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IL DISEGNO dell’architettura e della città DANIELE COLISTRA scritti di Daniela Barbaro

Il Disegno dell'Architettura

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Manuale di disegno tecnico. Utili accorgimenti per disegnare in scala.

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  • IL DISEGNOdellarchitettura e della citt

    DANIELE COLISTRA

    scritti di Daniela Barbaro

  • Il quaderno raccoglie alcuni appunti delle lezioni tenute nei Corsi di Disegno presso la Facolt di Architettura di ReggioCalabria.Volevo realizzare uno strumento sintetico, pensato per gli studenti che frequentano le lezioni e poi, a casa, hanno bisognodi una traccia per riflettere sugli argomenti principali. Un quaderno didattico, dai fini strettamente pratici.Non potevo ridurre in poche pagine i contenuti dei corsi. Ho preferito trattare gli argomenti in modo didascalico, lasciandoalle indicazioni bibliografiche il compito di suggerire possibili approfondimenti.Ho inserito quasi esclusivamente disegni realizzati da me o da persone che lavorano allinterno del gruppo di cui faccioparte. Utilizzando i lavori dei grandi disegnatori avrei avuto a disposizione esempi sicuramente pi autorevoli, ma mi sem-brava scorretto parlare di disegno e mostrare i disegni degli altri.Per questo motivo, fin dalla prima bozza di stampa mi sembrato di ricostruire il diario di bordo degli anni trascorsi allinter-no della Facolt. In queste pagine rivedo innanzitutto Marinella Arena, compagna fin dai primi studi. Poi MassimoGiovannini, col quale lavoro da sempre. Poi Paola Raffa e Domenico Spataro. Penso sempre a tutti loro con grande affetto.

    Progetto grafico e impaginazione: Daniele Colistra

    Daniela Barbaro ha scritto il testo e ha curato le immagini dei capitoli Il colore e Il disegno digitale.Daniela Sidari ha realizzato le illustrazioni delle pagine 56-65; Simona Tomasello quelle delle pagine 66-70 e 72. Senza illoro prezioso lavoro, il quaderno non sarebbe stato realizzato.Tutte le altre immagini, se non diversamente indicato nella didascalia, sono tratte da miei disegni.

  • Il cieco ha trovato la mia mano, quella con la penna. Ha chiuso la sua mano sulla mia. Coraggio,fratello, disegna, ha detto. Disegna. Vedrai. Io ti vengo dietro. Andr tutto bene. Comincia subito a

    fare come ti dico. Vedrai. Disegna, ha detto il cieco.E cos ho cominciato. Prima ho disegnato una specie di scatola che pareva una casa. Poteva ancheessere la casa in cui abitavo. Poi ci ho messo sopra un tetto. Alle due estremit del tetto, ho dise-

    gnato delle guglie. Roba da matti.Ci ho messo dentro finestre con gli archi. Ho disegnato archi rampanti. Grandi portali. Non riuscivoa smettere. Ho posato la penna e ho aperto e chiuso le dita. Il cieco continuava a tastare la carta.La sfiorava con la punta delle dita, passando sopra a tutto quello che avevo disegnato, e annuiva.

    Vai forte, ha detto infine.Ho ripreso la penna e lui ha ritrovato la mia mano. Ho continuato ad aggiungere particolari. Non

    sono certo un artista. Ma ho continuato a disegnare lo stesso.E adesso chiudi gli occhi, ha detto.

    Lho fatto. Li ho chiusi proprio come mha detto lui.Li hai chiusi?, ha chiesto. non imbrogliare.

    Li ho chiusi, ho risposto io.Tienili cos, ha detto. Poi ha aggiunto: Adesso non fermarti. Continua a disegnare.

    E cos abbiamo continuato. Le sue dita guidavano le mie mentre la mano passava su tutta la carta.Era una sensazione che non avevo mai provato prima in vita mia.

    Poi lui ha detto: Mi sa che ci siamo. Mi sa che ce lhai fatta, ha detto. Da un po unocchiata. Chete ne pare?

    Ma io ho continuato a tenere gli occhi chiusi. Volevo tenerli chiusi ancora un po. Mi pareva unacosa che dovevo fare.

    Allora?, ha chiesto. La stai guardando?.Tenevo gli occhi ancora chiusi. Ero a casa mia. Lo sapevo. Ma avevo come la sensazione di non

    stare dentro a niente. proprio fantastica, ho detto.

    Raymond Carver

  • GLI STRUMENTI E I SEGNI

    i ferri del mestierei segni del disegnareil disegno a mano liberail coloreil disegno digitalela scala di rappresentazione

    LE FORME DELLA RAPPRESENTAZIONE

    la pianta e la planimetriala sezioneil prospettola prospettivalassonometriail disegno per la comunicazioneil modello analogico tridimensionale

    repertorio iconografico

    per approfondire

    ind ice

    pag. 5 8 12 17 21 25

    28 33 37 41 45 50 53

    56

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    Locchio e la manoSi disegna con gli occhi, tramite le mani. Gli occhi osser-vano, misurano, giudicano. Le mani tracciano segni, dannoforma ai pensieri.Senza occhi e senza mani non si pu disegnare. InCattedrale, lo splendido racconto di Raymond Carver, uncieco diventa la guida di un vedente e gli insegna a dise-gnare con gli occhi chiusi. Tutta la narrazione si basa sulparossismo di questa azione surreale1.Il disegno senza luso delle mani, invece, tipico dellesi-bizionismo, del virtuosismo sterile o, addirittura, invade ilcampo della teratologia. In Elogio della mano, HenriFocillon scrive: Grazie ad esse [le mani] luomo prendecontatto con la dura consistenza del pensiero, arrivando aforzarne il blocco. [] La mano azione: afferra, crea, avolte si direbbe che pensi. [] Larte si fa con le mani. Essesono lo strumento della creazione, ma prima di tutto lor-gano della conoscenza2.Eppure gli occhi e le mani non sono che estensioni dellamente; la mente a governarne le azioni, a giudicarne irisultati. Gli occhi e le mani sono i primi, raffinati strumentidel disegnatore, e un buon disegno ne presuppone lusocorretto e il continuo esercizio.Esercitare gli occhi a stimare distanze e dimensioni, a con-frontare colori e toni, a regolare i rapporti di scala fra ciche sta di fronte a noi e ci che stiamo disegnando; adimensionare ci che ancora non esiste nella realt mache sta per prendere forma sulla carta.Esercitare le mani a tutti gli esercizi di scrittura, a trattene-re il foglio e a reggere il taccuino, a plasmare i volumi ridu-cendoli a sole due dimensioni; a prefigurare, attraverso ungesto o una tensione, il segno che ci si appresta a traccia-re. Questa la ginnastica quotidiana, consapevole e incon-sapevole, di chi disegna.

    Cominciare a disegnare: il corredo minimo inutile e noiosissimo descrivere in modo sistematico tuttigli strumenti utili per disegnare. Probabilmente ancheimpossibile. Gli strumenti sono infiniti. Teoricamente, possibile disegnare con qualunque oggetto lasci una trac-cia su un qualsiasi supporto. La quantit dei prodotti oggiin commercio tende a scoraggiare quelle sperimentazioniche, un tempo, caratterizzavano le scuole e lo stile perso-nale di ciascun disegnatore. Luso diffuso del personalcomputer ha moltiplicato ulteriormente, anche se in modovirtuale, il numero degli strumenti stessi e, contempora-neamente, ne ha reso inutili molti altri.Fra disegno e strumenti per il disegno esiste un rapportocomplesso; luso di strumenti raffinati non determina auto-maticamente la qualit del prodotto che con essi viene rea-lizzato. Francesco Venezia ha scritto: La grossolanit,oggi, di tanti edifici (tra questi, quelli che si dichiarano hightech) deriva dallimpoverimento della strumentazione delcostruire rispetto agli eccessi della strumentazione deldisegno. A fronte dei 150 strumenti che si ritenevanonecessari per la lavorazione delle pietre di un edificio,erano sufficienti tre quattro strumenti rudimentali al traccia-mento del progetto3.Per uno studente del primo anno, soprattutto se con pocaesperienza, pu essere difficile orientarsi di fronte alla scel-ta degli strumenti minimi con cui iniziare a disegnare. Perquesto ho raccolto alcune indicazioni che, spero, potrannoaiutare a effettuare le prime scelte.

    Il piano di lavoroIl piano di lavoro deve essere ampio (almeno cm 120x80),ben illuminato (da sinistra o, se siete mancini, da destra),di colore chiaro, di materiale duro (ma non di vetro, perchle matite e le punte del compasso tendono a scivolare).Lideale il compensato liscio o il laminato plastico bianco

    liscio (si pulisce con acqua e detersivo in polvere), oppureil truciolato rivestito di un foglio di plastica adesiva (que-stultima la soluzione pi economica). Pu essere sorret-to da semplici cavalletti, ma conviene prevedere un dispo-sitivo che lo renda inclinabile, soprattutto se disegneretemolto a mano o lo userete anche per studiare.I disegni si fissano sul piano di lavoro col nastro adesivo dicarta (noto come nastro per carrozzieri). Gli altri tipi dinastro adesivo incollano male, o troppo bene (rovinando idisegni e il tavolo stesso). Le puntine sono scomodissime:non si infiggono sulle superfici dure, rovinano quelle mor-bide e scheggiano le squadrette.La luce deve essere ben diretta e concentrata: convieneusare una lampadina a incandescenza, azzurrata, da 60W. Potenze maggiori surriscaldano il piano di lavoro, defor-mano i disegni e abbagliano gli occhi.

    Tipi di cartaDa oltre sette secoli, in Occidente la carta il supporto piusato per disegnare. Molto schematicamente, possiamoeffettuare una distinzione iniziale tra carta opaca e cartatrasparente.La carta opaca varia per colore, grana (o rugosit) e gram-matura (che si esprime sempre in g/mq).Fra i tipi di carta opaca, quelli pi usati sono:- i cartoncini bianchi (lisci per il disegno a china e per ildisegno tecnico in generale, ruvidi per il disegno a manolibera). Molti tipi di cartoncino hanno facce di grana diffe-rente. La grana influisce molto sulla qualit del segno. Lecarte a grana grossa sono pi adatte a ricevere i tratti distrumenti dalla punta morbida e larga (pennelli, carbonci-no, gessetti, ecc.). Le carte a grana fine, in genere, sonopi versatili. Sono particolarmente adatte ai disegni di pre-cisione;- la carta bianca leggera, ideale per le versioni preliminaridei disegni. Normalmente viene venduta in rotoli lunghi 20m e alti 110 cm, con diverse grammature e tipi di grana.Alcuni disegnatori preferiscono usare la carta bianca daimballaggio (caratterizzata da una faccia liscia e una piruvida). Sulla carta marrone, sempre da imballaggio, siottengono effetti interessanti con linchiostro di china, usatocoi pennelli.La carta trasparente (o da lucido) ideale per ripassare achina le versioni definitive dei disegni. Esiste in diversi for-mati (normalmente si tratta di rotoli lunghi 20 m e alti da 33a 110 cm) e con diverse grammature (le pi diffuse vannoda 50/55 g/mq a 110/115 g/mq). Le grammature leggere siusano per i disegni preliminari; quelle pi pesanti consen-tono maggiori interventi di correzione e, quindi, sono parti-colarmente adatte alla stesura dei disegni finali. Anche lacarta da lucido ha quasi sempre una faccia a grana pi finee unaltra a grana pi porosa. Generalmente convienedisegnare a china sulla faccia a grana pi fine. In ognicaso, bene fare delle prove preliminari; anche a parit digrammatura, le varie marche di carta hanno caratteristichediverse.Alla categoria delle carte da lucido appartengono anche ifogli di poliestere, indeformabili, resistenti agli strappi e allostropicciamento, in grado di sopportare ripetute correzioni;lavorando col poliestere molto facile cancellare gli errori.Sono piuttosto costosi e richiedono pennini e chine parti-colari. Il poliestere stato molto usato fino a una decina dianni fa per archiviare documenti di una certa importanza odi frequente consultazione; la diffusione dei sistemi infor-matici di stampa e archiviazione lo ha reso antieconomicoe sempre meno utilizzato.Anche la carta per il plotter pu essere considerata unacarta da disegno. Esiste quella lucida e quella opaca, condiverse grane e grammature. Di solito la qualit di stampa,specie se a colori, aumenta con laumentare della gram-

    i fe r r i de l mest iere

  • 6glistrumentieisegni matura (oltre che con la finezza della grana). Alcuni tipi di

    carta consentono stampe ad altissima risoluzione (le cosid-dette carte fotografiche: possono essere lucide o sati-nate). Naturalmente esistono ancora tantissimi altri tipi dicarta e, in generale, di supporti per il disegno (per acque-relli, pastelli, carboncini, ecc.), ma impossibile descriver-li tutti in queste brevi note.Corredo minimo per iniziare: un rotolo di carta da lucido digrammatura 110/115 (lunghezza 20 m, altezza 1,10 m); unrotolo di carta da lucido di grammatura 50/55 (per le ver-sioni preliminari dei disegni); cartoncini bianchi lisci.

    Matite e portamineLo strumento pi versatile per disegnare la matita, vera epropria estensione del corpo di un disegnatore. Esistonomatite in grafite rivestita di legno; portamine per punte ingrafite con diametro di mm 2; portamine per punte in grafi-te con diametro variabile da mm 0,5 a mm 0,9 (le cosid-dette micromine).Le matite in legno sono molto maneggevoli ma devonoessere continuamente temperate con un taglierino o conun temperamatite. Sono molto comode per il disegno dalvero e gli schizzi di rilievo.Le portamine con punte di mm 2 sono le pi indicate perogni tipo di disegno. Il modo migliore per temperare lapunta col temperamine a campana (o con la carta vetra-ta, che per non raccoglie la grafite e, quindi, sporca).Le micromine non devono essere temperate e per questosi rivelano comode per gli schizzi rapidi, gli appunti di rilie-vo e in tutte le circostanze in cui si debba ridurre al minimolequipaggiamento; non vanno bene per i disegni di preci-sione e, in generale, per i disegni a riga e squadra, in quan-to non si pu temperare la punta e quindi il loro tratto impreciso.Esistono poi molti altri tipi di matita (a carboncino, a ges-setto, sanguigna, acquerellabili) che possono essere usatiper ottenere effetti particolari, oltre ai pennarelli e ai pastel-li a cera (o in materiale sintetico).Fino a pochi anni fa si usavano molto le mine di colore blu;le tracce di queste matite non si riproducono con le elioco-pie e, quindi, venivano usate per tracciare i disegni di basesui quali si realizzava direttamente il ridisegno a china. Ingenerale, scorretto ripassare con la china su un foglio gidisegnato a matita, in quanto il tratto non risulta mai per-fettamente pulito. Conviene sempre disegnare a matita suun foglio e poi usarne un altro per il disegno a china.La durezza una caratteristica fondamentale di una mina.Esistono mine dure, con unalta percentuale di argilla,(dalla 9H alla 3H), mine medie (2H, H, F, HB) e mine mor-bide, con unalta percentuale di grafite (dalla B alla 6B).Naturalmente la scelta della mina deriva dal tipo di disegnoche si deve eseguire, dalla mano del disegnatore (unamano pesante normalmente richiede mine pi durerispetto a una mano leggera) e dalle caratteristiche delsupporto (il disegno su cartoncino impone luso di mine pimorbide rispetto al disegno su carta lucida).Corredo minimo per iniziare: un portamine per punte di mm2; temperamatite a campana; mine di durezza 4H (per idisegni esecutivi e di precisione), HB (per gli schizzi di rilie-vo e i disegni a mano libera in cui richiesta una certa pre-cisione), 4B (per gli scarabocchi e i disegni dinvenzione).

    Penne a chinaEsistono diversi tipi di penne a china. Tralasciando i tirali-nee (ancora presenti in alcuni astucci di compasso) e i gra-phos (le cui caratteristiche di precisione e pulizia del segnosono ancora evocate da alcuni puristi del disegno), lo stru-mento pi versatile e efficiente per disegnare a china ilrapidograph. Esistono diverse marche di rapidograph (condiversi prezzi e corrispondenti prestazioni) e diversi spes-sori di punte (da 0,1 a 2,0 mm). Naturalmente, lo spessoreeffettivo del segno dipender anche dal tipo di carta, dallamano del disegnatore, dalla velocit di esecuzione dellalinea, oltre che dalla marca del pennino e della china usati.

    Chi disegna molto a china dovrebbe avere a disposizionetutti i pennini con spessore fra 0,1 e 0,8 mm. Ovviamente,quando si disegna bisogna tenere il pennino ortogonale alfoglio e muovere la mano sempre alla stessa velocit; lavariazione di questi due parametri modifica lo spessoredelle linee.Vanno assolutamente evitati, per i disegni di precisione, ipennarelli, le punte a sfera, le penne a inchiostro gel, ecc.,in quanto sono imprecisi, difficilmente riproducibili e daicolori poco stabili. Naturalmente, questi tipi di penna pos-sono essere usati per altri tipi di disegno. Per gli schizzi achina sono molto comode le penne stilografiche a puntapiatta; consentono di modificare lo spessore del trattovariando la pressione e linclinazione della mano.Corredo minimo per iniziare: rapidograph con punta 0,2 -0,3 - 0,5.

    Strumenti per controllare il movimento della manoIl movimento della mano pu essere libero (come neicosiddetti disegni a mano libera) o aiutato da uno stru-mento. Per tracciare linee rette, gli strumenti pi usati sonola riga e le squadrette triangolari (la coppia compostada una squadretta con angoli di 45 - 45 - 90 e una conangoli di 30 - 60 - 90). Esistono anche squadrette incer-nierate a un goniometro, per avere una maggiore variet divalori angolari. La riga a T ormai scomparsa a favore delparalleligrafo, strumento comodissimo, preciso ed econo-mico. Consiste in una riga dotata di rotelline (o di guide)alle estremit; attraverso le guide scorrono dei fili, fissati albordo del tavolo, che assicurano lo spostamento parallelodella riga.Le righe e le squadre possono essere di legno, di metalloo di plastica trasparente; questultimo il materiale miglio-re perch consente di vedere tutto il disegno sottostante. Inalcuni casi (per esempio per campiture o ombreggiature)pu essere comodo il tratteggigrafo, che consente di effet-tuare tratteggi a distanze fisse o variabili.Il tecnigrafo uno strumento costituito da due righe, fissa-te in posizione ortogonale ad una squadra, che a sua volta incernierata a un goniometro. Tramite un sistema dicuscinetti (o di molle) si pu spostare il goniometro in tutti ipunti del piano da disegno. Il tecnigrafo si rivela utile quan-do bisogna tracciare molte rette parallele in diverse dire-zioni del piano, ma uno strumento costoso e molto impre-ciso; anche se ben registrato, le squadre tendono adabbassarsi quando si disegna in prossimit dellestremitlibera.Corredo minimo per iniziare: un paralleligrafo in plasticatrasparente; due squadrette trasparenti; una riga di almeno120 cm (per tracciare le squadrature e le rette di fuga delleprospettive).

    Altri strumentiProver a dividerli in indispensabili, utili e inutili, ma unasuddivisione funzionale ai tipi di disegno che si eseguonopi frequentemente nei primi anni della Facolt diArchitettura (non voglio assolutamente limitare la creativitn la sperimentazione!).Strumenti indispensabili:- un compasso con prolunga per tracciare cerchi a granderaggio e un adattatore per il montaggio dei pennini;- una confezione di pastelli colorati (possibilmente acque-rellabili);- una serie di curvilinee in plastica (3 pezzi);- un goniometro;- una cerchiografo per tracciare archi a piccolo raggio(quelli a grande raggio si tracciano col compasso);- una gomma per matita, una per china e una per lucido(questultima serve per sgommare le eventuali tracce dimatita senza cancellare la china sottostante);- una lametta da barba per cancellare completamente letracce di china sulla carta lucida.Strumenti utili:- un curvilinee snodabile;

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    - un balaustrino;- una serie di ellissografi (mascherine in plastica per trac-ciare le ellissi);- una serie di normografi (per il disegno dei caratteri);- un tratteggigrafo.Strumenti sostanzialmente inutili, anche se a divertenti dausare, sono lellissografo a bracci, le mascherine in plasti-ca per disegnare gli arredi e le figure geometriche elemen-tari, il pantografo, i trasferibili a pressione, i retini adesivi.Naturalmente ci sono tutti gli strumenti che non sono tipicidel disegno architettonico ma possono essere utilizzati perottenere effetti particolari (per esempio, laerografo) e, infi-ne, gli innumerevoli strumenti che possono essere costrui-ti con laiuto dellingegno e della fantasia e fanno parte delcorredo personale di ogni disegnatore. Saranno proprioquesti i pi affascinanti da utilizzare. Ad esempio:- schede telefoniche sagomate a mano (per tracciare pro-fili curvi in serie);- bacchette flessibili di legno da modellismo (per tracciarearchi ad ampio raggio);- lacche per capelli (per fissare la grafite);- aghi e fili da cucito (per allineare i punti nelle prospettivedi grandi dimensioni, per tagliare i fogli);- benzina per accendini, tipo Zippo (per ripulire le parti delfoglio su cui si gi disegnato e su cui si vuole continuarea disegnare);- distanziatori in feltro (per sollevare la squadretta dal dise-gno quando si ripassa a china);- cassetto con lampada su cui appoggiare un vetro opaco(per ricalcare i disegni sul cartoncino e su altri supportiopachi);- camera daria di pneumatico collegata a un serbatoio din-chiostro (per ottenere un aerografo rudimentale ma effica-cissimo).Ci sono, infine, le abitudini personali, che dipendono dallapratica e dallo stile personale. Ad esempio, per cancellarele tracce di china sulla carta da lucido, si elimina dolce-mente il tratto sbagliato con una lametta da barba usata dipiatto; poi si passa una gomma molto dura (gomma perpenna o per macchina da scrivere) per restituire alla cartalimpermeabilit originaria. Oppure, dopo aver cancellatocon la lametta, si pu cospargere un po di borotalco e poisgommare il tutto con una gomma trasparente che noncancelli la china (la cosiddetta gomma ghiaccio ogomma per lucido). Molto pi difficile cancellare la chinasul cartoncino; pu essere usato uno dei procedimentiappena descritti, ma bisogna stare molto attenti a non rovi-nare il foglio. Si pu cancellare solo se il disegno statorealizzato sul lato caratterizzato da grana pi fine; in casocontrario, non resta che ricominciare da capo, sperando dinon sbagliare ancora. indispensabile che il lucido su cui si disegna sia sempremolto pulito. Naturalmente bisogna cominciare dallangoloin alto a sinistra, evitando di toccare il foglio con le mani.Le parti del foglio ancora bianche possono essere sgras-sate con un batuffolo intriso dalcol; quelle gi disegnate,come abbiamo detto, con benzina per la ricarica degliaccendini ( molto volatile e non intacca linchiostro;comunque conviene fare prima una prova su un altrofoglio).

    Il personal computerProbabilmente gi lo strumento pi usato per disegnare.In poco pi di dieci anni si passati dai primi esperimentirudimentali a elaborati raffinatissimi. Ormai sono rimasti inpochi a usare gli strumenti tradizionali per i disegni definiti-vi. Luso del disegno a mano limitato agli schizzi prelimi-nari, ad alcuni disegni preparatori o per ottenere effetti par-ticolari.Lo strumento informatico divenuto insostituibile nellamaggior parte dei lavori, anche se alcuni tipi di disegnopossono essere realizzati solo a mano. Molto spesso,per, il cad usato male. Le sue enormi potenzialit, senon sono controllate da una profonda cultura grafica, si

    rivelano controproducenti. Ed impossibile dare suggeri-menti sulle caratteristiche di cui deve essere dotato uncomputer utilizzato per disegnare. Una configurazioneeccellente diviene obsoleta nel giro di pochi mesi. Lenuove versioni dei programmi e dei sistemi operativi richie-dono processori sempre pi potenti e sempre maggioriquantit di memoria. In generale, possiamo dire che:- le antiche differenze fra Mac e Pc nel campo della com-puter graphics non sussistono quasi pi. Di tutti i principaliprogrammi di grafica prodotti per il Mac esiste anche la ver-sione per Pc, quindi potete scegliere indifferentemente unodei due sistemi, ricordando per che i sistemi Ibm compa-tibili sono i pi diffusi;- conviene acquistare un buon computer, rimandando lac-quisto di periferiche non indispensabili (scanner, plotterfotocamera digitale, ecc.). Nella scelta dovete valutareprincipalmente le caratteristiche dei seguenti componenti4:- il processore, che non deve essere necessariamente ilmodello pi veloce ma deve avere un buon rapporto fracapacit di elaborazione e prezzo;- il disco rigido, che deve essere abbastanza capiente (40-60 Gb);- la ram, che fondamentale per la velocit di elaborazio-ne dei dati (almeno 512 Mb);. la scheda video, la cui qualit fondamentale per unavisualizzazione corretta delle immagini;- il monitor, per il quale non conviene risparmiare. Deveavere una dimensione di almeno 19 pollici (18 pollici se acristalli liquidi) e raggiungere una frequenza di refresh dialmeno 75 Hz alla risoluzione di lavoro.Per quanto riguarda i software, conviene sempre usareprogrammi standard, cio quelli maggiormente diffusi nelletipografie, nei centri di plottaggio e negli studi dei vostri col-leghi. I software indispensabili sono:- un programma di videoscrittura (come Microsoft Word);- un programma di disegno vettoriale per larchitettura(come Autocad o Archicad);- un programma di ritocco delle immagini raster (comeAdobe Photoshop o Corel Photopaint).In una fase successiva potrete passare a un programma digrafica vettoriale e impaginazione (come Adobe Illustrator,Freehand, Corel Draw). Successivamente deciderete serimanere semplici utilizzatori dei programmi di base, oppu-re se approfondire la conoscenza di programmi pi com-plessi, come 3D Studio Max (per la modellazione) o Flash(per le animazioni).Naturalmente esistono tanti altri programmi ormai indi-spensabili per il nostro mestiere: quelli per gestire i fogli dicalcolo (come Excel o, per i computi metrici, Primus Win),i data base (come Access), le immagini (Acd see), i docu-menti destinati alla stampa tipografica (Quark Xpress) e,naturalmente, tutte le applicazioni che possibile associa-re ai programmi fondamentali di disegno.

    Note1 Raymond Carver, Cattedrale, Mondadori, Milano, 1984 (I ed: 1983).2 Henri Focillon, Vita delle forme seguito da Elogio della mano,Einaudi, Torino, 1990 (I ed. Parigi, 1943), pp 105, 106, 114.

    3 Francesco Venezia, La trama dei giunti e la qualit delle malte, inCasabella n. 706-707, dicembre 2002-gennaio 2003.

    4 Ricordiamo che questo testo stato scritto nel febbraio 2003; frapochi mesi, le caratteristiche suggerite saranno ormai inadeguate.

  • 8Con i numerosi strumenti a sua disposizione, il disegnato-re pu tracciare solo tre tipi di segni: punti, linee, campitu-re. Utilizzando una matita e un foglio, oppure un program-ma di modellazione solida, le idee saranno sempre visua-lizzate tramite questi elementi semplici.La semplicit concettuale di punti, linee e campiture soloapparente. I modi in cui questi segni possono essere rea-lizzati sono infiniti e dipendono non solo dalle caratteristi-che degli elementi stessi (spessore, dimensioni, colore,intensit, ecc.) ma anche dalla variet degli accostamentie delle relazioni reciproche.In un celebre saggio1, Wassily Kandinsky analizza le pro-priet degli elementi grafici fondamentali partendo dalleloro caratteristiche geometriche e descrivendo i modi in cuisono in grado di generare le forme. Introduciamo quindi lenozioni di punto, linea e campitura.

    Il puntoPer definizione, il punto un ente geometrico privo didimensioni. Nella pratica del disegno, perch un punto siavisibile, deve avere una certa consistenza e, quindi, puessere definito come una figura circolare dal diametromolto piccolo rispetto alle dimensioni dello sfondo su cuiviene tracciato (figg. 1, 2). Il punto il risultato del primoscontro tra lo strumento e la superficie materiale, la super-ficie di fondo. [] Attraverso questo primo scontro vienefecondata la superficie di fondo, scrive Kandinsky2. Ma aldi l di questo gesto evocativo, un singolo punto dice poco.La presenza di un secondo punto accanto al primo gi indi-ca una direzione, la presenza di un equilibrio o uno squili-brio, una tensione (fig. 3).Disponendo un certo numero di punti in alcune posizionichiave possibile definire forme geometriche elementari(fig. 4) o pi complesse. Allo stesso modo, una serie dipunti pu individuare una linea, retta o curva; una linea chenon esiste graficamente, ma che viene percepita graziealla disposizione dei punti stessi. Kandinsky osserva chequando i punti vengono disposti in modo da dare lillusionedi una linea si in presenza di un uso ingiustificato delpunto, il quale [] viene condannato a una miserevolepseudovita3. Coi punti, per, possiamo anche dare lideadella superficie, effettuare differenze tonali, simulare lagrana dei materiali, accentuare le ombre, distinguere i pianiche costituiscono un oggetto (fig. 5). Ma c un altro modoin cui dal punto si pu generare la linea. Un modo che non tanto legato alla percezione, quanto alla creazione di unanuova entit grafica. Deriva da una forza che si getta sulpunto che fa presa sulla superficie, lo strappa via e lo spo-sta sulla superficie stessa, in una direzione qualsiasi. Inquesto modo la tensione concentrica del punto viene subi-to distrutta, il punto stesso perde la vita e d origine a unanuova entit, che vive una vita nuova, autonoma, e obbe-disce, quindi, a leggi proprie. Questa la linea4.

    i segni del d isegnare

    1 - Le dimensioni del segno nonprevalgono rispetto allo sfondo. Lafigura percepita come punto, enteprivo di dimensioni e forma.

    2 - Le dimensioni del segno preval-gono rispetto allo sfondo. La figura percepita come cerchio.

    3 - Due punti individuano una dire-zione, una tensione.

    4 - Le figure possono essere visua-lizzate mediante alcuni punti fonda-mentali (vertici); il nostro occhiotende sempre a percepire le formepi semplici. Nel terzo esempio,otto punti disposti su una circonfe-renza rimandano allidea del cer-chio piuttosto che a quella dellotta-gono inscritto.

    5 - Disegno costituito esclusiva-mente da punti (2000).Da una foto di villa Saracena,(Luigi Moretti, Santa Marinella,1954).

    glistrumentieisegni

  • 9isegnideldisegnare

    7 - Per convenzione, una linea con-tinua indica un contorno o linterse-zione di due superfici; una lineatratteggiata indica un elementovisto in trasparenza.

    6 - Disegno (1993) da una da fotodei Magazzini Schocken (ErichMendelsohn, Chemnitz, 1928).

    8 - Una linea chiusa, a differenza diuna linea aperta, definisce una figu-ra rispetto a uno sfondo.La manipolazione (a destra) di undisegno realizzato da AmdeOzenfant nel 1925 annulla la perce-zione di alcuni oggetti visibili nellacomposizione originaria.

    9 - Per realizzare un disegno al trat-to si pu usare ununica linea, o unsolo tipo di linea, o pi tipi di linee.Ridisegni (1993) della casetta perriunioni del quartiere Spaarndam-merbuurt (Michel de Klerk,Amsterdam, 1917-1921).

    10 - Massimo Giovannini, RunningCola is Africa, 1970.

    re, alternarsi con tratti pi o meno lunghi di diverso spes-sore, colore, intensit; pu alternarsi con punti, in un reper-torio infinito di combinazioni. Si pu realizzare un disegnousando solo una linea, o un solo tipo di linea, o pi tipi dilinee (fig. 9); oppure si pu usare un tratteggio diversifi-cando lintensit, lo spessore e la distanza fra le linee,variando la gamma delle tonalit. Come una serie di puntiopportunamente disposti suggerisce lidea di linea, cosuna serie di linee affiancate consente di immaginare unasuperficie. Ma, soprattutto, la linea un ente dinamico:contiene in s la nozione di movimento, di evoluzione, dimobilit, di continua trasformazione degli oggetti e deisignificati che ad essi possibile attribuire (fig. 10).

    La lineaLe linee sono per larchitetto come i colori del pittore e leimmagini per lo scultore. Il suo mestiere si posa su unalinea retta o frastagliata: una pratica materiale lunga ecostante che si chiarisce al punto da diventare puro con-torno o sottile sagoma: un pensiero fine e immateriale chesi fa a poco a poco materia e pietra, scoprendo uno stile.5La linea il segno con cui prevalentemente si realizza undisegno. Si pu definire come linsieme delle posizioni con-tigue di un punto in movimento. La linea caratterizzata dauna direzione, da una forza dinamica. lespressione dellimite, in quanto interruzione del continuo o divisione del-lestensione illimitata; si caratterizza per la sua intensit,per il suo spessore (anche se ne teoricamente priva).In un disegno, una linea indica lintersezione di due super-fici (come nel caso della proiezione di un prisma), o di uncontorno (come nella proiezione di un cilindro). Per con-venzione, gli spigoli e i contorni visibili sono rappresentatimediante linee continue, mentre gli spigoli e i contorni nonvisibili sono rappresentati con linee tratteggiate (fig. 7).Le linee possono essere aperte o chiuse. Quando unalinea si chiude, quasi sempre definisce in modo inequivo-cabile una figura rispetto a uno sfondo (fig. 8). Una lineapu avere differenti direzioni, spessori, colori, intensit,tonalit; pu essere retta, spezzata, curva, mista; puessere associata ad altre linee, interrompersi e ricomincia-

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    glistrumentieisegni

    11 - Visualizzazione di superfici uni-formi tramite linee, punti, toni di gri-gio, tratteggi, campiture.

    12 - Ridisegno del Dipinto I (Piet Mondrian, 1931).Laccostamento di campiture differenti determina la percezione di linee, inte-se come limite fra oggetti distinti.

    13 - Alcuni esempi di textures.Carta stropicciata; campitura a car-boncino su carta liscia, su cartastropicciata e frottage su cartavetrata.

    La campituraIl terzo tipo di segno che un disegnatore pu tracciare costituito da un trattamento uniforme della superficie delfoglio, cio una campitura. Si tratta del modo pi sempliceper visualizzare una superficie.Geometricamente, la superficie un ente geometrico cheha una dimensione pari a zero e, quindi, priva di spesso-re. Questa definizione non comporta nessuna forzatura,dal punto di vista grafico. Al contrario, per visualizzare unalinea o un punto bisogna attribuire ad essi qualit che con-trastano con la loro stessa definizione teorica.Possiamo visualizzare una superficie su un foglio biancocon una campitura pi o meno uniforme di nero, di grigio odi colore; oppure, come gi detto, possiamo utilizzare unaserie di punti (pensiamo alla pittura divisionista o alle reti-nature tipiche della stampa tipografica), di linee o, pi sem-plicemente, gli spigoli che coincidono col suo limite ester-no (fig. 11).Una delle principali astrazioni del disegno consiste nel rap-presentare solo i piani che coincidono con la superficieesterna degli oggetti e, quindi, nel ridurre la loro comples-sit a un unico attributo fondamentale: il limite che li sepa-ra dagli altri corpi e dallo spazio in cui sono immersi. unastrazione che si riallaccia alla concezione aristotelicadi uno spazio inteso come il luogo occupato dai corpi ecoincidente con il loro limite adiacente. Anche la superficie,come la linea, espressione del limite, in quanto definisceunentit spaziale distinta dalle altre o, comunque, distintadallosservatore. Quindi laccostamento di due campituredifferenti determina una visualizzazione che genera auto-maticamente il concetto di linea, anche se questultima non stata effettivamente tracciata (fig.12).Direttamente connessa alla nozione di superficie quelladi texture; il termine deriva dagli intrecci fra trama e orditoche caratterizzano i tessuti. Consiste nella rappresentazio-ne della superficie di un materiale ed ottenuta mediantela sovrapposizione di una serie di segni. Alcuni autori defi-niscono textures tattili le superfici caratterizzate da incisio-ni o rilievi regolari (come quelle della manopola di unmanubrio o dellimpugnatura di un cacciavite).La texture si fonda sempre su un determinato pattern, ciosulla ripetizione regolare di uno o pi segni (punti, linee ocampiture uniformi).La riproduzione di una texture mette in evidenza le carat-teristiche tattili che caratterizzano qualsiasi superficie eche dipendono dal tipo di materiale (grana, colore, ecc.),dal modo in cui esso viene disposto in opera ma, visiva-mente, anche dal modo in cui reagisce nei confronti dellaluce (fig. 13).Bruno Munari distingue le textures in organiche (cio costi-tuite da minutissime particelle informi, come la superficiedel granito o della buccia di unarancia) e geometriche(costituite da minutissime forme geometriche o reticoli)6.Il tratteggio incrociato un modo molto usato per rendere

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    isegnideldisegnare

    graficamente le caratteristiche dei materiali, ma comeabbiamo visto anche coi puntini si possono realizzare effet-ti dombreggiatura molto efficaci. Con la sovrapposizione didue o pi textures (uguali o diverse) si ottengono effettigrafici particolari, detti moir (marezzature), che a volte sicaratterizzano per landamento sinuoso (fig. 14).

    Note1 Wassily Kandinsky, Punto, linea, superficie, Adelphi, Milano, 1968 (Ied. Monaco, 1926). Sugli stessi temi, si veda anche Paul Klee, Teoriadella forma e della figurazione, Feltrinelli, Milano, 1959 (I ed. Basilea,1956); Maurits Cornelis Escher, Esplorando linfinito, Garzanti,Milano, 1991 (I ed. Amsterdam, 1986).

    2 Wassily Kandinsky, op. cit., p. 22.3 Ivi, pp. 53-54.4 Ibidem.5 Manlio Brusatin, Storia delle linee, Einaudi, Torino, 1993.6 Bruno Munari, in Corrado Gavinelli (a cura di), Textures, Zanichelli,Bologna, 1976, p. 3. Lo stesso concetto era gi stato espresso inBruno Munari, Design e comunicazione visiva, Laterza, Bari, 1993 (Ied. 1968), p. 106. 14 - Lesempio pi semplice di moir: due textures di linee sovrapposte.

    16 - Architettura occupata!, 1989.

    15 - Paola Raffa, La sezione teori-ca dello Stretto di Messina, 2001Disegno basato sulla sovrapposi-zione di textures.

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    glistrumentieisegni i l d isegno a mano l ibera

    Il disegno a mano libera il tipo di disegno pi semplice eimmediato. Lo solo apparentemente; anche uno schizzoeseguito rapidamente rappresenta un vero e proprio pro-getto, in quanto tende a mostrare, a noi stessi e agli altri,la sintesi dei nostri pensieri.Si pu definire a mano libera qualunque disegno realizza-to senza luso di strumenti che guidino la traiettoria dellamano mentre traccia il segno. Dal punto di vista concettua-le, per, i disegni a mano libera possono appartenere acategorie molto diverse fra loro. Si pu disegnare a manolibera per visualizzare unidea progettuale (fig. 17), persciogliere la mano, combattere la noia o ingannare unatte-sa (fig. 18), per ricordare ci che si visto durante un viag-gio (fig. 19), oppure per spiegare ai costruttori i modi in cuirealizzare un edificio (figg. 20, 21).

    17 - Progetto per una biblioteca,1987.Schizzi di studio.

    19 - La moschea e labitato diGuermessa, Tunisia sud-orientale,2002.

    18 - Aspettando le tracce degliesami di Stato, 2002.Disegni per ingannare unattesa...

    21 - Progetto per una fontana aVibo Marina, 1992.La fontana era costituita da elemen-ti prefabbricati e elementi da realiz-zare in opera.

    20 - Mario Ridolfi, Disegno di unafinestra per Casa Lina a Terni, 1966Come osserva Francesco Cellini, idisegni di Ridolfi non sono esecutivima sono sostanzialmente autore-ferenziali, privati, destinati agli auto-ri e, tuttal pi (come modelli didatti-ci ed esemplari), al mondo degliarchitetti; agli esecutori, una voltaeseguiti i disegni, tutte le informa-zioni venivano trasmesse altrimenti,con disegni semplificati, con minutedi persona, a voce, a gesti.

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    ildisegnoamanolibera

    Schizzo e schemaUna prima distinzione fra i disegni a mano libera quellafra schizzo e schema.Lo schizzo un disegno autografo, cio destinato unica-mente alla persona che lo ha realizzato. una riflessioneintima, personale. Non corre il rischio di essere mal inter-pretato, non necessita di regole e, quindi, pu utilizzarecodici grafici non codificati (fig. 22).Lo schema, invece, un disegno allografo, rivolto a perso-ne diverse dallautore (collaboratori, tecnici, amministrato-ri, studenti, insegnanti, amici, passanti, ecc.). Serve acomunicare unidea in modo conciso, icastico. Per questomotivo si basa su segni schematici, dal forte significatosimbolico, in grado di essere facilmente compresi (figg. 23,24).Anche se qualsiasi tentativo di classificazione pu appari-re riduttivo, dal punto di vista didattico utile individuaredei criteri di lettura che risalgano alle ragioni per cui undisegno viene realizzato. Quando disegnamo, ci deveessere sempre un motivo che ci spinga a farlo; il piacere didisegnare, la necessit di comuncare attraverso i segni,devono essere sempre caratterizzati da un tema in gradodi indirizzare le scelte della mente e i gesti della mano.Nelle pagine che seguono prover a effettuare una suddi-visione dei disegni a mano libera basandomi proprio sultematismo della rappresentazione, cio sui motivi che cispingono a realizzare un certo tipo di disegno piuttosto cheun altro.

    22 - Studio per la casa dello stu-dente di Reggio Calabria, 1988.Gli schizzi di studio sono autografi,destinati esclusivamente a se stes-si e quindi possono basarsi sucodici grafici non convenzionali.

    23 - Ludovico Quaroni et Al.,Progetto per un quartiere CEP alleBarene di San Giuliano (Venezia),1959.Pi che uno schizzo di studio, ildisegno appare come uno schema,unimmagine-manifesto destinata aillustrare, con pochi tratti essenzia-li, i principali elementi di qualit delprogetto.

    24 - Amsterdam: tradizione emodernit, 1993. il menab in scala 1:5 di unatavola da sottoporre al Collegio deidocenti di un Dottorato di ricerca.Si pu considerare uno schema amano libera che mi ha aiutato aspiegare i temi della ricerca chestavo per intraprendere.

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    glistrumentieisegni Disegni a mano libera dal vero

    Sono realizzati in presenza delloggetto raffigurato e ser-vono a fissare sul foglio alcune qualit: geometria, dimen-sioni, volume, materiali, colori, tecnologie costruttive, ecc.Le caratteristiche di un disegno dal vero, quindi, varianonotevolmente a seconda del tema della rappresentazione(fig. 25).

    Disegni a mano libera per il rilievoAnche questo tipo di disegno realizzato in presenza del-loggetto raffigurato. Serve come base sulla quale apporrei valori metrici desunti durante le fasi di misurazione. Sitratta quasi sempre di disegni schematici, a fil di ferro esenza ombreggiature. I disegni per il rilievo devono esserechiari e in grado di accogliere la trascrizione delle misure.Non importante rispettare le proporzioni degli oggetti raf-figurati (anche se ci, naturalmente, sempre auspicabi-le): sar la misura riportata che, in fase di restituzione, for-nir i valori metrici corretti (figg. 26, 27).

    Disegni a mano libera di progettoServono a verificare le ipotesi elaborate durante lo svilup-po di un tema progettuale. Sono il tipo di disegno che rea-lizziamo pi spesso, il modo espressivo pi tipico delnostro mestiere. Possono essere alle scale pi varie e rea-lizzati con differenti tecniche e condizioni proiettive (fig.28). Il tipo di proiezione scelta molto importante e condi-zioner lesito dellintero lavoro. Quando pensiamo (e dise-gnamo) larchitettura, come la visualizziamo? In pianta? Insezione? In prospettiva?

    Disegni a mano libera analiticiSono molto simili allo schema. Servono a chiarire (a sestessi o ad altri) il funzionamento di un oggetto, di unastruttura, di una successione di eventi, ecc. (fig. 29).

    Disegni a mano libera dinvenzioneSono disegni realizzati in assenza delloggetto non soloperch loggetto non esiste concretamente, ma soprattuttoperch limpossibilit di esistenza una sua qualit carat-terizzante. In questo tipo di disegno forte la componentesimbolica, utopica, evocatrice, onirica. A questa categoriapossiamo ricondurre i disegni della memoria, quelli in cuilesperienza dello spazio reale si mescola e interagisce conlo spazio rivissuto attraverso il ricordo o il desiderio, quelliin cui convivono spazi e tempi diversi (fig. 30).

    25 - Fontana del monastero basilia-no di S.Bartolomeo a S.EufemiadAspromonte, 1989.

    26 - Gaetano Ginex, Disegno dirilievo del palazzo Manzioli a IsoladIstria (Slovenia), 1997.

    28 - Marinella Arena, Schizzi di pro-getto per la Casa dello studente aReggio Calabria, 1988.

    27- Rilievo del basamento di dueedifici del centro storico di ReggioCalabria, 1994Dovevo rilevare le modanature dinumerosi edifici; per guadagnaretempo, ho realizzato i disegnibasandomi sulle foto e poi sono tor-nato sul campo per effettuare lemisurazioni e trascriverle suglischizzi.

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    ildisegnoamanolibera

    Strumenti e tecnicheLa tecnica del disegno a mano libera legata alle abitudi-ni e allo stile personale di ogni disegnatore. Esistono deci-ne di manuali dedicati a questo argomento, ricchi di consi-gli per superare le difficolt iniziali e espedienti per stupiregli osservatori. Ma il disegno il luogo in cui prendonoforma le idee dellarchitetto; e le idee sono molto pi impor-tanti del modo in cui vengono presentate, anche se dob-biamo sempre essere in grado di esprimerle nel modo piefficace.Io credo che non esistano disegni belli o brutti, e forsenemmeno disegni giusti o sbagliati, se non dal punto divista proiettivo. Un disegno pu essere inadeguato allesi-genza che ci ha spinto a realizzarlo; quindi pu essere fuoritema, inefficace, incomprensibile, ma sicuramente non puessere soggetto a giudizi di valore assoluti. Per realizzaredisegni efficaci bisogna esercitarsi continuamente, osser-vando con umilt i lavori eseguiti dagli altri. Disegnando siimpara veramente a disegnare, e lunico consiglio utileconsiste nel portare sempre con s un quaderno per lavo-rare su qualsiasi oggetto, modificando coninuamente iltema della rappresentazione. Quando disegnate, osserva-te solo due regole:- stabilite il motivo per cui state disegnando (per scioglierela mano, per capire come funziona una oggetto, per indivi-duarne le dimensioni, per fissare unidea che vi venuta inmente, per distrarvi durante una lezione noiosa...);- fissate un tempo entro cui il disegno dovr concludersi.Sembra una costrizione inutile (e infatti, in alcuni casi, con-viene non osservarla), ma in generale importante educa-re la mente e la mano a organizzare le proprie attivit neilimiti di un tempo prestabilito (fig. 31). Presto vi accorgere-te che sforzandovi a eseguire disegni a tempo riuscirete apadroneggiare le vostre risorse (lattenzione, che dopopochi minuti si attenua; lobbedienza dei muscoli dellavostra mano, che incominciano presto a ribellarsi). Coidisegni a tempo si impara a dosare la cura da dedicare aiparticolari, affinando la capacit di cogliere gli elementiprincipali e di trascurare quelli secondari; si impara adessere essenziali, a eliminare le leziosit inutili. Un buondisegno dice il maggior numero di cose con la quantitminima di segni.Naturalmente anche queste sono regole derogabili; a voltesi comincia a disegnare con un preciso obiettivo, e col pas-sare del tempo si presentano nuovi interessi che possonoindurci a modificare il tema della rappresentazione e, diconseguenza, anche il tempo da destinare al disegno. Leregole servono solo come esercizio per le mani, gli occhi ela mente. Quando ne saremo diventati padroni, dovremoessere pronti ad abbandonarle.Anche la postura importante. Si disegna meglio se si comodi, ben seduti, ma disegnare in condizioni estreme - atesta in gi, o sul sellino (posteriore) di una moto in corsa -costituisce un esercizio sempre utile per gli occhi e le mani.Scrivete in calce al foglio il tempo impiegato per il disegno,

    29 - Elementi e geometrie del por-tale di palazzo Manzioli e di unafinestra di palazzo Lovisato a IsoladIstria (Slovenia), 1998.

    30 - Il minareto; unico rifermento per un deserto privo di segni e per unamedina sovrabbondante di segni, 1999.

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    glistrumentieisegni il motivo per cui lavete eseguito, la data e il luogo. Saranno

    informazioni preziose in seguito, quando vi accorgerete deivostri progressi e inizierete a raccogliere un numero didisegni tanto consistente da non riuscire pi a ricordare lecircostanze in cui li avete realizzati.Sentitevi liberi, disegnate quello che vi pare con gli stru-menti che preferite e nel modo in cui vi sembra pi oppor-tuno. Dopo che avrete riempito un numero considerevole diquaderni, provate a sfogliare un manuale di disegno dibase. A questo punto avrete sviluppato una personalit dif-ficile da influenzare; sarete pi critici e, quindi in grado direcepire solo le informazioni veramente utili.La figura 32 riproduce un disegno realizzato senza laiutodi strumenti per guidare la mano che traccia i segni. Undisegno a mano libera, quindi. I prospetti di alcuni edificireggini erano disposti ordinatamente sul mio tavolo. Volevoraccontare i primi anni della ricostruzione dopo il 1908;volevo anche dare lidea di una citt che risaliva i contraf-forti dellAspromonte, aggrappandosi al terreno. In primopiano ho voluto riprodurre la superficie dellacqua (che inprospetto impossibile da disegnare) e la ringhiera in ferro

    31 - Cosimo Griffo, Disegni di viaggio alle isole Eolie, 2002Sono disegni a tempo, eseguiti rapidamente da un aliscafo ormeggiato o inrapido movimento. Conservano il ricordo, raccontano lesperienza effettua-ta e descrivono le qualit del luogo molto pi incisivamente di un reportagefotografico.

    32 - La citt che sale, 1995.

    battuto che caratterizza il fronte a mare. Ho incollato unfoglio di lucido e ho ridisegnato. Ma ho realizzato vera-mente un disegno a mano libera, solo perch ho scelto dinon aiutarmi con la riga e con la squadra? E pi in gene-rale, il disegno a mano libera solo una questione stru-mentale, o anche, e soprattutto, mentale?Come abbiamo visto, con la mente che si disegna.Berenson sostiene che i materiali dellartista sono fatti dispirito, non di materia. Spirito inteso come successione diidee e di problemi. In questo consistono la tecnica e i suoistrumenti. Proviamo a ripensare alla tecnica del disegno amano libera (e del disegno in generale) rifacendoci alleintuizioni di Martin Heidegger, che distingueva fra tecnica einstrumentum. La tecnica non semplicemente un mezzo.La tecnica un modo del disvelamento. Se facciamo atten-zione a questo fatto, ci si apre davanti un ambito comple-tamente diverso, per lessenza della tecnica. lambito deldisvelamento, cio della verit. [...] La tecnica un mododel disvelare. La tecnica dispiega il suo essere nellambitoin cui accadono disvelare e disvelatezza, dove accade la-ltheia, la verit1.

    Note1 Martin Heidegger, La questione della tecnica in id., Saggi e discor-si, Mursia, Milano, 1991, pp. 9-10 (I ed. Pfullingen, 1957).Ma come accade la pro-duzione, sia essa nella natura, sia nelmestiere dellarte? Che cos la produzione, nella quale gioca il qua-druplice modo del far-avvenire? Il far-avvenire concerne la presenzadi ci che di volta in volta viene allapparire nella pro-duzione. La pro-duzione conduce fuori dal nascondimento nella disvelatezza. Pro-duzione si d solo quando un nascosto viene nella disvelatezza.Questo venire si fonda e prende avvio in ci che chiamiamo il disve-lamento. I greci usano a parola altheia. I romani la traducono converitas. Noi tedeschi diciamo Wahrheit (verit), e la intendiamocomunemente come esattezza della rappresentazione.

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    ilcolore

    In fisica, viene definita colore ogni radiazione luminosa dinatura elettromagnetica caratterizzata da ununica lun-ghezza donda; le diverse lunghezze donda delle radiazio-ni luminose vengono percepite come differenze di colore.Tutto ci che ci circonda ha un colore. Determinante e indi-spensabile , in questo, la presenza della luce, le cui oscil-lazioni elettromagnetiche si propagano in linea retta conmoto ondulatorio alla velocit di 300.000 km al secondo.Fra tutte le onde emesse da una sorgente, locchio umano in grado di percepire solo quelle la cui lunghezza dondasia compresa tra i 380 e i 780 nm (1nm o nanometro=10-9m) corrispondenti rispettivamente al violetto e al rosso; leradiazioni intermedie hanno una successione di colori checorrisponde a quelli dellarcobaleno (violetto, indaco,azzurro, verde, giallo, arancio, rosso). Il nostro occhio pre-senta la massima sensibilit per le radiazioni verdi-gialle. Irecettori della retina non sono sensibili alle radiazioni conlunghezza donda minore di quella del violetto (raggi ultra-violetti, raggi X, raggi gamma) e maggiore di quella delrosso (raggi infrarossi, microonde, onde radio). Si tratta dionde elettromagnetiche invisibili, alle quali, per, sono sen-sibili altri rivelatori, di tipo diverso dallocchio, come peresempio speciali pellicole fotografiche (fig. 33).Le sorgenti luminose solitamente emettono miscele dionde di frequenza diversa (il sole, per esempio, invia attra-verso lo spazio non solo luce visibile, ma anche raggi infra-rossi e ultravioletti). Il nostro sistema visivo, per, non ingrado di individuare le componenti di diversa lunghezzadonda presenti in un fascio luminoso. La luce del sole ciappare perci bianca, mentre la sappiamo composta daradiazioni di differenti lunghezze donda (fig. 34). Solo conopportuni strumenti possibile scomporre la luce biancanellinsieme di colori che la compongono. Questa separa-zione si chiama dispersione della luce1. Da cosa dipende,allora, che una foglia ci appaia verde, una ciliegia rossa, unlimone giallo? La sensazione cromatica dipende dalle qua-lit della materia che costituisce i corpi e dalla interazionedi questa con la luce. Il raggio luminoso, costituito da diver-se gradazioni di colore, colpisce la superficie delloggetto;se si tratta di un corpo trasparente, la luce lo attraversersenza esserne riflessa e questo ci apparir privo di colore(fig. 35). Se invece loggetto opaco, assorbir una granparte della radiazione luminosa e ne rifletter una piccolaparte, con specifica lunghezza donda, per cui percepiremologgetto dotato di colore (fig. 36). Se la superficie riflettetutte le lunghezze donda, cio il raggio luminoso nella suatotalit, il corpo apparir bianco. Al contrario, apparir neroquando la superficie assorbe tutte le lunghezze donda (fig.37). Il colore bianco quindi il risultato della somma deicolori, il nero assenza di colore e le tinte che vediamosono quelle che gli oggetti non assorbono, ma diffondono.Un discorso a parte merita il fattore fisiologico che regola lavisione notturna e diurna. La nostra retina costituita dadue tipi di cellule: i coni e i bastoncelli. I bastoncelli sonoresponsabili della distinzione fra luci e ombre e riescono apercepire anche luci molto deboli. I coni sono inveceresponsabili della visione cromatica. Alcuni sono sensibilial rosso, altri al blu, altri al verde; dalla interazione dei tretipi di coni deriva la percezione di tutti i colori e delle lorosfumature. La differenza tra la visione diurna e quella not-turna sta nel fatto che in corrispondenza della prima si per-cepiscono bene i colori, mentre nella seconda, a causa deibassi valori di illuminamento, il riconoscimento dei coloridiminuisce sensibilmente fino a permettere la percezionedegli oggetti solo per contrasto (visione in bianco e nero).Nella visione diurna la massima sensazione visiva si haalla lunghezza donda di 555 nm, corrispondente al giallo-verde; nella visione crepuscolare le radiazioni maggior-mente visibili sono quelle di colore verde (505 nm)2.Colori primari e secondari. Sintesi additiva e sottrattiva

    i l co lore *

    37 - Un corpo nero assorbe tutte lelunghezze d'onda.

    36 - Un corpo opaco illuminatoassorbe parte della luce e riflettealcune lunghezze d'onda.

    35 - I raggi luminosi attraversanoun oggetto trasparente e non ven-gono riflessi, per cui l'oggettoappare non colorato.

    34 - Il fenomeno della dispersionedella luce.

    33 - Lo spettro visibile e le radia-zioni elettromagnetiche.

    Nel linguaggio corrente, il termine colore viene usato gene-ricamente, senza tenere conto delle differenze sostanzialiche esistono tra le leggi fisiche del colore e le basi chimi-che che lo costituiscono. Per maggiore chiarezza bisogne-rebbe parlare di pigmento cromatico quando ci si riferisceai pigmenti colorati, elementi base per la pittura; di colorequando ci si riferisce alle percezione che si ha se locchio stimolato dalle varie lunghezze donda luminose.Sia per la chimica che per la fisica i colori di base o prima-ri sono tre: da essi, con opportune mescolanze, si pu rica-vare lintera gamma delle tinte. Secondo la teoria tricroma-tica formulata da Thomas Young nel 1807, tutte le sensa-zioni cromatiche sono riconducibili a tre radiazioni primariespettrali3: il rosso-arancio, il verde e il blu-violetto.Nel campo della chimica, i colori primari, cos come dimo-strato da David Brewster nel 1831, sono il rosso, il giallo eil blu, considerati assoluti perch non si possono ricavareda nessuna mescolanza. Recentemente la chimica ha sin-tetizzato tre pigmenti di soddisfacente purezza che,mescolati, permettono di ottenere una gamma di colori

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    glistrumentieisegni altrettanto puri: il ciano, un azzurro freddo con tendenza al

    turchese, ilmagenta, un rosso tendente al porpora, e il gial-lo, luminoso e brillante. Questi colori, gi utilizzati in tutti iprocessi di stampa (in quanto pi adatti alla riproduzione dideterminate tinte), sono stati scelti da una commissione diesperti a livello internazionale anche come terna di coloriprimari pittorici.Numerosi esperimenti hanno sottolineato le sostanziali dif-ferenze esistenti tra i colori primari della fisica (colori-luce)e quelli della chimica (pigmenti). Ad esempio, dalla combi-nazione di due colori spettrali si ottengono nuovi colori,mentre dalla miscela dei corrispondenti pigmenti si otten-gono grigi sporchi (fig. 38). La spiegazione di questa diver-sit di risultati venne fornita da Helmholtz verso il 1885 conle leggi riguardanti la composizione di luce (sintesi additi-va) e quella di pigmenti (sintesi sottrattiva).Nella sintesi additiva, la mescolanza dei tre colori primarispettrali (rosso, verde e blu), genera il bianco. La combi-nazione degli stessi colori a due a due, genera i colorisecondari (fig. 39) e cio giallo (rosso + verde), ciano(verde + blu) e magenta (blu + rosso). In questo caso si haun risultato aggiuntivo perch si aggiunge luce a luce. Ilmetodo della sintesi additiva trova applicazione nella tele-visione a colori e nei monitor dei computer, i cui schermisono costituiti da pixel dei tre colori primari (fig. 40); in essi,la minore o maggiore illuminazione dei pixel fornisce linte-ra gamma delle sfumature4.Nella sintesi sottrattiva, il colore che risulta dalla misceladei colori fondamentali (ciano, magenta e giallo) nascedalla sottrazione (assorbimento) di una parte delle tintecontenute nella luce bianca. La sintesi sottrattiva di picolori tende al nero in quanto si toglie luce a luce.Combinando i colori sottrattivi a due a due si ottengono icolori secondari (fig. 41), cio viola (ciano + magenta),rosso-arancio (magenta + giallo) e verde (giallo + ciano).Allinterno dei colori primari e secondari, abbiamo tre cop-pie di colori detti complementari. Ogni coppia di comple-mentari formata da un primario e dal secondario ottenu-to dalla mescolanza degli altri due primari. Il complemen-tare del colore primario magenta la somma degli altri dueprimari, il giallo e il ciano (ossia il verde); il complementaredel giallo il viola, somma di ciano e magenta; quello delciano larancio, miscela di magenta e giallo (fig. 42).La miscela sottrattiva trova applicazioni nella fotografia acolori e nella stampa. Le immagini di questo capitolo, adesempio, sono state realizzate combinando i tre colorantiper sottrazione. Poich dallassociazione di ciano, magen-ta e giallo non risulta un nero profondo, ma un grigio scurosporco, si usa il nero come quarto colore per migliorare ilcontrasto (quadricromia). Anche in pittura si fa uso dellatecnica sottrattiva, mescolando i pigmenti per ottenere lesfumature desiderate.

    Teorie sul coloreLe leggi di Helmholtz conferirono scientificit al dibattito sulcolore. Per tutto il XIX secolo molti scienziati, artisti, filosofi,elaborano teorie su questo argomento. Nel 1810 Goethe scri-ve una vastissima opera in cinque volumi, la Teoria del colo-re, in cui si occupa soprattutto della percezione visiva comefondamento di esperienza e conoscenza. Con il suo cerchiocromatico (fig. 43), che riprende anche valori simbolici e psi-cologici, prospetta una concezione universale secondo laquale il colore parte armonica dellunit del cosmo.Hlzel supera la rappresentazione di Goethe (che conside-rava sei settori colorati), introducendo un cerchio cromati-co a dodici colori. I due triangoli centrali segnano i diversicolori dello spettro: quello nero indica il magenta, il ciano eil giallo, colori fondamentali secondo Goethe; quello biancoil rosso, il verde e il blu-violetto (fig. 44).Il pittore americano Albert H. Munsell elabora invece, tra il1905 e il 1915, una teoria dei colori basata su un modello tri-dimensionale: i colori puri distano da un asse centrale croma-tico secondo il grado di saturazione e di luminosit (fig. 45).Lo studio dei contrasti e il rapporto tra forma e colore sono

    38 - Risultati della miscela dei colo-ri spettrali (colori-luce) e dei pig-menti corrispondenti.

    39 - Sintesi additiva di luci colorate.Tre proiettori fanno convergeresopra uno schermo bianco, al buio,le luci primarie (rosso, verde, blu-violetto). Nell'area di sovrapposizio-ne dei tre colori vediamo il bianco.

    40 - Lo schermo di un computer costituito da serie di tre pixel colo-rati (rosso, verde, blu).

    41 - Sintesi sottrattiva di colori: ilfondo bianco perch illuminatoda un fascio di luce bianca. Tre fil-tri (ciano, magenta e giallo) postisulla traiettoria della luce ne modi-ficano il colore, sottraendo alla lucebianca alcune lunghezze d'onda. Ilcentro appare nero perch tutte lelunghezze d'onda sono state sot-tratte.

    42 - Coppie di complementari.

    43 - Cerchio cromatico di Goethe. 44 - Cerchio cromatico di Hlzel.

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    ilcolore

    alcuni dei temi studiati da Johannes Itten (uno dei maestridel Bauhaus del periodo di Weimar), nellArte del colore,pubblicata nel 1961. Anche Itten teorizza un cerchio cro-matico diviso in dodici parti uguali, in cui i colori occupanoposti irreversibili e si susseguono secondo lordine dellar-cobaleno e dello spettro5 e in cui ogni colore opposto alsuo complementare. Nel triangolo, al centro del cerchiosono collocati i tre colori primari (rosso, giallo e blu) e suogni lato del triangolo i tre colori secondari (verde, aran-cione, viola), in corrispondenza dei due primari che lo com-pongono (fig. 46). Itten, inoltre, sottolinea la forte caricadinamica del contrasto, base di valutazione per i nostrisensi che riconoscono le differenze solo attraverso i con-fronti. Allo stesso modo i colori possono risultare esaltati ospenti dalle tinte circostanti. Nessun colore pu essereconsiderato allora un valore assoluto: colori accostati siinfluenzano a vicenda. il caso del contrasto simultaneoper cui guardando due oggetti colorati accostati, n lunon laltro appaiono del loro colore assoluto (cos comesarebbero percepiti se visti separatamente), ma di una tintacorrispondente al colore delloggetto sommata al colorecomplementare del secondo oggetto (fig. 47).Allo stesso modo, un dato colore pu diminuire o poten-ziare la sua intensit luminosa, modificando la sua tonalite saturazione a secondo delle tinte adiacenti (fig. 48).Questo fa capire come la diversa collocazione di un colorepossa modificare la qualit della percezione. Percezioneche pu essere ulteriormente influenzata da fattori psicolo-gici: due osservatori possono trarre dallo stesso coloreesperienze percettive differenti, a causa della variet delleloro esperienze, della sensibilit individuale, della memoriadi sensazioni simili, ecc.Linfluenza psicologica dei colori oggetto di diversi studianche per le ripercussioni che ha nel campo grafico, pub-blicitario ed economico. Con luso sapiente del colore e conla conoscenza delle sensazioni ad esso collegate si pos-sono comunicare messaggi, rendere gli oggetti pi deside-rabili, gli ambienti pi o meno accoglienti. I colori caldi, cioil rosso, larancio, il giallo, chiamati cos per associazioneal fuoco e alla luce solare, conferiscono allo spazio carat-teristiche di accoglienza, solarit, energia. Colori freddicome il verde-azzurro, il blu, il ciano, suggeriscono invecesensazioni di freschezza, di rilassamento, di calma (fig.49). Tutte le tinte possono divenire pi calde con laggiun-ta di giallo o di rosso, pi fredde addizionando piccolequantit di azzurro o di bianco. Un colore pu sembrare picaldo o pi freddo a seconda del contesto in cui colloca-to: laccostamento con altri colori di temperatura diversapu dare luogo, cio, a variazioni nella percezione dellatinta e del suo grado di calore (fig. 50). Sfruttando la tem-peratura di un colore si ottengono molti effetti. Si possono,a esempio, realizzare giochi prospettici particolari: i coloricaldi hanno la prerogativa di avanzare, dando limpres-sione di venire incontro allosservatore; quelli freddi, inve-ce, sembrano allontanarsi.Quindi, utilizzando colori freddi per lo sfondo e colori caldiper il primo piano, si pu creare in un disegno lillusionedella prospettiva e degli effetti tridimensionali; oppure, nelcaso del progetto di uno spazio interno, dare pi o menoprofondit a un ambiente (fig. 51).

    Qualit dei coloriTonalit, chiarezza e saturazione sono tre diverse qualitdella sensazione cromatica. La tonalit, ossia il colorevero e proprio, prodotto dalle differenze di lunghezzadonda delle energie radianti e dalla particolare strutturadella superficie retinica su cui queste agiscono. Questaspeciale interazione dellagente luce e della struttura retini-ca costituisce la base della qualit di sensazione del rosso,giallo, blu, e cos via. La durata dello stimolo ha un ruolodecisivo nella sensazione di tonalit: per produrre la sen-sazione di colore deve essere sufficientemente prolungata;brevi intervalli suscitano solo la sensazione di chiarezza.La chiarezza, cio la sensazione che un colore appaia pi

    45 - Modello di Munsell. 46 - Cerchio cromatico di Itten.

    47 - Contrasto simultaneo.

    48 - Valore relativo dei colori: il quadrato blu sembra pi chiaro o pi scuroa seconda del colore al quale accostato.

    49 - Colori caldi e colori freddi suggeriscono sensazioni diverse.

    50 - Il violetto, ottenuto combinando il blu (freddo) col rosso (caldo), accantoa un colore caldo sembra freddo, accanto a un colore freddo appare caldo.

    51 - Valori spaziali dei colori: i colori luminosi sembrano avanzare verso l'os-servatore, quelli scuri arretrare.

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    glistrumentieisegni

    luminoso o pi scuro di un altro, governa il valore del colo-re. condizionata in parte dallintensit dello stimolo, inparte dalla struttura nervosa della retina. La diversa sensi-bilit della retina alle diverse lunghezze donda determinain misura notevole quale colore appaia pi luminoso o pibrillante di un altro. Il giallo, per esempio, sembra pi chia-ro del blu o del verde. La saturazione la misura del con-tenuto vero e proprio di colore in una data sensazione.Quando vediamo un rosso pi rosso di un altro sperimen-tiamo una particolare qualit sensoria che si manifesta inmaggiore o minore purezza, rendendo i colorI pi o menoricchi e pieni6.Colori puri, mescolati con il bianco o il nero, subiscono unimpoverimento della tinta che li rende pi spenti. Tonalit,chiarezza e saturazione di un colore possono essere cor-rette dalle tinta dei colori adiacenti. Una superficie grigia suuno sfondo colorato assumer una tinta complementare diquella del campo circostante (modificher cio la sua tona-lit). Se lo sfondo rosso, il grigio tender al verdastro; se verde, il grigio tender al rosso; se blu, il grigio sem-brer giallognolo (fig. 52). Il nero, a contatto con un colore,ne accresce la brillantezza; il bianco tende a renderlo pisbiadito e scuro (fig. 53).Superfici colorate si modificano tra loro anche nella perce-zione delle dimensioni. Per il fenomeno dellirradiazione7,una figura chiara su sfondo scuro sembra pi grande dellastessa figura scura su campo chiaro (fig. 54); per lo stessoprincipio, superfici colorate diverse per luminosit e ugualiper grandezza, appaiono di dimensioni diverse: il giallo

    52 - Superfici di colore accostate diversamente si modificano in tonalit ebrillantezza.

    54 - A causa del fenomeno dellirradiazione, le dimensioni apparenti deglioggetti dipendono principalmente dai rapporti cromatici.

    53 - Lo stesso colore cambia di luminosit se posto su uno sfondo nero osu bianco.

    tende a dilatarsi, il blu a contrarsi.Se si pone un colore luminoso al centro del suo comple-mentare meno luminoso, leffetto di contrasto e di comple-mentarit particolarmente evidente. Per fare in modo chenessun colore prevalga su un altro, bisogna variare il lororapporto dimensionale. Perch ci sia equilibrio, il giallo,molto luminoso, dovr stare allinterno del suo comple-mentare viola in un rapporto di 1:3, larancio (complemen-tare) in rapporto 1:2 con lazzurro; il rosso e il verde, suocomplementare, in rapporto dimensionale 1:1. Cos le pro-porzioni armoniche dei colori primari e secondari risultano:giallo, 3; arancio, 4; rosso, 6; viola, 9; azzurro, 8; verde, 68.

    Il colore nel disegno dellarchitetturaPer quanto riguarda il disegno di architettura, argomentoche ci interessa pi da vicino, i modi di utilizzare il colorepossono essere diversi. Innanzitutto pu esserci un usoiperrealistico del colore, tendente allimitazione fedele dellarealt rappresentata. Il realismo si collega al concetto diiconicit della rappresentazione, cio alla sua capacit diriprodurre con accuratezza il reale, con un alto grado disomiglianza tra il disegno e il modello raffigurato. Oggi, conla diffusione dei sistemi e delle tecniche per la creazione dimodelli e di immagini (fisse e in movimento), il concetto disimulazione si arricchito, giungendo a riproduzioni cosfedeli e credibili da essere difficilmente distinguibili dalreale. il caso del rendering, la rappresentazione fotorea-listica di un oggetto (architettura o altro), dellutilizzo dicolori, textures, sfondi, in maniera tale da rendere quasitangibile limmagine raffigurata.In tuttaltra direzione, invece, lutilizzo di effetti finalizzatialla schematizzazione della rappresentazione; in questocaso, il disegno si allontana dalliconicit e tende piuttostoa far leva sugli aspetti psicologici e percettivi. Si tratta diun uso simbolico del colore, che, in genere, tende a sotto-lineare determinati aspetti di unarchitettura, a evidenziar-ne delle parti, a comunicare un messaggio il cui codice universalmente noto. Alcuni esempi di uso realistico e diuso simbolico del colore nel disegno di architettura sonoriportati nel capitolo successivo.

    Note* Questo capitolo stato scritto da Daniela Barbaro.1 Isaac Newton fu il primo a scomporre la luce solare per mezzo di unprisma di vetro collocato sulla traiettoria di un raggio luminoso, iden-tificando cos i sette colori fondamentali in successione.

    2 Alfredo Sacchi, Giovanni Caglieris, Fisica tecnica, UTET, Torino, 1990.3 Il colore spettrale quello percepito dai tre recettori visivi stimolati dauna singola lunghezza donda.

    4 La televisione spenta appare scura. Tre fasci separati di elettroni checorrispondono a rosso, verde e blu vengono proiettati su di uno scher-mo fluorescente. Lo schermo composto da piccolissime triadi ogruppi di cellule singole. Una singola triade conosciuta come screenpixel. Ogni cellula allinterno di una triade sensibile ad uno dei trefasci e diventa fluorescente mostrando il colore quando colpita dalfascio di elettroni. Il risultato una combinazione di rosso, verde o bluper ogni screen pixel che vedremo poi come singolo colore.

    5 Johannes Itten, Arte del colore, Il Saggiatore, Milano, 1965 (I ed.Ravensburg, 1961).

    6 Gyorgy Kepes, Il linguaggio della visione, Dedalo, Bari, 1971 (I ed.Chicago, 1944).

    7 Qualunque punto luminoso, visto da lontano, assume una forma stel-lata. Lirradiazione si manifesta in grado proporzionale allintensitluminosa degli oggetti; essa massima per i corpi risplendenti sufondo oscuro. Gli oggetti chiari visti su fondo oscuro sembrano pigrandi, e gli oggetti scuri su fondo chiaro sembrano pi piccoli. Letorri, gli alberi di una nave che cavano sul cielo luminoso, appaionopi sottili e slanciati di quello che siano proporzionalmente in realt.Giuseppe Ronchetti,Manuale per i dilettanti di pittura, Hoepli, Milano,(XVII edizione) 1964.

    8 Daniele Baroni, Il Manuale del design grafico, Longanesi, Milano, 1999.

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    ildisegnodigitale

    i l d isegno dig i ta le *

    Quando nacquero i primi computer, probabilmente pochiimmaginavano quale sarebbe stata la loro reale diffusionee soprattutto il ruolo che avrebbero ricoperto nella societ.I sistemi assemblati nei primi anni '50 erano costosi edenormi e venivano utilizzati per lo pi nella gestione deidati di grosse compagnie. Soltanto pi avanti, negli anni'60, con l'avvento della computer graphic, si cominciaronoa intravedere le possibili applicazioni che questi strumentipotevano avere dal punto di vista grafico e architettonico.Parliamo per ancora di macchine complesse, non allaportata di tutti, utilizzate esclusivamente da tecnici esperti.La sola immissione dei dati risulta estremamente comples-sa: dopo alcuni esperimenti si inizia a utilizzare una tastie-ra per trasferire le informazioni al calcolatore, mentre irisultati, non esistendo ancora i monitor, vengono visualiz-zati solo successivamente, nella fase di stampa. Anchequesto un passaggio non immediato: i dati numerici devo-no essere decodificati, trasformati in elementi grafici (punti,linee, caratteri) e trasferiti su supporto cartaceo. Negli anni'80 inizia la reale diffusione di personal computer su gran-de scala (fig. 55) e le nuove macchine diventano una real-t alla portata di tutti1. Anche nel campo dell'architettura edell'ingegneria si cominciano a comprendere le potenziali-t del nuovo strumento. Nasce il CAD, acronimo diComputer Aided Design, ovvero progettazione assistita dalcomputer, come strumento di supporto per i professionisti.Da principio le caratteristiche tecniche del computer per-mettono esclusivamente la gestione di disegni bidimensio-nali: le macchine si trasformano in tecnigrafi elettronicidalla grande precisione, ma la restituzione del progetto, uti-lizzando i criteri della geometria proiettiva, non si discostapoi molto dai metodi tradizionali (fig. 56). Con l'affinarsidella tecnica e l'importanza che i software per la grafica el'architettura cominciano a rivestire, diventano chiari anchei cambiamenti concettuali che l'uso di questi strumenti staprovocando. La scelta di un linguaggio alternativo per larappresentazione dell'architettura, apre la strada a unaserie di interpretazioni e potenzialit. Si ha a disposizioneun foglio senza limiti, uno spazio infinito dove disegnaretutto in scala reale. Questo modifica radicalmente il con-cetto di rapporto di scala, fondamentale nella grafica tradi-zionale: non si disegna pi l'oggetto su un foglio di carta ealla scala definitiva, ma su un foglio virtuale e in scala 1:1.Solo in fase di stampa il foglio virtuale prender la consi-stenza di un supporto cartaceo e conterr il disegno nellascala appropriata. Questa nuova procedura cambia il modostesso di pensare l'architettura, ponendo forse l'attenzionepi sull'oggetto che sulla sua rappresentazione; per certiversi, infatti, si pu dire che, mentre con la tecnica tradi-zionale, progettare uno spazio gi anche rappresentarlo,renderlo graficamente, l'uso del computer rompe questolegame. L'architettura, lo spazio, sono definiti, ma il proble-ma della loro rappresentazione viene in un secondomomento. E questo tanto pi si operi con la realt virtualee l'utilizzo di modelli tridimensionali, che permettono dimettersi in diretto contatto con l'architettura, di indagarla ecomprenderla nella sua completezza (figg. 57-59).Attraverso lo schermo, lo spazio "costruito" potr esserepercorso interattivamente, osservato da tutte le angolazio-ni possibili, "vissuto" prima ancora di diventare reale.Successivamente ci si porr il problema di una raffigura-zione che lo renda interpretabile senza fraintendimenti. Siricorrer nuovamente alle forme convenzionali della rap-presentazione, piante, sezioni, prospetti, ricavati questavolta, non per fasi, ma attraverso il sezionamento dell'og-getto tridimensionale, recuperando per certi versi il concet-to stesso di proiezioni ortogonali (fig. 60). Oppure si utiliz-zeranno le capacit delle macchine per produrre immaginianimate, capaci di proiettare lo spettatore nella quartadimensione, quella temporale.

    55 - Il primo personal computer IBM XT con processore 8088 a 4,77 MHz.Disponeva di 16 KByte di Ram.

    56 - Progetto di un Centro Studi sul gioco a Gradara (PS). Pianta del primolivello e sezione. Disegno bidimensionale realizzato con AutoCAD.

    57 - Frank Gehry, assonometria e plastico della Walt Disney Concert Hall.

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    glistrumentieisegni

    58 -Progetto per la Stazione diPorta Susa a Torino (con DanieleColistra e Domenico Spataro),2001.

    59 - Progetto per la Stazione diPorta Susa a Torino (con DanieleColistra e Domenico Spataro),2001.Vista del modello 3D.

    60 - Progetto di un Centro Studi sul gioco a Gradara (PS), 2001.Sezione prospettica ricavata dal modello 3D.

    61 - Immagini tratte dal videogiocoMyst III: dallo schizzo al renderingfinale.

    62 - Modello 3d (wire frame e ren-dering) di un pneumatico.

    Molti sono i campi in cui trovano applicazione le nuove tec-niche: in medicina si utilizzano modelli 3D per simulareinterventi chirurgici o studiare l'inserimento di protesi; nelcampo dell'industria automobilistica, aerea, del design, siutilizzano programmi di modellazione solida per creareprototipi o per sperimentazioni aerodinamiche. Per nonparlare del largo uso che del computer si fa nella cinema-tografia di animazione e nella creazione di videogiochi(figg. 61-63).Il disegno digitale ha assunto un ruolo determinante nellevarie fasi del progetto architettonico, dalla stesura del pre-liminare fino all'esecutivo, dalla realizzazione di modelligeometrici tridimensionali che consentono le prime verifi-che volumetriche, alla redazione di disegni e rendering percomunicare, anche ai non addetti ai lavori, i contenuti for-mali dell'opera progettata (fig. 64). Spingendosi nella stes-sa direzione, possibile studiare le relazioni dell'architettu-ra con il contesto, applicando materiali, attribuendo colore,rugosit, trasparenza, opacit, analizzando il comporta-mento della luce, simulando la collocazione del manufattonella realt. Con programmi di fotoritocco possibile inter-venire sui colori, ambientare architetture ancora virtuali insiti reali, "umanizzare" un rendering (figg. 65, 66) con l'ap-plicazione di sagome umane e di vegetazione con unacostruzione cos accurata da essere quasi indistinguibiledal reale.In relazione ai progetti di architettura, tramite il computer possibile anche applicare procedure che non riguardanodirettamente il disegno, ma che sono necessarie per la ste-sura di elaborati indispensabili per la presentazione di unprogetto (calcoli strutturali, computi metrici, redazione didocumenti per l'appalto e la gestione del cantiere).La grande versatilit del computer e dei software in com-

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    ildisegnodigitale

    mercio, non deve, per, condurci all'errore di demandarealla macchina la soluzione di ogni problema: resta insosti-tuibile il ruolo attivo dell'operatore, del progettista, del dise-gnatore. Se innegabili sono i vantaggi ottenuti con l'uso deinuovi strumenti (maggiore precisione, facilit di correzionie modifiche senza dover ricostruire l'intero disegno, possi-bilit di realizzare viste prospettiche praticamente infinite,gestione pi semplice dei dati), altrettanto evidenti sono itranelli in cui l'utente meno esperto pu cadere. Ad esem-pio, disegnando con programmi di CAD a scala reale, si portati a disegnare tutto, senza attuare una selezione disegni, processo automatico nel disegno tradizionale in cuila scala di rappresentazione contenuta inderogabilmentenella rappresentazione stessa. Per questo motivo, mi sem-bra improprio parlare di disegno "automatico", in quantoquesto aggettivo suggerisce, erroneamente, l'idea di undisegno eseguito da una macchina in maniera asettica,con una sorta di automazione. Rimane fondamentale, inve-ce, l'atto creativo del progettista, il quale dovr riuscire atrasformare la sua idea in progetto, avvalendosi di unmouse e di un monitor, anzich di una matita.In questo sta la rivoluzione informatica, nell'aver fornitonuovi strumenti capaci di assecondare le possibilit dellanostra immaginazione (fig. 67). Molti esperimenti sono statifatti con l'ausilio delle nuove tecnologie: si parla oggi diarchitettura liquida, modelli fluidi, spazi virtuali che stannoprendendo il posto dell'architettura disegnata, quell'"archi-tettura di carta" di cui parlava De Fusco venti anni fa2, com-piuta in s, completamente distante dalla realt costruttiva,e a cui stanno strette le nozioni di spazio finito dell'archi-tettura tradizionale. Se, una volta trasposta in volumecostruito, l'architettura disegnata ha mostrato dei limiti deri-vanti dalla sua stessa natura, l'essere cio esperimento,esercitazione grafica, lo stesso non pu dirsi della rappre-sentazione digitale che, grazie a sofisticate tecniche, offreuna straordinaria simulazione della realt. I programmi dimodellazione tridimensionale permettono, non solo di dise-gnare degli spazi, dare loro colore e consistenza, maanche di attribuire caratteristiche inusuali come suono emovimento, di simulare un percorso interattivo che stimoliun profondo coinvolgimento sensoriale. Lo spazio architet-tonico cos generato viene vissuto come sommatoria diimpressioni sensoriali, motorie, visive, sonore, diventareale pur risiedendo nell'immateriale spazio finito di unoschermo.Il nuovo mezzo, il computer, opera secondo nuove leggi ecriteri, cos nuove generazioni di architetti, americani o for-matisi in America, utilizzando un linguaggio alternativo ediscostandosi dai modelli, hanno iniziato produrre un'archi-tettura dinamica, flessibile, slegata dalle convenzioni (figg.68-70). Questi architetti (Hani Rashid, Lise Anne Couture,Greg Lynn, Marcos Novak, Neil M. Denari, per citarne alcu-ni), "stanno lavorando su un terreno differente, in cui lesoglie di velocit, efficienza e significato, sono in continuaespansione e modificano la nostra comprensione dello

    63 - Fotogrammi tratti da una ani-mazione realizzata per illustrare unintervento chirurgico di bendaggiogastrico (con Domenico Spataro),1999.

    64 - Progetto per un insediamentoresidenziale a Reggio Calabria(con Francesca Caridi e DomenicoSpataro), 1997.

    66 - Progetto per il Parco urbanodella collina di Pentimele (conDaniele Colistra e DomenicoSpataro), 2001.

    65 - Progetto di un Museo di Artemoderna. Rendering e fotoritoccoper l'aggiunta di sagome umane eoggetti, 1997.

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    glistrumentieisegni

    spazio urbano. Oggi possibile sviluppare un certo livellodi complessit nella progettazione, esplorare geometrie omodalit prima inattuabili, e fare realisticamente l'esperien-za di uno spazio non costruito"3.Diventa cos sempre pi difficile stabilire un confine: nonsono forse fortemente reali, pur se immateriali, gli spazisulla rete in cui visitiamo musei, facciamo acquisti, assi-stiamo a lezioni, stringiamo amicizie? Nuovi "luoghi", spazisenza dimensioni n geometria, ai quali per, si accedeattraverso un indirizzo e in cui si naviga. Siti virtuali chenon riusciamo a dominare completamente, se ancoraabbiamo bisogno di definirli attraverso parole legate allenozioni tradizionali di spazio e luogo. Dove ci condurrl'uso dei nuovi strumenti e che ruolo avr l'architettura inquesto processo, lo vedremo solo col tempo. Intanto impa-riamo a conoscere e a sfruttare le potenzialit del mezzoche utilizziamo, matita o mouse che sia, e le leggi che que-sto impone.

    Note* Questo capitolo stato scritto da Daniela Barbaro.1 Nel 1982 la rivista "Time" assegna la copertina di personaggio del-l'anno al computer. Il 12 agosto 1981, infatti, IBM aveva presentato ilsuo primo personal computer, l'IBM PC. Il successo commerciale chene segu apr le porte a un nuovo mercato di dimensioni planetarie.Costruito con un processo di fabbricazione da 3 micron, integrava29.000 transistor, con una velocit di funzionamento di 4,77 MHz. UnPentium 4 di oggi costruito con tecnologia a 0,13 micron, ospita 42milioni di transistor e si spinge fino a 2 GHz (1 GHz= 1000 MHz).

    2 R. De Fusco, Storia dell'architettura contemporanea, Laterza, Roma- Bari, 2000 (7a edizione).

    3 Christian Pongratz, Maria Rita Perbellini, Nati con il computer, Testo& Immagine, Torino, 2000, p. 15.

    67 - Immagini tratte dalla tesi di laurea Struttura pedagogica itinerante, (conDomenico Spataro), 2000.

    68 - Hani Rashid e Anne Lise Couture, Hyperfine Splitting, 1995.

    69 - Hani Rashid e Anne Lise Couture, Studi relativi al Guggenheim VirtualMuseum, 1999.

    70 - Marcos Novak, progetto per ilParacube.

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    lascaladirappresentazione

    l a sca la d i rappresentaz ionePer scala di rappresentazione si intende il rapporto metricoche sussiste tra le dimensioni di un oggetto e quelle di unasua rappresentazione grafica. Il concetto di scala, per,non riguarda solo le dimensioni degli elementi di un dise-gno. Scegliere una scala piuttosto che un'altra vuol direassegnare alla rappresentazione un tema preciso, stabiliredi mettere in evidenza alcune cose piuttosto che altre.Nessun disegno pu riprodurre tutte le qualit presenti inun oggetto: cambiare la scala di rappresentazione vuol diremodificare il modo di vedere le cose e, quindi, di descri-verle (fig. 71).

    Tipi di scalaEsistono modi diversi con cui possibile esprimere la scalausata in un disegno.La scala numerica una frazione in cui al numeratore indicata l'unit di misura riferita al disegno e al denomina-tore l'unit di misura riferita all'oggetto. Ad esempio, perconoscere le dimensioni reali di un elemento rappresenta-to in scala 1:10, dobbiamo moltiplicare per 10 le dimensio-ni con cui lo stesso elemento appare sul disegno.La scala grafica consiste in un segmento graduato cheriproduce le dimensioni di una misura assunta come unit(fig. 72).La scala ticonica un sistema che un tempo comparivaspesso in calce ai disegni; il suo uso oggi rarissimo (fig.73).Gli indicatori di scala sono elementi (per esempio persone,automobili, animali, ecc.) inseriti in un disegno privo di unrapporto di scala definito. Grazie ad essi diventa pi facileintuire le dimensioni complessive dello spazio rappresen-tato, mediante un raffronto con elementi dalle dimensioninote (fig. 74).

    Uso delle scale di rapppresentazioneLa scala numerica consente di calcolare rapidamente ledimensioni reali di un oggetto: basta moltiplicare le misuredel disegno per il valore del denominatore. Ma se il dise-gno originale viene ingrandito o ridotto, l'uso esclusivodella scala numerica pu portare a pericolosi fraintendi-menti. La scala grafica, anche se rende pi complicato eimpreciso il calcolo delle dimensioni reali degli oggetti(bisogna effettuare due letture, una sul disegno e una sulsegmento che riproduce la scala, quindi risolvere una pro-porzione), ha il vantaggio di essere leggibile anche inseguito a ingrandimenti o riduzioni del disegno originale.

    71 - Studio di un palazzo ottocente-sco sulla Wahringerstrasse aVienna, 1993.Lanalisi di alcune qualit delledifi-cio agevolata dai passaggi discala.

    72 - Esempi di scala grafica.

    73 - Scala ticonica.Ormai poco usata, consente unalettura precisa ma molto complica-ta. Nellesempio, il segmento LMha una dimensione pari a 1 unit, 4decimi di unit e 6 centesimi diunit; il segmento NO pari a 2unit, 2 decimi e otto centesimi.

    74 - Progetto di una zattera poli-funzionale sul lungomare di ReggioCalabria (tesi di laurea), 1990.Gli indicatori di scala si usano nelleprospettive e in altri elaborati in cui impossibile individuare una scalaprecisa.

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    glistrumentieisegni Gli indicatori di scala, anche se non garantiscono quella

    precisione che a volte indispensabile osservare, sonoutili nelle prospettive, negli schizzi destinati alla presenta-zione e, in generale, in tutti quei disegni in cui non possi-bile esprimere matematicamente il rapporto di scala. Ingenere conviene usare la scala grafica assieme a quellanumerica, ricordando che se in una riproduzione si con-traddicono, bisogna sempre sempre attenersi alle indica-zioni fornite dalla prima.

    Scelta della scalaQuando si disegna possibile usare qualsiasi rapporto discala. Nella pratica, per, si utilizzano pi comunementerapporti che consentano un calcolo rapido delle dimensio-ni, e cio:- le scale 1:100.000, 1:50.000, 1:25.000, 1:10.000,1:5.000, 1:2.000, 1:1.000 per la rappresentazione del terri-torio e della citt;- le scale 1:200, 1:100, 1:50 per la rappresentazione del-larchitettura;- le scale 1:10, 1:5, 1:2, 1:1 per la rappresentazione deiparticolari.La scala 1:500 una scala intermedia fra la rappresenta-zione urbanistica e quella architettonica; la scala 1:20 intermedia fra la rappresentazione dellarchitettura e quel-la dei particolari.Le scale pi piccole di 1:100.000 sono tipiche delle rap-presentazioni geografiche; quelle pi grandi di 1:1, detteanche scale di ingrandimento, sono usate nella progetta-zione meccanica e nel design.Naturalmente possibile usare scale diverse da quelleelencate, utilizzando rapporti inconsueti (come ad esempio1:132 oppure 1:43); in generale per luso di scale insolitenon conveniente, sia perch questi valori complicano l'e-secuzione e la lettura di un disegno, sia perch ad ognirapporto di scala convenzionale corrisponde un modoormai codificato di discretizzare la complessit degli ogget-ti e, quindi, di dosare la quantit e la qualit dei segni checostituiscono una rappresentazione.

    Il fuori scala e l'ambig