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Duomo di Monza Duom di Mon mo nza Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in Monza Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano la P eriodico del P an v va chia di San Gio oc arr P tista in Monza at nni B la P eriodico del P o P t s e It i l a e n a a p S - Sp an v va chia di San Gio oc arr P pe z i d o i ne n i . A . P P. - . D . L 3 5 3 0 0 2 / tista in Monza at nni B 03 o c ( . v n n i L. 7 2 / 2 0 2 / 0 4 0 . n 4 ) 6 t r a . 1 a m m o c , 2 B C D a l i M no o anno LXXXVI - numero 8 numero 8 - Novembre 2012 il duomo

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Duomodi Monza

Duomodi Monza

monza

Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in MonzaPoste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano

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anno LXXXVI - numero 8numero 8 - Novembre 2012

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il duomo

Allarga lo spazio della tua tenda [don Silvano Provasi]

Cronaca di Ottobre

I giovani in centro [Luigi Scarlino]

Gli stranieri a Monza [Fabrizio Annaro]

Don Carlo si presenta [Federico Pirola]

Disabilità e sport [Elena Borravicchio]

Un aiuto agli anziani non autosufficienti [Caritas Monza]

Attività in oratorio [Simone Redaelli]

Il Duomo racconta: gli antichi codici [Carlina Mariani]

L’Hospitale Pauperum di Monza [Marina Seregni]

Piazza Trento e Trieste... spiazzata [Giovanni Confalonieri]

L’evento del Concilio Vaticano II [don Carlo Crotti]

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Don Silvano Provasi, Elena Borravicchio, Fabio Cavaglià, Marina Seregni, Giovanni Confalonieri, Luigi

Scarlino, Simone Redaelli, Nanda Menconi, Sonia Orsi, Federico Pirola, Sarah Valtolina, Fabrizio Annaro,

don Carlo Crotti, Carlina Mariani.

Un grazie particolare a chi distribuisce “Il duomo”: Carla Baccanti, Simona Becchio, Giorgio Brenna, Gloria

Bruletti, Enrica Calzoni, Rita Fogar, Josetta Grosso, Paola Mariani, Luigi Motta, Teresina Motta, Elena

Picco, Carla Pini, Annina Putzu, Livio Stucchi, Silvia Stucchi, Chicca Tagliabue, Marisa Tagliabue, Carla

Galimberti, Mariuccia Villa, Bruna Vimercati, Anna Maria Montrasio, Andreina D’Ambrosio.

Hanno collaborato

Copertina a cura di Benedetta Caprara

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Nel mese di ottobre, tante notizie, come sempre, si sono affastellate sui mezzi di comunicazione: La situazione politi-ca ed economica, come anche immagini di delitti efferati e di conflitti che non finoscono mai, hanno, come sempre,preso il sopravvento su tanti altri aspetti della vita e della società che invece è sempre animata anche di molteplici tes-sitori di cultura, di carità, di riconciliazione, di vita buona e condivisa che tendono a comunicare il senso della vita e agenerare speranza anche là dove tutto sembra confuso e solo drammatico, deludente e inconcludente.In ottobre a Roma si è svolto il XIII Sinodo dei vescovi che aveva come tema la “nuova evangelizzazione”.Questo incontro assembleare dei vescovi istituito da Paolo VI nel 1974 era stato da lui così definito: “È un’istituzioneecclesiastica, che noi, interrogando i segni dei tempi, ed ancor più cercando di interpretare in profondità i disegni divi-ni e la costituzione della Chiesa cattolica, abbiamo stabilito dopo il Concilio Vaticano II, per favorire l’unione e la col-laborazione dei Vescovi di tutto il mondo con questa Sede Apostolica, mediante uno studio comune delle condizionidella Chiesa e la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione”. Oltre 260 vescovi si sono interrogati sucome “favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pacel’esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, fami-liare e sociale’’ (Benedetto XVI).Come condividere un cammino di riscoperta del dono della fede con tante persone che, pur essendo bat-tezzate, si sono allontanate dalla Chiesa, e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana?. L’arcivescovo Scola ci harichiamato che ogni battezzato, inserito in una comunità cristiana, non può non sentirsi con urgenza inviato come testi-mone credibile del vangelo nei luoghi di vita quotidiana ed occasionale. Nessuno può dare ciò che non ha e, in questocaso, ciò che deve essere radicato nella sua esperienza di vita e di relazione. Inoltre nessuno può evangelizzare da solo;anche Gesù “designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi...”(Lc 10,1). In attesa del documento post sinodale del Papa che ci comunicherà la ricchezza degli elementi emersi in que-sto sinodo possiamo azzardare qualche semplice itinerario per meglio rispondere al nostro impegno missionario.Non è facile oggi comunicare le cose più importanti della vita. E’ necessario educarci ad un linguaggio più sempliceed immediato, capace di condurre sempre all’essenziale e a ciò che coinvolge realmente la vita. Il linguaggio, ad esem-pio, della carità vissuta e continuamente riprogettata, capace di vedere le povertà anche dove non appaiono con eviden-za. Un linguaggio che sollecita a lasciarsi coinvolgere anche quando sembra di non avere tempo ed energie adeguate,introducendo al mistero della vita come vocazione. Il linguaggio della riconciliazione, così prezioso e poco diffuso oggi,perché sembra più vincente e rassicurante quello dell’aver ragione ad ogni costo, anche se non sempre è la ragione veraa trionfare.E’ urgente diventare più protagonisti, con una presenza assidua ed un atteggiamento tendenzialmente propositivo, inalcuni ambienti che in questo periodo sembrano manifestare tante debolezze e fragilità, al di là delle diverse espres-sioni di prepotenza gridata ed esibita. Ambienti dove si realizzano passaggi significativi per la vita di ogni persona eche quindi interpellano la fede ed il nostro rapporto con Dio, per meglio coniugare la nostra relazione con le persone,con le cose e con il nostro tempo. L’ambiente del lavoro, ad esempio, deve recuperare il suo valore “vocazionale” enon solo strumentale, il valore di relazione e non solo di funzione, di reale professionalità e non solo di guadagno eco-nomico e di carriera, di riscoperta e disponibilità collaborativa per il bene comune e non solo per il benessere indivi-duale e corporativo. I diversi ambiti educativi (scuola, parrocchia, realtà sportive ed aggregative…) nei quali la curadei diversi passaggi della crescita umana, culturale e sociale domandano maggior attenzione e corresponsabilità a tuttele persone coinvolte nelle diverse funzioni e presenze di accompagnamento e discernimento vocazionale. Anche lapolitica, che in questo tempo sta mostrando tanti limiti e sembra quasi spingere ad astenersi dall’impegno in essa,preferendo altre forme di azione nel sociale, chiede a tutti un esplicito impegno di corresponsabilità e ricerca di alle-anze e rinnovato gusto del lavorare insieme per costruire una più trasparente e solidale città dell’uomo. Già nel 2007diceva il card. Dionigi Tettamanzi: “Ogni cristiano, in un momento così delicato, deve essere educato a sentire in unmodo ancora più forte la responsabilità che porta verso tutti gli uomini, suoi fratelli, nella costruzione con loro del tes-suto sociale, e nella custodia del bene comune. Ogni cristiano ha il dovere di contribuire con le proprie energie allacostruzione di un’azione politica buona. I cristiani direttamente impegnati in politica, a maggior ragione”.

“Allarga lo spazio della tua tenda...”La nuova evangelizzazione

il duomo lettera dell’Arciprete

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Giovedì 4 Dopo il successo della passataedizione con l’omaggio a Liszt, VillaMedici Giulini e la Fondazione Gaiani rin-novano l’appuntamento “Alla ricerca deisuoni perduti - Rossini e il suono diPleyel” per celebrare il compleanno nel-l’anno bisestile di Gioachino Rossini (1792-1868) Per la seconda volta, a distanza di unanno, grazie alla signora Fernanda Giulini,abbiamo avuto in Duomo alcuni dei suoistupendi strumenti, appunto dellaCollezione Medici Giulini: una delle rac-colte più ricche di strumenti storici, famo-sa e prestigiosa, non solo in Italia.Abbiamo ascoltato un programma tuttodedicato a Gioachino Rossini, alla sua

musica sacra.Sono intervenutele voci di AngelaKerrison, sopra-no; Natalia Ga-vrilan, mezzoso-prano e quattrovoci di un ensem-ble tutto al fem-minile.Strumentisti, an-che quest’anno, ibravissimi Luca

Schieppati e Francesca Badalini, pianofortee Antonio Frigè, hamonium. Le composi-zioni eseguite erano quasi tutte note ancheal pubblico di appassionati, quindi di facile,immediato e gradevole ascolto. E gli inter-venuti hanno dimostrato, con gli applausi,di avere gradito programma ed esecuzioni.

La cosa assolutamente più coinvolgente èstata la possibilità di ascoltare queste operesu due magnifici strumenti ottocenteschi diPleyel. Erano quelli che abbiamo ascoltatoin Duomo i suoni che Rossini stesso senti-va, quando componeva le sue opere e poi leeseguiva. Noi abbiamo così potutoritrovare e risentire quei “suoni perduti”,ed è stata davvero una grande emozione!(M° Giovanni Barzaghi)

DOMENICA 7 La S. Messa delle ore 18 èstata celebrata in onore del Beato LuigiTalamoni, patrono della provincia diMonza Brianza. Durante l’omelia, il vicarioepiscopale Mons. Pierantonio Tremolada,che ha presieduto la celebrazione, ci haricordato quanto il nostro Duomo portil’impronta di un grande uomo di fedecome il Beato Talamoni, un uomo di Dioche ha saputo conciliare vita religiosa e vitacivile tenendo ben presente come unicoscopo il bene comune.E il Vangelo di Luca, il primo mandato cheGesù affida agli apostoli, ci ha invitato ariflettere sul potere che Gesù ha conferitoagli apostoli e sulla grazia che ci precede eche ci aiuta a compiere la nostra missione.Questo potere è molto diverso da quelloche noi possiamo immaginare perché nonconsiste in potenza e ricchezze materiali,ma è un potere dato da Dio agli uomini invista di una missione. La missione cheGesù affida ad ognuno di noi è quella diportare Dio agli altri uomini seguendo lasua volontà.

Cronaca di Ottobre

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il duomo cronaca

Benedetto XVI, in questo mese (giovedì 11) ha ufficialmente aperto, con la Santa Messa inpiazza San Pietro, l’Anno della fede. Il Papa così ha introdotto questo tempo di grazia: La“porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingressonella sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dioviene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella portacomporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6, 4),mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attra-verso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signore Gesù che, con il dono dello SpiritoSanto, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22).

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Giovedì 11, alleore 21 - in Duomo –mons. Marco Fer-rari, già vescovoausiliare di Milano,ha presieduto laconcelebrazioneeucaristica nel 50°anniversario del-l’inizio del Con-cilio Vaticano II. E’un testimone quali-ficato: ha iniziato ilsuo ministero sa-cerdotale prima delConcilio, ha vissu-to il Concilio e con-tinua a vivere ilpost-concilio daprete e da Vescovo.Con la sua parola, pacata e calda, ci hacondotto per mano e ci ha fatto assaporarequalcosa della bellezza del Concilio, volu-to dal Beato Papa Giovanni XXIII.È stato significativo riascoltare una partedell’omelia con cui il Papa ha inaugurato ilConcilio; un’omelia che porta il titolo:“Gioisca la Madre Chiesa…”. Suggestiva ecuriosa la scelta che il Vescovo ha fatto diproporci come Vangelo il racconto deiMagi (Mt 2, 1-12).In quel cammino, guidato dalla Stella, èbello ritrovare e rileggere il cammino avvia-to dal Concilio e non ancora terminato.Come è normale, qualche ombra c’è stata,ma non c’è dubbio che nel Concilio unaLuce è brillata per la Chiesa ed il Mondo.A noi tocca continuare a lasciarci illumina-re per diffondere, mediante la testimo-nianza della nostra fede, quella Luceradiosa.L’Anno delle Fede, iniziato in quello stes-so giorno, può essere un’occasione provvi-denziale per essere gioiosi e luminosi testi-moni del Vangelo che salva. (Don GiuseppeBarzaghi)

Sabato 13 - in Duomo – alle ore 17, ripren-de la proposta dei Vespri musicali d’orga-no nella Vigilia. Quest’anno si festeggianoi primi dieci anni di vita della stagione,insieme al primo decennio di vita dei“Nuovi organi” - Metzler e Zanin - presen-ti in Duomo. Lidia Cremona (Varese), agliOrgani Meridionale (Zanin) e Setten-trionale (Metzler), ha proposto un pro-gramma dal titolo “Alla maniera italiana”-L’influenza dello stile italiano nelle opereorganistiche di J.S. Bach, con musiche diKerll, Froberger (eseguite sullo Zanin), edel sommo J.S. Bach, quelle di quest’ultimoascoltate sull’appena totalmente revisiona-to organo Metzler, quindi nel massimo delsuo splendore sonoro. Evidentissime leinfluenze dello stile italiano nelle opere deitre compositori tedeschi J.K. Kerll (1627-1693), J.J. Froberger (1616-1667), e JohannSebastian Bach (1685-1750). La S. Messa èstata animata da preludi corali e, per con-cludere, dalla famosa Fuga sopra ilMagnificat BWV 733, sempre di Bach. Unrepertorio quasi tutto noto e di facile ascol-to, che ha fatto “esplodere” in calorosiapplausi il numeroso pubblico intervenutoal Vespro, ed i fedeli che, alla fine dellaCelebrazione Eucaristica, si sono fermatiad ascoltare l’ultimo brano. I Vespri e leMesse d’organo nella Vigilia sono ormaidiscretamente ma chiaramente entrati nellavita artistica e liturgica del nostro Duomo.Lo testimoniano i riscontri di plauso all’ini-ziativa che giungono da diverse parti e lerichieste di artisti che sempre più numero-si domandano di essere messi “in cartello-ne”. E, non da ultimo, il caloroso, numero-so ed attento pubblico sempre presente.Anche quest’anno, oltre alla già citataFondazione Gaiani, il Rotary Club, ilComune di Monza ed il Banco di CreditoCooperativo di Carate, con il loro sostegno,rendono possibile l’iniziativa. La direzioneartistica è della nostra Cappella Musicale.(M° Barzaghi)

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Giovedì 18 Seduta del Consiglio Pa-storale. Partendo dalla lettera del cardina-leAngelo Scola “Alla scoperta del Dio vici-no” si sono individuate le grandi temati-che da affrontare in questo anno e su cuifocalizzare l’attenzione per l’organizzazio-ne delle attività parrocchiali. In particolareè stata vista come fondamentale la necessi-tà di individuare nuove strategie peraffrontare e trasmettere la fede rimanendonella realtà della vita: l’eucarestia domeni-cale, i momenti di festa, i rapporti con lepersone più o meno attive all’interno dellavita della comunità ecc. Queste le basi checi accompagneranno per tutto l’anno e checi faranno riflettere sulle modalità perriscoprire e far riscoprire la gioia dellafede. (Silvia Bussolati)

Venerdì 19 In Duomo, alle ore 21, si èsvolto il primo incontro della serie “IlDuomo racconta…”. Una serata dedicataad una delle gemme più preziose e sicura-mente la meno conosciuta delle tante con-servate nel nostro Duomo: la BibliotecaCapitolare. Un centinaio di persone pre-senti hanno potuto godere degli interventidel prof. Beppe Colombo e di don CarloCrotti, che hanno permesso di avventurar-si alla scoperta di una collezione unica almondo e, giustamente, mantenuta accessi-bile ai soli studiosi. È stato anche possibileammirare dal vivo alcuni manoscritti, tracui il preziosissimo codice purpureo ( 3esemplari conosciuti al mondo), il salteriodi Antonio da Omate e l’ObituarioModicensis.

Sabato 20 Ore 15,30 – in Duomo: Funeralidi Fiorenzo Magni - Il Duomo di Monzaha accolto, tra la grande partecipazionepopolare, la salma del grande ed amatociclista monzese di adozione, per l’ultimopubblico e religioso saluto. Erano presenti,oltre alle autorità cittadine e provinciali,tanti appassionati di ciclismo di ieri e di

oggi. Ha anche partecipato l’amico di sem-pre ed ex CT della Nazionale di ciclismo,Alfredo Martini che ha salutato il compa-gno di tante imprese sportive ed umanecosì: “ Si è spento un faro ma si è accesauna luce: quella dell’esempio”. (Ademar)

Ore 18 . Mandato agli operatori delGruppi Missionari. Durante la S. Messadelle ore 18, in Duomo, alla vigilia dellaGiornata Missionaria Mondiale, gli anima-tori e i partecipanti dei Gruppi missionaridella città e del decanato hanno ricevutoda don Silvano il mandato missionario.Papa Benedetto XVI, nel messaggio perl’86° GMM, ricorda a tutti i membri delPopolo di Dio “devono sentirsi fortementeinterpellati dal mandato del Signore dipredicare il Vangelo, affinché Cristo siaannunciato ovunque”.“Ho creduto perciò ho parlato” (2Cor4,13b) è il tema di quest’anno e ci ricordache la professione di fede, rinnovata con lacomunità cristiana durante la celebrazio-ne, ci invita ad un unico modo di vivere,che vede l’intreccio di fede e missione: chiincontra Cristo non può tenerlo per sé, maè chiamato ad annunciarlo. L’autenticocammino della fede non si esaurisce invicende individuali, ma ha la sua conse-guenza nell’annuncio e nella testimonian-za: la missione svela che la fede è vera.(Paola Berto)

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Domenica 21 Dopo la deposizione di unacorona di fiori al Monumento ai Caduti,numerosi membri dell’AssociazioneNazionale Famiglie dei Caduti e Dispersiin Guerra per la tradizionale Giornata delRicordo hanno caratterizzato la S. Messadelle ore 12. Don Carlo Crotti nell’omeliaha ricordato tale ricorrenza e, prima dellabenedizione finale, un membro dell’asso-ciazione, ha proposto ai fedeli la Preghieradel Soldato (Ademar).

Lunedì 22 – ore 18 – in Duomo -Messa disuffragio per don Giovanni Verpelli.Oggi don Giovanni avrebbe ricordato ilsuo 94esimo compleanno e noi l’abbiamofesteggiato celebrando, in Duomo, laprima S. Messa in suo suffragio. Don Dino,durante l’omelia, ha descritto simpatica-mente sia pregi che difetti del nostro ama-tissimo don Giovanni. Ha avuto orecchieper ascoltare tutti e una parola di confortoper ogni persona che si rivolgeva a lui neimomenti di bisogno e sconforto. I suoiocchi si illuminavano di una luce intensaogni volta che ci parlava della parola diDio. Era sempre schivo quando gli presta-vamo attenzioni, dicendo che erano troppee superflue, perché non voleva disturbareo portare via tempo al nostro lavoro. Cisorprendeva sempre quando, ogni voltache la sua malattia lo debilitava semprepiù e ci preoccupavamo che non ne potes-se venire fuori, bastava ricordargli il mira-colo di “Lazzaro” e subito si riprendeva.La forza nella fede gli permetteva di nondare troppo peso ai suoi acciacchi e dedi-carsi interamente alle sue priorità: ilDuomo, nel suo confessionale e nelladevota e gioiosa celebrazione della messa.Ricordiamo la sua amarezza quando gliimpedivamo di uscire dalla casa per la suadebole salute, anche se poi, furbescamen-te, disobbediva. Il richiamo del suo confes-sionale era più forte della strada ghiaccia-ta o del freddo pungente. Ci impressiona

ancora la sua voglia di vivere, di respiraresempre aria fresca, con le finestre spalan-cate anche in pieno inverno, e del suo biso-gno di stare al sole che, nelle prima giorna-te tiepide della primavera, rincorreva pertutto il giardino della Casa del Clero, tiran-dosi appresso, con forza incrollabile la suasedia sdraio. Nella sua semplicità e pater-nità ci ha trasmesso, in modo indelebilel’altruismo, la generosità, la puntualità, laforza di volontà e soprattutto tanta, tantafede. Grazie, don Giovanni e… nondimenticarti di noi, mentre nel tuo nuovogiardino, stai contemplando il Sole eterno.(Maria e Anna)

Domenica 28 Nel pomeriggio, mentrealcune coppie di sposi svolgevano il loroincontro formativo, in oratorio si è svoltala tradizionale “Castagnata”. Cosa c’è dimeglio di una castagnata in un piovoso efreddo giorno autunnale? Se poi aggiun-giamo giochi, compagnia e tanta allegria,non si può davvero chiedere di più. Inquesto pomeriggio domenicale i ragazzi ei bambini del nostro oratorio hanno tra-scorso un pomeriggio all’insegna deldivertimento: mentre i più grandi eranoimpegnati in una coinvolgente caccia altesoro, ai più piccoli è stato proposto discegliere tra un esilarante cartone animatoe tanti disegni da colorare. A concluderequesta piacevole giornata, la possibilità distare tutti insieme attorno al fuoco a man-giare le castagne. (Roberta Minardi)

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Le grandi città sono divise in zone, dalcentro storico alle vie residenziali, daidistretti finanziari ai quartieri dello shop-ping. Ma vi è un “punto” nevralgico cheriunisce i giovani. È da lì che parte lamovida, è lì che si trovano i locali trendydel momento ed è sempre lì che si sentepulsare il cuore giovane della città: il cen-tro storico.Se questo lo si può dire di tante città italia-ne piccole o grandi che siano a ben ragio-ne lo si può dire di Monza, dove il centrocittà attira a sé innumerevoli adolescenti egiovani.Il rapporto dei giovani con il centro mon-zese è variegato, alcuni hanno un rappor-to di passaggio: molti adolescenti arrivan-

do in treno attraversano ogni mattina ilcentro mentre la città si sveglia per rag-giungere la propria scuola penso al LiceoZucchi, all’Isa in via Bocaccio, all’Olivettivia Lecco etc… è un rapporto con il centroche trova il tempo per uno sguardo velocealla vetrina, prendere un caffè al volo ouna brioche appena sfornata.Zaino in spalle, vocabolario nella manoper i liceali o cartelletta - raccolta fogli pergli “artisti” di domani, ma tutti, al di làdell’indirizzo scolastico con le immanca-

bili cuffie nelle orecchie che accompagna-no questa “traversata” con le note piùvariopinte.È un passaggio silenzioso, quasi forzatoma che allo spettatore sul marciapiederisulta pieno di speranza per il domani.Monza con le sue scuole è la fucina dellacittà del futuro, allora questi adolescentimonzesi e non, vengono momentanea-mente addottati da via Italia, via VittorioVeneto, via Carlo Alberto e diventanoimmagine di un mondo che si rinnovasenza rottamare nulla. L’orologiodell’Arengario invita ad accelerare ilpasso o a prendersela comoda, straneacconciature, strani colori, vestiti allamoda o alla pseudo moda riempiono le

strade dalle sette e mezzo alleotto e il tutto accompagnatodai rintocchi dell’orologio delcampanile del Duomo.Il centro non è solo luogo dipassaggio ma anche di incon-tro, non è difficile ritrovarsidopo la scuola in centro traamici per andare a consumareun Kebab dall’amico turco chesi è trasferito in via Italia, o alMcDonald’s di Corso Milano,o solo per un aperitivo veloceal Bar Carlo Alberto dell’omo-nima strada. Non mancano lefoto scattate con gli strumentipiù vari ed eterogenei dalle

classiche macchine fotografiche, ai nuovicellulari: iphone, ipad etcc… foto taggatesubito su face book e così una Facciatasecolare, un palazzo, un negozio storico sitrova a fare da sfondo a centinaia di voltigiovanili.Per molti adolescenti il centro rappresentaun lieto passa tempo, per alcuni un ritua-le del sabato pomeriggio soprattutto perle ragazze, dove ci si incontra si fa duepassi insieme ammirando vetrine, nuoviarrivi e sperando che, con l’aiuto di

I giovani... in centro

Luigi Scarlino

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mamma e papà, si possa comprare quelcapo d’abbigliamento o quell’accessorioalla moda. La balaustra del sagrato delDuomo si trasforma in un’ottima e lungapanchina che accoglie decine di loro che,tra un sms in uscita e uno in arrivo, popo-

lano quell’angolo di strada tra la Chiesa ela Piazza.Qualcuno di loro, pensando di fare cosagradita, si lascia trasportare da un istinto“artistico” e pensa bene di abbellire muricon graffiti e scritte senza renderseneconto che più che un’opera d’arte èun’opera di inciviltà. Ma anche loro, igraffitari, hanno un rapporto privilegiatocon il centro: anche loro simboleggiano unmondo giovanile di passaggio per il cen-tro città.Giovani universitari non fanno fatica apopolare il centro città la sera in modoparticolare il giovedì o il venerdì dove traun locale e l’altro verso il Ponte dei Leonisi consuma un coktail, si fanno due chiac-chiere e magari anche una partita a calciobalilla, come succede in piazza Garibaldi(vecchio Tribunale) nelle serate miti e

autunnali-estive. Wine Bar e Pub sonopresi d’assalto e sembra che per loro lacrisi è solo una semplice parola, vista lafrequenza. Ma soprattutto il centro città sipopola di giovani nella serata universita-ria, dove Pub e locali fanno sconti partico-

lari a giovani che presentano la tes-sera universitaria sarebbe da direche c’è qualcuno che riconosce ilsacrificio dello studio e soprattuttonon sta a chiedere se sei fuori corsoo in regola o quanti esami ti man-cano, si fida solo della tua tesserauniversitaria.Non mancano note negative nonsolo i graffitari, ma anche schia-mazzi notturni che dividono resi-denti e proprietari di locali, lattinee bicchieri lasciati al bordo deimarciapiedi, ma questa è una pic-cola tassa da pagare per un centrostorico giovanile.Si costata che le Politiche giovanilidelle varie amministrazioni citta-dine che si sono succedute sonoattente ed efficaci al mondo giova-

nile, ma un passo in avanti andrebbe fattoossia permettere a giovani universitari e agiovani coppie di vivere in centro affinchénon sia soltanto un luogo di passaggio edi incontro.Questo è solo possibile con una politicadella casa che sappia rendere accessibili aloro un appartamento con un affittomoderato anche nelle strade del nostrocentro; molte persone anziane e solepotrebbero adibire alcune stanze delleproprie spaziose e ampie case a giovaniuniversitari: tutto questo per non ridurreil centro della nostra Monza solo a vetrine,uffici e banche; popolandolo di giovanirenderemmo il volto di questa città esoprattutto il suo futuro pieno di speran-za che sappia ammirare, apprezzare evalutare l’antico con uno sguardo giova-ne.

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Gli stranieri a Monza

Fabrizio Annaro

Non si scappa, il nostro mondo è semprepiù multietnico, interculturale, interreli-gioso. Viviamo fianco a fianco a uomini,donne e famiglie di altri paesi, nazioni,continenti, provenienti da altre culture eche professano un diverso credo religiosoe, a volte, ci sembrano anche per abitudi-ni e costumi, di un’altra epoca. E’ quantoemerge dal rapporto sugli stranieri aMonza, redatto dall’AmministrazioneComunale che ha elaborato cifre e tenden-ze sulla base dei dati dell’Anagrafe regi-strati sino al 2011.Non è certo una novità sapere che ilnostro vicinato è mutato in questo ultimoventennio in modo profondo e radicale: loconstatiamo tutti i giorni camminando perle strade delle nostre città, nei luoghi dilavoro, nelle scuole, nelle Parrocchie. Ilrapporto sugli Stranieri a Monza si artico-la proprio nell’osservazione della presen-za migratoria nel lavoro, nella scuola,nella città. Nel 1995 si contavano 1616stranieri; in sedici anni, la popolazionestraniera a Monza è cresciuta sino a rag-giungere 14.303 unità, pari all’11% rispet-to al totale dei monzesi.Una crescita continua senza segnali diinterruzione, un trend che mette in discus-sione le reciproche identità, le relazionisociali e provoca in alcune persone pauree timori forse esagerati, forse giustificati.Un dato che coinvolge anche il vivere par-rocchiale, i gruppi giovanili, le attività divolontariato.Ci domandiamo come le nostre comunitàcristiane, qui a Monza, vivano e abbianovissuto questa fase di trasformazionesociale, in questo arco temporale, dal 1995al 2011, ove la popolazione straniera damarginale è diventata davvero considere-vole.Interrogativo già posto, fra i tanti, dall’iti-nerario di preparazione al Family Daydello scorso anno pastorale e che per lacomplessità della questione rimane fonda-

mentalmente ancora con poche risposte.Se osserviamo i dati del Rapporto, l’immi-grazione coinvolge numerose nazioni delpianeta: sono 123 le nazioni di provenien-za a conferma che la migrazione in Italiaassume carattere globale e cosmopolita.Egiziani e marocchini rimangono in testaalla classifica per presenze in città, mentrecrescono gli ingressi dalla Romania edall’Europa dell’Est.E’ ancora il lavoro ad essere la motivazio-ne fondamentale della migrazione, maanche il desiderio di riscatto, che riguardasoprattutto le classi medie dei paesi diprovenienza.Il 42% della popolazione straniera chelavora a Monza fa l’operaio, possiede undiscreto livello di istruzione acquisito nelpaese di provenienza, ma difficilmentespendibile in Italia. Fra le donne la pro-fessione prevalente, circa il 40%, è quelladi colf e badante. Una nuova tendenza èl’incremento delle imprese i cui titolaririsultano stranieri.Nel 2000 erano 177 le aziende, nel 2011 sene contano 723. Un dato su cui riflettere,ma anche da “depurare” dalle cosiddettepartite IVA che spesso camuffano un pre-cario lavora dipendente. Fra i nuoviimprenditori spiccano gli egiziani, seguitidai rumeni, cinesi, albanesi e marocchini.Anche i cittadini dello Sri Lanka stannoaprendo numerose imprese.Le attività sono prevalentemente concen-trate nel campo dell’edilizia e delle costru-zioni, seguono la ristorazione, il commer-cio, il settore alimentare. Accanto al lavo-ro il tema casa: il 25% degli stranieri aMonza è proprietario delle mura in cuivive, mentre il 40% è in affitto.Il restante, il 35%, un dato considerevole,vive in piccole comunità, oppure comeospite presso parenti o amici. Solo il 2%(in termini assoluti non pochi, circa 220persone) dichiara di vivere in affitto masenza contratto. Casa, lavoro, e infine la

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scuola: gli stranieri hanno sostenuto iltrend delle iscrizioni, aumentando dianno in anno sia in valore assoluto sia inpercentuale. Dal 2001 al 2011, in diecianni, la popolazione scolastica complessi-va è cresciuta da 17961 a 19100 (+1139 stu-denti) mentre gli studenti stranieri, nellostesso periodo, sono aumentati di più inproporzione, ben 1400 ragazzi.Quali dunque le sfide dei prossimi anniposte dal fenomeno migratorio?Anzitutto, il tema dell’integrazione comeampiamente trattato e sviluppato daCaritas in collaborazione con Parrocchie,Cooperative, in primis la Novo Millennio,Associazioni e cittadini. In particolarevale la pena ricordare la significativaesperienza di Bimbinsieme, nido multicul-turale creato da Caritas che ospita metàbimbi italiani e metà stranieri e le attivitàdi Famiglieinsieme presso i padri Barnabitidi Monza, attività ludiche, ricreative e cul-turali che sono state capaci di coinvolgeree far star bene moltissime persone italianee straniere.È proprio la positiva esperienza diFamiglieinsieme che ci suggerisce di affron-tare con più coraggio il problema della cit-tadinanza e di ridurre a 5 anni, come inGermania e in molti paesi europei, iltempo per conseguire la cittadinanza ita-liana.Il tema cittadinanza, tra l’altro, è statoripreso durante la presentazione del dos-sier immigrazione a cura della CaritasAmbrosiana. Vale la pena, sempre in temadi integrazione, osservare le moltepliciesperienze che giungono dalle scuole, ini-ziative spesso poco visibili e scarsamentediffuse.Le scuole della città hanno progettato erealizzato, anche in collaborazione conenti ed associazioni, percorsi di incontro econoscenza sul tema diversità, avvalen-dosi anche del linguaggio artistico, video,musica, pittura e della voglia di stare

insieme e divertirsi tipica dell’adolescen-za e dell’età giovanile.Quale futuro? Fra i tanti scenari che stu-diosi e sociologi mettono in campo, mipreme ricordare che il ciclo migratorio,come tutti i flussi migratori che si rispetta-no, sia quelli del mondo naturale che sto-rico sociale, non sono infiniti.È probabile, e la crisi lo dimostra, cheanche i nostri ragazzi possano essersedotti o indotti dall’idea del viaggio e difar carriera fuori dai confini.In questi ultimi anni, l’emigrazione giovani-le è sensibilmente aumentata e cresceràancora, visto le strutturali debolezze dellanostra economia. Ma non sembra arre-starsi l’afflusso di persone immigrate daaltri paesi.Dunque da un lato escono i nostri giovanidall’altro entrano nuove famiglie pervenire incontro alla richiesta di lavoro chegli italiani appaiono restii a soddisfare.Rischiamo di vivere in una società semprepiù vecchia e sempre più povera, decisa-mente multietnica e con bisogni semprepiù complessi e difficili da gestire. Unasocietà dove, forse a un certo punto, gliingressi si stabilizzeranno o avrannoaddirittura saldo negativo, ma dove sicu-ramente avremo bisogno di costruirenuove relazioni sociali, di maggior coesio-ne, e di una più profonda consapevolezzadei tempi che viviamo e che vivremo.La storia ci consegna memorie decisamen-te orrende e spaventose e questo quandosi rinuncia alla fatica della convivenza edell’integrazione.Pare che l’uomo, europeo, moderno, abbiaimparato la lezione e ripudi la guerra e itumulti, forse anche perché troppo indo-lente per scegliere la violenza. Nessunopuò scrivere ricette o dare soluzioni.Senz’altro le Comunità Parrocchiali saran-no chiamate a riflettere, ad ascoltare, adun lavoro nuovo e faticoso ma denso disoddisfazioni.

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Don Carlo si presenta...

Federico PirolaDa qualche mese è entrato a far parte dellanostra parrocchia don Carlo Crotti, loabbiamo incontrato nel suo studio nella casadel clero. Conosciamolo meglio.Don Carlo ci racconti qualcosa di lei.Sono nato il 25 novembre 1943, lo stessogiorno di Kennedy e del beato GiovanniXXIII, a Robbiate, sul confine con la ber-gamasca. Ho studiato presso scuole sta-tali e dopo il liceo classico sono entrato inSeminario. Sono stato ordinato sacerdotenel 1967 dal Card. Colombo.Sono stato coadiutore per diversi annipresso l’oratorio di Vimercate, poil’Arcivescovo mi ha chiamato all’inse-gnamento, assegnandomi al collegioRotondi di Gorla Minore.La mia esperienza come rettore è poi pro-seguita presso il collegio Villoresi SanGiuseppe di Monza. Il cardinal Martinimi ha poi affidato la cura pastorale dellaparrocchia di Gesù Buon Pastore e SanMatteo a Milano. Incarico che ho lasciatoquest’anno per ragioni di salute.

Ci risulta che abbia avuto anche diversi par-rocchiani “eccellenti”.Si, diversi, tra cui il più famoso è il nostropresidente del consiglio, sen. MarioMonti.Una persona molto semplice e di fedeche, finché non è stato pressato dagliimpegni europei, ha prestato serviziocome lettore alla Messa domenicale.

E ora è approdato a Monza, è importante sot-tolineare la sua scelta di essere inserito nellanostra parrocchia come Vicario Parrocchiale.Si, ho esplicitamente richiesto all’Ar-civescovo di essere destinato qui comeVicario Parrocchiale e non come sempli-ce sacerdote residente con incarichipastorali perché desidero essere a pienotitolo inserito ed operativo all’interno delDuomo, e pertanto mi sono messo imme-diatamente a disposizione di donSilvano, il quale mi ha già affidato alcunicompiti, tra cui alcuni incontri con i geni-

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Don Carlo,giovane prete,al campeggiocon i ragazzidi Vimercate

(1970)

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tori dei ragazzi dell’iniziazione cristianaed il ciclo di incontri culturali “il duomoracconta”.

E non dimentichiamo che ha anche accettatodi collaborare con “il Duomo”, raccogliendoil testimone di don Raimondo nell’ “angolodel Teologo”. Ha già pensato quali argomentisviluppare durante questo anno?Partendo dall’Anno della Fede indettodal Santo Padre Benedetto XVI, nel 60°del Concilio Vaticano II, ho pensato diaffrontare le tematiche sollevate da que-sto evento veramente unico che hasegnato la storia della Chiesa nel secoloscorso.Partirò con un’introduzione di caratteregenerale per inquadrare questo straordi-nario fatto per poi andare a riprendere legrandi costituzioni conciliari, che moltohanno ancora da dire anche a così tantotempo di distanza dalla loro promulga-zione.

Tutti hanno negli occhi e nelle orecchie leimmagini straordinarie di quella giornataunica, a cui lei fu presente, quali ricordi con-serva?Sicuramente la maestosità dell’infinitaprocessione dei padri conciliari, l’im-pressione della Basilica Vaticana trasfor-mata nell’aula del concilio, la sensazionedi sentirsi uniti nella diversità, che è lavera forza e la più grande ricchezza dellaChiesa.E poi la grande emozione della fiaccolatanotturna, e delle parole del BeatoGiovanni XXIII passate alla storia come“il discorso della luna”.

Lei, “ambrosiano doc” in terra storicamente“romana”...Sto “studiando” per imparare la liturgiae il canto romano, e come ho già detto èproprio dalle diversità delle forme chederivano la ricchezza spirituale e lacomunione della Chiesa..

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Negli ultimi anni Monza è stata teatro divarie manifestazioni sportive di atleti disa-bili. Nel 2010 l’autodromo ha visto conflui-re da tutt’Italia gli atleti con disabilitàintellettive che gareggiavano alle SpecialOlympics; nei due anni successivi il TennisClub Monza ha avviato un programma diallenamento per tennisti disabili insieme atennisti normodotati , “il tennis per un sor-riso”, che è stato un successo; il Parco diMonza, nel 2011, e l’autodromo, pochigiorni fa, hanno ospitato due GP di han-dbike, la bicicletta su tre ruote che vedegareggiare fianco a fianco atleti condisfunzioni o amputazioni agli arti inferio-ri e atleti normodotati.La città si sta facendosensibile al tema delladisabilità, con attenzioneall’integrazione nellarealtà civile comune,attraverso lo sport, maanche attraverso pro-grammi scolastici chepossano sostenere glialunni con disabilità fisi-che o intellettive, senzasepararli dagli altri. Maancora di più, in fatto diimpegno e di ingegno,Monza lo può impararedai suoi figli, ragazzi checon la luce negli occhi, senza ombra divanità, vivono una vita felice, in sella auna bici speciale o incontrando gli sguardidella gente non ancora molto abituata,purtroppo, in Italia a veder girare ragazzidisabili con la stessa energia di tutti glialtri giovani (e forse un po’ di più). PaolaLazzarini, tennista monzese affetta da sin-drome di Down, ha portato più volte ilnome di Monza sui podi italiani ed euro-pei delle Special Olympics e si dice fortu-nata, per aver trovato un posto di lavoroadeguato al suo percorso di studi (è infatti

diplomata in ragioneria e lavora comesegretaria). Lisa Santonocito ha 30 anni euna mente brillante, è gravemente debili-tata nella deambulazione a causa di unaparalisi infantile, con un sorriso contagio-so affronta la sua giornata in sella alla suabici modificata o accompagnata in autodai genitori che le facilitano il muoversi incittà che non è affatto facile per un disabi-le; anche lei si sente fortunata, perché ha ilnuoto, una passione enorme e motivante,ha tanti amici e un lavoro a tempo indeter-minato, “che di questi tempi…”. FedericoVilla, piccolo diavolo a tre ruote, questo ilnome della sua associazione sportiva di

atleti di handbike,, èaffetto da Atassia diFriedreich, una malattiaincurabile degenerativaal sistema nervoso; vive“al massimo”, comedirebbe un famoso can-tante, ma dice di nonvoler insegnare nientecol suo esempio, solo chepreferisce vivere l’oggianziché aspettare che tro-vino una cura al suomale domani, si sentefortunato perché fa quel-lo che gli piace, perchéha una famiglia che lo ha

“spronato” a cadere, perché se cadi imparia rialzarti e far fronte alla quotidianità (cheper lui può essere scolare un piatto dipasta, operazione che gli richiede parec-chio impegno). Di fronte a esempi umili,ma giganteschi, come questi c’è da chie-dersi dove l’abbiamo lasciato noi l’entusia-smo di vivere, di aprirsi all’altro, di avereprogetti nuovi. Speriamo di riuscire a far sìche loro, con il loro esempio, faccianoqualcosa per noi, anziché pensare di doverfare noi, “normodotati”, qualcosa perloro.

Disabilità e sport

Elena Borravicchio

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“Mia madre vive da sola, al piano disopra. Ultimamente è peggiorata e non dormela notte. E’ un disastro, io la sento e devo alzar-mi per rimetterla a letto. Dopo mezz’ora lei sialza di nuovo…mio marito borbotta, mio figliova in ansia, mi dice “vai su a vedere la nonna!”Sono così stanca…così triste, ho anche paura,mi dico “come posso farcela?” “Per assisteremio padre dopo l’ictus mi sono trasferita a casasua. Mi sono allontanata dai miei amici, dallemie abitudini di una vita. E’ stata una sceltafatta in piena libertà ma adesso la vivo male,mi sento il morale sotto i piedi …”Cosa succede quando un anziano diventanon autosufficiente? Quali esperienze edemozioni vivono le persone che gli sonoaccanto? Quali mutamenti avvengononelle relazioni familiari quando una figliao un figlio si trovano ad assistere il propriogenitore?E’ fuori di dubbio che il momento in cui ilnostro genitore – non dimentichiamo chetalvolta è il coniuge – perde la sua autono-mia ci troviamo a vivere, spesso da ungiorno con l’altro, un periodo di grandeimpegno e forte crisi. Siamo abituati findalla nascita a trovarci di fronte a situazio-ni critiche e fin da bambini abbiamo impa-rato, con fatica, che si esce dai momenti dicrisi se questi non vengono vissuti come“fine del mondo” ma come “fine di unmondo”, se cioè troviamo il modo di vede-re che la crisi si può superare, che c’è unosbocco, che qualcuno può darci un aiuto.Ma perché prendersi cura di un nostrogenitore anziano non più autosufficiente ècosì faticoso?Il lavoro di cura familiare – perché di veroe proprio lavoro si tratta - non è un compi-to semplice, “naturale”, titolarità esclusivadelle donne. Si tratta, invece, di un lavorocomplesso, che ha ricadute sia su chi losvolge sia su chi ne è destinatario. La fati-ca di questo impegno di cura deriva dallanecessità di coordinare le diverse azioni

da fare, le diverse emozioni presenti emagari anche le diverse persone chedanno aiuto.“Io cerco di aiutare mia madre in un modo mamio padre fa il contrario. Il medico glielo hadetto “Non aiuti sua moglie, la lasci fare dasola!” e lui “Ma come si fa?...va bene proverò”Poi appena usciti “Parla bene il dottore, non èsua moglie! Mia moglie io l’aiuto!” E così miopadre ed io litighiamo in continuazione. Pernon parlare delle idee della badante o di quan-do mia moglie dice la sua. E così la fatica è dop-pia, tripla...anzi quadrupla!”Il lavoro di cura coinvolge, in alcuni casitravolge, le diverse dimensioni della vitadelle persone: pratico-organizzativa, rela-zionale, emotiva ed etica. Se affrontatosenza un aiuto può portare a condizioni di“vulnerabilità” dei singoli e dell’interafamiglia; si possono, cioè, generare relazio-ni così sofferenti e dolorose da rendere lecure prestate una cura “senza qualità”.Molto spesso il peso della cura va a collo-carsi su famiglie già stressate da numerosiimpegni e da una solitudine, reale o perce-pita, rispetto alla gestione del carico dellacura. A volte la fatica deriva anche dalladifficoltà di integrare le informazioni avuteda amici, dal medico di famiglia, da opera-tori sociali. Le tante informazioni, talvoltacontrastanti, rendono faticoso e confuso illavoro di individuazione dei diversi servi-zi disponibili sul territorio, spesso noti - equindi fruibili - solo dopo tanto tempo.Uno dei bisogni principali delle famiglieche si prendono cura di un anziano genito-re è, allora, quello di trovare un tempo edun luogo dove ricevere e scambiarsi infor-mazioni sulla gestione dell’anziano in dif-ficoltà, sui servizi presenti nel territorio,dove confrontarsi sulle difficoltà ma anchesulle soluzioni sperimentate con successo.Un tempo ed un luogo dove condividere leesperienze, le emozioni e i sentimenti trop-po a lungovissuti tra le mura di casa.

Un aiuto per affrontare il lavoro di curafamiliare di anziani non autosufficientiCaritas Monza

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La Caritas ha individuato e raccolto questobisogno e si è preoccupata di costruire unospazio per familiari caregiver (=che siprendono cura) di anziani in difficoltà,riconoscendo l’importanza del loro impe-gno ma anche il loro diritto ad essere sup-portati in questa fatica, uno spazio dovesentirsi sollevati dal poter condividere conaltri il senso dei problemi che si vivono.Caritas da anni promuove e gestisce, sulterritorio di Monza, l’attivazione di gruppidi auto-mutuo-aiuto per familiari di anzia-ni non più autosufficienti. Ma cos’è ungruppo di automutuo aiuto?E’ un luogo dove la voce del familiaretrova dignità di parola, dove gli viene rico-nosciuta la competenza maturata nellacura, dove ognuno può trovare il coraggioe le parole per esprimere ciò che sta viven-do. “Nel gruppo ho sentito storie tragiche, dif-ficoltà di relazioni tra parenti, problemi econo-mici, figli e coniugi trascurati perché il genito-re anziano assorbe tutto il tempo… in tutti iltimore di non essere all’altezza del compito chesvolgiamo… Ad un certo punto mi sono resaconto di far parte del gruppo: queste personehanno i miei stessi problemi, dubbi, difficoltà.Parlano il mio stesso linguaggio perché vivia-mo la stessa esperienza anche se in modi diver-si. “

Il gruppo di auto-mutuo-aiuto diventa il luogo doveacquisire informazioni, con-dividere soluzioni e strate-gie operative, confrontarsied imparare strumenti perla gestione della quotidiani-tà. Uno spazio e un tempo,condotto da una psicologa,per parlare anche di senti-menti d’affetto, di sofferen-za ed insofferenza, di rap-porti affettivi non semprefacili e scontati, un luogo“protetto” dove è possibilecondividere e riflettere su

emozioni e sentimenti che, vissuti in soli-tudine, talvolta rendono più difficile edoloroso questo intenso momento diimpegno familiare.“Perché vado al gruppo? Bè innanzitutto dopomi sento più leggera, che sollievo! E non certoperché piango insieme ad altri, perché - comediceva mia nonna - “mal comune mezzo gau-dio”, per carità! Piuttosto perché ho trovato unposto in cui posso parlare di tutto senza sentir-mi colpevolizzata o criticata…anzi talvolta rie-sco anche a sorridere delle mie “disgra-zie!”“Devo ammetterlo ero un po’ scetticoall’inizio! Pensavo “A che serve? Cosa ne rica-vo?”Io sono una persona molto pratica, non mivanno le chiacchiere fine a se stesse. Qui siparla, sì è vero e anche tanto ma, con mia gran-de sorpresa, a casa ripenso ai suggerimenti cheho ricevuto, insomma, ho scoperto che mi portovia ogni volta qualcosa di utile! ”.

Per informazioni e iscrizionial gruppo di auto-mutuo-aiutorivolgersi a Caritas -Assistente SocialeElena Monzatel. 335 8752422Mail: [email protected]

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Come sanno bene i ragazzi a cui ho fatto imiei personali auguri per un anno ricco diimportanti esperienze, parallelamente alpercorso di catechesi e inizia-zione cristiana, il nostro orato-rio ci tiene ad organizzare,come tutti gli anni, una serie diattività ricreative che diventinoanche occasioni di aggregazio-ne e fraterna amicizia.Riflettendo sul senso di questatradizione, soprattutto in unambiente come il nostro, dovel’offerta di attività pomeridianeper i nostri figli è moltiplicata adismisura, rischiando talvoltadi saturare il loro tempo “libe-ro”, ho cercato ispirazione nelleparole dell’apostolo Paolo: “Siadunque che mangiate, sia che beviate, sia chefacciate qualche altra cosa, fate tutto per la glo-ria di Dio” (1 Cor 10,31) e ancora: “Equalunque cosa facciate, in parole o in opere,fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, ren-dendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui”(Col 3,17).Ogni cosa quindi, dal mangiare, allo studi-are, al giocare insieme, se fatto in modoappropriato e con serenità, può diventaretempo di lode e gratitudine a Dio, glorifi-candolo con le nostre opere.Alla luce di ciò reputo quindi un bene checi si dia da fare per organizzare diverseattività all’interno del nostro ambienteeducativo, perché i nostri bambini eragazzi possano divertirsi e crescereinsieme senza perdere di vista quell’unicacornice cristiana che crediamo dia senso atutte le nostre azioni.Eccovi dunque la presentazione di alcunedelle attività che quest’anno daranno atutti occasione per tornare in oratorio unavolta in più, oltre agli incontri di catechis-mo, per abitare sempre più familiarmentequesto luogo e la nostra comunità.

DOPOSCUOLA: “NON SOLO COMPI-TI” Il progetto si propone di accogliere esupportare nello studio gli studenti in dif-

ficoltà, frequentanti le scuole medie.L’obiettivo è fornire uno spazio dove aiu-tare quotidianamente i nostri ragazzi neiloro compiti, educarli all’impegno e alrispetto delle regole e nel contempo offrireloro la possibilità di trascorrere del tempocoi coetanei, conoscere meglio la realtàaggregativa dell’oratorio e instaurare rap-porti positivi con gli adulti e gli adolescen-ti che prestano servizio.Quest’anno il servizio è partito con grandeentusiasmo fin dai primi di ottobre, acco-gliendo per quattro pomeriggi alla setti-mana i ragazzi della scuola mediaConfalonieri (ma non solo!). Al numerocrescente di iscritti, circa dodici, hannorisposto altrettanti adolescenti e giovani(vecchi e nuovi, parrocchiani e non) nelruolo di educatori. Restiamo a bracciaaperte per chi volesse aggiungersi perdare una mano!

PALLAVOLO Quest’anno per gli amantidella pallavolo femminile sono stati pre-disposti tre corsi: uno per principianti ri-volto per lo più a ragazze delle elementari,uno classico per ragazze delle medie e l’ul-

Attività in oratorio

Simone Redaelli

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timo rivolto a giocatrici più grandi. Gliultimi due hanno già riscosso un succes-so… inaspettato, soprattutto considerandol’elevata partecipazione delle giocatricipiù mature (diverse mamme…!).

CALCIO Un’altra attività che mette afrutto la nostra bellissima palestra, oltrealla pallavolo, è l’immancabile spazio de-dicato al gioco del calcio. Quest’annosono particolarmente soddisfat-to del neonato “Calcio scuola”,un ottimo esempio di come, inquesto caso, l’organizzazioneviene incontro ai desideri e allerichieste provenienti diretta-mente dalle famiglie.Questa attività sportiva, dedica-ta ai bambini delle elementari, èinfatti nata proprio sotto la spin-ta di un gruppo di mammedesiderose di ottenere per i pro-pri figli uno spazio sicuro dovepoter giocare in allegria e sem-plicità, introdotti gradatamentealle regole più “serie” di questogioco.

CHITARRA Il corso, originariamentepensato in due parti: una per i principiantie l’altra per i ragazzi provenienti dall’es-perienza dell’anno scorso, si è poi concen-trato principalmente sui musicisti novelli,considerato il sensibile numero di gio-vanissimi iscritti.Che dire..? ogni venerdì, finito l’incontrodi catechismo con i ragazzi delle scuolemedie, sono sempre tentato di soffermar-mi un po’ nell’aula a contemplare il fasci-no di queste lezioni. Prima o poi porterò lamia chitarra e…

TEATRO Riparte, dopo un anno di pausa,il laboratorio teatrale, così gloriosamentepresente nella tradizione dell’Oratorio delRedentore. Quest’anno sono stati predi-

sposti due corsi per avvicinare gli interes-sati alle tecniche della recitazione: uno perbambini delle elementari e il primo annodelle medie, e un altro per i ragazzi piùgrandi.I due gruppi potranno però trovarsi acollaborare per la realizzazione di spet-tacoli e musical da presentare alla nostracomunità durante alcune tappe impor-tanti dell’anno.

Il corso è appena partito e le ambizionisono alte! Gli iscritti però sono ancorapochi e si cercano costantemente nuoviattori principianti. Quindi: forza e corag-gio! Mettiamo da parte la nostra timidez-za!

CANTO Per finire ricordo che in oratoriosi trovano a provare tutte le settimane igiovani cantori della Cappella diTeodolinda, che anima fedelmente eappassionatamente le nostre eucaristiedomenicali.Una delle nostre attività in assoluto capacedi meglio coniugare l’impegno, la pas-sione artistica e la preghiera di cui parlavosopra.Anche quest’anno il passaparola in orato-rio ha allargato la comunità delle coriste dialcuni giovanissimi elementi.

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Venerdì 19 Ottobre 2012 è iniziato il ciclo”Il Duomo racconta” con una formulamodificata rispetto a quella dei due anniprecedenti: si alterna-no infatti quest’anno,nella ricerca di unpercorso di catechesiattraverso l’arte, dueoratori, uno laico perciò che riguardal’aspetto propriamen-te artistico e che variaogni volta, l’altro, donCarlo Crotti, una feli-ce “acquisizione”delDuomo, impegnato inuna riflessione teolo-gica sul significatoultimo dell’opera pro-posta. Unica eccezio-ne, don DomenicoSguaitamatti, cono-sciuto da chi ha fre-quentato i corsi precedenti.Davanti ad un pubblico assai numeroso emolto motivato ad un ascolto pieno di par-tecipazione il prof. Beppe Colombo, voltonoto a tutti i Monzesi, ha svolto il tema “Ilracconto degli Antichi Codici”, dopo unabreve introduzione di mons. Provasi, chene ha ricondotto il significato nell’alveodell’Anno della Fede. Attraverso un bellis-simo filmato sulla Biblioteca Capitolare,per il quale si ringrazia la FondazioneGaiani, il prof. Colombo ne illustra l’origi-ne, riconducibile a Teodolinda (sec.VI) e aBerengario (sec.X). La Biblioteca ha circa250 codici, circa 1000 tra incunaboli e cinque-centine. Codice è liber, che si oppone avolumen, che si avvolge attorno all’ombe-lico: il volumen sarebbe stato difficoltosoper l’uso liturgico e resta quindi legato almondo pagano, mentre il liber (caudex)qualifica il mondo cristiano e quindi leBiblioteche Capitolari, veri centri di cultu-ra cristiana, il più importante dei quali è

Verona. Il lascito iniziale della Biblioteca èil dono di papa Gregorio Magno aTeodolinda nel 603: è un evangeliario, per-

duto, in una “teca persica”, che si è solitiidentificare con la famosa legaturadell’Evangeliario, ma che forse allude aduna copertura in pelle. Della donazione diBerengario fa parte un dittico, che origina-riamente rappresentava due consoli, poitrasformati nelle figure del re Davide e diGregorio, usato come “copertina” del bel-lissimo “Codice purpureo”, un cantatoriodel IX secolo. Altro codice importante è il“sacramentario” di Berengario, due pan-nelli di avorio lavorato con figure di ani-mali e cornice d’argento. Famosissima èla” Bibbia di Alcuino”, risalente alla cortedi Carlo Magno: 400 pagine di Bibbia, allafine della quale l’amanuense celebra la finedel suo lungo lavoro. Un discorso a partemeritano i codici musicali, ma di partico-lare interesse anche civile per la città diMonza è l’Obituario della Chiesa monzese,una sorta di calendario, dove si segnavanole Messe di chi aveva lasciato una donazio-ne, dal secolo XII al XVI, contenente 700

Il Duomo racconta:“Gli antichi codici”Carlina Mariani

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nomi di donatori, acquistato nel 1982 adun’asta e restituito alla BibliotecaCapitolare. I codici sono ricchi di miniatu-re, alcune usate come capoverso, altre arti-colate in immagini, altre istoriate. Il patri-monio della Biblioteca subisce anche icolpi della storia: Napoleone nel 1797requisisce 170 codici, che fa poi rilegarecon la propria iniziale, distruggendo cosìla copertina originaria. La restituzionecomprende però anche un codice apparte-nente in origine alla Biblioteca Capitolaredi Verona, di Beda il Venerabile, scritto infrancese, avente come tema le costellazionie illustrato da vignette. Un altro libro digrande rilievo per la nostra città è quellosugli Statuti della comunità monzese,donato da Maria Trotti Bentivoglio, cosìcome quelli di Bartolomeo Zucchi sullavita di San Gerardo e di Teodolinda. Lapresentazione dei codici si chiude conl’immagine di claustrale semplicità dellavecchia Biblioteca, dipinta da LuigiTalamoni.Nella seconda parteDon Carlo Crotti pro-pone una riflessione sul significato attualedi questi codici, articolandola in tremomenti.Il significato dei codici nella cultura europea.Noi siamo oggi quello che gli amanuensi cihanno saputo tramandare, conservandoper noi non solo il testo sacro, ma anche itesti della cultura greco-romana, oltre laproduzione coeva.Tutto nel codice rimanda alla meditazionedella parola di Dio, particolarmente laminiatura, che , secondo quanto diceAgostino nel libro sulla Catechesi deglianalfabeti, aiuta attraverso la forma artisti-ca nella conoscenza della Scrittura e diven-ta guida alla preghiera attraverso l’imma-gine.Così l’arte figurativa diviene “Biblia pau-perum” e l’arte della miniatura, per cui “ridono le carte”, come dice Oderisi da

Gubbio( Pg XI,82 ) serve, come tutta l’artemedievale, a dare lode a Dio, secondo l’in-vito di San Benedetto.Le tipologie dei codici della Biblioteca capitola-re. Riferendosi al codici custoditi nellaBiblioteca Capitolare, ne sottolinea i quat-tro tipi, che sembrano esprimere la vita e lafede di una comunità: le Bibbie, i codiciliturgici, l’Obituario, gli Statuti dellaComunità monzese. Questi codici espri-mono due tipi di atteggiamento: la ricono-scenza, particolarmente l’Obituario, e lacertezza del diritto di una società civile,che rifiuta la forza come regola del vivere,particolarmente negli Statuti. Cita la lette-ra agli Ebrei, a proposito della fede tra-smessa :” Ricordatevi dei vostri capi, iquali vi hanno annunciato la parola di Dio;considerando attentamente l’esito del lorotenore di vita, imitatene la fede” Eb 13, 7.La domanda che a noi oggi questa storia pone.Questa storia cosa dice a noi, oggi? Ci limi-tiamo a conservare questo patrimonio? Lolasciamo agli studiosi specialisti? Il Card.Martini ha individuato le radici della civil-tà europea in tre città: Gerusalemme,Atene e Roma, simboli rispettivamentedella Rivelazione, del Logos e del Diritto,che generano la Fede, la Bellezza, laResponsabilità.Conoscere il passato è il mezzo per vivereil presente e costruire un futuro veramentenuovo.La serata ha avuto poi la sua conclusionecon l’esibizione di alcuni codici, tra laBibbia di Alcuino e il Codice purpureo: lasignora Gaiani ha, con al cortesia di sem-pre, illustrato anche la tipologia dellenuove custodie, meraviglie di tecnica e diraffinato artigianato, mentre mons.Gariboldi invitava ad accarezzare questidocumenti di fede e bellezza gli incantatiascoltatori, che mostravano un interesse,che fa bene sperare dell’efficacia della for-mula proposta.

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L’anno della fede è anche invito a rileggerela vita di uomini e donne che hanno sapu-to incarnare, in scelte concrete e generose,il loro incontro con Dio come evento cheha rinnovato il loro modo di leggere lesituazioni di fragilità e povertà umaneoffrendo risposte capaci di creare alleanzetra le persone e le istituzioni, così dagarantire una solidarietà ed attenzioneall’umano che aprono vie nuove e profeti-che della carità cristiana che possono inci-dere positivamente anche sull’organizza-zione sociale della città. La serata su“Gerardo Tintori e L’Hospitale Pauperumdi Monza”- Santi e benefattori - svoltosinella Sala “Beato Talamoni”, della sede de“Il Cittadino”, con l’intervento dello stori-co medievista Renato Mambretti, ha aiu-tato a conoscere San Gerardo, taumaturgocaro alla nostra città, suo co-patrono, maanche inscindibimente legato al suo ospe-dale.GianLuigi Trezzi, presidente del CentroCulturale Talamoni, che ha promosso l’in-contro, ha sottolineato che “grande tradi-zione dell’occidente cristiano è quelladegli ospedali come ricovero dei poveri emalati presente in ciascun borgo impor-tante (...) istituzione tipicamente medieva-le fondata da chierici e laici”. Mambretti èpartito da una pagina, datata 1900, delbeato Talamoni in cui evidenzia nel popo-lo il ricordo di San Gerardo che emergerànelle grandi cerimonie e nella traslazionedel corpo l’anno successivo grazie all’im-pegno di un buon laico Luigi Modorati,merciaio.Talamoni stesso è un convinto assertoredell’opera di San Gerardo (che volle pro-tettore delle sue suore), come lo furonoBartolomeo Zucchi, Francesco Frisi eGiuseppe Riva.La prima antica rappresentazione di SanGerardo si trova nei sottotetti del Duomo erisale al secolo XIII, mentre una si può tut-

tora ammirare a lato dell’altare Maggioreed altre nell’attuale Chiesa di San Gerardoal corpo che conserva le spoglie del santo.Poche le attestazioni storiche tra il XII ed ilXIII secolo (5 documenti di cui 2 già noticonservati nella Biblioteca Capitolare delDuomo e 3 ritrovati dal relatore pressol’Archivio di Stato di Milano), ma che met-tono in evidenza l’inscindibile nesso fraSan Gerardo e l’ospedale.Bonincontro Morigia nel ChroniconModoetiense delinea invece con appassio-nata narrazione la figura di Gerardo, i suoimiracoli e la fondazione ospedaliera.Proprio questa narrazione fa parte dellatradizione viva dei monzesi.Sono anni difficili per i borghi lombardicoinvolti nella lotta tra comuni e FedericoBarbarossa e segnati da calamità naturali,ma in cui si sviluppano molteplici attivitàartigianali, produttive e commerciali e fio-riscono santi laici provenienti dal popolodediti a forme di carità attiva. In Monzaerano già presenti istituzioni ospedaliereMa l’istituzione creata da San Gerardo hacaratteri innovativi sia per la partecipazio-ne di laici e religiosi nella gestione e per unequilibrio distributivo di poteri e respon-sabilità tra autorità religiose e civili.Bonincontro dà un ritratto di Gerardo incui campeggiano le virtù e l’impegno e lapratica nelle opere di misericordia corpo-rale verso i poveri e i malati che cercavaanche nelle strade.Qui sono anche descritti i suoi miracoli invita (il granaio riempito, i carri pieni divino, la traversata del Lambro senza nem-meno bagnare la cappa per raggiungere isuoi malati nell’ospedale, collocato dove èl’attuale Oasi di San Gerardo) ma anche lasua intensa preghiera nel Duomo ed i suoipoteri taumaturgici già in vita, ma anchedopo la Morte (continua tuttora la tradi-zione dei cittadini di Olginate riconoscentiper la guarigione).

L’Hospitale Pauperum di MonzaStoria di santi e benefattoriMarina Seregni

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Negli ultimi tempi si è molto discusso inMonza sulle azioni viabilistiche ed urbanisti-che che hanno riguardato il suocentro, specie piazza Trento eTrieste, con l’altalena del si o noper il parcheggio sotterraneo, ilmercato, gli alberi davanti alcomune. Ma quel che si è fatto èfatto e, con la pavimentazione“definitiva”, sembrava che tuttofinisse lì. Ma l’occasione del granpremio e la realizzazione di aiuolee collinette alberate provvisorie,ha riaperto le discussioni ed hafatto ripensare all’antico “pratummagnum” di cui l’attuale piazza èun residuo.Non mancano i libri sulla vecchia Monza(vedi quelli editi da “Il Cittadino” ovveroopera di Dante Fossati), che ci riportanoimmagini fotografiche sulle trasformazionidella piazza nel secolo scorso. Possiamocosì giocare un po’ d’immaginazione e, peravere una visione più completa, saliti sulmonumento ai caduti (inaugurato daMussolini nel 1932), cancellare il cosiddetto“palazzo UPIM” (1956), incombente sul latosud della piazza, per rivedere la grande fon-tana (1930), con le aiuole, e rivivere i giochiinfantili con le barchette e gli scivoloni nel-l’acqua per recuperarle.

Possiamo vedere quello che fu il TeatroSociale, costruito nel 1810 (Arch. Amati)

sulle fondamenta di quello “Arciducale”,distrutto da un incendio (1802) e progettatodal Piermarini assieme alla Villa Reale(1777). Il Teatro fu demolito (anni ’20) perfar posto al Palazzo del Fascio (attuale sededell’Agenzia delle Entrate), in concomitanzacon la demolizione del quartiere Sant Andreaper aprire Via del Littorio (oggi viaGambacorti Passerini), con i suoi palazzi instile tuttora esistenti.Possiamo vedere anche la bella facciata incotto della chiesa di S. Maria in Strada, cherisale al 1357, cui era collegato un monaste-ro, affidato ai frati Eremitani Agostiniani; ilsuo nome si collega all’antica strada che par-

tiva da Milano e, attraversato ilLambro proprio a Monza (pontedi Arena), raggiungeva Brivio perattraversarvi l’Adda e proseguireverso est.

Volgiamo ora lo sguardo alle casesul lato est della piazza e, consa-pevoli che sono rimaneggiamentirelativamente recenti, immagi-niamo analoghe case e palazziche fanno da cortina al Duomoche le domina con la facciata e il

Piazza Trento e Trieste...spiazzataGiovanni Confalonieri

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campanile; ci fu un tempo in cui si progettòdi congiungere il Duomo alla grande piazza,demolendo questi edifici, ma non fu fatto.Invece i palazzi e le case che si affacciavanosul grande prato dal lato nord furono demoli-ti, per far posto all’imponente palazzo muni-cipale (Arch. Augusto Brusconi), completatonel 1938. Il palazzo Durini (feudatari diMonza dopo i De Leyva), rientrò in questedemolizioni e qui, nel XVI secolo, sorgeva ilpalazzo dove venne ospitato dal nobileProcuratore della magnifica Comunità mon-zese Hieronimo Casato, il Re di Francia

Enrico III di Valois, quando incontrò S. CarloBorromeo (10 Agosto 1574). Nella rappre-sentazione di questo importante fatto storicoci è pervenuta un’immagine del lato est dellagrande piazza in quei tempi. Nella raffigura-zione che ne fa memoria, si vedono infattisullo sfondo gli eleganti palazzi dell’epocaattorno ad un grande spazio, appunto ilPratum magnum.L’evento è documentato anche da uno dei 10quadroni della navata centrale del nostroDuomo, quello sopra l’arcata attigua all’or-gano maggiore (settentrionale); in esso si raf-figura l’ingresso nella Basilica del Reaccompagnato dal Santo Arcivescovo.

L’importanza di questo incontro sul pianopolitico-religioso è ben spiegata nel librettoedito nel 1910 per il 3° centenario della bea-tificazione di S. Carlo. In estrema sintesiricordiamo che S. Carlo volle incontrare ilcoronando Re di Francia per perorare da luiun intervento favorevole alla ChiesaCattolica fatta oggetto in Francia di aggres-sioni da parte degli Ugonotti con il benepla-cito dei regnanti; il Santo ottenne favorevolipromesse, purtroppo nei fatti disattese nellevicende successive.

Possiamo ora completare ilgiro d’orizzonte rivolgendocial lato ovest, dove troviamo,tra palazzi subentrati dopo il1930 ad altri demoliti senzaremore, il palazzo del LiceoZucchi, che fino al 1937 eraSeminario Arcidiocesano,sotto la giurisdizioneAmbrosiana. Il confine tra ter-ritorio (quindi rito) ambrosia-no e romano era evidenziato(come ben mostrano le fotod’epoca) da un basso muretto;succedeva così che qualchebenpensante, nei tempi dirispetto del precetto del magro

per Monza, ostentatamente mangiasse panee salame ponendosi sul muretto coi piedipenzoloni sul suolo ambrosiano, per essereformalmente nel lecito. Fa sorridere il pensa-re che le parti erano invertite al tempo di S.Carlo, quando il popolo monzese rifiutò(1578) di assistere alle funzioni in ritoambrosiano, celebrate in Duomo, rivolgen-dosi alle chiese delle congregazioni religiose,dove si officiava in rito romano; una di que-ste chiese era quella di San Francesco (XII°secolo), che si affacciava sul pratummagnum e che fu inglobata, con l’annessomonastero, nella struttura divenuta poi ilSeminario Arcidiocesano. Nel diventare

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Seminario, il complesso fuoggetto di notevoli interventi(Arch. G. Moraglia 1830),come il maestoso doppiocolonnato del cortile interno,che gli hanno dato l’aspettogiunto fino a noi.

Torniamo ora al nostro puntod’osservazione: il Monumentoai Caduti; esso occupa buonaparte di quel poco che rimanedel Pratum Magnum. Va bene,perché è giusto conservare ilricordo degli eroi sacrificatisiper la patria, quindi dedichiamogli un pocodi attenzione e, memori di quando vi salim-mo qualche tempo fa, ricerchiamo, scrutandocome allora attraverso l’inferriata, la cappel-lina dove sapevamo esserci le ampolle con laterra del Carso e l’acqua del Piave irroratedal sangue dei soldati. Si trova ora un mensa(altare) post-conciliare, con una grande lastrabianca che manifesta come nel 1965 l’inno-vazione fosse stata introdotta ad opera delComune. Ai lati due lastre più piccole con lascritta “Hic mortui vivunt”. Attorno un po’ disporco e null’altro... Forse le ampolle chericordiamo sono celate dal manufatto, ma

nessuno con meno di 50 anni le può immagi-nare. Eppure sul monumento è chiaramenteinciso, e tutti lo possono vedere: “E quimostrando verran le madri ai parvoli le belleorme del vostro sangue”. (Cfr G. Leopardi,All’Italia : “...La vostra tomba è un’ara; equa mostrando / Verran le madri ai parvoli lebelle / Orme del vostro sangue. ……...”Ma dove sono queste orme..?

Un ultimo sforzo d’immaginazione per rive-dere il grande prato con il fontanile dellaPelucca, il mercato e la fiera del bestiame diS. Giovanni, le pezze di stoffa stese sull’erba

(o sui tralicci che due moder-ne strutture vorrebbero richia-mare) e, perché no? , le mano-vre dei cavalieri e militiviscontei, le presenze ed i cor-tei di re ed imperatori d’ognitempo, le solenni processionie manifestazioni religiose;tante immagini sovrapposte aquel grande prato e che conlui vanno sparendo nella neb-bia del passato, eliminate per-sino nelle loro possibili radiciarcheologiche nel sottosuolo,per far spazio ai parcheggiipogei.

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Il 25 gennaio 1959, tre mesi dopo la suaelezione alla cattedra di Pietro, GiovanniXXIII, presso la basilica di S. Paolo fuori lemura, davanti ai cardinali presenti aRoma, annunciava la decisione di convo-care un conciliocon queste parole:“Pronunzio davan-ti a voi, certo tre-mando un poco dicommozione, mainsieme con umilerisolutezza di pro-posito, il nome e laproposta dellacelebrazione di unConcilio ecumeni-co per la Chiesauniversale”. Inmolti interventisuccessivi il Papa chiariva le finalità che ilConcilio avrebbe dovuto perseguire: ripre-sentare il tradizionale patrimonio dellafede con linguaggi e forme capaci dicomunicare con l’uomo moderno, favorireil cammino ecumenico verso l’unità tra ifratelli cristiani, dare alla Chiesa la possibi-lità di contribuire più efficacemente allasoluzione dei problemi dell’età contempo-ranea.Quindi non un Concilio dottrinale che pre-cisasse questo o quel punto del Credo, chedefinisse nuovi dogmi, che condannasseerrori teologici.Ma un Concilio pastorale, teso all’aggior-namento della Chiesa, perché fosse imma-gine più trasparente del suo Fondatore,perché cercasse un linguaggio efficace concui presentare a tutti gli uomini l’eternomessaggio della salvezza.Il lavoro di preparazione del Concilio fulungo e accurato. Sotto la guida del Papa,operarono molte commissioni composteda vescovi e da esperti nei vari ambiti, pro-venienti da ogni parte del mondo.

All’intero episcopato fu richiesto di pro-porre temi e problemi da sottoporre all’as-semblea conciliare per la libera discussio-ne. L’11 ottobre 1962 il Concilio venneaperto dal Papa nella basilica di S. Pietro,

trasformata in unamoderna aula diincontro e didiscussione. I suoilavori si completa-rono in quattrosessioni, fino allachiusura l’8 dicem-bre 1965. Intanto,tra la prima e laseconda sessione,morì papaGiovanni e fu elet-to suo successore ilcard. Giovanni

Battista Montini, con il nome di Paolo VI,che guidò con mano sicura e autorevole ilavori conciliari nella fedeltà allo spiritodel suo predecessore.Il frutto maturo del Concilio è raccolto in16 documenti di diverso valore dottrinalee pastorale: 4 costituzioni, 9 decreti e 3dichiarazioni.All’inizio e alla fine, i Padri conciliariinviarono al mondo un messaggio e,durante la cerimonia di chiusura, furonoconsegnati altri 7 messaggi particolari adiverse categorie di persone: governanti,artisti, scienziati, lavoratori, ammalati,donne e giovani.Conclusi i lavori assembleari, si trattava ditradurre le autorevoli decisioni delConcilio nella vita quotidiana dellaChiesa.Ed iniziò un cammino irto di difficoltànotevoli e contestazioni anche molto viva-ci: da chi ha rifiutato alcuni insegnamenticonciliari, giungendo fino allo scisma; achi, distinguendo indebitamente tra letterae spirito del Concilio, proponeva e speri-

L’evento del Concilio Vaticano II

Don Carlo Crotti

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mentava pericolose eazzardate fughe inavanti. Ma tutto ciò erafacilmente prevedibile:nella storia dellaChiesa, l’assimilazionedei Concili ha semprerichiesto molto tempo enon è mai stata un’ope-razione tranquilla eincontestata. In sostan-za si tratta di compren-dere che il ConcilioVaticano II non è uncesura radicale tra unaChiesa pre e postconci-liare. Al contrario, èstato un evento di crescita organica dellaChiesa nel suo secolare e faticoso camminodi fedeltà al Vangelo di Cristo e di servizioall’uomo. Aggiornamento nella continuità.E’ questa la lettura autentica dell’eventoconciliare e il Papa l’ha richiamata piùvolte nei suoi discorsi.Ora si tratta di chiederci: a che puntosiamo nella assimilazione del Concilio? Enon pensiamo soltanto alla Chiesa univer-sale.Pensiamo anche e concretamente alla

nostra comunità locale. Forse dobbiamoriconoscere che, al di là della riforma litur-gica, il magistero del Concilio per moltiresta ancora un oggetto misterioso.Eppure, e sono parole di Giovanni PaoloII, “il concilio è il dono più grande che loSpirito di Cristo Risorto ha fatto allaChiesa del XX secolo”.Questo è uno dei motivi per cui PapaBenedetto ha voluto l’anno della fede nellaricorrenza del 50° anniversario dell’aper-tura del Concilio, invitandoci a riprendere

e ad approfondire i docu-menti in cui si raccogliel’insegnamento concilia-re.È ciò che anche noi, nellamodestia dei nostrimezzi, faremo durantequesto anno pastorale:volta a volta, concentre-remo la nostra attenzionesu un documento conci-liare per conoscernemeglio i contenuti. Vuoleessere un piccolo stru-mento per vivere l’annodella fede.

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L’albero della vitaACCOLTIACCOLTINELLA NOSTRA COMUNITNELLA NOSTRA COMUNITÀÀ

Camellini Matilde BiancaCamellini Matilde BiancaCasiraghi AlessandroCasiraghi AlessandroColombo Stella VittoriaColombo Stella VittoriaDiefenbach ViolaDiefenbach ViolaDossi EleonoraDossi EleonoraNovella Edoardo TommasoNovella Edoardo TommasoValsecchi GiovanniValsecchi GiovanniBonin FabioBonin FabioBonin LucaBonin LucaCattaneo Alessandro MariaCattaneo Alessandro MariaNatale Jacopo TommasoNatale Jacopo TommasoPiva RiccardoPiva RiccardoRovati FedericoRovati FedericoVolpi CamillaVolpi CamillaBurgess Jake RomeoBurgess Jake RomeoCaracciola Elena Maria MicaelaCaracciola Elena Maria MicaelaDel Vecchio AlessiaDel Vecchio AlessiaGiardina CarlottaGiardina Carlotta

Maifrini Smilla MariaMaifrini Smilla MariaMonguzzi VittoriaMonguzzi VittoriaPelliccione DavidePelliccione DavideRossi Leonardo MattiaRossi Leonardo Mattia

HANNO FORMAT sOHANNO FORMAT sOUNA NUOVA FAMIGLIAUNA NUOVA FAMIGLIA

Cermenati Giorgio e ArosioCermenati Giorgio e ArosioFrancescaFrancescaRacioppo Luca e Brioschi RaffaellaRacioppo Luca e Brioschi RaffaellaBartolameotti Marcello e CarcanoBartolameotti Marcello e CarcanoMichela ClaudiaMichela Claudia

RITORNATI ALLA CASA DEL PADRERITORNATI ALLA CASA DEL PADRE

Orsenigo AngeloOrsenigo AngeloFiorenzo MagniFiorenzo MagniBeretta LidiaBeretta LidiaSala LinaSala LinaMerzi ErminiaMerzi ErminiaDi Leo GiuseppeDi Leo Giuseppe

1-3 APRILE 20131-3 APRILE 2013Pellegrinaggio a Roma per ringraziare Benedetto XVIPellegrinaggio a Roma per ringraziare Benedetto XVI

In occasione dell’Anno della fede la Chiesa di Milano si recherà a Roma, in pellegrinaggio, «per pregaree confessare la fede sulla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo e per ringraziare il Papa dellasua visita Pastorale a Milano». (card. Angelo Scola).

Programma:1 lunedì - In tarda mattinata ritrovo e partenza in pullman per Roma. Sosta inuna località significativa per S. Messa e pranzo. Ripresa del viaggio per Roma edarrivo in serata. Sistemazione in hotel: cena e pernottamento.2 martedì - Colazione e trasferimento in San Pietro. Ore 10: S. Messa presie-duta dal card. Angelo Scola nella Basilica di S. Pietro per i soli pellegrini ambro-siani. Pranzo. Nel pomeriggio visita guidata, da accordare in gruppo, in alcuniluoghi romani della capitale Cena e pernottamento in hotel.3 mercoledì Colazione e trasferimento in San Pietro per l’udienza con il SantoPadre (ore 10.30). Pranzo in ristorante e, nel pomeriggio, viaggio di rientro aMilano e arrivo in serata.

Quota di partecipazione: euro 300 circa.Riduzioni per famiglie con figli, secondo diverse fasce d’età.Per informazioni ed iscrizioni chiedere in parrocchia: 039 389420info@duomomonza. it

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Autorizzazione del Tribunale di Monza3 settembre 1948 - N. 1547 del Reg.

Direttore responsabile: MICHELE BRAMBILLAEdito da Parrocchia San Giovanni Battista - Monza

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IL DIRITTO FISSO DOVUTO

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