tenuta a renderlo entro 60 giorni dal ricevimento delle

comunicazioni inviate dall’amministrazione81.

La sopra menzionata normativa prevale sulle discipline di settore con essa

incompatibili, come, con riferimento al trasporto pubblico locale, il d.lgs. 422/1997.

78 D.l. 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica”, convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 25 giugno 2008, n, 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”79 Secondo quanto previsto dall’art, 23- bis, l. 6 agosto 2008, n. 133, il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità80 art. 23-bis, co. 3, l. 6 agosto 2008, n.133 81 art. 23-bis, co. 4, l. 6 agosto 2008, n.133

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La riforma apportata dall’art. 23-bis82 della L. 133/2008 è dunque consistita nell’

individuazione della gara come strumento ordinario di affidamento del servizio, al

quale, a determinate condizioni, è equiparato il modello dell’affidamento a società

miste, costituendo invece le altre ipotesi, in particolare quelle dell’affidamento in house,

una deroga cui è possibile ricorrere temporaneamente in ipotesi eccezionali, in presenza

di particolari caratteristiche economiche, sociali, ambientali del contesto territoriale di

riferimento che non permettano un efficace e utile ricorso al mercato.

La scelta del legislatore italiano, nell’ambito del potere discrezionale attribuitogli dal

legislatore comunitario, è stata quella di prevedere la gestione diretta dei servizi

pubblici locali, solo come deroga al principio generale della necessità del ricorso alla

gara per l’affidamento di servizi pubblici di rilevanza economica.

Le possibilità di procedere all’esercizio diretto del servizio vengono pertanto limitate al

ricorrere di ipotesi eccezionali, in presenza delle quali è possibile derogare al principio

generale, di matrice comunitaria, di affidamento del servizio stesso mediante gara

pubblica.

L’art.23- bis, nella sua formulazione originaria, prevede la facoltà per Regioni ed Enti

locali di affidare simultaneamente con unica gara una pluralità di servizi pubblici locali,

per un’identica durata, non superiore alla media di quelle consentite per ciascun

affidamento.83

82 Sull’art. 23-bis del decreto legge n. 112, del 25 giugno 2008, si veda M. Dugato., Servizi pubblici locali (art. 23-bis), in Gior. Dir. amm., 12, 2008, p. 1219 e ss.; R. De Nictolis., La riforma dei servizi pubblici locali, in Urbanistica e app., 2008, 10, p. 1109 e ss.; A. Purcaro , Servizi pubblici locali: gli affidamenti in house providing dopo la conversione del decreto legge 112/2008. Brevi note all’art. 23-bis , in www.lexitalia.it, 9,2008; F. Lilli, La nuova disciplina di riforma dei servizi pubblici locali, in www.giustamm.it, 9, 2008; G. Guzzo, Le società costituite e partecipate dagli enti locali tra incertezze giurisprudenziali e codificazione legislativa, in www.lexitalia.it, 9, 2008; G. Guzzo, Servizi pubblici locali e /tutela della concorrenza (note a margine della bozza del D.L. relativo alla manovra finanziaria) , in www.lexitalia.it, 6, 2008; G. Guzzo, La nuova disciplina“dualistica” dei S.P.L. di rilevanza economica e il nodo gordiano delle società miste alla luce della Comunicazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 16 ottobre 2008 e dell’emanando regolamento d’attuazione, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 2009; B. Giliberti, Servizi pubblici locali: durata degli affidamenti, periodo transitorio e divieto di partecipazione alle gare, in Urbanistica e app., 2009, 2, p. 146e ss.; C. Volpe., In house providing, Corte di Giustizia, Consiglio di Stato, e legislatore nazionale. Un caso di convergenze parallele?, in Urbanistica e app., 2008, 12, p. 1401 e ss.; D. Rosato., I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: un passo avanti verso la concorrenza?, in Rass. Avv. Stato, 3, 2008, pp. 71 e ss.; L. Ammannati, Frammenti di una riforma dei servizi pubblici locali, in www.amministrazioneincammino.it, servizi pubblici locali, 2008; C. Tessarolo, Appalti, concessioni di servizi e art. 23 bis, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 2009; B. Spadoni., I servizi pubblici locali tra le “rapide” della riforma, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 2009. 83 art. 23-bis, co. 6, l. 6 agosto 2008, n.133

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Alle Regioni ed agli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e d’intesa con

la Conferenza permanente Stato-Regioni, unificata con quella Stato-Città Autonomie

Locali, spetta la definizione dei bacini di gara per i diversi servizi. Ciò al fine di

consentire lo sfruttamento di economie di scala e scopo e favorire l’efficienza ed

efficacia nell’espletamento dei differenti servizi.

Con particolare riferimento ai servizi a domanda debole viene disposta la loro

integrazione nel quadro di servizi più redditizi, al fine di garantire il raggiungimento

della dimensione minima efficiente a livello di impianto per più soggetti gestori e la

copertura degli obblighi di servizio universale.84

In relazione alle gestioni affidate direttamente e senza gara, anteriormente alla riforma

dell’art. 113, d.lgs. n. 267/2000, viene previsto che esse cessino entro e non oltre la data

del 31.12.2010, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante.

In realtà tale termine viene ulteriormente differito, con l’approvazione della l. 23 luglio

2009, n. 9985, che consente alle Autorità competenti, per tutti i trasporti pubblici

regionali e locali di interesse economico generale, compresi quelli su strada, di

avvalersi, anche in deroga alla disciplina di settore, di talune previsioni contenute

Regolamento Comunitario 1370/2007/CE86 ed in particolare quella che ammette, sino al

84 art. 23-bis, co. 7, l. 6 agosto 2008, n.13385 L’art. 61, l. 23 luglio 2009, n. 99 prevede che al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le autorità competenti all'aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, e all'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle società che, in Italia o all'estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto regolamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l'esclusione di cui all'articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 42286 Si fa riferimento all’art. 5, co. 2, 4,5 e 6 e all’art. 8, co. 2 del riferito Regolamento Comunitario 1370/2007/CE, secondo cui:A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un’autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Se un’autorità competente a livello locale assume tale decisione, si applicano le seguenti disposizioni:a) al fine di determinare se l’autorità competente a livello locale esercita tale controllo, sono presi in considerazione elementi come il livello della sua rappresentanza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. Conformemente al diritto comunitario, la proprietà al 100 % da parte dell’autorità pubblica competente, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio per stabilire il controllo ai sensi del presente paragrafo, a condizione che vi sia un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri;

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3 dicembre 201987, la gestione in proprio e l’affidamento diretto di detta attività.

Decorso tale termine, gli affidamenti diretti ad un soggetto differente dall’Autorità

affidante sono comunque ammessi in favore del gestore del servizio che ne accetti il

rischio d’impresa, salva l’esigenza d’un controllo analogo a quello esercitato sulle

proprie strutture.

Gli effetti della sopra citata normativa sul settore del trasporto pubblico locale non sono

stati di poco conto considerato che come legge posteriore, addirittura speciale al t.p.l.,

l’art. 61 della legge 99/2009 deroga a quanto disposto dall’art. 23-bis d.l. 25 giugno

b) il presente paragrafo si applica a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eserciti un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale, escluse eventuali linee in uscita o altri elementi secondari di tali attività che entrano nel territorio di autorità competenti a livello locale vicine, e non partecipino a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale;c) in deroga alla lettera b), un operatore interno può partecipare a una procedura di gara equa da due anni prima che termini il proprio contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta, a condizione che sia stata adottata la decisione definitiva di sottoporre a procedura di gara equa i servizi di trasporto di passeggeri coperti dal contratto dell’operatore interno e che questi non abbia concluso nessun altro contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta; d) in mancanza di un’autorità competente a livello locale, le lettere a), b) e c) si applicano a un’autorità nazionale per una zona geografica non nazionale, a condizione che l’operatore interno non partecipi a gare pubbliche indette per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri al di fuori della zona per la quale è stato aggiudicato il contratto di servizio pubblico;e) in caso di subappalto ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, l’operatore interno è obbligato a prestare egli stesso la maggior parte dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri in questione [art. 5, co. 2 Regolamento Comunitario 1370/2007/CE] A meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 000 000 EUR oppure che riguardano la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l’anno. Qualora un contratto di servizio pubblico sia aggiudicato direttamente a una piccola o media impresa che opera con non più di23 veicoli, dette soglie possono essere aumentate o a un valore annuo medio stimato inferiore a 2 000 000 EUR oppure, qualora il contratto riguardi la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri, inferiore a 600 000 chilometri l’anno.L’autorità competente può prendere provvedimenti di emergenza in caso di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione. I provvedimenti di emergenza assumono la forma di un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico o di una proroga consensuale di un contratto di servizio pubblico oppure di un’imposizione dell’obbligo di fornire determinati servizi pubblici. L’operatore di servizio pubblico ha il diritto di impugnare la decisione che impone la fornitura di determinati servizi pubblici. I contratti di servizio pubblico aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza o le misure che impongono di stipulare un contratto di questo tipo hanno una durata non superiore a due anni.A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, fatta eccezione per altri modi di trasporto su rotaia quali metropolitana o tram. In deroga all’articolo 4, paragrafo 3, la durata di tali contratti non è superiore a dieci anni, salvo nei casi in cui si applica l’articolo 4, paragrafo 4. [art. 5, co. 4,5,6, Regolamento Comunitario 1370/2007/CE] 87L’ art. 8, co. 2, Regolamento Comunitario 1370/2007/CE prevede che: fatto salvo il paragrafo 3, l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia o su strada si conforma all’articolo 5 a decorrere dal 3 dicembre 2019. Durante tale periodo transitorio gli Stati membri adottano misure per conformarsi gradualmente all’articolo 5, al fine di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto.

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2008, n. 112. L’effetto della sopra menzionata deroga è di far decadere l’obbligatorietà

della procedura ad evidenza pubblica, prevista dall’art. 23-bis originario, a partire dalla

fine 2010.

Con l’adozione del provvedimento in esame, la sensazione diffusa è quella di trovarsi di

fronte ad una battuta di arresto nell’ambito del travagliato processo di apertura al

mercato del settore del t.p.l..

Senonché, con l’adozione, da parte del legislatore nazionale del d.l. 25 settembre 2009,

n. 135, convertito in l. 20 novembre 2009, n. 166, si vanno a modificare i criteri di

affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica generale in ambito regionale e

locale, compresi quelli di trasporto collettivo, attraverso una serie di emendamenti

all’originario dettato dell’art. 23-bis della L.133/200888.

In base al nuovo dettato normativo la gestione del servizio pubblico regionale o locale

di interesse economico generale deve avvenire a seguito di procedura competitiva, in

favore di imprenditori o società in qualunque forma costituite, nel rispetto dei principi

comunitari e relativi ai contratti pubblici, di economicità, efficienza ed efficacia,

imparzialità, pubblicità, trasparenza, proporzionalità nonché parità di trattamento89.

Alternativa alla sopra citata forma di gestione, l’affidamento, anche senza gara ad

Entro i sei mesi successivi alla prima metà del periodo transitorio gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sullo stato dei lavori, ponendo l’accento sull’attuazione dell’aggiudicazione graduale di contratti di servizio pubblico conformemente all’articolo 5. Sulla scorta delle relazioni degli Stati membri, la Commissione può proporre loro misure appropriate.88 Ai sensi dell’art 15 del d.l. d.l. 25 settembre 2009, n. 135, così come convertito in l. 20 novembre 2009, n. 166, il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.89 Sulle novità introdotte dal decreto legge 25 settembre 2009 n. 135 si veda G. Nicoletti, La riforma dei servizi pubblici locali; prime valutazioni sul decreto legge 25 settembre 09 n. 135 , in www.dirittodeiservizipubblici.it; C. De Vincenti, I servizi pubblici locali nel decreto-legge n. 135 del settembre 2009: a che punto siamo?, in www.astrid-online.it; R. Bianchini, I divieti posti dal comma 9 dell’art. 23bis della legge 133/2008 dopo il D.L. n. 135/2009, in www.dirittodeiservizipubblici.it, A. Vigneri., I servizi pubblici locali dopo l’art. 15 del D.L. n. 135/2009, Prime osservazioni, in www.astridonline.it; G. Fischione , Brevi riflessioni sulla riforma “in corso” dei servizi pubblici locali (art 15 D.L.135/09), in www.giustamm.it; S. Tarullo, Il restyling nella gestione dei servizi pubblici locali: osservazioni minime sull’art. 23-bis del D.L. 112/08 come riformato dal D.L. 135/09, in www.giustamm.it; G. Palliggiano, Commento al Decreto legge 135/09, in Guida al diritto, n. 41/2009

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evidenza pubblica, in favore di una società a partecipazione mista pubblica e privata,

nella quale il socio privato partecipi almeno per il 40% e sia stato scelto mediante gara

avente ad oggetto anche i compiti di gestione del servizio.

Non si può infatti non rilevare come, con la nuova disciplina dettata dall’art. 23bis del

d.l. 112/2008, così come modificato da ultimo dall’art. 15 della L. 166/2009, si assista

ad un radicale ripensamento delle gestioni dirette a soggetti pubblici, rispetto alla

disciplina contenuta nel t.u.e.l.

L’in house providing90 non è più considerato come strumento alternativo alla gara per

l’affidamento del servizio pubblico, ma come ipotesi eccezionale, alla quale si può

ricorrere solo in presenza di particolari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e

geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, tali da non permettere un

efficace ed utile ricorso al mercato91.

Infatti nei casi in cui l’Ente locale voglia far ricorso ad un affidamento in house deve

dare adeguata pubblicità della propria scelta, supportandola con un’analisi di mercato e

deve trasmettere detta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che

dovrà fornire un pare preventivo circa l’opportunità di ricorrere a tale procedura, con la

novità, rispetto alla precedente formulazione, che il parere della stessa, sempre non

vincolante, non è obbligatorio per i servizi al di sotto di una certa soglia, fissata con il

regolamento governativo di attuazione.

Il silenzio dell’A.G.C.M. per 60 giorni dal ricevimento dell’istanza dell’Ente locale è

equiparato ad un parere favorevole92.

L’indirizzo seguito del legislatore è dunque sicuramente verso un’apertura al mercato

dei servizi di t.p.l., Una determinazione di segno opposto può essere presa dall’Ente

90 In relazione all’ in house providing, formula con la quale si decrive la fattispecie in virtù della quale un contratto pubblico viene affidato alla stessa amministrazione concedente si vedano: A. Massera, L’in house providing: una questione da risolvere, in Giorn.dir. amm. ,2004, p. 849; F. Pietrosanti, Sull’affidamento diretto dell’erogazione di un servizio pubblico locale, in Foro it., 2004, p. 193; R. Ursi, La società per la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica tra outsourcing e in house providing, in Dir. Amm., 2005, p. 20491 Secondo quanto previsto dall’art. 23-bis, co. 3, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 , così come modificato dalla l. 20 novembre 2009, n. 166 “In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”.92 Art. 23-bis, co. 3, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 , così come modificato dalla l. 20 novembre 2009, n. 166

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Locale solo a seguito della dimostrazione dell’incapacità, per la libera iniziativa

economica privata, di garantire un servizio collettivo idoneo a soddisfare bisogni della

collettività locale.

Con la successiva adozione del Regolamento di attuazione93 (D.P.R. 168/2010), il

legislatore, nel solco delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario, mostra

il proprio favore ai principi di apertura del mercato e della libera concorrenza,

individuando nel ricorso alla gara lo strumento fondamentale per l’affidamento del

servizio di interesse pubblico. L’affidamento diretto a società pubbliche diviene una

ipotesi del tutto residuale, ammissibile solo in presenza di particolare condizioni.

Si assiste ad un profondo mutamento del’orientamento del legislatore in ordine alle

ipotesi di gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale.

La disposizione contenuta del Regolamento risulta ancor più restrittiva nel prevedere

che l’opportunità di un affidamento diretto debba essere valutata in base ad un’analisi

di mercato, dalla quale emerga che il ricorso all’iniziativa economica privata non risulti

idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità94.

L’Ente locale, completata la verifica, dovrà adottare una delibera quadro che, illustrata

l’istruttoria compiuta, evidenzi i fallimenti del sistema concorrenziale e viceversa

indichi i benefici per la collettività derivanti dall’adozione di un regime di esclusiva del

servizio95.

La verifica dovrà essere effettuata entro 12 mesi dall’entrata in vigore del Regolamento

e poi periodicamente secondo i rispettivi ordinamenti degli Enti locali e comunque

prima di procedere all’affidamento o al rinnovo della gestione dei servizi.

Il parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, non si renderà

necessario se il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento è inferiore alla

somma complessiva di € 200.000,00 annui.

93 D.P.R. 7 settembre 2010 n. 168, “Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica”94 Secondo quanto previsto dall’art. 1 del d.p.r. 7 settembre 2010, n. 168, gli enti locali verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando l'attribuzione di diritti di esclusiva, ai casi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale ed efficienza, a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, liberalizzando in tutti gli altri casi le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio. 95 B. Giliberti, L. R. Perfetti, I. Rizzo, La disciplina dei servizi pubblici locali alla luce del D.L135/2009, in Urbanistica e Appalti, 3/2010

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Detto parere è da ritenersi non vincolante;96 essendo infatti l’Ente affidante a dover

verificare la convenienza d’una gestione in house per i cittadini e, in caso negativo,

anche su segnalazione dell’A.G.C.M., a procedere alla revoca dell’eventuale

affidamento diretto e ad avviare la gara ad evidenza pubblica.97

Il Legislatore, al fine di evitare che il titolare d’un diritto di esclusiva, trascuri il servizio

affidatogli per svolgere attività in altri mercati, impone al medesimo di provvedere a

queste mediante società separate.

Inoltre, viene ulteriormente previsto che, nel caso in cui il predetto soggetto renda

disponibili a tali società beni o servizi, anche informativi, acquisiti nel mercato

riservato, il medesimo soggetto deve rendere partecipi degli stessi beni e servizi anche

le imprese concorrenti con quelle dallo stesso partecipate o controllate negli altri

mercati98

96 Conformemente a quanto previsto dall’art. 22 l. 10 ottobre1990, n. 287, istitutiva dell’AGCM, che dall’art. 23-bis, co. 4, d.l.112/2008, il parere dell’A.G.C.M. non è da ritenersi vincolante97 Art. 4, co.4, d.pr 7 settembre 2010, n. 16898 Art. 2 d.P.R. 168/2010 nel richiamo dell’art. 8.2-bis e quater e dell’art.9 l. 10 ottobre 1990, n. 287.

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5. Il trasporto pubblico locale nelle politiche di programmazione economica ed

industriale

Dalla ricognizione dell’evoluzione della normativa che ha caratterizzato il settore del

t.p.l., a partire dagli inizi del XX secolo, è emerso nettamente come lo stesso abbia

rivestito un ruolo strategico nell’ambito dell’organizzazione e dello stile di vita delle

collettività locali, per le rilevanti implicazioni che esso ha avuto sul tessuto economico

e sociale99.

Il t.p.l. rappresenta infatti un settore fondamentale per assicurare la mobilità delle

comunità locali, con garanzie di servizio pubblico100.

Storicamente il trasporto pubblico locale rappresenta un ambito della più vasta categoria

dei “servizi pubblici locali”, sviluppatosi all’inizio del secolo scorso, per ragioni di

interesse sociale e collettivo, che andremo di seguito ad esaminare nel dettaglio.

I primi interventi normativi di settore riconducibili all’inizio del XX erano caratterizzati

da un elevato grado di frammentarietà, facendo emergere solo l’interesse dell’Autorità

Statale di attrarre sotto la propria sfera di competenza la gestione diretta dei servizi

pubblici locali, piuttosto che procedere ad una disciplina unitaria del settore.

Non a caso in quegli anni veniva emanata la legge Giolitti101, sulla municipalizzazione,

successivamente attratta nel r.d. n. 2578 del 15 ottobre 1925, che per la prima volta

andava a disciplinare le modalità di assunzione dei pubblici servizi, direttamente da

parte dei Comuni o mediante la costituzione di aziende speciali

Di fatto le prime politiche programmatorie nel settore dei servizi di t.p.l. si possono far

coincidere con l’approvazione dello “Schema decennale di sviluppo dell'occupazione e

del reddito in Italia nel decennio 1955-64”, più noto come “Schema Vanoni”, dal nome

dell'allora ministro delle finanze Ezio Vanoni102.

Nell'intenzione del Ministro lo schema si proponeva di dimostrare la possibilità di

conseguire, nel lungo periodo, quattro obiettivi fondamentali: l'occupazione stabile della

99 R. Zucchetti-M. Ravasio, Trasporti e concorrenza. Dal monopolio al libero mercato, Milano, 2001, p.149; T. Salonico , Liberalizzazione e sviluppo delle reti, un difficile equilibrio fra concorrenza e regolamentazione, in Diritto dell’Unione Europea, 2001, nn 2-3, pp 443-460.100 C. De Vicenti – B. Spadoni, La costruzione del mercato dei servizi pubblici locali. Note a margine del d.d.l. n. 7042, in Mercato Concorrenza Regole, 2000, n. 3, pp 655-678 101 L. 29 marzo 1903, n. 103 “Assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni”102 M. Ferrari Aggradi., Ezio Vanoni: vita-pensiero-azione, Roma, 1956, Edizioni Cinque Lune; F. Forte, “Scritti scientifici di Ezio Vanoni 1927-1956”, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze 1956, Vol. I, pp. 13-35.

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manodopera, l'equilibrio della bilancia dei pagamenti, la riduzione della sperequazione

tra Nord e Sud, la diminuzione delle forze di lavoro occupate in agricoltura a vantaggio

dell'industria e dei servizi103.

Alla fine degli anni ’60 il Governo, nel tentativo di definire quelli che sarebbero state le

esigenze primarie della Nazione nella prospettiva degli anni ottanta, elaborò il noto

“Progetto 80”, contenente l’indicazione di dettaglio degli obiettivi da raggiungere

nell’ottica di uno sviluppo armonioso dell’economia del Paese104.

Con particolare riferimento al settore dei trasporti, veniva introdotta la previsione di

una forte crescita della domanda di trasporto di viaggiatori e di merci, da cui discendeva

la necessità di un adeguamento delle infrastrutture, tale da garantire i collegamenti a

livello locale, nazionale ed internazionale.

La graduale evoluzione delle politiche programmatorie nel settore dei trasporti trova la

propria sintesi con l’approvazione nel 1986 del Piano Generale di Trasporti105.

Istituito dalla legge 15 giugno 1984, n. 245, che ne affidava l'approvazione al Governo

per assicurare un indirizzo unitario alla politica dei trasporti nonché per coordinare ed

armonizzare l'esercizio delle competenze e l'attuazione degli interventi amministrativi

da parte delle Istituzioni a vari livelli coinvolte, venne approvato con D.P.C.M. del 10

aprile 1986 e poi successivamente aggiornato con D.P.R. del 29 agosto 1991.

Il Piano Generale dei Trasporti del 1986 può essere considerato il primo vero

documento di programmazione organica del settore trasporti e logistica. Nel Piano si

percepisce nettamente la consapevolezza del legislatore di una forte criticità del settore

dei trasporti, caratterizzata sostanzialmente da potenziale grande crescita del traffico di

persone e merci a cui si contrappone un evidente deficit infrastrutturale del Paese106.

La fase di programmazione nel settore del trasporto pubblico locale prosegue con

l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, in data 2 marzo 2001, del Piano

Generale dei Trasporti e della Logistica107.

103 P. Saraceno, Gli anni dello schema Vanoni (1953-1959), Milano, 1982, Giuffrè; A. Tramontana,, “Il contributo di Ezio Vanoni alla formazione della carta costituzionale”, in Economia pubblica, 1987, Vol. n. 7/8, p. 319.104 Ministero del Bilancio e della programmazione Economica, Progetto 80: Rapporto preliminare al Programma economico nazionale 1971-1975, Roma Aprile 1969, p. 42.105 E. Incalza, I trasporti dall’emergenza allo sviluppo: dopo il piano generale: problemi, tendenze, proposte. Milano, Giuffré, 1989. 106 A. Borghesi-A. Buffa-R. Cantieri, Manuale di logistica: i trasporti, Cedam, Padova, 1997107 Adottato con D.P.R. 14 marzo 2001, pubblicato nella Gazz. Uff. 16 luglio 2001, n. 163, Suppl. Staord.

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Licenziato dal governo a conclusione della legislatura, nel marzo del 2001, muove da

premesse del tutto innovative rispetto al precedente Piano del 1986, individuando nuovi

scenari per i trasporti pubblici, indubbiamente in maggior in sintonia con l’evoluzione

dei mercati mondiali108.

Sostanzialmente il Piano del 2001 si fonda su due cardini principali: da un lato la

liberalizzazione del mercato dei trasporti, dall’ altro l’ applicazione al settore di

elementi di federalismo mediante la previsione di due differenti ambiti di compentenza,

uno nazionale e l’altro federale109.

I processi di liberalizzazione dei servizi, nel settore dei trasporti, vengono considerati

nel Piano come occasione per stimolare una presenza efficace di imprese e risorse

private.

In tal senso il Piano auspica l’adozione di misure, volte a superare rapidamente le

molteplici situazioni di monopolio e favorire le condizioni per lo sviluppo della

concorrenza, anche mediante provvedimenti che favoriscano l’ingresso di nuovi

operatori nei vari settori.

Secondo quanto previsto nel Piano del 2001, l’apertura alla concorrenza nel settore dei

trasporti deve passare attraverso la ridefinizione degli assetti proprietari delle aziende

produttrici, promuovendo la privatizzazione delle stesse per favorirne la capacità

L’obiettivo che si pone il legislatore è dunque quello di realizzare un’effettiva

concorrenza all’interno del mercato. Ne discende che le Amministrazioni Pubbliche

dovranno rinunciare al potere concessorio e a quello di determinare le quantità di

servizio e le tariffe, lasciando al mercato il compito di soddisfare le esigenze dei

consumatori.

Nel Documento di programmazione economico finanziaria 2001- 2004, veniva precisato

come il nuovo Piano generale dei trasporti individuasse le linee prioritarie di intervento

sul sistema di mobilità al fine del raggiungimento di tre obiettivi strategici, consistenti

nel tentativo di favorire un progressivo riequilibrio modale, nella valorizzazione delle

potenzialità delle nuove tecnologie, nel miglioramento del sistema della mobilità

all’interno delle grandi aree urbane110.

108 S. Amorosino, Le funzioni del piano generale dei trasporti ed il ricorso ad accordi organizzativi tra amministrazioni nella sua formazione ed attuazione, in Rass.parl., 1986, n. 15109 M. Casanova-M.Brignardello, Diritto dei trasporti, Vol.I , Infrastrutture e accesso al mercato, Milano, Giuffré 2011

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Il Governo considerava il settore dei trasporti uno degli assi principali su cui innestare la

trasformazione del paese. La politica di modernizzazione del sistema dei trasporti

avrebbe dovuto prendere le mosse, nelle intenzioni del governo, dall’accelerazione degli

investimenti nelle infrastrutture, dalla regolamentazione del mercato, dall’avvio di

progetti speciali per l’innovazione tecnologica e lo sviluppo della logistica.

A livello locale, la modernizzazione del sistema di trasporto pubblico sarebbe dovuto

avvenire mediante un incremento consistente della rete di metropolitane e del parco

autobus.

Nel DPEF 2001-2004 viene esplicitamente dato atto della circostanza per cui per

migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici di rilevanza economica si rende

necessario procedere ad una liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi, al fine di

garantire l’ingresso di nuovi operatori nei differenti segmenti di mercato111.

Per il Governo costituiscono obiettivi prioritari, in sede di programmazione economico

finanziaria, la regolamentazione di tutte le situazioni di monopolio naturale, al fine di

garantire l’accesso alle infrastrutture a tutti i soggetti capaci di offrire servizi adeguati,

l’utilizzazione di forme di concorrenza per comparazione e procedure di gara ad

evidenza pubblica, la regolamentazione delle rendite dei gestori dei monopoli naturali e

dei servizi che richiedono consistenti sussidi pubblici, la ridefinizione degli assetti

proprietari delle aziende pubbliche, al fine di promuoverne la privatizzazione.

La centralità del trasporto pubblico locale nella determinazione delle politiche

economiche emerge con evidenza dall’analisi dei Documenti di Programmazione

economica e finanziaria degli ultimi anni, che attribuiscono al settore un ruolo

determinante per lo sviluppo sociale ed economico del Paese.

Anche nel DPEF 2007–2011, l’ultimo Governo Prodi attribuiva una funzione

fondamentale al trasporto pubblico locale, con particolare riferimento a quegli aspetti

connessi ad uno sviluppo sostenibile, alla tutela dell’ambiente e all’incremento della

concorrenza nel settore.

110 Nel Documento di programmazione economico finanziaria per gli anni 2001-2004 si dà espressamente atto che lo sviluppo delle nuove tecnologie rappresenta, un passaggio fondamentale per la modernizzazione del sistema della mobilità italiano. In coerenza con quanto previsto dal Piano d’Azione per la società dell’informazione, è previsto l’avvio di progetti mirati per l’applicazione delle nuove tecnologie al settore dei trasporti, con particolare riferimento ai seguenti aspetti: supporto telematico al trasporto delle merci pericolose, supporto telematico alla sicurezza dei passeggeri e delle merci, supporto telematico alla distribuzione delle merci in ambito urbano.111 S. Fois, Servizi e interessi tra privatizzazioni e regolazione pubblica , in Diritto e Società, 2001, p.31; G.A. Querci, In tema di liberalizzazione dei trasporti pubblici locali, in Trasporti ,2001, p- 151

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L’obiettivo che si proponeva il Governo era rappresentato dall’adozione di un insieme

coordinato di interventi di carattere finanziario idonei ad innescare un processo di

riforma che favorisse la liberalizzazione del settore a condizioni socialmente

sostenibili112, un contestuale miglioramento della qualità e della quantità dei servizi.

Ciò evidentemente a beneficio delle collettività locali che avrebbero potuto fruire di

servizi pubblici efficienti, con conseguente minore congestione delle aree urbane e

maggiore qualità dell’aria.

La previsione di una serie di incentivi volti a favorire la mobilità pubblica e il

miglioramento degli indici di inquinamento e di congestionamento avrebbero

contribuito, secondo le indicazioni contenute nel documento di programmazione

economico finanziaria, a rafforzare i meccanismi di tutela dell’ambiente e il rispetto

degli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto.

Tali indicazioni programmatiche sono state in parte riprese nell’allegato infrastrutture e

trasporti del DPEF 2009–2013 in cui, oltre ad evidenziare una molteplicità di

problematiche che affliggono il settor trasporti, tra cui un evidente deficit

infrastrutturale, costi di gestione troppo elevati e un forte ritardo nel processo di

liberalizzazione del settore113, viene affermata la necessità di rispondere a tali criticità

mediante l’adozione di politiche che superino la dimensione e la compenza locale,

andando a rivestire una dimensione nazionale114.

Anche le Regioni ed Enti Locali, a cui, come visto, sono state delegate funzioni e poteri

legislativi ed amministrativi in materia di trasporto pubblico locale, sono concordi nel

ritenere che investire nel trasporto pubblico locale non rappresenta solo un grande

investimento per lo sviluppo dell’economia nazionale e delle economie locali, ma

costituisce una priorità per la politica economica del Paese, su cui il Governo e le

Amministrazioni locali sono chiamati ad intervenire in tempi estremamente rapidi.

Dall’analisi dei documenti di programmazione economica, adottati a partire dalla metà

del XX secolo, emerge che il sistema del trasporto pubblico locale costituisce un

elemento nevralgico per l’economia nazionale. Ne costituisce prova la cospicua

produzione normativa, volta a definire limiti e obiettivi del servizio di trasporto

112 L. Mancini, I contratti di utenza pubblica, in Dir.amm., 2002, vol X, p. 113.113 P. Rossi, Liberalizzazione dei servizi pubblici locali e Antitrust, Giuffré, Milano, 2004114 P. Alberti, I trasporti pubblici locali: pianificazione e modelli di gestione. Lineamenti giuridici , Milano 1989, p.368

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pubblico locale, al fine di fornire una disciplina organica di settore, purtroppo ancora

oggi non giunta ad una completa definizione.

Al contempo non possiamo non rilevare come gli investimenti nel trasporto pubblico

locale creano di fatto effetti positivi sull’economia reale, portando da un lato

all’aumento del livello occupazionale e stimolando, dall’altro, sia pur indirettamente, gli

investimenti per la produzione di beni e servizi115.

Ciò determina un forte impulso per l’economia provocando l’espansione del tessuto

imprenditoriale, con evidenti benefici sia per le imprese già operanti nel settore, sia per

quelle che intendono concorrere per la prima volta nel mercato.

115 G. Pittalis, Regolazione pro-concorrenziale dei servizi pubblici locali: un principio vincolante per Stato e Regioni, in www.giust.it, n. 12, 2002.

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Capitolo II

IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE ALL’ESITO DELLA CONSULTAZIONE

REFERENDARIA DEL 12 E 13 GIUGNO 2011

Sommario: 1. Gli effetti del referendum abrogativo sulla normativa di settore - 2.L’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale all’indomani del referendum: un passo indietro nella corsa al libero mercato? - 3.Concorrenza e obblighi di servizio pubblico - 4.Trasporto pubblico locale e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

1. Gli effetti del referendum abrogativo sulla normativa di settore

La decisione di sottoporre a referendum la normativa relativa ai servizi pubblici locali

sorgeva sostanzialmente dalla volontà di evitare che la disciplina contenuta nell’art. 23-

bis venisse applicata anche al settore idrico. A ben vedere la disposizione sopra citata

non determinava uno stravolgimento radicale, in senso pro-concorrenziale, su detto

settore, andando ad incidere maggiormente su altri servizi pubblici, tra cui quello del

trasporto pubblico locale.

In ogni caso deve sottolinearsi come la ratio del quesito referendario, avente ad oggetto

l’abrogazione dell’art. 23-bis, è da individuarsi, come rilevato dalla Corte

Costituzionale116, nell’intento di escludere l’applicazione delle norme, contenute

nell’art. 23-bis, che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento

diretto e in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici di

rilevanza economica.

La Corte Costituzionale dichiara ammissibile il quesito referendario117, rilevandone

l’estraneità ai limiti in proposito previsti dall’art. 75 Cost.118 nonché la chiarezza,

116 C. Cost. 26 gennaio 2011, n. 24, in cui viene precisato, in ordine alle finalità perseguite dei soggetti presentatori del referendum, che l’univoco intento è quello di limitare, nel rispetto dei limiti costituzionali, internazionali e comunitari, gli eccessi delle cosiddette privatizzazioni della gestione dei servizi pubblici locali. 117 Tra cui si ricordano le leggi tributarie e di bilancio o sistema finanziario, norme costituzionali o a contenuto costituzionalmente vincolato, amnistia e indulto, ratifica di trattati internazionali.118 La Corte nella sentenza in commento precisa, con riferimento alla circostanza che il quesito referendario non ha ad oggetto le leggi che l’art. 75, co. 2, Cost., sottrae al referendum, che oggetto

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quantomeno nell’intento proclamato dai promotori del referendum, di limitare gli

eccessi delle cosiddette privatizzazioni della gestione dei servizi pubblici locali.

In particolare, la Consulta precisa che l’eventuale abrogazione referendaria non

comporterà inadempimenti degli obblighi comunitari, in quanto, l’art. 23-bis

rappresenta solo una delle diverse possibili discipline nazionali, nell’ambito del minimo

inderogabile fissato dal legislatore comunitario, in tema di assetto concorrenziale del

mercato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica119.

Ciò premesso non possiamo non rilevare che il referendum del 12 e 13 giugno 2011,

abrogando l’articolo 23 bis del decreto legge n. 112/08120, abbia segnato un punto di

arresto nell’elaborazione della normativa nazionale relativa ai servizi pubblici locali di

rilevanza economica121.

L’intervento legislativo, posto in essere con il decreto legge 112/2008, era volto, infatti,

a fornire una disciplina organica del settore dei servizi pubblici locali di rilevanza

economica, che permettesse di superare le molteplici problematiche, connesse

all’organizzazione e all’esternalizzazione del servizio pubblico, che di frequente

avevano determinato le inefficienze delle gestioni precedenti.

dell’abrogazione referendaria di cui al suddetto quesito n. 1 è, infatti, l’intero art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale, certamente, non è riconducibile ad alcuna delle suddette tipologie di leggi, perché risponde soltanto alla ratio di favorire la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica da parte di soggetti scelti a séguito di gara ad evidenza pubblica e, a tal fine, limita i casi di affidamento diretto della gestione, consentendo la gestione in house (cioè una peculiare forma di gestione diretta del servizio da parte dell’ente pubblico, affidata senza gara pubblica) solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato.119 La C. Cost., con la sentenza n. 325 del 2010, ha espressamente escluso che l’art. 23-bis costituisca applicazione necessitata del diritto dell’Unione europea ed ha affermato che esso integra solo «una delle diverse discipline possibili della materia che il legislatore avrebbe potuto legittimamente adottare senza violare» il «primo comma dell’art. 117 Cost.». La stessa sentenza ha precisato che l’introduzione, attraverso il suddetto art. 23-bis, di regole concorrenziali (come sono quelle in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici) piú rigorose di quelle minime richieste dal diritto dell’Unione europea non è imposta dall’ordinamento comunitario «e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell’art. 117 Cost. […], ma neppure si pone in contrasto […] con la […] normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri»120 Art. 23 bis del decreto legge 25.06.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n. 133, così come modificato dalla legge 20.11.2009, n. 166 121 Secondo G. Guzzo, L’assetto della disciplina SPL di rilevanza economica all’indomani del risultato del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, in www.dirittodeiservizi pubblici.it, “l’abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008, a seguito del referendum del 12 e 13 giugno, nella sua formulazione introdotta dall’articolo 15 del d.l. 135/2009, ha resettato l’intera disciplina dei SPL di rilevanza economica faticosamente elaborata nel corso degli ultimi dieci anni”

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La novità di maggior rilievo, introdotta dalla normativa sopra citata, era consistita

nell’identificazione della gara122, come strumento ordinario di affidamento del servizio,

costituendo invece le altre ipotesi, in particolare quelle dell’affidamento in house, una

deroga cui era possibile far ricorso solo in ipotesi eccezionali, da individuarsi in

particolari caratteristiche economiche, sociali, ambientali, geomorfologiche dell’ambito

territoriale di riferimento, che non rendevano di fatto possibile un efficace e utile

ricorso al mercato123.

Con l’abrogazione dell’art. 23-bis, la materia relativa alla gestione e all’affidamento dei

servizi pubblici locali pare caratterizzarsi per l'assenza di una normativa organica che

disciplinasse con regole certe il settore.

L'esito referendario determina in primo luogo la necessità di riappropriarsi

integralmente della normativa comunitaria di settore, nonché della produzione

giurisprudenziale espressa in materia dalla Corte di Giustizia Europea.

L’abrogazione dell’art. 23-bis, determina in prima istanza, l’immediata applicazione,

nell’ordinamento italiano, di tutta quella normativa comunitaria124, che va a individuare

quelle regole concorrenziali minime, da adottarsi in caso di gara ad evidenza pubblica

per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica125.

122 L’art, 23 bis del decreto legge 25.06.2008, n. 112 dispone che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea nonché dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. In deroga alla sopramenzionata modalità di affidamento ordinario e solo in presenza di determinate situazioni che, in ragione di particolari caratteristiche economiche, sociali e ambientali del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria. In tali casi l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore, che dovranno esprimersi con un apposito parere. 123 A. Purcaro., Servizi pubblici locali: gli affidamenti in house providing dopo la conversione del decreto legge 112/2008. Brevi note all’art. 23-bis, in www.lexitalia.it, 9,2008124 Reg. (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 125 In particolare F. Scura, in Effetti del referendum abrogativo sulla disciplina del t.p.l.: prime osservazioni, in www.dirittodeiservizipubblici.it., precisa che l'effetto abrogativo opera sull'efficacia delle norme, non ha effetto retroattivo. L'autrice sul punto ritiene che "particolare perplessità suscita la disparità di trattamento che viene così a crearsi tra le imprese, posto che solo ad alcune continuerà ad applicarsi lo stringente regime di divieti ex art. 23-bis, comma 9"

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Fermo restando il divieto per il legislatore di riproporre in modo diretto o indiretto la

disciplina contenuta nella disposizione abrogata126, parimenti viene esclusa, secondo le

indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale127, la reviviscenza128 delle norme oggetto

di espressa abrogazione da parte dell’art 23-bis.

Da ciò discende, con ogni evidenza, l’applicazione nell’ordinamento della normativa

nazionale di settore, non abrogata dall’art. 23 bis e dal conseguente Regolamento

d’attuazione .

Tornavano dunque ad assumere un rilievo decisivo, all’esito della consultazione

referendaria, le previsioni contenute nell’art. 18 del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422

(Decreto Burlando), che aveva introdotto la gara come unico strumento, per

l’individuazione del gestore, con conseguente divieto di affidamenti diretti, da parte

degli Enti pubblici, fatta salva l’individuazione di un periodo transitorio, come termine

ultimo entro il quale le gestioni frutto di affidamenti diretti avrebbero dovuto cessare.

Il Decreto Burlando aveva rappresentato, in ambito nazionale, la prima vera riforma

del trasporto pubblico locale in senso pro-concorrenziale. Gli elementi di novità,

rispetto alla disciplina previgente, erano rappresentati dalla gara129 per la scelta del

gestore nonché dai contratti di servizio per la disciplina relativa alle modalità di

erogazione del medesimo.

Gli effetti del referendum sul t.p.l vanno dunque valutati in relazione alle disposizioni

dedicate al predetto servizio a partire dal Decreto Burlando sino agli interventi più

recenti del legislatore nazionale, che hanno finito in rapida successione, come detto, per

derogare ai criteri rigorosi originariamente enunciati, per individuare l’affidatario

dell’attività, stabiliti dal d.lgs. 422/1997130.

126 In senso conforme si vedano C. Cost. 22 ottobre 1990, n. 468; C. Cost. 4 febbraio 1993, n. 32.127 La Corte Costituzionale precisa che “all’abrogazione dell’art. 23-bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili ipotesi sia dalla giurisprudenza di questa Corte − sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997 –, sia da quella della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato); dall’altro, conseguirebbe l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica”.128 Cfr: C. Cost. 10 febbraio 1997, n. 40; C. Cost. 7 febbraio 2000, n. 41129 G. Antonucci , Concorrenza nel mercato e concorrenza per il mercato. Affidamento di servizi pubblici, segnatamente del trasporto pubblico locale: profili giuridici e ultime tendenze giurisprudenziali, in Trasporto Urbano, Franco Angeli, 2005130 Il riferimento è all’ art. 4-bis, d.l. 1° luglio 2009, n. 78, introdotto dalla l. 3 agosto 2009, n. 102 e all’art. 61, l. 23 luglio 2009, n. 99, ed infine il d.p.r. 168/2010.

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In particolare l’art. 12 d.p.r. 168/2010 aveva espressamente eliminato, l’avverbio

“esclusivamente” dall’art. 18, co. 3bis, del d.lgs. 422/1997131, con la conseguenza che i

criteri di individuazione del gestore del t.p.l., individuati dalla citata disposizione, erano

diventati però, dopo la cancellazione del predetto avverbio, concorrenti con quelli posti

dall’art. 23-bis.

L’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis ha rimesso in primo piano il dettato del d.lgs.

422/1997132, sia pur senza la previsione della gara ad evidenza pubblica come modalità

esclusiva di affidamento del t.p.l..

Il ricorso alla gara non costituisce dunque l’unico strumento per la gestione del servizio

di trasporto pubblico locale.

Ciò in conformità con i principi generali indicati dalla normativa comunitaria da cui

emerge che la gestione del servizio di trasporto pubblico locale può avvenire oltre che

con il ricorso alla gara, mediante lo strumento della società mista ed in ipotesi tassative

con le modalità dell’ in house, di cui si tratterà più diffusamente in seguito.

Possiamo dunque affermare che il d.lgs. 422/1997 continua ad essere, all’esito del

referendum, la fonte normativa nazionale di riferimento nell’individuazione della gara

come modalità principale di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza

economica133.

131 L’art. 18, co. 3 bis del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 prevede che “trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati [esclusivamente] tramite le procedure di cui al comma 2, lettera a)”132 Il riferimento è all’art. 18, co.3-bis, d.lgs 19 novembre 1997, n. 422133 L'art. 18, co. 2, lett.a d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 prevede che " il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all'articolo 19 e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio. Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione, terminato il periodo transitorio previsto dal presente decreto o dalle singole leggi regionali, delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate, delle loro controllanti e delle società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. Tale esclusione non si applica alle imprese ferroviarie affidatarie di servizi pubblici relativamente all’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto servizi già forniti dalle stesse. La gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite. Il bando di gara deve garantire che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziale per l'effettuazione del servizio non costituisca, in alcun modo, elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti. Il bando di gara deve altresì assicurare che i beni di cui al periodo precedente siano, indipendentemente da chi ne abbia, a qualunque titolo, la disponibilità, messi a disposizione del gestore risultato aggiudicatario a seguito di procedura ad evidenza pubblica"

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Per completare il quadro normativo di riferimento, relativo alle differenti modalità di

affidamento dei servizi di t.p.l., è necessario far riferimento a due ulteriori

provvedimenti normativi e segnatamente alla legge 23 luglio 2009, n. 99134 e alla

legge 3 agosto 2009, n. 102.

La prima disposizione normativa citata135 consente alle autorità competenti, per tutti i

trasporti pubblici regionali e locali di interesse economico generale, compresi quelli su

strada, di avvalersi, anche in deroga alla disciplina di settore, delle previsioni contenute

nella disciplina comunitaria di riferimento, che, come accennato, ammettono,

quantomeno sino al 3 dicembre 2019, la gestione in proprio e l’affidamento diretto

dell’attività in parola, e dopo tale termine li ammettono comunque in favore del gestore

del servizio che ne accetti il rischio d’impresa, salva l’esigenza d’un controllo analogo a

quello esercitato sulle proprie strutture.

Viene inoltre previsto136 che alle società che risultino aggiudicatarie dirette dei servizi di

t.p.l. non si applichi il divieto di partecipazione alle gare indette in altri bacini di

traffico.

Senonché la legge 3 agosto 2009, n. 102, intervenuta pochi giorni dopo, si pone in

evidente contrasto con la normativa sopra citata, precisando che le Autorità competenti,

che intendono promuovere l'efficienza e la concorrenza nei singoli settori del trasporto

pubblico, devono, nel caso di affidamento diretto di contratti di servizio pubblico,

aggiudicare tramite contestuale procedura ad evidenza pubblica, almeno il 10 per

cento137 dei servizi oggetto dell'affidamento a soggetti diversi da quelli sui quali

esercitano il controllo analogo.

La richiamata disposizione stabilisce altresì che società che risultano aggiudicatarie di

contratti di servizio al di fuori di procedure ad evidenza pubblica è fatto divieto di

134 L. 23 luglio 2009, n. 99 ““Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”; L. 3 agosto 2009, n. 102, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali”135 L’art. 61 della l. 23 luglio 2009, n. 99, prevede che al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all’articolo 5, par. 2, 4, 5 e 6 (relativo all’affidamento in house, diretto sotto soglia e in caso di emergenza) e all’art. 8 par. 2 (individua il periodo transitorio sino al 3 dicembre 2019) , del Regolamento CE 1370/ 2007. 136 Si veda in tal senso l’art. 18 co. 2 lett. a) del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422.137 L’art. 4-bis, L. 3 agosto 2009, n. 102, prevede l’obbligo in caso di affidamento in house di aggiudicare tramite gara il 10% dei servizi a soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il controllo analogo.

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partecipare a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico locale

organizzate in ambiti territoriali diversi da quelli in cui esse operano.

Risulta evidente che la previsione dell’obbligo, in caso di affidamento in house, di

aggiudicare tramite gara il 10% dei servizi a soggetti diversi, pone in essere una

disciplina sicuramente più stringente nell’ambito degli affidamenti diretti, che risulta del

tutto conforme agli impulsi concorrenziali provenienti dal legislatore comunitario e che

pare poter coesistere con la disposizione normativa in precedenza richiamata138.

Assai più problematiche risultano le indicazioni normative concernenti la possibilità

per gli affidatari diretti di partecipare a gare bandite extra - moenia.

Attesa l’incompatibilità delle due disposizioni di legge sopra richiamate139, cerchiamo di

comprendere quale tra esse risulti oggi applicabile nell’ordinamento.

L’unico strumento che può venirci in soccorso è il principio generale della successione

delle leggi nel tempo. Orbene si deve precisare che la legge 23 luglio 2009, n. 99 è

entrata in vigore successivamente alla legge 3 agosto 2009, n. 102, deve di conseguenza

concludersi che l’art.61 della L. 99/2009, che consente agli affidatari diretti di

partecipare a gare indette in altri bacini di traffico, risulta attualmente vigente nel nostro

ordinamento, mentre l’art 4-bis L. 102/2009 risulterebbe implicitamente abrogato.

In estrema sintesi possiamo dunque affermare che in base al quadro normativo vigente

al momento dall’abrogazione dell’art. 23 bis, del d.l. 112/2008, le modalità di

affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale, trovavano la loro disciplina nelle

disposizioni normative richiamate in precedenza140.

Ricostruito il quadro normativo, possiamo concludere affermando che la caducazione

dell’art. 23-bis non ha determinato in alcun modo uno stravolgimento nel sistema di

gestione dei servizi pubblici locali.

Il sistema delineato dalla normativa abrogata, caratterizzato da una disciplina organica

del settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, resta ancora in piedi nelle

sue articolazioni fondamentali.

138 Il riferimento è all’art. 61 della l. 23 luglio 2009, n. 99.139 L’art. 61, l. 23 luglio 2009, n. 99 esonera dal divieto di attività extra moenia, gli affidatari diretti del servizio pubblico, mentre l’art. 4-bis, l. 3 agosto 2009, n. 102 ribadisce tale divieto.140 Il riferimento è all’art. 61, l. 23 luglio 2009, n. 99 e all’art. 4-bis, l. 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui prevede l’obbligo in caso di affidamento in house di aggiudicare tramite gara il 10% dei servizi a soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il controllo analogo.

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Non può infatti certo negarsi che gli affidamenti in house, in conformità con quanto

previsto dal legislatore comunitario, continueranno a rappresentare una forma di

affidamento di carattere eccezionale141, vincolata al ricorrere di specifiche condizioni

tassativamente esemplificate dalla giurisprudenza comunitaria142 .

2. L’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale all’indomani del

referendum: un passo indietro nella corsa al libero mercato?1.

Abbiamo visto come il legislatore, quasi nel timore che l’ampiezza, anche temporale,

del possibile ricorso, da parte delle Amministrazioni interessate alla gestione o

all’affidamento diretto del servizio, avesse imposto alle Autorità competenti, che si

avvalevano delle previsioni contenute nel regolamento comunitario 1370/2007 nella

scelta diretta dell’aggiudicatario del servizio, di assegnare contestualmente e con gara

pubblica almeno il 10% del servizio stesso a soggetti non controllati concretamente dal

medesimo aggiudicatario143.

Risulta in primo luogo opportuno chiarire come le disposizioni contenute nel citato

Regolamento, risultavano in vigore nel nostro ordinamento per effetto del rinvio

espresso operato dall’art. 61 L.99/2009.

Anche se tale considerazione pare in contrasto con il principio della diretta applicabilità

dei regolamenti all’interno degli Stati membri, sancita dal T.F.U.E.144, deve in realtà

rilevarsi come il Regolamento comunitario sopra richiamato145 preveda espressamente

141 R. Cavallo Perin – D. Casalini , L’in house providing: un’impresa dimezzata, in Dir. Amm., 2006, p.51142 La Corte di Giustizia CE, con sentenza 18.11.1999, causa C- 107/1998 (Teckal), ha affermato che in qualsiasi fattispecie di appalto pubblico di servizi, si rende necessario il ricorso alla gara, salvo che l'ente pubblico eserciti sull'impresa affidataria un controllo analogo a quelli da esso esercitato sui propri servizi. La Corte di Giustizia CE, con sentenza 07.12.2000, causa C- 94/99 (Harge Gewasserschutz), ha inoltre deciso che per poter procedere all'affidamento diretto di un servizio pubblico di rilevanza economica ad un soggetto a partecipazione pubblica e dunque in caso di affidamento in house è indispensabile che il controllo analogo sia strutturale vale a dire che l'impresa affidataria deve considerarsi un "prolungamento amministrativo dell'Ente Locale". 143 Art. 4-bis, L. 3 agosto 2009, n. 102144 L’art. 288 del Trattato sul Funzionamento dell'UE (T.F.U.E.) stabilisce che i regolamenti comunitari hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, senza necessità di alcun atto di recepimento da parte di questi ultimi145 Regolamento (CE) 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007.

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le modalità di aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico di trasporto e diverrà

operativa a far data dal 3.12.2019, termine ultimo entro il quale gli Stati membri

dovranno adeguarsi alle misure ivi previste.

Le disposizioni comunitarie, contenute nel Regolamento (CE) 1370/2007, opereranno

dunque nel nostro ordinamento per effetto dell’espresso rinvio operato dall’art. 61 L.

99/2009.

Ciò precisato, deve rilevarsi come l’atto normativo comunitario, quanto alle modalità

d'aggiudicazione dei contratti di servizio, riconosce chiaramente alla pubblica autorità

l'opzione tra l'autoproduzione e l'esternalizzazione del servizio, senza che si possa

individuare qualche forma di gerarchia tra queste due forme organizzative146.

Salvo infatti che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le Autorità competenti a

livello locale, che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno

facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere

all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente

distinto, su cui l’autorità competente a livello locale, esercita un controllo analogo a

quello che esercita sulle proprie strutture147 .

Si tratta nella prima ipotesi della così detta gestione in economia 148 in relazione alla

quale l’ordinamento comunitario appare non prendere una specifica posizione

limitandosi ad ammetterla salvo che non sia vietato dalla legislazione nazionale.

Di recente sia la Corte Costituzionale che il Consiglio di Stato hanno chiarito la

distinzione tra affidamento diretto e gestione in economia escludendo la possibilità di 146 G. Guzzo, Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza (note a margine della bozza del D.L. relativo alla manovra finanziaria), in www.lexitalia.it, 6, 2008; G. Iacovone, Il servizio di trasporto pubblico locale tra gestione diretta e modelli concorrenziali, Bari, Cacucci, 2008147 art. 5 Regolamento Ce 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007.148 Consiglio di Stato 26.01.2011, n. 552, il quale ha ben precisato la distinzione tra "gestione in economia e "affidamenti diretti" stabilendo che Non sussiste l'equipollenza dei termini affidamento diretto e gestione diretta (in economia), infatti quest'ultima è sempre praticabile dall'ente locale, soprattutto quando si tratti di attività di modesto impegno finanziario, come nel caso di specie, mentre l'affidamento diretto, postula la scelta di attribuire la gestione di un servizio all'esterno del comune interessato, il che non può accadere se non mediante gara ad evidenza pubblica. Nessuna norma, infatti, obbliga i comuni ad affidare all'esterno determinati servizi (illuminazione pubblica, centri assistenziali, case di accoglienza, case di riposo, case famiglia, assistenza domiciliare per anziani ed handicappati, asili nido, mense scolastiche, scuola-bus, biblioteche, impianti sportivi: tutti servizi che, notoriamente, gran parte dei comuni italiani gestiscono direttamente, senza appaltarli a privati), ove preferiscano amministrarli in via diretta e magari in economia, mentre, nel caso di una differente scelta, il conferimento a terzi deve avvenire tramite gara rispettosa del regime comunitario di libera concorrenza.Nel caso di specie, pertanto, è legittima la scelta del comune di gestire direttamente il servizio di illuminazione votiva cimiteriale, esigente solo l'impegno periodico di una persona e la spesa annua di qualche migliaio di euro, laddove l'esborso sarebbe notoriamente ben maggiore solo per potersi procedere a tutte le formalità necessarie per la regolare indizione di una gara pubblica.

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far ricorso alla "gestione in economia" per i servizi pubblici di rilevanza economica149.

La seconda ipotesi presa in considerazione dal legislatore comunitario per

l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico è quella dell'in house providing150, in

relazione al quale vengono definiti i criteri per valutare se sussistono i requisiti del

“controllo analogo”151 indicati dalla norma.

Per determinare se l’Autorità competente a livello locale esercita un controllo analogo

vengono presi in considerazione elementi come il livello della sua rappresentanza in

seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni

negli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni

strategiche e sulle singole decisioni di gestione. In conformità al diritto comunitario, la

proprietà totalitaria da parte dell’autorità pubblica competente, in particolare in caso di

partenariato pubblico-privato, non costituisce un requisito obbligatorio per la

sussistenza del “controllo analogo”. Ovviamente deve essere in tali casi presente

un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri

criteri.

Rispetto dunque alle disposizioni contenute nell’art. 23-bis, pur permanendo condizioni

tassative nell’ambito delle quali poter far ricorso all’in house, vengono meno tutte

quelle previsioni, oggi abrogate a seguito del referendum, che avevano introdotto

parametri ulteriormente restrittivi, tra cui ricordiamo l’obbligo di richiesta di parere

preventivo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Con riferimento agli affidamenti in house continua al contempo a sussistere, come in

precedenza ricordato, l’obbligo della cessione contestuale a terzi del 10% dei servizi152,

oltre all’obbligo per l’amministrazione procedente di supportare con adeguata

149 C. Cost. 17 novembre 2010, n. 325, la quale in relazione agli affidamenti in economia rileva che: "l’art. 35 della legge n. 448 del 2001, nel sostituire l’art. 113 TUEL, aveva escluso per i servizi pubblici locali «di rilevanza industriale» (secondo la definizione dell’epoca; poi definiti «di rilevanza economica» per effetto dell’art. 14 del decreto-legge n. 269 del 2003, modificativo, appunto, dell’art. 113 TUEL) ogni gestione diretta, in economia oppure tramite aziende speciali, da parte dell’ente pubblico. Lo stesso art. 35, al comma 8, aveva altresí imposto alle aziende speciali esistenti di trasformarsi in società di capitali entro il 31 dicembre 2002. L’esclusione della gestione diretta non è dunque innovativamente disposta, ma solo mantenuta, dall’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, con la conseguenza che il denunciato contrasto con la Carta non è ipotizzabile"150 Purcaro A., Servizi pubblici locali: gli affidamenti in house providing dopo la conversione del decreto legge 112/2008. Brevi note all’art. 23-bis, cit., 2008151 DE SANTIS S. – DI FILIPPO E., Affidamento «in house» e controllo analogo, in Cooperative e consorzi, 2010, fasc. 66, pagg. 41-45.NICODEMO A, Il “controllo analogo congiunto” nell’in house providing, in Rivista amministrativa della Repubblica italiana, 2010, fasc. 5-6, pagg. 307-318.152 art. 4 bis L. n. 102/09

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motivazione il provvedimento di affidamento diretto in quanto il medesimo si pone in

antitesi con il principio comunitario di apertura alla concorrenza nell’affidamento dei

servizi pubblici di rilevanza economica.

Il regolamento comunitario 1370/2007, recuperando buona parte dei principi elaborati

dalla Corte di Giustizia Europea in materia di controllo analogo, procede dunque ad

un’elencazione, che di certo non può ritenersi tassativa, degli elementi che devono

essere presi in esame al fine di determinare se l’autorità pubblica esercita sull’operatore

interno un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture.

Ovviamente l’elencazione fornita dal legislatore comunitario non può ritenersi

esaustiva, anche alla luce del fatto che spetterà alla Corte di Giustizia valutare caso per

caso la presenza di un'influenza pubblica dominante e di un controllo effettivo sulle

decisioni fondamentali della società. Tale previsione risulta conforme con la

giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui il controllo analogo sussiste

nell’ipotesi in cui l’ente concessionario sia soggetto ad un controllo che consente

all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni; in altre parole deve

trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle

decisioni importanti153.

Da rilevare altresì come il Regolamento comunitario, pur considerando l’assetto

proprietario come uno degli elementi oggetto di valutazione al fine di verificare la

sussistenza del controllo analogo, non prevede come obbligatoria la totale

partecipazione pubblica dell’operatore interno affinché il medesimo diventi destinatario

di un affidamento diretto.

La citata disposizione comunitaria si pone dunque in netto contrasto con la

Giurisprudenza della Corte di Giustizia, che più volte ha ribadito che deve escludersi la

sussistenza del controllo analogo ogni qual volta vi sia la partecipazione di privati

nell’impresa affidataria.

In tale contesto, la disposizione mette in discussione ciò che la Corte di

153 Corte di Giustizia Europea, 13 ottobre 2005, C-458/03 Parking Brixen Gmbh contro Gemeinde Brixen, Stadtweke Brixen AG in cui è stato affermato che "non è conforme al diritto comunitario l'attribuzione di una concessione di pubblici servizi senza svolgimento di pubblica gara qualora l'impresa concessionaria sia una società per azioni costituita mediante la trasformazione di un'azienda speciale di un'autorità pubblica, il cui capitale sociale al momento dell'attribuzione sia interamente detenuto dall'autorità pubblica concedente, il cui Consiglio di Amministrazione disponga però dei più ampi poteri di ordinaria amministrazione e possa concludere autonomamente, senza l'accordo dell'assemblea dei soci, taluni negozi.

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Giustizia aveva affermato sin dalla sentenza 11 gennaio 2005, C- 26/03, "Stadt Halle",

la quale aveva escluso che potesse realizzarsi la condizione del controllo analogo

quando l'impresa affidataria fosse partecipata da privati, perché qualunque investimento

di capitale privato in un'impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi

privati e persegue obiettivi di natura diversa" da quelli di interesse pubblico.

Il Regolamento (CE) 1370/2007, stabilisce, invece, che la proprietà pubblica totalitaria,

in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio

per aversi controllo analogo a condizione vi sia un 'influenza pubblica dominante e che

il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri.

Appare dunque evidente come nel Regolamento (CE) 1370/2007 non solo viene meno

il precetto della proprietà pubblica totalitaria, ma mutano anche radicalmente, rispetto

a quelli individuati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, i presupposti

per le gestioni in house.

La giurisprudenza comunitaria considerava infatti l’in house come un metodo del tutto

eccezionale di affidamento del servizio pubblico, in deroga all’ordinario ricorso a

procedure di affidamento a soggetti terzi mediante gare ad evidenza pubblica.

Anche in questo caso traspare il netto divario con la disciplina contenuta nell'art. 23bis

del d.l. 112/2008, abrogato a seguito dell’esito referendario del 12 e 13 giugno. La

sopra citata disposizione, oltre a classificare l’ “in house” come affidamento in deroga,

rispetto alle normali procedure di gara, conteneva una disciplina molto più restrittiva

rispetto a quella dettata dal legislatore comunitario.

Prima di procedere alla disamina degli effetti del referendum sugli affidamenti a società

miste pare opportuno ricordare come il concetto di partenariato pubblico privato sia

stato disciplinato per la prima volta a livello comunitario nel “libro verde” della

Commissione Europea del 30 aprile 2004.

Come precisato infatti dalla Commissione Europea, con tale espressione ci si vuole

riferire a “quelle forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle

imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la

gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”154

154 Commissione UE, Libro verde relativi ai Partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, 30 aprile 2004, COM (2004) 327, in cui si specifica tra l’altro che gli elementi che caratterizzano normalmente le operazioni di PPP sono: a) la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare.

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D’altronde anche il Parlamento Europeo, cogliendo in pieno la ratio dell’istituto, volto

a favorire le pubbliche amministrazioni nel reperimento di risorse economiche,

precisava, con la Risoluzione n. 2006/2043 (INI), che i partenariati pubblico- privati

non costituiscono un primo passo verso la privatizzazione di compiti pubblici ma anzi

costituiscono utili strumenti per creare sinergie, consentire una gestione più efficace

degli stanziamenti pubblici nonché in periodi di scarsità di mezzi pubblici, fungere da

alternativa alle privatizzazioni e contribuire alla modernizzazione amministrativa.

Successivamente la Commissione Europea, Comunicazione interpretativa del 12 aprile

2008 "Sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni

ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati" precisava che per partenariato

pubblico-privato istituzionalizzato deve intendersi la cooperazione tra partner pubblici e

privati che costituiscono un’entità a capitale misto per l’esecuzione di appalti pubblici o

concessioni.

L’apporto privato alle attività del PPI consiste, a parte il conferimento di capitali o altri

beni, nella partecipazione attiva all’esecuzione dei compiti assegnati all’entità a capitale

misto e/o nella gestione di tale entità.

Viceversa, il semplice conferimento di fondi da parte di un investitore privato ad

un’impresa pubblica non costituisce un’ipostesi di partenariato.

Il compito del soggetto a partecipazione pubblica- privata è quello di provvedere

direttamente alla fornitura di un servizio in favore della collettività.

Per quanto riguarda l’aggiudicazione del servizio sia la Commissione Europea che il

b) la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte dal settore privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi soggetti. Spesso, tuttavia, quote di finanziamento pubblico, a volte assai notevoli, possono aggiungersi ai finanziamenti privati.c) Il ruolo importante dell'operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento). Il partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini d'interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi.d) la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato, sul quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico. I PPP non implicano tuttavia necessariamente che il partner privato si assuma tutti i rischi, o la parte più rilevante dei rischi legati all'operazione. La ripartizione precisa dei rischi si effettua caso per caso, in funzione della capacità delle parti in questione di valutare, controllare e gestire gli stessi.Nel corso dell'ultimo decennio, il fenomeno dei PPP si è sviluppato in molti settori rientranti nella sfera pubblica. L’aumento del ricorso a operazioni di PPP è riconducibile a vari fattori. In presenza delle restrizioni di bilancio cui gli Stati membri devono fare fronte, esso risponde alla necessità di assicurare il contributo di finanziamenti privati al settore pubblico. Inoltre, il fenomeno è spiegabile anche con la volontà di beneficiare maggiormente del "know-how" e dei metodi di funzionamento del settore privato nel quadro della vita pubblica. Lo sviluppo dei PPP va d’altronde inquadrato nell'evoluzione più generale del ruolo dello Stato nella sfera economica, che passa da un ruolo d'operatore diretto ad un ruolo d'organizzatore, di regolatore e di controllore

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Consiglio di Stato155, hanno circoscritto con precisione i casi in cui può ritenersi

legittimo il ricorso a tale modalità di affidamento del servizio pubblico156.

In particolare è stata affermata la legittimità del ricorso alla gara per la scelta del socio

privato e il contestuale affidamento del servizio alla società mista. Ovviamente nel

rispetto delle previsioni comunitarie ed interne che impongono il requisito del

“controllo analogo” e del prevalente svolgimento dell’attività della società mista a

favore del soggetto pubblico che l’ha costituita

La previsione della obbligatorietà della gara per la scelta del socio privato, oltre a

fornire un’importante conferma del fatto della non riconducibilità della società mista al

modello “in house”,ha escluso altresì la possibilità di ricomprendere la medesima tra gli

affidamenti diretti157.

Di recente, la "gara a doppio oggetto" è stata ritenuta conforme al diritto comunitario

dalla Corte di Giustizia Europea, con la sentenza 15 ottobre 2009, resa nella causa C-

196/2008.

A livello di normativa nazionale l’art.1 comma 2, D.lgs 12 aprile 2006, n. 163, prevede

che il ricorso a società miste per l’affidamento di un servizio pubblico sia possibile a

condizione che vi sia una normativa che espressamente lo consenta e che in ogni caso la

scelta del socio privato avvenga con procedura di evidenza pubblica.

Ebbene l’art. 23 bis della legge 133/2008, su cui si è abbattuta la scure referendaria,

aveva introdotto nel nostro ordinamento la gara a doppio oggetto prevedendo che il

conferimento della gestione dei servizi avviene in via ordinaria anche a società a

partecipazione mista pubblica e privata a condizione che la selezione del socio avvenga

mediante procedure competitive ad evidenza pubblica che devono avere ad oggetto, al

tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi

alla gestione del servizio. Al socio doveva essere attribuita una partecipazione non

inferiore al 40%.

La previsione che sembra cadere è dunque quella del limite legale non inferiore al 40%,

di partecipazione del socio privato, considerato che la previsione legislativa che

legittimava la costituzione di società miste, caduto l’art. 23 bis, è da individuarsi nel

155 C.d.s. sentenza n. 1 del 03.03.2008156 M. G. PULVIRENTI ., Recenti orientamenti in tema di affidamenti in house in Il foro amministrativo C.d.S., 2009, fasc. 1, pagg. 93-123.157 M. Bianco., I servizi pubblici locali: liberalizzazione, regolazione e sviluppo industriale , Bologna, il Mulino, 2010

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Regolamento CE 1370/2007, nella parte in cui prevedendo che la proprietà pubblica al

100% non è requisito necessario per aversi “controllo analogo” introduce la facoltà di

affidamenti a società miste.

In base alla ricostruzione della normativa e della giurisprudenza comunitaria possiamo

concludere affermando che con la caducazione dell’art. 23 bis l’assetto complessivo dei

servizi pubblici locali è rimasto nel suo complesso invariato. Ne costituisce conferma la

circostanza per cui il modello della società mista è considerato dal legislatore

comunitario non solo una fattispecie del tutto legittima di affidamento a terzi di servizi

pubblici di rilevanza economica, ma anche uno strumento a cui poter ricorrere per

incentivare l’azione delle amministrazioni pubbliche sempre maggiormente afflitte dalla

scarsità delle risorse.

Se da un lato è innegabile dunque che nell’immediatezza dell’esito referendario si è

creato nel nostro ordinamento un vuoto normativo, dobbiamo nel contempo rilevare

come abbia trovato immediata applicazione la normativa comunitaria nonché i principi

fondanti del libero mercato esemplificati nell’art. 106 del TFUE in virtù del quale le

imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generali o aventi

carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati e alle regole di

concorrenza. Ciò nella misura in cui l’applicazione di tali norme non sia d’ostacolo

all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata.

Per quanto concerne invece gli affidamenti in house, deve rilevarsi come l’abrogazione

dell’art. 23 bis non qualifichi in alcun modo il ricorso a tale procedura, come modalità

ordinaria di affidamento del servizio pubblico di rilevanza economica. Al contrario per

quanto detto in precedenza permangono le restrizioni contenute nella legislazione e

nella giurisprudenza comunitaria relative ai requisiti del “controllo analogo” e della

“prevalenza dell’attività”.

Deve infine segnalarsi come con la caducazione dell’articolo 23 bis, co. 4 e 4 bis, del

D.L. 112/2008, nonché del DPR 381/2010 si era posta in modo decisivo la problematica

degli affidamenti dei servizi pubblici di valore superiore ai 200.000 euro.

Tuttavia il venir meno dell’obbligo per le amministrazioni pubbliche di procedere ad

un’analisi di mercato che giustifichi il ricorso alla gestione in house e il conseguente

obbligo di parere preventivo da parte dell’Autorità garante per la concorrenza ed il

mercato, non determina in alcun modo il venir meno dell’obbligo, da parte delle

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amministrazioni pubbliche, di fornire un’adeguata motivazione delle scelte operate in

materia di affidamento di servizi pubblici locali.

Al contrario, in una situazione di diritto così strutturata, l’esigenza di una motivazione

massimamente articolata e convincente costituisce una necessità insopprimibile.

Il problema che in ogni modo oggi si pone con forza e che dovrà essere affrontato

quanto prima dal legislatore riguarda il destino di tutti quei partenariati pubblici-privati

costituiti durante la vigenza dell’art. 23 –bis, e in relazione ai quali sussiste a seguito

del referendum abrogativo, un problema di coerenza con la normativa sopravvenuta.

E’ una situazione senza dubbio assai complessa in quanto coinvolge una molteplicità di

imprese, che hanno fatto ingenti investimenti e che rischiano di andare perduti a seguito

del referendum.

3. Concorrenza e obblighi di servizio pubblico

Il sistema così come delineato dall’art. 23 bis, vedeva nella celebrazione di apposite

gare lo strumento principale per la selezione del gestore del servizio pubblico158.

A seguito della consultazione referendaria del 12 giugno 2011, che, come ampliamente

esposto in precedenza ha determinato l’abrogazione dell’art. 23 bis, il quadro normativo

a livello nazionale si è contraddistinto per un evidente “ritorno al passato”, mentre a

livello comunitario ha assunto un rilievo ancor più determinante il regolamento (CE)

1370/2007.

In buona sostanza la gara costituisce ancora lo strumento principale per

l’esternalizzazione dei servizi pubblici locali, pur essendo ammesso il ricorso

all’autoproduzione o in house in presenza di determinate garanzie individuate dal

legislatore comunitario e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.

Si pone dunque in modo deciso la problematica relativa alla armonizzazione delle

esigenze di mercato159 con gli obblighi di servizio pubblico che le istituzioni coinvolte

saranno tenute ad osservare.158 M. Dugato., Servizi pubblici locali (art. 23-bis), in Gior. Dir. amm., 12, 2008, p. 1219 e ss.159 G. Antonucci., Concorrenza nel mercato e concorrenza per il mercato. Affidamento di servizi pubblici, segnatamente del trasporto pubblico locale: profili giuridici e ultime tendenze giurisprudenziali, in Trasporto Urbano, Franco Angeli, 2005

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Certamente la coesistenza di obblighi di servizio pubblico con logiche di mercato160

comporta da un lato la necessità di assicurare il buon andamento e l’efficienza

dell’azione posta in essere dalla amministrazione pubblica, dall’altro l’obbligo di

garantire che la competizione tra gli operatori presenti sul mercato avvenga secondo

dinamiche di libera e leale concorrenza161.

Le modalità di scelta del soggetto a cui affidare il servizio pubblico dovrebbe

contemperare queste due contrapposte esigenze. Ciò risulta determinante nell’ambito

dell’economia generale del paese. Non vi è dubbio infatti che i servizi pubblici

costituiscano un settore strategico nel sistema economico nazionale, da cui dipende il

grado di benessere sociale della collettività162. Ecco allora che risulta di fondamentale

importanza la previsione di un servizio pubblico universale che assicuri elevati standard

qualitativi, a fronte di tariffe accessibili per tutti i cittadini.

D’altronde una siffatta concezione del servizio pubblico trova piena rispondenza nelle

finalità che il legislatore comunitario si è prefissato nel disciplinare le modalità di

gestione e di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che

sinteticamente possono individuarsi nella universalità, nell’economicità nonché nella

trasparenza del servizio.

La normativa comunitaria, come detto in precedenza, ammette che il servizio pubblico

possa essere svolto da un soggetto privato, da un ente pubblico o per il tramite di un

partenariato pubblico-privato. Ovviamente l’affidamento del servizio pubblico deve

avvenire nel rispetto di quelle prescrizioni minime idonee a garantire la libera

concorrenza tra gli operatori del settore.

In tale ottica la previsione di una gestione diretta del servizio da parte dell’ente

pubblico, piuttosto che la previsione di affidamenti “in house” a soggetti partecipati

dall’amministrazione, non contrasta con il principio del libero mercato. Il ricorso a

siffatte gestioni, infatti, è imbrigliata al rispetto di stringenti prescrizioni. L’affidamento

“in house” può essere disposto, secondo la disciplina comunitaria solo in favore di una

società a capitale interamente pubblico, su cui l’ente pubblico esercita un controllo

160 L. Giani – A. Police , Le funzioni di regolazione del mercato, in Diritto amministrativo, a cura di F.G. Scoca, Torino, 2008, p. 525ss161 R. Arrigoni., Servizi pubblici locali: concorrenza, regolazione, mercati,in Foro amm.- Cds, 20008, p. 670 ss162 C. Canali - C. Pellizzoni , La riforma del Tpl tra funzione sociale e apertura al mercato. Una valutazione del periodo transitorio, in Trasporti e politiche economiche, Atti della VI riunione scientifica della Siet, Palermo, Officine Grafiche Riunite, 2003

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analogo163 a quello esercitato sui propri servizi; inoltre, la società in house deve svolgere

la parte prevalente della propria attività in favore dell’ente o degli enti che la

controllano. Per tutte le altre forme di esternalizzazione di servizi pubblici di rilevanza

economica a soggetti terzi la normativa comunitaria prevede come necessario il ricorso

a procedure di selezione ad evidenza pubblica del soggetto affidatario. La violazione di

detta disposizione normativa comporterebbe l’illegittimità della procedura di

affidamento, che si porrebbe così in contrasto con i principi fondanti dell’Unione

Europea, ed in particolare con quelli di libera prestazione dei servizi e di libertà di

stabilimento negli Stati membri dell’Unione.

Chiarito come si è proceduto, a livello comunitario, alla non facile armonizzazione tra

tutela della concorrenza e obblighi di servizio pubblico vediamo in che modo il

legislatore nazionale con l’art. 23 bis d.l. 112/2008 ha dato un forte impulso in senso

concorrenziale alla disciplina dei servizi pubblici locali164.

La norma di legge abrogata prevedeva, infatti, che, in via ordinaria, la gestione dei

servizi pubblici locali potesse essere affidata a imprese, a prescindere dalla proprietà

privata, pubblica o mista del capitale, che risultavano affidatarie del servizio all’esito di

procedure competitive a evidenza pubblica; oppure a società a partecipazione mista

pubblico-privata, a condizione che la selezione del socio avvenisse attraverso procedure

competitive a evidenza pubblica aventi ad oggetto contestualmente la qualità di socio e

l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al

socio fosse attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento del capitale.

L’affidamento in house era ammesso in deroga alle modalità ordinarie di affidamento

secondo modalità ancor più restrittive rispetto a quelle introdotte dal legislatore

comunitario. Si rendeva infatti indispensabile per l’ente pubblico dimostrare l’esistenza

di situazioni eccezionali che a causa di particolari caratteristiche economiche, sociali,

ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettessero

un efficace e utile ricorso al mercato.

Inoltre la scelta dell’ente locale di procedere all’affidamento in house doveva essere

motivata in base ad un’analisi del mercato165. Nel caso in cui il valore economico del

servizio superava la somma complessiva di 200.000 euro annui, era necessario chiedere 163 I. RIZZO ., Affidamento in house e controllo analogo: una certezza irraggiungibile?, in Urbanistica e appalti, 2009, fasc. 11, pagg. 1345-1356.164 B. Giliberti, Servizi pubblici locali: durata degli affidamenti, periodo transitorio e divieto di partecipazione alle gare, in Urbanistica e app., 2009, 2, p. 146e ss.

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il parere preventivo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Per comprendere da cosa fosse stata dettata la riforma dei servizi pubblici locali del

2008, non si può non soffermarsi sulle procedure di affidamento adottate sino a quel

momento dagli enti locali. Il quadro generale a livello nazionale era infatti caratterizzato

da un abuso di affidamenti diretti nella gestione dei servizi pubblici. Ciò aveva

comportato, anche per la carenza di controlli, l’adozione, da parte dei soggetti

affidatari, di modalità gestionali rilevatesi non in grado di svolgere la missione loro

affidata. A fronte, infatti, di tariffe troppo elevate si riscontravano inefficienze nel

servizio e malcontento da parte dei consumatori.

Nelle intenzioni del legislatore nazionale vi era dunque la volontà di introdurre sistemi

concorrenziali ancor più rigidi al fine di far prevalere la professionalità di quei soggetti

che potevano garantire una più elevata qualità del servizio e di conseguenza garantire il

soddisfacimento del legittimo interesse delle comunità locali ad un servizio pubblico

efficiente.

Ovviamente l’abrogazione dell’art. 23 bis da parte del corpo elettorale non può non

indurre ad una riflessione.

Deve in primo luogo prendersi atto come nel nostro paese non sia ancora presente la

concezione di un servizio pubblico gestito da soggetti privati sulla base delle regole del

libero mercato. Ciò è determinato in buona parte dalla diffusa convinzione che logiche

di profitto mal si concilino con obblighi di servizio pubblico. Ecco allora che si rende

necessario che il ricorso al libero mercato assicuri non solo libero accesso e trasparenza

nell’affidamento del servizio pubblico ma imponga una serie di regole stringenti, idonee

a garantire la qualità e l’efficienza del servizio a costi accessibili per la collettività. In

questa fase avranno un ruolo determinante le politiche adottate dagli enti locali.

Quest’ultimi dovranno impegnarsi nel prevedere bandi di gara che siano idonei a

garantire il giusto bilanciamento tra l’interesse pubblico da un lato e dinamiche di

impresa, che del tutto legittimamente muovono tutti gli operatori del settore, che

aspirano a diventare affidatari del servizio. Di fatto le amministrazioni pubbliche

godono di quel margine di discrezionalità che permetterà loro di effettuare un corretto

bilanciamento degli interessi sottesi all’aggiudicazione del servizio.

165 C. E. GALLO , Affidamenti diretti e forme di collaborazione tra enti locali (n.d.r. commento a Corte di Giustizia delle Comunità europee, grande sezione, 9 giugno 2009, causa C-480/06), in Urbanistica e appalti, 2009, fasc. 10, pagg. 1176-1182

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Da parte sua il privato dovrà dare prova della propria efficienza, al fine di fornire un

segnale concreto alla collettività della circostanza per cui interesse pubblico e profitto

privato possono tranquillamente coesistere nel libero mercato.

A seguito del referendum abrogativo si è assistito ad un assetto normativo del settore

dei servizi pubblici locali dai contorni sempre più incerti. Ciò avrebbe potuto

determinare conseguenze molto gravi, che si possono in buona sostanza individuare in

una contrazione degli investimenti, con evidente pregiudizio per la qualità del servizio.

Ecco allora che il ricorso alla normativa europea è risultato di rilevanza decisa al fine

di evitare uno stallo nel settore.

E’ risultato di decisiva importanza, anche dopo l’esito del referendum, facilitare il

compito degli enti locali che hanno scelto di ricorrere alle procedure ad evidenza

pubblica. Questi ultimi hanno proceduto alla previsione di bandi che consentissero la

più ampia partecipazione degli operatori del settore. Appariva dunque di rilevanza

strategica individuare correttamente il bacino di gara, nonché determinare la durata

degli affidamenti, anche in relazione agli investimenti richiesti per la gestione del

servizio.

Una volta proceduto all’affidamento del servizio, ovviamente non si esauriscono i

compiti dell’ente locale. Quest’ultimo deve infatti provvedere a vigilare sul rispetto

degli obblighi di servizio pubblico da parte degli enti affidatari dei contratti di servizio.

Appare dunque evidente il ruolo chiave svolto dagli enti locali nell’assicurare da un lato

un’elevata qualità dei servizi esternalizzati e nel garantire dall’altro il rispetto delle

dinamiche concorrenziali tra gli operatori di settore.

Come già più volte accennato in precedenza l’abrogazione dell’art. 23bis ha

disorientato gli enti locali e le imprese di settore che hanno avvertito immediatamente

l’esigenza di un nuovo quadro normativo idoneo a garantire l’efficienza del servizio e la

tutela del consumatore –utente dinanzi ai possibili aumenti tariffari.

L’ulteriore vantaggio di un settore di mercato ben regolato è rappresentato poi

dall’attrazione che il medesimo può esercitate nei confronti delle imprese, che avranno

un rilevante interesse ad investire in segmenti di mercato efficienti, con regole chiare e

condivise.

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4. Trasporto pubblico locale e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

Nel lungo processo di apertura al mercato dei servizi pubblici di rilevanza economica un

ruolo determinante deve riconoscersi all’attività posta in essere, ormai da più di venti

anni, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

La lunga resistenza all’apertura al mercato, che ha caratterizzato la quasi totalità dei

servizi pubblici locali, coinvolgendo ovviamente anche il settore dei servizi di trasporto

pubblico locale, è stata per certi versi superata, anche se l’effettivo valore della

concorrenza, non pare ancora essersi definitivamente affermato.

In particolare, il problema maggiore è stato rappresentato dalle oggettive resistenze,

ancora oggi non del tutto sopite, mostrate dagli operatori del settore, pubblici e privati,

ad assicurare l’applicazione concreta di tale valore, che secondo un’opinione diffusa,

produrrebbe benefici diffusi per la collettività, facendo definitivamente cessare gli

interessi particolari di talune categorie.

L’A.G.C.M., come accennato, opera ormai da più di un ventennio, nel tentativo di

rendere effettivo il valore della concorrenza, nei differenti settori dell’economia

nazionale, utilizzando i poteri espressamente attribuitegli dal Legislatore.

Tali poteri vanno dalla tutela dei consumatori, alla collaborazione alle funzioni di

regolazione, al controllo sugli affidamenti dei servizi pubblici locali sino all’attività di

segnalazione166. Grazie anche a quest’ultimo straordinario strumento l’A.G.C.M. ha

potuto contribuire al superamento della legislazione monopolistica, che caratterizzava il

settore dei servizi di trasporto pubblico locale.

Ovviamente l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, non si limita a

suggerire iniziative legislative ma fornisce al legislatore specifiche indicazioni di

166Secondo quanto previsto dall’art. 21, l. 10 ottobre 1992, n. 287, “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato” allo scopo di contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del mercato, l'Autorità individua i casi di particolare rilevanza nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere generale determinano distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato che non siano giustificate da esigenze di interesse generale. L'Autorità segnala le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati. L'Autorità, ove ne ravvisi l'opportunità, esprime parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri nei modi più congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni distorsive.

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intervento, che si concretizzano talvolta in veri e propri progetti di riforma, volti ad uno

sviluppo concorrenziale della regolazione dell’economia del Paese.

Venendo al settore di nostra competenza, deve rilevarsi come l’Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato si sia più volte pronunziata sulla materia del trasporto

pubblico locale, a partire dalla prima vera riforma del settore, operata dal decreto

Burlando.

Successivamente, ha espresso il proprio parere su quegli interventi che la medesima

riteneva necessari per incrementare la concorrenza nell’ambito dei servizi pubblici

locali di rilevanza economica..

Con la segnalazione AS125 del 26 febbraio 1998 l’A.G.C.M. ha espresso il proprio

parere sul decreto Burlando167 .

Nella segnalazione in esame l’A.G.C.M. comunica al Presidente del Consiglio dei

Ministri gli interventi ritenuti idonei per il riordino del settore dei trasporti pubblici

locali. In particolare viene sottolineata l’esigenza di aumentare il livello di

concorrenza168 nel comparto del t.p.l. e di minimizzare il ricorso a sussidi da parte delle

amministrazioni pubbliche169.

Il parere dell’Autorità Garante prende le mosse dall’analisi delle circostanze che hanno

portato i servizi pubblici locali a far continuo ricorso a sussidi pubblici170.

In realtà le cause sono molteplici, ma quelle che hanno inciso maggiormente sulle

inefficienze del passato sono da individuarsi innanzitutto in un sistema tariffario poco

trasparente, nell’assenza di controllo da parte delle istituzioni pubbliche ed infine in un

assetto del mercato con evidenti connotati monopolistici.

Lo strumento a cui ricorrere, per favorire l’efficienza del mercato è quello dell’ apertura

alla concorrenza171.

167 Il d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 , ha operato il conferimento alle Regioni e agli Enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale, in attuazione della delega di cui all’art. 4 della legge 15 marzo 1997 n. 59.168 A. G. Arabia , D. Guariglio , C: Rapallini , La governance del trasporto pubblico locale, Milano, 2004; R. Arrigoni , Servizi pubblici locali: concorrenza, regolazione, mercati,in Foro amm.- Cds, 20008, p. 670 ss169 M. Ponti, Le tariffe dei trasporti pubblici e i sussidi, in Economia Pubblica, 2003, n.3, p. 119 ss170 M. Smeraldi, Riforma amministrativa, sussidiarietà e concorrenza nella regionalizzazione del trasporto locale, in Dir. Trasporti, I, 1999, p.11 ss171 C. Tessarolo, La gestione in house dei servizi pubblici, in Diritto dei servizi pubblici, rivista on line del 24 febbraio 2005; Idem, La disciplina comunitaria del trasporto pubblico di passeggeri, in Diritto dei servizi pubblici, giugno 2008

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Il ricorso al libero mercato comporta però obblighi di servizio pubblico172, talvolta non

necessari, a carico dei soggetti affidatari del servizio. Ecco allora che risulta di

fondamentale importanza individuare nello specifico le situazioni in cui il ricorso ai

sussidi risulta assolutamente indispensabile. Si tratta di quei casi in cui l’operatore

privato non provvederebbe all’erogazione del servizio minimo o lo erogherebbe solo a

fronte di condizioni tariffarie eccessivamente gravose per la collettività.

Nel favorire al massimo il ricorso a meccanismi di apertura del mercato173 e per

assicurare alti livelli di efficienza del settore, l’A.G.C.M., individua come strumento

fondamentale quello della gara. Il ricorso a procedure concorsuali, favorendo

l’economicità della prestazione posta in essere dagli operatori privati, dovrebbe essere

assunta come modalità principale di scelta dell’affidatario del servizio. L’affidamento

diretto174, secondo quando sostenuto dall’A.G.C.M., dovrebbe svolgere un ruolo del

tutto transitorio e residuale, nel quadro di una rapida e progressiva apertura alla

concorrenza.

A questo fine, l’articolo 18, comma 2, lettera a), potrebbe essere completato

esplicitando che il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del

servizio costituisce la forma ordinaria di affidamento.

Di notevole interesse risulta inoltre la riflessione introdotta dall’A.G.C.M., laddove

considera l’opportunità di una previsione normativa, che legittimi il ricorso

all’affidamento diretto175 del servizio, da parte dell’amministrazione procedente, solo

laddove le procedure concorrenziali non siano in grado di individuare una forma di

gestione più economica.

Tale indicazione pare essere stata recepita dopo alcuni anni dal legislatore nazionale.

Quest’ultimo infatti, con l’art. 23-bis del d.l. 122/2008, aveva subordinato il ricorso all’

“in house” alla dimostrazione, da parte dell’ente pubblico, dell’esistenza di situazioni

eccezionali che a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e

172 M. Mazzamuto., Il trasporto di linea locale e gli obblighi di servizio, in Liberalizzazione del trasporto terrestre e servizi pubblici economici, a cura di A. Brancasi, Bologna, Il Mulino, 2003, p.225173 M. Mazzamuto, Concorrenza e modelli di gestione dei servizi pubblici locali: il caso paradigmatico dei trasporti, in Nuove Autonomie, n. 4-5, 2000, p. 569174 C. Volpe, In house providing, Corte di Giustizia, Consiglio di Stato, e legislatore nazionale. Un caso di convergenze parallele?, in Urbanistica e app., 2008, 12, p. 1401 e ss175 L. Perfetti., L’affidamento diretto di servizi pubblici locali a società partecipate da Comuni, tra amministrazione indiretta e privilegi extra legem ,in Foro amm, Cds, 2004, p. 605

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geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e

utile ricorso al mercato.

Nei casi in cui il mercato non possa assumere un assetto concorrenziale, l’Autorità

Garante suggerisce l’adozione, al fine dell’aumento dell’efficienza, di strumenti di

concorrenza comparativa, che si basano sulla comparazione tra i risultati ottenuti dal

singolo operatore con quelli di soggetti presenti in altri ambiti territoriali.

L’Autorità Garante formula anche le proprie osservazioni sul regime transitorio

previsto dal Decreto Burlando. Quest’ultimo prevedeva, infatti, una fase transitoria di

durata quinquennale, durante la quale gli affidamenti della gestione dei servizi potevano

essere effettuati in assenza di un previo confronto concorrenziale tra offerenti.

Tale previsione risultava per l’A.G.C.M. ingiustificata, in relazione al periodo di

recupero degli investimenti necessari allo svolgimento del servizio, in quanto

comportava un duraturo e immotivato vantaggio concorrenziale a favore degli operatori

già presenti sul mercato.

In considerazione di ciò l’Autorità Garante segnalava al legislatore l’opportunità che

l’art. 18, comma 3, d.lgs. 422/1997, venisse modificato con la previsione di un periodo

transitorio non superiore a tre anni e con l’introduzione del principio che non deve

essere attribuito alcun criterio di preferenza tra gli operatori già presenti sul mercato.

L’A.G.C.M. esprime inoltre un giudizio favorevole sulla scelta operata dal Decreto

Burlando di responsabilizzare il soggetto pianificatore imponendo vincoli di bilancio.

Parimenti viene valutato positivamente la separazione tra soggetti che erogano il

servizio e soggetti che lo finanziano. Ciò risulta conforme secondo quanto sostenuto

dall’A.G.C.M. ai principi di efficienza ed economicità contenuti nella legge delega

59/97. Di conseguenza l’attribuzione alle Regioni delle funzioni di controllo deve

avvenire con modalità tali da garantire la netta separazione tra programmazione e

regolazione del servizio.

Possiamo dunque concludere che l’A.G.C.M. abbia fornito un giudizio

complessivamente positivo dell’assetto dei trasporti pubblici locali introdotto con il

Decreto Burlando.

Non sono mancati tuttavia importanti suggerimenti al governo, per introdurre correttivi,

che favoriscano un’ancora più penetrante spinta concorrenziale e una migliore

realizzazione dei principi di efficienza introdotti con la legge delega.

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Di fondamentale importanza, per il settore del trasporto pubblico locale, risulta poi la

segnalazione AS208 del 5 febbraio 2001, con cui l’Autorità Garante della Concorrenza

e del Mercato, ha voluto dare una risposta alle molteplici richieste pervenute, in

relazione all’erogazione di sussidi incrociati, soprattutto con riferimento alla circostanza

per cui vi sono servizi che beneficiano di sussidi pubblici176e altri servizi di trasporto

svolti in regime di concorrenza.

Il parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato vuole segnalare ai

Presidenti delle Regioni, delle Province e ai Sindaci le distorsioni della concorrenza che

possono scaturire dalla erogazione di contributi pubblici177 alle imprese assegnatarie del

servizio.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato rileva come, in base alla normativa

nazionale e segnatamente con la legge 30 maggio 1995, n. 204 e con la legge 28

febbraio 1997, n. 30, le imprese titolari dei servizi di t.p.l., ricevono finanziamenti

destinati al raggiungimento dell’equilibrio economico dei bilanci ed al rinnovo degli

automezzi178.

Come accennato in precedenza con decreto Burlando, si è proceduto a delegare alle

Regioni e agli Enti locali funzioni e compiti in materia di t.p.l..

176 G. Merletto., Paradigmi dell’intervento pubblico e politica italiana dei trasporti; una rilettura critica, in Economia Pubblica, 2004, n. 6, pag. 59 s.s. 177 C. Pinotti ., Gli aiuti di stato alle imprese nel diritto comunitario della concorrenza, Padova, 2000, p. 146 e ss178 D. Gallo, Finanziamento dei servizi di interesse economico generale e aiuti di Stato nel diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2007, 5, p. 893 e ss.

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In particolare è stato attribuito alle Regioni il compito di individuare i così detti servizi

minimi179, vale a dire quel complesso di servizi, che da un punto di vista qualitativo e

quantitativo, sono in grado di soddisfare le esigenze della collettività dei cittadini.

Le Regioni, le Province ed i Comuni devono altresì provvedere alla determinazione

delle compensazioni, spettanti alle imprese, per gli obblighi di servizio pubblico,

tenendo conto dei profitti che scaturiscono dalle applicazioni delle tariffe nonché

dall’eventuale gestione dei servizi complementari alla mobilità.

Sul punto l’Autorità Garante rileva come l’introduzione di procedure ad evidenza

pubblica per l’individuazione del soggetto affidatario, oltre a favorire l’efficienza degli

operatori, ha favorito la riconduzione del volume dei sussidi al livello minimo

necessario al soddisfacimento dei bisogni collettivi di mobilità.

In altre parole lo strumento della gara, se gestito correttamente dovrebbe consentire di

proporzionare i sussidi all’effettiva differenza tra i ricavi e i costi relativi al servizio di

t.p.l.., eliminando, o comunque minimizzando, la possibilità, per i concessionari di

servizi di t.p.l., di trasferire parte dei sussidi ricevuti ad altri servizi di trasporto forniti

in concorrenza”.

179 In base all’art. 16 del d.lgs. 422/1997 “1. I servizi minimi, qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni, sono definiti tenendo conto: a) dell'integrazione tra le reti di trasporto; b) del pendolarismo scolastico e lavorativo; c) della fruibilità dei servizi da parte degli utenti per l'accesso ai vari servizi amministrativi, socio-sanitari e culturali; d) delle esigenze di riduzione della congestione e dell'inquinamento. 2. Nella determinazione del livello dei servizi minimi, le regioni definiscono, d'intesa con gli enti locali, secondo le modalità stabilite dalla legge regionale, e adottando criteri di omogeneità fra regioni, quantità e standard di qualità dei servizi di trasporto pubblico locale, in modo da soddisfare le esigenze essenziali di mobilità dei cittadini, in conformità al regolamento 1191/69/CEE, modificato dal regolamento 1893/91/CEE, e in osservanza dei seguenti criteri: a) ricorso alle modalità e tecniche di trasporto più idonee a soddisfare le esigenze di trasporto considerate, con particolare attenzione a quelle delle persone con ridotta capacità motoria; b) scelta, tra più soluzioni atte a garantire, in condizioni analoghe, sufficienti servizi di trasporto, di quella che comporta i minori costi per la collettività, anche mediante modalità differenziate di trasporto o integrazione dei servizi e intermodalità; dovrà, in particolare, essere considerato nella determinazione dei costi del trasporto su gomma l'incidenza degli elementi esterni, quali la congestione del traffico e l'inquinamento. 3. Le province, i comuni e le comunità montane, nel caso di esercizio associato di servizi comunali del trasporto locale di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, possono istituire, d'intesa con la regione ai fini della compatibilità di rete, servizi di trasporto aggiuntivi a quelli definiti dalla regione stessa ai sensi dei commi 1 e 2, sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all'articolo 19, con oneri a carico dei bilanci degli enti stessi.

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Qualora l’amministrazione ritenga di erogare sussidi ai servizi di t.p.l.180, si rende

necessario procedere all’individuazione di una serie di meccanismi restrittivi per la loro

determinazione ed assegnazione, mediante la previsione di obblighi di destinazione in

virtù dei quali i sussidi “possono essere utilizzati esclusivamente nell’ambito dei servizi

per i quali sono stati erogati”.

E’ chiaro, infatti, che se così non fosse ed i sussidi venissero utilizzati dagli operatori di

servizi di t.p.l.., per attività svolte in regime di concorrenza si determinerebbe una

ingiustificata posizione di vantaggio per quelle imprese con evidenti effetti distortivi per

il funzionamento del mercato.

Ulteriore suggerimento fornito dall’Autorità Garante, per evitare distorsioni

concorrenziali nei mercati contigui al servizio pubblico è rappresentata dalla

separazione effettiva, tra la gestione dei servizi di t.p.l.. e quella degli altri servizi o,

quantomeno, una separazione contabile tra tali attività.

In buona sostanza l’A.G.C.M. ritiene che nel caso di previsioni normative che

prevedano l’erogazione di contributi pubblici ai servizi di t.p.l.. è necessario che i bandi

di gara contengano disposizioni idonee a limitare il rischio di sussidi incrociati tra

attività destinatarie di contribuzioni pubbliche e attività in concorrenza.

Da segnalarsi, infine, la segnalazione AS 761 del 10 settembre 2010, con cui l’Autorità

Garante della Concorrenza e del Mercato, su impulso del Dipartimento per il

coordinamento delle politiche comunitarie181, ha fornito alcune rilevanti osservazioni

sull’andamento delle gare ad evidenza pubblica dopo l’entrata in vigore dell’art. 23 bis

della legge 133/2008.

L’A.G.C.M. ha chiarito innanzitutto come l’art. 23-bis della legge n. 133/2008

razionalizza la materia dei servizi pubblici locali e stabilisce che il conferimento della

gestione di questi ultimi debba avvenire in via ordinaria a favore di soggetti individuati

mediante procedure competitive ad evidenza pubblica182, limitando le deroghe a tali

procedure solo in presenza di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e

geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento.

180 L. Ceraso, Il finanziamento dei servizi di interesse economico generale in un sistema di mercato concorrenziale ,in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, 1, p. 97 e ss.181 Segnalazione AS761 del 10 settembre 2010 “Consultazione pubblica della Commissione Europea sull’applicazione delle norme in materia di aiuti di stato ai servizi di interesse economico generale (SIEG) 182 S. Tarullo, Il restyling nella gestione dei servizi pubblici locali: osservazioni minime sull’art. 23-bis del D.L. 112/08 come riformato dal D.L. 135/09, in www.giustamm.it

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In particolare l’Autorità Garante rileva come il ricorso alla gara183 permette

all’amministrazione pubblica di conoscere il costo minimo di fornitura del servizio, con

la conseguenza di poter rendere superflua la verifica della congruenza tra la

compensazione erogata e i costi sostenuti dall’aggiudicatario .

In buona sostanza l’A.G.C.M. ritiene che la valutazione del criterio di proporzionalità

possa prescindere da un’analisi dei costi del servizio, nel caso in cui si sia proceduto

all’affidamento tramite gara, nel rispetto dei criteri di trasparenza, non discriminatorietà

e proporzionalità.

Nella sua richiesta di parere il Dipartimento per il coordinamento delle politiche

comunitarie domanda all’A.G.C.M. di indicare la propria posizione in merito agli

elementi che caratterizzano il rapporto tra la dimensione squisitamente locale di alcuni

servizi, la loro eventuale ridotta entità e la concreta tutela dei valori di concorrenza e di

apertura del mercato.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene, aderendo alla comunicazione

della Commissione Europea,184 che all’interno di mercati locali, quindi di dimensioni

ridotte, laddove sussistano pratiche commerciali anticoncorrenziali, queste non possono

essere individuate sulla base di mere presunzioni ma devono essere dimostrate caso per

caso.

Da ciò discende che anche in contesti locali non possano escludersi interventi tesi a

tutelare la concorrenza e l’apertura del mercato.

Un ulteriore modo di favorire la concorrenza nel settore del t.p.l., è rappresentato dal

potere, attribuito dal Legislatore185 all’A.G.C.M., di valutare la fondatezza delle ragioni,

che gli enti locali adducono nel caso in cui decidano di procedere all’affidamento in

house dei servizi pubblici locali, a discapito di una procedura ad evidenza pubblica,

volta a selezionare un’impresa o un socio privato, a cui verrà affidata la gestione di

specifici compiti operativi.

In particolare il Legislatore prevede che l’Autorità esprima un parere preventivo,

obbligatorio ma non vincolante, in ordine alla decisione degli enti locali di ricorrere

all’affidamento in house.

183 G. Greco., Gli affidamenti in house di servizi e forniture, le concessioni di pubblico servizio e il principio della gara, in Riv. It. Dir. Pubbl.com., VI, 2000, p.1461ss184 Comunicazione della Commissione “Linee direttrici la nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (2004/C101/07)185 Art. 23-bis, co. 3, l. 6 agosto 2008, n.133

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Il fine è quello di evitare che interessi particolari dell’ente locale risultino prevalenti

rispetto ai principi di buon andamento e di efficienza cui devi ispirarsi nel proprio

operato l’Amministrazione procedente.

In tal senso l’Autorità si era più volte espressa, suggerendo di rendere più rigidi i

presupposti indicati dal legislatore per le ipotesi di deroga all’affidamento

concorrenziale dei servizi pubblici locali.

Pare infine opportuno un breve cenno sull’intervento del Presidente dell’Autorità

Garante della Concorrenza e del Mercato, in occasione della presentazione della

relazione annuale 2010.

In relazione all’abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. 112/2008, il Presidente

dell’A.G.C.M. ha affermato che il referendum sulla privatizzazione del servizio idrico

ha portato via con sé anche la liberalizzazione degli altri servizi pubblici locali, l’unica

riforma pro mercato della legislatura.

Ciò non può interpretarsi come una legittimazione del potere politico locale a occupare

definitivamente con le aziende municipalizzate tutte le aree economiche: i principi di

buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa non sono stati messi in

discussione. A quelle regole si devono attenere le aziende pubbliche.

In caso di inefficienze e sprechi la via obbligata resta il ricorso al mercato e vigono

ancora le norme -del Trattato europeo sulle gare per la scelta del miglior affidatario.

Alla luce delle considerazioni svolte dall’Authority, con riferimento ai servizi di t.p.l.,

possiamo affermare che i processi di liberalizzazione non possono certo ritenersi

conclusi, né tanto meno si può sostenere che l’indirizzo seguito dal legislatore

nazionale, superata una prima fase di gestione diretta da parte dello Stato, sia andato

nella direzione della tutela della concorrenza e di apertura del settore al mercato.

Se da un lato, infatti, gran parte dei servizi pubblici di rilevanza economica, tra cui il

t.p.l., sono stati aperti alla concorrenza, dall’altro non può rilevarsi come procedure

effettivamente competitive risultano ancora lontane dall’essere adottate.

Le Amministrazioni locali continuano, infatti, ad avere un ruolo fondamentale, nella

gestione dei servizi pubblici, ma di frequente ciò ha comportatola distorsione dei

processi regolatori e competitivi.

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Senza dubbio il ritardo nei processi di liberalizzazione, unitamente alla frammentarietà

del quadro normativo di riferimento, hanno reso il compito dell’Autorità sempre più

gravoso.

Ciò, come visto, ha determinato, di frequente, che l’Autorità medesima, fosse investita

non solo di funzioni propriamente attribuite dal Legislatore, ma anche di compiti di

supplenza, dinanzi all’inerzia di quest’ultimo, nel proporre progetti di riforma che

andassero nella direzione di un’effettiva apertura del settore al mercato.

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Capitolo III

IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE ALLA LUCE DELLE RECENTI RIFORME

DEL SETTORE

1. Liberalizzazione e gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nel d.l. 138/2011: gli effetti sul trasporto pubblico locale. - 2. Il rafforzamento del progetto di liberalizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica nella legge 183/2011 e la “clausola di prevalenza” sulla disciplina di settore in materia di T.p.l. - 3. Il d.l. 1/2012 tra promozione della concorrenza ed affidamenti diretti: il futuro dell’in house providing. - 4. Le novità introdotte dalla legge 27/2012 di conversione del d.l. 1/2012 5. Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale, 20 luglio 2012, n.199 sulle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali.

1. Liberalizzazione e gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza

economica: gli effetti sul trasporto pubblico locale

Prima di procedere alla disamina della pluralità dei provvedimenti succedutisi negli

ultimi mesi, che hanno determinato un vero e proprio sconvolgimento della disciplina

del trasporto pubblico locale, pare opportuno introdurre brevi cenni in ordine

all’impatto economico dei medesimi sulle amministrazioni pubbliche e sulle autonomie

locali.

Il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011 anticipa il pareggio di bilancio al 2013,

rispetto all’iniziale previsione al 2014, contenuta nel documento di economia e

finanza186. L’impatto di detto decreto sulle finanze pubbliche, in base a quanto previsto

in sede di conversione, sarà di circa 60 miliardi di euro187.

Siamo di fronte ad una manovra di finanza pubblica di portata storica che determinerà

un radicale mutamento per quanto riguarda il funzionamento delle amministrazioni e

degli apparati pubblici nonché delle autonomie locali.

186 Il documento di economia e finanza approvato dal Parlamento il 5 maggio 2011, riportava un indebitamento netto programmatico del 3,9 nel 2011, del 2,7 nel 2012, del 1,5 nel 2013, dello 0,2 nel 2014. 187 La legge 14 settembre 2011, n. 148, di conversione dei decreto legge 13 agosto 2011, ha previsto, rispetto al testo iniziale del decreto, che prevedeva una riduzione dell’indebitamento netto di circa 18,4 miliardi nel 2012, 25,5 miliardi nel 2013 e 7,4 miliardi nel 2014, un ulteriore miglioramento del saldo di 700 milioni nel 2011, di 4,3 miliardi nel 2012 e di 4,4 miliardi nei due anni successivi

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La parte più rilevante dei contributi provengono dalla riduzione delle spese dei Ministeri

che passano da 6 miliardi nel 2012 a 2,5 miliardi nel 2013, dal taglio agli enti locali che

si riducono da 6 miliardi nel 2012, a 3,2 miliardi nel 2013, dall’aumento dell’IVA, che

porterà 4.236 miliardi di euro ogni anno, dalla tassazione delle rendite finanziarie ed

infine dalla riduzione delle agevolazioni fiscali che porteranno nelle casse dello Stato 4

miliardi nel 2012, 12 miliardi nell’anno successivo188.

Venendo all’esame della normativa sopra citata non può non rilevarsi come il

referendum popolare del 13 giugno 2011189, che ha sancito l’abrogazione dell’art. 23 bis

del d.l. 112/2008 e del relativo regolamento di attuazione190 abbia determinato un vuoto

normativo191, in cui resta, peraltro ancora oggi vigente, la disciplina europea che

delineava l’assetto concorrenziale minimo del mercato dei servizi pubblici di rilevenza

economica, rispetto al quale, l’art. 23 bis dettava regole più restrittive192.

L’art. 4 del d.l. 138/2011193 introduce una serie di previsioni che mirano alla piena

liberalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica194, prevedendo

188 G. Agricola, A. Crosio, F. Moi, F. Turigliatto “Legge n. 148/2011: ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al governo per a riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari”, in www. consiglioregionale.piemonte.it.189 A seguito del referendum del 13 giugno 2011 è stata sancita l’abrogazione dell’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’articolo 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, e dall’articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee” convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale.190 L’effetto abrogativo si è prodotto dal 21 luglio 2011, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011 n. 113. L’abrogazione dell’art. 23-bis ha determinato altresì l’abrogazione del Regolamento attuativo approvato, in attuazione della delega contenuta nell’art. 23 bis, comma 10, dal Consiglio dei Ministri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del 12 ottobre 2010 (Decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 168 in vigore dal 27 ottobre 2010).191 G. Guzzo, L’assetto della disciplina SPL di rilevanza economica all’indomani del risultato del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, in www.dirittodeiservizi pubblici.it192 M. Alesio, L’ennesima micro-riforma dei servizi pubblici locali: ambizioso tentativo di liberalizzazione o ritorno al passato?, in www. centrostudimarangoni.it 193 L’art. 4 del D. L. 138/2011, convertito in Legge 138/2011“Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell’unione europea”, ha colmato il vuoto normativo ed ha così ripristinato nel nostro ordinamento nazionale una disciplina organica in materia.194 A. Vigneri, “La disciplina dei servizi pubblici locali nell’art. 4 della legge 148/2011. Brevi considerazioni sul quadro normativo”, in www.partitodemocratico.it. Secondo l’autrice i primi 4 commi dell’art. 4 della legge 148/2011 rappresentano “la filosofia dell’intervento: libertà di iniziativa economica fin dove possibile; introduzione di obblighi di servizio pubblico dove necessario; extrema ratio, regime di esclusiva e quindi gara. Laddove vi è esclusiva, deve essere consentita alle imprese interessate

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l’applicazione per detti servizi di alcune disposizioni contenute nella legge 287/1990,

recante “norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, che si pongono

l’obiettivo di creare le condizioni più favorevoli per l’apertura al mercato di un settore

di rilevanza strategica per l’economia del paese.

Di fatto, se da un lato possiamo affermare che l’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138

pone in essere una nuova disciplina dei servizi pubblici, proiettata decisamente verso la

liberalizzazione del settore, dall’altro esso riprende i principi fondanti contenuti nella

normativa abrogata, a seguito della consultazione referendaria.

L’art. 4 del d.l. n. 138/2011, così come convertito dalla l. 14 settembre 2011, n. 148,

attribuisce infatti agli enti locali la facoltà di procedere ad una verifica circa la

realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali.

Nel caso di esito positivo di detta verifica le amministrazioni locali dovranno procedere

a liberalizzare tutte le attività economiche, compatibilmente con le caratteristiche di

universalità ed accessibilità del servizio195.

Il legislatore impone dunque agli enti locali una liberalizzazione dei loro servizi

pubblici di rilevanza economica, consentendo l’attribuzione di diritti di esclusiva

soltanto in quei casi in cui, sulla base di un’analisi di mercato, la libera iniziativa

economica privata non risulta idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della

comunità.

All’esito della suddetta verifica, viene emanata dall’amministrazione locale una

delibera - quadro, che illustra l’istruttoria compiuta ed evidenzia, in relazione ai settori

sottratti alla liberalizzazione, le motivazioni della decisione ed i benefici che possono

derivare alla comunità locale dal mantenimento del regime di esclusiva196.

l’autoproduzione, secondo la norma fondamentale già contenuta nella normativa antitrust (art. 9 legge 287/1990) 195 F. Scura, La nuova disciplina dei servizi pubblici locali nella manovra di Ferragosto”, in www.dirittodeiservizipubblici.it 196 La norma non sembra prendere minimamente in considerazione le censure promosse dal Consiglio di Stato nei confronti di disposizioni del medesimo tenore contenute nel regolamento attuativo dell’art. 23 bis. Sul punto il Consiglio di Stato osservava che : “la rilevanza della questione ……. avrebbe richiesto criteri puntuali e definiti, essendo ben nota la riluttanza degli enti locali a procedere su questa strada. Non a caso il criterio di delegificazione ……. richiede di “limitare … i casi di gestione in regime di esclusiva”. A ciò non provvede di certo l’articolo in questione che si limita a rimettere la scelta agli enti locali senza fornire un quadro di riferimento concreto legato ai dati economici di mercato. Pertanto, in mancanza di più precisi elementi tecnico-economici, si suggerisce quantomeno di modificare la disposizione come segue: - gli enti locali verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando l’attribuzione di diritti di esclusiva, ove non diversamente previsto dalla legg,, ai casi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea, secondo criteri di

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La delibera dell’ente locale risulta ulteriormente rafforzata rispetto alla previgente

normativa, assumendo un ruolo determinante, nell’attribuzione di diritti di esclusiva.

La suddetta delibera deve essere adeguatamente pubblicizzata ed inviata all’Autorità

Garante della concorrenza e del mercato che procederà a relazionarne i contenuti

dinanzi al Parlamento.

L’Autorità Garante non ha di fatto un ruolo attivo nel procedimento, limitandosi ad

utilizzare i dati trasmessigli per svolgere le proprie attività di consultazione e di

proposta dinnanzi al Parlamento.

Al fine di eliminare eventuali disparità, scaturenti dall’imposizione alle imprese di

obblighi di servizio pubblico, che potenzialmente possono falsare il gioco della

concorrenza, vengono previsti meccanismi di compensazione economica a favore delle

imprese che esercitano i servizi stessi197.

Il regime delle compensazioni terrà conto dei proventi derivanti dalle tariffe,

ovviamente nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo.

Viene altresì precisato che l’attribuzione di diritti di esclusiva ad una impresa incaricata

delle gestione di servizi pubblici di rilevanza economica, non comporta per i terzi il

divieto di produzione dei medesimi servizi per uso proprio198.

proporzionalità, sussidiarietà orizzontale ed efficienza, a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, e liberalizzando in tutti gli altri casi le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio. - all’esito della verifica l’ente adotta una delibera quadro che illustra l’istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l’equità all’interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio. - alla delibera di cui al comma precedente è data adeguata pubblicità; essa è inviata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della relazione al Parlamento di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287” (Parere, sez. consultiva per gli atti normativi 24.05.2010, n. 2415, Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione dell’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni, in materia di servizi pubblici locali). 197 A. Barbiero, Aiuti di Stato e compensazioni finanziarie nei servizi di trasporto pubblico locale (note a Corte di Giustizia CE, Sent. 24 luglio 2003 C280-00), in www. dirittodeiservizipubblici.it.. In materia di forme di compensazione si veda anche Commissione UE, Relazione al Consiglio europeo di Laken sui “Servizi di interesse generale”, in Riv. It. Dir. Pubbl. com, 2003, 475.198 In conformità con quanto previsto dall’art. 9, l. 10 ottobre 1990, n. 287, la riserva per legge allo Stato, ovvero a un ente pubblico del monopolio su un mercato, nonché la riserva per legge ad un'impresa incaricata della gestione di attività di prestazione al pubblico di beni o di servizi contro corrispettivo, non comporta per i terzi il divieto di produzione di tali beni o servizi per uso proprio, della società controllante e delle società controllate. L'autoproduzione non è consentita nei casi in cui in base alle disposizioni che prevedono la riserva risulti che la stessa è stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale, nonché, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni

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Le norme sono sostanzialmente identiche a quelle contenute nel regolamento di

delegificazione introdotto sulla base della delega contenuta nel noto art. 23 bis199.

L’affermazione di principio contenuta nella nuova normativa sui servizi pubblici200 si

rifà direttamente all’art. 86 del Trattato CE, ora art. 106 del T.F.U.E., che, come noto,

afferma la prevalenza delle regole di concorrenza anche nel campo dei servizi

pubblici.201 L’art. 106 va inteso nel senso che le imprese di servizio pubblico202

sottostanno alle regole della concorrenza, salvi i casi in cui l’adempimento dei compiti

loro specificamente affidati renda necessario, secondo una valutazione strettamente

ancorata al principio di proporzionalità, il riconoscimento di taluni diritti speciali ed

esclusivi.

Ne consegue la necessità di una valutazione preliminare che permetta di valutare se il

funzionamento del mercato, libero o regolato, possa risultare idoneo a soddisfare gli

interessi della collettività locale.

Nel mercato, o per il mercato, possono operare imprese sia pubbliche sia private.

Anche questa è regola europea, che l’art. 4, comma 9, riprende affermando che anche le

società a capitale interamente pubblico, a maggior ragione quelle miste pubblico

privato, possono partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica, sempre

che non ci siano specifici divieti di legge.

Tuttavia la partecipazione a tali procedure, in presenza di un’esclusiva, non ci dice

ancora con certezza che anche le imprese pubbliche possano operare nel mercato dei

servizi pubblici, al pari delle imprese private.

199 Si ricorda che l’art. 2, co. 2, 3, 4, del d.p.r. 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133), prevedeva che, all'esito della verifica l'ente adotta una delibera quadro che illustra l'istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e, viceversa, i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l'equità all'interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio. Alla delibera di cui sopra veniva data adeguata pubblicità ed era inviata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della relazione al Parlamento di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287. 200 V. De Falco, Il servizio pubblico tra ordinamento comunitario e diritti interni, Cedam, Padova 2003; L. Ammannati, M. A. Cabiddu, P. De Carli, Servizi pubblici, concorrenza, diritti, Giuffrè, Milano, 2001 201 G. Napolitano, Servizi pubblici, cit. , 237 ss.; M. Mazzamuto, La riduzione della sfera pubblica, Torino, 2000, 103 e ss. 202 G. Bassi, Manovra estiva 2009: le rivisitate disposizioni per le società pubbliche locali tra nuove difficoltà interpretative e continui ripensamenti, in Appalti e contratti 10/2009; E. Loria, Le società pubbliche dopo la legge 69/2009, in Urbanistica e Appalti, 10/2009, p. 1164 e ss.; M. P. Chiti, Le carenze della disciplina delle società pubbliche e le linee direttrici per un riordino, in Giorn. di dir.amm., 10/2009, p. 1115 ss; V. Domenichelli, La società pubblica tra diritto privato e diritto amministrativo, Cedam, Padova, 2008

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A fugare i dubbi è intervenuta la legge n. 244/2007 che, pur esprimendo un giudizio di

disfavore per l’utilizzazione da parte delle amministrazioni pubbliche di società

commerciali, che non siano strettamente necessarie per le proprie finalità istituzionali,

ha espressamente escluso dal divieto le società che producono servizi di interesse

generale.

Pur che vi sia regime di servizio pubblico, quindi, nulla osta che anche imprese

pubbliche operino in ambiente concorrenziale203.

Nel caso in cui l’ente locale intenda procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva, il

conferimento della gestione del servizio pubblico deve avvenire in favore di

imprenditori o di società, in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure

competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del trattato sul funzionamento

dell’Unione Europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici ed in

particolare dei principi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità,

non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.

I soggetti gestori di servizi pubblici locali, qualora intendano svolgere la loro attività in

mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritto di esclusiva, possono farlo

mediante società separate e fermo restando obbligo di rendere accessibili i beni o

servizi in loro disponibilità esclusiva, a condizioni equivalenti, alle altre imprese

direttamente concorrenti204.

La liberalizzazione del servizio pubblico locale di rilevanza economica diviene dunque

il principio generale, a cui è possibile derogare solo nel caso in cui l’ente locale

dimostri, a seguito di decisione motivata, adottata all’esito di un’apposita istruttoria, i

fallimenti del sistema concorrenziale, l’inidoneità di un regime di libera concorrenza a

garantire l’espletamento del servizio in modo rispondente ai bisogni della collettività

203 Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. E'sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza (art.3, c.27, legge 24 dicembre 2007, n.244, nel testo modificato dall’art. 71, c. 1, lett. b, legge 18 giugno 2009, n. 69).204 Art. 8, co. 2 bis e 2 quater, L.10.10.1990, n. 287

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locale. Contestualmente l’ente dovrà dare prova della sussistenza di benefici per la

comunità, derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio205.

Viene fissato il termine del 13 agosto 2012 per la conclusione delle verifiche alle quali

sono chiamati gli enti locali in ordine alla realizzabilità di una gestione concorrenziale

dei loro servizi locali a rilevanza economica.

Tale verifica dovrà essere ripetuta periodicamente, secondo i rispettivi ordinamenti

degli enti locali e in ogni caso, prima di procedere al conferimento e al rinnovo della

gestione dei servizi medesimi.

Il nuovo intervento normativo introdotto dal legislatore, in materia di servizi pubblici

locali, è senza ombra di dubbio più organico rispetto al precedente, venuto meno

all’esito del referendum, in quanto ricomprende in sé quanto in precedenza suddiviso tra

legge e regolamento di delegificazione.

Il nuovo pacchetto normativo si applica a due settori soltanto dei servizi pubblici locali,

il ciclo dei rifiuti e al trasporto pubblico locale, che sarà oggetto di specifica disamina

nel prosieguo della trattazione.

La norma in esame esclude infatti dalla nuova disciplina: il servizio idrico integrato, il

servizio di distribuzione del gas naturale, il servizio di distribuzione di energia elettrica,

il servizio di trasporto ferroviario regionale, la gestione delle farmacie comunali, che

restano soggetti esclusivamente a discipline settoriali.

Per quanto concerne il contenuto del bando di indizione delle procedure competitive a

evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi pubblici locali, il legislatore prevede, al

fine di promuovere e proteggere l’assetto concorrenziale dei mercati interessati, la così

detta gara a doppio oggetto206.

La nuova disciplina prevede che al socio privato debba essere conferita una

partecipazione alla società mista pubblica e privata, non superiore al 40%. La

205 G. Caruso, Sui servizi pubblici locali scatta la liberalizzazione, in Guida al Diritto, n. 35 del 03.09.2001206 Sul punto si veda F. Cintioli, Concorrenza, istituzioni e servizio pubblico, Milano, Giuffrè 2010, il quale rileva come “la celebrazione della gara per la scelta del socio appare come rimedio pro concorrenziale davvero molto flebile se l’affidamento diretto alla società ha luogo per un periodo di tempo lunghissimo e se, per altro verso, il socio viene scelto sulla base di elementi di confronto che non siano puntualmente riferiti al tipo di prestazione e/o di contributo che il privato sarebbe chiamato ad offrire e che siano stati posti chiaramente a base della gara....... Questo principio si è evoluto, senza giungere all’aggravamento della doppia gara, richiedendo che il privato sia scelto mediante una gara c.d. a duplice oggetto: nella quale si valutino si i requisiti soggettivi del privato, ma si consideri pure (quale oggetto del confronto competitivo) il tipo di prestazione ed il contributo operativo che il socio sarebbe chiamato ad assicurare nell’erogazione del servizio”.

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valutazione delle offerte deve privilegiare la qualità ed il corrispettivo del servizio,

rispetto al prezzo delle azioni.

Il socio privato deve gestire operativamente il servizio per l’intero periodo di

affidamento, a termine di quest’ultimo il socio privato deve essere liquidato secondo

criteri e modalità preventivamente determinati.

Al socio privato di una società mista deve essere dunque obbligatoriamente conferita

una quota minima di partecipazione e devono essergli attribuiti specifici compiti

operativi.

Ciò trova conferma nella disposizione, che prevede espressamente che la deroga

all’applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti pubblici da parte delle società

miste, opera soltanto se l’individuazione del partner privato sia avvenuta con gara a

doppio oggetto, che deve individuare la figura del socio e attribuire al medesimo

specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio.

Ne discende che nel caso in cui la gara abbia ad oggetto solo la qualità di socio, la

società mista, pur risultando legittimamente costituita, troverà la propria disciplina nel

codice dei contratti pubblici.

Per comprendere l’orientamento del legislatore in materia di affidamento di servizi

pubblici a società miste, bisogna far riferimento al comma 32, che nel disciplinare il

periodo transitorio degli affidamenti non conformi alle nuove regole, prevede la

cessazione anticipata dell’affidamento solo nei casi in cui non siano stati attribuiti al

socio privato gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio.

Da ciò parrebbe discendere che nel caso in cui il socio fosse stato selezionato mediante

gara a doppio oggetto, nondimeno detto affidamento potrebbe non risultare conforme al

nuovo sistema normativo. In virtù di quest’ultimo infatti le società miste possono gestire

servizi pubblici locali alla doppia condizione che l’individuazione del socio privato

avvenga mediante procedura selettiva ad evidenza pubblica e che parimenti

l’affidamento del servizio consegua ad una procedura competitiva ad evidenza pubblica.

Possiamo rilevare come la nuova normativa mantenga fermo, in materia di affidamento

di servizi pubblici a società miste207, l’assetto delineato dall’art. 23 bis del d.l. 112/2008

e dal relativo regolamento d’attuazione.

207 F. De Santis, Limiti operativi alla società mista affidataria di appalto o servizio pubblico (nota a Cons. Stato , Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 824), in www.lexitalia.it, A. Mussa, Le società miste nell’ordinamento italiano, in il Foro Amministrativo C.d.s. 4/2009, p. 1080 ss

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Non vi è dubbio infatti come in conformità col passato viene riposta dal legislatore

nazionale una forte attenzione al dettato comunitario tanto è che l’art. 4 del d.l.

138/2011 è rubricato “adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al

referendum popolare ed alla normativa dell’unione europea”.

Allo stesso tempo, viene però da chiedersi cosa abbia indotto il legislatore nazionale a

confermare nella nuova disciplina la doppia gara considerato che la Corte di Giustizia

ha espresso un giudizio di disvalore nei confronti della stessa208, ritenendola

difficilmente compatibile con l’economia delle procedure cui si ispirano i partenariati

pubblico-privati istituzionalizzati e tale da disincentivare gli enti privati e le autorità

pubbliche dalla costituzione di partenariati pubblico privati istituzionalizzati.

La norma in esame ribadisce la norma già contenuta nell’art. 23 bis d.l. 112/08, che

vietava l’acquisizione della gestione di servizi ulteriori, ovvero in ambiti territoriali

diversi, anche mediante la partecipazione a gare, alle società che gestiscono già servizi

pubblici locali, di fatto o per disposizione di legge, di atto amministrativo o per

contratto, in virtù di un affidamento diretto , di una procedura non ad evidenza pubblica,

ovvero in virtù di una gara a doppio oggetto.

La nuova disciplina non introduce alcun elemento di novità rispetto al passato e

soprattutto non chiarisce in modo netto, la dibattuta questione, relativa alla possibilità

per le società miste, affidatarie di servizi pubblici e con soci scelti con gara a doppio

oggetto, di partecipare esse stesse a gare per l’affidamento di servizi ulteriori.

La giurisprudenza209 pare decisamente orientata verso una soluzione affermativa,

ritenendo che l’affidamento di servizi pubblici locali a società miste, con socio scelto

mediante gara a doppio oggetto sia, ai fini della tutela della concorrenza e del mercato,

del tutto equivalente a quello attuato mediante pubblica gara, per cui sarebbe

208 Corte di Giustizia CE, Sezione III, sentenza 15 ottobre 2009, causa C 196/08 secondo cui:“è legittimo l'affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l'esecuzione preventiva di determinati lavori, a una società a capitale misto, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo.Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano all'affidamento diretto di un servizio pubblico, che preveda l'esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dell'offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni”.209 Si veda Consiglio di Stato, Sez V, 11 aprile 2011, n. 2222.

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irragionevole e immotivata, anche alla luce dei principi dettati dall’Ue in materia210

l’applicazione nei confronti di dette società, del divieto di partecipazione alle gare

bandite per l’affidamento di servizi diversi da quelli in atto .

La questione, in ragione di quanto sopra esposto, risulta di notevole rilievo e

ampliamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza.

Sarebbe, ad avviso di chi scrive, risultato in ogni modo opportuno un intervento

risolutivo da parte del legislatore.

Per proteggere l’assetto concorrenziale del mercato, il legislatore prevede che il bando

di gara debba escludere che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e

delle altre dotazioni patrimoniali non duplicabili a costi socialmente sostenibili possa

costituire elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti.

Parimenti deve essere garantito che i requisiti tecnici ed economici di partecipazione

alla gara siano proporzionati alle caratteristiche e al valore del servizio.

La definizione dell'oggetto della gara deve garantire la più ampia partecipazione e il

conseguimento di eventuali economie di scala e di gamma.

La durata dell'affidamento, prevista dal bando, dovrà essere commisurata alla

consistenza degli investimenti in immobilizzazioni materiali, previsti nei capitolati di

gara a carico del soggetto gestore.

In ogni caso la durata dell'affidamento non potrà essere superiore al periodo di

ammortamento dei suddetti investimenti.

Potranno essere previsti casi di esclusione dall’affidamento nelle ipotesi in cui i soggetti

che, partecipando alla gara in composizione aggregata, possedendo solo singolarmente i

requisiti tecnici ed economici richiesti, potrebbero produrre effetti restrittivi della

concorrenza sulla base di un'oggettiva e motivata analisi che tenga conto di struttura,

dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento211;210 Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici (Pppi) n. 2008/C91/02, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 12 aprile 2008. In tale occasione la Commissione ha avuto modo di precisare come dalla consultazione pubblica sul Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni è emersa la necessità concreta di chiarire l'applicazione di tali regole nel caso dei partenariati pubblico-privati cosiddetti istituzionalizzati. Per partenariato pubblico-privato istituzionalizzato la Commissione intende la cooperazione tra partner pubblici e privati che costituiscono un'entità a capitale misto per l'esecuzione di appalti pubblici o di concessioni L'apporto privato alle attività del PPPI consiste, a parte il conferimento di capitali o altri beni, nella partecipazione attiva all'esecuzione dei compiti assegnati all'entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità. Al contrario, il semplice conferimento di fondi da parte di un investitore privato ad un'impresa pubblica non costituisce un PPPI. 211 L’art. 4, co. 11, lett.e), f), g), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, dispone che il bando di gara o la lettera d’invito, al fine di promuovere e proteggere l’assetto concorrenziale dei mercati interessati, deve

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Ai componenti delle commissioni aggiudicatrici delle gare per l’affidamento della

gestione di servi pubblici locali si applicano le disposizioni di cui all’art. 51 del codice

di procedura civile, per quanto concerne l’obbligo di astensione in presenza di

specifiche circostanze212.

Inoltre i componenti delle commissioni non devono aver svolto alcuna funzione o

incarico tecnico o amministrativo relativo al servizio in questione, né essere stati

amministratori dell’ente interessato nel biennio precedente, né avere in precedenza fatto

parte di commissioni che, con dolo o colpa grave, accertati in sede giurisdizionale,

hanno operato affidamenti dichiarati illegittimi con sentenza non sospesa, ovvero nel

caso di gara cui partecipa una società partecipata dallo stesso ente locale che la indice,

essere dipendenti o amministratori di questo.

La possibilità di un affidamento in house è limitata a quei casi in cui il valore

economico del servizio è pari od inferiore alla somma complessiva di € 900.000 euro

annui, a condizione che la società affidataria a capitale interamente pubblico abbia i

requisiti richiesti dall’ordinamento europeo213 per siffatto tipo di gestione: controllo

analogo a quello esercitato sui propri servizi dall’amministrazione aggiudicatrice e

destinazione prevalente dell’attività del soggetto in house in favore

dell’amministrazione stessa.

prevedere che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall'ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia, deve indicare i criteri e le modalità per l'individuazione dei beni di cui al comma 29, e per la determinazione dell'eventuale importo spettante al gestore al momento della scadenza o della cessazione anticipata della gestione, deve contenere una previsione relativa all'adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del servizio.212 Ai sensi dell’art. 51 c.p.c. il giudice ha l’obbligo di astenersi:- se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;- se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;- se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;- se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;- se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa. -in ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio (autorizzazione ad astenersi; quando (astensione riguarda il capo dell'ufficio (autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore.213 D.U. Galetta, Forme di gestione dei servizi pubblici locali ed in house providing nella recente giurisprudenza comunitaria e nazionale, in Rivista ital. Di dir.pubbl.com., 1/2007, p. 17 ss; C. Volpe, In house providing, Corte di Giustizia, Consiglio di Stato e Legislatore nazionale. Un caso di convergenze parallele? in Urbanistica e Appalti 1/2008, p. 1401 ss.

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L’intento della nuova riforma dei servizi pubblici locali pare doversi ricercare nel

tentativo del legislatore di liberalizzare il settore, cioè in altre parole ridurre o meglio

eliminare l’intervento delle istituzioni locali in detto settore.

Con specifico riferimento al settore del trasporto pubblico non può che constatarsi

come anche in relazione al medesimo dovranno trovare applicazioni le regole del libero

mercato, destinate a scongiurare l’esistenza al suo interno di soggetti oligopolistici o

dominanti ed eliminando definitivamente le barriere in ingresso.

La direzione da seguire è quella di una concorrenza nel mercato, in cui il ruolo dell’ente

locale è quello di arbitro, di soggetto istituzionale che deve garantire il rispetto delle

regole e la trasparenza delle procedure e nello stesso tempo assicurare la qualità e la

affidabilità degli operatori designati per la gestione del servizio pubblico.

Soltanto nel caso in ci venga dimostrato e motivato il fallimento del mercato nella

gestione dei servizi destinati alla collettività potranno essere concessi diritti di esclusiva,

in favore di operatori economici, prescelti a seguito di procedure competitive ad

evidenza pubblica.

Il conferimento di diritti di esclusiva rappresenta un’eccezione nell’ambito del principio

generale di apertura del mercato214, caratterizzato dal fatto di essere destinato alla

collettività e di conseguenza incanalato in prescrizioni normative volte ad assicurare

standard minimi qualitativi e la garanzia di una fruizione diffusa da parte di tutti gli

utenti.

L’obbligo di immettere sul mercato i servizi pubblici locali potrebbe pesare

notevolmente sui bilanci degli enti locali, che potrebbero vedere eliminate dalle loro

entrate attività potenzialmente redditizie .

Gli enti locali, secondo quanto previsto dalla nuova normativa di settore, saranno tenuti

a verificare periodicamente la fattibilità di una gestione concorrenziale dei servizi

pubblici locali, al fine di liberalizzare tutte le attività economiche.

Liberalizzare corrisponde dunque all’immissione sul mercato di un complesso di

servizi pubblici di rilevanza economica e alla riduzione ad ipotesi di eccezionalità, il

conferimento di diritti di esclusiva215.

214 L. Robotti, Competizione e regole nel mercato dei servizi pubblici locali, Il Mulino, Bologna 2002215 F. Liguori, I servizi pubblici locali. Contendibilità del mercato e impresa pubblica, Giappichelli, Torino, 2004; P. Rossi, Liberalizzazione dei servizi pubblici locali e Antitrust, Giuffré, Milano, 2004

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Sulla genericità della suddetta previsione normativa, non pare sussistere dubbio alcuno.

Non può infatti non rilevarsi coma la decisione sarà rimessa alla discrezionalità

amministrativa dell’ente locale. A quest’ultimo viene infatti riconosciuta dal legislatore

la titolarità di adottare una delibera quadro, adeguatamente motivata, che individui i

settori sottratti dal mercato e sottoposti ad un regime autorizzatorio.

Il legislatore non pare in alcun modo prendere in considerazione quelli che potrebbero

essere gli effetti di una liberalizzazione del settore sulle casse degli enti locali. Potrebbe

ipoteticamente realizzarsi che l’ente locale si veda costretto a procedere

all’esternalizzazione di un servizio, che di fatto risulta redditizio per l’ente medesimo.

Verificata la portata del provvedimento di riforma dei servizi pubblici locali, pare a

questo punto opportuno soffermarsi sull’impatto che detta normativa produrrà sul

trasporto pubblico locale.

Quest’ultimo, come noto, è una tipologia di servizio pubblico disciplinato

separatamente rispetto alla normativa generale.

Per il trasporto pubblico locale, infatti l’affidamento del servizio, mediante gara, come

principio di carattere generale, era già previsto dal d.lgs n. 400/1999, che ha modificato

il d.lgs. n. 422/1997.

Deve però rilevarsi come, al momento dell’entrata in vigore dell’art. 14 del d.l. n.

269/2003, che ha sostanzialmente riscritto l’art. 113 del Testo Unico degli Enti Locali,

introducendo una disciplina generale, comprendente la possibilità ordinaria di

affidamento in house, il trasporto pubblico locale non risultava espressamente escluso.

In relazione alle disposizioni contenute nel nuovo art. 113 del T.U.E.L., relative alle

modalità di gestione e di affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica, da

ritenersi, per stessa definizione del legislatore, inderogabili ed integrative delle

discipline di settore, ci si è chiesto se in tale disciplina fosse ricompreso il trasporto

pubblico locale, o se invece quest’ultimo trovasse il proprio riferimento normativo nella

disciplina speciale introdotta dal d.lgs. 422/1997.

A porre definitivamente rimedio a tale dubbio interpretativo è intervenuta la legge

308/2004216, che ha specificato che il trasporto pubblico locale risulta disciplinato dal

d.lgs. 422/1997.

216 L’articolo 1, comma 48, legge 308/2004 prevede espressamente che “le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni”

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Con l’entrata in vigore dell’art. 23‐bis del d.l. 112/2008, che trovava applicazione con

riferimento a tutti i servizi pubblici locali, andando a prevalere sulle discipline di settore

incompatibili, il TPL non risultava escluso e di conseguenza rientrava nella disciplina

generale.

A completare il quadro normativo, relativo alle modalità di affidamento dei servizi di

TPL, la disciplina comunitaria contenuta nel Regolamento comunitario n. 1370/2007,

entrato in vigore il 3 dicembre 2009.

Le norme contenute in detto regolamento sono senza dubbio meno “concorrenziali”

rispetto alla disciplina nazionale dettata dall’art. 23 bis.

La normativa comunitaria prevede la possibilità di affidamenti in house e diretti, a

condizione che la relativa disciplina non sia vietata dalla legislazione nazionale.

Quest’ultima217 prevede che le autorità competenti, “qualora si avvalgano delle

previsioni di cui all'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 devono

aggiudicare tramite contestuale procedura ad evidenza pubblica almeno il 10 per cento

dei servizi oggetto dell'affidamento a soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il

controllo analogo”. L’art. 61 della legge n. 99/2009, precisa ulteriormente che nel

settore del trasporto pubblico regionale e locale, le autorità competenti

all'aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore,

possono avvalersi delle previsioni contenute nel regolamento CE n. 1370/2007.

Con la suddetta disposizione il legislatore nazionale riconosce dunque espressamente

l’applicazione della normativa comunitaria.

Con l’entra in vigore dell’art. 15 del d.l. n. 135/2009, convertito nella legge 166/2009,

che va modificare le disposizioni contenute nell’art. 23‐bis, applicabile anche al settore

del trasporto pubblico locale, viene espressamente indicata la gara come modalità di

affidamento ordinaria, costituendo l’in house un’eccezione.

Di conseguenza la normativa di settore (art. 61, L. 99/2009), che consente di applicare il

Regolamento comunitario risulta inapplicabile. Ritorna dunque il divieto di applicazione

della norma meno concorrenziale contenuta nel Regolamento.

217 art. 4‐bis, l. 3 agosto 2009. n. 102, “ Conversione in legge, con modificazioni del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali”

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Al momento del referendum del 12 e 13 giugno 2011, nel settore del trasporto pubblico

locale trovava applicazione la disciplina speciale218 solo in quanto compatibile con

quella contenuta nell’art. 23 bis, così come modificato dal d.l. 135/2009.

L’art. 23‐bis aveva dunque reso inapplicabile la disciplina speciale contrastante.

All’esito del referendum abrogativo si assiste alla reviviscenza della normativa speciale

in materia di trasporto pubblico locale219, con la conseguenza che successivamente al

referendum erano ammessi gli affidamenti in house e quelli diretti.

Resta ferma la limitazione del 10%, trattandosi di disposizione nazionale nel caso di

affidamento in house.

Con l’art. 4, della l. 148/2011, non viene introdotta una disciplina normativa che va a

prevalere sulle norme di settore incompatibili.

Trovano dunque applicazione in materia di TPL i principi generali relativi ai rapporti tra

disciplina generale e disciplina speciale

Deve pertanto ritenersi che in relazione alle modalità di affidamento dei servizi di

trasporto pubblico locale trovino applicazione le disposizioni normative contenute nella

disciplina speciale, oltre a quelle indicate dal Regolamento CE 1370/2007, che

prevedono espressamente la facoltà di un ricorso diffuso ad affidamenti in house e ad

affidamenti diretti.

Risultano in ogni caso applicabili al settore del trasporto locale le norme di cui art. 4

della legge 148/2011, che non trovano un corrispondente nella disciplina speciale.

Risulteranno dunque applicabili, in materia di trasporto pubblico locale, le previsioni

contenute nell’art. 4, l. 148/2011, che impongono all’ente pubblico una valutazione

preliminare, in ordine all’applicabilità di un regime di affidamento diretto, in tutti quei

casi in cui l’ universalità ed accessibilità del servizio non possano essere soddisfatte

dalla libera iniziativa economica.

Ulteriore conferma dell’applicabilità dell’art. 4 l. 148/2011 viene dal Regolamento

CEE 1370/ 2007, che riconosce la facoltà di definire con quali modalità le autorità

competenti possono intervenire, nel rispetto del diritto comunitario, nel settore dei

trasporti pubblici di passeggeri per garantire la fornitura di servizi di interesse generale

218 Vale a dire quella contenuta nel d.lgs. 422/1997 e nel Regolamento CE 1370/2007219 Risultano dunque applicabili al TPL le disposizioni di cui al d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422, nonché quelle contenute nell’ art. 61 della legge 13 luglio 2009, n. 99 ed infine quelle del Regolamento (CE) 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia.

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che siano, tra l’altro, più numerosi, più sicuri, di migliore qualità o offerti a prezzi

inferiori a quelli che il semplice gioco delle forze del mercato consentirebbe di fornire.

In questo quadro il Regolamento “stabilisce le condizioni alle quali le autorità

competenti, allorché impongono o stipulano obblighi di servizio pubblico, compensano

gli operatori di servizio pubblico per i costi sostenuti e/o conferiscono loro diritti di

esclusiva in cambio dell’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico”.

Possiamo dunque concludere che relativamente al settore del trasporto pubblico locale

non pare sussistere nessun ostacolo all’applicazione delle disposizioni di cui alla l.

148/2011, che come visto, impone agli enti affidanti di procedere ad una valutazione

preliminare, prima di procedere al conferimento di diritti di esclusiva.

Una volta compiuta detta valutazione da parte dell’ente locale affidante troveranno

applicazione le disposizioni contenute nell’art. 5, par. 2, del Regolamento CE

1370/2007220, relative all’ipotesi di autoproduzione e di affidamento diretto del servizio

di trasporto pubblico di passeggeri.

220 L’art. 5, par. 2 del Regolamento CE 1370/2007 prevede che: “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un’autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle propriestrutture. Se un’autorità competente a livello locale assume tale decisione, si applicano le seguenti disposizioni:a) al fine di determinare se l’autorità competente a livello locale esercita tale controllo, sono presi in considerazione elementi come il livello della sua rappresentanza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. Conformemente al diritto comunitario, la proprietà al 100 % da parte dell’autorità pubblica competente, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio per stabilire il controllo ai sensi del presente paragrafo, a condizione che vi sia un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri;b) il presente paragrafo si applica a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eserciti un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale, escluse eventuali linee in uscita o altri elementi secondari di tali attività che entrano nel territorio di autorità competenti a livello locale vicine, e non partecipino a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale;c) in deroga alla lettera b), un operatore interno può partecipare a una procedura di gara equa da due anni prima che termini il proprio contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta, a condizione che sia stata adottata la decisione definitiva di sottoporre a procedura di gara equa i servizi di trasporto di passeggeri coperti dal contratto dell’operatore interno e che questi non abbia concluso nessun altro contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta;d) in mancanza di un’autorità competente a livello locale, le lettere a), b) e c) si applicano a un’autorità nazionale per una zona geografica non nazionale, a condizione che l’operatore interno non partecipi a gare pubbliche indette per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri al di fuori della zona per la quale è stato aggiudicato il contratto di servizio pubblico”;

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2. Il rafforzamento del progetto di liberalizzazione dei servizi pubblici di rilevanza

economica nella legge 183/2011 e la “clausola di prevalenza” sulla disciplina di

settore in materia di T.p.l.

La legge 12 novembre 2011, n. 183221, ha apportato ulteriori cambiamenti alla disciplina

sui servizi pubblici locali di rilevanza economica.

In particolare, l’art. 9, dal titolo “Liberalizzazioni dei servizi pubblici locali di rilevanza

economica”, nato nel corpo di un maxi emendamento presentato dal Governo al relativo

disegno di legge ha parzialmente modificato la disciplina contenuta nell’art. 4 del d.l.

138/2011222.

Le modifiche introdotte hanno ad oggetto prevalentemente i compiti e gli obblighi degli

enti locali relativi alle decisioni da assumere in ordine all’ affidamento dei servizi, la

disciplina del regime transitorio, il divieto di svolgere ulteriori attività per gli affidatari

diretti, nonché la definizione dell’ambito di applicazione della disciplina.

Scopo della modifica introdotta dal legislatore è quello di eliminare alcuni elementi di

contraddittorietà che erano contenuti nell’articolo 4 del d.l. n. 138/2011.

Le modifiche apportate dalla legge 183/2011 mirano a realizzare un sistema

liberalizzato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la piena

concorrenza nel mercato223. Parimenti la norma si propone di perseguire gli obiettivi di

liberalizzazione e privatizzazione, mediante un sistema di benchmarking che favorisca il

progressivo miglioramento della qualità ed efficienza di gestione dei servizi.

Di particolare rilevanza la modifica apportata all’art. 4 del d.l. 138/2011224 che prevede

che l’ente locale, al momento dell’adozione della delibera quadro, debba valutare anche

l’opportunità di procedere all’affidamento simultaneo, mediante procedura ad evidenza

pubblica, di una pluralità di servizi pubblici locali nei casi in cui sia dimostrabile che

una scelta del genere possa conseguire risultati economicamente vantaggiosi.

221 Legge 12 novembre 2011, n. 183, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, (Legge di stabilità 2012)222 L’art. 9 della legge 183/2011 ha introdotto - con decorrenza 1° gennaio 2012 alcune modifiche e aggiunte all’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, noto anche come il decreto legge manovra di ferragosto223 In materia di concorrenza dei servizi pubblici a rilevanza economica si veda: F. Liguori, I servizi pubblici locali. Contendibilità del mercato e impresa pubblica. Giappichelli, Torino, 2004; P. Rossi, Liberalizzazione dei servizi pubblici locali e antitrust, Giuffré, Milano 2004224 con la lett. a) dell’art. 9, comma 2, della l. n. 183/2011 - aggiungendo un periodo al comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011 -

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Si tratta con ogni evidenza di un ritorno al passato ed in particolare alla disciplina

contenuta nell’art. 23-bis, comma del citato d.l. n. 112/2008, che consentiva il detto

affidamento temporaneo.

Deve poi sottolinersi, tra le modifiche più rilevanti introdotte con la legge 183/2011, il

rafforzamento del potere riconosciuto in capo all’Autorità Garante della concorrenza e

del mercato225, alla quale vengono attribuite ulteriori funzioni, peraltro già individuate

dalla normativa vigente.

Si precisa infatti che la trasmissione all’Antitrust della delibera quadro da parte degli

enti locali è finalizzata “anche” e dunque non “solo” alla relazione al Parlamento di cui

alla legge 287/1990.

Le modifiche introdotte alla suddetta disposizione normativa226 legittimano infatti

l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad agire in giudizio contro gli atti

amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione

pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato.

Da segnalarsi inoltre, nell’ambito delle modifiche introdotte dalla normativa in esame,

la disposizione che introduce la precisazione in base alla quale viene stabilito che nel

caso in cui l’ente locale non proceda alla verifica circa la realizzabilità di una gestione

concorrenziale dei servizi pubblici di rilevanza economica, o comunque non adotti la

delibera quadro, volta a dare atto dell’istruttoria compiuta, nonché delle ragioni che

hanno portato l’ente ad escludere determinati settori dal regime delle liberalizzazioni,

l’ente stesso non potrà procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva.

225 La modifica di cui alla lett. b) del citato art. 9, comma 2 - aggiungendo la parola “anche” al comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011 - intende evitare che le finalità della prevista trasmissione della delibera quadro all’Autorità garante della concorrenza e del mercato siano limitate alla predisposizione della relazione prevista dalla l. 10 ottobre 1990, n. 287 e consentire anche l’esercizio, da parte della stessa Autorità, di ulteriori funzioni a essa già attribuite dalla legislazione vigente226 L’art. 21 bis della legge 13.10.1990, n. 240, introdotto dall’art. 35, co. 1, d.l. 6 dicembre 2001, n. 201, prevede che “L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni”.

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Di fatto talune delle modifiche introdotte dal legislatore, rispondono puntualmente alle

osservazioni al disegno di legge di conversione del d.l. n. 138/2011, contenute nella

segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza AS864 del 26 agosto 2011227.

In particolare si fa riferimento alla disposizione contenuta nell’art. 4, co. 13, d.l.

138/2011, che consente l’affidamento diretto228 a quelle società che possiedono i

requisiti per la gestione “in house”, nei casi in cui il valore del servizio non superi i

900.000 euro annui.

L’osservazione dell’Autorità mirava a segnalare il rischio di potenziali condotte elusive

della suddetta disposizione da parte delle amministrazioni locali che avrebbero potuto

facilmente, nel caso in cui non fossero state propense ad un affidamento tramite gara, a

frazionare il servizio, per valori inferiori alla soglia determinata dal legislatore.

Proprio per scongiurare tale pericolo il legislatore introduce ora il divieto espresso, per

l’amministrazione locale, di procedere al frazionamento del medesimo servizio e del

relativo affidamento.

Di conseguenza viene modificato il regime transitorio, proprio per evitare che possano

essere esentati dalla cessazione anticipata, fissata improrogabilmente al 31 marzo 2012,

tutti quegli affidamenti diretti relativi ai servizi con valore superiore ai 900.000 euro

annui, ma anche di tutti quelli non conformi alla legislazione vigente229.

227 L’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato nella segnalazione AS864 DEL 26 agosto 2011, rileva come la soglia dei 900.000 euro annui risulti oggettivamente elevata e tale da poter determinare, per alcuni settori di attività economica, una sottrazione quasi integrale dai necessari meccanismi di concorrenza per il mercato.Il sistema ora introdotto appare, a parere dell’ AGCM, meno efficace di quello in vigore in precedenza, né sembra possa essere migliorato con modifiche al ribasso della soglia, data l’arbitrarietà con cui qualsiasi valore verrebbe eventualmente determinato. L’Autorità ritiene, a tale proposito, opportuna la regola della gara obbligatoria salvo particolari situazioni locali di cui dimostrare l’esistenza da parte dell’ente affidante.228 P. Rossi, Ascesa e declino dell’in house providing e dell’affidamento diretto dei servizi pubblici locali a società miste, in Ec. Dir. terz., I parte , 2/2007 p. 397 ss; R. Giovagnoli, Gli affidamenti in house tra lacune del codice e recenti interventi legislativi: relazione al convegno sul codice dei contratti pubblici del 19 ottobre 2007, in rivista Urbanistica e appalti, novembre 2007.229 In relazione al regime transitorio per gli affidamenti diretti, l’A.G.C.M, nella citata segnalazione A.S. 864 osservava che “il comma 32 dell’art. 4 (d.l 138/2011) prevede che gli affidamenti diretti, relativi a servizi il cui valore economico superi i 900.000 euro annui, cessano improrogabilmente al 31 marzo 2012, per i servizi di valore inferiore ai 900.000 annui vale dunque la scadenza originaria dell’affidamenti. Per le stesse motivazioni esposte in precedenza, appare del tutto inconferente un valore predeterminato del servizio quale criterio per giustificare la prosecuzione degli affidamenti, effettuati in house, sino alla loro scadenza naturale. Inoltre la norma, per come formulata, stabilisce l’esenzione dalla scadenza anticipata per tutti gli affidamenti diretti, non solamente per quelli in house, ampliando ulteriormente, rispetto a quanto previsto dal comma 13, per i nuovi affidamenti, la platea dei soggetti che possono continuare a gestire Spl senza aver vinto alcuna gara”

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Si vuole far riferimento, in altre parole, a tutti quei casi in cui non sussistono i requisiti

richiesti dall’ordinamento europeo per la gestione in house: totale partecipazione

pubblica, controllo analogo e prevalenza dell’attività a favore dell’ente o degli enti che

esercitano il controllo.

La modifica introdotta dal citato art. 9, comma 2 (lett. h, i, l), l. 183/2011 – andando a

sostituire l’ultimo periodo del comma 33 dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011 vuole evitare il

rischio di effetti distorsivi della concorrenza scaturenti dalla eccessiva limitazione della

partecipazione alle procedure a evidenza pubblica che possano comportare

l’aggiudicazione al precedente affidatario230.

A seguito delle modifiche apportate, viene introdotta la previsione per cui viene

riconosciuta agli affidatari diretti di servizi pubblici locali la facoltà di poter concorrere

su tutto il territorio nazionale a gare indette nell’ultimo anno di affidamento dei servizi

da essi gestiti, a condizione che sia stata indetta la procedura competitiva a evidenza

pubblica per il nuovo affidamento del servizio o, almeno, sia stata adottata la decisione

di procedere al nuovo affidamento attraverso la predetta procedura ovvero attraverso

l’affidamento “in house”, purché in favore di soggetto diverso.

Nell’ambito delle modifiche introdotte al citato art. 4, co. 33, d.l. 138/2011, la

puntualizzazione per cui il divieto di nuova o ulteriore attività vale per i soggetti in cui il

socio non è stato identificato riconoscendo al medesimo una partecipazione non

inferiore al 40% e attribuendo al medesimo specifici compiti operativi connessi alla

gestione del servizio. Parimenti interviene la precisazione per cui il divieto di nuova o

ulteriore attività non si applica anche alle società a partecipazione mista pubblica e

privata costituite ai sensi del medesimo comma 12.

Ulteriore disposizione degna di nota è quella231 che impone agli enti risultati affidatari

del servizio di rendere pubblici i dati sul livello di qualità del servizio reso, il prezzo

medio per utente, il livello degli investimenti effettuati, nonché ogni ulteriore

230 La precedente formulazione dell’art. 4, prevedeva, giova ricordarlo, il divieto per i soggetti che gestiscono servizi pubblici locali in seguito di affidamento diretto o comunque ca procedure non ad evidenza pubblica, di svolgere servizi ulteriori, anche attraverso controllanti o controllate, e di partecipare a gare per l’affidamento di servizi, fino alla conclusione della concessione. Il divieto, che opera per tutta la durata della gestione, non si applica alle società quotate e alle società controllate (ex art. 2359 c.c.), nonché al socio selezionato ai sensi del comma 12. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi forniti.231 L’ art. 9, co. 2, lett.m), l. 12 novembre 2011, n. 183 introduce il comma 33 bis, all’art. 4, d.l 13 agosto 2011, n. 138.

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informazione necessaria al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità

della gestione dei servizi pubblici locali e di effettuare valutazioni comparative delle

diverse gestioni.

In adesione a un’osservazione contenuta nella segnalazione dell’Autorità garante della

concorrenza e del mercato232 viene introdotto, all’art. 4 del d.l. n. 138/2011, il comma

33 bis233. Nella specie l’Autorità aveva segnalato la mancanza di misure di garanzia

dell’efficienza e della qualità della gestione del servizio sotto forma di valutazioni di

benchmarking che, a prescindere dalla natura pubblica o privata del gestore,

accompagnino il processo di riforma dei servizi pubblici locali234.

La legge 183/2011 prevede poi l’emanazione di un decreto ministeriale, da adottarsi

entro il 31 gennaio 2012 che vada ad individuare i criteri e le modalità che le

amministrazioni locali dovranno seguire nell’adozione della delibera quadro.

La norma, che assume carattere di centralità nella politica di liberalizzazione dei servizi

pubblici locali, prevede, al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità

di gestione dei servizi stessi e di effettuare valutazioni comparative delle diverse

gestioni, l’obbligo per gli enti affidatari di rendere pubblici i dati concernenti il livello

di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente e il livello degli investimenti

effettuati, nonché ogni ulteriore informazione necessaria alle predette finalità.

232 Segnalazione Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. AS864 del 26.08.2011 “Disegno di legge AS N. 2887 di conversione del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, recante “Ulteriori misure urgenti pre la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo”.233 Secondo quanto previsto dall’art. 4, co. 33 bis, l. 14 settembre 2011, n. 148:” al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità di gestione dei servizi pubblici locali e di effettuare valutazioni comparative delle diverse gestioni, gli enti affidatari sono tenuti a rendere pubblici i dati concernenti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente e il livello degli investimenti effettuati, nonché ogni ulteriore informazione necessaria alle predette finalità”234 Sul punto l’A.G.C.M., nella sopra citata segnalazione, rileva che “sulla scorta di analoghe esperienze estere, potrebbe ad esempio prevedersi un obbligo di pubblicazione, direttamente da parte del gestore o anche a cura dell’ente locale affidatario, di alcune misure di performance (livello qualitativo, prezzo medio per utente, livello degli investimenti effettuati) della gestione del servizio,le quali, pur tenendo conto delle diverse condizioni di fornitura in termini di aree, popolazione e caratteristiche del territorio servito, potrebbero consentire di effettuare delle prime valutazioni di benchmarking delle diverse gestioni. I risultati di questa attività potrebbero poi essere utilizzati a fini normativi, ad esempio stabilendo l’automatica cessazione anticipata dell’affidamento avvenuto in via diretta (e la successiva messa a gara del medesimo), se il gestore non è in grado di realizzare performance paragonabili ai migliori standard disponibili per servizi analoghi.L’Autorità ritiene che il decreto potrebbe essere modificato in tal senso, lasciando a una successiva fase regolamentare la definizione degli aspetti di dettaglio (definizione dei benchmark, modalità di pubblicazione dei risultati di gestione da parte di tutti gli affidatari, periodicità dei confronti, ecc.)”

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Accogliendo l’invito, contenuto nella norma in esame, deve rilevarsi come in data

12.03.2012 sia stato approvato uno schema di regolamento235 recante i criteri per la

verifica della realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di

rilevanza economica, per l’adozione della delibera quadro nonché disposizioni attuative

per il progressivo miglioramento, mediante un sistema di benchmarking, della qualità ed

efficienza di gestione dei medesimi servizi, ed ulteriori necessarie misure di attuazione.

Il Regolamento contiene una pluralità di indicazioni circa la verifica della realizzabilità

di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici a rilevanza economica, con

indicazioni specifiche riferite al trasporto pubblico locale. Esso risulta applicabile nei

confronti di tutti gli enti territoriali, anche in forma associata o consorziata nelle forme

previste dalla vigente legislazione, nonché alle autorità amministrative competenti che

esercitino funzioni in materia di affidamento e gestione di servizi pubblici locali.

Il Regolamento stabilisce che la “verifica di mercato” debba essere effettuata con

un’apposita relazione istruttoria nella quale deve essere fornita adeguata descrizione

delle gestioni in essere presenti sul territorio; tale verifica andrà espletata attraverso una

procedura di consultazione adeguatamente pubblicizzata, al fine di poter acquisire

manifestazioni di interesse degli operatori economici a gestire in concorrenza il servizio

in questione ovvero sue singole fasi suscettibili di autonoma gestione.

Qualora, a seguito di tale verifica, risulti non potersi procedere ad una liberalizzazione

del servizio, allora l’ente competente potrà procedere ad attribuire diritti di esclusiva

nella gestione dei servizi in questione.

Con riferimento al settore del trasporto pubblico locale, la verifica di mercato dovrà

evidenziare una valutazione distinta dei settori del trasporto su ferro, su gomma e su

altre modalità.

Parimenti dovrà essere effettuata una valutazione distinta delle fasi relative alla gestione

degli impianti e delle reti, dei terminal e dei servizi di manutenzione.

La verifica di mercato dovrà procedere dunque all’individuazione delle condizioni per

l’esercizio del servizio, da parte di operatori in regime di concorrenza all’interno del

mercato rilevante, nell’ambito dei bacini di traffico attualmente in affidamento, con

235 Regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 33-ter, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, del 12 marzo 2012, recante i criteri per la verifica della realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, per l'adozione della delibera quadro nonché disposizioni attuative per il progressivo miglioramento, mediante un sistema di benchmarking, della qualità ed efficienza di gestione dei medesimi servizi, ed ulteriori necessarie misure di attuazione

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specifico riferimento alla presenza di situazioni di monopolio naturale, alla sostituibilità

per gli utenti di modalità diverse di servizi di trasporto su medesime direttrici ed alla

conseguente possibilità di liberalizzare il servizio alle tratte dei servizi di trasporto a

domanda debole, che non assicurano adeguata remuneratività, specificandone nel

dettaglio le ragioni.

Il regolamento in esame disciplina poi il procedimento da seguire per addivenire

all’adozione delibera quadro, nonché individua nel dettaglio il contenuto della

medesima.

La delibera quadro dovrà essere adottata previo parere obbligatorio dell’Autorità

garante della concorrenza e del mercato che si pronuncerà entro 60 giorni dal

ricevimento della medesima. Costituirà oggetto di valutazione l’esistenza di ragioni

idonee e sufficienti all’attribuzione di diritti di esclusiva e alla correttezza della scelta

eventuale di procedere all’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi.

La delibera quadro viene adottata entro trenta giorni dal ricevimento del parere

dell’AGCM.

Entro quindici giorni dalla adozione, il parere dell’AGCM e la delibera quadro sono resi

pubblici e trasmessi all’Osservatorio dei servizi pubblici locali.

La delibera deve inoltre fornire un’adeguata motivazione in ordine alle decisioni

adottate, nonché contenere specifiche indicazioni relative alle risultanze dell’istruttoria

effettuata.

In particolare devono essere evidenziate le ragioni per le quali l’ente affidante ha deciso

di attribuire diritti di esclusiva e di conseguenza i benefici che potrebbero derivare alla

comunità locale dal mantenimento del regime di esclusiva.

Per assicurare il progressivo miglioramento della qualità di gestione dei servizi pubblici

locali e per poter procedere ad una valutazione comparativa delle diverse gestioni,

vengono definite le modalità per rendere pubblici i dati e le informazioni sulla gestione

dei servizi. I gestori di servizi pubblici locali, anche in forma liberalizzata, dovranno

fornire agli enti locali competenti tutte le informazioni necessarie per svolgere gli

adempimenti previsti dalla normativa.

Gli enti locali, sulla base delle informazioni ricevute e dei dati gestionali di propria

pertinenza, pubblicano, entro il 30 settembre di ogni anno, gli indicatori di gestione, per

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ciascun settore dei servizi pubblici locali e per ciascuna fase di riferimento, sulla base di

criteri e secondo modalità indicate dal regolamento medesimo.

Il Regolamento prevede infine l’istituzione di un Osservatorio dei servizi pubblici

locali presso la Conferenza Unificata per la realizzazione di un sistema c.d. di

benchmarking, che favorisca il progressivo miglioramento della qualità e dell’

efficienza nella gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

L’Osservatorio, per il quale si prevede l’utilizzazione di risorse umane, finanziarie e

strumentali già disponibili presso la Conferenza Unificata, provvede alla raccolta ed alla

elaborazione dei dati informativi concernenti le modalità di gestione dei servizi pubblici

locali di interesse economico, assicura la pubblicità di tali dati e delle delibere quadro,

predispone una relazione annuale sullo stato dei servizi pubblici locali, nonché segnala

al Governo proposte di modifica legislativa in materia di servizi pubblici locali.

L’Osservatorio dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento al settore del

trasporto pubblico locale, si coordina con l’Osservatorio nazionale sulle politiche del

trasporto pubblico locale236, acquisendone i relativi dati informativi con modalità da

definire con apposito protocollo d’intesa da stipulare tra i due organismi.

Viene inoltre introdotta una clausola generale di applicazione dell’art. 4 novellato a tutti

i servizi pubblici locali, con prevalenza sulle relative discipline di settore

incompatibili237.

La disposizione, già contenuta nel citato art. 23-bis, assume particolare rilievo con

riferimento al trasporto pubblico locale ed in particolare alle norme di settore contenute

nell’art. 61 della l. 23 luglio 2009, n. 99 e nel regolamento (CE) n. 1370/2007 del

Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di

trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, in vigore dal 3 dicembre 2009.

La sopra citata clausola di prevalenza comporta che non si applica il principio in base al

quale la legge speciale, anche se precedente, non è derogata da quella generale

successiva.

236 art. 1, co. 300, L. 24.12.2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) ai sensi del quale “è istituito presso il Ministero dei trasporti l'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, cui partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali, al fine di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico correlati a quelli regionali e di assicurare la verifica dell'andamento del settore e del completamento del processo di riforma. Per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008. …… L'Osservatorio presenta annualmente alle Camere un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale.237 Art. 9, co. 2 2 l. 12 novembre 2011, n. 183

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Di conseguenza, sciogliendo i dubbi interpretativi sorti in precedenza, la norma ha

definitivamente sancito l’applicabilità al trasporto pubblico locale della disciplina

relativa alle condizioni legittimanti il ricorso all’affidamento in house238, nonché del

regime transitorio239 individuato dalla medesima normativa.

Con l’inserimento del comma 34 bis all’art. 4 del d.l. n. 138/2011, viene

definitivamente sancita l’applicazione del medesimo articolo al trasporto pubblico

regionale e locale.

Vengono poi fatti salvi, relativamente al trasporto pubblico regionale, gli affidamenti

già deliberati in conformità con il regolamento CE n. 1370/2007, che ha consentito alle

autorità competenti di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio

pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello

locale esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture.

Da quanto sino qui esposto risulta chiaro come la materia dei servizi pubblici locali di

rilevanza economica sia caratterizzato da un eccessivo dinamismo normativo che

continua a creare non pochi problemi agli operatori del settore.

Si è già ricordato come liberalizzazioni240 e privatizzazioni241 costituiscono le due linee

guida intorno alle quali è stato costituito l’intero impianto dell’ art. 4 d.l 138/11.

Con la legge di stabilità 2012, il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici di

rilevanza economica subisce una forte accelerata.

Ciò trova conferma nell’orientamento del governo, allora presieduto dall’On. Silvio

Berlusconi, che nella lettera dell’Italia all’Unione Europea del 27 ottobre 2011, con

riferimento ai servizi pubblici di rilevanza economica, ha specificato il proprio intento

di procedere all’adozione di una serie di atti normativi volti a favorire il processo di

liberalizzazione e privatizzazione242.

238 L’art. 4, co. 13, l. 14 settembre 2011, n. 148 prevede che: “in deroga a quanto previsto dai commi 8, 9, 10, 11 e 12 se il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento e' pari o inferiore alla somma complessiva di 900.000 euro annui, l'affidamento puo' avvenire a favore di societa' a capitale interamente pubblico che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento europeo per la gestione cosiddetta «in house. Al fine di garantire l'unitarietà del servizio oggetto dell'affidamento, è fatto divieto di procedere al frazionamento del medesimo servizio e del relativo affidamento”.239 Art. 4, co. 32, l. 14 settembre 2011, n. 148240 G. Di Gaspare, I servizi pubblici locali verso il mercato, in Diritto Pubblico 3/1999, p. 797 ss241 S. Cassese, Le privatizzazioni in Italia, in Riv. It. Dir. Pubbl. comm. 1991, 9. 519 ss; L. Ammanati, Le privatizzazioni delle imprese pubbliche in Italia, Giuffré, Milano 1995; G. Marasà, Profili giuridici delle privatizzazioni, Giappichelli, Torino, 1998 242 Lettera del Governo Italiano al Consiglio e alla Commissione Europea del 27.10.2011, in cui con riferimento all’apertura dei mercati in chiave concorrenziale viene previsto che “verranno rafforzati i presidi a tutela della concorrenza nel campo dei servizi pubblici locali, con l’introduzione a livello

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In particolare è stato precisato che non risulta possibile l’attribuzione di diritti di

esclusiva nelle ipotesi in cui l’ente locale affidante non proceda alla previa verifica circa

la realizzabilità di un sistema di concorrenza nel mercato.

Allo stesso tempo si auspica un ampliamento delle competenze dell’Autorità Garante

della concorrenza e del mercato, oltre un sistema di benchmarking che permetta,

attraverso una disamina delle differenti gestioni, di incidere positivamente sulla qualità

dei servizi.

Il Governo muove dunque dalla constatazione che un sistema di libera concorrenza

favorisce non solo il mercato, e di conseguenza gli operatori economici che in esso

operano, ma anche la collettività dei cittadini, fruitori dei servizi messi a disposizione

dal mercato.

Un regime di libera concorrenza243 oltre a garantire anche l’efficienza, l’efficacia e

l’economicità del servizio, produce i propri effetti benefici con riferimento a tutti i

protagonisti, coinvolti nel settore dei servizi pubblici di rilevanza economica, dagli enti

pubblici che provvedono all’affidamento del servizio, ai soggetti aggiudicatari e non da

ultimo alla collettività dei consumatori-utenti.

Il complesso delle modifiche normative introdotte nel settore dei servizi pubblici di

rilevanza economica hanno nel loro complesso inciso profondamente sull’assetto del

trasporto pubblico regionale e locale.

Non vi è dubbio infatti che la l. 183/2011 ha introdotto due modifiche di assoluta

rilevanza, che, in modo assolutamente netto, hanno eliminato qualsiasi dubbio

interpretativo in merito alla riconducibilità del medesimo nell’ambito della disciplina

generale relativa ai servizi pubblici di rilevanza economica.

nazionale di sistemi di garanzia per la qualità dei servizi nei comparti idrico, dei rifiuti, dei trasporti, locali e nazionali e delle farmacie comunali, seguendo rispettivamente questa sequenza temporale 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi e 12 mesi. Per quanto riguarda la riforma dei servizi pubblici locali che il Governo italiano – riprendendo quanto già previsto dall’articolo 23 bis del DL 112/2008 – ha approvato nella manovra di agosto 2011 escludendo il settore idrico a seguito di un referendum popolare. Con le disposizioni che si intende varare si rafforza il processo di liberalizzazione e privatizzazione prevedendo che non è possibile attribuire diritti di esclusiva nelle ipotesi in cui l’ente locale affidante non proceda alla previa verifica della realizzabilità di un sistema di concorrenza nel mercato, ossia di un sistema completamente liberalizzato. Inoltre, viene previsto un ampliamento delle competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché un sistema di benchmarking al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità di gestione e di effettuare valutazioni comparative delle diverse gestioni”243 S. Cassese, Dalle regole del gioco al gioco delle Regole, in Mercato concorrenza, regole, 2002, p. 266 ss; Id, Regolazione e concorrenza, in G. Tesauro, M. D’Alberti, Regolazione e concorrenza, Il Mulino, Bologna 2000.

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E’ risultato determinante a tal fine la reintroduzione della cosiddetta “clausola di

prevalenza” della disciplina generale contenuta nell’art. 4 del d.l. 138/2011 sulle

discipline di settore con essa incompatibile, nonché la espressa previsione normativa

per cui la sopra citata disposizione trovava applicazione anche in relazione al trasporto

regionale.

Anche in relazione a quest’ultimo si rende necessario procedere ad un’analisi di

mercato, che dovrà essere svolta da parte degli enti affidanti, circa la realizzabilità di

una gestione concorrenziale del servizio, con limitazione delle ipotesi di conferimento

di diritti di esclusiva ai soli i casi in cui la libera iniziativa economica privata non

risulti idonea al soddisfacimento delle esigenze della comunità. Detta analisi dovrà

essere effettuata prima di procedere all’affidamento del servizi, pena il divieto di

attribuire diritti di esclusiva.

Per quanto concerne l’oggetto dell’analisi che l’ente affidante deve svolgere possiamo

affermare che un’analisi di mercato dovrebbe condurre ad affermare la realizzabilità

della gestione concorrenziale tutte le volte in cui la redditività dei servizi sia tale da

assicurare la copertura del costo dei medesimi.

Alla luce delle considerazioni sino a qui svolte possiamo affermare che la norma in

esame ha impresso una forte accelerazione al processo di liberalizzazione dei servizi

pubblici locali di rilevanza economica.

Per quanto attiene al settore del trasporto pubblico regionale e locale, deve rilevarsi

come, dipendendo il medesimo da un punto di vista strutturale, dalle finanze pubbliche,

anche in considerazione della necessaria socialità delle tariffe applicate agli utenti , il

processo di liberalizzazione sembra gioco forza orientarsi verso una concorrenza per il

mercato piuttosto che nel mercato244.

Tale ipotesi, se confermata a livello operativo, potrebbe determinare gli enti affidanti ad

optare, in sede di delibera quadro, per sistemi di concorrenza regolata, con attribuzione

di diritti di esclusiva nella gestione dei servizi di trasporto pubblico locale.

Parimenti risulta fondamentale per il T.p.l., la disposizione che prevede che, nel caso di

subentro di un nuovo gestore nella disponibilità dei beni strumentali necessari per

244 G. Corso, La gestione dei servizi pubblici locali tra pubblico e privato, in Servizi pubblici locali e nuove forme di amministrazione, Milano, 1997; V. Parisio, Servizi pubblici e monopoli, in E. Picozza (a cura di), Dizionario di diritto pubblico dell’economia, Maggioli, Rimini, 1998, p. 687 ss

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l’erogazione del servizio, vengano previste regole assai stringenti per la definizione del

corrispettivo ai fini della prosecuzione del medesimo245.

Disposizioni del tutto analoghe erano peraltro contenute nell’art 18 del d.lgs. 422/97 e

nelle disposizioni regionali di attuazione.

Pur condividendo le ragioni che hanno indotto il legislatore all’adozione della

normativa sopra citata, ispirata con ogni evidenza all’apertura del mercato e

all’eliminazione delle eventuali barriere all’ingresso, risulta non del tutto condivisibile

la disposizione della gratuità della cessione dei beni, salvo per quelli non

completamente ammortizzati.

Tale disposizione rischia di creare effetti oltremodo negativi a carico dei gestori uscenti,

che pur beneficiando di finanziamenti pubblici, hanno investito parte del loro

patrimonio per mantenere efficienti le infrastrutture necessarie per lo svolgimento del

servizio.

Una revisione della disciplina in materia, magari in linea con quanto già previsto dalla

disciplina di settore, sarebbe, quindi, quanto mai necessaria per riequilibrare le

condizioni di concorrenza e di competizione senza danno per nessuno, pubblico o

privato che sia.

245 L’art. 4, co. 29-31, l. 14 settembre 2011, n. 148 prevede che “alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata, il precedente gestore cede al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come individuati, ai sensi del comma 11, lettera f), dall'ente affidante, a titolo gratuito e liberi da pesi e gravami. Se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 29 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche' restano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto L'importo di cui al comma 30 e' indicato nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara indetta per il successivo affidamento del servizio pubblico locale a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione”.

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3. Il d.l. 1/2012 tra promozione della concorrenza ed affidamenti diretti: il futuro

dell’in house providing

Con il “decreto liberalizzazioni”246 il legislatore vuole ulteriormente potenziare la

promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali, sia nella fase dell’affidamento

che in quella della gestione da parte dei soggetti aggiudicatari del servizio.

Particolare rilevanza assumono in tale ottica le nuove misure volte al potenziamento dei

poteri dell’Antitrust in ordine alla cd. “delibera quadro”247, la riduzione della “soglia di

legittimità” dell’affidamento in house da 900.000 a 200.000 euro annui248, l’inclusione

del servizio di trasporto ferroviario regionale nell’ambito applicativo della disciplina

generale in esame, il riferimento, quale contenuto obbligatorio del bando di gara e

metro di valutazione dell'offerta, a parametri volti all’efficientamento e al

conseguimento di “economie di gestione”249; la previsione – in linea con quanto

auspicato dall’A.G.C.M.250 - di obblighi di trasparenza per i gestori in ordine ai dati

necessari al fine della redazione dei bandi 251.

246 Il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, modifica ed integra l’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella l. 14 settembre 2011, n. 148.247 In base alla nuova formulazione dell’art. 4, co. 3, l. 14 settembre 2011, n. 148, viene stabilito l’obbligo in capo ai Comuni, con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, di sottoporre obbligatoriamente la delibera quadro al parere preventivo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.248 Art. 4, co. 13, l. 14 settembre 2011, n. 148249 Secondo quanto previsto dall’art. 4, co. 11, lett. b-bis), l. 14 settembre 2011, n. 148 “Al fine di promuovere e proteggere l'assetto concorrenziale dei mercati interessati, il bando di gara o la lettera di invito relative alle procedure di cui ai commi 8, 9, 10: prevede l'impegno del soggetto gestore a conseguire economie di gestione con riferimento all'intera durata programmata dell'affidamento, e prevede altresì, tra gli elementi di valutazione dell'offerta, la misura delle anzidette economie e la loro destinazione alla riduzione delle tariffe da praticarsi agli utenti ed al finanziamento di strumenti di sostegno connessi a processi di efficientamento relativi al personale” 250 Segnalazione Autorità Garante della concorrenza e del mercato AS 901- Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per la concorrenza e il mercato del 5 gennaio 2012.251 art. 25, co. 4 e 5, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, ai sensi del quale: “i concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, sono tenuti a fornire agli enti locali che decidono di bandire la gara per l'affidamento del relativo servizio i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il ritardo nella comunicazione oltre il termine di sessanta giorni dall'apposita richiesta e la comunicazione di informazioni false integrano illecito per il quale il prefetto, su richiesta dell'ente locale, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, da un minimo di euro 5.000 ad un massimo di euro 500.000”.

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Parimenti rilevanti, con riferimento alla gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza

economica nonché sulla virtuosità degli enti affidanti, il complesso di disposizioni252

relative all’organizzazione obbligatoria del servizio in ambiti o bacini territoriali

ottimali e omogenei, individuati in riferimento a dimensioni comunque non inferiori a

quella provinciale e tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a

massimizzare l'efficienza del servizio. Le Regioni sono infatti chiamate a definire entro

il 30 giugno 2012 ambiti territoriali per consentire scelte gestionali produttive di

economie di scala e vantaggi per l’utenza.

Nel caso in cui non vi provvedano le Regioni è previsto l’intervento sostitutivo del

Consiglio dei Ministri che potrà procedere all’individuazione degli ambiti territoriali

con propria delibera, esercitando il potere sostitutivo riconosciutogli dall’art. 8 l.

131/2003, a tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica.

La normativa in esame prevede la costituzione di enti di governo degli ambiti o dei

bacini territoriali ottimali, come risulta dalla circostanza per cui l’applicazione di

procedure di affidamento dei servizi ad evidenza pubblica da parte di Regioni, Province,

Comuni o enti di governo “costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli

stessi”253 nonché dal fatto che i finanziamenti pubblici a qualsiasi titolo concessi, a

valere su risorse pubbliche statali, sono prioritariamente attribuiti agli enti di governo

degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali, ovvero ai relativi gestori del servizio,

selezionati tramite procedure ad evidenza pubblica.

Viene francamente da riflettere in ordine all’opportunità di inserire, nell’ambito di un

provvedimento volto a favorire la concorrenza e ad incrementare la competitività, la

previsione di un ente intermedio che va ad inserirsi tra l’amministrazione locale ed il

soggetto affidatario del servizio. Ci si chiede infatti se i compiti di affidamento del

servizio nonché quelli di vigilanza sulle attività svolte dal gestore non potessero essere

utilmente svolte da parte dall’amministrazione locale esistente.

Ulteriori disposizioni, contenute nel d.l. 1/2012, assoggettano le società in house,

affidatarie del servizio, al patto di stabilità interno, con conseguente obbligo in capo alle

amministrazioni affidanti di vigilare sui vincoli derivanti dal patto. Per quanto concerne

l’acquisto di beni o servizi, dette società sono tenute per l’acquisto di beni e servizi a

252 Art. 3-bis, l. 14 settembre 2011, n. 148, così come modificato dall’art. 25, co. 1, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.253 Si veda l’art. 20 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98.

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rispettare le procedure di evidenza pubblica e devono inoltre stabilire criteri e modalità

per il reclutamento del personale e per il conferimento di incarichi.

In particolare viene stabilito che i nuovi mutui assunti dalle affidatarie in house non

possono far superare agli oneri annuali il 25% delle entrate effettive accertate nel

bilancio dell’esercizio precedente.

La norma in esame conferma l'obbligo di selezione del personale secondo i principi del

concorso a evidenza pubblica previsti per le pubbliche amministrazioni254.

Viene altresì previsto l’obbligo per le società affidatarie in house di adeguarsi alle

disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali, divieti o limitazioni alle

assunzioni di personale, nonché il contenimento delle voci di natura retributiva e delle

consulenze esterne.

Si tratta di un gruppo di regole particolarmente significativo dopo gli interventi taglia-

spesa delle ultime manovre, per cui la previsione si traduce nell'estensione alle

affidatarie dirette, tramite la via obbligata dei regolamenti autonomi, del blocco

contrattuale, del tetto agli stipendi e delle regole che tagliano i trattamenti accessori nei

primi giorni di malattia.

Per quanto concerne le aziende speciali è previsto che a partire dal 2013 le aziende

speciali e le istituzioni sono soggette al patto di stabilità interno, nonché al rispetto del

codice dei contratti e delle disposizioni che dispongono divieti e limitazioni alle

assunzioni di personale e al conferimento di incarichi255.

Sulla base della nuova organizzazione territoriale, in ambiti o bacini territoriali ottimali,

le amministrazioni locali, o gli enti preposti al governo degli ambiti territoriali ottimali,

dovranno svolgere un’analisi di mercato, dalla quale dovrà scaturire una delibera-

quadro per l’attribuzione di diritti di esclusiva, sulla base di uno schema che sarà

definito a seguito dell’adozione di un decreto ministeriale entro il 31 marzo 2012.

Sul punto deve rilevarsi come la procedura per l’affidamento di diritti di esclusiva varia

a seconda delle caratteristiche dimensionali dell’ amministrazione affidante. Per i

comuni con meno di 10.000 abitanti è prevista infatti la possibilità di procedere

254 D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”255 Le disposizioni introdotte dall’art. 25, co. 2, lett.a), d.l. 1/2012 per le società in house non introducono alcun elemento di novità, essendo in buona sostanza, già previste dall’art. 4, co. 14, 15 e 17, d.l. 138/2011. Dette disposizioni risultano applicabili immediatamente, mentre quelle relative alle aziende speciali e istituzioni lo saranno solo dal 2013.

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all’affidamento del servizio ad un unico gestore a condizione che all’esito

dell’istruttoria emerga che la libertà di iniziativa economica non risulti idonea a

garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità.

Per I comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti si renderà invece necessario

sottoporre preventivamente la decisione al parere dell’Autorità Garante per la

Concorrenza ed il Mercato.

Quest’ultima dovrà esprimere il proprio parere obbligatorio entro sessanta giorni e sulla

base di esso l’ente affidante procederà entro 30 giorni all’affidamento del servizio,

oppure ad un affidamento simultaneo di una pluralità di servizi.

Per potere procedere all’affidamento del servizio pubblico di rilevanza economica l’ente

affidante dovrà indire una gara - individuata dal legislatore come procedura ordinaria

per la scelta del gestore - in alternativa potrà costituire una società mista con socio

privato operativo, oppure in deroga alle suddette procedure ordinarie, procedere

mediante conferimento diretto a società in house.

Viene previsto che la verifica in ordine alla realizzabilità di una gestione concorrenziale

dei servizi pubblici di rilevanza economica avvenga dopo aver individuato i contenuti

specifici degli obblighi di servizio pubblico e universale.

Tra i requisiti richiesti dal bando di gara per l’affidamento di servizi pubblici di

rilevanza economica viene inserito l’impegno del soggetto gestore a conseguire

economie di gestione, con riferimento all’intera durata programmata per l’affidamento e

a destinarle alla riduzione delle tariffe da praticarsi agli utenti e al finanziamento di

strumenti di sostegno connessi a processi di efficientamento relativi al personale.

Nell’ipotesi in cui l’ente affidante si determini per l’affidamento a società mista,

ovviamente in conformità con la disciplina relativa al partenariato pubblico-privato di

tipo istituzionale, con selezione dunque del socio privato mediante gara e attribuzione

contestuale al medesimo di specifici compiti operativi, le amministrazioni possono

procedere alla trasformazione delle società che risultano affidatarie dirette, in soggetti

da aprire alla partecipazione del privato, a cui affidare uno o più servizi nuovi.

Per quanto concerne poi il ricorso all’affidamento in house, questo risulta limitato alla

soglia di valore del servizio, attribuibile all’ente affidatario, per un importo massimo di

200.000 euro annui, nel rispetto ovviamente della disciplina comunitaria, relativa a detta

tipologia di affidamento.

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Con riferimento al periodo transitorio di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza

economica esistenti, il d.l. 1/2012 individua un nuovo pacchetto di scadenze, che

mirano in ogni caso a garantire la continuità del servizio nel caso in cui le procedure per

i nuovi affidamenti si prolunghino oltre il termine previsto.

Il prolungamento delle scadenze per gli affidamenti non conformi256, contenute nella

norma in esame, rispondono all’esigenza di evitare qualsiasi problematica relativa al

subentro tra vecchi e nuovi gestori.

Risalta in particolare la scadenza del 31.12.2012 relativa alle gestioni in house non

conformi, che ricomprende tutte le ipotesi di affidamenti diretti sopra soglia, vale a dire

di importo superiore ai 200.000 euro, nonché gli affidamenti che non rispondono ai

requisiti definiti dal legislatore comunitario: controllo analogo e prevalenza dell’attività

in favore dell’ente affidante.

Il legislatore prevede però per le società esistenti, che risultano affidatarie dirette, la

possibilità di aggregarsi al fine di procedere ad una gestione unitaria da parte del nuovo

gestore costituitosi, che andrà ad operare all’interno dell’ambito o bacino territoriale

ottimale257.

Dal tenore letterale della norma si evince come tale ipotesi risulti derogatoria rispetto al

principio generale, quindi deve ritenersi possibile l’affidamento diretto di servizi per un

valore superiore ai 200.000 euro a condizione che il soggetto affidatario venga costituto

secondo i criteri di aggregazione sopra descritti.

In ogni caso il legislatore limita temporalmente l’azione del nuovo soggetto gestore,

prevedendo che lo stesso possa operare per soli tre anni, a partire dal 31.12.2012.

256 L’art. 25 del d.l. 1/2012 prevede lo slittamento del termine di cessazione degli affidamenti “non conformi” dal 31.3.2012 al 31.12.2012 in via generale e residuale (art. 4, comma 32, lett. a), e dal 30.6.2012 al 31.3.2013 per gli affidamenti a società miste che non siano rispettosi dei requisiti della gara cd. “a doppio oggetto” (art. 4, comma 32, lett. b).257 L’art. 25, co. 1, n. 6, d.l. 1/2012 prevede che “in deroga, l'affidamento per la gestione «in house» può avvenire a favore di azienda risultante dalla integrazione operativa, perfezionata entro il termine del 31 dicembre 2012, di preesistenti gestioni dirette o in house tale da configurare un unico gestore del servizio a livello di ambito o di bacino territoriale ottimale ai sensi dell'articolo 3-bis.". In tal caso il contratto di servizio dovrà prevedere indicazioni puntuali riguardanti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente, il livello di investimenti programmati ed effettuati e obiettivi di performance (redditività, qualità, efficienza). La valutazione dell'efficacia e dell'efficienza della gestione e il rispetto delle condizioni previste nel contratto di servizio sono sottoposti a verifica annuale da parte dell'Autorità di regolazione di settore. La durata dell'affidamento in house all'azienda risultante dall'integrazione non può essere in ogni caso superiore a tre anni;”

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Viene altresì prevista una disciplina decisamente stringente con riferimento alla qualità

del servizio reso che deve rispondere a precisi criteri da inserirsi tassativamente nel

contratto di servizio.

La previsione introdotta dal legislatore di un organismo societario complesso, risultante

dalla fusione di più operatori preesistenti, risponde all’esigenza di immettere nel

mercato dei servizi pubblici locali, nuove imprese più forti e solide, che risultino in

grado di poter concorrere con gli altri operatori presenti sul mercato, nel caso di

affidamenti diretti di servizi pubblici di rilevanza economica. In tale ottica va letta la

disposizione di cui all’art. 3 bis, co. 1, l. 148/2011, che obbliga le Regioni a definire i

bacini e gli ambiti ottimali per i servizi entro il 30 giugno 2012.

Un nuovo termine è stato stabilito anche con riferimento alle gestioni affidate a società

miste in cui il socio privato, anche se scelto con gara, non sia risultato affidatario di

specifici compiti operativi; in tale ipotesi la scadenza degli affidamenti in essere è

fissata al 31 dicembre 2012.

Con ogni probabilità, attesa la complessità delle nuove procedure di affidamento, i

termini indicati dalla norma transitoria saranno disattesi.

A tal fine deve rilevarsi come il legislatore abbia provveduto ad inserire una norma di

salvaguardia, al fine di garantire la continuità del servizio, in base alla quale i soggetti

gestori dei servizi assicurano l’integrale prosecuzione delle attività, anche oltre le

scadenze previste, fino al subentro del nuovo gestore, e in caso di liberalizzazione, sino

apertura del mercato alla concorrenza,

Pare opportuno a questo punto introdurre qualche spunto di riflessione in ordine al sopra

descritto regime transitorio, che, come detto in precedenza, va a disciplinare il regime

degli affidamenti in essere non conformi alle nuove prescrizioni normative.

Deve innanzitutto rilevarsi come la novella introdotta dal legislatore abbia in buona

sostanza ripreso la disciplina prevista dall’ art. 23-bis del D.L. 112/2008, abrogato per

effetto del referendum del 12 e 13 giugno, anche con riferimento al regime transitorio

dal medesimo previsto.

Ciò che suscita non poche perplessità, tanto da far vacillare il disegno complessivo

della norma in esame258, è la disposizione contenuta nel decreto liberalizzazioni, che

prevede la possibilità per le imprese preesistenti, titolari di gestioni dirette o in house, di

258 Si veda G. Guzzo, I spl di rilevanza economica dopo il restyling del d.l. n. 138/2011: nuove regole e vecchie questioni, in www.lexitalia.it, n. 7-.8/2011

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risultare affidatarie di nuovi servizi, della durata massima pari a 3 anni, a condizione

che medesime procedano, entro il 31.12.2012, ad aggregarsi in un’unica società, che

diverrà a quel punto gestore unico del servizio a livello di ambito o bacino territoriale

ottimale.

Le aziende di servizi pubblici locali che si accorperanno per servire un bacino di traffico

più ampio e di dimensione almeno provinciale potranno godere di tre anni di

continuazione dell'affidamento in house.

La norma in esame, se per un verso si riferisce ad un nuovo affidamento definito “in

house”, che come noto può essere effettuato solo in favore di società a totale

partecipazione pubblica, che secondo quanto previsto dal legislatore comunitario deve

rispondere a criteri tassativamente determinati259, dall’altro estende espressamente il

proprio ambito applicativo anche alle “gestioni dirette”.

La prima impressione che si ha dalla lettura della citata previsione normativa è che la

stessa risulti in piena contraddizione rispetto all’intento liberalizzatore, dichiaratamente

ispirato all’apertura del mercato e alla libera concorrenza tra i soggetti che vi operano,

perseguito dal decreto in esame.

In particolare non si comprende quale sia l’indicazione fornita dal legislatore nella

norma in esame.

Se si ritiene che l’obiettivo sia quello di creare un regime speciale per l’in house, non è

dato individuare la motivazione per la quale vengano ricomprese nella disciplina anche

le gestioni dirette, che sono soggette ad una disciplina completamente differente, che

nulla a che vedere con gli affidamenti in house.

Diversamente argomentando si potrebbe arrivare alla conclusione per cui la

disposizione in esame sarebbe tesa a favorire le ipotesi di aggregazione tra società che

operano in regime di esclusiva e senza gara, ma solo in favore di imprese pubbliche.

Sulla circostanza per cui il legislatore favorisca nettamente con la disposizione in esame

le società che operano sul mercato a seguito di conferimento di diritti di esclusiva non

pare sussistere dubbio alcuno.

259 Nel caso delle concessioni di servizi di trasporto pubblico locale, il Regolamento CE 1370/2007, all’ art. 5, par. 2, ammette che l’affidamento in house possa avvenire anche in favore di società miste pubblico-private. Tale normativa settoriale è, tuttavia, “recessiva” – poiché incompatibile - rispetto alla “prevalente” normativa nazionale di cui all’art. 4 cit., che, al comma 13, ammette l’in house solo in favore di società al 100% pubbliche (testualmente “capitale interamente pubblico”). Tale “prevalenza” opera in virtù dell’espressa clausola nuovamente introdotta dal legislatore italiano (v. art. 4, comma 34, come modificato dall’art. 9 L. 183/2011).

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Ciò che parrebbe una forzatura a livello interpretativo è la circostanza per cui sarebbero

interessate dalla suddetta disposizione solo le imprese pubbliche.

Se così fosse la norma risulterebbe chiaramente in contrasto con i principi “cardine”

dell’ordinamento comunitario di indifferenza del regime proprietario e di parità di

trattamento tra le imprese pubbliche e quelle private260.

Senza dire che la norma, così intesa, risulterebbe non operante in quei contesti

territoriali caratterizzati dalla compresenza, all’interno del medesimo bacino, di

operatori pubblici e privati, tutti in regime di affidamento diretto.

A ciò si aggiunga che se l’intento del legislatore è quello di addivenire, mediante

aggregazione, alla creazione di strutture societarie più ampie e dunque più solide, che

siano in grado di soddisfare la domanda all’interno di bacini territoriali ottimali, non

avrebbe senso escludere da tale ipotesi le imprese private.

Pare dunque potersi senz’altro ritenere che si possa procedere ad affidamento diretto, a

prescindere dalla proprietà pubblica o privata del capitale della società.

Al riguardo, si evidenzia che, in materia di TPL, il Regolamento (CE) 1370/2007

definisce l’aggiudicazione diretta in senso ampio, come l’aggiudicazione di un

contratto di servizio pubblico a un determinato operatore di servizio pubblico senza che

sia previamente esperita una procedura di gara; e individua altresì l’operatore di servizio

pubblico come quell’impresa o un gruppo di imprese di diritto pubblico o privato che

forniscono servizi di trasporto pubblico di passeggeri, nonché qualsiasi ente pubblico

che presta servizi di trasporto pubblico di passeggeri.

Si può dunque sostenere che, nell’ambito delle così dette gestioni dirette, sono

ricompresi tutti gli operatori di servizio pubblico, a capitale pubblico e privato in

regime di affidamento diretto.

Del resto, la determinazione degli ambiti o bacini deve rispondere senza ombra di

dubbio ad esigenze di efficienza e creazione di economie di scala, che possono

realizzarsi mediante l’aggregazione di gestori già esistenti all’interno di realtà locali in

cui possono aspirare ad assumere la funzione di “gestori unici”.

260 il Regolamento CE 1370/2007 cit. (Considerando n. 20) nel senso che “Quando l’autorità pubblica decide di affidare a un terzo un servizio d’interesse generale, la scelta dell’operatore di servizio pubblico deve avvenire nell’osservanza della normativa comunitaria in tema di appalti pubblici e di concessioni, quale risulta dagli articoli da 43 a 49 del Trattato, nonché nell’osservanza dei principi di trasparenza e di parità di trattamento”;

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Scopo dell’aggregazione secondo le indicazioni del legislatore è infatti quello di portare

una maggiore efficienza nel settore dei servizi pubblici locali, mediante economie di

scala che, a fronte dell’aumento dimensionale degli operatori coinvolti, determini un

abbattimento dei costi unitari.

Per raggiungere detto obiettivo sono stati previsti incentivi alle fusioni delle aziende già

esistenti sul mercato che andranno a costituire un unico soggetto imprenditoriale che

andrà a gestire un bacino territoriale ottimale coincidente almeno con l’estensione della

provincia.

La soglia degli affidamenti come già detto scende da 900.000 a 200.000 euro annui.

Quelli di valore superiore alla nuova soglia dovranno cessare entro la fine dell’anno,

mentre le gestioni affidate direttamente a società miste, nel caso in cui la selezione del

socio sia avvenuta senza gara a doppio oggetto cesseranno al 31 marzo 2013.

Deve dunque segnalarsi, come dato fondamentale della novella normativa, come le

aziende di servizi pubblici locali, che si accorperanno per servire un bacino di traffico

più ampio e di dimensione almeno provinciale potranno godere con continuità, per ben

tre anni, dell'affidamento in house.

Si tratta di un provvedimento che mira a favorire l’aumento dimensionale delle imprese

operanti oggi nell’ambito dei servizi pubblici locali, che risultano oggi piuttosto

frammentati.

A ciò si aggiunga che alle aziende che intendono procedere alla fusione, al fine di

raggiungere le dimensioni indicate dal legislatore, vengono riconosciuti una serie di

vantaggi in termini di minori vincoli del patto di stabilità.

Contestualmente, come già segnalato in precedenza, il Governo ha proceduto al

rafforzamento, di un complesso di disposizioni volte a favorire la concorrenza.

Significativo a tal proposito, nell’ambito degli affidamenti senza gara dei servizi ad

aziende pubbliche controllate al 100% dall'ente locale, l’abbattimento della soglia, in

precedenza fissata a 900 mila euro al valore contrattuale di 200 mila euro.

In tale ottica si pone la previsione che introduce l'obbligatorietà del parere

dell'A.G.C.M., nel caso in cui un Comune rinunci allo svolgimento di un servizio in

regime di completa liberalizzazione e voglia procedere allo svolgimento del servizio in

esclusiva o mediante concessione.

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I comuni avranno dunque necessità di acquisire il parere preventivo favorevole

dell'Autorità per poter procedere ad emanare la delibera quadro che procede

all’assegnazione del servizio in esclusiva.

Al fine di promuovere la concorrenza a livello comunale è prevista l'individuazione di

un apposito ufficio presso la Presidenza del Consiglio col compito di monitorare la

normativa locale per ricercare eventuali disposizioni contrastanti con i principi di libero

mercato.

Qualora vengano riscontrate irregolarità il nuovo organismo assegnerà all'ente un

congruo termine per rimuovere i limiti alla concorrenza, decorso il quale scatteranno i

poteri sostitutivi dell’ufficio di presidenza.

I concessionari e affidatari di servizi pubblici locali saranno obbligati a fornire ai

comuni, che vogliono bandire una gara per assegnare il servizio da loro svolto, tutte le

informazioni utili (impianti, infrastrutture, rivalutazioni, ammortamenti). Dovranno

farlo entro 60 giorni dalla richiesta.

In caso di inadempimento delle citate obbligazioni, i soggetti sopra indicati, potranno

andare incontro a una sanzione da 5 mila a 500 mila euro.

4. Le novità introdotte dalla legge 27/2012 di conversione del d.l. 1/2012

Con la legge 24 marzo 2012 n. 27261, il legislatore interviene ancora una volta sulla

normativa relativa all’affidamento e alla gestione dei servizi pubblici locali.

Le disposizioni in esame si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle

relative discipline di settore con esse incompatibili.

Rispetto al d.l. 1/2012, che prevedeva che l’organizzazione dello svolgimento dei

servizi pubblici locali dovesse essere attuato in ambiti o bacini territoriali ottimali e

omogenei, tali da consentire economie di scala e di differenziazione, idonee a

massimizzare l’efficienza del servizio e la cui dimensione di norma non doveva essere

inferiore a quella del territorio provinciale, la legge di conversione prevede che le

Regioni possono individuare specifici bacini territoriali, di dimensione diversa da quella

provinciale, motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-

261 Legge 24 marzo 2012, n. 27 , Conversione in legge con modificazioni del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 di conversione, recante “disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”

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economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle

caratteristiche del servizio.

La proposta di costituzione di bacini territoriali, di dimensione differente rispetto al

territorio provinciale, può avvenire anche su proposta dei comuni presentata entro il 31

maggio 2012 previa lettera di adesione dei sindaci interessati o delibera di un organismo

associato e già costituito ai sensi dell’articolo 30 del testo unico di cui al decreto

legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Viene in ogni caso fatta salva l’organizzazione di servizi pubblici locali di settore in

ambiti o bacini territoriali ottimali, già prevista in attuazione di specifiche direttive

europee nonché ai sensi delle discipline di settore vigenti o, infine, delle disposizioni

regionali che abbiano già avviato la costituzione di ambiti o bacini territoriali di

dimensione non inferiore a quella del territorio provinciale.

Si tratta di un principio generale dell’ordinamento nazionale cui le Regioni devono

conformarsi entro il termine del 30 giugno 2012.

Decorso inutilmente detto termine, il Consiglio dei Ministri esercita i poteri sostitutivi.

Novità rispetto al passato è rappresentata dal fatto che in sede di affidamento del

servizio, mediante procedura ad evidenza pubblica, l’adozione di strumenti a tutela

dell’occupazione costituisce elemento di valutazione dell’offerta.

A decorrere dal 2013, l’applicazione di procedure di affidamento dei servizi a evidenza

pubblica da parte di Regioni, Province e Comuni o degli enti di governo locali

dell’ambito o del bacino costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi

ai sensi dell’articolo 20, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito

dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

I finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse pubbliche statali sono

prioritariamente attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali

ottimali, ovvero ai relativi gestori del servizio selezionati tramite procedura a evidenza

pubblica o di cui comunque l’Autorità di regolazione competente abbia verificato

l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti

dall’Autorità stessa.

In relazione alle società miste, viene previsto l’obbligo in capo alle medesime di

contenere le spese per il personale, con espresso divieto di procedere a nuove assunzioni

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in caso di mancata definizione di regole specifiche, o nel caso in cui la spesa

complessiva, sommata a quella dell'ente locale socio, supera il 50% della spesa corrente.

Per quanto concerne i procedimenti di gestione delle risorse umane nelle società con

capitale a partecipazione pubblica, questi sono stati ulteriormente chiariti in sede di

conversione del d.l. 1/2012.

Il quadro normativo risulta abbastanza complesso ma di massima rilevanza in quanto

introduce stringenti criteri con riferimento alle assunzioni di nuovo personale da parte di

imprese a partecipazione pubblica.

In tale contesto non possono non menzionarsi il complesso di norme che obbligano262 le

società affidatarie di servizi pubblici locali in house ad adottare criteri e modalità per

reclutare il personale nel rispetto dei principi di buon andamento, trasparenza,

imparzialità263.

262 ai sensi dell’art 4 co. 17, l. 14 settembre 2011, n. 148: “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2-bis, primo e secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Fino all'adozione dei predetti provvedimenti, è fatto divieto di procedere al reclutamento di personale ovvero di conferire incarichi. Il presente comma non si applica alle società quotate in mercati regolamentati” 263 ai sensi dell’ art. 35, co. 3, d.lgs 30 marzo 2011, n.165, “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, ai sensi del quale: “l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno; b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle

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La norma in esame richiede inoltre una specifica regolamentazione da parte delle

società, anche nel caso di affidamento di incarichi professionali.

Ecco allora che vengono assunti come riferimento gli indirizzi prodotti dagli enti locali

soci o i regolamenti sulle collaborazioni autonome da questi prodotti.264.

Viene altresì precisato, che sino all'adozione dei provvedimenti regolativi, le società in

house non possono procedere al reclutamento di personale o al conferimento di

incarichi.

La norma peraltro estende l'obbligo di regolamentazione dei criteri di assunzione anche

alle società miste sotto controllo pubblico, ammettendo tuttavia in questi casi la

definizione di una disciplina più flessibile.

Molteplici sono state le pronunzie della giurisprudenza in materia, che hanno ribadito

più volte265 la necessità di un’attività di vigilanza da parte degli enti locali soci.

La facoltà di reclutamento di risorse umane da parte delle società affidatarie in house

dagli enti locali è subordinata anche al regime vincolistico stabilito dal patto di stabilità

per gli enti locali soci, come chiaramente evidenziato della legge 148/2011266, cosi come

modificato dalla legge 27/2012.

La disposizione in esame, oltre a ribadire la necessità di nuove regole per il

reclutamento, dispone che queste società rispettino la normativa che prevede, a carico

degli enti locali, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, nonché il

contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o

indennitarie, comprese ovviamente le consulenze agli amministratori.

associazioni professionali”.264 in base all'articolo 3, co.55, l. 24 dicembre 2007, n. 244 “gli enti locali possono stipulare contratti di collaborazione autonoma, indipendentemente dall'oggetto della prestazione, solo con riferimento alle attivita' istituzionali stabilite dalla legge o previste nel programma approvato dal Consiglio ai sensi dell'articolo 42, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267" 265 Corte dei Conti, sez. reg. Lombardia, parere n. 350 del 13.06.2011. Secondo quanto affermato dalla Corte: “i criteri di controllo e le norme pubblicistiche introdotte dal D. Lgs. 30 marzo 2001, n.165 e dagli articoli 18 e 46 della legge 6 agosto 2008, n.133, si estendono a tutti gli organismi partecipati del comune di Rovello Porro e a tutte le forme di resa associata dei servizi pubblici, costituite fra enti locali, alle quali il predetto comune aderisce. Alla luce delle predette argomentazioni si ritiene debba essere adeguato il regolamento degli uffici e dei servizi, qualora non ancora previsto”.266 Art. 3 bis, co. 6 d.l. 13 agoston 2011, n. 138: “le societa' affidatarie in house sono tenute all'acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. Le medesime societa' adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalita' per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonche' delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitarie e per le consulenze anche degli amministratori”

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Per quanto attiene il trasporto pubblico locale, la legge di conversione267 prevede che gli

affidamenti diretti, già oggetto di affidamento, ai sensi dell'articolo 61 della legge 23

luglio 2009 n. 99 ed in conformità all'articolo 8 del reg. CE n. 1370/2007, in atto alla

data del 17/9/2011 cessano alla scadenza prevista nel contratto di affidamento.

In relazione infine alle aziende speciali e alle istituzioni viene previsto268 che, a

decorrere dal 2013, l’applicazione nei confronti delle medesime del Patto di stabilità

interno, sia da definire con apposito decreto ministeriale, da emanare entro il

30.10.2012, dopo aver sentito la Conferenza Unificata.

Viene altresì disposto che le Aziende speciali e le Istituzioni debbano iscriversi alla

Camera di Commercio, depositando il bilancio entro il 31 maggio di ogni anno.

Unioncamere trasmette al Ministero dell’Economia, entro il 30 giugno, l’elenco degli

organismi iscritti.

E’ infine sancito che sia le Aziende speciali che le Istituzioni devono applicare tutti i

divieti e le limitazioni previste per l’ente locale sia per il contenimento dei costi, che per

le assunzioni, le retribuzioni, le consulenze, gli oneri contrattuali, ecc.

L’ente locale vigila sull’osservanza di tali adempimenti da parte dei succitati organismi

ed il Consiglio comunale ne approva i bilanci e gli altri atti fondamentali.

Deve in ogni caso rilevarsi come tali disposizioni però non trovino applicazione per le

Aziende speciali e le Istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi,

culturali e farmacie.

5. Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale, 20 luglio 2012, n.199 sulle

modalità di affidamento dei servizi pubblici locali

La Corte Costituzionale con una recentissima sentenza269, ha dichiarato l’illegittimità

dell’articolo 4, d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14

settembre 2011, n. 148, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica.

La citata normativa mirava a restringere ulteriormente, rispetto alle indicazioni fornite

dal Legislatore Comunitario, le ipotesi di affidamento diretto nella gestione dei servizi

267 l’art. 25 della l. 24 marzo 2012, n. 27, introduce l’art.34 ter, alla legge 14 settembre 2011,n. 148 268 art. 25 co. 2, l. 24 marzo 2012, n. 27, introduce l’art. 5 bis, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. 269 C. Cost. 20 luglio 2012, n. 199.

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pubblici locali di rilevanza economica270, nel tentativo di fornire in questo modo una più

efficace apertura al mercato del settore.

I rilievi formulati dalla Corte Costituzionale, si incentrano, in particolare, sulla

considerazione per cui la normativa in esame, contiene una disciplina dei s.p.l., che

andando a limitare i casi di affidamento in house, si caratterizza per la medesima ratio

ispiratrice di quella abrogata e per giunta risulta, anche da un punto di vista letterale,

riproduttiva, della disciplina contenuta nell’abrogato art. 23-bis.

Secondo la Consulta, la disposizione in oggetto risulta essere assunta in violazione del

divieto di ripristino della normativa abrogata, da parte del corpo elettorale.

La sentenza della Corte Costituzionale, sconvolge dunque il quadro normativo, di

riferimento in materia di servizi pubblici di trasporto pubblico locale, messo già peraltro

a dura prova dall’esito referendario, facendo riemergere la disciplina speciale, nonché la

normativa comunitaria relativa alle modalità di affidamento di servizi pubblici di

rilevanza economica.

Torna dunque ad assumere un rilievo determinante nell’ambito della disciplina dei

servizi di t.p.l. il Decreto Burlando, che aveva introdotto la gara come unico strumento,

per l’individuazione del soggetto affidatario del servizio, salva l’individuazione di un

periodo transitorio entro il quale avrebbero dovuto cessare gli affidamenti diretti.

Viene poi meno dell’obbligo, previsto in capo ai Comuni, di procedere all’analisi della

gestione concorrenziale nonché di adottare la delibera quadro e l’eventuale parere

dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Cadono le disposizioni, contenute nella normativa abrogata, che stabilivano e

regolamentavano un periodo transitorio per la scadenza obbligatoria degli affidamenti

diretti non conformi alla norma stessa271.

Parimenti viene eliminata la deroga legislativa che prevedeva l’obbligo di fusione entro

il 31 dicembre 2012, fra le preesistenti gestioni dirette o in economia, in modo da

potersi configurare un unico gestore di servizio a livello d’ambito o di bacino territoriale

ottimale.

270 Risultavano espressamente escluse dall’applicazione dell’art. 4 del d.l. 13 agosto 2001, n. 138, per espressa previsione del Legislatore, le discipline inerenti la distribuzione del gas, la distribuzione di energia elettrica, il settore idrico e la gestione delle farmacie comunali.271 Art. 4. co. 32, d.l. 13 agosto 2011, n. 138 “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”

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Con riferimento alle gestioni esistenti rimarranno attivi gli affidamenti diretti, effettuati

a società, pubbliche che soddisfino i requisiti individuati dalla giurisprudenza

comunitaria.272

Viene inoltre meno l’obbligo per i Comuni, di ridurre le proprie partecipazioni secondo

tempi e modalità prestabilite, per poter portare a scadenza i contratti in essere273.

Le società pubbliche in house risultano dunque oggi soggette alle sole limitazioni,

indicate dalla normativa comunitaria, non rappresentando più la soglia economica, una

discriminante.

La normativa comunitaria, non solo non impone la privatizzazione dei servizi pubblici

locali - ferma restando la facoltà per le amministrazioni locali di procedere in tal senso,

individuando il soggetto affidatario, mediante procedure ad evidenza pubblica - ma

consente agli Stati membri di mantenere la gestione pubblica, non prevedendo una

soglia minima di partecipazione dei privati nelle società miste.

Risultano ancora oggi in vigore le disposizioni di cui all’articolo 3bis del d.l. 13 agosto

2011, n. 138, relative agli ambiti o bacini territoriali ottimali, ai criteri di organizzazione

dei servizi pubblici locali, oltre alle indicazioni normative in materia di vincoli e limiti

per le società in house su personale, acquisti di beni e servizi.

Possiamo dunque affermare che le amministrazioni locali possono oggi procedere

all’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, mediante gara ad evidenza

pubblica, o in alternativa con società mista, attraverso la selezione del socio operativo

con gara a doppio oggetto, o infine tramite una gestione in house, conformemente ai

requisiti previsti dall’ordinamento comunitario.

272 Corte di Giustizia Europea, 13 ottobre 2005, C-458/03 Parking Brixen Gmbh contro Gemeinde Brixen, Stadtweke Brixen AG.273 L’art. 4, co. 32, lett. a), prevedeva per le società quotate in borsa di ridurre le azioni in mano pubblica, entro il 31 dicembre 2015 a non più del 30%, mentre per le società non quotate indicava specifiche scadenze.

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CONCLUSIONI

Il settore dei trasporti pubblici locali (T.P.L.) costituisce un segmento

estremamente rilevante dei servizi pubblici locali ed un’infrastruttura essenziale dei

territori.

Nell’ambito dell’evoluzione legislativa, che ha segnato il settore trasporto

pubblico locale, devono individuarsi almeno cinque tappe fondamentali.

In una prima fase, riconducibile agli inizi del ‘900, il trasporto pubblico locale

si caratterizzò per un penetrante intervento Statale, contraddistinto da logiche

monopolistiche e protezionistiche.

La presenza nella produzione dei servizi pubblici di condizioni di monopolio

naturale, di esternalità positive e negative, oltre a ragioni di equità e di tutela delle

classi sociali più deboli, determinarono la scelta dell’intervento diretto da parte dello

Stato, mediante aziende pubbliche, operanti in regime di monopolio.

La diffusione di economie di scala, in gran parte dei servizi pubblici locali,

costituì la ragione fondamentale di una serie di interventi normativi diretti

all’affermazione di modelli di gestione monopolistica. D’altronde, economie di scala

non avrebbero potuto realizzarsi se nel mercato fossero andate ad operare più imprese.

La tutela degli interessi generali della collettività, che rappresentò un altro

elemento determinante nella scelta di un assetto monopolistico del settore, portò lo Stato

all’adozione di una serie di provvedimenti che imponevano all’impresa pubblica

affidataria del servizio livelli minimi di diffusione sul territorio, adeguati livelli di

qualità nell’offerta, definizione e controllo delle tariffe.

Una seconda tappa fondamentale nell’evoluzione dei servizi pubblici di trasporto

locale si connota per un netto ridimensionamento dell’intervento Statale oltre che per la

definizione di nuovi ambiti, finalità e strumenti di regolamentazione pubblica.

A partire dalla prima metà del ‘900 iniziò a mutare gradualmente il ruolo dello

Stato, che si allontanò da forme di gestione diretta, limitandosi a funzioni di tipo

regolatorio. Tale fenomeno si intensificò intorno agli anni settanta, in cui si assistette ad

una serie di provvedimenti normativi, ispirati al decentramento di gran parte delle

funzioni amministrative alle Regioni.

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La revisione dei tradizionali modelli di regolamentazione dei servizi pubblici

sorse dalla constatazione del fallimento dell’intervento Statale nel mercato, sia nei casi

di gestione diretta dei servizi, sia nell’ipotesi di affidamento in concessione ad imprese

terze.

A partire dagli anni ottanta, in quella che individuiamo come terza tappa

fondamentale nella disciplina del t.p.l., trovarono affermazione nuove teorie e paradigmi

economici, che per la prima volta andarono ad ipotizzare l’introduzione di un regime

concorrenziale nell’ambito dei servizi di pubblica utilità.

Le ragioni dell’apertura del settore al mercato vanno ricercate nei profondi

mutamenti intervenuti a seguito dell’evoluzione delle condizioni tecnologiche

produttive delle imprese operanti nel settore, nonché allo sviluppo dei mercati e della

domanda di servizi pubblici.

L’influenza esercitata dalle politiche comunitarie sulla legislazione interna

intorno agli anni ‘90 (che segna la quarta tappa fondamentale nella disciplina del t.p.l.),

completò definitivamente l’opera di smantellamento delle gestioni pubbliche.

Si assiste in questa fase ad una nuova concezione di regolamentazione pubblica,

che per la prima volta si pone come obiettivo il raggiungimento di un equilibrio tra

istanze tra loro contrapposte quali, quelle di efficienza allocativa e di benessere della

collettività da un lato e di efficienza produttiva ed economica delle imprese operanti nel

settore dall’altra.

Tale tendenza nella regolazione dei servizi di trasporto pubblico locale ha

assunto connotati sempre più marcati con l’approvazione del regolamento CEE

1370/2007, che oltre a segnare la quinta tappa fondamentale nell’ambito della

disciplina dei servizi di t.p.l., ha determinato a livello nazionale l’incremento dei

processi di esternalizzazione delle funzioni e dei servizi, originariamente riservati alle

Amministrazioni Locali.

Il quadro normativo nazionale che ne scaturisce risulta spesso frammentario e

talvolta contraddittorio, lasciando ancora aperti numerosi profili relativi ai modelli

gestione dei servizi di t.p.l.

Ripercorrendo le tappe che hanno connotato il settore, deve segnalarsi come in

Italia lo sviluppo dei trasporti pubblici locali abbia avuto luogo a partire dall’inizio del

‘900, favorito da una legislazione speciale che ne ha affermato la natura di servizio

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pubblico e ne ha riservato l’organizzazione e l’erogazione a soggetti di diritto pubblico,

per lo più aziende municipalizzate, costituite al fine specifico di sviluppare un’attività

non sempre remunerativa, che avrebbe subito inevitabili rallentamenti nel proprio

sviluppo se non avesse ricevuto un determinante investimento capitale pubblico.

L’intervento dello Stato risultava, infatti, inizialmente mirato a garantire una

serie di elementi fondamentali, non altrimenti ottenibili attraverso la mera dinamica dei

mercati: la provvista di capitali necessari all’avvio delle attività; l’accesso a tecnologie

innovative; la diffusione di servizi di linea per agevolare lo sviluppo socio-economico

dei territori; il controllo dei prezzi di erogazione dei servizi; il perseguimento di altre

finalità sociali di servizio pubblico attraverso un modello di gestione para-privatistico

quale quello dell’azienda pubblica (provvista di autonomia patrimoniale, gestionale e

contabile, sebbene sottoposta ad uno stringente controllo amministrativo degli enti

territoriali di riferimento); il coinvolgimento e la responsabilità degli enti territoriali.

La legge Giolitti sulla municipalizzazione dei servizi (L. 29 marzo 1903, n.

103), disciplinò per la prima volta le modalità di assunzione diretta dei pubblici servizi

da parte dei Comuni.

La citata normativa rappresentò un provvedimento di indubbia rilevanza, che

fornì risposte concrete alle istanze di regolazione di un mercato, connotato in buona

parte da gestioni di tipo monopolistico.

L’ipotesi della municipalizzazione dei servizi pubblici prese forma e divenne un

problema impellente nel momento in cui un numero sempre crescente di Comuni

procedette alla costituzione di aziende municipalizzate e al riscatto di concessioni da

imprese private. La finalità di siffatte determinazioni fu quello di finanziare le casse

Comunali con le rendite provenienti dalla gestione dei servizi pubblici locali.

Il progetto di municipalizzazione dei servizi pubblici incontrò non poche

resistenze, provenienti in gran parte dal mondo industriale, ostile a rinunciare ai

privilegi connessi ad una gestione monopolistica di interi segmenti dell’economia.

In ogni caso l’ipotesi di municipalizzazione dei servizi prevalse, spinta anche

una forte esigenza di ammodernamento, che scaturiva dal processo di

industrializzazione che stava attraversando il Paese.

La municipalizzazione venne ritenuta lo strumento maggiormente idoneo a

sottrarre ai privati la gestione dei servizi pubblici locali. Scelta che, se da un lato mirava

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a preservare le reti e gli impianti pubblici, si scontrava inevitabilmente con gli ingenti

costi di gestione che avrebbero dovuto sopportare le amministrazioni statali, con

conseguente maggior onere economico a carico degli utenti finali e della fiscalità

generale.

La legge Giolitti venne adottata anche per rispondere alle esigenze di

regolazione dei monopoli naturali, all’epoca del tutto assente. Lo Stato con una scelta

forse un po’ radicale, divenne proprietario e assunse direttamente la gestione del

servizio.

A livello istituzionale, la proprietà, la gestione e la regolazione dei servizi

pubblici locali divennero prerogative di esclusiva spettanza dello Stato. Ne scaturì un

complesso un sistema decisionale, caratterizzato da frequenti confusioni e

sovrapposizioni dei ruoli. Anche le aziende municipalizzate risentirono della loro natura

marcatamente pubblicistica, risultando in buona sostanza unità produttivo-operative

degli Enti Locali.

Nell’ottica delle municipalizzazioni, l’intervento dello Stato come operatore

privato nell’economia, sorse dalla convinzione che la gestione diretta rappresentasse la

scelta più idonea a garantire la funzionalità e l’efficienza dei servizi pubblici locali.

In tale contesto la legge Giolitti riconosceva ai Comuni la facoltà di assumere

la gestione diretta dei servizi pubblici, tramite l'istituzione di aziende speciali,

riservando ai medesimi anche la facoltà di procedere alla valutazione della convenienza

economica della gestione diretta dei servizi pubblici.

La gestione diretta poteva svolgersi in economia o con la costituzione di aziende

speciali. La municipalizzazione dei servizi pubblici locali, necessitava di una delibera

del Consiglio Comunale ed era soggetta al controllo di merito del comitato regionale di

controllo.

Le aziende speciali erano titolari della capacità di compiere tutti i negozi

giuridici necessari per il raggiungimento del loro fine e di stare in giudizio per le azioni

che ne conseguivano. Pur facendo parte dell’organizzazione del Comune, non avevano

personalità giuridica, con conseguente responsabilità del Comune per eventuali

passività.

Gli utili netti dell'azienda, accertati dal conto approvato e detratto quanto si

riteneva di destinare al miglioramento ed allo sviluppo dell’azienda stessa, erano

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devoluti al bilancio Comunale nei modi e nei tempi stabiliti dai regolamenti speciali

delle singole aziende.

Per far fronte alle perdite il Legislatore aveva previsto l’istituzione di un fondo

di riserva che qualora fosse risultato non sufficiente, sarebbe stato integrato da appositi

stanziamenti nella parte straordinaria della spesa del bilancio comunale.

Le municipalizzazioni conobbero il loro massimo sviluppo sino al primo

conflitto mondiale. Gli effetti che produssero a livello economico, sono nel loro

complesso da valutarsi in questa prima fase positivamente, considerato che oltre a

segnare l’epilogo del monopolio industriale privato, favorirono un rapido sviluppo delle

infrastrutture e dei servizi, a sostegno della crescita industriale e demografica.

Successivamente al primo conflitto mondiale le aziende municipalizzate,

cominciano ad essere oggetto di un primo ripensamento da parte del Legislatore, che

consapevole dell’inefficienza e degli elevati costi di gestione, fece un passo indietro

nella gestione diretta dei servizi pubblici di rilevanza economica, andando gradualmente

ad assumere funzioni di regolazione e di controllo.

Dai tipici modelli di assunzione diretta dei servizi, da parte

dell’Amministrazione, mediante l’istituzione di aziende municipalizzate, si assistette

all’affermarsi di modelli di concessione a terzi dei servizi di trasporto pubblico a terzi

concessionari.

Lo strumento della concessione, disciplinato dalla legge 28 settembre 1939, n,

822, costituì la più antica forma di affidamento dei servizi di trasporto pubblico. La

concessione conteneva l’indicazione dei criteri e delle regole cui il soggetto affidatario

deve attenersi nell’erogazione del servizio

Da strumento per finanziare le casse dei Comuni, la municipalizzazione si rivelò

un onere non sostenibile per gli Enti locali.

A partire dal secondo dopoguerra, dopo una prima fase di ripresa e di sviluppo,

emersero nitidamente i limiti connessi alla municipalizzazione, che di fatto divenne un

ostacolo all’introduzione di criteri efficienza e dell’ economicità nel settore dei servizi

pubblici locali.

I dati negativi, che emersero a seguito della municipalizzazione dei servizi,

furono la crescita incontrollata dei costi e dei disavanzi associata ad insufficienti

risultati qualitativi e di efficienza.

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La condizione dei servizi pubblici locali divenne oltremodo critica alla fine degli

anni sessanta del secolo corso. In quell’epoca si verificarono una serie di avvenimenti,

che avranno un grosso impatto da un punto di vista economico sul trasporto pubblico

locale, tra cui la crisi petrolifera, la realizzazione delle regioni a statuto ordinario, a cui

verrà affidata la gestione del settore del trasporto pubblico locale, nonché una forte

spinta inflazionistica che va ad interessare quasi tutti i paesi occidentali ed in

particolare l’Italia.

Un provvedimento normativo di assoluta rilevanza, adottato nella direzione del

decentramento, è rappresentato dal d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 5, con cui venne disposto

il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in

materie di tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale.

Si incominciò in quel contesto storico, a farsi sempre più penetrante la

problematica connessa alla sostenibilità delle gestioni dei servizi di trasporto pubblico

locale da parte degli Enti locali.

La problematica divenne di tale rilevanza che si rese necessaria l’adozione di

due provvedimenti straordinari diretti rispettivamente al consolidamento dei disavanzi

(Legge 62/1977), e al pareggio di bilancio (Legge 43/1978) degli Enti Locali.

Anche le aziende municipalizzate, in ragione degli elevati deficit di bilancio,

furono sottoposte ad una disciplina assai restrittiva (obbligo di pareggio di bilancio,

limiti alla crescita dei costi, blocco delle assunzioni di personale, divieto di

contrattazione sindacale aziendale), che portò addirittura al divieto di costituire nuove

aziende.

La normativa sopra richiamata, se da un lato ebbe senz’altro il pregio di risanare

i bilanci delle aziende municipalizzate, introducendo criteri di efficienza nel settore

(riduzione dei costi), dall’altro introdusse elementi di rigidità (pareggio di bilancio) che

di certo non giovarono all’esercizio della gestione.

Ad un ulteriore segnale di riforma del settore si assiste intorno agli anni ottanta,

quando il Legislatore nazionale si pone l’obiettivo di sanare il continuo aumento del

disavanzo di bilancio delle imprese aggiudicatrici di servizi pubblici, determinato dagli

eccessivi costi di gestione e dalla inefficienza delle aziende che operavano nel settore.

Con l’adozione della legge 10 aprile 1981 n. 151 si procede ad una riforma

organica del settore del trasporto pubblico locale.

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La normativa individuava i principi fondamentali cui le Regioni a statuto

ordinario erano (e sono) chiamate ad attenersi nell’esercizio della propria potestà

legislativa ed amministrativa in tema di trasporti pubblici locali.

In tale ambito, si procedette all’introduzione di criteri di efficienza nel comparto

del trasporto pubblico locale, mediante la previsione di nuove modalità di erogazione

dei sussidi statali, fondate non più sulla media dei costi storici (che non potevano

ovviamente costituire parametri su cui fondare modelli di efficienza), ma sulla qualità

del servizio offerto.

Le Regioni divennero titolari di funzioni di programmazione e di finanziamento

dei servizi di trasporto pubblico locale. I contributi erogati dalla Regione sono volti a

conseguire, a differenza delle gestioni pregresse, l’equilibrio economico dei bilanci dei

servizi di trasporto.

Negli anni ottanta del secolo scorso un altro dato che segnò un radicale

mutamento nella gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica fu l’approvazione

del D.p.r . 902/1986, recante il nuovo regolamento delle aziende pubbliche locali, in

cui, per la prima volta, le aziende speciali vengono regolate sulla base di processi tipici

dell’impresa privata.

La novità più significativa in tal senso è senz’altro rappresentata dal passaggio

dalla contabilità finanziaria, tipica degli enti pubblici, a quella economica, propria

dell’impresa. Tale passaggio risultò fondamentale per mutare radicalmente rispetto al

passato le modalità di gestione ed il ruolo delle Aziende nei confronti degli Enti Locali.

A partire dagli anni novanta, nel tentativo di introdurre criteri di efficienza nella

gestione del t.p.l., anche in considerazione delle pressioni provenienti dalla normativa

comunitaria - nel senso della liberalizzazione, della privatizzazione e della regolazione a

tutela della concorrenza - si cominciò a far strada la convinzione della necessità di una

riforma del settore, che si basasse sul ricorso al mercato e sull’apertura delle gestioni ad

un regime di concorrenza, in un comparto, in precedenza caratterizzato da assetti

monopolistici e da una presenza assai preponderante dell’operatore pubblico.

Punto di svolta nella disciplina dei servizi pubblici locali è segnato, a livello

comunitario, dall’approvazione del regolamento CEE 1893/1991, che andando a

modificare il precedente regolamento n 1191/69, va a sopprimere gli obblighi inerenti

alla nozione di servizio pubblico (da intendersi come gli obblighi che l’impresa di

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trasporto, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o

assumerebbe solo a condizioni diverse).

Negli obblighi di servizio pubblico il Legislatore comunitario ricomprendeva

l’obbligo di esercizio, l’obbligo di trasporto e l’obbligo tariffario.

La nuova disciplina comunitaria prevede che le amministrazioni competenti

possono, tuttavia, mantenere o imporre ai soggetti erogatori del servizio gli obblighi di

servizio pubblico, a condizione che tra le amministrazioni e i soggetti erogatori venga

concluso un contratto di servizio pubblico avente lo scopo di garantire servizi di

trasporto sufficienti, tenendo conto dei fattori sociali, ambientali e di assetto del

territorio.

La normativa contenuta nel regolamento 1191/69, venne recepita dal Legislatore

nazionale con il così detto Decreto Burlando (d.lgs. 422/1997), che affidò alle Regioni,

sulla base di parametri direttamente previsti dalla legge, il compito di stabilire i servizi

minimi, qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di

mobilità dei cittadini, i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni stesse.

L’incidenza della normativa comunitaria nell’opera di smantellamento delle

gestioni pubbliche dei servizi pubblici risulta quanto modo evidente. Ciò che comporta

costi non recuperabili, e dunque incrementi di deficit di finanza pubblica, deve essere

ricondotto sotto controllo e tendenzialmente eliminato.

Non a caso cominciano ad essere introdotte a livello di normativa nazionale di

settore disposizioni volte al contenimento dei costi (efficienza gestionale)

all’introduzione di procedure ad di evidenza pubblica per l’individuazione del soggetto

affidatario.

Con il Decreto Burlando, la gara viene individuata come l’unico strumento, per la

scelta del gestore. L’obiettivo della disciplina risultava oltremodo evidente: stimolare il

soggetto affidatario del servizio ad incrementare i propri ricavi attraverso una

governance, ispirata a principi di economicità e di efficienza.

Si voleva in buona sostanza ricondurre la gestione del servizio pubblico

nell’ambito di logiche di mercato, ispirate a criteri di tipo concorrenziale, riducendo al

minimo gli interventi di supporto finanziario da parte dell’ente pubblico

Vengono disciplinate in particolare le modalità di conferimento alle Regioni e

agli Enti locali, dei servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale, con

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qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati e vengono fissati i criteri di

organizzazione dei servizi medesimi.

La gara diviene l’unico strumento, cui ricorrere per l’individuazione del gestore,

con conseguente divieto di affidamenti diretti da parte degli enti pubblici.

La gestione del servizio pubblico viene ricondotta nell’ambito di logiche di

mercato, ispirate a criteri di tipo concorrenziale, riducendo al minimo gli interventi di

supporto finanziario da parte dell’Ente pubblico.

La ratio sottesa all’individuazione della gara come strumento per procedere alla

scelta dell’affidatario del servizio, è da identificarsi nella circostanza per cui con le

procedure di evidenza pubblica si dovrebbe assicurare la par condicio dei partecipanti e

il divieto di forme di aiuto non economico degli Stati ai loro ‘campioni’.

L’apertura al mercato del trasporto pubblico locale, o meglio all’equilibrio

tendenziale di gestione, dovrebbe comportare una riduzione degli oneri di finanza

pubblico, qui intesi come fattore di distorsione del mercato

Con il del decreto Burlando venne superata ogni interferenza in materia

gestionale da parte dell'Ente locale. A quest’ultimo venne assegnato il compito di

individuare le procedure che avrebbero portato alla scelta del gestore del servizio e di

procedere alla regolazione dei rapporti con quest’ultimo mediante la conclusione di

contratti di servizio.

Nonostante l’obbligo di ricorrere a procedure di evidenza pubblica per la scelta

dell’affidatario del servizio, sia stata introdotta dal Decreto Burlando e riconfermata da

successivi interventi normativi, oggi le gare effettivamente bandite per i servizi di t.p.l.

sono di fatto molto poche.

Ciò costituisce prova inconfutabile che gli interventi normativi, susseguitisi sino

ad oggi, non sono risultati incisivi nell’indirizzare il comparto verso un’effettiva

apertura alla concorrenza.

Una possibile spiegazione dell’insuccesso dell’intervento normativo in materia

di t.p.l., può essere individuata nella circostanza per cui il passaggio da un modello di

gestione del servizio pubblico, fondato sull’in house, ad un sistema caratterizzato dal

ricorso a procedure ad evidenza pubblica per l'individuazione dell’affidatario del

servizio, necessita di una riforma radicale del mercato di riferimento.

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Accanto agli elementi di criticità specifica del settore (necessità di

patrimonializzazione delle aziende, di investimento e rinnovamento del parco mezzi, di

riduzione del costo del personale, di revisione delle attività che non consentono

recupero dei costi, di miglioramento della qualità del servizio, ecc.) si sono manifestati

dei problemi nuovi, connessi all’evoluzione del mercato europeo e ai conseguenti

adeguamenti normativi.

A livello comunitario l’introduzione del Regolamento del Parlamento europeo e del

Consiglio (CE) 1370/2007 si pone l’obiettivo di promuovere la concorrenza nel

trasporto pubblico di persone. Secondo le previsioni contenute nel regolamento sopra

citato, l’Amministrazione pubblica di uno Stato membro, se da un lato può procedere

all’aggiudicazione di un contratto di servizio mediante gara ad evidenza pubblica

dall’altro, se non espressamente vietato dal Legislatore nazionale, può fornire essa

stessa il servizio, o aggiudicare direttamente contratti di servizio pubblico ad un

soggetto giuridicamente distinto, su cui la predetta Autorità deve esercitare un controllo

analogo a quello esercitato sulle proprie strutture.

Il Legislatore nazionale, recependo l’indirizzo del Legislatore comunitario ha

contribuito a fornire al t.p.l. una configurazione di tipo concorrenziale, che ha segnato

un passaggio, da forme di gestione marcatamente pubblicistiche, a modelli di apertura

del settore alla libera concorrenza.

L’attuale tendenza nella gestione dei servizi di trasporto pubblico locale, sembra

dunque andare nella direzione di un incremento dei processi di esternalizzazione delle

funzioni e dei servizi, originariamente svolti in economia dalle Amministrazioni Locali.

Ciò rientra nell’obiettivo perseguito dal Legislatore nazionale nell’ambito di un più

ampio progetto di riforma, volto ad una razionalizzazione complessiva della spesa

pubblica.

D’altronde gli oneri erano diventati insostenibili per dimensione dei servizi

rispetto ai fabbisogni e per investimenti richiesti da innovazione tecnologica, oltre che

per il progressivo affermarsi del trasporto urbano privato.

Se ciò risponde al vero, nella misura in cui i provvedimenti normativi

susseguitisi incessantemente sino ad oggi hanno indicato nella procedura ad evidenza

pubblica la regola generale per procedere all’affidamento dei servizi di t.pl., il dato pare

essere parzialmente contraddetto, nella misura in cui la normativa ha introdotto una

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serie di eccezioni, prevedendo la possibilità di un affidamento in house, alternativo alla

regola generale dell’evidenza pubblica, ovviamente nel rispetto dei principi elaborati

dalla giurisprudenza comunitaria.

Ne costituisce un chiaro esempio l’art. 23-bis, inserito nel d.l. 25 giugno 2008, n.

112, dalla legge di conversione 133/2008 che con riferimento ai servizi pubblici locali

di rilevanza economica generale, tra cui rientrano per espressa previsione del

Legislatore i trasporti, dispone che il normale affidamento debba avvenire mediante

gara.

La facoltà di deroga all’ordinario ricorso alla gara, è ammessa solo nel caso in

cui le caratteristiche economiche, sociali, morfologiche ed ambientali del contesto

territoriale in cui si svolgerà l’attività in questione non permettano un efficace ricorso al

mercato, nel rispetto sempre dei principi comunitari di accessibilità, universalità ed

adeguato livello del servizio.

Si assiste in questa fase ad una radicale rottura rispetto al passato delle modalità

di regolazione dei servizi di trasporto pubblico locale. Non sempre è possibile ricorso al

mercato, ma è da preferire il mercato quando è possibile: una netta inversione della

logica amministrativa precedente, che mirava a sostituirsi agli operatori privati.

La scelta del Legislatore italiano nell’ambito del potere discrezionale

attribuitogli dal Legislatore comunitario, è stata dunque quella di prevedere la gestione

diretta dei servizi pubblici locali come deroga al principio generale della necessità del

ricorso alla gara per l’affidamento di servizi pubblici di rilevanza economica.

Tale indicazione è il segnale evidente che l’interesse pubblico ad un sistema di

trasporto pubblico efficiente ed economicamente sostenibile possa essere soddisfatto in

via generale solo con procedure ad evidenza pubblica, che assicurino standard

qualitativi minimi e precisi obblighi di servizio pubblico in capo al soggetto affidatario.

Le possibilità di procedere all’esercizio diretto del servizio, vengono limitate al

ricorrere di ipotesi eccezionali, in presenza delle quali è possibile derogare al principio

generale, di matrice comunitaria, di affidamento del servizio stesso mediante gara

pubblica.

La normativa nazionale contiene una disciplina molto più restrittiva rispetto a

quella dettata dal Legislatore comunitario, in relazione alle ipotesi di affidamento diretto

del servizio.

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Ciò costituisce segnale evidente della volontà del Legislatore nazionale di

introdurre elementi di concorrenzialità in un settore di fatto caratterizzato dall’abuso di

affidamenti diretti.

L’art. 23 bis oltre a dare una forte scossa al sistema dei servizi pubblici locali in

senso pro concorrenziale, ebbe senz’altro il pregio, nell’ottica di un’effettiva apertura

dei servizi pubblici al mercato, di porre dei paletti al ricorso da parte delle

Amministrazioni pubbliche alle gestione in house.

In realtà ciò che stupisce non poco sono le motivazioni sottese al quesito

referendario, avente ad oggetto l’abrogazione dell’art. 23-bis. Queste sono infatti da

individuarsi, nell’intento di escludere l’applicazione delle norme, contenute nell’art. 23-

bis, che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e in

particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici di rilevanza

economica.

E’ evidente che secondo un’opinione assai diffusa nel Paese l’apertura dei

servizi pubblici al mercato e alle regole della concorrenza determinerebbe una

limitazione all’esercizio delle prerogative Statali sul settore.

Confermando tale indirizzo il referendum del 12 e 13 giugno 2011 ha

determinato l’abrogazione l’art. 23 bis, con conseguente soppressione dell’intero

quadro normativo di riferimento, relativo alle procedure di affidamento dei servizi

pubblici di rilevanza economica ed in particolare l’individuazione della gara, come

regola generale di affidamento del servizio.

D’altronde, l’evoluzione normativa nel settore dei servizi pubblici locali,

sorgeva dalla constatazione che la chiusura alle regole di mercato, avesse comportato

soltanto inefficienze e disavanzi di gestione, oltre ad oneri finanziari non sostenibili per

lo Stato.

All’esito del referendum, l’evoluzione legislativa del settore sembrava del tutto

vanificata.

Di fronte ad un vuoto normativo, assai destabilizzante per il settore dei servizi

pubblici, il Legislatore è intervenuto con una normativa, rivelatasi sostanzialmente

ripristinatoria di quella oggetto di abrogazione referendaria.

Il riferimento è al decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, con cui il Legislatore

mirava a restringere ulteriormente, rispetto alle indicazioni fornite dal Legislatore

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Comunitario, le ipotesi di affidamento diretto nella gestione dei servizi pubblici locali di

rilevanza economica.

Tuttavia la Consulta con una recentissima sentenza, ne ha dichiarato

l’illegittimità, sostenendo che la disposizione in oggetto risulta essere assunta in

violazione del divieto di ripristino della normativa abrogata, da parte del corpo

elettorale, riportando nuovamente indietro le lancette dell’orologio nella disciplina del

t.p.l., al Decreto Burlando e alla normativa comunitaria di riferimento

Le censure formulate dalla Corte Costituzionale, si incentrano, in particolare,

sulla considerazione per cui la normativa in esame, contiene una disciplina dei s.p.l., che

andando a limitare i casi di affidamento in house, si caratterizza per la medesima ratio

ispiratrice di quella abrogata e per giunta risulta, anche da un punto di vista letterale,

riproduttiva, della disciplina contenuta nell’abrogato art. 23-bis.

La norma sottoposta all’esame della Corte risulta essere assunta in violazione

del divieto di ripristino della normativa abrogata, da parte del corpo elettorale, principio

peraltro ampliamente confermato da copiosa giurisprudenza costituzionale.

Viene dunque sconvolto il quadro normativo, di riferimento in materia di servizi

pubblici di trasporto pubblico locale, messo già peraltro a dura prova dall’esito

referendario, facendo riemergere la disciplina speciale, nonché la normativa comunitaria

relativa alle modalità di affidamento di sevizi pubblici di rilevanza economica.

Torna dunque ad assumere un rilievo determinante nell’ambito della disciplina

dei servizi di t.p.l. il Decreto Burlando, che come ricordato in precedenza aveva

individuato nella gara l’unico strumento per l’individuazione del soggetto affidatario

del servizio.

Il quadro normativo che emerge, dalla disamina della disciplina del t.p.l., risulta

assai complesso, talvolta contraddittorio, caratterizzato da una continua sovrapposizione

tra normativa generale e normativa settoriale, sia nazionale che comunitaria, che

ingenera non pochi dubbi interpretativi agli addetti ai lavori.

Conseguenza però ancor più grave è quella di porre in secondo piano,

ritardandolo ingiustificatamente, il processo di liberalizzazione del settore indicato dal

Legislatore nazionale e da quello comunitario. A ciò si aggiunga che sistema del t.p.l.

sconta una carenza di risorse destinate al settore, di cui sono prova i pesanti tagli alla

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spesa effettuati di recente del Legislatore, a causa del perdurare della gravi crisi

economica che investe il Paese.

Per indirizzare il t.p.l, verso criteri di efficienza si renderebbe necessaria la

predisposizione di politiche di accompagnamento all’apertura del mercato alla

concorrenza, con l’introduzione di strumenti finalizzati alla ristrutturazione e alla

riorganizzazione delle aziende erogatrici del servizio.

Parimenti risulterebbe decisiva l’individuazione di un orizzonte temporale ben

definito, per procedere all’erogazione di risorse pubbliche da attribuire al t.p.l.. Ciò

risulterebbe determinante al fine di consentire alle aziende operanti nel settore di poter

procedere alla programmazione delle proprie politiche di mercato nonché delle strategie

di mercato da adottare.

Sul piano degli investimenti non vi è dubbio che si renderebbero necessarie

maggiori risorse “dedicate”, seguendo le indicazioni dell’ultima spending review.

In particolare andrebbero attivate una serie di risorse volte a favorire, da un lato

uno sviluppo del mercato in senso concorrenziale, dall’altro un piano di investimenti per

il potenziamento delle infrastrutture e per la diffusione delle nuove tecnologie nel

settore.

Dall'analisi storico-evolutiva emerge un quadro frammentario, ma ispirato ad un

unitario indirizzo di interesse pubblico.

Le norme europee introducono elementi diversi, costituiti dal divieto di aiuti di

stato, da una separazione tra servizi pubblici e servizi da mettere su mercato, dalla

conseguente necessità di procedure di evidenza pubblica per servizi pubblici, dai limiti

di gestioni deficitarie.

Di qui un nuovo quadro ordinamentale che cerca coerenza con norme e modelli

organizzativi precedenti, ormai profondamente radicati nel sistema e nel mercato.

Considerato che l’orizzonte regolatorio del t.p.l., è dato dalla disciplina

comunitaria di riferimento e dal Decreto Burlando, si rende necessario a livello locale

l’adozione di formule gestionali idonee ad assicurare autonomia organizzativa,

responsabilità degli amministratori e un efficace sistema di controlli esterni.

Si tratta di una sfida di non poco conto, che prendendo le mosse dai territori,

proceda ad una riorganizzazione dei servizi erogati alle collettività locali, consentendo

un contemperamento tra l’interesse pubblico all’universalità e alla socialità del servizio,

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e l’economicità della sua produzione, con evidente beneficio per i destinatari finali del

servizio.

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