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L’ECOLOGIA L’ ecologia (dal greco oikos=casa e logos=discorso, trattazione, studio), come conoscenza dell’ambiente naturale, ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, sin dalle società primitive. Le conquiste tecnologiche ci fanno sentire sempre meno dipendenti dall’ambiente naturale per le nostre necessità quotidiane ma l’energia, i materiali, i processi fondamentali di mantenimento della vita come i cicli dell’acqua e dell’aria si basano, oggi come sempre, su equilibri degli ambienti naturali. L’ecologia, come tutte le scienze, ha conosciuto uno sviluppo graduale, anche se discontinuo. Aristotele, Ippocrate, Plutarco sono solo alcuni tra i filosofi greci che si sono occupati di temi ecologici. Il termine Ecologia è però, molto recente: il primo a proporlo, su basi scientifiche, è stato un biologo tedesco, Ernst Haeckel, nel 1869. La prima drastica distinzione effettuata tra Ecologia Animale ed Ecologia Vegetale è stata superata negli anni, grazie agli studi effettuati sulle comunità biologiche, sulle catene alimentari, sulle reti trofiche. Questi studi hanno contribuito a stabilire le basi teoriche dell’Ecologia Generale. Prima degli anni 70 l’Ecologia era considerata una branca della Biologia. Oggi, nonostante le sue radici fondamentali siano ancora, ovviamente, da ricercarsi nella Biologia, l’Ecologia viene riconosciuta come una nuova disciplina, basata su processi chimico-fisici, biologici, sociali. L’ECOLOGIA è, secondo: HAECKEL, 1869:studio delle relazioni tra gli organismi e l’ambiente. ELTON, 1927: studio scientifico della storia naturale. ODUN, 1963: studio della struttura e della funzione. ANDREWARTA,1961: studio scientifico della distribuzione e dell’abbondanza degli organismi. KREBS, 1985: studio scientifico delle relazioni che determinano la distribuzione e l’abbondanza degli organismi (Dove? Quanti? Perché?). Per noi l’Ecologia è lo studio delle relazioni che intercorrono tra gli organismi e il loro ambiente. Le due branche in cui si suddivide l’Ecologia ne distinguono gli indirizzi: l’ AUTOECOLOGIA studia i rapporti fra l’individuo ed i fenomeni ambientali di tipo fisico energetico, mentre la SINECOLOGIA si interessa degli aggregati degli individui nei loro rapporti con altre società di specie o popolazioni differenti, rappresentando essenzialmente la sociologia biologica. I FATTORI ECOLOGICI Fattori edafici ( dal greco èdaphos, suolo) e pedologici. Fattori climatici (temperatura, precipitazioni, venti, luce). Fattori biotici (interazioni). Fattori topografici (altitudine, esposizione). agiscono su tutti gli ecosistemi, modificandone la struttura e la composizione. Luce, temperatura, acqua, ossigeno, sali minerali sono fattori ecologici importanti sulla terraferma. Luce, temperatura, salinità, pressione, ossigeno, sali minerali sono fattori ecologici importanti in ambienti acquatici. In base al grado di tolleranza, una serie di termini che usano il prefisso steno—, nel significato di “strettoed euri—, nel significato di “ampio” , sono divenuti usuali in ecologia: stenotermo euritermo (temperatura) stenoidrico euriidrico (acqua) stenoalino eurialino (salinità) stenofago eurifago (cibo) stenobato euribato (pressione) stenoecio euriecio (habitat) In una specie stenoecia (in questo caso stenoterma) il minimo, l’optimum e il massimo sono molto vicini. Quindi, un modesto cambiamento di temperatura (che per una specie euriterma avrebbe un minimo effetto) si rivela spesso critico. L’evoluzione di stretti intervalli di tolleranza potrebbe essere considerata una forma di specializzazione, che si risolve in una maggiore efficienza a spese dell’adattabilità e contribuisce ad incrementare la diversità della comunità nel suo insieme.

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L’ECOLOGIA

L’ ecologia (dal greco oikos=casa e logos=discorso, trattazione, studio), come conoscenza dell’ambiente naturale, ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, sin dalle società primitive. Le conquiste tecnologiche ci fanno sentire sempre meno dipendenti dall’ambiente naturale per le nostre necessità quotidiane ma l’energia, i materiali, i processi fondamentali di mantenimento della vita come i cicli dell’acqua e dell’aria si basano, oggi come sempre, su equilibri degli ambienti naturali. L’ecologia, come tutte le scienze, ha conosciuto uno sviluppo graduale, anche se discontinuo. Aristotele, Ippocrate, Plutarco sono solo alcuni tra i filosofi greci che si sono occupati di temi ecologici. Il termine Ecologia è però, molto recente: il primo a proporlo, su basi scientifiche, è stato un biologo tedesco, Ernst Haeckel, nel 1869. La prima drastica distinzione effettuata tra Ecologia Animale ed Ecologia Vegetale è stata superata negli anni, grazie agli studi effettuati sulle comunità biologiche, sulle catene alimentari, sulle reti trofiche. Questi studi hanno contribuito a stabilire le basi teoriche dell’Ecologia Generale. Prima degli anni 70 l’Ecologia era considerata una branca della Biologia. Oggi, nonostante le sue radici fondamentali siano ancora, ovviamente, da ricercarsi nella Biologia, l’Ecologia viene riconosciuta come una nuova disciplina, basata su processi chimico-fisici, biologici, sociali. L’ECOLOGIA è, secondo: HAECKEL, 1869:studio delle relazioni tra gli organismi e l’ambiente. ELTON, 1927: studio scientifico della storia naturale. ODUN, 1963: studio della struttura e della funzione. ANDREWARTA,1961: studio scientifico della distribuzione e dell’abbondanza degli organismi. KREBS, 1985: studio scientifico delle relazioni che determinano la distribuzione e l’abbondanza degli organismi (Dove? Quanti? Perché?). Per noi l’Ecologia è lo studio delle relazioni che intercorrono tra gli organismi e il loro ambiente. Le due branche in cui si suddivide l’Ecologia ne distinguono gli indirizzi: l’AUTOECOLOGIA studia i rapporti fra l’individuo ed i fenomeni ambientali di tipo fisico energetico, mentre la SINECOLOGIA si interessa degli

aggregati degli individui nei loro rapporti con altre società di specie o popolazioni differenti, rappresentando essenzialmente la sociologia biologica. I FATTORI ECOLOGICI Fattori edafici ( dal greco èdaphos, suolo) e pedologici. Fattori climatici (temperatura, precipitazioni, venti, luce). Fattori biotici (interazioni). Fattori topografici (altitudine, esposizione).

agiscono su tutti gli ecosistemi, modificandone la struttura e la composizione. Luce, temperatura, acqua, ossigeno, sali minerali sono fattori ecologici importanti sulla terraferma. Luce, temperatura, salinità, pressione, ossigeno, sali minerali sono fattori ecologici importanti in ambienti acquatici. In base al grado di tolleranza, una serie di termini che usano il prefisso steno—, nel significato di “stretto” ed euri—, nel significato di “ampio” , sono divenuti usuali in ecologia:

stenotermo — euritermo (temperatura)

stenoidrico — euriidrico (acqua)

stenoalino — eurialino (salinità)

stenofago — eurifago (cibo)

stenobato — euribato (pressione)

stenoecio — euriecio (habitat)

In una specie stenoecia (in questo caso stenoterma) il minimo, l’optimum e il massimo sono molto vicini.

Quindi, un modesto cambiamento di temperatura (che per una specie euriterma avrebbe un minimo effetto)

si rivela spesso critico. L’evoluzione di stretti intervalli di tolleranza potrebbe essere considerata una forma di

specializzazione, che si risolve in una maggiore efficienza a spese dell’adattabilità e contribuisce ad

incrementare la diversità della comunità nel suo insieme.

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L’HABITAT di un organismo è l’ambiente naturale in cui esso normalmente vive. Lo spazio fisico nel quale vive una biocenosi costituisce il biòtopo; l’habitat è quindi la somma dei biòtopi in cui un organismo può vivere in quanto possiede tutti i requisiti necessari alla vita dello stesso. Ogni habitat è caratterizzato dai suoi particolari aspetti fisici e chimici, e dalla struttura della vegetazione. Così, ad esempio, l’habitat dell’aquila reale sono le zone montagnose poste al di là del limite degli alberi sotto il livello delle nevi perenni, il koala vive esclusivamente nell’habitat costituito dalle foreste di eucalipto dell’Australia orientale, l’habitat del castoro di montagna è costituito da fitti boschi in prossimità dell’acqua, gli scoiattoli hanno un habitat arboreo, le talpe un habitat sotterraneo. La POPOLAZIONE è un gruppo di organismi della stessa specie (individui che possono potenzialmente

incrociarsi fra di loro producendo progenie fertile e pertanto possiedono un patrimonio genetico comune) che occupano lo stesso spazio nello stesso periodo di tempo (interagiscono fra loro nello spazio e nel tempo), condividono uno stesso ruolo funzionale (ossia una medesima nicchia ecologica) e reagiscono in modo simile allo stimolo dei fattori ambientali; formano un sistema biologico dotato di propri meccanismi di controllo. Una COMUNITA’ è un’associazione di popolazioni di specie diverse che hanno lo stesso habitat, legate tra loro, direttamente o indirettamente, attraverso una varietà di interazioni. Caratteristiche di una comunità sono la diversità biologica, vale a dire il numero delle specie che vivono in un dato habitat. Il numero di individui di ciascuna specie (abbondanza relativa) e la loro dispersione nell’habitat. Queste caratteristiche sono influenzate dall’azione combinata di vari fattori: — la piovosità, la temperatura, la composizione del suolo e altre caratteristiche geochimiche e climatiche dell’habitat; — il tipo e la quantità di cibo e di altre risorse disponibili; — gli adattamenti anatomici, fisiologici e comportamentali, grazie ai quali i componenti di una specie sono in grado di sfruttare determinate risorse; — le interazioni tra le diverse specie presenti nell’habitat. La NICCHIA ECOLOGICA di una specie non è semplicemente un luogo ma un modo di vita, un ruolo, e comprende tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche di cui la specie necessita per vivere e riprodursi (luce, anidride carbonica, ossigeno acqua e sostanze nutritive, temperatura, tipo di cibo, predatori, specie che competono per le stesse risorse). Le specie, in genere, occupano nicchie tanto più diverse quanto più diverse sono le loro abitudini alimentari e ciò perché in questo modo viene a mancare un importante fattore di competizione. Vi sono specie chiamate specialiste e altre generaliste. Le prime hanno nicchie limitate, possono vivere in un solo tipo di habitat, si nutrono di un solo tipo di cibo e sono molto sensibili alle variazioni dei fattori ambientali e climatici. Ne sono esempio il panda gigante della Cina e il koala australiano, che si alimentano esclusivamente di piante di bambù ed eucalipto rispettivamente. Sulle Alpi stenofagi sono il capriolo, la donnola, l’ermellino. I generalisti sono gli organismi che hanno nicchie ampie e grande capacità di adattamento. Sono

specie generaliste le mosche, gli scarafaggi, i ratti, gli esseri umani. Negli ambienti in cui le condizioni si mantengono costanti nel tempo, come le foreste pluviali, sono avvantaggiati gli specialisti mentre i generalisti, essendo più adattabili sono favoriti negli ambienti soggetti a repentini cambiamenti. Eurifagi alpini sono la martora, la faina, il tasso, la volpe. Talora una specie occupa, nei diversi stadi della sua vita, nicchie diverse; basti ricordare, ad esempio i numerosi stadi larvali degli insetti che si sviluppano attraverso la metamorfosi. Inoltre la stessa specie può occupare nicchie diverse in regioni diverse. Spesso un organismo riveste più di un ruolo entro la comunità. Per esempio la tartaruga azzannatrice è un predatore di giovani tartarughe acquatiche, ma è anche un saprofago: si ciba cioè, di resti di animali morti che non ha ucciso. La nicchia ecologica è visualizzata come una porzione di spazio multidimensionale o ipervolume all’interno della quale, l’ambiente permette ad un individuo o specie di sopravvivere e riprodursi. (Hutchinson). Questa formalizzazione consente di quantificare le richieste di nicchia di una specie, cioè << quantificare >> il suo ruolo nella comunità. Per meglio visualizzare il concetto si può immaginare una sfera i cui raggi costituiscono assi cartesiani rappresentativi delle caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche e comportamentali [ = dimensioni della nicchia ], essenziali per la vita e la riproduzione di una unità organismica. Unendo tra loro, rispettivamente le proiezioni dei punti che sui raggi identificano i limiti massimi e minimi di tolleranza per i fattori ambientali e le

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massime e le minime potenzialità biologiche [ ampiezza del territorio, quantità di nutrimento utilizzato ecc. ], si ottiene un teorico volume od ipervolume. EVOLUZIONE DI UN ECOSISTEMA La maggior parte degli ecosistemi si sono formati con una lunga evoluzione dovuta a processi di adattamento tra specie e clima e sono anche in grado di autoregolarsi e resistere a repentine variazioni dell'ambiente esterno. CAMBIAMENTI NEL TEMPO

Le attività umane modificano costantemente l’ambiente in cui viviamo. Ad esempio, in Olanda si è strappata terraferma al mare costruendo grandi dighe, mentre in Giappone si sono riversate in mare macerie, ottenendo in tal modo un’ampia piattaforma su cui costruire; in diverse parti del mondo grandi valli sono state colmate d’acqua per creare bacini, in Sudamerica e in Indonesia sono stati disboscati ampi settori di foreste pluviali tropicali per ricavare terreni su cui allevare bestiame o creare colture di agrumi. Anche i processi naturali modificano l’ambiente: così l’eutrofizzazione delle dei laghi, dovuta al dilavamento di ioni inorganici dalle terre circostanti, causa cambiamenti graduali nelle comunità lacustri; negli Stati Uniti, l’eruzione esplosiva del monte St. Helen, avvenuta nel 1980, ha spazzato via dal versante settentrionale del vulcano intere foreste di conifere, dall’oceano sono emerse isole vulcaniche, come le Galapagos e le Hawaii. Spesso, quando un ambiente subisce un grande cambiamento, le comunità originariamente presenti sono distrutte. Col tempo, tuttavia, nuove comunità si sviluppano là dove vivevano le precedenti. All’inizio, in queste nuove comunità predominano poche specie colonizzatrici (dette specie pioniere), costituite in genere da autotrofi. Queste prime comunità interagiscono con l’ambiente abiotico, determinando in esso dei cambiamenti. A loro volta, questi cambiamenti nell’ambiente abiotico determinano dei cambiamenti nella comunità che vi vive, e così via. Questo processo, che viene denominato successione ecologica, continua attraverso un certo numero di stadi, fino a che non viene raggiunto uno stadio finale, detto COMUNITA’ CLIMAX (o, semplicemente CLIMAX). Vi sono due tipi di successione: la successione primaria e la successione secondaria. La successione primaria è quella che si verifica ad esempio sulla nuda roccia, sulle dune di sabbia, su una colata di lava, su un’sola vulcanica che emerge dal mare o su un terreno appena abbandonato da un ghiacciaio, ossia a partire da un ambiente in cui non esisteva in precedenza alcuna comunità. La successione secondaria è invece lo svilupparsi di una nuova comunità dove una preesistente comunità è stata distrutta. Ne sono esempi le successioni che si verificano in un campo agricolo abbandonato, in un tratto di foresta in cui sono stati tagliati tutti gli alberi, in un bosco distrutto da un incendio o in una valle che ha subito un’alluvione. La successione secondaria tende a realizzarsi più rapidamente della successione primaria sia perché l’ambiente abiotico è già adatto per la crescita di piante, sia perché rimangono resti della precedente comunità, come radici e bulbi, capaci di dar luogo ad una crescita vegetativa. CATENA ALIMENTARE

In tutti gli ecosistemi naturali la fonte di energia primaria è il Sole. La maggior parte di questa energia viene persa sotto forma di calore, mentre una piccolissima parte, solo l’1% viene utilizzata dagli organismi vegetali, PRODUTTORI (AUTOTROFI), che, tramite il processo di fotosintesi clorofilliana, sono grado di

sintetizzare la materia organica partendo da sostanze inorganiche, utilizzando la luce solare come fonte di energia:

6H2O + 6CO2 → C6H12O6 + 6O2

Tutti gli altri organismi, che vengono detti CONSUMATORI (ETEROTROFI) quali gli animali erbivori

(consumatori primari) e i carnivori (consumatori secondari, terziari etc.) si nutrono di altri organismi viventi. Ciascuna di queste categorie- produttori, consumatori primari,consumatori secondari e consumatori terziari-, attraverso cui l’energia fluisce in un ecosistema, costituisce un livello trofico (“della nutrizione”. I produttori formano il primo livello trofico, quello che sta alla base di tutti gli altri, perché ricava l’energia direttamente dalla luce solare; i consumatori primari formano il secondo livello trofico; i consumatori terziari il quarto livello trofico. Due importanti categorie di organismi non sono collocabili in un ben determinato livello trofico. Una di esse comprende gli animali come il lombrico che si nutre di detriti, ossia dei resti parzialmente decomposti di animali e piante: foglie morte, radici di piante annuali, esoscheletri abbandonati dopo la muta, cadaveri, ecc. questi organismi, chiamati DETRITIVORI, sono simultaneamente consumatori primari e consumatori di ordine superiore. La seconda categoria è quella costituita dai DECOMPOSITORI. Si tratta soprattutto di

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batteri e di funghi che digeriscono i cadaveri e i prodotti di rifiuto di ogni tipo di organismi (sostanza organica: proteine, lipidi, carboidrati etc.) restituendo al terreno le sostanze inorganiche assorbite dai produttori. Le catene alimentari si dividono in:

1. catene alimentari di pascolo: piante verdi ---> erbivori (o consumatori primari) ---> carnivori (o

consumatori secondari)

2. catene alimentari di detrito: materia organica morta ---> microrganismi ---> consumatori di detriti

(detritivori) ---> loro predatori

Le catene alimentari sono numerose, in quanto diversi consumatori si nutrono di più tipi di cibo. Gli animali che appartengono a più di una catena alimentare collegano una catena all’altra formando una rete alimentare. Più questa è fitta più vi è perdita di energia. Visto che ad ogni passaggio si consuma energia è necessario un suo continuo rifornimento. Ciò è continuamente possibile grazie al Sole. In una catena alimentare naturale la quantità di energia diminuisce da un livello all’altro, ma la sua qualità, cioè la capacità di compiere un lavoro, aumenta. Le forme altamente concentrate di energia come il petrolio hanno un potenziale di lavoro più elevato, per cui esse hanno una qualità più elevata ,rispetto ad altre forme diluite, come la luce solare.

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Lo sviluppo quantitativo e qualitativo degli organismi viventi è fortemente condizionato dai fattori ambientali. Nonostante questa complicazione, si tenta di inquadrare ogni specie ad un livello trofico, prendendo in considerazione il ruolo ecologico prevalente. Questa suddivisione ci permette di quantificare il flusso dì energia e di materia all’interno dì un ecosistema rappresentato, oltre che dalle catene alimentari, attraverso le PIRAMIDI ECOLOGICHE, che sono una raffigurazione grafica delle biocenosì presenti nell’ecosistema

Le piramidi ecologiche vengono rappresentate con dei rettangoli orizzontali di lunghezza variabile dal basso verso l’alto, disposti uno sopra all’altro, rappresentanti un flusso di energia decrescente. Ogni rettangolo rappresenta il numero di individui di tutte le specie (piramidi dei numeri), oppure la biomassa (piramidi di biomassa) cioè la massa secca di tutti gli individui dello stesso livello trofico. La rappresentazione grafica ha

di solito un andamento a piramide poiché passando da un livello all’altro si ha una diminuzione del numero di organismi e quindi della biomassa.

Fig. A Fig. B

Fig. A Una piramide dei numeri rappresenta il numero di singole piante e animali presenti a ciascun livello della rete alimentare, ad esempio di un prato (1° livello trofico: erba; 2° livello trofico: cavallette; terzo livello trofico: pettirossi; 4° livello trofico: falco)

Fig. B Una piramide dei numeri capovolta. Anche in questo caso, che si riferisce alla rete alimentare di un bosco, sono stati contati i numeri di individui di ciascun livello trofico. Il produttore è una quercia, un organismo in grado di mantenere molti consumatori primari; è questa la ragione per cui la parte inferiore di questa rappresentazione è una piramide capovolta (1° livello trofico: quercia; 2° livello trofico: bruco; terzo livello trofico: cinciarella; 4° livello trofico: sparviero)

La piramide dei numeri non ha un valore descrittivo perché: 1. accorda la stessa importanza a tutti gli individui, qualunque siano le dimensioni e il peso 2. presenta numerose eccezioni

La piramide delle biomasse indica per ogni livello trofico la biomassa degli organismi corrispondenti in un dato momento. Si ottiene sovrapponendo dei rettangoli orizzontali con la stessa altezza e di larghezza proporzionale alla biomassa degli individui presenti in ogni livello trofico. La piramide della biomassa ha sempre la base rivolta verso il basso

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La biomassa si riduce perché gran parte della materia e dell’energia che dai produttori passa dai consumatori di 1° grado e da questi passa a quelli di 2° grado, e così via per tutti i livelli trofici successivi, viene dissipata. Le perdite della materia sono dovute all’eliminazione di sostanze allo stato gassoso come l’anidride carbonica e il vapore acqueo emessi durante la respirazione; o allo stato solido come i resti o i rifiuti organici (rami caduti, foglie, feci di animali) o sotto forma di liquidi (urina). Ma, mentre la materia può essere riciclata, l’energia no. Gli esseri viventi di ciascun livello utilizzano energia contenuta nella materia per mantenere le funzioni vitali (respirazione, digestione, movimento, ecc), nel corso di queste attività, un parte dell’energia viene trasformata in calore che si disperde nell’ambiente. L’energia dissipata sotto forma di calore non è più utilizzabile da altri organismi. Per gli ecosistemi e per la biosfera è energia persa per sempre. Per questo motivo gli ecosistemi, e quindi l’intera biosfera, devono essere continuamente riforniti di energia dal Sole. LA LEGGE DEL DECIMO In base ad alcune stime, gli scienziati hanno calcolato che a ogni passaggio solo il 10% circa dell’energia –cibo contenuta a un livello passa a quello successivo. Questa regolarità nella riduzione della quantità di energia-cibo da un livello trofico a un altro viene definita legge del decimo. Per questo motivo le scelte alimentari degli animali di grossa taglia devono essere di solito indirizzate direttamente ai produttori o al massimo ai consumatori di 1° grado. Se , per ipotesi, la balena mangiasse pesci, che si sono nutriti di gamberetti che, a loro volta, si sono nutriti di fitoplancton, essa si troverebbe al 4° livello trofico. Quindi 1000kg di fitoplancton diventano 100kg di gamberetti i quali, a loro volta, diventano circa 10kg di pesce che, alla fine, formeranno solo 1 kg circa di balena! Invece, la balena si nutre di gamberetti, noti come krill, i quali si nutrono di fitoplancton. Non mangiando pesci, ma gamberetti, la balena salta un anello della catena alimentare, trova più cibo e, con lo stesso sforzo, si assicura una biomassa 10 volte maggiore. Per questo motivo è molto raro trovare catene alimentari con più di cinque livelli trofici. Quando si arriva al livello di un predatore come l’aquila, la quantità di materia e di energia iniziale si è talmente ridotta che resta ben poco per un livello successivo, che, in questo caso dovrebbe essere un predatore più grosso dell’aquila stessa. Se esistesse, questo predatore sarebbe rarissimo e potrebbe viere solo su un territorio molto ampio. Avrebbe enormi difficoltà a localizzare le prede, già rare, e a trovare un compagno per la riproduzione. Per questi scopi, consumerebbe più energia di quanta ne potrebbe introdurre.

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Il modo più soddisfacente per la descrizione della struttura trofica di un ecosistema Si ottiene sovrapponendo dei rettangoli orizzontali con la stessa altezza e di larghezza proporzionale alla quantità di energia accumulata in un livello trofico riferita all’unità di tempo e per unità di superficie (o di volume). La piramide delle energie ha sempre e per ogni tipo di ecosistema e catena trofica la forma di un triangolo con la base verso il basso

Conseguenze pratiche della piramide dell’energia Una piramide dell’energia con la punta rivolta verso l’alto spiega molte cose:

… perché frutta e verdura costano meno della carne … perché nei paesi poveri l’alimentazione è costituita quasi esclusivamente da vegetali … perché con la dieta vegetariana è possibile sfamare più persone

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L’EVOLVERSI DI UNA COMUNITA’

In ogni popolazione esiste un’innata tendenza ad aumentare il numero degli individui, ma diversi fattori limitano questo fenomeno, primi fra tutti la nascita di nuovi individui o la morte, l’immigrazione e l’emigrazione, ma anche la disponibilità di risorse alimentari, la competizione per il cibo, il parassitismo e il diffondersi di malattie. In condizioni ideali (sovrabbondanza di cibo, temperatura ottimale, ecc.) una popolazione cresce alla massima velocità. La massima velocità cui i membri di una data specie possono riprodursi in presenza di risorse illimitate e in condizioni ambientali ideali viene detta potenziale biotico di quella specie.

In tal caso, supponendo di partire da una copia di individui, la popolazione cresce dapprima lentamente, poi sempre più rapidamente, in questo caso, se si riportano in funzioni del tempo le dimensioni ( numero di individui) di una popolazione, si ottiene una curva di crescita esponenziale , o curva a J. Se tra i fattori che influiscono sulle dimensioni di una popolazione, per semplificare, consideriamo unicamente gli effetti delle nascite e delle morti si ha che: velocità di variazione delle dimensioni di una popolazione = (nascite- morti) x numero di individui nella popolazione Se vi sono costantemente più nascite che morti, il numero di individui che formano la popolazione va aumentando. Siccome tale numero, via via crescente, compare come fattore nel secondo membro della precedente equazione, ne consegue che la velocità di crescita della popolazione diventa via via maggiore: ciò si esprime dicendo che la popolazione presenta una crescita esponenziale.

Si consideri ad esempio una popolazione costituita da 3 coppie di individui,con un tasso medio di crescita pari a 2: Popolazione anno 0: 6 individui Popolazione anno 1: 6*2=12 individui Popolazione anno 2: 12*2=6*2

2 = 24 individui

Popolazione anno 3: 24*2=6*23 = 48 individui

Popolazione anno x = 6 * 2n: CRESCITA ESPONENZIALE

La crescita esponenziale porta in se i germi della sua distruzione: via via che la densità di popolazione aumenta, si intensifica la competizione per le risorse. Quindi dopo un periodo di sviluppo esponenziale, le popolazioni tendono così a fluttuare attorno alla dimensione massima che l’ambiente è in grado di sostenere. La resistenza ambientale si oppone all’incremento demografico aumentando il tasso di mortalità o riducendo quello di natalità. Le dimensioni massime raggiungibili da una popolazione nell’ambito di un ecosistema esprimono la capacità biologica specifica di quell’ecosistema, determinata da risorse limitate quali lo spazio , le fonti di cibo e la luce. Le popolazioni vengono mantenute al livello o sotto al livello dalla capacità biologica dell’ambiente grazie a forme di resistenza ambientale indipendenti o dipendenti dalla densità.

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L'accrescimento di una popolazione segue quindi una curva logistica (sigmoide) con un ben preciso limite che equivale all'effettiva capacità di sopportazione dell'ambiente in cui la popolazione vive o capacità portante dell'ambiente (K).

FATTORI LIMITANTI

L’intervallo compreso tra le condizioni fisiche estreme all’interno del quale determinate popolazioni possono

crescere e diffondersi è chiamato intervallo di tolleranza della specie.

Qualora qualche componente fisica dell’ambiente oltrepassi questi limiti, una determinata popolazione non

può più sopravvivere, anche se tutte le altre componenti sono sufficienti.

Questa legge aiuta spesso gli scienziati a classificare gli ambienti una volta conosciute le caratteristiche

delle popolazioni che si vanno a considerare.

La capacità di carico degli ecosistemi può essere definita come la capacità naturale che un

ecosistema possiede di produrre in maniera stabile le risorse necessarie alle specie viventi che lo

popolano, senza rischi per la sopravvivenza

Natalità e mortalità

Natalità e mortalità si ricavano in base al rapporto tra il numero dei nati o, rispettivamente, dei morti per unità

di tempo e la dimensione media della popolazione.

n° nati (in un dato tempo t)

Natalità = ---------------------------------------

n° individui della popolazione

n° morti (in un dato tempo t)

Mortalità = ----------------------------------------

n° individui della popolazione

Da questi due parametri dipende lo "sviluppo numerico" di una popolazione per unità di tempo, che si calcola

attraverso il rapporto tra la differenza nati-morti e la dimensione media della popolazione in quel dato

intervallo di tempo.

n° nati - n° morti

Sviluppo numerico = ---------------------------------------------

n° individui tot. (t)

Poten-

ziale

biotico

individui

capacità biologica resistenza ambientale

equilibrio crescita esponenziale

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La natalità massima (o teorica o potenziale) esprime la naturale tendenza di una popolazione a generare

prole, quindi ad accrescersi numericamente. Però, poiché l'ambiente pone dei limiti all'aumento della

popolazione, in pratica si può valutare solo la "natalità ecologica" (o natalità realizzata).

In un dato intervallo di tempo Δt (che va da t1 a t2) è possibile calcolare la natalità assoluta per una certa

popolazione

La natalità media per individuo nell'unità di tempo è uguale a:

(N rappresenta la dimensione della popolazione) e fornisce una stima del contributo che ciascun individuo

offre in media all'incremento della popolazione.

Se l'intervallo Δt tende a zero è possibile valutare i relativi incrementi istantanei di una data popolazione, il

che consente di effettuare stime e previsioni.

Anche per quanto riguarda la mortalità è possibile distinguere tra una mortalità teorica determinata da fattori

fisiologici e dalla senescenza, quindi basata esclusivamente su fattori genetici, ed una mortalità ecologica a

cui contribuiscono, invece, tutti gli elementi limitanti prodotti dall'ambiente.

È possibile esprimere graficamente la mortalità entro una data popolazione ponendo in ordinata il numero

dei morti ed in ascissa l'età in anni. Ancora più utile è la cosiddetta curva di sopravvivenza da cui si

possono ricavare informazioni utili relativamente alle probabilità di vita di singoli individui entro una

popolazione. Si ricava ponendo in ordinata il numero dei sopravvissuti per ogni classe d'età in scala

logaritmica (in base 10) ed in ascissa il numero di anni d'età.

Solitamente la mortalità è elevata nel primo periodo di vita e dopo una certa età, valutabile in base alla

longevità media della specie e della popolazione, mentre durante il resto della vita è costante in certi periodi

e cresce proporzionalmente all'età in altri.

DISTINGUIAMO: Le dimensioni di una popolazione rappresentano il numero di individui di cui essa è

costituita. La densità esprime invece le dimensioni della popolazione in rapporto all’estensione dell’areale;

ad esempio, la densità di un’ipotetica popolazione di zebre può essere di cento individui per ettaro. La

modalità di distribuzione della popolazione all’interno dell’areale può essere casuale, uniforme o aggregata;

il primo caso si verifica raramente; più spesso la distribuzione è di tipo uniforme, specie se l’animale

presenta la caratteristica della territorialità, o aggregata, se presenta invece abitudini sociali.

Tutti i parametri citati sono influenzati da fattori abiotici e biotici. Sono considerati fattori abiotici le condizioni

ambientali di temperatura, pressione e illuminazione; sono invece fattori biotici la disponibilità di cibo, la

presenza di altre specie che occupano la stessa nicchia ecologica (competizione interspecifica), o di

predatori.

FLUTTUAZIONI NELLE DIMENSIONI DELLE POPOLAZIONI.

Le condizioni ambientali non sono costanti nel tempo e quindi possono favorire o sfavorire le popolazioni con

modalità diverse a seconda dei periodi.

Dispersione e spostamenti degli individui di una popolazione

Gli organismi viventi tendono a colonizzare tutto lo spazio disponibile al fine di sfruttare meglio tutte le

risorse (soprattutto quelle cosiddette “edafiche”, cioè nutritizie) disponibili nell'ambiente.

Ciò significa che, in caso di un aumento demografico correlato con le fluttuazioni cicliche delle popolazioni, si

possono osservare spostamenti più o meno estesi di individui che si disperdono alla ricerca di nuove aree da

colonizzare. A volte questi spostamenti hanno un'entità così notevole da apparire come vere e proprie

invasioni. È il caso delle invasioni di locuste.

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Migrazioni

Alcuni spostamenti non sono casuali, ma avvengono in modo regolare, periodico (stagionale), lungo rotte

ben precise (ed in genere ripetute), coprono distanze anche molto grandi, ma, in seguito, c'è sempre un

ritorno alle zone di partenza. Questi spostamenti sono meglio noti come migrazioni e sono indotti da:

• cause legate alla riproduzione

• difficoltà di carattere ambientale, che si presentano periodicamente (ad esempio il sopraggiungere

della stagione fredda nelle zone temperate

Come regola generale , le dimensioni di popolazioni di specie che vivono in ambienti relativamente costanti

e definibili sembrano essere controllate da fattori dipendenti dalla densità, come la disponibilità di cibo, la

disponibilità di disporre di territori adeguati, ecc..In tali condizioni, la maggior parte delle popolazioni oscilla

entro valori che si avvicinano di molto alla capacità portante dell’ambiente. Specie che vivono in ambienti

stabili ed omogenei (praterie , foreste) hanno sviluppato determinati caratteri che consento un efficiente

utilizzo delle risorse. Queste sono dette “specie K-selezionate: si riproducono più volte nella vita,

generando ogni volta un numero limitato di figli. I giovani sono spesso inetti e i genitori consumano molte

energie per poter assicurare la sopravvivenza della prole sino all’età riproduttiva.

Le specie che occupano ambienti estremamente variabili ed instabili sono soggette a pressioni selettive del

tutto differenti. La densità delle loro popolazioni è spesso determinata da fattori indipendenti dalla densità

come la temperatura, la scomparsa delle risorse alimentari, ecc. Le specie che possiedono elevate capacità

riproduttive (di solito si riproducono una volta nella vita) e che sono in grado di produrre una progenie

numerosa e in genere di piccole dimensioni, quando le circostanze sono favorevoli sono dette “specie r-

selezionate”.

RELAZIONI SOCIALI ALL'INTERNO DI UNA POPOLAZIONE: COMPETIZIONE INTRASPECIFICA

Molti animali conducono per la maggior parte della loro vita un'esistenza solitaria. Tuttavia questi individui

debbono in qualche modo avvicinarsi l'un l'altro per potersi riprodurre: nascono così alcuni comportamenti

particolari atti a mitigare l'aggressività reciproca, che vengono definiti con il termine di corteggiamento.

La necessità di riprodursi e quindi di incontrarsi fa nascere, in certi casi, forme di aggregazione per brevi

periodi di tempo (gregarietà temporanea), in modo da poter allevare e proteggere meglio la prole:

solitamente questi gruppi sono composti da individui che condividono una qualche parentela (gruppi

familiari), poiché ogni individuo, in questo modo, contribuisce a perpetrare una parte del proprio patrimonio

genetico (anche se esistono pure gruppi analoghi costituiti da individui senza legami di parentela fra loro).

I vantaggi derivanti dalla vita in società (miglior difesa dai predatori, facilitazioni nella ricerca del cibo,

maggior successo riproduttivo …) spingono sovente questi gruppi a consolidarsi ed a mantenersi

definitivamente, regolati al loro interno da una precisa gerarchia tra i diversi componenti dell'associazione.

Animali gregari che vivono in branchi a carattere familiare sono molti mammiferi, ad esempio i lupi, i leoni gli

elefanti, moltissimi ungulati, ecc..

Anche tra gli uccelli esistono numerose specie gregarie (molti Passeriformi come le cince, gli storni o diversi

appartenenti alla famiglia dei Corvidi, i pinguini,ecc.).

Numerose specie di pesci vivono in banchi più o meno grandi (ad esempio i tonni).

Altre società molto organizzate sono quelle di diverse specie di Imenotteri (api, bombi, formiche…) o di

Isotteri (termiti).

INTERAZIONI TRA SPECIE DIVERSE ALL'INTERNO DI UNA STESSA COMUNITÀ: COMPETIZIONE

INTERSPECIFICA

Gli organismi viventi che coabitano in uno stesso ambiente possono intessere tra di loro vari tipi di relazione,

ne ricordiamo le principali:

• neutralismo;

• competizione;

• simbiosi mutualistica;

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• commensalismo;

• parassitismo;

• predazione.

Neutralismo

Entro una stessa comunità la maggior parte delle specie presenti non riceve né vantaggi né interferenze

negative da parte delle altre.

Competizione

Specie diffuse in uno stesso ambiente e che occupano la stessa nicchia ecologica o nicchie simili possono

entrare in competizione per il cibo (competizione per cause edafiche), per lo spazio, per la luce (piante),

per la disponibilità di acqua (competizione radicale nelle piante).

Spesso le cause che fanno entrare due o più specie in competizione sono limitate nel tempo, per cui il

fenomeno cessa non appena cessano i motivi che lo determinano (carenza di cibo o di acqua).

In altri casi sono gli organismi stessi che evolvendosi superano il problema.

Ma l’evoluzione richiede tempi lunghi. Così qualora organismi che occupano la stessa nicchia ecologica

vengano a trovarsi in uno stesso ambiente, in seguito a spostamenti o ad introduzioni artificiali, giungono

talvolta fino alla mutua esclusione o all'estinzione di una delle due a vantaggio dell'altra (è il caso di specie di

origine Nord-americana introdotte dall'uomo in Europa, ed esempio lo scoiattolo grigio nord-americano che

in Gran Bretagna ha sostituito lo scoiattolo rosso autoctono e rischia di fare lo stesso in altre zone d'Europa,

come l'Italia). Spesso si raggiunge un nuovo equilibrio in cui ciascuna specie convive con le concorrenti:

queste si limitano vicendevolmente e solo una risulta avvantaggiata sulle altre, ottenendo un maggior

successo riproduttivo (coabitazione con dominanza di una specie rispetto alle altre). Questo è possibile

perché, normalmente, in uno stesso ecosistema le nicchie ecologiche non si sovrappongono mai

completamente, per cui le diverse specie possono ricorrere ad altre risorse ambientali.

Simbiosi mutualistica

Relazione tra due specie diverse dalla quale entrambi ricavano un reciproco vantaggio (ad esempio i

licheni).

Commensalismo

Associazione tra due specie diverse dalla quale solo una ricava effettivi vantaggi, mentre per l'altra è del

tutto indifferente (per esempio è il caso di alcuni “ospiti” di tane, nidi di altre specie, oppure della presenza di

mallofagi o minuscoli acari non parassiti sul corpo di altri animali)

Parassitismo

Consiste nello sfruttamento di una specie da parte di un'altra, che può sottrarle cibo, nutrirsi dei tessuti o dei

liquidi organici della prima specie oppure (come avviene tra alcuni insetti) renderla “schiava” per sfruttarne la

“mano d'opera”.

Solitamente la specie parassita raggiunge un certo equilibrio con la specie parassitata, che quindi giunge

alla morte in tempi più o meno lunghi o addirittura sopravvive e, in certi casi, non risente apparentemente

dello sfruttamento da parte del parassita.

Predazione

Interazione di tipo obbligatorio tra componenti della stessa comunità, in cui uno o più membri si alimentano a

spese di altri portandoli subito alla morte.

Tra le varie forme di relazioni esistenti in una comunità esistono ovviamente tante possibili varianti,

sovrapposizioni e passaggi intermedi. Così, alle volte, il commensalismo può diventare parassitismo e

quest'ultimo simbiosi, oppure la competizione può trasformarsi in predazione o in parassitismo o, ancora, il

neutralismo può evolvere in forme di concorrenza.