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GILD A ADOLFO SCOTTO DI LUZIO ADOLFO SCOTTO DI LUZIO anno XXVIII 1 Professione Professione DCOOSO325 GENNAIO 2018 Contiene I.R. - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma Contiene I.R. - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma Dire di no a questa scuola del conformismo e non dell’autonomia intellettuale, asservita anche alle esigenze del mercato del lavoro FABRIZIO TONELLO FABRIZIO TONELLO Quante volte avete guardato il vostro telefonino, oggi? ROSARIO CUTRUPIA ROSARIO CUTRUPIA La proposte della Gilda per le pensioni future. ROBERTO CASATI ROBERTO CASATI Il diritto di riparare. Impariamo qualche soluzione meccanica e non guardiamo sullo smartphone per trovare alternative. In caso di mancato recapito inviare al CSL STAMPE ROMA Le promesse mancate della politica sulla scuola e sui docenti Il Punto di RINO DI MEGLIO

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G I L D A

ADOLFOSCOTTO DI LUZIOADOLFOSCOTTO DI LUZIO

anno XXVIII1 ProfessioneProfessione

DCOOSO325

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Dire di no a questa scuola del conformismoe non dell’autonomia intellettuale, asservitaanche alle esigenze del mercato del lavoro

FABRIZIOTONELLOFABRIZIOTONELLOQuante volte avete guardatoil vostro telefonino, oggi?

ROSARIOCUTRUPIAROSARIOCUTRUPIALa proposte della Gildaper le pensioni future.

ROBERTOCASATIROBERTOCASATIIl diritto di riparare. Impariamo qualchesoluzione meccanica e non guardiamosullo smartphone per trovare alternative.

In caso di mancato recapitoinviare al CSL STAMPE ROMA

Le promesse mancate dellapolitica sulla scuola e sui docenti

Il Punto diRINO DI MEGLIO

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PROFESSIONE DOCENTEReg. Tribunale di Roma n. 257/90 del 24/04/'90

Direttore ResponsabileFranco ROSSO

Responsabile di RedazioneRenza BERTUZZI

Vice caporedattoreGianluigi DOTTI

Comitato di redazioneAntonio ANTONAZZO, Piero MORPURGO,

Massimo QUINTILIANI, Fabrizio REBERSCHEGGHanno collaborato a questo numero

Fabio Barina, Roberto Casati, Rosario Cutrupia,Antonio Gasperi, Marco Morini, Adolfo Scotto di

Luzio, Fabrizio Tonello, Ester TrevisanStampa Romana Editrice - 069570199

GILDA DEGLI INSEGNANTIVia Salaria, 44 00198 Roma

Tel. 068845005 - Fax 0684082071UNAMS - Viale delle Provincie, 184 - 00162 Roma

Sito internet: www.gildaprofessionedocente.itE-mail: [email protected]

S O M M A R I O

G I L D A

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IL DOVEREDI PARLARE CHIAROParresia è una parola di origine greca che indica la li-

bertà di dire tutto e la franchezza nell’esprimersi.Non starebbe a noi dirlo, ma a questa virtù ha cercatodi conformarsi la Gilda fin dalla sua nascita, di cui ri-corre quest’anno il trentennale e a cui si ispiraanche il suo organo ufficiale Professione docente. C’èun diritto di parola e di critica ma c’è anche, più tor-mentato, un dovere di dire la verità. Il dovere discontrarsi con i poteri piccoli e grandi contempla il ri-schio di conseguenze, piccole e grandi. Eppure, è il se-condo che va conquistato di giorno in giorno, sia alivello individuale che politico. Della fatica di dire la ve-rità si nutre la democrazia.Questo numero, dunque, come quelli precedenti, si pre-figge di dire la verità attraverso le tante voci che arric-chiscono le pagine del nostro giornale.Parla chiaro Rino Di Meglio, ne Il Punto a pag. 3, ilquale con tranquilla chiarezza, dimostra che le paroledella politica - nella fattispecie le promesse della Mini-stra Fedeli sul rinnovo contrattuale dei docenti - sononulla se non accompagnate da scelte concrete, in que-sto caso economiche. Parlano chiaro anche Adolfo Scotto di Luzio nel suoarticolo a pag. 9 in cui invita i docenti a Dire di no, ri-chiamando essi e le associazioni professionali che lirappresentano al dovere di esprimere al meglio la fun-zione assegnata alla scuola dalla Costituzione; e To-maso Montanari, nel suo pamphlet Cassandramuta, recensito a pag. 19 da chi scrive che ricorda lafigura di Cassandra diventata muta sul carro del potere.L’intellettuale che tace o dice sempre sì, anche quandocrede che dire no sia più giusto, rendendosi in tal modoacquiescente al potere, rende un cattivo servizio allasua funzione. L’intellettuale deve essere coscienza cri-tica e quando rinuncia a ciò, per opportunismo o per ti-more, danneggia non solo sé stesso ma anche altri.Montanari parla in primis dei docenti universitari maanche i docenti di tutti gli altri ordini di scuola hanno ildovere di parlare chiaro, di non tacere, nei luoghi deci-sionali, perché investiti dalla Costituzione della fun-zione di educare i giovani al pensiero critico. Ugualmente chiare sono le domande che Professionedocente vorrebbe porre alle forze politiche nell’immi-nenza del voto (Vorremmo sapere, Fabrizio Reber-

schegg a pag. 5), quando siano definite le aggrega-zioni in lizza che sarebbe meglio definire non forze madebolezze; come precise sono le proposte che la Gildapresenta per le future pensioni (Rosario Cutru-pia a pag. 4). Ci sono chiarezza e informazione seria e rigo-rosa nel testo di Armaroli e Balzani, Energia perl’astronave Terra, recensito a pag. 19 che tratta ilproblema dell’approvvigionamento energetico: la sfidapiù importante che l’umanità dovrà affrontare nei pros-simi decenni.Poi c’è, in questo numero, molto approfondimento suitemi delle riforme scolastiche e degli orientamenti poli-tici sull'istruzione: il nuovo esame a conclusionedel I Ciclo (Fabio Barina a pag. 7) a cui fa da con-traltare la panoramica internazionale sulle infi-nite opportunità di copiare nello studio edunque di imbrogliare (Marco Morini, pag. 6);l’entrata a regime del bonus per i docenti “mi-gliori” (Antonio Gasperi a pag 15); la cancella-zione del voto di condotta (Gianluigi Dotti apag. 11); il FIT, concorso per titoli ed esami riser-vato esclusivamente a chi è già abilitato (Anto-nio Antonazzo a pag. 12).Continua la decisa riflessione critica sull’ uso autoco-strittivo di smartphone e privativo di autonomia con idue contributi di Roberto Casati (Il diritto di ripa-rare, a pag. 11) e di Fabrizio Tonello (Quantevolte avete guardato il vostro telefonino, oggi,pag.10).Un’accurata ricerca sul problema della dislessia che ap-pare in Italia presente con percentuali enormi, rispettoagli altri paesi del mondo, segno di quella medicalizza-zione dei problemi scolastici e della società, di cui parlaFrank Furedi (cfr. intervista nel numero scorso) (PieroMorpurgo, a pag. 16). Infine alcune recensioni: illibro di Roberto Casati, La lezione del freddo,pag 13 e il testo di Christian Raimo, Tutti i banchisono uguali. La scuola e l’uguaglianza che nonc’è (Fabrizio Reberschegg, pag. 16).Molto altro i lettori potranno trovare in queste pa-gine, ci auguriamo utile a rapportarsi con questonuovo mondo, difficile da interpretare e anche da …sopportare.

di Renza Bertuzzi

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Renza Bertuzzi IL DOVEREDI PARLARE CHIAROIl Punto di Rino Di MeglioLE PROMESSE MANCATE DELLAPOLITICA SULLA SCUOLA... Rosario Cutrupia IL FUTURO DELLE PENSIONI:ECCO LE PROPOSTE DELLA GILDAFabrizio Reberschegg AL VOTO, AL VOTO

Marco Morini COPIARE NELLO STUDIO:UN IMBROGLIO DEL MERCATO... Fabio BarinaESAME FINALE DEL I CICLO:EPPUR SI MUOVE Gianluigi Dotti LA CANCELLAZIONE DEL VOTODI CONDOTTA E LA CRISI... Adolfo Scotto di Luzio DIRE DI NO...

Fabrizio TonelloQUANTE VOLTE AVETE GUARDATOIL VOSTRO TELEFONINO, OGGI? Roberto Casati IL DIRITTO DI RIPARARE

Antonio Antonazzo CONCORSO… DI COLPA

Renza Bertuzzi OLTRE IL FREDDO TURISTICOA LEZIONE DALLA NATURA Massimo Quintiliani LE PAROLE DELLA SCUOLAE LE PAROLE DELLA VITA Antonio Gasperi IL MALO BONUS

Piero MorpurgoDYSLEXIA O DYSDAXIA:DE-MEDICALIZZARE L’INFANZIAFabrizio ReberscheggTUTTI I BANCHI SONO UGUALI:UN LIBRO CHE APRE PROFONDE...Piero Morpurgo 1927: IL NOBEL PER LA PACEA UN INSEGNANTE DIFENSORE... Recensioni diENERGIA PER L'ASTRONAVE TERRAE CASSANDRA MUTA Ester Trevisan CARDINI DELLA PIATTAFORMAGILDA PER IL RINNOVO

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OFFICINAGILDA

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IL PUNTOdel Coordinatore nazionale

In attesa di quel contratto che doveva esserechiuso entro il 2017, dopo ben otto anni di va-

canza contrattuale (dizione che, tradotta dal burocra-tese, significa che per tutti quegli anni i docenti sonostati costretti a vivere con lo stesso stipendio, mentre ilcosto della vita aumentava vertiginosamente e perciòdifficilmente avrebbero potuto godersi la vacanza), ab-biamo pensato di ripercorrere il cammino scivolosodelle promesse dei politici, di fronte alle quali quelle damarinaio risultano roba da dilettanti.Vediamo dunque insieme, perché la conserva-zione della memoria è cosa buona e giusta,quanto era stato promesso per confrontarlo acose fatte con la realtà effettuale e cerchiamo dicapire, con l’aiuto del Coordinatore nazionaledella Gilda, Rino Di Meglio, quali di quelle assicura-zioni non potevano che essere illusioni diffuse conpiena consapevolezza, da parte della politica, che sa-rebbero state disattese.Di Meglio, i giornali ci ricordano una lungaserie di promesse sul rinnovo contrattuale deidocenti, in attesa da otto anni. Promessetrionfanti che rimarranno tali. Quali di questepromesse erano già in partenza inapplicabili equali avrebbero potuto essere mantenute se cifosse stata una sincera disponibilità politica?• 7 Maggio 2017. Ministra Fedeli: Il rinnovo del

contratto dei docenti va sottoscritto entro lafine del 2017Si tratta dell’unica promessa che poteva essere rispet-tata, anche se ormai i tempi sembrano molto ristrettiperché al momento in cui scriviamo manca appena unmese alla fine dell’anno, festività comprese, e sicura-mente per redigere un buon contratto non bastanopochi giorni. C’è inoltre da considerare che il contrattodel comparto Scuola, Università, Afam e Ricerca è moltocomplesso perché ne comprende quattro in uno. Tutte le altre promesse (riportate nel riquadro inquesta pagina n.d.r), che riguardano la triste con-dizione economica degli insegnanti italiani, eranoenunciazioni puramente “politiche” in quanto ilGoverno, del quale fa parte la ministra Fedeli, nonha fatto corrispondere quegli impegni economicinecessari alla loro realizzazione né presentatoprogrammi per risalire la china. Come si svolgono gli incontri traAmministrazione e sindacati per discutere deitemi relativi al rinnovo? Quali elementi sonopreponderanti nelle valutazioni?Gli incontri per il rinnovo del contratto si svolgerannoall’Aran. Purtroppo in tutte le valutazioni l’argomentopreponderante è quello economico. Faccio un esempiobanale: se dovessimo richiedere al tavolo dellacontrattazione un giorno in più di permesso retribuito per

i docenti, l’Aran ci risponderebbe subito facendo ilconteggio del costo di quella giornata e lo sottrarrebbedalle risorse già magre stanziate per l’aumento delleretribuzioni. Poi gli sforzi di migliorare le condizioni di lavoro nellescuole sono spesso vanificati dai dirigenti scolastici chefrequentemente non sono in grado o non vogliono rispet-tare le norme contrattuali. Potrei fare, a tal proposito,moltissimi esempi, ma mi limito a citare il piano annualedelle attività, che dovrebbe dare agli insegnanti la cer-tezza dell’orario di lavoro, l’obbligo della forma scrittanell’assegnazione degli incarichi e l’obbligo di concluderela contrattazione d’istituto entro il primo mese di scuola.Non essendo previste sanzioni, registriamo purtroppoviolazioni sistematiche e generalizzate del contratto chesi possono risolvere soltanto nelle aule dei tribunali. Conla scusa dell’autonomia, l’Amministrazione scolasticacentrale e periferica se ne lavano le mani. Chi decide la modalità degli incontri e ilcalendario? Perché i sindacati non hannopremuto per accelerare i tempi?Modalità e calendario degli incontri sono stabiliti dal-l’Aran. Tutti i sindacati hanno fatto pressioni per accele-rare i tempi, ma il vero responsabile del ritardo è ilGoverno perché, fino a quando le risorse non sarannodisponibili con l’approvazione definitiva della Legge diStabilità, non sarà possibile concludere alcun contratto.

a cura di Renza Bertuzzi e Ester Trevisan

LE PROMESSE MANCATEDELLA POLITICA SULLA SCUOLA E SUI DOCENTI

PAROLE PAROLEBreve ma rappresentativa rassegna stampa sulle dichiarazioni dellaministra Fedeli in merito al rinnovo contrattuale dei docenti.

Inutile che i politici promettano se non stanziano impegni economici nè presentano programmi.

7 maggio 2017Il rinnovo del contratto dei docenti va sottoscritto entro la fine del2017: conterrà i nuovi criteri sulla valutazione, compreso il bonus annuale, pre-visti dalla L.107/15. A dirlo è stata la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in-tervistata domenica 7 maggio dalla giornalista Lilli Gruber al Festival della Tv.“Voglio il rinnovo contrattuale entro quest’anno”, ha detto la responsa-bile del ministero dell’Istruzione.

16 giugno 2017Valeria Fedeli, si legge su Il Fatto Quotidiano, non nasconde che il suo obiet-tivo è aumentare lo stipendio dei docenti: “Si devono saper accompagnareanche contrattualmente le innovazioni che si vogliono portare nellascuola. Dobbiamo ridare autorevolezza e riconoscimento econo-mico a chi insegna perché è una delle professioni più importanti. Labattaglia culturale e politica è quella di riconoscere economica-mente il valore di questo mestiere. Solo così potremo avere l’archi-tetto che sceglie di insegnare.

30 giugno 2017«Gli insegnanti? Dovrebbero guadagnare il doppio». No, non è unsindacalista in trincea per il rinnovo del contratto bloccato da otto anni a par-lare così, ma la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, ospite di David Parenzoalla trasmissione L’Aria che tira di La7. «Io penso che quella dell’inse-gnante dovrebbe essere una delle professionalità maggiormente

pagate in questo Paese perché hanno in mano il futuro e il destinodei giovani», ha detto Fedeli tornando a vestire per un attimo ipanni della sindacalista di lungo corso. «Ma quanto secondo lei?»,le ha chiesto Parenzo. «Il doppio di quello che prendonooggi».«Quindi circa tremila euro?». «Più o meno - ha risposto lei -.Come del resto fanno negli altri Paesi, la Francia e la Germania, inparticolare in Germania».

19 luglio 2017“Il confronto è uno strumento essenziale e il dialogo deve essere costruttivo. Do-centi pagati poco? Hanno bisogno del rinnovo del contratto, sono pas-sati 8 anni! Rinnovo e aumento in busta paga? Assolutamente,abbiamo già due accordi sindacali stipulati durante il governo prece-dente. Partiamo da qui. L’aumento si aggira sugli 85 euro medi. Diamoriconoscimento sociale ed economico a queste persone”.

23 agosto 2017Non è giusto che “la retribuzione dei docenti sia la più bassa di tuttala Pubblica amministrazione“. Lo afferma al Meeting di Cl la ministra del-l’Istruzione Valeria Fedeli, aggiungendo di essere “pronta a fare la batta-glia” per l’aumento degli stipendi.“Se si ritiene importante, quale in effetti è, il ruolo dei docenti e del-l’insegnamento – spiega Fedeli – lo devi socialmente riconoscere,anche dal punto di vista retributivo”.

di E.T.

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LEGGE DI BILANCIO 2018: POCHE CATEGORIE SALVATE DALL’AUMENTO DELL’ETÀ PENSIONABILE

IL FUTURO DELLE PENSIONI:ECCO LE PROPOSTE DELLA GILDA

Nella legge di Bilancio per il 2018 il Governoha sterilizzato l’aumento dei requisiti per il

pensionamento legati all’aspettativa di vita (peril biennio 2019/2020, 5 mesi in più rispetto al2018) solamente per alcune categorie di lavoratoridipendenti che svolgono attività particolarmentegravose e usuranti. Tra queste categorie fi-gurano le maestre e i maestri di asili nidoe scuola dell’infanzia, che, in alcuni casi econ una riduzione dell’assegno pensionistico,possono anticipare la pensione a 63 anni di età(APe sociale). Sono esclusi tutti gli altri docenti per i quali èprevisto l’aumento dovuto alla speranza di vita: uniniquo allungamento dell’attività lavorativa cheaumenterà gradualmente con cadenza biennale.Ricordiamo che dal 1° gennaio 2019 sipotrà andare in pensione con una anzianitàdi servizio di almeno 43 anni e 3 mesi pergli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne:un incremento di ben 5 mesi rispetto al2018. E non andrà meglio per le pensioni di vec-chiaia, quelle che si acquisiscono per raggiuntilimiti di età e con almeno 20 anni di contributi;dal 2019 serviranno 67 anni di età che diventerannopiù di 69 nel 2040.La Gilda degli Insegnanti, che nel 2011 èstata l’unica organizzazione sindacalerappresentativa della scuola a scioperarecontro la riforma Fornero, continua concoerenza a sostenere che, per la specificitàdella professione docente, tali requisiti sonoinsostenibili sia dal punto di vista fisico chepsichico. Con gli epocali cambiamenti in atto,infatti, non è pensabile immaginare una scuolain cui i docenti invecchino nelle aule fino a set-tant’anni.La categoria degli insegnanti italiani rispetto aquelli dell’Unione europea è la più anziana (i dueterzi dei docenti superano i 50 anni di età) eanche la meno tutelata dal punto di vista dellasalute. Rispetto al personale delle altre ammini-strazioni, gli insegnanti sono più soggetti al rischiodi patologie psichiatriche e sono più esposti arischio oncologico per immunodepressione dastress cronico.Secondo lo studioso Vittorio Lodolo D’Oria,esperto di medicina del lavoro, che da oltre 25anni osserva con particolare attenzione le condizionidi salute dei docenti:“Non esiste infatti altra professione il cui rapportocon gli utenti, e per giunta sempre gli stessi,avvenga in maniera così insistita, reiterata eprotratta per tutti i giorni, più ore al giorno, 5giorni alla settimana, 9 mesi all’anno, per cicli di3-5 anni. In questa particolarissima tipologia dirapporto per di più l’insegnante diviene nel tempoanagraficamente più vecchio, mentre lo studente

(col rinnovarsi dei cicli di studio) si mantienegiovane. E’ inoltre perennemente asimmetrico,numericamente svantaggiato”.Il forte logoramento psicofisico, che interessatutti i docenti senza particolari differenze tra gliinsegnanti dei diversi ordini e gradi di scuola, ècausato da una serie di condizioni stressogene:“Il rapporto con gli studenti e i genitori, le classispesso troppo numerose, la situazione di precariatoche si protrae per anni, la costante delega daparte delle famiglie, l’avvento dell’era informaticae delle nuove tecnologie, il continuo susseguirsidi riforme, la retribuzione insoddisfacente e, nonultima, la scarsa considerazione da parte del-l’opinione pubblica”. La Gilda chiede pertanto alle forze politichedi inserire nel programma della prossima legislaturala riforma radicale della legge Forneroperché, di fronte ad un mercato del lavoro fram-mentato e fondato su precarietà e contratti atempo determinato, non possiamo accettare unfuturo di anziani costretti a lavorare fino ed oltrei settant’anni non potendo versare i contributisufficienti per andare in pensione anticipatamente.Serve una rifondazione del sistema pen-sionistico soprattutto per consentire ai giovaniche tentano di entrare ora nel mercato del lavorodi raggiungere la quiescenza ad una età non su-periore a 65 anni (l’età media negli altri Paesi eu-ropei è ora di 63 anni). L’abbassamento dell’etàper la pensione dovrebbe essere applicato pertutti i docenti e possibilmente anche prima dei63 anni.È impossibile immaginare che un docente abbiasempre le stesse capacità psicofisiche per reggereil complesso e impegnativo lavoro in aula, so-prattutto in quelle realtà socialmente complicatee difficili o nei settori della formazione e istruzioneche necessitano di maggiori competenze relazionalie di aggiornamento professionale. Bisogna evitare

che lo stress e la stanchezza, legati ad un lavoroin cui i casi di burnout sono maggiormente diffusi,abbiano ricadute negative sulla scuola e sugli al-lievi.Perciò la Gilda: chiede di riconoscere come lavoro

usurante l’insegnamento per tutti idocenti che lavorano in aula con gliallievi;

propone che i docenti possanoottenere negli ultimi anni di carriera primadel pensionamento una riduzione delle oredi insegnamento frontale dedicando leore residue ad altri compiti funzionaliall’insegnamento: attività di tutoraggio,organizzazione dei progetti, definizione deicontenuti del PTOF, figure strumentali;

suggerisce di concedere, a coloro che sitrovano nell’arco dei 5 anni dalraggiungimento del requisito pensionistico, lapossibilità di cumulare metà dellapensione maturata con servizio a part-time. Ciò consentirebbe di favorire unturnover adeguato con i nuovi docenti e diridurre il peso delle risorse destinate al FIS(Fondo dell’Istituzione Scolastica) per ilpagamento del lavoro accessorio legato afunzioni diverse da quelle previste dal lavorodi insegnamento;

auspica che venga introdotta lapossibilità di servizio part-timevolontario a parità di stipendio negliultimi cinque anni di servizio prima dell’etàprevista per la pensione di vecchiaia.

Soluzioni di questo tipo, già adottate in altri Paesieuropei, consentirebbero di liberare rapidamentecattedre a tempo parziale agevolando l’ingressodi insegnanti giovani e rendendo contempora-neamente meno gravoso il lavoro dei docenti piùanziani prossimi alla pensione.

OFFICINAGILDA

di Rosario CutrupiaDipartimento Previdenza e Pensionidella Gilda degli Insegnanti

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Anno di elezioni, questo 2018: politiche e delle RSU. Tra-guardo a cui sappiamo che si dovrà arrivare ma nonquando. La situazione estremamente mobile e instabiledella politica in Italia, la sensazione che le decisioni in que-sto senso rispondano più ad interessi di parte che a quelligenerali impediscono di collocare questi appuntamenti intempi definiti e concreti. C’è un immobilismo a cui non ce-

diamo: in attesa che i calcoli di chi sta al potere si manife-stino, noi non ci fermiamo e ci mettiamo avanti. Abbiamo ri-volto ai politici alcune fondamentali domande sui loro pro-grammi relativi alla scuola e ricordiamo ai colleghi che co-munque quest’anno si terranno le elezioni per le RSUprobabilmente in Aprile. Perciò si può, anzi è bene,cominciare a preparare le liste in ogni scuola.

La campagna elettorale per le politiche del 2018 è in giàin corso e va di corsa con un corredo di offerte più ido-

nee ad una asta che ad un serio programma politico. Lalegge di bilancio 2018 è diventata, come spesso accade, ilcontenitore di prebende, risorse e promesse per i ceti di ri-ferimento dei partiti di governo. Nei dibattiti elettorali leprincipali forze politiche si stanno sfidando promettendo lariduzione delle tasse, l’implementazione dei vari bonus, in-vestimenti per il rilancio dell’economia e del mercato dellavoro: tutte offerte di tipo commerciale che frantumano lepoche risorse in tanti rivoli di regalie diffuse, con l’intentoesclusivo di convincere al voto i ceti beneficiati e non diguardare all’interesse generale del Paese. Non a caso, unquotidiano on-line, Linkiesta, ha così titolato questa man-frina: Dalle dentiere ai bonus per tutti: questa non è unacampagna elettorale, è un imbroglio. Poco si parla di scuo-la se non in termini generici e propagandistici e senza al-cuna promessa di concreto cambiamento di quelle situa-zioni perverse che, negli ultimi anni, (cfr la legge de la“Buona Scuola”) hanno aggravato la situazione già fragiledella scuola, istituzione fondamentale della Repubblica.Per questo Professione Docente rivolge ai partiti che si pre-

senteranno alle elezioni 2018 poche essenziali domande inmerito alle possibili riforme nel mondo dell’istruzione par-tendo dalla critica diffusa nei docenti alla “Buona Scuola”per capire realmente se possiamo sperare un cambiamen-to. In una scuola che metta finalmente al centro di ogniproposta i docenti liberandoli dalla ottusa e punitiva buro-crazia del MIUR e di tanti dirigenti scolastici riconoscendoloro quella autorevolezza sociale, insita nel mandato costi-tuzionale ad essi affidato, che è stata fortemente penaliz-zata da riforme incessanti, confuse e demagogiche. E dastipendi sull’orlo della sussistenza.Attendiamo le risposte che dovranno perveniredalla pletora di aggregazioni politiche (!) ancoraallo stato fluido… Sarà nostra cura rendere noto ai col-leghi tutto ciò ci arriverà nel prossimo numero di “Profes-sione docente”. Queste le tre domande essenziali:• La legge 107/15 è stata fortemente contestata dai do-

centi e dai sindacati della scuola. Il suo partito ritienedi modificare o a cassare le parti della legge più conte-state (chiamata diretta dei docenti da parte dei diri-genti scolastici, premi per il “merito”, ambigua colloca-

zione dell’obbligo di formazione nella funzione docen-te- fatto che determina incertezza nella quantificazionee nel riconoscimento di tali attività-organizzazionedell’alternanza scuola-lavoro, potenziamento dei poteridei dirigenti scolastici, organici e mobilità su ambiti conchiamata diretta del dirigente, ecc.

• Per il rinnovo del Contratto 2019- 2021 del compartoscuola sono stati stanziati incrementi stipendiali ben aldi sotto delle aspettative di una categoria che ha subitoun blocco di ben sette anni delle retribuzioni con l’ulte-riore blocco di un anno per il conteggio degli scatti dianzianità (anno 2013). Il suo partito ritiene che si deb-bano implementare risorse adeguate per la riaperturadel CCNL 2019-21 per consentire ai docenti e al perso-nale della scuola di ottenere una retribuzione adeguataalla loro importante funzione?

• Il D.Lgs. 150/09 (detto decreto Brunetta) ha fortementelimitato gli ambiti di contrattazione nelle scuole da par-te delle RSU affidando molti poteri discrezionali al diri-gente scolastico. Il suo partito è disponibile a modifica-re tali norme e a riassegnare alla contrattazione le de-cisioni fondamentali per la democrazia nella scuola?

ELEZIONI POLITICHE 2018 E RINNOVO DELLE RSU OFFICINAGILDA

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a cura di Fabrizio Reberschegg

AL VOTO, AL VOTO

VORREMMO SAPERE…

ELEZIONI RSU 2018

Queste le buone ragioni per candidarsi nelle li-ste Gilda-Unams alle elezioni RSU del 2018.Sempre le stesse, con qualche novità.- La Gilda-Unams da sempre chiede l’area di

contrattazione separata tra personale docen-te e ata. Abbiamo sempre detto, unici tra i sindaca-ti rappresentativi e non solo, che la professionedei docenti non può e deve essere equipara-ta al lavoro impiegatizio del personale ata.Le RSU devono quindi ottenere una fortissi-ma rappresentanza dei docenti per evitare chele esse diventino di fatto un momento di omologa-zione tra personale docente e personale ata.

- Le RSU della Gilda-Unams sono sempre statenella quasi totalità composte da soli docen-ti, mentre le altre organizzazioni sindacali cercanofacili consensi presso il personale ata, legittimandoa volte dinamiche conflittuali contro i docenti insede di contrattazione sul FIS.

- La Gilda-Unams è sempre stata chiara: il FIS sidistribuisce in proporzione al numero di do-centi e ata sulla base dell’organico di fatto.

- La Gilda-Unams si è sempre battuta e si bat-terà perché il FIS sia utilizzato solo in parteminima per pagare funzioni legate agliaspetti gestionali e amministrativi della diri-genza (collaboratori del dirigente, staff del dirigen-te, ecc.). Queste funzioni di supporto devono a no-stro avviso essere pagare con risorse diverse dalFIS. Pertanto il FIS deve essere gestito a fa-vore di chi lavora nella scuola perché è parteintegrante delle sue risorse contrattuali e non ap-partiene alla dirigenza.

- La Gilda-Unams, unica organizzazione sinda-cale della scuola, da sempre non rappresen-ta per statuto i dirigenti scolastici. Per noi èinaccettabile e scandaloso che un sindacato rappre-senti contemporaneamente il datore di lavoro e i la-voratori. Succede così solo nei regimi totalitari. Pre-sentare candidati e liste Gilda-Unams significaquindi garantire libertà e autonomia degli inse-gnanti nella contrattazione nei confronti dei diri-genti scolastici.

- La Gilda-Unams ha avversato da sempre e

da subito la legge 107, la buonascuola: “nonsi arrenderà mai e continuerà a mettere in campotutti gli strumenti della critica e della democraziaper modificare i provvedimenti sbagliati” Rino DiMeglio, Coordinatore nazionale.

Le elezioni delle RSU servono anche per conta-re la rappresentatività dei sindacati di compar-to. Dunque è necessario che in tutte le scuole sipresenti una lista RSU della Gilda-Unams. E’ ne-cessario non solo per mantenere attiva l’azione dellaGilda ma soprattutto perché i docenti possano far sen-tire la loro voce indipendente ed autonoma rispettoalle tradizionali logiche sindacali.Candidarsi con la Gilda-Unams significa garan-tire sia il rafforzamento dell’unica organizza-zione sindacale dalla parte dei docenti perchéè fatta da docenti, sia il principio che la scuolapubblica è solo quella statale: non un semplice“servizio” ma una istituzione della Repubblicadove deve essere sempre tutelato il dettatodell’art.33 della Costituzione a salvaguardiadella libertà di insegnamento.

Ricordiamo ai colleghi le buone ragioni per cominciare a definire le liste Gilda-UNAMS in ogni scuola. Le elezioni si terrannoforse in Aprile, quindi è bene utilizzare questo tempo utile per iniziare i confronti e le progettazioni per definire le liste cherappreseneranno la Gilda-UNAMS.

Professione Docente rivolge ai partiti che si presenteranno alle elezioni 2018 poche essenziali domande in merito alle possibiliriforme nel mondo dell’istruzione. Per orientare i colleghi al momento nella scelta motivata del voto politico.

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Non punire chi copia non è solo uno sfregio alla giustizia sociale: pla-giando e frodando di esame in esame si arriva ad avere avvocati chenon sanno il codice, giornalisti che non conoscono l’italiano, medici chenon sanno curare. Una società rotta nelle sue fondamenta.

Copiare a scuola è un’abitudine antica quanto lascuola stessa. Ma l’avvento del web, degli

smartphone e di siti specifici rischia di far andare ilfenomeno fuori controllo. Professione Docente si è già occupato della questio-ne. Nell’Aprile del 2012, Marcello Dei, in un’inter-vista in cui presentava il suo libro Ragazzi si copia.A lezione di imbrogli nella scuola italiana (Bo-logna, Il Mulino, 2011), segnalava come la debo-lezza etica della scuola generasse livelli di ap-prendimento modesti e come per gran parte degliadolescenti copiare fosse ormai considerato legitti-mo. Il professor Dei rifletteva inoltre sulla storica ca-renza di senso civico presente nel nostro Paese, ipo-tizzando come il fatto che la diffusione e la tolleran-za del copiare a scuola fossero un altro segnale intal senso. Da quell’intervista e dal libro di Deisono passati poco più di 5 anni ma da alloramolte cose sono cambiate. In peggio. Anche ai lettori più attempati, cresciuti e ma-turati in severe scuole pre-sessantottine, saràcapitato di assistere (o di essere stati essi stessiprotagonisti) di episodi di copiatura, di suggerimentiai compagni, di “bigliettini” e di bisbigli durante icompiti in classe. Di fogli nascosti nei bagni, dell’usodella carta carbone per le versioni di latino e greco.Per le ricerche a casa ci si avvaleva di libri non indi-cati nel programma scolastico e dai quali si plagiavaqualche frase. Non va dimenticato come le dimensio-ni e la struttura dei noti Bignami abbiano dato origi-ne all’intero mercato dei cosiddetti “bigini”. Nel tempo, l’evoluzione tecnologica ha piùaiutato a copiare che a impedire di copiare.Le micro-fotocopie si sono affiancate ai “bignami-ni”, l’avvento del web di massa ha messo a disposi-zione di qualsiasi studente (quasi sempre tecnologi-camente più capace dei propri insegnanti) miliardidi informazioni e di contenuti. E, se inizialmente,due clic permettevano massicci copia-e-in-colla dal computer di casa, l’arrivo deglismartphone ha portato la possibilità di met-tere in opera questi stessi meccanismi nella tascadello studente – e quindi direttamente in aula. Lasofisticazione è sempre più affinata: auricolari wire-less nascosti tra le folte chiome degli studenti, utiliquindi perfino per gli esami orali. Il contrattacco isti-tuzionale è inevitabilmente in ritardo: il trito ritodella consegna dei telefoni cellulari prima delle pro-ve scritte (parafrasi: la consegna del primo cellulare,spesso il più vetusto) o la potenzialmente efficace –ma difficile e costosa – schermatura totale degliedifici scolastici dal traffico dati. La piaga non si limita alla scuola ma investe

in pieno anche l’università. Tuttavia, finora lascuola e le università italiane si erano par-zialmente “salvate” grazie al criticato meccani-smo di valutazione degli studenti, dove è ancoraforte una componente di esami orali – nei quali èoggettivamente molto arduo barare. Invece, laspinta verso un modello anglosassone, spe-cie nell’istruzione terziaria, fatta di paper,tesine ed esami spacchettati, ha aperto leporte a massicci tentativi di plagio. Non solocon copia-e-incolla che a volte possono essere facil-mente smascherati da una semplice ricerca su Goo-gle o da software anti-plagio come Turnitin o Cros-sCheck, ormai in uso in molte università e anche inqualche scuola superiore. Ma anche dal ricorso a sitiweb che offrono la scrittura di tesi e paper, con of-ferte che partono da 20 euro per una tesina di geo-grafia in lingua madre fino a oltre 10000 euro peruna tesi di dottorato in discipline scientifiche.Il fenomeno è ormai talmente diffuso che inGran Bretagna se ne è dibattuto persino inParlamento e il quotidiano The Guardian sioccupa ormai da mesi della questione. Permolto tempo, oltremanica e oltreoceano, siè creduto che il copiare a scuola fosse un fe-nomeno presente prevalentemente nei pae-si mediterranei, il cui lassismo e il minor sensocivico si rifletteva anche in un diverso approccioall’autorità scolastica e universitaria. Una certa tra-dizione calvinista sembrava mettere invece al ripa-ro i paesi anglosassoni e del Nord-Europa dovenon di rado capitava che fossero gli stessi compa-gni di classe a denunciare azioni truffaldine com-messe da altri studenti. Una serie combinata di fattori ha però stra-volto e accelerato la questione: la competizio-ne esasperata, il costo degli studi, la proliferazionedi scadenze ravvicinate, la sempre maggiore pre-senza di studenti stranieri (spesso non pienamentea proprio agio con l’inglese o con la lingua veicola-re del Paese ospitante). La Quality Assurance Agen-cy (QAA) britannica ha censito oltre 100 siti daiquali è possibile ordinare qualsivoglia paper scola-stico o accademico, di lunghezza, complessità e ov-viamente tariffa a misura dei propri obiettivi e delleproprie tasche. Si tratta di siti legali, a cui collabo-rano altri studenti e perfino ricercatori universitari,precarizzati dal sistema e costretti a ingegnarsi afar qualcosa per integrare i propri magri redditi. E,trattandosi di lavori originali commissionati ad hoc,questi sfuggono a qualsiasi controllo effettuato consoftware antiplagio – che si limitano a evidenziarecorrispondenze tra il paper analizzato e fonti pre-esistenti. Siti quali Oxbridge e UK Essays garantisconovoti alti e soddisfazione certa. In tre minuti si inseri-scono tutte le informazioni necessarie alla redazione

della propria tesi: paese di provenienza, grado diistruzione, descrizione sintetica del tema, lunghezzadel paper, voto richiesto, scadenza entro la quale sirichiede il lavoro (che è una delle due variabili diprezzo più significativa, l’altra il livello di istruzione).La sola UK Essays ha dichiarato di aver venduto nel2016 circa 16000 contenuti, in crescita esponenzialerispetto ai circa 10000 del 2015. Il sito inoltre si av-vale di quasi 3500 collaboratori freelance. Il ricorso a questo tipo di sotterfugi non sfug-ge solo ai software antiplagio, ma anche aidocenti stessi. Che magari si accorgono anchedell’inattesa buona prestazione di questo o quell’al-tro studente, ma non possono dimostrare che questadipenda dal ricorso a illeciti aiuti esterni e non a ungenuino miglioramento dello studente stesso. E’ difficile a questo punto immaginare possi-bili argini a un fenomeno che va di pari passocon lo sviluppo tecnologico, la precarizzazio-ne del lavoro scolastico e accademico e lacrescente competizione universitaria e il co-sto degli studi. Sicuramente, mantenere (nel casoitaliano) o reintrodurre (nel caso anglosassone) unasignificativa quota di esami orali aiuterebbe a teneresotto controllo il fenomeno o comunque ad averedei presidi valutativi dove il ricorso a questi siti e adaltri strumenti di plagio sarebbe sostanzialmenteinutile. Il lavoro più grande andrebbe però fat-to a livello etico: rendere gli studenti consa-pevoli dell’immoralità di certi comportamen-ti, dedicare all’argomento ore di lezione spe-cifiche, punire severamente gli studenti coltiin flagranza. Il valore dell’esempio sarebbefondamentale: sappiamo però quanto sianofrequenti i plagi nelle pubblicazioni accade-miche – anche qui la necessità di pubblicare a tuttii costi fa cadere tanti in tentazione. Più di tutto, forse, servirebbe usare a proprio vantag-gio l’idea stessa – vagamente neoliberista - dellacompetizione perenne: far capire agli studenti che illoro compagno che copia non è altro che qualcunoche otterrà il loro stesso passaggio d’anno ma conuno sforzo molto minore. Otterrà la loro stessa ma-turità avendo studiato un decimo di loro. Entrerànell’università desiderata avendo copiato. Mentreloro, magari, resteranno fuori. E lo stesso vale perl’università, per l’accesso alle professioni, per la rea-lizzazione o il tramonto delle aspirazioni giovanili. Non punire chi copia non è solo uno sfregioalla giustizia sociale: plagiando e frodandodi esame in esame si arriva ad avere avvo-cati che non sanno il codice, giornalisti chenon conoscono l’italiano, medici che nonsanno curare. Una società rotta nelle suefondamenta. Ancora una volta, ecco ergersi visi-bile e cruciale il ruolo della scuola.

COPIARE NELLO STUDIO:UN IMBROGLIO DEL MERCATO GLOBALE

TEATRODELLE IDEE

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di Marco Morini

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Il DM n. 743/2017, “Esame di Stato conclusi-vo del primo ciclo di istruzione” e il DM

742/2017, “Finalità della certificazione dellecompetenze” in uscita dal I ciclo di istruzionecompletano un percorso normativo assai tor-mentato che ha cercato di armonizzare le nor-me preesistenti con quanto stabilito con la leg-ge 107/2015 e, prima ancora, con la legge169/2008 emanata dal Ministro Gelmini.Da tempo la valutazione è diventata un terre-no ossessivamente collocato al centro dellepulsioni riformatrici degli ultimi governi i qua-li, ciascuno per il tempo in cui è rimasto in ca-rica, si sono occupati di aggiungere qualchedanno alla scuola. Guasti che sono derivatiquasi sempre da preconcetti di natura ideolo-gica o efficientistica, in virtù di una sorta dicapovolgimento dell’esperienza, della ragionee dell’ordine delle cose che chi insegna haspesso denunciato.

COSA CAMBIAIl fatto che si sia finalmente deciso dimettere mano all’inaccettabile farragi-nosità dell’esame finale – che prevedeva 5prove scritte, un colloquio pluridisciplinare e,per l’indirizzo musicale, presupponeva anche senon esplicitamente una prova pratica di stru-mento – avvalora la tesi per cui il primo esamedella vita scolastica di un alunno italiano eraormai diventato insostenibile da troppi punti divista per tutti i soggetti coinvolti.Nel concreto il DM 743/2017 introduce questemodifiche:• lo scrutinio di ammissione all’esame finale si

esprime con una votazione in decimi checonsidera il percorso scolastico del discentee non risulta più dalla media matematica deivoti delle diverse discipline del terzo anno;

• il voto di ammissione assegnato in sede discrutinio finale può anche essere inferiore a6/10 in qualche disciplina;

• i requisiti di non ammissione sono ora la«sanzione disciplinare della non ammissioneall’esame» nonché la frequenza di almeno i3/4 del monte ore annuo, fatte salve le dero-ghe del Collegio docenti e della partecipa-zione alle prove Invalsi nazionali;

• la valutazione del comportamento vieneespressa collegialmente attraverso un giudi-zio sintetico (e non più numerico) riferito allecompetenze di Cittadinanza e Costituzione;

• le prove scritte d’esame sono ridotte a 3: ita-liano, matematica ed un’unica prova artico-lata delle due lingue straniere; ad esse si ag-giunge il colloquio finale;

• scompare la prova Invalsi la cui partecipazio-ne (con l’introduzione di una prova di Linguainglese) diviene requisito per l’ammissioneall’esame;

• la Commissione d’esame è presieduta dal Di-rigente scolastico dell’istituto e non più daun Presidente esterno;

• la valutazione finale espressa in decimi deri-va dalla media tra il voto di ammissione e lamedia dei voti di tutte le prove (scritte e ora-le), per cui il voto di ammissione viene adavere un peso pari al 50% del totale.

OSSERVAZIONILa semplificazione delle prove d’esame sembraun atto finalmente adeguato a normalizzare unmomento inutilmente complicato del Primo ci-clo, così come è senza dubbio apprezzabilel’abolizione delle prove Invalsi.Appare di buon senso anche l’introduzio-ne dell’ammissione pur in presenza di in-sufficienze, deliberata «a maggioranza e conadeguata motivazione» che permette quindi disegnalare eventuali lacune ed evita il soffertovoto di consiglio che trasformava tutte le insuf-ficienze in sei.È inoltre condivisibile l’eliminazione delvoto di comportamento dalla media della valu-tazione per l’ammissione all’esame, spesso mo-tivo di confusione tra le reali conoscenze, abili-tà e competenze degli allievi e la loro capacitàdi collocarsi adeguatamente nel contesto edu-cativo e socializzante disegnato dalla scuola.Permane tuttavia il rischio che la valuta-zione del comportamento con giudizio sinteticomescoli l’approccio conoscitivo di Cittadinanzae Costituzione con quello comportamentale eche risulti poco chiara alle famiglie o ambiguaa chi dovrà interpretare il giudizio medesimo.Insomma non è questione di numeri, lettere oaggettivi, quanto piuttosto di ciò che sta dietroad essi e quanto essi comunicano. Anziché in-trodurre il principio della sanzione disciplinaredella non ammissione all’esame forse sarebbestato più semplice indicare un voto di condotta,chiaro per tutti, come prerequisito di ammissio-ne. Pesa inoltre ancora l’obbligo della certi-ficazione delle competenze finali del pri-mo ciclo, nei fatti mera prassi burocratica, do-cumento spesso pieno di paroloni vuoti e pocosignificativi sia per le famiglie che per gli stessidocenti delle superiori.Non si comprende poi perché non si siaavuto il coraggio di permettere la som-ministrazione di prove diversificate per

gli allievi di cittadinanza italiana neo im-migrati nel nostro paese.Rimane ancora insoluto il problema per cui nelnostro sistema scolastico un ragazzo a 14 annisi trovi ad affrontare per la prima volta un esa-me tanto complesso in termini di performancesquanto stressante sul piano emotivo. Esiste ariguardo ancora un vuoto educativo: un tempoi ragazzi venivano allenati con prove sempliciche via via divenivano sempre più complesse (vierano esami in 2a e 5a elementare) che li aiuta-vano a fare i conti con le proprie ansie, a supe-rare il timore di una prova secca, senza recupe-ro, in cui il risultato di un momento non potevache essere o positivo o negativo. Così come ac-cade tuttora in altri ambiti: ad esempio nell0sport, nella musica, negli scacchi dove vengonoprogressivamente guidati a prove via via piùcomplesse che li aiutano a crescere.Infine non aver previsto un credito per iragazzi che si siano distinti in percorsi aggiun-tivi (ad esempio le certificazioni linguistiche)né tantomeno un bonus a disposizione dellacommissione d’esame per integrare la crudamedia matematica (come succede per l’esamedi stato del II grado), costituisce un vulnus chespesso costringe le commissioni a spericolatealchimie per intervenire sulla cifra finale diqualche alunno.Ma soprattutto ci sembra sia mancata -alla fine del I ciclo – la volontà o l’intelligenzadi creare una sorta di via d’uscita per gli allievicon grandi difficoltà, ipotizzando una sorta dicertificato di frequenza che sollevi gli insegnan-ti del I grado dal promuovere contro ogni buonsenso allievi che non hanno dimostrato la ben-ché minima volontà di apprendimento, chespesso hanno rappresentato casi di difficile ge-stione disciplinare all’interno della scuola e peri quali pilatescamente l’intero sistema si affidaal cosiddetto “calcio nel sedere”.Ultima osservazione: finalmente l’art. 8al c. 2 prevede che a presiedere l’esamesarà il DS della scuola. Ciò segna la finedella corsa dei Dirigenti del I ciclo a sovrinten-dere agli esami alle superiori (dove sono co-munque ricompensati della loro funzione e nonhanno più di 2 commissioni a fronte delle 6 o10 delle medie) e, soprattutto, la fine dell’obbli-go imposto ai docenti del I grado a presiedereesami del I ciclo contro la propria volontà, gra-tuitamente e spesso con spese di viaggio o dipasto a proprio carico.

ESAME FINALE DEL I CICLO:EPPUR SI MUOVE

TEATRODELLE IDEE

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Tutte le novità e le relative osservazioni sulle norme che hanno messomano alla farraginosità dell’esame finale del I ciclo.

di Fabio Barina

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NOTA MIUR DEL 10 OTTOBRE 2017 SULLE INDICAZIONI IN MERITO ALLA VALUTAZIONE

LA CANCELLAZIONE DEL VOTO DI CONDOTTAE LA CRISI DELL’AUTORITÀ ADULTA

La nota del MIUR n. 0001865 del 10 ottobre 2017,che, in attuazione del decreto legislativo 13 aprile

2017, n. 62, dà “Indicazioni in merito a valutazione,certificazione delle competenze ed Esame di Stato nellescuole del primo ciclo di istruzione” sta facendodiscutere oltre agli insegnanti, agli studenti e allefamiglie l’intera opinione pubblica.Sono diversi i punti della nota sui quali si èmanifestato l’ampio dissenso del mondo dellascuola, tra questi l’abolizione di fatto delle“bocciature” nella scuola primaria1 e la“promozione” nelle scuola secondaria di primogrado anche in presenza di alcune insufficienze2.La Nota dispone inoltre l’abolizione del voto dicondotta nella scuola primaria e nella secondariadi primo grado, voto che era stato re-introdotto dallalegge 30 ottobre 2008, n. 169 (ministro Gelmini),sostituendolo con un macchinoso e, per molti versi,inutile sistema di giudizi sintetici3.L’abolizione del voto di condotta è stata decisa dallapolitica: Governo, Parlamento, Ministra in modointempestivo, come spesso fanno i politici di questitempi, proprio in un momento nel quale il tema delcomportamento e della disciplina degli alunni è balzatoagli onori della cronaca per diversi episodi che tutti imezzi di informazione hanno riportato, vale uno pertutti: l’alunno che tira in testa alla docente il cestino deirifiuti.Premesso che i continui cambiamenti nella normativascolastica ottengono l’unico risultato di disorientare sia idocenti che gli studenti e le famiglie (e da qualchedecennio di decretare la fine politica di coloroche li introducono), la cancellazione del voto dicondotta priva gli insegnanti di uno strumento, certonon il solo, ma quello principale, per gestire le semprepiù difficili situazioni nelle classi.Il problema della gestione della disciplina deglistudenti non è una questione nuova, giàSant’Agostino nelle sue Confessioni ci ricorda ledifficoltà dell’insegnare a causa dei comportamentidegli studenti, tanto da indicarlo come il motivoprincipale della sua partenza da Cartagine4.Sant’Agostino racconta una realtà che tutti gli

insegnanti anche oggi conoscono bene: era più iltempo che l’insegnante passava a cercare di averel’attenzione degli studenti di quello che dedicava allatrasmissione del sapere.Del resto anche oggi, come allora, la crisi della scuola èstrettamente connessa alla crisi della società in generalecome ci spiega Frank Furedi, un intellettuale tra iprincipali studiosi della società contemporanea.L’autore, nel testo “Fatica sprecata. Perché la scuola dioggi non funziona”,5 sostiene che il malessere dellascuola abbia origine “da un guasto più essenziale: lacrisi dell’autorità adulta”. Egli contesta i luoghi comunitanto cari allapedagogia e allapolitica scolasticacontemporanea, adesempio l’insistenzaquasi maniacale sullamotivazione, e argomenta che tutta la materia relativa alcomportamento degli studenti sia strettamente legataalla incapacità della società tutta di “dare sensoall’esercizio della responsabilità generazionale”.L’insistenza sulle tecniche motivazionali e sullapedagogia sono solo un modo per aggirare il problemadel dialogo tra generazioni, infatti queste pratiche “nonpossono controbilanciare il modo ambiguo in cui gliadulti del XXI secolo esercitano l’autorità”.Furedi dimostra che la causa profonda e vera delledifficoltà a mantenere la disciplina nelle classi è “laconfusione riguardo all’esercizio dell’autorità adulta” laquale “ha minato le forme di disciplina che dipendono dalprestigio” e ha come conseguenza “la riduzione del ruolodell’insegnante a assistente o facilitatore”.Il fallimento della pedagogia “student center” degliultimi anni, che dimostra quanto sia pericoloso seguirele “mode” in ciò che riguarda l’istruzione(paradigmatica è l’affermazione che “i bambiniimparano meglio quando l’autorità adulta è del tuttoassente”), ha eroso l’autorità del docente perché nonha tenuto conto che il rapporto genitore-figlio einsegnante-alunno non possono essere paritari inquanto “sono relazioni in cui una generazione siassume tutta la responsabilità perché l’altra non èancora in grado di farlo”.Da questa breve analisi si può facilmentecomprendere come la cancellazione per leggedel voto di condotta, che perpetua il pedissequogenuflettersi della politica scolastica alla

pedagogia “student center”, sia unprovvedimento che ha ricadute negative su tuttoil sistema dell’istruzione perché contribuisce amantenere nell’ambiguità l’eserciziodell’autorità adulta e ad erodere lo spazioprofessionale degli insegnanti.Difatti, come ricorda Giovanni Berardelli sulCorriere della Sera del 18 novembre 2017,l’abolizione del voto di condotta è figlia della visionedella scuola soprattutto, se non esclusivamente, comeluogo dell’inclusione sociale, una sorta di campana divetro iperprotettiva, dove l’idea stessa di sanzione fa

orrore ed è considerata illegittima, nella qualepromuovere la creatività, nemica della disciplina edell’ordine.Per concludere, questo provvedimentorappresenta per il mondo della scuola, e per gliinsegnanti in particolare, un segnaleinequivocabile mandato dalla politicadell’allentamento dell’attenzione alla disciplina,proprio nel momento in cui sarebbe necessario, alcontrario, un rigore maggiore.1 Nota MIUR n. 0001865 del 10 ottobre 2017: “Solo in casi eccezionali e comprovatida specifica motivazione, sulla base dei criteri definiti dal collegio dei docenti, idocenti della classe, in sede di scrutinio finale presieduto dal dirigente scolastico o dasuo delegato, possono non ammettere l'alunna o l'alunno alla classe successiva. Ladecisione è assunta all'unanimità.”2 Ibidem: “l’alunno viene ammesso alla classe successiva anche se in sede discrutinio finale viene attribuita una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o piùdiscipline da riportare sul documento di valutazione.”3 Ibidem: “La valutazione del comportamento delle alunne e degli alunni (articolo 2)[dlgs 13 aprile 2017, n. 62] viene espressa, per tutto il primo ciclo, mediante un giudiziosintetico che fa riferimento allo sviluppo delle competenze di cittadinanza e, per quantoattiene alla scuola secondaria di primo grado, allo Statuto delle studentesse e deglistudenti e al Patto di corresponsabilità approvato dall'istituzione scolastica. Il collegio deidocenti definisce i criteri per la valutazione del comportamento, determinando anche lemodalità di espressione del giudizio.” … “è stata abrogata la norma che prevedeva lanon ammissione alla classe successiva per gli alunni che conseguivano un voto dicomportamento inferiore a 6/10” perché non è più previsto un voto, ma un “giudiziosintetico” per esprimere la valutazione del comportamento.4 Sant’Agostino: Le confessioni. “A raggiungere Roma non fui spinto dalle promesse dipiù alti guadagni e di un più alto rango, fattemi dagli amici che mi sollecitavano a quelpasso [...] La ragione prima e quasi l'unica fu un'altra. [...] a Cartagine l'eccessivalibertà degli scolari è indecorosa e sregolata. Irrompono sfacciatamente nelle scuole, ecol volto, quasi, di una furia vi sconvolgono l'ordine instaurato da ogni maestro fra idiscepoli per il loro profitto; commettono un buon numero di ribalderie incredibilmentesciocche, che la legge dovrebbe punire, se non avessero il patrocinio della tradizione.[...] Io, che da studente non avevo mai voluto contrarre simili abitudini, da maestro erocostretto a tollerarle negli altri. Perciò desideravo trasferirmi in una località ove, a dettadegli informati, fatti del genere non avvenivano.”5 Frank Furedi, Fatica sprecata. Perché la scuola di oggi non funziona. Vita e pensiero.Milano. 2012

La cancellazione per legge del voto di condotta, che perpetua il pedissequo genuflettersi della politicascolastica alla pedagogia “student center”, è un provvedimento che ha ricadute negative su tutto il sistemadell’istruzione perché contribuisce a mantenere nell’ambiguità l’esercizio dell’autorità adulta e ad eroderelo spazio professionale degli insegnanti.

“Destinate a riempire un vuoto, le scuole sono divenute esse stessequesto vuoto, sempre più povere di contenuti come sono, e ridotte

a poco più che alla loro forma esteriore”Harry Braverman, Lavoro e capitale monopolistico.

La degradazione del lavoro nel XX secolo.Einaudi. Torino. 1978

di Gianluigi Dotti

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OFFICINAGILDA

Nel blog del GRUPPO di FIRENZE per la scuola del merito e della re-sponsabilità http://gruppodifirenze.blogspot.it/ un interessante son-daggio: la scuola deve essere più severa sulla condotta e piùesigente sulla preparazione degli studenti.

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LA CRISI SCOLASTICA DEL NOSTRO PAESE

... a questa nuova scuola del conformismo e non dell’autonomia intel-lettuale e per di più asservita alle esigenze del mercato del lavoro. Perquesto è necessario un lavoro di organizzazione profondo che chiamiin causa, innanzitutto, l’associazionismo professionale dei docenti e su tutti la Gilda. Se si vuole dire no,bisogna allora concepire l’associazionismo professionale degli insegnanti su basi completamente diverse.

Èvenuto il momento che gli insegnanti dicano dino. Un no chiaro, a voce alta, senza incertezze. Lo de-

vono pronunciare a difesa della scuola democra-tica, della sua salda collocazione alla base delpatto costituzionale degli italiani, dove la scuolacustodisce l’idea di una società in cui tutti, senzadistinzioni di sorta, siano messi in condizione dipartecipare alla pari alla discussione degli affaripubblici. Dire di no significa, dunque, difendere ilprincipio per il quale la democrazia esige la formazione delsovrano. Il soggetto popolare. Non si limita cioè a consa-crarne formalmente il potere, ma ne qualifica il modo distare nella sfera pubblica; rende di fatto possibile la suapartecipazione politica, introducendo ogni volta la genera-zione crescente all’arte civile del di-scorso. Per questo è necessarioavviare i giovani ad un percorso distudio che ponga le basi di una ade-guata formazione intellettuale.Niente di tutto questo governale politiche scolastiche attuali, che obbediscono invecead una serie di convinzioni diametralmente opposte. Lascuola democratica è sorta sul terreno della politica. Lanuova scuola è stata sradicata dalle basi della suafondazione storica e ricollocata al servizio delle ragionidell’economia e di quel concetto vago e ambiguo che èl’«impiegabilità» dei giovani. Badate bene. Nessuna scuola,tanto meno quella democratica, si è pensata al di fuori delnesso che stringe processi formativi e professione. Nes-suna scuola tuttavia è stata mai così pesantementeasservita alle esigenze del mercato del lavoro. Il brutale funzionalismo che pretende attualmente di go-vernare il ciclo formativo delle giovani generazioni deter-mina un drastico spostamento dei pesi interni al sistemascolastico da quello che un tempo si chiamava il training aciò che oggi si indica come trainability, la disponibilità cioèa lasciarsi addestrare. Questo spostamento corrisponde al-l’idea generale che, in funzione degli interessi dell’econo-mia, la scuola assolva meglio al suo compito se lecomponenti cognitive dei processi formativi arretrino perlasciare spazio ad un più efficace modello «affettivo». Lascuola cioè è più efficace se forma il carattere deisuoi allievi in maniera da lasciarsi plasmare se-condo le richieste che provengono dal sistema degliimpieghi.La svalutazione dell’insegnamento disciplinare, labanalizzazione dello studio attraverso la cosid-detta didattica per competenze, la pretesa di inse-gnare in una lingua straniera una materiacurricolare, riducendo fatalmente i contenuti del-l’insegnamento all’insignificanza di una sintassielementare, fino alla decisione, che non ho diffi-coltà a definire oscena, di introdurre l’utilizzo dellosmartphone in classe, e poi l’enfasi messa sulla pratica,sull’alternanza, insomma tutto ciò che viene da fuori dellascuola, dicono questo: ciò che conta nella formazione diun individuo ha meno a che fare con l’edificazione dellebasi intellettuali dell’autonomia personale e molto di piùcon la disponibilità da parte di questo stesso individuo a

fornire risposte pronte e conformi alla nuova organizza-zione del lavoro. La nuova scuola è una scuola delconformismo non dell’autonomia personale.Ora, questa nuova concezione della scuola esige un nuovocorpo insegnante. Il terreno del conflitto scolastico è oggila definizione del dispositivo di selezione e reclutamentodel personale docente. È qui che si gioca la partita decisiva.Ed è qui, soprattutto, che operano in maniera più drasticai meccanismi della cosiddetta «buona scuola».La scuola italiana vivrà nei prossimi anni una ri-cambio generazionale destinato a segnare altempo stesso un drastico mutamento di orizzontepolitico-ideologico. Esce, ed uscirà, una generazione diprofessori formata nel quadro di una visione generale delle

istituzioni educative che ha imparato a concepire la suafunzione in relazione ad un universo di valori saldamentecollocato sul terreno di una idea della democrazia nutritada una intensa partecipazione di massa. Al contrario, inuovi insegnanti sono figli di una visione radical-mente mutata. La loro identità è meno legata all’auto-nomia della sfera culturale, all’idea cioè che il buonprofessore sia innanzitutto colui che risponde alle richieste«oggettive» della conoscenza disciplinare. Il nuovo sta-tuto dell’insegnante è tutto risolto sul terreno di-dattico performativo. Il buon insegnante, nella nuovaversione di una scuola concepita per funzionare a bassoregime, è innanzitutto un esperto di pratiche didattiche.In questo quadro non tutto è perduto. Non ancora, per lomeno. In una società che ha ormai raggiunto livelli elevatidi frammentazione, il corpo docente rappresenta l’ultimosoggetto collettivo organizzabile e mobilitabile su basiideologico-culturali. Per questo è necessario un la-voro di organizzazione profondo che chiami incausa, innanzitutto, l’associazionismo professio-nale dei docenti e su tutti la Gilda, che conservaal proprio interno un nucleo di sensibilità cultu-rale che non deve essere disperso.È bene però intendersi e parlare chiaro, almeno fra di noi.Un discorso di verità chiede la scuola. Se siamo infatti ar-rivati a questo punto lo si deve anche alla subalternitàmostrata dalla categoria di fronte alle questioni dell’or-ganizzazione del lavoro. Per anni la scuola italiana si èraccontata e si è lasciata raccontare attraverso la figuradel precariato scolastico. La «buona scuola» è anche ilfrutto di questa scelta strategica che si è rivelata folle.Dopo aver insistito per anni che la questione della scuolaitaliana erano i poveri professori senza un impiego fisso,chi poteva veramente rifiutare l’offerta del governo cheprometteva la stabilizzazione di decine di migliaia di do-centi in una volta sola?Non dobbiamo mai dimenticare che il provvedimento go-vernativo che ha messo capo alla legge 107 è stato origi-nato da un ricorso sindacale presso la corte di giustizia

europea.Se si vuole dire no, bisogna allora concepire l’associazioni-smo professionale degli insegnanti su basi completamentediverse. Bisogna mettersi allo studio della nuova questionescolastica così come si presenta al passaggio tra XX e XXIsecolo; ripensare profondamente gli ultimi vent’anni di po-litiche scolastiche nel nostro paese in relazione sia al con-testo europeo ma anche, e direi soprattutto, in relazione aitermini storici della crisi italiana.La crisi scolastica nel nostro Paese è figlia infatti diuna più generale crisi culturale della prospettivanazionale. Direi che è figlia del vuoto lasciato all’iniziodegli anni Novanta dal collasso delle strutture politico-cul-turali della Prima Repubblica. Con i partiti sono venute

meno strutture di collegamento, giornali, riviste,tutto un tessuto di circolazione delle idee.La scuola, i suoi docenti, disabituati datroppo tempo a concepire il proprio la-voro in termini intellettuali e di organiz-zazione della cultura, non sono stati in

grado di fronteggiare quel traumatico passaggio storico dauna posizione di indipendenza. Non avevano idee per op-porsi al processo di disgregazione. Continuavano a pa-scersi, quando lo facevano, dei vecchi luoghi comuni deldemocraticismo pedagogico degli anni Sessanta e Settanta.Senza capire che quel modello culturale era finito e mai erastato veramente in grado di concepire la funzione dell’isti-tuzione scolastica all’altezza dei suoi compiti generali. Direno è più faticoso che assentire. Per dire no bisogna ripren-dere pazientemente il filo di un lavoro culturale interrottoormai molti decenni fa.

di Adolfo Scotto di Luzio

TEATRODELLE IDEEDIRE DI NO...

ADOLFO SCOTTO DI LUZIOInsegna Storia della pedagogia, Storia delle istituzioniscolastiche ed educative e Letteratura per l'infanzianell’Università di Bergamo. Si è occupato a lungo distoria del fascismo e, in particolare, della costruzionedel suo apparato culturale e anche di storia delle isti-tuzioni culturali e della scuola (con un’attenzione maismessa per l’editoria e la stampa). Ha pubblicato diversi volumi, tra cui ricordiamo, per ilMulino, «Il liceo classico» (1999), «La scuola degli ita-liani» (2007) e «Napoli dei molti tradimenti» (2008),“Senza Educazione. I rischi della scuola 2.0”(2016);per Bruno Mondadori «La scuola che vorrei» (2014).

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l’intervento di Scotto di Luzio al convegno della Gilda per la Giornata nazionaledell'insegnante, il 5 ottobre 2017.

Qui https://www.youtube.com/watch?v=aQtg7BSQScE

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A PROPOSITO DEL LIBRO DI TIM WU THE ATTENTION MERCHANTS E DEI CELLULARI IN CLASSE

Chiunque abbia un figlio adolescente sa che sarebbepiù facile farlo camminare a piedi nudi nella neve

delle Alpi il 31 dicembre che farlo staccare dal suo tele-fonino, sia esso un iPhone X da 1.000 euro, uscito nelnovembre scorso, o un volgare Samsung Galaxy W del2011 (ormai probabilmente reperibile solo al museodella Scienza).Qualche settimana fa mi sono imbattuto nel libro diTim Wu, un docente della Columbia University di NewYork, The Attention Merchants, e in una statistica ripor-tata dal normalmente affidabile Economist: l’adultomedio, nei paesi industrializzati, guarda il proprio cellu-lare 2.600 volte al giorno. Ve lo riscrivo, per chiarezza,in lettere: duemilaseicento volte. Poiché la cifra misembrava eccessiva, ho iniziato a tenere un “diario di-gitale”, che mi proponevo di compilare per una setti-mana. Ecco i primi risultati.- ore 6,30 sveglia (fornita dal mio iPhone)- ore 6,31 aperto WhatsApp per verificare se c’erano

messaggi notturni- ore 6,35 mandata foto via WhatsApp alla persona

amata- ore 6,36 messo caffè sul gas- ore 6,37 in attesa del caffè, aperto computer per ve-

rificare la posta- ore 6,41 la caffettiera minaccia di esplodere mentre

io leggo l’ultimo messaggio del Dipartimento che mirovina la giornata prima ancora che sia iniziata

- ore 6,42 inizio a rispondere alle mail più “urgenti”:23.

- ore 7,07 guardo l’ora e mi accorgo che sono passati30 minuti e non ho ancora bevuto il caffè

- ore 7,08 faccio la doccia- ore 7,13 mi faccio la barba- ore 7,16 mi vesto- ore 7,20 apro il Kindle per leggere i giornali ameri-

cani- ore 7,45 guardo sull’iPad se ci sono notifiche delle

nuove serie Netflix, riprendo a leggere i giornali sulKindle

- ore 8,30 mi stacco dal Kindle e guardo se su What-sApp ci sono nuovi messaggi

A questo punto ho fatto le somme, scoprendo che nelledue ore dal risveglio ho passato 13 minuti in attività“non digitali” (essenzialmente perché sotto la doccia icostosi gadget elettronici si rovinano) e 107 minuti inattività on line. Ovvero, l’89,17% del mio tempo sonostato variamente collegato con il mondo esterno attra-verso uno o più schermi. A questo punto ho deciso dirinunciare all’idea di tenere il diario per una settimana,cosa che probabilmente avrebbe fatto peggiorare i sin-tomi di dipendenza da collegamento permanente.In realtà, questo universo di comunicazione permanentein forma scritta, visiva e sonora, è del tutto nuovo vistoche l’iPhone è arrivato sul mercato poco più di diecianni fa, il 29 giugno 2007, ma ci siamo così immersi

nelle sue meraviglie da non notarlo affatto. Troviamoperfettamente logico che una famiglia di quattro perso-ne in pizzeria abbia quattro telefonini funzionanti, chevengono ossessivamente consultati in attesa della pizza(e, per i due figli, anche dopo che la pizza è arrivata).Non sempre è stato così.A indagare come questa bizzarra galassia senza limitispazio-temporali si sia formato si è dedicato Tim Wu,che ne analizza la formazione fin dalle origini, ben piùantiche di quanto non siano i nostri cellulari. “C’è stataun’epoca -scrive Wu- in cui per abitudine o per limita-zioni tecnologiche molte parti della nostra vita come lacasa, la scuola, le interazioni sociali, erano rifugi, al ri-paro dalla pubblicità e dal commercio. Nel corso del-l’ultimo secolo, tuttavia, siamo arrivati ad accettare unmodo di essere molto diverso, nel quale quasi ogni mo-mento delle nostre vite viene sfruttato commercialmen-te, nella misura in cui è possibile”.Naturalmente, si potrebbe sostenere che quando guar-diamo la posta elettronica, oppure leggiamo un librosu un reader, non stiamo guardando della pubblicitàma purtroppo non è così. Prima di tutto i servizi più dif-fusi, come gmail, sono organicamente legati alla rac-colta di dati su di noi: non è un caso se, dopo che ave-te fissato un appuntamento con il vostro dentista, sullaparte destra dello schermo cominciano a comparire an-nunci del tipo: “Vola in Croazia per avere denti perfettia basso costo!”. Ed è ancor meno un caso se, dopoaver letto un libro sulla prima guerra mondiale, Ama-zon vi inonda di proposte con volumi di argomento si-mile: gli algoritmi dei nuovi padroni del mondo sonosempre in agguato, non vanno in vacanza a Natale,non si ammalano e non scioperano. Tutto ciò che vo-gliono è mantenere costante la vostra attenzione.Tim Wu spiega che almeno dalla prima guerra mondia-le in poi, gli esperti di propaganda sono coscienti delfatto che l’attenzione è una merce, come il pane, il car-bone, le automobili. L’attenzione di X persone si paga:è quello che fanno gli inserzionisti pubblicitari sceglien-do di vantare i meriti del loro prodotto un tempo in ra-dio, e in televisione, adesso su Google, Facebook eTwitter.Fin dall’inizio, scrive Wu, “la strategia vincente è stataquella di cercare di conquistare tempi e spazi in prece-denza esclusi dallo sfruttamento commerciale”, comequelli della cena e del dopocena per radio e televisione(prima si chiacchierava in famiglia, si andava a teatro, osi faceva una passeggiata). Internet, cellulari e tablet sisono impadroniti anche degli spazi residui, come quellidegli spostamenti, della passeggiata all’aperto, delpranzo al ristorante e, nel caso degli Stati Uniti, anchedella scuola. Centinaia di scuole americane alle presecon un calo costante di risorse, hanno infatti accettatovarie forme di collaborazione con McDonald’s, Coca-Cola, Nike, Microsoft o altre aziende ansiose di propor-re la loro mercanzia a dei consumatori fra gli 8 e i 18anni. Come ben si sa, una volta conquistato il piccolo

Johnny a un paio di jeans di una certa marca, neppurela terza guerra mondiale lo convincerà a passare a unbrand differente.La commercializzazione integrale della vita sarebbe gra-ve di per sé, ma ad essa si aggiunge un problema ulte-riore, particolarmente sentito a scuola: l’arrivo di quelloche Wu definisce “homo distractus”, un essere umanoincapace di resistere alla tentazione di consultare i pro-pri telefonini, tablet o computer ogni pochi minuti (vedi“diario” qui sopra). L’homo distractus certamente nonvincerà il Nobel, né diventerà primo ministro, se è unadulto, ma molto probabilmente resterà ignorante an-che delle nozioni di base di matematica, storia e geo-grafia se è uno studente, condannandosi a un futuro so-ciale e lavorativo assai faticoso. Questo è il motivo percui la scuola va difesa ad ogni costo da quello che Ro-berto Casati definisce “colonialismo digitale”: distrazio-ne e apprendimento non sono mai andati d’accordo.Ma forse il nostro ministro dell’Istruzione Valeria Fedeliera troppo distratta per accorgersene, quando ha decisoche si possono portare cellulari e tablet in classe.

P.S. Non ho un account Instagram, ignoro Facebook ein questo periodo non uso Twitter, quindi il mio diariodigitale non riflette che parzialmente il tempo passatoon line quando si usano anche queste piattaforme.

QUANTE VOLTE AVETE GUARDATOIL VOSTRO TELEFONINO, OGGI?

di Fabrizio Tonello

L’homo distractus certamente non vincerà il Nobel, né diventerà primoministro, se è un adulto, ma molto probabilmente resterà ignoranteanche delle nozioni di base di matematica, storia e geografia se è unostudente, condannandosi a un futuro sociale e lavorativo assai faticoso.

TEATRODELLE IDEE

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FABRIZIO TONELLOÈ docente di Scienza politica presso l’università diPadova, dove insegna, tra l’altro, un corso sulla po-litica estera americana dalle origini ad oggi. Ha in-segnato alla University of Pittsburgh e ha fattoricerca alla Columbia University, oltre che in Italia(alla SISSA di Trieste, all’università di Bologna). Hascritto L’età dell’ignoranza (Bruno Mondadori,2012), La Costituzione degli Stati Uniti (BrunoMondadori, 2010), Il nazionalismo americano (Li-viana, 2007), La politica come azione simbolica(Franco Angeli, 2003). Da molti anni collabora allepagine culturali del Manifesto.

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Impariamo più storia e non cerchiamola sul web; impariamo qualchesoluzioni meccanica e non guardiamo sullo smartphone per trovare al-ternative. La battaglia sul diritto di riparare è una delle grandi batta-glie dell’illuminismo: come ricordava Kant, si tratta di togliere gli esseriumani da una condizione di inferiorità, in cui altri decidono una voltaper tutte del nostro presunto bene.

NON SERVE PIÙ IMPARARE A RIPARARE E/O A STUDIARE STORIA? TEATRODELLE IDEE

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Prima dell’estate mi è capitato un interes-sante episodio. A Parigi, come in molte città

europee, da diversi anni esiste un sistema di bikesharing; pagando un modesto abbonamento annualesi può ritirare una bicicletta dalle apposite rastrellieree riportarla in una qualsiasi stazione di scambio, re-stando entro certi tempi (mezz’ora, incrementabilegrazie a vari bonus). Il segreto meglio custodito diParigi è che la città è costruita su sette colli comeRoma; i ciclisti sanno come girare intorno alle quoteelevate ma prima o poi, è inevitabile, le stazioni amonte si svuotano, quelle a valle si riempiono: bastache una frazione degli utenti tratti i “Velib” comeslitte. Siccome abito vicino alla cima di un colle, lamia stazione di riferimento è di solito sguarnita, ilche genera piccole competizioni per accaparrarsi l’ul-timo mezzo disponibile. Ecco allora l’episodio. Arrivoalla rastrelliera notando che c’è una sola biciclettache sembra stia per essere presa da un giovane ben-vestito; il quale però si agita e impreca, rivolta la sel-la, e si allontana battendo convulsamente i pollici sulvetrino dello smartphone. La sella girata non è van-dalismo, è un segnale che ci mandiamo tra utilizza-tori, significa che la bicicletta ha un problema tecni-co. Mi avvicino - vediamo un po’ - e noto che è sal-tata la catena. Tutto qui? Decenni di vita lombarda,con la bici come mezzo di trasporto principale, nonsono passati invano; non ci vuole nulla a infilare lamano sotto la scocca, rimettere la catena sul dente,far girare a mano i pedali con la ruota posterioresollevata; e in venti secondi la bici è pronta per ri-partire. Il mio concorrente torna verso di me conaria interrogativa e leggermente aggressiva. Quellabici sarebbe mia, l’ho vista prima io, mi apostrofa; iparcheggi intorno sono tutti vuoti, mi dice mostran-domi lo smartphone con la app cerca-bici. Insomma, avrei fatto qualcosa di trasgressivo. I Velibnella norma non vengono riparati dagli utilizzatori,se ne occupa per il momento la società JC Decauxche ha in appalto il servizio (e che oltre a manute-nere manda diversi camion al giorno a spostare amonte le bici-slitte che tendono ad accumularsi avalle.) Riparare una bici in sharing è qualcosa chenon si fa, nel ragionamento del mio concorrente, peril quale la bici o è riparata, o è da riparare, e se nelprimo caso valgono le solite priorità, chi ci è arrivatoper primo esercita un diritto, nel secondo caso quel-lo che si deve fare è guardare sullo smartphonedove se ne può trovare un’altra. Ci sono molte morali da trarre dall’episodio,alcune delle quali facilmente immaginabili.Uno, la disponibilità di tecnologia diffusasemplifica enormemente la vita, al punto darenderci incapaci di fare le cose più semplici per lequali non esiste una ulteriore soluzione tecnologicapreconfezionata. Il mio concorrente non ha il riflessodi esaminare il semplice problema meccanico della

catena saltata, ma ha il riflesso di guardare sul-lo smartphone dove si trovano delle alternati-ve. Due, nel nuovo ecosistema di disponibilità imme-diata (o quasi immediata) l’istruzione e la formazionepermanente ci portano verso questi lidi: non servepiù imparare a riparare, ci viene detto, imparapiuttosto a consultare uno smartphone pertrovare alternative. Molti dei nuovi manifestisull’educazione nell’era digitale declinano in variesalse lo stesso ritornello: a che serve imparare la sto-ria, quando in due secondi troviamo sul web una ri-sposta a tutte le nostre curiosità storiche? Meglio in-segnare a usare il web per trovare le risposte alle cu-riosità storiche, che cercare di riempire la testa deglistudenti di fatti che, peraltro, a loro non interessano.Quindi, meglio co mprare un tablet per stu-dente e attrezzare la scuola con la banda lar-ga per sostenere l’impressionante traffico didomande storiche che gli studenti invierannosicuramente, rendendo di passaggio inutile l’inse-gnante. Ma per l’appunto: nessuno ha delle cu-riosità storiche di suo; queste vengono solo

dopo aver imparato un bel po’ di storia. E lostesso vale per qualsiasi contenuto. Ma, terzo punto, c’è qualcosa di più. Per capirlodobbiamo evocare la recente controversia, assurta acaso legale, che ha opposto i contadini americani alfabbricante di trattori John Deere. I contadini rivendi-cano un diritto a ripararsi da soli i loro trattori. Il di-ritto viene negato dal nuovo design degli automezzi,imperniato su una centralina elettronica che se da unlato semplifica l’uso, d’altro lato rende perfettamenteopaca la manutenzione. Per diagnosticare un guastosi deve far parlare il computer di bordo con il compu-ter del centro di assistenza. Nulla di nuovo sotto ilsole, si dirà: da tempo la trasformazione digitale in-veste il mondo dell’automobile, e ancor da prima sidoveva portare la propria auto ai meccanici autoriz-zati per ogni intervento un po’ corposo, dato che era-no i soli a possedere certi attrezzi forniti dai costrut-tori per raggiungere le viti più recondite. Ma è anche vero che sono veramente in pochi i gui-datori che vogliono mettere mano alla propria auto-mobile. Saprei cambiare la batteria e le lampadinedegli antinebbia, ma poco di più; un’auto è molto piùcomplicata di una bicicletta. Perché tanto agitarsi peril trattore? Gli attivisti statunitensi lo dicono chiara-mente: il diritto a ripararsi da soli il proprio trattore èqualcosa di molto profondo, di definitorio dell’attivitàagricola, fa parte dell’immagine di sé stessi che han-no i farmers. Non necessariamente un piacere, manon tutto ciò che ci definisce dev’essere per forzapiacevole. In che cosa consiste questo diritto? OttoStati americani hanno promulgato dei decreti “Fairrepair”, riparazione equa, che impongono ai costrut-tori di fornire dei manuali e dei pezzi di ricambio aiconsumatori e alle officine meccaniche non affiliate.John Deere e, per ragioni concomitanti, Apple si op-pongono tenacemente, invocando il fatto che scoper-chiando il loro dispositivo i consumatori potrebberomettere in pericolo la loro stessa sicurezza. Non èdifficile vedere una collusione tra capitalismo aggres-sivo e paternalismo: “abbiamo creato oggetti cosìcomplicati che voi, comuni mortali, non potete ripa-rare; solo i nostri rivenditori autorizzati possono farlo,naturalmente a caro prezzo.” Il cerchio si chiude. Labattaglia dei Right-to-repair, ripresa da siti influenticome ifixit.org e dalla Electronic Frontier Foundation,è allora una delle grandi battaglie dell’illuminismo:come ricordava Kant, si tratta di togliere gli esseriumani da una condizione di inferiorità, in cui altri de-cidono una volta per tutte del nostro presunto bene. Quanto al mio competitore per il Velib, mi sono limi-tato a pulire ostentatamente con un fazzoletto di car-ta le mani dal grasso della catena, ho inforcato la bi-cicletta e mi sono buttato nella discesa assaporandoil vento della corsa.

di Roberto Casati

IL DIRITTO DI RIPARARE

ROBERTO CASATIÈ un Filosofo italiano, studioso dei processi co-gnitivi. Attualmente è Direttore di ricerca delCentre National de la Recherche Scientifique(CNRS), presso l’Institut Nicod a Parigi. Espo-nente della filosofia analitica, già docente in di-verse università europee e statunitensi, èautore di vari romanzi e saggi, tra cui La sco-perta dell’ombra (2001), tradotto in sette lin-gue e vincitore di diversi premi, la raccolta diracconti filosofici Il caso Wassermann e altri in-cidenti metafisici (2006), Prima lezione di filo-sofia (2011), Contro il colonialismo digitale.Istruzioni per continuare a leggere (2013), re-censito in “Professione docente”, set-tembre 2016, con un’intervista all’autore eLa lezione del freddo, presso Einaudi, una filo-sofia e un manuale narrativo di sopravvivenzaper il cambiamento climatico.

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FIT: FORMAZIONE, INSERIMENTO, TIROCINIO: A BREVE IL PRIMO BANDO

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Si tratta di un concorso per titoli ed esamiriservato esclusivamente a chi è già abili-

tato o, sebbene con riserva, a chi ha avviatoun’azione legale per il riconoscimento del-l’abilitazione ed è in attesa della sentenza dimerito. Sin da subito la Gilda degli Insegnan-ti ha denunciato il fatto che il percorso FITnon è adeguato a ricondurre alla normalità una si-tuazione diventata esplosiva a causa di soluzionitampone proposte di volta in volta dal ministro diturno.Solo in seguito, probabilmente verso la finedell’anno scolastico, verranno bandite le al-tre procedure concorsuali rivolte a chi nonpossiede l’abilitazione.

FIT: Formazione, Inserimento, Tirocinio.In piena continuità con l’andamento degli ultimi de-cenni, eccoci di fronte all’ennesimo acronimo desti-nato a diventare un tormentone dei prossimi anniscolastici.E’ da un po’ che se ne parla, ma ora siamo ar-rivati ai nastri di partenza e, a meno di colpidi scena dell’ultima ora, a breve uscirà il primobando di concorso previsto da uno dei decreti dele-gati della legge 107.Il Ministro Fedeli ha dichiarato più volte che intenderispettare la tempistica prevista dal decreto in que-stione e si è impegnata a bandire la procedura con-corsuale riservata ai docenti abilitati entro la finedell’anno solare.Si tratta di un concorso per titoli ed esami ri-servato esclusivamente a chi è già abilitato osebbene con riserva, a chi ha avviato un’azio-ne legale per il riconoscimento dell’abilita-zione ed è in attesa della sentenza di merito.Solo in seguito, probabilmente verso la finedell’anno scolastico, verranno bandite le al-tre procedure concorsuali rivolte a chi nonpossiede l’abilitazione.Il concorso viene bandito su base regionale eprevede una prova orale consistente nell’illustra-zione di una lezione simulata con l’esplicazione dellemetodologie didattiche e delle strategie di apprendi-mento seguite. Durante questa prova, la commissio-ne esaminante dovrà valutare anche le competenzelinguistiche ed informatiche dei candidati.A questa prova orale, vengono assegnati 40punti su cento, tre dei quali per la valutazione dellecompetenze linguistiche e tre per quelle informati-che.Oltre a questi 40 punti, la commissione, avràa disposizione altri 60 punti per la valutazione

dei titoli culturali e professionali dei candidati. In re-altà, il candidato potrebbe avere ben più di 60 puntidi titoli, ma il bando prevede un limite massimo el’eventuale surplus non verrà conteggiato.Infatti, questi 60 punti, derivano da tre areedistinte, ognuna delle quali prevede un tetto mas-simo di 30 punti. La prima area riguarda il punteg-gio di abilitazione suddiviso in una parte fissa (15punti) esclusiva di chi ha sostenuto una prova abili-tante selettiva e una parte variabile (max 15 punti)legata al punteggio p di abilitazione dalla relazione(p – 75)* 3/5.Una seconda area è relativa ai titoli culturali diversidall’abilitazione (dottorato, pubblicazioni, altre abili-tazioni, altre lauree, corsi di perfezionamento, supe-ramento di concorsi ecc…) per i quali il candidatopuò accumulare fino a 30 punti.Altri 30 punti, infine, saranno legati al servi-zio: 2 punti per i primi due anni e 5 punti per glianni successivi per il servizio specifico sulla classe diconcorso per la quale si concorre; punteggio dimez-zato per il servizio aspecifico.Si capisce quindi che solo chi ha un’abilita-zione derivante da un TFA o da un precedenteconcorso abilitante potrà raggiungere i 30punti collegati all’abilitazione. Chi ha fatto iPAS invece, potrà vedersi computati al massimo 15punti, nel caso di un punteggio di abilitazione pari a100/100. Potrà però rifarsi (se ha anni di esperienza)con il punteggio di servizio, anche se il meccanismoè tale che il servizio effettuato oltre il settimo anno,non potrà essere conteggiato.Alla fine di questo percorso, verrà stilata unagraduatoria sulla base della quale, in funzio-ne dei posti liberi e disponibili degli organici deiprossimi anni, il docente verrà inserito direttamenteal terzo anno FIT propedeutico alla stipula del con-tratto a tempo indeterminato vero e proprio.Riassumendo, questa procedura concorsuale preve-de la valutazione di una lezione simulata e il con-teggio di titoli culturali e professionali per la stesu-ra di una graduatoria regionale di candidati chehanno superato una procedura abilitante che pre-vedeva, tra varie altre prove, l’illustrazione di unalezione simulata e che sono inseriti in graduatoriedi istituto (II fascia) stilate sulla base di titoli cultu-rali e professionali… c’è da chiedersi se non sareb-be stato più opportuno e logico - non fosse che perquestione di costi - procedere direttamente allastesura della graduatoria regionale prevista daquesto bando?…Logica a parte, questa procedura ha il pregiodi consentire l’ingresso stabile nel mondo

della scuola di docenti che da anni operanonel mondo della scuola garantendone il regolarefunzionamento in maniera molto più incisiva e con-creta rispetto al famigerato piano straordinario diassunzioni previsto dalla “cosiddetta” buona scuola.Questa volta infatti, si tratta per lo più di colleghi chelavorano su classi di concorso per le quali le GAE e legraduatorie di merito risultano vuote o con un nume-ro minimo di docenti contrariamente al piano straor-dinario di assunzioni che, al di fuori di ogni realtà, hasi stabilizzato decine di migliaia di docenti, ma in ma-niera irrazionale e spesso schizofrenica con l’introdu-zione forzata dell’organico di potenziamento.La logica vacilla ulteriormente se si ragiona alungo termine. Tutti i dati confermano infatti che ilcorpo docente italiano è tra i più anziani dell’interomondo occidentale e che nei prossimi anni sarà ne-cessario a procedere un turn over di proporzioni gi-gantesche (circa 150/200 mila pensionamenti previ-sti nei prossimi 5 anni). Sarebbe opportuno quindiprogrammare questo passaggio generazionale inmodo da renderlo il più funzionale, indolore e razio-nale possibile.Al contrario, il percorso FIT, prevede a regime unasorta di percorso ad ostacoli fatto di 24 crediti CFUda conseguire oltre al normale iter universitario, diprocedure concorsuali lunghe e costose e di contrattida stagisti che, seppur non ancora quantificati, diffi-cilmente avranno un riconoscimento economico suf-ficiente a vivere in maniera dignitosa ed autonoma.Il fatto è che, a fronte di un’estrema facilità per l’in-serimento nel mondo dell’insegnamento – bastapresentare una domanda di inserimento in una gra-duatoria di istituto se non, in diverse province, unasemplice richiesta di messa a disposizione – i varimeccanismi di stabilizzazione previsti dai vari Gover-ni, sono sempre stati farraginosi e poco funzionaliad arginare il fenomeno di un precariato sempre piùcrescente, al punto che la Corte Europea è dovutaintervenire per sanzionare in maniera definitiva ilcomportamento illegittimo tenuto dallo Stato italia-no nei confronti dei docenti precari.Sin da subito la Gilda degli Insegnanti ha de-nunciato il fatto che il percorso FIT non èadeguato a ricondurre alla normalità una situazio-ne diventata esplosiva a causa di soluzioni tamponeproposte di volta in volta dal ministro di turno.Sarebbe molto più funzionale ed idoneo un seriopiano di formazione iniziale e continua con un con-trollo selettivo al termine di un percorso snello e daitempi certi in grado di consentire efficacemente il ri-cambio generazionale che la scuola italiana vivrà neiprossimi anni.

CONCORSO… DI COLPA

OFFICINAGILDA

di Antonio Antonazzo

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TEATRODELLE IDEE

Il rapporto dell’uomo con la natura è mate-ria eminentemente da filosofi che ha cono-

sciuto, nei secoli, diverse interpretazioni.Semplificando al massimo e tenendoci neipressi del nostro tempo, possiamo dire che idue corni filosofico-letterari che immediata-mente balzano alla mente sono Rousseau eLeopardi. La natura fonte di felicità per l’uo-mo, madre amorevole, per il primo; indiffe-rente e matrigna, per il secondo. Da allora,molta acqua è passata sotto i ponti, acquanon benefica ma malefica e la natura non più madre, né matrigna è oggi vittima di azioni irresponsabili dei suoi figli. Eppure la natura esiste e resiste e speriamo che lotti insieme a noi. Ce lo dimostra Roberto Ca-sati, nel suo bel libro, La lezione del freddo. Einaudi 2017, un testo affascinan-te, godibile che si legge tutto d’un fiato. Attenzione però a non considerare il tutto solo una bella avventura e a non cogliere gli infiniti stimoli e le tantissime lezioni che egli, da filosofo, ci propone.In meno di 200 pagine, l’autore raccontaun’avventura che ha coinvolto lui e la sua famiglia (moglie e due bambine e il cane Blacky), un trasferimento, per motivi accade-mici, nel New Hampshire, dove resteranno un anno. Per l’occasione, si è deciso di affit-tare una casa quasi fiabesca in mezzo al bo-sco, attorniata da alberi giganti: una meravi-glia. Il terreno, al loro arrivo, è secco, segno che non piove da tempo, ma là troveranno tanta legna già tagliata e accatastata e, al-l’interno, una grande stufa. E’ l’inizio dell’avventura di conoscenza del freddo che entrerà da una fessura nella loro vita, la quale di suo è ambientata in uno scenario europeo temperato e moderata-mente piovoso. Dove - riflette l’autore - la nevicata occasionale di città ci lascia per-plessi e sognanti. Certo, andiamo a sciare o a far passeggiate sulla neve, e ci ritroviamo la sera nelle taverne di legno degli alberghi alpini a godere del tepore del camino. Ma si tratta di aneddoti. Di “freddo turistico”. Do-v’è un freddo che occupa tutta la nostra esi-stenza?

Quel freddo e quel silenzio e tutto ciò chene consegue saranno una grande lezione diesperienza, di vita, di conoscenza. Dunque,appena l’estate finisce cominceranno legrandi piogge e poi la neve, ma intanto siriuscirà a esplorare l’ambiente perché èl’unico modo di capire; i grandi e fitti boschi,dove il telefonino non prende (!), le lunghepasseggiate, in un tratto dell’AppalachianTrail (il famoso sentiero escursionistico chepercorre i monti Appalachi sulla costa orien-tale degli Stati Uniti d’America lungo circa3.510 chilometri) e la conoscenza di abitudi-ni, attenzioni nuove da apprendere. C’è lapercezione da adeguare alle distanze inu-suali (una cima di monti a portata di mano èancora lontana ore di cammino). Con la pri-ma neve inizierà un percorso di lotta: neve, iltuo nome è lotta e ciò che prima apparivabello e suggestivo ora diventa un’impresada affrontare. I 250 metri che isolano lacasa fiabesca da una strada principale sonotutti da spalare; la legna, raccolta nelle vici-nanze, spaccata e preparata in cantina, èsolo una parte assolutamente insufficientealla bisogna che durerà ben 4 mesi. Quindioccorre ordinarne altra che verrà depositatanel giardino ma poi la si dovrà collocare incantina ideando tecniche di scivolamento. Ecosì via, in un crescendo di apprendimentinuovi, per fronteggiare situazioni mai primasperimentate che impegnano l’intelligenzapratica e quella teorica. Come l’esperienzadel freddo che incide non solo sul corpo maanche sulla coscienza: mentre cammino cau-to nel bosco mi rendo conto che a poco apoco il freddo fa rintanare la coscienza nelfondo del corpo, come il sangue che rifiggedalle estremità per continuare a circolare.Oppure, il rischio di prendere la “camin fe-ver”, il mal di capanna. Una specie di letar-giaimmunodepressiva che ti agguanta quan-do stai troppo all’interno, per l’appunto vici-no alla stufa, come Pinocchio. E come Blac-ky, che si rintana dietro la stufa tutto il gior-no. Strettamente congiunta a tutto ciò, ecco lagrande nuova esperienza della mente edell’animo: i fiori di ghiaccio sui vetri, checambiano di giorno in giorno e per un curio-so contrappasso animati da una tenace pro-pensione a rappresentare paesaggi tropicalidi felci e palme, fiori giganti, erba di savana.Quindi i lunghi mesi chiusi in casa, con letende trapuntate alle finestre, il vento tesocome un blizzard; fuori il bosco, dove i tron-chi sembrano i gambi delle note su unospartito e dentro il silenzio pressochè totale.Casati si accorge che il freddo lo sta trasfor-mando: sta pensando in time lapse i suoipensieri sono istantanee che acquistanosenso solo nella sequenza lenta e lunga del-

le settimane e dei mesi. Prima del disgelo, ilfilosofo che ha studiato le ombre (R. Casa-ti, La scoperta dell’ombra Da Platonea Galileo la storia di un enigma che haaffascinato le grandi menti dell’uma-nità. Laterza 2008) e che aveva affermatonella premessa al libro “Le ombre sono mi-steriose e inquietanti, e al tempo stessosono un ausilio prezioso alla conoscenza.“avrà modo di scoprire altre suggestioni. Alcalar del sole le ombre non continuano aruotare, ma risalgono sugli alberi e fuggonoconcitate verso il cielo. E’ come se ci lascias-sero, abbandonassero la terra per andare aritrovare la grande madre notte. Una consta-tazione interdisciplinare, che non nasce dauna tecnica esterna (come si tende a fareoggi nell’insegnamento scolastico) ma sca-turisce quando vi sia una conoscenza che ilsoggetto ha maturato dentro di sè. Qui inte-ragiscono filosofia, letteratura, fisica e musi-ca. Perché l’accompagnamento di questimesi di silenzio e scoperta sarà la Winterrei-se (Viaggio d’inverno) di Franz Schubert. Infine, anche la neve se ne andrà diffonden-do una grande puzza, perché tutto ciò chegli uomini (e gli animali) hanno lasciato sot-to la coltre riemergerà alla luce e all’aria coni noti processi di decomposizione e l’annoaccademico volgerà al termine. Si deve tor-nare alla usata vita con un discreto rimpian-to, salutati dall’apparizione di un’orsa ingiardino (mentre la famiglia al completo stamangiando) che attraversa tutta la scenacome se loro non ci fossero.Il silenzio e la neve hanno dispensato unagrande lezione: prima di tutto, che il freddonon è un nemico, per quanto sia temibile,ma un grande maestro che rischiamo di per-dere per sempre.Che si impara da lezioni sul campo impartitedalla natura non madre né matrigna mamaestra; che molte cose, la maggior parte,vanno esperite, vissute sulla propria pelle,sulla propria forza; che le esperienze concre-te sono fonte di conoscenza e insegnanoquel senso del limite che il rapporto con ilweb annulla pericolosamente, amplificandoun temibile senso di onnipotenza.Finchè esiste, verrebbe da dire, godiamo econosciamo questa natura, il freddo e i pro-blemi a cui essa ci obbliga, oltre Rousseau eLeopardi ma con lo sguardo a Thoreau conla sua vita all’aria aperta e con la religionedella natura, facendo nostra la sua conce-zione secondo cui “dalla natura selvaggiadipende la sopravvivenza del mondo”.

OLTRE IL FREDDO TURISTICOA LEZIONE DALLA NATURA

di Renza Bertuzzi

Roberto Casati,La lezione del freddo,

Einaudi 2017

In un libro suggestivo e affascinante, Roberto Casati ci parla del freddo non nemico ma mae-stro che rischiamo di perdere per sempre.

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La scuola italiana è profondamente cambiata nel tempo, ma con-tinua ad avere un ruolo centrale nel destino di tutti gli italiani.

Le politiche in merito all’istruzione nel Paese hanno definito svoltee riforme fondamentali nel corso del Novecento, per poi percorrerescelte più ardite e oggetto di polemiche. Oggi si parla di svuota-mento e di fallimento del ruolo della scuola e delle università, daqui la proposta della Società Dante Alighieri di stimolare un mo-mento di confronto avvenuto a Roma sul tema attraverso il conve-gno intitolato “Le parole della scuola e le parole della vita”presso la sede di Palazzo Firenze 31 ottobre 2017. Per l’occasionesono stati chiamati a intervenire accademici quali lo stessoprof. Andrea Riccardi, Presidente della Società Dante Alighieri,promotrice dell’iniziativa, il prof. Claudio Marazzini, Presidentedell’Accademia della Crusca, il prof. Luca Serianni, Vicepresidentedella Dante, e la prof.ssa Maria Agostina Cabiddu, Ordinaria didiritto amministrativo al Politecnico di Milano e promotrice dellapetizione “L’italiano siamo noi”. A moderare l’incontro, con l’av-venuto l’intervento della Ministra dell’Istruzione, dell’Univer-sità e della Ricerca, Valeria Fedeli, il Segretario Generale dellaDante Alessandro Masi.“Questo incontro vuole essere l’occasione per sottolineare il ruoloe l’importanza della cultura umanistica nel mondo di oggi – di-chiara il Presidente della Dante, prof. Andrea Riccardi-. Molti stu-denti delle scuole superiori, spaventati dalla mancanza di unosbocco lavorativo, prediligono sempre di più una formazione tec-nica. Vorremmo pertanto evidenziare come la cultura umanistica

possa essere fondamentale per formare una nuova classe dirigentecolta, tecnicamente qualificata, capace di dare vita a un “NuovoUmanesimo”.In occasione del convegno è stato firmato un accordo tra la So-cietà Dante Alighieri e l’Accademia della Crusca finalizzatoad avviare un comune percorso di programmazione progettuale, in-dividuando aree di intervento che consentano di operare congiunta-mente.

Un Osservatorio strutturale sull’adolescenza per risponderealle sfide educative che riguardano tutti. Lo ha annunciato la mini-stra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in occasione del convegno‘Adolescenti oggi. Nuova alleanza. Nuove sfide educative’svoltosi il 17 novembre al Centro Congressi Fontana di Trevi aRoma al quale era presente anche Professione Docente. Unosservatorio che avrà compiti di studio e rilevazione per produrrerapporti annuali in grado diorientare gli interventi legislativie di sistema. All’Osservatoriohanno partecipato tutte le com-ponenti del sistema educativo:famiglia, scuola, istituzioni esocietà è una delle tappe delpercorso di ascolto e di dialogoavviato con la comunità edu-cante. In quattordici audizioni,dal 10 maggio al 25 ottobrescorso, sono stati ascoltati stu-denti, dirigenti scolastici, docenti,famiglie, rappresentanze sociali,associazioni ed esperti. “Ascol-tare gli adolescenti vuoledire non giudicarli, ascoltarli

davvero, ed è necessario che tutto questo- ha sottolineato Fedeli-avvenga anche mettendo in rapporto la scuola e la famiglia per que-sto è fondamentale il rilancio del patto di corresponsabilità edu-cativa. Non può esserci scissione. C’è un nuovo alfabeto educativoche noi tutti dobbiamo recuperare”. La tre giorni di lavori è statavoluta dal Miur per creare dunque maggiore condivisione. Tra gliinterventi il contributo del prof. Mauro Ceruti. Nelle giornate del 16

e 17 novembre gruppi di lavoro sisono alternati per il Libro Bianco(adolescenti tra nuovi rischi e ine-dite opportunità; adolescentinell’era digitale; adolescenti enuova relazione educativa nellafamiglia, nella scuola e nella so-cietà) elaborando e producendocontributi e documenti. Contem-poraneamente più di 80 ragazzi sisono sfidati nell’Adolescen/Ack,un hackaton sui temi dell’incon-tro. Due le sfide proposte: Eticadella tecnologia e alleanzaeducativa scuola famiglia. Perogni tematica è stato premiato ilteam vincitore.

di Massimo Quintiliani

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Questo il tema del convegno promosso dalla Dante Alighieri per riflettere sul futuro della scuola e della formazione universitariaitaliana. Ad aprire il simposio l’intervento della Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.

LE PAROLE DELLA SCUOLAE LE PAROLE DELLA VITA

Scuola, Fedeli: “Costituiremoun Osservatorio strutturale sull’adolescenza”

OFFICINAGILDA

CONVEGNI

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BREVI OSSERVAZIONI SUL BONUS PER IL MERITO DEI DOCENTI. SUL FILO DELLA LOGICA. TEATRODELLE IDEE

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IL MALO BONUS

Una delle innovazioni della buona scuola è ormaia regime. La frase, apparentemente molto si-

gnificativa, è in realtà assolutamente priva di senso.Analizziamola nei suoi tre concetti cominciando dalprimo, innovazione. Fra i significati del termine innovazione,mutuato dal linguaggio tecnico-scientifico che ormai permeail nostro parlare quotidiano, troviamo “Introduzione disistemi e criteri nuovi”. Ora, fin dalle prime FAQ mini-steriali seguite alla l. 107, si è capito che i criteri perl’assegnazione del bonus per il merito – pur formalmentestabiliti da un apposito comitato di valutazione – erano inrealtà affidati alla discrezionalità del dirigente sco-lastico. Dunque, riguardo al bonus merito non si puòparlare correttamente di innovazione, bensì di modificadegli elementi retributivi della busta paga dei docenti.Passiamo al secondo concetto contenuto nella frase,quello di buona scuola: è facile notare che l’etichettapositiva affibbiata all’ultima riforma scolastica targataRenzi, fa parte della strategia comunicativa di quest’ultimo,analizzata da fior di analisti fin nei minimi particolari. Nonmi azzarderò quindi ad esprimere giudizi generali sul se eperché la l. 107 è conosciuta in questo modo, ma milimiterò a collegare l’aura di ottimismo che aleggia intornoal concetto di buona scuola con il nuovo istituto del bonusper il merito. Quest’ultimo, per sua natura, introduceuna distinzione fra docenti meritevoli e docentiche non lo sono, inoculando nel “corpo docente” il

germe della concorrenza. Ora, se da un lato le direttiveministeriali spingono i docenti a collaborare allo scopo diprogettare una didattica per competenze, per arrivare nelmedio termine, con buona pace della libertà di insegnamento,a curricoli vincolanti di progettazione e valutazione dellecompetenze, dall’altro la buona scuola crea graduatorie dibravura fra gli stessi docenti che dovrebbero collaborare.Ecco una profonda contraddizione insita nel sistemacreato dalla buona scuola.Terminiamo queste brevi osservazioni analizzandoil terzo concetto, il fatto che l’istituto del bonus peril merito è andato a regime. Questo è infatti il terzoanno di applicazione dell’istituto giuridico analizzato eduna recente sentenza del TAR del Lazio – venduta comeuna conquista da importanti sindacati della scuola – fagiustizia della necessaria trasparenza che un così delicatoprocedimento quale è la valutazione dei docenti da partedel loro datore di lavoro vorrebbe imprescindibile. Recita lasentenza che “l’istanza proposta dal ricorrente ha nellasostanza ad oggetto la documentazione relativa al procedi-mento di concessione del bonus, che costituisce documen-tazione ostensibile a chi vi abbia interesse ai sensi degliartt. 22 e segg. L. 241/90..” In parole semplici ciòsignifica che tutti i docenti che sono esclusi dall’as-segnazione del bonus merito potranno chiederne lamotivazione con un semplice ricorso al TAR territo-rialmente competente. Dunque, nonostante qualche

timida FAQ seguita all’introduzione dell’istituto giuridico inquestione raccomandasse ai Dirigenti Scolastici di favorire ilclima di democrazia e trasparenza nell’applicazione del me-desimo, il passaggio a regime del bonus meritosancisce il definitivo tramonto del regime democraticonella scuola adombrando una sorta di feudalesimoin cui viene favorito un atteggiamento di vassallaggioverso il signore al quale si prestano i propri servigi:il feudatario scolastico infatti - salvo improbabili costosiricorsi amministrativi da parte dei “docenti contrastivi” -non dovrà render conto a nessuno delle scelte ri-guardanti una quota per ora piccola del salario deisuoi dipendenti. Va aggiunto che inevitabilmente le gra-duatorie di merito produrranno una sorta di effetto alonesulla reputazione dei docenti, rafforzando il potere clientelaredel “dominus”: tale fenomeno è in linea con la volontàdegli ultimi governi di modificare la proporzione fra retribuzionebase ed elementi variabili a favore di questi ultimi, cosa am-piamente dimostrata dall’entità degli aumenti previsti.In conclusione è andato a regime uno degli istituti giuridicipiù pericolosi per la scuola pubblica, che ne segnerà la de-finitiva trasformazione da luogo di valorizzazione dellacultura a fabbrica di precoci consumatori; la frase va perciòcorretta in questo modo: è entrato in funzione un istitutoche distrugge uno dei pilastri fondamentali dell’istituzionescolastica.

E’ andato a regime uno degli istituti giuridici più pericolosi per la scuola pubblica,che ne segnerà la definitiva trasformazione da luogo di valorizzazione della culturaa fabbrica di precoci consumatori.

È l’antica Rhegion colonia greca, punto d’ar-rivo dell’autostrada del Sole, della linea fer-

roviaria costiera tirrenica e scalo per lecomunicazioni marittime con la Sicilia. Il suoaspetto principalmente moderno, con impianto urba-nistico regolare di edifici ad altezza limitata con stradelarghe e rettilinee disposte a scacchiera, è dovuto allasua totale ricostruzione avvenuta dopo il sisma del1908 che la rase completamente al suolo. Reggio Ca-labria si specchia sul mare e sui paesaggi naturali del-l’Etna affacciandosi sullo Stretto di Messina e la suaeconomia è in parte rappresentata dal turismo balnearee artistico. Vale il viaggio, anche solo nel wee-kend, la visita alle sculture classiche tra le piùfamose al mondo qui ospitate permanente-mente, i “Bronzi di Riace”. La loro collocazionenormale dal 2016 è nel “Museo ArcheologicoNazionale della Magna Grecia” che conservaanche numerosi altri reperti archeologicid’epoca greco-romana. Sono tanti i musei presentia Reggio Calabria come quello dell’artigianato tessile,della seta, del costume e della moda calabrese, ilmuseo dei normanni con oggetti legati alla tradizione,il museo dello strumento musicale, il museo della storiadella farmacia e il museo della ndrangheta. Cuore vi-tale di Reggio è Corso Garibaldi, movimentata arte-ria commerciale incrociata da strade ricche di elegantiboutique, negozi di souvenir, botteghe artigianali, pa-sticcerie e gelaterie. Lungo il Corso s’incontra il Teatro

Francesco Cilea che ospita la Pinacoteca Civica di Reg-gio Calabria e la Piazza Vittorio Emanuele II, già Agoràin epoca greca e Foro in epoca romana, sulla quale siaffacciano i palazzi del potere, il Municipio, la Prefetturae la Provincia. Cuore religioso della città è Piazza delDuomo, teatro della battaglia del 1860 tra l’Esercitodelle Due Sicilie e i Mille di Garibaldi, sulla quale si af-faccia la Cattedrale Metropolitana di Maria SantissimaAssunta in Cielo, il più grande edificio religioso dellaregione. Il Lungomare Falcomatà è un angolo diluce, mare e poesia che Gabriele D’Annunziodefinì “il chilometro più bello d’Italia”, arricchitod’architetture in stile liberty e rare piante tropicali, daparticolari opere d’arte contemporanea di Rabaramasituate davanti Villa Zerbi. Nelle vicinanze della città,avendo l’opportunità di un soggiorno prolungato, sonoda ammirare gli antichi resti del Castello Aragonese,uno dei simboli più rappresentativi di Reggio Calabria,che conserva ancora oggi due torri circolari pressochéintegre. Merita recarsi alle meravigliose spiagge dalmare azzurro e cristallino, come la spiaggia dellaTonnara di Palmi, di Bova Marina, di Capo Bruzzanodi Bianco, della Marinella di Palmi e la spiaggia Annàdi Melito Porto Salvo. Patria enogastronomica con lacelebre produzione del peperoncino e delle conservesott’olio, la cucina di Reggio Calabria esplode di odorie sapori basati su antipasti di mare, salse come il sal-moriglio usata in particolare sul pesce spada presenteanche nei primi piatti (carbonara di pesce spada)

e negli involtini. Imperdibili la parmigiana di marecon melanzane e filetti di spatola e i piatti di carnecome le frittole (frattaglie di maiale), i taglieri di salumipiccanti con la classica ‘nduja e la buonissima soppres-sata -con finocchietto selvatico e peperoncino- il capo-collo, la pancetta, i formaggi locali tra cui la ricotta dicapra e il pecorino d’Aspromonte, accompagnati da unbuon Greco di Bianco. Infine i dolci di pasta di man-dorla, la crema reggina di colore rosa a base di rhum eil buon sorbetto al bergamotto.Al mattino Reggio Calabria potrebbe augurare l’ar-rivederci sorprendendoci con la magia della FataMorgana, il suo miraggio che trasforma lo Stretto inunica grande città irreale con Messina e tutto magarinel solo lasso di tempo di degustare l’esclusiva gas-sosa al caffè.

Alcuni link che potrebbero esserti utili: www.beniculturali.itwww.grantouritalia.it/week-end-reggio-calabriawww.touringclub.it/itinerari-e-weekend

Reggio Calabria, punta dello Stivaledi Massimo Quintiliani

Viaggi&Cultura

di Antonio Gasperi

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Scrive Daniele Novara1 che in Italia c’è uneccesso di diagnostica neuropsichiatrica

e cita l’International Academy for Resear-ching in Learning Disabilities per il qualesolo il 2.5% della popolazione scola-stica mondiale dovrebbe incontrareproblemi di apprendimento; questodato è confermato anche dalla ri-cerca dell’Assemblea dell’Irlanda delNord2; complessivamente tutte le dif-ficoltà di apprendimento si possonocollocare tra il 5% e il 9%3 mentre inItalia vi sono segnalazioni che oscil-lano tra il 20 e il 30%. A questi studentivengono proposti piani educativi persona-lizzati, ma il rischio è che non imparino astudiare.Vediamo quel che accade nel mondo.Per il Dyslexia Center of Utah non sempre ledifficoltà di lettura sono segno di dislessia4.In Inghilterra si affronta la questionesul piano della consapevolezza del fonemain quanto “non c’è una procedura validascientificamente che permetta di distingueretra un dislessico e chi ha difficoltà di let-tura”5. Siano distinti i diversi problemi; perl’Istituto di grafologia di Urbino “gli studi inItalia, relativi alla dislessia evolutiva, dichia-rano una presenza del 3% - 4% di bambinidislessici, mentre le ricerche relative alla di-sgrafia indicano oltre il 20% di disgrafici”6.Si tratta di insegnare a leggere e scrivere achi è in difficoltà con le dovute tecniche. ANew York il Bureau for the Education of thePhysically Handicapped sostiene l’insegna-mento della scrittura corsiva che motiva chiapprende e permette di distinguere le letterenitidamente7. L’associazione Dyslexicsha introdotto il termine Dysdaxia per-ché i metodi di insegnamento possono es-sere inadeguati ed eccessivamente insistenti“il non saper leggere dipende dalla naturadell’insegnamento e non dalla natura delbambino”. La commissione Science&Techno-logy del Parlamento inglese ha analizzato ledifficoltà di lettura e scrittura e ha accolto ilprogramma Reading Recovery in base alquale ai bambini con difficoltà viene propo-sta la lettura e la rilettura di una serie dilibri; inoltre il documento invita il go-verno ad agire indipendentementedalle pressioni della “dyslexia lobby”operando su dati scientifici e con testdi controllo sui dislessici e sui deboli

lettori8. Tra gli altri miti da sfatare c’èquello di una relazione tra dislessia ecapacità visive: le università di Bristol e diNewcastle hanno esaminato 5800 bambinisenza rilevare differenze9. Molto si puòfare sul recupero della lettura e dellascrittura: in Francia gli allievi sono in-coraggiati a scrivere i grafemi in corsivo,“in effetti la scrittura corsiva è quella che èstata ritenuta come la più adatta per i disles-sici in particolare se presentano difficoltà dicontrollo motorio… noi consigliamo deiquaderni per i dislessici con quattro ordini dirighe: due linee centrali in cui inserire le let-tere come la a, una riga superiore per le let-tere ascendenti come la b, una riga inferioreper le lettere discendenti come la g”10. Sitratta del metodo Montessori appli-cato in tutto il mondo, ma poco in Ita-lia: è una metodologia multisensoriale inquanto la segmentazione in fonemi investela memoria e la capacità di ordinare se-quenze, sono anche interessati i sensi del-l’udito e le attività motrici del ripetereoralmente le parole e dello scrivere. È il me-todo Montessori: i bambini percorrono conl’indice della mano le lettere corsive sago-mate su carta vetrata. Evitare di evitarela scrittura. Così in Venezuela si ribadi-sce che la scrittura di un testo è un pro-cesso fatto di riscrittura, revisione ecorrezione11; così in Cile l’apprendimentodella scrittura passa per le strategie multi-sensoriali. La American Academy of Pe-diatrics sostiene il sistema multisensorialefondato sull’utilizzazione dei sensi: tatto,udito, vista12, e l’Universidad de Vallado-lid sostiene gli esercizi di psicomotri-cità contro il “fracaso caligrafico”13,altrettanto a Siviglia: “la dislexia esco-lar” si affronta con il “fomentar el estilo deletra cursiva” perché stabilisce una memoriadel movimento dei grafemi14 e Marilyn Ze-cher dell’Atlantic Seabord Dyslexia Educa-tion Center ritiene il corsivo un ottimostrumento per i dislessici15, impostazionecondivisa dalla Guide pour les enseignantsdi Ginevra16. All’Indiana University lescansioni del cervello di chi scriveva amano e di chi su tastiera mostrano che scri-vere a mano stimola diverse aree del cervelloe che chi scrive in corsivo memorizza più in-formazioni di chi utilizza la tastiera17, risultatianaloghi sono stati ottenuti dalla Universityof Washington18. Nitida è la International Dy-slexia Association: con il corsivo la parola èunita e non è fatta di pezzi da comporre

nella lettura19, sulla stessa linea è la BritishDyslexia Association20 e il gruppo basco DI-SLEBI21. Occorre incoraggiare al fare,occorre esaltare la lettura e la rilet-tura22, anche ad alta voce: a Washingtonl’Office of Special Education dedicato alla di-slessia applica il metodo DEAR Drop Every-thing and Read: leggere lasciando ogni altraoccupazione (in silenzio, ascoltando, aturni)23. Tutto chiaro? No! L’esaltazionedella passione per la scrittura e la lettura,che è enfatizzata nel mondo, in Italia nonc’è. Anzi si chiede: verifiche orali enon scritte, dispensa dal copiare e dal pren-dere appunti, dispensa dall’uso del corsivo24.In Italia un eccesso di burocrazia e di certifi-cati ostacola la libertà di apprendimento.De-medicalizzare l’infanzia questa è laproposta di due neurologi perché lo sviluppodel bambino è quello di un fiore di un giar-dino e non di un oggetto industriale o unprodotto di un laboratorio di neurochimica.In questa prospettiva si scoprirà che i bam-bini definiti malati sono in realtà sani e cheoccorre una scuola migliore in grado di af-frontare le diverse problematiche comporta-mentali senza farsi prendere dalla necessitàdi etichettare male gli studenti evitandol’inutile intervento della medicina25.

1 http://www.corriere.it/cronache/17_ottobre_21/dsa-o-iperattivi-forse-solo-monelli-bambini-malati-immaginari-troppa-diagnostica-neuropsichiatrica-fdd1bae4-b5b0-11e7-8b79-fd2501a89a96.shtml2 http://www.niassembly.gov.uk/globalassets/documents/raise/publications-/2014/employment_learning/5014.pdf, pp. 2 e 33 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK332880/#sec_0002824 http://www.dyslexiacenterofutah.org/dyslexia/statistics/5 http://www.dyslexics.org.uk/dyslexia_myths.htm6 http://www.istitutodigrafologia.it/sito/news-brutta-scrittura.php7 http://journals.sagepub.com/doi/pdf/10.1177/1053451279015002108 https://www.publications.parliament.uk/pa/cm200910/cmselect/cmsctech-/44/44.pdf. P339 http://www.bbc.co.uk/news/education-3283673310 http://www.dyslexia-international.org/ONL/FR/Course/S3-3-3.htm 11 http://www.redalyc.org/articulo.oa?id=3566200712 www.asdec.org/resources/Documents/SIS_Evidence%20Based%20Practi-ce.doc13 https://uvadoc.uva.es/bitstream/10324/6013/1/TFG-O%20186.pdf14 http://www.rehasoft.com/documentos/terceros/LA%20DISLEXIA%20ESCO-LAR.pdf15 https://www.pbs.org/newshour/education/connecting-dots-role-cursive-dy-slexia-therapy16 https://edu.ge.ch/site/capintegration/wp-content/plugins/download-atta-chments/includes/download.php?id=1044, p. 1117 https://www.washingtonparent.com/articles/1212/cursive-writing.php#sthash.EHkbZil1.dpuf; 18 https://www.psychologytoday.com/blog/memory-medic/201308/biological-and-psychology-benefits-learning-cursive19 https://dyslexiaida.org/why-bother-with-cursive20 http://www.bdadyslexia.org.uk/parent/getting-help-for-your-child/help-with-handwriting21 https://dislexiaeuskadi.com/pautas-y-protocolos/ambito-educativo/151-au-las-por-dislexia-i22 http://www.dyslexia-international.org/ONL/FR/Course/S3-3-5.htm23 http://www.lbctnz.co.nz/sld/101-tips.html24 http://www.aiditalia.org/it/dislessia-a-scuola/legge-170-201025 http://www.thenewatlantis.com/publications/the-mislabeled-child

TROPPE DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO IN ITALIA

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OFFICINAGILDA

di Piero Morpurgo

Lo sviluppo del bambino è quello di un fiore di un giardino e non di un oggettoindustriale o un prodotto di un laboratorio di neurochimica.

DYSLEXIA O DYSDAXIA:DE-MEDICALIZZARE L’INFANZIA

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TEATRODELLE IDEETUTTI I BANCHI SONO UGUALI:

UN LIBRO CHE APRE PROFONDERIFLESSIONI SUL RUOLO DELLA SCUOLAE DELLA DISEGUAGLIANZA SOCIALEdi Fabrizio Reberschegg

Christian Raimo, scrittore, traduttore, in-tellettuale e, soprattutto, insegnante in un Liceo di

Roma, ha pubblicato recentemente con Einaudi unlibro importante sui temi dell’istruzione e degli effettidelle contraddittorie politiche educative e formative inItalia. La scuola e l’uguaglianza che non c’è è il sotto-titolo del libro. Infatti la tesi di fondo che permeatutto il lavoro di Raimo è il riconoscimento che lascuola, invece di essere luogo di formazione dei citta-dini e ascensore sociale per i ceti meno favoriti, as-sume la funzione di accoglienza acritica epara-assistenziale, di strumento che crea competenzedi adattamento e adattabilità rispetto alla sfera del-l’economia.I riferimenti di Raimo a Don Milani risultano impor-tanti e corretti: egli contestualizza la figura del sacer-dote di Barbiana nel suo tempo e all’interno di unadinamica politica in cui le ideologie erano punti fon-damentali della collocazione della cittadinanza. Iltema di fondo degli scritti di Don Milani era quellodella diseguaglianza e del fatto che la scuola era al-lora la fotografia statica della diseguaglianza socialeed evitava quindi di affrontare i temi della cittadi-nanza basata sulle regole costituzionali, della cono-scenza dei contratti di lavoro, della critica all’esistente.Con questa contestualizzazione, appare allora infon-data, o solo parzialmente fondata, quella critica con-tro Don Milani che negli ultimi anni ha contrad-distinto un dibattito troppo spesso astratto e dimen-tico delle condizioni storiche, sociali e ideali in cuiagiva la scuola di Barbiana. Il problema è che troppospesso si è creata una meta-ideologia che paradossal-mente ha santificato in una sorta di icona intoccabilelo stesso Don Milani. Nello stesso tempo essa ha ri-gettato nel dibattito sull’istruzione il problema dellanatura sociale e strutturale della diseguaglianza conuna sorta di ipocrita assistenzialismo buonista. Così lanostra scuola delle incessanti riforme ha riempito dibelle parole i documenti ministeriali e la montagna dinormative che ha squassato il lavoro degli insegnanti.Meritocrazia, inclusione, accoglienza, eliminazionedella dispersione scolastica, piani individualizzati, bi-sogni educativi speciali, soft skills, didattica per com-petenze, educazioni di varia natura e finalità(educazione all’alimentazione, contro il bullismo, allacittadinanza, al consumo consapevole,alle differenze,ecc.) rappresentano superfetazioni del tempo che do-vrebbe essere dedicato all’istruzione e al rapporto di-retto con gli allievi.

Il libro di Raimo non risparmia le critiche alleriforme da Berlinguer, alla “Buona Scuola”che non hanno affrontato la funzione di una scuolache deve avere risultati ed effetti nei tempi medi elunghi. Al contrario l’intervento delle logiche azien-dali ha inquinato la riflessione sui contenuti dei sa-peri obbligando a sposare l’ideologia dellecompetenze introdotta prima dallo psicologo del la-voro americano David McClelland (sapere, saper fare,saper essere) e poi sviluppata dal francese Guy LeBoterf, consulente per aziende, istituzioni e UEesperto di “valorizzazione del capitale umano”. Le“competenze” servono a fissare obiettivi da raggiun-gere in una data situazione per poi cercare e nomi-nare le risorse necessarie e le modalità del loroutilizzo. Ma chi fissa gli obiettivi? Chi decide qualisono le priorità di utilizzo delle risorse del “capitaleumano”? Nel nostro mondo globalizzato i governi egli Stati hanno perso la centralità nelle politiche dellaformazione e dell’istruzione. Chi decide sono gli ani-mal spirit del mercato globale che impongono obiet-tivi di breve periodo, inoculano nella scuolal’ideologia della flessibilità e della adattabilità del la-voratore/consumatore, fingendo di introdurre ipocritecompetenze di “cittadinanza”. Non è un caso che intutti i paesi economicamente avanzati si susseguanoincessantemente riforme scolastiche che cercano diadeguare le competenze scolastiche alla competiti-vità globale.In Italia sembra cambiato poco dai tempi diBarbiana. La cosiddetta dispersione scolastica ap-pare ancora frutto di un classismo che ha origini nelceto in cui la provenienza familiare ha grande in-fluenza e che vede il punto dirimente nella incapacitàdi definire una seria politica nell’orientamento scola-stico. Raimo ricorda Bourdieu quando cita giusta-mente il fatto che “i dominanti applicano a ciòche li domina schemi che sono il prodotto deldominio”. Le famiglie che appartengono al medio-alto livello sociale spingono a contraddire il pareredegli insegnanti e a pretendere in modo talvolta arro-gante il pieno successo scolastico in linea con i desi-derata per il futuro dei figli. Gli insegnanti (nonparliamo poi dei dirigenti scolastici..) assumonotroppo spesso, anche per stanchezza e demotiva-zione, la funzione di legittimazione di tale atteggia-mento. La cecità di famiglie, insegnanti e studentidetermina, nel nostro Paese più che in altri, atteggia-menti di cristallizzazione dei poteri esistenti consen-

tendo quella che Bourdieu definisce “violenza simbo-lica”.Ma il tutto viene poi giustificato mediante astruseteorie sul “capitale umano”, la sua misurazione e lavalorizzazione meritocratica. Le pagine di Raimosulla meritocrazia e la valutazione nellascuola sono illuminanti laddove egli proponesinteticamente, ma con molta chiarezza, iprincipali modelli di misurazione degli effettidell’istruzione nella distribuzione dei redditiche tanto hanno successo nei media italiani.Ma è centrale la citazione del premio Nobel perl’economia Arrow secondo cui “L’istruzione supe-riore non contribuisce in alcun modo a presta-zioni economiche superiori...Al contrario,l’istruzione superiore serve come dispositivodi screening, in quanto individua persone didiversa abilità, trasmettendo così informa-zioni a chi compra lavoro”. L’istruzione servi-rebbe quindi a certificare le qualità e potenzialità dellavoratore. Ma lo stesso processo vale per la misura-zione del “merito” non solo per gli studenti, ma pergli stessi insegnanti. Il bonus per il merito ai “bravidocenti” è conseguenza di tale ideologia, come la“chiamata diretta” dei docenti da parte dei dirigentiscolastici partendo dal curriculum. Così è parte inte-grante della “cittadinanza produttiva” l’applicazionedelle varie forme di Alternanza Scuola-Lavoro sottoforma di stage aziendale non pagato, obbligatorioper un numero eccessivo di ore, organizzato in modoconfuso e quasi anarchico nella scuola italiana. Para-dossalmente tutto ciò in un mondo che tende a ri-durre il lavoro a favore dell’automazione edell’informatizzazione.Di fronte a tale disastro rimane per Raimo, oltre aduna impellente necessità di ripensare complessiva-mente il sistema scolastico attuale, la forza ancorarivoluzionaria dell’insegnamento partendo dallaconsapevolezza che la scuola è autocritica ed eternamessa in discussione di sè. Ciò partendo dalla ripro-posizione di una conoscenza critica, che ha il corag-gio di cercare di comprendere il perchè delle cose:perchè si può immaginare un modo diverso, perchèabbattere la diseguaglianza nella scuola non signi-fica essere “buoni”, ma essere laicamente tra quelliche vogliono abbattere le cause della disegua-glianza sociale ed economica partendo dalla rilet-tura e imponendo l’applicazione dell’art. 3 dellaCostituzione. Un libro da leggere.

Christian Raimo, Tutti i banchi sono uguali.La scuola e l'uguaglianza che non c'è. Einaudi 2017.

Di fronte al disastro della scuola, rimane per Raimo, oltre ad una impellente ne-cessità di ripensare complessivamente il sistema scolastico attuale, la forza an-cora rivoluzionaria dell'insegnamento partendo dalla consapevolezza che lascuola è autocritica ed eterna messa in discussione di sé. Un libro da leggere.

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FINESTRA SUL MONDO E NEL TEMPO. LA STORIA DELLA SCUOLA

1927: IL NOBEL PER LAPACE A UN INSEGNANTE

DIFENSORE DELLE SCUOLE!

TEATRODELLE IDEE

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Nel 1927 Ferdinand Buisson vinse ilNobel dopo aver dedicato la sua

vita alla Scuola. Nel discorso inviato all’Ac-cademia Buisson ricordò che: “la pace siottiene attraverso l’istruzione”; in par-ticolare “che le autorità scolastiche di ogninazione dovrebbero far rimuovere dai libri ditesto ogni riferimento che inciti all’odio deglistranieri” così, attraverso la Scuola, si instau-rerà il regno della pace che coinciderà con ilregno della giustizia. Per Buisson gli inse-gnanti di Francia e Germania avreb-bero dovuto essere i protagonisti delladifesa della pace e per questo si incontra-rono a Parigi nel 1926, a Londra nel 1927 ea Berlino nel 19281 i rappresentanti delle as-sociazioni professionali dei docenti (a questiincontri non parteciparono gli italiani). Si trat-tava del Buisson che aveva coordinato il Dic-tionnaire de pédagogie et d’instructionprimaire2, un’opera monumentale ancor oggiutilissima per la quale Buisson scrisse moltis-sime voci e alcune di queste erano veri fariper la Scuola moderna come quella che so-steneva la necessità di consentire l’istruzionea tutte le ragazze. L’obiettivo era di co-struire una scuola laica, una scuola ditutti che permettesse agli studenti diacquisire un’educazione, morale, poli-tica e sociale in grado di rendere lo stu-dente un cittadino capace di aiutare ilprossimo3. Era il 1927 quando fu pubblicatoun documento del Sant’Uffizio che avvertivai vescovi di contrastare la “letteratura misticosensuale” di Baudelaire, Barbey d’Aurevilly,Verlaine, Rimbaud, Bloy, Claudel, Mauriac,nonché di Balzac, Stendhal, Hugo, Dumas,Flaubert e Zola4, Lo scontro sulla scuola pub-blica era asprissimo e Zola aveva scritto

un’esaltazione dell’istruzione statale nel ro-manzo Verité5. Buisson fu presidente dellaLigue des droits de l’Homme, e della Ligue del’enseignement (1902-1906); il maestro andòin esilio in Svizzera non condividendo l’auto-ritarismo del Secondo Impero. Nel dicembredel 1870 Buisson prese la direzione dell’or-fanotrofio laico di Parigi; dal 1879 al 1896,fu incaricato alla direzione dell’Enseignementprimaire. La storia della scuola si intrec-cia con quella della società: Clemenceauè proprietario del giornale L’Aurore su cuiZola pubblica gli interventi in difesa di Drey-fus con le informazioni che ottenne da Pic-quart6 un ufficiale antisemita che non esitò amettere a rischio la sua carriera in difesa dellaverità. Picquart fu imprigionato per aver sco-perto che il vero traditore era il soldato Ester-hazy. Buisson intervenne7 difendendol’ufficiale che interpreta il suo mestiereavendo il coraggio di dire la verità perché lapolitica costruita sulla menzogna distrugge lacoscienza civile. Anni difficili in cui Buissonsogna la pace e sostiene la necessità di cele-brare nelle scuole una giornata dedicata in-teramente alla riflessione sull’idea di pace, sulsogno di un mondo senza guerre e conflittisociali8. Era il 1913, l’Italia aveva invaso laLibia nel 1911 e il conflitto mondiale fu di-chiarato nel 1914.Terminata la Grande Guerra, Buissoncontinuò il suo impegno pacifista, rac-colse in un volume gli ideali per unascuola fondata sulla pace e pubblicòuno degli articoli di Jean Jaurés collaboratoredella Revue de l’enseignement primaire, as-sassinato nel 1914 per il suo pacifismo, perJaurés la Scuola deve esaltare il rispetto delladignità umana e l’orrore delle ingiustizie. Nel

volume fu pubblicato un intervento di Geor-ges Clemenceau, l’implacabile “tigre” avver-saria della Germania, l’amico di ClaudeMonet con cui pianificò il monumento del’Orangerié per ospitare il ciclo pittorico deLes Nymphéas in onore della vittoria e dellapace9, dove ci si schiera contro gli interessiutilitaristici dell’istruzione e si difende l’inse-gnante “umiliato in funzione meccaniche ecostretto a insegnare regole”. Nelle stessepagine Buisson si schierò contro chi tentavadi ridurre gli insegnanti a dei conservatori chedifendono l’ordine stabilito; invece per il pre-mio Nobel ogni docente doveva essere an-sioso di rendere gli allievi dei cittadiniprotagonisti del ventesimo secolo, cittadini diuna repubblica democratica e non sudditi diun re o di un imperatore10.Ferdinand Buisson, fondatore dellaRevue Pédagogique e del Musée Pé-dagogique, professore di pedagogiaalla Sorbonne offrì la ricompensa delpremio Nobel agli insegnanti francesiaffinché lavorassero per rafforzare ilsenso di fraternità tra i popoli.

1 https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/1927-/buisson-lecture.html2 Dictionnaire de pédagogie et d'instruction primaire, publié sousla direction de F. Buisson, Paris 1886https://archive.org/stream/dictionnairedep11buis#page/n5/mode/2up3 B. M Jacob, Pour l'école laĭque: conférences populaires. Avec unepréf.de Ferdinand Buisson, Paris 1899, pp. 19 e 60 https://ar-chive.org/details/pourlcolelaquec00jacogoog4 J. Prévotat, Pie XI et la France: l'apport des archives du pontificatde Pie XI à la connaissance des rapports entre le Saint-Siège et laFrance, Roma 20105 https://www.atramenta.net/lire/verite/285136 https://www.nytimes.com/2014/01/18/opinion/the-whistle-blo-wer-who-freed-dreyfus.html7 F. Buisson, Le colonel Picquart en prison, Paris 1899, https://ar-chive.org/stream/lecolonelpicquar00buisuoft#page/14/mode/2uppp. 7 e 148 F. F. Andrews, ed., The Promotion of Peace. I. Suggestions for theObservance of Peace Day (May 18) in Schools, Washington 1913,https://archive.org/details/ERIC_ED543135 p. 79 https://pubs.lib.umn.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1014&-context=joie10 F. Buisson, F. E. Farrington, edd., French educational ideals oftoday; an anthology of the molders of French educational thoughtof the present New York 1919, pp.118, 125, 132https://archive.org/details/frencheducation00farrgoog

di Piero Morpurgo

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TEATRODELLE IDEE

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Il freddo scompare- ci ricorda Roberto Casati nelsuo libro recensito a pag. 13 di questo giornale-

a causa di un problema di esigenze energeticheche ripropongono il tema incombente del rap-porto dell’uomo con la natura. Legame deteriora-tosi nel tempo, non solo per superficialità deicittadini e dei governi ma anche per sottomis-sione ai grandi interessi di chi detiene le fonti del-l’energia. Per non tacere dell’ultimo Presidentedegli Stati Uniti, Trump, il quale sfrontatamentedichiara assai spesso che gli allarmi sulla salutedel mondo sono un complotto della Cina per fer-mare l’economia. Così non è ovviamente, perchéla sua parola è contraddetta delle conclusioni diParigi dove, nel dicembre 2015, le delegazioni di196 Nazioni (cioè, praticamente, di tutti i paesidel mondo) hanno unanimemente riconosciutoche il cambiamento climatico è il problema più ur-gente che l’umanità deve affrontare. Da anni tuttele principali organizzazioni scientifiche hannoconcordato che sono le attività umane a contri-buire più di ogni altro fenomeno al surriscalda-mento del pianeta, attraverso le emissioni di CO2causate dall’uso dei combustibili fossili.

Il problema incombe e serve a poco volgere losguardo altrove per non vedere, perché c’è il ri-schio che anche l’altrove, qualunque cosa si in-tenda con questa dizione, scompaia. Quindi nonsolo per non soccombere come la ginestra allacrudel possanza ma per dovere umano e civico ènecessario guardare, conoscere e agire. Gli aiuticerto non mancano e molti sono contributi digrande qualità e chiarezza. La riproposizione deltesto di Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani,Energia per l’astronave terra, Zanichelli2017, che amplia le due edizioni precedenti del2008 e del 2011 è opera meritoria. Autorevoli idue autori, Vincenzo Balzani è professore eme-rito di Chimica all’Università di Bologna, accade-mico dei Lincei, autore di molte pubblicazioniscientifiche ed eccelso divulgatore (Professionedocente ha avuto il piacere di approfondire conlui questi temi in un’intervista nel numero di mag-gio 2017); mentre Nicola Armaroli è dirigentedi ricerca del CNR e studia nuovi materiali per laconversione dell’energia solare. Nel corso degli ultimi due secoli, la nostra vita èdivenuta sempre più dipendente da forme di ener-

gia: spostarsi in macchina, prendere l’ascensore,fare una doccia calda sono tutte azioni possibilisolo grazie al consumo di (spesso notevoli) quan-tità di energia. Il problema dell’approvvigiona-mento energetico è dunque la sfida piùimportante che l’umanità dovrà affrontare neiprossimi decenni. Nella nuova edizione del librogli autori ci spiegano come affrontare l’immensarichiesta di energia di cui l’Astronave Terra – inviaggio nello spazio – ha bisogno per sostenere isuoi sempre più numerosi passeggeri, consideratoche i combustibili fossili sono destinati ad esau-rirsi e che, comunque, i cambiamenti climatici pro-vocati dal loro utilizzo stanno ponendo seri rischialla vita sul nostro pianeta. Rispetto alla prece-dente, la nuova edizione si presenta con interes-santi approfondimenti sulla questione nucleare esul futuro energetico del nostro Paese. Il testo,ricco di documenti essenziali, chiarisce dovestiamo andando a finire, al di là delle tante chiac-chiere che impazzano nel web e nei mass media.Un libro che non può mancare fra le letturedi un cittadino informato e responsabilesoprattutto se insegnante.

Cassandra, la sacerdotessa troiana, ebbe daApollo il dono della profezia, ma, non essendosi

a lui concessa, ricevette dal dio la punizione di nonessere creduta nelle sue predizioni. Non ci è datosapere se lei prevedesse effettivamente o sapessevedere nel presente ciò che altri non volevano ve-dere, come disse di sé Pier Paolo Pasolini, Cassan-dra del nostro tempo. Certo è, come ci raccontaTomaso Montanari, citando l’Agamennone diEschilo, che Cassandra tacerà quando verrà por-tata sul carro del vincitore, quando il potere si im-padronirà di lei. “Cassandra muta” di TomasoMontanari, Edizioni gruppo Abele è un pic-colo bel libro, agile e profondo, polemico e acutoche parla del ruolo degli intellettuali e degli studiosirispetto alla politica. Nasce dopo la vittoria del Noal Referendum costituzionale proposto pervicace-mente dal Governo, che aveva grevemente avver-sato i professoroni che dicevano No. “Gli uominidi cultura non devono lasciare al potere, che ha il

monopolio della forza, anche quello della cultura”.Così Montanari ripercorrendo il cammino difficile– ma vittorioso- che ha portato il No a prevalerenel referendum di dicembre 2016 ricorda le bac-chettate del potere a chi, intellettuale professiona-lizzato, osasse esprimersi contro le scelte politiche.La professionalizzazione spinta del lavoro intellet-tuale ha come corrispettivo il professionalizzarsidella politica, la costruzione di una sua sfera auto-noma rispetto alla cultura e agli stessi conflitti so-ciali. E della politica come sfera autonoma sioccupano prevalentemente i grandi mezzi di infor-mazione.Non deve essere così, sostiene Montanari, anche semolti intellettuali, soprattutto docenti universitari,accettano di tacere in cambio di cariche prestigiose.Invece, l’intellettuale che tace o dice sempre sì,anche quando crede che dire no sia più giusto, ren-dendosi in tal modo acquiescente al potere, offreun cattivo servizio alla sua funzione. L’intellettuale

deve essere coscienza critica e quando rinuncia aciò, per opportunismo o per timore, danneggia nonsolo sé stesso ma anche altri. L'autore parla in pri-mis dei docenti universitari ma anche i docenti ditutti gli altri ordini di scuola hanno il dovere di par-lare chiaro, di non tacere, nei luoghi decisionali, per-ché investiti dalla Costituzione della funzione dieducare i giovani al pensiero critico. Così, ci permet-tiamo di interpretare il pensiero di Montanari, chein un capitolo affronta anche labuonascuola, è beneche i docenti non tacciano (e molti lo continuanostrenuamente a fare) a fronte della caduta libera diuna scuola che non trasmette più cultura. Che so-stituisce la storia dell’arte con le immagini, unascuola, precisa l’autore, modello Briatore. Sostiene un detto popolare che un bel tacer non fumai scritto, oggi, invece, altro è necessario.Praticare la paressia, il parlare franco, anche a costodi perdere qualcosa ma di guadagnare in dignità ein rispetto di noi come cittadini e come docenti.

V. Armaroli, Vincenzo Balzani, Energia per l’astronave Terra. Zanichelli 2017

Il problema dell'approvvigionamento energetico è la sfida più importante che l'umanità dovrà affrontarenei prossimi decenni. Cosa fare per aiutare l’astronave terra ce lo spiega un libro essenziale di grande qua-lità e chiarezza.

UN ‘ASTRONAVEDA SALVARE

Tomaso Montanari, Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità. Edizioni Gruppo Abele 2017.

di R. B.

di Renza Bertuzzi

Gli uomini di cultura non devono lasciare al potere, che ha il monopolio della forza, anchequello della cultura. Perché gli intellettuali (e quindi gli insegnanti) devono parlare franco.

LE PAROLE DA NON TACERE

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di Ester Trevisan

Presentata nelle assemblee del 15 e del 16 novembre in contemporanea in tutte le scuoledi ogni ordine e grado sull’intero territorio nazionale.

Difesa della libertà di insegnamento, lottaall’impiegatizzazione e alla

burocratizzazione della professione docente,istituzione di un’area contrattuale separata,incremento delle risorse da destinareall’aumento stipendiale dopo 9 anni diblocco contrattuale.Sono questi i cardini della piattaforma della Gildadegli Insegnanti per il rinnovo del contratto scuola,illustrata in occasione delle assembleesindacali che si sono svolte il 15 e il 16novembre in contemporanea in tutte lescuole di ogni ordine e grado sull’interoterritorio nazionale. La trattativa per il rinnovo del contratto è ancora alpalo, dopo i ripetuti annunci che da un meseparlano di un’apertura del tavolo negoziale in realtàpuntualmente rimandata, ma la Gilda degliInsegnanti è pronta a scendere in campo con unaserie di richieste da avanzare durante il negoziatoall’Aran. Il primo impegno punta altrasferimento direttamente in busta dei fondidella legge 107/2015 relativi al bonus meritoe alla carta del docente, con l’obiettivo diincrementare le esigue risorse che il Governointende investire per l’aumento stipendiale.Restando sempre sul fronte dellerivendicazioni economiche, la piattaforma dellaGilda prevede il ripristino dello scatto di anzianitàcongelato del 2013 e il raggiungimento dellaretribuzione massima dopo 30 anni di servizio

anziché dopo 35, abbreviando così il percorso dicarriera. Nel documento redatto dal sindacato sichiede inoltre di riconoscere totalmente i servizipre-ruolo ai fini della carriera e della progressioneeconomica, di eliminare dal Fis i compensi per lefunzioni organizzative delegate dal dirigentescolastico e di corrispondere ai docenti uncompenso una tantum per gli anni di vacanzacontrattuale.Numerose anche le richieste riguardanti laparte normativa del contratto, tra cuil’equiparazione di tutti i diritti dei docentiassunti a tempo determinato con quelli diruolo e la definizione chiara delle modalità difruizione dei diritti, ad esempio permessi eferie. Per la Gilda è inoltre necessario riscrivere lenorme relative al servizio a tempo parziale, inmodo che l’impegno lavorativo corrisponda allaretribuzione, e stabilire criteri nazionali diremunerazione delle ore destinate all’alternanzascuola-lavoro. E ancora: prevedere contratti triennali

inerenti le regole generali della mobilita,mantenendo i movimenti annuali, e fissare parametrinazionali per il riconoscimento economico delleprincipali funzioni svolte dagli insegnanti nellescuole. Per quanto concerne, invece, l’aspettoprofessionale, il sindacato chiede di fissarelimiti orari per la formazione obbligatoria eprevederne la retribuzione; ridefinire in modo chiarole attivita funzionali all’insegnamento; stabilirecriteri certi per quanto riguarda i rapporti dei docenticon le famiglie e abolire le due ore diprogrammazione nella scuola primaria.Fondamentale per la Gilda è anche riaffermare conchiarezza nel nuovo contratto che è competenza delCollegio dei docenti approvare il piano delle attivitaannuali e individuare i docenti a cui assegnareincarichi a qualunque titolo retribuiti e/o cheprevedano esonero dall’insegnamento. Infine nellapiattaforma si chiede di ricondurre a 18 oresettimanali l’orario di insegnamento per i docenti ditutti gli ordini di scuola.