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Capitolo 1 Geometria proiettiva Prologo. Vi sono vari tipi di Geometria che possono essere considerati secondo le propriet` a geometriche che si vogliono studiare. La Geometria euclidea, cio` e quella del liceo, privilegia concetti quali lunghezza e angolo che perdono impor- tanza nella Geometria affine, dove ci si interessa solo ad altri concetti euclidei quali l’allineamento o la complanarit` a dei punti, l’incidenza o il parallellismo di rette, piani, etc.. La distinzione tra queste due geometrie la stabiliscono le trasfor- mazioni che vengono considerate: le isometrie (traslazioni, rotazioni, riflessioni e loro composizioni) sono le trasformazioni della Geometria euclidea perch´ e sono precisamente quelle che conservano lunghezze ed angoli, mentre le affinit`a sono le trasformazioni della Geometria affine che conservano le altre propriet` a prima elencate. Tuttavia la Geometria affine (e a maggior ragione quella euclidea) non ` e adatta a descrivere propriet` a geometriche quali la ”prospettivit` a” una propriet` a tipica delle immagini (fotografie, quadri, etc.): in una fotografia un binario non appare come una coppia di rette parallele bens` ı come una coppia di rette confluenti in un punto (il ”punto di fuga”). La Geometria che descrive questi aspetti ` e la Geometria proiettiva con le sue trasformazioni, le proiettivit`a, che andiamo ad introdurre. Introduzione all’ambiente proiettivo. Ogni spazio proiettivo si ottiene a partire da uno spazio vettoriale V di cui si prende in considerazione il sottoinsieme V * := V \{0 V } dei vettori non nulli nel quale viene definita la relazione di equivalenza x y se x e y sono vettori linearmente dipendenti. Chiaramente le classi d’equivalenza che ne derivano sono le rette (vettoriali) di V private del vettore nullo e ciascuna classe ` e un punto proiettivo su V , men- tre l’insieme quoziente formato dai punti proiettivi ` e lo spazio proiettivo su V , usualmente indicato con P (V ). Dunque, se k ` e il campo delle coordinate di V 1 un punto proiettivo ` e identificabile con hvi k \ 0 V per qualche vettore non nullo 1 Di norma non faremo alcuna restrizione sulla natura del campo k, salvo chiedere che la sua caratteristica non sia 2. La Geometria in caratteristica 2 presenta delle specificit`a che richiedono una trattazione a parte. 1

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Capitolo 1

Geometria proiettiva

Prologo. Vi sono vari tipi di Geometria che possono essere considerati secondole proprieta geometriche che si vogliono studiare. La Geometria euclidea, cioequella del liceo, privilegia concetti quali lunghezza e angolo che perdono impor-tanza nella Geometria affine, dove ci si interessa solo ad altri concetti euclideiquali l’allineamento o la complanarita dei punti, l’incidenza o il parallellismo dirette, piani, etc.. La distinzione tra queste due geometrie la stabiliscono le trasfor-mazioni che vengono considerate: le isometrie (traslazioni, rotazioni, riflessionie loro composizioni) sono le trasformazioni della Geometria euclidea perche sonoprecisamente quelle che conservano lunghezze ed angoli, mentre le affinita sonole trasformazioni della Geometria affine che conservano le altre proprieta primaelencate.

Tuttavia la Geometria affine (e a maggior ragione quella euclidea) non e adattaa descrivere proprieta geometriche quali la ”prospettivita” una proprieta tipicadelle immagini (fotografie, quadri, etc.): in una fotografia un binario non apparecome una coppia di rette parallele bensı come una coppia di rette confluenti inun punto (il ”punto di fuga”). La Geometria che descrive questi aspetti e laGeometria proiettiva con le sue trasformazioni, le proiettivita, che andiamo adintrodurre.

Introduzione all’ambiente proiettivo. Ogni spazio proiettivo si ottiene apartire da uno spazio vettoriale V di cui si prende in considerazione il sottoinsieme

V ∗ := V \ 0V

dei vettori non nulli nel quale viene definita la relazione di equivalenza

x ∼ y se x e y sono vettori linearmente dipendenti.

Chiaramente le classi d’equivalenza che ne derivano sono le rette (vettoriali) diV private del vettore nullo e ciascuna classe e un punto proiettivo su V , men-tre l’insieme quoziente formato dai punti proiettivi e lo spazio proiettivo su V ,usualmente indicato con P (V ). Dunque, se k e il campo delle coordinate di V 1

un punto proiettivo e identificabile con 〈v〉k\

0V

per qualche vettore non nullo

1Di norma non faremo alcuna restrizione sulla natura del campo k, salvo chiedere che la suacaratteristica non sia 2. La Geometria in caratteristica 2 presenta delle specificita che richiedonouna trattazione a parte.

1

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2 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

v ∈ V , ma per snellire il simbolismo scriveremo semplicemente 〈v〉k sapendo cheil vettore nullo non va considerato.

Se n + 1 e la dimensione di V su k, ogni vettore e identificabile col vettore(X0, X1, . . . , Xn) ∈ kn+1 delle sue coordinate, ove si fissi preliminarmente unabase di riferimento in V . Il punto proiettivo corrispondente a (X0, X1, . . . , Xn)e la classe [(X0, X1, . . . , Xn)]∼ che chiameremo il punto proiettivo di coordinateomogenee (o proiettive) [X0 : X1 : . . . : Xn]. Ovviamente il punto proiettivodi coordinate omogenee [X0 : X1 : . . . : Xn] ha anche coordinate omogenee[tX0 : tX1 : . . . : tXn] per ogni scalare t ∈ k, t 6= 0k perche non esiste alcun puntoproiettivo di coordinate omogenee [0k : 0k : . . . : 0k].

In questo caso di dimensione finita n + 1, P (V ) e denominato lo spazio pro-iettivo di dimensione n su k ed e piu frequentemente indicato col simbolo Pn(k).

Se W e un sottospazio dello spazio vettoriale V , allora abbiamo il sottoinsiemedi P (V )

P (W ) :=〈w〉k : w ∈W, w 6= 0V

che e il sottospazio proiettivo di P (V ) individuato da W . Si definisce dimensione(proiettiva) di P (W ) l’intero

dimp P (W ) := dimkW − 1.

I sottospazı proiettivi di dimensione 0 sono i punti di P (V ), quelli di dimensione1 sono le rette di P (V ), quelli di dimensione 2 i piani, . . . . . . , quelli di dimensionen− 1 gli iperpiani. Si conviene di attribuire dimensione proiettiva −1 all’insiemevuoto corrispondente al sottospazio vettoriale nullo 〈0V 〉k che, come sappiamo,non individua alcun punto proiettivo.

Se si pone

Vi :=

(X0, . . . , Xi, . . . , Xn) ∈ V ∗ : Xi 6= 0k,

la proiezione canonica π : V ∗ → Pn(k),

π : (X0, X1, . . . , Xn) 7→ [X0 : X1 : . . . : Xn],

trasforma Vi nell’insieme di punti proiettivi

Πi := π(Vi) =[X0 : X1 : . . . : Xn

]∈ Pn(k) : Xi 6= 0k

e si ha

Pn(k) =

n⋃i=0

Πi.

Se [X0 : X1 : . . . : Xn] ∈ Πi, allora[X0 : X1 : . . . : Xn

]=[X0

Xi: . . . : Xi−1

Xi: 1 : Xi+1

Xi: . . . : XnXi

],

Page 3: Geometria proiettiva - unipa.it

3

cioe, ogni punto di Πi si scrive nella forma[x0 : . . . : xi−1 : 1 : xi+1 : . . . : xn

]con coordinate x0, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn univocamente determinate cosicche ab-biamo una ben posta biiezione[

x0 : . . . : xi−1 : 1 : xi+1 : . . . : xn] (x0, . . . , xi−1, xi+1, . . . , xn)

tra Πi e il sostegno kn dello spazio affine An(k). Pertanto

Proposizione 1 . L’insieme dei punti dello spazio proiettivo Pn(k) e unione deisuoi sottoinsiemi Π0,Π1, . . . ,Πn ciascuno dei quali sostiene uno spazio affine didimensione n. 2

Dunque lo spazio proiettivo Pn(k) e, come insieme di punti, unione di n + 1spazı affini di pari dimensione ciascuno dei quali copre Pn(k) per una larga parte,come ci si puo convincere esaminando i casi di dimensione piu bassa.

Nel caso di una retta proiettiva, cioe n = 1, si ha

P 1(k) =

[1 : y] : y ∈ k∪

[x : 1] : x ∈ k

=

[1 : y] : y ∈ k∪

[0 : 1]

=

[1 : 0]∪

[x : 1] : x ∈ k

e si vede che i punti di ciascuna delle rette affini che hanno sostegno in Π0 eΠ1 non coprono solo un punto proiettivo di P 1(k), ovvero una retta proiettiva siottiene aggiungendo un punto ad una retta affine.

Nel caso di un piano proiettivo, cioe n = 2, abbiamo invece i punti di tre pianiaffini che coprono P 2(k):

P 2(k)

[1 :y :z] : (y, z) ∈ k2∪

[x :1 :z] : (x, z) ∈ k2∪

[x :y :1] : (x, y) ∈ k2,

ma si puo anche scrivere

P 2(k) =

[1 :y :z] : (y, z) ∈ k2∪

[0 :y :z] : [y : z] ∈ P 1(k)

=

[x :1 :z] : (x, z) ∈ k2∪

[x :0 :z] : [x : z] ∈ P 1(k)

=

[x :y :1] : (x, y) ∈ k2∪

[x :y :0] : [x : y] ∈ P 1(k)

e si puo osservare che l’insieme dei punti di ciascuno dei tre piani affini che hannosostegno in Π0, Π1, Π2 non copre solo una retta proiettiva di punti del pianoP 2(k). Andando su con la dimensione si trovera che dall’insieme dei punti dellospazio affine di dimensione n che ha sostegno in Πi (i = 0, . . . , n) rimane esclusosolo un iperpiano proiettivo di punti di Pn(k) e si puo enunciare la seguente

Proposizione 2 . Pn(k) e, come insieme di punti, unione disgiunta di uno spazioaffine di dimensione n e di un sottospazio proiettivo di dimensione n− 1 2. 2

2Quando si decompone uno spazio proiettivo in questo modo i punti dello spazio affine ven-gono detti punti propri (o punti affini) e quelli dell’iperpiano proiettivo punti impropri (o puntiall’infinito).

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4 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Sottospazı proiettivi e loro intersezione. La dimensione proiettiva piu bas-sa in cui sono presenti sottospazı significativi e quella di piano, essendo P 0(k) unsingolo punto e P 1(k) solo un insieme di punti proiettivi. In P 2(k) invece, oltreai punti, abbiamo come sottospazı le rette. Una retta proiettiva di P 2(k) e indi-viduata da un piano vettoriale W di k3. Le coordinate [X0 : X1 : X2] di un puntodella retta proiettiva P (W ) sono caratterizzate dal fatto che devono soddisfareun’equazione omogenea di primo grado

a0X0 + a1X1 + a2X2 = 0 (1.1)

nelle indeterminate X0, X1, X2 soddisfatta dalle coordinate dei vettori di W .Guardando da una delle tre finestre affini Πi, per esempio da Π0, dei punti chesoddisfano la (1.1) vediamo solo i punti [1 : x : y] ≡ (x, y) tali che

a0 + a1x+ a2y = 0, (1.2)

cioe i punti di una retta del piano affine A2(k). Quelli che non vediamo da Π0

hanno la prima coordinata nulla, ma vi e un solo punto di coordinate [0 : X1 : X2]che soddisfa la (1.1) ed e [0 : a2 : −a1] 3. Dunque P (W ) consiste dei punti dellaretta affine (1.2) e dell’ulteriore punto [0 : a2 : −a1] che non puo essere visto dallafinestra Π0: chiameremo questo punto il punto all’infinito (o improprio) dellaretta affine (1.2).

Osserviamo che la retta di P 2(k) rappresentabile mediante l’equazione

b0X0 + a1X1 + a2X2 = 0, (1.3)

con b0 6= a0, consiste dei punti della retta affine b0 +a1x+a2y = 0 di Π0, una rettaparallela alla (1.2), ed ha lo stesso punto all’infinito della (1.2). Questo significa

3E ben noto che un’equazione omogenea in due variabili di grado 1 ha solo soluzioni che siottengono l’una dall’altra moltiplicando per un fattore di proporzionalita.

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che le rette parallele del piano affine A2(k) d’equazione (1.2) e (1.3) condividono illoro punto all’infinito [0 : a2 : −a1] le cui coordinate successive alla prima sono lecomponenti di un vettore parallelo alle due rette 4. Dunque in un piano proiettivodue rette hanno sempre un punto in comune. Questo fatto e determinato dallarelazione di Grassmann che lega due sottospazı vettoriali U e W di kn+1:

dimk U + dimkW = dimk(U +W ) + dimk(U ∩W ),

che in P (V ) si riscrive

dimp P (U) + dimp P (W ) = dimp P (U +W ) + dimp

(P (U) ∩ P (W )

). (1.4)

Per n = 2, se P (U) e P (W ) sono rette proiettive distinte, la (1.4) ci dice appuntoche dimp

(P (U) ∩ P (W )

)= 0, dovendo essere 1 < dimp P (U +W ) ≤ 2. Dunque

due rette distinte di un piano proiettivo hanno sempre un punto (ed uno solo) incomune.

In P 3(k) come sottospazı, oltre alle rette, abbiamo i piani. Le coordinate[X0 : X1 : X2 : X3] di un punto di un piano proiettivo P (W ) di P 3(k) sonocaratterizzate dal fatto che devono soddisfare un’equazione omogenea di primogrado

a0X0 + a1X1 + a2X2 + a3X3 = 0

nelle indeterminate X0, X1, X2, X3, un’equazione soddisfatta dai vettori di W .P (W ) interseca Π0 nei punti [1 : x : y : z] ≡ (x, y, z) tali che

a0 + a1x+ a2y + a3z = 0, (1.5)

cioe in un piano affine di Π0. Invece i punti di P (W ) che non stanno in Π0 hannocoordinate [0 : X1 : X2, X3] tali che

a1X1 + a2X2 + a3X3 = 0, (1.6)

cioe formano una retta proiettiva, ove si tenga conto che la terna (X1, X2, X3) edeterminata a meno di un fattore di proporzionalita. Dunque P (W ) consiste deipunti del piano affine d’equazione (1.5) a cui vanno aggiunti i punti della rettaproiettiva (1.6), che chiameremo retta all’infinito (o impropria) del piano affine(1.5). Poiche la (1.6) e anche l’equazione della giacitura del piano affine (1.5), ipunti di questa retta all’infinito sono identificabili con le direzioni che i vettori diquella giacitura danno.

Il piano di P 3(k) rappresentabile mediante l’equazione

b0X0 + a1X1 + a2X2 + a3X3 = 0, (1.7)

con b0 6= a0, ha per punti quelli del piano affine b0 + a1x + a2y + a3z = 0 diΠ0, un piano parallelo al piano (1.5), ed ha la stessa retta all’infinito di quelpiano. Questo significa che piani paralleli dello spazio affine A3(k) d’equazione(1.5) e (1.7) condividono la loro retta all’infinito identificabile con la comunegiacitura. Dunque in P 3(k) due piani hanno sempre una retta in comune, e

4La retta vettoriale 〈(a2,−a1)〉k e la ”giacitura” della retta (1.2), cioe, consiste dei vettori”direttivi” della (1.2) e della (1.3). Questo giustifica l’affermazione che il punto improprio diuna retta da la direzione della retta. Osserviamo che se a2 = 0 (risp. a1 = 0) le due retterisultano parallele anche nel piano affine Π1 (risp. Π2).

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6 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

questo e confermato dalla (1.4). Considerazioni analoghe possono essere ripetuteper gli iperpiani di ogni spazio proiettivo di dimensione superiore.

Vogliamo concludere questa sezione con delle considerazioni sulle rette dellospazio proiettivo P 3(k). Ogni retta di questo tipo si puo ottenere come interse-zione di due piani, cioe, si rappresenta con una coppia di equazioni

a0X0 + a1X1 + a2X2 + a3X3 = 0;

b0X0 + b1X1 + b2X2 + b3X3 = 0.(1.8)

Il punto improprio della (1.8) (rispetto a Π0) si ottiene intersecando le giacituredei due piani che determinano la retta, cioe, le sue coordinate proiettive sonoquelle che risolvono simultaneamente le equazioni

a1X1 + a2X2 + a3X3 = 0;

b1X1 + b2X2 + b3X3 = 0.

Si puo verificare che queste coordinate sono[0 : a2b3 − a3b2 : a3b1 − a1b3 : a1b2 − a2b1

]5. (1.9)

5Si osservi che le tre coordinate diverse da 0 sono i minori della matrice(a1 a2 a3

b1 b2 b3

)presi a segni alterni.

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La (1.4) assicura che una retta ed un piano in P 3(k) hanno sempre almeno unpunto in comune; ne consegue che il punto proiettivo (1.9) lo si deve necessaria-mente ritrovare in ogni piano di P 3(k) che interseca Π0 secondo un piano paralleloalla retta

a0 + a1x+ a2y + a3z = 0,

b0 + b1x+ b2y + b3z = 0,

che e la parte affine della (1.8) che vediamo in Π0.Osserviamo infine che, se P (U) e P (W ) sono due rette di P 3(k), la (1.4) ci

da due opzioni: o dimk(U +W ) = 3, cioe c’e un piano, precisamente P (U +W ),che contiene le rette P (U) e P (W ) (rette complanari), oppure U ∩W = 〈0V 〉k, equindi V = U ⊕W , e le rette P (U) e P (W ) non hanno punti in comune (rettesghembe).

Equivalenze proiettive. In ogni ambito geometrico e fondamentale conoscerequali trasformazioni preservano le proprieta geometriche di pertinenza di quel-l’ambito. Tale conoscenza e certamente indispensabile se si vuole procedere aduna classificazione delle strutture che si vogliono studiare in base alle proprietache le differenziano. In Geometria proiettiva le trasformazioni a cui ci riferiamosono quelle che mettono in corrispondenza biunivoca i punti di due spazı proiettividi pari dimensione (non necessariamente distinti) trasformando ogni sottospaziodel primo in un sottospazio del secondo avente la stessa dimensione, cioe tra-sformazioni che mandano punti allineati in punti allineati, punti complanari inpunti complanari e, salendo su con la dimensione, punti giacenti in un iperpianodel primo spazio in punti di un iperpiano del secondo. Siffatte trasformazioni sitrovano nella letteratura matematica sotto il nome di collineazioni.

Le collineazioni piu comuni sono le proiettivita. Ogni proiettivita si ottienecome segue: se ϕ : V → W e un isomorfismo lineare tra due spazı vettoriali sulcampo k, l’applicazione

〈x〉k 7→ 〈ϕ(x)〉kdefinisce, al variare del punto proiettivo 〈x〉k in P (V ), la proiettivita

ϕp : P (V )→ P (W )

indotta da ϕ. Poiche ϕ determina una corrispondenza biunivoca tra i sottospazıvettoriali di V e quelli di W , ϕp mette in corrispondenza biunivoca i sottospazıproiettivi di P (V ) con quelli di P (W ) (con la stessa dimensione) e quindi e unacollineazione.

Non tutte le collineazioni sono proiettivita. Per esempio, in presenza di unisomorfismo α : k→ k′ tra due campi k e k′ 6, e facile controllare che la funzione(

X0, X1, . . . , Xn

)7→(α(X0), α(X1), . . . , α(Xn)

)trasforma sottospazı vettoriali di kn+1 in sottospazı vettoriali di k′

n+1e quindi

induce la collineazione[X0 : X1 : . . . : Xn

]7→[α(X0) : α(X1) : . . . : α(Xn)

)]

tra gli spazı proiettivi Pn(k) e Pn(k′) 7.

6Per esempio, l’automorfismo del campo dei numeri complessi dato dal coniugio x 7→ x.7Si puo dimostrare (Teorema Fondamentale della Geometria proiettiva) che ogni collinazione

si ottiene componendo una collineazione di questo tipo con una proiettivita.

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8 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

In dimensione proiettiva n, in termini di coordinate, una proiettivita ϕp in-dotta da un isomorfismo lineare ϕ : V →W si puo descrivere mediante la matrice(ϕij)∈ M(n+ 1, k) che rappresenta ϕ rispetto a riferimenti fissati in V e W :

ϕp trasforma il punto proiettivo[X0 : . . . : Xn

]∈ P (V ) nel punto proiettivo[

Y0 : . . . : Yn]∈ P (W ), dove

Yj =∑ni=0Xiϕ

ij .

Se ϕ e un isomorfismo lineare, anche la funzione

tϕ : x 7→ tϕ(x)

lo e per ogni scalare t ∈ k∗, pero la proiettivita che induce tϕ e nuovamente ϕp.Piu precisamente, si puo dimostrare

Proposizione 3 . In dimensione finita due isomorfismi lineari ϕ e ψ induconola stessa proiettivita se, e solamente se, ψ = tϕ per qualche t ∈ k∗.

Dimostrazione. Siano ϕ e ψ isomorfismi k-lineari tra spazi vettoriali V e W didimensione n+ 1 sul campo k e sia e0, e1, . . . , en una base di V . Si assuma chele proiettivita ϕp e ψp indotte da ϕ e ψ coincidano, ovvero che ϕ−1

p ψp = idP (V ),e si ponga % := ϕ−1ψ. Allora %p = idP (V ) implica %(ei) = tiei per scalari ti ∈ k∗,i = 1, 2, . . . , n, cosicche si puo scrivere

%(∑n

i=0 ei)

=∑ni=0 %(ei) =

∑ni=0 tiei.

Dunque t1 = t2 = . . . = tn = t per qualche scalare t ∈ k∗ tale che

%(∑n

i=0 ei)

= t(∑n

i=0 ei).

Allora % trasforma ogni combinazione k-lineare∑ni=0 a

iei dei vettori e0, e1, . . . , enin∑ni=0 a

itei = t∑ni=0 a

iei e si puo concludere che %(x) = tx per ogni x ∈ V .Pertanto ϕ−1ψ = t idV , cioe ψ = tϕ. 2

Osservazione 4 . Gli n + 2 vettori e0, e1, . . . , en,∑ni=0 ei che compaiono nella

dimostrazione della Proposizione 3 hanno la proprieta che comunque si scelganon + 1 di essi si ottiene sempre una base di V . In termini proiettivi questo siriformula dicendo che i punti proiettivi generati da n+1 di quei vettori comunquepresi non sono mai contenuti in un sottospazio di P (V ) di dimensione n−1, sono,come si suol dire, n + 2 punti in posizione generale. Puo essere dimostrato chen + 2 punti di P (V ) in posizione generale si ottengono sempre in questo modo.Infatti, se 〈p0〉k, 〈p1〉k, . . . , 〈pn+1〉k sono punti di P (V ) in posizione generale,allora p0, p1, . . . , pn generano V cosicche pn+1 =

∑ni=0 aipi con ciascun scalare

ai non nullo 8. Allora, posto ei := aipi, abbiamo 〈pi〉k=〈ei〉k per i = 0, 1, . . . , n e〈pn+1〉k = 〈

∑ni=0 ei〉k.

Si noti che:

• in P 1(k), 3 punti in posizione generale sono 3 punti distinti;

8Se fosse ai = 0k, gli n + 1 vettori p0, . . . , pi−1, pi+1, . . . , pn+1 sarebbero k-linearmentedipendenti e ci sarebbe un sottospazio proiettivo di dimensione n − 1 che conterrebbe i puntiproiettivi generati da questi vettori.

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9

• in P 2(k), 4 punti in posizione generale sono 4 punti a 3 a 3 non allineati;

• in P 3(k), 5 punti in posizione generale sono 5 punti a 4 a 4 non complanari;

• in P 4(k), . . ..

Osservazione 5 . n + 2 punti in posizione generale costituiscono un riferimen-to dello spazio proiettivo P (V ) perche permettono di coordinatizzare lo spa-zio: con gli stessi simboli di prima, un dato punto Y dello spazio ha coordi-nate [Y0 : . . . : Yn] se Y = 〈

∑ni=0 Yiei〉k; in particolare gli n + 2 punti 〈p0〉k,

〈p1〉k, . . . , 〈pn+1〉k hanno coordinate

[1 : 0 : . . . : 0], [0 : 1 : . . . : 0], . . . , [0 : . . . : 0 : 1], [1 : 1 : . . . : 1],

rispettivamente. E meritevole di riflessione il fatto che in questo modo le coordi-nate vengono determinate da fissati n + 2 punti proiettivi in cui la presenza delpunto 〈pn+1〉k non e pleonastica perche serve a fissare i generatori dei primi n+ 1punti, ovvero a fissare una base dello spazio vettoriale di sostegno, che altrimentipotrebbero essere cambiati moltiplicando per scalari non nulli.

Osservazione 6 . Dalla dimostrazione della Proposizione 3 si evince che se unaproiettivita fissa n+ 2 punti di Pn(k) in posizione generale, allora quella proiet-tivita e l’identita dello spazio proiettivo.

Se V e W sono spazı vettoriali di dimensione n + 1 sul campo k e 〈p0〉k,〈p1〉k, . . . , 〈pn〉k, 〈

∑ni=0 pi〉k e 〈q0〉k, 〈q1〉k, . . . , 〈qn〉k, 〈

∑ni=0 qi〉k sono n+ 2 pun-

ti, di P (V ) e P (W ) rispettivamente, in posizione generale, allora l’isomorfismo

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10 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

lineare ϕ : V →W definito dalla posizione ϕ(pi) = qi, i = 0, 1, . . . , n, induce unaproiettivita che trasforma ordinatamente i primi n+2 punti nei secondi. In base aquanto puntualizzato nell’Osservazione 6, ϕp e l’unica proiettivita P (V )→ P (W )che fa questo. Pertanto

Teorema 7 . Siano P (V ) e P (W ) spazı proiettivi aventi dimensione n su un datocampo k. Esiste una ed una sola proiettivita P (V )→ P (W ) che trasforma n+ 2punti in posizione generale assegnati in P (V ) in n+ 2 punti in posizione generaleassegnati in P (W ).

Corollario 8 .

1. Date due terne di punti distinti in P 1(k), esiste una ed una sola proiettivitaP 1(k)→ P 1(k) che trasforma la prima terna ordinatamente nella seconda.

2. Date due quaterne di punti a tre a tre non allineati in P 2(k), esiste unaed una sola proiettivita P 2(k) → P 2(k) che trasforma la prima quaternaordinatamente nella seconda.

3. Date due cinquine di punti a quattro a quattro non complanari in P 3(k),esiste una ed una sola proiettivita P 3(k) → P 3(k) che trasforma la primacinquina ordinatamente nella seconda. 2

Osservazione 9 . E evidente che le proiettivita P (V )→ P (V ) formano un grup-po, il gruppo PGL(V ) delle proiettivita di P (V ), indicato anche con PGL(n+ 1, k)se V = kn+1. Il Teorema 7 nel caso V = W = kn+1 puo essere formulato nel se-guente modo: il gruppo PGL(n+ 1, k) e strettamente transitivo sull’insieme delle(n+ 2)-ple ordinate di punti di Pn(k) in posizione generale. Per n = 1 si dice piucomunemente: il gruppo PGL(2, k) e strettamente 3-transitivo sui punti di P 1(k).

Osservazione 10 . Se si usano le coordinate per rappresentare i punti, l’azione diuna proiettivita su un punto si manifesta moltiplicando le sue coordinate per unadelle matrici che rappresentano gli isomorfismi lineari che inducono la proiettivita(cfr. Proposizione 3). Da un punto di vista matematico quest’operazione equivalea cambiare coordinate utilizzando quella matrice come matrice di passaggio dauna base di riferimento ad un’altra. Dunque fare agire una proiettivita o cambiarecoordinate sono due operazioni indistinguibili da un punto di vista matematico.

La struttura di una retta proiettiva. Si e gia sottolineato che una rettaproiettiva non ha una vera e propria struttura, infatti e priva di sottospazı proprıessendo solo un insieme di punti proiettivi. Tuttavia, esistono in essa degli inva-rianti proiettivi d’interesse in Geometria, i cosiddetti birapporti, che andiamo adillustrare.

Siano dati quattro punti P1, P2, P3, P4 a due a due distinti allineati su unaretta di uno spazio proiettivo P (V ). In base all’Osservazione 4 si puo scrivere

P1 = 〈p1〉k, P2 = 〈p2〉k, P3 = 〈p1 + p2〉k, P4 = 〈c1p1 + c2p2〉k = 〈p1 + c2c1p2〉k

per vettori p1, p2 ∈ V univocamente determinati e scalari c1, c2 ∈ k∗ determinatia meno di un fattore di proporzionalita.

Page 11: Geometria proiettiva - unipa.it

11

Definizione 11 . Lo scalare c := c2c1

e il birapporto della quaterna ordinata dipunti distinti P1, P2, P3, P4 e si scrive

(P1, P2, P3, P4) = c2c1

9,

o anche

(P1, P2, P3, P4) = [c1 : c2].

Se c = −1 la quaterna ordinata di punti P1, P2, P3, P4 viene detta armonica.

Proposizione 12 . Il birapporto di una quaterna(P1, P2, P3, P4

)di punti allineati

su una retta e un invariante proiettivo, cioe(ϕp(P1), ϕp(P2), ϕp(P3), ϕp(P4)

)=(P1, P2, P3, P4

)per ogni proiettivita ϕp

10.

Dimostrazione. Sia P1 = 〈p1〉k, P2 = 〈p2〉k, P3 = 〈p1+p2〉k, P4 = 〈c1p1 + c2p2〉k,allora

ϕp(P1) = 〈ϕ(p1)〉k, ϕp(P2) = 〈ϕ(p2)〉k,

ϕp(P3) = 〈ϕ(p1) + ϕ(p2)〉k, ϕp(P4) = 〈c1ϕ(p1) + c2ϕ(p2)〉k. 2

Siano P1, P2, P3, P4 punti distinti di una retta proiettiva R = P (〈e1, e2〉k) 11

di birapporto

[c1 : c2] = [1 : c], c := c2c1.

Vogliamo calcolare il birapporto c in funzione delle coordinate [Xi : Yi] di Piriferite alla base e1, e2 dello spazio vettoriale di dimensione 2 che definisce R,cioe

Pi = 〈Xie1 + Yie2〉k (i = 1, . . . , 4).

Allora (P1, P2, P3, P4) = [c1 : c2] richiede che esistano scalari y1, y2, y3, y4 per cuisi ha

y3(X3e1 + Y3e2) = y1

(X1e1 + Y1e2

)+ y2

(X2e1 + Y2e2

),

y4(X4e1 + Y4e2) = c1y1

(X1e1 + Y1e2

)+ c2y2

(X2e1 + Y2e2

),

equazioni che possono essere riscritte nella forma

X3e1 + Y3e2 = x1

(X1e1 + Y1e2

)+ x2

(X2e1 + Y2e2

);

X4e1 + Y4e2 = d1x1

(X1e1 + Y1e2

)+ d2x2

(X2e1 + Y2e2

);

(1.10)

9Si noti che essendo i punti P1, P2, P3, P4 a due a due distinti, il rapporto c2c1

e un ben definito

elemento di k diverso da 0 e 1.10Si puo viceversa dimostrare (Teorema di von Staudt) che ogni biiezione che conserva tutti

i birapporti e una proiettivita. Se si chiede invece che venga conservato solo il birapporto −1,cioe che una biiezione trasformi una quaterna armonica in un’altra, si trova, come nel caso delTeorema fondamentale della Geometria proiettiva, che la biiezione si ottiene per composizionedi una proiettivita con una trasformazione delle forma [X : Y ] 7→ [σ(X) : σ(Y )] per qualcheautomorfismo σ del campo k. Omettiamo la dimostrazione perche, sebbene elementare, non edi breve esposizione.

Page 12: Geometria proiettiva - unipa.it

12 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

dove, per i = 1, 2, xi := yiy3

e di := ciy3

y4, dunque [d1 : d2] = [c1 : c2]. La prima

delle (1.10) da le equazioni in x1, x2

X3 = x1X1 + x2X2;

Y3 = x1Y1 + x2Y2;

da cui si ottiene

x1 =

∣∣∣∣∣∣∣∣X3 X2

Y3 Y2

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣X1 X2

Y1 Y2

∣∣∣∣∣∣∣∣, x2 =

∣∣∣∣∣∣∣∣X1 X3

Y1 Y3

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣X1 X2

Y1 Y2

∣∣∣∣∣∣∣∣

12, (1.11)

mentre la seconda delle (1.10) fornisce

d1 =

X4 x2X2

Y4 x2Y2

x1X1 x2X2

x1Y1 x2Y2

=

X4 X2

Y4 Y2

x1

X1 X2

Y1 Y2

;

d2 =

x1X1 X4

x1Y1 Y4

x1X1 x2X2

x1Y1 x2Y2

=

X1 X4

Y1 Y4

x2

X1 X2

Y1 Y2

,

ove si tenga conto che x1 6= 0 6= x2 poiche P1 6= P3 6= P2. Pertanto, sostituendo ivalori (1.11),

c =c2c1

=d2

d1=

x1X1 X4

Y1 Y4

x2X4 X2

Y4 Y2

=

X3 X2

Y3 Y2

X1 X4

Y1 Y4

X1 X3

Y1 Y3

X4 X2

Y4 Y2

. (1.12)

Osserviamo che nella (1.12) le coordinate [Xi : Yi] possono essere sostituite conaltre senza che questo alteri il birapporto c. Per esempio sappiamo che possiamogenerare i punti Pi con vettori pi per i quali si ha P1 = 〈p1〉k, P2 = 〈p2〉k, P3 =〈p1 + p2〉k, P4 = 〈p1 + cp2〉k cosicche se ci riferiamo alla base p1, p2 abbiamoper i punti Pi rispettive coordinate [1 : 0], [0, 1], [1, 1], [1, c], coordinate che dannoimmediatamente il valore c nel secondo membro della (1.12).

Ovviamente il birapporto di quattro punti allineati dipende dall’ordine concui sono scritti i punti; per esempio, e evidente che

(P2, P1, P3, P4

)=

1(P1, P2, P3, P4

) .Poiche su 4 oggetti e possibile far agire 24 differenti permutazioni, uno potrebbeaspettarsi 24 birapporti diversi avendo a disposizione 4 punti distinti, ma in realtasi ottengono solo 6 birapporti. Infatti, utilizzando come prima coordinate rispetto

12Si tenga presente che

∣∣∣∣ X1 X2

Y1 Y2

∣∣∣∣ 6= 0k perche P1 6= P2.

Page 13: Geometria proiettiva - unipa.it

13

alla base p1, p2 la (1.12) da

(P1, P2, P3, P4

)=

1 01 1

1 10 c

1 10 1

1 0c 1

= c;(P1, P2, P4, P3

)=

1 0c 1

1 10 1

1 10 c

1 01 1

= 1c ;

(P1, P3, P2, P4

)=

0 11 1

1 10 c

1 00 1

1 1c 1

= cc−1 ;

(P1, P3, P4, P2

)=

1 1c 1

1 00 1

1 10 c

0 11 1

= 1− 1c ;

(P1, P4, P2, P3

)=

0 11 c

1 10 1

1 00 1

1 11 c

= 11−c ;

(P1, P4, P3, P2

)=

1 11 c

1 00 1

1 10 1

0 11 c

= 1− c.

Dunque lasciando P1 fisso e permutando i rimanenti punti in tutti i modi possibiliotteniamo l’insieme di birapporti

M(c) :=

c,

1

c,

c

c− 1, 1− 1

c,

1

1− c, 1− c

.

D’altronde si ha anche

(P2, P1, P3, P4

)=

1 11 0

0 11 c

0 11 1

1 1c 0

= 1c;

(P3, P2, P1, P4

)=

1 00 1

1 11 c

1 11 0

1 0c 1

= 1− c;

(P4, P2, P3, P1

)=

1 01 1

1 1c 0

1 1c 1

1 00 1

= cc−1

;

e si puo verificare che

M(

1c

)=M(1− c) =M

(cc−1

)=M(c).

Si puo pertanto concludere che M(c) esaurisce tutti i possibili birapporti che sipossono ottenere a partire da un iniziale birapporto c = (P1, P2, P3, P4) operandocon una permutazione sugli indici.

Definizione 13 . M(c) e detto il modulo dell’insieme di punti P1, P2, P3, P4.Poiche i birapporti sono invarianti proiettivi, anche il modulo di quattro puntiallineati lo e.

Osserviamo che nel caso di una quaterna armonica (c = −1) il suo modulo siriduce a solo tre elementi: −1, 2 e 1

2 .

Page 14: Geometria proiettiva - unipa.it

14 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Anche per le rette ha senso parlare di birapporti. Siano date quattro rette R1,R2, R3, R4 di un piano proiettivo E 13, aventi un comune punto d’intersezioneV = 〈v〉k, e due ulteriori rette T1 e T2 non contenenti il punto V . Si ponga

Pi := Ri ∩ T1 e Qi := Ri ∩ T2 (i = 1, 2, 3, 4)

e si scelgano vettori p1, p2, q1, q2 tali che

P1 = 〈p1〉k, P2 = 〈p2〉k, P3 = 〈p1 + p2〉k, P4 = 〈p1 + cp2〉k,Q1 = 〈q1〉k, Q2 = 〈q2〉k, Q3 = 〈q1 + q2〉k, Q4 = 〈q1 + dq2〉k,

dove c := (P1, P2, P3, P4) e d := (Q1, Q2, Q3, Q4). Poiche Qi sta sulla retta V +Pi,deve essere qi = aiv + bipi per opportuni scalari ai, bi (i = 1, 2, 3, 4), dove si eposto p3 = p1 + p2, p4 = p1 + cp2, q3 = q1 + q2, q4 = q1 + dq2. Allora possiamoscrivere

a3v + b3(p1 + p2) = a3v + b3p3 = q3 = q1+ q2 = (a1v + b1p1) + (a2v + b2p2);

a4v + b4(p1+cp2) = a4v + b4p4 = q4=q1+ dq2=(a1v + b1p1)+ d(a2v+b2p2).(1.13)

La prima delle (1.13) da a3 = a1 + a2, b3 = b1 e b3 = b2, ove si tenga conto chev, p1, p2 sono vettori linearmente indipendenti perche V 6∈ T1 = P1 + P2. Postob := b1 = b3 = b2, la seconda delle (1.13) fornisce adesso a4 = a1 + da2, b4 = b eb4c = db. Dunque c = d perche b4 = b e uno scalare non nullo essendo certamenteQ4 6= V . Pertanto

Proposizione 14 . Se s’intersecano quattro rette distinte R1, R2, R3, R4 di unpiano proiettivo passanti per uno stesso punto V con una retta T non passanteper V , il birapporto (R1 ∩ T,R2 ∩ T,R3 ∩ T,R4 ∩ T ) e indipendente da T .

Questo birapporto e definito come il birapporto della quaterna ordinata di rette(R1, R2, R3, R4) 14. 2

Il concetto di varieta algebrica. Gli argomenti che tratteremo nelle prossimelezioni s’inquadrano nell’ambito della Geometria algebrica, un contesto matema-tico in cui gli oggetti studiati sono definiti come ”zeri” comuni ad un certo numero

13E puo essere anche un sottospazio di uno spazio proiettivo di dimensione piu grande.14Per le stesse ragioni puo essere definito il modulo delle rette R1, R2, R3, R4 come il modulo

dei punti R1 ∩ T,R2 ∩ T,R3 ∩ T,R4 ∩ T .

Page 15: Geometria proiettiva - unipa.it

15

di polinomi. Per esempio, nello spazio affine di coordinate reali (x, y, z) gli zeridel polinomio x2 + y2 + z2 − 1 danno le coordinate dei punti della sfera classica,mentre gli zeri comuni ai polinomi x2 +y2 +z2−1 e x+y+z danno le coordinatedei punti di una circonferenza. La seguente Definizione 15 formalizza la situazionegenerale.

Definizione 15 . Nello spazio affine di coordinate (x1, . . . , xn) prese in un campok 15, la varieta algebrica affine definita da polinomi f1, . . . , fr ∈ k[x1, . . . , xn] el’insieme di punti

V(f1, . . . , fr) :=

(x1, . . . , xn) ∈ An(k) : fi(x1, . . . , xn) = 0, i = 1, . . . , r.

Volendo replicare lo stesso concetto anche nello spazio proiettivo di coordi-nate omogenee [X0 : . . . : Xn], bisogna subito dire che gli zeri di un polinomiof ∈ k[X0, . . . , Xn] in generale non individuano punti di Pn(k). Per esempio,l’equazione polinomiale X 2

0 − X1 = 0 e soddisfatta dalla coppia (1, 1), ma nondalle coppie

(t, t)

con t 6= 0, 1, per cui non si puo dire che e soddisfatta dallecoordinate del punto proiettivo [1 : 1]. Se invece ci si restringe al sottospaziovettoriale k[X0, . . . , Xn]0 dei polinomi omogenei di k[X0, . . . , Xn], si vede che glizeri di un polinomio omogeneo F ∈ k[X0, . . . , Xn]0

16 individuano sempre puntiproiettivi:

F (X0, . . . , Xn) = 0 =⇒ F (tX0, . . . , tXn) = tdF (X0, . . . , Xn) = 0,

se d denota il grado di F . Pertanto e ben posta la seguente Definizione 16.

Definizione 16 . Nello spazio proiettivo di coordinate omogenee [X0 : . . . : Xn]prese in un campo k, la varieta algebrica proiettiva definita da polinomi omogeneiF1, . . . , Fr ∈ k[X0, . . . , Xn]0 e l’insieme di punti

V(F1, . . . , Fr) :=

[X0 : . . . : Xn] ∈ Pn(k) : Fi(X0, . . . , Xn) = 0, i = 1, . . . , r.

Osservazione 17 . Le varieta algebriche proiettive di cui abbiamo una conoscen-za completa sono quelle lineari, cioe quelle definite da polinomi di primo grado:rette, piani, . . . , iperpiani sono varieta algebriche del tutto semplici da descri-vere. Per esempio, per un dato iperpiano P (W ) di Pn(k), scegliendo una basew1, w2, . . . , wn dell’iperpiano W di kn+1 ed un vettore non nullo e 6∈ W , glin+2 punti 〈e〉k, 〈w1〉k, 〈w2〉, . . . , 〈wn〉k, 〈 e+

∑nj=1 wj〉k di Pn(k) sono in posizione

generale cosicche il Teorema 7 garantisce che possono essere trasformati con unaproiettivita ordinatamente nei punti di coordinate

[1 : 0 : . . . : 0], . . . , [0 : . . . : 0 : 1 : 0], [0 : . . . : 0 : 1], [1 : 1 : . . . : 1],

cioe, P (W ) e proiettivamente equivalente all’iperpiano V(X0) dei punti di Pn(k)con la prima coordinata nulla. Cio si puo esprimere in maniera equivalente dicendo(cfr. Ossevazione 10) che e sempre possibile scegliere coordinate in Pn(k) in modoche i punti di un suo iperpiano abbiano la prima coordinata nulla.

15Con questa espressione intendiamo che nello spazio affine An(k) di dimensione n sul campok e stato fissato un riferimento rispetto al quale vengono prese le coordinate (x1, . . . , xn).

16Utilizzeremo sempre lettere latine maiuscole per denotare polinomi omogenei, distinguendolida quelli non omogenei che continueranno ad essere indicati con lettere latine minuscole.

Page 16: Geometria proiettiva - unipa.it

16 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

In modo analogo, se P (W ) e un sottospazio di Pn(k) di codimensione 2, cioedimp P (W ) = n− 2, prendendo n+ 2 punti in posizione generale, siano

〈e0〉k, 〈e1〉k, 〈w2〉k, 〈w3〉, . . . , 〈wn〉k, 〈 e0 + e1 +∑nj=2 wj〉k

con 〈w2, w3, . . . , wn〉k = W si puo costruire una proiettivita che trasforma P (W )in V

(X0, X1

). Scendendo con la dimensione si trovera alla fine che ogni retta di

Pn(k) e proiettivamente equivalente a V(X0, . . . , Xn−1

).

Classificare varieta algebriche non lineari e decisamente piu complicato. Ledifficolta aumentano esponenzialmente all’aumentare del numero dei polinomiche definiscono la varieta. Ma anche tra le superfici algebriche, cioe le varietaalgebriche definite da un solo polinomio 17, la classificazione si complica sia al-l’aumentare del grado del polinomio, sia all’allontanarsi del campo k dall’esserealgebricamente chiuso: classificazioni in coordinate reali sono piu complicate diquelle in coordinate complesse, per non parlare di quelle in coordinate razionali.Il nostro prossimo obiettivo sara quello di classificare le (superfici) quadriche, cioedefinite da polinomi di grado 2, dello spazio proiettivo Pn(k) 18 con particolareriguardo ai casi classici k = C e k = R.

Le quadriche. Una (superficie) quadrica V(F ) dello spazio proiettivo Pn(k) eindividuata da un polinomio omogeneo F ∈ k[X0, . . . , Xn]0 avente grado 2, cioeun polinomio

F (X) =∑

0≤i≤j≤naijXiXj , (1.14)

dove si e postoX := (X0, X1, . . . , Xn). Decomponendo ciascun monomio aijXiXj

nella somma aijXiXj = 12aijXiXj + 1

2aijXjXi, si vede che la (1.14) si puoriscrivere nella forma matriciale

F (X) = XAXT

con

A :=

a00

12a01 . . . 1

2a0n12a01 a1

1 . . . 12a1n

......

. . ....

12a0n

12a1n . . . ann

, (1.15)

una matrice palesemente. Per un ulteriore vettore Y ∈ kn+1 la matrice A definiscela forma bilineare simmetrica

ρ : (X,Y ) 7→ XAY T

17In dimensione 2 una superficie algebrica e detta curva algebrica.18Per n = 2 una quadrica viene piu comunemente chiamata conica.

Page 17: Geometria proiettiva - unipa.it

17

e si ha F (X) = ρ(X,X). Il coefficiente collocato nella matrice A all’incrocio tra lai-ma riga e j-ma colonna da il valore ρ(ei, ej), avendo denotato con e0, e1, . . . , eni vettori della base canonica di kn+1 che presentano tutte le componenti nulleeccetto una.

Se si prendono coordinate rispetto ad un’altra base di kn+1, la matrice A vasostituita con la matrice congruente PAPT, se P e la matrice di passaggio da unabase all’altra. Poiche matrici congruenti hanno lo stesso rango, vediamo che ilrango r di A e un invariante proiettivo e puo essere quindi assunto come rangodella quadrica (1.14) non dipendendo dalle coordinate scelte. In particolare se siprendono le coordinate rispetto ad una base di kn+1 che risulti ortogonale per ρ,la matrice A puo essere assunta diagonale (Teorema spettrale reale) e, a menodi permutare i vettori di questa base ortogonale, la (1.14) si puo riscrivere nellaforma

F (X) =∑r−1j=0 ajX

2j ,

dove abbiamo semplificato il simbolismo scrivendo aj in luogo di ajj .Se il campo k e algebricamente chiuso, la proiettivita[X0 : . . . : Xr−1 : Xr : . . . : Xn

]7→

[√a0X0 : . . . :

√ar−1Xr−1 : Xr : . . . : Xn

]rende V(F ) proiettivamente equivalente a V

(∑r−1j=0 X

2j

). Dunque

Teorema 18 . Ogni quadrica di Pn(k) di rango r e proiettivamente equivalentea

V(a0X

20 + a1X

21 + . . . + ar−1X

2r−1

)per scalari a0, a1, . . . , ar−1 ∈ k∗. Se il campo k e algebricamente chiuso si puoprendere a0 = a1 = . . . = ar−1 = 1, cioe si hanno esattamente n + 1 classi diquadriche proiettivamente equivalenti. 2

Osservazione 19 . Le quadriche di rango 1 vengono dette doppiamente degenerie ciascuna di esse e proiettivamente equivalente a

V(a0X

20

)= V

(X 2

0

)19

che ha per sostegno l’iperpiano V(X0), cioe consiste degli stessi punti di quell’i-perpiano. Le quadriche di rango 2 sono invece dette semplicemente degeneri e sisuddividono in due classi di quadriche proiettivamente equivalenti: una classe haper sostegno l’unione di due iperpiani distinti, un’altra invece si sostiene sull’inter-sezione di due iperpiani distinti, cioe in un sottospazio di Pn(k) di codimensione2. Infatti, il Teorema 18 ci assicura che possono essere scelte coordinate in modoche i punti di una tale quadrica soddisfino un’equazione del tipo a0X

20 +a1X

21 = 0

con a0 6= 0 6= a1, ovvero

X 21 = −a0

a1X 2

0 .

Se −a0

a1e un quadrato in k∗, sia −a0

a1= c2, la proiettivita

[X0 : X1 : . . . Xn] 7→ [cX0 : X1 : . . . Xn]

19Chiaramente le superfici di Pn(k) V(F ) e V(tF ) con t ∈ k∗ individuano lo stesso insieme dipunti di Pn(k) : non considereremo V(F ) e V(tF ) superfici distinte.

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18 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

rende la quadrica proiettivamente equivalente a

V(X 2

0 −X 21

)= V

((X0 −X1

)(X0 +X1

))che ha sostegno in V(X0 − X1) ∪ V(X0 + X1); altrimenti deve essere neces-sariamente X0 = X1 = 0 e la quadrica ha sostegno nei punti del sottospazioV(X0, X1) di Pn(k), un sottospazio di codimensione 2. Ovviamente se il campoe algebricamente chiuso la seconda eventualita non si presenta.

Le varieta algebriche della retta proiettiva. L’Osservazione 19 sulle qua-driche di rango 1 e 2 vale anche per una retta proiettiva di coordinate [X : Y ]ed e esaustiva per la classificazione delle quadriche in dimensione 1 perche 2 e ilmassimo rango possibile per una quadrica di una retta proiettiva: le quadrichedoppiamente degeneri sono proiettivamente equivalenti a

V(X2)

e si sostengono su un singolo punto, quelle semplicemente degeneri o sono proiet-tivamente equivalenti a

V((X + Y )(X − Y )

)e hanno per sostegno due punti, oppure il loro sostegno e vuoto con quest’ultimaeventualita che si presenta solo se k non e algebricamente chiuso 20.

Le due forme canoniche XX e (X + Y )(X − Y ) che abbiamo ottenuto per unpolinomio omogeneo di secondo grado in due indeterminate a coefficienti in uncampo algebricamente chiuso ci dicono che un tale polinomio e sempre decomponi-bile nella forma (a1X+ b1Y )(a2X+ b2Y ), forma generale ottenibile trasformandoquelle forme canoniche mediante una proiettivita.

Questa fattorizzazione dei polinomi omogenei in due indeterminate a coeffi-cienti in un campo algebricamente chiuso prescinde dal particolare grado 2 trat-tato perche e una conseguenza del Teorema Fondamentale dell’Algebra e del Teo-rema di Ruffini. Infatti procedendo per induzione sul grado n di un polinomioomogeneo F ∈ k[X,Y ] con k algebricamente chiuso si possono presentare due casi:

- F si decompone in un prodotto XrG(X,Y ) con 0 < r ≤ n e G omogeneo digrado n− r;

- F non e divisibile per alcuna potenza Xr con 0 < r.

Nel primo caso si puo fattorizzare G per induzione ed avere una fattorizzazionecompleta di F in fattori di primo grado; nel secondo caso, non sussistendo even-tuali soluzioni con X = 0, si puo assumere X = 1 e fattorizzare F (1, Y ) in nfattori lineari in virtu dei due teoremi prima citati. Poiche ogni fattore lineareaX + bY produce un’unica soluzione proiettiva [b : −a] e k[X,Y ] e dominio afattorizzazione unica, si ha

Proposizione 20 . Ogni polinomio omogeneo F di grado n in due indeterminateX,Y a coefficienti in un campo algebricamente chiuso k si fattorizza in modounico in un prodotto di n fattori lineari (i fattori irriducibili di F )

F (X,Y ) =

n∏i=1

(aiX + biY ).

20Infatti, gli iperpiani di P 1(k) sono i singoli punti e l’insieme vuoto, che ha dimensioneproiettiva −1, ha codimensione 2 in P 1(k).

Page 19: Geometria proiettiva - unipa.it

19

Ne consegue che F ammette n zeri proiettivi, precisamente gli zeri

[b1 : −a1], . . . , [bn : −an] 21. 2

Poiche gli zeri di un polinomio a coefficienti in un dato campo sono anche zeridel polinomio considerato a coefficienti nella chiusura algebrica di quel campo,possiamo affermare

Corollario 21 . Ogni varieta algebrica di una retta proiettiva si sostiene su unnumero finito di punti. 2

Le coniche. In P 2(k) e presente un ulteriore tipo di quadrica, quelle di rango3, le cosiddette coniche non degeneri, rappresentabili, con opportune coordinate,mediante equazioni del tipo

a0X20 + a1X

21 + a2X

22 = 0 (1.16)

e si puo prendere a0 = a1 = a2 = 1 se k e algebricamente chiuso (cfr. Teorema 18).Se k e un campo arbitrario e problematico stabilire quante classi di coniche nondegeneri proiettivamente equivalenti ci sono. Oltre che nel caso algebricamentechiuso, si puo dare una risposta esaustiva per k = R. Piu precisamente si ha

Teorema 22 . Ogni conica non degenere del piano proiettivo P 2(R) e proiettiva-mente equivalente ad una, ed una sola, delle seguenti coniche:

V(X 2

0 +X 21 +X 2

2

); (1.17)

V(X 2

0 +X 21 −X 2

2

). (1.18)

Dimostrazione. A meno di moltiplicare la (1.16) per un fattore 6= 0, si puosuppore che due dei coefficienti a0, a1, a2 presenti in quell’equazione siano numerireali positivi e, a meno di permutare i vettori della base di riferimento, si puoassumere che a0, a1 ∈ R+. Allora le proiettivita

[X0 : X1 : X2] 7→

[√a0X0 :

√a1X1 :

√a2X2

], se a2 > 0;[√

a0X0 :√a1X1 :

√−a2X2

], se a2 < 0.

permettono di ridurre la (1.16) o nella (1.17), o nella (1.18). 2

La (1.17) viene detta conica a punti immaginari 22 perche il suo sostegno evuoto essendo (0, 0, 0) l’unico zero del polinomio X 2

0 +X 21 +X 2

2 .Diverso e il discorso per la conica (1.18) che certamente ha sostegno non vuoto.

Per avere un’idea almeno parziale possiamo esaminare qual e la ”traccia” chequesta conica lascia in ciascuno dei piani affini Π0, Π1, Π2 che ricoprono il piano(cfr. Proposizione 1). Le tracce affini che vediamo sono:

− l’iperbole V(X 2

1 −X 22 + 1

)in Π0;

21Ovviamente questi zeri non devono necessariamente essere distinti.22Come stabilito dal Teorema 18, ogni conica non degenere del piano proiettivo complesso

e proiettivamente equivalente alla conica (1.17) che in quel piano contiene infiniti punti(per

esempio [1 : 0 : i])

nessuno dei quali e rappresentabile in P 2(R).

Page 20: Geometria proiettiva - unipa.it

20 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

− l’iperbole V(X 2

0 −X 22 + 1

)in Π1;

− la circonferenza V(X 2

0 +X 21 − 1

)in Π2.

Mentre da Π2 vediamo tutti i punti della conica perche nessun punto con laterza coordinata nulla appartiene al suo sostegno, dalle altre due finestre affininon vediamo esattamente due punti: [0 : 1 : −1] e [0 : 1 : 1] da Π0, [1 : 0 : −1] e[1 : 0 : 1] da Π1

23. Iperbole e circonferenza non sono le uniche tracce affini chepuo lasciare una conica non degenere di P 2(R). La conica

V(X0X2 −X 2

1

),

proiettivamente equivalente alla (1.18) perche di rango 3 con sostegno non vuoto,ha come traccia in Π0 la parabola

V(y − x 2

),

ove si ponga

x := X1

X0, y := X2

X0,

e l’unico punto che non si vede da quella finestra e [0 : 0 : 1] 24.

Ci si chiede a questo punto se e possibile desumere ulteriori tracce affini dauna conica proiettiva non degenere. I risultati che otterremo nelle prossime sezionidaranno una risposta negativa a questa domanda.

Proiettivita che mutano in se V(X0). Se in Pn(k) si assume come impro-prio l’iperpiano V(X0), ai fini della classificazione delle tracce affini delle quadri-che di Pn(k) e fondamentale la conoscenza delle proiettivita che mutano in sequell’iperpiano. Si ha

23Si osservi che quelli indicati sono i punti improprı degli asintoti delle iperboli considerate.24Che e il punto improprio dell’asse della parabola considerata.

Page 21: Geometria proiettiva - unipa.it

21

Proposizione 23 . Sia ϕp una proiettivita dello spazio proiettivo Pn(k) che mutain se l’iperpiano V(X0). Allora ϕp e definita da una matrice della forma

1 b1 . . . bn0... M0

con (b1, . . . , bn) ∈ kn e M ∈ GL(n, k) 25.

Dimostrazione. Sia a b1 . . . bnc1... Mcn

(1.19)

una matrice che definisce ϕp, dove (b1, . . . , bn) e (c1, . . . , cn) sono vettori di kn,a ∈ k ed M ∈ M(n, k). Posto

[Y0 : Y1 : . . . : Yn] := ϕp[X0 : X1 : . . . Xn],

se X0 = 0, allora Y0 =∑nj=1 cjXj e, imponendo Y0 = 0 per ciascun punto

[X1 : X2 : . . . : Xn] ∈ Pn−1(k), si ricava cj = 0 prendendo

X1 = . . . = Xj−1 = Xj+1 = . . . = Xn = 0 6= Xj .

Dunque la prima colonna della (1.19) ha tutti i coefficienti nulli ad eccezione delcoeffiente a: poiche e una matrice invertibile, deve essere necesariamente a 6= 0ed M ∈ GL(n, k). Tenuto conto che una matrice che definisce una proiettivita edeterminata a meno di un fattore 6= 0, si puo prendere a = 1. 2

Essendo una biiezione tra i punti, una proiettivita muta in se l’iperpiano V(X0)se, e solamente se, la proiettivita muta in se lo spazio affine Π0 dei punti di Pn(k)di coordinate [X0 : X1 : . . . : Xn] con X0 6= 0. La Proposizione 23 ci dice che larestrizione a Π0 di una tale proiettivita e una funzione del tipo

[1 : x1 : . . . : xn] 7→ [1 :∑ni=1m1ixi + b1 : . . . :

∑ni=1mnixi + bn]

per qualche matrice M =(mij

)∈ GL(n, k) e qualche vettore (b1, b2, . . . , bn) ∈ kn,

ovvero induce in Π0 un’affinita, cioe una trasformazione della forma

(x1, x2, . . . , xn) 7→(∑n

i=1m1ixi + b1, . . . ,∑ni=1mnixi + bn

)(1.20)

ottenuta componendo l’isomorfismo lineare

(x1, x2, . . . , xn) 7→(∑n

i=1m1ixi, . . . ,∑ni=1mnixi

)con la traslazione (x1, . . . , xn) 7→ (x1 + b1, . . . , xn + bn).

Osserviamo che, cosı come proiettivita e cambiamenti di coordinate proiettivesono essenzialmente la stessa cosa, applicare un’affinita e equivalente a cambiarele coordinate nello spazio affine: infatti, l’isomorfismo lineare serve a cambiare labase di riferimento dei vettori, la traslazione a cambiare l’origine del riferimento.

25GL(n, k) denota il gruppo delle matrici n× n invertibili.

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22 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Tracce affini di una quadrica proiettiva. Si rappresenti una generica qua-drica non degenere di Pn(k) mediante l’equazione∑n

r, s=0 arsXrXs = 0 con ars = asr 26, (1.21)

ovvero, utilizzando la matrice simmetrica

A =

a00 a01 . . . a0n

a01 a11 . . . a1n

......

. . ....

a0n a1n . . . ann

, (1.22)

nella forma matriciale XAXT = 0. Assumendo V(X0) come iperpiano all’infinito,i punti propri della (1.21) sono quelli che sostengono la quadrica affine∑n

i, j=1 aijxixj + 2∑nk=1 a0kxk + a00 = 0 con aij = aji, (1.23)

ove si ponga xi := XiX0

, i = 1, . . . , n. La (1.23) e una quadrica affine scrittanella sua forma piu generale come insieme di zeri di un polinomio generico disecondo grado in x1, . . . , xn

27. Si osservi che si riottiene la (1.21) dalla (1.23)eseguendo, per i = 1, . . . , n, le sostituzioni xi = Xi

X0e liberando dal denominatore:

capovolgendo il punto di vista, la (1.21) e la chiusura proiettiva della (1.23).

In virtu di quanto stabilito nella sezione precedente si puo concludere cheil problema della classificazione delle tracce affini della (1.21) e equivalente alproblema di classificare le quadriche dello spazio affine An(k).

Proposizione 24 . Ogni quadrica con chiusura proiettiva non degenere dello spa-zio affine di coordinate (x1, x2, . . . , xn) prese in un dato campo k e affinementeequivalente o ad una quadrica d’equazione∑n

i=1 aix2i + 1 = 0 (ai ∈ k∗), (1.24)

o ad una quadrica d’equazione∑n−1i=1 aix

2i + xn = 0 (ai ∈ k∗), (1.25)

Se k e algebricamente chiuso i coefficienti ai possono essere tutti presi ugualia 1 (±1 se k = R) sia nella (1.24) che nella (1.25).

Dimostrazione. Per quanto puntualizzato alla fine della sezione precedente,proveremo l’assunto trasformando le coordinate della quadrica affine (1.23) conun’affinita (1.20).

Si prendano nella (1.20) come coefficienti mij quelli della matrice di passaggiodalla base utilizzata per dare le coordinate (x1, . . . , xn) ad una base ortogonaleper la forma bilineare simmetrica associata alla forma quadratica

(x1, . . . , xn) 7→∑ni, j=1 aijxixj (aij = aji)

26Abbiamo usato una rappresentazione diversa rispetto alla (1.14) per evitare il fattore 12

checompare nella matrice (1.15).

27I coefficienti a0k sono del tutto generici per cui il 2 puo essere inglobato in ciascun coefficientea0k.

Page 23: Geometria proiettiva - unipa.it

23

che da i termini di secondo grado nella (1.23). Se si danno coordinate ai vettoricon questa nuova base (senza spostare l’origine del riferimento, cioe senza utiliz-zare traslazioni), l’effetto delle nuove coordinate, che continuiamo a indicare con(x1, . . . , xn), e che la (1.23) si scrive senza termini in xixj con i 6= j, cioe, non erestrittivo assumere nella (1.23) aij = 0 per i 6= j.

Si scriva ai invece di aii. Se ai 6= 0, la traslazione (x1, . . . , xn) 7→ (x′1, . . . , x′n)

con x′i := xi + a0i

aie x′j = xj per j 6= i permette di porre a0i = 0 nella (1.23).

Ne deduciamo che ci si puo restringere a queste due possibilita: o ciascun ai e6= 0 e conseguentemente ciascun a0i puo essere assunto uguale a 0, cioe la (1.23)si trasforma nella (1.24) 28, oppure esattamente uno degli ai e nullo 29 e, a menodi una permutazione dei vettori della base di riferimento, si puo prendere an = 0:in tal caso deve essere a0n 6= 0 30 e si puo prendere a0n = 1 moltiplicando ambo imembri dell’equazione per a−1

0n . Il cambio di coordinate dettato dalla traslazione(x1, . . . , xn−1, xn) 7→ (x1, . . . , xn−1, xn + a00) da allora la forma canonica (1.25).

Adesso la dimostrazione puo essere completata osservando che se ai e un qua-drato (risp. l’opposto di un quadrato), diciamo ai = b2i (risp. ai = −b2i ), allora ilcambiamento di coordinate (x1, . . . , xn) 7→ (x′1, . . . , x

′n) con

x′j :=

bixi se j = i;xj se j 6= i;

permette di assumere ai = 1 (risp. ai = −1) sia nella (1.24) che nella (1.25). 2

Osservazione 25 . Una quadrica Γ del tipo (1.24) viene detta a centro perchel’origine del riferimento e centro di simmetria per essa: se vi e un punto p nelsostegno di Γ, siano (p1, . . . , pn) le sue coordinate, quindi

∑ni=1 aip

2i + 1 = 0,

allora appartiene al sostegno di Γ anche il punto simmetrico di p rispetto all’originedel riferimento, cioe il punto di coordinate (−p1, , . . . ,−pn). Si osservi che nonvi puo essere alcuna affinita che trasforma una quadrica a centro in una quadricanon a centro perche i punti impropri delle due quadriche sostengono quadriche dirango diverso, precisamente di rango n e n− 1 rispettivamente.

Classificazione delle coniche affini non degeneri. In accordo con la Propo-sizione 24, una conica del piano affine di coordinate (x, y) prese in un dato campok ha chiusura proiettiva non degenere se, e solamente se, e affinemente equivalenteo ad una conica a centro

ax2 + by2 + 1 = 0, a 6= 0 6= b, (1.26)

o ad una conica non a centro (una parabola)

ax2 + y = 0 a 6= 0. (1.27)

Se k e algebricamente chiuso i parametri a e b nella (1.26) e nella (1.27)possono essere presi ambedue uguali ad 1 ed abbiamo esattamente due classi nonequivalenti (cfr. Osservazione 25).

28Se si vuole che il rango della matrice (1.22) sia massimo non puo essere a00 = 0 se ciascun a0i

e nullo, cosicche si puo assumere a00 = 1 a meno di moltiplicare ambo i membri dell’equazioneper a−1

00 .29Non vi possono essere due coefficienti ai ed aj nulli perche cio richiederebbe la presenza di

due righe e due colonne linearmente dipendenti nella (1.22), la i-ma e la j-ma.30Altrimenti la matrice (1.22) non avrebbe rango massimo presentando una riga ed una

colonna nulle.

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24 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Se k non e algebricamente chiuso vi sono piu di due classi di coniche affini nonequivalenti con chiusura proiettiva non degenere e un’elencazione di esse risultaproblematica essendo strettamente legata alla struttura di k: ci limiteremo al casoclassico k = R.

Se k = R vi sono tre possibilita per la conica a centro (1.26) secondo che iparametri a e b siano ambedue positivi, ambedue negativi, oppure uno e positivoe l’altro negativo, nel qual caso, a meno di uno scambio dei vettori della basedi riferimento, non e restrittivo suppore a > 0 > b. Per la parabola (1.27) vie invece una sola possibilita: il cambio di coordinate (x, y) 7→ (x,−y) riconducesempre il caso a > 0 al caso a < 0. In virtu di quanto stabilito nell’Osservazione25 possiamo allora affermare:

Teorema 26 Una conica del piano affine di coordinate (x, y) prese in un datocampo k, se ha chiusura proiettiva non degenere, puo essere trasformata medianteun’affinita o in una conica a centro (1.26), o in una parabola (1.27). Se k ealgebricamente chiuso abbiamo solamente le due forme canoniche x2 + y2 + 1 = 0e x2 + y = 0. Per k = R le forme canoniche sono quattro:

− la conica a punti immaginari V(x2 + y2 + 1);

− la circonferenza V(x2 + y2 − 1);

− l’iperbole V(x2 − y2 + 1);

− la parabola V(x2 + y). 2

Osservazione 27 . Certamente una conica a punti immaginari non puo esseretrasformata mediante un’affinita ne in una circonferenza, ne in un’iperbole, ne inuna parabola perche e l’unica delle quattro ad avere sostegno vuoto. Per stabilireche le rimanenti sono a due a due non affinemente equivalenti basta riflettere sulfatto che il numero dei punti impropri per ciascun tipo di conica e differente: 0per una circonferenza, 2 per un’iperbole, 1 per una parabola. Si osservi altresı chese a e b sono numeri reali positivi l’affinita (x, y) 7→ (

√ax,√by) trasforma l’ellisse

V(ax2 + by2 − 1) in una circonferenza, cioe ellissi e circonferenze sono conicheaffinemente equivalenti.

Le quadriche tridimensionali di rango 3. In virtu del Teorema 18 ogniquadrica di rango 3 dello spazio proiettivo di coordinate [X0 : X1 : X2 : X3] sipuo rappresentare con un’equazione del tipo

a0X20 + a1X

21 + a2X

22 = 0, (a0, a1, a2) 6= (0, 0, 0), (1.28)

che nel caso in cui il campo delle coordinate sia algebricamente chiuso e ricondu-cibile alla forma canonica

X 20 +X 2

1 +X 22 = 0.

Se le coordinate [X0 : X1 : X2 : X3] sono prese nel campo dei numeri reali, ameno di moltiplicare per −1 il primo membro della (1.28) e/o scambiare le coor-dinate, non e restrittivo assumere che i parametri a0, a1, a2 o sono tutti positivi,o solamente a0 e a1 sono positivi e a3 e negativo. Nel primo caso

[X0 : X1 : X2 : X3] 7→ [√a0X0 :

√a1X1 :

√a2X2 : X3]

Page 25: Geometria proiettiva - unipa.it

25

e una proiettivita che trasforma la (1.28) in

X 20 +X 2

1 +X 22 = 0, (1.29)

il cui sostegno consiste del solo punto v = [0 : 0 : 0 : 1], mentre nel secondo casosi puo usare la proiettivita

[X0 : X1 : X2 : X3] 7→[√a0X0 :

√a1X1 :

√−a2X2 : X3

]per trasformare la (1.28) in

X 20 +X 2

1 −X 22 = 0. (1.30)

Nel sostegno della (1.30) troviamo nuovamente il punto v = [0 : 0 : 0 : 1], maanche altri punti, per esempio quelli che soddisfano simultaneamente le equazioni

X 20 +X 2

1 −X 22 = 0, X3 = 0, (1.31)

che formano una conica a punti reali del piano d’equazione X3 = 0. Inoltre, sep = [p 0 : p 1 : p 2 : p 3] e un punto della (1.30) diverso da v, dunque p 2

0 +p 21 −p 2

2 = 0con (p0, p1, p2) 6= (0, 0, 0), la retta v+ p per i punti v e p e interamente contenutanella (1.30): infatti,

v+p =〈av + bp〉R : [a : b] ∈P 1(R)

=

[bp 0 : bp 1 : bp 2 : a+ bp 3] : [a : b] ∈ P 1(R)

e si ha(bp 0)2 + (bp 1)2 − (bp 2)2 = b2

(p 2

0 + p 21 − p 2

2

)= 0.

Dunque i punti della (1.30) sono distribuiti su rette passanti per v, piu preci-samente sulle rette che congiungono v con i punti della conica (1.31), ove si tengaconto che le rette su cui giacciono i punti della (1.30) devono necessariamenteintersecare il piano V(X3) e l’intersezione tra questo piano e la (1.30) e proprio laconica (1.31) 31. Riassumendo

31L’affermazione e supportata dal fatto che in dimensione proiettiva 3 una retta ed un pianoche non la contiene hanno sempre per intersezione un punto. Si osservi che analoghe conside-razioni possono essere fatte nel caso di una quadrica di rango 3 di P 3(C): i punti di una talequadrica sono distribuiti sulle rette che congiungono v = [1 : 0 : 0 : 0] con i punti della conicad’equazione X 2

0 +X 21 +X 2

2 = 0 del piano V(X0) che, a differenza del caso reale, non e priva dipunti.

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26 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Proposizione 28 . Ogni quadrica di P 3(R) di rango 3 e proiettivamente equiva-lente o alla (1.29), ed ha per sostegno un singolo punto (”cono a punti immagi-nari”), o alla (1.30), nel qual caso ha per sostegno il ”cono” di rette per un puntov (”vertice” del cono) che si appoggiano su una conica non degenere di un pianonon passante per v (”direttrice” del cono) 32. 2

Assumendo V(X0) come piano dei punti impropri e rappresentando i puntipropri in coordinate (x1, x2, x3), xi := Xi

X0, trovare le rappresentazioni canoniche

per le tracce affini di una quadrica Γ di rango 3 di P 3(R) e abbastanza semplice.Se Γ ha per sostegno un punto vi sono due possibilita: o il punto e affine, e ameno di una traslazione si puo assumere che sia (0, 0, 0) con conseguente formacanonica V

(x 2

1 + x 22 + x 2

3

)(un cono (affine) a punti immaginari), oppure e al-

l’infinito, e quindi il sostegno e vuoto. In questo secondo caso, il vettore che daquel punto improprio puo essere portato mediante una rotazione in un qualunquealtro vettore, per esempio nel vettore direttivo (0, 0, 1) della retta V(x1, x2), cioe,si puo supporre che quel punto all’infinito sia [0 : 0 : 0 : 1]: la relativa formacanonica e allora V

(x 2

1 + x 22 + 1

)(un cilindro a punti immaginari).

Anche quando il sostegno di Γ e un cono di rette vi sono due possibilita se-condo che il vertice sia un punto affine o un punto all’infinito: come nel casoprecedente possiamo assumere che questo vertice sia o il punto affine (0, 0, 0) oil punto improprio [0 : 0 : 0 : 1]. La prima possibilita conduce al cono affineV(x 2

1 + x 22 − x 2

3

), mentre la seconda da una superficie formata da rette paral-

lele aventi la direzione data dal punto improprio [0 : 0 : 0 : 1], cioe, quello cheviene chiamato un cilindro. Quest’ultima eventualita fornisce tre distinte clas-si di quadriche affini non affinemente equivalenti secondo che la parte affine diuna direttrice sia un’ellisse, un’iperbole, o una parabola: le corrispondenti formecanoniche sono, rispettivamente, V

(x 2

1 + x 22 − 1

), V(x 2

1 − x 22 − 1

)e V(x 2

1 + x2

).

32Potendo inserire ogni punto di P 3(R) in una cinquina di punti in posizione generale di cuitre giacenti su un piano non passante per il punto, il Corollario 8.3 ci assicura che possono esserescelti senza restrizioni sia il vertice, sia un piano dove posizionare una direttice, purche il pianonon contenga il vertice; ma anche la scelta di una direttrice nel piano puo essere scelta libera-mente, visto che due coniche proiettive non degeneri a punti reali sono sempre proiettivamenteequivalenti.

Page 27: Geometria proiettiva - unipa.it

27

Si osservi che in caso di coordinate prese in un campo algebricamente chiusole sei forme canoniche evidenziate nel caso reale si riducono a tre: il cono di retteV(x 2

1 + x 22 + x 2

3

)(che non consiste in questo caso del solo vertice) ed i ”cilindri”

V(x 2

1 + x 22 + 1

)e V

(x 2

1 + x2

)aventi per sezione rispettivamente una conica a

centro ed una parabola.

La quadriche non degeneri in P 3(R). Per il Teorema 18 una quadrica nondegenere di P 3(R) si rappresenta mediante un’equazione della forma

a0X20 + a1X

21 + a2X

22 + a3X

23 = 0

per scalari ai che possono essere trasformati in ±1 mediante cambiamenti di coor-dinate gia ampiamente consolidati in precedenza. Moltiplicando eventualmenteil primo membro dell’equazione per −1 e/o permutando i vettori della base diriferimento, possiamo limitarci ai seguenti tre casi palesemente non equivalenti:

1. a0, a1, a2, a3 ∈ R+: la quadrica e proiettivamente equivalente a

V(X 2

0 +X 21 +X 2

2 +X 23

),

una quadrica a punti immaginari il cui sostegno e vuoto;

2. a0, a1, a2 ∈ R+ e a3 ∈ R−: la quadrica e proiettivamente equivalente a

V(X 2

0 +X 21 +X 2

2 −X 23

)una (quadrica a punti ellittici) il cui sostegno non contiene alcuna retta 33;

3. a0, a1 ∈ R+ e a2, a3 ∈ R−: la quadrica e proiettivamente equivalente a

V(X 2

0 +X 21 −X 2

2 −X 23

)una (quadrica a punti iperbolici) il cui sostegno contiene rette 34.

Osservazione 29 . Si puo distinguere una quadrica a punti iperbolici da una apunti ellittici guardando il segno del determinante di una delle matrici simmetricheche definiscono la quadrica. Infatti, se A e una di queste matrici, effettuando uncambiamento di coordinate la matrice A va sostituita con la matrice congruentePAPT, se P e la matrice di passaggio alle nuove coordinate, e si controlla a vistache det(PAPT) = (det(P )2 det(A) e det(A) hanno lo stesso segno. Si puo alloraconcludere che una quadrica a punti iperbolici si rappresenta con matrici aventideterminante positivo mentre una a punti ellittici con matrici aventi determinantenegativo.

Si osservi che se le coordinate sono prese in un campo k algebricamente chiu-so ogni quadrica non degenere di P 3(k) e a punti iperbolici, cioe contiene rette,perche in virtu del Teorema 18 e sempre riconducibile con un cambio di coor-dinate alla quadrica V

(X 2

0 +X 21 +X 2

2 +X 23

)che contiene rette, per esempio

V(X0 −√−1X1, X2 −

√−1X3).

33Se una tale quadrica contenesse una retta questa dovrebbe intersecare il piano V(X3), mal’intersezione tra questo piano e la quadrica e vuota.

34Per esempio la retta V(X0 −X2, X1 −X3).

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28 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Rimane da chiarire quali siano le tracce affini sia di una quadrica a puntiellittici che di una a punti iperbolici. Il seguente Teorema 30 chiarisce qualipossono essere queste tracce.

Teorema 30 . Ogni quadrica dello spazio affine A3(R) avente chiusura proiettivanon degenere puo essere trasformata con un’affinita in una, ed una sola, delleseguenti quadriche:

1. la quadrica a punti immaginari V(x 2

1 + x 22 + x 2

3 + 1);

2. l’ellissoide V(x 2

1 + x 22 + x 2

3 − 1);

3. l’iperboloide a punti iperbolici (ad una falda) V(x 2

1 − x 22 + x 2

3 − 1);

4. l’iperboloide a punti ellittici (a due falde) V(x 2

1 − x 22 − x 2

3 − 1);

5. il paraboloide a punti ellittici V(x 2

1 + x 22 + x3

);

6. il paraboloide a punti iperbolici (a sella) V(x 2

1 − x 22 − x3

).

Dimostrazione. La lista si deduce agevolmente dalla Proposizione 24. Per sta-bilire che quelle sei quadriche non sono trasformabili con un’affinita una nell’altra,si osservi che

• la quadrica a punti immaginari V(x 2

1 + x 22 + x 2

3 + 1), visto il suo sostegno

vuoto, non puo essere trasformabile con un’affinita in alcuna delle rimanenti,che invece hanno un sostegno non vuoto;

• l’ellssoide V(x 2

1 + x 22 + x 2

3 − 1)

e l’unica quadrica dell’elenco ad essere privadi punti impropri;

• nessuna delle due quadriche a punti ellittici, puo essere trasformabile conun’affinita in una a punti iperbolici perche le loro chiusure proiettive nonsono proiettivamente equivalenti 35;

• i punti all’infinito di un iperboloide sostengono una conica proiettiva nondegenere;

• i punti all’infinito di un paraboloide sostengono una conica proiettiva degenere. 2

Osservazione 31 . Se si vuole avere un’idea della forma di un iperboloide a una oa due falde, o di un paraboloide a punti ellittici o a sella, sono utili le considerazioniche seguono.

− Un iperboloide ad una falda si ottiene facendo ruotare l’iperbole

Γ := V(x 2

1 − x 22 − 1

)(1.32)

del piano V(x3) attorno alla retta V(x2, x3). Infatti, facendo ruotare Γ attorno aquella retta si ottiene una superficie i cui punti si distribuiscono su circonferenzegiacenti su piani paralleli al piano x2 = 0 con centro sull’asse x2 e passanti perqualche punto di Γ.

35In virtu dell’Osservazione 29 e sufficiente guardare i segni dei determinanti delle matrici chedefiniscono le chiusure proiettive.

Page 29: Geometria proiettiva - unipa.it

29

Sia Λ una di queste circonferenze e siano x2 = h il piano che la contiene eq = (a, h, 0) un punto di Γ per cui passa Λ: dunque

a2 − h2 = 1. (1.33)

Allora Λ ha centro c = (0, h, 0) e raggio pari alla distanza |a| che intercorre tra ipunti q e c : pertanto le coordinate (x1, h, x3) di un generico punto di Λ soddisfanol’equazione x 2

1 + x 23 = a2 cosicche la (1.33) da l’iperboloide

V(x 2

1 − x 22 + x 2

3 − 1).

− Analoghe considerazioni permettono di concludere che la rotazione dell’iperbole(1.32) attorno all’asse x1 produce l’iperboloide

V(x 2

1 − x 22 − x 2

3 − 1).

Page 30: Geometria proiettiva - unipa.it

30 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

− Un paraboloide a punti ellittici si ottiene facendo ruotare la parabola

V(x2

1 − x3

)del piano V(x2) attorno alla retta V(x2, x3) di quel piano

− Un paraboloide a sella e l’unico tipo di quadrica che non puo essere ottenutofacendo ruotare una conica attorno ad una retta. Non proveremo quest’afferma-zione.

Concludiamo questa sezione osservando che con coordinate prese in un campoalgebricamente chiuso, in accordo con la Proposizione 24, vi sono solo due classidi quadriche affini non equivalenti: quelle a centro, riconducibili alla forma ca-nonica V

(x 2

1 + x 22 + x 2

3 + 1), ed i paraboloidi di cui V

(x 2

1 + x 22 + x3

)ne e un

rappresentante.

Molteplicita d’intersezione. In questa sezione e nelle successive di questoprimo capitolo il campo k delle coordinate sara assunto algebricamente chiuso.

Page 31: Geometria proiettiva - unipa.it

31

Indicheremo costantemente con F un polinomio omogeneo di grado n apparte-nente a k[X0, X1, X2] e con Γ la curva algebrica V(F ) del piano proiettivo dicoordinate [X0 :X1 :X2] in k.

Sia R = 〈p, q〉k una retta di P 2(k) non contenuta in Γ con p = (p0, p1, p2) eq = (q0, q1, q2) vettori (non nulli) di k3. Ogni punto di R si scrive allora nellaforma 〈xp+ yq〉k per un opportuno [x : y] ∈ P 1(k).

Determinare i punti d’intersezione tra la curva Γ e la retta R significa risolverel’equazione in x, y

F(xp0 + yq0, xp1 + yq1, xp2 + yq2

)= 0, (1.34)

il cui primo membro e un polinomio omogeneo di grado n nelle indeterminate xe y 36: la Proposizione 20 ci assicura che la (1.34) ammette n soluzioni proiettivecontando le relative molteplicita 37.

Se si sostituisce p, q con un’altra base p′, q′ di R, sia p′ = (p′0, p′1, p′2)

e q′ = (q′0, q′1, q′2), e [x′ : y′] denotano le coordinate rispetto a questa nuova

base, per determinare i punti dell’intersezione Γ ∩ R in termini di queste nuovecoordinate si deve ovviamente risolvere l’equazione in x′, y′

F(x′p′0 + y′q′0, x

′p′1 + y′q′1, x′p′2 + y′q′2

)= 0. (1.35)

Se M ∈ GL(2, k) e la matrice di passaggio dalla vecchia base alla nuova, il pun-to proiettivo [a : b] risolve la (1.34) esattamente quando il punto [a′ : b′] con(a′, b′) = (a, b)M risolve la (1.35) e quindi M determina, insieme a M−1, unabiiezione tra i fattori irriducibili della (1.34) e i fattori irriducibili della (1.35).Questo significa che se una soluzione [a : b] della (1.34) si presenta con una cer-ta molteplicita, anche la soluzione [a′ : b′] della (1.35) si presenta con la stessamolteplicita. Dunque, per un dato punto 〈ap+ bq〉k della retta R, la molteplicitad’intersezione di R con Γ in 〈ap + bq〉k resta ben definita come la molteplicitadi [a : b] come soluzione proiettiva della (1.34), essendo tale molteplicita indi-pendente dal riferimento p, q scelto. Ovviamente questa molteplicita e 0 se〈ap + bq〉k 6∈ Γ; inoltre, includeremo in questa definizione il caso in cui la rettaR e contenuta in Γ dicendo che la molteplicita d’intersezione di R con Γ e ∞ inogni punto di R.

36L’eventualita che la (1.34) sia identicamente soddisfatta equivale a chiedere che la retta Rsia contenuta in Γ, un’eventualita che stiamo escludendo.

37Dunque, quando il campo k delle coordinate e algebricamente chiuso, una retta non conte-nuta in una curva di P 2(k) di grado n interseca la curva in al piu n punti, precisamente in n sevengono prese in considerazione le molteplicita.

Page 32: Geometria proiettiva - unipa.it

32 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Osservazione 32 . Una proiettivita ϕp di P 2(k) trasforma Γ nella curva V(G),dove G := F ϕ−1; infatti, se (Y0, Y1, Y2) := ϕ(X0, X1, X2), cioe [Y0 : Y1 : Y2] :=ϕp[X0 : X1 : X2], si ha

G(Y0, Y1, Y2) = F ϕ−1(ϕ(X0, X1, X2)

)= F (X0, X1, X2).

Inoltre, ϕp(R) = ϕp(〈p, q〉k

)= 〈ϕ(p), ϕ(q)〉k cosicche i fattori irriducibili del

polinomio omogeneo in x, y

L(x, y) := F (xp+ yq) = G(xϕ(p) + yϕ(q))

danno simultaneamente le intersezioni, e le relative molteplicita, di R con V(F )e di ϕp(R) con ϕp

(V(F )

)= V(G); in altre parole la molteplicita d’intersezione di

una retta con una curva in un suo punto e un invariante proiettivo.

Studio locale di una curva algebrica. Mantenendo la notazione della sezioneprecedente, si assuma che il campo algebricamente chiuso k abbia caratteristica0, ovvero che contenga il campo Q dei numeri razionali.

Se si assume che Q non e punto di Γ la (1.34) non ammette la soluzioneproiettiva [0 : 1] corrispondente a Q per cui i punti dell’intersezione R ∩ Γ sonodella forma 〈p+ aq〉k con a ∈ k radice del polinomio

f(t) := F (p+ tq) = F (p0 + tq0, p1 + tq1, p2 + tq2) ∈ k[t] (1.36)

avente lo stesso grado di F .

Poiche stiamo supponendo k di caratteristica 0, possiamo esprimere il polinomio(1.36) mediante i polinomi f ′ 38, f ′′ = (f ′)′, f ′′′ = (f ′′)′, . . . nella forma dettatada Taylor:

f(t) = f(0) + tf ′(0) + 12 t

2f ′′(0) + 16 t

3f ′′′(0) + . . . 39 (1.37)

38Per definire il polinomio derivata f ′ non occorre che i coefficienti siano numeri reali ocomplessi, o piu in generale siano presi in un campo; per esempio per un polinomio g ∈ R[x, y]

il polinomio ∂g∂x

derivata parziale di g rispetto a x e il polinomio derivata di g considerato comepolinomio in x a coefficienti nel dominio R[y], che non e certamente un campo. In realta ilpolinomio derivata di un polinomio g(t) =

∑ni=0 ait

i con coefficienti ai presi in un dato dominiod’integrita D e definito formalmente come il polinomio g′(t) :=

∑nj=1 jajt

j−1 di D[t] e prescindedal calcolo differenziale per cui si possono estendere ad un qualsiasi dominio d’integrita tuttele regole di derivazione fornite dal calcolo differenziale (per esempio la derivata di una sommao di un prodotto di polinomi) perche il polinomio derivata definito formalmente non puo esserediverso da quello ottenuto mediante il calcolo infinitesimale.

39Se Γ e una conica la (1.37) s’interrompe dopo due passi essendo nulle le derivate terze.

Page 33: Geometria proiettiva - unipa.it

33

piu eventuali termini di grado superiore a 3 nel caso in cui n > 3 40.

Poiche per successive derivazioni otteniamo dal polinomio (1.36) i polinomi dik[t]

f ′(t) =∑2i=0 qi

∂F∂Xi

(p+ tq),

f ′′(t) =∑2i,j=0 qiqj

∂2F∂Xi∂Xj

(p+ tq),

f ′′′(t) =∑2i,j,k=0 qiqjqk

∂3F∂Xi∂Xj∂Xk

(p+ tq),

la (1.37) da

f(t) = F (p) + t∑2i=0qi

∂F∂Xi

(p) + t2

2

∑2i,j=0 qiqj

∂2F∂Xi∂Xj

(p)+

+ t3

6

∑2i,j,k=0 qiqjqk

∂3F∂Xi∂Xj∂Xk

(p) + . . . . . .(1.38)

Palesemente P e un punto di Γ esattamente quando t = 0 e radice del poli-nomio (1.38), mentre la retta R ha molteplicita d’intersezione maggiore di 1 conΓ in P precisamente quando t = 0 e radice di molteplicita almeno 2 con Γ in Povvero se, e solamente se, ∑2

i=0 qi∂F∂Xi

(p) = 0. (1.39)

Distinguiamo due situazioni: o la (1.39) e un’equazione di primo grado nellevariabili q0, q1, q2, oppure e identicamente nulla, cioe e nullo il gradiente

∇F (p) =(∂F∂X0

(p), ∂F∂X1(p), ∂F∂X2

(p))∈ k3. (1.40)

Nel primo caso i punti Q per cui la retta R per P e Q ha molteplicita d’intersezionemaggiore di 1 con Γ in P sono quelli della retta

TP (Γ) := V(∑2

i=0Xi∂F∂Xi

(p)). (1.41)

Nel secondo caso comunque si scelga il punto Q, ovvero comunque si scelga unaretta passante per P , questa retta ha molteplicita d’intersezione maggiore di 1con Γ in P 41.

Definizione 33 . Se il gradiente (1.40) non e nullo il punto P di Γ viene detto unpunto regolare e la retta (1.41) e detta la tangente a Γ in P : tale retta e l’unicaretta per P che ha molteplicita d’intersezione maggiore di 1 con Γ in P . In casocontrario P viene detto un punto singolare di Γ ed ogni retta passante per P hamolteplicita d’intersezione maggiore di 1 con Γ in P .

40Il teorema di Taylor puo essere dimostrato agevolmente per ogni campo k di caratteristica0: posto f(t) =

∑ni=0 ait

i, per derivate successive dei due membri otteniamo

a0 = f(0), a1 = f ′(0), 2a2 = f ′′(0), 6a3 = f ′′′(0), . . .

da cui l’assunto.41Si noti che questa affermazione vale anche per un’eventuale retta contenuta in Γ

(molteplicita ∞) che abbiamo escluso inizialmente dalle nostre considerazioni.

Page 34: Geometria proiettiva - unipa.it

34 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Osservazione 34 . La Definizione 33 ha senso anche nel caso in cui Γ sia unaconica (cfr. nota 42 a pie di pagina). Guardando il gradiente delle forme cano-niche delle coniche di P 2(k) si vede che solo quelle degeneri possono avere puntisingolari; piu precisamente, quelle semplicemente degeneri hanno nell’intersezionedelle due rette componenti l’unico punto singolare, mentre i punti di una conicadoppiamente degenere sono tutti singolari 42. Se Γ e una conica semplicementedegenere e P e un suo punto regolare, la retta tangente TP (Γ) e necessariamentela componente di Γ su cui giace P perche ogni altra retta per P interseca Γ in unpunto appartenete all’altra componente e quindi ha molteplicita d’intersezione 1con Γ in P .

L’identita di Eulero 35 che andiamo a dimostrare ci dice che l’annullarsi delgradiente di F nelle coordinate di un punto implica l’appartenenza del punto a Γe conseguentemente che quel punto e singolare per Γ.

Proposizione 35 (Identita di Eulero). Siano D un dominio con unita ed F unpolinomio omogeneo di grado n a coefficienti in D nelle indeterminate X1, . . . , Xm.Allora ∑m

i=1Xi∂∂Xi

F (X1, X2, . . . , Xm) = nF (X1, X2, . . . , Xm) 43. 2

Dimostrazione. Essendo F omogeneo di grado n si puo scrivere

F (tX1, . . . , tXm) = tnF (X1, . . . , Xm)

per ogni t ∈ D. Derivando ambo i membri rispetto a t e ponendo t = 1D otteniamol’assunto. 2

Considerazioni analoghe a quelle sviluppate in questa sezione per una curvaproiettiva possono essere riproposte anche per una curva V(g) del piano affineA2(k). Se p e un punto della curva, siano p := (px, py) le sue coordinate, ed r

42Il fatto che l’intersezione delle componenti di una conica degenere produca punti singolarie un fatto generale che riguarda le curve di ogni grado, cioe: ”Se un polinomio F si decomponenel prodotto F = F1F2 di due polinomi di grado positivo, quindi V(F ) = V(F1) ∪ V(F2), alloraV(F1) ∩ V(F2) consiste di punti singolari di V(F )”. Infatti, l’identita

∂F∂Xi

(p) = F1(p) ∂F2∂Xi

(p) + F2(p) ∂F1∂Xi

(p)

mostra che se 〈p〉k appartiene sia a V(F1) che V(F2), allora il vettore p e uno zero per ciascunodei polinomi ∂F

∂X0, ∂F∂X1

, ∂F∂X2

.43Si noti che se la caratteristica di D divide il grado di F l’identita di Eulero implica che∑mi=0 Xi

∂∂Xi

F (X0, X1, . . . , Xm) e il polinomio nullo.

Page 35: Geometria proiettiva - unipa.it

35

e una generica retta di A2(k) per p, sia u := (ux, uy) un suo vettore direttivo, ipunti dell’intersezione r ∩ V(g) hanno coordinate (px + aux, py + auy) con t = aradice del polinomio

g(px + tux, py + tuy) ∈ k[t]; (1.42)

in particolare la radice t = 0 corrisponde al punto p. Il polinomio (1.42) espressoin forma di Taylor si riscrive

g(p) + t(ux

∂g∂x (p) + uy

∂g∂y (p)

)+ t2

2

(u2x∂2g∂x2 (p) + 2uxuy

∂2g∂x∂y (p) + u2

y∂2g∂y2 (p)

)+ · · ·

e si vede che la retta r ha molteplicita d’intersezione maggiore di 1 con la curvaV(g) in p esattamente quando

ux∂g∂x (p) + uy

∂g∂y (p) = 0. (1.43)

Come nel caso proiettivo, abbiamo due differenti possibilita: o la (1.43) e un’e-quazione omogenea di primo grado in ux e uy, e quindi vi e solo la soluzioneproiettiva [

∂g∂y (p) : − ∂g

∂x (p)]

che la risolve, cioe la retta d’equazione

∂g∂x (p)(x− px) + ∂g

∂y (p)(y − py) = 0

e la sola retta per p che ha molteplicita d’intersezione maggiore di 1 con la curva

(la tangente a V(g) in p), oppure e nullo il gradiente(∂g∂x (p), ∂g∂y (p)

)e ogni retta

passante per p ha molteplicita d’intersezione maggiore di 1 con V(g) in p, cioe pe un punto singolare della curva utilizzando la terminologia proiettiva.

Osservazione 36 . A differenza del caso della curva proiettiva V(F ) dove l’annul-larsi del gradiente di F nelle coordinate di un punto implica che il punto sta sullacurva, nel caso affine questo non e detto che succeda: per esempio, il gradientein (0, 0) della funzione g(x, y) = x3 + y3 + 1 e (0, 0), ma (0, 0) non e un punto diV(g).

Riprendiamo lo studio locale della curva proiettiva Γ = V(F ) mantenendo laprecedente notazione.

Riguardiamo il polinomio (1.36) nell’ipotesi che P = 〈p〉k sia un punto singo-lare di Γ: in tal caso

f(t)= t2

2

∑2i,j=0 qiqj

∂2F∂Xi∂Xj

(p)+ t3

6

∑2i,j,k=0 qiqjqk

∂3F∂Xi∂Xj∂Xk

(p)+ . . . . (1.44)

Page 36: Geometria proiettiva - unipa.it

36 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

Chiaramente t = 0 e radice di molteplicita maggiore di 2 per f , e quindi la rettaR = 〈p, q〉k ha molteplicita d’intersezione maggiore di 2 con Γ in P , esattamentequando ∑2

i,j=0 qiqj∂2F

∂Xi∂Xj(p) = 0. (1.45)

Come nel caso della (1.39), anche la (1.45) presenta due situazioni ben distinte: o

le 9 derivate parziali ∂2F∂Xi∂Xj

(p) sono tutte nulle, e in tal caso comunque si scelga

il punto Q la retta per P e Q, cioe una qualunque retta per P , ha molteplicitad’intersezione maggiore di 2 con Γ in P , oppure i punti Q per cui la retta per P eQ ha molteplicita d’intersezione maggiore di 2 con Γ in P sono quelli della conica

ΩP (Γ) := V(G)

definita dal polinomio

G(X0, X1, X2) =∑2i,j=0XiXj

∂2F∂Xi∂Xj

(p).

(1.46)

La conica ΩP (Γ) da informazioni che illuminano su quello che avviene in Pcome la seguente Proposizione 37 spiega.

Proposizione 37. Si assuma che le derivate seconde di F valutate in p non sianotutte nulle cosicche e ben definita la conica ”osculatrice” ΩP (Γ) data dalla (1.46).Allora si ha

− P e un punto regolare di Γ se, e solamente se, P e un punto regolare diΩP (Γ) e ΩP (Γ) condivide con Γ la stessa tangente TP (Γ) in P ;

− P e un punto singolare di Γ se, e solamente se, P e un punto singolaredi ΩP (Γ).

Dimostrazione. Applicando l’identita di Eulero prima al polinomio ∂F∂Xi

e poiad F possiamo scrivere:∑2

i,j=0XiXj∂2F

∂Xi∂Xj=∑2i=0Xi

∑2j=0Xj

∂∂Xj

∂F∂Xi

= (n− 1)∑2i=0Xi

∂F∂Xi

= n(n− 1)F,(1.47)

ovveroP ∈ Γ⇐⇒ P ∈ ΩP (Γ). (1.48)

Inoltre, per l = 0, 1, 2,

∂G∂Xl

=∑2i,j=0

∂∂Xl

(XiXj)∂2F

∂Xi∂Xj(p) = 2

∑2i=0Xi

∂2F∂Xi∂Xl

(p)

e un’ulteriore applicazione dell’identita di Eulero al polinomio omogeneo ∂F∂Xl

da

∂G∂Xl

(p) = 2(n− 1) ∂F∂Xl (p) (l = 0, 1, 2). (1.49)

La (1.48) e la (1.49) permettono di concludere che P e un punto regolare (risp.singolare) per Γ esattamente quando e un punto regolare (risp. singolare) perΩP (Γ) con tangente

TP (G) := V(∑2

i=0Xi∂G∂Xi

(p))

= V(

2(n− 1)∑2i=0Xi

∂F∂Xi

(p))

= TP (Γ). 2

La Proposizione 37 giustifica adesso le seguente

Page 37: Geometria proiettiva - unipa.it

37

Definizione 38 . Sia P un punto singolare di Γ. Se le derivate parziali ∂2F∂Xi∂Xj

(p)

(i, j = 0, 1, 2) non sono tutte nulle, e quindi la conica ΩP (Γ) e ben definita, alloraP e detto un punto doppio di Γ. In particolare P si dice un nodo se la conicaΩP (Γ) (1.46) e una conica semplicemente degenere cioe se esistono precisamentedue rette per P che hanno molteplicita maggiore di 2 con Γ in P (le cosiddettetangenti principali a Γ in P ), una cuspide se ΩP (Γ) e una conica doppiamentedegenere cioe se c’e precisamente una retta (la tangente principale a Γ in P ) cheha molteplicita maggiore di 2 con Γ in P 44.

Osservazione 39 . Se tutte le derivate parziali seconde di F si annullano in p,allora l’identita di Eulero applicata a ciascun polinomio ∂F

∂Xj, j = 0, 1, 2, da

(n− 1) ∂F∂Xj =∑2i=0Xi

∂∂Xi

(∂F∂Xj

)=∑2i=0Xi

∂2F∂Xi∂Xj

,

identita che garantiscono l’annullarsi anche di tutte le derivate parziali prime,cioe P e in ogni caso un punto singolare. Nascono in questo caso tutta unaserie di definizioni, legate all’annullarsi o meno in p anche delle derivate d’ordinesuperiore, casi che crescono al crescere del grado n di Γ. Ci limitiamo a definire Ppunto triplo se tutte le rette per P hanno con Γ molteplicita d’intersezione almeno3 in P , che equivale all’annullarsi in p di tutte le derivate parziali seconde di F .

In tal caso se Q sta sulla cubica (osculatrice)

ΛP (Γ) := V(∑

i,j,kXiXjXk∂3F

∂Xi∂Xj∂Xk(p))

la retta per P e Q ha in P molteplicita d’intersezione almeno 4 come si evinceguardando la (1.44). Se Γ e una cubica avente in P un punto triplo la (1.44) si

44Nel caso di un campo non algebricamente chiuso, per esempio k = R, c’e una terza even-tualita che va considerata e cioe che la conica (1.46) abbia per sostegno il solo punto P . In talcaso il punto singolare P viene detto un nodo isolato.

Page 38: Geometria proiettiva - unipa.it

38 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

riduce a

f(t) = t3

6

∑2i,j,k=0 qiqjqk

∂3F∂Xi∂Xj∂Xk

(p) (1.50)

e si vede che se Q ∈ ΛP (Γ) la (1.50) diventa un’identita soddisfatta da ogni t,cioe la retta per P e Q e interamente contenuta in Γ, ovvero Γ si sostiene su trerette per P (non necessariamente distinte) visto il suo grado.

In virtu dell’Osservazione 39, se P e un punto regolare di Γ, allora sia la rettaTP (Γ) (1.41) che la conica ΩP (Γ) (1.46) sono ben definite. La Proposizione 37 cidice che in tal caso Γ e ΩP (Γ) condividono la stessa tangente TP (Γ). Se ΩP (Γ)e degenere, TP (Γ) e contenuta in ΩP (Γ) e il polinomio (1.38) ci dice che TP (Γ)ha in tal caso molteplicita d’intersezione maggiore di 2 con Γ in P , cioe P e unpunto di flesso secondo la seguente

Definizione 40 . Un punto regolare P di Γ e detto un punto di flesso se latangente TP (Γ) ha molteplicita d’intersezione k > 2 con Γ in P 45.

Un esempio che rientra nella precedente definizione si ottiene con la cubicaV(X3 − XZ2 − Y 2Z) che non presenta singolarita ed ha in P = [0 : 1 : 0] unpunto regolare con tangente V(Z) che ha con la cubica molteplicita d’intersezione3 in P .

Dunque, se P e regolare e ΩP (Γ) e degenere, P e un punto di flesso. Ma valeanche il viceversa. Se P e di flesso la tangente TP (Γ) ha molteplicita d’intersezionealmeno 3 con Γ in P : guardando il polinomio (1.38) vediamo che cio significa chele coordinate [q0 : q1 : q2] di ogni punto Q appartenente a TP (Γ) devono soddisfareanche l’equazione di ΩP (Γ), cioe TP (Γ) deve essere contenuta in ΩP (Γ) cosiccheΩP (Γ) e degenere 46.

Riassumendo ci sono due tipi di punti P di Γ per cui ΩP (Γ) e una ben definitaconica degenere: i punti singolari doppi ed i flessi.

45L’intero k − 2 e detto il tipo del flesso P .46In questo caso pero, non potendo essere P un punto singolare, ΩP (Γ) deve essere una conica

semplicemente degenere che si sostiene in due rette, di cui una e la tangente TP (Γ), che nons’intersecano in P .

Page 39: Geometria proiettiva - unipa.it

39

Come ogni conica, anche ΩP (Γ) si definisce mediante una matrice simmetricache nel caso di ΩP (Γ) e la matrice hessiana

∂2F∂X0∂X0

(p) ∂2F∂X0∂X1

(p) ∂2F∂X0∂X2

(p)∂2F

∂X1∂X0(p) ∂2F

∂X1∂X1(p) ∂2

∂X1∂X2(p)

∂2F∂X2∂X0

(p) ∂2F∂X2∂X1

(p) ∂2F∂X2∂X2

(p)

. (1.51)

Si puo quindi concludere che P e un punto singolare doppio, o un punto di flesso,esattamente quando la matrice hessiana (1.51) e non nulla ed ha determinante0, ovvero appartiene alla curva hessiana V(HF ) di V(F ) = Γ, cioe alla curva digrado 3(n− 2) 47 definita dal polinomio

HF (X0, X1, X2) := det

∂2F

∂X0∂X0

∂2F∂X0∂X1

∂2F∂X0∂X2

∂2F∂X1∂X0

∂2F∂X1∂X1

∂2F∂X1∂X2

∂2F∂X2∂X0

∂2F∂X2∂X1

∂2F∂X2∂X2

.

Osservato che appartengono a V(HF ) anche i rimanenti punti singolari, cioe quel-li che annullano tutte le derivate parziali seconde di F , possiamo enunciare ilseguente

Teorema 41 . Se V(F ) e una curva di grado n ≥ 3, i punti comuni a V(F ) ealla sua hessiana V(HF ) sono precisamente i punti singolari ed i punti di flessodi V(F ).

Osservazione 42 . Un teorema dovuto a Bezout, che non dimostriamo, stabilisceche se il campo k e algebricamente chiuso due curve algebriche del piano proiettivodi coordinate in k hanno almeno un punto in comune 48. In virtu del Teorema 41cio implica che una curva di grado n ≥ 3 ha almeno un punto singolare, oppureun punto di flesso.

47Ovviamente per rette e coniche non c’e una curva hessiana.48Abbiamo gia osservato cio nel caso in cui una delle curve sia una retta (cfr. la nota 37 a pie

di pagina).

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40 CAPITOLO 1. GEOMETRIA PROIETTIVA

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Capitolo 2

Topologia generale

Intorni sferici in uno spazio metrico. Uno spazio metrico e semplicementeuna coppia (X, d) costituita da un insieme non vuoto X e da una metrica, cioeuna funzione d : X ×X → R, detta anche distanza, che soddisfa le condizioni

• d(x, y) ≥ 0, d(x, y) = 0⇐⇒ x = y (positivita);• d(x, y) = d(y, x) (simmetria);• d(x, y) + d(y, z) ≥ d(x, z) (triangolarita);

∀x, y, z ∈ X. L’esempio classico di spazio metrico e lo spazio euclideo En che hasostegno in Rn con metrica

εn : (x, y) 7−→√∑n

i=1

(xi − yi

)2,

dove si e posto x =(x1, x2, . . . , xn

)e y =

(y1, y2, . . . , yn

)1.

Ogni insieme non vuoto X puo essere dotato di una metrica; la piu sempliceda introdurre e la metrica discreta:

δ(x, y) =

0, se x = y;1, se x 6= y.

2

Definizione 43 . In uno spazio metrico (X, d) un intorno sferico di centro p ∈ Xe raggio r ∈ R+ e il sottoinsieme

Bd(p, r) =x ∈ X : d(p, x) < r

di X.

Osservazione 44 . L’aggettivo ”sferico” e suggerito dagli intorni sferici di E3 chesono parti interne di sfere, ma gia in E1 questa ”rotondita” degli intorni sfericinon sussiste, essendo in tal caso Bε1(p, r) l’intervallo aperto ] p − r, p + r[ di R.Ancor piu distanti dall’idea di sfera sono gli intorni sferici di uno spazio metricodiscreto: si riducono o ai singoli punti (quelli di raggio ≤ 1) o coincidono conl’intero spazio (quelli di raggio > 1).

1Osserviamo che ε1(x, y) = |x− y| per ogni coppia di numeri reali x e y.2La positivita e la simmetria di δ sono evidenti. Per la triangolarita si osservi che non

e possibile che sia δ(x1, x2) + δ(x2, x3) = 0 e δ(x1, x3) = 1 perche questo porterebbe allacontraddizione x1 = x2 = x3 6= x1.

41

Page 42: Geometria proiettiva - unipa.it

42 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Decisamente ”non rotondi” sono gli intorni sferici determinati dalla seguentemetrica µn definibile in Rn:

µn : (x, y) 7−→ max|xi − yi|i=1,2, ... ,n3.

Per questa metrica l’intorno sferico di centro p = (p1, p2, . . . , pn) e raggio r e

Bµn(p, r) =x ∈ Rn : |pi − xi| < r, i = 1, 2, . . . , n

,

ovvero consiste dei punti che stanno all’interno dell’(iper-)cubo di Rn di centro pe lato 2r.

Sono immediate le inclusioni

Bµn

(p, r√

2

)⊂ Bεn(p, r) ⊂ Bµn(p, r). (2.1)

Vi sono metriche in cui gli intorni sferici hanno legami piu forti della (2.1).Infatti, ad ogni metrica d definita su un insieme X ne resta associata un’altra,che denotiamo con d, definita su X dalla relazione

d(x, y) :=d(x, y)

1 + d(x, y). (2.2)

3Chiaramente µ1 = ε1. Per n > 1 invece, posto |xm − zm| := max|xi − zi|i=1,2, ... ,n, conla notazione consolidata in questa sezione possiamo scrivere

µn(x, z) = |xm − zm| ≤ |xm − ym|+ |ym − zm|≤ max|xi − yi|i=1,2, ... ,n + max|yi − zi|i=1,2, ... ,n

= µn(x, y) + µn(y, z).

Page 43: Geometria proiettiva - unipa.it

43

d e palesemente definita positiva e simmetrica perche tale e d. Per la proprietatriangolare, osserviamo che la diseguaglianza

d(x, y)

1 + d(x, y)+

d(y, z)

1 + d(y, z)≥ d(x, z)

1 + d(x, z)

puo essere riscritta nella forma

d(x, y)(1 + d(y, z)

)(1 + d(x, z)

)+ d(y, z)

(1 + d(x, y)

)(1 + d(x, z)

)≥ d(x, z)

(1 + d(x, y)

)(1 + d(y, z)

)e semplificando

d(x, y) + d(y, z) + 2d(x, y)d(y, z) + d(x, y)d(y, z)d(x, z) ≥ d(x, z),

una disuguaglianza certamente vera perche la proprieta triangolare vale per lametrica d e la quantita 2d(x, y)d(y, z) + d(x, y)d(y, z)d(x, z) a primo membro ecertamente non negativa.

Il legame tra gli intorni di questa metrica d e gli intorni della metrica d e ilseguente

Bd(p, r) =

X, se r ≥ 1;

Bd

(p, r

1−r

), se r < 1;

4 (2.3)

Bd(p, s) = Bd

(p, s

1+s

)5. (2.4)

Un aperto di uno spazio metrico (X, d) e un sottoinsieme di X che si ottienecome unione di intorni sferici. In particolare sono aperti l’insieme vuoto (unione di0 intorni sferici) e X (unione di tutti gli intorni sferici). Chiaramente rientra nelladefinizione di aperto ogni singolo intorno sferico. Un intorno sferico, pero, puoanche essere ottenuto come unione d’intorni sferici piu piccoli; piu precisamente

Proposizione 45 . Per ogni punto q di un intorno sferico Bd(p, r) esiste unnumero reale positivo s tale che Bd(q, s) ⊆ Bd(p, r).

Dimostrazione. Infatti, per 0 < s ≤ r − d(p, q) e x ∈ Bd(q, s) si ha

d(q, x) < s ≤ r − d(p,q)⇒ d(p, q) + d(q, x) < r ⇒ d(p, x) < r ⇒ x ∈ Bd(p, r). 2

4Se r < 1, si ha x ∈ Bd(p, r)⇐⇒ d(p,x)1+d(p,x)

< r ⇐⇒ d(p, x) < r1−r ⇐⇒ x ∈ Bd

(p, r

1−r

). Se

invece r ≥ 1, per ciascun x ∈ X e d(p, x) =d(p,x)

1+d(p,x)< 1 ≤ r.

5Si ottiene dalla (2.3) per r = s1+s

.

Page 44: Geometria proiettiva - unipa.it

44 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Osservazione 46 . Se q e un elemento di un aperto A di uno spazio metrico(X, d), allora esiste un intorno sfericoBd(p, r) per cui si ha q ∈ Bd(p, r) ⊆ A percheA e unione d’intorni sferici. La Proposizione 45 asserisce che non e restrittivoassumere p = q.

Osservazione 47 . Puo capitare che metriche diverse definiscano gli stessi aperti.In virtu della (2.3) e della (2.4) e certamente questo il caso di due metriche d ed soddisfacenti la (2.2). Ma anche le metriche µn ed εn di Rn definiscono glistessi aperti perche si puo dimostrare che ogni intorno sferico Bµn(p, r) e unionedi intorni sferici dello spazio euclideo En =

(Rn, εn

)6 e, viceversa, ogni intorno

euclideo Bεn(p, r) e unione d’intorni sferici dello spazio metrico(Rn, µn

)7. Tutto

cio rientra nella seguente Definizione 48.

Definizione 48 . Due metriche definite su uno stesso insieme si dicono equivalentise definiscono gli stessi aperti.

Il concetto di spazio topologico. Chiaramente per la famiglia dei sottoinsie-mi aperti di uno spazio metrico vale la seguente:

Proposizione 49 . L’unione dei membri di una qualsiasi famiglia 8 di aperti eancora un aperto. 2

Ma si puo dimostrare anche che

Proposizione 50 L’intersezione di due aperti e ancora un aperto; conseguen-temente, per induzione, l’intersezione di un numero finito di aperti e ancora unaperto 9.

Dimostrazione. Siano A1 e A2 aperti. Se A1 ∩ A2 = ∅ l’assunto e vero, percui possiamo senz’altro supporre che esiste q ∈ A1 ∩ A2: esistono allora intornisferici Bd(p1, r1) ⊆ A1 e Bd(p2, r2) ⊆ A2 tali che q ∈ Bd(p1, r1) ∩ Bd(p2, r2).L’Osservazione 46 ci assicura che possiamo assumere p1 = q = p2; allora, se rdenota il piu piccolo tra i raggi r1 ed r2, valgono le inclusioni q ∈ Bd(q, r) ⊆ A1∩A2

che ci permettono di concludere che A1 ∩A2 e unione d’intorni sferici. 2

Le Proposizioni 49 e 50 evidenziano proprieta degli aperti e degli intorni sfericidi uno spazio metrico (X, d) che s’inquadrano nella seguente

Definizione 51 . Sia X un insieme non vuoto. Una struttura topologica, o to-pologia, su X e una famiglia non vuota τ di sottoinsiemi di X che soddisfano leseguenti condizioni:

6Infatti, se q ∈ Bµn (p, r), per la Proposizione 45 c’e un intorno Bµn (q, s) ⊆ Bµn (p, r) e perla (2.1) si ha q ∈ Bεn (q, s) ⊆ Bµn (q, s) ⊆ Bµn (p, r).

7Infatti, se q ∈ Bεn (p, r), si ha q ∈ Bµn(q, s√

2

)⊆ Bεn (q, s) ⊆ Bεn (p, r) per un opportuno

raggio s la cui esistenza e garantita dalla Proposizione 45 e dalla (2.1).8Anche di cardinalita infinita.9La proprieta non puo essere estesa ad una famiglia di aperti di cardinalita infinita. Per

esempio la famiglia degli intorni sferici Bε1 (p, r) di E1 di centro p fisso e raggio r variabile echiusa rispetto all’intersezione finita perche Bε1 (p, r1)∩Bε1 (p, r2) ∩ . . . ∩Bε1 (p, rn) = Bε1 (p, r)con r := minrii=1,2, ... ,n, mentre

⋂r∈R+

Bε1 (p, r) = p, che non puo essere un aperto poiche

gli intorni sferici di E1, cioe gli intervalli aperti, non si riducono mai ad un punto.

Page 45: Geometria proiettiva - unipa.it

45

• X e ∅ appartengono a τ ;

• l’unione di un qualsiasi insieme di membri di τ appartiene ancora a τ ;

• l’intersezione di due membri di τ appartiene ancora a τ .

Una base della topologia τ e una sottofamiglia B di τ tale che ogni membro di τe unione di membri di B 10.

Un insieme dotato di una topologia e uno spazio topologico, i membri del-la topologia sono gli aperti dello spazio topologico, prendendo in prestito laterminologia usata in uno spazio metrico.

Dunque gli aperti di uno spazio metrico (X, d) definiscono una topologia di X dicui gli intorni sferici costituiscono una base. Una domanda che sorge spontaneae se ogni topologia definibile su un insieme X e metrizzabile, cioe, se e la famigliadegli aperti di una metrica di X. Vi e una proprieta che discrimina le topologienon metrizzabili; piu precisamente si ha

Proposizione 52 . In uno spazio metrico (X, d) per ogni coppia di elementi di-stinti p1 e p2 di X esistono aperti A1 e A2 tali che pi ∈ Ai e A1 ∩ A2 = ∅(Proprieta di Hausdorff).

Dimostrazione. Si ponga r := d(p1, p2), allora gli intorni sferici Bd(p1,

r2

)e

Bd(p2,

r2

)contengono p1 e p2, rispettivamente, ed hanno intersezione vuota 11.

2

Soddisfare la Proprieta di Hausdorff e dunque una condizione necessaria percheuna topologia sia metrizzabile. Per esempio non ha certamente la Proprieta diHausdorff la topologia banale che si puo definire in ogni insieme non vuoto Xprendendo come aperti solamente i sottoinsiemi ∅ e X.

Le topologie definibili in un insieme X sono parzialmente ordinabili secondola seguente definizione

Definizione 53 . Date due topologie τ1 e τ2 in un insieme X, si dice che τ1 emeno fine di τ2, oppure che τ2 e piu fine di τ1, se ogni aperto della topologia τ1 eanche aperto per τ2.

10Si dice anche che B genera τ . Si osservi che vi sono delle condizioni necessarie affinche unafamiglia B di sottoinsiemi di un insieme X sia una base per una topologia di X: i) l’intero Xdeve ottenersi come unione di membri di B; ii) l’intersezione di due membri di B deve essere

unione di membri di B. E agevole controllare che tali condizioni sono anche sufficienti affinchela famiglia di sottoinsiemi B sia una base per una topologia di X.

11Se esistesse x ∈ Bd(p1,

r2

)∩ Bd

(p2,

r2

)di dovrebbe avere d(p1, p2) ≤ d(p1, x) + d(p2, x) <

r2

+ r2

= r, una evidente contraddizione.

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46 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Poiche ∅ e X sono aperti in quasiasi topologia definibile su un insieme X, latopologia banale e la topologia meno fine che si possa definire su X. All’altroestremo c’e la topologia in cui ogni sottoinsieme di X e un aperto, una topologiache, a differenza di quella banale, e metrizzabile: e la topologia i cui aperti sonoquelli definiti dalla metrica discreta δ 12.

Osservazione 54 . Ovviamente non tutte le topologie sono confrontabili secondola Definizione 53. Per esempio e una topologia per R quella che considera comeaperti propri, cioe diversi da ∅ e R, le ”semirette sinistre” (−∞, a [: tale topologianon e confrontabile con l’altra che considera aperti propri le ”semirette destre”] a,+∞). Palesemente ambedue queste topologie di R non soddisfano la proprietadi Hausdorff e pertanto non possono essere metrizzabili.

La proprieta di Hausdorff, necessaria affinche una topologia sia metrizzabile,non e tuttavia sufficiente per poter definire una metrica che dia gli aperti dellatopologia come mostra il seguente Esempio 55.

Esempio 55 . E un elementare esercizio controllare che gli intervalli [a, b [ costi-tuiscono una base per una topologia τca di R (cfr. nota 10 a pie di pagina).Confrontando questa topologia con la ”topologia euclidea” di R, cioe con la to-pologia corrispondente allo spazio metrico E1, si vede che quella euclidea e me-no fine perche ogni intervallo aperto ] a, b [ si ottiene come unione

⋃a<x<b[x, b [.

Cosı, considerando che quella euclidea soddisfa la Proprieta di Hausdorff in quan-to topologia metrizzabile, quella proprieta e soddisfatta anche dalla topologia τca.Tuttavia, non vi e alcuna metrica su R che produce questa topologia τca. Primadi provare quest’affermazione abbiamo bisogno di un risultato preliminare.

Premesso che un sottoinsieme di uno spazio topologico viene detto denso seogni aperto non vuoto contiene suoi elementi, si ha

Proposizione 56 . Se in uno spazio topologico metrizzabile e presente un sottoin-sieme denso e numerabile di punti, allora lo spazio puo essere generato con unabase numerabile.

Dimostrazione. Siano d la metrica che definisce la topologia dello spazio ed Yil sottoinsieme denso e numerabile di punti ipotizzato. Mostreremo che la famigliad’intorni sferici

B :=Bd(y, q) : y ∈ Y, q ∈ Q+

,

una famiglia di cardinalita numerabile, genera la topologia. Per cio sara sufficientemostrare che ogni intorno sferico Bd(p, r) e unione d’intorni della famiglia B,ovvero che per ogni x ∈ Bd(p, r) c’e un intorno Bd(y, q) ∈ B tale che

x ∈ Bd(y, q) ⊆ Bd(p, r). (2.5)

Sappiamo (cfr. Proposizione 45) che c’e un intorno Bd(x, s) contenuto inBd(p, r) e, poiche Y e denso, c’e almeno un elemento y ∈ Y nell’intorno Bd

(x, s3

).

Se scegliamo q ∈]s3 ,

2s3

[∩Q, vediamo che questi valori di y e q soddisfano la (2.5).

12Infatti, per r < 1 ogni intorno sferico Bδ(p, r) consiste del solo punto p (cfr. Osservazione44) e quindi ogni sottoinsieme di X e aperto per la metrica discreta in quanto unione d’intornisferici. Uno spazio topologico in cui tutti i sottoinsiemi sono aperti e detto uno spazio topologicodiscreto.

Page 47: Geometria proiettiva - unipa.it

47

Infatti, certamente x ∈ Bd(y, q) perche d(x, y) < s3 e q > s

3 ; inoltre, ∀z ∈ Bd(y, q)si ha

d(x, z) ≤ d(x, y) + d(y, z) < s3 + q < s

3 + 2s3 = s,

cioez ∈ Bd(x, s)⇒ Bd(y, q) ⊆ Bd(x, s) ⊆ Bd(p, r). 2

Adesso siamo in grado di dimostrare che la topologia τca non e metrizzabile;supponiamo per assurdo che lo sia. Poiche ciascun intervallo [a, b [ contiene numerirazionali, Q costituisce un sottoinsieme denso e numerabile di numeri reali per latopologia τca e la Proposizione 56 garantisce che questa topologia ha una base Bnumerabile. Allora, per ciascun numero reale x, deve esistere un membro di Bche contiene x ed e contenuto nell’aperto [x,+∞) 13: si denoti questo membrocon Bx. Ponendo

f(x) := Bx,

si ha f(x) 6= f(y) se x < y, tenuto conto che x 6∈ [y,+∞). Dunque f e un’ap-plicazione iniettiva dell’insieme non numerabile R all’insieme numerabile B, unapalese contraddizione. 2

Una topologia puo essere definita anche attraverso i complementari degli aper-ti, i cosiddetti chiusi della topologia 14. Naturalmente affinche una famiglia C disottoinsiemi di un dato insieme X sia la famiglia dei chiusi per una topologiadi X devono essere soddisfatte proprieta complementari a quelle elencate nellaDefinizione 51, precisamente

• X e ∅ appartengono a C;• l’intersezione di un qualsiasi insieme di membri di C appartiene ancora a C;• l’unione di due membri di C appartiene ancora a C.Le proprieta appena elencate sono soddisfatte, per esempio, dalla famiglia dei

sottoinsiemi finiti di qualunque insieme X, a cui aggiungiamo lo stesso X nel casoin cui la sua cardinalita non sia finita 15.

Sottospazı. Dato un insieme X 6= ∅ in cui e stata selezionata una topologiaτ ci chiediamo come siano fatte le sottostrutture dello spazio topologico (X, τ).A tal proposito consideriamo un sottoinsieme proprio Y di X e la famiglia diintersezioni

τY = A ∩ Y : A ∈ τ

in cui prendiamo la porzione di ogni aperto A di τ contenuta in Y . Osserviamoche τY e una topologia di Y , essendo di facile verifica le condizioni richieste dalla

13[x,+∞) si ottiene come unione degli intervalli [x, y [ al variare di y tra i numeri reali maggioridi x.

14Puo capitare che un chiuso sia anche un aperto. E questo il caso di un intervallo [a, b [ perla topologia τca dell’Esempio 55: quell’intervallo e il complementare dell’aperto⊔

x<a

[x, a [⊔b<y

[b, y [.

Osserviamo che in E1 l’intervallo [a, b [ non e ne aperto, ne chiuso.15Ovviamente, se |X| < ∞, la topologia che si va a definire e quella discreta, essendo in

tal caso ogni sottoinsieme di X, oltre che chiuso, anche aperto. Se, invece, X e di cardinalitainfinita, la topologia che si ottiene non e metrizzabile perche non e soddisfatta la proprieta diHausdorff.

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48 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Definizione 51, ovviamente riferite alla coppia (Y, τY ): diremo che lo spazio topo-logico (Y, τY ) ha la topologia di sottospazio di (X, τ), o che (Y, τY ) e un sottospazio(topologico) di (X, τ).

Osservazione 57 . In presenza di un sottoinsieme intermedio tra X e Y , sia

Y ⊆ Z ⊆ X,

Y ha la struttura di sottospazio topologico sia rispetto alla topologia τ di X, siarispetto alla topologia τZ di Z. Poiche per ogni A ∈ τ si ha (A∩Z)∩ Y = A∩ Y ,le due topologie di Y coincidono. Dunque la struttura di sottospazio di Y nondipende dal fatto che noi consideriamo Y sottoinsieme di Z piuttosto che di X.

Se Y e un membro della topologia τ di X, allora τY consiste degli aperti diX contenuti in Y 16. Ovviamente diversa e la situazione se Y 6∈ τ ; per esempio,il sottospazio D1 della retta euclidea E1 che ha sostegno nell’intervallo [−1, 1 ] haper base la famiglia di sottoinsiemi

] a, b [ : −1 < a < b < 1∪

] a, 1] : −1 < a < 1∪

[−1, b [ : −1 < b < 1.

L’analogo di D1 in dimensione superiore e il disco n-dimensionale

Dn :=x ∈ Rn : ||x|| ≤ 1

dello spazio euclideo En, dove ||x|| denota il modulo del vettore x, cioe la distanzache x ha dal vettore nullo.

Altri due sottospazı di En che hanno un ruolo centrale in Topologia sono lapalla n-dimensionale

Bn :=x ∈ Rn : ||x|| < 1

,

che ha sostegno nell’intorno sferico Bεn(0Rn , 1

), e la sfera (n− 1)-dimensionale

Sn−1 :=x ∈ Rn : ||x|| = 1

che ha sostegno nei punti di Dn che non stanno in Bn. E ben noto che l’intervallo[−1, 1 ], sostegno di D1, e un chiuso di E1, ma questo e vero anche per n > 1essendo il complementare del sostegno di Dn in En l’aperto

x ∈ Rn : ||x|| > 1

17.

16Un’affermazione analoga puo essere fatta se Y e un chiuso dello spazio topologico X: i chiusidella topologia τY sono i chiusi della topologia τ contenuti in Y .

17Infatti, per ciascun punto x non appartente a Dn, l’intorno sferico di centro x e raggio ||x||−1non contiene punti di Dn, quindi tale intorno e contenuto nel complementare del sostegno di Dnche, conseguentemente, e unione d’intorni sferici, cioe un aperto.

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49

In realta il sostegno di Dn e il ”piu piccolo” chiuso di En che contiene il sostegnodi Bn in quanto gli intorni sferici aventi centro in un punto di Dn hanno semprepunti in comune con Bn, quindi i punti di Dn sono di aderenza per il sostegno di

Bn secondo le seguenti Definizione 58 e Proposizione 59.

Definizione 58 . Il piu piccolo chiuso di uno spazio topologico X che contiene undato insieme Y di punti di X e detto la chiusura di Y ed e usualmente denotatocon Y . La chiusura di Y e l’intersezione di tutti i chiusi di X che contengono Ye i suoi elementi sono detti d’aderenza per Y .

Proposizione 59. Un punto p di uno spazio topologico X e di aderenza per uninsieme Y di punti X esattamente quando ogni aperto che lo contiene (un ”intornodi p” 18) condivide punti con Y .

Dimostrazione. Sia x un punto di X non di aderenza per Y ; allora x e un

punto di YC, un aperto di X che non interseca Y .

Sia x un punto di X che ammette un intorno U che non interseca Y ; allora UC

e un chiuso di X che contiene Y e quindi contiene Y , che e il piu piccolo chiusoche contiene Y ⇒ U ∩ Y = ∅ ⇒ x 6∈ Y . 2

Scambiando i ruoli tra Dn e Bn si puo verificare agevolmente che i punti di Bndanno il ”piu grande” aperto di En contenuto in Dn, ovvero la sua parte internain accordo con la seguente

Definizione 60 . Il piu grande aperto di uno spazio topologico X contenuto inun dato insieme Y di punti di X e detto la parte interna di Y ed e usualmentedenotato con Y

. La parte interna di Y e l’unione di tutti gli aperti di X contenuti

in Y ed i suoi elementi sono detti punti interni di Y .

Osserviamo infine che i punti della sfera Sn−1 non sono interni ne a Dn (risp.Bn) ne al suo complementare ovvero ne costituiscono la frontiera come specificatodalla seguente Definizione 61.

Definizione 61 . Per un dato insieme di punti Y di uno spazio topologico X lafrontiera ϑ(Y ) di Y e l’insieme di punti di X che non sono interni ne a Y ne alsuo complementare.

Osservazione 62 . Secondo la Definizione 61 la frontiera ϑ(Y ) consiste dei pun-

ti dello spazio topologico X che non stanno nell’unione Y ∪ Y C

, ovvero cheappartengono al complementare di quest’unione: dunque

ϑ(Y ) =(Y∪ Y C

)C. (2.6)

18Col termine ”intorno di un punto p” piu in generale si puo intendere un sottoinsieme di cuip e punto interno secondo la successiva Definizione 60.

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50 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Il secondo membro della (2.6) e equivalente all’intersezione YC ∩

(Y C )C

che si

riscrive come

Y C ∩ Y , (2.7)

ove si tenga conto che il complementare dell’unione degli aperti contenuti in un

dato insieme Z di punti, cioe ZC

, da l’intersezione dei chiusi complementari che

contengono ZC, ovvero ZC

= ZC, e possiamo applicare questo principio sia perZ = Y , sia per Z = Y C. La (2.7) ci dice che la frontiera ϑ(Y ) si puo anche definirecome l’insieme dei punti che sono aderenti sia a Y , sia al suo complementare, maanche come l’insieme dei punti di aderenza di Y che non risultano interni ad Ycome si evince dalle seguenti equivalenze

y ∈ Y C ⇐⇒ y 6∈ Y CC

=(⋂

chiusi contenenti Y C)C

=⋃

aperti contenuti in Y .

Equivalenza topologica. Anche in Topologia, come in qualunque altro ambitomatematico, e centrale il problema di stabilire quando due strutture sono equiva-lenti. Date due strutture topologiche, si tratta di vedere se vi e la possibilitad’identificare una con l’altra, cioe, di stabilire una corrispondenza biunivoca trai punti delle due strutture che induca una corrispondenza biunivoca tra i loroaperti 19 cosicche, identificando gli elementi corrispondenti, sia punti che aperti,le due strutture coincidono. La Definizione 63 formalizza questo concetto.

Definizione 63 . Un omeomorfismo tra due spazı topologici X1 e X2, con to-pologia τ1 e τ2 rispettivamente, e una funzione invertibile h : X1 X2 taleche

h(A1) ∈ τ2 ∀A1 ∈ τ1 (2.8)

e

h−1(A2) ∈ τ1 ∀A2 ∈ τ2. (2.9)

La condizione (2.8) si esprime dicendo che h e una funzione aperta, mentre per la(2.9) si utilizza l’espressione h e una funzione continua.

Osservazione 64 . La definizione di funzione continua (risp. aperta) puo esseredata anche per funzioni non necessariamente invertibili. Un omeomorfismo e inve-ce una funzione invertibile che risulta continua e aperta, cosı come lo deve esserela sua funzione inversa. Si noti che una funzione continua puo essere definita an-che come una funzione che trasforma i chiusi del codominio in chiusi del dominio,ove si tenga conto che, con la notazione della Definizione 63, vale la relazione

h−1(AC

2

)=(h−1A2

)Cper ciascun A2 ∈ τ2. Una funzione aperta, invece, non puo essere definita comeuna funzione che trasforma i chiusi del dominio in chiusi del codominio. Peresempio, la proiezione π : E2 → E1 sulla prima componente, cioe π(x1, x2) = x1,e aperta perche trasforma un intorno sferico di E2 in un intorno sferico di E1 20

e quindi trasforma aperti di E2 in aperti di E1. La stessa cosa non puo dirsi pero

19E quindi una corrispondenza biunivoca tra i complementari degli aperti, cioe tra i chiusi.20Precisamente l’immagine in π dell’intorno Bε2

((x1, x2), r

)e l’intervallo ]x1− r, x1+ r [ .

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51

per i chiusi di E2: i punti dell’iperbole d’equazione x1x2 = 1 formano un chiusodi E2 21 che viene trasformato da π nell’aperto R∗ := 0C di E1.

Osservazione 65 . L’espressione ”funzione continua” e importata dall’Analisimatematica perche la condizione (2.9) effettivamente esprime il concetto di fun-zione continua in senso classico quando dominio e codominio sono dotati dellatopologia euclidea. Infatti, in presenza di spazı topologici (X ′, T ′) e (X ′′, T ′′),ambedue metrizzabili mediante metriche d′ e d′′ rispettivamente, il fatto che unafunzione h : (X ′, T ′) → (X ′′, T ′′) sia continua puo essere espresso in termini diintorni sferici esattamente come si fa in Analisi Matematica. Infatti, osservato chein questo caso per verificare la continuita di h e necessario e sufficiente verificareche la pre-immagine di un intorno sferico di (X ′′, T ′′) e un membro di T ′ 22, alloraper ciascun punto p ∈ X ′ e per ciascun s ∈ R+ da h−1Bd2

(h(p), s) ∈ T ′ si desumeche p e centro di un intorno sferico Bd1

(p, r) tale che Bd1(p, r) ⊆ h−1Bd2

(h(p), s),che e equivalente a scrivere h (Bd1(p, r)) ⊆ Bd2(h(p), s). Palesemente questa ela condizione che viene utilizzata in Analisi matematica per esprimere la conti-nuita di una funzione vettoriale h : Em → En, ma anche per una funzione ad unavariabile h : E1 → E1, ove si tenga conto che

Bε1(p, r) =]p− r, p+ r

[=x ∈ R : |x− p| < r

e

Bε1(h(p), s

)=]h(p)− s, h(p) + s

[=y ∈ R : |y − h(p)| < s

.

21Costituiscono la pre-immagine del chiuso 1 di E1 nella funzione polinomiale, quindicontinua (cfr. la successiva Osservazione 65), (x1, x2) 7→ x1x2.

22Se h e funzione continua la pre-immagine in h di un intorno sferico di (X′′, T ′′) deve essereaperto in (X′, T ′) perche gli intorni sferici sono aperti. D’altronde che la pre-immagine in hdi un aperto di (X′′, T ′′) e un aperto di (X′, T ′) se tale e la pre-immagine in h di un intornosferico di (X′′, T ′′) segue dall’identita h−1

⋃i∈I Bd2

(qi, si) =⋃i∈I h

−1Bd2(qi, si).

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52 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Quest’osservazione ci permettera nel seguito, in presenza di una funzione condominio e codominio euclideo, di utilizzare gli strumenti dell’Analisi matemati-ca per stabilirne l’eventuale continuita (cfr. ad esempio le dimostrazioni delleProposizioni 66 e 69).

Le proprieta geometriche preservate dagli omeomorfismi e proprio cio di cui sioccupa la Topologia. Diciamo subito che le proprieta metriche di uno spazio nonhanno alcun valore topologico potendosi definire una topologia anche ricorrendo ametriche diverse (cfr. Osservazione 47) 23. La seguente proposizione esalta questoaspetto

Proposizione 66 . Ogni intervallo aperto della retta euclidea e sostegno di unsottospazio omeomorfo a E1.

Dimostrazione. Siano ] a, b [ e ] c, d [ due intervalli aperti della retta euclidea.La funzione lineare a valori reali

h : x 7→ y :=d− cb− a

(x− a) + c

e strettamente crescente avendo derivata prima costantemente positiva. Poichelimx→a+ h(x) = c e limx→b− h(x) = d, h stabilisce una biiezione continua

] a, b [ ] c, d [

con inversa

h−1 : y 7→ b− ad− c

(y − c) + a,

anch’essa continua. Dunque h trasforma aperti di ] a, b [ in aperti di ] c, d [ eviceversa, cioe e un omeomorfismo 24.

Poiche l’essere omeomorfi e chiaramente una relazione d’equivalenza tra spazıtopologici, per transitivita, sara sufficiente esibire un omeomorfismo tra il sotto-spazio B1 che ha sostegno nell’intervallo ]− 1, 1 [ ed E1 per concludere la dimo-strazione. A questo scopo si consideri la funzione con dominio B1

x 7→ y :=

x

1+x , se −1 < x ≤ 0;x

1−x , se 0 < x < 1.(2.10)

Si controlla agevolmente che la (2.10) e una funzione continua strettamente cre-scente, la cui immagine copre tutto R, tenuto conto che limx→−1+ y = −∞ elimx→1− y = +∞. La (2.10) ha dunque un’inversa R → ] −1, 1 [ data dallafunzione continua

y 7→ x =

y

1−y , se y ≤ 0;y

1+y , se y > 0. 2

23Addirittura, utilizzando la metrica (2.2), riusciamo a racchiudere l’intero spazio dentro unintorno sferico, cioe, come si suol dire, lo spazio risulta limitato rispetto a quella metrica.

24Le stesse funzioni h e h−1 possono essere utilizzate per definire omeomorfismi [a, b] [c, d],[a, b [ [c, d [, ]a, b] ]c, d]. Queste equivalenze e l’omeomorfismo [0, 1 [ ] 0, 1] che si puodefinire utilizzando la funzione x 7→ 1 − x, ci permettono di affermare che anche gli intervalli[a, b [ e ] c, d] sono topologicamente equivalenti qualunque siano i valori dei numeri reali a, b, c, d.Nel seguito vedremo che non ci sono altre equivalenze topologiche tra gli intervalli di E1.

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53

Osservazione 67 Per dimostrare la continuita della funzione (2.10) e sufficienteutilizzare gli strumenti dell’Analisi Matematica visto che la topologia coinvolta equella classica della retta euclidea. Tuttavia ”incollare” funzioni continue definitesu domini non disgiunti, ma che restituiscono valori coincidenti sui punti condivisidai domini, e un problema di carattere generale che ha sempre soluzione nel casoin cui quei domini si sostengano su chiusi (o aperti) di uno spazio piu ampio sulquale si vuole estendere la funzione. Il seguente Lemma 68 stabilisce i dettagli dicome procedere per una tale estensione.

Lemma 68 (d’incollamento). Se X =⋃nk=1Xk e un ricoprimento di chiusi di uno

spazio topologico X e fk : Xk → Y k=1,2, ... ,n e una famiglia di funzioni continuetali che fi(x) = fj(x) ∀x ∈ Xi ∩ Xj, allora ponendo f(x) = fk(x) se x ∈ Xk siottiene una ben definita funzione continua X → Y 25.

Dimostrazione. Per ogni chiuso C di Y si ha

f−1C = f−1C ∩X = f−1C ∩(⋃n

k=1Xk

)=⋃nk=1(f−1C ∩Xk)

=⋃nk=1 f

−1k C.

La continuita di fk garantisce che f−1k C e un chiuso del sottospazio Xk e quindi

di X perche Xk e un chiuso di X. Dunque f−1C e unione di un numero finitodi chiusi di X ed e esso stesso un chiuso. In virtu dell’Osservazione 64, possiamoconcludere che f e continua. 2

La Proposizione 66 giustifica l’appellattivo di ”Geometria delle deformazionicontinue” con cui spesso la Topologia e indicata. Vogliamo consolidare questa ideaesibendo due spazı topologici omeomorfi in dimensione piu alta di 1 che possonoessere deformati uno nell’altro con continuita.

Proposizione 69 Il disco n-dimensionale Dn e omeomorfo all’ n-cubo(D1)n

,cioe al sottospazio di En che ha sostegno in

[−1, 1 ]n =

(x1, x2, . . . , xn) ∈ Rn : |xi| ≤ 1, i = 1, 2, . . . , n.

Dimostrazione. Poiche la dimostrazione ha una certa complessita la presente-remo gradualmente discutendo dapprima i casi n = 2 ed n = 3 in modo che poi ilpassaggio al caso generale appaia naturale.

Sia n = 2. Ogni punto del disco D2 appartiene ad almeno uno dei sottoinsiemi

X1 :=

(x1, x2) ∈ D2 : |x1| ≥ |x2|

e X2 :=

(x1, x2) ∈ D2 : |x2| ≥ |x1|.

25Esiste una versione del lemma anche per aperti. In tal caso la decomposizioneX =⊔k∈K Xk

in aperti puo essere fatta con l’insieme indicizzante K di cardinalita qualsiasi.

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54 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

X1 (risp. X2) e un chiuso di D2 perche preimmagine del chiuso [0, 1] di E1

nella funzione continua (x1, x2) 7→ |x1| − |x2|(risp. (x1, x2) 7→ |x2| − |x1|

).

Sia n = 3. Ogni punto del 3-disco D3 giace in almeno uno dei sottoinsiemi

X1 :=

(x1, x2, x3) ∈ D3 : |x1| ≥ |x2| e |x1| ≥ |x3|

;

X2 :=

(x1, x2, x3) ∈ D3 : |x2| ≥ |x1| e |x2| ≥ |x3|

;

X3 :=

(x1, x2, x3) ∈ D3 : |x3| ≥ |x1| e |x3| ≥ |x2|.

X1 e un chiuso perche intersezione dei chiusi

U12 :=

(x1, x2, x3) ∈ D3 : |x1| ≥ |x2|

;

U13 :=

(x1, x2, x3) ∈ D3 : |x1| ≥ |x3|

;

e per motivi analoghi risultano chiusi X2 e X3.

Caso generale. Per k = 1, 2, . . . , n si ponga

Xk :=

(x1, x2, . . . , xn) ∈ Dn : |xk| = max|xi|i=1,2, ... ,n

.

Xk e un chiuso perche si ottiene per intersezione degli n− 1 chiusi

Ukl :=

(x1, x2, . . . , xn) ∈ Dn : |xk| − |xl| ≥ 0

(l 6= k).

In modo perfettamente analogo puo essere dimostrato che

Yk =

(y1, y2, . . . , yn) ∈(D1)n

: |yk| = max|yi|i=1,2, ... ,n

e un chiuso di(D1)n

. Posto x = (x1, x2, . . . , xn) e y = (y1, y2, . . . , yn), siconsideri la funzione

fk : x 7→ y :=

||x|||xk|x , se x 6= 0Rn ;

0Rn , se x = 0Rn ;

che e ben definita su Xk avendosi in tal caso xk 6= 0 se x 6= 0Rn . Al variare di x inXk\0Rn il vettore y e in

(D1)n

perche la sua componente yi e il prodotto di ||x|| exi|xk| , numeri reali ambedue con valore assoluto non superiore a 1. Piu precisamente

y e in Yk perche |xk| = max|xi|i=1,2, ... ,n implica |yk| = max|yi|i=1,2, ... ,n.

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55

Pertanto fk da una funzione vettoriale Xk → Yk che e continua per ciascunx 6= 0Rn

26, ma e continua anche per x = 0Rn poiche si ha limx→0Rn y = 0Rn27.

La funzione

gk : y 7→ x :=

|yk|||y||y se y 6= 0Rn ;

0Rn se y = 0Rn .

fornisce, come si puo agevolmente controllare, una ben definita inversa continuadi fk per cui Xk e Yk sono spazı topologici omeomorfi per ciascun k = 1, 2, . . . , n.Osservato che se x ∈ Xj ∩ Xk allora |xj | = |xk| = max|xi|i=1,2, ... ,n e conse-guentemente fj(x) = fk(x), cosı come gj(y) = gk(y) se y ∈ Yj ∩Yk, possiamo ”in-collare” le funzioni fk e le funzioni gk come suggerito dal Lemma 68 per ottenereun omeomorfismo

Dn (D1)n. 2

Connessione. Nella sezione precedente abbiamo trattato alcune proprieta geo-metriche che non hanno alcun valore topologico. Adesso vogliamo concentrarci suproprieta geometriche che invece hanno rilevanza topologica, come per esempio ilconcetto di connessione.

Definizione 70 . Uno spazio topologico X si dice connesso se non ha una de-composizione X = A1 ∪A2 in due suoi aperti proprı disgiunti 28.

L’idea di uno spazio topologico non connesso e quella di uno spazio che si ”spez-za” in due parti, gli aperti disgiunti A1 e A2. Un esempio di spazio non connessoe quello dell’Esempio 55 che, per ogni numero reale a, presenta la decomposizione

R = (−∞, a [ ∪ [a,+∞)

in due suoi aperti disgiunti, ma anche il sottospazio R∗ di E1 che si spezzanell’unione

R∗ = (−∞, 0 [ ∪ ]0,+∞).

La Proposizione 71 ci dice che la connessione e un invariante per le funzionicontinue.

Proposizione 71 . Sia f : X → Y una funzione continua e suriettiva tra duespazı topologici. Se X e connesso allora anche Y deve essere connesso. Inparticolare la connessione e una proprieta che si conserva per omeomorfismi.

Dimostrazione. Si assuma per assurdo che Y si decomponga nell’unione di-sgiunta Y = A ∪ B di due suoi aperti proprı disgiunti. Allora anche X avrebbela decomposizione X = f−1A ∪ f−1B in due suoi aperti proprı disgiunti. 2

La connessione e una proprieta peculiare di ogni sottospazio della retta eucli-dea che ha sostegno in un intervallo I. Infatti, sia I = (C1 ∩ I) ∪ (C2 ∩ I) per

26Perche sono continue le funzioni componenti x 7→ yi.27Si osservi che quel limite e il vettore nullo di Rn perche y ha modulo ||y|| = ||x||

|xk|||x|| limitato

superiormente, ove si tenga conto che||x|||xk|

=

√∑ni=1

(xixk

)2≤√n e ||x|| ≤ 1.

28Ovvero non e unione di due suoi chiusi proprı disgiunti. Un’altra formulazione equivalentedi spazio connesso e quella di uno spazio topologico privo di sottoinsiemi proprı che risultanosimultaneamente aperti e chiusi.

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56 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

chiusi C1 e C2 di E1 tali che C1 ∩ I 6= ∅ 6= C2 ∩ I e (C1 ∩ I) ∩ (C2 ∩ I) = ∅. Ameno di scambiare gli indici, non e restrittivo suppore l’esistenza di a1 ∈ C1 ∩ Ie a2 ∈ C2 ∩ I con a1 < a2: allora [a1, a2] ⊆ I perche I e un intervallo. Si ponga

Z :=x ∈ ] a1, a2 [ : [a1, x] ⊆ C1

⊆ C1 ∩ I.

L’appartenenza di a1 al complementare di C2 che e un aperto, richiede l’esistenzadi un intervallo ] a1 − r, a1 + r [ contenuto in C C

2 : ovviamente a1 + r < a2 perchea2 ∈ C2, cosicche se b ∈ ] a1, a1 + r [ si ha [a1, b] ⊂ C C

2 ∩ I, quindi [a1, b] ⊂ C1 evediamo che Z non e vuoto: si ponga z := supZ. Chiaramente deve essere z ≤ a2,cioe z ∈ I, e conseguentemente o z ∈ C1, oppure z ∈ C2.

Sia z ∈ C1, allora z 6∈ C2 perche, altrimenti, z e un elemento dell’intersezione(C1 ∩ I) ∩ (C2 ∩ I) che sappiamo essere vuota. Pertanto z e un punto interno alcomplementare di C2, in particolare z < a2, ed esiste un intervallo ] z − s, z + s [contenuto in C C

2 , ma cio contraddice il fatto che z e l’estremo superiore di Z.Sia z ∈ C2, allora z e un punto interno al complementare di C1, in particolare

a1 < z, ed esiste un intervallo ] z − s, z + s [ contenuto in C C1 , ma cio contraddice

nuovamente il fatto che z e l’estremo superiore di Z. Possiamo allora concludereche non e possibile decomporre l’intervallo I nell’unione di due suoi chiusi proprıdisgiunti. Pertanto si puo affermare che

Proposizione 72 . Ogni sottospazio di E1 che ha sostegno in un intervallo 29 econnesso. 2

Definizione 73 . Una componente connessa di uno spazio topologico X e unsottoinsieme di X che sostiene un sottospazio connesso massimale.

La successiva Proposizione 74 ci dice in particolare che le componenti connessedi uno spazio topologico formano una partizione insiemistica dei punti dello spazio.

Proposizione 74 . SiaYjj∈J una famiglia di sottoinsiemi di uno spazio to-

pologico X ciascuno dei quali e sostegno di un sottospazio connesso. Se unadelle componenti Yj interseca le rimanenti, allora anche l’unione Y :=

⊔j∈J Yj e

sostegno di un sottospazio connesso.

Dimostrazione. Sia F un sottoinsieme non vuoto di Y che risulti simultanea-mente aperto e chiuso per la topologia di sottospazio indotta in Y : dobbiamodimostrare che F = Y (cfr. nota 28 a pie di pagina).

29Di qualsiasi tipo: limitato o illimitato, chiuso o aperto, o chiuso da un lato e aperto dall’altro.

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57

F 6= ∅ implica che esiste j0 ∈ J per cui F ∩Yj0 6= ∅. Allora Yj0 ⊆ F perche Yj0e sostegno di un sottospazio connesso di X ed F ∩Yj0 e un sottoinsieme non vuotodi quel sottospazio che risulta simultaneamente aperto e chiuso (cfr. Osservazione57). Sia Y la componente di Y che interseca tutte le rimanenti componenti, alloraF interseca Y cosicche F ∩ Y e un sottoinsieme non vuoto aperto e chiuso delsottospazio connesso che ha sostegno in Y : deve essere Y ⊆ F . Iterando ilragionamento si puo concludere che F contiene tutte le componenti di Y . 2

Ovviamente uno spazio connesso ha una sola componente connessa, mentre ilsottospazio R∗ di E1 ha due componenti connesse: l’insieme R− dei numeri realinegativi e l’insieme R+ dei positivi. In uno spazio discreto invece le componenticonnesse si riducono ai singoli punti perche ogni sottoinsieme e simultaneamenteaperto e chiuso.

Definizione 75 . Uno spazio topologico in cui le componenti connesse si riduconoai singoli punti e detto totalmente sconnesso.

Dunque gli spazı topologici discreti sono totalmente sconnessi cosı come e to-talmente sconnesso lo spazio topologico dell’Esempio 55: se K e un sottospaziocontenente due punti a e b, sia a < b, e c e tale che a < c < b, allora si ha ladecomposizione

K =((−∞, c [ ∩ K

)⊔ ([c,+∞) ∩ K

)di K in due aperti non vuoti e disgiunti, cioe, ogni sottospazio contenente dueelementi non puo essere connesso 30.

Una conseguenza della successiva Proposizione 76 e che il sostegno di unacomponente connessa di uno spazio topologico e un chiuso dello spazio 31.

Proposizione 76 . Se Y e sostegno di un sottospazio connesso di uno spaziotopologico X, allora ogni sottoinsieme Z tale che Y ⊆ Z ⊆ Y e sostegno di unsottospazio connesso di X. In particolare il sottospazio che ha sostegno in Y econnesso.

Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che ogni sottoinsieme non vuoto F di Zche risulti simultaneamente aperto e chiuso in Z deve coincidere con Z. Possiamoscrivere F = A∩Z = C∩Z per qualche aperto A e qualche chiuso C di X. In virtudell’Osservazione 57, F ∩ Y e simultaneamente aperto e chiuso nel sottospazioche ha sostegno in Y : poiche Y sostiene un sottospazio connesso, deve essere oF ∩ Y = ∅, o F ∩ Y = Y .

Sia F ∩Y = ∅. Allora ∅ = (A∩Z)∩Y = A∩Y , cioe, AC e un chiuso contenenteY e conseguentemente contiene la sua chiusura ⇒ A ∩ Y = ∅ ⇒ F = A ∩ Z = ∅,ma stiamo supponendo F 6= ∅.

30Analogamente si prova che ogni insieme K di numeri razionali contenente due elementi a eb ha la decomposizione

K =((−∞, c [ ∩ K

)⊔ (] c,+∞) ∩ K

)per ogni numero irrazionale c compreso tra a e b, cioe, anche il sottospazio Q di E1 che hasostegno nell’insieme dei numeri razionali e totalmente sconnesso. Si noti che a differenza diuno spazio discreto in cui ogni punto e aperto, sia nello spazio topologico dell’Esempio 55, chein Q ogni punto non e un aperto.

31Quindi anche un aperto, se lo spazio ha solo un numero finito di componenti connesse.

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58 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Sia F ∩ Y = Y . Allora

Y = (C ∩ Z) ∩ Y = C ∩ Y ⇒ Y ⊆ C ⇒ Y ⊆ C ⇒ Z ⊆ C ⇒ F = Z. 2

Il successivo Esempio 77 permette d’introdurre concetti di connessioni diffe-renti da quello dato dalla Definizione 70

Esempio 77 (Il pettine e la pulce). Si consideri il sottospazio X del piano eucli-deo E2 con sostegno

Y ∪ Z ∪ p,

dove

Y :=

(x, y) ∈ R2 : x = 1n , n ∈ N∗

, Z :=

(x, y) ∈ R2 : y = 0

e p = (0, 1).

Il sottospazio che ha sostegno in Y ha infinite componenti connesse(le rette d’e-

quazione x= 1n

), ma Y ∪Z sostiene uno spazio connesso in virtu della Proposizione

74. La successione(

1n , 1)n=1,2, ...

di punti di Y converge a p 32 cosicche p e un

punto di aderenza per Y ∪ Z e si vede che la chiusura di Y ∪ Z include tuttii punti di X ed X risulta connesso per la Proposizione 76. Tuttavia, X non e”localmente connesso” nel senso specificato dalla seguente Definizione 78.

Definizione 78. Si definisce sistema fondamentale d’intorni di p (vedi nota 18 apie di pagina) una famiglia d’intorni U = Ujj ∈J di p soddisfacente la condizioneche ogni altro intorno di p deve includere intorni della famiglia U (come si suoldire ”U consiste d’intorni di p piccoli a piacere”). X e localmente connesso inp se esiste un sistema fondamentale d’intorni di p ciascuno dei quali sostiene unsottospazio connesso; X viene detto localmente connesso se e localmente connessoin ogni suo punto.

Gli aperti dello spazio topologico X dell’Esempio 77 che contengono il punto pe non intersecano Z non possono sostenere un sottospazio connesso 33, cioe p nonpuo avere intorni piccoli a piacere ciascuno dei quali e sostegno di un sottospazioconnesso. Ne consegue che X non e localmente connesso in p 34.

32Nel senso dell’Analisi matematica: ogni intorno di p (cfr. Definizione 78) contiene glielementi della successione a partire da un certo indice in poi.

33Le componenti connesse di questi aperti si ottengono dall’intersezione con le retted’equazione x = 1

n.

34Pero lo e nei rimanenti punti.

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Vi e un altro tipo di connessione piu forte di quello dato dalla Definizione 70;precisamente

Definizione 79 . Un cammino in uno spazio topologico X e una funzione conti-nua con dominio il sottospazio di E1 che ha sostegno nell’intervallo [0, 1] e codo-minio X 35. X e connesso per cammini se per ogni coppia di suoi punti x0 e x1

esiste in X un cammino γ tale che γ(0) = x0 e γ(1) = x1. I punti x0 e x1 sonodetti rispettivamente il punto iniziale ed il punto finale del cammino.

Anche la connessione per cammini e una proprieta che si conserva sotto l’azionedi una funzione continua, in particolare un omeomorfismo. Infatti, se f : X → Ye funzione continua tra spazi topologici con X connesso per cammini, allora ancheY lo deve essere: se y0 e y1 sono due punti arbitrariamente scelti in Y e x0 e x1

sono rispettive pre-immagini in f , dunque f(xi) = yi, (i = 0, 1), l’esistenza di uncammino γ : [0, 1]→ X di punto iniziale x0 e finale x1 produce per composizionecon f il cammino f γ : [0, 1]→ Y di punto iniziale y0 e finale y1.

Uno spazio topologico X connesso per cammini e anche connesso secondo laDefinizione 70 in quanto, se γ : [0, 1] → X e un cammino in X, il sottospaziodi X che ha sostegno in γ[0, 1] e connesso per le Proposizioni 71 e 72: due qua-lunque punti di X sono pertanto sempre contenuti in un sottospazio connesso diX e quindi stanno nella stessa componente connessa. Lo spazio topologico del-l’Esempio 77 mostra che esistono spazı topologici connessi che non sono connessiper cammini. Infatti, che in quello spazio non esiste alcun cammino γ tale cheγ(0) = p e γ(1) = q, con q arbitrario punto di X distinto da p, si puo dimostrarecome segue.

Si supponga per assurdo che un tale cammino γ esista e si ponga

T := γ−1p.

Poiche γ e una funzione continua, T e un chiuso in [0, 1], ma mostreremo che eanche un aperto. Infatti, la continuita di γ in un qualunque t ∈ T richiede cheper ogni intorno sferico Bε2(p, r) esista un intervallo ] t− s, t+ s [ con s < t taleche

γ ] t− s, t+ s [ ⊆ Bε2(p, r) ∩X 36.

Se il raggio r dell’intorno sferico non eccede 1, il sottoinsieme γ ] t − s, t + s [ diBε2(p, r) ∩X, in quanto sostegno di un sottospazio connesso, non puo contenere

35Un cammino e spesso detto un arco, anche se questo termine dovrebbe essere riservato adun cammino γ che sia un omeomorfismo [0, 1] γ[0, 1].

36Ovviamente l’intervallo ] t− s, t+ s [ va sostituito con [0, s [ per t = 0.

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60 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

punti di ascissa 6= 0 37 e p e l’unico punto di X con ascissa nulla. Ne deduciamoche γ ] t − s, t + s [ = p e, conseguentemente, ] t − s, t + s [ ⊆ T , cioe T e unsottoinsieme non vuoto dell’intervallo [0, 1] che risulta simultaneamente aperto echiuso, quindi T dovrebbe esaurire l’intervallo [0, 1], ma cio contraddice il fattoche γ(1) = q 6= p. 2

Ovviamente puo essere introdotto il concetto di componente connessa percammini come sottoinsieme che sostiene un sottospazio connesso per camminimassimale e si puo dimostrare agevolmente che anche le componenti connesseper cammini formano una partizione insiemistica 38. L’Esempio 77 mostra che lecomponenti connesse per cammini non sono necessariamente dei chiusi.

Compattezza. Un altro invariante topologico che gioca un ruolo rilevante equello di compattezza. Vi sono piu formulazioni di tale concetto che si equivalgononel caso di spazı topologici metrizzabili, ma andiamo con ordine.

Definizione 80 .

1. Uno spazio topologico X si dice compatto se ogniqualvolta si ricopre X condegli aperti, sono sufficienti un numero finito di essi per ricoprire X 39.

2. Uno spazio topologico X si dice compatto per successioni se ogni succes-sione xnn∈N di suoi elementi ha una sottosuccessione convergente ad unelemento p ∈ X 40.

In generale la compattezza per successioni e utilizzata in spazı di Hausdorff, inparticolare in quelli metrizzabili, dove i punti possono essere separati con intornidisgiunti che assicurano l’unicita dell’eventuale limite di una successione. L’altradefinizione di compattenza e invece piu universale e puo essere utilizzata per ognispazio topologico. Il seguente Teorema 81 ci dice che le due definizioni possonoessere utilizzate indifferentemente nel caso di spazı metrizzabili.

Teorema 81 . Uno spazio topologico metrizzabile e compatto se, e solamente se,e compatto per successioni 41.

37Bε2 (p, r) ∩X, aperto del sottospazio X, contiene il punto p e non interseca Z, quindi nonpuo sostenere un sottospazio connesso che non sia un singolo punto (cfr. nota 33 a pie di pagina).

38Infatti, se a e b sono elementi di uno spazio topologico appartenenti a componenti connesseper cammini distinte, assumendo per assurdo che queste componenti abbiano intersezione nonvuota, sia c un elemento dell’intersezione, devono esistere un cammino α di punto iniziale a epunto finale c ed un cammino β di punto iniziale c e punto finale b: allora

t 7→

α(2t), se t ∈[0, 1

2

];

β(2t− 1), se t ∈[

12, 1];

e, per il Lemma d’incollamento, un cammino di punto iniziale a e punto finale b.39Si potrebbe formulare il concetto di spazio compatto anche in termini d’intersezione di chiusi

prendendo il complementare di tutti i termini che compaiono nella definizione data: uno spaziotopologico e compatto se ogniqualvolta una famiglia di suoi chiusi ha intersezione vuota, esistonoun numero finito di questi chiusi che hanno intersezione vuota.

40Cioe, ogni intorno di p contiene infiniti elementi della succesione xnn∈N.41Per questa ragione in Analisi matematica, che opera in ambiente euclideo, quindi me-

trizzabile, il concetto di spazio compatto viene spesso indicato in termini di compatto persuccessioni.

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61

Dimostrazione. Sia X uno spazio topologico metrizzabile mediante una metri-ca d e si supponga dapprima che X sia compatto. Sia xnn∈N una successionedi elementi di X che, supponiamo per assurdo, non abbia alcuna sottosuccessioneconvergente. Si denoti con Z il sottospazio di X che ha sostegno negli elementidi quella successione. Ogni punto p ∈ X ha allora un intorno sferico Bd(p, r) incui non vi sono elementi di Z, oppure vi e solo p nel caso in cui p sia un elementodi Z 42. Questo significa due cose:

a) ogni punto che non e nella successione xnn∈N e interno al complementaredell’insieme degli elementi della successione, cioe Z ha sostegno in un chiusodi X;

b) ogni punto di Z e isolato, cioe e un sottoinsieme aperto in Z, e quindi Z euno spazio topologico discreto.

Il fatto che Z si sostiene in un chiuso dello spazio compatto X richiede che Zstesso sia compatto 43, ma uno spazio discreto compatto deve necessariamenteavere cardinalita finita 44: cio contraddice il fatto che la successione xnn∈N nonha sottosuccessioni convergenti.

Si supponga, viceversa, che X sia compatto per succesioni e sia U =Ujj∈J

una famiglia di aperti di X che copra tutti gli elementi di X. Proveremo che esisteun numero reale positivo r0 tale che, per ogni x ∈ X, l’intorno sferico Bd(x, r0) econtenuto in qualche membro Uj del ricoprimento U 45.

Si assuma che un tale numero reale positivo r0 non esista: per ciascun interopositivo n c’e allora un xn ∈ X per cui l’intorno sferico Bd(xn,

1n ) non e contenuto

in alcun membro della famiglia U di aperti (altrimenti basterebbe porre r0 = 1n ).

C’e allora una sottosuccessione della successione xnn∈N∗ che converge ad unpunto x ∈ X: per semplicita d’esposizione continueremo a denotare con xnn∈N∗

tale sottosuccessione. Sia U0 un aperto, membro del ricoprimento U , che contienex; allora e possibile scegliere un intero positivo m per cui

Bd(x, 2

m

)⊆ U0.

Poiche limn→+∞ xn = x, l’intorno sferico Bd(x,1m ) contiene tutti gli elementi

della sottosuccessione a partire da un certo indice n0 in poi: ovviamente non erestrittivo assumere n0 > m. Cosı per ogni y ∈ Bd

(xn0

, 1n0

)si ha d(xn0

, y) < 1n0

e si puo scrivere

d(x, y) ≤ d(x, xn0) + d(xn0

, y) < 1m + 1

n0< 2

m ,

42Altrimenti, facendo tendere il raggio r a 0 prendendo r = 1n

, potremmo costruire unasuccessione di elementi di Z convergente a p, ma si sta assumendo che questo non e possibile farlo.In realta quello che realmente serve per dimostrare che la compattezza implica la compattezzaper successioni e che ogni punto p sia chiuso e ammetta un sistema fondamentale d’intorninumerabile qual’e la famiglia degli intorni sferici Bd

(p, 1n

).

43Infatti, se ricopriamo Z con degli aperti, aggiungendo l’insieme degli elementi non apparte-nenti a Z, ricopriamo anche X con degli aperti, e sappiamo che ne bastano una quantita finitaper ricoprire X.

44Perche i singoli punti costituiscono un ricoprimento di aperti da cui non se ne puo toglierealcuno.

45Come si suol dire, gli intorni sferici di raggio r0 costituiscono un ”raffinamento” del ricopri-mento U ; r0 e quello che nella letteratura matematica viene chiamato un numero di Lebesguedi U .

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62 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

cioe y ∈ Bd(x, 2

m

), e quindi Bd

(xn0

, 1n0

)⊆ Bd

(x, 2

m

)⊆ U0: cio contraddice

il fatto che l’intorno sferico Bd(xn0

, 1n0

)non e contenuto in alcun membro del

ricoprimento U .

Dunque esiste un numero reale positivo r0 per cui ogni intorno sferico di raggior0 e contenuto in qualche membro della famiglia di aperti U e questi intorni sfericiricoprono ovviamente X: se dimostriamo che bastano un numero finito di questiintorni sferici per coprire X, basteranno anche un numero finito di membri di Uper coprire X e avremo provato che X e compatto.

Possiamo formare una sequenza y1, y2 . . . di elementi diX come segue: sceglia-mo y1 arbitrariamente; poi prendiamo y2 non appartenente all’intorno Bd

(y1, r0

)e, iterando, sceglieremo yn+1 non appartenente a

⊔ni=1Bd

(yi, r0

). Gli elementi

di questa sequenza, a due a due, hanno una distanza non inferiore a r0 per cuila sequenza deve fermarsi dopo un numero finito di passi 46. Cio significa che unnumero finito di questi intorni sferici di raggio r0 ricopre X. 2

Ambedue le nozioni di compattezza date dalla Definizione 80 si conservanoper continuita; precisamente si ha

Proposizione 82 . Sia f : X → Y una funzione continua e suriettiva.

a) Se X e compatto anche Y e compatto;

b) se X e compatto per successioni anche Y e compatto per successioni.

Dimostrazione di a). Sia Y =⋃j∈J Aj per una data famiglia Ajj∈J di aperti

di Y . Allora X =⋃j∈J f

−1Aj ed esistono un numero finito d’indici j1, . . . , jn ∈ Jper cui si ha X =

⋃nr=1 f

−1Ajr perche X e compatto: conseguentemente Y =⋃nr=1Ajr . 2

Dimostrazione di b). Sia ynn∈N una successione di elementi di Y e, per cia-scun indice n ∈ N, si scelga xn ∈ f−1(yn). Poiche X e compatto per successioni, lasuccessione xnn∈N ha una sottosuccessione convergente ad un elemento p ∈ X.Sia U un intorno di f(p) in Y ; allora la continuita di f garantisce che f−1U eun intorno di p e infiniti elementi della successione xnn∈N devono essere con-tenuti in f−1U : conseguentemente U contiene infiniti elementi della successioneynn∈N. 2

Ogni intervallo aperto ] a, b [ della retta euclidea E1 non sostiene un compattoperche dal ricoprimento

] a, b [ =⋃a<x<y<b ]x, y [

non e possibile estrarne uno finito in quanto l’unione di un numero finito d’inter-valli ]x1, y1 [ , ]x2, y2 [ , . . . , ]xn, yn [ , con a < xi < yi < b per i = 1, 2, . . . , n, daun intervallo aperto che ha per estremo inferiore il minimo degli xi e per estremosuperiore il massimo degli yi, punti ambedue distinti dagli estremi a e b.

Considerazioni analoghe possono essere fatte coi ricoprimenti

[a, b [ =⋃a<y<b [a, y [ e ] a, b] =

⋃a<x<b ]x, b].

46Una eventuale successione con queste caratteristiche non puo avere alcuna sottosuccesioneconvergente.

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63

che permettono di concludere che neanche questo tipo d’intervalli danno sottospazıcompatti di E1. Al contrario il Teorema di Heine-Borel garantisce la compattezzadegli intervalli del tipo [a, b] che per questa ragione, in virtu della Proposizio-ne 82, non possono essere topologicamente equivalenti a sottospazı di E1 che sisostengono su intervalli di tipo diverso 47.

Si e gia osservato altrove (cfr. nota 43 a pie di pagina) che ogni sottospaziodi uno spazio compatto e esso stesso compatto se il suo sostegno e chiuso. Laseguente Proposizione 83 e una sorta di viceversa di questo fatto.

Proposizione 83 . Sia X uno spazio topologico soddisfacente la condizione diHausdorff. Ogni sottospazio compatto di X ha sostegno in un chiuso.

Dimostrazione. Sia Y il sostegno di un sottospazio compatto di X, proveremoche il suo complementare e un aperto di X, ovvero che ogni p 6∈ Y e interno a Y C.

La condizione di Hausdorff assicura che per ogni y ∈ Y ci siano intorni apertiUy di y e Vp(y) di p che non s’intersecano. Ovviamente gli intorni Uy al variare diy ricoprono Y , ma sappiamo che ne bastano un numero finito per questo scopo:siano y1, y2, . . . , yn gli elementi di Y corrispondenti a questi intorni; dunque

Y ⊆⋃ni=1 Uyi .

Allora V :=⋂ni=1 Vp(yi), come intersezione di un numero finito di aperti che con-

tengono p, e un intorno di p che chiaramente non interseca alcuno degli intorniUyi , quindi che non interseca Y . 2

Corollario 84 . Ogni funzione continua con dominio compatto e codominio diHausdorff e una funzione chiusa, cioe una funzione che trasforma i chiusi deldominio in chiusi del codominio.

Dimostrazione. Siano X uno spazio topologico compatto, C un suo chiuso, Yuno spazio topologico soddisfacente la condizione di Hausdorff, f : X → Y unafunzione continua. Allora C sostiene un sottospazio compatto di X ed f(C) e uncompatto di Y in virtu della Proposizione 82. La Proposizione 83 assicura chef(C) e un chiuso di Y . 2

Prodotto topologico. A partire da spazı topologici X1, X2, . . . , Xn aventi to-pologie τ1, τ2, . . . , τn generate da basi B1,B2, . . . ,Bn possiamo definire un nuovospazio topologico, il loro prodotto topologico 48, usualmente indicato con∏n

i=1Xi,

47Per completare il quadro sulle equivalenze topologiche relative ai vari intervalli della rettaeuclidea (cfr. nota 24) a pie di pagina) rimane ancora da stabilire se gli intervalli ] a, b [ e[a, b [ sostengono sottospazı omeomorfi oppure no. La questione puo essere risolta nel seguentemodo: una funzione suriettiva f : [a, b [→ ] a, b [ , da per restrizione una funzione suriettiva] a, b [→ ] a, f(a) [∪ ] f(a), b [ tra un sottoinieme che sostiene un sottospazio connesso di E1 edun sottoinsieme che invece ne sostiene uno sconnesso: la Proposizione 71 esclude che f possaessere continua.

48Il prodotto topologico puo essere definito anche per una famiglia di qualsiasi cardinalita dispazı topologici, ma noi non siamo interessati ad una tale generalizzazione.

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64 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

o semplicemente con X1×X2× . . . ×Xn, che ha sostegno nell’insieme delle n-ple(x1, x2, . . . , xn

), xi ∈ Xi (i = 1, 2, . . . , n), e topologia generata da

B :=A1 ×A2 × . . . ×An : Ai ∈ Bi (i = 1, 2, . . . , n)

49.

Il primo esempio di prodotto topologico∏ni=1Xi che vogliamo presentare e

quello che si ottiene prendendo per ciascun spazio Xi la retta euclidea, cioe(E1)n

:= E1× E1 × . . . × E1 (n volte).

Come puntualizzato nell’Osservazione 47, lo spazio euclideo En ha per base lafamiglia (delle parti interne) degli (iper)-cubi, cioe dei prodotti cartesiani

] a1, b1 [× ] a2, b2 [× . . . × ] an, bn [

conb1 − a1 = b2 − a2 = . . . = bn − an, (2.11)

ciascuno dei quali e anche un aperto di(E1)n

; d’altronde(E1)n

e generato daiprodotti ] a1, b1 [× ] a2, b2 [× . . . × ] an, bn [ non necessariamente soddisfacenti lacondizione (2.11) ed e del tutto evidente che un tale prodotto e unione (nonnecessariamente disgiunta) di (iper)-cubi, cioe

En =(E1)n. (2.12)

Vi sono n funzioni con dominio un prodotto topologico∏ni=1Xi che giocano

un ruolo rilevante in Topologia, sono le cosiddette proiezioni sulle componentiX1, X2, . . . , Xn:

πi :(x1, x2, . . . , xn

)7→ xi (i = 1, 2, . . . , n).

Ciascuna proiezione πi e funzione continua perche la pre-immagine in πi di unaperto Ai di Xi e il sottoinsieme X1× . . .×Xi−1×Ai×Xi+1× . . .×Xn di

∏ni=1Xi

che e facilmente ottenibile come unione di membri della sua base canonica.

Oltre che continua ogni proiezione πi e anche funzione aperta in quanto πiapplica il generico aperto

⋃j ∈J A1j × A2j × . . . × Anj di

∏ni=1Xi all’aperto⋃

j∈J Aij di Xi50.

La (2.12) permette di estendere a qualunque dimensione il risultato dellaProposizione 72. Infatti si ha

49Pertanto gli aperti del prodotto topologico∏ni=1Xi sono i suoi insiemi di punti della forma⋃

j ∈J A1j ×A2j × . . . ×Anj

per qualche insieme di indici J con Aij ∈ Bi. Si osservi che B e effettivamente una base per unatopologia perche l’unione di tutti i prodotti A1×A2× . . . ×An copre tutti i punti di

∏ni=1 Xi,

mentre l’intersezione (A1 ×A2 × . . . ×An

)⋂(B1 ×B2 × . . . ×Bn

)di due membri di B e il prodotto cartesiano

(A1 ∩B1

)×(A2 ∩B2

)× . . . ×

(An ∩Bn

)ottenibile

come unione di membri di B essendo ciascuna componente Ai ∩Bi unione di membri di Bi (cfr.nota 10 a pie di pagina).

50Si e gia dimostrato altrove (cfr. Osservazione 64) che le proiezioni non sono in generalefunzioni chiuse.

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65

Proposizione 85 . Se X1, X2, . . . , Xn sono spazı topologici connessi, anche ilprodotto topologico

∏ni=1Xi lo e. In particolare lo spazio euclideo En e connesso

per ogni intero positivo n.

Dimostrazione. Esaminiamo dapprima il caso del prodotto topologico di duespazı X e Y connessi. Bisogna controllare se dati due qualunque elementi (x1, y1)e (x2, y2) di X × Y vi e un sottospazio connesso che li contiene. Il punto (x1, y1)appartiene al sottospazio X×y1, che e connesso perche palesemente omeomorfoa X, cosı come il punto (x2, y2) appartiene al sottospazio connesso x2×Y ' Y .Poiche (

X × y1)⋂ (

x2 × Y)

= (x2, y1),

la Proposizione 74 assicura che(X×y1

)⋃ (x2×Y

)e un sottospazio connesso

e questo sottospazio contiene sia (x1, y1) che (x2, y2). Adesso la connessione diun prodotto topologico X1 × X2 × . . . × Xn di n > 2 spazı connessi puo essereprovata agevolmente per induzione su n, utilizzando l’equivalenza topologica

X1 ×X2 × . . . ×Xn ' X1 ×(X2 × . . . ×Xn

)51. 2

Vale un analogo della Proposizione 85 per spazı compatti.

Proposizione 86 . Il prodotto topologico di spazı topologici compatti e ancoracompatto.

Dimostrazione. Procederemo anche qui per induzione sul numero degli spazı,cominciando col caso del prodotto topologico di due spazı X e Y .

Sia⋃j∈J(Aj×Bj) un ricoprimento con aperti di X×Y : dobbiamo dimostrare

che ne bastano una quantita finita per coprire lo spazio. Per ciascun x ∈ X ilsottospazio che ha sostegno in x×Y e compatto perche omeomorfo a Y , quindici sono un numero finito d’indici j1(x), j2(x), . . . , jmx(x) ∈ J 52, dipendenti dax, per cui si ha:

x × Y ⊆(Aj1(x) ×Bj1(x)

)∪(Aj2(x) ×Bj2(x)

)∪ . . . ∪

(Ajmx (x) ×Bjmx (x)

).

Si ponga

Ux :=

mx⋂i=1

Aji(x)

51La biiezione(x1, x2, . . . , xn

)7→

(x1, (x2, . . . , xn)

)da un omeomorfismo che rende

equivalenti i due spazı.52L’indice mx sta indicare che il numero di aperti che servono per coprire x×Y e un intero

che dipende da x.

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66 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Al variare di x in X, gli Ux formano un ricoprimento di aperti dello spazio com-patto X, ma ne bastano un numero finito per lo scopo: siano x1, x2, . . . , xt ∈ Xper cui si abbia

X =⋃tk=1 Uxk .

Allora abbiamo il ricoprimento

X × Y =⋃tk=1

⋃mxki=1

(Uxk ×Bji(xk)

)che e costituito da un numero finito di aperti ciascuno dei quali e contenuto inqualcuno degli aperti del ricoprimento iniziale

⋃j∈J(Aj × Bj): questi aperti del

ricoprimento iniziale, essendo piu grandi, ricoprono a loro volta X × Y e sonoanch’essi in numero finito. Si puo adesso passare al caso generale procedendo perinduzione come fatto per la dimostrazione della Proposizione 85. 2

Con la Proposizione 69 abbiamo stabilito l’equivalenza topologica tra Dn edil sottospazio di En che ha sostegno nel prodotto cartesiano [−1, 1 ]n di n copiedell’intervallo [−1, 1 ]. Poiche [−1, 1] e il sostegno di D1, [−1, 1 ]n e il sostegno di(D1)n

cosicche, tenuto conto della (2.12), abbiamo l’equivalenza topologica Dn '(D1)n

che giustifica il simbolo usato nella Proposizione 69 per quel sottospazio diEn. La Proposizione 86 permette cosı di affermare che

Corollario 87 . Il sottospazio Dn di En e compatto.

Osservazione 88 . Sappiamo che Dn ha per sostegno la chiusura in En del-l’intorno sferico Bεn(0Rn , 1), ma Dn e topologicamente equivalente alla chiu-sura di un qualunque altro intorno Bεn(p, r) perche questi intorni sono tuttitra loro omeomorfi. Infatti, la ”traslazione” x 7→ x − p da un omeomorfismoBεn(p, r) Bεn(0Rn , r), mentre la ”dilatazione” x 7→ 1

rx permette di definire unomeomorfimo tra gli intorni Bεn(0Rn , r) e Bεn(0Rn , 1).

Osservazione 89 . La precedente Osservazione 88 puo essere utilizzata per di-mostrare la validita del Teorema di Heine-Borel anche in dimensione > 1. Infatti,un insieme K di punti di En limitato e contenuto in un intorno sferico di raggiosufficientemente grande e quindi e contenuto nella sua chiusura che, in virtu della

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precedente Osservazione 88, sostiene un sottospazio compatto. Se oltre ad esserelimitato K e anche chiuso, allora K sostiene un sottospazio compatto di En (cfrNota 43 a pie di pagina). D’altronde ogni sottospazio compatto di En deve averesostegno chiuso in virtu della Proposizione 83 e non puo essere illimitato perchealtrimenti gli intorni sferici darebbero un ricoprimento di aperti da cui non se nepotrebbe estrarre alcuno finto. A tal proposito vogliamo sottolineare il fatto che,nonostante le proprieta metriche non abbiano alcun valore topologico (cfr. Osser-vazione 47), i compatti di En vengono caratterizzati dal Teorema di Heine-Borelcon l’ausilio di una condizione metrica.

Un altro sottospazio compatto di En che riveste un ruolo di primo piano inTopologia e la sfera (n − 1)-dimensionale Sn−1 che ha sostegno nella frontieradell’intorno sferico Bεn(0Rn , 1) 53. Ovviamente puo essere eseguito il prodottotopologico tra piu sfere, anche di dimensioni diverse, ottenendo un ulteriore spaziocompatto. Tra questi quello piu importante e il toro n-dimensionale ottenuto dalprodotto topologico di n copie di S1, in simboli

Tn := S1× S1× . . . × S1 (n volte).

Si tratta di uno spazio topologico identificabile mediante le coordinate con un sot-tospazio di E2n 54, quindi uno spazio che per n > 1 ”vive” in una dimensione chenon e congeniale per la nostra visione geometrica. Tuttavia, il toro T2 ha un’im-magine omeomorfa in E3 che ci illumina sul suo aspetto topologico; concluderemoquesto paragrafo descrivendo questo modello tridimensionale di T2.

Si consideri in E3 descritto in coordinate (x, y, z) il sottospazio Ξ che ha soste-gno nella ”ciambella” ottenuta facendo ruotare attorno all’asse z la circonferenzaΓ del piano y = 0 di centro (2, 0, 0) e raggio 1, cioe

Γ :=

(a, 0, c) ∈ E3 : (a− 2)2 + c2 = 1

55.

I punti di Ξ si distribuiscono su circonferenze giacenti su piani paralleli al pianoz = 0 con centro sull’asse z e passanti per qualche punto di Γ. Sia Λ una di questecirconferenze e siano z = z0 il piano che la contiene e q = (a, 0, z0) il punto di Γper cui passa Λ: dunque

(a− 2)2 + z20 = 1. (2.13)

53La frontiera di un sottoinsieme e intersezione di due chiusi, quindi e un chiuso. Nel caso diSn−1 si tratta di un chiuso contenuto nello spazio compatto Dn.

54Ma anche di Cn, ove si doti il sostegno R2 del campo dei numeri complessi della topologiaeuclidea.

55Si noti che i punti di Γ hanno tutti l’ascissa a ≥ 1.

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68 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Allora Λ ha centro c = (0, 0, z0) e raggio pari alla distanza a ≥ 1 (cfr nota 55 apie di pagina) che intercorre tra i punti q e c : pertanto le coordinate (x0, y0, z0)di un generico punto di Λ soddisfano l’equazione x2

0 + y20 = a2, cioe

a =√x2

0 + y20 . (2.14)

La (2.13) e la (2.14) allora ci dicono che i punti di Ξ sono quelli le cui coordinate(x, y, z) soddisfano l’equazione(√

x2 + y2 − 2)2

+ z2 = 1. (2.15)

Un omeomorfismo Ξ T2 si definisce attraverso la funzione

f : (x, y, z) 7→(√

x2 + y2 − 2, z, x√x2+y2

, y√x2+y2

)che e ben definita sui punti di Ξ perche la (2.15) assicura che

√x2 + y2 6= 0 e

la stessa condizione (2.15) garantisce che f(x) ∈ T2 ∀x ∈ Ξ. Poiche il dominioed il codominio di f sono sottospazı euclidei, f e funzione continua essendo talile funzioni componenti. Si puo infine controllare agevolmente che la funzionecontinua

g : (a, b, c, d) 7→((a+ 2)c, (a+ 2)d, b

)e l’inversa di f 56.

Compattificazione di uno spazio topologico. Vi e un procedimento dovutoa Pavel S. Alexandrov che permette di rendere compatto un dato spazio topologico(S, τ) con la semplice aggiunta di un punto, usualmente indicato con∞. Si trattadi aggiungere alla topologia τ ulteriori aperti, ciascuno dei quali contiene il nuovopunto ∞, in modo da ottenere una topologia τ che renda S := S ∪ ∞ unospazio topologico compatto di cui S e sottospazio. La costruzione di τ si ispiraa quella che nella letteratura matematica viene chiamata proiezione stereograficache spiegheremo qui di seguito.

Si considerino la sfera n-dimensionale Sn, che ricordiamo e un sottospazio diEn+1, il suo punto N = (1, 0, . . . , 0) e si denoti con Σ il sostegno di Sn privato diN , cioe

Σ =(x0, x1, . . . , xn

)∈ Rn+1 :

∑ni=0 x

2i = 1 6= x0

.

Per ciascun punto p = (p0, p1, . . . , pn) ∈ Σ la retta p+N , congiungente p ed N ,interseca l’iperpiano Ω d’equazione x0 = 0 nel punto q = (0, q1, . . . , qn) con

qj =pj

1−p0per j = 1, . . . , n 57.

56Si noti che g(a, b, c, d) ∈ Ξ perche (a, b, c, d) ∈ T2 richiede le condizioni a2 +b2 = c2 +d2 = 1.57Le coordinate dei punti della retta p+N si ottengono al variare del parametro t ∈ R dalle

equazioni x0 = 1 + t(p0 − 1);xj = tpj , per j = 1, 2, . . . , n;

e quelle del punto (p+N)∩Ω si ottengono per il valore di t che risolve l’equazione 1+t(p0−1) = 0,cioe per t = 1

1−p0.

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69

Abbiamo cosı la funzione vettoriale(p0, p1, . . . , pn

)7→(

0, p1

1−p0, . . . , pn

1−p0

)(2.16)

una funzione con componenti razionali che risulta quindi continua come funzionetra i sottospazı euclidei che hanno sostegno in Σ ed Ω. La (2.16) ha un’inversaperche per ogni punto q = (0, q1, . . . , qn) ∈ Ω la retta q + N interseca Σ in ununico punto p = (p0, p1, . . . , pn) con p0 =

∑ni=1 q

2i−1∑n

i=1 q2i+1

;

pj =2qj∑n

i=1 q2i+1

, j = 1, 2, . . . , n;

58

cioe la (2.16) ha per costruzione l’inversa

(0, q1, . . . , qn) 7→(∑n

k=1 q2k−1∑n

k=1 q2k+1

, 2q1∑nk=1 q

2k+1

, . . . , 2qn∑nk=1 q

2k+1

),

un’altra funzione con componenti razionali. Si puo pertanto concludere che Σ edΩ sostengono spazı topologici omeomorfi.

Poiche lo spazio topologico che ha sostegno in Ω e palesemente omeomorfo adEn, possiamo affermare che la (2.16) fornisce un omeomorfismo tra il sottospaziodi Sn che si ottiene privando Sn del suo punto N ed En 59.

Capovolgendo il punto di vista, lo spazio compatto Sn si ottiene, topologica-mente parlando, aggiungendo ad En il punto∞ := N . E questa l’idea che conducealla compattificazione di Alexandrov, ma occorre ancora precisare quali siano gli

58Le coordinate dei punti della retta q +N devono risolvere le equazioni parametrichey0 = 1− t,yj = tqj , per j = 1, 2, . . . , n,

e quelli che giacciono in Σ si ottengono per∑ni=0 y

2i = 1, cioe per (1− t)2 +

∑nk=1

(tqk)2

= 1,equazione nella variabile t che si riscrive nella forma

t2(∑n

k=1 q2k + 1

)− 2t = 0.

Il polinomio in t a primo membro ha radici t = 0, da scartare perche da il punto N 6∈ Σ, e

t = 2∑nk=1

q2k

+1

che da il punto (p0, p1, . . . , pn) con p0 =∑nk=1 q

2k−1∑n

k=1q2k

+1e pj =

2qj∑nk=1

q2k

+1per j = 1, . . . , n.

59La cosiddetta proiezione stereografica di Sn su En dal punto N .

Page 70: Geometria proiettiva - unipa.it

70 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

aperti che contengono∞, ovvero quali sono i sottoinsiemi di Ω che con l’aggiuntadi ∞ diventano aperti del nuovo spazio.

Guardando in Sn vediamo che gli aperti che contengono N sono precisamen-te quei sottoinsiemi che hanno per complementare un compatto perche questisono i chiusi di uno spazio di Haudorff compatto qual e Sn (Proposizione 83).Poiche la proiezione stereografica, in quanto omeomorfismo, determina una biie-zione tra compatti con sostegno in Σ e compatti con sostegno in Ω, gli apertiche contengono ∞ devono essere esattamente quei sottoinsiemi di Ω ∪ ∞ i cuicomplementari sostengono un compatto. Formalizziamo tutto cio per un genericospazio topologico.

Sia X = (X, τ) uno spazio topologico e si ponga X := X ∪ ∞ e τ := τ ∪ τcon

τ :=A ∪ ∞ : A ∈ τ e il suo complementare in X sostiene un compatto 60

.

Teorema 90 . (X, τ) e uno spazio topologico compatto e τ coincide con la topo-logia di sottospazio indotta da τ in X.

Dimostrazione. L’insieme vuoto e gia in τ ⊂ τ , mentre X appartiene a τ inquanto il complementare di X in X, l’insieme vuoto, e banalmente compatto.

Ovviamente l’unione di una famiglia di aperti di X che non contengono ∞e ancora un aperto di X perche τ e una topologia, cosı come e un aperto diX l’intersezione di due aperti di X di cui almeno uno non contiene ∞ perchein tal caso si ottiene un aperto di X. Pertanto, per poter affermare che τ e unatopologia, si deve solo controllare che l’unione di una famiglia di aperti di X di cuialmeno uno contiene ∞ appartiene a τ , che e equivalente a chiedere che l’unionedi un membro di τ con un membro di τ e in τ , e che l’intersezione di due membridi τ appartiene ancora a τ .

Siano A1, A2 ∈ τ con il complementare di A2 in X che sostiene un sottospaziocompatto K di X. Allora il complementare di A1 ∪ A2 in X e l’intersezioneAC

1 ∩AC2 dei complementari di A1 e A2 che e un chiuso del sottospazio K e quindi

sostiene a sua volta un compatto: cio significa A1 ∪(A2 ∪ ∞

)∈ T .

Siano A1, A2 ∈ τ aventi complementari in X che sostengono compatti di X.Allora il complementare di A1 ∩A2 in X e l’unione AC

1 ∪AC2 dei complementari di

A1 e A2: essendo sempre possibile estrarre un ricoprimento di cardinalita finitasia da ogni ricoprimento di aperti di AC

1 che da ogni ricoprimento di aperti di AC2 ,

cio puo essere fatto anche per la loro unione, cioe(A1 ∩A2

)C= AC

1 ∪AC2 sostiene

un compatto di X e conseguentemente(A1 ∪ ∞

)∩(A2 ∪ ∞

)=(A1 ∩A2

)∪ ∞ ∈ τ

e si puo concludere che (X, τ) e uno spazio topologico.

Essendo evidente che la topologia di sottospazio di X coincide con τ , rimaneda dimostrare che la topologia τ e compatta. Per quanto osservato nella nota 39a pie di pagina, sara sufficiente eseguire la seguente verifica: se i membri di unafamiglia C =

Cjj∈J di chiusi di X non hanno alcun elemento in comune, allora

esistono un numero finito di essi che hanno intersezione vuota.

60Se X soddisfa la condizione di Hausdorff e ridondante chiedere che il complementare di Ain X sia un chiuso (Proposizione 83), ma nel caso generale e una richiesta necessaria.

Page 71: Geometria proiettiva - unipa.it

71

La condizione posta sulla famiglia C implica che esiste j0 ∈ J tale che∞ 6∈ Cj0 ,

cioe, il complementare di Cj0 in X sta in τ e conseguentemente Cj0 sostiene unsottospazio compatto di X. Allora la condizione

⋂j∈J Cj = ∅ si riscrive

⋂j∈J\j0

(Cj ∩ Cj0) = ∅,

cioe la famiglia di chiusiCj ∩Cj0

j∈J\j0

di Cj0 ha intersezione vuota e, poiche

Cj0 sostiene un compatto, esistono indici j1, j2, . . . , jn ∈ J per cui si ha

n⋂i=1

(Cji ∩ Cj0) =

n⋂k=0

Cjk = ∅. 2

Osservazione 91 . Una topologia che renda X = X ∪ ∞ compatto con (X, τ)sottospazio non puo essere piu fine di τ perche i chiusi complementari degli apertiche contengono∞, in quanto chiusi di un compatto, devono a loro volta sostenereun compatto, e questi chiusi sono stati presi tutti per ottenere τ .

Spazı quoziente. In presenza di una funzione suriettiva f avente per dominio ilsostegno di uno spazio topologico X e per codominio un insieme in cui non e stataevidenziata alcuna struttura topologica, e sempre possibile rendere il codominiodi f uno spazio topologico Y in modo che f : X → Y e funzione continua: bastaprendere per aperti di Y tutti quei sottoinsiemi la cui pre-immagine in f e unaperto di X, dunque

A e aperto di Y ⇐⇒ f−1A e aperto di X.

E un elementare esercizio verificare che effettivamente in questo modo si e definitauna topologia nel codominio di f , la cosiddetta topologia indotta da f , che e lapiu fine topologia che si puo definire nel codominio di f che la renda continua.

Esempio 92 . Una circostanza in cui s’introduce questo tipo di topologia e quellache si presenta quando e data una relazione d’equivalenza ∼ nel sostegno di unospazio topologico X e si vuole rendere anche l’insieme delle classi d’equivalenzauno spazio topologico. In tal caso e consuetudine prendere come topologia quellaindotta dalla proiezione canonica x 7→ [x]∼, che associa ad ogni elemento x ∈ Xla sua classe d’equivalenza [x]∼; lo spazio topologico che si ottiene, denominatolo spazio quoziente di X modulo ∼ e usualmente indicato con X/∼ , e tale che laproiezione canonica risulta una funzione continua X → X/∼.

L’operazione di ”quozientare” uno spazio topologico con una relazione d’equiva-lenza viene spesso utilizzata quando si vogliono ottenere nuovi spazi topologicicon particolari proprieta, per esempio uno spazio topologico con sostegno lo spa-zio proiettivo Pn(k) quando k e uno dei campi classici Q, . . . ,R,C. Infatti, intal caso, kn+1 ha la struttura di spazio topologico prodotto di n+ 1 copie di k enel sottospazio kn+1∗, che ha sostegno nell’insieme dei vettori non nulli di kn+1,si puo introdurre la relazione d’equivalenza che identifica ogni coppia di vettori

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72 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

linearmente dipendenti: lo spazio topologico quoziente che ne deriva ha allorasostegno nello spazio proiettivo Pn(k) e viene usualmente indicato con kPn 61.

Definizione 93 . Una funzione continua e suriettiva f : X → Y si dice un’identifi-cazione se la topologia di Y e quella indotta da f .

Vediamo di capire quando una funzione continua e suriettiva f : X → Y eun’identificazione. Un sottoinsieme Z di X viene detto f -saturo se soddisfa lacondizione

f−1f(Z) = Z 62.

Proposizione 94 . Una funzione continua e suriettiva f : X → Y e un’identi-ficazione se, e solamente se, f(A) e un aperto di Y ogniqualvolta A e un apertof -saturo di X. In particolare e un’identificazione ogni funzione continua aperta esuriettiva.

Dimostrazione. Si assuma che f sia un’identificazione e sia A un aperto f -saturo di X. Allora l’identita A = f−1f(A) ci dice che f(A) ha pre-immagine inf aperta e quindi che f(A) e un aperto di Y avendo Y la topologia indotta da f .

Si supponga, viceversa, che f(A) e un aperto di Y ogniqualvolta A e un apertof -saturo di X e sia B ⊆ Y un sottoinsieme tale che f−1B e un aperto di X. Alloral’identita f−1f(f−1B) = f−1B ci dice che f−1B e un aperto saturo di X e quindiche B e un aperto di Y . Tenuto conto che la pre-immagine di un aperto di Y e unaperto di X per la continuita di f , si vede che la topologia di Y e proprio quellaindotta da f . 2

Corollario 95 . Sia f : X → Y una funzione suriettiva, continua e chiusa, cioe,che trasforma ogni chiuso di X in un chiuso di Y . Allora f e un’identificazione.

Dimostrazione. Per un sottoinsieme A di punti di X che risulti f -saturo valel’identita f(AC) = f(A)C non avendo f

(AC)

punti in comune con f(A). Nel casoin cui il sottoinsieme f -saturo A sia un aperto di X, quindi AC e un chiuso, siha che f(AC) = f(A)C e un chiuso di Y e, conseguentemente, f(A) e un suoaperto. Dunque f trasforma aperti saturi di X in aperti di Y ed e pertantoun’identificazione in virtu della Proposizione 94. 2

In presenza di funzioni Xf−→ Y

g−→ Z tra spazı topologici di cui f e g fcontinue nulla si puo in generale dire sull’eventuale continuita delle funzione g.Tuttavia, nel caso in cui f e un’identificazione, la continuita di g e garantita dallaseguente Proposizione 96.

Proposizione 96 . Siano f : X → Y un’identificazione e g : Y → Z una funzionetale che la composizione g f : X → Z sia continua. Allora anche g e funzionecontinua.

61Abbiamo dunque gli spazı topologici proiettivi QPn, . . . ,RPn,CPn. Ribadiamo che un sot-toinsieme di punti di kPn e un aperto esattamente quando la sua pre-immagine nella proiezionecanonica

π : (x0, . . . , xn) 7→ [x0 : . . . : xn],

e un aperto del sottospazio kn+1∗ di kn+1.62L’identita ff−1Z = Z e sempre verificata per qualunque sottoinsieme Z di Y , invece non

e sempre vero che f−1fZ = Z per ogni sottoinsieme Z di X. Per esempio, se f : R → R e lafunzione x 7→ x2, si ha f−1f ] 0, 1 [ = ]− 1, 1 [.

Page 73: Geometria proiettiva - unipa.it

73

Dimostrazione. Sia A un aperto di Z: dobbiamo dimostrare che g−1A e unaperto in Y . Certamente f−1

(g−1A

)= (g f)−1A e aperto in X perche la

composizione g f e funzione continua. Poiche la topologia di Y e quella indottada f , si puo senz’altro concludere che g−1A e un aperto di Y . 2

La Proposizione 96 risulta particolarmente utile quando si deve stabilire seuna data funzione f : X/∼→ Y con dominio uno spazio quoziente e codominiouno spazio topologico risulta continua oppure no: la Proposizione 96 ci assicurache basta controllare l’eventuale continuita f π della composizione di f con laproiezione canonica π : X → X/∼. Per esempio, controllare la continuita dellafunzione

[X0 : . . . : Xn] 7→ |Xi|√∑ni=0 X

2i

63 (2.17)

con dominio lo spazio proiettivo kPn e codominio k, equivale a controllare lacontinuita della sua composizione con la proiezione canonica

π : (X0, . . . , Xn) 7→ [X0 : . . . : Xn], (2.18)

ovvero a controllare la continuita della funzione

(X0, . . . , Xn) 7→ |Xi|√∑ni=0 X

2i

,

una funzione notoriamente continua in ambito euclideo.La continuita della funzione (2.17) puo essere utilizzata per stabilire che la

pre-immagine del chiuso 0k di k, cioe l’iperpiano V(Xi), e un chiuso di kPn econseguentemente e un aperto lo spazio affine Πi dei punti [X0 : . . . : Xn] di kPnaventi la coordinata Xi 6= 0k. Pertanto

Proposizione 97 . Il sostegno dello spazio proiettivo kPn e unione degli aper-ti Π0, . . . ,Πn ciascuno dei quali sostiene un sottospazio omeomorfo al prodottotopologico kn.

63Si osservi che la funzione e ben definita avendosi

|Xi|√∑ni=0 X

2i

=|tXi|√∑ni=0(tXi) 2

per ciscun t ∈ k∗.

Page 74: Geometria proiettiva - unipa.it

74 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Dimostrazione. Poiche ogni punto[X0 : . . . : Xn

]∈ Πi ha la coordinata Xi

non nulla, abbiamo l’applicazione biiettiva[X0 : . . . : Xi−1 : Xi : Xi+1 : . . . : Xn

](X0

Xi, . . . , Xi−1

Xi, Xi+1

Xi, . . . XnXi

)(2.19)

che definisce un omeomorfismo tra il sottospazio di kPn che ha sostegno in Πi

ed il prodotto topologico kn. Infatti, la Proposizione 96 garantisce che la (2.19)e continua perche la sua composizione con l’identificazione π : Vi → Πi

64 da lafunzione vettoriale con componenti razionali

(X0, . . . , Xi−1, Xi, Xi+1, . . . , Xn) 7→(X0

Xi, . . . , Xi−1

Xi, Xi+1

Xi, . . . , XnXi

).

Inoltre, l’inversa della (2.19) si ottiene per composizione di π con la funzionecontinua

(y0, . . . , yi−1, yi+1, . . . , yn) 7→ (y0, . . . , yi−1, 1, yi+1, . . . , yn),

ove si tenga conto che[X0

Xi: . . . : Xi−1

Xi: 1 : Xi+1

Xi, : . . . : XnXi

]=[X0 : . . . : Xi−1 : Xi : Xi+1 : . . . : Xn

]. 2

Un doppio utilizzo della Proposizione 96 permette agevolmente di dimostrareun teorema che risulta strategico per ottenere alcuni spazı topologici classici comespazı topologici quoziente.

Teorema 98 . Siano f : X → Y e g : X → Z identificazioni e sia h : Z → Yuna biiezione tale che h g = f . Allora h e un omeomorfismo Z Y .

Dimostrazione. Infatti, h e continua perche g e un’identificazione e la compo-sizione h g = f e continua, e h−1 e continua perche f e un’identificazione e lacomposizione h−1 f = g e continua. 2

Osservazione 99 . Il Teorema 98 trova frequente applicazione nella seguente cir-costanza. Se f : X → Y e un’identificazione ed introduciamo in X la relazioned’equivalenza

x1 ∼ x2 ⇐⇒ f(x1) = f(x2),

allora l’applicazione h che associa alla classe d’equivalenza [x]∼ di x ∈ X l’elemen-to f(x) ∈ Y definisce una ben posta biiezione h tra i punti dello spazio quozienteX/∼ ed i punti di Y tale che h π = f (ma anche h−1 f = π) se π denotala proiezione canonica x 7→ [x]∼: il Teorema 98 allora assicura che h fornisce unomeomorfismo tra lo spazio topologico quoziente X/∼ e lo spazio topologico Y .

Un esempio in cui si applica cio ce lo da la funzione esponenziale

exp(t) := e2πit = cos(2πt) + i sin(2πt) ≡ (cos(2πt), sin(2πt)) 65.

Essendo il suo dominio ed il suo codominio ambedue euclidei e le sue componenticos e sin due classiche funzioni continue della trigonometria, exp e certamente

64In generale la restrizione di un’identificazione non e detto che sia ancora un’identificazione,tuttavia in questo caso lo e perche, essendo Vi un aperto π-saturo di kn+1∗, ogni aperto π-saturodi Vi e anche un aperto π-saturo di kn+1∗ e quindi e trasformato da π in un aperto di Πi.

65Nella letteratura matematica exp denota usualmente la funzione t 7→ et, noi per comoditadi esposizione ne faremo un utilizzo differente.

Page 75: Geometria proiettiva - unipa.it

75

una funzione continua. E ben noto che exp e suriettiva, ma non iniettiva aven-dosi exp(t1) = exp(t2) esattamente quando t1 − t2 ∈ Z. Allora l’Osservazione 99permette di affermare che lo spazio topologico quoziente che ha sostegno nell’in-sieme R/Z delle classi laterali di R modulo Z e omeomorfo ad S1, se si prova cheexp e anche un’identificazione: a questo scopo si puo provare che exp e piu diun’identificazione, e una funzione aperta. Infatti, sia A un aperto di E1 e sia F ilcomplementare di exp(A). Si ha

exp−1 exp(A) =⋃z∈Z(z +A)

e si vede che exp−1 exp(A) e un aperto di E1 perche e aperto ciscun sottoinsiemez + A (le traslazioni sono omeomorfismi), conseguentemente e un chiuso di E1 ilsuo complementare exp−1 F . Poiche per ciascun t ∈ exp−1 F esiste t′ ∈ [0, 1] taleche exp(t) = exp(t′), si ha

F = exp exp−1 F = exp(

exp−1 F ∩ [0, 1]),

cioe F e l’immagine di un chiuso del sottospazio compatto di E1 che ha sostegnonell’intervallo [0, 1] e come tale e un chiuso di S1 in virtu del Corollario 84. Neconsegue che exp(A) e un aperto di S1. Quanto detto si puo anche applicarerestringendo la funzione esponenziale all’intervallo [0, 1]: si ha che identificando 0ed 1 in quell’intervallo si ottiene uno spazio quoziente omeomorfo ad S1.

Un altro modello per lo spazio proiettivo RPn. Nel caso k e il campo R deinumeri reali, vi e un modo alternativo d’introdurre lo spazio proiettivo RPn cheillustreremo qui di seguito. Anzitutto evidenziamo che RPn e spazio topologicocompatto perche immagine continua dello spazio compatto Sn; infatti, un punto[X0 : . . . : Xn] ∈ RPn puo essere rappresentato anche mediante il vettore di Sn(

X0√∑ni=0 X

2i

, . . . , Xn√∑ni=0 X

2i

)(2.20)

perche si puo ottenere il vettore (X0, . . . , Xn) moltiplicando il vettore (2.20) peril modulo

√∑ni=0X

2i di (X0, . . . , Xn), un numero reale certamente non nullo.

Pertanto la proiezione canonica (2.18), con dominio Rn+1∗ e codominio RPn,puo essere ristretta ad una funzione (continua e) suriettiva π : Sn → RPn, ovvero

Teorema 100 . Per ciascun intero positivo n lo spazio proiettivo RPn e compatto.

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76 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Il Teorema 100 ci dice, in virtu dei Corollari 84 e 95, che π : Sn → RPn eancora un’identificazione, ma abbiamo anche un’altra identificazione con dominioSn, quella che applica Sn al quoziente Sn/∼ ottenuto identificando in Sn puntiantipodali:

x ∼ y ⇐⇒ x = ±y.Poiche la pre-immagine in π di un punto proiettivo generato da un vettore x ∈ S1

e data dalla coppia ±x,

[X0 : . . . : Xn] 7→±(

X0√∑ni=0 X

2i

, . . . . . . , Xn√∑ni=0 X

2i

)e una ben posta biiezione tra i punti di RPn ed i punti di Sn/∼ e si puo usarel’argomento dell’Osservazione 99 per concludere che

Teorema 101 . Lo spazio proiettivo RPn e omeomorfo allo spazio quoziente chesi ottiene identificando in Sn ogni coppia di punti antipodali. 2

La retta proiettiva nei casi classici k = R e k = C. S’e visto nel paragrafoprecedente che la retta proiettiva reale RP1 si puo concepire come una circonfe-renza in cui vengono identificati punti diametralmente opposti. Tuttavia per RP1

si puo dire di piu.

Nel piano eucliedo E2 si considerino le circonferenze

Γ := V(x2 + y2 + y)

e∆ := V(x2 + y2 − 1),

ciascuna delle quali sostiene ovviamente un sottospazio di E2 omeomorfo a S1.Come si puo agevolmente verificare, l’applicazione

(x, y) 7→ (−xy,−y2) (2.21)

manda ciascun punto di ∆ in un punto appartenente a Γ 66, ed e suriettiva 67.

66E un buon esercizio verificare che la (2.21) corrisponde alla proiezione dei punti di ∆ su Γattraverso il punto o = (0, 0): infatti, se p = (a, b) ∈ ∆, dunque a2 + b2 = 1, la retta o + pha equazioni parametriche x = ta, y = tb (t ∈ R) ed interseca Γ per i valori di t che risolvonol’equazione (ta)2 + (tb)2 + tb = 0, ovvero l’equazione t2 + tb = 0, cioe t = 0, che da o, e t = −b,che da appunto (−ab,−b2).

67Infatti, si controlla a vista che il punto o = (0, 0) ∈ Γ e immagine dei punti ±(1, 0) di S1,

mentre un punto q = (c, d) ∈ Γ diverso da o e immagine dei punti ±(− c√−d ,√−d)

di S1, ove

si tenga conto che q ha ordinata d negativa.

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77

La (2.21) e funzione continua perche le sue componenti sono polinomi ed il Corol-lario 84 garantisce che trasforma ogni chiuso del sottospazio di E2 che ha sostegnoin ∆ in un chiuso del sottospazio che ha sostegno in Γ, quindi e un’identificazionein virtu del Corollario 95. Abbiamo quindi un’identificazione ρ : S1 → S1 deter-minata dalla (2.21) nella quale due punti del dominio hanno la stessa immagineesattamente quando sono diametralmente opposti. Ne consegue che l’insieme dicoppie ±p di punti di S1 e in corrispondenza biunivoca col codominio di ρ.Poiche lo spazio quoziente che si sostiene nell’insieme di quelle coppie ±p eomeomorfo alla retta proiettiva RP1, quanto puntualizzato nell’Osservazione 99ci permette di affermare che esiste un omeomorfismo S1 RP1.

Dunque RP1 e, al pari di S1, la compattificazione di Alexandrov di E1. Questofatto, tuttavia, non puo essere esportato in dimensione piu alta come ci spiegala Proposizione 2 del Capitolo 1, anche se RPn rimane compatto in qualunquedimensione in virtu del Teorema 101.

Anche lo spazio proiettivo CPn e uno spazio topologico compatto. Infatti, perogni punto

[Z0 : . . . : Zn

]∈ CPn si ha

[Z0 : Z1 : . . . : Zn

]=

[Z 0√∑ni=0 ZiZi

: . . . . . . : Zn√∑ni=0 ZiZi

]con (

Z 0√∑ni=0 ZiZi

, . . . . . , Zn√∑ni=0 ZiZi

)un vettore di Cn+1 (' E2n+2) di modulo 1, cioe, un vettore appartenente adun sottospazio di Cn+1 identificabile con la sfera S2n+1. Pertanto la proiezionecanonica Cn+1∗ → CPn induce una funzione continua e suriettiva S2n+1 → CPne cio implica che CPn sia compatto.

Vista la Proposizione 2 del capitolo 1, la compattezza della retta proiettiva CP1

ci fa chiedere se, come nel caso reale, CP1 e la compattificazione di Alexandrov diC = E2, ovvero se CP1 e uno spazio topologico omeomorfo a S2 che, ricordiamo,e la compattificazione di Alexandrov di E2. Il richiesto omeomorfismo CP1 S2

si ottiene mediante la funzione

[Z0 : Z1] 7→(Z0Z1 + Z1Z0

Z0Z0 + Z1Z1

, iZ0Z1 − Z1Z0

Z0Z0 + Z1Z1

,Z1Z1 − Z0Z0

Z0Z0 + Z1Z1

)(2.22)

che, come si puo controllare a vista, e ben posta. Per la Proposizione 96, la (2.22)e continua perche e continua la funzione C2∗ → S2,

(Z0, Z1) 7→(Z0Z1 + Z1Z0

Z0Z0 + Z1Z1

, iZ0Z1 − Z1Z0

Z0Z0 + Z1Z1

,Z1Z1 − Z0Z0

Z0Z0 + Z1Z1

),

ed e chiusa per il Corollario 95. Bastera provare che la (2.22) e invertibile per poteraffermare che la (2.22) definisce un omeomorfismo CP1 S2. Si puo agevolmentecontrollare che la funzione

(x1, x2, x3) 7→

[0 : 1], se x3 = 1;[1− x3 : x1 + ix2

], se x3 6= 1.

e proprio l’inversa della (2.22) che cerchiamo.

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78 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Varieta topologiche Una classe di spazı topologici che include quelli piu clas-sici e la classe delle varieta topologiche. Una varieta (topologica) di dimensione me uno spazio topologico M provvisto di un atlante, ovvero di un ricoprimento diaperti ciasuno dei quali e dominio di un omeomorfismo avente per immagine unaperto dello spazio euclideo Em (come si suol dire, M e ”localmente euclideo”).Se U e un aperto dell’atlante e se ϕ e un omeomorfismo tra U ed un aperto diEm, la coppia (U,ϕ) viene detta una carta e permette di attribuire ad ogni puntop di U le coordinate del punto ϕ(p) di Em: la coppia (U,ϕ) e come si suol dire unintorno di coordinate locali di p 68.

Se (U1, ϕ1) e (U2, ϕ2) sono carte con U1 ∩ U2 6= ∅ abbiamo le cosiddettefunzioni di transizione ϕ2 ϕ−1

1 e ϕ1 ϕ−12 che danno un omeomorfismo tra gli

aperti ϕ1(U1 ∩U2) e ϕ2(U1 ∩U2) di Em e ci dicono come cambiano le coordinatedi un punto dell’intersezione U1 ∩ U2 passando da una carta all’altra.

Un esempio classico di varieta topologica e la sfera Sm che possiamo ricoprireutilizzando le due carte fornite dalle proiezioni stereografiche dal suo ”polo nord”n := (1, 0, . . . , 0) e dal ”polo sud” s := (−1, 0, . . . , 0); piu precisamente, abbiamole carte

ϕ1 : U1 = p ∈ Sm : p 6= n → Em, (p0, p1, . . . , pm) 7→(

p1

1−p0, p2

1−p0, . . . , pm

1−p0

);

ϕ2 : U2 = p ∈ Sm : p 6= s → Em, (p0, p1, . . . , pm) 7→(

p1

1+p0, p2

1+p0, . . . , pm

1+p0

);

con funzioni di transizione ϕ2 ϕ−11 e ϕ1 ϕ−1

2 definite dalla stessa funzionerazionale

(x1, x2, . . . , xm) 7→(

x1∑mk=1 x

2k, x2∑m

k=1 x2k, . . . , xm∑m

k=1 x2k

)69.

68Nella letteratura matematica e spesso richiesto che una varieta topologica sia uno spazio diHausdorff a base numerabile.

69Le funzioni inverse delle proiezioni stereografiche da n e da s sono rispettivamente

(y1, y2, . . . , ym) 7→(∑m

k=1 y2k−1∑m

k=1y2k

+1, 2y1∑m

k=1y2k

+1, . . . , 2ym∑m

k=1y2k

+1

)e

(y1, y2, . . . , ym) 7→(

1−∑mk=1 y

2k∑m

k=1y2k

+1, 2y1∑m

k=1y2k

+1, . . . , 2ym∑m

k=1y2k

+1

).

Page 79: Geometria proiettiva - unipa.it

79

Un altro esempio classico di varieta topologica e lo spazio proiettivo RPm incui un atlante e costituito dalle m+ 1 carte

(Πi, ϕi

)dove

Πi :=[X0 : X1 : . . . : Xm

]∈ RPm : Xi 6= 0

e ϕi e l’applicazione

ϕi :[X0 : . . . : Xi−1 : Xi : Xi+1 : . . . : Xm

]7→(X0

Xi, . . . , Xi−1

Xi, Xi+1

Xi, . . . , XmXi

).

Nel caso piu semplice della retta proiettiva abbiamo solo due funzioni di transi-zione, ϕ1 ϕ−1

0 e ϕ0 ϕ−11 , che hanno R∗ sia come dominio che codominio e sono

ambedue espresse dalla stessa funzione razionale x 7→ 1x :

yϕ−1

0−−→ [1 : y] =[

1y : 1

]ϕ1−→ 1

y ;

xϕ−1

1−−→ [x : 1] =[1 : 1

x

] ϕ0−→ 1x .

Il numero delle funzioni di transizione ovviamente aumenta notevolmente all’au-mentare della dimensione m, ne abbiamo gia sei per m = 2; per esempio, ϕ1 ϕ−1

0

e la funzione

(x, y)ϕ−1

0−−→ [1 : x : y] =[

1x : 1 : yx

] ϕ1−→(

1x ,

yx

)con dominio e codominio dati dal sottospazio di E2 che ha sostegno nell’insiemedei punti con ascissa non nulla.

Sono certamente varieta topologiche i sottospazı di uno spazio euclideo che sisostengono in un suo aperto A, essendo un tale spazio provvisto dell’atlante con lasola carta (A, idA) 70. E questo il caso del sottospazio GL(n,R) di M(n,R) ' En2

(risp. GL(n,C) di M(n,C) ' E2n2

), che per n = 1 e lo spazio topologico R∗ (risp.C∗).

Con una certa forzatura ogni spazio topologico discreto viene considerato comeuna varieta topologica di dimensione 0, ove si tenga conto che in un tale spazio isingoli punti formano un ricoprimento di aperti a due a due disgiunti (quindi nonci sono funzioni di transizione da considerare) e ogni punto puo essere assimilatoallo spazio euclideo E0.

Non sono invece varieta topologica ne il sottospazio Qn di En perche non e unospazio localmente compatto, cioe uno spazio topologico in cui ogni punto possiedeun intorno la cui chiusura da un sottospazio compatto 71, al contrario di quelloche succede per una varieta topologica 72, ne il pettine e la pulce, uno spazioconnesso ma non connesso per cammini, in virtu del seguente

Teorema 102 . Ciascuna componente connessa di una varieta topologica e ancheuna componente connessa per cammini e si sostiene su un insieme di punti che esimultaneamente aperto e chiuso. In particolare ogni varieta topologica connessae anche connessa per cammini. 2

70Ovviamente in tal caso non vi sono funzioni di transizione.71Infatti, e sempre possibile costruire con i punti di un aperto di Qn una successione che con-

verge ad un punto di coordinate irrazionali cosicche la sua chiusura non puo dare un sottospaziocompatto di Qn.

72Infatti, in una varieta topologica ogni punto ha un intorno topologicamente equivalente adun aperto euclideo nel quale ogni punto p ha un intorno a chiusura compatta, basta prendere lachiusura di un intorno sferico di centro p.

Page 80: Geometria proiettiva - unipa.it

80 CAPITOLO 2. TOPOLOGIA GENERALE

Dimostrazione. Una varieta topologica ha le proprieta di connessione localedi uno spazio euclideo, cioe e localmente connessa per cammini. La locale con-nessione per cammini garantisce che ogni componente connessa per cammini siappoggia su un aperto (essendo ogni suo punto interno) cosicche il suo comple-mentare, oltre che un chiuso, e anche un aperto perche unione di aperti. Dunqueuna componente connessa per cammini di una varieta topologica ha un soste-gno che e simultaneamente aperto e chiuso e come tale non puo essere contenutopropriamente in una componente connessa. 2

Osserviamo infine che il prodotto topologico di due varieta topologiche e ancorauna varieta topologica. Infatti, se le varieta topologiche M1 ed M2 hanno atlanti

(Uj1 , ϕj1) : j1 ∈ J1

e

(Uj2 , ϕj2) : j2 ∈ J2

, allora

(Uj1 × Uj2 , ϕj1 × ϕj2) : (j1, j2) ∈ J1 × J2

e un atlante di M1 ×M2. Per esempio, il toro T2 = S1 × S1 possiede un atlantecon quattro carte ottenute prendendo le proiezioni stereografiche per ciascunacomponente S1 di T2.

Page 81: Geometria proiettiva - unipa.it

Capitolo 3

Topologia algebrica

Omotopia di applicazioni continue. In questo capitolo denoteremo costan-temente con I il sottospazio di E1 che ha sostegno nell’intervallo [0, 1], uno spaziotopologico omeomorfo a D1.

SianoX e Y spazı topologici e f, g : X → Y due funzioni continue. Un’omotopiatra f ed g e un’applicazione continua F : X × I → Y del prodotto topologicoX× I a Y tale che F (x, 0) = f(x) e F (x, 1) = g(x) ∀x ∈ X. In tal caso f ed g sidicono omotope 1.

Molto spesso e piu utile una condizione piu ristretta di omotopia, l’omotopiarelativa ad un insieme A di punti di X, un’omotopia che richiede la condizioneaggiuntiva

F (a, t) = f(a) = g(a) ∀a ∈ A e ∀t ∈ I 2. (3.1)

Nelle nostre applicazioni A consiste di due punti, ma quello che diremo varraper ogni insieme A di punti di X, incluso il caso A = ∅ dove la (3.1) svanisce.La relazione d’omotopia tra funzioni continue X → Y (relativamente a qualcheinsieme A di punti di X) e una relazione d’equivalenza; infatti,

- Riflessivita: basta prendere F (x, t) := f(x) per vedere che ogni funzionecontinua f : X → Y e omotopa a se stessa;

- Simmetria: se F e un’omotopia tra le funzioni continue f ed g, alloraF (x, 1− t) e un’omotopia tra g ed f ;

- transitivita: se F e un’omotopia tra le funzioni continue f ed g e se G eun’omotopia tra le funzioni continue g ed h, allora la funzione

H(x, t) =

F (x, 2t), se t ∈

[0, 1

2

];

G(x, 2t− 1), se t ∈[

12 , 1].

rende f ed h omotope, ove si tenga conto che risulta continua per il Lemmad’incollamento.

La notazione per due funzioni omotope e f ' g, oppure f 'A g se l’omotopiae relativa ad un insieme non vuoto A di punti di X.

1Dunque due funzioni sono omotope se possono essere ”deformate con continuita” unanell’altra.

2In tal caso f e g si dicono omotope relativamente ad A

81

Page 82: Geometria proiettiva - unipa.it

82 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

Proposizione 103. Due funzioni continue f, g : X → En risultano sempre omo-tope, in particolare ogni funzione continua con codominio En e omotopa alla fun-zione costante x 7→ p per un qualunque punto p ∈ En, oppure all’identita di En seanche X = En.

Dimostrazione. Si prenda l’omotopia F (x, t) := f(x) + t(g(x) − f(x)

)che e

sempre ben definita quando il codominio e En 3. 2

Due spazı topologici X e Y si dicono omotopicamente equivalenti (oppuredello stesso tipo di omotopia, o anche aventi lo stesso tipo d’omotopia) se esistonofunzioni continue f : X → Y e g : Y → X tali che g f ' idX e f g ' idY .Questa relazione tra spazı topologici e palesemente riflessiva e simmetrica ma eanche transitiva. Infatti, se esistono funzioni continue f : X → Y , g : Y → X,h : Y → Z, k : Z → Y tali che g f ' idX , f g ' idY , k h ' idY ,hk ' idZ , allora devono esistere funzioni continue F : X×I→ X, G : Y ×I→ Y ,H : Y × I→ Y , K : Z × I→ Z tali che

F (x, 0) = g(f(x)

), F (x, 1) = x, G(y, 0) = f

(g(y)

), G(y, 1) = y,

H(y, 0) = k(h(y)

), H(y, 1) = y, K(z, 0) = h

(k(z)

), K(z, 1) = z.

Allora le omotopie(x, t) 7→ g

(H(f(x), t

))e

(z, t) 7→ h(G(k(z), t

))rendono omotope, rispettivamente, le funzioni (g k) (h f) e g f , ambedueaventi dominio e codominio X, e le funzioni (hf) (g k) e hk che hanno inve-ce Z come dominio e codominio. Poiche stiamo supponendo che le composizionig f e h k sono rispettivamente omotope a idX e idZ , utilizzando la transiti-vita dell’omotopia tra funzioni potremo concludere che vale anche la transitivitadell’omotopia tra spazı topologici.

Dunque essere dello stesso tipo d’omotopia e una relazione d’equivalenza tra glispazı topologici che risulta piu debole dell’essere omeomorfi. Per esempio lo spazio

3Per ciascun x ∈ En l’immagine di F (x, t) e il segmento di estremi f(x) e g(x) che e sempreben definito quando il codominio e convesso, ovvero e un sottoinsieme di uno spazio R-vettorialeche contiene sempre il segmento avente per estremi due arbitrari suoi punti.

Page 83: Geometria proiettiva - unipa.it

83

topologico che ha sostegno in un singolo punto p ed En non sono certamentespazı topologici omeomorfi ma hanno lo stesso tipo d’omotopia: infatti denotandocon f l’unica funzione En → p possibile e ponendo g(p) := (0, 0, . . . , 0) si haf g = idp, mentre l’esistenza di un’omotopia tra g f e idEn e stabilita dallaProposizione 103 . Dunque gli spazı topologici euclidei sono spazı contraibilisecondo la seguente

Definizione 104 . Uno spazio topologico si dice contraibile se ha lo stesso tipod’omotopia di uno spazio topologico avente sostegno in un singolo punto.

Osservazione 105 . E ben noto che En e connesso per cammini, ma questa euna proprieta comune a tutti gli spazı contraibili. Infatti, se per un dato spaziotopologico X ed un dato punto p esistono funzioni f : X → p e g : p → Xtali che g f ' idX , allora esiste un’omotopia F : X × I→ X tale che F (x, 0) =g(f(x)) e F (x, 1) = x. Poiche f(x) = p ∀x ∈ X, t 7→ F (x, t) e un cammino dipunto iniziale g(p) e punto finale il generico punto x di X.

La relazione d’omotopia non tiene dunque conto della cardinalita degli spazıma, come la relazione di omeomorfismo, esprime la possibilita di deformare concontinuita uno spazio in un altro. Il prossimo esempio chiarira meglio il concetto.

Esempio 106 . La sfera Sn ha lo stesso tipo di omotopia del sottospazio En+1∗

di En+1 che ha sostegno nell’insieme dei suoi punti diversi da (0, 0, . . . , 0). In-fatti, l’inclusione ι : Sn → En+1∗ composta con la funzione ϕ : x 7→ x

||x|| , una

funzione con dominio En+1∗ e codominio Sn, restituisce l’identita di Sn, men-tre l’altra composizione ι ϕ e omotopa all’identita di En+1∗ via l’omotopia(x, t) 7→ xe(t−1) ln||x||.

Il gruppo fondamentale. In questo paragrafo vedremo come, utilizzando lanozione di omotopia, sia possibile associare ad ogni spazio topologico Y connessoper cammini un gruppo. Le proprieta algebriche di questo gruppo riflettono leproprieta topologiche dello spazio. Per introdurre tale gruppo si deve utilizzarela nozione di omotopia tra cammini dello spazio Y che e un caso particolaredell’omotopia tra funzioni quando il dominio X e il sottospazio I di E1, ovverouna funzione continua F : I× I→ Y che riproduce in Y il quadrato I× I.

Piu precisamente, serve la nozione di omotopia tra cammini relativamente al sot-toinsieme A = 0, 1 dell’intervallo [0, 1] sostegno di I. E il caso di precisare chedue dati cammini α e β di uno spazio topologico Y sono omotopi relativamentea 0, 1 se α(0) = β(0), α(1) = β(1) e si puo trasformare con continuita α in β,ovvero se esiste un’omotopia F : I× I→ Y tale che F (s, 0) = α(s), F (s, 1) = β(s)

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84 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

e F (0, t) = α(0) = β(0), F (1, t) = α(1) = β(1) per ogni valore del parametro t,dunque un’omotopia nella cui immagine in Y le curve t 7→ F (0, t) e t 7→ F (1, t)collassano in un singolo punto.

L’idea e dunque quella di deformare con continuita un cammino in un altro inmancanza di ”ostacoli topologici” quale puo essere per esempio un buco.

In presenza di due cammini α e β in uno spazio topologico Y , se il punto finaledi α coincide con il punto iniziale di β si puo definire per incollamento un nuovocammino, detto il prodotto di α e β e usualmente indicato con α∗β, che e definitocome segue:

α ∗ β(t) =

α(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

β(2t− 1), se t ∈[

12 , 1].

(3.2)

Il prodotto α∗β e compatibile con la relazione di omotopia, piu precisamente conl’omotopia relativa agli estremi 0 e 1 dell’intervallo [0, 1] 4. Infatti si ha

Proposizione 107 . Siano α1, α2, β1, β2 cammini in Y e si abbia α1 '0,1 α2 eβ1 '0,1 β2. Se il punto finale di α1 coincide con il punto iniziale di β1

5, alloraα1 ∗ β1 '0,1 α2 ∗ β2.

Dimostrazione. Siano F,G : I× I→ Y omotopie tali che

F (s, 0) = α1(s), F (s, 1) = α2(s), G(s, 0) = β1(s), G(s, 1) = β2(s) ∀s ∈ [0, 1].

Allora ponendo

H(s, t) =

F (2s, t), se s ∈

[0, 1

2

];

G(2s− 1, t), se s ∈[

12 , 1];

4Si tenga presente che un cammino corrisponde al caso X = I e quindi ha senso considerareomotopie relative al sottoinsieme A = 0, 1 di punti di I.

5Conseguentemente il punto finale di α2 coincide con il punto iniziale di β2.

Page 85: Geometria proiettiva - unipa.it

85

si definisce una ben posta omotopia, ove si tenga conto che F (1, t) e G(0, t) sono,rispettivamente, il comune punto finale di α1 e α2 ed il comune punto iniziale diβ1 e β2, punti che un’ipotesi assicura coincidenti. Inoltre H(s, 0) = α1 ∗ β1(s) eH(s, 1) = α2 ∗ β2(s). 2

L’operazione ∗, quando e definita tra tre cammini, risulta essere associativa,modulo la relazione d’omotopia (relativa a 0, 1), ovvero

Proposizione 108 Se α, β, γ sono cammini nello spazio topologico Y tali cheα(1) = β(0) e β(1) = γ(0), allora i cammini (α∗β)∗γ e α∗ (β ∗γ) sono omotopi.

Dimostrazione. Si ha

(α ∗ β) ∗ γ(s) =

α(4s), se s ∈

[0, 1

4

];

β(4s− 1), se s ∈[

14 ,

12

];

γ(2s− 1), se s ∈[

12 , 1];

e

α ∗ (β ∗ γ)(s) =

α(2s), se s ∈

[0, 1

2

];

β(4s− 2), se s ∈[

12 ,

34

];

γ(4s− 3), se s ∈[

34 , 1];

ed un’omotopia tra (α ∗ β) ∗ γ e α ∗ (β ∗ γ) e data da

F (s, t) :=

α(

4s1+t

), se s ∈

[0, 1+t

4

];

β(4s− t− 1), se s ∈[

1+t4 , 2+t

4

];

γ(

4s−t−22−t

), se s ∈

[2+t

4 , 1].

Osservazione 109 . La Proposizione 108 ci dice che, modulo la relazione d’omo-topia, mettere le parentesi nel prodotto ∗ e superfluo. Osserviamo che, con i datidella proposizione,

s 7→

α(3s), se s ∈

[0, 1

3

];

β(3s− 1), se s ∈[

13 ,

23

];

γ(3s− 2), se s ∈[

23 , 1];

(3.3)

e un ben definito cammino su Y di punto iniziale α(0) e punto finale γ(1) cherisulta omotopo (relativamente a 0, 1) ai cammini (α ∗ β) ∗ γ e α ∗ (β ∗ γ),

Page 86: Geometria proiettiva - unipa.it

86 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

un’omotopia tra (α ∗ β) ∗ γ e il cammino (3.3) essendo data dalla funzione

(s, t) 7→

α(4s− st), se s ∈

[0, 1

4−t

];

β(4s− st− 1), se s ∈[

14−t ,

24−t

];

γ(

4s−st−22−t

), se s ∈

[2

4−t , 1].

Useremo il simbolo α ∗ β ∗ γ per denotare il cammino (3.3) assumendolo a rap-presentante canonico della sua classe d’omotopia.

Osservazione 110 . Per ciascun punto p ∈ Y i cammini costanti ηp : t 7→ p sicomportano come elemento neutro nel prodotto per cammini (modulo l’equiva-lenza omotopica). Infatti se α e un cammino su Y di punto iniziale y0 e puntofinale y1 i prodotti ηy0 ∗ α e α ∗ ηy1 sono definiti e sono ambedue omotopi ad αperche abbiamo le omotopie

G(s, t) :=

y0, se s ∈

[0, 1−t

2

];

α(

2s+t−11+t

), se s ∈

[1−t

2 , 1];

e

H(s, t) :=

α(

2s1+t

), se s ∈

[0, 1+t

2

];

y1, se s ∈[

1+t2 , 1

].

Osservazione 111 . Per ogni cammino α in Y di punto iniziale y0 e puntofinale y1

α : s 7→ α(1− s) ∀s ∈ [0, 1]

e un cammino in Y di punto iniziale y1 e punto finale y0 per cui restano definitii prodotti

α ∗ α : s 7→

α(2s), se s ∈

[0, 1

2

];

α(2s− 1) = α(2− 2s), se s ∈[

12 , 1];

e

α ∗ α : s 7→

α(2s) = α(1− 2s), se s ∈

[0, 1

2

];

α(2s− 1), se s ∈[

12 , 1];

due cammini che risultano due cappi 6, ovvero cammini il cui punto iniziale coin-cide con quello finale (il punto base del cappio). Piu precisamente, α ∗ α e uncappio di punto base y0 e α ∗ α un cappio di punto base y1. L’omotopia

(s, t) 7→

α(2st), se s ∈

[0, 1

2

];

α((2− 2s)t

), se s ∈

[12 , 1].

rende omotopicamente equivalente la funzione costante ηy0, un particolare cappio

di punto base y0, a α ∗ α, mentre l’omotopia

(s, t) 7→

α(1− 2st), se s ∈

[0, 1

2

];

α(2st− 2t+ 1

), se s ∈

[12 , 1].

da l’equivalenza tra ηy1e α ∗ α.

6O loop utilizzando il piu diffuso termine anglosassone.

Page 87: Geometria proiettiva - unipa.it

87

Chiaramente cappi aventi lo stesso punto base y0 possono essere sempre molti-plicati secondo la (3.2): la Proposizione 107 assicura che questo prodotto puo es-sere trasferito all’insieme quoziente dei cappi di punto base y0 modulo la relazioned’omotopia 7:

[α]y0 [β]y0 = [α ∗ β]y0 , (3.4)

dove per un dato cappio γ di Y di punto base y0, [γ]y0denota la classe di omo-

topia di γ nell’insieme dei cappi di Y di punto base y0. Per quanto precisatonelle Osservazioni 109, 110 e 111, la struttura algebrica che cosı si ottiene, chedenoteremo con

π1(Y, y0)

e un gruppo, detto gruppo fondamentale 8 di Y con punto base y0, ed ha comeelemento neutro la classe d’omotopia [ηy0 ]y0 e per inverso della classe [α]y0 laclasse [α]y0

.

La proposizione che segue assicura che gruppi fondamentali di uno spaziotopologico con punti base appartenenti alla medesima componente connessa percammini sono isomorfi.

Proposizione 112 Siano y0 e y1 punti dello spazio topologico Y per i quali esisteun cammino γ tale che γ(0) = y0 e γ(1) = y1. Allora

σγ : [α]y07→ [γ ∗ α ∗ γ]y1

definisce un isomorfismo di gruppi π1(Y, y0)→ π1(Y, y1).

Dimostrazione. La Proposizione 107 garantisce che σγ e ben posta. Inoltre,se α e β sono cappi di Y di punto base y0, in virtu delle Osservazioni 110 e 111si puo scrivere

σγ([α]y0 [β]y0

)= σγ

([α ∗ β]y0

)= [γ ∗ (α ∗ β) ∗ γ]y1 = [γ ∗

(α ∗ (γ ∗ γ) ∗ β

)∗ γ]y1

= [γ ∗ α ∗ γ]y1[γ ∗ β ∗ γ]y1

= σγ([α]y0

)σγ([β]y0

),

7Ovviamente relativamente a 0, 1, visto che i cammini in esame hanno tutti y0 sia comepunto iniziale che come punto finale.

8O anche primo gruppo di omotopia.

Page 88: Geometria proiettiva - unipa.it

88 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

Dunque σγ e un omomorfismo π1(Y, y0) → π1(Y, y1) e analogamente e unomomorfismo π1(Y, y1)→ π1(Y, y0) quello definito dal cammino γ. Poiche

σγ σγ ([α]y0) = [α]y0

∀[α]y0∈ π1(Y, y0) 9

eσγ σγ

([β]y1

)= [β]y1 ∀[β]y1 ∈ π1(Y, y1),

σγ e σγ sono isomorfismi di gruppi uno inverso dell’altro. 2

La Proposizione 112 ci dice che la struttura del gruppo fondamentale nondipende dal particolare punto base se lo spazio e connesso per cammini. In talcaso si scrivera semplicemente π1(X) per denotare il gruppo fondamentale essendoridondante specificarne il punto base.

Il gruppo fondamentale non sarebbe di alcuna utilita se non avesse la proprietadi essere compatibile con le funzioni continue; piu precisamente si ha

Proposizione 113 . Se f : X → Y e una funzione continua e α e un cappio diX di punto base x0, allora

f∗ : [α]x0 7→ [f α]f(x0)

e un ben posto omomorfismo π1(X,x0)→ π1

(Y, f(x0)

).

Dimostrazione. Che l’applicazione f∗ e ben definita segue dal fatto che se Fe un’omotopia tra due cammini α1 e α2 di X, allora f F e un’omotopia tra icammini f α1 e f α2 di Y . Inoltre per due cappi arbitrari α1 e α2 di X dipunto base x0 possiamo scrivere

f∗([α1]x0 [α2]x0

)= f∗([α1 ∗ α2]x0)=

[f (α1 ∗ α2)

]f(x0)=

[(f α1) ∗ (f α2)

]f(x0)

=[f α1

]f(x0)

[f α2

]f(x0)

= f∗([α1]x0) f∗([α2]x0) ,

ove si tenga conto che

f (α1∗ α2)(t) = f

α1(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

α2(2t− 1), se t ∈[

12 , 1];=

f α1(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

f α2(2t− 1), se t ∈[

12 , 1];

= (f α1) ∗ (f α2)(t). 2

In presenza di due funzioni continue f : X → Y e g : Y → Z e di un puntox0 ∈ X, posto y0 := f(x0) e z0 := g(y0), abbiamo due omomorfismi:

f∗ : π1(X,x0)→ π1(Y, y0)

9Infatti, σγ σγ([α]y0

)= [γ ∗ γ ∗ α ∗ γ ∗ γ]y0 = [α]y0 per quanto precisato nelle Osservazioni

110 e 111.

Page 89: Geometria proiettiva - unipa.it

89

eg∗ : π1(Y, y0)→ π1(Z, z0).

Si controlla a vista che la composizione g∗f∗ : π1(X,x0)→ π1(Z, z0) e l’omomor-fismo (gf)∗ cosıcche, se f e un omeomorfismo X X e g = f−1, allora abbiamole identita (f−1)∗f∗ = (f−1f)∗ = (idX)∗, un omomorfismo che da l’identita delgruppo fondamentale π1(X,x0) come si puo agevolmente controllare. Analoga-mente abbiamo l’altra composizione f∗(f−1)∗ = (f f−1)∗ = (idY )∗ = idπ1(Y,y0)

e si puo enunciare il teorema

Teorema 114 . Spazı topologici omeomorfi hanno gruppi fondamentali corrispon-denti isomorfi. 2

Dunque, avere gruppi fondamentali corrispondenti isomorfi per due spazi to-pologici omeomorfi e condizione necessaria, cioe, abbiamo trovato un nuovo inva-riante topologico che, pero, al pari della compattezza e della connessione, e unaproprieta che puo essere ovviamente condivisa anche da spazi non topologicamen-te equivalenti. Mostreremo che, per esempio, questo e il caso di due spazi connessiper cammini aventi lo stesso tipo di omotopia. Abbiamo bisogno di un risultatotecnico preliminare.

Lemma 115 . Per una data omotopia G : I × I → Y si ponga α(t) := G(0, t),β(s) := G(s, 0), γ(t) := G(1, t), δ(s) := G(s, 1). Allora il cammino α ∗ β ∗ γ e bendefinito ed e omotopo a δ relativamente a 0, 1 10.

Dimostrazione. La seguente e una ben posta omotopia che per t = 0 da α∗β∗γe per t = 1 da un cammino omotopo a δ:

(s, t) 7→

δ(0), se s ∈[0, t3];

α(1 + t− 3s), se s ∈[t3 ,

13

];

G(3s− 1, t), se s ∈[

13 ,

23

];

γ(t+ 3s− 2), se s ∈[

23 ,

3−t3

];

δ(1), se s ∈[

3−t3 , 1

]. 2

Siano f : X → Y e g : X → Y funzioni continue per le quali esiste un’omotopiaF : X×I→ Y tale che F (x, 0) = f(x) e F (x, 1) = g(x). Per un dato punto x0 ∈ Xsi considerino il cammino

ϕ : t 7→ F (x0, t)

10L’immagine in G del ”quadrato” I× I e una porzione di Y delimitata dalle curve α, β, γ e δ.

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90 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

ed un cappio ω di X di punto base x0. Si controlla agevolmente che ϕ e uncammino avente per iniziale il punto f(x0) del cappio f ω e per finale il puntog(x0) del cappio g ω.

Possiamo applicare il Lemma 115 all’omotopia G(s, t) := F (ω(s), t): si ha

G(0, t) = F (ω(0), t) = F (x0, t) = ϕ(t), G(1, t) = F (ω(1), t) = F (x0, t) = ϕ(t);

G(s, 0) = F (ω(s), 0) = f ω(s), G(s, 1) = F (ω(s), 1) = g ω(s);

cosicche risultano omotopi i cammini ϕ ∗ (f ω) ∗ ϕ e g ω e possiamo scriverel’identita

[ϕ ∗ (f ω) ∗ ϕ]g(x0) = [g ω]g(x0) (3.5)

all’interno del gruppo fondamentale π1(Y, g(x0)). Utlizzando l’isomorfismo

σϕ : [α]f(x0) 7→ [ϕ ∗ α ∗ ϕ]g(x0)

tra i gruppi fondamentali π1(X, f(x0)) e π1(Y, g(x0)) (cfr. Proposizione 112), la(3.5) la possiamo riscrivere nella forma σϕ[f ω]f(x0) = [g ω]g(x0) o anche

σϕ f∗[ω]x0 = g∗[ω]g(x0)

cioe abbiamo l’identita funzionale σϕ f∗ = g∗. Poiche σϕ e isomorfismo possiamoaffermare che

Proposizione 116 . L’omomorfismo f∗ : π1(X,x0)→ π1(Y, f(x0)) e un isomor-fismo se, e solamente se, tale e l’omomorfismo g∗ : π1(X,x0)→ π1(Y, g(x0)).

Siano dati adesso due spazi topologici connessi per cammini X1 e X2 aventi lostesso tipo di omotopia, ovvero esistono funzioni h′ : X1 → X2 e h′′ : X2 → X1

tali che h′′ h′ e funzione omotopa all’identita di X2 e h′ h′′ e funzione omotopaall’identita di X1. Applichiamo due volte la Proposizione 116 facendo le seguentiposizioni:

(a) X = Y = X1, f = h′′ h′, g = idX1 ;

(b) X = Y = X2, f = h′ h′′, g = idX2 ;

che hanno come conseguenza

(a) l’omomorfismo (h′′ h′)∗ = h′′∗ h′∗ e un isomorfismo, cioe h′∗ e omomorfismoiniettivo e h′′∗ e omomorfismo suriettivo;

(b) l’omomorfismo (h′ h′′)∗ = h′∗ h′′∗ e un isomorfismo, cioe h′′∗ e omomorfismoiniettivo e h′∗ e omomorfismo suriettivo.

Dunque h′∗ e h′′∗ producono isomorfismi π1(X1) π1(X2) e possiamo concludere

Page 91: Geometria proiettiva - unipa.it

91

Teorema 117 Spazı topolologici connessi per cammini aventi lo stesso tipo diomotopia hanno gruppi fondamentali isomorfi. 2

Definizione 118 . Uno spazio topologico connesso per cammini si dice semplice-mente connesso se il suo gruppo fondamentale e banale, cioe consiste di una solaclasse d’omotopia.

Allora, come immediata conseguenza del Teorema 117 si ha (si tenga presentel’Osservazione 105)

Corollario 119 . Ogni spazio topologico contraibile e semplicemente connesso.

Rivestimenti. Un rivestimento di uno spazio topologico Y e una coppia (X, ρ)costituita da uno spazio topologico X (lo spazio del rivestimento) e da una funzio-ne continua ρ : X → Y (la funzione del rivestimento) soddisfacente la condizioneche ogni punto y ∈ Y ha un intorno ben ricoperto da ρ, cioe un intorno Uy taleche ρ−1Uy e unione disgiunta di aperti su ciascuno dei quali ρ si restringe ad unomeomorfismo con Uy

11.

Esempio 120 . La coppia(E1, exp

)da un rivestimento di S1. Infatti, ogni punto

di S1 e della forma e2πix per qualche numero reale x e il suo intorno Ue2πit ottenutoprivando S1 di −e2πit e ben ricoperto da exp avendosi

exp−1 Ue2πit =⋃z ∈Z

]t+ z − 1

2 , t+ z + 12

[ed exp, funzione continua ed aperta, si restringe ad un omeomorfismo]

t+z− 12 , t+z+ 1

2

[ Ue2πit

per ciascun intero z.

11Come si suol dire ρ e un omeomorfismo locale. Osserviamo che se Uy e un intorno benricoperto di un punto y dello spazio rivestito Y , allora ogni intorno di y piu piccolo di Uy ealtrettanto ben ricoperto.

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92 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

Il fatto che la funzione di rivestimento dell’Esempio 120 sia aperta non dipendedalla particolarita dell’esempio, ma e un fatto di carattere generale. Infatti,

Proposizione 121 . Ogni funzione di rivestimento e una funzione aperta.

Dimostrazione. Se (X, ρ) e un rivestimento dello spazio topologico Y , A e unaperto di X e p e un punto di A, l’immagine ρ(p) ha un intorno ben ricopertoUρ(p). Cio significa che ρ−1Uρ(p) e unione di aperti disgiunti di X su ciascunodei quali ρ si restringe ad un omeomorfismo con Uρ(p): a meno di restringereopportunamente Uρ(p) (cfr. nota 11 a pie’ di pagina), non e restrittivo assumereche sia contenuta in A la componente di ρ−1Uρ(p) contenente p, cosicche A e unionedi aperti ciascuno dei quali e mandato da ρ su un aperto di Y . Ne consegue cheρ(A) e unione di aperti di Y . 2

Esempio 122 . Ricordando che lo spazio proiettivo RPn puo essere concepito iden-tificando sulla sfera Sn punti diametralmente opposti, la coppia

(Sn, π:x 7→ ±x

)da un rivestimento di RPn. Infatti, se Ux e un intorno del punto x di Sn che noninterseca l’intorno −Ux di −x, l’intorno π(Ux) del generico punto π(x) di RPne ben ricoperto avendo per pre-immagine in π la coppia di aperti Ux e −Ux suciascuno dei quali π si restringe ad una biiezione che e un omeomorfismo 12.

12π e una proiezione con dominio compatto e codominio di Hausdorff.

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93

In ambedue gli esempi 120 e 122 la pre-immagine di un punto y nella funzionedi rivestimento, la cosiddetta fibra sopra y, e un sottospazio discreto dello spaziodi rivestimento. Anche questo fatto e di valenza generale:

Proposizione 123 . Se (X, ρ) e un rivestimento dello spazio topologico Y la fibrasopra un punto y ∈ Y, cioe la pre-immagine ρ−1y, sostiene un sottospaziodiscreto di X.

Dimostrazione. Se Uy e un intorno ben ricoperto di y, ciascun punto x della fibraρ−1y sopra y ha un intorno Vx che ρ applica omeomorficamente a Uy cosicchenon puo contenere altri elementi di ρ−1y oltre x, cioe, x e aperto nel sottospazioche ha sostegno nella fibra ρ−1y. 2

Un’altra proprieta dei rivestimenti che possiamo riscontrare guardando gliesempi 120 e 122 e che tutte le fibre hanno la stessa cardinalita; infatti le fibredell’Esempio 120 sono tutte numerabili avendo la cardinalita di Z, mentre quelledell’Esempio 122 hanno tutte cardinalita 2. La seguente Proposizione 124 assicurache cio certamente accade quando lo spazio rivestito e connesso e localmenteconnesso come lo sono negli esempi S1 e RPn.

Proposizione 124 . Se (X, ρ) e un rivestimento di uno spazio topologico connessoe localmente connesso Y , allora la cardinalita di un fibra di un punto y ∈ Y eindipendente da y 13.

Dimostrazione. Si indichi con Zy l’insieme dei punti di Y la cui fibra ha lastessa cardinalita di ρ−1y. Siano z ∈ Zy e Uz un intorno ben ricoperto di z, chenon e restrittivo assumere connesso vista la locale connessione di Y : le componenticonnesse di ρ−1Uz sono allora in corrispondenza biunivoca con la fibra ρ−1z,tenuto conto che ρ stabilisce una biiezione tra ciascuna componente e Uz. PoicheUz risulta un intorno ben ricoperto per ciascuno dei suoi punti, vediamo che tuttele fibre relative ai punti di Uz hanno la stessa cardinalita, cioe Uz ⊆ Zy, quindiZy e un aperto di Y essendo ogni suo punto interno.

Sia w ∈ Zy e sia Uw un intorno ben ricoperto di w che possiamo assumereconnesso. Poiche w e di aderenza per Zy, Uw contiene certamente qualche puntov ∈ Zy e, ragionando come prima, possiamo concludere che la fibra relativa a wha la stessa cardinalita delle fibre relative ai punti di Zy, cioe w ∈ Zy. DunqueZy = Zy, cioe Zy e un insieme non vuoto di punti dello spazio connesso Y cherisulta simultaneamente aperto e chiuso: deve necessariamente essere Zy = Y . 2

13Questa cardinalita viene detta il grado del rivestimento.

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94 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

Definizione 125 . Per un dato rivestimento (X, ρ) di uno spazio topologico Y ,un sollevamento di una funzione continua f : Z → Y e una funzione continuaf : Z → X tale che ρ f = f

Zf−→ X

f ↓ρY

La proposizione che segue ci dice che un sollevamento, se esiste, e determinatodall’azione su un punto di una singola fibra della funzione di rivestimento.

Proposizione 126 . Siano (X, ρ) un rivestimento di uno spazio topologico Y,f : Z → Y una funzione continua con dominio connesso e, per un dato punto y0

di Y , si scelgano x0 e z0 nelle fibre ρ−1y0 e f−1y0. Allora c’e al piu unsollevamento f di f tale che f(z0) = x0.

Dimostrazione. Siano f1 e f2 sollevamenti di f tali che f1(z0) = f2(z0) = x0.Si ponga

A := z ∈ Z : f1(z) = f2(z), B := z ∈ Z : f1(z) 6= f2(z) :

chiaramente Z = A ∪ B e A ∩ B = ∅ per cui se dimostriamo che A e B sonoambedue aperti in Z deve essere A = Z, visto che Z e connesso e A non e vuotoperche contiene z0.

Sia z ∈ Z e sia Uf(z) un intorno ben ricoperto di f(z) e si supponga dapprima

z ∈ A. Allora x := f1(z) = f2(z) ha un intorno Vx omeomorfo via ρ a Uf(z). Ogni

punto dell’intorno f−11 Vx∩ f−1

2 Vx di z viene mandato da f1 e f2 in uno stesso punto

di Vx perche f1 = f2 = ρ−1|Uf(z)

f su quell’intersezione, cioe f−11 Vx ∩ f−1

2 Vx ⊆ A

e troviamo che z e interno ad A.

Sia z ∈ B. Allora x1 := f1(z) e x2 := f2(z) sono punti distinti dellafibra ρ−1f(z), quindi separabili con due intorni disgiunti Vx1

e Vx2che ρ

applica omeomorficamente a Uf(z). Ne consegue che ogni punto dell’intorno

f−11 Vx1

∩ f−12 Vx2

di z viene mandato da f1 in un punto distinto da quello in

cui lo manda f2, cioe f−11 Vx1

∩ f−12 Vx2

⊆ B e troviamo che z e interno a B. 2

Page 95: Geometria proiettiva - unipa.it

95

La Proposizione 126 da certezze sull’unicita del sollevamento f , ma non dicenulla sulla sua esistenza. C’e una condizione che deve essere soddisfatta da fperche il sollevamento f esista, precisamente deve valere l’identita

ρ∗ f∗ = f∗ (3.6)

conseguenza dell’identita funzionale ρ f = f . Perche la (3.6) si verifichi occorreche l’immagine di f∗ sia contenuta nell’immagine di ρ∗, cioe, si deve avere

f∗π1(Z, z0) ⊆ ρ∗π1(X,x0). (3.7)

Osservazione 127. La (3.7) richiede che ogni cappio di Y di punto base f(z0)che si ottiene per composizione con f di un cappio di Z di punto base z0 deveottenersi come proiezione via ρ di un cappio di X di punto base x0, cosa che ingenerale non e vera (cfr. Osservazione (129)).

La condizione (3.7) e certamente soddisfatta se Z e semplicemente connesso,cioe, ogni suo cappio e omotopo ad un punto. Questo e per esempio il caso in cuiZ e l’intervallo contraibile I, ovvero f e un cammino su Y e conseguentemente fun cammino su X di assegnato punto iniziale x0 appartenente alla fibra sopra f(0)se si prende z0 = 0. La successiva Proposizione 128 afferma che effettivamenteogni cammino su Y puo essere sempre sollevato ad un cammino su X nel modoche abbiamo precisato.

Proposizione 128 Sia (X, ρ) un rivestimento di uno spazio topologico Y e siaα : I→ Y un cammino su Y di punto iniziale y0. Allora, per ciascun punto x0

nella fibra ρ−1y0, esiste un unico cammino αx0 su X di punto iniziale x0 chesolleva α, cioe tale che ρ αx0 = α.

Dimostrazione. Costruiremo αx0 a pezzi che possono essere incollati. Gliaperti ben ricoperti di Y formano un ricoprimento dello spazio, in particolare nebastano un numero finito per ricoprire il sottospazio compatto che ha sostegnoin α[0, 1]: cio significa che possiamo individuare nell’intervallo [0, 1] un numerofinito di punti

t0 = 0 < t1 < . . . < tn < tn+1 = 1

in modo che, per i = 0, . . . , n, il pezzo di cammino α[ti, ti+1] sia contenuto inun aperto ben ricoperto Ui di Y . Sia V0 l’ aperto di X contenente x0 su cui ρ si

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96 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

restringe ad un omeomorfismo V0 U0; si ponga

α1 := ρ| −1V0 α|[0, t1].

Allora α1 : [0, t1]→ V0 ⊆ X e tale che ρ α1 = α|[0,t1] con

α1(0) = ρ| −1V0 α(0) = ρ| −1

V0(y0) = x0.

Procedendo per induzione su i si assuma che, per i > 0, sia stata definita unafunzione continua αi : [0, ti]→ X tale che

ρ αi = α|[0,ti] (3.8)

con αi(0) = x0. Sia Vi l’ aperto di X contenente αi(ti) su cui ρ si restringe ad unomeomorfismo Vi Ui. Poiche α[ti, ti+1] ⊂ Ui, ponendo βi := ρ| −1

Vi α|[ti, ti+1] si

ottiene una funzione continua [ti, ti+1]→ X tale che

βi(ti) = ρ| −1Viα(ti) = ρ| −1

Vi (ρ αi)(ti) = αi(ti),

ove si tenga conto della (3.8). Pertanto αi e βi possono essere incollate in tiper ottenere una funzione continua αi+1 : [0, ti+1] → X tale che αi+1(0) = x0 eρ αi+1 = α|[0, ti+1]. 2

Osservazione 129 . Se α e un cappio di Y di punto base y0, allora ciascun suosollevamento αx0 non deve essere necessariamente un cappio di X, si puo solo direche il suo punto finale αx0(1) deve stare nella fibra di y0. E’ questo il caso se lospazio di rivestimento X e semplicemente connesso ed α e un cappio di Y nonomotopo ad un punto 14.

Possiamo dimostrare che la condizione (3.7) e anche sufficiente per l’esisten-

za del sollevamento f se Z e connesso per cammini e localmente connesso percammini infatti, in tal caso, f puo essere costruito come segue.

14Nelle condizione poste αx0 non puo essere un cappio perche in quel caso sarebbe omotopoad un cammino costante e tale dovrebbe essere anche la proiezione ρ αx0 = α.

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97

Per ciascun z ∈ Z, sia α : I → Z un cammino in Z di punto iniziale z0 epunto finale z. Allora la composizione f α e un cammino in Y di punto inizialef(z0) e punto finale f(z) e, in virtu della Proposizione 128, possiamo considerare il

sollevamento f αx0di fα di punto iniziale x0: proveremo che la corrispondenza

z 7→ f αx0(1) (3.9)

e una ben definita applicazione Z → X, cioe e indipendente dal cammino α scelto.

Se la (3.9) non fosse una ben definita applicazione, dovrebbe esistere un altro

cammino β in Z di punto iniziale z0 e punto finale z per cui il sollevamento f βx0

di f β di punto iniziale x0 dovrebbe avere punto finale f βx0(1) diverso da

f αx0(1), cioe

γ :=f αx0

∗ f βx0

dovrebbe essere un cammino di punto iniziale e punto finale distinti. Poiche γ

e il sollevamento di punto iniziale f αx0(1) del cammino f (α ∗ β) 15, che e

un cappio passante per f(z0) perche α e β hanno lo stesso punto finale z, lacondizione f∗π1(Z, z0) ⊆ ρ∗π1(X,x0) ci dice che questo sollevamento dovrebbeessere un cappio (cfr Osservazione 127), una evidente contraddizione. Pertanto la

(3.9) da una ben posta funzione f : Z → X tale che f(z0) = x0, ove si tenga contoche nel caso z = z0 il cammino α deve essere un cappio di punto base z0, f α un

15Infatti, γ(0) =f αx0

∗ f βx0(0) =

f αx0

(0) = f αx0(1) e

ρ γ(t) = ρ (

f αx0

∗ f βx0

)(t) =

ρ f αx0

(2t), se t ∈[0, 1

2

];

ρ f βx0(2t− 1), se t ∈

[12, 1].

=

ρ f αx0

(1− 2t), se t ∈[0, 1

2

];

ρ f βx0(2t− 1), se t ∈

[12, 1].

=

f α(1− 2t), se t ∈

[0, 1

2

];

f β(2t− 1), se t ∈[

12, 1].

= f

α(2t), se t ∈[0, 1

2

];

β(2t− 1), se t ∈[

12, 1].

= f (α ∗ β)(t).

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98 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

cappio in Y di punto base f(z0) e, in virtu dell’Osservazione 127, il sollevamentodi f α di punto iniziale x0 un cappio in X di punto base x0. Poiche

ρ f(z) = ρ(f αx0

(1))

= f α(1) = f(z),

possiamo concludere che f e il sollevamento richiesto se riusciamo a dimostrarnela continuita.

Sia A e un aperto di X, si deve dimostrare che f−1A e aperto in Z. Poiche ρe una funzione di rivestimento gli aperti di Y ben ricoperti da ρ generano la topo-logia di Y cosicche si puo utilizzare il fatto che ρ e funzione aperta per concludereche gli aperti di X su ciascuno dei quali ρ si restringe ad un omeomorfismo con lasua immagine generano la topologia di X: si puo assumere allora che l’aperto Asia uno di questi. Si deve dimostrare che ogni punto p ∈ f−1A e interno a f−1A.

La continuita di f richiede che f−1ρ(A) sia un aperto di Z contenente f−1A 16

e quindi contenente p. Per la locale connessione per cammini di Z, c’e un intornoV di p connesso per cammini contenuto in f−1ρ(A): dimostreremo che f(V ) ⊆ A,

ovvero p ∈ V ⊆ f−1A, provando cosı che p e interno a f−1A.Sia v ∈ V e si scelgano un cammino γ in Z di punto iniziale z0 e punto finale

p e un cammino δ in V di punto iniziale p e punto finale v cosicche possiamodefinire il prodotto γ ∗ δ , un cammino che ha punto iniziale z0 e punto finale v epermette di ottenere f(v) attaverso la (3.9) prendendo α := γ ∗ δ. Si ha

f(v) = ˜f (γ ∗ δ)x0(1) = f γx0∗ f δf(p)(1) 17 = f δf(p)(1). (3.10)

16Infatti, si ha f(f−1A

)= ρ f

(f−1A

)= ρ(A) e conseguentemente f−1A e nella pre-

immagine in f di ρ(A).17Infatti, si ha

ρ (f γx0

∗ f δf(p)

)(t) =

ρ f γx0(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

ρ f δf(p)

(2t− 1), se t ∈[

12, 1];

=

f γ(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

f δ(2t− 1), se t ∈[

12, 1];

= f γ(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

δ(2t− 1), se t ∈[

12, 1];

= f (γ ∗ δ)(t).

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99

Poiche il cammino f δ e interamente contenuto in ρ(A), il suo sollevamento

f δf(p) e interamente contenuto nella componente di ρ−1ρ(A) contenente il suo

punto iniziale f(p) che e A; quindi, in virtu della (3.10), f(v) = f δf(p)(1) ∈ A.

Riassumendo

Proposizione 130 . Siano Z uno spazio connesso per cammini e localmente con-nesso per cammini, f : Z → Y una funzione continua, (X, ρ) un rivestimento di

Y , z0 ∈ Z e x0 ∈ ρ−1f(z0). Esiste un sollevamento f : Z → X di f tale che

f(z0) = x0 se, e solamente se, f∗π1(Z, z0) ⊆ ρ∗π1(X,x0). 2

La condizione della precedente proposizione posta sulla funzione f affincheammetta il sollevamento richiesto e palesemente verificata quando lo spazio topo-logico Z e semplicemente connesso. Pertanto

Corollario 131 . Con i dati della Proposizione 130, se Z e anche semplicementeconnesso esiste sempre un sollevamento f di f tale che f(z0) = x0. In particollarepossono sempre essere sollevati cammini e omotopie. 2

Osservazione 132 . Di norma il sollevamento di un cammino va fatto prendendoz0 = 0, mentre per un’omotopia si suole prendere z0 = (0, 0).

La possibilita di poter sollevare le omotopie, oltre che i cammini, ci permettedi dimostrare adesso la seguente Proposizione 133

Proposizione 133 . Sia (X, ρ) un rivestimento di uno spazio topologico Y e sia-no α e β cammini su Y di punto iniziale y0, omotopi relativamente a 0, 1.Allora, per ciascun x0 ∈ ρ−1y0, i cammini αx0

e βx0sono anch’essi omotopi

relativamente a 0, 1; in particolare, αx0(1) = βx0

(1).

Dimostrazione. Sia F : I × I → Y un’omotopia relativamente a 0, 1 taleche F (s, 0) = α(s) e F (s, 1) = β(s). Il Corollario 131 garantisce l’esistenza di un

sollevamento Fx0: I× I→ X di F tale che Fx0

(0, 0) = x0. Poiche

ρ Fx0(s, 0) = F (s, 0) = α(s),

eρ Fx0(s, 1) = F (s, 1) = β(s),

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100 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

s 7→ Fx0(s, 0) e s 7→ Fx0

(s, 1) sono cammini che sollevano rispettivamente α e

β; in particolare l’identita Fx0(0, 0) = x0 ci dice che Fx0(s, 0) = αx0(s). Inoltre,visto che F e un’omotopia relativa a 0, 1, deve essere F (0, t) = α(0) = β(0) eF (1, t) = α(1) = β(1) per ciascun t ∈ [0, 1], cioe t 7→ F (0, t) e t 7→ F (1, t) sono

cammini costanti cosicche devono essere costanti anche i cammini t 7→ Fx0(0, t)

e t 7→ Fx0(1, t) 18. Dunque Fx0

(0, 1) = Fx0(0, 0) = αx0

(0) = x0 e Fx0(1, 1) =

Fx0(1, 0) = αx0

(1) e si vede che s 7→ Fx0(s, 1) e il sollevamento βx0

di β di punto

iniziale x0 e βx0(1) = αx0

(1). 2

Azione di monodromia. L’Osservazione 129 ed il Corollario 133 ci dicono chein presenza di un rivestimento (X, ρ) di uno spazio topologico Y , per ciascunpunto y ∈ Y, l’applicazione (

x, [α]y)7→ αx(1) (3.11)

definisce un’azione (destra) del gruppo fondamentale G := π1(Y, y) sulla fibraΩ := ρ−1y sopra y, cioe un’applicazione Ω×G→ Ω che associa ad una coppia(x, g) ∈ Ω × G un elemento di Ω, usualmente indicato con xg, e soddisfa lecondizioni

a) xidG = x;

b) (xg)h

= xgh ∀g, h ∈ G.(3.12)

Infatti, la (3.12.a) e palesemente soddisfatta perche idG = [ηy]y e il sollevamentodel cappio costante ηy di punto iniziale x e il cammino costante ηx (il cui puntofinale e ovviamente ancora x), mentre la (3.12.b) richiede qualche riflessione inpiu: se g = [α]y e h = [β]y il primo membro della (3.12.b) restituisce il punto

βαx(1)(1) mentre il secondo da (α ∗ β)x(1) = αx ∗ βαx(1)(1) 19, ma i cammini

βαx(1) e αx ∗ βαx(1) hanno lo stesso punto finale.

Definizione 134 . L’azione (3.11) viene detta azione di monodromia del gruppofondamentale π1(Y, y) sulla fibra sopra y (indotta dal rivestimento (X, ρ)).

I risultati finora ottenuti ci permettono di determinare il gruppo fondamentaleπ1(S1, 1C) delle classi d’omotopia dei cappi di S1 di punto base l’unita complessa

18Il sollevamento di un cammino costante, dovendo essere contenuto in una fibra, cioe in unospazio discreto, non puo che essere anch’esso costante.

19Il sollevamento di α ∗ β di punto iniziale x e il prodotto αx∗ βαx(1) avendosi

ρ

αx(2s), se s ∈

[0, 1

2

]βαx(1)(2s− 1), se s ∈

[12, 1] =

ρ αx(2s), se s ∈

[0, 1

2

]ρ βαx(1)(2s− 1), se s ∈

[12, 1]=

α(2s), se s ∈

[0, 1

2

]β(2s− 1), se s ∈

[12, 1]

=α ∗ β(s)e αx∗ βαx(1)(0) = αx(0) = x.

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101

1C = (1, 0). La fibra Ω := exp−11C sopra 1C relativamente al rivestimento(E1, exp) di S1 e costituita dall’insieme Z dei numeri interi e possono essere fattele seguenti considerazioni:

• per ciascun intero z, il cammino γz : t 7→ zt e un sollevamento del cappio

exp γz : t 7→ e2πizt

di S1 di punto base 1C; piu precisamente γz ha punto iniziale 0 e puntofinale z cioe, con la notazione consolidata mediante la Proposizione 128,

γz = ˜exp γz 0;

• essendo E1 contraibile, quindi semplicemente connesso, ogni cammino di E1

di punto iniziale 0 e punto finale z ∈ Z e omotopo (relativamente a 0, 1)a γz

20;

• ogni cappio di S1 di punto base 1C e omotopo a t 7→ exp(tz) per qualcheintero z 21.

Queste considerazioni permettono di concludere che ogni elemento del gruppo fon-damentale π1(S1, 1C) e del tipo [exp γz]1C per qualche intero z e questo elemento”muove” 0 in z = γz(1) nell’azione di monodromia. Cio produce l’applicazione

δ : [exp γz]1C 7→ z

che definisce un isomorfismo di gruppi π1 (S1, 1C) Z(+). Infatti, per ciascunacoppia di elementi [exp γz1 ]1C e [exp γz2 ]1C di π1(S1, 1C), l’intero

δ([exp γz1 ]1C [exp γz2 ]1C

)= δ[(exp γz1)∗(exp γz2)]1C

e il punto finale del sollevamento del cammino (exp γz1)∗ (exp γz2) di puntoiniziale 0 che e il cammino

t 7→

γz1(2t), se t ∈

[0, 1

2

];

z1 + γz2(2t− 1), se t ∈[

12 , 1];

(3.13)

20Infatti, se δ e un cammino di E1 di punto iniziale 0 e punto finale z, il prodotto δ ∗ γz e uncappio di E1 di punto base z cosicche δ ∗ γz '0,1 ηz ⇒ γz '0,1 δ ∗ ηz '0,1 δ.

21Segue dal fatto generale che se αx e βx sono sollevamenti omotopi relativamente ad unrivestimento (X, ρ) di punto iniziale x ∈ X di cappi α e β di uno spazio topologico Y di puntobase y ∈ Y , allora anche α e β devono essere omotopi (tutto relativamente a 0, 1); infatti, se

G e un’omotopia I×I→ X tale che G(s, 0) = αx(s) e G(s, 1) = βx(s), allora ρG e un’omotopiaI× I→ Y tale che ρ G(s, 0) = α(s) e ρ G(s, 1) = β(s).

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102 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

tenuto conto che il punto iniziale del cammino (3.13) e quello della prima metadi cammino, cioe 0, e

t 7→ exp

2tz1, se t ∈

[0, 1

2

];

z1 + (2t− 1)z2, se t ∈[

12 , 1];

=

exp (2tz1) , se t ∈

[0, 1

2

];

exp (z1 + (2t− 1)z2) , se t ∈[

12 , 1];

e il cammino

t 7→

exp (2tz1) , se t ∈

[0, 1

2

];

exp ((2t− 1)z2) , se t ∈[

12 , 1];

= (exp γz1)∗(exp γz2) (t)

perche exp trasforma la somma tra numeri reali in prodotto tra numeri complessie exp(z1) = 1C. Poiche il punto finale del cammino (3.13) e z1 + z2, si ha

δ([exp γz1 ]1C [exp γz2 ]1C

)= z1 + z2

e si vede che δ : π1(S1, 1C)→ Z e un omomorfismo di gruppi, anzi un isomorfismoove si tenga conto che δ e suriettiva avendosi z = δ[exp γz]1C per ciascun interoz e, se δ[exp γz]1C = 0, cioe γz(1) = 0, deve essere necessariamente z = 0. 2

Dunque il gruppo fondamentale di S1 e isomorfo al gruppo additivo dei numeriinteri che da anche il gruppo fondamentale di ogni spazio che ha lo stesso tipodi omotopia di S1 (Teorema 117) qual e per esempio il ”piano bucato” E2∗ (cfr.Example 106), ovvero C∗. L’interpretazione di questi fatti e naturale: ad ognicappio di un spazio che ha lo stesso tipo di omotopia di S1 viene associata lasomma algebrica del numero di ”giri” che il cappio fa in senso orario e in sensoantiorario attorno al ”buco”, assumendo uno dei due versi come positivo.

Una funzione di rivestimento ρ : X → Y induce, come tutte le funzioni con-tinue, un omomorfismo di gruppi ρ∗ : π1(X,x0) → π1(Y, y0), se x0 ∈ ρ−1y0.Ogni cappio ω di X di punto base x0 e il sollevamento (ovviamente di puntoiniziale x0) di un cappio di Y di punto base y0, precisamente ω = ρ ωx0

. Poicheil sollevamento di un cammino costante deve essere anch’esso costante (cfr. nota14 a pie di pagina), vediamo che il nucleo di ρ∗ e banale, cioe

Teorema 135 . Se ρ : X → Y e una funzione di rivestimento, l’omomorfismo digruppi ρ∗ : π1(X,x0)→ π1(Y, y0) e iniettivo per ogni coppia di punti base y0 ∈ Ye x0 ∈ ρ−1y0. 2

Un elemento [α]y0 ∈ π1(Y, y0) lascia fisso un punto x0 della fibra sopra y0

nell’azione di monodromia se, e solamente se, il sollevamento αx0ha x0, oltre che

come punto iniziale, anche come punto finale, cioe e un cappio di punto base x0.Poiche ρ∗[αx0

]x0= [ρ αx0

]y0= [α]y0

, si ha

Proposizione 136 . Per un dato rivestimento (X, ρ) di uno spazio topologico Y eper dati punti y0 ∈ Y e x0 ∈ ρ−1y0, l’immagine ρ∗π1(X,x0) nell’omomorfismodi gruppi ρ∗ : [αx0

]x07→ [α]y0

e il sottogruppo di π1(Y, y0) che lascia fisso x0 nel-l’azione di monodromia indotta dal rivestimento (X, ρ) (il cosiddetto stabilizzante,o stabilizzatore, di x0). 2

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103

Nel caso in cui la fibra sopra y0 sia contenuta in una componente connessa percammini di X e x1, x2 sono punti della fibra, un cammino γ in X di punto inizialex1 e punto finale x2 e della forma αx1

per qualche cappio α di punto base y0,precisamente α := ρ γ. Cio significa che in tal caso l’azione di monodromia delgruppo fondamentale π1(Y, y0) sulla fibra sopra y0 e come si suol dire transitiva,cioe il gruppo muove due qualsiasi punti l’uno sull’altro. La seguente proposizioneribadisce questo fatto.

Proposizione 137 . Se (X, ρ) e un rivestimento dello spazio topologico Y aven-te una fibra ρ−1y0 contenuta in una componente connessa per cammini, al-lora l’azione di monodromia del gruppo fondamentale π1(Y, y0) su tale fibra etransitiva. 2

Si assuma adesso che lo spazio di rivestimento X sia connesso per cammini(e quindi tale deve essere anche Y in quanto sua immagine continua), allora laProposizione 137 ci assicura che l’azione di monodromia del gruppo fondamentaleπ1(Y, y0) sulla fibra ρ−1y0 e transitiva qualunque sia il punto base y0. Latransitivita ha come conseguenza che la cardinalita della fibra ρ−1y0 e pariall’indice dello stabilizzante ρ∗π1(X,x0) in π1(Y, y0) 22, cosicche nel caso in cui ilgruppo fondamentale π1(Y, y0) abbia cardinalita finita vale l’identita

|ρ−1y0| =|π1(Y, y0)||ρ∗π1(X,x0)|

=|π1(Y, y0)||π1(X,x0)|

, (3.14)

ove si tenga conto che ρ∗ e iniettiva. Poiche gruppi fondamentali con punto basenella stessa componente connessa per cammini sono isomorfi (cfr. Proposizione112), la cardinalita di una fibra e indipendente dai particolari punti base 23.Riassumendo

Teorema 138 . Se (X, ρ) e un rivestimento di uno spazio topologico Y con Xconnesso per cammini, allora tutte le fibre relative a ρ hanno la stessa cardinalita.Questa cardinalita (il cosiddetto grado del rivestimento) e l’indice del sottogruppoρ∗π1(X,x0) in π1(Y, y0) per ciascun y0 ∈ Y e x0 ∈ ρ−1y0. In particolare, selo spazio di rivestimento e semplicemente connesso il gruppo fondamentale dellospazio rivestito Y ha la stessa cardinalita di una fibra. 2

Un’applicazione immediata del Teorema 138 al rivestimento (Sn, π) dello spa-zio proiettivo RPn, un rivestimento di grado 2 (cfr. nota 13 a pie’ di pagina), cidice che, per n > 1, il gruppo fondamentale di RPn 24 e isomorfo a Z2 perche Sne uno spazio semplicemente connesso. Quest’ultima affermazione e conseguenzadel successivo Teorema 139. Tale conclusione non deve sorprendere perche peruna data fibra p,−p vi sono solo due possibilita per un cammino di Sn avente

22Questo e un fatto generale che prescinde dall’azione di monodromia: se un gruppo G haun’azione transitiva su un insieme Ω, allora per ogni p ∈ Ω, denotato con Gp lo stabilizzante dip in G, l’insieme Ω e in corrispondenza biunivoca con l’insieme delle classi laterali di G modulolo stabilizzante Gp.

23Ricordiamo che questo gia succede quando lo spazio topologico Y e connesso e localmenteconnesso (cfr. Proposizione 124).

24Non occorre precisare il punto base del gruppo fondamentale perche RPn e connesso percammini. Si osservi che se uno spazio topologico Y ha uno spazio di rivestimento connesso percammini, allora anche Y deve essere connesso per cammini in quanto immagine continua di unospazio con tale proprieta.

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104 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

punto iniziale e punto finale sulla fibra: o il cammino e un cappio, oppure e uncammino che congiunge p e −p e ovviamente questi due tipi di cammino non sonoomotopi.

Teorema 139 . Sia X uno spazio topologico il cui sostegno e unione di due apertiU e V ciascuno dei quali sostiene un sottospazio semplicemente connesso. Sel’intersezione U ∩ V sostiene un sottospazio connesso per cammini, allora X esemplicemente connesso.

Dimostrazione. Ovviamente bisogna solo controllare che ogni cappio α in Xche non sia interamente contenuto ne in U , ne in V , e omotopo ad un cappiointeramente contenuto in U , oppure in V . Poiche le ipotesi poste richiedono cheX sia connesso per cammini, il Teorema 114 assicura che, per i nostri fini, non erestrittivo assumere come punto base del cappio un qualunque punto di X: sia

x0 := α(0) = α(1) ∈ U ∩ V.

L’aperto α−1U e unione disgiunta d’intervalli di [0, 1] e lo stesso vale per α−1V .Questi intervalli sono aperti di I che messi assieme ricoprono I e ciascuno di essi eindispensabile al ricoprimento: vista la compattezza di I, questi intervalli devonoessere in numero finito. Il fatto che I e connesso richiede allora l’esistenza di puntit0 = 0 < t1 < . . . < tn < tn+1 = 1 in α−1(U ∩ V ) per cui si abbia α[ti, ti+1] ⊆ Uoppure α[ti, ti+1] ⊆ V (i = 0, 1, . . . , n). Si ponga

αi := α|[ti, ti+1].

Chiaramente possiamo assumere α0[0, t1] ⊆ U e, conseguentemente, α1[t1, t2] ⊆V , perche in caso contrario si puo procedere in modo speculare.

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105

Sia γ un cammino di punto iniziale α(t1) e punto finale α(t2) interamente con-tenuto in U ∩ V la cui esistenza e assicurata da una ipotesi. Allora α1 ∗ γ e uncappio di punto base α(t1) interamente contenuto in V ed e quindi omotopo alcammino costante ηα(t1), cioe α1 '0,1 γ, e vediamo che

α = α0 ∗ α1 ∗ . . . ∗ αn '0,1 α0 ∗ γ ∗ . . . ∗ αn.

Adesso si puo iterare il procedimento per giungere alla fine ad un cappio intera-mente contenuto in U . 2

Corollario 140 . Per n > 1 la sfera Sn e semplicemente connessa.

Dimostrazione. I punti di Sn diversi dal polo nord e quelli diversi dal polosud formano aperti U e V di Sn che sostengono sottospazı di Sn omeomorfi a En,quindi semplicemente connessi. Poiche l’intersezione U∩V sostiene un sottospazioomeomorfo a En∗, un sottospazio connesso per cammini, vediamo che l’assunto eimmediata conseguenza del Teorema 139. 2

Rivestimenti universali. Quando uno spazio di rivestimento di uno spazio to-pologico e semplicemente connesso il rivestimento viene detto universale. In baseal Teorema 138 la cardinalita del gruppo fondamentale di uno spazio topologicoche ammette un rivestimento universale e quella di una fibra della funzione dirivestimento per cui e di un certo rilievo sapere se uno spazio topologico ha unrivestimento universale oppure no e, in caso affermativo, conoscerne la struttura.

Osservazione 141 . E il caso di puntualizzare che non ci si puo aspettare cheogni spazio topologico connesso per cammini abbia un rivestimento universale 25.Per esempio, per il sottospazio connesso per cammini Y di E2 che si appoggiasull’insieme di punti

⋃n∈N∗ V

((x− 1

n

)2+ y2 − 1

n2

),

25Uno spazio topologico che ha un rivestimento universale deve necessariamente essere con-nesso per cammini in quanto immagine continua dello spazio di rivestimento che ha quellaproprieta.

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106 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

ottenuto unendo, al variare di n tra gli interi positivi, le circonferenze di centro(1n , 0)

e raggio 1n

26, non puo esistere un rivestimento universale. Infatti, seesistesse un rivestimento universale (X, ρ) di Y , in un intorno ben ricoperto U dio := (0, 0) ci sarebbero cappi non omotopi ad un cammino costante 27. Se α e un

tale cappio, in ciascuna componente V di ρ−1U e contenuto un suo sollevamentoche ρ rende immagine omeomorfa di α. Se x0 denota il punto della fibra ρ−1oappartenente a V , il cappio αx0

che solleva α deve essere omotopo al camminocostante ηx0

vista la semplice connessione di X: dunque dovrebbe esistere un’omo-topia F : I× I→ X relativa a 0, 1 per cui si ha F (s, 0) = x0 e F (s, 1) = αx0

(s),ma cio comporterebbe che l’omotopia ρF rende il cammino costante ηo omotopoad α, una contraddizione.

L’esempio di spazio topologico presentato nell’Osservazione 141 sembrerebbesuggerire una condizione necessaria affinche uno spazio topologico connesso percammini possegga un rivestimento universale: lo spazio deve essere localmentesemplicemente connesso, ovvero ogni suo punto deve avere intorni semplicementeconnessi piccoli a piacere. Tuttavia e il caso di puntualizzare che la condizione dilocale semplice connessione per uno spazio topologico connesso per cammini none strettamente necessaria per l’esistenza di un suo rivestimento universale. Peresempio, immaginando lo spazio topologico dell’Osservazione 141 contenuto nelpiano d’equazione z = 0 di E3, il ”cono” delle rette per (0, 0, 1) che si appoggiano

26Quello che viene indicato nella letteratura matematica come l’Orecchino hawayano.27Per quanto piccolo possa essere U , sono sempre contenute in U circonferenze

V((x− 1

n

)2+ y2 − 1

n2

)per n sufficientemente grande e su tali circonferenze possono essere

realizzati cappi che non sono omotopi a cammini costanti, cosı come gia visto con S1.

Page 107: Geometria proiettiva - unipa.it

107

sui punti di quel sottospazio risulta contraibile come tutti i coni, quindi sempli-cemente connesso, ma conserva la locale non semplice connessione dovuta agliintorni del punto (0, 0, 0).

Invece la locale semplice connessione per uno spazio topologico Y connessoper cammini, pur non essendo strettamente necessaria, garantisce che lo spazioabbia un rivestimento universale (X, ρ) che puo essere costruito come segue.

Il sostegno di X. Consiste delle classi d’omotopia [α], relativamente a 0, 1,dei cammini di Y di punto iniziale un fissato punto y0 ∈ Y .

La topologia di X. E quella generata dalla famiglia di sottoinsiemi di X

B([α], A

):=

[α ∗ β] : β e un cammino in A di punto iniziale α(1)

28 (3.15)

ottenuti al variare di A tra gli aperti di Y e α tra i cammini in Y di punto inizialey0 e punto finale in A 29.

28Si osservi che se [γ] ∈ B([α], A

), quindi [γ] = [α ∗ β] per qualche cammino β in V di punto

iniziale α(1), allora [α] = [γ ∗ β ] ∈ B([γ], A

)perche β e un cammino in A di punto iniziale γ(1).

In particolare si puo desumere che B([α], A

)= B

([γ], A

).

29I sottoinsiemi (3.15) soddisfano gli assiomi a cui devono sottostare i membri di una base(cfr. la nota 10 a pie di pagina del Capitolo 2):i) ogni elemento [α] di X appartiene a ciascun sottoinsieme B

([α], A

)(basta prendere β =

ηα(1)) cosicche i sottoinsiemi (3.8) ricoprono X;

ii) se [γ] ∈ B([α1], A1

)∩B([α2], A2

)allora, per i = 1, 2, γ '0,1 αi∗βi per qualche cammino

βi in Ai di punto iniziale αi(1) e punto finale in A1 ∩A2, e si ha

[γ] ∈ B([γ], A1 ∩A2

)⊆ B

([αi], Ai

).

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108 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

La connessione per cammini di X. Per ogni [α] ∈ X e per ogni s ∈ I, denotatocon αs il cammino t 7→ α(st) in Y , un cammino di punto iniziale y0 e punto finaleα(s), l’applicazione φα : s 7→ [αs] definisce un cammino in X di punto iniziale[ηy0 ] e punto finale [α], ove si dimostri che φα e una funzione continua I → X,ovvero si dimostri che e aperta in I la pre-immagine in φα di un aperto di X cheinterseca φα(I): ovviamente si puo limitare la verifica agli aperti della base (3.15).

Se s ∈ φ−1α B

([γ], A

), dunque [αs] ∈ B

([γ], A

)= B

([αs], A

)(cfr. nota 24),

per la continuita di α si puo sempre scegliere un numero reale positivo r in modoche ] s − r, s + r [⊆ α−1A 30, cioe α ]s − r, s + r[⊆ A, e per un tale r si haanche l’inclusione φα ]s− r, s+ r[⊆ B

([αs], A

)perche, per ciascun numero reale

t dell’intervallo ]s − r, s + r[, αt si puo ottenere prolungando αs o con un pezzodel cammino α|]s−r, s+r[ o con un pezzo di α|]s−r, s+r[ secondo che t ≥ s oppure

t ≤ s. Dunque ]s−r, s+r[⊆ φ−1α B

([γ], A

)e si puo concludere che φα e continua.

.La funzione di rivestimento ρ. L’applicazione ρ : [α] 7→ α(1) e:

• ben definita perche l’omotopia e relativa a 0, 1,

• continua perche se A e un aperto di Y la sua pre-immagine in ρ, che consistedei punti di X individuati da cammini con punto finale in A, e aperto in Xavendo ogni suo punto [α] un intorno, precisamente B

([α], A

), palesemente

contenuto in ρ−1A,

• aperta perche l’immagine in ρ di un aperto di X della forma B([α], A

)determina la componente connessa per cammini di α(1) in A, componenteche ha sostegno in un aperto di Y per la locale semplice connessione di Y 31.

Adesso se si vuole un intorno ben ricoperto per un generico punto y ∈ Y si scelgaun suo intorno Uy semplicemente connesso: in tal caso la funzione continua eaperta ρ si restringe ad un omeomorfismo B

([α], Uy

) Uy se α e un cammino in

30ovviamente se s = 0 (risp. s = 1) l’intervallo da considerare e [0, r[(risp. ]1−r, 1]

).

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109

Y di punto iniziale y0 e punto finale y 32 e due tali aperti B([α1], Uy

)e B([α2], Uy

)sono ad intersezione vuota se α1 6' α2

33. Pertanto

ρ−1Uy = [y] ∈ X : γ(1) ∈ Uy =⋃

[α]∈X, α(1)∈Uy

B([α], Uy

)con ciascuna componente dell’unione disgiunta dalle rimanenti.

La semplice connessione di X. Sia ω : I → X un cappio in X di punto base[ηy0

]: come sempre ω e un sollevamento del cappio α := ρ ω di Y , precisamenteω = α[ηy0 ] usando una notazione gia consolidata. Ma e anche

φα(0) = [α0] = [ηy0] e ρ φα(s) = ρ[αs] = α(s) ∀s ∈ I,

cioe ω = φα per l’unicita del sollevamento α[ηy0 ]. Poiche ω e un cappio, si haω(1) = [ηy0

] e possiamo scrivere

[ηy0] = ω(1) = φα(1) = [α1] = [α],

cioe [ηy0] e [α] sono lo stesso elemento del gruppo fondamentale π1(Y, y0) e con-

seguentemente la classe d’omotopia del sollevamento ω deve essere l’elementoneutro del gruppo fondamentale π1

(X, [ηy0

])

per l’iniettivita di ρ∗, cioe il cappioω e omotopicamente equivalente in X al cammino costante η[ηy0 ]. Pertanto

Teorema 142 Ogni spazio connesso per cammini e localmente semplicementeconnesso possiede un rivestimento universale. 2

Corollario 143 . Ogni varieta topologica connessa possiede un rivestimento uni-versale.

Dimostrazione. In virtu del Teorema 102 una varieta topologica connessa eanche connessa per cammini. Se n e la dimensione della varieta ogni suo punto haun intorno topologicamente equivalente ad un aperto di En cosicche ogni puntoha anche intorni piccoli a piacere semplicemente connessi essendo En localmentesemplicemente connesso. 2

La costruzione del rivestimento universale che abbiamo descritto e essenzial-mente unica, nel senso che ogni altro rivestimento universale di Y e omeomorfo aquello che abbiamo costruito.

Corollario 144 . Ogni spazio topologico connesso per cammini e localmentesemplicemente connesso possiede, a meno di omeomorfismi, un unico spazio dirivestimento semplicemente connesso.

Dimostrazione. Siano (X, ρ) e (Z, σ) rivestimenti di uno spazio topologico Yconnesso per cammini e localmente semplicemente connesso con X e Z ambeduesemplicemente connessi. Poiche Y ha intorni ben ricoperti piccoli a piacere con-nessi per cammini, le pre-immagini di questi intorni nelle funzioni di rivestimento

32La biiettivita e garantita dal fatto che Uy e semplicemente connesso cosicche non possonoesistere in Uy due cammini non omotopi aventi lo stesso punto finale.

33Dunque quello costruito e un rivestimento di grado pari al numero dei cammini di puntoiniziale y0 e punto finale y a due a due non omotopi.

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110 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

danno la locale connessione per cammini anche per X e Z e si puo applicare ilCorollario 131. Si fissino y0 ∈ Y , x0 ∈ ρ−1y0 e z0 ∈ σ−1y0.

Ci sono allora sollevamenti σ di σ, relativamente al rivestimento (X, ρ)

Zσ−→ X

σ ↓ρY

,

e ρ di ρ, relativamente al rivestimento (Z, σ)

Xρ−→ Z

ρ ↓σY

,

per cui si ha σ(z0) = x0 e ρ(x0) = z0. Conseguentemente

ρ σ(z0) = z0 e σ ρ(x0) = x0 (3.16)

e, tenuto conto delle condizioni ρ σ = σ e σ ρ = ρ a cui i sollevamenti σ e ρdevono sottostare, si hanno le identita funzionali

σ (ρ σ) = σ e ρ (σ ρ) = ρ. (3.17)

Le (3.17) e le (3.16) dicono che ρσ e il sollevamento di σ, relativamente al rivesti-mento (Z, σ), che applica z0 a z0 (risp. σ ρ e il sollevamento di ρ, relativamenteal rivestimento (X, ρ), che applica x0 a x0)

Zρσ−−→ Z

σ ↓σY

Xσρ−−→ X

ρ ↓ρY

,

ma un tale sollevamento e gia l’identita di Z (risp. l’identita diX): la Proposizione126 ci permette allora di concludere che ρ σ = idZ e σ ρ = idX . 2

Spazi di orbite. Siano dati uno spazio topologico X ed un gruppo G aventeun’azione (sinistra) 34 θ : G×X → X. Identificando in un unico punto ciascunaorbita

Ωp := x ∈ X : x = g(p) := θ(g, p) per qualche g ∈ G,34L’argomento di questa sezione puo essere tranquillamente riferito anche ad azioni destre.

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111

si ottiene uno spazio topologico quoziente i cui elementi sono le singole orbite, ilcosiddetto spazio delle orbite di G (in X), usualmente denotato con X/G.

Definizione 145 . In presenza di un’azione θ : G ×X → X di un gruppo G suuno spazio topologico X, diremo che X e uno G-spazio se per ciascun g ∈ G lafunzione θg : p 7→ g(p) e continua 35.

Proposizione 146 . Se lo spazio topologico X e uno G-spazio per un’azione θ :G×X → X di un dato gruppo G, allora la proiezione canonica π : p 7→ Ωp nellospazio delle orbite e una funzione aperta.

Dimostrazione. Si deve dimostrare che se A e un aperto di X allora π(A) eaperto in X/G, ovvero che π−1π(A) e un aperto di X. Si ha

π−1π(A) = x ∈ X : π(x) ∈ π(A)= x ∈ X : π(x) = π(a) per qualche a ∈ A= x ∈ X : x = θg(a) per qualche a ∈ A e g ∈ G= x ∈ X : x ∈ θg(A) per qualche g ∈ G=⋃g∈G θg(A),

da cui l’assunto essendo ciascuna funzione θg aperta (cfr. nota 35 a pie di pagina).2

Definizione 147 . Un’azione θ : G × X → X di un gruppo G su uno spaziotopologico X che rende X uno G-spazio viene detta propriamente discontinua seogni punto p di X ha un intorno Up soddisfacente la condizione

g1(Up) ∩ g2(Up) = ∅ ∀g1, g2 ∈ G, g1 6= g236.

Un esempio di azione propriamente discontinua e l’azione del gruppo abelianoZ su E1 definita dall’applicazione

(n, x) 7→ n+ x 37. (3.18)

35In realta e un omeomorfismo X X poiche si puo controllare a vista che θg−1 = θ−1g .

36Si osservi che un’azione propriamente discontinua e libera (da punti fissi), cioe solol’elemento neutro di G puo lasciare un punto fisso.

37L’intervallo]x− 1

2, x+ 1

2

[e un intorno di x che soddisfa la condizione richiesta.

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112 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

Nel caso di un’azione propriamente discontinua la coppia formata dallo spazio Xe dalla proiezione canonica p 7→ Ωp forniscono un rivestimento per lo spazio delleorbite X/G; piu precisamente si ha

Proposizione 148 . Sia G un gruppo avente un’azione propriamente discontinuasu uno spazio topologico X allora (X,π) e un rivestimento dello spazio delle orbiteX/G, dove π : X → X/G denota la proiezione canonica p 7→ Ωp che associa adogni punto p ∈ X l’orbita Ωp a cui appartiene.

Dimostrazione. L’immagine nella proiezione canonica π dell’intorno Up dellaDefinizione 147 e un intorno ben ricoperto per il punto Ωp = π(p) avendosi (vedidimostrazione della Proposizione 146 per A = Up)

π−1π(Up) =⋃g∈G θg(Up) =

⋃g∈G g(Up),

ove si tenga conto che π e continua e aperta e la restrizione di π a ciascun apertoθg(Up) = g(Up) e una biiezione g(Up) π(Up) perche ciascun punto q ∈ Up haun’orbita che interseca g(Up) solamente in g(q). 2

Osservazione 149 .

1. Due numeri reali sono nella stessa orbita rispetto all’azione (3.18) di Zsu E1 esattamente quando la loro differenza e un intero cosicche le orbitedell’azione sono le classi laterali di R modulo Z, cioe lo spazio delle orbitedi quest’azione e omeomorfo a S1 (cfr. Osservazione 99). Il rivestimento diS1 che ne segue e essenzialmente lo stesso di quello ottenuto con la funzioneesponenziale (cfr. Esempio 120.1).

2. Il gruppo moltiplicativo con due elementi ±1 ' Z2 ha un’azione propria-mente discontinua su Sn definita dall’applicazione

(1, p) 7→ p, (−1, p) 7→ −p 38.

Le orbite di quest’azione sono ovviamente le coppie di punti antipodali, cioelo spazio delle orbite e lo spazio proiettivo RPn e il rivestimento di RPncorrispondente a quest’azione e quello dell’Esempio 120.2.

L’esempio dell’Osservazione 149.2 puo essere esteso ad un qualunque gruppofinito; piu precisamente si ha

Proposizione 150 . Sia G un gruppo finito avente un’azione θ : G × X → Xlibera da punti fissi su uno spazio di Hausdorff X. Se l’azione θ rende X unoG-spazio, allora θ e propriamente discontinua.

Dimostrazione. Si denotino con g1, g2, . . . , gn gli elementi di G e sia g1 l’ele-mento neutro. Visto che θ e un’azione libera da punti fissi, per ciascun p ∈ X ipunti p = g1(p), g2(p), . . . , gn(p) sono tutti distinti cosicche esistono intorni Ui digi(p), i = 1, 2, . . . , n, per cui si ha U1 ∩ Uj = ∅ per j = 2, 3, . . . , n perche X e diHausdorff. Allora l’aperto

Up :=⋂ni=1 g

−1i Ui ⊆ U1 (3.19)

38Quest’azione rende Sn uno Z2-spazio perche sono palesemente ambedue continue le funzionip 7→ p e p 7→ −p.

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113

e un intorno di p per il quale, per ogni coppia gk, gl di elementi distinti di G, sipossono scrivere le identita

gk(Up) ∩ gl(Up) = gl(g−1l gk(Up) ∩ Up

)= gl

(gm(Up) ∩ Up

)(3.20)

avendo indicato con gm il prodotto g−1l gk. Si ha

gm(Up) = gm⋂ni=1 g

−1i Ui =

⋂ni=1 gmg

−1i Ui ⊆ Um (3.21)

perche tra i membri dell’intersezione c’e gmg−1m Um = Um. Dunque l’intersezio-

ne gm(Up) ∩ Up e vuota per la (3.19) e la (3.21) e conseguentemente e vuotal’intersezione gk(Up) ∩ gl(Up) per la (3.20). 2

Teorema 151 Siano G un gruppo ed X uno G-spazio. Se l’azione di G su Xe propriamente discontinua, allora per ciascun p ∈ X vi e un omomorfismo digruppi π1(X/G,Ωp) → G 39 che e suriettivo se X e connesso per cammini, unisomorfismo se X e semplicemente connesso.

Dimostrazione. Per la Proposizione 148, (X, π), dove π(x) da il punto Ωx diX/G, e un rivestimento dello spazio delle orbite X/G. Si fissi un punto p ∈ X. Perl’azione di monodromia associata a questo rivestimento, ogni cappio α di X/G dipunto base Ωp ha un unico sollevamento αp di punto iniziale p il cui punto finalee un punto dell’orbita Ωp (cfr. nota 39) che non dipende dal particolare cappioche rappresenta la classe d’omotopia [α]: dunque esiste un unico elemento gα ∈ Gtale che

gα(p) = αp(1) 40.

Abbiamo cosı una ben posta applicazione

ϕ : [α]Ωp7→ gα

che dimostreremo essere un omomorfismo π1(X/G,Ωp)→ G di gruppi.

39Ωp va visto sia come un singolo punto nello spazio delle orbite X/G, sia come la fibra sopraquesto punto in X.

40gα e unico perche θ e un’azione libera da punti fissi: se ce ne fossero due il primo perl’inverso del secondo fisserebbe p.

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114 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

Per due dati cappi α e β di X/G di punto base Ωp il sollevamento α ∗ βp di

punto iniziale p del prodotto α ∗β e il prodotto αp ∗ βαp(1) = αp ∗ βgα(p) (cf. nota

19 a pie di pagina). Inoltre il cammino θgα βp solleva β 41 ed ha punto inizialegα(p), cioe

βgα(p) = θgα βp.

Pertanto

gα∗β(p) = α ∗ βp(1) = αp ∗ βgα(p)(1) = βgα(p)(1) = θgα βp(1) = θgα(gβ(p))= gαgβ(p),

ovvero gα∗β = gαgβ , visto che l’azione e senza punti fissi, e si puo concludere cheϕ : π1(X/G,Ωp)→ G e un omomorfismo di gruppi:

ϕ([α]

Ωp[β]

Ωp

)= ϕ([α ∗ β]

Ωp) = gα∗ β = gαgβ = ϕ

([α]

Ωp

)ϕ([β]

Ωp

).

Sia X connesso per cammini e sia g un arbitrario elemento di G. Allora vi e uncammino γg di punto iniziale p e punto finale g(p) e il cammino α := πγg di X/G eun cappio di punto base Ωp di cui γg e il sollevamento di punto iniziale p rispetto al

rivestimento (X,π) diX/G. Dunque ϕ(

[α]Ωp

)= g avendosi αp(1) = γg(1) = g(p)

e si vede che ϕ e omomorfismo suriettivo.Sia X semplicemente connesso e sia [α]

Ωp∈ kerϕ. Allora gα = eG richiede

αp(1) = p e l’iniettivita di ϕ segue dalla Proposizione 136. 2

Applicazioni della Topologia algebrica. Vogliamo concludere con delle ap-plicazioni di questo terzo capitolo per ottenere risultati ben noti qual e per esempioil fatto che ogni polinomio f ∈ C[z] di grado positivo ha almeno una radice (Teo-rema fondamentale dell’Algebra). Ovviamente non e restrittivo assumere che fsia monico, dunque

f(z) = zn+1 +∑nk=0 akz

k.

Se per assurdo f fosse priva di radici, quindi a0 6= 0, denotato con X il sottospaziodella retta euclidea che ha sostegno nella semiretta [0,∞), potremmo definire una

41Perche θgα muove ogni punto di X in un punto della sua orbita cosicche π θgα βp =

π βp = β.

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115

funzione continua G : I×X → S1 ed un’omotopia, relativa a 0, 1, F : I× I→ S1

ponendo

G(s, x) :=∣∣∣∣∣∣ f(x)f(x exp(s))

∣∣∣∣∣∣ f(x exp(s))f(x) ;

F (s, t) :=

G(s, t

1−t

), se t ∈ [0, 1[ ;

exp(s(n+ 1)), se t = 1.

42

Risulterebbero pertanto omotopi (relativamente a 0, 1) in S1 il cammino co-stante s 7→ F (s, 0) = G(s, 0) = 1C ed il cappio s 7→ F (s, 1) = exp(s(n+ 1)), cappiche rappresentano invece elementi distinti del gruppo fondamentale di S1. 2

Un altro risultato classico che si puo ottenere utilizzando la Topologia algebricae il Teorema del punto fisso di Brouwer (in dimensione 2), che afferma che ognifunzione continua con dominio e codominio il disco Dn ha almeno un punto fisso.La dimostrazione in dimensione > 2 richiede strumenti superiori a quelli in nostropossesso, ma per n = 2 i risultati di Topologia algebrica ottenuti sono sufficienti.

Si assuma per assurdo che esista una funzione continua f : D2 → D2 tale chef(p) 6= p ∀p ∈ D2. Allora per ciascun p ∈ D2 e possibile definire l’intersezione trala semiretta di origine f(p) contenente p e la frontiera di D2. Cio darebbe unafunzione continua ϕ : D2 → S1 43 la cui composizione con l’inclusione i : S1 → D2

restituisce l’identita di S1:ϕ i = idS1 .

Avremmo quindi il diagramma commutativo

42F e continua anche per t = 1 avendosi

limt→1 F (s, t) = limt→1G(s, t

1−t

)= limx→∞G(s, x) = exp(s)n+1 = exp(s(n+ 1)).

43ϕ(p) e il punto della semiretta tp + (1 − t)f(p), t ∈ [0,+∞) corrispondente al valore delparametro (non negativo) t per cui si ha

||tp+ (1− t)f(p)|| = 1.

Tale valore si desume risolvendo un’equazione quadratica che e un’espressione continua dellecoordinate di p. Ne consegue che le coordinate di ϕ(p) sono funzioni continue delle coordinatedi p.

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116 CAPITOLO 3. TOPOLOGIA ALGEBRICA

e quindi il corrispondente diagramma per i gruppi fondamentali

che palesemente non puo sussistere essendo D2 contraibile, mentre π1(S1) e iso-morfo a Z. 2