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Il Cervello Dellatleta

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Appunti psicologia dello sport

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  • 1

    Il Cervello dellAtleta

    Donatella Spinelli1,2,3, Francesco Di Russo2,3, Sabrina Pitzalis2,3

    Universit degli studi di Roma Foro Italico

    Mind in Sport Team

    IRCSS Fondazione Santa Lucia

    Sommario

    Le neuroscienze dello sport: perch studiare il cervello dellatleta 3

    Cervelli normali, cervelli speciali e cervelli individuali 3

    Studi sul campo e studi in laboratorio 5

    La teoria della efficienza neurale 7

    Indagini che fanno riferimento alla teoria della efficienza neurale 8 Prime indagini elettroencefalografiche (EEG) 8 Ricerche elettroencefalografiche recenti 12 Ricerche mediante registrazione dei potenziali evento correlati (ERP) 16

    Dal concetto di efficienza neurale a quello di flessibilit neurale 19

    Ricerche mediante ERP 19 ERP da stimoli sensoriali 19 ERP in compiti che implicano discriminazione di stimoli e selezione delle risposte 20

    Ricerche mediante Stimolazione Magnetica Transcranica 23

    Studi di neuroimmagine nello sport 25

    Studi Anatomici 25

    Studi di risonanza magnetica funzionale 25

    I rischi dello sport per il cervello: il trauma da concussione 28

    Tecniche di neuroimmagine: risonanza magnetica anatomica, spettroscopia e risonanza funzionale 29

    Elettrofisiologia: potenziali evocati e potenziali evento correlati 32

    Conclusioni e Prospettive 36

  • 2

    Bibliografia 38

  • 3

    Le neuroscienze dello sport: perch studiare il cervello dellatleta

    Come fanno gli atleti a raggiungere livelli cos alti di eccellenza motoria? In che modo il

    loro cervello diverso da quello dei non atleti? Nellambito della propria disciplina

    sportiva gli atleti sono pi veloci, pi forti, in grado di saltare pi in alto, pi accurati e pi

    efficienti dei non atleti. Per eseguire movimenti esperti in ambienti mutevoli necessaria

    una grande capacit di adattare il proprio repertorio comportamentale in modo dinamico.

    Queste forme di adattamento includono attivit neurali complesse, come integrare segnali

    provenienti da diverse modalit sensoriali, discriminare fra stimoli, prendere decisioni,

    preparare azioni ed eseguirle.

    Queste domande dominano il campo delle neuroscienze dello sport e le risposte non sono

    ancora definitive (per una rassegna, si veda Nakata et al., 2009). Un interesse pi generale

    per queste domande nasce dal fatto che gli atleti costituiscono una popolazione ideale per

    indagare la plasticit del cervello umano in funzione dellesperienza motoria. Le prime

    teorie sullapprendimento motorio sostenevano che i suoi correlati neurali non fossero

    direttamente osservabili e che lapprendimento motorio fosse inferibile solo da

    cambiamenti nella prestazione motoria. In seguito stato possibile dimostrare che

    lapprendimento motorio induce cambiamenti a livello cerebrale. In questo capitolo,

    esamineremo le principali linee di ricerca esistenti nelle neuroscienze dello sport: lo studio

    del cervello degli atleti mediante tecniche dindagine non invasive (elettrofisiologia e

    neuroimmagine). Prenderemo in esame la teoria dellefficienza neurale e i successivi

    sviluppi, centrati sul tema della flessibilit. Concluderemo su un punto oggi molto

    dibattuto: i rischi dello sport per il cervello, in particolare gli effetti del trauma da

    concussione.

    Cervelli normali, cervelli speciali e cervelli individuali

    Quando sindagano le funzioni cerebrali, spesso si ragiona come se tutti gli individui

    avessero un cervello identico, strutturalmente e funzionalmente. Certamente non cos: ci

  • 4

    sono differenze fra i cervelli individuali sia a livello anatomico che a livello funzionale. I

    comportamenti individuali sono sostanzialmente differenti e la maggior parte dei

    neuroscienziati ritiene che i differenti comportamenti individuali siano (almeno

    teoricamente) spiegabili sulla base di differenti connessioni neurali, e queste a loro volta

    siano dovute alle specifiche esperienze dellindividuo. Il legame fra differente

    struttura/attivit cerebrale e comportamenti lontano dallessere chiarito; gli indizi pi

    chiari su questo legame vengono dalla patologia: i casi clinici studiati associando tecniche

    di neuroimmagine o di elettrofisiologia con test di valutazione del comportamento ci hanno

    insegnato la consistenza di alcune relazioni fra capacit (o meglio perdita di capacit)

    dellindividuo e attivit di specifici circuiti cerebrali. Per fare un esempio, si consideri la

    relazione fra circuiti corticali parietali destri e il deficit dellattenzione (neglect) per la

    porzione sinistra dello spazio che consegue al danno cerebrale (Corbetta et al., 2005). I

    cervelli dei pazienti con neglect sono cervelli speciali, resi tali da una lesione parzialmente

    invalidante. E difficile che le lesioni individuali siano perfettamente sovrapponibili, e cos

    pure le capacit residue sono raramente identiche; ci nonostante si studia il cervello medio

    dei pazienti con neglect, e si confronta questo cervello medio speciale con il cervello medio

    normale cio quello di soggetti confrontabili per et, educazione, genere che non hanno

    subito alcun evento patologico. Anche se il confronto viziato da molte assunzioni (ad

    esempio, nel gruppo patologico: le differenze individuali prima dellevento, le diverse

    capacit/velocit di recupero, le diverse forme vicarianti con cui cervelli individuali attuano

    il recupero), il confronto proficuo per costruire unipotesi di legame fra specifica funzione

    e specifico circuito neurale.

    La motivazione allo studio del cervello degli atleti condivide questa logica. Si studiano dei

    cervelli speciali, particolarmente esperti in alcune funzioni, questa volta indagando il

    versante delleccellenza piuttosto che del deficit di funzione. E si ragiona intorno ad un

    cervello medio, il cervello dellatleta di uno specifico sport (ad esempio, la scherma) cos

    come prima sindagava il cervello del paziente di una specifica sindrome (ad esempio, il

    neglect). Un ragionamento simile stato fatto sul cervello dei musicisti (si vedano, ad

    esempio, i violinisti studiati da Elbert et al., 1995). Non escluso che in futuro si facciano

  • 5

    passi importanti nella direzione della descrizione del cervello individuale e lo studio del

    cervello degli atleti potr contribuire in questa direzione almeno su un certo numero di

    funzioni specifiche, tipicamente le funzioni motorie e visuo-spaziali.

    Studi sul campo e studi in laboratorio

    Molti degli studi sugli atleti sono stati eseguiti in campo cercando cos di cogliere

    direttamente nella complessa situazione sportiva la specializzazione dei meccanismi neurali

    sottostanti, senza rinunciare al rigore delle misure. Altri studi (soprattutto i pi recenti,

    generalmente caratterizzati da apparecchiature sperimentali pi complesse) hanno preferito

    la condizione di laboratorio. Luso del laboratorio implica una situazione molto

    semplificata rispetto a quella presente in campo, ove latleta manifesta la propria

    straordinaria capacit. Ci si chiede perci se sia possibile, in situazioni cos semplificate,

    osservare ancora delle differenze sistematiche fra lattivit cerebrale di atleti e non-atleti.

    Sappiamo, infatti, che dal punto di vista comportamentale, situazioni eccessivamente

    semplici non consentono di cogliere differenze fra gruppi. Ad esempio, i tempi di reazione

    semplici (rispondere premendo un tasto del computer alla comparsa di uno stimolo

    luminoso sullo schermo) di atleti di alto livello non sono significativamente differenti da

    quelli di non atleti della stessa et; per osservare differenze fra gruppi necessario

    disegnare delle condizioni sperimentali in qualche modo riferibili allesperienza sportiva,

    ad esempio utilizzare una condizione di warning che simula in qualche modo lesperienza

    di pronti che precede di qualche secondo il via nelle gare (Spinelli e Zoccolotti, 2002).

    Tenendo conto di questo, alcuni studi sul cervello dellatleta cercano di simulare in

    laboratorio condizioni che in parte possano evocare gli aspetti critici presenti in campo.

    Un elemento comune a molte di queste ricerche il confronto degli atleti con gruppi di

    non-atleti o di novizi nello stesso sport. Lo scopo descrivere differenze fra gruppi in

    funzione dellesperienza. Una volta constatata la presenza di differenze, ci si chiede quali

    siano i processi che queste rispecchiano, che interpretazioni suggeriscono. Spesso per

    rispondere a queste domande sono utili i confronti fra gruppi di atleti di sport diversi, ad

    esempio sport open-skill vs. closed-skill e e il confronto fra gruppi in compiti di controllo

  • 6

    che non implicano lo skill specifico dellatleta. Poco frequenti, per la difficolt intrinseca,

    sono gli studi longitudinali di apprendimento e consolidamento di uno skill sportivo. Un

    certo numero di studi hanno cercato di correlare le variabili osservate in laboratorio con

    aspetti legati alla performance individuale in campo o alla quantit di esperienza cumulata

    nel tempo. Questo un punto potenzialmente interessante perch sembra che la

    correlazione fra misure individuali dellattivit cerebrale e aspetti del comportamento o

    della storia individuale, quali la performance in campo o la quantit di esperienza nello

    sport, potrebbero in prospettiva consentire di costruire un legame pi stretto fra

    comportamento specifico e cervello individuale.

  • 7

    La teoria della efficienza neurale

    Negli ultimi venti anni si affermata una linea di studio che indaga le caratteristiche neuro-

    funzionali del cervello di chi fa sport quotidianamente, con grande intensit e per un

    numero rilevante di anni. Lidea centrale di questa linea di ricerca che nel cervello

    dellatleta alcune funzioni si siano strutturate, grazie a fenomeni di plasticit cerebrale, in

    modo adattivo verso una condizione di massima efficienza, consentendo prestazioni

    eccellenti con minor impegno neurale (per una rassegna, si veda Hatfield e Hillman, 2001).

    Si pu notare che negli stessi anni il principio di efficienza (definito come rapporto

    Sforzo/Lavoro: un comportamento efficiente se produce lo stesso lavoro con sforzo

    minore) molto usato nellambito degli studi di fisiologia e biomeccanica dello sport, ad

    esempio per spiegare il diminuito reclutamento di unit motorie misurato

    dallelettromiogramma integrato in soggetti allenati rispetto a soggetti non allenati (De

    Vries e Housh, 1994).

    Hatfield e Hillman (2001) sottolineano che, oltre allefficienza, si deve tener conto anche

    del principio di adattivit: una performance pu essere caratterizzata da un elevatissimo

    livello di sforzo, ma essere perfettamente adeguata alle richieste del compito. Estendendo

    la definizione di efficienza alle funzioni cerebrali, la definiscono come il rapporto fra

    comportamento psicomotorio e allocazione di risorse neurali, e collocano il miglioramento

    dellefficienza nella cornice della sindrome di adattamento generale descritta da Hans Selye

    negli anni 70. Quando un organismo si confronta con un compito specifico e difficile,

    inizialmente reagisce con unattivazione neurale globale che coinvolge tantissime

    connessioni corticali, rilevanti e anche irrilevanti rispetto al compito: si mostra quindi solo

    parzialmente efficiente. Aumentando lo skill, lorganizzazione neurale si raffina e le

    connessioni irrilevanti sono soppresse; infine sufficiente il coinvolgimento di una

    porzione pi piccola di corteccia cerebrale per far fronte al compito: il processo pi

    economico.

  • 8

    Indagini che fanno riferimento alla teoria della efficienza neurale

    Prime indagini elettroencefalografiche (EEG)

    Numerosi studi hanno consolidato lipotesi dellefficienza neurale in atleti di lite (uno skill

    ben sviluppato associato ad una maggiore economia di risorse) tanto che oggi si parla

    comunemente di teoria dellefficienza neurale e il riferimento storico quello del gruppo

    di Hatfield. Questi studi hanno utilizzato come indicatore i ritmi cerebrali registrati

    mediante EEG, e in particolare si sono focalizzati sul ritmo alfa. Il razionale sintetizzato

    da Hatfield e Hillman (2001) come segue. Lalfa tradizionalmente considerato un

    indicatore dello stato di rilassamento; Nunez (1995) ha per suggerito che rifletta piuttosto

    uno stato dinterazione globale cortico-corticale, mentre ritmi a frequenze pi elevate

    indicherebbero unattivazione locale; Smith et al. (1999) hanno interpretato laumento di

    alfa nel corso dellacquisizione di uno skill come indicatore di un cambiamento nei processi

    neurali nella direzione di un adattamento al compito specifico. Cos la presenza di ritmo

    lalfa potrebbe rispecchiare sia un rilassamento rispetto a fonti di disturbo irrilevanti per il

    compito, sia la transizione verso una riorganizzazione neurale pi adattiva (Earle, 1988).

    Uno dei primi e pi citati studi riguarda atleti di lite di tiro a segno con carabina e ha

    lobiettivo di comprendere gli stati cognitivi associati alla performance (Hatfield, Landers e

    Ray, 1984). Questo sport closed-skill richiede un altissimo livello di concentrazione e

    implica pochissimo movimento dellatleta; questultimo fatto consente di registrare lEEG

    durante il tiro senza artefatti dovuti al movimento. Nella fase in cui gli atleti puntano il

    bersaglio, circa sette secondi prima di eseguire il tiro, si osserva una chiara asimmetria

    emisferica. Lemisfero sinistro diminuisce la propria attivit, mentre il destro rimane attivo.

    Il dato interpretato come una soppressione dei processi analitici e verbali caratteristici

    dellemisfero sinistro (in particolare una soppressione del self-talk che talvolta presente e

    disturba la concentrazione sul tiro) mentre sono attivi i processi visuo-spaziali caratteristici

    dellemisfero destro. Linterpretazione sostenuta da un esperimento di controllo che

    misura come cambia lattivit dei due emisferi mentre gli atleti si preparano a rispondere a

    un compito verbale e a un compito visuo-spaziale. Il compito verbale accentua lasimmetria

    emisferica nella direzione di una preponderanza dellemisfero sinistro; il contrario avviene

  • 9

    con un compito visuo-spaziale. Il confronto con il compito di tiro presentato nella figura

    1 e mostra che questultimo produce lasimmetria emisferica pi forte.

    Landers e colleghi (1991) hanno studiato atleti del tiro con larco (livello pre-lite) nella

    fase di mira anche utilizzando la metodologia del biofeedback e i dati convergono a

    indicare un aumento dintensit dellalfa nella regione temporale sinistra associato con un

    miglioramento della performance, mentre un aumento a destra associato con un

    peggioramento della performance. Anche in golfisti di alto livello sono ottenuti risultati

    convergenti (Crews e Landers, 1993).

    0.9

    0.8

    0.7

    0.6

    Compito verbale

    Riposo

    Compito visuo-spaziale

    TiroAm

    piez

    za d

    el ra

    ppo r

    to d

    ella

    l fa ( T

    3/T 4

    )

    Epoche

    1 2 3

    Figura 1: Asimmetria emisferica del ritmo alfa (rapporto tra ampiezze in T3 e T4) in tre

    differenti momenti (le epoche 2 e 3 si riferiscono alla fase di preparazione al compito) per

    tre diversi compiti e in assenza di compito (Modificata da Hatfield et al. 1984).

  • 10

    Salazar et al. (1990) ha studiato arcieri di lite cercando di distinguere fra aspetti cognitivi e

    sforzo fisico richiesto dal gesto del tiro (utilizzando archi di peso diverso e segmentando la

    prestazione). Lattivazione (a varie frequenze) risulta relativamente costante nellemisfero

    destro nei tre secondi che precedono il tiro, mentre a sinistra aumenta nellultimo secondo.

    La sincronizzazione dellEEG massima nella condizione che rispecchia, in termini di

    gesto atletico e peso dellarco, le condizioni cui gli arcieri sono pi abituati. I tiri peggiori

    sono associati ad un aumento di sincronizzazione nellemisfero sinistro rispetto ai tiri

    migliori, mentre lattivit dellemisfero destro non risulta correlata con la riuscita del tiro.

    Questultimo dato in contraddizione con le attese (si poteva prevedeva un aumento

    dellalfa a sinistra associato alla migliore performance) e il risultato discusso in termini di

    un eccesso di sincronizzazione che risulterebbe negativo.

    Hillman et al. (2000) considera attivit alfa e beta nel tiro a segno con carabina e confronta

    lattivit che precede i tiri effettivamente eseguiti rispetto a quella dei tiri rifiutati, quelli

    cio in cui latleta prende la mira, ma poi non spara, presumibilmente per uninadeguata

    concentrazione. La figura 2 mostra come nei tiri effettuati (che corrispondono ad una

    buona concentrazione) sia alfa che beta rimangano complessivamente costanti mentre nei

    tiri rifiutati lattivazione cerebrale pi elevata e cresce progressivamente nel tempo.

  • 11

    Figura 2: Ampiezza del ritmo alfa (in alto) e beta (in basso) allavvicinarsi dellistante in

    cui si effettua la pressione del grilletto in prove eseguite e rifiutate (modificata da Hillman

    et al. 2000).

    Haufler et al. (2000) ripetono gli esperimenti nel tiro con carabina considerando oltre agli

    esperti anche un gruppo di novizi; aumentano il numero di elettrodi registranti e

    inseriscono il confronto con compiti di controllo visuo-spaziale e verbale nei quali

    lesperienza dei due gruppi confrontabile (mentre ovviamente molto diversa nel compito

  • 12

    di tiro). Nella fase di mira gli esperti hanno unattivazione minore dei novizi a tutti gli

    elettrodi, e in particolare nellemisfero sinistro. Viceversa, le differenze nellattivit

    cerebrale fra i due gruppi sono piccole nei compiti di controllo; infine lattivit cerebrale

    degli inesperti nel compito di mira simile a quella registrata in compiti visuo-spaziali di

    controllo, mentre gli atleti sono molto pi attivati nei compiti di controllo rispetto al

    compito di mira nel quale sono esperti. Certamente questi dati sono compatibili con

    lipotesi di una maggiore economia corticale nel cervello dellatleta, limitata ai processi per

    i quali specializzato. Parzialmente in contrasto con questa letteratura Janelle et al. (2000)

    osservano un aumento dellalfa nellemisfero sinistro della stessa ampiezza in tiratori

    esperti e novizi, ma (notano Hatfield e Hillman, 2001) lasimmetria emisferica pi

    marcata negli esperti.

    Alcune ricerche studiano lo svilupparsi dello skill: in uno studio longitudinale della durata

    di sei mesi un gruppo di principianti impara a tirare con larco. Allaumentare

    dellesperienza cresce la potenza dellalfa misurata allelettrodo temporale sinistro rispetto

    al destro (Landers et al., 1994); il risultato simile, in un periodo di tempo pi breve, anche

    in novizi del tiro con la pistola (Kerick, Douglass e Hatfield, 2004). Linterpretazione che

    laumento della sincronizzazione dellalfa nellemisfero sinistro indichi una riduzione

    dellelaborazione di eventi irrilevanti di tipo verbale e analitico, dunque un minor sforzo

    cognitivo si associa al crescere dellesperienza.

    Ricerche elettroencefalografiche recenti

    Questa linea di ricerca continuata fino ad oggi, utilizzando metodologie pi sofisticate

    (EEG ad alta risoluzione), misure pi raffinate (ad esempio, la coerenza dellattivit

    cerebrale), in alcuni casi estendendo lindagine anche a sport open-skill (come scherma e

    karate) e talvolta considerando compiti diversi rispetto al compito sport-specifico (ad

    esempio, compiti di equilibrio, oppure compiti di osservazione). In vari casi, si replicano i

    vecchi paradigmi (effettuati sul campo o in laboratorio) per confermare i risultati degli studi

    precedenti, ma la maggiore risoluzione spaziale corticale e la maggior potenza tecnica

    consentono una valutazione pi accurata dei meccanismi cerebrali degli atleti.

  • 13

    Ad esempio, Del Percio et al. (2009a) studiano in campo atleti di tiro con pistola e

    osservano una riduzione, o desincronizzazione (ERD), dellalfa (parietale e centrale

    sinistra) maggiore nei tiri migliori rispetto ai tiri meno buoni, confermando che una

    performance motoria eccellente correlata con bassa attivazione corticale. Deeny et al.

    (2009) studiano in campo tiratori di fucile esperti e novizi, valutando la coerenza fra

    lattivit di diverse regioni corticali per i diversi ritmi cerebrali, dal pi basso (teta) al pi

    elevato (gamma). Negli esperti la coerenza dei ritmi EEG correla positivamente con le

    variazioni del movimento del fucile nel corso del puntamento. Si colgono cos, oltre alle

    differenze fra esperti e novizi, anche differenze nella coerenza del ritmo associate ad aspetti

    esecutivi e strategici del movimento del fucile. Hung et al. (2008) osservano in campo che

    la complessit dellattivit corticale cerebrale minore in tiratori di fucile esperti rispetto ai

    novizi e negli esperti c una relazione negativa fra questa complessit e la performance (la

    correlazione invece positiva nei novizi). I dati sono compatibili con lidea di un

    raffinamento e di una maggiore efficienza dei processi cerebrali negli esperti. La minor

    complessit viene imputata alla riduzione del rumore neuromotorio e alla conseguente

    riduzione dellinterferenza con lazione che sintende svolgere. Il concetto di rumore in

    questultimo lavoro del gruppo di Hatfield sostituisce il precedente costrutto dinterferenza

    da parte di stimoli irrilevanti. Ancora in questa linea, un lavoro di Babiloni et al. (2008)

    che, portati gli atleti in laboratorio su un simulatore di golf, replica il risultato che

    lintensit dellalfa pre-movimento inferiore nei tiri di successo rispetto a quelli falliti. Il

    fenomeno ha luogo in aree cerebrali (prefrontale, cingolata, supplementare motoria)

    associate alla pianificazione, selezione e controllo di sequenze motorie complesse, eseguite

    con entrambe le braccia e le mani. Inoltre lo studio dimostra (Figura. 5) che, nei tiri falliti,

    quanto maggiore la riduzione dellalfa durante la preparazione, tanto minore lerrore,

    cio la distanza dalla buca. Complessivamente sembra che lampiezza dellalfa in queste

    aree corticali abbia un legame con il controllo motorio fine e possa predire la performance.

  • 14

    Figura 5. Correlazione tra riduzione del ritmo alfa registrato dallelettrodo frontale (Fz) e distanza dalla buca nei tiri falliti (adattata da Babiloni et al. 2008).

    Come anticipavamo sopra, alcuni lavori recenti estendono il tema dellefficienza neurale a

    compiti e sport differenti (anche includendo sport open-skill). Alcuni lavori riguardano il

    tema dellequilibrio posturale che misurato dalle dimensioni dellarea di oscillazione del

    corpo su piattaforma stabilometrica. Il primo esperimento (Del Percio et al., 2007a) in atleti

    della scherma e del karate vs. non atleti confronta la correlazione fra attivit corticale e

    oscillazione del corpo misurata in posizione eretta con occhi aperti e chiusi. In generale la

    desincronizzazione (riduzione) dellalfa maggiore negli atleti rispetto ai non-atleti;

    inoltre, nei karatechi (ma non negli schermidori), la desincronizzazione proporzionale al

    restringimento dellarea di oscillazione dovuta al passaggio occhi chiusi- occhi aperti

    (quindi al contributo dellinformazione visiva). Nel secondo esperimento in atleti di golf

    (Del Percio et al., 2008) non si osserva alcuna relazione fra larea di oscillazione del corpo

  • 15

    e la performance (che viene eseguita ovviamente con gli occhi aperti), non c differenza

    fra tiri di successo e tiri falliti; viceversa, ci che cambia lattivit corticale (come sopra

    indicato). Questo studio suggerisce che lipotesi dellefficienza neurale non spieghi

    pienamente lorganizzazione del sistema motorio negli atleti. In un terzo studio ancora in

    karateki e schermidori (Del Percio et al., 2009b) si confronta il mantenimento della

    posizione eretta su un piede (condizione pi difficile) e su due piedi (pi facile). Si osserva

    che la riduzione dellalfa nel compito pi difficile molto maggiore negli atleti rispetto ai

    non-atleti, e ci in linea con lipotesi dellefficienza neurale. Ancora per gli aspetti legati

    allequilibrio, si pu citare uno studio sullaccoppiamento cortico-muscolare (Vecchio et

    al., 2008) nel quale misurata la coerenza spettrale fra EEG (nel range dellalfa) e

    lelettromiogramma (EMG) mentre il soggetto sta eretto con gli occhi aperti e chiusi;

    lassunzione di base che laccoppiamento EEG-EMG possa controllare gli arti inferiori

    nella posizione eretta. Si confrontano atleti (karate e scherma) con non-atleti. Larea di

    oscillazione del corpo identica nei due gruppi, ma mentre negli atleti la coerenza EEG-

    EMG costante, nei non atleti diminuisce con gli occhi chiusi. Il dato suggerisce che

    linformazione visiva influenzi la coerenza EEG-EMG nei non-atleti, mentre gli atleti sono

    in grado di controllare ottimamente lequilibrio grazie agli input propriocettivi.

    Mentre gli studi fin qui ricordati utilizzano compiti di esecuzione (mirare, tenere

    lequilibrio), Babiloni et al. (2009) hanno considerato un compito osservazionale. Atleti

    della ginnastica ritmica devono osservare video di sequenze di esercizi del loro sport e

    assegnare un punteggio. Rispetto agli inesperti, gli atleti hanno unattivazione corticale

    ridotta durante losservazione e la riduzione maggiore quando la performance giudicata

    migliore. Le variazioni dellEEG sono particolarmente marcate nelle aree connesse al

    sistema mirror, un sistema cerebrale che tipicamente si attiva sia quando si esegue

    unazione, sia quando si osserva la stessa azione compiuta da un altro. Il sistema mirror

    potrebbe avere importanti implicazioni nellapprendimento motorio, nellimmaginazione

    motoria e nella stessa esecuzione (per una rassegna sui neuroni mirror, si veda Rizzolatti &

    Fabbri-Destro, 2008).

  • 16

    Nel concludere questa sezione citiamo uno studio che potrebbe avere potenzialit

    applicative (Del Percio et al., 2007b). Ad atleti di lite (schermidori e karatechi) e a un

    gruppo di non atleti si somministra una breve (1 min) stimolazione audio-visiva

    lampeggiante a 10 Hz prima di un compito visuo-motorio che consiste nel premere un

    pulsante in reazione a foto di attacchi di scherma e karate. In tutti i soggetti questa

    stimolazione aumenta il ritmo alfa (in particolare allelettrodo posteriore parietale, sopra la

    corteccia integrativa sensorimotoria) e quanto maggiore laumento, tanto pi breve il

    tempo di reazione nel compito.

    Ricerche mediante registrazione dei potenziali evento correlati (ERP)

    La maggior parte degli studi sopra brevemente riassunti convergono sullidea della

    efficienza neurale degli atleti: grazie alla pratica assidua e prolungata nel tempo, il

    compito svolto in maniera efficiente ed in economia. Tuttavia non chiaro a che

    livello del processing neurale si collochi questa economia. Infatti, le tecniche dellEEG non

    consentono di distinguere bene il contributo di meccanismi corticali differenti. Viceversa,

    la tecnica di registrazione dei potenziali evento correlati (event-related potentials, ERP) ed

    in particolare il metodo dei potenziali corticali correlati al movimento (movement related

    cortical potentials, MRCP) ha questa possibilit. Gli MRCP indicano con estrema

    precisione le caratteristiche temporali degli eventi cerebrali e, individuando diverse attivit

    elettriche (dette componenti, vedi sotto) in finestre temporali diverse, consentono di

    confrontare atleti e non-atleti nelle diverse fasi di preparazione ed esecuzione del

    movimento; gli MRCP consentono inoltre una localizzazione abbastanza precisa delle

    sorgenti corticali delle diverse componenti associate al movimento.

    La figura 6 mostra le componenti MRCP in un compito di movimento volontario self-

    paced (che non determinato nel tempo da segnali esterni). La componente pi precoce

    Bereitschaftspotential (BP; detto anche Readiness Potential, potenziale di preparazione)

    associata con la preparazione del movimento. Segue la componente Negative Slope (NS),

    associata alla fase finale della preparazione motoria, immediatamente precedente

    lesecuzione; poi il Motor Potential (MP) associato con lesecuzione e il Re-Afferent

    Potential (RAP) associato con la fase propriocettiva successiva al movimento. Grazie a

  • 17

    numerosi studi, le latenze e la topografia sullo scalpo delle componenti di MRCP sono

    note. BP e NS hanno generatori nelle aree associative motorie: larea Supplementare

    Motoria e larea Premotoria, anche se non si pu escludere che sia presente un contributo di

    strutture sottocorticali (Rektor, 2002). I generatori della componente MP sono localizzati

    nella corteccia motoria primaria (M1). Dopo il movimento, attiva larea primaria

    somatosensoriale, la cui attivit si riflette nella componente RAP.

    Due studi recenti valutano se lMRCP associati a un movimento semplice possano

    differenziarsi fra gruppi di atleti e non-atleti. Il primo analizza gli MRCP in un gruppo di

    atleti (kendoisti e ginnasti) e il movimento una rapida estensione del polso, un tipo di

    movimento presente in entrambe le discipline (Kita et al., 2001). La componente BP inizia

    pi tardi negli atleti ed di ampiezza minore; MP risulta invece pi ampia. Il secondo

    studio (Di Russo et al., 2005) riguarda atleti di tiro a volo e considera un movimento simile

    a quello eseguito nel tirare il grilletto: la pressione di un pulsante con lindice della mano

    destra o sinistra. Come illustrato in figura 6, le componenti BP e NS degli atleti iniziano

    pi tardi rispetto a quanto avviene nei non-atleti, e sono di minore ampiezza. Per le altre

    componenti non si notano differenze fra i gruppi. Il risultato indica quindi che negli atleti

    leconomiaha luogo a livello di preparazione motoria: solo lattivit neurale necessaria per

    preparare un movimento volontario ridotta, mentre quella spesa nella fase di esecuzione

    identica. Il fatto che il fenomeno si riscontri per lindice destro (allenato con il movimento

    di pressione del grilletto del fucile) ma non per il sinistro compatibile con lidea che

    lefficienza neurale negli atleti non sia un fenomeno generalizzato, ma specifico per il gesto

    del segmento motorio particolarmente allenato.

    Questi studi sono in linea con dati precedenti di ricercatori finlandesi (Konttinen, Lyytinen,

    1992; Konttinen, Lyytinen & Era, 1999) che misurano in campo gli Slow Potentials (SP; le

    componenti BP e NS insieme) di atleti di tiro e notano che le migliori performance sono

    associate con SP frontali meno ampi rispetto a quelli registrati nelle prestazioni peggiori;

    inoltre potenziali lenti meno ampi sono associati a oscillazioni del corpo ridotte.

    Citiamo infine uno studio che, a differenza dei precedenti, in contraddizione recente con

    lidea dellefficienza neurale (Del Percio et al. 2008). Il compito differente: schermidori e

  • 18

    karetechi osservano su uno schermo immagini di attacchi di scherma e karate e devono

    rispondere premendo un pulsante a destra o sinistra a seconda che lattacco appaia sul lato

    destro o sinistro dello schermo. Quando la risposta eseguita con la mano destra, il

    potenziale di preparazione motoria sulle aree supplementare motoria e contralaterale

    sensorimotoria di ampiezza maggiore negli atleti rispetto ai non atleti. Ci sono poi

    differenze fra karatechi e schermidori non facilmente interpretabili.

    Figura 6. MRCP in atleti (linea spessa) e soggetti di controllo (linea fine) nel compito di

    flessione dellindice della mano destra. LMRCP mediato nei due gruppi registrando da

    elettrodi frontali e centro-parietali contralaterali, come indicato a sinistra nello schema della

    testa. Si noti in basso la differenza di ampiezza e latenza delle componenti BP e NS

    (modificata da Di Russo et. al 2005).

  • 19

    Dal concetto di efficienza neurale a quello di flessibilit

    Ricerche mediante ERP

    Sembra dunque che il cervello degli atleti abbia unelevata efficienza neurale, come

    evidenziato dalle componenti associate alle fasi di pianificazione motoria; viceversa,

    lattivit neurale rappresentata dalle componenti sensoriali e cognitive degli ERP appare

    pi intensa negli atleti rispetto ai non atleti.

    ERP da stimoli sensoriali

    Gli studi che indagano la risposta cerebrale a stimoli sensoriali non sempre riportano

    differenze tra atleti e non atleti.

    Nella modalit visiva, studiata attraverso i potenziali evocati visivi, si sono osservate

    differenze in ampiezza e/o in latenza. La risposta sensoriale (identificata nella componente

    P100) di latenza pi breve in tennisti e giocatori di squash rispetto a canottieri e non atleti

    (Delpont et al, (1991). Risposte pi ampie sono riportate anche per gli schermidori (Taddei

    et al., 1991). In atleti di pallavolo, Ozmerdivenli et al. (2005) mostrano differenze

    nellampiezza della P100 e nella latenza della N145 limitatamente al gruppo di atlete.

    Magni et al. (1998) non trovano differenze tra ciclisti (uno sport in cui la modalit visiva

    non appare particolarmente sollecitata) e non-atleti.

    La modalit somatosensoriale, studiata attraverso la registrazione dei potenziali evocati,

    non mostra differenze fra corridori, ginnasti e non-atleti (Thomas e Michell., 1996).

    Successivamente, si sono osservate differenze tra pallavolisti e non-atleti nellampiezza di

    alcune componenti prodotte dalla stimolazione del nervo tibiale (Bulut et al., 2003).

    Murakami et al., (2008) mostrano che la risposta dellarea somatosensoriale primaria (S1)

    maggiore nei giocatori di calcio rispetto ai non-atleti quando si stimola il nervo tibiale; nei

    giocatori di racquetball invece maggiore la risposta alla stimolazione del nervo mediano

    dellavambraccio.

  • 20

    Per quanto riguarda la modalit uditiva gli unici due studi finora pubblicati sono in netto

    contrasto tra loro (Nakata et al., 2009)

    In conclusione, questi studi mostrano che alcuni sport possono intensificare la risposta

    corticale ad alcuni specifici stimoli sensoriali; le modificazioni dipendono dal tipo di

    attivit implicata nello sport e/o dal distretto corporeo pi allenato.

    ERP in compiti che implicano discriminazione di stimoli e selezione delle risposte

    Mentre le ricerche sul tema della efficienza neurale hanno studiato, con poche eccezioni,

    atleti di sport closed-skill, una differente linea di ricerca si concentra prevalentemente su

    sport open-skill e valuta le caratteristiche del cervello degli atleti in compiti di laboratorio

    che in qualche modo simulano la complessit del comportamento in campo.

    Gli sport open-skill richiedono una grande flessibilit del comportamento ed impiego di

    risorse cognitive. Ad esempio, nella scherma o nel basket, per rispondere con successo a

    una finta o ad un comportamento dellavversario diverso da quello atteso cruciale

    modificare rapidamente la risposta motoria gi preparata e sostituirla con unaltra pi

    appropriata. I processi sottostanti questo comportamento complesso sono molteplici: la

    discriminazione dello stimolo, la preparazione di una risposta motoria, linibizione della

    risposta, la selezione di una nuova risposta. Questa flessibilit difficilmente riconducibile

    a una situazione di laboratorio, tuttavia alcuni compiti come il Go/No-Go si prestano,

    almeno in un certo grado, a simulare in forma estremamente semplificata la condizione

    della finta.

    Il compito si basa sul confronto di condizioni che richiedono la discriminazione fra stimoli

    e la selezione di risposte diverse a seconda dello stimolo. E definita Go la condizione in

    cui il soggetto deve rispondere ad uno stimolo visivo (detto target) con una specifica azione

    (ad esempio, premendo il tasto). E definita No-Go la condizione in cui il soggetto deve

    trattenersi dal rispondere (non premere) ad un altro stimolo visivo (detto non-target). I dati

    acquisiti in condizione Go/No-Go si possono inoltre confrontare con quelli acquisiti in

    compiti di reazione semplice in cui non si chiede al soggetto di discriminare fra stimoli e

    risposte (il soggetto deve sempre premere il tasto appena compare lo stimolo,

  • 21

    indipendentemente dalle caratteristiche dello stimolo). Mentre latleta impegnato nel

    compito, sono registrati gli ERP; questi descrivono lattivit corticale in funzione del

    compito e forniscono una descrizione ad altissima risoluzione dellevoluzione nel tempo

    degli eventi corticali (Di Russo et al., 2005). Simultaneamente si registra il tempo di

    reazione motorio. E cos possibile associare misure comportamentali (i tempi di reazione)

    con i processi cerebrali concomitanti.

    Lo studio di Di Russo et al. (2006) indaga schermidori di alto livello e nota le differenze

    rispetto al gruppo di controllo di non-atleti. La prima differenza a livello

    comportamentale: i tempi di reazione in condizione di discriminazione sono pi rapidi. La

    figura 7 mostra alcune delle differenze pi rilevanti nelle componenti ERP. In particolare si

    osserva un effetto pi marcato dellattenzione (rispecchiato nella componente N1 molto pi

    ampia negli atleti che nei controlli) e una forte accentuazione delle componenti (N2 e P3)

    associate con il controllo inibitorio nella condizione No-Go. La grande flessibilit di

    comportamento degli schermidori potrebbe quindi risultare dalla maggior attivazione dei

    diversi circuiti neurali responsabili dellattenzione visiva e del controllo inibitorio del

    movimento gi preparato. In questo caso le risposte degli atleti sono pi ampie, non ridotte

    come vorrebbe la teoria dellefficienza neurale. Sembra chiaro che luso di paradigmi

    diversi consente di distinguere quali sono i processi in cui ha luogo economia corticale e

    quelli in cui invece lattivit corticale pi intensa negli atleti: la preparazione motoria

    costa, meno negli atleti, presumibilmente grazie al contributo sottocorticale; viceversa, il

    controllo attenzionale e inibitorio costano di pi negli atleti rispetto ai soggetti di

    controllo e producono risultati migliori sul piano comportamentale.

  • 22

    Figura 7. ERP in schermidori (linea spessa) e soggetti di controllo (linea fine) nel compito Go/Nogo (modificata da Di Russo et. al 2006).

    Un altro studio riconducibile al tema della flessibilit del comportamento degli atleti

    riguarda i giocatori di tennis da tavolo e usa il paradigma del doppio stimolo combinato con

  • 23

    il paradigma di Posner. (Hung, Santa Maria & Hatfield, 2004). Il primo stimolo (S1,

    sonoro) serve per avvisare che sta per giungere il secondo stimolo (S2, visivo), cui il

    soggetto dovr rispondere premendo un tasto. S1 suggerisce al soggetto dove arriver S2 (a

    destra oppure a sinistra); questo suggerimento veritiero in una certa percentuale di prove

    (cue valido) e falsa nelle altre (cue invalido). S2 genera un potenziale evocato visivo di cui

    si studiano le componenti. La componente N1, che modulata dallattenzione, pi ampia

    negli atleti nelle condizioni di cue invalido ed associata a tempi di reazioni pi veloci. Ci

    suggerisce che gli atleti fanno bene anche in presenza di cue invalidi perch, grazie

    allesperienza fatta in campo, sono capaci di distribuire la propria attenzione anche in

    regioni dello spazio dove non si prevede larrivo dello stimolo (nellesperimento la regione

    opposta a quella indicate dal cue). La CNV (contigent negative variation), unonda che si

    sviluppa fra S1 e S2 e legata a meccanismi cognitivi che controllano la preparazione

    motoria, appare in questa condizione sperimentale pi ampia (invece che meno ampia,

    come ci si aspetterebbe per la regola dellefficienza neurale) negli atleti rispetto a non atleti.

    Questa maggiore intensit interpretata dagli autori come una forma di adattamento alla

    situazione difficile del compito: prestare attenzione a tutto il campo visivo, anche quello

    ove lo stimolo meno probabile, e prepararsi a rispondere motoriamente.

    Ricerche mediante Stimolazione Magnetica Transcranica

    La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) una tecnica in grado di attivare il tratto

    corticospinale esponendo, per un breve tempo, la testa dei partecipanti ad un campo

    magnetico. La TMS spesso applicata sulle aree motorie e produce delle risposte

    eccitatorie, dette MEP (motor evoked potentials), registrate dai muscoli degli arti

    Variazioni nellampiezza dei MEP sono interpretate come variazioni delleccitabilit dei

    neuroni cortico-spinali.

    Il primo studio che applica la TMS in atleti quello di Pearce et al, (2000) che studia tre

    gruppi: giocatori di badminton, appassionati di giochi sociali da tavolo e non giocatori. I

    giocatori di badminton hanno MEP pi ampi, ma solo per la mano che usano nel gioco.

    Fourkas et al. (2008) usano la TMS per studiare leffetto delle immagini mentali mentre

  • 24

    tennisti e non-atleti immaginano di eseguire un servizio di tennis, di ping-pong e un lancio

    di golf. I risultati mostrano che i tennisti hanno maggior eccitabilit cortico-spinale solo

    durante limmaginazione del servizio di tennis. Lo studio riporta inoltre che molti atleti e

    alcuni novizi dichiarano di percepire la racchetta come fosse una estensione del proprio

    corpo.

    Un altro studio riguarda atleti del basket; anche qui si fa uso di TMS, associata in questo

    caso a misure psicofisiche (Aglioti et al., 2008). Si osservano spezzoni di filmati di tiri a

    canestro; il compito decidere se il tiro andr a canestro oppure no. Gli atleti, a differenza

    dei novizi, sono in grado di decidere correttamente sulla base di pochissimi fotogrammi.

    La loro superiorit evidente anche in confronto ad allenatori e giornalisti sportivi, bench

    questi ultimi abbiano una vastissima esperienza di osservazione del basket. Ci che rende

    eccellenti nel compito di discriminazione visiva non dunque il vedere, ma il fare. La TMS

    contribuisce a consolidare questa idea, e gli autori possono ipotizzare che i meccanismi

    neurali responsabili delleccellenza motoria siano anche responsabili delleccellenza nel

    giudizio visivo. I neuroni a specchio, attivi sia quando si osserva unazione, sia quando si

    compie la stessa azione, potrebbero rappresentare il meccanismo neurale sottostante.

  • 25

    Studi di neuroimmagine nello sport

    Di recente il cervello degli atleti stato studiato con le tecniche di neuroimmagine, quali la

    risonanza magnetica anatomica (MRI) e funzionale (fMRI). Si sono evidenziate differenze

    tra atleti e non atleti a livello anatomico e funzionale.

    Studi Anatomici

    Una prima linea di ricerca ha riguardato i cambiamenti anatomici (anche detti morfologici)

    che avvengono a livello delle strutture cerebrali in seguito allesperienza motoria legata alla

    pratica sportiva. Gli atleti si allenano e fanno pratica nellambito della loro disciplina per un

    lunghissimo periodo di tempo che inizia spesso molto presto nellinfanzia e poi procede per

    tutta la loro carriera. Lapprendimento di unabilit motoria in seguito ad un allenamento

    costante e duraturo determina dei cambiamenti strutturali stabili nel cervello della scimmia

    (Recanzone et al., 1993) e delluomo (e.g. Karni et al., 1995, 1998). E possibile dunque

    che nel cervello degli atleti si verifichino dei cambiamenti morfologici in seguito

    allallenamento massiccio e prolungato nel tempo.

    Attualmente ci sono solo due studi che hanno affrontato questo argomento con MRI. Park

    et al. (2006) hanno misurato il volume cerebrale totale e il volume cerebellare assoluto e

    relativo in giocatori di basket e non atleti. In questo primo studio gli autori non hanno

    trovato differenze significative nei parametri misurati. Di recente per, lo stesso gruppo di

    ricerca facendo unanalisi del cervelletto anatomicamente pi dettagliata ha potuto mettere

    in evidenza che il verme cerebellare (lobuli VI e VII) dei giocatori di basket pi esteso

    rispetto a quello dei non atleti. Gli autori interpretano il risultato come un segno di plasticit

    cerebrale conseguente alla pratica sportiva (Park et al, 2009).

    Studi di risonanza magnetica funzionale

    La fMRI misura il segnale relativo al livello di ossigenazione del sangue, indicatore di

    livello metabolico e dunque del grado di attivit (tecnica BOLD, Blood Oxygenation Level

  • 26

    Dependent). A fronte dellaltissimo numero di studi con fMRI nellambito delle

    neuroscienze, la tecnica risulta relativamente poco applicata allo studio del cervello degli

    atleti. Le ricerche riguardano due argomenti principali, il tema dei neuroni mirror e quello

    della pianificazione motoria.

    Calvo-Merino et al. (2005) hanno studiato tre gruppi diversi di sportivi (ballerini

    professionisti di danza classica dal Royal Ballet di Londra, ballerini di danza capoeira e non

    atleti) e hanno cercato differenze nellattivit cerebrale registrabile quando si guarda

    unazione in cui si esperti (ad esempio, il video di danza classica per i ballerini) rispetto a

    unazione che non si sa fare (ad esempio, il video di capoeira per i ballerini). I risultati

    mostrano che i ballerini di danza classica hanno una maggiore attivit nel sistema mirror

    quando guardano video di danza classica rispetto ai video di capoeira, mentre i ballerini di

    capoeira mostravano leffetto opposto. Gli stessi autori in un altro studio fMRI confrontano

    il sistema mirror di ballerini e ballerine di danza classica mentre guardano dei passi di

    danza classica tipicamente maschile o femminile (Calvo-Merino et al., 2006). I risultati

    complessivamente suggeriscono che il sistema mirror influenzato dal repertorio motorio

    personale dellindividuo.

    Wright et al. (2007) studiano giocatori di tennis principianti mentre guardano o rispondono

    ad alcune sequenze video di tennis filmati dalla prospettiva dellavversario. I video

    mostrano (1) servizi di tennis, (2) comportamenti motori che non avvengono durante il

    servizio (ad esempio, palleggiare con la racchetta) considerati test di controllo, (3) sequenze

    statiche usate come test di controllo. Nei video dei servizi, i tennisti devono giudicare la

    direzione del servizio (sinistra o destra). Confrontando le attivazioni funzionali durante

    losservazione dei tre tipi di video si nota che il giudizio sulla direzione del servizio

    produce attivazioni funzionali non presenti nei video di controllo (sia statici che in

    movimento); le attivazioni sono localizzate nel lobulo parietale (inferiore bilaterale e

    superiore destro) e nella corteccia frontale destra (giro frontale inferiore dorsale e ventrale).

    Queste regioni della corteccia parietale e frontale sono considerate parte del sistema mirror

    nel cervello delluomo.

  • 27

    Alcuni studi si sono occupati della pianificazione motoria, ovvero dellattivit cerebrale che

    precede lesecuzione, nellottica di rilevare se gi a questo livello sono presenti differenze

    tra atleti e principianti. Milton et al. (2007) studiano lattivit cerebrale collegata alla

    pianificazione di un atto motorio in atleti professionisti di golf e in non atleti. Gli esperti

    hanno attivazione principalmente nel lobulo parietale superiore, nellarea premotoria

    laterale dorsale e nelle aree occipitali; un dato interpretabile come integrazione fra

    informazione visiva e aspetti esecutivi. Nei non atleti sono invece attivi il cingolo

    posteriore, lamigdala e i gangli della base; queste attivazioni implicano un coinvolgimento

    emozionale che probabilmente disturba la concentrazione sul gesto sportivo. Kim et al.

    (2008) confrontano arcieri di lite e non atleti durante la routine motoria che precede il tiro.

    Quando gli atleti stanno mirando sono attive le cortecce dei giri temporali ed occipitali e il

    cingolo anteriore; nel caso dei non atleti sono attive principalmente le aree frontali e il

    cingolo posteriore. Questi due studi sulla pianificazione motoria suggeriscono che

    lallenamento porta ad una organizzazione pi efficiente della attivit neurale che elimina

    linformazione irrilevante, mentre ci non avviene nei non atleti.

    La tecnica fMRI pu senzaaltro aiutarci a comprendere meglio le importanti differenze che

    esistono tra il cervello degli atleti e quello dei non atleti. Ad oggi, la tecnica ha identificato

    i meccanismi neurali che stanno alla base dellosservazione di un movimento e della

    rappresentazione di programmi motori negli atleti. E auspicabile che ulteriori studi

    identifichino i circuiti neurali coinvolti nelle fasi di elaborazione cognitiva e motoria

    implicate nellattivit sportiva.

  • 28

    I rischi dello sport per il cervello: il trauma da concussione

    E ampiamente dimostrato che lo sport fa bene al corpo e alla mente; tuttavia studi recenti

    suggeriscono che alcuni sport comportano anche rischi fin qui sottovalutati. Non parliamo

    di danni gravi ben noti come tipicamente riportato per il pugilato (il morbo di Parkinson o

    la Dementia pugilistica); questi sono limitati a pochissimi professionisti anziani e sono

    conseguenza dei gravi o gravissimi traumi cranici subiti nel corso della carriera (vedi

    Handratta et al., 2009; Orrison et al., 2009). Ci sembrano pi importanti gli effetti che, in

    atleti relativamente giovani, si possono produrre a causa di ripetuti colpi alla testa, anche di

    entit non molto grave. Questo tipo di trauma cranico di media o lieve entit legato alla

    pratica sportiva viene definito trauma da concussione e nella letteratura trattato come un

    argomento distinto dal trauma cranico di media gravit in contesti non sportivi

    (questultimo definito MTBI, Mild Traumatic Brain Injury). La distinzione motivata dal

    fatto che nella concussione non sono quasi mai rilevabili deficit a livello cerebrale con le

    tecniche radiologiche standard, nonostante gli atleti presentino alterazioni

    neuropsicologiche e una serie di sintomi post-traumatici ricollegabili a lesioni cerebrali

    (come mal di testa e sensibilit alla luce e al rumore). Il trauma da concussione rappresenta

    un problema serio in molte discipline sportive e negli ultimi anni aumentato linteresse

    delle neuroscienze nei confronti di questo argomento. In una recente rassegna, Davis et al.

    (2009) ha elencato le tecniche di indagine utilizzate fino ad oggi nel tentativo di dimostrare

    in maniera obiettiva la presenza di danni cerebrali da concussione negli atleti. Le tecniche

    pi efficaci sono le neuroimmagini e lelettrofisiologia.

  • 29

    Tecniche di neuroimmagine: risonanza magnetica anatomica,

    spettroscopia e risonanza funzionale

    Come anticipato, il trauma da concussione nello sport per definizione associato a esiti

    negativi agli esami di neuroimmagine di tipo anatomico, quali TAC (Tomografia Assiale

    Coputerizzata), RMN (Risonanza magnetica nucleare) e DTI (Tensore di diffusione).

    Queste tecniche sono in grado di rilevare la presenza di lesioni cerebrali nei casi di MTBI,

    ma tipicamente falliscono nel rilevare la presenza di anomalie o di lesioni nel trauma da

    concussione (Davis et al., 2009). Per questa ragione i sintomi post-traumatici nella

    concussione sono stati finora considerati dei deficit funzionali piuttosto che la conseguenza

    di una lesione cerebrale vera e propria.

    Di recente stata avanzata lipotesi che dietro a questi sintomi ci possano essere dei

    cambiamenti neuro metabolici. Henry et al (2009) studiano leffetto del trauma da

    concussione sul metabolismo cerebrale usando la spettroscopia di risonanza magnetica

    (MRS), una tecnica che rileva cambiamenti neurometabolici nei tessuti. Un gruppo di atleti

    con trauma da concussione confrontato con un gruppo di atleti senza trauma. Tutti gli

    atleti sono esaminati 24-36 ore dopo il trauma con MRS e sono inoltre valutati con una

    batteria di test per misurare la sintomatologia post-traumatica. Gli atleti con trauma hanno

    punteggi di sintomatologia pi elevata rispetto agli atleti senza trauma, mostrano una

    diminuzione significativa di glutammato a livello della corteccia motoria primaria (M1) e

    una diminuzione significativa di N-acetil-aspartato in M1 e nella corteccia prefrontale. E

    importante notare che i cambiamenti metabolici in M1 correlano con la severit dei sintomi

    riportati dai pazienti. Questi risultati confermano la vulnerabilit corticale nella fase acuta

    post-concussione e dimostrano per la prima volta una correlazione tra i sintomi soggettivi

    riportati dagli atleti e i cambiamenti oggettivi rilevati con la MRS.

    Unaltra tecnica utile per la valutazione dei traumi da concussione nello sport la risonanza

    magnetica funzionale (fMRI) che informa sulle basi neurali di una specifica funzione

    sensoriale o cognitiva; pu quindi rilevare anormalit funzionali associate con la

  • 30

    concussione in condizioni standard oppure in condizioni di particolare carico cognitivo

    (McAllister et al., 1999, 2001). Gli studi mostrano unassociazione tra un pattern atipico di

    attivazione funzionale in compiti di memoria e presenza (Chen et al., 2004; Lovell et al.,

    2007) e severit (Chen et al., 2007) di sintomi post-trauma.

    Rispetto ad altre tecniche di neuroimmagine, fMRI non essendo invasiva pu essere

    applicata pi volte su un singolo soggetto. Questo pu consentire in ambito sportivo studi

    detti prospettici, in cui le misure sono eseguite per ogni atleta prima di un eventuale trauma

    da concussione. Queste misure (baseline) possono poi essere confrontate con i risultati

    ottenuti sugli stessi atleti dopo il verificarsi di un trauma da concussione. Lo studio

    prospettico consente di valutare le differenze funzionali tra sessioni nel singolo soggetto e

    dunque nel rispetto delle differenze individuali presenti a livello cerebrale.

    I primi studi che hanno adottato questo approccio sono riusciti ad identificare, negli atleti

    che avevano subito un trauma da una settimana, alcune caratteristiche neurali indicative

    della presenza di una lesione cerebrale. In particolare, Jantzen et al (2004) studiano

    lattivit BOLD in giocatori di calcio prima di un torneo e al termine di questo. Le misure

    di baseline sono acquisite durante lesecuzione di un paradigma di cordinazione

    sensorimotoria simile a quello usato per lo studio del recupero funzionale in seguito ad

    ictus cerebrale (Nair et al., 2003). Nel corso del torneo, solo una met dei giocatori subisce

    concussione. Solo in questi atleti, a una settimana di distanza dal trauma, lattivit BOLD

    registrata mentre eseguono lo stesso compito motorio della prima seduta risulta aumentata

    rispetto alla baseline nelle aree parietali e premotorie.

    Nei casi in cui possibile eseguire valutazioni ripetute nel tempo (follow-up), lfMRI pu

    essere usata anche per valutare il recupero funzionale e la presenza di eventuali pattern di

    attivazione di tipo compensatorio (Chen et al., 2008a). Ad esempio, alcuni studi hanno

    correlato le anomalie nel segnale BOLD con i risultati dei test cognitivi (vedi Figura 7).

    Lovell et al (2007) hanno condotto uno studio fMRI su un gruppo di atleti che avevano

    subito concussione. Le misure fMRI sono effettuate durante un compito di memorizzazione

    immediatamente dopo il trauma e successivamente al recupero clinico e neuropsicologico

    degli atleti. Gli atleti che al primo esame mostravano iperattivazione funzionale hanno

  • 31

    tempi pi lunghi di recupero rispetto agli atleti che non mostravano iperattivazione

    funzionale.

    Questi studi hanno anche consentito la raccolta di dati normativi che possono essere ora

    usati per valutare se le variazioni del segnale BOLD di un atleta con trauma deviano oppure

    no dal pattern normale. La presenza di dati normativi pu essere utile anche per la prognosi,

    specialmente nei casi in cui i sintomi persistono ma le immagini radiologiche del cervello

    sono normali.

    Nei casi di concussione, in aggiunta ai sintomi fisici (mal di testa e astenia) e ai deficit

    cognitivi (difficolt di concentrazione, disturbi di memoria e delle funzioni esecutive) ci

    possono essere complicazioni di carattere psichiatrico (ansia, irritabilit, depressione). La

    maggior parte degli studi sui traumi nello sport si focalizzata sugli aspetti fisici e

    cognitivi, mentre la dimensione psichiatrica rimane ancora inesplorata. Chen et al (2008b)

    confronta atleti con trauma che lamentano depressione, atleti con trauma che non

    lamentano depressione e atleti di controllo sani. Gli atleti con sintomi di depressione hanno

    un pattern di attivazioni funzionali simile a quello osservato con fMRI nei pazienti

    psichiatrici che soffrono di depressione grave, suggerendo che la depressione che segue ad

    un trauma nello sport probabilmente condivide gli stesso circuiti neurali coinvolti nella

    sindrome depressiva in forma grave.

  • 32

    Figura 7. Studi prospettici di fMRI in atleti. A) fMRI prospettica di gruppo di 4 atleti

    senza sintomi post-concussivi (PCS). B) fMRI prospettica di gruppo di 8 atleti prima

    (baseline) e dopo la concussione (meno si 72 ore) durante un compito di memoria di lavoro.

    Si noti la riduzione di attivazione seguente la concussione. C) fMRI prospettica di gruppo

    in atleti nei i quali i sintomi post-concussivi sono migliorati (PCS improved) confrontati

    con atleti nei quali i sintomi non si sono risolti (PCS not- improved). Modificata da Davis

    et al., 2009.

    Elettrofisiologia: potenziali evocati e potenziali evento correlati

    Mentre lEEG e la magnetoencefalografia (MEG) si sono rivelati poco utili nel misurare

    limpatto della concussione sulle funzioni cognitive degli atleti (Davis et al., 2009), sembra

    che gli ERP e in particolare la componente P3 siano pi sensibili (Gosselin et al., 2006;

    Lavoie et al., 2004; Gaetz et al., 2000; De Beaumont et al., 2007; Dupuis et al., 2000).

    Dati recenti relativi a giocatori di hokey e di calcio indicano che le concussioni subite nel

    gioco producono deficit a pi di un livello di elaborazione neurale; questi deficit sono

  • 33

    marcati da variazioni a carico di numerose componenti ERP (Gosselin et al., 2006) o

    limitati alla componente P300 (Lavoie et al., 2004). In particolare gli effetti di

    rallentamento e diminuzione di ampiezza della P300, sarebbero di lunga durata, risultando

    ancora documentabili a tre anni di distanza dallevento traumatico (De Beaumont et al.,

    2007) e addirittura a trenta anni di distanza (De Beaumont et al., 2009).

    Ci soffermiamo su questultimo studio che confronta due gruppi (et media: 60 anni)

    composti da ex-atleti; il primo gruppo aveva subito concussioni nel corso dellattivit

    sportiva, il secondo gruppo non aveva riportato alcun incidente. Il compito (come nella

    maggior parte degli studi sopra citati) era un oddball task; i soggetti ascoltano dei suoni e

    stanno attenti e segnalano i rari suoni target che vengono presentati fra i molto pi

    numerosi suoni non-target; occasionalmente compaiono anche dei suoni nuovi che non

    devono essere segnalati. I due gruppi studiati svolgono il compito con eguali capacit, ma

    le componenti P3a e P3b (tipicamente rilevate nel compito oddball) risultano rallentate e

    diminuite di ampiezza nel gruppo che aveva subito concussioni. Si deve notare che queste

    componenti sono considerate un indicatore clinico di disfunzione cognitiva, ad esempio

    sono efficaci per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer. Lalterazione

    elettrofisiologica dei concussi era associata a un silenzio corticale pi prolungato rispetto ai

    controlli dopo somministrazione di stimolazione magnetica transcranica (questo dato

    interpretato come una variazione a carico del sistema inibitorio a mediazione GABA) ed a

    rallentamento motorio in un compito di movimento rapido alterante (interpretabile come un

    sintomo di bradicinesia). Lo studio dice chiaramente che le concussioni subite hanno

    conseguenze croniche sul sistema, visibili a distanza di trenta anni.

    Uno studio del nostro gruppo (Di Russo & Spinelli, 2009) ha considerato pugili

    professionisti, utilizzando il compito Go/No-Go descritto sopra. Questo tipo di compito

    stato molto utilizzato in neuropsicologia per valutare la presenza di deficit funzionali in

    pazienti con lesioni cerebrali (si veda ad esempio, Zimmermann & Fimm, 2002).

    Simultaneamente alla registrazione elettrofisiologica, abbiamo registrato laccuratezza e la

    velocit (RT) con cui i diversi soggetti svolgevano il compito. Riguardo agli RT si analizza

    sia la variabilit intra-individuale (che fornisce una indicazione sulla stabilit del

  • 34

    comportamento individuale) sia lanalisi dello switch cost (costo di cambiamento, ovvero

    la diminuzione della velocit di risposta presente quando, invece che ripetere sempre la

    stessa azione, si passa ad una azione differente). A livello comportamentale i pugili hanno

    uno switch cost pi elevato dei controlli e anche la stabilit del comportamento inferiore

    alla norma. A livello elettrofisiologico, si osserva un notevole rallentamento della

    componente P300 rispetto alla norma (Figura 8a). Vogliamo sottolineare un dato

    interessante: c una correlazione positiva fra la quantit di allenamento e il ritardo della

    P300 nelle condizioni di inibizione (Figura 8b). Questo risultato suggerisce che i ripetuti

    colpi alla testa ricevuti dai pugili possano produrre dei disturbi a livello del controllo

    inibitorio del comportamento.

    Segnaliamo che questo approccio molto sensibile: gli studi eletrofisiologici precedenti sui

    pugili erano risultati poco conclusivi. McLatchie et al. (1987) aveva trovato anormalit

    nellEEG in una piccola quota dei pugili studiati; Breton et al. (1991) confrontando ERP

    prima e dopo il combattimento non avevano riscontrato anormalit nellattenzione o nella

    capacit di detezione di stimoli, anche se era presente dopo il combattimento un leggero

    deficit nella reazione di orientamento verso gli stimuli presentati allorecchio destro, un

    fenomeno messo in relazione con il maggior numero di colpi ricevuto sulla parte sinistra

    del capo.

  • 35

    Figura 8. a) Latenza della P3 nelle prove No-Go confrontata con la latenza della stessa

    componente nelle prove Go. b) Correlazione fra la quantit di allenamento e il ritardo

    della P3 nelle condizioni di inibizione nei pugili (modificata da Di Russo e Spinelli 2009).

  • 36

    Conclusioni e Prospettive

    Le moderne tecniche dindagine elettrofisiologiche e di neuroimmagine hanno dato un

    notevole contributo alle neuroscienze dello sport, offrendo evidenze della plasticit del

    cervello umano allesperienza fatta nel corso della pratica sportiva.

    Il cervello dellatleta si adatta alle richieste dello sport in modo da rendere pi efficiente ed

    economica la preparazione e lesecuzione dellazione da una parte, dallaltra aumentando le

    risorse destinate a compiti sensoriali e cognitivi per analizzare al meglio lambiente

    circostante e controllare pi efficacemente la selezione delle risposte appropriate agli

    stimoli.

    Considerando che le abilit sensoriali, motorie e cognitive richieste dai diversi sport sono

    drasticamente differenti, il confronto dei cervelli di atleti di diverse discipline sportive

    particolarmente interessante; per il momento si sono colte le differenze pi evidenti: quelle

    fra atleti di sport open skill vs closed skill. In prospettiva, paradigmi di studio pi raffinati e

    pi specifici, con il supporto delle tecniche a disposizione, potranno rivelare la specificit

    della plasticit cerebrale indotta dallo sport, esaminando la correlazione tra comportamenti

    e strutture corticali, valutando gli effetti dellintensit o la durata dellallenamento. Inoltre

    studi longitudinali su singoli atleti nel corso della carriera potrebbero rendere esplicita

    linfluenza sul cervello individuale dellallenamento a lungo termine.

    Abbiamo concluso la rassegna trattando dei rischi dello sport per il cervello. La

    concussione un problema serio in molte discipline sportive quali rugby, calcio, baseball,

    pugilato, hockey e di recente stato oggetto di numerosi studi. Un obiettivo importante

    nella ricerca sulla concussione sviluppare approcci metodologici adeguati e mettere a

    punto indicatori oggettivi per quantificare e valutare le conseguenze neurali della

    concussione. Gli indici neurali della disfunzione cognitiva e motoria associati alla

    concussione potranno fornire elementi per consentire allatleta di decidere se e quando

    ritornare a giocare. Si potrebbero sviluppare metodi specifici di riabilitazione

    neuropsicologica e, per valutare il recupero da concussione, studi longitudinali

    elettrofisiologici e di neuroimagine potrebbero fornire informazioni complementari ai dati

  • 37

    comportamentali. Complessivamente, la rassegna degli studi sulla concussione nello sport

    suggerisce la necessit di aumentare la cautela (uso di caschi ed altri elementi di

    protezione) in attivit sportive a rischio di ripetute concussioni.

  • 38

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