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Il Piano di organizzazione e sviluppo della Sanità di Piacenza Rete ospedaliera, rete territoriale e sviluppo aziendale della AUSL di Piacenza

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Il Piano di organizzazione e sviluppo

della Sanità di Piacenza

Rete ospedaliera, rete territoriale e sviluppo aziendale

della AUSL di Piacenza

INDICE

1 Premessa e principi.................................................................................................................................... 3

2 La normativa di riferimento e le motivazioni alla base del Piano ............................................................. 5

3 La rete ospedaliera .................................................................................................................................... 7

3.1 La rete come è oggi: stato dell’arte e criticità ................................................................................... 8

3.1.1 L’ospedale di Piacenza .............................................................................................................. 10

3.1.2 L’ospedale di Castel San Giovanni ............................................................................................ 12

3.1.3 L’ospedale di Fiorenzuola d’Arda ............................................................................................. 13

3.1.4 L’ospedale di comunità di Bobbio ............................................................................................ 14

3.1.5 L’unità spinale di Villanova ....................................................................................................... 15

3.2 La rete ospedaliera proposta: caratteristiche peculiari degli ospedali della AUSL di Piacenza ....... 17

3.2.1 L’ospedale di Piacenza nella rete provinciale ........................................................................... 18

3.2.2 L’ospedale di Castel San Giovanni nella rete provinciale ......................................................... 20

3.2.3 L’ospedale di Fiorenzuola d’Arda nella rete provinciale .......................................................... 22

3.2.4 L’ospedale di comunità di Bobbio nella rete provinciale ......................................................... 24

3.3 Il Nuovo Ospedale di Piacenza ......................................................................................................... 25

3.3.1 Il mantenimento della qualità e delle funzionalità dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto ........ 28

4 Il Territorio ............................................................................................................................................... 30

4.1 I servizi territoriali in essere ............................................................................................................. 30

4.2 Le Case della Salute nella AUSL di Piacenza ..................................................................................... 32

5 Nuove modalità di presa in carico dei pazienti ....................................................................................... 38

5.1 I PDTA: nuovo modello piacentino................................................................................................... 39

5.2 I PDTA nella Casa della Salute .......................................................................................................... 40

6 Sviluppo organizzativo e professionale ................................................................................................... 41

6.1 La ricerca scientifica ......................................................................................................................... 41

6.2 Valorizzazione delle risorse umane .................................................................................................. 42

6.3 Le unità operative di supporto: integrazioni e unificazioni ............................................................. 43

3

1 Premessa e principi

Negli ultimi anni la AUSL di Piacenza ha dimostrato una buona capacità di adattamento ai bisogni della

popolazione di riferimento, raggiungendo livelli di risposta molto soddisfacenti in termini di appropriatezza:

gli indicatori di qualità e di performance tradizionali, ad esempio quelli del metodo “Bersaglio”1, sono buoni

e in linea con la media regionale. La sfida che la nostra Azienda, e più in generale il nostro Sistema Sanitario

Regionale, si troverà ad affrontare nel breve-medio periodo è quella di mantenere gli elevati standard di

risposta raggiunti, costruendo al contempo una offerta adeguata e appropriata ai nuovi bisogni

complessi, che derivano in buona parte dai trend anagrafici e, conseguentemente, dalla crescita

esponenziale della prevalenza degli stati cronici. La domanda di ricoveri in calo, la necessità di garantire

l’aggiornamento tecnologico e l’accesso ai nuovi farmaci, il forte incremento di bisogni legato alle cronicità

e l’esigenza di specializzare e caratterizzare sempre di più i nostri ospedali sono le principali dinamiche da

affrontare. A tale contesto si aggiunge la necessità di mantenere livelli di efficienza gestionale coerenti con

le risorse a disposizione.

Per garantire la sostenibilità economica del sistema all’Azienda è richiesto un continuo impegno nel

governo, monitoraggio e contenimento dei costi, e fin qui la nostra AUSL ha rivelato una forte capacità di

controllo dei costi, presentando da anni costi pro-capite inferiori alla media regionale. Tuttavia, gli alti livelli

di efficienza raggiunti non sono sufficienti per reperire le risorse necessarie a finanziare la riorganizzazione

del sistema, soprattutto quella che riguarda la parte territoriale, divenuta ormai improrogabile a fronte dei

nuovi bisogni a cui dare risposta. Le risorse richieste dovranno inevitabilmente venire da riorganizzazioni

interne e da futuri incrementi dei finanziamenti regionali. Accanto alla esigenza di far evolvere il nostro

sistema di offerta, permane l’obbligo di assicurare il livello quali-quantitativo dei servizi attualmente in

essere: in questo senso, le attività di programmazione e implementazione di specifiche azioni volte a

garantire efficienza e appropriatezza, senza ridurre i servizi, sono di fondamentale importanza.

In questo quadro, l’Azienda deve necessariamente trasformare la propria rete di offerta e l’organizzazione

interna basando la propria evoluzione su alcuni concetti-chiave:

Far crescere il Sistema: la prospettiva della crescita è intesa principalmente in antitesi

all’immobilismo o al mantenimento dello stato dell’arte, troppo spesso erroneamente identificati

come difesa del sistema. Per garantire un vero futuro in salute ai nostri cittadini è fondamentale

crescere ed evolvere in modo da rispondere efficacemente ai nuovi e più complessi bisogni di

salute. La sanità del futuro deve essere dinamica e offrire al cittadino la miglior risposta possibile: in

questo senso, i luoghi di cura e trattamento canonici (Ospedale, Territorio, Domicilio) devono

essere interrelati nel segno dell’integrazione e della continuità, mettendo al centro il paziente, e

rafforzando le attività di prevenzione primaria, promozione di salute e stili di vita sani ed

empowerment dei pazienti.

Essere protagonisti nella nuova rete ospedaliera di Area Vasta: in recepimento del D.M. 70/2015 e

della DGR 2040/2015, e in risposta all’evoluzione della medicina e degli standard clinici, l’Azienda

deve ragionare in ottica di rete provinciale e regionale, organizzando le proprie strutture sulla base

della specializzazione. La riorganizzazione degli ospedali del territorio nell’ottica della

1 Il “Bersaglio” è uno strumento progettato dal Laboratorio di Management e Sanità (MeS), Istituto di Management, della Scuola

Superiore Sant’Anna di Pisa che misura la performance delle diverse aree di attività delle aziende sanitarie; già usato nella maggior parte delle regioni italiane, nel 2015 è stato adottato anche da 11 Paesi OCSE per la sua immediatezza e semplicità di interpretazione e per la capacità di mettere in luce i punti di forza e di debolezza delle dimensioni in esame, permettendo la comparazione dei risultati in un’ottica di benchmarking.

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specializzazione significa garantire una appropriata concentrazione della casistica, raggiungendo

migliori livelli di clinical competence e, di conseguenza, controllando e diminuendo il rischio

clinico. Rafforzare l’immagine, l’autorevolezza e la posizione delle nostre strutture è inoltre

funzionale a mantenere e attrarre i professionisti nel nostro sistema, a creare opportunità di

sviluppo, a migliorare l’attrattività dei pazienti e a sviluppare la ricerca clinica, specie nel confronto

con le realtà lombarde ed emiliane. In altre parole, la caratterizzazione degli ospedali è essenziale

per la sopravvivenza delle strutture stesse: nel quadro attuale, ogni ospedale deve avere un ruolo

unico e insostituibile nella rete in cui opera, mantenendo una stretta e fluida interconnessione per

il paziente multi-problematico.

Servizi territoriali e prossimità: è fondamentale garantire la prossimità dei servizi di primo e

secondo livello, ovvero, principalmente, medicina generale, diagnostica di base, specialistica

ambulatoriale. Questo rappresenta la base per ridurre le diseguaglianze tra i diversi territori di

riferimento e, di conseguenza, per assicurare migliori livelli di equità di accesso ai servizi. L’azione

principale per aumentare la prossimità dei servizi e ampliare le possibilità di accesso è investire

nell’attivazione delle Case della Salute (CdS), da intendersi come i principali punti di riferimento

della comunità per i servizi di primo e secondo livello. Occorre costruire un modello che garantisca

il presidio del territorio, in particolar modo nelle aree estese e scarsamente popolate: la CdS deve

rappresentare il primo punto di ingresso al sistema, dove il cittadino possa trovare informazioni e

guida. Nella Casa devono essere offerte le prestazioni diagnostiche a più alto consumo e quelle che

hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella cura delle cronicità: infatti, nella CdS,

intesa come luogo fisico e organizzativo, i Medici di Medicina Generale (MMG) gestiscono le

cronicità, anche superando il modello dell’ambulatorio di patologia, e adottando un approccio

trasversale e multiprofessionale.

Medicina di iniziativa, responsabilità e presa in carico: i professionisti del futuro non si limitano ad

applicare corrette procedure mediche e di trattamento, ma devono essere in grado di gestire

appropriatamente i casi più complessi e sempre più prevalenti, i malati cronici, a partire dalla presa

d’atto del dato più importante: quasi la metà dei cronici oggi non segue i percorsi di cura fino a

quando non sorgono le prime importanti complicanze, o addirittura anche più tardi. In altre parole,

il sistema deve garantire una organizzazione che intercetti in modo proattivo i pazienti, che diventi

responsabile dell’arruolamento, e che gestisca il percorso di cura in base a specifici Percorsi

Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), in cui sono coinvolti diversi tipi di professionisti

(MMG, specialisti, medici ospedalieri, infermieri, assistenti sociali, etc). In questo senso, la CdS è il

luogo in cui avviene la presa in carico dei pazienti più complessi nel segno della medicina di

iniziativa, con la contestuale attivazione dei servizi più appropriati alla specifica situazione clinica

del singolo paziente, anche attraverso la costruzione di Percorsi Assistenziali Individuali (PAI) per i

casi pluri-patologici.

Mantenere la sostenibilità economica: aggiornamento tecnologico, nuovi farmaci, potenziamento

del territorio e gestione strutturata della cronicità richiedono significative risorse in investimenti,

beni e, soprattutto, personale. La sostanziale non-crescita delle risorse dedicate al sistema

sanitario, prospettata almeno nel medio periodo, rende imperativo proseguire negli sforzi di

razionalizzazione, in termini di efficienza, appropriatezza e soprattutto coerenza fra l’offerta di

servizi e bisogni di salute: l’ammodernamento della rete ospedaliera, sia dal punto di vista

infrastrutturale sia dal punto di vista clinico/organizzativo, contribuirà a tale sforzo di

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razionalizzazione. Inoltre, l’Azienda deve proseguire, sviluppare e rafforzare i processi di

reingegnerizzazione e riorganizzazione dei servizi amministrativi.

Tali principi, che rappresentano le linee di indirizzo alla base del Piano, sono il frutto di un percorso di

condivisione ampio e concertativo, che da luglio 2015 ad oggi ha interessato gli operatori e i professionisti

della sanità piacentina, gli attori istituzionali e i rappresentanti della società civile, e che va sotto il nome di

“Futuro in Salute”.

Sin dal proprio insediamento, la Direzione ha avviato un percorso di condivisione della strategia aziendale

con i propri professionisti, organizzando diversi incontri con tutti i capi dipartimento dell’area medica,

amministrativa e tecnico-professionale, accompagnati dai dirigenti rappresentativi di tutte le professioni. Il

Piano è stato costantemente aggiornato e arricchito dai preziosi contributi dei professionisti che

quotidianamente operano per la salute dei cittadini, fino a diventare un documento formale, sottoscritto

da oltre 60 dipendenti aziendali, tutti coinvolti nel percorso fin dall’inizio. La firma del documento, dal titolo

“La Sanità che vogliamo per un Futuro in Salute”, ha sancito un patto formale tra la Direzione e i

professionisti dell’Azienda, che si fonda sulla condivisione degli elementi chiave che guidano

l’organizzazione e lo sviluppo della sanità piacentina.

Parallelamente, all’interno del percorso Futuro in Salute, sono state organizzate sedute ad hoc con l’Ufficio

di Presidenza e la Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria (CTSS) dove la Direzione ha illustrato i dati di

contesto della provincia, in termini di struttura di offerta, consumo di servizi e dati economici,

sottolineando le criticità e proponendo ipotesi di soluzione e miglioramento, le stesse condivise all’interno

con i propri professionisti. Tutti i sindaci della provincia hanno potuto analizzare la situazione di partenza e

ascoltare le iniziative proposte, sottoscrivendo le linee di indirizzo per lo sviluppo dei servizi sanitari

piacentini, approvate formalmente dalla CTSS il 25 novembre 2015. Da quel momento fino ad oggi il

percorso di condivisione e ascolto è stato costante, in uno scambio positivo e biunivoco di proposte e

soluzioni, dove la Direzione dell’Azienda ha accolto le istanze dei sindaci, diretti rappresentanti dei cittadini,

adattando il Piano alle esigenze espresse.

Accanto ai rappresentanti locali e provinciali, l’Azienda ha incontrato costantemente le Organizzazioni

Sindacali Confederali e Pensionati, da sempre molto attenti alle esigenze della popolazione, con cui ha

instaurato un proficuo percorso di confronto, che ha contribuito al perfezionamento del Piano.

Nel corso degli ultimi 18 mesi, inoltre, la Direzione ha incontrato più volte le associazioni dei cittadini,

(come ad esempio l’Associazione Para-Tetraplegici Piacenza, Associazione Autonoma Diabetici Piacenza,

UICI Piacenza, etc.) per illustrare il Piano e le ipotesi di sviluppo costruite e per raccogliere opinioni e

contributi dai “consumatori” dei servizi sanitari, diretti interessati al miglioramento del sistema.

Recentemente, lo stesso percorso di condivisione del Piano è iniziato con i Comitati Consultivi Misti.

2 La normativa di riferimento e le motivazioni alla base del Piano

La motivazione principale alla base di questo Piano sta nella evoluzione della normativa di riferimento del

Sistema Sanitario Nazionale. Il recente Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n.70 (di seguito D.M. 70/2015)

disegna il “Regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e

quantitativi relativi alla assistenza ospedaliera” e uno degli obiettivi di mandato della Direzione Generale

dell’Azienda USL di Piacenza è “riorganizzare la rete ospedaliera secondo quanto previsto dal D.M. 70/2015

e dalla DGR 240/2015”, delibera regionale in attuazione del decreto.

Nello specifico, il D.M. 70/2015 prende atto dei significativi cambiamenti nei bisogni di assistenza che

stiamo sperimentando in questi anni e stabilisce la necessità di evoluzione e cambiamento dell’intero

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sistema sanitario in modo da rispondere in modo efficace ai nuovi bisogni e di garantire appropriati livelli

di sicurezza ai pazienti.

Il Decreto assume come criterio prioritario quanto provato dalla letteratura scientifica, per cui esiste una

forte correlazione tra volumi ed esiti per una grande parte delle prestazioni sanitarie. In altre parole, esiste

una rapporto tra numerosità delle prestazioni erogate e indicatori di esito, e, nello specifico, più è alto il

numero di casi trattati più è probabile che l’esito per il paziente sia buono. Per questa ragione, il Decreto e

la DGR 2040/2015 prescrivono che l’evoluzione della rete dei servizi sanitari debba basarsi sulla

specializzazione delle strutture: le Aziende sanitarie devono ripensare alla propria rete ospedaliera in

primo luogo attraverso la concentrazione della casistica nei diversi stabilimenti del territorio di riferimento,

in modo da:

- migliorare le competenze cliniche (clinical competence) dei professionisti

- diminuire il rischio clinico

- garantire maggiore sicurezza delle cure

- migliorare la qualità del servizio

- dare una vocazione precisa a ciascun ospedale, in modo valorizzare le eccellenze già presenti

- evitare sovrapposizioni e duplicazioni nella rete

- migliorare l’efficienza della rete

In particolare, rispetto all’ultimo punto, il D.M. 70/2015 e la DGR 2040/2015 stabiliscono che attraverso la

specializzazione e la concentrazione della casistica le Aziende sanitarie devono portare la dotazione di posti

letto totali a rispettare il rapporto di 3,7 posti letto per 1000 abitanti, comprensivi di 0,7 per la

riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie tenuto conto del saldo di mobilità. Per la AUSL di Piacenza,

questo significa un massimo di 1.100 posti letto, partendo da una situazione attuale di 1.146 posti letto.

Inoltre, il D.M. 70/2015 classifica le reti ospedaliere in base ai bacini di utenza serviti, e restituisci per ogni

categoria le tipologie di specialità che possono essere presenti. In base al decreto esistono:

le reti di base, con un bacino tra gli 80.000 e i 150.000 abitanti

le reti di I livello, con un bacino tra i 150.000 e i 300.000 abitanti

le reti di II livello, con un bacino tra i 600.000 e 1.200.000 abitanti

Piacenza si configura come una rete di I livello, e la riorganizzazione della nostra rete ospedaliera deve

anche tener conto delle prescrizioni relative a questa categoria nelle decisioni di sviluppo e potenziamento

delle specialità.

Gli ospedali del nostro territorio non sono ancora specializzati al livello richiesto dalla normativa nazionale e

regionale. Infatti, oggi la nostra rete ospedaliera non riesce a garantire le soglie minime definite dal Piano

Nazionale Esiti (PNE). Il PNE sviluppa nel Servizio Sanitario italiano la valutazione degli esiti degli interventi

sanitari di area chirurgica e non: in sostanza, per ogni intervento viene indicato il numero minimo di casi

necessari per garantire un buon esito al paziente. Come si vede più avanti, alla Tabella 2, la casistica

correlata all’esito di cura evidenzia per le singole strutture della provincia volumi inferiori o al limite dello

standard richiesto. E’ utile sottolineare che la DGR 2040/2015, facendo propri gli elementi chiave del D.M.

70/2015, stabilisce che la programmazione della rete ospedaliera regionale avvenga secondo il principio

prioritario della concentrazione della casistica, basandosi in particolare sui criteri del Piano Nazionale Esiti.

In questo contesto, i nostri percorsi di cura sono più efficaci di quelli di 15 anni fa (minore mortalità, minori

esiti negativi) e questo risultato è stato raggiunto attraverso i progressi nelle tecnologie e nei farmaci e

7

attraverso la progressiva specializzazione delle discipline sanitarie, in particolare quelle chirurgiche. Quanto

più aumenta la specializzazione, tanto più diventa essenziale che il chirurgo possa avere un numero di casi

sufficienti per possedere la c.d. «competenza clinica», e, dunque, diventa fondamentale concentrare la

casistica. Perpetuando l’attuale organizzazione le équipe chirurgiche si avviano a perdere la competence

e, soprattutto, i nuovi chirurghi non saranno in grado di acquisirla.

Questa ultima riflessione introduce un’ulteriore motivazione alla base della riorganizzazione della rete:

entro cinque anni quasi un terzo del corpo clinico dell’Azienda andrà in pensione e, contestualmente, nei

prossimi dieci anni assisteremo a un’importante riduzione del numero dei medici in Italia. In questo quadro,

Piacenza dovrà reclutare professionisti di valore in competizione con i migliori ospedali del Paese: solo una

rete che offra ai giovani chirurghi la possibilità di specializzarsi e la casistica sufficiente alla crescita

professionale potrà attrarre e mantenere personale qualificato.

Esiste poi un altro tema: l’AUSL di Piacenza si trova al confine con la Lombardia, dove operano i migliori

ospedali del Paese, e il suo territorio è concomitante ad altri due ospedali generali, quello di Fidenza e

quello di Parma. Le indicazioni della normativa nazionale, e considerazioni di buon senso, rendono facile

ipotizzare come nel medio periodo gli ospedali troppo piccoli siano destinati a essere messi in discussione.

La condizione per la sopravvivenza è riuscire a dimostrare di avere i numeri della competence, un livello di

efficienza sostenibile e, soprattutto, un ruolo univoco e insostituibile nella rete provinciale. Dall’altro lato,

alcune specifiche carenze di offerta nella rete dell’Emilia Nord e l’attuale relativa debolezza delle strutture

lombarde creano un ventaglio di opportunità che può e deve essere colta dalla rete provinciale per

occupare i vuoti di offerta, al fine di reperire risorse e volumi. La strategia della specializzazione, se e solo se

accompagnata dalla tempestività di azione, può consentire di cogliere queste opportunità.

In base alla DGR 2040/2015, inoltre, la riorganizzazione della rete provinciale passa anche attraverso un

forte potenziamento del territorio, attraverso la riorganizzazione delle Case della Salute con i contenuti per

affrontare il tema della cronicità e dei percorsi di cura che avvengono, e avverranno sempre di più, al di

fuori dell’ospedale. Questa riorganizzazione è necessaria per mantenere sostenibile l’attività dell’Azienda:

ospedali non specializzati con piccoli volumi e piccoli bacini di utenza hanno un costo per caso trattato

maggiore di quelli specializzati, a parità di posti letto. Il sistema ha bisogno di risorse per nuovi farmaci e

dispositivi, nuove tecnologie e per potenziare il territorio: la riorganizzazione della rete ospedaliera

consentirà anche di liberare risorse, da destinare, finalmente, ai nuovi bisogni dei nostri cittadini.

3 La rete ospedaliera

La rete ospedaliera della AUSL di Piacenza è costituita da tre ospedali, quello generale di Piacenza, quello di

Castel San Giovanni e quello di Fiorenzuola d’Arda, dall’Ospedale di Comunità (OsCo) di Bobbio e dall’Unità

Spinale di Villanova d’Arda e serve un bacino di utenza di circa 300.000 abitanti, di cui un terzo residenti in

città. Di seguito viene descritto il quadro attuale della rete in termini di offerta e criticità, anche attraverso i

principali dati di attività e consumo, per poi proseguire con la illustrazione di un coerente piano di

organizzazione e sviluppo, che consentirà di continuare a curare i nostri pazienti con migliori standard di

qualità e sicurezza.

8

3.1 La rete come è oggi: stato dell’arte e criticità

La successiva Tabella 1 riporta i posti letto medi gestiti totali della rete ospedaliera piacentina.

Tabella 1 – Posti Letto medi gestiti, Provincia di Piacenza

Considerando anche i posti letto delle strutture private convenzionate, la rete ospedaliera piacentina conta

1.146 posti letto totali; la Regione Emilia-Romagna ha assegnato all’Azienda l’obiettivo di arrivare a un

totale di 1.100 posti letto, così da rispettare lo standard nazionale e regionale (già previsto nella Legge

135/2012, e ripreso nel D.M. 70/2015), e dunque il Piano di sviluppo della rete ospedaliera deve

necessariamente tenere conto della esigenza di raggiungere tale obiettivo.

Analizzando i risultati ottenuti in base ai criteri del PNE alla Tabella 2, emerge un’ulteriore difficoltà:

prendendo in esame il 2013 (anno in cui era ancora pienamente operativo l’Ospedale di Fiorenzuola ed era

ancora attivo l’ospedale di Borgonovo), la casistica correlata all’esito di cura evidenzia per le singole

strutture volumi inferiori o al limite dello standard richiesto, evidenziando un problema di dispersione della

casistica.

Tabella 2 – Piano Nazionale Esiti 2013, AUSL di Piacenza

Occorre inoltre considerare i cambiamenti di tendenza di consumo che hanno inciso sul contesto in cui

opera l’Azienda negli anni recenti: negli ultimi 20 anni la popolazione piacentina over 64 è cresciuta quasi

del 18%, con un aumento specifico dei “grandi anziani” (over 74enni) del 47,6%. Ne deriva, in modo diretto,

un effetto negativo sulla prevalenza delle patologie che sono tipiche della vecchiaia, come le patologie

TIPOLOGIA PL

Posti Letto AUSL (pubblici) 797

Posti Letto case di cura private 349

POSTI LETTO TOTALI PROVINCIA 1.146

9

oncologiche e le patologie croniche. I trend epidemiologici confermano, infatti, che la prevalenza di tali

patologie aumenta notevolmente con l’allungamento della vita, e che il fenomeno della pluri-morbilità è

molto più frequente nei pazienti anziani. Prendere coscienza di questo cambiamento nella popolazione di

riferimento vuol dire riconoscere la trasformazione di una parte della domanda di assistenza, fatta di

quelli che potremmo chiamare bisogni “emergenti”, bisogni, cioè, che richiedono di prestare attenzione alla

buona qualità della vita nel tempo, oltre che alle cure specifiche. Sono bisogni complessi, che sommano la

presenza di una o più patologie a fattori anagrafici e socio-economici in pazienti che diventano fragili. In

termini di consumo di servizi sanitari, assistiamo a un calo della domanda di ricoveri ospedalieri e a un

forte incremento, potenzialmente esplosivo nel medio periodo, dei bisogni legati alla cronicità.

Conseguentemente, investimenti in nuovi farmaci e nuove tecnologie sono sempre di più fattori di

successo nel miglioramento delle cure, unitamente alla specializzazione delle discipline e alla

concentrazione delle casistiche.

Le seguenti tabelle (Tabella 3, Tabella 4 e Tabella 5) illustrano chiaramente il fenomeno della diminuzione

del consumo di ricoveri ospedalieri negli ultimi cinque anni dei residenti di tutti i tre distretti della

provincia, sia negli ospedali provinciali sia in quelli extraprovinciali ed extraregionali (mobilità passiva).

Tabella 3 – Ricoveri ospedalieri totali residenti Distretto Città, anni 2010-2015

Tabella 4 – Ricoveri ospedalieri totali residenti Distretto Ponente, anni 2010-2015

2010 2015 2015-2010D %

2015-2010

Tot dimessi 20.650 19.346 -1.304 -6,31%

CdC Provincia 2.640 2.116 -524 -19,85%

H Bobbio 75 56 -19 -25,33%

H Piacenza 12.738 13.138 400 3,14%

H Fiorenzuola 757 56 -701 -92,60%

H CSG 512 432 -80 -15,63%

Mobilità passiva 3928 3548 -380 -9,67%

2010 2015 2015-2010D %

2015-2010

Tot dimessi 14.051 13.121 -930 -6,62%

CdC Provincia 866 806 -60 -6,93%

H Bobbio 602 550 -52 -8,64%

H Piacenza 5.824 5.948 124 2,13%

H Fiorenzuola 386 20 -366 -94,82%

H CSG 2.997 2.735 -262 -8,74%

Mobilità passiva 3.376 3.062 -314 -9,30%

10

Tabella 5 – Ricoveri ospedalieri totali residenti Distretto Levante, anni 2010-2015

Accanto a questo fenomeno, si rileva come la domanda di ricoveri stia già spontaneamente andando verso

la concentrazione nell’ospedale più grande, come mostrano le tabelle sopra riportate. E’ evidente che, a

fronte del generale calo di ricoveri ospedalieri, che investe tutti gli stabilimenti della provincia e anche il

ricorso a ospedali fuori provincia e fuori regione (mobilità passiva), l’attività dell’ospedale di Piacenza è

l’unica ad aumentare lievemente nel corso degli ultimi cinque anni. Il dato relativo all’ospedale di

Fiorenzuola risente logicamente della chiusura del Blocco B, avvenuta alla fine del 2013, e incide anche

sull’aumento di attività dello stabilimento cittadino, poiché buona parte dei residenti del distretto Levante

sono confluiti a Piacenza; tuttavia, come dimostra la Tabella 4, anche i residenti del distretto di Ponente

hanno aumentato la loro domanda di ricovero presso l’ospedale di Piacenza, diminuendo al contempo il

ricorso a strutture fuori provincia. Considerando la necessità di concentrazione dell’attività chirurgica e

della specializzazione degli ospedali, come anticipato nel capitolo 2, questo fenomeno può essere letto da

diversi punti di vista: per quanto riguarda l’area chirurgica, lo spostamento dei pazienti più gravi

nell’ospedale di Piacenza è da supportare e facilitare; i pazienti dell’area medica, invece, dovrebbero essere

curati nello stabilimento geograficamente più vicino, e, in questo senso, la specializzazione degli ospedali,

attraverso il potenziamento delle eccellenze già presenti, sarà funzionale a raggiungere questo obiettivo.

In fine, si sottolineano le difficoltà incontrate dall’Azienda a coprire ruoli vacanti per alcune specialità in

alcuni degli ospedali periferici: questo fenomeno purtroppo è destinato ad aumentare in futuro, e il Piano

presenta una opportunità per minimizzare questa criticità e, anzi, attirare sempre di più professionisti di

alto valore.

Le criticità generali si accompagnano alle problematiche specifiche dei singoli stabilimenti. Il successivo

paragrafo restituisce una panoramica delle principali criticità di ogni struttura della provincia.

3.1.1 L’ospedale di Piacenza

L’ospedale di Piacenza è l’ospedale provinciale sede delle aree specialistiche e riferimento per le urgenze

gravi, che conta importanti eccellenze a livello regionale e di Area Vasta.

La struttura risulta in sofferenza per quanto riguarda tutti gli aspetti infrastrutturali (logistica, impianti, sale

operatorie, spazi fisici nei reparti, flussi di utenza), ma le criticità principali riguardano la posizione e la

difficile accessibilità per l’utenza e la rigidità della configurazione a padiglioni, da cui derivano anche

problematiche di efficienza.

La viabilità di accesso all’ospedale è, infatti, quella tipica dei centri storici, con strade poco capaci e a rischio

di forti rallentamenti di traffico. Inoltre, I parcheggi prevalentemente dedicati a pazienti e visitatori hanno

una capienza di circa 800 posti auto, di cui 210 inseriti all’interno dell’area dell’ospedale, cioè circa la metà

2010 2015 2015-2010D %

2015-2010

Tot dimessi 21.079 19.252 -1.827 -8,67%

CdC Provincia 1.502 1.263 -239 -15,91%

H Bobbio 98 90 -8 -8,16%

H Piacenza 7.287 9.314 2.027 27,82%

H Fiorenzuola 5.582 2.148 -3.434 -61,52%

H CSG 291 241 -50 -17,18%

Mobilità passiva 6.319 6.196 -123 -1,95%

11

di quelli necessari e previsti dagli attuali standard. A ciò si aggiunge che non è presente un sistema di

accesso e di accoglienza per pazienti non deambulanti.

La configurazione a padiglioni, accompagnata a una generale carenza di spazi, non consente di garantire

livelli di clinical competence e di controllo del rischio clinico adeguati a una struttura di livello provinciale.

La possibilità di lavorare routinariamente in team interdisciplinari, privilegiando il percorso clinico alla

settorializzazione specialistica permette, infatti, una crescita professionale e l’acquisizione di competenze

cliniche articolate, nonché la capacità ordinaria di trattare casi complessi. Anche la rapidità di spostamento

dei professionisti all’interno dell’ospedale, soprattutto quelli coinvolti nell’emergenza, e la possibilità di

trasferimento dei pazienti tra i diversi setting assistenziali senza dover ricorrere a tortuosi tragitti o all’uso

di ambulanze, permettono garanzie di tempestività di adeguato trattamento e, in ultima analisi, di

sicurezza. La dispersione delle attività su più padiglioni, percorsi non sempre chiari, la difficile leggibilità

della caratterizzazione funzionale dei luoghi rendono ragione delle difficoltà che incontrano i pazienti per

usufruire dei servizi ospedalieri.

Mancano gli spazi comuni (soggiorno, attesa, bagni assistiti, ecc.) sottratti per ospitare attività di supporto o

di stoccaggio materiali; inoltre la separazione dei flussi dei pazienti esterni/visitatori, dei pazienti interni,

del personale e delle merci è possibile solo nel blocco c.d. “polichirurgico”, che ospita circa il 70% dei posti

letto. Negli altri padiglioni vi è un solo settore distributivo.

In generale, esiste una forte criticità di accesso: l’accesso dei pazienti esterni e dei visitatori avviene in sette

blocchi distinti; l’area delle attività amministrative di supporto è presente in due blocchi, il polichirurgico e

il blocco 4 (gli altri 5 blocchi ne sono sprovvisti), e la loro apertura h12 viene garantita solo in una sede e

non per tutta la settimana. Anche l’area dell’accoglienza è presidiata in due blocchi: il polichirurgico e il

blocco 7.

Entrando nello specifico, la patologia neonatale soffre la inidoneità congenita degli spazi che contrasta con

la capacità clinica che permette il trattamento di neonati di peso pari ai 900/1.000 grammi. Il Pronto

Soccorso pediatrico non è più adeguato per accogliere e trattare gli oltre 13.000 accessi anno, risultato di

una evoluzione di tutti i PS pediatrici ma anche della chiusura della pediatria della Val d’Arda.

Per quanto concerne le sale operatorie, ad oggi vi sono due blocchi operatori, uno con 10 sale, di cui solo 5

aggiornate di recente dal punto di vista tecnologico e impiantistico, e uno con 2 sale. La suddivisione delle

sale in due blocchi su due edifici diversi determina una dispersione e frammentazione di personale

anestesiologico, di assistenza e di supporto, oltre che limitazioni d’uso per il blocco lontano dalle degenze.

La radiologia interventistica si trova all’interno della radiologia e lontano dal blocco operatorio, con i relativi

problemi sia per il supporto anestesiologico che in caso di conversione della procedura da intravascolare a

open. Stesso discorso vale per la cardiologia interventistica. L’attività endoscopica avviene attualmente in

tre sedi e in tre padiglioni diversi. Non è possibile ottimizzarne l’uso e mettere in comune i servizi di

supporto.

La radiologia si trova in due sedi e in due padiglioni diversi, con conseguenti inefficienze sia nella gestione

dei flussi e dell’accoglienza che delle attività stesse. Le stanze di degenza sono a 3 PL, con scarsa

compliance del posto letto in posizione centrale: per questa stessa configurazione, nell’area degenziale

ostetrica risulta difficile garantire agevolmente il rooming in.

Vi sono, inoltre, criticità legate alla lungodegenza nelle due cliniche private accreditate cittadine: la

collocazione dei pazienti post-acuti nelle due strutture è difficoltosa e il servizio offerto fatica a rispettare

gli standard di qualità richiesti.

12

La seguente Tabella 6 mostra l’offerta completa dell’ospedale di Piacenza al 2015, in termini di PL medi

gestiti e specialistica ambulatoriale. Non vengono citati tutti gli ambulatori attivi, essendo circa 40 ed

essendo legati alle specialità già presenti nei reparti.

Tabella 6 – Ospedale di Piacenza, PL medi gestiti e specialistica ambulatoriale 2015

3.1.2 L’ospedale di Castel San Giovanni

L’ospedale di Castel San Giovanni è, ad oggi, una struttura a carattere generalistico con meno di 150 posti

letto che presenta alcuni problemi di mantenimento della clinical competence in ambito chirurgico. In

particolare, come mostra la Tabella 2, in base agli standard del PNE ci sono criticità sui volumi della

chirurgia gastrointestinale (colon e stomaco); inoltre, stando ai criteri del D.M. 70/2015, non sempre si

rispettano gli standard di sicurezza richiesti: a titolo di esempio, nell’anno appena trascorso nell’ospedale di

Castel San Giovanni si è riusciti a garantire solo parzialmente l’intervento per la frattura di femore entro le

48 ore, tempestività che, come noto, è essenziale per una minore mortalità post intervento. Le 4 sale

operatorie presenti non sempre sono sfruttate al massimo delle loro potenzialità, con evidenti problemi di

economicità ed efficienza. Si sottolinea che dal 15/12/2015 una delle sale è utilizzata anche per il progetto

ASCO (Area di Simulazione Clinico Organizzativa), ovvero l’allestimento di uno spazio altamente

specializzato dedicato alla formazione in addestramento del personale sanitario e non sanitario, all’interno

del quale si utilizza la simulazione come tecnica di formazione.

La struttura non presenta, invece, particolari criticità per quanto riguarda l’area medica: l’ospedale è già,

infatti, un punto di riferimento a valenza distrettuale per l’assistenza di area medica e cardiologica, anche

OSPEDALE DI PIACENZA ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

CHIRURGIA GENERALE 37 2

CHIRURGIA 2 (FIORENZUOLA) 11 2

CHIRURGIA VASCOLARE 11

OCULISTICA 3 2

ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA 47 6

ORTOPEDIA 2 (FIORENZUOLA) 9 1

OTORINOLARINGOIATRIA 16 4

UROLOGIA 25 1

DERMATOLOGIA 0 2

DIAGNOSI E CURA 15

OSTETRICIA E GINECOLOGIA 57 2

PEDIATRIA 14 2

PEDIATRIA A INDIRIZZO CARDIOLOGICO 3

PATOLOGIA NEONATALE 8

GERIATRIA 25

MEDICINA INTERNA 34 1

NEFROLOGIA 9 1

GASTROENTEROLOGIA 15 1

LUNGODEGENZA 5

CARDIOLOGIA 24 1

NEUROLOGIA 21 1

UNITA' CORONARICA 8

PNEUMOLOGIA 12 1

EMATOLOGIA E CENTRO TRAPIANTI 12 7

MALATTIE INFETTIVE 17 1

ONCOLOGIA 20 10

MEDICINA INTERNA SUBINTENSIVA 11

TERAPIA INTENSIVA 9

MEDICINA D'URGENZA 18 1

TOTALE 496 49

Laboratorio Analisi

Radiologia di base e alte

tecnologie

Circa 40 ambulatori

specialistici

545

13

grazie ai recenti investimenti in campo radiologico, non avendo, tuttavia, una specializzazione di punta,

specifica e riconoscibile. Con l’acquisto della nuova RMN (2014), nel 2015 si è registrato un aumento del

18% dell’attività ambulatoriale di diagnostica rispetto al 2013, che ha (più o meno direttamente) indotto

anche un aumento dell’attività cardiologica (+55% nel 2015 rispetto al 2013).

La seguente Tabella 7 riporta il quadro completo dell’offerta dell’ospedale di Castel San Giovanni, in termini

di reparti, posti letto medi gestiti e servizi di specialistica ambulatoriale al 2015.

Tabella 7 – Ospedale di Castel San Giovanni, PL medi gestiti e specialistica ambulatoriale 2015

3.1.3 L’ospedale di Fiorenzuola d’Arda

Anche l’ospedale di Fiorenzuola è una struttura di piccole dimensioni che fatica a garantire gli standard di

clinical competence e sicurezza clinica richiesti dalla più recente normativa nazionale e regionale per l’area

chirurgica, come evidenziato in Tabella 2. La chiusura del Blocco B, alla fine del 2013, ha in qualche modo

minimizzato questo problema, facendo sì che la domanda di ricoveri chirurgici dei residenti del distretto di

Levante venisse quasi del tutto riassorbita dall’ospedale di Piacenza. La successiva Tabella 8, mostra proprio

questo fenomeno: analizzando il numero di ricoveri di area chirurgica dei residenti del distretto di Levante

nel 2010 e nel 2015, si nota come, a fronte della cessazione dell’attività dell’ospedale di Fiorenzuola e di

una generale diminuzione della domanda di ricoveri (oltre 1.000 in meno in cinque anni), i cittadini del

Distretto di Levante siano confluiti quasi tutti nei reparti di degenza chirurgica a Piacenza.

Tabella 8 – Ricoveri di Area Chirurgica dei residenti del distretto di Levante per luogo di cura

Per quanto riguarda l’area medica, anche a Fiorenzuola non sussistono criticità in ordine di volumi e

sicurezza: l’ospedale è già oggi un punto di riferimento distrettuale per le principali specialità mediche

(cardiologia, neurologia, pneumologia) e per le attività di lungodegenza e riabilitazione, senza tuttavia

presentare una vocazione specifica. Un serio problema è rappresentato dalla vicinanza degli ospedali di

Fidenza e di Parma, con un particolare rischio di sovrapposizione con Fidenza.

OSPEDALE DI CASTEL SAN GIOVANNI ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

CARDIOLOGIA 9

CHIRURGIA GENERALE 16 5

MEDICINA INTERNA 30 6

ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA 20 3

TERAPIA INTENSIVA 8

RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA 3

LUNGODEGENZA 4

RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE 23

TOTALE 113 14

Laboratorio analisi

Radiologia

Ambulatorio di nefrologia

(dialisi)

Ambulatorio ematologico

Ambulatorio oncologico

Ambulatorio di urologia

Ambulatorio di cardiologia

Ambulatorio di chirurgia

Ambulatorio di medicina

Ambulatorio di ortopedia

127

Luogo di cura 2010 2015 2015-2010

H Fiorenzuola 2.532 0 -2.532

H Piacenza 2.408 3.967 1.559

H CSG 234 197 -37

H Bobbio 0 0 0

CdC Provincia 396 309 -87

Mobilità passiva 3.489 3.562 73

TOTALE Ricoveri 9.059 8.035 -1.024

14

La seguente Tabella 9 illustra l’offerta completa dell’ospedale al 2015.

Tabella 9 – Ospedale di Fiorenzuola d’Arda, PL medi gestiti e specialistica ambulatoriale 2015

Fino al 2013 i posti letto a Fiorenzuola erano 148, e la ricostruzione del blocco B, correlato al Piano di

sviluppo, restituirà alla città lo stesso numero di PL.

3.1.4 L’ospedale di comunità di Bobbio

L’ospedale di Bobbio, trasformato in OsCo (Ospedale di Comunità) il 31/12/2016, consta di un piccolo

reparto per acuti con 16 PL (di cui 2 per DH Medico), di 10 PL di lungodegenza e di un Punto di Primo

Intervento (PPI), e ha nel tempo adattato la casistica alle risorse disponibili, con difficoltà a garantire un

servizio di continuità assistenziale e a mantenere la dotazione organica coperta. L’ospedale è inoltre dotato

di un ambulatorio multispecialistico che copre diverse specialità.

La seguente Tabella 10 riporta l’offerta totale dell’ospedale al 2015.

OSPEDALE DI FIORENZUOLA D'ARDA ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

MEDICINA INTERNA 40 6

LUNGODEGENZA (MEDICINA) 18

LUNGODEGENZA PARE (ORTOPEDIA) 0

TOTALE 58 6

Laboratorio analisi

Radiologia

Centro trasfusionale

Ambulatorio di cardiologia

Ambulatorio di chirurgia

Ambulatorio di medicina

Ambulatorio di nefrologia

Ambulatorio di ortopedia

Ambulatorio di ostericia e

gincecologia

Ambulatorio di

otorinolaringoiatria

Ambulatorio di pediatria

Ambulatorio di terapia del

dolore

Ambulatorio di endocrinologia

Ambulatorio di ematologia

Ambulatorio di oncologia

Ambulatorio di urologia

64

15

Tabella 10 – Ospedale di Bobbio, PL medi gestiti e specialistica ambulatoriale 2015

La decisione di trasformare Bobbio in OsCo è stata funzionale innanzitutto al mantenimento della struttura

stessa: il D.M. 70/2015 prevede, infatti, la trasformazione degli ospedali con un numero di PL sotto soglia,

con l’obiettivo di garantire maggiore sicurezza e razionalità della rete ospedaliera; inoltre, la DGR

2040/2015 stabilisce specificamente questa operazione, assegnandola come obiettivo prioritario alla

Direzione Generale dell’Azienda.

3.1.5 L’unità spinale di Villanova

L’Unità Spinale di Villanova d’Arda è un prezioso elemento nella nostra rete provinciale. La sua permanenza

nella provincia è fondamentale per la qualità dell’offerta rivolta ai nostri cittadini e ai cittadini dell’Emilia

Nord e, anche, per la credibilità e la robustezza della nostra Azienda.

La struttura presenta, tuttavia, criticità importanti per quanto concerne, innanzitutto, i moderni standard

strutturali, tecnologici e di dotazione di personale per le Unità Spinali, che inficiano le possibilità di

accreditamento nell’immediato futuro. Infatti, innanzitutto, dal punto di vista strutturale, manca del tutto

un’area di terapia sub-intensiva, che rende la permanenza dei pazienti insicura e rischiosa; in secondo

luogo, la struttura non è provvista di un’area dedicata all’assistenza dei pazienti affetti da Gravi

Cerebrolesioni Acquisite (GRACER). Per quanto riguarda la tecnologia, oggi a Villanova mancano strumenti

basilari per garantire un servizio di qualità, come le apparecchiature per la ventilazione meccanica, i letti ad

alta prevenzione antidecubito e la strumentazione urodinamica, e l’alta tecnologia necessaria per

raggiungere standard eccellenti, come una TAC 64 strati e una Risonanza Magnetica.

Le criticità incontrate dalla struttura riguardano anche aspetti di obsolescenza della struttura, organizzativi

ed economici. I primi sono legati a problemi di obsolescenza e inadeguatezza della struttura e alle necessità

di adattamento all’antisismica; i secondi sono dovuti all’isolamento geografico della struttura e alla

difficoltà da parte degli specialisti coinvolti nel percorso riabilitativo di supportare con continuità l’Unità

Spinale; per ultimo, il dimensionamento della struttura e la necessità di garantire un servizio di continuità

assistenziale determinano alti livelli di inefficienza dal punto di vista economico.

OSPEDALE DI COMUNITA' DI BOBBIO ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

MEDICINA INTERNA 14 2

LUNGODEGENZA 10

TOTALE 24 2

Ecografia

Endoscopia

Ambulatorio di angiologia

Ambulatorio di cardiologia

Ambulatorio di chirurgia

Ambulatorio di dermatologia

Ambulatorio di diabetologia

Ambulatorio dei disturbi

cognitivi

Ambulatorio di ematologia

Ambulatorio di fisiatria

Ambulatorio di geriatria

Ambulatorio di nefrologia

Ambulatorio di neurologia

Ambulatorio di oculistica

Ambulatorio di odontoiatria

Ambulatorio di oncologia

Ambulatorio di ortopedia

Ambulatorio di osteoporosi

Ambulatorio di

otorinolaringoiatria

Ambulatorio di urologia

26

16

A questo quadro si aggiunge un elemento esterno: la presenza, relativamente vicina, di una struttura come

Montecatone. Analizzando la casistica delle due strutture (Tabella 11) si rileva che i volumi e la tipologia

dei casi trattati dalle due Unità Spinali sono molto diversi.

Tabella 11 – Casistica Montecatone e Villanova, anno 2015

E’ evidente che la sopravvivenza dell’Unità Spinale a Piacenza debba passare necessariamente per un forte

potenziamento e ammodernamento dell’Unità stessa e, soprattutto, per una specializzazione dell’attività

sull’area riabilitativa.

In base ad approfondite analisi, di cui l’Azienda ha dato conto all’Ufficio di Presidenza all’incontro del

25/11/2016, è stato calcolato che per rendere l’Unità Spinale di Villanova in linea con i requisiti strutturali,

tecnologici e di dotazione di personale occorrerebbe investire oltre 8 milioni di € in infrastrutture e

tecnologia, oltre a dover spendere circa 1,1 milioni di € in più all’anno per adeguare il personale

necessario. Si sottolinea che questo investimento non risolverebbe comunque le criticità legate

all’isolamento geografico e al potenziale rischio a cui si espongono i pazienti in cura a Villanova. A questo

proposito, l’investimento per mantenere l’Unità Spinale sul nostro territorio sarebbe molto più contenuto

nell’ipotesi di trasferimento presso l’ospedale di Fiorenzuola. L’ipotesi si basa sul fatto che Fiorenzuola

possiede già oggi la maggior parte dei requisiti previsti per raggiungere i più alti standard di qualità. Il

trasferimento consentirebbe di creare un’area di terapia sub-intensiva in base ai requisiti richiesti, dedicare

un’area all’assistenza dei pazienti GRACER, usufruire delle infrastrutture e della tecnologia già presenti nella

struttura di Fiorenzuola, portando così gli investimenti necessari a poco più di 900.00€ (contro gli oltre 8

milioni di € necessari se si mantenesse l’Unità Spinale a Villanova), quasi tutti assorbiti per dotare

l’ospedale della strumentazione di alta tecnologia utile per l’assistenza ai pazienti dell’Unità Spinale.

La seguente Tabella 12 mostra il numero di posti letto a Villanova al 2015.

Tabella 12 – Unità Spinale di Villanova d’Arda, PL medi gestiti 2015

Montecatone Villanova

numero degenti 645 93

degenza media 67,1 59,7

diagnosi principale più frequentePostumi di traumatismi di

midollo spinale

Cura che richiede l'impiego di

terapia occupazionale

peso medio casi totali 1,0823 1,0242

I intervento più frequentediagnostica ecografica

addominale e retroperitonealevalutazione funzionale

II intervento più frequente

diagnostica ecografica

dell'apparato vascolare

periferico

esercizi assistiti

UNITA' SPINALE DI VILLANOVA D'ARDA ORD DH TOT

UNITA' SPINALE 10

RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE 25

TOTALE 35

35

17

3.2 La rete ospedaliera proposta: caratteristiche peculiari degli ospedali

della AUSL di Piacenza

L’obiettivo principale della riorganizzazione proposta è quello di assicurare alla popolazione della provincia

il mantenimento dei quattro ospedali, di cui uno di comunità, che siano in grado di assolvere in maniera

autonoma e qualificata ai bisogni più frequenti, maggioritari e prevalenti del bacino di riferimento, in

particolare della componente anziana. Il Piano di organizzazione e sviluppo della rete ospedaliera si basa

innanzitutto sulla specializzazione dei quattro ospedali: la concentrazione dei servizi, infatti, consente da

un lato di creare dei poli ad altissima competenza clinica ed elevati standard di sicurezza e qualità, dall’altro

di dare una forte identità, immediatamente riconoscibile, a ciascuna struttura, unica garanzia di

sopravvivenza nel medio-lungo periodo. Inoltre, questo sviluppo nel segno della specializzazione garantisce

alla popolazione provinciale punti di offerta al più alto standard di qualità e sicurezza e conferisce potere di

attrattività ai nostri ospedali, sia verso i professionisti, sia verso i pazienti.

La proposta è quella di rendere i quattro ospedali in rete perfettamente complementari, così da

rispondere in modo migliore alle esigenze di garanzia di equità di accesso ai diversi servizi e, al contempo,

di operare in un contesto più sicuro per i pazienti stessi. Nel nuovo sistema ospedaliero ogni struttura del

territorio viene valorizzata in quanto nodo in una rete di offerta complessiva di elevata qualità, senza

sovrapposizioni, diseconomie e inefficienze. Infatti, il primo passo verso la nuova organizzazione della rete

ospedaliera è quello di lavorare sul potenziamento della qualità esistente, sviluppando le vocazioni attuali

degli ospedali, evitando così inutili sovrapposizioni e la dispersione della casistica, e facendo in modo che

tutti quelli che hanno bisogno possano accedere al servizio migliore disponibile, a prescindere dal luogo

in cui vivono.

In termini generali, la riorganizzazione riguarda le quattro aree ospedaliere principali: area chirurgica, area

dell’emergenza-urgenza, area medica e area della riabilitazione.

La priorità per l’area chirurgica è quella di concentrare maggiormente la casistica, in modo da diminuire il

rischio clinico correlato alle attività tipiche di questa area e, quindi, da garantire la sopravvivenza delle

specialità interessate, in particolare quelle caratterizzate da una casistica limitata. Al fine di migliorare le

liste d’attesa chirurgiche, tema molto importante per la regione Emilia-Romagna, l’area chirurgica sarà

organizzata in modo da separare le attività legate all’urgenza e quelle relative all’attività programmata: in

questo modo si acquisirà anche un maggior livello di sicurezza e qualità.

La rete dell’emergenza-urgenza è attualmente costituita da:

- UU.OO.CC. 118 e Pronto Soccorso (PS) di Piacenza

- UU.OO.SS.DD. di PS di Fiorenzuola

- UU.OO.SS.DD. di PS di Castel San Giovanni

- Punti di Primo Intervento (PPI) di Bobbio e Farini

La diversa caratterizzazione degli Ospedali impatterà inevitabilmente anche sulla rete dell’emergenza-

urgenza. In particolare, gli obiettivi principali per questa area sono:

- concentrare l’emergenza grave ortopedica e chirurgica a Piacenza (ictus, infarto miocardico,

traumi gravi, urgenze vascolari e sanguinamenti del tratto gastroenterico), con centralizzazione

primaria dei casi gestiti dal 118;

18

- concentrare l’urgenza e l’emergenza pediatrica a Piacenza, secondo percorsi predefiniti e con

criteri correlati anche all’età;

- mantenere i PS di Fiorenzuola e Castel San Giovanni H24, appoggiandosi alle UU.OO. specialistiche

di Piacenza per le urgenze più gravi, in un’ottica di rete. Saranno potenziate le capacità di

rispondere alle esigenze del bacino di riferimento;

- mantenere il PPI di Bobbio H24;

- organizzare un supporto ai trasporti urgenti con strutturazione di ALS medicalizzati, dando

risposta a criticità già presenti e dovute al fatto che i territori della Val d’Arda e della Val Tidone

dipendono sostanzialmente dall’ALS medico di Piacenza.

La riorganizzazione dell’area medica ha come obiettivo quello di mantenere (dove esiste) e creare (dove

non esiste ancora) la possibilità di gestire la massima complessità possibile data dal contesto specifico.

L’area medica è chiamata inoltre a stabilire una reale integrazione con i servizi territoriali, per una gestione

più efficace e appropriata delle patologie più complesse (cronicità, oncologia); in altre parole, la finalità

della riorganizzazione dell’area medica è quella di garantire autonomia distrettuale anche attraverso le

strutture ospedaliere.

In fine, l’area della riabilitazione va completamente potenziata poiché occorre colmare un vero e proprio

vuoto di offerta, che riguarda la provincia piacentina insieme alle province di Pavia, Lodi, fino a Parma e

Reggio Emilia.

Su queste premesse, di seguito vengono delineate le caratteristiche dei quattro ospedali nel prossimo

futuro.

3.2.1 L’ospedale di Piacenza nella rete provinciale

Per l’ospedale di Piacenza non si propone una modifica dell’offerta, ma una necessaria riorganizzazione

delle modalità lavorative, così da minimizzare le problematicità esposte sopra, al paragrafo 3.1.1, in attesa

della costruzione del nuovo ospedale.

L’ospedale rimane la struttura provinciale di riferimento per tutte le sue specialità, e, nello specifico, per i

casi ad alta complessità tecnico-professionale e organizzativa , e in particolare per:

- chirurgia di emergenze-urgenza

- chirurgia specialistica

- patologia oncologica

- assistenza ostetrico-ginecologica e pediatrica

- specialistica medica di II livello

L’area chirurgica, comprese le attività di chirurgia ortopedica, sarà organizzata in base alle due linee di

attività, programmata e d’urgenza. La chirurgia programmata, inoltre, verrà riorganizzata in base alla durata

della degenza, con il percorso di degenza a 5 giorni e il percorso di degenza oltre i 7 giorni. Nel dettaglio, a

Piacenza sarà concentrata tutta l’attività chirurgica (per tutte le specialità) superiore ai 5 giorni, le chirurgie

specialistiche per otorinolaringoiatria, oculistica, senologia e oncologia (non presenti in nessuno degli altri

ospedali), e la chirurgia di emergenza. Le équipe chirurgiche dell’ospedale saranno trasversali, in ottica di

condivisione con le altre strutture del territorio. E’ importante sottolineare che per la chirurgia oncologica si

dovrà prevedere, oltre che un appropriato livello di qualificazione organizzativa e di struttura, anche una

adeguata competenza individuale. La qualificazione organizzativa prevede che si applichi a tutta l’attività

19

chirurgica oncologica lo stesso approccio sistemico adottato nel percorso del tumore della mammella,

esitato in un documento normativo nazionale e regionale e recentemente adottato anche a livello

aziendale, con la costituzione della Breast Unit, e il cui pilastro fondamentale sta nella costituzione di una

Onco Team di patologia. L’obiettivo della riorganizzazione delle attività chirurgiche è incrementare la

casistica, in modo da rispettare gli standard di clinical competence, mantenere i livelli di eccellenza

raggiunti e affrontare l’emergenza ai massimi livelli di sicurezza. L’aumento dei volumi è essenziale, in

particolare, per l’ortopedia e la traumatologia, per l’oncologia e per migliorare le liste d’attesa chirurgiche.

L’offerta verrà mantenuta anche per l’area medica, con particolare riguardo per medicina interna,

endocrinologia, reumatologia, geriatria, oncologia e lungodegenza, con il potenziamento delle eccellenze in

campo onco-ematologico, a fronte della crescente domanda. Il Piano prevede anche lo sviluppo dell’area

dei trapianti di midollo e delle protesi cocleari, attività che già oggi danno grande credito all’ospedale

piacentino.

La struttura sarà, inoltre, la sede di riferimento tecnico-professionale e organizzativo per tutta la medicina

specialistica, e cioè anche per gastrologia, ematologia, neurologia, pneumologia, cardiologia, cardiologia

interventistica, malattie infettive, terapia del dolore, in rete e in stretta collaborazione con le medicine di I

livello degli altri ospedali della rete. Verranno mantenute e potenziate le altissime competenze di

emodinamica e di gestione dello scompenso cardiaco, insieme alle eccellenze di radiologia interventistica e

agli altissimi livelli raggiunti dall’area endoscopica digestiva.

Nell’ospedale piacentino si concentrerà inoltre tutta l’attività di patologia clinica, anatomia patologica e

medicina immunotrasfusionale, garantendo sia attività di base, sia quelle specialistiche di II e di III livello a

valenza anche sovraprovinciale (laboratorio HLA, cellule staminali e biologia molecolare). A questo

proposito, andranno mantenute e sviluppate l’area di medicina trasfusionale, che assicura stabilmente e in

modo efficiente e sicuro i propri servizi ai reparti chirurgici, e il laboratorio HLA con le sue fortissime

competenze; sarà, dunque, prioritario dare esecuzione alla nuova gara per il rinnovo delle tecnologie

dell’area laboratori.

Nell’area medica verranno create due nuove aree, la medicina peri-chirurgica e la geriatria post-chirurgica,

a supporto dell’incremento dell’attività chirurgica e per dare una risposta più efficace al problema del

paziente internistico e degli appoggi dal Pronto Soccorso. Su questo tema, si sottolinea che verrà

consolidata e potenziata l’importante area di terapia intensiva post-operatoria.

L’area materno-infantile sarà riorganizzata per il consolidamento dell’ostetricia e l’allargamento della

patologia neonatale, essendo il riferimento unico provinciale per la parte ostetrica (parti) e per l’area

dell’emergenza pediatrica, con una forte attenzione anche al potenziamento e allo sviluppo dell’area delle

malattie metaboliche ereditarie, in cui Piacenza funge da Hub regionale, e all’area dei disturbi del

comportamento alimentare, dove siamo già punto di riferimento di Area Vasta.

Anche l’area riabilitativa sarà mantenuta e potenziata, con riferimento in particolare alla riabilitazione

ortopedica (ortogeriatria, geriatria post-chirurgica) e verrà eventualmente creata anche un’area di cure

intermedie per le dimissioni difficili.

Per quanto riguarda l’area dell’emergenza-urgenza, come spiegato già in premessa, il PS di Piacenza sarà il

riferimento unico per l’emergenza e l’urgenza grave, soprattutto rispetto agli interventi tempo-dipendenti

(ictus, infarto miocardico), i traumi gravi, le urgenze vascolari e i sanguinamenti del tratto gastroenterico,

già centralizzati e consolidati.

20

Al fine di rendere il percorso del paziente più fluido e di individuare setting assistenziali più appropriati,

l’ospedale verrà riorganizzato per aree funzionali e omogenee, per percorsi, per intensità delle

cure/complessità assistenziale e per durata di degenza, sfruttando al meglio le risorse strutturali e

strumentali disponibili. Tale riorganizzazione, oltre a consentire di recuperare efficacia e qualità, garantirà

un miglioramento dell’efficienza della struttura e comporterà la diminuzione dei posti letto di circa 40

unità, come mostra la

Per rendere completo il miglioramento dell’offerta di Piacenza, nell’ospedale saranno ricavati adeguati

spazi per i donatori AVIS e verrà progettato un piano di abbattimento di tutte le barriere architettoniche, ad

esempio anche quelle per i non vedenti.

In fine, è prevista la totale revisione dell’accordo con le strutture private accreditate di Piacenza, in modo

da conseguire standard assistenziali e di servizio più alti di quelli attuali per la lungodegenza.

Si sottolinea che la riorganizzazione dell’Ospedale di Piacenza non risolverà comunque le criticità strutturali

e di efficienza della struttura: i limiti tecnici potranno essere superati solo con la costruzione del nuovo

ospedale, che viene approfondito al paragrafo 3.3.

La successiva Tabella 13 restituisce la struttura di offerta dell’ospedale con l’attuazione del Piano.

Tabella 13 – Ospedale di Piacenza, PL e offerta specialistica in base al Piano

3.2.2 L’ospedale di Castel San Giovanni nella rete provinciale

L’ospedale di Castel San Giovanni diventerà il riferimento provinciale per la chirurgia programmata

caratterizzata da degenza fino a 5 giorni per chirurgia, ortopedia e ginecologia, mantenendo anche un’area

a 7 giorni per interventi chirurgici programmati a più alta intensità di cura, con specializzazione sulla

chirurgia del colon retto e l’ortopedia protesica. Verrà mantenuta tutta l’attività di chirurgia plastica. Le

Area ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

LINEA CHIRURGICA NON PROGRAMMATA 60

LINEA CHIRURGICA PROGRAMMATA A CICLO CONTINUO 46

LINEA CHIRURGICA PROGRAMMATA A CICLO BREVE 14

DSM DIAGNOSI E CURA 15

RECOVERY ROOM-TIPO 6

TERAPIA INTENSIVA 9

OSTETRICIA 35

GINECOLOGIA 18

PEDIATRIA 17 2

PATOLOGIA NEONATALE 8

MEDICINA INTERNA 34 1

GERIATRIA 25

LUNGODEGENZA 5

NEFROLOGIA 9 1

GASTROENTEROLOGIA 15 1

NEUROLOGIA 21

CARDIOLOGIA 24 1

UNITA' CORONARICA 8

PNEUMOLOGIA 12 1

ONCOLOGIA 22 1

EMATOLOGIA E CENTRO TRAPIANTI 14 1

MALATTIE INFETTIVE 17 2

MEDICINA PERICHIRURGICA 20

MEDICINA D'URGENZA 18

MEDICINA SUBINTENSIVA 8

TOTALE 480 11

Laboratorio Analisi

Radiologia di base e alte

tecnologie

Circa 40 ambulatori

specialistici

oncologica

urgenza

491

chirurgica

intensiva

materno

infantile

medica

medica

urgenza

21

quattro sale operatorie rimarranno tutte operative, così come il progetto ASCO: la sala utilizzata per le

simulazioni è contemporaneamente usata anche per day surgery e attività di chirurgia ambulatoriale.

L’obiettivo prioritario è quello di aumentare i volumi degli interventi chirurgici attraverso processi di

efficientamento e di specializzazione organizzativa e professionale. In questo contesto, è confermata la

guardia chirurgica H24.

La struttura sarà anche il riferimento per l’assistenza di area medica e cardiologica a valenza distrettuale in

grado di sviluppare e garantire attività di base e linee specialistiche di I livello (in rete con quelle di II livello

presenti nell’ospedale di Piacenza), come la reumatologia, la endocrinologia e la pneumologia. Il

mantenimento della riabilitazione ortopedica, anch’essa per il bacino distrettuale, completerà il percorso

del paziente ortopedico, in particolare quello più fragile. Alla fragilità si rivolge anche la degenza a bassa

intensità assistenziale e di long term care ospedaliera, entrambe previste nella proposta di riorganizzazione.

Accanto a questo, la riorganizzazione prevede lo sviluppo ex novo dell’attività di riabilitazione

pneumologica.

Il mantenimento della Terapia Intensiva garantirà le funzioni di cure intensive e sub-intensive a supporto

sia dell’attività internistica, che di quelle specialistica, cardiologica e chirurgica. Lo sviluppo delle

competenze intensivologiche in ambito pneumologico è una importante opportunità da cogliere:

unitamente alle competenze specialistiche pneumologiche della medicina e a quelle riabilitative, potrebbe

garantire il percorso del paziente respiratorio critico dalla fase intensiva fino alla riabilitazione.

Alcuni posti letto dell’area medica verranno utilizzati per la degenza post-chirurgica dei pazienti operati in

urgenza all’ospedale di Piacenza, al fine di riavvicinare il paziente in terza o quarta giornata.

L’area radiologica si caratterizzerà con un potenziamento delle attività in rete, garantendo tutta la gamma

delle attività, sia quelle ambulatoriali e di supporto alle funzioni ospedaliere, che quelle di integrazione

specialistica di II livello con le restanti componenti della rete delle radiologie, in ambito senologico e in

ambito neuroradiologico.

Sul lato dei servizi, oltre al mantenimento di tutti gli ambulatori già presenti, è prevista l’attivazione

dell’ambulatorio di reumatologia e dell’ambulatorio di pneumologia.

In fine, il Pronto Soccorso H24 conserverà tutte le caratteristiche attuali, mantenendo la stessa dotazione

medica e infermieristica.

Date tutte le sue caratteristiche, l’Ospedale di Castel San Giovanni sarà anche la sede di supporto

specialistico nei percorsi di presa in carico delle patologie croniche, in integrazione con le Case della Salute

del territorio di riferimento.

La Tabella 14 mostra come la riorganizzazione non intaccherà il numero di posti letto dell’ospedale, che

diventeranno 125, a fronte della conversione dei 6 posti letto in DH oncologici in attività ambulatoriale

(obbligatorio per legge). Sono evidenziati in rosso i due nuovi ambulatori.

22

Tabella 14 - Ospedale di Castel San Giovanni, PL e offerta specialistica in base al Piano

3.2.3 L’ospedale di Fiorenzuola d’Arda nella rete provinciale

L’ospedale di Fiorenzuola si caratterizzerà in modo molto forte come il polo riabilitativo focalizzato sull’alta

complessità dell’Emilia Nord (interprovinciale), concentrando tutte le funzioni riabilitative specialistiche

presenti sul territorio provinciale e sviluppando quelle oggi non presenti:

- Unità Spinale (dalla sede di Villanova), che funge da elemento di altissima specialità trainante per

l’intero settore riabilitativo

- Unità di RRF neuromotoria a valenza interprovinciale, comprensiva dell’assistenza Gracer

- Unità di RRF cardiologica e respiratoria a valenza interprovinciale

- Unità di RRF ortopedica per il bacino distrettuale

Come illustrato prima, al paragrafo 3.1.5, la collocazione dell’Unità Spinale all’interno del polo riabilitativo

di Fiorenzuola consentirà di realizzare quegli importanti potenziamenti per il conseguimento dei più alti

standard assistenziali, tecnologici e di accreditamento, essenziali per la permanenza dell’Unità Spinale nella

provincia di Piacenza: area sub-intensiva, contiguità a un polo radiologico con TAC e RMN, alte tecnologie e

specialisti dedicati.

L’area medica diventerà riferimento sia per le attività di base che per le linee specialistiche di I livello per

tutto il distretto, integrandosi con l’ospedale di Piacenza per le linee di II livello. L’obiettivo è quello di

mettere in condizione l’ospedale di gestire casistica più complessa di quella attuale. Verranno quindi

sviluppate e potenziate le competenze di tipo cardiologico, pneumologico, neurologico ed

endocrinologico. Inoltre, è prevista l’attivazione di 6 posti letto di degenza breve di Pediatria: si tratta di

alcuni letti di continuità assistenziale a gestione prettamente infermieristica per l’assistenza a bambini e

ragazzi dal mese di vita ai 16 anni affetti da malattie acute e croniche. Generalmente, le patologie di tipo

medico acuto afferiscono al Pronto Soccorso, o per accesso diretto della famiglia, o inviate dal medico

curante, dopo valutazione ambulatoriale; con l’attivazione di questi posti letto, il Pediatra di Libera Scelta

(PLS) potrà visitare un suo paziente e disporne l’invio alla degenza temporanea pediatrica tendenzialmente

per un periodo limitato (di 24 – 36 ore) in un ambiente dove sono presenti solo infermieri, che fanno

riferimento per ogni decisione al PLS, che rimane nel proprio studio ma che può recarsi in ospedale e

disporre di tutto ciò che gli serve ricorrendo alle risorse della struttura. Stessa soluzione viene ipotizzata

anche per gli adulti, aggiungendo alla Medicina alcuni posti letto di continuità assistenziale (ancora da

Area ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

CHIRURGIA GENERALE E ORTOPEDIA (7 gg.)12

CHIRURGIA GENERALE, ORTOPEDIA, GINECOLOGIA E

ALTRE SPECIALITA' (5 gg.)24 8

CARDIOLOGIA 9

MEDICINA INTERNA E LUNGODEGENZA 34

intensivaTERAPIA INTENSIVA 8

riab. RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE ort. 30

TOTALE117 8

Laboratorio analisi

Radiologia

Ambulatorio di nefrologia

(dialisi)

Ambulatorio ematologico

Ambulatorio oncologico

Ambulatorio di urologia

Ambulatorio di cardiologia

Ambulatorio di chirurgia

Ambulatorio di medicina

Ambulatorio di ortopedia

Ambulatorio di reumatologia

Ambulatorio di pneumologia

chirurgica

125

medica

23

decidere il numero), in cui gestire pazienti dimissionabili ma che non possono fare ritorno a casa per

problemi sociali o ambientali e che potrebbero così avere qualche giorno di ricovero di sollievo, in attesa di

trovare soluzioni più stabili.

Inoltre, alcuni posti letto dell’area medica verranno utilizzati per la degenza post-chirurgica dei pazienti

operati in urgenza all’ospedale di Piacenza, al fine di riavvicinare il paziente in terza o quarta giornata.

Per quanto riguarda l’area chirurgica, nel Blocco A verranno realizzate due nuove sale operatorie, di cui

una attrezzata anche come sala endoscopica: l’attività chirurgica dell’ospedale sarà orientata

all’assolvimento di tutte le necessità del bacino di riferimento per prestazioni di Day Surgery e chirurgia

ambulatoriale, diventando il centro di riferimento provinciale per la chirurgia flebologica; in particolare,

viene sviluppata l’attività di chirurgia ambulatoriale in anestesia locale (NORA), che ha lo scopo di ridurre

drasticamente le liste d’attesa. Vengono anche sviluppate le aree di attività di diagnostica e interventistica

endoscopica, compresa la chirurgia laparoscopica.

La concentrazione dell’attività riabilitativa specialistica determinerà un rafforzamento dell’attività

specialistica ambulatoriale nelle discipline direttamente coinvolte, e infatti è prevista l’attivazione di due

ulteriori ambulatori specialistici, quello di pneumologia e quello di neurologia.

L’ospedale manterrà inalterato il PS H24, che anzi verrà migliorato in termini di capacità risposta, anche

attraverso una maggiore integrazione con la radiologia, potenziata nella strumentazione. Inoltre, la

struttura disporrà di un servizio di emergenza professionalizzato, con un’ambulanza e un infermiere

professionale, che operi in integrazione col volontariato e sotto il coordinamento della centrale operativa;

viene inoltre confermata la possibilità per medici e infermieri di partecipare a corsi di medicina di urgenza,

per una formazione multiprofessionale e integrata.

Come mostrato dalla Tabella 15 , la riorganizzazione restituirebbe a Fiorenzuola una struttura con 146 PL, a

cui aggiungere i posti letto dedicati alle cure intermedie per bambini e adulti (che non vengono conteggiati

nel totale dei PL). Sono evidenziati in rosso le nuove attività di specialistica ambulatoriale.

Completa la riorganizzazione la previsione di rendere Fiorenzuola la sede della Scuola di Fisioterapia di

Parma e, stante l’accordo dell’Università di Parma, anche di Fisiatria, in coerenza con il ruolo di polo

riabilitativo di riferimento interprovinciale che l’ospedale andrà a ricoprire.

Tale riorganizzazione conferisce allo stabilimento di Fiorenzuola le caratteristiche per diventare un polo

riabilitativo specialistico sovraprovinciale, con particolare riferimento al confinante territorio di Parma, fino

ad arrivare a Reggio Emilia, a contrasto della mobilità passiva e a conferma dell’attuale posizionamento per

la parte più specializzata. L’ospedale di Fiorenzuola, così riorganizzato, rappresenterebbe una delle sedi dei

percorsi di presa in carico dei pazienti cronici, in integrazione e coordinamento con le Case della Salute e i

servizi territoriali del bacino di riferimento.

24

Tabella 15 – L’Ospedale di Fiorenzuola d’Arda, PL e offerta specialistica in base al Piano

3.2.4 L’ospedale di comunità di Bobbio nella rete provinciale

L’ospedale di comunità di Bobbio, mantiene sostanzialmente inalterate le proprie caratteristiche. In base

alla normativa nazionale e regionale, infatti, l’OsCo è una struttura con 15-20 posti letto che si può

collocare all’interno di strutture ospedaliere che riorganizzano una parte delle funzioni assistenziali,

valorizzando il ruolo del personale infermieristico; l'assistenza medica è assicurata da medici dipendenti,

dai medici di medicina generale o dai pediatri di libera scelta. La degenza media prevedibile è di 15/20

giorni, e comunque non superiore alle 6 settimane. I pazienti eleggibili al ricovero in OsCo sono:

- Pazienti anziani provenienti da struttura ospedaliera (per acuti o riabilitativa) che hanno concluso il

percorso diagnostico terapeutico ospedaliero, ma che richiedono assistenza infermieristica

continuativa

- Pazienti fragili e/o cronici provenienti da domicilio per la presenza di riacutizzazione di condizione

clinica preesistente che, comunque, non necessitano di ricovero per acuti

- Pazienti che richiedono assistenza infermieristica nelle ADL: necessità di formazione del paziente e

del caregiver prima del ritorno a domicilio

- Pazienti che necessitano di riattivazione motoria o di supporto riabilitativo-rieducativo respiratorio

o di altro organo/distretto.

L’ospedale di Bobbio era già, di fatto, un ospedale di comunità, presentandone tutte le specifiche principali.

Di conseguenza, questa trasformazione non incide sulla attuale offerta della struttura, né sulla dotazione di

personale medico e assistenziale. In particolare, l’ospedale ha mantenuto il numero di posti letto (24), a cui

si aggiunge l’attività di chemioterapia ambulatoriale. La dotazione organica rimane identica, con l’aggiunta

di un infermiere nel ruolo di case manager per la gestione dei casi più complessi. L’ospedale mantiene

inoltre il PPI, in rete con i PS degli altri ospedali provinciali, e conserva tutti gli ambulatori specialistici

presenti, rafforzati dal nuovo servizio di Day Service oncologico. Rimangono altresì invariati il Centro Dialisi

e l’area Pediatria di Comunità.

Area ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

chirurgica DAY SURGERY, ENDOSCOPIA E CHIRURGIA FLEBOLOGICA 8

MEDICINA INTERNA 34 1

MEDICINA SUBINTENSIVA 8

LUNGODEGENZA (medica) 18

CURE INTERMEDIE (pediatria) 6

CURE INTERMEDIE (adulti)

UNITA' SPINALE 20

GRACER 12

RRF ORTOPEDICO 14

RRF CARDIORESPIRATORIO 9

RRF NEUROMOTORIO 22

TOTALE 137 9

Laboratorio analisi

Radiologia

Centro trasfusionale

Ambulatorio di cardiologia

Ambulatorio di chirurgia

Ambulatorio di medicina

Ambulatorio di nefrologia

Ambulatorio di ortopedia

Ambulatorio di ostericia e

gincecologia

Ambulatorio di

otorinolaringoiatria

Ambulatorio di pediatria

Ambulatorio di terapia del

dolore

Ambulatorio di endocrinologia

Ambulatorio di ematologia

Ambulatorio di oncologia

Ambulatorio di urologia

Ambulatorio di pneumologia

Ambulatorio di neurologia

riab.

146

medica

Unità Spinale

25

Le caratteristiche dell’OsCo di Bobbio sono particolarmente funzionali a una migliore gestione e presa in

carico dei pazienti cronici, anche in coordinamento e in supporto della futura Casa della Salute della città.

La rete ospedaliera proposta, così come descritta finora, è rappresentata dalla seguente Tabella 16.

Tabella 16 - L’Ospedale di Comunità di Bobbio, PL e offerta specialistica in base al Piano

I posti letto dedicati alle cure intermedie, quindi tutti quelli presenti a Bobbio e alcuni dei posti di

Fiorenzuola, non rientrano nel conteggio totale dei PL provinciali. Ne deriva che la riorganizzazione

risponderebbe anche all’esigenza di diminuire i posti totali fino ad arrivare all’obiettivo regionale.

3.3 Il Nuovo Ospedale di Piacenza

I limiti tecnici e strutturali dell’attuale ospedale di Piacenza potranno essere superati solo con la

costruzione del nuovo ospedale. Infatti, le criticità legate alla viabilità, alla mancanza di parcheggi, alla

inefficienza e rigidità della struttura a padiglioni sono risolvibili solo se si pensa a un nuovo edificio, in una

nuova area cittadina.

Nello specifico, la necessità di un nuovo ospedale per Piacenza si basa su precise ragioni di ordine clinico,

gestionale ed economico, che si possono sintetizzare come segue:

- l’ospedale attuale presenta criticità logistiche legate a una configurazione a padiglioni e a una

generale carenza di spazi che non consentono di garantire livelli di clinical competence e di

controllo del rischio clinico adeguati a una struttura provinciale;

- in continuità col punto precedente, l’ospedale attuale non presenta le basi organizzative e

dimensionali per diventare polo di riferimento interprovinciale, considerando le reti di aerea vasta

e in base agli standard previsti dal D.M. 70/2015 e dalla D.G.R 2040/2015. In particolare, l’ospedale

non riesce a sopportare adeguatamente la concentrazione dell’attività in ambito materno infantile,

non ha la sufficiente flessibilità per reggere adeguatamente i picchi di afflusso di un ospedale

orientato a diventare il punto di riferimento per l’emergenza-urgenza, la frammentazione delle

Area ORD DH TOT Specialistica ambulatoriale

MEDICINA INTERNA 14

LUNGODEGENZA 10

TOTALE 24

Ecografia

Endoscopia

Ambulatorio di angiologia

Ambulatorio di cardiologia

Ambulatorio di chirurgia

Ambulatorio di dermatologia

Ambulatorio di diabetologia

Ambulatorio dei disturbi

cognitivi

Ambulatorio di ematologia

Ambulatorio di fisiatria

Ambulatorio di geriatria

Ambulatorio di nefrologia

Ambulatorio di neurologia

Ambulatorio di oculistica

Ambulatorio di odontoiatria

Ambulatorio di oncologia

Ambulatorio di ortopedia

Ambulatorio di osteoporosi

Ambulatorio di

otorinolaringoiatria

Ambulatorio di urologia

cure

intermedie

24

26

attività su più padiglioni ostacola i lavoro dei team multidisciplinari, la attuale disponibilità di spazi

non permette pienamente l’organizzazione dell’ospedale per intensità di cure, non facilita né

rende economiche e sicure le relazioni funzionali a più elevata interdipendenza. Non si tratta solo di

quantità di spazi, ma di qualità e di funzionalità degli stessi. Oggi infatti ci troviamo con un

parametro di poco meno di 120 mq per posto letto, cui si aggiungono ben 47 mq per posto letto

considerando le sottocentrali, con un importante dispendio di spazi non utilizzabili e un rapporto

tra connettivo e spazi “utili” alle attività cliniche superiori ai parametri di riferimento, senza

peraltro permettere la suddivisione dei flussi;

- l’accessibilità ai vari servizi dell’ospedale è un tema molto sentito sul territorio: il nuovo

stabilimento dovrà essere più facilmente raggiungibile sia in auto che con i mezzi pubblici e sarà

dotato di un ampio parcheggio;

- la costruzione della nuova struttura cancellerà le pesanti diseconomie derivanti dalla

organizzazione a padiglioni, ormai obsoleta, e consentirà dunque di investire in tecnologia e

competenze.

La progettazione del nuovo ospedale è fortemente orientata alla modernità e si sviluppa attorno a sei

punti cardine:

1. organizzazione interna

2. umanizzazione

3. impatto ambientale

4. sostenibilità economica

5. dimensionamento ideale

6. parametri economici

Di seguito, vendono brevemente dettagliate.

1. Organizzazione Interna

La nuova struttura sarà progettata al fine di garantire l’adozione dei più moderni modelli organizzativi e di

cura e garantirà spazi adeguati a recepire e trattare appropriatamente e in sicurezza i casi più complessi

dell’intera provincia. La struttura dovrà permettere e favorire una organizzazione per:

Aree omogenee: blocchi tecnologici per la terapia, blocchi tecnologici per la diagnosi, aree per out-

patient, per in-patient, per il personale, per la ricerca e per la formazione

Intensità di cura e complessità assistenziale

Durata della degenza

Percorsi clinici, separando l’urgenza dalle attività programmate

Nello sviluppo progettuale si dovranno tenere in considerazione le relazioni funzionali, le

interdipendenze analizzate e interpretate nell’ottica della massima efficacia ed efficienza

operativa, della massima sicurezza, della facilitazione all’approccio multidisciplinare al paziente e

alla patologia.

2. Umanizzazione

Sono cinque gli aspetti che si intendono proporre per la progettazione:

Permeabilità

Accessibilità

Comfort

27

Qualità percepita

Sicurezza

Il concetto di permeabilità deve essere sviluppato su due dimensioni: la permeabilità urbanistica o esterna

e la permeabilità architettonica o interna. La permeabilità urbanistica si deve realizzare attraverso la

concezione di una struttura aperta e integrata con la città, struttura che diventa un pezzo di vita della città

medesima. La permeabilità architettonica deve offrire una struttura aperta a chi arriva e gradualmente

raggiunge il luogo tecnico, ma anche a chi sta all’interno, non può muoversi ma ha bisogno di essere

collegato anche visivamente con il mondo esterno naturale e urbano.

L’accessibilità deve tenere in considerazione la fase di avvicinamento all’ospedale, viabilità, parcheggi,

trasporti urbani pubblici e privati commerciali, e anche la fase dell’orientamento. La struttura deve essere

di facile lettura e permettere un orientamento agevole, friendly, le tecnologie per l’orientamento devono

essere adeguate, professionali, cogliere i frutti di un approccio scientifico.

Per quanto riguarda il comfort e la qualità percepita, le stanze devono essere a 2 PL di dimensioni tali da

rendere la vita il più facile possibile, con adeguatezza delle superfici per permettere l’alimentazione al

tavolo, la conservazione degli effetti personali secondo utilità comuni e “laiche”, la ospitalità del visitatore.

Il 30% delle stanze deve essere a 1 PL ma capaci di ospitare un accompagnatore o un secondo posto letto.

In fine, la sicurezza deve essere perseguita realizzando un ambiente idoneo e adeguato alle caratteristiche

cliniche e assistenziali del paziente.

3. Impatto ambientale

L’impatto ambientale deve tenere conto innanzi tutto del bilancio energetico, con attenzione

all’approvvigionamento energetico (impianti di trigenerazione, ricorso al fotovoltaico e al solare termico,

controllo della illuminazione attraverso sistemi di rilevazione e adeguamento alle necessità al consumo) e

alla esposizione dispersione-isolamento, diventando uno straordinario laboratorio progettuale.

Si dovrà tendere alla realizzazione di una struttura leggera, fortemente integrata con l’ambiente, luminosa,

a moderato sviluppo verticale, con tre/quattro piani fuori terra, il verde dovrà essere progettato e gestito

quale elemento di mitigazione alla esposizione termica e quindi utile come barriera sia estiva che invernale.

Idealmente, l’area ospedaliera dovrebbe permettere la disponibilità di un’area verde pari almeno alla

superficie coperta. L’area dovrà essere in grado di ospitare anche servizi accessori come il parcheggio (3

posti auto ogni PL).

4. Sostenibilità economica

L’ospedale deve rispondere anche a requisiti di sostenibilità economica. Innanzitutto, il nuovo ospedale

deve presentare buoni livelli di efficienza di mantenimento (energetica, manutentiva, logistica) attraverso

l’utilizzo di impianti moderni, e quindi più efficaci e meno costosi. La sostenibilità deve esprimersi anche in

termini di maggiore efficienza nell’erogazione di servizi sanitari: una organizzazione interna razionale e

centrata sul percorso logistico del paziente, così come descritta sopra, è funzionale proprio alla sostenibilità

economica dell’intera struttura, oltre che alla efficacia e sicurezza della cura.

Inoltre, il nuovo ospedale, così come delineato sin qui, sarebbe garanzia di flessibilità, interoperatività e

continuità della cura, caratteristiche, queste, che facilitano l’integrazione professionale e l’impiego ottimale

del tempo-lavoro, aumentando il livello di efficienza della struttura stessa.

5. Dimensionamento ideale dell’ospedale

Se da una lato complessivamente il numero di posti letto si riduce in relazione alla popolazione (la tendenza

è 3/2,5 PL per 1000 abitanti), dall’altro lato le aree intensive, le aree terapeutiche e diagnostiche, le aree

28

per il trattamento dei pazienti esterni e quelle destinate alla ricerca fanno crescere il rapporto tra superficie

utile e posto letto. I parametri dimensionali ideali sarebbero, quindi, i seguenti:

circa 500 PL

circa 200 mq per PL

circa 100.000 mq costruiti

5 piani, 3 dei quali in superficie

1.500 posti auto (3 per ogni PL)

agevole viabilità interna e aree verdi

6. Parametri economici

L’ospedale nuovo strutturato come descritto sopra richiederà un investimento di circa 230 milioni di euro,

entrando così nella lista delle grandi opere pubbliche per questa regione. Di seguito si elencano i principali

parametri economici:

costo totale comprensivo di impianti, tecnologie, arredi e parcheggi: circa 230 milioni €

costo complessivo per PL: circa 470.000 €

costo parametrico complessivo: circa 2.250€ al mq

3.3.1 Il mantenimento della qualità e delle funzionalità dell’Ospedale Guglielmo da

Saliceto

La costruzione del nuovo ospedale non sarà comunque completata prima dei prossimi 10 anni. Nel

frattempo, si dovranno garantire tutte le funzionalità dell’attuale ospedale piacentino, pur in

considerazione di tutti i limiti strutturali che presenta.

A questo proposito, gli investimenti già previsti per gli anni 2017-2019 per gli interventi sugli edifici

dell’ospedale di Piacenza ammontano ad oltre 9 milioni di euro; come illustrato nella successiva Tabella 17,

molti di questi interventi riguardano aspetti legati alla funzionalità e alla sicurezza degli edifici e degli

impianti e non sono pertanto differibili o accantonabili.

29

Tabella 17 – Investimenti Ospedale di Piacenza, anni 2017-2019

Inoltre, nei successivi due anni sono ad oggi previsti ulteriori investimenti per un importo superiore ai 6

milioni di euro che coinvolgono anche progetti di ristrutturazione e razionalizzazione. Nella Tabella 18 si

elencano alcuni degli interventi previsti per il biennio 2020 - 2021, con i relativi costi stimati, con la

precisazione che nell’elenco non sono indicati gli interventi di manutenzione straordinaria degli impianti

tecnologici come invece elencati nella tabella relativa al triennio 2017 – 2019.

Descrizione dell’intervento Importo euro (IVA inclusa)

Realizzazione nuove sale dialisi 500.000

Accesso interrato nuova scala 100.000

Realizzazione Day Hospital Geriatria 300.000

Cambio serramenti Geriatria 60.000

Ristrutturazione chiostro 250.000

Nuovi spogliatoi Medicina 40.000

Ristrutturazione facciata monumentale 100.000

Riconfigurazione ingressi 350.000

Spogliatoi interrato ex medicina nucleare 150.000

Realizzazione studi radioterapia interrato ex fisica sanitaria 50.000

Nuovo ascensore e relativo ponte di collegamento 250.000

Magazzini farmacia 200.000

Impianto di condizionamento 520.000

Rifacimento serramenti piano 1 200.000

Rifacimento copertura 400.000

Rifacimento pavimentazione 600.000

Rifacimento copertura 350.000

Realizzazione ambulatori pneumologia ex centro

trasfusionale500.000

Spostamenti UU OO varie e lavori manutenzione (centro

stella, diabetologia etc.)100.000

Ristrutturazione comparto operatorio 2° stralcio 2.000.000

Rifacimento 6 ascensori 150.000

Sostituizone 9 uta 300.000

Spostamenti vari e manutenzioni 1.100.000

Nuova rimessa ambulanze 118 80.000

Sistemazione casetta via San Nazzaro 320.000

Ponte da Villa Speranza 80.000

TOTALE GENERALE 9.050.000

Polichirurgico

Aree attigue polichirurgico

Corpo 1

Corpo 4

Corpo 6

Corpo 7

30

Tabella 18 – Investimenti Ospedale di Piacenza, anni 2020-2021

4 Il Territorio

Il D.M. 70/2015, e la DGR 2040/2015, stabiliscono che le Aziende sanitarie del Sistema Sanitario Nazionale

dovranno investire sul potenziamento del territorio, al fine di rispondere in modo efficace ai bisogni dei

cittadini e, al contempo, recuperare efficienza e qualità. I servizi territoriali sono ormai da due decenni

equivalenti ai servizi ospedalieri, in termini di peso sul bilancio delle ASL e, anche, dal punto di vista

dell’importanza strategica nella programmazione dell’attività sanitaria: le Aziende sanitarie pubbliche sono

chiamate a governare i servizi sul territorio, in ottica di rete, attraverso una pianificazione puntuale delle

attività e una organizzazione coerente alla complessità e alla vastità dei servizi stessi. Questa operazione è

necessaria innanzitutto per rispondere in modo puntuale ed efficace ai mutati bisogni di cura, assistenza e

presa in carico della popolazione di riferimento, i cui cambiamenti nel corso degli ultimi anni sono stati

descritti e richiamati sopra. Si sottolinea che il potenziamento e la riorganizzazione del territorio sono

fondamentali, in particolare, per la gestione delle cronicità.

Questa è forse la sfida più difficile che siamo chiamati ad affrontare, proprio per l’eterogeneità delle attività

che devono essere governate e per la diversa tipologia di professionisti che devono essere guidati e

orientati verso gli stessi obiettivi comuni. Specialisti dipendenti, Medici di Sanità Pubblica, sumaisti,

infermieri (dipendenti e non), Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, assistenti sociali,

personale tecnico e di supporto che lavorano insieme per offrire il miglior servizio possibile alla utenza di

riferimento. La progettazione di una struttura organizzativa efficace e l’attivazione di meccanismi

organizzativi e operativi flessibili sono le chiavi di successo per raggiungere il livello di integrazione e

coordinamento necessari.

Questa sezione si occupa di descrivere i servizi territoriali in essere per poi delineare una proposta di

riorganizzazione degli stessi che si basa sostanzialmente sulle Case della Salute, struttura fisica che diventa

anche un riferimento organizzativo funzionale all’integrazione dei diversi servizi e dei professionisti.

4.1 I servizi territoriali in essere

Sul territorio piacentino vengono erogati servizi che rientrano nell’ambito delle Cure Primarie, della Sanità

Pubblica, della Salute Mentale e del Dipartimento Farmaceutico, a cui si aggiungono i servizi amministrativi

31

per il front office, riservato all’utenza, e per il lavoro di supporto all’erogazione dei servizi sanitari e

assistenziali. Di seguito, viene restituito il quadro complessivo dei professionisti che operano sul territorio e

dei servizi erogati.

I Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta, organizzati in gruppo o in studi singoli,

che coprono tutto il territorio e hanno il fondamentale ruolo di filtro all’interno sistema sanitario,

dovendo intercettare e interpretare il bisogno di salute per poi guidare l’utenza nel percorso più

appropriato.

I medici della Continuità Assistenziale (guardia medica), che proseguono l'attività del MMG e del

PLS nei giorni e orari in cui queste figure non sono presenti, ovvero nelle ore notturne e nei giorni

prefestivi e festivi. Le funzioni svolte sono sovrapponibili a quelle effettuate dal medico di base:

forniscono consigli telefonici, effettuano visite domiciliari e ambulatoriali.

Gli specialisti degli ambulatori sul territorio, dipendenti aziendali e sumaisti, che garantiscono

l’offerta di visite e prestazioni diagnostiche al di fuori delle strutture ospedaliere, il più vicino

possibile alla popolazione.

Gli infermieri del territorio e il personale assistenziale (OSS e altro personale tecnico-

assistenziale), dipendenti aziendali e convenzionati, presenti nelle Case della Salute e nei

poliambulatori, che supportano i MMG e gli altri medici specialisti per le attività clinico-assistenziali

e diagnostiche, come ad esempio i Prelievi ematici, organizzano e gestiscono l’Assistenza

Domiciliare Integrata (ADI), anche in coordinamento con i servizi sociali, in particolare il Servizio

Assistenza Anziani (SAA) per l’organizzazione del Servizio Assistenza Domiciliare (SAD).

Tra i servizi di prevenzione si possono annoverare gli ambulatori per le vaccinazioni, sia di adulti

che di minori, e i programmi di screening principali, cioè quello mammografico, del colon retto e

del collo dell’utero. Da sottolineare come nella prevenzione e promozione della salute hanno un

peso importante anche i MMG.

La distribuzione di farmaci sul territorio, che avviene in modo diretto, tramite le strutture aziendali,

o per conto, attraverso le farmacie territoriali.

I consultori ostetrico-ginecologici, che offrono servizi relativi alla gravidanza, visite ginecologiche,

counselling ginecologico e per contraccezione, Pap-test e, nei consultori principali (Piacenza,

Fiorenzuola e Castel San Giovanni), anche ecografie ginecologiche. I consultori sono dislocati in

modo uniforme per tutta la provincia, in modo da coprire efficacemente le esigenze della

popolazione.

Collegati ai precedenti, per target di riferimento, troviamo anche i consultori familiari, con gli

importanti servizi erogati dalla Pediatria di Comunità.

I servizi dell’area della Salute Mentale, che vanno dai Centri di Salute Mentale (CSM), dislocati

diffusamente su tutto il territorio, ai tre centri del SeRt (a Piacenza, Cortemaggiore e Borgonovo), ai

centri di Neuropsichiatria e psicologia per l’infanzia e l’adolescenza, all’Emergenza-Urgenza

psichiatrica e le attività di Riabilitazione, fino ai servizi della Psichiatria di collegamento e della

Medicina penitenziaria.

I Consultori per i disturbi cognitivi (Consultorio Demenze), che hanno funzioni d'indirizzo, controllo

e coordinamento tra i MMG, i reparti ospedalieri e i servizi assistenza anziani del Distretto. Offrono

servizi clinici, sanitari, assistenziali e consulenze neuropsicologiche, monitorano l'erogazione dei

farmaci, definiscono percorsi per la riabilitazione cognitiva. Un fondamentale servizio del

Consultorio è costituito dalle visite e dagli approfondimenti necessari per la diagnosi precoce,

particolarmente importante per intervenire sul nascere della malattia e ritardarne – con opportune

32

terapie anche farmacologiche –l'evoluzione. I consultori sono ben distribuiti sul nostro territorio,

coprendo le necessità dei tre distretti.

I servizi della Psicologia di base, che garantisce l’assistenza psicologica di base sul territorio,

all’interno dell’area delle Cure Primarie.

Tutti i servizi dell’area della Sanità Pubblica, che vanno dalla Medicina legale (certificazione

monocratica, visita collegiale IC), alle attività di prevenzione delle malattie e miglioramento della

qualità della vita, alle funzioni tecniche specifiche al fine di garantire l’assistenza sanitaria collettiva

in ambiente di vita e di lavoro.

I professionisti della sanità veterinaria, che si occupano della salute degli animali di tutta la

provincia.

Tutte le attività utili alla realizzazione di una rete territoriale di servizi per la presa in carico delle

fasce deboli (anziani non auto-sufficienti, minori, disabili, adolescenti, famiglie multiproblematiche,

immigrati), con l’integrazione e il coinvolgimento degli Enti Locali e del terzo settore.

In fine, ma non per importanza, gli sportelli amministrativi riservati all’utenza per le attività di

prenotazione (CUP), pratiche amministrative, richieste, etc. e il personale tecnico e amministrativo

di supporto ai professionisti dedicati alla cura e all’assistenza.

La criticità principale legata ai servizi territoriali è la frequente disconnessione tra essi: non c’è ancora il

necessario il coordinamento, l’integrazione tra professionisti e servizi che spesso si trovano a gestire lo

stesso paziente multi-problematico, ognuno per la propria parte di competenza, in un’organizzazione del

lavoro a compartimenti stagni che prevede solo in alcuni casi comunicazione e condivisione tra operatori.

La proposta di riordino dell’offerta territoriale ha come obiettivo primario proprio quello di recuperare

integrazione professionale, in un modello a rete dove il nodo è costituito proprio dal paziente e dalle sue

necessità terapeutiche, assistenziali e di assistenza sociale.

4.2 Le Case della Salute nella AUSL di Piacenza

Da diversi anni la regione Emilia-Romagna identifica nella Casa della Salute la sede di accesso ed erogazione

dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali nell’ambito territoriale di riferimento. Nella DGR

291/2010 la CdS è descritta come “un sistema integrato di servizi che si prende cura delle persone fin dal

momento dell’accesso attraverso: l’accoglienza dei cittadini, la collaborazione tra i professionisti, la

condivisione dei percorsi assistenziali, l’autonomia e la responsabilità professionale, la valorizzazione delle

competenze”. La DGR 2040/2015, in recepimento del DM 70/2015, conferma la centralità della Casa della

Salute nell’operazione di potenziamento del territorio. La AUSL di Piacenza, nella sua evoluzione, deve

necessariamente considerare lo sviluppo di queste macro-strutture organizzative come un pilastro

fondamentale della riorganizzazione dell’offerta dei servizi specialistici e delle nuove modalità di presa in

carico dei pazienti sul territorio, attraverso soprattutto i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera

Scelta, quali parte integrante del sistema sanitario territoriale.

E’ importante considerare alcune criticità, in parte contestuali e in parte generali di sistema:

- in linea con i trend nazionali e internazionali, i pazienti cronici aumentano sul nostro territorio, e

sono destinati ad aumentare ancora;

- i nostri pazienti cronici non aderiscono ai percorsi di cura in modo adeguato: una altissima

percentuale di pazienti non accede a prestazioni fondamentali per il trattamento e la cura della

patologia;

33

- finora nel nostro territorio si è privilegiata una visione distrettuale: le riorganizzazioni degli ultimi

15 anni sono avvenute per sovrapposizione, creando delle notevoli disomogeneità tra distretti;

- è importante stabilire quanti e quali servizi devono necessariamente essere erogati il più vicino

possibile agli utenti, per le diverse tipologie di target;

- nonostante le disposizioni regionali considerino la CdS come una infrastruttura per tutti i

professionisti del territorio, in realtà l’integrazione “fisica” sotto lo stesso tetto risulta di difficile

realizzazione, in particolare a causa delle perplessità di alcuni MMG e della carenza di leve di

governo per incentivare la fusione. La presenza dei MMG e dei PLS nelle Case della Salute è molto

importante proprio a fronte del rapporto fiduciario instaurato con i pazienti: la fidelizzazione degli

assistiti verso il proprio medico di famiglia si potrebbe ampliare in una fiducia di sistema,

innescando un circolo virtuoso di presa in carico proattiva e utilizzo consapevole dei servizi pubblici.

Come approfondito più avanti nel documento, la presenza di questi professionisti è imprescindibile

nei percorsi di cura, e nelle Case della Salute è pensata e disegnata nel segno della flessibilità;

- nella programmazione delle CdS occorre tenere in considerazione il deciso cambiamento dei

bisogni di cura e assistenziali e pianificare precisamente le modalità con cui le CdS intervengono su

questo tema;

- la CdS deve essere garanzia dell’equità di accesso in un contesto in cui i dati dimostrano una forte

disomogeneità di consumo di cure e prestazioni, in cui i percorsi di cura sono sempre più complessi

e avvengono in buona parte al di fuori dell’ospedale, e in un quadro in cui la specializzazione degli

ospedali comporta che non ci sia più un’unica struttura di riferimento, ma un sistema a rete in cui

l’utente deve orientarsi.

Il Piano di riordino dell’offerta territoriale proposto configura la Case della Salute come un sistema in cui si

realizza il disegno di assistenza sanitaria territoriale, cercando di superare le criticità contestuali e di

sistema. L’obiettivo principale è quello di garantire a tutta la popolazione l’accesso agli stessi servizi,

indipendentemente dalla zona di residenza, e in particolare garantire la prossimità dei servizi alla

popolazione più fragile, ovvero gli anziani e i pazienti cronici. In questa ottica, le attuali sedi del servizio di

continuità assistenziale verranno tutte mantenute nel Piano di riordino.

La nuova Casa della Salute piacentina diventa il luogo catalizzatore di integrazione professionale, logistica e

istituzionale dell’offerta territoriale, rappresentando la struttura fisica in cui si integrano i servizi sanitari,

assistenziali e socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento. Per queste sue caratteristiche, la Casa

della Salute è funzionale alla presa in carico dei pazienti più complessi, in particolare quelli cronici, e a

garantire alla popolazione una maggiore equità di accesso ai servizi e alle prestazioni territoriali.

Entrando nello specifico, in base a questo Piano in ciascuna Casa della Salute verranno garantiti dei servizi

base:

- i MMG e i PLS, organizzati in gruppo o in studi singoli, sono fisicamente presenti nella struttura o in

rete, e rappresentano il primo fondamentale accesso al sistema dei servizi, assumendo il ruolo di

filtro e guida verso il percorso più appropriato alle esigenze del paziente. In particolare, il loro ruolo

sarà cruciale nella presa in carico dei pazienti cronici, attraverso l’approccio della medicina di

iniziativa e l’arruolamento nei PDTA aziendali e, dove possibile, l’esecuzione diretta delle

prestazioni previste dai piani diagnostico-terapeutici;

- viene costituito un presidio infermieristico (o ambulatorio infermieristico, come indicato dalla

Regione Emilia-Romagna), composto da un nucleo di infermieri presenti fisicamente nella Casa

della Salute che garantisca un servizio di accoglienza e orientamento per tutta l’utenza di

34

riferimento, accanto alle funzioni assistenziali usuali (prestazioni infermieristiche, prelievi,

organizzazione della assistenza domiciliare, attività di prevenzione e promozione della salute,

educazione terapeutica). Il presidio garantisce anche le prestazioni operative della gestione dei

pazienti cronici (chiamata attiva, organizzazione del percorso, etc.), in integrazione e

coordinamento con gli MMG nella CdS o in rete, costituendo così un ambulatorio della cronicità;

- viene organizzato un servizio di distribuzione diretta dei farmaci, anche attraverso la distribuzione

per conto da parte delle farmacie territoriali;

- viene istituito uno sportello amministrativo polivalente, che si occupa di tutte le pratiche

amministrative annesse all’erogazione dei servizi territoriali, dalla prenotazioni di prestazioni (CUP),

alla richiesta di dispositivi, alle adempienze per le attività legate alla Medicina Legale;

Questi servizi rappresentano l’accoglienza iniziale e di base offerta a tutta l’utenza della Casa della Salute e

la loro presenza consente di portare su tutto il territorio, vicino a tutti i cittadini, dei servizi fondamentali,

evitando così a molti utenti faticosi spostamenti.

Accanto a questo, in ogni CdS verranno garantite e fortemente potenziate, direttamente sul luogo o in rete,

le prestazioni specialistiche correlate ai principali PDTA aziendali, e cioè:

- Visita diabetologica

- Visita neurologica

- Visita cardiologica

- ECG

- Fundus oculi

- Prelievi ematici

- Saturimetria

- Spirometria

Inoltre, nella CdS saranno condensati tutti i servizi che compongono l’eterogeneo spettro dell’offerta

territoriale: vaccinazioni, servizi della salute mentale, consultori familiari (pediatria di comunità), consultori

ostetrico-ginecologici, consultori disturbi cognitivi, psicologia di base, servizi socio-sanitari per l’assistenza

domiciliare, e i servizi dell’area sociale e le attività del volontariato locale.

Vale la pena approfondire le funzionalità dell’ambulatorio infermieristico, vera novità tra i servizi

territoriali, che rappresenta il luogo in cui la modalità operativa di gestione della cronicità si integra con la

presa in carico clinica dei MMG, secondo il paradigma della medicina di iniziativa e la continuità

dell’assistenza. In quanto tale dovrà essere implementato e sviluppato in tutte le Case della Salute nella

logica della rete assistenziale integrata. Le principali funzioni dell’ambulatorio infermieristico sono:

- fornire alla cittadinanza un punto di ascolto sanitario che facilita l’orientamento e l’accessibilità ai

servizi sanitari (orientamento nel sistema);

- garantire la presa in carico dei cittadini attraverso la continuità assistenziale tra ospedale e servizi

sanitari territoriali;

- rispondere ai bisogni assistenziali del cittadino attraverso l’erogazione di prestazioni

infermieristiche;

- educare la popolazione a stili di vita sani;

- fornire informazioni in materia di promozione della salute e prevenzione delle malattie;

- organizzare l’erogazione dell’assistenza domiciliare integrata;

35

- presa in carico dei pazienti più complessi, in collaborazione con il personale medico.

Rispetto a questo ultimo punto, in ogni CdS verranno messi a disposizione personale e supporti

organizzativi e informatici necessari a implementare l’approccio della medicina di iniziativa. In particolare,

dovrà esserci una forte relazione tra CdS e gestione dei PDTA per pazienti cronici: il Piano prevede che la

CdS sia una sorta di “cabina di regia” dei PDTA aziendali, cioè un centro di supporto aziendale a disposizione

dei MMG e degli altri professionisti del territorio per la gestione appropriata dei pazienti più complessi. In

questa ottica, la CdS è il supporto fisico, informatico e amministrativo per la gestione efficace dei PDTA e

per l’arruolamento dei pazienti. Questo aspetto viene approfondito

Così strutturata, la Casa della Salute deve diventare il punto di riferimento per tutta la popolazione per

trovare il giusto orientamento nel sistema, sia per prestazioni erogate nella CdS che per quelle erogate

fuori, attraverso una presa in carico allargata e i Percorsi Diagnostico-Terapeutico-Assistenziali per le

cronicità e territoriali, integrati con i percorsi ospedalieri. In questo senso, la CdS si rivolge a diverse

tipologie di utenti, verso i quali ricopre altrettanto differenti ruoli:

- utenti con bisogni semplici e transitori (CUP, visita MMG, visita specialistica, prestazione

diagnostica, prelievo, screening, etc.), per i quali la CdS svolge un ruolo di accoglienza e

orientamento e di promozione e valorizzazione della partecipazione;

- utenti con bisogni complessi e continui (presa in carico da parte del case manager, inserimento nel

PDTA, stesura del PAI, consumo delle prestazioni previste nei piani terapeutici, continuità

assistenziale, follow-up e monitoraggio), già individuati e indirizzati alla CdS dal MMG, nei confronti

dei quali la CdS ha il ruolo di presa in carico e integrazione dei servizi, con un approccio di medicina

di iniziativa;

- la collettività, nei cui confronti la CdS assume un ruolo di promozione e prevenzione, attraverso

promozione di stili di vita sani e programmi e interventi di prevenzione rivolti al singolo, alla

comunità e a target specifici di popolazione. L’erogazione di servizi di prevenzione primaria e

secondaria è un’attività in cui sono coinvolti i MMG, i PLS, gli infermieri della CdS, i medici

specialisti (dipendenti AUSL e sumaisti) e l’eventuale personale sociale presente nella Casa.

Su queste premesse, è bene procedere alla definizione precisa di questa macro-struttura organizzativa

territoriale, nel modo più completo ed esaustivo possibile. La Casa della Salute nella AUSL di Piacenza,

intesa come luogo fisico e organizzativo, è:

- il luogo in cui i MMG in integrazione con gli altri professionisti del territorio (in special modo gli

infermieri) prendono in carico i pazienti in base all’approccio della medicina di iniziativa, con

l’obiettivo prioritario di reclutare i pazienti cronici e mantenerli all’interno dei percorsi di cura;

- il luogo dove viene concentrata e potenziata l’offerta di specialistica, in particolare quella a più alto

consumo e quella che ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella cura delle cronicità;

- il luogo della continuità assistenziale, esercitata attraverso gli ambulatori dei MMG, l’ambulatorio

infermieristico e i Medici di Continuità Assistenziale;

- lo strumento organizzativo per migliorare il livello di omogeneità dell’offerta di servizi territoriali e

assistenziali, in modo da calmierare le disequità di accesso;

- il luogo delle attività di promozione della salute e prevenzione delle malattie per tutta la comunità;

- in fine, il luogo in cui costruire percorsi per l’integrazione con il sistema sociale del territorio.

36

Superando e arricchendo la visione della DGR 291/2010, l’Azienda intende applicare tre diversi modelli

organizzativi alle CdS del proprio territorio, da preferire ogni volta considerando lo specifico contesto in cui

la CdS viene attivata. I tre modelli hanno alcune fondamentali caratteristiche in comune:

- i contenuti (così come descritti sopra): a prescindere dal modello, l’offerta della CdS include tutti i

servizi garantiti dalla AUSL;

- la CdS mantiene il ruolo di centro di supporto per la gestione dei PDTA per la cronicità, qualunque

sia il modello organizzativo adottato;

- in ogni caso, la CdS rimane il punto di integrazione con l’Area Sociale del territorio di riferimento.

Sostanzialmente, i modelli organizzativi differiscono in termini di livello e modalità di coinvolgimento e

collaborazione dei professionisti della Medicina Generale e della Pediatria di Libera Scelta e in base alla

presenza fisica dei gli altri servizi previsti o al loro collegamento in rete. Di seguito, vengono brevemente

descritti i tre modelli.

La CdS strutturale è il modello più “forte”, in quanto prevede che tutti i MMG e i PLS del territorio di

riferimento, organizzati in gruppo o in single practice, facciano della CdS la sede principale di lavoro. In

questo modello, anche tutti gli altri servizi sono fisicamente disponibili all’interno della Casa. La Figura 1

schematizza questa soluzione.

Figura 1 – Il modello strutturale

La CdS a rete è un modello in cui i MMG e PLS del territorio di riferimento, organizzati in gruppo o in single

practice, mantengono come sede principale di lavoro il proprio ambulatorio al di fuori dalla CdS, con la

quale si relazionano come in un modello a rete; analogamente, alcuni dei servizi aziendali non sono

fisicamente nella CdS, ma lavorano in perfetta integrazione e coordinamento con la Casa. Questo modello è

schematicamente rappresentat in Figura 2.

37

Figura 2 – Il modello a rete

In fine, nella CdS mista alcuni dei MMG e PLS del territorio di riferimento scelgono la CdS come sede

principale, altri mantengono come sede principale di lavoro il proprio ambulatorio al di fuori dalla CdS, con

la quale si relazionano come in un modello a rete. Il modello è schematizzato nella Figura 3.

Figura 3 – Il modello misto

L’obiettivo a tendere è che le CdS adottino il modello strutturale, attraverso l’azione combinata di AUSL e

Comuni, che, attraverso politiche e strategie attive, devono trovare leve motivazionali solide per convincere

MMG e PLS (liberi professionisti) a lavorare in una logica di forte integrazione. In tale senso, la formazione

specifica sarà facilitante. Tuttavia, per le CdS di città e di montagna, considerate le caratteristiche geo-

demografiche e infrastrutturali, i modelli a rete o misto sono probabilmente preferibili.

38

Come sottolineato in precedenza, e a prescindere dallo specifico modello, la Casa della Salute va intesa

come il centro di supporto organizzativo e infrastrutturale per tutti i professionisti che concorrono alla

erogazione dei servizi territoriali. In questa prospettiva, la CdS garantisce:

- supporto logistico e organizzativo per professionisti che operano a diversi livelli della “filiera” della

cura sul territorio (soprattutto Cure Primarie e Specialistica);

- supporto logistico e organizzativo per l’integrazione tra i diversi livelli istituzionali che operano sul

territorio – principalmente la AUSL e gli enti locali;

- supporto tecnico e amministrativo allo sviluppo e l’esercizio della medicina di iniziativa.

Dal punto di vista dell’organizzazione interna, in tutte le CdS è prevista la presenza di un responsabile

clinico, un responsabile organizzativo e un board clinico-organizzativo. Il responsabile clinico coincide con

il referente del NCP di riferimento (in caso di più NCP, ci saranno più responsabili clinici) e si occupa della

programmazione dei PDTA attivi nella CdS; il responsabile organizzativo è un infermiere con competenze

organizzativo-gestionali e cura gli aspetti operativo-organizzativi di tutte le attività in essere nella CdS; il

board clinico-organizzativo comprende i due responsabili della Casa della Salute e i case manager dei PDTA.

Questi aspetti verranno ripresi in seguito, al paragrafo 5.2.

La programmazione proposta prevede di attivare un totale di 11 Case della Salute, organizzate così come

descritto sopra, dislocate come di seguito:

- Piacenza

- Fiorenzuola

- Bobbio

- Lugagnano

- Carpaneto

- Cortemaggiore (CdS già attiva)

- Monticelli (CdS già attiva)

- Bettola (CdS già attiva)

- Podenzano(CdS già attiva)

- San Nicolò (CdS già attiva)

- Borgonovo (CdS già attiva)

Nello sviluppo delle Case della Salute di Bettola e San Nicolò si dovrà tenere in considerazione il tema degli

spazi, dato che già con i servizi attivati ad oggi si sta sfruttando la capacità massima.

5 Nuove modalità di presa in carico dei pazienti

L’attivazione delle Case della Salute, con il fondamentale coinvolgimenti dei MMG e la costituzione degli

ambulatori infermieristici, è uno dei passaggi chiave per realizzare l’approccio proattivo della medicina di

iniziativa. Infatti, il bisogno di presa in carico dei nostri pazienti più complessi è cambiato, così come i loro

bisogni di cura e di assistenza: quella che occorre attuare oggi è una presa in carico totale, trasversale, che

riguarda tutti gli aspetti del paziente. Il driver di successo nel trattamento delle cronicità sta nella capacità

di tenere il paziente stabile, il più a lungo possibile: questo obiettivo si raggiunge solo se tutti i

professionisti coinvolti nella gestione del paziente seguono una stessa “strategia”.

39

Dunque, accanto alla costituzione delle nuove Case della Salute, è prioritario disegnare e applicare efficaci

Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali e, soprattutto, diffonderli e condividerli con tutti i

professionisti interessati alla specifica patologia cui il PDTA si riferisce. Come evidenziato sopra, negli ultimi

venti anni la popolazione piacentina over 64 è cresciuta del 18% circa, con un aumento specifico dei grandi

anziani (over 74enni) del 47,6%. Per dare una risposta efficace ai bisogni emergenti dei pazienti complessi,

sempre più numerosi sul nostro territorio, occorre innanzitutto garantire una presa in carico totale, che

agevoli la continuità nel tempo della cura, intercettando precocemente questi pazienti, attraverso

l’approccio della medicina di iniziativa. Se l’ambulatorio del MMG all’interno della CdS o in rete con la CdS è

il luogo in cui viene praticato questo approccio proattivo, lo strumento attraverso il quale esso si esplicita è

il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale. Il PDTA è, infatti, uno strumento di presa in carico,

funzionale alla continuità della cura e al raggiungimento di un maggior livello di appropriatezza nella

gestione delle patologie più complesse, soprattutto quelle croniche, attraverso l’azione integrata e

coordinata dei diversi professionisti coinvolti.

5.1 I PDTA: nuovo modello piacentino

L’efficacia di questo strumento dipende soprattutto dalle modalità di costruzione e diffusione dei PDTA

stessi. In particolare, occorre presidiare i seguenti aspetti:

- linee guida scientifiche internazionali e nazionali di riferimento, che costituiscono la base di

costruzione del percorso;

- appropriatezza e coerenza della (rete di) offerta di cura, in un duplice senso: da un lato, l’offerta

deve prevedere tutte le prestazioni previste dallo specifico PDTA; dall’altro lato, le modalità di

erogazione delle prestazioni devono risultare di facile fruizione per il paziente (tema della logistica

del servizio);

- relazione tra professionisti: occorre prevedere modalità di coordinamento e integrazione tra i

diversi professionisti coinvolti nella presa in carico;

- è fondamentale riconoscere i diversi livelli di responsabilità correlati a ogni PDTA: la responsabilità

clinico-scientifica, la responsabilità del reclutamento dei pazienti, la responsabilità di gestione del

paziente, il c.d. case management, e, infine, la responsabilità di organizzare la capacità produttiva

in senso integrato;

- in ultimo, ma non per importanza, è necessario dotarsi di strumenti appropriati per

l’implementazione dei PDTA: innanzitutto, occorre presidiare lo sviluppo di adeguati sistemi

informativi per la gestione e il monitoraggio dei percorsi; inoltre, a supporto dell’integrazione

professionale e del coordinamento delle diverse figure e responsabilità, è importante prevedere

momenti formali di audit, accompagnati da momenti di formazione ad hoc, meglio se

multiprofessionale e incentrata sullo specifico percorso.

L’importanza di questi aspetti sono stati verificati nelle prime tre sperimentazioni avviate nelle Medicine di

Gruppo di Rivergaro, Monticelli e in Via Veneto a Piacenza, che stanno dando risultati straordinari. In

particolare, dopo nemmeno un anno dall’inizio della sperimentazione, a Rivergaro è stato preso in carico

l’88% dei pazienti, di cui oltre il 95% risulta aderente al PDTA (un anno fa meno del 50% risultava

compliante al percorso); allo stesso modo, a Piacenza la Medicina di Gruppo di Via Veneto ha preso in

carico il 78% dei pazienti target, e l’aderenza al percorso è passata da meno del 50% a oltre l’85%.

Tutto ciò promesso, il nuovo PDTA della AUSL di Piacenza assume delle caratteristiche specifiche. Il

documento dovrà rappresentare un vero e proprio piano di lavoro che descrive il processo di cura e presa

in carico in tutte le sue componenti, cliniche, gestionali e organizzative. Semplificando, la nuova versione

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del PDTA si compone di tre parti: 1) la parte clinico-scientifica, 2) la parte operativo/gestionale e 3) la parte

di rendiconti, obiettivi e indicatori. Le tre parti sono componenti complementari e fondamentali di un unico

documento.

E’ qui utile specificare che per ogni PDTA verranno individuate diverse figure di responsabilità:

- Responsabile scientifico (uno per ogni PDTA): garantisce l’appropriatezza clinico-scientifica

- Responsabile operativo (uno per ogni PDTA): è responsabile della programmazione delle risorse,

della gestione e coordinamento dei meccanismi operativi, del monitoraggio e della valutazione

- Responsabile clinico unità medico/paziente (uno per paziente): MMG, o il medico previsto dal

PDTA, che ha in carico il paziente

- Case manager (idealmente uno per PDTA per CdS): infermiere o altra figura professionale

responsabile della gestione e del coordinamento delle attività previste dal PDTA

Questa nuova modalità di costruzione e diffusione dei PDTA verrà dapprima sperimentata sui percorsi già in

essere in Azienda e sui PDTA che afferiscono alle patologie più prevalenti, quali Diabete, Scompenso

Cardiaco, BPCO, Demenze e TAO sul territorio, Tumore mammella, Tumore, polmone, Tumore colon retto,

Esordio psicotico e Cure Palliative in ospedale e nelle strutture preposte.

5.2 I PDTA nella Casa della Salute

Il potenziamento e lo sviluppo dei PDTA aziendali nella AUSL di Piacenza passa innanzitutto attraverso un

aumento della flessibilità della struttura di offerta, nel senso della riduzione della frammentarietà del

sistema: l’Azienda è, infatti, ancora organizzata per compartimenti stagni, rispettando logiche di divisione in

base alle varie specialità. Il ricorso a procedure di raccordo tra ospedale e territorio è necessario e

strategico: le dimissioni protette, ad esempio, giocano un ruolo importante nel miglioramento della

flessibilità del sistema e nella riduzione della frammentarietà dei diversi setting assistenziali.

Inoltre, sviluppare i PDTA nelle Case della Salute risulta fondamentale. La CdS diventa la “cabina di regia”

dei PDTA aziendali, il centro di supporto aziendale per i MMG e gli altri professionisti del territorio per la

gestione dei pazienti più complessi. La CdS è il supporto fisico, informatico e amministrativo per la gestione

efficace dei PDTA e per l’arruolamento dei pazienti:

a. Supporto fisico in quanto la CdS, in ognuno dei suo modelli organizzativi garantisce l’integrazione

professionale: MMG, infermieri, specialisti e professionisti del sociale formano una vera squadra

multiprofessionale che si coordina intorno al paziente più complesso in base al PDTA o al PAI, avendo come

stazione base comune la CdS, dove partecipano a formazione trasversale e condividono informazioni.

b. Supporto informatico, nel senso che l’Azienda, attraverso la Casa della Salute, sviluppa e mette a

disposizione dei professionisti un sistema informativo integrato appropriato per la gestione dei PDTA e per

condividere le informazioni fondamentali:

- un sistema informativo per la individuazione dei pazienti cronici, a supporto della medicina di

iniziativa, dell’arruolamento nel PDTA e del disegno del Piano Assistenziale Individuale;

- un sistema informativo per la gestione del paziente nel percorso (Workflow), a supporto del

monitoraggio dell’aderenza del paziente (compliance), dell’appropriatezza prescrittiva, del rispetto

delle linee guida e della gestione logistica del paziente;

41

- un sistema informativo per il monitoraggio dello stato di salute (audit, indicatori di esito), a

supporto del controllo dell’efficacia del PDTA/PAI e, in generale, della attività di programmazione

sanitaria.

c. Supporto amministrativo, poiché il personale amministrativo presente nella CdS svolgerà anche le

funzioni di accettazione, accoglienza e orientamento per i pazienti arruolati nei PDTA, a supporto del

personale medico e assistenziale.

In questo quadro, anche l’organizzazione tra il luogo (Casa della Salute) e lo strumento (PDTA) si intreccia,

come anticipato sopra. In particolare, il responsabile clinico della CdS si coordina con il responsabile

operativo aziendale di PDTA per i PDTA attivi all’interno della CdS, di cui cura gli aspetti di programmazione,

monitoraggio e valutazione (report già in essere per i NCP, oltre a nuovi report/forecast specifici per nuovi

PDTA). Il responsabile organizzativo della CdS potrebbe assumere anche il ruolo di case manager dei PDTA

attivi all’interno della CdS, coordinandone le attività previste, in stretta collaborazione con il responsabile

clinico della CdS. In fine, il board clinico-scientifico in ogni CdS include anche i case manager dei PDTA attivi

e si occupa di coordinare e programmare le attività di implementazione, gestione, monitoraggio e

valutazione dei PDTA attivi nella CdS.

6 Sviluppo organizzativo e professionale

La riorganizzazione della struttura di offerta e delle modalità di presa in carico dei pazienti richiede un

coerente investimento sullo sviluppo aziendale. Considerando i principi e gli obiettivi del riordino, la

revisione interna si basa sul potenziamento di tre aree:

- la ricerca scientifica

- la valorizzazione delle risorse umane

- l’integrazione all’interno delle unità operative di supporto

6.1 La ricerca scientifica

L’attività di ricerca, insieme al parallelo sviluppo delle competenze, è un driver fondamentale per il

mantenimento delle eccellenze, per far sì, cioè, che le strutture ospedaliere del nostro territorio risultino

attrattive per i professionisti migliori e, quindi, per i pazienti. In particolare, in base alla DGR 1066/2009,

l‘attività di ricerca e innovazione costituisce condizione essenziale per lo sviluppo e il miglioramento

continuo della qualità dei servizi sanitari: da un lato, permette al servizio sanitario di accogliere, in modo

tempestivo, efficace e compatibile con il proprio contesto clinico-organizzativo, le innovazioni che la ricerca

propone, e dall’altro, gli consente di orientare le applicazioni verso i bisogni essenziali prioritari.

La ricerca scientifica viene sviluppata a macchia di leopardo e in maniera non sistematica nella nostra

Azienda, e l’orientamento strategico della Direzione, ampiamente condiviso con i professionisti, è quello di

sostenere e sviluppare questa attività. Infatti, promuovendo l’integrazione tra ricerca e assistenza, si

sviluppa al contempo il legame tra innovazione e assistenza. In questo modo si possono valutare le capacità

innovative della ricerca sviluppata o in essere, e, allo stesso tempo, stabilire quali innovazioni introdotte nei

contesti assistenziali meritano di essere valorizzate, valutando il loro impatto nella pratica clinica dalla

prevenzione, alla diagnosi, al trattamento e alla riabilitazione e/o palliazione. Inoltre, il processo di ricerca è

stabilmente correlato ai processi di formazione: ad esempio, le capacità di competenza clinica o di governo

clinico devono essere continuamente aggiornate e verificate affinché producano adeguate offerte

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quali/quantitative. Considerata la struttura di offerta dell’Azienda, sia ospedaliera sia territoriale, e,

soprattutto, le linee evolutive del sistema piacentino, esistono formidabili opportunità di ricerca, non solo

strettamente clinica, ma anche organizzativa, da sviluppare all’interno dei network di ricerca universitari,

regionali e nazionali.

In particolare, l’attività di ricerca clinica sul territorio è ancora molto destrutturata: ciò può essere visto

come una opportunità da cogliere, anche per coinvolgere in modo più intenso i MMG. Infatti, il paziente

complesso o molto complesso, la sfida più difficile che il nostro sistema si trova ad affrontare, non può

sempre condividere una logica di PDTA, ma spesso è più opportuna la stesura di uno specifico Piano

Assistenziale Individuale per la sua gestione. In questo senso, il MMG può essere la figura professionale più

idonea per svolgere attività di ricerca e sperimentazione sul territorio, come l’analisi delle più frequenti

associazioni fra patologie croniche in real life: un’attività, questa, che potrebbe portare molta visibilità

all’intera Azienda.

6.2 Valorizzazione delle risorse umane

Come più volte richiamato sopra, il legislatore regionale indica due direttrici principali per l’evoluzione

dell’offerta locale: il potenziamento del territorio e la riorganizzazione della rete ospedaliera. In questo

quadro di riequilibrio di risorse e di evoluzione del concetto di presa in carico, che mette al centro del

sistema il paziente e i suoi bisogni, la chiave di evoluzione del sistema è rappresentata dalle risorse umane.

Per questo, l’Azienda intende investire molto su valorizzazione e sviluppo dei professionisti che la

costituiscono.

La specializzazione degli ospedali, attraverso la concentrazione della casistica, ha come effetto diretto la

possibilità di definire attività caratteristiche per i medici che ci lavorano. La creazione di profili e gruppi

professionali specifici facilita e supporta il rafforzamento di competenze cliniche, anche attraverso un

percorso di formazione predefinito e finalizzato che consenta ai professionisti di fare esperienza e

addestrarsi in un sistema di sviluppo professionale e valutazione continui. In questo modo è possibile

mantenere le eccellenze già presenti, crearne di nuove e attrarne alcune dall’esterno.

In tutto il piano di riorganizzazione e sviluppo vi è, poi, un fil rouge: un aumento di responsabilità cliniche,

organizzative e gestionali delle professioni sanitarie, con particolare riferimento all’infermiere. Le modalità

di evoluzione del sistema individuate dalla AUSL di Piacenza, e sin qui sintetizzate, colgono questa

opportunità e valorizzano in molti aspetti le professioni sanitarie.

Nella nuova organizzazione proposta, ad esempio, per l’ospedale di Piacenza viene ipotizzata una struttura

pianificata anche in base alla complessità assistenziale dei pazienti ricoverati, coerente alla intensità delle

cure e, a sua volta, alla durata della degenza. Il nuovo modello, cioè, tiene in giusta considerazione uno dei

capisaldi dell’organizzazione ospedaliera contemporanea: l’importanza di contare su squadre (team) multi-

professionali la cui base comune è rappresentata dal training sul trattamento di target specifici per livello di

gravità.

Sul lato territoriale, la nuova Casa della Salute prevede la presenza fissa di un ambulatorio infermieristico,

che, come descritto precedentemente, è uno dei punti nevralgici della presa in carico territoriale e

importante luogo organizzativo di integrazione multiprofessionale.

Inoltre, i PDTA aziendali, così come ridefiniti in questo percorso di pianificazione ed evoluzione, prevedono

un forte potenziamento del ruolo dell’infermiere, soprattutto per la parte territoriale dei percorsi: il case

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manager, cioè il professionista che gestisce il caso, dovrebbe idealmente essere proprio un infermiere. Tale

soluzione sembra essere perfettamente coerente con le capacità organizzative e assistenziali di questa

figura professionale, che risulterebbe pienamente valorizzata in questo ruolo. Nel nuovo disegno aziendale

di gestione della cronicità, infatti, l’infermiere, in coordinamento con il MMG, è in grado di avere il quadro

di cura e assistenziale complessivo del paziente, e, quindi, di organizzare e gestire tutte le attività che

costituiscono una effettiva presa in carico. In questo contesto si riconoscono e si valorizzano nuove funzioni

infermieristiche, come il case manager per panel di pazienti cronici e il case manager per panel di pazienti

complessi.

Queste scelte ribadiscono, in sostanza, la volontà dell’Azienda di continuare a investire nello sviluppo delle

professioni sanitarie e nella valorizzazione delle competenze professionali, per il miglioramento della

qualità e dell’appropriatezza dei processi clinico-assistenziali.

Anche per il personale amministrativo e tecnico-professionale sarà potenziato il processo di sviluppo e

crescita professionale, specialmente nel più ampio quadro di riorganizzazione interna: l’efficientamento

passa anche e soprattutto attraverso un impiego coerente e valorizzante delle risorse a disposizione per i

servizi di supporto alle attività core e per i servizi non sanitari rivolti direttamente al cittadino, in particolare

in un contesto di blocco del turn over. La crescente complessità del contesto lavorativo e del quadro

istituzionale e normativo, oltre allo sviluppo e diffusione di sistemi informativi integrati, richiede una

evoluzione professionale degli operatori dei dipartimenti di supporto da una prassi tradizionalmente

“burocratica” ed esecutiva a un approccio più gestionale e proattivo. Questo scenario rappresenta una

opportunità per valorizzare le capacità gestionali e le esperienze professionali di quadri intermedi e

dirigenti.

6.3 Le unità operative di supporto: integrazioni e unificazioni

La pianificazione di integrazioni dei servizi amministrativi, sia intra che inter-aziendali, compare tra gli

obiettivi di mandato assegnati all’Azienda dal livello regionale. Le ipotesi di integrazione e unificazione di

attività e/o funzioni, nell’ambito di riorganizzazioni a carattere interprovinciale, richiedono

necessariamente una preliminare valutazione del livello di “accentrabilità” delle stesse. Più specificamente

occorre condurre una analisi delle funzioni, procedure e attività aziendali, al fine di descriverle e

comprendere il loro grado di strategicità per l’Azienda. Questo tipo di analisi è fondamentale anche nel

caso di riorganizzazioni interne, specialmente in un contesto, come quello attuale, di blocco del turnover.

Da diversi anni nella AUSL di Piacenza tutte le funzioni di supporto aziendali sono organizzate per Unità

Operative Complesse o Semplici Dipartimentali a valenza aziendale, cui afferiscono tutti gli operatori di

profilo amministrativo e tecnico, compresi quindi coloro che svolgono attività di supporto alle funzioni

sanitarie sia ospedaliere che territoriali (eventuali articolazioni a livello distrettuale sono coordinate

attraverso posizioni organizzative). Questa organizzazione ha permesso di omogeneizzare a livello aziendale

procedure e prassi operative, oltreché di ottimizzare il fabbisogno di personale.

Sotto il profilo logistico, il personale di supporto dei servizi centrali è per la maggior parte concentrato a

Piacenza presso la sede storica dell’ospedale che ospita anche la Direzione Strategica aziendale (la quasi

totalità delle UU.OO. del dipartimento degli staff) e presso la vicina sede legale (flussi documentali, risorse

umane, bilancio, affari generali, servizi tecnici, logistica e acquisti), il personale di supporto alle UU.OO.

sanitarie è collocato nelle diverse sedi che ospitano i dipartimenti sanitari di riferimento, il personale di

supporto alle attività distrettuali, unitamente alle funzioni che si è ritenuto di presidiare anche in modo

decentrato, è collocato principalmente nelle tre sedi distrettuali.

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Come richiamato sopra, la riorganizzazione si deve necessariamente basare su una valutazione della

possibilità di accentramento delle singole funzioni/attività, sia dal punto di vista tecnico che gestionale, a

prescindere dalla loro afferenza gerarchica a una specifica Unità Operativa e a uno specifico Dipartimento.

Infatti, in tema di riorganizzazione, sia intra-aziendale che a carattere interprovinciale, l’efficientamento

(anche in termini di riduzione del fabbisogno di personale) passa obbligatoriamente attraverso

l’unificazione “fisica” di alcune attività e funzioni.

Stante la variabilità e la “trasversalità” delle attività e delle funzioni svolte dalle singole Unità Operative, al

fine di determinare concretamente e operativamente la fattibilità di una unificazione o di un

coordinamento, l’analisi si concentra sulle singole Funzioni/Attività, al fine di valutarne due caratteristiche

fondamentali:

- strategicità della funzione, ovvero l’importanza della funzione stessa ai fini del governo

dell’Azienda;

- livello di “accentrabilità” della funzione, ovvero la convenienza nell’accentramento della funzione

o, al contrario, l’impossibilità di garantire l’espletamento delle attività correlate se non in modalità

“diffusa” e locale sul territorio provinciale.

L’incrocio di queste due dimensioni di analisi consente di procedere a una categorizzazione e di individuare

le diverse tipologie di funzioni presenti in Azienda, a prescindere dalla dipendenza da qualsiasi Unità

Operativa dei diversi Dipartimenti:

a. Funzioni strategiche per l’esercizio del governo aziendale, quindi per loro natura non delegabili,

che consentono un accentramento decisionale e organizzativo: questa tipologia di funzione non

potrà essere oggetto di una eventuale riorganizzazione interprovinciale, ma si presta a processi di

ottimizzazione ed efficientamento interni.

b. Funzioni non correlate direttamente all’esercizio del governo aziendale, le cosiddette funzioni

operative, che consentono un accentramento organizzativo e operativo: questa categoria

rappresenta l’insieme delle funzioni su cui sarebbe possibile ipotizzare e costruire progetti di

unificazione interprovinciale.

c. Funzioni non correlate direttamente all’esercizio del governo aziendale, sempre funzioni di

carattere operativo, le cui attività, per il loro stesso espletamento, richiedono un forte presidio

locale, quindi necessariamente decentrato: in questo gruppo ricadono quelle funzioni che possono

essere oggetto di progetti sia di ottimizzazione interna che di coordinamento interprovinciale.

La matrice che segue sintetizza e rappresenta la metodologia di categorizzazione delle funzioni come sopra

descritta:

Figura 4 – Matrice di analisi delle funzioni aziendali

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Le modalità di lavoro presentate non sono limitate ai servizi amministrativi e logistici in senso stretto, ma

possono coinvolgere anche servizi sanitari “intermedi” o a forte standardizzazione, quali ad esempio il

laboratorio analisi o la centrale antiblastici.

Questa metodologia di lavoro è stata condivisa con la AUSL e la Azienda Ospedaliera di Parma nel corso del

2015, e si è iniziato a individuare le attività da inserire nelle diverse caselle della matrice. Tuttavia, ad oggi

le due aziende sono ancora impegnate nell’unificazione dei servizi amministrativi a livello provinciale, e

hanno quindi proposto di rinviare l’integrazione con l’AUSL di Piacenza a tempi successivi.

Unica fondamentale eccezione è costituita dal settore ICT: dal 1 ottobre 2016 è operativo un Dipartimento

interaziendale Parma-Piacenza, di cui Piacenza esprimerà il Direttore, naturale evoluzione del dipartimento

funzionale, istituito tre anni fa.

E’ evidente infatti come una delle condizioni per una reale e soprattutto tempestiva fattibilità, sia delle

unificazioni strutturali che delle integrazioni funzionali, sia l’omogeneizzazione non solo delle prassi

operative, ma anche dei sistemi informativi e delle procedure informatiche di supporto. L’Azienda, infatti, è

impegnata su questo fronte in diversi progetti di carattere regionale e di Area Vasta:

ha avuto e ha un ruolo primario nel progetto di centralizzazione della gestione informatizzata delle

risorse umane (GRU);

sta lavorando insieme alla Regione alla realizzazione di una piattaforma applicativa software e di

servizi correlati per la Gestione informatizzata dell’Area Amministrativa Contabile (GAAC);

sta progettando il CUP integrato insieme alle Aziende territoriali di Parma e Reggio Emilia.

Lo sviluppo di software gestionali a livello centrale, o comunque sovra-aziendale, consente di per sé di

migliorare il livello di efficientamento delle attività di supporto del livello aziendale; inoltre, la

partecipazione a questi gruppi progettuali permette di conoscere le diverse prassi in essere nelle Aziende

della Regione e di diffondere le migliori.

A livello aziendale, nel frattempo, si sta lavorando a una revisione e riorganizzazione interna dei

dipartimenti di supporto, che tiene in considerazione le caratteristiche e le peculiarità di ogni dipartimento,

al fine di individuare funzioni trasversali che possano essere accentrate e utilizzate in condivisione, o anche

di centralizzare e sistematizzare alcune attività attualmente espletate in modo frammentato e dispersivo in

diverse unità operative. La priorità viene data a quelle funzioni che si trovano o si troveranno nel breve

periodo a fronteggiare una diminuzione della dotazione di personale.