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ALESSANDRO LO CASCIO FRANCESO LO COCO MARIO LO CONTE GIUGN0 2011 IL PARTERRE DI LUCE ALLA PIRAMIDE 38° PARALLELO DELLA FIUMARA D’ARTE

Il Parterre di Luce_doppia pagina

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ALESSANDRO LO CASCIO FRANCESO LO COCO MARIO LO CONTE

GIUGN0 2011

IL PARTERRE DI LUCEALLA PIRAMIDE 38° PARALLELO DELLA

FIUMARA D’ARTE

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IL PARTERRE DI LUCE

ALLA PIRAMIDE 38° PARALLELODELLA FIUMARA D’ARTE

A. LO CASCIO F. LO COCO M. LO CONTE

GIUGN0 2011A cura di Francesco Lo Coco e Mario Lo ConteFotografie: Mario Lo Conte, Giovanni Musacchia

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Premessa

Questo lavoro è stato realizzato nei pressi della Piramide che Mauro Staccioli ha ideato per l’altura della contrada Belvedere, nel territorio di Motta dì’Affermo, in corrispondenza del 38° parallelo.La Piramide, conclusa nel marzo 2010, viene aperta al pubblico durante il solstizio d’estate. In coincidenza di questo periodo la Fondazione Antonio Presti – Fiumara d’Arte organizza una fitta serie di iniziative e manifestazioni simbolicamente indicata come il “Rito della Luce” che coinvolge artisti, poeti, musicisti, performer, danzatori. Tra gli eventi del “Rito” è prevista la realizzazione di un parterre, un mandala, come ama definirlo Antonio Presti, in un’area prossima alla Piramide.Dopo avere ricevuto l’invito a realizzare il mandala per il solstizio del 2011, il nostro lavoro è cominciato con un primo sopraluogo in aprile. Quindi si è avviata la fase di ideazione che si è protratta per quasi un mese. Definito il progetto, il lavoro sul sito è iniziato il 9 giugno. Abbiamo seguito ed eseguito la nostra opera lavorando direttamente di pala e piccone, per sei giornate di quasi otto ore, sotto il sole già cocente di giugno. Anche se nessuno di noi può essere definito sedentario, questa esperienza è stata una severa prova per braccia e schiene, ma ha colmato il nostro spirito di immenso e puro godimento.Vogliamo ringraziare, Adelaide Alagna, Ferdinando Alliata, Chiara Cilio, Elena Cutrona, Nicolò Di Bella, Quinto Fabriziani, Angela Matranga, Giovanni Musacchia, Pasquale Trapani, un pugno di amici che hanno voluto condividere con noi qualche ora di fatica e assaporare il gusto della nostra esperienza. Alessandro Lo Cascio

Franceso Lo CocoMario Lo Conte

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Sono qui per stupirmi

Con lo stupore si inizia ed anche con lo stupore si termina, e tuttavia non è un cammino vano. Se ammiro un muschio, un cristallo, un fiore oppure un cielo nuvoloso, un mare con il pacato respiro da gigante...Ogni volta che riesco a vivere in sintonia con un frammento di natura grazie all’occhio o ad un altro senso, ogni volta che sono da esso attirato e incantato, aprendomi per un attimo, allora dimentico - in quello stesso istante - tutto l’avido cieco mondo delle umane ristrettezze, ed invece di pensare o di impartire ordini, invece di conquistare o di sfruttare, di combattere o di organizzare in quell’istante non faccio altro che “stupirmi” e con questo stupore non solo divengo fratello di tutti i poeti, i saggi, ma anche fratello di tutto ciò che ammiro e sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello scarabeo, della nuvola, del fiume e dei monti perchè lungo il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione ed entro nel mondo dell’unità, dove una cosa, una creatura dice all’altra “questo sei tu”. Antonio Presti

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Geometrie di luce

Inserirsi in un luogo ed interpretarlo.Guardare intorno, porsi in una condizione di ascolto, sentire gli odori.Chiudere gli occhi e provare nel silenzio a selezionare immagini, suoni, profumi. Dimenticare il resto, dimenticare il mondo, dimenticarsi. Sperimentare l’abbandono e l’umiltà. Il disegno può aiutare a discernere, supporta la memoria. Concentrarsi sull’essenziale; anche l’in-visibile prende forma.E poi.. provare a sentire. Il luogo riemerge ed è altro. Si può misurare. L’area sacra va delimitata come facevano i sacerdoti nel mondo antico.Un lungo solco è la linea di orizzonte sulla terra. A ovest una grossa pietra locale, con un onphalos

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primigenio, evoca la rocca sacra di Cefalù. A est, lì dove sorge il sole, la luce si addensa in un blocco di salgemma. Il declivio è richiamato dalle fasce orizzontali, traccia di terrazzamenti e antiche colture. Questo luogo ha una sua Storia, conserva la memoria delle mani e della vanga. E la terra, che ne racchiude i segni, va interpretata. Ma se si alza lo sguardo si vede cielo e mare uniti in diverse sfumature di azzurro, in uno stesso respiro di infinito, un abbraccio che non finisce mai. I cerchi allora diventano spirali, il vortice è acqua e cielo insieme, i blocchi di salgemma come betili collegano la terra al divino, raccordano il naturale al sovrannaturale, finito e infinito. L’istallazione di Franco Lo Coco, Mario Lo Conte e Alessandro Lo Cascio esplicita e scioglie ciò che viene celato dalla Piramide-38° parallelo di Staccioli, che imponente si staglia con il suo profilo scuro ed enigmatico. Un passaggio alchemico e misterico che continua il dialogo con il territorio: Contrada Belvedere dichiara nel nome la sostanza del

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luogo, l’importanza dello sguardo a trecentosessanta gradi, la parola che definisce. Dialogo che persiste nell’opera con la riproposizione di un triangolo che è un riflesso abbagliante della piramide.In entrambe le opere si celebra, in modo diverso ma complementare, la luce che dà vita, calore e colori, il sole che rinnova ogni giorno ogni anno il suo patto con la terra, Proserpina che ritorna dalla sua nera dimora con le sue promesse feconde. Non ci sono chiusure, piuttosto passaggi, dall’oscurità alla luce, dal passato al presente e tutto sembra permanere in un fluire continuo e in trasformazione. E’ questo il senso della ricerca degli autori che insieme e singolarmente hanno guardato, annusato, discusso, disegnato e poi cercato, in silenzio, l’anima del luogo, ne hanno colto l’individualità, decodificando i segni in nuce e proponendo una topografia interiore. Bisogna trovare il coraggio di affrontare ciò che la bellezza rivela, scrive Hilmann, e loro armati di umiltà non hanno disatteso al compito assegnatogli.

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Verticali e orizzontali, rettangoli, cerchi e spirali, triangoli esplicitano il voler andare all’essenziale, oltre il fenomeno e il divenire, oltre il brusio delle cicale, l’odore della terra, il sudore della pelle sotto il sole, la luce che acceca, oltre il languore del profilo dolce delle colline all’imbrunire. La vocazione all’eterno affidata alle figure geometriche non è in contrasto con la caducità delle singole cose se tutto comincia e diventa, si trasforma e finisce. E nello stesso tempo non finisce. Il sale, materiale privilegiato, oro bianco, ne esplicita il senso: è invisibile nell’acqua del mare che evaporando diventa alta cosa nel momento in cui ascende, chiamata dal sole, e si fa forma acquistando consistenza. Positivo e negativo al tempo stesso il sale è elemento di vita e principio di distruzione, alfa ed omega. Assimilato alla luce nelle Scritture dove gli Apostoli sono il “sale della terra” e diffondono la Parola, diventa il contraltare della vitalità e simbolo del non ritorno nella metamorfosi della moglie di Lot in statua di sale nel momento in cui cede alla tentazione

di voltarsi all’indietro o nella maledizione di Cartagine, con il sale sparso sulle rovine fumanti ad impedirne la rinascita. Quindi poco importa se la pioggia scioglierà il sale, se il vento lo farà volare, se qualche blocco di salgemma servirà da fermacarte o se piccole impronte di passi che inseguono un pallone confonderanno i profili. Ormai l’opera è nella memoria del luogo, ha fatto emergere il rimosso, ha svelato l’invisibile, ci ha rivelato un altro punto di vista parlando una lingua che noi possiamo decidere se ascoltare o meno. L’opera c’è anche se non ci sarà più, anche se altri il prossimo anno celebreranno l’epifania della luce, il proprio rinnovamento, una nuova iniziazione. Terry Montesanto

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Il parterre di luce

Il sito è uno spazio di 250 mq circa in prossimità della piramide di Mauro Staccioli presso la Fiumara d’Arte. Metà della superficie disponibile è costituita da un piano inclinato che dal ciglio del sentiero che conduce all’ingresso della piramide, si raccorda con una porzione piana che è definita a valle da un perimetro curvilineo segnato da un allineamento di massi di pietra del luogo. Si trova in contrada Belvedere e di un belvedere ha i caratteri. E’ un luogo panoramico particolarmente suggestivo, infatti lo sguardo può ruotare intorno inquadrando la costa da ponente a levante e la valle della fiumara, sovrastata dall’abitato di Tusa, da sud a est. L’opera ha il fine di celebrare la luce attraverso una forma che evoca i caratteri distintivi del luogo. Un solco con andamento est ovest segna l’intero sito sia nella

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porzione in piano che quella inclinata. Origina ad est da un grosso masso di salgemma e si conclude ad ovest con un pietra del luogo. Il primo allude all’origine della luce, l’altra alla Rocca di Cefalù che caratterizza lo skyline ad occidente. Due circoli giungono in tangenza là dove le due giaciture del sito si intersecano, e questa unione genera il segno di infinito. All’interno dei circoli due spirali: una incisa sulla scarpa e il cui occhio si colora della tinta dell’acqua, l’atra in rilievo sul piano e costruita con pietre di sale. Circoli e spirali rimandano all’infinità di cielo e mare. Il piano inclinato è segnato da fasce orizzontali, definite da allineamenti di grossi ciottoli della fiumara, con ricoprimenti alternati di

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sale e ghiaia. Il segno si sovrappone all’immagine dei terrazzamenti che disegnano i fianchi della colline intorno e che, una volta, rendevano possibili le coltivazioni sui terreni scoscesi. Un grande triangolo, infine, evoca la presenza della piramide, ne ha medesima giacitura e presenta solo una falda in rilievo: quella che corrisponde alla faccia che da li si inquadra. La narrazione è un omaggio alla luce e le materie usate, povere e di facile reperimento, la esaltano e graduano tra bianchi e bigi che mutano col trascorrere delle ore. Al mattino il sale grosso brilla sotto i raggi ancora bassi e gli elementi segnano brevi ombre che si allineano con il solco del parallelo. Quando il sole è alto tutto riflette di una luce abbagliante che cancella ombre e differenze. La composizione si legge ad una scala più grande. Nel pomeriggio, quando i raggi si abbassano ricompaiono le ombre, nette e sempre più lunghe, mentre il sole segna in modo sempre più evidente la Rocca di Cefalù. L’insieme riprende a brillare, i

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particolari riacquisiscono identità, la luce aranciata si riallinea al solco e tutto si tinge poi di violetto. Il disegno è stato rinvenuto piuttosto che tracciato sul luogo. Una sorta di operazione archeologica alla ricerca di segni e testimonianze che eravamo sicuri fossero li e solo li. Lo stesso cantiere ha assunto una intrigante somiglianza con quello di uno scavo archeologico. Salvo che noi eravamo alla ricerca della nostra contemporaneità.

Mario Lo Conte

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