210
1 FORMAZIONE E CONSULENZA IL TUTOR AZIENDALE ———————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————— “…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…” (C.Rogers) Apprendistato professionalizzante Form App Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO) Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

  • Upload
    others

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 2: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 3: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 4: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 5: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 6: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 7: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 8: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 9: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 10: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 11: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 12: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 13: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 14: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 15: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 16: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 17: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 18: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 19: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 20: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 21: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 22: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 23: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 24: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 25: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 26: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 27: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 28: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 29: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 30: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.

Page 31: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 32: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 33: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 34: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 35: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 36: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 37: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 38: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 39: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 40: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 41: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 42: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 43: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 44: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 45: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 46: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 47: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 48: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 49: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 50: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 51: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 52: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 53: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 54: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 55: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 56: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 57: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 58: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 59: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 60: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.

Page 61: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 62: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 63: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 64: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 65: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 66: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 67: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 68: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 69: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 70: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 71: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 72: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 73: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 74: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 75: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 76: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 77: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 78: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 79: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 80: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 81: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 82: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 83: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 84: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 85: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 86: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 87: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 88: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 89: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 90: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.

Page 91: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 92: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 93: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 94: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 95: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 96: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 97: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 98: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 99: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 100: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 101: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 102: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 103: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 104: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 105: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 106: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 107: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 108: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 109: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 110: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 111: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 112: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 113: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 114: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 115: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 116: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 117: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 118: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 119: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 120: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.

Page 121: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 122: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 123: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 124: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 125: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 126: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 127: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 128: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 129: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 130: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 131: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 132: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 133: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 134: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 135: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 136: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 137: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 138: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 139: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 140: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 141: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 142: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 143: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 144: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 145: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 146: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 147: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 148: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 149: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 150: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.

Page 151: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 152: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 153: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 154: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 155: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 156: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 157: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 158: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 159: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 160: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 161: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 162: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 163: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 164: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 165: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 166: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 167: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 168: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 169: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 170: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 171: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 172: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 173: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 174: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 175: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 176: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 177: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 178: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 179: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 180: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.

Page 181: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

1

FORMAZIONE E CONSULENZA

IL TUTOR AZIENDALE ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

“…non possiamo insegnare direttamente nulla ad un’altra persona… …possiamo solo facilitarne il suo apprendimento…”

(C.Rogers)

Apprendistato

professionalizzante

Form App

Via Unità D’Italia, 16 41043 Formigine (MO)

Tel. 059/574865 Fax. 059/574681 [email protected]

Page 182: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

2

Page 183: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

3

INDICE

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” .......................................................................... 5

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE ......................10

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO .........15

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER

L’AZIENDA ..............................................................................................................................................18

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE” ...........22

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ...........................................................26

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(28 febbraio 2000) ......................................................................................................................................29

Page 184: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

4

Page 185: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

5

1. IL TUTOR AZIENDALE È UN “PROJECT LEADER” Il DLG 276/2003 oltre a modificare sensibilmente l’impianto formativo relativo alla formazione per gli apprendisti, ha indirettamente cambiato anche il significato e le peculiarità del ruolo del tutor aziendale. Dalla precedente normativa (legge 196/97, art. 16), la figura del Tutor aziendale eredita ancora alcune funzioni che ne caratterizzano il ruolo, quali quella informativa, orientativa, integrativa, formativa e valutativa. Tuttavia, la vera e grande novità è rappresentata dal fatto che con la normativa in essere il tutor aziendale acquisisce il ruolo di project leader, il leader di un progetto formativo. Tale impostazione è confermata anche nell’ultima modifica alla legge sull’apprendistato con il Testo Unico Dlgs. 167/2011, ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. Anzitutto, occorre brevemente contestualizzare la figura del project leader nell’ambito dell’organizzazione di un progetto, per poi soffermarsi su quella che è la questione fondamentale: perché ha “valore” essere un tutor aziendale/project leader? Ogni progetto, formativo e non formativo, è caratterizzato da un ciclo di vita, che è suddiviso in fasi successive fino al raggiungimento dei risultati attesi. Tuttavia, per consentire il perseguimento, con la maggiore efficacia ed efficienza possibile, degli obiettivi prefissati, un progetto deve contemplare non solo le attività di sviluppo, ma anche i processi di gestione attraverso i quali è possibile pianificare, eseguire e controllare lo stato del progetto durante il suo avanzamento. Non è infatti pensabile realizzare un prodotto od un servizio complesso senza predisporre le attività, determinanti per l’organizzazione e la gestione del progetto stesso, che vengono abitualmente, in maniera più o meno formalizzata, affidate al Project Leader. Spesso infatti, dietro al successo di un progetto, si cela un’organizzazione impeccabile, in cui ogni elemento diventa un tassello da collocare al giusto posto. Ecco che diventa fondamentale poter contare su un leader che gestisca la pianificazione dell’intero progetto, che ne segua la realizzazione, verifichi l’avanzamento rispetto ai tempi pianificati e garantisca il perseguimento degli obiettivi. Alla luce di queste considerazioni, in un progetto formativo che coinvolga un apprendista, il tutor aziendale è colui che:

“cura” per conto dell’azienda l’esito di un investimento (il buon esito di un inserimento lavorativo dell’apprendista).

Si prende in carico la crescita professionale dell’apprendista. Partecipa alla predisposizione dei contenuti e delle modalità del percorso formativo. Si attiva per organizzare l’attività formativa dell’apprendista. Monitora l’andamento della formazione. Verifica e valuta i risultati del percorso formativo. Effettua il resoconto finale dell’azienda in merito ai risultati della formazione.

Page 186: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

6

Valuta la qualità del servizio erogato dall’agenzia di formazione. Il tutor aziendale svolge molti di questi compiti con il supporto del consulente/progettista dell’agenzia di formazione a cui l’azienda ha dato l’incarico di predisposizione del progetto formativo. E da questa brevissima premessa si inizia ad evincere la strategicità del nuovo ruolo del tutor aziendale, per rispondere al quesito sul “valore” di essere un project leader, occorrono alcune riflessioni.

Aver cura di una persona, farla crescere professionalmente, trasmettergli la propria esperienza comportamentale, aziendale e lavorativa, sono alcuni dei compiti del tutor aziendale.

La loro ampiezza e complessità evidenziano da una lato come il criterio di scelta del tutor da parte dell’azienda, con maggiore o minore consapevolezza, sia stato certamente la competenza professionale, ma soprattutto il senso di responsabilità del tutor stesso.

Dall’altro lato i suddetti compiti, determinanti per la crescita di una persona, costituiscono una grande sfida per il tutor, paragonabile, per molti aspetti, all’educazione dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, ecc..

Quale genitore non sarebbe soddisfatto nel sentirsi dire… …”si nota in tuo figlio o in tua figlia la cura con cui lo/la fai crescere, l’educazione che gli/le trasmetti...”.

Parimenti quale tutor non sarebbe contento nel “toccare con mano” i miglioramenti professionali oltreché comportamentali del “proprio” apprendista, nel sentirsi dire…

“si vede che quell’apprendista è stato bene seguito”…oppure…”ti ricordi quell’apprendista il primo giorno che è arrivato…a guardarlo adesso pare sia successo un miracolo…è un’altra persona…”.

Curare la crescita di una persona, sul piano generale, consente inoltre a chi se ne fa carico, per quanto a volte il compito possa anche essere o apparire gravoso, la possibilità di esprimere al meglio ciascuno di noi, di costruire quella “solidarietà intergenerazionale” di cui tutti abbiamo in qualche modo usufruito per essere quello che siamo.

E se il concetto di “solidarietà intergenerazionale”, in quanto applicata ad una società, ne costituisce la misura di un possibile sviluppo di civiltà, nell’azienda, nella comunità professionale, la stessa “solidarietà” fra chi è “senior”e chi “junior”, seppure limitata alla dimensione della professionalità, rappresenta il principale elemento di continuità nel tempo, sul piano sia dell’azienda che dell’”esperienza”, del “vissuto” di ogni singolo lavoratore.

E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato.

Il ruolo, il “peso”, che ognuno di noi, nella vita quotidiana come in quella aziendale,

attribuisce a coloro ai quali in molta parte dobbiamo il nostro essere come oggi siamo, è uno dei valori più affermati, riconosciuti e continui nel tempo.

Page 187: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

7

Certamente quello che oggi siamo è frutto della nostra individualità, della nostra personalità, delle nostre capacità, ma è altrettanto riconoscibile in ciascuno di noi l’azione di chi, a vario titolo, è stato un nostro punto di riferimento, sia personale che professionale, le persone che ci hanno insegnato “qualcosa”, le persone da cui abbiamo appreso, che abbiamo magari contrastato ma di cui ora comprendiamo l’importanza.

E per ciascuno di loro, a volte persino per chi ci ha provocato conflitto o delusione, proviamo “riconoscenza”, cioè riconosciamo il valore che hanno avuto nella nostra crescita, e comprendiamo il valore ed il significato della loro azione, diretta o indiretta, volontaria o inconsapevole.

Intuire o sapere che qualcuno, magari non oggi, ma chi sa quando, saprà “riconoscere” in sé stesso, o nella propria capacità professionale, l’impronta o anche il piccolo segno che ognuno di noi lascia nella relazione interpersonale, può essere per molti motivi di soddisfazione personale, se non di “compenso” per il lavoro di cura e crescita svolto.

Confrontarsi spesso con la persona di cui si cura la crescita, personale o professionale, a ben vedere, non è solo un’azione in cui si propone una parte, maggiore o minore di noi stessi, ma è anche un momento in cui si può ricevere qualcosa, forse una nuova prospettiva o un modo diverso di vedere le cose, forse una rinnovata curiosità o anche solo un attimo di nostalgia.

In una realtà sociale e professionale come quella che ci circonda, in una continua evoluzione, spesso più veloce di quella che percepiamo o che vogliamo percepire, anche il ruolo di chi più facilmente, proprio perché poco esperto, si adegua ai nuovi linguaggi, alle nuove tecnologie, alle nuove frontiere può essere visto come quello di un interlocutore che propone a sua volta qualcosa, che può far crescere, di poco o di molto, anche la personalità più evoluta, anche la professionalità più esperta.

La relazione interpersonale, quando è orientata alla crescita, implica sempre, anche se spesso non necessariamente contestuali, diverse azioni di “dare e ricevere” il cui valore può essere talvolta talmente significativo da non reggere il peso su nessuna bilancia.

Il “nuovo” apprendistato a differenza del “vecchio”, riconosce direttamente alle aziende una

maggiore responsabilità in merito all’assolvimento degli obblighi formativi relativi all’apprendista. L’azienda pertanto si trova nelle condizioni di dover gestire un progetto di una certa complessità sia perché la formazione non sempre rientra tra le sue attività rilevanti, sia perché la crescita professionale dell’apprendista è un processo lungo ed impegnativo.

Dinnanzi a tale situazione all’azienda necessita una figura leader, una figura di cui si fida, una figura di valore in grado di gestire un’attività che presenta una molteplicità di aspetti importanti (es. la partecipazione alla definizione dei contenuti e delle modalità/docenti aziendali, la valutazione dell’andamento del percorso formativo, il rapporto con il consulente/progettista dell’ente formativo, ecc.).

Un altro concetto che può rendere l’idea del perché può avere “valore” svolgere il ruolo di

tutor aziendale, e sul quale vale la pena soffermarsi, è “la soddisfazione di creare qualcosa di complesso avendo successo”.

L’immagine può essere data da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare eventi televisivi, musicali, teatrali, come concerti, spettacoli, musical, ecc. (il sovrintendente nei

Page 188: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

8

teatri, i direttori artistici, ecc.), i quali, sulla base delle risorse umane, economiche, logistiche che hanno a disposizione devono ottenere il massimo dei risultati.

Se prendiamo ad esempio l’evento televisivo/musicale per eccellenza in Italia, “il festival di Sanremo”, si può notare come il direttore artistico per ottenere il risultato oltre ad iniziare i lavori con molto anticipo, non si sofferma esclusivamente sulla selezione delle migliori canzoni o dei migliori cantanti, ma cura la scelta delle persone dello staff (conduttore, vallette, ecc.), la gestione degli allestimenti, la relazione con i mass-media, il clima tra i cantanti, la scelta dei vip invitati, ecc.

Curante l’evento si preoccupa, inoltre, di gestire le criticità connesse alle canzoni, ai cantanti, agli ospiti, ma soprattutto quelle collegate agli “ascolti”, ossia al grado di soddisfazione dei veri committenti: il pubblico in sala e quello mediatico.

Insomma, possiamo intendere il tutor aziendale come una sorta di Pippo Baudo?...

Paradossalmente si potrebbe dire… Perché no? Anche il tutor aziendale ha i suoi “cantanti” (gli apprendisti), i suoi interlocutori esterni (l’agenzia di formazione), i suoi committenti (l’azienda stessa).

Tuttavia, al di là dei confronti, ciò che rimane è il concetto per cui il successo in un “progetto” complesso è spesso connesso alla cura di una molteplicità di aspetti che comportano certamente impegno personale, ma dietro i quali si può celare anche una grande soddisfazione, una volta che si è ottenuto il risultato.

La scelta formale del tutor aziendale all’interno dell’azienda avviene, per disposizione

legislativa, al momento dell’assunzione di un’apprendista e la persona prescelta, a prescindere dal ruolo che ricopre, è di fatto un lavoratore orientato principalmente allo svolgimento delle proprie mansioni.

Ciò nonostante, nel momento in cui una persona viene investita del ruolo di tutor aziendale, si apre un’ulteriore opportunità: oltre a far bene il proprio mestiere è possibile favorire la crescita dell’”ultimo arrivato”.

L’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma:

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È chiaro che il suddetto articolo fa riferimento soprattutto a questioni e a concetti molo importanti quali le libertà individuali, l’uguaglianza tra gli individui, ecc.

Tuttavia il richiamo allo spirito di fratellanza, all’aiuto reciproco, ha senso e riferimento soprattutto nelle situazioni delle quotidianità, del comune vivere e del lavorare insieme, che non sono certo di minor valore e significato rispetto alle grandi questioni della libertà, della dignità e dei diritti.

Pertanto, nel suo ambito, il tutor aziendale ha le possibilità di mettere in atto il concetto di favorire “l’altro”, di chi ha necessità ad esempio di un supporto essendo appena entrato in un nuovo contesto lavorativo.

Page 189: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

9

Non bisogna dimenticare inoltre che in molti casi, oltre alla novità del contesto, per l’apprendista si tratta anche della prima esperienza lavorativa continuativa, del primo vero distacco dal’ambiente scolastico e dall’abitudine e relazioni prettamente famigliari o amicali.

Page 190: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

10

2. IL SIGNIFICATO DELL’ESPERIENZA PROFESSIONALE: IL TUTOR AZIENDALE

Premessa: L’espressione “significato dell’esperienza professionale” richiama, nell’organizzazione del lavoro, concetti fondamentali quali: la crescita professionale attraverso l’apprendimento la relazione l’interscambio delle esperienze Risulta quindi opportuno focalizzare l’attenzione sul concetto di apprendimento nell’adulto. Apprendere per un adulto significa mutare, cambiare, ovvero arricchire il proprio repertorio di conoscenze, sviluppare nuove competenze, rivedere stili comunicativi e comportamentali, per fronteggiare in modo maggiormente adeguato le richieste del contesto lavorativo. L’apprendimento dell’adulto implica sempre anche un impegno psicologico; infatti richiede che il soggetto, attraverso meccanismi di autodiagnosi, riconosca che il proprio repertorio di conoscenze e/o propri modelli di competenze non sono più adeguati/sufficienti ad affrontare al meglio contesti e compiti professionali in evoluzione. Inoltre se ipotizziamo che l’identità personale (come ci “si percepisce” nella vita e come gli altri ci “percepiscono”) di un soggetto che lavora, spesso, è strettamente compenetrata all’identità professionale, si comprende come la messa in discussione di una identità induca inevitabilmente la messa in discussione dell’altra, determinando così il più delle volte un carico psicologico alquanto “pesante”. La presa di consapevolezza di un proprio stato di inadeguatezza implica un processo particolarmente impegnativo per il soggetto, in quanto smantella eventuali “certezze acquisite”, richiede di “mettersi in gioco” e di modificare comportamenti finora adottati e di assumerne dei nuovi, determinando comprensibilmente un senso di insicurezza/incertezza ed una resistenza all’apprendimento ed al cambiamento. Il filosofo greco Socrate1 amava affermare “io so di non sapere”, affermazione divenuta quanto mai attuale. Con questa espressione Socrate cercava di contrassegnare una pista di pensiero evidenziando come la continua acquisizione di sapere inneschi meccanismi di trasformazione. Purtroppo attualmente il sapere acquista spesso un carattere puramente cumulativo. Concependo invece il sapere come una evoluzione/trasformazione e non come semplice accumulo, e l’apprendimento come un opportunità di crescita e non il riconoscimento di limiti, l’individuo affronterebbe il “non sapere/il non sapere ancora” con un atteggiamento costruttivo e conseguentemente con un minor grado di difficoltà. 1 Atene 469 a.C. – 399 a.C.

Page 191: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

11

Per superare eventuali resistenze è dunque necessario far leva sui fattori che possono indurre l’adulto/lavoratore ad apprendere. In particolare, possiamo individuare alcuni fattori motivanti interni, quali:

Il desiderio/volontà di fare meglio il proprio lavoro (spesso con minor sforzo) Il desiderio/volontà di migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita Il desiderio/volontà di valorizzare le proprie potenzialità La curiosità

E alcuni fattori motivanti esterni:

L’introduzione di una nuova normativa (es. T.U. 81/08) L’adozione di una nuova tecnologia Il cambiamento dell’assetto organizzativo L’apertura di nuovi prodotti/servizi L’introduzione del sistema qualità

Il soggetto che apprende è un “PROSUMER” ovvero un soggetto che è contemporaneamente PROductor (produttore) e conSUMER (consumatore). In altre parole, il soggetto adulto che apprende è l’attore protagonista del proprio percorso di sviluppo. Il più delle volte la prestazione professionale del lavoratore risulta essere dipendente sia dalle proprie motivazioni/attitudini/valori, sia dal contesto aziendale in cui si trova ad operare, sia dalle modalità attraverso cui l’azienda favorisce l’acquisizione delle conoscenze/competenze necessarie a ricoprire un ruolo. Ogniqualvolta, all’interno o all’esterno di un’azienda, si verifica una innovazione, inevitabilmente si riscontra un gap tra le competenze possedute dalle risorse umane coinvolte e le competenze necessarie per fronteggiare il mutamento. L’insorgenza di nuove richieste da parte del contesto aziendale determina un “fabbisogno di competenze” che deve essere analizzare. Nell’analisi di un fabbisogno di professionalità è fondamentale:

Identificare quali nuove competenze siano necessarie Elaborare un “identikit” della/e risorsa/e da coinvolgere Individuare quali modalità risultino più efficaci per l’acquisizione, in modo da non creare

criticità all’interno dell’azienda Individuare le modalità mediante cui verificare e valutare l’acquisizione delle nuove

competenze e l’efficacia nel contesto aziendale Il fabbisogno di nuove competenze può essere soddisfatto dall’azienda in diversi modi:

Assumendo personale in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità Assumendo personale non in possesso delle competenze di cui si ravvisa la necessità, ma

supportandolo con azioni di affiancamento e formazione professionale

Page 192: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

12

Attivando azioni di rinforzo nei confronti del personale interno già operante, al fine di sviluppare le nuove competenze che si sono rese necessarie

Un fabbisogno di competenze richiede sempre un apprendimento individuale e conseguentemente un apprendimento organizzativo. Attivare un passaggio dalla conoscenza di tipo individuale alla conoscenza di tipo organizzativo consente di conseguire/mantenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Tuttavia, se questo passaggio lo si realizza non solo tramite un semplice affiancamento/addestramento sul lavoro, ma anche e soprattutto attraverso una formazione formalizzata, si ottiene una conoscenza più facilmente riutilizzabile, trasferibile e aggiornabile. Inoltre non risulta sufficiente l’acquisizione/sviluppo di una competenza, ma soprattutto “la sua applicazione in uno specifico contesto aziendale”. Per questo, poiché ogni azienda si configura come un microcosmo con connotazioni sue proprie, risulta sempre più opportuno parlare di “competenza contestualizzata”, da cui scaturisce la prestazione lavorativa. La minore o maggiore capacità del soggetto di agire una o più competenze contestualizzate determina una prestazione più o meno rispondente alle richieste aziendali. Una competenza, per generare una prestazione professionale adeguata, deve essere supportata non solo dalla disponibilità dell’azienda, ma ovviamente anche da altre variabili individuali, quali la motivazione, l’attitudine, la condivisione della mission, la “presa in carico”, ecc. Infine è determinante per ogni soggetto possedere ed agire le cosiddette abilità trasversali, ovvero:

Il diagnosticare L’affrontare Il relazionarsi

Abilità che consentono, in misura maggiore o minore, di “adattarsi” da un lato al contesto aziendale, ma anche di esprimere la propria peculiarità ed individualità. Il motore dello sviluppo economico-sociale diviene la conoscenza: “quello che si sa conta molto di più di quello che si ha”. È quindi fondamentale investire in cultura, informazione e formazione professionale, valorizzando la motivazione ed il “patrimonio globale” delle persone.

Il tutor aziendale come figura chiave Il tutor aziendale è una figura chiave nel processo di formazione del giovane apprendista, in quanto assume il ruolo di leader del progetto che prevede il percorso di inserimento lavorativo e di completamento della formazione professionale del medesimo apprendista. In merito agli aspetti prettamente formativi il tutor aziendale partecipa con il consulente/progettista della agenzia formativa alla definizione di obiettivi, contenuti, metodi ed alla analisi delle risorse disponibili (docenti, tecnologie, ecc) per il progetto formativo personalizzato, al fine di ottimizzare l’apprendimento dell’apprendista in coerenza con lo sviluppo dell’impresa. L’assunzione di questo ruolo di leader diventa allora una duplice crescita del tutor aziendale,

Page 193: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

13

Da un lato nei confronti dell’apprendista, nel momento in cui predispone tutto quanto

necessario per il passaggio dalla conoscenza posseduta alla sua esplicazione e trasmissione. Dall’altro lato nei confronti dell’azienda, nel momento in cui il tutor aziendale mette in

campo le proprie capacità organizzative/gestionali/motivazionali. Il percorso di apprendimento dell’apprendista non è solo trasferimento di abilità tecnico/pratiche, ma anche di capacità trasversali, quali la condivisione dei valori dell’impresa e della sua storia, del proprio sapere acquisito negli anni, del proprio comportamento aziendale. Ogni momento di passaggio/trasmissione del proprio sapere, della propria professionalità comporta anche la consapevolezza e la responsabilità del tutor aziendale. Accettare e divenire leader di un progetto riguardante la formazione professionale dell’apprendista costituisce quindi un momento forte nella propria affermazione professionale. A tal fine diviene fondamentale:

Acquisire consapevolezza rispetto al proprio ruolo; Valorizzare la crescita professionale dei propri collaboratori; Identificare, utilizzando anche appropriati strumenti di analisi organizzativa, le mansioni

attualmente affidate all’apprendista e anche, eventualmente, quelle potenziali e/o future; Diagnosticare la gamma delle conoscenze e delle capacità necessarie a svolgere una

specifica mansione, al fine di ottenere prestazioni professionali adeguate; individuare le risorse aziendali già presenti che favoriscono l’apprendimento in

riferimento alle conoscenze e capacità richieste all’apprendista; essere interlocutori efficaci per progettare il piano di sviluppo professionale e gli

itinerari formativi per i propri apprendisti; predisporre le condizioni adeguate alla realizzazione del progetto formativo, al fine di

concordare con il consulente/progettista il piano di sviluppo professionale e gli itinerari formativi per i propri apprendista;

adottare modalità comportamentali e comunicative idonee a favorire nell’apprendista l’acquisizione di competenze tecnico-professionali;

individuare criteri per valutare il percorso individuale di formazione dell’apprendista e promuovere azioni di monitoraggio/verifica/rinforzo;

saper relazionare all’azienda l’andamento del percorso formativo; Esplicitato ciò, diviene opportuno che il tutor aziendale:

focalizzi essenzialmente l’attenzione sulle seguenti variabili:

stili di apprendimento del soggetto tipologia di competenza da acquisire eventuale strumentazione tecnica tempi entro cui far acquisire le competenze professionali richieste per

“sanare” il fabbisogno di competenza scelta dei docenti aziendali più idonei individuazione dei luoghi e tempi più adeguati per lo svolgimento

dell’attività formativa.

Sia consapevole delle principali “necessità” che sottendo un processo di affiancamento di successo, e cioè che l’apprendista:

Page 194: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

14

Riconosca il lavoratore esperto quale “punto di riferimento del

progetto”nonché “portatore di esperienza e di competenza” Sia motivato e disponibile Percepisca che il tutor aziendale attribuisce valore al ruolo assegnatogli Percepisca che l’azienda investe sulla sua formazione, proprio attraverso

l’azione del tutor aziendale Applichi, in raccordo con il tutor aziendale e con i formatori docenti

aziendali, quanto appreso Acquisisca non solo conoscenze e competenze, ma anche comportamenti

adeguati al contesto aziendale in cui si trova ad operare Sia responsabilizzato rispetto alle mansioni assegnate e sia posto nelle

condizioni per assumersi tale responsabilità L’apprendista verifichi l’efficacia dell’apprendimento anche a seguito di

feed-back costanti nel tempo, trasmessi sia dal docente aziendale, sia dal tutor aziendale

Concludendo… L’impresa che assume apprendisti è un impresa in crescita: accrescere la professionalità dei propri lavoratori contribuisce a favorire lo sviluppo dell’impresa. Lo sviluppo delle potenzialità dell’apprendista, in quanto risorsa professionale, costituisce un investimento per l’impresa, sicuramente più significativo dello sgravio contributivo che il contratto di apprendistato prevede. Senza nulla togliere al valore della innovazione tecnologica, ci si è resi conto che – specialmente nelle piccole e medie imprese – il reale “valore aggiunto” che determina la crescita dell’impresa risiede spesso nelle risorse professionali (individui) che “governano” comunque le macchine. È opportuno in questo contesto evidenziare il significato etimologico del termine “risorsa” (ressource) ossia sorgente che mette nuova vita nell’ambiente e nel contesto di lavoro. L’apprendistato è un’opportunità per le imprese, se si riesce a configurarlo come un contesto in cui un giovane si sente una risorsa, cioè una “potenzialità” che viene valorizzata, incentivata ad apprendere, a migliorare le proprie capacità professionali ed anche quelle personali. È ormai superfluo ricordare che il tutor aziendale, in quanto leader del progetto formativo, è il tramite tra l’impresa e l’apprendista, cioè la nuova risorsa inserita. Egli di fatto agisce su due fronti: Nei confronti dei colleghi,

Perché coglie ogni occasione per sottolineare che l’apprendista, se “coltivato” (si parla talora di gardening) è oggi una potenzialità e può diventare in futuro un fattore importante per la crescita e lo sviluppo dell’impresa

Nei confronti dell’apprendista,

Page 195: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

15

Perché contribuisce a far sì che il contesto di lavoro in cui è inserito l’apprendista venga percepito e vissuto come un’opportunità che stimola a diventare “adulto”, a crescere sul piano professionale, acquisendo senso di responsabilità ed adottando un approccio mentale orientato all’imparare.

3. LA RELAZIONE TUTOR AZIENDALE-APPRENDISTA TRA CONDIVISIONE E SVILUPPO Il tutor aziendale rappresenta il costante punto di riferimento del giovane apprendista, che deve trovare in questa figura professionale un interlocutore in grado di supportarlo. In quest’ottica il tutor aziendale/project leader dovrebbe prestare particolare attenzione a talune situazioni:

Chiarire che cosa si aspetta l’azienda dall’apprendista, evidenziando il rapporto tra i compiti progressivamente affidati e lo sviluppo delle proprie competenze; l’apprendista non deve solo essere informato degli obiettivi, ma portato gradualmente a coglierli come opportunità di crescita professionale.

Rendere partecipe l’apprendista del proprio percorso formativo, informandolo e

coinvolgendolo, compatibilmente con le esigenze dell’azienda, sia dal punto di vista contenutistico sia sul piano delle tempistiche.

Sottolineare, qualora egli stesso si trovasse a ricoprire anche il ruolo di formatore

aziendale, i momenti formativi interni distintamente da quelli strettamente connessi all’attività produttiva, affiancando con una maggiore attenzione l’apprendista durante gli stessi.

Richiedere che lo stesso apprendista acquisisca consapevolezza del “come” e del

“perché” di certe attività e/o comportamenti professionali non limitandosi esclusivamente alla loro attuazione.

Utilizzare gli errori e le criticità come occasioni di apprendimento, cercando di evitare di

sostituirsi semplicemente all’apprendista, stimolandolo ad analizzare in prima persona le cause delle criticità e spronandolo ad individuare potenziali soluzioni.

Verificare i risultati conseguiti con l’apprendista, analizzando le modalità con cui ha

lavorato, per conoscere e valorizzare l’acquisizione/sviluppo delle sue conoscenze e capacità, per individuare e colmare eventuali lacune e per valutare l’assegnazione di nuovi compiti eventualmente più complessi.

Stimolare l’apprendista ad interagire costruttivamente con l’organizzazione ed

eventualmente con soggetti esterni ad essa.

Affinché la relazione tutor aziendale-apprendista sia proficua sono necessarie essenzialmente due condizioni preliminari:

L’impresa è opportuno che consideri l’apprendista una risorsa su cui

investire, in modo che possa crescere le proprie competenze e contribuire al futuro sviluppo aziendale;

L’apprendista è opportuno che sia stimolato a mostrare disponibilità ed interesse ad accrescere la propria professionalità all’interno dell’impresa.

Page 196: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

16

Concretamente la relazione tutor aziendale-apprendista si instaura e si consolida attraverso:

L’accoglienza

l’accoglienza di un apprendista deve essere strutturata, da parte del tutor aziendale, in modo da perseguire un inserimento partecipato e consapevole che può favorire senso di appartenenza e spirito di squadra. L’accoglienza è caratterizzata principalmente da tre momenti:

Informativo: l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione è facilitato e favorito dal possesso di informazioni circa valori aziendali, norme, consuetudini, regole formali e informali, che vengono rispettate e seguite nell’azienda di riferimento.

Orientativo: per facilitare l’inserimento e favorire l’acquisizione progressiva di comportamenti adeguati, sia sotto l’aspetto tecnico, sia sotto quello relazionale, è importante che siano offerti all’apprendista alcuni punti di riferimento rispetto al lavoro, al settore di inserimento, ai responsabili, ai colleghi ed alle modalità di interazione.

Integrativo: deve essere facilitata l’integrazione nel contesto soprattutto relazionale, agevolando il sintonizzarsi delle aspettative dell’apprendista con le richieste aziendali sia sul piano pratico sia sul piano degli obiettivi aziendali.

Il tutor aziendale/project leader rappresenta il principale “filtro” attraverso cui l’apprendista vede, percepisce e valuta il contesto nel quale è chiamato ed ha scelto di operare. È quindi indispensabile che, nel porsi in relazione con l’apprendista, il tutor aziendale evidenzi gli aspetti dell’ambiente di lavoro che possono indurlo a “sentirsi a proprio agio” all’interno dell’azienda.

L’ascolto diretto e l’osservazione Un atteggiamento di ascolto diretto è indispensabile per conoscere meglio l’apprendista e per favorirne l’inserimento nel contesto di lavoro. Si tratta di porre attenzione alle modalità espressive dell’apprendista con particolare riguardo alle domande poste, al fine di giungere ad una maggiore comprensione di come egli “vive” la realtà aziendale in cui si trova ad agire. Ma altrettanto importante può essere una forma di ascolto indiretto come l’osservazione. Spesso con tale metodica è possibile “esplorare” quali siano le modalità con cui l’apprendista percepisce, vive e valuta i diversi aspetti del contesto di lavoro: il clima organizzativo, le mansioni che deve svolgere, il flusso delle informazioni e delle decisioni, l’importanza che viene data ai suoi contributi ed il feed-back che ne riceve, le opportunità che coglie per imparare e migliorare. L’ascolto diretto, ma anche una attenta osservazione, posso spesso costituire la base su cui impostare con l’apprendista un dialogo proficuo e positivo.

La trasmissione di informazioni La trasmissione di informazioni riguardanti i diversi aspetti del lavoro che l’apprendista deve svolgere e del contesto in cui il lavoro stesso si realizza, risulta più efficace se il tutor aziendale, mediante l’ascolto diretto e l’osservazione, riesce a cogliere quel’è lo stile di comunicazione

Page 197: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

17

dell’apprendista e quali sono le modalità che lo aiutano a recepire in forma corretta e positiva le comunicazioni che gli vengono date. Inoltre, nel momento in cui il project leader si trovi a trasmettere informazioni tecnico-professionali inerenti ai componenti dell’apprendista o più in generale all’organizzazione del processo produttivo, occorre che tenga in considerazione il livello di conoscenza/competenza nonché di padronanza del linguaggio specifico posseduto dall’apprendista. Sulla base di tali rilevazioni, il tutor può impostare la trasmissione delle diverse informazioni riguardanti i lavori da svolgere, le procedure da porre in atto, le avvertenze e le criticità cui porre attenzione, le caratteristiche dei risultati da conseguire, le modalità con cui l’apprendista deve apportarsi con i colleghi di lavoro. A seconda delle caratteristiche con cui l’apprendista è in grado di recepire ed elaborare le informazioni, il tutor può inoltre individuare i tempi ed i luoghi in cui trasmetterle, tenendo in considerazione che alcuni preferiscono avere tutte le informazioni necessarie prima di avviare il lavoro mentre altri si sentono maggiormente sicuri se ricevono le informazioni gradatamente, “in corso d’opera”. Consiste un rapporto di causa ed effetto tra la motivazione al lavoro e la motivazione ad apprendere le competenze necessarie per eseguire quel medesimo lavoro. La motivazione, in quanto dimensione interna dell’individuo, non può essere sviluppata. È possibile però creare e favorire le condizioni che possono promuovere la motivazione. Si tratta di un percorso articolato volto principalmente a:

Acquisire competenze per il lavoro attraverso una progettualità partecipata Definire la mansione con chiarezza, come obiettivo di apprendimento Declinare la mansione nella sequenza di operazioni da eseguire Analizzare l’apprendimento all’inserimento e alla crescita professionale Fornire strumenti e possibilità di feed-back per il controllo e la valutazione autonoma

delle proprie prestazioni.

Page 198: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

18

4. LA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELL’APPRENDISTA: UN’OPPORTUNITÀ PER L’AZIENDA Premessa Dopo essersi soffermati nei capitoli precedenti sul ruolo/importanza della figura del tutor aziendale/project leader, nonché sulla strategicità della relazione tra esso e l’apprendista rappresenta un investimento fondamentale da parte dell’azienda, in questo capitolo vengono proposti alcuni suggerimenti e tracce di lavoro in base alle quali il tutor aziendale può collaborare attivamente con il consulente/progettista della’agenzia di formazione per la costruzione del percorso formativo dello stesso apprendista. Torna utile in premessa soffermarsi su due concetti (uno dei quali già in parte anticipato nel capitolo denominato “Il significato dell’esperienza professionale: il tutor aziendale”), fondamentali nella riflessione della presente sezione: apprendimento e percorso. Il concetto di apprendimento solitamente viene associato a quello di formazione. La formazione infatti si configura come un intervento organizzato e strutturato che ha lo scopo di facilitare nei destinatari lo sviluppo del processo di apprendimento. Tale processo, in particolare nei contesti aziendali, assume una importanza prioritaria: in esso infatti il soggetto si pone come protagonista del mutamento (apprendimento infatti è sinonimo di mutamento) che lo porta ad intervenire gradatamente con competenze sempre maggiori nell’esercizio delle sue mansioni. Non è un caso infatti che molte aziende, in particolare quelle orientate allo sviluppo ed incremento della propria produttività e presenza nel mercato, considerino importante predisporre strategie che, in modo efficace e diffuso, facilitano il processo di apprendimento (cioè di crescita professionale) di tutti coloro che vi operano, a tutti i diversi livelli. Si evidenzia qui la prima questione da affrontare: in che modo, con quali strategie e interventi è possibile avviare e sviluppare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, in vista del conseguimento dei risultati attesi? Il secondo concetto da esaminare, il percorso, si collega strettamente alle considerazione qui riportate. L’apprendimento – considerato come un processo di acquisizione e sviluppo di competenze – si attua mediante un percorso, un itinerario che si snoda in tempi e luoghi diversi, e che approfittando delle opportunità offerte dal contesto di lavoro, si articola secondo modalità che tengono conto delle difficoltà che incontra. È opportuno sottolineare che, proprio in presenza di questi fattori, dobbiamo considerare il percorso di apprendimento, da un lato, come un itinerario che viene costruito e predefinito in base ai risultati attesi e, dall’altro, come un itinerario che si presenta aperto ad eventuali arricchimenti e adattamenti riguardanti sia le competenze da sviluppare, sia le modalità con cui favorire il loro apprendimento.

Page 199: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

19

Riprendendo ed integrando quanto sopra espresso, la domanda che come formatori occorre porsi è: quale percorso è opportuno prevedere e configurare per facilitare il processo di acquisizione di conoscenze/competenze dell’apprendista, considerando le sue caratteristiche e le caratteristiche dei compiti che deve svolgere, e quali risorse di esperienza mettere in campo? E, più in specifico: quali sono i tempi ed i luoghi più idonei per scandire tale percorso, al fine di renderlo efficace? Quali operatori dell’azienda (responsabili di area o reparto, tecnici, senior, ecc.) possono svolgere il ruolo di coloro che, come docenti interni, possono trasmettere competenze professionali adeguate, a seconda dei compiti che l’apprendista deve imparare a svolgere? I quesiti che abbiamo posto a proposito dei due concetti costituiscono altrettanti punti di attenzione che il tutor aziendale deve aver presente nel predisporre il percorso di apprendimento dell’apprendista, in collaborazione con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione ed eventualmente con docenti interni all’azienda di volta in volta impegnati negli interventi di formazione rivolti all’apprendista. Per facilitare tale operazione, proponiamo alcune tracce di lavoro che tengono conto delle caratteristiche della situazione concreta (il contesto di lavoro) in cui il processo di apprendimento si svolge. Suggerimenti per programmare il percorso di apprendimento.

Il riferimento fondamentale: i compiti professionali

Il percorso di apprendimento professionalizzante si basa essenzialmente sui compiti affidati o da affidare all’apprendista all’interno dell’azienda. Ad essi infatti devono essere riferiti in forma appropriata sia i contenuti da apprendere, sia il contesto in cui attuare l’apprendimento, in quanto nella loro attuazione l’apprendista ha l’opportunità di sperimentare direttamente come la pratica si colleghi (e si arricchisca) con la teoria e come le teoria offra l’opportunità di svolgere i propri compiti in modo maggiormente competente. Il tutor aziendale dunque, per supportare l’impostazione del percorso, individua assieme al consulente progettista dell’agenzia di formazione, tra i compiti svolti dall’apprendista in particolare quelli che richiedono una maggiore padronanza di “sapere professionale” che, appunto, costituisce oggetto di apprendimento. A questo proposito si possono prestare diverse situazioni. Prendiamo in esame le più comuni e diffuse. Il tutor aziendale può porre l’attenzione, in accordo con il consulente/progettista, sui compiti che l’apprendista svolge da tempo, ma a proposito dei quali necessita di ulteriori approfondimenti. Oppure può individuare compiti che l’apprendista deve affrontare per la prima volta e la cui esecuzione richiede l’apprendimento di particolari e specifiche competenze professionali. In queste operazioni è alquanto opportuno che il tutor aziendale si ponga in una prospettiva di sviluppo della professionalità dell’apprendista, prendendo in esame non solo i compiti che egli svolge attualmente, ma anche quelli che potrebbero in futuro essergli affidati.

Page 200: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

20

In questa ottica può essere strategico aiutare l’apprendista ad imparare “oggi” come svolgere i compiti ad un livello elementare per poter “domani”, su tale base, imparare a svolgerli ad un livello di maggior complessità o a svolgerli con più autonomia e responsabilità.

La definizione dei risultati attesi: gli obiettivi

Una volta identificati i compiti, oggetto dell’ analisi progettuale, il tutor aziendale, assieme al consulente/progettista, individua e definisce le conoscenze, le capacità ed i comportamenti necessari per il loro corretto svolgimento: tali ambiti di competenza costituiscono gli obiettivi del percorso di apprendimento. È opportuno sottolineare che la formulazione delle competenze da porre come obiettivi dell’apprendimento va fatta utilizzando espressioni nelle quali esse sono descritte in forma concreta ed in termini di prestazioni, per essere eventualmente più comprensibili e quindi condivisibili. Per rendere l’idea, ad esempio, nel settore meccanico un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di leggere ed interpretare il disegno tecnico individuando le tipologie di lavorazioni di pezzi con macchine utensili rispettando le procedure e la normativa sulla sicurezza, ecc. Nelle attività commerciali, ad esempio, un obiettivo può essere opportunamente così descritto “al termine dell’intervento formativo l’apprendista sarà in grado di: effettuare lo stoccaggio delle merci sugli scaffali ed al banco secondo le modalità di presentazione delle merci adottate dall’azienda, ecc. Quanto più gli obiettivi sono espressi in maniera concreta, tanto più sarà chiaro il senso e l’utilità dell’attività progettuale nonché formativa, per l’azienda, per il tutor aziendale, per i docenti ed anche per l’apprendista.

La pianificazione del percorso di apprendimento

Come precisato nel 1° capitolo, un progetto ha successo quando vengono presi in considerazione anche gli aspetti logistico/organizzativi. A tal proposito è opportuno che il tutor aziendale, per ottenere una efficace gestione del progetto formativo, presti particolare attenzione alla predisposizione del “planning” relativo al percorso da attuare, ossia le indicazioni riguardanti le seguenti dimensioni operative: dove, chi, quando, come. Vanno perciò individuati per ciascun ambito di competenza che costituisce obiettivo dell’apprendimento, in accordo con il consulente/progettista e sentito il parere dei colleghi che assumono il ruolo di docenti/formatori interni:

I luoghi in cui l’apprendista svolge i compiti riguardanti la competenza presa in esame (il reparto, l’ufficio, l’area vendite o distribuzione, il magazzino, ecc.) e le attrezzature e gli strumenti che possono supportare l’apprendimento

I soggetti destinati a supportare e presidiare il processo di apprendimento (il

formatore/docente aziendale, eventuali docenti esterni, i cosiddetti “maestri di esperienza”, ecc.)

Page 201: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

21

I tempi e le frequenze secondo cui attuare le diverse fasi dell’apprendimento (il calendario programma, definito in giornate e ore dedicate alla formazione)

La sequenza delle esperienze di apprendimento (tenendo presente il principio: dal noto

all’ignoto, dal semplice al complesso)

Le metodologie didattiche con cui facilitare l’apprendimento (la più diffusa ed efficace è la tecnica dell’affiancamento).

Nel prefigurare la pianificazione del progetto formativo è necessario che il tutor aziendale tenga presente che i contesti nei quali si realizza l’apprendimento delle diverse competenze debbono operare in forma tra loro sinergica, in particolare se tali contesti si collocano in luoghi e tempi diversi e/o vengono gestiti da docenti, esperti o formatori diversi. Il processo di apprendimento, attraverso anche il percorso formativo, infatti risulta efficace solo qualora l’apprendista percepisca che molteplici contributi che gli vengono offerti si collegano tra di loro e contribuiscono in forma sistemica a renderlo capace di affrontare compiti sempre più complessi in forma autonoma e responsabile.

La gestione degli aspetti organizzativi

Nel programmare e pianificare il processo di crescita professionale dell’apprendista il tutor aziendale non può non tener conto anche del fatto che le sue scelte ed i suoi interventi devono inserirsi in un complesso di normative definite a livello istituzionale (Stato, Regioni, contratti di lavoro). In tale cornice, quindi, il progetto formativo personalizzato costruito con il consulente/progettista dell’ente costituisce anche un quadro di riferimento per così dire “obbligato”, al quale occorre attenersi nel corso del suo svolgimento. Il tutor aziendale, in quanto project/leader, si assume di fatto la responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle singole attività formative previste nel progetto formativo personalizzato (soprattutto quelle previste all’interno del contesto aziendale). Ogni variazione che “in corso d’opera” si dovesse verificare per diversi motivi2 (in particolare per quanto riguarda l’attuazione delle attività previste, il rispetto dei tempi e dei luoghi per la loro attuazione) va tempestivamente comunicata al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, allo scopo di individuare gli eventuali correttivi da porre in atto e, se possibile, le strategie di miglioramento. La maggiore puntualità e precisione nelle comunicazione fra tutor aziendale e consulente/progettista dell’agenzia di formazione ha, in tal senso, due ulteriore risvolti di primaria importanza:

a) Preservare, per quanto possibile, l’organicità e la coerenza del percorso formativo predisposto.

b) Garantire che le variazioni poste in essere non sono incompatibili con il carattere di “obbligatorietà” e di “formalizzazione” del progetto stesso e quindi in ultima analisi, garantire la piena sicurezza dell’azienda rispetto alla caratteristica dell’obbligo formativo.

2 Esempio: ferie/permessi/malattie/infortuni dell’apprendista, improvvisi ed elevati carichi di lavoro, ecc.

Page 202: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

22

5. LA VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: “IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE”

Premessa Affrontare la questione della verifica e della valutazione delle competenze dell’apprendista è cosa di non facile soluzione e di difficile sintesi, vuoi per le svariate situazioni di cui occorre tener conto, vuoi perché il concetto di verifica e valutazione porta i sé una certa carica negativa, molto spesso sia per chi è chiamato ad essere valutato sia per chi è chiamato a valutare. Uno degli scopi di quanto segue sarà proprio quello di mettere in luce come questa fase di valutazione delle competenze acquisite dal punto di vista professionale dall’apprendista possa essere percepita come un’opportunità di crescita ulteriore da entrambi i punti di vista. Molteplicità di situazioni si diceva, basti pensare in primo luogo alla diversità dei momenti in cui il tutor aziendale attiva i suoi interventi nei confronti dell’apprendista: le opportunità e l’efficacia dell’azione del tutor aziendale varia notevolmente se questi ha la possibilità di intervenire nella fase di primo inserimento, piuttosto che dopo qualche mese dall’avvio dell’attività professionale dell’apprendista, dove diviene certamente più difficoltoso trasmettere modalità e strategia operative/relazionali. Sono poi da non sottovalutare le differenze sia sul versante produttivo, sia sul versante organizzativo che ogni azienda ha rispetto ad un’altra. In aggiunta a questo, occorre anche tenere conto delle specificità che ogni apprendista, calato in un contesto lavorativo ricco di particolarità, porta con sé, dal punto di vista della personalità, delle competenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative, della sua motivazione al lavoro e all’apprendimento, sul piano personale come su quello professionale. Stanti questi presupposti, data l’impossibilità di elaborare un modello universalmente applicabile, occorrerà limitarsi a qualche suggerimento riguardante strategie e linee operative comuni a tutte le situazioni; come sempre accade in un quadro teorico, ogni tutor aziendale potrà poi scegliere e valutare quali siano le più opportune da seguire, dato il proprio contesto aziendale di riferimento.

Suggerimenti per stabilire un corretto rapporto con l’apprendista In prima battuta, è bene evidenziare che il tutor aziendale nei confronti dell’apprendista non svolge il ruolo di genitore o dell’amico/a, ma quello del “leader” che, in virtù delle peculiarità del suo ruolo e della sua esperienza, rappresenta il punto di riferimento e la guida nel processo di crescita professionale e personale dell’apprendista. In tale compito di guida o punto di riferimento, il tutor aziendale può essere agevolato dal porre in essere le tre azioni già trattate nel capitolo 3 (accoglienza, ascolto ed osservazione, trasmissione di informazione) che possono apparire scontate, ma che proprio per questo sono facilmente trascurate pur essendo invece molto rilevanti.

Page 203: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

23

Strumenti per favorire una crescita professionale dell’apprendista

La questione principale che si pone dinnanzi ad un apprendista è la sua crescita professionale: l’azienda investe in questa nuova risorsa al fine di fargli acquisire le competenze necessarie in modo che un domani si trasformi in un valore aggiunto per l’attività stessa. In questo quadro, il tutor aziendale rappresenta il punto di incontro tra l’apprendimento pratico o non formale, che si sviluppa mediante l’esercizio concreto del lavoro e l’apprendimento formalizzato (cioè strutturato, predefinito in obiettivi, tempi, luoghi, risorse, modalità di relazione e di verifica, e quindi documentabile e documentato), attuato mediante il progetto formativo personalizzato, volto ad ottimizzare e a favorire la buona riuscita del primo. Infatti il processo di crescita professionale e conseguentemente personale dell’apprendista si sviluppa in modo positivo se egli riesce a porre in atto in modo efficace le proprie conoscenze e capacità nel concreto esercizio delle attività lavorative, verificando la loro incidenza nella pratica applicazione, ricavandone spunti e suggerimenti per accrescere il proprio sapere professionale anche mediante l’errore. Come si è precisato nel 1° capitolo, i progetti di successo spesso sono quelli nei quali vi è attenzione a tutti i dettagli, anche quelli che possono sembrare ininfluenti. Due sono i principali strumenti per favorire la crescita professionale dell’apprendista:

L’affiancamento La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione

L’affiancamento è il tipo di intervento che più frequentemente si pone in essere nel contesto lavorativo per facilitare l’acquisizione delle competenze professionali da parte dell’apprendista. In costante sostegno all’apprendista durante l’esercizio delle sue mansioni (soprattutto nel periodo iniziale dell’inserimento) è sicuramente la forma migliore per fargli acquisire le capacità operative richieste. È opportuno che il tutor/leader direttamente o in accordo costante con il docente interno che affianca l’apprendista, definiscano le migliori strategie e accorgimenti per agevolare il corretto svolgimento dell’attività formativo/professionale. Alcune indicazioni operative possono essere date, tenendo conto di tre momenti:

a) Prima dell’attuazione dei compiti È fondamentale trasmettere attentamente tutte le informazioni necessarie allo svolgimento. Tuttavia, se l’apprendista risulta recepire più chiaramente con una nuova trasmissione dilazionata, occorre seguire con maggior attenzione le varie fasi del processo lavorativo. Se il compito assegnato risulta essere particolarmente complesso, è opportuno tentare di soffermarsi brevemente per definire il piano di lavoro, ricordare le regole e le procedure, evidenziare le situazioni che possono far scaturire criticità o complessità particolari, richiamando l’attenzione dell’apprendista al fine di indurlo a mettere in atto interventi di controllo in itinere (fase di briefing).

b) Durante lo svolgimento dei compiti

Page 204: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

24

È opportuno tenere presente alcune regole dell’affiancamento:

Se il compito presenta particolari novità, è consigliabile l’affiancamento diretto, durante il quale il docente esperto esegue il compito e l’apprendista osserva le operazioni, raccogliendo le informazioni necessarie e chiedendo eventuali chiarimenti; in un secondo tempo, sarà egli stesso ad impegnarsi nello svolgimento del compito, con l’assistenza del docente esperto e/o anche del tutor aziendale;

Se al contrario i compiti sono già stati svolti in precedenza dall’apprendista, è sufficiente l’affiancamento leggero: l’apprendista esegue il compito in autonomia relativa e il docente esperto o il tutor aziendale, in particolare nei momenti più critici del processo, controlla lo stato di avanzamento del lavoro, suggerendo eventuali accorgimenti da adottare.

Le modalità mediante cui attuare queste operazioni di monitoraggio e controllo, ovviamente, variano a seconda dei compiti assegnati e del contesto in cui si attuano: occorre ad esempio prestare la massima attenzione in quelle attività in cui è implicato anche un cliente esterno, al fine di non sminuire la fiducia di quest’ultimo verso l’azienda e, in caso di errore, dell’apprendista verso di sé.

c) Dopo lo svolgimento dei compiti In particolar modo dopo quelli che l’apprendista affronta per la prima volta, o hanno presentato particolari criticità, è consigliabile la fase denominata “debriefing”, in cui ci si sofferma brevemente con l’apprendista per riflettere sul lavoro svolto, evidenziando i punti di forza, ossia le situazioni in cui ha operato con sicurezza, e quelle in cui ha inoltrato alcune difficoltà, ossia i punti di debolezza. In tal modo da un lato ne risulta stimolata l’autostima, dall’altro l’apprendista risulta agevolato nella percezione delle competenze da acquisire e di quali siano i punti in cui migliorarsi. Perché ciò avvenga occorre però che sia il docente esperto sia il tutor aziendale non dimentichino che l’errore è il primo modo per crescere, se viene rilevato e analizzato adeguatamente, e quindi positivamente. La collaborazione attiva con il consulente/progettista dell’agenzia di formazione, finalizzata alla corretta riuscita del progetto, ha lo scopo di rilevare: La qualità del processo di apprendimento con particolare riguardo al livello di presenza,

attenzione, motivazione ad apprendere, dimostrati dall’apprendista; Quali siano gli ambiti di competenza nei quali l’apprendista dimostra di aver realizzato dei

progressi e quelli in cui necessita di particolari supporti o integrazioni; Se emergono nel corso della formazione attuata nel quadro del progetto particolari

argomento e/o contenuti tecnico – professionali nei quali il tutor può impegnare l’apprendista nell’esercizio delle sue mansioni, al fine di rinforzare la teoria con la pratica.

Strumenti per effettuare la valutazione dello stato di avanzamento del processo di crescita professionale dell’apprendista. Il tutor aziendale svolge una funzione indispensabile anche a proposito delle competenze che l’apprendista dimostra di aver acquisito mediante lo svolgimento del lavoro e del progetto formativo ad esso connesso. In tal modo si evidenzia ancor più la strategicità del ruolo, che diviene figura chiave ai fini aziendali, poiché mediante la sua valutazione l’azienda si può rendere conto in maniera più puntuale se e in che misura l’apprendista rappresenta una risorsa utile allo sviluppo della produttività.

Page 205: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

25

A tal fine un elemento importante è costituito dalle griglie di valutazione predisposte assieme al consulente/progettista dell’agenzia di formazione, grazie alle quali risulta possibile rilevare con quale grado di competenza l’apprendista svolge le sue attività professionali al termine dell’intervento formativo. Ovviamente le griglie di valutazione debbono essere utilizzate in un reale contesto di lavoro, perché questo rappresenta anche per l’apprendista il banco di prova nel quale in forma concreta e visibile possono venire testati sia il livello delle competenze che egli possiede, sia le modalità con cui egli le mette in atto. È opportuno a questo proposito ricordare che la verifica e valutazione deve essere articolata in due fasi:

La rilevazione del possesso di competenze da parte dell’apprendista mediante soprattutto l’osservazione del suo comportamento professionale nello svolgimento dei compiti a lui affidati

La valutazione di tale comportamento professionale e verifica della sua corrispondenza con gli obiettivi del progetto formativo.

La prima fase viene svolta direttamente e pressoché esclusivamente dal tutor aziendale/project leader ed eventualmente dai suoi colleghi formatori/docenti interni. La seconda viene svolta dal tutor aziendale insieme con il consulente/progettista dell’agenzia formazione. Questa seconda fase è importante quanto la prima, perché potrebbe portare a significative variazioni su più aspetti del progetto successivo (cioè di quello relativo ad un altro apprendista), in una logica di miglioramento continuo, che rappresenta anche una crescita del tutor aziendale e del consulente/progettista dell’ente di formazione nella capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo. Da quanto affermato sin qui è evidente come sia possibile, predisponendo alcuni accorgimenti semplici ma fondamentali, favorire il miglior sviluppo delle capacità fondamentali dell’apprendista. Da questo contesto l’attività di verifica e valutazione hanno certamente il grande pregio di costituire un’opportunità affinché l’apprendista “impari l’atre e la metta da parte” con conseguente vantaggio per:

L’apprendista stesso, che acquisisce maggiore e più motivata consapevolezza delle proprie capacità

L’azienda che può valutare positivamente l’investimento attuato Il tutor aziendale, che vede confermato da un ulteriore elemento di successo il valore della

propria esperienza e del proprio ruolo di project leader.

Page 206: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

26

APPENDICE 1 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

L’istituto dell’apprendistato è nato in Italia nel 1955, in un periodo difficile di ricostruzione economica dopo le immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. A fronte delle necessità di garantire i livelli di occupazione e di lavoro, la legge 19 Gennaio 1955, n. 25 è stata, sin dall’inizio, un incentivo (soprattutto per le microimprese) all’assunzione di minorenni, ai quali era offerta la possibilità di raggiungere una qualifica professionale attraverso il lavoro, con alcuni momenti formativi a contenuto trasversale esterni all’azienda. Fin dalle sue origini l’apprendistato si è configurato quindi come un rapporto di lavoro particolare, tanto da essere definito un contratto a “causa mista” in virtù del quale l’azienda era tenuta, con la collaborazione dello stato, a garantire non solo lavoro, ma anche formazione aziendale. L’obiettivo di tale istituto, di fatto, non è stato quindi solo quello di favorire l’inserimento dei giovani nel modo del lavoro, ma anche di offrire l’opportunità di intraprendere un percorso di crescita professionale e personale. Il cambiamenti politici, economici, sociali, culturali, tecnologici, che nel corso degli anni si sono verificati in Italia e la necessità di ripensare l’apprendistato alla luce delle conseguenze che tali mutamenti hanno avuto tanto per i lavoratori quanto per le imprese, sono state le premesse che hanno accompagnato la successiva modifica legislativa. L’apprendistato, regolamentato dalla Legge del 24 Giugno 1997 n. 196 (Articolo 16), prevedendo l’interazione di tre soggetti: l’apprendista, l’imprese e le agenzie formative, ha messo in risalto il momento formativo, prefigurando l’alternanza tra formazione interna (on the job) non formale, professionalizzante e affidata soprattutto alle aziende, e la formazione esterna nell’ente di formazione, di fatto di natura trasversale (off the job). Nell’ambito di successivi decreti il legislatore ha demandato alle regioni il compito di organizzare le attività formative. Sin dai primi anni del 2000, il dibattito politico economico è andato concentrandosi sempre più su tematiche attinenti alla liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo panorama si inserisce la Legge del 14 febbraio 2003, n. 30 (Legge Biagi) e soprattutto il Decreto legislativo attuativo del 10 settembre 2003, n. 276. Tra le diverse modifiche nell’ambito del mercato del lavoro, la Legge 30 e il suo decreto attuativo 276 in materia di apprendistato hanno introdotto tre diverse tipologie di contratto:

a) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente di conseguire una qualifica professionale e favorire l’entrata del mondo del lavoro di coloro che hanno meno di 18 anni;

b) Apprendistato professionalizzante, che favorisce il raggiungimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale per coloro che hanno dai 18 ai 29 anni;

Page 207: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

27

c) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore.

Tra le forme di apprendistato previste dal suddetto decreto, quella attualmente più utilizzata è l’apprendistato professionalizzante: questa tipologia può essere utilizzata in tutti i settori produttivi e da tutte le tipologie di impresa (dalla micro alla grande impresa). La durata del contratto non ha più una durata minima ma ha una durata massima di sei anni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi che definiscono la durata in relazione al tipo di qualifica da conseguire. Per ogni anno di contratto è prevista la realizzazione di almeno 120 ore di formazione formale, interna o esterna all’azienda: essa si realizza mediante un percorso formativo finalizzato a conferire all’apprendista le competenze trasversali e tecnico-professionali per l’acquisizione di un’adeguata capacità professionale. Il Piano Formativo Individuale, obbligatorio al momento dell’assunzione dell’apprendista, rappresenta la prima traccia del percorso formativo nel quale deve essere esplicitata la qualifica formativa oltreché quella contrattuale. Nel 2008 (Legge 133) il ministro Brunetta ha ripreso il concetto di “formazione”, già presente nella Legge 276/03, specificando che la formazione durante il periodo del contratto di apprendistato può essere svolta anche totalmente all’interno dell’azienda, sempre attraverso l’ausilio e il supporto dell’importante figura del tutor aziendale. L’azienda in questo modo può assolvere l’obbligo formativo previsto dal contratto di apprendistato senza che i propri apprendisti si assentino dal luogo di lavoro e in caso di visita ispettiva sono comunque in regola rispetto a questo obbligo normativo. Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell'apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un "Testo unico" di soli sette articoli. Tale normativa è ufficialmente in vigore dal 26/04/2012. La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell'apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale. I punti fondamentali possono riassumersi nel seguente modo: L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e

all’occupazione dei giovani.

4 tipi di apprendistato: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (per gli under 25); apprendistato di mestiere (per i giovani dai 18 ai 29 anni); apprendistato di alta formazione; apprendistato per la riqualificazione di lavoratori in mobilità.

Uniformità a livello nazionale della disciplina dell’apprendistato tramite le indicazioni della contrattazione collettiva.

Piano formativo individuale da redigere entro 30 giorni dalla data di assunzione dell’apprendista.

Divieto di retribuzione a cottimo.

Page 208: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

28

Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria finale seguendo le indicazioni del CCNL di riferimento.

Presenza di un tutor o referente aziendale

Possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali con i fondi paritetici interprofessionali

Riconoscimento della formazione effettuata per la qualifica professionale ai fini contrattuali e nel proseguimento di studi o percorsi d’istruzione per adulti.

Registrazione della formazione sul libretto formativo

Prolungamento dell’apprendistato in caso di sospensione continuativa superiore a 30 giorni (in caso di malattia, infortunio ecc.).

Divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione se non per giusta causa o giustificato motivo.

Possibilità di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione.

Durata massima del contratto di mestiere: 3 anni ; 5 anni per l’artigianato.

Formazione interna aziendale con possibilità d’integrazione da parte dell’offerta formativa pubblica per un monte ore non superiore a 120 nella durata del triennio.

In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore è obbligato a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta maggiorata del 100 per cento.

Se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

Non computabilità degli apprendisti nel numero totale dei dipendenti.

Possibilità di assumere con apprendistato i lavoratori in mobilità senza limiti d’età.

Page 209: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

29

APPENDICE 2 - IL DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (28 febbraio 2000)

Art. 1 1) Il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo

di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro.

2) Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna all’azienda allo scopo di valorizzare il

percorso di apprendimento in alternanza. 3) Il tutor esprime le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista ai fini

dell’attestazione da parte del datore di lavoro.

Art. 2

1) Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante.

2) Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve:

a. Possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;

b. Svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; c. Possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa;

3) Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non

siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. 4) Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, fermo restando, per le imprese

artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge-quadro di settore.

Art.3

1) Le Regioni, di concerto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e con i sindacati dei lavoratori, aderenti alle organizzazioni comparativamente più rappresentative, programmano specifici interventi formativi rivolti ai tutori al fine di sviluppare le seguenti competenze:

Page 210: IL TUTOR AZIENDALE - FormAPP Nuova...E spesso ciò che “dura nel tempo” è ciò che ha un valore profondo, radicato, è ciò che merita di essere costruito e curato. Il ruolo,

30

a. Conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza; b. Comprendere le funzioni del tutore e gli elementi di contrattualistica di settore

e/o aziendale in materia di formazione; c. Gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; d. Gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso

formativo dell’apprendista; e. Pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione

lavorativa; f. Valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento.

2) I tutori di cui al comma 1 dell’articolo 2 del presente decreto sono comunque tenuti a

partecipare, all’avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore ad 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di cui al comma 2 dell’articolo 1 del presente decreto nell’ambito delle attività formative per apprendisti.

3) La concessione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 16 comma 3 della legge del 24

Giugno 1997 n. 196 verrà determinata sulla base di un piano di sperimentazione predisposto di intesa fra il Ministero del Lavoro, Regioni e parti sociali.