47
 Pier luigi Potali v o Giuliani e de Lhoy er: l ’anatema dell’Echte Saggio dissennato e semiserio sopra i sei preludi a due facce 

Giuliani LHoyer

Embed Size (px)

Citation preview

  • Pierluigi Potalivo

    Giuliani e de Lhoyer: lanatema dellEchte

    Saggio dissennato e semiserio sopra i sei preludi a due facce

  • Questo articolo , da una parte, una ricostruzione scherzosa della nota querelle che ebbe luogo nel 1990 sulle pagine del Fronimo, sfociata poi nellattribuzione dei Prludes op.83 di Mauro Giuliani ad Antoine de Lhoyer; dallaltra, una divagazione personale fuori da ogni pretesa filologica e basata solo sullascolto e la pratica della musica sopra i due compositori e gli ambienti culturali in cui hanno operato. Gli stessi ricercatori protagonisti della querelle, che solo il pretesto per quella divagazione, hanno tra loro rapporti cordiali, e nel segno della cordialit, della leggerezza, unita comunque allamore e alla devozione per gli artisti di cui si tratta, va considerato il presente scritto.

    Grazie a Eleonora Tiliacos

    e a Lilith Mazzocchi

    per la preziosa collaborazione

    GIULIANI E DE LHOYER: LANATEMA DELLECHTE by PIERLUIGI POTALIVO is licensed under a Creative Commons Attribuzione Non commerciale Non opere derivate 3.0 Unported License.

  • INDICE

    1. I diritti dautore diventano manrovesci pag. 4

    2. Echte pag. 6

    3. Let dei campioni: Mauro e Fernando pag. 8

    4. Mitteleuropa di un italiano allestero pag. 11 5. Due mondi e un soldato sensibile pag. 13 6. Italia, Francia...o Germania? pag. 15 7. I Prludes visti dalla postazione degli Exercices pag. 18 8. Pro Iuliano reo pag. 27 9. Humanitas pag. 31 10. Gloria di Mauro (senza preludi) pag. 33 11. Antoine, amateur esiliato pag. 37 12. Un cenacolo spirituale pag. 39

    13. Un francese in (P)russia pag. 41 14. Dioniso e il recitativo anarcoide pag. 42

    15. The very end: tarallucci pugliesi e vino dAlvernia pag. 44

    16. Coda pag. 45 Notabibliografica pag. 47

  • 41. I diritti dautore diventano manrovesci

    Nessuno si stupisce nel leggere, tra le note dei compositori che ancora ignoravano il copyright, autocitazioni o piccoli (grandi) prestiti dallaltrui ingegno. Ci evidente in special modo allinizio del XIX secolo, quando nasce la musica come mercato e, in particolar modo, larte della variazione trasforma ogni autore in un fertile rielaboratore di temi dopera da alta classifica; un esercizio di stile very cool nelle corti o nei saloni delle residenze aristocratiche e una risposta alle continue richieste di editori, allievi e dilettanti. La variazione (come la fantasia e il pot-pourri) un bel gioco di prestigio, un trasformismo che solo con la voce o in musica si d in tempo reale, cio senza bisogno di un telo per cambiarsi alla Brachetti. Ma a differenza della sonata la variazione, prima di farsi forma musicale, un moto naturale dellagire che assume poi una precisa incarnazione formale, annoverando i suoi capolavori.

    Il destino della variazione dunque non quello di tante altre forme di cui si pu seguire la metamorfosi nei secoli, spesso coincidente con una graduale nobilitazione. Le danze ne sono un esempio: si pensi alla sarabanda, purificata come un diamante (fino alle suites di Bach) dalla bolla di lascivia che ebbe in tempi di Controriforma, quando venne importata in Spagna dalle colonie caraibiche. Diversa fu appunto la vicenda della variazione, sebbene da un certo momento in poi cominci la sua storia come forma, dai primi cimenti liutistici ai clavicembalisti inglesi, fino alle creazioni mirabili delle varie Goldberg, Diabelli, Brahms/Paganini etc.

    Venendo a Giuliani, ecco che la presenza di sei preludi di attribuzione incerta in unopera imponente di 151 numeri crea, in era di copyright, un picco-lo caso con i relativi fendenti tra studiosi. Per essere chiari, scrissi gi le mie opinioni sulla difficolt di rivendicare autentica originalit nella creazione, ma solo a patto di elevare il quid della questione a un piano spirituale: al cospetto cio del mondo delle intuizioni. Scendendo - e di molto - in ambito SIAE, certo legittimo sferrare lo schiaffone sulla mano lesta di chi si appropria delle fatiche altrui, tanto quanto si sanziona il furto di uno scooter. Solamente, mentre credo sia ovvio pensare allunanimit non puoi rubare in casa altrui, non riesco a prendere totalmente sul serio la protezione del bene immateriale, la cui assolutezza appare con un piede nel codice civile e con laltro nella sfera delle intuizioni creative, con i suoi debiti meno universale. A meno che, allo stesso modo in cui si comprano le applicazioni dei cellulari - che con vera gioia acquistiamo dalle multinazionali della tecnologia, perfino lapp chiamata iMortacci, contenente tutte le parolacce nei vari dialetti - non si paghino i dirit-ti retroattivi di ogni foto del celebre telescopio Hubbles agli eredi Galilei, o quelli di ogni composizione dodecafonica agli eredi Schmberg. Ebbene s, il software indubitabilmente di Arnold.

  • 5Per cui, di fronte allonesto scopo di mette inzieme er pranzo co la cena vecchio sogno, peraltro, degli artisti di sempre non invocherei le teologie della Sacra Autorialit, ma lascerei agli autori ed editori la loro voglia di societas, allo Stato la sua vocazione di fare il banco creando la SIAE e agli azzeccagarbugli quel corpus di norme che ormai, a forza di blindare ogni singolo frutto dellinventiva al grido di questo lho fatto io!, consentono di privatizzare molecole e bacilli. Si potr sempre dire il motorino mio e lo affitto a chi mi pare; ma cos parlando siamo gi fuori - e da un pezzo - da quellambito magico che larte, dove ogni creatore vive a contatto con gli spiriti a lui affini, in una comunit che non conosce diritti se non quelli delle libere fratellanze.

    Insomma, la questione : Mauro Giuliani plagia Antoine de Lhoyer? I suoi Six Prludes op.83 (1817) sono figliastri dei precedenti Six Excercices op.27 del francese (1812 circa)? La squadra scientifica degli storici gi sul campo da un pezzo, impegnata in misurazioni, rilevamenti, ipotesi, congetture. Preferirei per, avendo terrore delle ontologie, un conversare che oltre a dar conto di fatti acclarati sia anche e soprattutto di tipo immaginativo/emotivo.

    A ben guardare la vicenda infatti degna di una fiction da salotto culturale. In primo piano le capitali dEuropa, Vienna e Parigi, e due insigni artisti: da un lato un virtuoso della corte di Vienna, litaliano di successo, il maestro di chitarra dellImperatrice Maria Luisa e Cavaliere del Giglio, Don Mauro Giuliani; dallaltro, lardimentoso musico-luogotenente e bodyguard del re Luigi XVI, Cavaliere dellOrdre de Saint-Louis, Antoine de Lhoyer. Sullo sfondo due abili editori austriaci, Pleyel, che operava a Parigi, e Weigl a Vienna. Un asse austriaco, questo, che strizza locchio allipotesi non priva di fascino del professor Heck, che opta per unoperazione editoriale concertata dai due connazionali. la teoria del terzo testo, uno sconosciuto originale X come sorgente di due distinti arrangiamenti promossi dai perspicaci editori.

  • 62. Echte

    La tesi dello studioso si pone nel giusto centro rispetto alla piccola querelle voluta, sulla base dei suoi ritrovamenti, da Matanya Ophee, il noto e simpatico ricercatore-critico-collezionista in bretelle e Cohiba. In un articolo di ventanni fa, fresco di ricerche e soggiorni francesi, si abbatteva sullautenticit dei preludi (e non solo) di Giuliani col piglio di un piccolo Savonarola. Attribuendoli non senza fondatezza al quasi sconosciuto de Lhoyer, Ophee scriveva, a dire il vero un po acidulo, di frodi vergognose, di ristabilimento della verit etc.; cio di tutte quelle cose che si dicono per avere un bellocchio di bue. Dopodich tracimava teatralmente e, con olimpico sussiego, pronunciava il suo pernacchio: lanatema dellEchte (ted. = autentico). Secondo questo pronunciamento, a seguito delle sue indagini, sullintero corpus giulianiano avrebbe dovuto stendersi il sospetto infamante del plagiat. Immaginiamo, pertanto, che lopera completa avrebbe dovuto subire lo smacco di un notarile riesame, che distinguesse le prove del Giuliani plagiatore dal quelle dellautentico (Echte) Giuliani. Ecco dunque lorribile quadro prospettato dallOphee, un enorme riesame dellopera dello sventurato pugliese, con lui mazziere del mercante in fiera, a declamare:

    Op.1: ECHTE - Ebbene, fu vera gloria Op.2: PLAGIAT! - Ei copi! Op.3: OMISSIS - Ci stiamo lavorando, per quanto si sospetti un plagiat, etc. - E quindi - dice lui - il divino Giuliani ?... PRRRF!

    A una tale entre dellOphee, compiuta a freddo e sulle colonne di una rivista italica, non tardarono le repliche. Marco Riboni, il biografo italiano di Giuliani, il nostro Thomas Heck, ribatteva a suon di calcolatrice e numeri di lastre a stampa dellepoca. Il Riboni gioca giustamente in difesa, di fronte allassalto allando cojo cojo - romanesco = sparo random, e chi colpisco, colpisco - del critico col sigaro. Un attacco comunque sferrato con un buon fucile, e cio tramite un testo ritrovato, identico ai preludi in questione, apparentemente di precedente pubblicazione.

    Larma migliore di Ophee lo scoop in s. Non vi ahim traccia nel suo articolo di quelle considerazioni artistico-musicali che ci si aspetterebbero, come dovuto complemento, da un ricercatore di razza quale egli ; a questo proposito si potrebbe portare ad esempio la sagacia dei Buscaroli o dei Carandini, che sono per evidentemente rari totem. Dallo sforzo di Ophee nasce dunque un anatema frettoloso e freddo come il gesto di un tiratore al piattello, e una tuttavia assai interessante biografia dell uomo de Lhoyer, ben ricostruita in base ai documenti militari che lo riguardano. La difesa di Riboni quella di chi conosce bene il suo mestiere: egli sostiene che, sebbene la musica dei due campioni sia obiettivamente la stessa, non per chiaramente dimostrabile un

  • 7plagio da parte di Giuliani. Lorchestratore secondo lui leditore Weigl, che agisce alle spalle di Mauro. Il biografo inoltre dubita che gli anni di pubblicazione dei lavori siano credibili. E snocciola i suddetti numeri di lastra, a riprova di come avvicinare (come accade distinto) la data di pubblicazione a quella della composizione di unopera, vieppi nel mondo editoriale di quel tempo, possa portare fuori strada ci che anche Heck avrebbe dimostrato pi tardi. Non intende egli disarmare lOphee a priori, sarebbe negare il suo chiaro colpo storico, ma ne smorza la carica offensiva. Chiuder la sua replica, parecchio dottorale, con unimpennata da patriota, dallinattesa humanitas: e se proprio li voi, tietteli pure sti preludi, che manco so granch

    Il compositore Gilardino, dopo il grosso della trincea filologica riboniana, termina la difesa italica con incursioni di fioretto, criticando anche lui non la sostanza ma limpianto scandalistico dellarticolo di Ophee, di fatto controspernacchiato a botte di parentesi e incisi, e chiosato come amateur con lhobby della ricerca. Da musicista, infine, invita a non escludere dalla discussione il lato musicale, dello stile. Sar pur sempre non gi letichetta, ma il palato dellesperto assaggiatore a dire lultima parola sullorigine e sulla bont di un vino. Fatalmente, ottenuto il roboante Ophee daver lanciato il suo squillo di tromba, la somma algebrica RiboniGilardino riconduce alla tesi del terzo testo. Due illustri rielaboratori, insomma, per uninedita raccolta di studi (per violino? si chiede Heck, e di fatto il carattere della musica potrebbe suffragare la tesi), da offrire ai mercati musicali di due diverse nazioni.

    Inoltre, insiste Heck, acclarato che i numeri usati da Pleyel (il quale fa grandi e deliberati casini con le sue lastre di stampa, spesso per evitare grane, appunto, di copyright) vanno spesso riferiti a opere pi tarde, e questo permette di avvicinare cronologicamente gli Exercices ai Prludes. Ma per attribuire la paternit di un lavoro, appunto, c pur sempre la maniera di un artista a fare da guida. La fortuna di de Lhoyer non ha finora avuto paragone con quella di Giuliani; certo, indubbio che lo stile dei Prludes si discosta piuttosto chiaramente da quello ben noto del pugliese. La netta diversit di questa singola opera rispetto alle sue altre salta subito agli occhi; ma possiamo dire lo stesso per de Lhoyer, ora che conosciamo piuttosto bene anche la sua musica. E ci ci riporta direttamente allipotesi di Heck.

  • 83. Let dei campioni: Mauro e Fernando

    forse poco detto che la musica, italianissima, di Giuliani un perfetto prodotto della scuola napoletana non passa dal regno borbonico a quello asburgico senza conseguenze. Il primo brillante esempio la Sonata op.15, bellissima osmosi tra stile viennese e napoletano. Il primo tempo di questa sonata - detta nel frontespizio originale (davvero appropriatamente) brillante - un allegro di gusto tipicamente mozartiano, con una sezione centrale che preferisce la comparsa di temi nuovi allo sviluppo vero e proprio. Anche lincipit delladagio di pura scuola classica, ma la vena italica non resiste e si concede un breve duetto dopera tenore/soprano nella seconda parte; in coda un ritorno, accennato e crepuscolare, del tema dellallegro chiude questo movimento con un affetto da idillio pastorale. La sezione meno ispirata della composizione nel complesso il rond, un lungo arpeggio il cui piglio creativo si smorza gradualmente.

    A Vienna naturalmente verano chitarristi anche prima dellarrivo di Giuliani, tra i quali il buon Molitor, provetto violinista e autore di brani per chitarra garbati, soprattutto nuovi ; ma in generale la Sonata op.15 deve essere apparsa come out of the blue a un pubblico che soltanto ora definitivamente smetteva di associare le corde pizzicate al liuto (o a qualche derivato), cio allo strumento del nonno.

    La chitarra solista infatti non possedeva ancora a pieno titolo la formasonata. Proprio a cavallo tra 700 e 800 si registra un impulso alla produzione di metodi per chitarra e di sonate, in particolare tra Madrid, Parigi e Vienna. Basti pensare alla generazione dei pionieri come Moretti, Gragnani, il gi citato Molitor, Molino (anchegli violinista), che gi scrivevano sullo strumento nel solco di un classicismo semplice ma compiuto, nel complesso piacevole e, nel caso di Gragnani, raffinato. La nuova chitarra a sei corde gradualmente soppiantava quella a cinque di de Lhoyer, e ora il terreno tecnico-stilistico era pronto per laffacciarsi dei veri virtuosi. Tutti quegli autori scrivevano sonate, maggiormente per formazioni da camera, ma anche le prime per chitarra sola. La generazione seguente (1775-80 ca.) quella dei maggiori Carulli, Matiegka, Aguado, Paganini, e appena dopo Carcassi; degli ultimi anni la riscoperta di de Lhoyer e da Fossa, che permette il loro sicuro inserimento tra questi migliori. Ed anche e soprattutto la generazione dei campioni: Mauro Giuliani e Fernando Sor, ai quali si deve la conquista della sonata solistica.

    In quegli anni il partenopeo Carulli concepiva le sue prove con gusto mozartiano, ma ancora nel segno stilistico derivante da Cimarosa questo modello di sonata italiana, pi semplice formalmente, influenzava anche le prove dei pionieri. Certamente pi raffinate, estremamente pi mature e indicative di talento, sono le sonate giovanili op.14 e op.15 di Sor, che contengono gi tutte le caratteristiche proprie del suo stile. Si tratta di singoli allegri, costruiti

  • 9sul modello delle ouvertures italiane dopera, che Sor conosceva bene essendo anchegli compositore operistico. La sua op.15 ricca dinvenzione, se non fosse per certe formule un po ripetitive, di tipo idiomatico in particolare alcuni arpeggi, ostinatamente ritornellati che lo spagnolo maneggia senzaltro con bravura, ma che tolgono slancio allimpianto generale. La Grande Sonata op.22 probabilmente quella meglio riuscita. Lallegro, bench non libero da quei pesanti refrain, pi sciolto e musicalmente maturo. Di ottima fattura sono ladagio, dai toni patetici, accostato a un grazioso minuetto haydniano; ma il pezzo forte il rond, col suo tema gagliardo e finalmente libero da zavorre armoniche autoinferte.

    Questa sonata lunica in quattro movimenti tra quelle scritte per chitarra sola dai virtuosi del primo Ottocento, e quella dove Sor riesce con successo a ottenere un intero piuttosto omogeneo. Caratterista che manca alla Seconda Grande Sonata op.25, per le dimensioni eccessive della sua introduzione, ricca di pathos ma mastodontica. Il lavoro, per di pi, termina tronco, cio con un minuetto stavolta un po rtro rispetto al tono crepuscolare dei precedenti movimenti e senza un vero finale. Limpressione che linclinazione di Sor per la dilatazione della fantasia si sia impossessata dellintroduzione, trasformandola in fantasia e allegro. Difatti questa sarebbe la giusta riduzione esecutiva e una modalit per uscire dalla palude del finale mancante in attesa che qualcuno accorci lintroduzione, tolga il minuetto e aggiunga un finalema meglio di no: gi vedo qualche ombra afferrare aglio e crocifissi, offesa a morte dal commesso sopruso sulle intenzioni, nella pretesa di conoscerle solo perch stampate! Sembra che solo dopo il tema con variazioni centrale lautore si sia voltato a contemplare la lunga strada percorsa; ed ecco il minuetto che taglia la testa al toro e al lavoro che poteva essere la gloria chitarristica della sua forma. Poich lallegro davvero bello, equilibrato, dai toni beethoveniani, e dello stesso livello sono le variazioni.

    Tecnicamente dunque le prove di Sor mostrano lottimo ventaglio di carte a sua disposizione; ma appare chiaro che il solo Giuliani, con la sua eccezionale vena facile, capace di quella levit che giunge al cuore dello stile viennese. Solamente la sua irresistibile tendenza orizzontale alla melodia poteva mantenere quella leggerezza necessaria a sostenere sulla chitarra una grande forma, e ad evitare le trappole e le asperit in cui cade Sor nel suo accanito sforzo di ampliare la sostanza armonica delle sei corde. Egli pi pianistico, complesso armonicamente, e probabilmente pi precoce di Giuliani nello scrivere sonate tuttavia non conquista davvero questa forma rispetto allitaliano, dallinvenzione pi fresca e meno preoccupata del numero delle parti (che muove comunque alla perfezione).

    Non a caso Sor d il meglio in singoli allegri di sonata (op.14 e op.25) e soprattutto nelle variazioni, negli studi e nelle fantasie, dove evita le costrizio-ni architettoniche di quella forma, che obbliga a un senso della proporzione pi agile - e appunto pi consono al carattere di Giuliani. Per intuire allistan-

  • 10

    te il divario sufficiente confrontare luso che Mauro fa degli arpeggi veloci nella Grande Ouverture op.61, lallegro in forma-sonata che segue lop.15, con quello della Grande Sonata op.15 dello spagnolo. Mentre nelle volate di Sor larpeggio ritarda lo svolgimento e lelasticit della melodia, trattenuta come da un peso, in Giuliani ne accelera lazione propulsiva, che prima della ripresa pro-rompe in un movimento di ottave davvero poderoso: il vortice generato dal virtuoso purosangue. Anche la Sonata Eroica (pubblicata postuma solo nel 1840 e scritta nella maniera italiana, un singolo allegro, come le prime di Sor) mostra comunque la superiore e innata scioltezza del pugliese rispetto allaltro, mag-giormente portato - come gi detto e almeno sulle sei corde - per i toni pi onirici della fantasia; ma si vedr che la sua scrittura orchestrale tuttaltra. Inoltre quel tema in Mi maggiore, che introduce scale e coda dellesposizione, una delizia di bellezza, grazia e semplicit: le doti italiane par excellence per-done, seor Maestro

    Ma la chitarra, nel complesso, giunge alla sonata fuori tempo massimo, orfana di quella fase propedeutica al classicismo che la tastiera ha vissuto ap-pieno durante la quale si celebravano ancora i funerali del liuto e Gennaro Fabricatore non costruiva ancora la chitarra detta dellOttocento. Nei loro anni giovanili pertanto Sor e Giuliani trovano realizzati - e scritti per altri mez-zi espressivi - i maggiori capolavori dellepoca classica. Giungeranno entram-bi alla maturit intorno al 1820, cio in un clima di stagnazione creativa della sonata, affrontata dai primi romantici non senza dubbi circa la sua possibilit di offrire ancora soluzioni nuove (vedi il parere che ne d Schumann).

    Tuttavia, per non chiudere in tono minore sulle grandi doti di Fernando Macari Sor, va detto che possedeva un vero talentaccio (oltre a quello indiscu-tibile per le sei corde), che solo oggi si rivela nella sua luminosit, essendo egli compositore provetto e a tutto tondo. A 19 anni scrive la prima delle sue tre opere, e poi sinfonie, balletti dai titoli neoclassici, quartetti, un concerto per violino e uno per chitarra perduto...! Chi sar mai il lord inglese, o il Malachia del monastero di Monserrat, giovanile eremo di studio di Sor, che ce lo nega, tenendoselo nascosto? Lo spagnolo conduce la sua carriera da Barcellona a Parigi, e poi a Londra, San Pietroburgo e ancora Parigi. C di che essere sod-disfatti. Solo di recente si eseguono le musiche dei balletti, dove il Sor medita-tivo e vespertino delle fantasie per chitarra torna il giovane operista di Barcel-lona, infatuato di Cimarosa, e dalla scrittura felice e sprizzante : un classicismo, il suo, ora maturo e dominato con gusto e carattere, che si concede persino citazioni consapevolmente colte, come nellouverture del balletto Hercule et Omphale, scritto nel 1826. A un largo iniziale dal tono epico segue il classico attacco veloce. E il Nostro presenta il primo tema nientedimeno che come esposizione di fuga a quattro voci, cui segue un tutti che ripete trionfante la melodia; poi una transizione elaborata porta al secondo tema dei fiati; ma sotto, in contrappunto, scorre il tema di fuga, agli archi. Un musico provetto, appunto: dov il concerto per chitarra, maestro Macari Sor?

  • 11

    4. Mitteleuropa di un italiano allestero

    Dopo la Sonata op.15 seguir, nella produzione di Giuliani, una serie di Walzer, Llandler, canti nazionali arrangiati; fino ai magnifici, umbratili Sechs Lieder op.89 (testi di Goethe, Von Matthisson e altri poeti tedeschi). Un culmine del Giuliani mitteleuropeo (certo sporadico rispetto allinstancabile variatore di temi dopera italiani) o se vogliamo del chitarristafenomeno, inventore insieme ai suoi amici Hummel e Mayseder della jam session in versione da camera, quel DukatenConcerte che fu la delizia dellalta borghesia cittadina. Concerti che recavano guadagni tali da tentare pi tardi un maturo Beethoven ad accettare la commissione (infine rifiutata) di un allegro di bravura.

    Quel Giuliani spesso negletto, e non solo in patria, rispetto a quello pi sfavillante e pomposo delle Rossiniane o dei concerti per chitarra e orchestra. I quali, da parte loro, sembrano double-face nellalternanza tra stile viennese e italiano; lo stesso sviluppo dellallegro op.15 ne gi un primo perfetto esempio: unesposizione ineccepibile di scuola asburgica che in coda trasporta di colpo con un vigoroso sgranato nel Sud Italia, tra le mosse e i lazzi delle maschere teatrali e operistiche. Ma una costante, questa, delle opere austriache del pugliese e in generale di molti italiani disseminati nelle varie corti: il recare quel sentire nazionale che ancora sapeva imporsi al classicismo come linguaggio comune europeo.

    Giuliani affida a quella sonata il suo esordio concertistico viennese; scelta perfetta, che d la misura dellintelligenza, della modernit (per il repertorio della chitarra), della sicurezza e bravura del musicista. A Vienna c da tempo Salieri, che d lezioni a tutti, davvero tutti i talenti che risiedono o transitano per la capitale asburgica (comprese quelle celebri a un Beethoven che ne ebbe anche come noto da Haydn, ma a denti stretti e senza volerne riconoscere giovamenti, mentre dovendo comporre per la voce sent di doversi affidare a un italiano). Possiamo per questo immaginare leffetto, con la sua esposizione mozartiana e quello sviluppo di sapore napoletano, che la sonata ebbe sul pubblico viennese. Oggi facile dare per scontati un linguaggio e unestetica del passato, col rischio di livellare differenze che pure dovevano contare. Col bel canto gli italiani giravano lEuropa musicale da un pezzo; dopo le glorie pionieristiche del Sei e Settecento il classicismo non era un prodotto di nostra marca, bens la prerogativa di una cultura che stava prendendo le redini del continente. Il gusto dellinvenzione e il carattere latino, unitamente a un blasone indiscutibile, facevano comunque dellitalianit un elemento ancora desiderato e immancabile, che un pubblico nordico doveva sentire sia autorevole che esotico (vedi la moda del Grand Tour). E a Vienna un nativo di Bisceglie, coi suoi riccioli bruni, certo esotico dovette apparire, oltre che valente e assai ambizioso, poich non si ferm a una sonata da camera: volle infatti lorchestra, la grande sala, e poco dopo present il suo Concerto op.30.

  • 12

    Lintroduzione del concerto unaltra perfetta prova di mix-up: attacco viennese ineccepibile e quadro paganiniano nel secondo tema. Lo stesso accadr nellintroduzione del meno eseguito Terzo Concerto op.70, dove a un luminoso, bellissimo incipit di rigorosa marca haydniana segue un tutti che sembra anchesso irrompere da un concerto di Paganini. Una terza sezione d spazio poi a un violino spiritoso, che gradualmente torna nellalveo puramente classico. Ma per quel suo primo concerto con lorchestra Giuliani vuole catturare e commuovere. Ecco il secondo movimento, un andantino alla siciliana; incipit accorato dellorchestra, cadenza con sesta napoletana e attacco addolorato della chitarra irresistibile e strappalacrime. Suvvia, un italiano a scrivere... Mannaggia a questi italiani! dir pi tardi il Titano dellEroica Rossini! A Vienna vogliono solo Rossini!... Era il prologo, in versione sublime, dello Spaghettifresser.

    Tornando al canto, Giuliani ascolta i Lieder di Mozart, Beethoven, Zelter, Sphor, e due anni prima delluscita dei suoi nellop.89 figura - in unillustrissima edizione, assieme a Beethoven, Salieri, Grossheim, Hummel e Moscheles - come uno degli arrangiatori di sei Lieder di Ludwig Reissig. Sebbene luso che fa Mauro della forma non si distacchi molto dallo stile di Mozart, la scelta dei testi e il carattere della melodia recano nei suoi Sechs Lieder il tratto distintivo della temperie preromantica.

    Si consiglia lascolto del meraviglioso Lied aus der ferne (e il confronto musica/testo, per esempio, col belcantistico Fra tutte le pene, tratto dalle Sei Ariette op.95), se si disposti a smussare un po il clich del Giuliani rutilante italiano allestero, per far spazio a una gemma dal gusto squisitamente austriaco. I Sechs Lieder proiettano questo chitarrista di talento nella cerchia dei connazionali illustri come Boccherini, Viotti e Cherubini che hanno contribuito con creativit al classicismo europeo. Tuttavia, nemmeno questopera crea un ponte che riduca la distanza organica con lo stile dei sei Prludes. Weigl ci cova, direbbe Heck (col Giuliani arrangiatore complice...).

  • 13

    5. Due mondi e un soldato sensibile

    Anche uno sguardo alla musica di de Lhoyer (comunque accettato oggi, da pi parti e a dispetto del professor Heck, come il vero autore dei Prludes op.83) sembra sulle prime negare al francese la paternit degli Exercices. Altra cosa leggere questi studi alla luce del suo temperamento e soprattutto della biografia. La sua opera giovanile pi ampia, il bel Concerto per chitarra e archi op.16, un vivace esempio di garbato classicismo, che sembra guardare per pi a Boccherini che ai viennesi. Ma alla gradevolezza del linguaggio si unisce lo slancio e la vivezza della personalit di de Lhoyer, come mostrano ad esempio le stesse ottime cadenze del Concerto e leccellente rond del Duo concertante op.31 n.3, dai toni originali e picareschi. Avvicinare per il Concerto allop.31 - due picchi della sua produzione - potrebbe stupire molto, poich sembrano appartenere a musicisti diversi.

    Per spiegarselo occorre, come per gli Excercices, ripercorrere la vicenda umana. De Lhoyer proveniva da una famiglia agiata e borghese dellAlvernia, nella Francia centrale, ed era di 14 anni pi anziano rispetto a Giuliani; viaggi pi dellitaliano, in virt della doppia carriera (militare in Francia e dopo la rivoluzione in Centro Europa, musicale a San Pietroburgo); risiedette in tarda et anche in Corsica e forse in Algeria. La pubblicazione ad Amburgo del Concerto non deve trarre in inganno, poich si tratta certamente di unopera composta in precedenza in Francia (o durante le pause delle campagne militari) per la vecchia chitarra a cinque corde, che Antoine adopera comunque anche ad Amburgo. Ma evidente come il Concerto sia stato pensato nel primo stile descritto prima.

    Analogamente a quanto accade a Giuliani, i lunghi soggiorni lontano dal proprio paese insieme alla graduale virata post-rivoluzionaria dello stile classico verso il Romanticismo imprimono segni profondi nella maniera di de Lhoyer. La freschezza del suo primo classicismo di discendenza Rococ si conformer - in Russia e dopo la parentesi di Amburgo - al classicismo mitteleuropeo imperante, senza per perdere (com evidente in tutti i lavori) i tratti peculiari della sua indole artistica.

    In generale, leco del milieu aristocratico del vecchio mondo, della Francia prerivoluzionaria, si imprime come un sigillo nellanimo del talentuoso (e, giova ricordarlo, politicamente monarchico) luogotenente. Il brio e lo spirito tutto haydniano, ancora settecenteschi, del Concerto cederanno il passo a un sentire pi descrittivo e crepuscolare, cos specifico della chitarra preromantica. Tuttavia sino alle ultime opere questo originale miscuglio di classicismo mitteleuropeo e di freschezza e vivacit squisitamente personali (tratto fondamentale della personalit di de Lhoyer, e insieme retaggio della nata Francia e del secolo appena trascorso) rappresenta senza dubbio la sua cifra stilistica.

  • 14

    Lintroduzione dellAir vari et dialogu (1815), scritta per un antesignano quar-tetto di chitarre (!), esemplificativa di una sensibilit che alterna stati danimo assai contrastanti in spazi brevissimi, e mostra una padronanza eccellente del-la scrittura concertante, gi rivelata nella strumentazione del Concerto. Dalla seconda variazione in poi, ognuna delle seguenti si chiude con un insistente refrain, cio la seconda parte dellaria, ma in minore reminiscenze di ritornel-li cantilenati alla russa...?

    Si tratta di dieci minuti di musica che ben varrebbero il prezzo del biglietto. Tanto quanto di pregevole fattura, come gi detto a proposito di tutta lop.31, lallegro dal Duo concertante n.1. Il primo tema piacevole, in perfetto stile Giuliani, e dalla consueta ottima scrittura a due parti. Quando si giunge al secondo tema compare una di quelle piccole perle disseminate qua e l nella letteratura della chitarra (e che in questo caso d il segno del valore di de Lhoyer), una lieve progressione discendente di fioriture, che fa pensare, ammirati: Manon questo il sesto quartetto di Cherubini? NO, PLAG... E basta, Mr Ophee!!! Complimentacci, Monsieur de Lhoyer.

    Ciononostante, arrivare a riconoscere negli Exercices op.27 che pure portano il suo nome la maniera del colonnello musico si rivela compito pi arduo del previsto. Nemmeno lo stile pi moderno della sua maturit, infatti, eguaglia quellesuberanza didattica di modulazioni, dal gusto Sturm und Drang nella vertigine enigmatica e labirintica, che sembra voler coprire tutti i punti cardinali delle quinte, e che appartiene nella pi palese luminosit a un vocabolario emotivo particolare. Pleyel ci cova, direbbe Heck (insieme al colonnello...).

  • 15

    6. Italia, Franciao Germania?

    La dinamicit, e soprattutto la concentrazione delle modulazioni, solo uno dei motivi che allontana da subito lattribuzione di questi studi al nostro Giuliani. Rarit stilistiche o esperimenti occasionali sono rintracciabili, vero, nellopera di tanti autori; ma il solo primo preludio in Re maggiore (n.1 anche degli Excercices) basterebbe a fugare ogni dubbio. Le battute 4-5 contengono una comune cadenza, ma la modalit con cui la dominante, dal Mi maggiore settima in secondo rivolto, si schiude abbassando la sensibile Sol diesis in uno sgranato di La contenente settima e quarta, appartiene al primo Romanticismo; mi riferisco agli impulsi emotivi, e non agli stilemi che saranno poi dei romantici.

    Nelle battute 10-15 si distende un pedale che infonde un suono pieno, il quale prorompe trionfante dopo una cadenza sulla tonica per modulare poi al V grado (Mi): un uso cos diverso da quello che solitamente fa Giuliani del pedale, e che fa pensare, per luso della nona, piuttosto allo slancio di una romanza di Mendelssohn.

    Come un chitarrista di scuola napoletana potrebbe concepire la cadenza Re maggiore/Si minore delle battute 18-20? La si suoni a occhi chiusi e dite se non vi compare piuttosto il fantasma di Clara Schumann

  • 16

    La sezione centrale in La minore nel crescendo di un parossismo la cui qualit non si riscontra nella misura pi apollinea di Giuliani, col passaggio, estraneo per lui, La minore (col do in prima corda)/Re minore settima (col Fa sempre in prima), una successione che richiama piuttosto lo stile barocco.

    Il cromatismo discendente del basso bellissimo a mio avviso dal Fa diesis minore al La maggiore, prima della ripresa (battute 31-35), sembra trasportare la chitarra in unaura pianistica posteriore di quindici anni (senza voler esage-rare col Romanticismo, comunque si tratta di un sentire non riconducibile a Giuliani);

    tanto quanto il crescendo che approda al La settima (battuta 48), con quella suspence eccezionale che culmina con lo stacco (e il respiro) tra il Fa diesis acuto in prima corda, e infine scende alla dominante in prima posizione, non appartiene di certo alla modalit che adopera Giuliani per creare e risolvere unattesa.

    Non questa, ovviamente, una sua diminutio. Egli adopera formule pi diffici-li e pirotecniche; semplicemente questo non il modo italiano austricizzato ad hoc quanto si vuole di trattare passaggi e cadenze... Insomma, la coda col pedale al IV grado minore chiude questo primo preludio che nellandamento,

  • 17

    cos come nella sonorit che scaturisce dalla formula darpeggio e nellaccade-mismo formale filobarocco, sembra un piccolo Klavierstcke di marca germa-nica piuttosto che un prodotto francese o italiano.

    Digressione

    Un aiutino di Hummel? A proposito di modulazioni, si pu ascoltare il suo bachiano Capriccio in Mib, op. postuma. Un consulto col giovane Moscheles?... Coi due Giuliani famoso coautore di opere per piano e chitarra, e molti dovettero essere i pomeriggi passati a suonare assieme. Contando anche il violinista Meiseyder, gli ideatori del DukatenConcerte erano una bella brigata di talenti musicali Per di pi, essi erano amici, e si scambiavano cortesie: ascoltate (voi chitarristi) la seconda e terza delle Variazioni su tema di Hndel op.29 del ventiduenne Moscheles: vi ricordano qualcosa? O magari ascoltate la formula di terze che lo stesso Moscheles usa nel primo movimento (appena dopo il secondo tema) del suo beethoveniano Concerto per piano n.1, del 1819: viene forse in mente la Sonata Eroica del Nostro?...

    Ancora una volta, una prova di come alcuni sodalizi (non necessaria-mente tra amici o contemporanei, vedi Stravinskij/Gesualdo da Venosa) pro-vochino uno scambio senza che nessuno ne chieda soddisfazione. E va bene, Igor non pubblica madrigali di Gesualdo a suo nome, eppure... no! Troppo tardi: ancora la voce di Ophee, stavolta lontana: sono PLAGIAAAAAT

  • 18

    7. I Prludes (visti dalla postazione degli Exercices)

    Non si contesta pertanto a Giuliani la possibilit tout court di realizzare quei preludi; la sua opera, tuttavia, a testimoniarne lestraneit nel pensare musica in siffatta maniera. Dando oramai per scontato che lo stile di quegli arpeggi non sia di Giuliani, rimane comunque un arrangiamento pregevole. Per tornare al primo preludio, rispetto alloriginale di de Lhoyer il pugliese interviene infatti diverse volte, variando i bassi nella seconda parte (pur mantenendo gli stessi accordi), nel citato cromatismo del basso (prima del ritorno allincipit) e nella coda. Si tratta di piccole aggiunte e accomodature di gusto personale, che per migliorano limpianto formale dello studio e danno maggiore coerenza ad alcune formule armoniche, aumentandone respiro e riuscita musicale proprio in momenti importanti come le transizioni e i finali. Giuliani mostra di destreggiarsi perfettamente con il linguaggio delloriginale su cui lavora; prova ne che i suoi interventi riescono efficaci proprio nel rendere pi fluido quello stile a lui avulso. Lo stesso accade nel preludio n.3 in Do maggiore (excercice n.4). Giuliani non si fa sfuggire - trovandola nelle battute 38-39 della versione di de Lhoyer - la formula che user per tutto lo studio, sostituendo quella pi monotona del francese...

    .. ampliando, inoltre, le cadenze e prolungando lattesa della tonica. Si vedano le battute 59-60 del preludio,

    dove, rispetto alle battute 54-55 dellexcercice,

    Giuliani introduce due ritardi per arrivare alla dominante di Sol meno bruscamente dellaltro, e sceglie di non utilizzare il disegno delle battute 35 e 36 di de Lhoyer

  • 19

    usandolo per al riverso nella sua battuta 15

    Il francese, nelle sue battute 6-7, usa il movimento del basso Do-Si-Re diesis-Mi per modulare in Mi minore,

    mentre Giuliani preferisce assecondare il cromatismo ascendente usato di l a poco dallo stesso de Lhoyer ...

    il quale termina lo studio con un finale barocco sostituito da Mauro con uno pi da concerto.Il preludio n.6 (excercice n.3) il pi enigmatico della raccolta. Esso non fa eccezione nellimpianto interno di tipo tripartito comune a tutti gli altri - cio incipit e progressioni libere, modulazione alla dominante, ripresa dellincipit e coda bachiana al IV grado. lunico lasciato intatto da Giuliani, con leccezione di tre singole note e laccordo finale. Egli sostituisce, nella sua battuta 11, il penultimo Do di de Lhoyer con un Re (tanto per evitare di ripetere unidentica cadenza nella battuta 23) e nella battuta 26 pone un Si bemolle al basso,

  • 20

    dove laltro sceglieva un Re. Questultima scelta di Mauro pi coerente col disegno complessivo del basso, che lui in questo modo rende cromatico (Si bemolle, La, La bemolle e Sol). De Lhoyer sceglieva invece una soluzione forse migliore, pi melodica, richiamandosi al motivo dellincipit.

    Infine, nella battuta 37 litaliano sostituisce loriginale La della quartultima nota con un Do (naturale nella stampa, ma senzaltro un Do diesis) per seguire il disegno del seguente Si maggiore. In ogni caso, si tratta davvero di minuzie, per lo pi gravate dal sospetto del refuso di stampa. Onestamente, anche laccordo e lunisono finale nulla aggiungono, suonando pertanto un po pleonastici. Giuliani si accorge che su questo brano non si pu intervenire, arroccato com nel suo tono di Re minore (che lascia poco spazio allaggiunta di bassi allottava inferiore) e soprattutto protetto da una misteriosa, cabalistica compiutezza, la quale risiede in una condotta digitale della musica che non ammette altre soluzioni. Pezzi come questo non si possono modificare. La capacit di de Lhoyer di imporsi una condotta razionale e consequenziale delle dita qui al servizio di un parossismo armonico deliberato, ma in generale caratteristica precisa del suo modo di trarre musica dalla chitarra. Questa tendenza pu essere, in certe opere, anche un limite del colonnello; ma spesso reca risultati sonori interessanti (si ricordi sempre che, fino a un certo momento, egli compone sulla piattaforma ristretta delle cinque corde). Come nel caso del La settima, che porta alla ripresa dellincipit, o nel curioso La minore della battuta 41 dellexcercice.Nel preludio n.4 in Mi minore (excercice n.5) Giuliani opera parecchi aggiustamenti, trasformando per prima cosa la formula ritmica originale accordo/arpeggio (piuttosto statica e alla lunga monotona)

    ...in due sestine arpeggiate. Egli scompone laccordo in tre e salva la melodia arpeggiata di de Lhoyer nelle tre note successive, imprimendo a questo studio bello ma minato dalla sua originaria rigidezza formale un movimento che lo salva e lo valorizza, accrescendone le potenzialit liriche e patetiche.

  • 21

    In particolare si osservi come Giuliani trasformi la fase centrale dello studio (la ripetizione dellincipit al V grado) in un momento di grande pathos, laddove de Lhoyer modulava dal Si minore al Fa diesis maggiore (battute24-25-26)...

    ...passando poi, con rapidit un po superficiale, al Mi minore. Mauro evita la pleonastica ripetizione del Si minore in prima corda e utilizza abilmente il Mi diesis dellaccordo diminuito per una cadenza dal VI abbassato, che riveste la dominante duna luce intensa e drammatica.

    Da notare come Giuliani armonizzi tutte le asprezze formali originali di questo studio, inglobandole nel suo morbido arpeggio di sestine, rispettandone lar-monia e intervenendo a modificarle solo quando il suo gusto personale o le esigenze di diteggiatura glielo impongono. La sezione che precede la ripresa dellincipit abbonda di esempi di questo tipo. Lultimo arpeggio della battuta 26 di de Lhoyer, dalleffetto un po duro...

  • 22

    viene sgranato con eleganza da Giuliani nella sua battuta 27

    Allo stesso modo Giuliani stempera una modulazione rigida al Do minore (battute 34-35 dellexcercice)

    .introducendo pi elegantemente la sensibile Si al basso, nella sua battuta 35

    e infine prolunga con un bel ritardo della terza nel Sol maggiore

    la modulazione originale (di nuovo un po brusca) al Do maggiore.

  • 23

    Il consueto intervento di Giuliani sulle code, che nel precedente studio si rivelava tutto sommato inutile, qui davvero bello e appropriato. De Lhoyer opera una progressione verso la dominante chiudendo - ancora una volta nellelemento barocco, cui la sua forma vuole rifarsi - con una terza piccarda che su Mauro ha con tutta evidenza leffetto del fumo negli occhi.

    Per di pi, egli non vuole n potrebbe, per sua natura abbandonare nella coda il tono patetico del pezzo. E inventa, anche se senza preparazione, un bel ritardo della tonica (una nona che giunge inattesa dal pugliese), il quale diventa un disegno ripetuto per accrescere lattesa del V grado. Segue, morendo, una chiusa sconsolata di terze e seste, dallandamento causato da quella nona, che rimane comunque perfettamente nello spirito dellincipit e termina un arrangiamento di gran classe.

    Andiamo ora al preludio n.5 in La maggiore (excercice n.2), un arpeggio veloce, brillante e molto ben costruito, che non esce complessivamente dagli schemi formali degli altri, anche se possiede un tono meno accademico, soppiantato da unintensit spensierata e piena di gaiezza. Nella prima parte Giuliani non opera nessun arrangiamento al di fuori di qualche basso allottava inferiore, poich anche questo studio ispirato e, appunto, ben compiuto dal punto di vista meccanico. Molto belle qui le progressioni di de Lhoyer, le quali non hanno quel carattere parossistico e a volte gratuito che si riscontra in altre parti della raccolta. Esse sfociano tutte in episodi musicali pregevoli, come le due modulazioni al Fa diesis minore delle battute 23-26

  • 24

    e 30-31 dellexcercice.

    Non presente stavolta la modulazione centrale al V, ma una ripresa dellincipit in Si minore, che a sua volta lancia un cromatismo discendente, enigmatico quanto vorticoso.

    Giunto al culmine del cromatismo, de Lhoyer torna allincipit in La, preceduto da una brevissima ma appropriata cadenza libera

    che Giuliani giustamente amplia (anche se di poco) girando intorno alla dominante con i bassi Fa naturale e Re diesis.

  • 25

    Il temperamento del virtuoso non si fa scappare loccasione di ingigantire la piccola coda originale di due righe, intuendo le potenzialit racchiuse nella campanella unita al pedale di La del francese...

    ... e portandola a un crescendo drammatico sul IV minore, che sfocia (dopo le progressioni, i cromatismi e la mini-cadenza dello studio) nellunico finale possibile, una grancassa di capriole alla Rossini.

    Il preludio n.2 in La minore (excercice n.6) un arpeggio rutilante e di forte temperamento preromantico, perci quello che pi di ogni altro (modulazione al V e ripresa dellincipit a parte) sfugge allattrazione stilistica barocca propria di de Lhoyer. Come quello in Re minore, anche questo studio lasciato pressoch intonso da Giuliani, con leccezione delluso di un Mi basso alla battuta 8 e di due episodi dove egli, per motivi di gusto, prolunga una cadenza al Sol maggiore (battute 46-47 del preludio) e si priva del La maggiore voluto da de Lhoyer (nella sua battuta 64), lasciando il Do diesis diminuito per tutta la misura. Per il resto lo studio perfetto, compiuto sia musicalmente che dal punto di vista formale.

  • 26

    Giuliani se ne accorge bene, e non lo tocca nemmeno nella coda (mai risparmiata negli altri studi), limitandosi allaggiunta di tre bassi di Mi al seguente finale originale.

    Tre soli bassi, che hanno per il pregio di costituire un piccolo, perfetto cesello, a chiusura di unespressione egregiamente realizzata in s.

    Quelli di Giuliani dunque sono raramente interventi strutturali, ma pi che altro aggiustamenti formali che appaiono migliorativi, mai gratuiti e attribuibili principalmente alla maniera di Mauro, cos sicura e naturale, di disporre la musica sulle corde. Una maniera di decisa impronta nazionale, che testimonia la maestria dei chitarristi italiani (Giuliani su tutti, ma anche Carulli, Carcassi, Legnani) nellusare al meglio le potenzialit dello strumento per accogliere lo stile classico e in esso creare. O se vogliamo, la loro abilit nello scoprire gli espedienti pi efficaci, soprattutto meno artificiosi rispetto a quelli usati da altre scuole, su uno strumento che vale la pena ricordarlo era appunto nuovo e proveniva dalla bottega di un geniale liutaio napoletano. In questo, oltre che nella musica pura, sta il senso del contributo di Giuliani al classicismo chitarristico, accostabile a ci che Paganini dona alla tecnica, allessere del violino come altra creazione italiana.

  • 27

    8. Pro Iuliano reo

    Forse quel che pi interessa al musicista appassionato delle vicende di un artista del passato proprio che Giuliani simbarchi non in un adattamento (una prassi comune), ma nellarrangiamento di quei brani; tecnicamente parlando un lavoro non certo da principiante, ma relativamente agevole per il suo talento di profondo conoscitore della tastiera e delle sue possibilit, e che tuttavia dovette intrigarlo alquanto. Altrimenti perch mai cimentarvisi, e soprattutto metterci nome e reputazione? A questo proposito lipotesi - avanzata da Ruggero Chiesa e Marco Riboni - di una pubblicazione delladattamento da parte delleditore allinsaputa di Giuliani davvero poco plausibile. La Vienna del 1817 era certo per lepoca una grande citt, ma di non pi di 60.000 abitanti; i suoi circoli musicali non possono certo paragonarsi a quelli di una metropoli odierna, poich ristretti alla corte e ai salotti, aristocratici o borghesi. Dunque un artista sulla breccia veniva presto a sapere, ammesso pure il possibile sotterfugio di un editore furbetto, se si pubblicava senza permesso a suo nome. Semmai la domanda , appunto: perch quei pezzi in particolare?

    Giuliani un artista dalla vena creativa facile (egli varia continuamente, come tutti, temi dopera strafamosi, ma anche canzoni tradizionali di tutte le nazioni e persino quelle romane); pubblica senza sosta lavori assai richiesti; frequenta i migliori solisti di Vienna scambiando con loro temi, formule e invenzioni tecniche rintracciabili nelle opere coeve. E chissenefrega delle lastre, o di chi pubblica per primo, poich tutti a Vienna lo vedono e lo sentono, senza che alcuno sindigni (essendo la prassi, in un mondo dove la musica classica non era quella pagina da museo ch oggi, rigida come una mummia). Perch mai questuomo, che con la chitarra fa ci che vuole, senza rivali di pari livello, al culmine del vigore fisico e del successo mondano; che scrive concerti per chitarra e orchestra nella capitale della musica, e si trova allottantaduesimo numero dopera; che pranza in quattro con Johann Hummel e signora, e un Beethoven che brillo d i pizzicotti sulla ciccia di Frau Hummel (non incline a ricambiare le attenzioni) Perch insomma il divo Giuliani allapice della fama deciderebbe di rubare dieci pagine a un francese pressoch sconosciuto?...

    Nellimponente produzione di Mauro si distingue benissimo quello che destinato al mercato degli amatori e dei principianti: studi facili, romanze, bagatelle, divertimenti, ballabili e raccolte di canti di tutti i tipi, fino al gi citato Potpourri nazionale romano, con i testi in dialetto. Giuliani pubblica a suo nome, tra Austria e Italia, una montagna di Spielmusik, di musica dichiaratamente commerciale. Anche se, a seconda della difficolt dei pezzi, si distinguono vari e impliciti livelli di destinazione. Altra cosa , infatti, certo Giuliani variatore e arrangiatore della migliore opera italiana (Rossini, Donizetti, Bellini, Spontini, Cherubini); che trascrive Mozart e Cimarosa; che musica testi di Goethe e di Metastasio; che scrive a quattro mani coi migliori virtuosi di Vienna. Questo

  • 28

    repertorio, come il primo, comunque destinato al consumo delle fasce abbienti, che possono permettersi unistruzione musicale; ma esclude il principiante per rivolgersi invece a quel circuito da camera e salottiero dove, oltre allo stesso Giuliani, si presume la presenza di altri musicisti in grado di eseguirlo, come il talentuoso pupillo Franz Mendel. Infine, ci sono i brani che Mauro pensa solo per s e per le performance di maggior peso e prestigio, e sono naturalmente i pi celebri: quei difficili morceaux de concert che i migliori solisti doggi includono nei loro programmi.

    Ora, se per i Prludes si deve pensare a unoperazione editoriale studiata, a questo miglior Giuliani che dovrebbe attribuirsi la ruberia. Infatti il carattere dei pezzi tuttaltro che superficiale. Essi hanno la natura dello studio (de Lhoyer li chiama, appunto, excercices), essendo formule darpeggio. Si sa che un preludio pu essere un esercizio (soprattutto in area austro-tedesca). Giuliani li chiama in questo modo e sono gli unici della sua produzione. Perch non chiamarli studi? Ne ha composti a centinaia, appunto per ogni livello di difficolt, ma questi - come mostrato sopra - posseggono una diversa cifra stilistica. Inoltre, checch se ne dica, essi sono difficili tecnicamente (se suonati alla giusta velocit) e soprattutto complessi musicalmente; posseggono, quindi, la dignit musicale adatta alla sala da concerto. Poich ogni principiante fuggirebbe alla vista di questi brani, lecito concludere che Giuliani sapesse bene che chi aspettava di comprare rondoletti e monferrine per la figliola le avrebbe fatto sgradita sorpresa, costringendola a un rodeo delle quinte in sella a quegli arpeggi diminuiti, alle continue progressioni e ai barr. Lop.83 sarebbe di sicuro saltata allocchio degli allievi pi dotati e dei professionisti della chitarra presenti a Vienna. O verano forse solo incapaci? Tuttaltro, e il professor Heck sgrana una bella lista di nomi: Tandler, von Call, Diabelli, Bevilacqua, Wolf, oltre ai gi citati Matiegka e Molitor. Altrimenti, per chi pubblicare la Gran Ouverture op.61? Per chi la user come soprammobile, non potendo superare la prima pagina...?

    Molitor e lallievo Klingerbrunnen pubblicano un loro metodo pi o meno negli stessi mesi in cui compare quello famoso, op.1, di Giuliani. Dunque essi hanno una scuola, e allievi (come tutti i chitarristi citati sopra) i quali comprano strumenti e spartiti. Molitor ammette solarmente che la comparsa (messianica) dellitaliano e della sua scuola ha fatto di Vienna il centro chitarristico migliore. Diabelli, musicista poliedrico ed editore di Schubert, scrive per la chitarra e bene, insegnandola. Egli non il solo musicista-editore (fra gli altri, anche Pleyel, quello degli Excercices, lo ). A Vienna la comunit musicale fatta di gente che si conosce e intrattiene rapporti artistici e commerciali. Una comunit ampia ma allo stesso tempo dai confini visibili. Una prova di come si tracci di un cerchio compiuto, tra le relazioni dei musici dlite? Giuliani amico di Moscheles, che allievo di Hummel, il quale allievo di Salieri, che suona il timpano nella Settima di Beethoven (come tutti gli altri); e Beethoven chiede consigli musicali a Salieri, vecchio amico di Hummel, e

  • 29

    e cena con lui e Giuliani etc. etc.. Intorno a un acclamato virtuoso, dunque, si compone un circolo di editori, professionisti della musica, allievi, esperti e appassionati.

    Luso di annunciare e recensire le pubblicazioni era assai adottato per Giuliani. Le recensioni potevano essere anche piuttosto accurate, come una del 1810 che elenca pezzo per pezzo unuscita del pugliese, terminando con un poco caloroso giudizio in merito a un arrangiamento tratto da Mhul. Accanto alle lodi, comunque unanimi, non mancarono dunque appunti e qualche critica. Esse non furono mai dirette allesecutore, il quale evidentemente non sbagliava un colpo, quanto alla musica: ora troppo difficile, ora inadatta a una sala troppo ampia o a dominare unorchestra, ora inferiore allo standard consueto. A Lipsia, poi, Heck registra una corrente anti-Giuliani, di matrice editoriale, che perennemente lo rimproverava di scrivere cose di pregio ma ineseguibili e a volte artefatte e pompose, preferendo quelle di altri compositori (locali) delle sei corde. Tutto ci per dire che in Austria e Germania, per interesse o sinceramente, non si avevano troppi peli sulla lingua. Si potrebbe dire che il rapporto tra critici e musicisti non era allepoca troppo dissimile da quello odierno. Poteva passare inosservata unuscita editoriale di quel tipo?

    Intorno al 1815 si colloca il periodo aureo di Mauro a Vienna. Le sue pubblicazioni vanno a gonfie vele. Essendo gli editori in primis dei commercianti, si pu pensare a uno sfruttamento del vento in poppa per piazzare anche i sei preludi. Di Giuliani o meno, facili o difficili, si venderanno. Pertanto si sbaglierebbe, attribuendo a Tad Weigl troppi scrupoli di tipo artistico. Tuttavia potrebbero essere attribuiti a Mauro, poich normalmente si edita per un pubblico che si presume di conoscere, per uno o vari target. Ma potrebbe valere anche il ragionamento inverso. Che bisogno aveva il Giuliani degli anni doro, che pubblicava lavori senza sosta, di rubacchiare sei piccoli pezzi? Abbiamo gi visto che i compositori erano disinibiti con i prestiti e gli editori non andavano per il sottile. Dovremmo pensare che anche Mauro faccia lo stesso ragionamento di un Weigl, dando in pasto agli aficionados (e ai recensori) brani cos avulsi dalla sua maniera solo per non rifiutare un piccolo guadagno extra, senza faticare e grazie alla soffiatina delleditore occhiuto? Tutto questo ai danni di un francese, al contrario del divin Mauro, poco noto un vero dispetto... Ascolta Mauro, non ti sto a dire come, ma ho qui la musica di un certo de Lhoyer di Parigi. Ora, qui da noi chi lo conosce?...Di una guardata ai pezzi, tanto sono gi belle fatti...due ritocchi qua e l, e pubblichiamo, eh?. Sembra roba da pataccari. No, non ci siamo.

    Escludendo gli arrangiamenti e accompagnamenti delle canzoni popolari, e la selva degli arrangiamenti/collaborazioni dellallegra brigata dei Dukaten, il solo caso in cui il pugliese dia alle stampe qualcosa che non esca dalla sua mano di creatore o variatore/elaboratore - e che chiaramente non sia nel suo stile - quello dei Prludes. Davvero pensabile che nessuno si accorgesse dellevidente diversit del loro linguaggio, rispetto a quello arcinoto di Mauro? mai possibile vedere la nonna di Palermo, dopo aver imbandito la tavola con sfincione, pasta

  • 30

    alla Norma, stigghiole e moscato di Zibibbo, rientrare in tinello dalla cucina esclamando Et maintenaint, mon cher, un peu de croquembouche?. Nonna, mati senti bene? Edov finito u pastizzu?. pi che lecito, pertanto, ritenere almeno che a Giuliani quei pezzi piacessero, e non poco.

    Quello stile, lo Giulianis Weise, era diventato negli anni assai ben conosciuto. Riboni scopre come intorno al 1815 Giuliani faceva scuola in tutti i sensi, anche fuori Vienna; e aveva molti allievi, tra i quali, oltre a Mendel, vi erano altri esecutori abili come Justice Grndler o Leonard Schulz. Tutti loro interpretavano in concerto brani del maestro. Tra le pagine delle gazzette musicali, poi, si scopre un momento intrigante, che non sfugge a Heck: a Berlino nel 1817 (anno di pubblicazione dei Prludes op.83) Grndler suona delle variazioni per chitarra e orchestra di Mauro; dopodich il solista si cimenta, insieme a Karl Blum reggetevi forte in un Duo del miglior de Lhoyerdavvero un bel programma, Herr Grndler. Blum uno di quei compositori caldeggiati dalla stampa avversa di Lipsia per scrivere musiche pi umane rispetto al complicato (e quindi un po antipatico...) virtuoso italiano ma, quando deve divertirsi e fare colpo sul pubblico di Berlino, il buon Blum (che magari a Lipsia compiace il gazzettiere) suona i difficili duetti del colonnello de Lhoyer!... Il professore cauto, ma azzarda; a Berlino cera anche il tenore viennese Franz Wild, che in quei mesi cantava varie volte con Giuliani allaccompagnamento. Il periodo del concerto di Grndler, inoltre, uno di quelli in cui Mauro si occulta alle cronache, non sapendosi bene se a Vienna, in tour o altrove. Poteva ben essere a Berlino con Wild o magari sapere di de Lhoyer dallamico tenore In ogni caso, nello stesso anno delluscita dei Prludes i nostri compositori compaiono insieme in un programma da concerto, suonato da chitarristi di area germanica. Altro che sconosciuto, il colonnello non era affatto ignorato, per essere affiancato al chitarrista-compositore pi celebrato del momento.

    Detto questo, chiaro che dietro la ficton di prima c una questione meno semplice di quanto sembra, la quale offre il destro a molti ragionamenti. Essendo gli storici in attesa che la Provvidenza cali una manna, cio una carta, altrimenti la deontologia impone di non muovere un sopracciglio (bench il professor Heck si lasci spesso andare a sue speculazioni e addirittura allo scherzo), tra di noi appassionati della musica e della chitarra si potr almeno tentare un quadro en priv.

  • 31

    9. Humanitas

    Si pu anche avere bisogno di denaro. Urgentemente. Von Weber o Paganini non erano stinchi di santo, quando si trattava di soldi. E le vicende relative alle loro tentate speculazioni sono arcinote. Era anche, quella del primo 800, una societ difficile, con gli Stati europei in agitazione continua. I musicisti, non pi quegli umili servitori dei signori, erano per tuttaltro che affrancati economicamente dalla loro munificenza. Leditoria poteva ora consentire lipotesi di una indipendenza; ma se prima ci si piegava al volere del proprio signore, si era ora soggetti al mercato. Che da sempre vuole musica facile e di moda.

    Le varie biografie di Giuliani raccontano che la sua fortuna avrebbe subito, in un tempo relativamente breve, una virata. La delazione circa la sua trascuratezza verso moglie e figli (che risiedevano a Trieste mentre lui avrebbe indugiato, ai loro danni, in altre relazioni e altro tenore di vita) fu un primo segnale delle mutate sorti: caus la separazione e il trasloco a Vienna delle due figlie, Maria Anna Willmuth (avuta da unaltra relazione) e la piccola Emilia, a Vienna. Nella capitale austriaca approder poi anche il figlio Michele, musicista, per tentare la sua fortuna. Da Trieste solo il quarto fratello Gaetano sceglier di fare ritorno in Puglia, a Barletta, con la madre Maria Giuseppa.

    Fu Riboni, meritoriamente, a scoprire nuove lettere di Mauro che ampliarono di molto le informazioni di ambito privato. Da una di queste missive si apprende della generosit con cui Mauro si fa carico delle spese mediche richieste dalla malattia di una cara amica, Nina Wieselberger, vendendo una pietra preziosa avuta in dono dalla sua protettrice, lArciduchessa Maria Luisa. Ma a Nicola Giuliani, discendente di Mauro, che si deve la ricostruzione di un intimo, bel quadro di famiglia, che scorre parallelo alla carriera del virtuoso. un elemento assai importante quello della sfera privata, poich si offre come complemento indispensabile per non incappare nella ricostruzione di una vita in base alla sola carriera (linciampo pi comune dello storico che ignora certi particolari). Nicola Giuliani ha avuto grande importanza nel ritratto complessivo che si pu avere oggi di Mauro, aggiungendovi importanti scoperte e soprattutto sfumature del Giuliani figlio, marito e padre.

    Lappunto mosso da alcuni critici ufficiali al discendente Nicola - che sottovalutano il suo scrivere non per laddetto ai lavori ma per una mera divulgazione - secondo me ingiusto; e mosso proprio dalla sensibilit tetragona dello studioso, che solo davanti al latino dei codici si toglie il cappello. infatti laddetto al lavoro della ricostruzione a dover beneficiare per primo di quel punto di vista (vedi, pi avanti, lumilt di Erik Stenstadvold nel cercare il contatto con i discendenti di de Lhoyer, e come attraverso questo suo approccio alla ricerca si sia ottenuta una visione biografica ben pi ampia, rispetto allorizzonte offerto dalle sole carte militari consultate da Ophee).

  • 32

    Quindi le preoccupazioni circa la sistemazione, il mantenimento, le doti delle figlie e la futura carriera di Michele potevano ben assillare Giuliani padre... Inoltre, si registra che proprio allora (siamo ora nel 1819) il numero dei con-certi di Mauro cominciava a diminuire. Ma Heck osserva come questo fatto non debba necessariamente doversi a un calo dinteresse per la chitarra. Fino a pochissimo tempo prima le vendite andavano bene come sempre; anche in periodi precedenti Mauro si era esibito meno, magari perch pi impegnato nella composizione. Nel 1816 ad esempio Giuliani assente dalle cronache musicali di Vienna. In ogni caso si arriva, piuttosto allimprovviso, alla vicenda dellinsolvenza di un forte debito contratto, del pignoramento dei beni, del ritorno forzato in Italia nel 1819.

  • 33

    10. Gloria di Mauro (senza preludi)

    Tra la separazione e il rimpatrio si situa la tourne di Praga del 1816. Che dice, una volta di pi, del valore del musicista; poich Giuliani, appena reduce dal Congresso di Vienna (dove era uno dei solisti, si direbbe oggi, accreditati) esegu lanno dopo uno dei suoi concerti sotto la direzione di von Weber (!); il quale scrive (per lui) e suona (con lui) il Divertimento op.38. Documenti, prove? Non ce ne sono. Ma il solo brano rilevante di von Weber per chitarra, dove cio essa non accompagni la voce, scritto nellanno del soggiorno di Giuliani a Praga... Fate vobis.

    Questa perla si aggiunge alla famosa partecipazione, al violoncello, nella prima esecuzione della Settima di un Beethoven alla bacchetta (insieme alla crema degli esecutori di Vienna); alla presenza nelle serate musicali private dovera anche Schubert; allamicizia con Rossini, che gli offre partiture manoscritte per i suoi arrangiamenti; ai duetti con Paganini, e in definitiva alla pletora di amicizie e collaborazioni con il fior fiore dei musicisti del tempo. Si tratta di relazioni queste s tutte documentate, che danno unidea della compiutezza di una vicenda musicale e umana che non molti musicisti italiani (e nessun chitarrista) possono vantare. Quando si parla di et delloro della chitarra, essa davvero ha il suo sole, che sprigiona indubitabili e splendenti Echte.

    Non voglio, in ogni caso, entrare nellinsidioso territorio degli studiosi della musica. Escludendo il plagio e volendo sposare il terzo testo di Heck, rimane comunque la bravura di un genio della chitarra nel rendere fluido sulla tastiera un testo estraneo. Anche se, va detto, la tesi plausibile del professore anche parecchio sagace. Come la mossa di uno scacchista in difficolt, che trovi per il modo di congelare le chances dellavversario, egli individua una possibilit spostando la sua verit su una tesi seducente poich indimostrabile, e guadagnando cos un pari e patta. Ophee, invece, non ha dubbi; forte della sua scoperta pi voglioso di chiudere alla spicciola e colloca la composizione degli Excercices da parte di de Lhoyer negli ultimi anni del 700 o i primi dell800.

    Di fronte alla partitura di de Lhoyer, Heck si arrocca nel suo terzo testo, rendendosi inespugnabile ma allo stesso tempo precludendosi la possibilit di scorgere altri orizzonti. Ophee ha facile gioco nellappoggiarsi sullevidenza del suo ritrovamento: una musica identica a quella edita da un altro autore, e pubblicata prima. Ma Ophee di fatto indistinguibile da Heck nellimpostazione fideistica di chi confida, organicamente, solo nei documenti. Cio evidente, nella misura in cui Ophee non sente alcun bisogno di suffragare la veridicit della sua conclusione basandosi anche su uno studio musicale, che avrebbe richiesto unimmersione nelle opere dei due chitarristi come in quelle prodotte durante il periodo classico nei diversi paesi europei. Di questo genere di ricerca non c traccia nellarticolo di Ophee. Questione di non di poco conto quando

  • 34

    si denuncia un plagio musicale o tuttal pi una polpetta editoriale - perch proprio lo studio musicale la via che pu portare a una certezza, insieme certo a documenti e numeri di matrice, che indubbiamente aiutano molto. Farne a meno - debolezza umanamente comprensibile quando si vuole apporre il proprio timbro a una scoperta - favorisce per il sorgere dellingegnoso cavillo di Heck. Una faccenda tra storici, dunque, tra ontologiema cos nun se quaglia (= cos facendo, non si perviene alla risoluzione della faccenda).

    Prima conclusione, scontata. La tesi del terzo testo si fonda sulla disinvoltura, che oggi sarebbe vista come spregiudicata, con cui i musicisti dellepoca - che componevano ed eseguivano le loro creazioni in tempo reale - collaboravano, interagivano e scambiavano temi, accorgimenti tecnici e soluzioni. E sullovvia compiacenza degli editori, che avevano certo una parte nel pensare e suggerire le operazioni editoriali pi convenienti e lucrose.

    Ad esempio, Riboni rileva lannuncio via stampa, nel 1817, della prima composizione di Michele, figlio di Mauro. Si tratta di variazioni per due chitarre sul tema della cavatina Di tanti palpiti di Rossini. Lo stesso frontespizio dellopera riporta indicata unamorevole revisione e correzione del padre, che di l a qualche giorno la suoner assieme a un collega (non dunque col figlio, pure chitarrista) in unaccademia viennese. Si tratta chiaramente di un lancio editoriale: il tentativo del virtuoso di presentare alla societ viennese, e non solo, il giovane figlio darte. Ma questo avviene, in ogni caso, sulla pista delle proprie sortite editoriali, serie e avviate. Mauro, infatti (guarda caso...) un mese prima faceva uscire la cavatina di Rossini nel suo arrangiamento per voce e chitarra, e qualche settimana dopo le sue variazioni sempre su quel tema, op.87.

    Un altro caso che riporta Heck, dei chiss quanti altri avvenuti nelleditoria del tempo, quello della pubblicazione nel 1810 di una musica senza autore sul frontespizio (sul quale si riporta solo che essa arrangiata per violino e chitarra da Giuliani, ed priva di numero dopera). Qualche mese dopo la stessa musica, in origine un quartetto, uscir arrangiata per piano e chitarra col nome del vero autore: un giovane come Michele, il violinista Mayseder. Heck parla del tentativo di un editore di sfruttare il nome del celebre virtuoso ai danni del ventunenne e poco noto violinista. Ma non v traccia di scoppi di sdegno o di sfide a duello lanciate da Mayseder: essendo noto a tutti che sar uno dei pi intimi sodali di Mauro! Il quale, con tutta evidenza, lo aiuta a farsi strada; pubblicando a suo nome la musica di quello e probabilmente versandogli parte degli utili, come si farebbe, appunto, con un figlio o un giovane amico che si vuole aiutare. Tuttavia Giuliani, a testimonianza della sua seriet, arrangia il primo e lultimo movimento di quel quartetto, componendo ladagio centrale: non d alle stampe, cio, un lavoro che non rechi impresso anche il suo sigillo. Qualche tempo dopo (quando evidentemente Giuliani rivela nei circoli musicali, a tutto beneficio del giovane violinista, la paternit del duo) ecco uscire sui frontespizi il vero autore. Ora egli ha un piccolo nome, e si vende. La prassi chiara.

    Nel caso di Michele altres Mauro, chiaramente lavorando gi di suo su

  • 35

    Rossini, trova il modo di patrocinare lop.1 del figlio sedicenne (praticamente scrivendola...e suonandola in concerto). Cos Mauro cura il dbut dei due gio-vani. Disinvoltura, certo, ma dov mai il danno? Ah, per concludere, il pro-fessore incuriosito da unaltra piccola chicca, una vox populi riportata dallo studioso Brian Jeffrey, stando alla quale lorchestrazione di due dei concerti di Mauro, op.30 e 70, sarebbe di Hummel

    Seconda conclusione, meno scontata. Non c verso, Mauro attento e scrupoloso. Quando aiuta lo fa con generosit; quando collabora lo fa de visu, alla pari e sostenuto da una vena creativa sempre fertile. Non v spazio, pertanto, per nessuna faciloneria, nessun plagiat. Ebbene, come risolvere, in tutto questo quadro, la questione dei Prludes? Solo con il concorso dei due autori. Se il brillante allievo Grndler suona la musica del suo grande maestro a Berlino nel gennaio 1817, con lorchestra, inserendo nel programma il bel duo di un talentuoso collega compositore, molto probabilmente il maestro a conoscenza sia dellevento che del collega; e come prima cosa, non plager una sua opera poche settimane dopo. C senza dubbio un tassello mancante, un collegamento perduto tra i due. Heck, plausibilmente, lo individua nel piano dei rispettivi editori, e risolve la questione della diversit stilistica di entrambi, rispetto a quegli studi, nella comune sorgente sconosciuta. Della quale per, onestamente, si farebbe volentieri a meno, eliminando dalla scena un elemento tanto oscuro e opprimente. Ma la sensazione che ci si possa spingere ad libitum nella matrioka delle supposizioni. Tuttavia, tentar non nuoce.

    Terza conclusione, azzardata ma non troppo. A proposito delle edizioni di Parigi e Vienna, i due autori sapevano certamente e pacificamente luno dellaltro. Loperazione editoriale probabilmente gestita da Pleyel e Weigl, ma i compositori sono daccordo. Mauro conosce e apprezza la musica di de Lhoyer, tramite il fratello Nicola - maestro di cappella alla corte di San Pietroburgo, dove il colonnello fu impiegato per quasi dieci anni - o i suoi allievi tedeschi come Grndler (poich de Lhoyer visse e pubblic ad Amburgo sonata e concerto, prima dellarrivo di Giuliani a Vienna). Lopportunit per una revisione viene offerta a Mauro dal fatto che gli Exercices sono per la vecchia chitarra a cinque corde e stampati con una notazione di vecchio tipo, cio senza una chiara divisione delle voci.

    Ma questo quadro iniziale, essendo il colonnello noto negli ambienti chitarristici non solo di Amburgo (vedi Berlino/Grndler), non era studiato per rimanere tale, quanto per generare un interesse verso quella musica e conseguentemente, in una seconda fase, per lautore. Il quale tuttavia, a causa dei trasferimenti cui viene obbligato (al suo rientro dalla Russia e nellesercito francese) e relegato in province isolate e lontane, non pu beneficiare dei frutti del piano b, finendo per mancare ogni progetto di lancio. Nel frattempo Mauro, sempre pi preso dalle vicende di famiglia, persiste nel suo stile di vita e si indebita fino a dover lasciare lAustria. Per nulla arreso, ancora giovane e celebre, annuncia ad Artaria da Venezia lidea di tornare, non prima di aver

  • 36

    intrapreso una tourne pianificata minuziosamente, che egli sente lo rimetter in carreggiata finanziariamente: Parigi (dove, stando a Ophee, avrebbe trovato il colonnello ad aspettarlo con la mazza ferrata in mano), Paesi Bassi, Olanda, Amburgo (dove, di nuovo, avrebbe dovuto accoglierlo a verdurate un gruppetto di chitarristi indignati del recente plagio ai danni di uno che conoscevano bene), Berlino, Francoforte e infine Vienna. Sembra questa la tesi di Heck senza terzo testo. Il quale, difatti, non regge allo sguardo comparato sugli originali dei Prludes/Exercices.

    Un lavoro autonomo su una sorgente comune x porterebbe due compositori esperti a soluzioni individuali e diversificate, mentre appare chiaro che Mauro lavora sui pezzi di Antoine, essendo le sue modifiche cos consequenziali alle precedenti scelte del francese. Ma il professore, appunto, pretende il suo ghost writer; mentre i preludi, certamente non di Giuliani, sono un unicum di Antoine de Lhoyer. Resterebbe ora da chiarire il movente dellunicum.

  • 37

    11. Antoine, amateur esiliato

    E finalmente un raggio di luce illumina la scena. Lottimo Erik Stenstadvold, un musicista, pubblica, qualche anno dopo e sulla medesima rivista della que-relle, le sue considerazioni. Egli approfondisce molto la vicenda biografica del colonnello, attingendo direttamente alle memorie dei discendenti della famiglia Lhoyer il de, infatti, fu usato dopo sua la nomina al cavalierato. Stenstadvold suonava gi in duo le poche partiture di Antoine disponibili nei primi anni 80 e alla notizia della scoperta di Ophee sincuriosisce, va in Francia e contatta la famiglia del compositore.

    Egli segue pertanto una via del cuore, che origina da una fonte di tuttaltra potenza: un autentico amore per quelle musiche. Ci non comporta una diminutio dellOphee, cui anche il chitarrista svedese paga il suo debito di riconoscenza, ammettendone il buon fiuto; inoltre il simpatico americano - che ha un passato da pilota e mostra di essere uomo di mondo - un personaggio dalle molte passioni, che ha meritatamente saputo costruire la sua fortuna.

    Per comprendere gli Excercices la vicenda umana di de Lhoyer davvero cruciale, e gli importanti ampliamenti di Stenstadvold ci permettono di anda-re molto pi a fondo. De Lhoyer un militare attivo, monarchico convinto e membro di uno storico corpo dlite di guardie reali; una formazione antica e blasonata, ma che non regge limpatto con i nuovi tempi, mostrandosi cos obsoleta da venire gradualmente sciolta, cosa che determiner lassidua pre-occupazione finanziaria del colonnello. In quegli anni non sono pochi i musi-cisti arruolati, e tra loro dei chitarristi viene subito in mente lottimo franco-catalano Franois de Fossa, anchegli una brillante riscoperta di Matanya Ophee.

    Al suo rientro dalla Russia, mentre durante i 100 giorni accompagna il re al riparo da Napoleone, Antoine pubblica le composizioni migliori. Le quali, piuttosto esigenti tecnicamente, escludono i dilettanti. Egli infatti non scrive metodi o trattati come chi ha una scuola, cosa impossibile per un militare che si muove in continuazione; n, per lo stesso motivo, un concertista. Tuttavia lasciato lesercito Antoine insegna la chitarra: ad Amburgo agli emigrs francesi di stanza nella citt nordica, che gli finanziano le prime pubblicazioni fuori Parigi; a San Pietroburgo nel giro della Corte, dove viene impiegato e insegna (tra gli altri) alle figlie dello zar Paolo I. A una di esse, Anna, dedicher appunto i suoi Excercices.

    Va tenuto presente che il nuovo professionismo musicale (di relativa indipendenza dai protettori e inaugurato dai musicisti del primo 800) a costi-tuire la distanza Giuliani/de LHoyer. Mauro incarna la figura moderna delle-secutore di mestiere, mentre Antoine quella dellufficiale colto vecchio stam-po, propria di un monarchico come lui, e che potrebbe spiegare loblio in cui scivol la sua arte. La quale vive, rispetto ai fasti di Parigi e Vienna, un isola-mento certamente non favorevole, ma che potrebbe averne determinato e preservato la qualit.

  • 38

    Proprio la mancanza di una chiara e locale audience da compiacere rende infatti la musica da camera per chitarra di de Lhoyer tra la migliore che sia stata scritta allepoca (meno interessante quella per chitarra sola). Una musica che rimane, paradossalmente, di respiro internazionale e colto, ma capace di evitare quel tono spesso conciliante e a volte dolciastro, immancabile nei lavori di molti virtuosi. Se innegabile appunto la maestria dei Carulli, Sor, Giuliani, Aguado nella composizione, vero daltra parte che essi scrivevano per la loro bravura e i loro proventi; una bravura che aveva s delle ambizioni musicali pure, ma anche e necessariamente una committenza e delle attese da soddisfare, un ruolo e una reputazione da conservare. Quasi immancabilmente la produzione da camera - per tradizione quella del divertimento amicale e complice dei musicisti - finiva, viste le richieste degli editori, tra le fonti di sussistenza insieme agli studi e ai metodi. De Lhoyer certamente anche un bravo chitarrista, ma soprattutto un compositore che sfugge al clich della carriera concomitante da virtuoso per scrivere isolato in provincia, come un amateur di genio, perpetuando cos la figura del borghese agiato (unagiatezza dalle fasi alterne, a causa dei rovesci politici) e coltivatore dellarte.

    Per estrazione, anche il compositore de Lhoyer rimane espressione del mondo monarchico e assolutista; quello che i nuovi tempi gradualmente scalzavano (nello specifico degli ambienti musicali, a favore del virtuoso specialista con le sue tourne e i concerti-spettacolo). Anche Antoine avr ben accettato commissioni o richieste per denaro, soprattutto nei periodi economicamente non felici. Ma in un certo numero di opere egli riesce per convenienza o meno a esternare appieno le sue autentiche possibilit, scrivendo musica davvero pregevole e di originale fattura.

    Il colonnello non disquisisce di unghie, pollici e ponticelli come a Parigi fanno Carulli, Molino, Sor e Aguado - dovendo fare scuola e cassa...; ma stipendiato dallesercito scrive musica bella, talvolta unica, per di pi impegnativa e dotta (come mostra luso del canone rilevato da Stenstadvold), per quanto sempre fresca e vivace. Durante tutta la seconda carriera militare post-Restaurazione e fino alla pensione, lisolamento forzato di Antoine dal mondo musicale importante si fece man mano cronico; un destino simile a quello di de Fossa (anche lui ufficiale), finito a combattere in Messico e morto, dopo una parentesi parigina, nella Catalogna francese.

    La diversa sensibilit del musicista Stenstadvold, infine, d i suoi frutti: oltre al consistente ampliamento della biografia del colonnello, ecco comparire nel suo articolo la vera chiave dellenigma. Che risiede, appunto, nella sensibilit come stile: lEmpfindsamer Stil.

  • 39

    12. Un cenacolo spirituale

    Quando si parla di stile sensibile ci si riferisce al prodotto di una lite cultu-rale della Germania del Nord, le cui prerogative artistiche si delinearono a met 700. Apparentato (nella tensione centrifuga di rottura degli ormai rigidi sche-mi barocchi) allo stile galante, ne costituisce per una costola estrema e per questo assai interessante. il sentire galante, infatti, a traghettare la musica dal barocco di Telemann al classicismo di Mozart, mentre lEmpfindsamer un evento straordinario, un esemplare unico, che come si vedr si presenta pun-tualmente nelle fasi di passaggio tra epoche diverse.

    Lintuito di Stenstadvold - che non vuole credere alla coalizione Pleyel-Weigl e soprattutto al ghost writer - si domanda come de Lhoyer possa aver concepito i rutilanti Excercices, il cui carattere egli ritiene appartenere alla tem-perie dello Sturm und Drang letterario, che ha nello stile Empfindsamer la sua controparte musicale pi audace. Ed ha ragione. Gli Excercices sono un pro-dotto di afflato sensibile, ma tardo, se cos si pu dire, viste le sue assonanze preromantiche; come scritto da un autore che nel frattempo abbia modificato la sua maniera, oppure che si conceda un omaggio, unincursione in quel lin-guaggio musicale estremo, avendo uno stile altro poich, per definizione, lEmpfindsamer non maniera di scuola. Un autore come Antoine de Lhoyer, appunto.

    Nella Parigi di fine 700, scrive Stenstadvold, operano chitarristi eclet-tici e sperimentatori come Jean-Baptiste Phillis e Charles Doisy, che scrivono musiche da far impallidire un esecutore avvezzo alle sonatine e ai minuetti da salotto. Modulazioni ardite, arresti e cambi repentini (inattesi o violenti) di tempo, dinamica e carattere. Insomma stranezze e bizzarrie, se non fosse tut-to ci espressione precisa di una corrente emotiva che si muove dietro quel-la pi ufficiale e gradita dal pubblico. Diversi sono, nei decenni, i musicisti che scrivono sotto leffetto di questa eccitazione inebriante. Le fantasie di Carl Philipp Emanuel Bach sono quelle che incarnano le pure intenzioni Empfin-dsamer: si ascolti la celeberrima in Do minore per clavicordo, per contemplare lesempio pi fulgido dellagitazione enigmatica di quello stile. Quella fantasia - nel minimalismo del piccolo clavicordo - libera di ampliarsi allinfinito e di raggiungere il parossismo, configurandosi come essenza dello stile sensibile.

    Questultimo e lo Sturm und Drang, come detto, non presentano confini cos netti. Johann Gottfried Mthel, noto come lultimo allievo di Bach padre, amico fraterno - e non a caso - di Philipp Emanuel, autore di un bel concer-to per fortepiano, in Sib maggiore, anchesso perfettamente esemplificativo della nuova maniera. Tardo barocco e primo classicismo si danno la mano nellorchestrazione di questo originale compositore, mentre la tastiera dispie-ga tutto il suo incedere improvvisativo e dagli umori nervosi e cangianti. Anche Mthel, come lamico, amava improvvisare al clavicordo in quello stile che non

  • 40

    tollera la fissit e il ripensamento dello scritto. Si sa che diversi compositori (come Haydn, Mozart, Joseph Kraus e altri) ebbero periodi o momenti di emotivit riconducibili allo Sturm und Drang, tanto quanto molto del pianismo di Beethoven si deve allestrosit del grande Philipp Emanuel. Ma come entra de Lhoyer in questo quadro? Egli ne fa parte pi di quanto non si pensi: come vedremo nel prossimo capitolo, lottima intuizione di Stenstadvold ottiene le sue conferme.

  • 4141

    13. Un francese in (P)russia

    I chitarristi Phillis e Doisy mostrano come quella temperie germanica fosse penetrata negli ambienti parigini. In quegli anni di fine 700 de Lhoyer si trovava impegnato nelle campagne militari che seguirono il tentativo dellarme des Princes di riconquistare il potere dopo la rivoluzione. Al termine della guerra il colonnello si trasferir ad Amburgo, ma, a ben guardare, non questo il suo primo contatto con la cultura tedesca: la sua biografia racconta infatti che (forse prima dellarruolamento nelle guardie del re, o negli intervalli delle campagne 1792-1800) egli si un come musico a una compagnia di attori, ingaggiata per esibirsi alla corte di Rheisemberg, la residenza di Enrico di Prussia non lontana da Berlino. intorno al 1800 che Antoine lascia lesercito e per alcuni anni vive ad Amburgo, dove - come gi detto - insegna musica e pubblica i suoi lavori. Che cosa respira lex colonnello in quella citt, se non laura del mito dei tastieristi tedeschi, Carl Philipp Emanuel Bach ivi scomparso pochi anni prima? Dopo i servizi svolti in varie corti prussiane (tra cui la stessa Rheisemberg, sotto Federico il Grande) Philipp Emanuel aveva vissuto i suoi ultimi venti anni proprio nella citt in cui era ora approdato Antoine, essendo perci chiamato il Bach di Amburgo.

    De Lhoyer scrive dunque gli Excercices in questo periodo? No, non ancora. Per quella tendenza che fa di noi oggi ci che preparammo ieri, Antoine pubblica in Germania lavori concepiti anni prima in Francia, quelli dello stile fresco e vivace alla Boccherini. Ad Amburgo egli familiarizza sempre pi col classicismo tedesco, forse con quella corrente di nicchia di marca Empfindsamer la cui eco si avverte anche a Parigi. Poi parte per la corte di San Pietroburgo, dove trova una stimolante e cosmopolita comunit musicale; e trova anche Jean-Baptiste Phillis, che soggiorna in Russia, dove tra laltro pubblica due opere dedicate alla famiglia reale. A Stenstadvold non sfugge questo collegamento, che del pi grande interesse, a proposito dellAntoine sensibile. In Russia De Lhoyer comporr gli Excercices, che pubblica appena di ritorno a Parigi intorno al 1813, dedicandoli alla Granduchessa Anna; dunque la sua biografia concede ampia possibilit di risalire a un adesione spirituale allo stile Empfindsamer (non v altro modo di aderire a una corrente del genere, come si vedr, se non idealmente). Unadesione che risale ai due soggiorni tedeschi di giovent, alla frequentazione russa (e forse, in precedenza, parigina) con Phillis e alla contiguit che fino ai 36 anni di et lega Antoine al mondo germanico-prussiano, per motivi insieme politici, militari e culturali.

    I sei Excercices sono e rimangono un unicum nellopera del colonnello, tanto quanto lo sarebbero in quella di Giuliani, se ne fosse lautore; ma essi, completamente avulsi da un musicista napoletano, sincastonano nella biografia del francese colmando un tassello mancante tra Francia e Russia, cio uno dei possibili effetti della sua esperienza musicale germanica: il segno del contatto col clima culturale che si incarnava nellEmpfindsamer Stil.

  • 42

    14. Dioniso e il recitativo anarcoide

    Il solo de Lhoyer che pu concepire gli Excercices, pertanto, quello che offre un omaggio posteriore rispetto al soggiorno di Amburgo e alla soglia del ritorno in Francia allo stile sensibile. Inimmaginabile, stilisticamente, lexcercice n.1 (che corrisponde al primo preludio analizzato pi sopra) come parto del giovane Antoine di fine 700, quello del Concerto op.16! Sebbene nellalveo di una modernit che si vedr malintesa, un brano Empfindsamer di epoca appena post-rivoluzionaria non garantisce necessariamente un salto di stile di 20 anni. La modernit di quel linguaggio non risiede nellanticipare i tempi. La caccia agli autori che possiedono questa caratteristica un vezzo tutto attuale, figlio della nostra assuefazione nel contemplare il passato a posteriori. bislacco affermare che Gesualdo anticipa le dissonanze dinizio 900 e catalogarlo come pi moderno per la sua epoca: di nuovo la nostra epoca che giudica. Poich alla comparsa di Stravinskij nessuno sembra abbia esclamato Ma questo laveva fatto Gesualdo, allora questultimo potrebbe rivelarsi in unaltra luce: non un Rinascimento, il suo, pi moderno ma ecceduto. Proprio nello iato tra questi attributi, che pu sulle prime sembrare una forzatura intellettualistica, riposa lessenza Empfindsamer.

    In questo senso pi ampio Gesualdo, il clavicordo notturno di Philipp Emanuel e Mthel, il Pierrot Lunaire di Schmberg, sono nellelemento Empfindsamer. Il quale, come comun denominatore che avvicina molti uomini di frontiera, non va perci identificato con quello che oggi sintende per avanguardia o contemporaneo; dal momento che la sua trasversalit e inafferrabilit non potrebbe mai sostituirsi al potere. Infatti, al di fuori dellinfluenza su una cerchia di spiriti affini, le dissonanze e le bizzarrie delle fantasie di Philipp Emanuel non ebbero nessun ascendente diretto sulla musica del tempo. Sono piuttosto i concerti per fortepiano e tutta quellimponente produzione, moderna di per s ma pi edulcorata delle fantasie sensibili (che ne costituiscono un parossismo inclassificabile) a lasciare il segno sui contemporanei; la produzione che ne fa uno dei padri del classicismo. detto giustamente che egli non fu, nelle fantasie Empfindsamer, un innovatore dello stile, ma appunto uno sperimentatore che trascrive le sue improvvisazioni, cio le testimonianze della sfera pi onirica e dionisiaca: ecco il cuore dellEmpfindsamer! Il dionisiaco, la facciata umbratile, il lato demoniaco di unestetica che ha il suo ordine, il suo rigore apollineo.

    La reazione al severo impianto contrappuntistico barocco (a sua volta di vecchia matrice rinascimentale) e ai suoi ormai paludati affetti era gi in opera. Rameau, Vivaldi, poi Stamiz e Philipp Emanuel, e poi ancora Gluck: questo lo stacco graduale e ineluttabile dal barocco di Alessandro Scarlatti o Telemann. LEmpfindsamer delle fantasie di Philipp Emanuel un ulteriore e deliberato impulso che intende eccedere il moderno nel patologico. Esso frutto di una

  • 43

    nicchia da cenacolo intellettuale che indugia volutamente nelloblio orgiastico e improvvisativo. Il quale spinge leccesso oltre ogni limite, scardina lordine delle modulazioni e sovverte ogni gerarchia in un carnevale dellimpromptu, dove ogni intento sonoro contraddice continuamente se stesso nel vortice della sospensione de