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FXP FalconeXPress numero 2 anno IV Organo di stampa ufficiale dell'Istituto Superiore "Giovanni Falcone" di Asola

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editoriale5 Energia e Ambiente

speciale energia 7 Per una scelta consapevole

10 Nucleare?14 Nucleare? Sì, grazie!

17 La cinquina vincente per salvare il nostro pianeta20 La lobby del nucleare è costituita da piccoli gruppi ma molto potenti

24 L’uomo e il nucleare28 La terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri,

ma in prestito dai nostri figli34 Energia del futuro?38 Energie rinnovabili40 L’energia che verrà

44 Energia geotermica: una possibile soluzione?46 Biogas: una proposta interessante

48 Nucleare, bugie e videoclipil quadrato

54 Progetto Martina55 Progetto Martina

58 La squadra di Matematica60 Orson Welles e Franz Kafka, due uomini a confronto

letteratura64 Shiver, una storia di amore e di lupi

cinema67 Il mito diventa film

società68 Diversi... Ma quanto?70 Premio libri giovani

sicurezza73 Sicurezza in moto

musica76 Tram 92

chine78 A volte la fisica gioca brutti scherzi

la posta80 La Posta di Corinne

l’oroscopo81 La previsione per il mese di maggio

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Energia e ambiente. È questa la sfida che noi tutti abbiamo di fronte. Riuscire a concorda-re il continuo bisogno di energia con la sal-

vaguardia dell’ambiente e aggiungerei, dei posti di lavoro che a diverso titolo sono impegnati nell’in-dustria energetica. Il binomio è molto attuale nel nostro territorio provinciale e sarà uno dei fonda-mentali temi di discussioni per gli anni a venire. Una cosa è certa la ricerca dovrà compiere molta strada per giungere alla individuazione dell’energia davve-ro pulita, sicura e che sia soprattutto autosufficien-te. È compito delle istituzioni statali erogare molte risorse per la ricerca, sapendo che solo così possia-mo far fronte alla questione seriamente. Puntare sul vento e sul sole non basta, è risaputo. Inoltre il nu-cleare è pericoloso, non è sicuro, è costoso, e ha il problema “smaltimento scorie” di difficile soluzio-ne. Il binomio energia e ambiente, inoltre, è legato anche alla salute, visto le ricadute che tutto ciò che noi facciamo nell’ambiente ha sulla nostra vita bio-logica. Credo che sia anche necessaria fare una ri-

flessione sullo spreco di energia che molte volte si compie durante la  no-stra vita quotidiana, sia a casa, sia sul luogo del la-voro. In questo numero del nostro giornalino ci saranno importanti ri-flessioni su tanti aspet-ti connessi a questa in-teressante ed attuale tematica.

energia e ambienteLa grande sfida del XXI secolo

a cura di Antonio CIRIGLIANO (Direttore Responsabile)

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speciale energia

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Il giudizio al quale siamo chiamati il 12 giugno non rappre-

senta una semplice scel-ta economico-politica, ma porta con sé impli-cazioni di carattere eti-co non indifferenti. In-fatti, la lunga vita delle centrali, ma soprattutto delle scorie prodotte, fa sì che le nostre scelte ri-cadranno sulle genera-zioni future, e sta a noi decidere se la senten-za dei nostri posteri sarà positiva o meno. Eviden-temente non possedia-mo la sfera di cristallo, ma possiamo essere for-ti di una lezione, la lezio-ne della storia che come spesso accade ci inse-gna a non ripetere i no-stri errori. Tuttavia, sa-rebbe stolto limitarsi al sentimento e al luogo comune e perciò un’ana-lisi tecnica delle questio-ni è quanto mai neces-saria. Il risultato è che considerate le caratte-ristiche di eventuali im-pianti costruiti in Italia, i

per una scelta consapevolenon esiste un sistema perfetto

tale da risolvere tutti i nostri problemia cura di Joned SARWAR (Direttore Editoriale)

7maggio 2011

reattori EPR di terza generazione, le quali lascereb-bero spazio al ripetersi di incidenti nucleari già ve-rificatisi e non sarebbero immuni da problematiche strutturali già evidenziate da vari studi indipenden-ti. A ciò si aggiunge il silenzio che spesso circonda le vicende di incidenti o malfunzionamenti che per proteggere interessi di pochi finiscono per colpire molti. Per di più ci troviamo nelle condizioni in cui il nostro potere decisionale viene messo in discussio-ne da un governo che pretende di saper decidere meglio del popolo che lo ha eletto, ma che, ancora una volta, dimostra la sua sudditanza nei confron-ti di poteri economici forti che tirano le fila della no-stra vita arbitrariamente. In questo caso quindi non solo le nostre preoccupazioni, ma anche i pareri tec-nici convergono a consigliarci di evitare il nucleare in questo momento e a convogliare i nostri sforzi in altre direzioni. Il mercato delle rinnovabili è oggigiorno in forte espansione e pur non potendo sostituire comple-tamente la nostra dipendenza da fonti energetiche tradizionali, può però creare una risorsa tale da ren-dere autosufficienti piccole comunità e a lungo an-dare ridurre il costo dell’energia. Anche la resa di queste tecnologie non potrà che aumentare in fu-turo, soprattutto nello sfruttamento del Sole che irradia sul nostro pianeta una quantità di energia molto grande, che però ancora non utilizziamo al meglio. L’evoluzione delle strutture di trasmissione dell’energia, altro punto nodale, sta andando verso reti intelligenti, le cosiddette smart grid che ci con-sentiranno in un prossimo futuro di ridurre gli spre-chi ed ottimizzare i consumi integrando al meglio la componente rinnovabile. È vero che in alcuni casi la

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manutenzione e la pro-duzione degli impianti hanno costi elevati, tut-tavia essi possono esse-re ammortizzati a lungo andare e decrescere con l’ampliamento del mer-cato. Non possiamo però affidarci solo a fonti al-ternative che per quanto efficaci non soddisfano la domanda dell’indu-stria e non riescono a stare al passo con la cre-scita dei paesi in via di sviluppo. Infatti, anche prescindendo dal no-stro modello economi-co di crescita continua, non possiamo impedire l’incremento demogra-fico dei paesi del cosid-detto terzo mondo e la loro conseguente fame di energia e non possia-mo nemmeno preten-dere che essi rinuncino a sfruttare il pianeta tan-

to quanto abbiamo fatto noi in passato. Per favori-re quindi una crescita globale, non vi è alternativa al momento a permettere di continuare lo sfrutta-mento del nucleare, laddove vogliamo limitare l’uso di combustibili fossili per difendere il clima planeta-rio. Dobbiamo anche renderci conto che ogni soluzio-ne ha i suoi pro e i suoi contro e che molto proba-bilmente non esiste un sistema perfetto tale da ri-solvere tutti i nostri problemi, per lo meno oggi. Bisogna quindi scegliere quale strada imbocca-re ed investire con convinzione in quella direzione. Così come tutte le tecnologie, però, non dobbiamo escludere che anche il nucleare possa essere miglio-rato e reso più sostenibile in futuro, considerato che esistono già progetti che cambiano radicalmente i principi di funzionamento, come ad esempio i pro-totipi per reattori di quarta generazione, più sicu-ri e meno inquinanti delle strutture ad oggi dispo-nibili. Non bisogna quindi considerare una preziosa fonte di energia come il nucleare un male assoluto, ma piuttosto comprendere che non è questo il mo-mento per intraprendere una strada non solo insi-cura, ma anche poco vantaggiosa economicamen-te, viste le proiezioni sulle scorte di combustibile e sul loro prezzo. Favorevoli o no, per favore andate a votare, è un diritto e un dovere civico.

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FALCONEXPRESS10maggio 2011 FALCONEXPRESS

A poche settima-ne dal disastro giapponese l’in-

terrogativo sul nuclea-re diviene sempre più pressante. Il prossimo 12 giugno l’Italia inte-ra sarà chiamata - pro-babilmente, visto il die-trofront del governo - a dare una risposta a tale

questione. Tuttavia, Il di-battito tra favorevoli e contrari resta e diventa sempre più acceso. Nu-cleare sì o no? L’energia nucleare, come suggerisce il nome stes-so, viene prodotta in se-guito a trasformazio-ni che avvengono nei nuclei atomici. Esisto-no due processi princi-pali: la fusione e la fis-sione. Attualmente il processo più utilizza-to nelle centrali è quello della fissione, che con-siste nel rompere il nu-cleo dell’atomo per ot-tenere notevoli quantità di energia. Gli elemen-ti chimici più utilizza-ti sono quelli ad alto nu-mero atomico, come l’uranio o il plutonio. La fusione, invece,consiste nel processo inverso. Essa però non è ancora utilizzata a livello ener-getico a causa della sua instabilità…basti so-lamente pensare che l’energia prodotta dal-le stelle, tra cui anche il sole, si basa proprio su questo procedimento.Dal ciclo produttivo di fissione hanno origi-ne rifiuti, generalmen-te chiamati scorie. Carat-teristica di tali sostanze

di scarto è l’alta tossici-tà: ad esempio, le scorie di plutonio sono com-bustibili estremamen-te pericolosi destinati a restare attivi per miglia-ia di anni. Il primo gran-de problema di tali so-stanze è dunque la loro tossicità nei confron-ti dell’uomo e dell’am-biente. Negli Stati Uniti ogni anno vengono pro-dotti circa 2300 tonnel-late di rifiuti nuclea-ri, in Francia 1200. Cifre esorbitanti soprattut-to se si considera il fat-to che non è ancora sta-ta trovata una soluzione definitiva e sicura per il loro smaltimento. Attualmente vengono praticate quattro diverse tipologie di stoccaggio. Prima fra tutte lo stoc-caggio nei fondali mari-ni, che prevede il lancio di penetratori contenen-ti le scorie vetrificate in caduta libera sui fonda-li oceanici. Effettivamen-te il sistema si mostra poco costoso garanten-do un seppellimento sotto gli strati di argil-la da 50 ad 80 m ed una vita del penetratore dai 700 ai 1.500 anni, ma chi garantisce che i conte-nitori in cui dovrebbero

Nucleare?Ecco la nostra risposta...!

a cura della IVas

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essere conservate le sco-rie resistano così a lun-go? Chi può garantire la stabilità del sottosuo-lo per migliaia di anni? Altra soluzione, propo-sta dall’americano Bow-man e da Carlo Rubbia, è la “trasmutazione” dei nuclei radioattivi a vita media-lunga in elementi stabili che ha lo scopo di abbreviare l’emivita del-le scorie. Lo stesso Rub-bia afferma che l’ idea è stata quella di provo-care una trasformazio-ne delle scorie radioatti-ve bombardandole con neutroni che si ottengo-no sparando protoni nel piombo fuso. Così, ura-nio e plutonio divente-rebbero sostanze diver-se che devono essere contenute per un perio-do più breve, solo 5-600 anni. È da considerare realmente breve questo periodo di tempo? Sen-za considerare poi che tale tecnica rischia di creare a sua volta rifiu-ti pericolosi… Nel 2001 l’americano David Scott ha invece proposto di utilizzare il sole come di-scarica per le scorie nu-cleari. Ennesima solu-zione assolutamente inaccettabile se si guar-dano gli alti costi e se si considera il disastro che si creerebbe nell’even-tualità in cui ci fossero dei problemi nella fase

di lancio del razzo da inviare sulla superficie solare. Ma se ciò fosse messo in pratica, non in-quineremmo solo il no-stro di pianeta ma anche il sole! Ultima soluzione consisterebbe invece nel deposito di lunga dura-ta in gallerie costruite in superficie dove le scorie dovrebbero rimanere, al massimo, per 300 anni. Depositi dunque tempo-ranei che si limiterebbe-ro a rinviare il problema e non a risolverlo, oltre al fatto che nessuna po-polazione vorrebbe che lo stoccaggio delle sco-rie radioattive avvenisse sul proprio territorio. Il problema riguardante la conservazione delle sco-rie radioattive, altamen-te pericolose non per se-coli ma millenni, rimane irrisolto.È necessario conoscere anche i costi che com-porta la produzione di tale energia. Anche se le spese di generazione di un singolo KW sono molto difficili da calco-lare perché influenza-ti prevalentemente dal costo dell’impianto e in piccolissima parte dal prezzo del combustibile, possiamo indagare i vari fattori che contribuisco-no all’ammontare dei costi complessivi in una centrale nucleare. La po-tenza degli impianti nu-

cleari varia da un mi-nimo di 40 MW fino ad oltre un GW (1000 MW). Le centrali più moder-ne hanno tipicamente potenza compresa tra i 600 MW e i 1600 MW. La vita operativa di una centrale nucleare attua-le è in genere intorno ai 25-30 anni, anche se oggi si progettano cen-trali che, mediante la so-stituzione periodica di importanti componen-ti, si ritiene che possano arrivare a 60 anni. Al ter-mine di questo periodo l’impianto va smantella-to, il terreno bonificato e le scorie stoccate ade-guatamente. Il costo di smantellamento viene oggi ridotto preveden-do un lungo periodo di chiusura della centrale, che permette di lasciar decadere naturalmen-te le scorie radioattive poco durevoli, costitui-te dalle parti di edificio sottoposte a bombarda-mento neutronico. Per quanto riguarda i con-sumi, in base ai dati a disposizione una cen-trale nucleare “media” da 1000 MW necessita all’incirca di 30 tonnel-late di uranio arricchito all’anno o 150/200 ton-nellate di uranio natura-le. La produzione di que-sti quantitativi di uranio presuppone l’estrazione di grandi quantitativi di

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FALCONEXPRESS12maggio 2011 FALCONEXPRESSroccia (che rimangono vicini al luogo di estra-zione) e l’uso di ingen-ti quantitativi di acidi ed acqua per la concen-trazione del minerale. Prendiamo come esem-pio la miniera di Rossing in Namibia. Per estrar-re quel quantitativo di uranio per l’arricchimen-to considerato è richie-sta l’estrazione di 1.9-2.5 milioni di tonnellate di minerale e l’uso 115-150 mila tonnellate di acqua fresca. Altri im-pianti invece esigono un fabbisogno di 6 milio-ni di tonnellate di mine-rale, l’uso di 16.500 ton-nellate di acido solforico e 1.050.000 tonnella-te di acqua per un arric-chimento al 3.5%. Infi-ne, per quanto riguarda il rendimento termodi-namico, va evidenzia-to che le centrali nucle-ari hanno una efficienza di conversione del ca-lore in energia elettrica piuttosto bassa a causa delle relativamente bas-se temperature del va-pore che producono. Infatti solo una parte va-riabile dal 30% al 35% della potenza termica sviluppata dai reatto-ri è convertita in elettri-cità, per cui una centra-le da 1000 MW elettrici (MWe) ha in genere una produzione di calore di 3000-3500 MW termi-

ci (MWt); a titolo di con-fronto una centrale a ci-clo combinato a metano ha rendimenti che rag-giungono il 57%. La con-seguenza che ciò com-porta è la necessità di dissipare enormi quanti-tà di calore poco pregia-to in atmosfera, in fiumi o in mare, con un fab-bisogno di acqua di raf-freddamento veramen-te molto cospicuo; se la portata al condensato-re fosse insufficiente per un raffreddamento ade-guato, questo compor-terebbe la riduzione del-la produzione di energia elettrica, alla stregua di un qualunque impianto termico. Inoltre, duran-te l’esercizio, una centra-le nucleare emette pic-cole dosi di radioattività sotto forma di effluenti sia liquidi che gassosi, in particolare trizio, isoto-pi del cesio, del cobalto, del ferro, del radio e del-lo stronzio; tali emissio-ni perdurano anche a di-stanza di decenni dalla chiusura degli impianti in quantità elevatissime. (National Geographic) .Sono numerosissimi gli studi che attestano la nocività dell’esposizio-ne alle radiazioni nucle-ari che anche in quantità minime possono inne-scare processi tumora-li, leucemie e mostare i propri effetti sulle gene-

razioni successive. Uno studio dell’Università di Mainz ha portato ul-teriori conferme. Si è ri-scontrato un aumento di incidenze allarman-te, soprattutto per quan-to riguarda i bambini al di sotto dei 5 anni (+ 220% i casi di leucemia, + 160% quelli di cancro). Effetti dell’esposizione possono “causare cam-biamenti in cellule lon-tane nello spazio e nel tempo da quelle colpite dalle radiazioni” (www.terranauta.it). Il destino di molti di questi bambi-ni si giocherebbe anco-ra quando sono in ute-ro. Il plutonio, se inalato, anche in sola frazione di milligrammo, è letale per una persona e la ti-roide dei bambini è tal-mente “golosa” di iodio che l’assorbimento è ve-locissimo causando così il cancro. Prendendo come esem-pio Chernobyl, il can-cro si trovava in uno sta-dio molto avanzato e si presentava con metasta-si linfonodali e polmo-nari con una frequenza molto superiore alla me-dia; questi tumori era-no molto più aggressi-vi. Un’altra patologia è la cardiomiopatia da cesio, che ha generato infarti senza fenomeni infiam-matori (gli studi sono quelli del dottor Yuri

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Bandazhevskij). Il tasso di mortalità è aumenta-to del 30%. Queste infor-mazioni sono state igno-rate dall’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ente nato sostanzialmente per la promozione del nucleare civile nel 1957 cui aderiscono 137 Pae-si. Con un aforisma po-tremmo dire che “non si muove foglia sul nucle-are che Aiea non voglia” (www.greenstyle.it).Non ci è bastata un Chernobyl ancora radio-attiva? Se anche ci fos-se una percentuale di incidenti nelle centrali nucleari pari ad 1 su un milione, basta quell’uni-co caso per creare dan-ni enormi. Sapete che in Giappone la reazione di fusione del nucleo del-la centrale di Fukushima andrà avanti per 1000 anni almeno, emetten-do un flusso continuo di radiazioni? Ammettiamo anche che durante la co-struzione delle centra-li nucleari sia possibile eliminare l’errore uma-no, saremmo in grado di garantire l’impossibi-lità dell’accidente natu-rale? Ci accorgiamo che è la natura a domina-re noi stessi solo quan-do è troppo tardi. E an-che supponendo che sia possibile ridurre ai minimi termini l’errore

umano, saremo noi ita-liani i primi a farlo quan-do gravano ancora sul nostro capo quintali di scorie radioattive del-le nostre vecchie cen-trali? In tutto il mondo a 50 anni dalla nasci-ta del nucleare ci sono stati almeno 130 inci-denti secondo il blog Ecologia durante i quali la tragedia è stata sfio-rata, due di questi pro-prio in Francia. Quale

giustificazione dare-mo ai nostri figli quan-do si troveranno a do-ver affrontare lo stesso problema che nel frat-tempo avrà assunto di-mensioni esorbitanti? Che scusa inventeremo per spiegare l’aumento di tumori e malattie ge-netiche? Morti precoci e deformazioni? Allora nucleare sì o no? Noi una risposta in cuore ce l’abbiamo.

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FALCONEXPRESS14maggio 2011 FALCONEXPRESS

Si conoscono dav-vero i vantaggi del nucleare o lo si ri-

fiuta solamente per pau-ra? È innegabile il senti-mento di insicurezza che accompagna l’opinio-ne pubblica, ma sareb-be possibile comunque continuare senza? Ed i rischi, sono davvero così elevati?Viviamo in un pae-se che fa un uso altis-simo di energia ogni giorno e probabilmen-te questo fabbisogno così costoso continuerà ad aumentare sulla scia

della crescente presen-za di elettrodomestici e computers nella nostra vita quotidiana. Secon-do le stime di Educam-biente, l’Italia nel 2009 ha importato il 13,3% dell’energia utilizzata da Svizzera e Francia men-tre ha prodotto il 67,3 % sfruttando i combustibi-li fossili che, oltre ad es-sere costosi, sono fra le materie prime più inqui-nanti usate attualmen-te. Senza considerare il fatto che queste risor-se si trovano in paesi dal governo indubbiamente

instabile e che, oltre ad essere una materia pri-ma non rinnovabile, non può garantirci la conti-nua affluenza senza cre-are squilibri internazio-nali se non ad un prezzo altissimo che, ora come ora, sembra essere deci-samente troppo elevato.Inoltre, ha senso com-prare energia estera, quando il 40% dell’ener-gia importata arriva da centrali nucleari poste praticamente sui nostri confini e tutto per non correre rischi?Tra le altre cose, quali

nucleare? sì, grazie!Mettere da parte le paure irrazionali e infondante

in nome dell’indipendenza energeticaa cura della IVas

Centralenuclearefrancese

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sono veramente questi rischi? Possiamo davve-ro credere che le centrali nucleari siano pericolo-se a causa dell’incidente avvenuto a Fukushima?Crediamo sia fondamen-tale osservare la ragio-ne del disastro giap-ponese. Il Giappone è posto ad un altissimo ri-schio sismico e vive ad un contatto quotidia-no con questo fenome-no. Le loro tecnologie in campo di costruzioni antisismiche sono avan-zatissime e, riportando dei dati da un articolo di Franco Battaglia per “Il Giornale”: “I reattori nu-cleari sono progettati in modo da spegnersi au-tomaticamente alla pri-ma sollecitazione sismi-ca. Così è accaduto in occasione dei 9 poten-ti terremoti occorsi in questi ultimi 10 anni, in-cluso quello del luglio 2007, il cui epicentro si localizzò a pochi chilo-metri di distanza dal più grosso reattore nucleare giapponese. E così è ac-caduto col terremoto di ieri, quando 11 reattori più vicini all’epicentro si sono auto maticamente spenti. Né, in questi 10 anni, alcuna fuga radio-attiva degna di essere menzionata è stata ri-portata in alcuno dei 55 reattori nucleari installa-ti in quel Paese.”

Allora, si dovrebbe con-tinuare a vedere il nucle-are come un “pericolo” o potremmo cominciare ad osservarne i benefici?La stessa Margheri-ta Hack ribadisce la ne-cessità del nucleare: “Sono convinta che ci sia bisogno del nuclea-re. Ci sono molte pau-re irrazionali ma non si può decidere sull’on-da dell’emozione. Serve razionalità. È proprio il mio ambientalismo che mi fa dire sì: il nucleare è la fonte che, tutto som-mato, inquina meno.” E ancora: “Fare un refe-rendum ora significhe-rebbe solo buttare soldi perché è ovvio che con la paura non si può tra-sformare un Paese in un mondo di scienziati che valutano razionalmen-te i rischi e i non rischi”. Queste alcune posizioni dell’astrofisica in un’in-tervista a Radio Yang, la web radio dell’Agenzia Nazionale per i giovani,

intervenuta in un dibat-tito sul nucleare con il responsabile scientifico di Legambiente, Stefa-no Ciafani, alla trasmis-sione ‘Leggermente’.Secondo l’astrofisica ”in Italia il pericolo grosso del nucleare siamo noi

italiani, perchè si ha l’abitudine di piglia-re tutte le cose sot-to gamba. Si ha tan-ta paura del nucleare

e poi milioni di abitan-ti vivono intorno alle fal-de del Vesuvio, che non è morto, è bello vivo, e se sono decenni che non esplode, il giorno che esploderà sarà un vero disastro. La pau-ra dell’atomo è dovuta all’ignoranza, ma l’Ita-lia ha bisogno di questa energia, e anche l’inci-dente in Giappone aiu-terà – ha concluso – con nuove precauzioni”.Tutto ciò senza conside-rare il fatto che le cen-trali nucleari hanno il vantaggio enorme di poter creare energia pe-rennemente, ventiquat-tr’ore su ventiquattro producendo una quan-tità di CO2 bassissima rispetto agli altri tipi di centrali elettriche. Cer-tamente i costi sono molto elevati, ma se si confrontano con quel-li per il reperimento dei combustibili fossili, usa-ti quasi esclusivamen-

Il prof. Franco BATTAGLIA, strenuo

sostenitore del nucleare

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FALCONEXPRESS16maggio 2011 FALCONEXPRESSte per produrre ener-gia in Italia, oltre ai quali bisognerebbe aggiun-gere i costi dell’energia che ogni anno si impor-ta dall’estero, i vantaggi sono notevoli.Il mondo intero sta vi-vendo una crisi econo-mica molto profonda e questo è anche indice di un cambiamento gene-rale nella vita delle per-sone. Possiamo quindi permetterci di continua-re a rifiutare il nucleare nonostante questo pos-sa offrirci l’indipendenza energetica ad un costo sicuramente meno ele-

vato di quello che stia-mo pagando ora?Basti pensare all’econo-mia attuale italiana. Mol-tissime aziende e indu-strie di vario tipo stanno spostando i loro centri all’estero per riuscire a superare questo periodo di crisi senza fallire, viste le altissime spese che deve affrontare chiun-que voglia portare avan-ti un’attività in Italia ora. Uno dei grandi costi che molte aziende italiane si trovano a fronteggia-re è guarda caso quello dell’energia; un’energia costosa ed indispensabi-

le per la vita nel XXI° se-colo.Possiamo continuare a pagare l’energia pro-dotta da altri e lamen-tarci di quanto questa ci costi, o possiamo met-tere da parte le paure infondate che una scos-sa di terremoto di gra-do 7,1 arrivata dall’al-tra parte del mondo ha suscitato nella no-stra mente e finalmen-te prendere in mano almeno parte dell’eco-nomia del nostro pae-se e arrivare alla tanto bramata Indipendenza Energetica.

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Al fine di acquisi-re ulteriori eviden-ze scientifiche sui

profili relativi alla sicurez-za nucleare tenendo con-to dello sviluppo tecnolo-gico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea non si procede alla definizione e attuazione del program-ma di localizzazione, re-alizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare. Questo recita l’emenda-mento presentato al Se-nato italiano il 23 Marzo 2011, per la moratoria di un anno della questione italiana sull’energia nu-cleare.Il dibattito vero e pro-prio sul nucleare nel mondo è iniziato a cau-sa del disastro nucleare avvenuto a Fukushima, in Giappone, venerdì 11 marzo 2011, che tanto ricorda quello di Cher-nobyl del 1986.Alcuni governi, come quello cinese e quello tedesco, hanno riconsi-derato la sicurezza dei loro impianti nucleari,

in seguito a tale evento, sicché il primo ha bloc-cato la realizzazione di ben 26 nuovi impianti nucleari, mentre la Mer-kel ha immediatamen-te bloccato le 7 centrali con i reattori più vec-chi dell’intera Germania e dopo aver sospeso a tempo indeterminato i progetti per il futuro cir-ca il nucleare, ha optato per una lenta sostituzio-ne dell’energia prodot-ta dalle centrali nucleari con quella proveniente dalle fonti rinnovabili.In Italia la situazione è differente, in quan-to, appena accadu-to il disastro, il ministro dell’ambiente, Stefa-nia Prestigiacomo, ha

dichiarato di voler pro-seguire sulla linea del nucleare dell’attuale go-verno, mentre, una volta stimati gli ingenti dan-ni del disastro ambien-tale nipponico, il con-siglio dei ministri ha approvato una morato-ria di un anno sull’inte-

ro programma nu-cleare italiano. Si è trattato, quindi, di ri-mandare nel tempo il

più possibile le votazio-ni sul nucleare, come si nota dalla superficialità dell’emendamento so-pra riportato, per impe-dire ai cittadini di vota-re a sfavore del nucleare nel referendum di Giu-gno 2011, in quanto la maggior parte degli ita-liani è rimasta impres-sionata negativamente dall’incidente del Giap-pone. Ma era veramente ne-cessario arrivare ad un altro disastro di simi-li proporzioni per cer-care di eliminare il nu-cleare dalle nostre vite? Soprattutto per quan-to concerne l’Italia, la ri-sposta è negativa. Ecco,

la cinquina vincenteper salvare il nostro pianeta

5 buoni motivi per eliminare il nucleare dalle nostre vite, oltre i disastri di Chernobyl e Fukushima

a cura di Davide MICHELONI (VAs)

Il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo

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FALCONEXPRESS18maggio 2011

quindi, i cinque motivi per i quali conviene eli-minare il nucleare dalle nostre vite.Innanzitutto va speci-ficato che per utilizza-re una centrale nucleare è necessario possedere l’uranio (per la fissione si utilizza l’isotopo ura-nio 235) e l’Italia è pove-ra di giacimenti di tale risorsa, perciò, sarebbe costretta ad acquistar-lo dall’estero, a costi non certamente vantaggiosi.In secondo luogo è ri-saputo che l’uranio non è una fonte energetica rinnovabile, ovvero, che come il petrolio, è desti-nato ad un esaurimento tanto più rapido quan-to più si utilizza tale ma-teriale. Quindi costruia-mo centrali nucleari per ridurci nel prossimo fu-turo a combattere una guerra per l’uranio? Non ci ha già insegnato ab-bastanza ciò che sta ac-cadendo per il petrolio? Si scambiano missioni di pace con vere e proprie conquiste di territori solo per avere il control-lo dei pozzi petroliferi, ma una volta terminati anche questi, a cosa ci si ridurrà?Inoltre, molti esperti af-fermano che la costru-zione in Italia di centra-li nucleari risolverebbe il problema della dipen-denza dall’estero (in pri-

mo luogo dalla Francia) per la produzione ener-getica. Tuttavia, se ana-lizziamo con attenzio-ne la nostra situazione, notiamo che il nostro Paese dipenderebbe dall’estero sia per l’im-portazione di uranio, sia, probabilmente, per lo smaltimento e lo stoc-caggio dei residui radio-attivi prodotti dalle rea-zioni nucleari, in quanto i rifiuti tossici vanno smaltiti in appositi luo-ghi, che dovrebbero es-sere preparati in Italia, oppure che già esistono all’estero. E poi, è meglio rischiare la nostra salu-te e quella delle future generazioni, solo per ot-tenere un’effimera indi-pendenza energetica? Per di più siamo in un Paese in cui risultano già estremamente difficili la gestione e lo smaltimen-to dei rifiuti “quotidiani” e non è, dunque, diffici-le immaginare la proble-maticità di controllare ri-fiuti estremamente più pericolosi.In aggiunta, per erige-re un impianto nucleare a norma, sono necessari in media più di 15 anni. Se si partisse quest’an-no con la costruzione di tali edifici, non si avreb-be la garanzia di averne ancora bisogno nel 2030 e di non aver trovato al-tre strade per produr-

re energia. Ecco quindi perché è più produtti-vo investire sulle ener-gie rinnovabili, che non danneggiano l’ambiente e soprattutto sono sem-pre disponibili, che su quella nucleare, ed ecco, anche, le motivazioni per le quali, anche senza eventi catastrofici come Chernobyl e Fukushima, il nucleare non è la solu-zione alle problematiche energetiche e va al più presto sostituito.Infine, sono risapute la potenza e l’imprevedibili-tà (nel caso dei terremoti, tuttavia, esiste una scala logaritmica che può anti-ciparne l’arrivo) di alcuni fenomeni distruttivi con cui il nostro pianeta spes-so ci stupisce; se uno di questi catastrofici eventi si manifestasse nei pressi di un edifico nucleare, è difficile stimare gli ingen-ti danni che produrrebbe alla salute di generazio-ni di persone e all’am-biente.Meglio quindi, in con-clusione, investire sul-le energie rinnovabili, da quella solare a quel-la eolica, da quella mari-na a quella idroelettrica, in quanto sono in grado di scongiurare il perico-lo di disastri ambientali e guerre, e di garantire un futuro anche alle succes-sive generazioni che abi-teranno il nostro pianeta.

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Quanto sono le-cite le compara-zioni tra il disa-

stro giapponese ed un eventuale incidente nucleare in nuove cen-trali italiane?L’incidente di Fukushima è stato causato dal lungo blackout seguito al terre-moto e allo tsunami. Un blackout può succedere per tante ragioni: in Sve-zia nel 2006 si rischiò un incidente simile per una interruzione di corrente che accadde senza alcun terremoto. La crisi poi ri-entrò perché – dopo aver verificato che due gene-ratori diesel d’emergen-za erano fuori uso per un corto circuito - un terzo

generatore diesel si mise in funzione, ma per 22 minuti l’impianto è stato senza corrente e senza al-cun controllo. I nuovi re-attori EPR sono esposti a rischi simili a quelli di Fu-kushima – come ha re-centemente riconosciu-to la stessa ASN, l’Agenzia di sicurezza nucleare – e, in particolare: a) genera-tori diesel d’emergenza, i cui edifici sono costruiti al di sotto dell’edificio del reattore e, a Flamanvil-le, sono protetti da onde

alte fino a 7,8 metri; b) le piscine del combustibi-le irraggiato, per quan-to l’edificio risulta rinfor-zato non è protetto da eventuali esplosioni cau-sate da idrogeno; c) il “co-re-catcher” la struttura che dovrebbe raccogliere il nocciolo fuso in caso di incidente è stata criticata da diversi studi indipen-denti e dovrebbe essere rivista alla luce dell’espe-rienza di Fukushima; d) la sala di controllo dell’EPR è inserita in un edificio

La lobby del nucleare è costituita da piccoli gruppi ma molto potenti

Intervista a Giuseppe ONUFRIO, Direttore esecutivo di Greenpeace Italia

a cura della REDAZIONE

Giuseppe Onufrio, fisico di formazione, 52 anni, si occupa di analisi ambientale dei cicli energetici e tecnologici e di politiche energetiche. Ha lavorato come ricercatore per diversi enti e istituzioni pub-bliche e private, italiane e non. Ha pubblicato come autore e coautore una cinquantina tra pubblica-zioni, articoli e contributi a rapporti scientifici. Dal 1998 al 2001 è stato consigliere d’amministrazione dell’ANPA (Agenzia per la protezione dell’ambiente, oggi APAT). Dal 2001 al febbraio 2006 è stato diretto-re scientifico dell’Istituto Sviluppo Sostenibile Ita-lia a Roma. Dal 2002 è direttore editoriale della col-lana “Energie” per Franco Muzzio Editore. Dal 2005 è componente del Consiglio di ISES ITALIA. Dal feb-braio 2006 è direttore delle campagne di Greenpea-ce Italia e dal 2009 direttore esecutivo della stessa organizzazione.

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rinforzato in cui è presen-te uno dei quattro “treni” di sicurezza per azionare il reattore, la cui sicurez-za va rivalutata alla luce dell’esperienza giappo-nese.Sappiamo la verità su ciò che è successo a Fu-kushima o dovremo attendere anni come per Chernobyl? Questa “mancanza” di infor-mazione a chi va impu-tata?Per quanto riguarda l’in-formazione, la situazio-ne giapponese, per quan-to presenti alcune aree di opacità è di gran lunga migliore rispetto a quella di Cernobyl. Rimane co-munque un contesto se-gnato già nel passato da continue manomissio-ni e alterazioni di docu-menti e procedure di sicu-

rezza, che però alla fine sono state rese pubbli-che. Nonostante questo si è stati lontani dal livel-lo di trasparenza che va tenuto in questo settore, dimostrando che esiste una “omertà nucleare” anche dovuta alla man-cata netta separazione della funzione di control-lo da quella del Ministe-ro dell’industria. Questa netta separazione delle funzioni di controllo da quelle di promozione è espressamente richiesta da una direttiva europea ma, in Italia, abbiamo vi-sto il Presidente della co-stituenda Agenzia nu-cleare prof. Veronesi fare affermazioni fideistiche da “piazzista nucleare” e

se questo è l’inizio…Secondo Lei, i citta-dini eventualmen-te chiamati al voto si esprimerebbero co-scientemente o per lo più seguirebbero ide-ali politici o si farebbe-ro trascinare dalla cor-rente emozionale degli avvenimenti in Giap-pone? Come giudica il recente comportamen-to del governo italiano che ha esplicitamente ammesso di aver bloc-cato il programma nu-cleare per evitare il re-ferendum?Chi deve decidere se il ri-schio nucleare è accetta-bile? In altri Paesi – in cui il nucleare esiste – le con-sultazioni referendarie si fanno, come in Svizze-ra. In Italia invece vedia-mo come si cerchi in ogni

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FALCONEXPRESS22maggio 2011 FALCONEXPRESSmodo di far saltare il re-ferendum con un provve-dimento di “abrogazione a tempo” che se funzio-nasse modificherebbe, di fatto, l’istituto referenda-rio, essendo uno schema applicabile a qualunque proposta referendaria. L’opzione nucleare vinco-la il Paese per un orizzon-te temporale plurisecola-re: è ridicolo che questa decisione passi con una maggioranza risicata in Parlamento e senza che ci sia un ampio consenso sociale. Un dibattito am-pio su un tema che è già stato oggetto di consul-tazione referendaria sa-rebbe stato il minimo. Da censurare dunque non è il fatto che si svolga un re-ferendum ma la super-ficialità con cui il gover-no Berlusconi ha trattato questo tema e l’arrogan-za nel tentare di impedire che si esprimano i citta-dini: una concezione au-toritaria della democra-zia che non fa i conti con la storia italiana in cui, su temi specifici, i cittadini si sono espressi in modo as-sai diverso dai partiti che li rappresentano.Le fonti rinnovabi-li rappresentano vera-mente la soluzione alla nostra carenza ener-getica? L’attuale stal-lo da parte del gover-no italiano sia in un senso (nucleare) che

nell’altro (rinnovabili) non rischia di compro-mettere la fattibilità economica di entram-be le strade?Oggi in Spagna le rinno-vabili coprono il 35% del-la produzione di elettri-cità, in Italia solo il 20%. Raggiungere la quota spagnola al 2020 è asso-lutamente fattibile e com-porterebbe un impatto occupazionale assai si-gnificativo. Fonti rinnova-bili ed efficienza energe-tica hanno un potenziale energetico in Italia oltre il doppio del fantasmagori-co piano nucleare del go-verno che prevede 13.000 MW di impianti nucleari. Dunque oltre ai 4 reatto-ri EPR occorrerebbero altri 6 reattori AP-1000: viste le difficoltà che stanno in-contrando Francia e USA nel realizzare questi im-pianti, per credere al pia-no del governo italiano bisogna essere sotto l’ef-fetto di sostanze psicotro-pe. Di sicuro lo stallo nelle rinnovabili rischia di uc-cidere un settore giovane e in crescita nella culla: i mandanti sono certi set-tori di Confindustria che hanno altri interessi, e i grandi gruppi energetici che difendono le posizio-ni oligopolistiche.La distanza dalle cen-trali è un elemento im-portante da considera-re in caso di incidenti

nucleari?Come ha dimostrato Cer-nobyl e come sta dimo-strando Fukushima, in caso di incidente gra-ve l’area da evacuare può essere fino a 30-40 km dall’impianto. Que-sto non vuol dire che ol-tre non c’è alcun rischio, ma che le conseguen-ze sono diverse. Misure di radioprotezione posso-no essere necessarie an-che a maggiore distanza ma, in linea di massima, i rischi (le concentrazioni dei radioelementi in aria) scendono con il quadra-to della distanza. A fare la differenza da questa regola generale sono le piogge che, al passaggio della nube, possono cre-are picchi di contamina-zione dei suoli per cui ci possono essere aree di-stanti più contaminate di aree più prossime alla centrale.Qual è, secondo Lei, il fattore chiave da con-siderare nella scelta nucleare? Crede che oltre ai pareri tecnici, debbano scendere in campo anche conside-razioni di carattere eti-co, specialmente con uno sguardo al futuro?Certo, esiste una questio-ne etica intergenerazio-nale non risolta. Nel mo-mento in cui si ordina un reattore, i tempi che ci vorranno prima di sman-

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tellarlo e mettere in si-curezza le scorie prodot-te – ammesso si trovi una soluzione accettabile – sono dell’ordine del se-colo. Nel Regno Unito il “buco” di bilancio esisten-te nei conti pubblici per lo smantellamento dei reat-tori di prima generazio-ne e la bonifica del sito di Sellafield ammonta-no a circa 90 miliardi di euro. Il piano del gover-no per sistemare questa parte dell’eredità nuclea-re prevede operazioni per 120 anni. Due i problemi: come trasferire le risor-se alle future generazio-ni e mantenere le compe-tenze tecniche in modo da consentire ai nipo-ti dei nostri nipoti di ge-stire il “pacco nucleare” che riceveranno. Un sito

di stoccaggio delle scorie di 2° categoria (gran par-te del volume dei rifiuti nucleari ma una minima parte della radioattivi-tà) pone vincoli territoria-li per 3 secoli: dall’Unità di Italia a oggi sono pas-sati 150 anni (saremmo a metà strada) e due guer-re mondiali. Non sappia-mo come sarà il futuro ma guardando al passa-to non c’è da stare tran-quilli.Quanto potere han-no, a Suo giudizio, le lobby dell’energia nei confronti della politi-ca italiana? Si tratta di rapporti ben nascosti oppure è solo questio-ne di cercare nei posti giusti?La lobby nucleare è costi-tuita da piccoli gruppi ma

molto potenti. In Confin-dustria i grandi consu-matori di energia (accia-io, cemento etc) hanno il progetto di costituir-si come in Finlandia in consorzio di consumato-ri no-profit in modo da comprare a prezzo di co-sto una quota dell’elet-tricità dei nuovi reattori, cui sono interessati anche per la costruzione. In Fin-landia il giochetto però è finito male: i costi effettivi del reattore sono doppi ri-spetto agli accordi firma-ti. Il governo (e Confindu-stria) è portavoce solo di questi interessi, mentre il settore delle fonti rinno-vabili è stato messo in un angolo, nonostante rap-presenti migliaia di picco-le e medie imprese e posti di lavoro.

Fukushima.Marzo 2011

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FALCONEXPRESS24maggio 2011 FALCONEXPRESSL’UOMO E IL NUCLEARE

Intervista al Dott. Bruno Calbiani, specializzato in Medicina nucleare :

“il problema è tutto qui, nel rapporto rischio-beneficio”a cura di Micol ROSA (VAs)

Da sempre si dice che la salu-te sia la cosa più importante nella vita di un essere umano.

Con la questione del nucleare moltis-sime persone si saranno chieste per prima cosa quale sarebbero state le ri-percussioni sulla loro salute in caso di incidente nucleare in Italia. Probabil-mente sul pensiero comune ha influi-to particolarmente ciò che è avvenu-to in Giappone a causa del terremoto che ha colpito l’isola. Ciò che si è visto e sentito in tv ha coinvolto e allarmato la popolazione in modo evidente e la paura per la propria salute ha preso in molti casi il sopravvento. Perciò è giu-sto chiedersi: è davvero così vantag-gioso avere nuove centrali nucleari in Italia rischiando, nel caso in cui ci sia-no danni alle stesse, la propria salute?Il Dott. Bruno Calbiani ci ha offerto la

sua disponibilità rispondendo autero-volmente alle nostre domande e ci ha fornito preziose informazioni circa gli effetti che radiazioni nucleari pos-sono provocare sull’uomo. Come esso stesso afferma, è necessario pun-tualizzare alcune cose importanti per sgomberare quest’atmosfera plumbea che è molto comune quando si par-la di problemi legati alla radioattività.

L’impiego pacifico delle radiazio-ni ionizzanti in Medicina (raggi X, raggi gamma, positroni, accele-

ratori di particelle) ha rappresentato negli ultimi cent’anni uno strumento diagnostico e terapeutico insostitu-ibile e un formidabile ausilio per la salute di milioni di persone. Al con-tinuo aggiornamento di queste tecni-che si devono gli spettacolari progres-si della scienza medica. Continuando nella sua esposizione, il Dott. Calbia-ni afferma che l’atteggiamento diffu-so di paura, dubbio e avversione verso il problema delle radiazioni nucleari non tiene conto del fatto che in natu-ra non esistono cose intrinsecamente buone o cattive, ma che tali possono diventare secondo l’uso che noi uomi-ni ne facciamo (come nei casi di Hiro-shima e Nagasaki).Vi lascio dunque alla lettura dell’inter-vista.

Macchinario per la radioterapia

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Quali danni subisce chi si trova a diretto contatto con radiazio-ni nucleari? Radiazio-ni provenienti da lon-tano, ad esempio dal Giappone (per citare una situazione odier-na), possono causa-re comunque danni se giungono fino ad al-tri Paesi come l’Italia? È vero, come sosten-gono alcuni, che poi-ché già ci sono le cen-trali in Francia, tanto vale costruirne an-che in Italia perché in caso di incidenti fran-cesi avremmo comun-que ripercussioni sulla nostra salute, senza il vantaggio di aver pro-dotto anche noi ener-gia? I danni che subisce chi si trova a diretto contat-to con radiazioni nucleari variano in base all’entità e al tempo di esposizione alle radiazioni: possono variare infatti dal nulla alla morte anche in pochi giorni. Pericoli per l’Italia dopo le note vicende in Giappone? Praticamente inesistenti per la distan-za dagli eventi e le sup-poste dosi di radioattivi-tà liberate dalle centrali. E pensate che da noi è sta-ta fatta incetta di pasti-glie di iodio e di contato-ri Geiger.Ho sentito parlare di effetti deterministici e stocastici provocati da radiazioni ionizzanti.

Possono queste esse-re valide anche per le radiazioni nucleari? In cosa consistono questi due effetti?Gli effetti deterministi-ci sono quelli per cui la gravità del danno è pro-porzionale all’entità di esposizione. Gli effet-ti stocastici invece sono espressione di lesioni del DNA cellulare, senza un valore soglia. Sono en-trambi valori che si usa-no per tentare di valuta-re l’effetto biologico delle radiazioni su organismi viventi.Una volta venuti a con-tatto con radiazio-ni emanate da centra-li nucleari è possibile “smaltirle” con deter-minate cure specifi-che? Quali sono le cure adatte in base al livel-lo di radiazioni assor-bite? L’esposizione acuta ester-na a dosi altissime di ra-diazioni, come per chi si trova in prossimità di un’esplosione atomica, può nel giro di qualche ora determinare una sin-drome da radiazioni ca-ratterizzata da nausea, vomito, cefalea, profon-da prostrazione. Dopo una fase più o meno lun-ga di latenza si ha un’esa-cerbazione dei sintomi gastroenterici con com-promissione degli organi emopoietici deputati alla formazione delle cellule del sangue, fino, nei casi

più gravi, alla morte. Ma questa è una situazione estrema che coinvolge chi era nei pressi dell’esplo-sione di una bomba ato-mica. Più frequenti, per dosi minori ma sempre ri-levanti e presumibilmen-te superiori a quelle as-sorbite dai tecnici che tentano di porre rime-dio ai guasti delle centra-li giapponesi, le patologie croniche con progressi-va alterazione degli ele-menti del sangue e in-sorgenza di vari tumori (tiroide, leucemie) anche dopo molti anni o decen-ni dall’evento. C’è una percentua-le diversa per uomini e donne, bambini ed adulti di capacità di as-sorbimento di queste radiazioni?Più un individuo è giova-ne più è sensibile agli ef-fetti delle radiazioni. Mas-simamente bambini, feti ed embrioni sono i più colpiti in caso di radiazio-ni nucleari. Le radiazioni nucleari s’insinuano nel corpo umano soltanto trami-te la respirazione o an-che tramite altre vie?Oltre che per via respi-ratoria, quando avviene una contaminazione del-la catena alimentare, le radiazioni possono entra-re nell’organismo anche attraverso i cibi e i liqui-di (latte, verdura, pesce e carni ecc.).

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FALCONEXPRESS26maggio 2011

Ma allora dopo tante notizie allarman-ti : SI o NO alle Centrali nucleari in Ita-lia?Il Dott. Calbiani ha esposto con impar-zialità i vantaggi e gli svantaggi delle centrali nucleari nel nostro Paese, pre-mettendo che probabilmente nessu-no obbiettivamente ha una certezza univoca nell’uno o nell’altro senso.SI alle centrali :La nostra posizione di debolezza eco-nomica in un mondo globalizzato in carenza di ingenti risorse autoctone di combustibile (petrolio, gas natura-li), senza l’apporto dell’energia nucle-are ci manterrebbe in una situazio-ne di sudditanza energetica con costi di produzione di manufatti insosteni-bili rispetto alla concorrenza di Paesi che de ne giovano (in Francia il nucle-are copre il 70 % del fabbisogno ener-getico).Forte pure l’argomento riguardante le centrali a pochi chilometri dai no-stri confini (tutti gli svantaggi e nes-sun beneficio economico). Per quan-to a mia conoscenza, prosegue il Dott. Calbiani, le fonti energetiche alter-native non riuscirebbero attualmen-

te a supplire la mancanza di produzio-ne di energia nucleare. In ogni caso, anche se vincesse il NO, gli altri Paesi non cambierebbero le loro scelte sul nucleare.Condizioni indispensabili: Centrali di ultima generazione e accuratissima manutenzione …ma sarà possibile in Italia se non lo è stato in Giappone?NO alle centrali:Impossibilità di stoccaggio per un tempo indeterminato delle scorie ra-dioattive.La nota pericolosità delle centrali in seguito a eventi naturali (terremo-ti, maremoti) o causati dall’uomo (in-curia, attentati ecc). Cose verissime, ma una rinunzia definitiva al nucle-are dovrà presupporre un sostanzia-le cambiamento che ci riporti a stili di vita molto più sobri, simili a quelli del-le passate generazioni. Può essere un bene, ma ne saremo alla lunga capaci?In definitiva le centrali nucleari sono senz’altro un rischio, ma i benefici di produrre un’energia pulita e conve-niente superano i potenziali rischi? Il problema è tutto qui, nel rapporto rischio/beneficio.

Fukushima. Marzo 2011.Contaminazione nucleare

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FALCONEXPRESS28maggio 2011 FALCONEXPRESS

Il terremoto in Giappone, lo tsu-nami che ne è se-

guito e il disastro nu-cleare successivo, hanno messo ancora una volta gi italiani e il mondo intero di fron-te all’incognita nucle-are. Come inquadra Lei il disastro accaduto nell’ottica di un even-tuale ritorno al nuclea-re in Italia?L’Italia sembra aver ripre-so l’avventura dell’ener-

gia nucleare. La decisione coglie l’opinione pubblica nel torpore generale e in-vece meriterebbe qualche approfondimento. Dal punto di vista teologico-morale la scelta del nu-cleare è gravida di conse-guenze etiche. Che fare? Tentare tutte le strade che la tecnologia offre per produrre ener-gia, compresa la nucle-are, oppure andare nel-la direzione delle fonti energetiche alternative?

Percorrere l’autostrada del nucleare che sembra non comportare emissio-ne di anidride carbonica (CO2)2 e permette di lo-calizzare in poche cen-trali una grande attivi-tà produttiva energetica oppure seguire il sentie-ro di affidarsi sussidiaria-mente alla responsabilità di molteplici cittadini per produzioni più modeste ma anche ecologicamen-te sostenibili? Pertanto, si rende necessaria un’at-tenta analisi delle conse-guenze, decisiva quando si parla di questioni am-bientali.I progressi della scien-za hanno fatto passi enormi in fatto di sicu-rezza, ma restano an-cora molti punti inter-rogativi.In gioco, non è solo una differente tecnologia ma una scelta educativa. La tecnica non è mai soltan-to tecnica. Ogni decisio-ne in merito non è esente da rischi. Qualsiasi scelta chiede attenta valutazio-ne. Non fosse altro per il

la terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri,

ma in prestito dai nostri figliConversazione con Don Bruno BIGNAMI

a cura di Michelle GALLI (VAs)

Manifestazioni a Viadana (Mn) contro il nucleare. (2011)

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fatto che optare per una tecnologia significa an-che mettere in campo un modello di convivenza ci-vile.Il nucleare presenta alcu-ni problemi aperti:- la sicurezza non è ga-rantita al cento per cento. Nel corso degli anni si è cercato di diminuire irischi, ma gli incidenti nu-cleari non sono stati eli-minati. I pericoli perman-gono;- lo smaltimento dei ma-teriali radioattivi. Le sco-rie non possono essere di-strutte e la soluzioneattualmente adottata è lo stoccaggio in depositi ge-ologici o tecnologici. Nes-suno vuole le scorienucleari sul proprio terri-torio perché sarebbe un impegno che riguarda centinaia di migliaia dianni. Esistono tre gra-di di radioattività in base alla loro pericolosità. Ad esempio, il plutonio-239che si forma dall’uranio durante il funzionamento delle centrali ha un tem-po di dimezzamento di circa 24.000 anni: come è possibile garantire un controllo certo quando si tratta di un numero così elevato di anni?Ma secondo Lei, in un territorio come il no-stro, il problema più grave, al di là delle “de-magogiche scorie”, non è forse quello del raf-

freddamento delle tur-bine?Questo è un altro proble-ma: le centrali di terza ge-nerazione hanno ancora un forte impatto ambien-tale. Devono essere in-stallate in un territorio dove ci sia disponibilità di molta acqua per il raf-freddamento dell’impian-to. L’acqua che ritorna nei fiumi o in mare a tempe-ratura più elevata altera inevitabilmente l’ecosi-stema;C’è anche da sottolinea-re che la percentuale di malati di leucemia nel-le vicinanze dell’impianto nucleare aumenta sensi-bilmente. Studi commis-sionati dal governo tede-sco sui 16 impianti attivi in Germania hanno evi-denziato che il rischio di contrarre leucemie in bambini con età inferio-re di 5 anni aumenta in rapporto alla prossimità con la Centrale nucleare. Per una distanza che va dai 3 ai 5 km l’incremento di leucemie è addirittura del 76%.Se questa è la realtà, le conseguenze del nucleare sulle generazioni presenti e future sonopesanti. La responsabili-tà morale non può igno-rarle e fingere che tocche-rà a chi viene dopo di noi correggere il tiro di even-tuali nostre scelte consi-derate inevitabili. Danni

irreversibili per gli uomini di domani fanno propen-dere per un approfondi-mento della questione e per una non accettazio-ne del rischio. E’ in gioco qui la virtù della pruden-za, che si esprime nel di-scernimento responsabile sul da farsi considerando i pro e i contro nell’oggi, ma tenendo anche conto delle conseguenze nel fu-turo. Per il nucleare non si può applicare lo stes-so concetto di sicurezza usato per gli altri impian-ti energetici: un inciden-te che coinvolge una Cen-trale nucleare, anche se percentualmente ha mi-nori possibilità di verifi-carsi, tuttavia avrebbe ef-fetti così devastanti per l’uomo e l’ambiente da non avere paragoni coi rischi di altre produzioni energetiche.La sensibilità ecologi-ca da parte della gente è in aumento. Qual è la posizione della Chiesa a riguardo?Il magistero della Chiesa negli ultimi anni ha fat-to sentire la sua voce. Da una parte ha speso pa-role significative sulla questione energetica. Ne sono un chiaro esempio il Compendio della dot-trina sociale, l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, il messaggio per la Giornata mondiale del-la pace del 2010: «Se vuoi

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FALCONEXPRESS30maggio 2011 FALCONEXPRESScoltivare la pace, custo-disci il creato»… Ha de-nunciato lo sfruttamen-to di risorse naturali non rinnovabili senza una suf-ficiente solidarietà e con-divisione con i Paesi più poveri. Forse è il mondo ad avere “fame” di ener-gia. Il mondo occiden-tale sempre di più e i paesi in via di svilup-po pure, nella sfrenata corsa per raggiunge-re standard di sviluppo competitivi. La Globa-lizzazione può esse-re stata un’occasione mancata per rivede-re i propri stili di vita, nell’ottica di una redi-stribuzione delle risor-se del pianeta.Sì, ma non credo che la questione sia quella di produrre più energia. Si tratta, piuttosto, di tro-vare il punto di equili-brio per un equo svilup-po sostenibile. La torta delle risorse energetiche non è stata equamen-te distribuita, a tal punto che l’accesso è stato vie-tato a Paesi che naviga-no nella miseria. Ha vinto la logica del più forte che si è arrogato il diritto di depredare il fabbisogno energetico di altri. Da qui la proposta di ridistribu-ire le risorse a livello pla-netario.La Chiesa auspica una so-

lidarietà tra le generazio-ni con lo scopo di trovare nuove fonti energetiche, sviluppare quelle alterna-tive ed «elevare i livelli di sicurezza dell’energia nu-cleare». Così la Chiesa sul nuclea-re invita a salvaguarda-re la sicurezza. L’insegna-mento sociale ecclesiale non si ferma qui. Offre spunti per ragionare di nucleare e per un discer-nimento evangelico. Ba-sti ricordare che le pro-blematiche ambientali sono affrontate attraver-so il «principio di precau-zione». Dunque, in caso di incertezza occorre muo-versi con cautela: questa è l’istanza sottesa al prin-cipio di precauzione. E si rende necessaria la tra-sparenza del percorso de-cisionale.Trasparenza in che senso?La trasparenza nel pro-cesso decisionale sul nu-cleare diviene segno di un modo partecipativo di vi-vere il sociale. Non è cosa di poco conto. Si oppo-ne ad un modello sosti-tutivo che fa della delega il suo stile inconfondibi-le. Nel porre la questione ambientale dunque si è di fronte ad un bivio: pro-muovere una cittadinan-za attiva che si esprime, prevede tempi di discus-sione, di ascolto e di de-

cisione oppure rifugiar-si in un’imponente opera di convincimento dopo decisioni calate dall’al-to, senza alcuna condi-visione. La propaganda affretta i tempi, ma non fa maturare le persone. Non educa le coscienze. Per questo, un’eventua-le carenza democrati-ca rappresenterebbe un grave errore di metodo. Il percorso che intende coinvolgere i cittadini fa-vorendone la partecipa-zione non è facoltativa per una ricerca sincera del bene comune. Le questio-ni ambientali richiedono assoluta trasparenza: le mezze verità ne rivelano la mancanza. Il consen-so sociale è la via alterna-tiva ad un pragmatismo che tenta di bypassare le domande etiche perché considerate tempo per-so. In realtà qui è in gioco il bene comune, che non è la somma dei beni indi-viduali ma una qualità di relazioni all’interno della società. La partecipazio-ne nel confronto pubblico costruisce il bene comune più del «fare» senza con-divisione. Fa riflettere che proprio sul nucleare l’ap-proccio che in Italia si sta promuovendo non abbia affatto il sapore della tra-sparenza. Si continuano a dire mezze verità che la-sciano supporre qualcosa

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di torpido. Si parla di ri-torno all’energia nucleare senza affrontare la que-stione dei luoghi: dove collocare queste nuove centrali? In quali siti ver-ranno costruiti il Deposi-to nazionale e i cosiddet-ti parchi tecnologici che dovrebbero accogliere le scorie radioattive? Altra mezza verità riguar-da i costi. I pro nucleare difendono la necessità di costruire centraliperché economicamen-te più convenienti. Il pro-blema è che nella spesa si tiene conto solamentedella costruzione e del funzionamento di una Centrale, senza includere la complessa gestione dei rifiuti radioattivi e del suo smantellamento. Il nucle-are produce energia elet-trica non a basso costo come apparentemente si vuol far credere: troppe voci di spesa rimango-no nascoste o sottaciute, scaricate «a distanza» sui

conti pubblici.Se il referendum darà esito negativo, secon-do lei il governo for-zerà ugualmente sul nucleare, viste le pres-sioni dell’Enel per fer-mare gli incentivi sul fotovoltaico?La popolazione italiana è già stata chiamata ad esprimersi sul nucleare nel 1987. E’ vero che era-vamo sotto effetto Cher-nobyl (1986), ma cosa è cambiato oggi per modi-ficare quella libera scelta? In base a quale criterio il pronunciamento referen-dario non è più valido? E’ il numero di anni trascor-so, la distanza tempora-le dal dramma ucraino a fare la differenza? Ed è sufficiente che uno schie-ramento politico met-ta nel proprio program-ma elettorale il ritorno al nucleare per considerare annullato l’esito del voto referendario? Anche in questo caso la trasparen-

za è d’obbligo. Quanto incidono i “sa-lotti della finanza” e il nostro “capitalismo di sistema” sulla effettiva politica energetica?È sempre una questio-ne di trasparenza. Se si

Forse non tutti ricor-dano che Viadana, nel 1983, è stata teatro di manifestazioni e scon-tri accesi con le for-ze dell’ordine a causa dell’individuazione, da parte del governo di allora, di un sito adat-to alla costruzione di una centrale nucleare. Il probelma si è ripre-sentato nel momento in cui l’attuale gover-no ha deciso di ripren-dere il progetto del nu-cleare. L’area intorno a Viadana è tornata, in-fatti, ad essere luogo deputato alla costru-zione di una centrale nucleare in Lombardia. Rispetto a tutti coloro che ripetono luoghi co-muni assunti in modo superficiale e acriti-co, crediamo che ci sia una notevole differen-za tra il pericolo deter-minato dalle centrali nuclerai francesi, po-ste a centinaia se non migliaia di chilometri di distanza e quello di centrali nucleari pre-senti di fronte all’uscio di casa.

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FALCONEXPRESS32maggio 2011

accendono i riflettori sul commercio internazio-nale di uranio si scopro-no situazioni di ingiusti-zia persistenti. Come per i diamanti, il coltan e l’oro, si può parlare anche di “uranio insanguinato”. La Francia, ad esempio, ha firmato contratti con la Repubblica Democratica del Congo e col Niger per lo sfruttamento dell’ura-nio. Si tratta di Paesi ad alta instabilità politica e sociale, tra i più poveri nel continente africano… L’Africa ha svolto un ruolo importante nello sviluppo del nucleare civile e mili-tare francese. Per proteg-gere gli interessi del pro-prio complesso nucleare, civile e militare, Parigi non è andata per il sottile: colpi di stato e appoggio a regimi oppressivi sono la norma. Ma la Francia non è l’unica a stringe-re alleanze spregiudicate pur di assicurarsi l’utiliz-zo di uranio. Sul merca-to mondiale fanno senti-re il loro influsso gli USA, l’UE, la Russia e ora anche la Cina. Il ritorno al nu-cleare italiano nasce col cordone ombelicale lega-to alla Francia. Non è tut-to. Insanguinate sono an-che le condizioni di vita di chi lavora nei luoghi di estrazione dell’uranio. L’attività mineraria, oltre ad aver bisogno di molta energia ed emettere CO2

in gran quantità, richie-de un complesso proces-so chimico. Servono ton-nellate di acido solforico, ammoniaca ed acido ni-trico per sciogliere il mi-nerale. Questo comporta l’inquinamento delle fal-de acquifere e la disper-sione nell’ambiente di metalli tossici e radioatti-vi. I nostri fratelli africani bevono e respirano tutto ciò, controvoglia o, forse, senza saperlo.Secondo Lei, il proble-ma dello smaltimento della scorie è più gra-ve in Italia, visto il pe-sante infiltrarsi della mafia nel ciclo dei ri-fiuti? Quanto è realistica la possibilità di avere controlli seri nell’even-tualità che vada in porto il nucleare in un paese in cui spes-so “giocando a guar-die e ladri”, purtroppo, “le guardie diventano ladri”?Questo è un ulterio-re problema, ma non ri-guarda solo l’Italia. I traffici internazionali di materialeradioattivo gestito dalle ecomafie sono all’ordine del giorno. Le organizza-zioni criminali fanno af-fari sui rifiuti tossici che vengono collocati abusi-vamente in territori do-minati da corruzione e traffici illeciti.

Don Bruno Bignami è nato a Cremona nel 1969. E’ presbitero della dioce-si di Cremona dal 1994. Ha conseguito il dotto-rato in teologia morale presso la Pontificia Uni-versità Gregoriana nel 2005. Attualmente è vice-rettore del seminario di Cremona, del Centro Pa-storale Diocesano “Maria Sedes Sapientiae”; docen-te presso il seminario ve-scovile e presso l’Istituto Superiore di Scienze Reli-giose di Crema; presiden-te della Fondazione don Primo Mazzolari - ONLUS di Bozzolo (Mantova).

L’autrice dell’articolo - la brava e insostituibile Mi-chelle - in compagnia di Don Bruno Bignami

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FALCONEXPRESS34maggio 2011 FALCONEXPRESSNon bisogna pren-

dere decisioni sulla scia emo-

tiva. Certo, è sbagliato prendere iniziative, che oltretutto riguardano la politica energetica di un Paese, mossi esclusiva-mente dalla “paura” per un evento recente quale la catastrofe di Fukushi-ma. Eppure questa frase, il concetto di non dover “prendere decisioni sul-la scia emotiva” è stato, forse, un po’ troppo ba-nalizzato, un po’ trop-po strumentalizzato dai sostenitori del nucleare. Perché si dimentica che una simile catastrofe do-vrebbe far riflettere, al-meno per quanto riguar-da l’inarrestabilità della forza della Natura, e i li-miti delle capacità uma-ne nei suoi confronti. I sistemi di sicurezza, in-fatti, a Fukushima c’era-no, il problema è stato che non si pensava che si potessero raggiunge-re quei livelli di forza per un terremoto o un’altez-za simile per l’onda di tsunami. Eppure la Natu-ra ha dimostrato di po-ter valicare quei “limi-ti” pensati dall’uomo: e dunque, chi ci garanti-

sce che i nuovi standard di sicurezza non verran-no, in un futuro, supe-rati?In ogni caso, anche la-sciando perdere questo problema, si dimenti-ca, o meglio si vuole far dimenticare, che la fis-sione nucleare non può rappresentare l’energia del futuro: l’uranio infat-ti non è una fonte ine-sauribile. E, per quanto riguarda l’Italia, non ri-solverebbe la questio-ne della dipendenza energetica da altri paesi, dal momento che i gia-cimenti di Uranio non sono presenti nel nostro Paese.

In ogni caso, dunque, si tratterebbe di una scelta energetica provvisoria. I sostenitori delle comuni centrali a fissione nucle-are sostengono, tuttavia, l’assoluta necessità del suo impiego, in quanto produrrebbe energia a basso costo e permette-rebbe un investimento del profitto così ottenu-to nella ricerca di nuo-vi metodi per produrre energia. Ma è pur vero

questo, tanto accla-mato “mito” del ri-sparmio?Il costo variabile del

nucleare appare a pri-ma vista tra i più bassi, ed è vero. Questa stima, tuttavia, non compren-de l’intero ciclo di pro-duzione e non analizza i singoli aspetti della co-struzione delle centrali a fissione nucleare. Innan-zitutto queste centrali producono rifiuti radio-attivi: se si vuole smal-tirli, in modo che siano il meno dannosi possi-bile è necessario investi-re in tecnologie che li-mitino al minimo i danni provocati dalle scorie ed accelerino il loro smal-timento, ma che sono tanto più costose quan-

energia del futuro?la fissione nucleare non può rappresentare l’energia del futuro

a cura di Paola ANTICO (VAs)

Il prof. Andrea ROSSI insieme al prof. Sergio FOCARDI

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to più avanzate. A que-sto va aggiunto il fatto che al termine del ciclo di vita della centrale va considerato anche il co-sto del suo smantella-mento e della bonifica del territorio. Ed è risa-puto che una centrale, affinché si possa consi-derare ancora in sicu-rezza ha un periodo di vita molto limitato. Se poi dovesse esserci uno sfruttamento globale dell’Uranio si andrebbe inevitabilmente incon-tro ad una speculazione sul suo costo da parte di chi ne detiene i giaci-menti, e ad un ulteriore aumento man mano che ci si avvicina al suo esau-rimento. Senza contare che in caso di incidenti come quelli di Chernob-yl e Fukushima, oltre ai danni alla salute, che, tra l’altro, si protraggono anche alle generazioni future, a causa delle ra-diazioni, vanno aggiunti i costi sociali ed econo-mici. Oltre ai costi neces-sari per evacuare le cit-tà contaminate, vi sono i costi per impedire la fuoriuscita costante del-le radiazioni. Il reatto-re di Cernobyl, ad esem-pio è stato “coperto” con un sarcofago di conteni-mento, ma da esso fuo-riescono polveri radio-attive, è infatti ricoperto di buchi e crepe, è for-

temente instabile e il ri-schio di un collasso della struttura e’ molto ele-vato. Anche perché al suo interno, la reazione continua, dal momen-to che non è possibile spegnerla. Si sta dunque progettando un nuo-vo sarcofago, che ha un costo stimato superio-re al miliardo di dolla-ri, e che comunque non sarà permanente, prima o poi andrà nuovamente sostituito. Analizzando complessivamente i co-sti, si comprende come il guadagno sia solo apparente. Non è allo-ra più proficuo investire nella ricerca per poten-ziare le cosiddette ener-gie rinnovabili, e per dare più fondi a quelle che veramente posso-no essere considerate le energie del futuro? Per quanto riguarda le energie rinnovabili, è vero che esse non rie-scono, ad oggi, a coprire il fabbisogno energetico di un intero Paese, e non riescono ad essere eco-nomicamente compe-titive. Tuttavia, sono già in corso ricerche per ab-bassarne i costi di pro-duzione dei materiali e per allungarne la dura-ta (in specie per quanto riguarda i pannelli foto-voltaici). Senza contare che que-ste energie non consen-

tirebbero, a differenza dei gasdotti (o ipoteti-camente ai giacimen-ti di uranio), un control-lo politico. Certo c’è la questione del detur-pamento del paesag-gio, in particolar modo per quanto riguarda eo-lico e fotovoltaico. Tut-tavia una buona politi-ca energetica, in grado di integrare i diversi tipi di rinnovabili e che rie-sca a sfruttare al meglio le possibilità del terri-torio, potrebbe portare a ricoprire buona parte del fabbisogno energe-tico, ovviando, almeno in parte, anche al pro-blema del deturpamen-to del paesaggio. È stato stimato che le fonti rinnovabili saran-no in grado di coprire l’approvvigionamento energetico dell’UE en-tro il 2050 e le tecnolo-gie di efficienza ener-getica possono già da oggi contribuire a ridur-re il consumo di ener-gia. Politica energetica necessaria almeno fino a quando non sarà pos-sibile sfruttare le vere energie del futuro, pri-ma fra tutte l’energia da fusione nucleare. Que-sto tipo di produzione di energia riproduce le reazioni che avvengo-no nel sole. Le reazio-ni di fusione nucleare coinvolgono due nuclei

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FALCONEXPRESS36maggio 2011 FALCONEXPRESSatomici forzati a combi-narsi per formarne uno solo. Questo richiede una grande quantità di energia, quella per su-perare la repulsione tra i nuclei stessi, dovuta all’interazione elttroma-gnetica; quando l’ope-razione riesce si ottie-ne un nucleo avente una massa leggermente in-feriore alla somma della masse dei nuclei inizia-li. Questa “mancanza” di massa è stata trasforma-ta in energia, seguendo l’equivalenza tra mas-sa ed energia definita da Einstein con la famosa formula E=mc² . Certo, siamo ancora lon-tani da una commer-cializzazione di questa energia, in quanto sono troppo alti i costi di pro-duzione, tuttavia le spe-ranze riposte in essa sono le maggiori. Cana-da, UE, Giappone, Rus-sia, Cina, Corea del Sud e USA stanno finanziando un progetto per realizza-re un reattore in grado di sostenere l’energia. • C’è un programma scientifico del JET, effet-tuato e coordinato dall’ EFDA (European Fusion Development Agree-ment), che ha il compito di produrre una quantità elevata di energia e che sia almeno pari a quel-la che si consuma per ri-scaldare il reattore, fino

a migliorarne l’efficienza in modo che la reazione sia conveniente• Il programma ITER che dovrà produrre po-tenza di fusione a livel-lo di una centrale di me-dia taglia e dimostrerà la possibilità di utilizza-re la fusione come fon-te di energia (producen-do un’energia dieci volte maggiore a quella ne-cessaria per tenere cal-do il reattore) nonché mostrare quali siano le tecnologie utilizzate per la realizzazione del re-attore• Il reattore dimostra-tivo Demo dovrà con-vertire l’energia da fusio-ne in energia elettrica. Serviranno tuttavia al-cuni decenni prima che questo tipo di energia, se effettivamente come molti sperano sarà uti-lizzabile, possa essere utilizzata a livello com-merciale. Anche perché i finanziamenti stanziati

e previsti non sono suf-ficienti. Oltre a questo vi sono poi altri tipi speranze sulle possibili fonti ener-getiche. Fra queste la fusione fredda, sul cui giudizio, tuttavia, la co-munità scientifica sem-bra combattuta. Gene-ricamente si attribuisce il nome di ”fusione fred-da” alle reazioni di pre-sunta natura nucleare, che si produrrebbero a pressioni e a temperatu-re molto minori di quel-le necessarie per otte-nere la fusione nucleare “calda” per la quale sono invece necessarie tem-perature dell’ordine del milione di kelvin e den-sità del plasma molto elevate. Diversi sono sta-ti i tentativi di realizzarla, più volte è sembrato di essere stati molto vicini alla sua realizzazione:• L’” Arata Phenome-na”, che presenta diver-si problemi tecnici oltre ad una impossibilità di sfruttare l’energia otte-nuta a livello commer-ciale• Più recentemente il processo brevettato da Andrea Rossi, profes-sore dell’Università di Bologna e coadiuvato da Sergio Focardi, Si è parlato di una efficien-za energetica senza pre-cedenti che, sebbene sia riproducibile, non è di-

Albert EINSTEIN

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mostrabile e non trova spiegazione scientifica. L’ingegnere Andrea Ros-si afferma: “Dietro questo processo non c’è una base teorica: per quale motivo avvengono questi risulta-ti lo abbiamo solo ipotiz-zato”, non si è nemme-no sicuri del fatto che sia avvenuta una fusione, dal momento che non sono stati rilevati fotoni (particelle che dovreb-bero essere prodotte da una simile reazione).Eppure non sarebbe la prima volta che, in una scienza sperimenta-le si passa prima dal fat-

to sperimentale per arri-vare, solo in un secondo momento, alla spiega-zione scientifica.Questi sono solo alcu-ni esempi di possibile fusione fredda. Uno dei problemi principali di questo argomento è che non esistendo ancora una teoria universalmen-te accettata, ne deriva che esso non viene con-siderato quando vengo-no assegnati i fondi eco-nomici o vengono decisi i piani di studio e ricerca. Per tanto questo filone, non ricevendo soldi, non viene sviluppato come

invece dovrebbe. Concludendo, il proble-ma energetico è un’esi-genza immediata, che deve trovare una solu-zione, e che può essere risolto solo applicando una politica energetica seria in grado di risolve-re i problemi attuali. Tut-tavia non si può investire su tecnologie che sono destinate a fallire e finire, è necessario allontana-re la prospettiva da oggi e proiettarla alle gene-razioni future, solo così sarà possibile risolvere definitivamente il pro-blema energetico.

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FALCONEXPRESS38maggio 2011 FALCONEXPRESSEnergie rinnovabi-

li o Nucleare? Or-mai da circa un

mese a questa parte sui giornali, nei tele-giornali, nei salotti di confronto politi-co e anche in rete, si sentono opinio-ni diverse sul nu-cleare, e in parallelo sulle energie rinno-vabili. Queste ultime sono fonti di energia che possono permettere uno sviluppo sostenibi-le all’uomo in un tempo indeterminato e soprat-tutto senza danneggiare l’ambiente. Esse posso-no essere di varia natu-ra: geotermiche, idroe-lettriche, solari, eoliche, a biomasse, addirittura anche marine e possono sostituirsi validamente all’energia nucleare. Cer-to anche il nucleare pre-senta alcuni aspetti po-sitivi come ad esempio il fatto che le emissioni in atmosfera sono limitate al vapore acqueo e dun-que non produce emis-sioni tossiche, come so-stengono i fautori di questa tecnologia; op-pure il fatto che riesce a produrre una quantità

enorme di energia in una sola centrale e quin-di riesce a soddisfare il fabbisogno energetico di una vasta area. Tut-tavia il nucleare non mi convince su tre pun-ti che io ritengo contro-versi. Innanzitutto non mi convincono le conse-guenze catastrofiche in seguito ad esempio di un guasto alla centrale, dovuto o a causa natu-rale o a errore umano. In secondo luogo non rico-nosco i costi troppo ele-vati dovuti al quasi esau-rimento delle riserve di isotopi 235 di Uranio(si stima che entro 20 anni si esauriscano totalmen-te) materia prima che

serve per produrre ener-gia nel reattore. Infine

non mi convince il ci-clo di chiusura del-

le scorie radioattive: questo si conclude solo dopo svaria-te decine di miglia-ia di anni e quin-di significa che le generazioni futu-

re erediteranno un “patrimonio tossi-

co” da smaltire. Que-sti tre punti controversi sul nucleare sopra cita-ti non sono nemmeno da prendere in conside-razione se si pensa alle energie rinnovabili, le quali finalmente stanno, in questi anni, subendo una profonda rivaluta-zione soprattutto all’in-domani del disastro di Fukushima (Giappone). Ma ci voleva un altro disastro per accorger-si delle rinnovabili? Non bastava forse il disastro di Cernobyl per spode-stare l’ipotesi del nuclea-re e sviluppare più velo-cemente tenologie sulle rinnovabili? Evidente-mente tutto cio non è bastato, e si è volu-to continuare sulla stra-da del nucleare, strada

energie rinnovabiliUna valida e sicura alternativa al controverso nucleare

a cura di Andrea MANISCALCO (IIIBs)

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che però adesso stan-no iniziando a non con-siderare piu molti paesi, come il caso della Ger-mania. Questo stato in-fatti, dal punto di vista delle energie rinnova-bili, attualmente, è for-se uno dei paesi più pro-grediti in Europa e forse anche del mondo, in re-lazione alla sua grandez-za. Il Governo tedesco, dopo aver optato per la chiusura delle centra-li nucleari, ha installa-to in questi anni circa un milione di impianti tra eolici, solari e a biomo-lecole e conta di soddi-sfare, con questi, l’80% del fabbisogno energe-tico di tutto il paese en-tro il 2050. Inoltre sem-pre la stessa Germania, grazie alle rinnovabili, ha fornito lavoro a più di 340.000 addetti, fa-vorendo l’occupazione che si sa, in tempo di cri-si è sempre cosa positi-va, e creando un nuovo pilastro economico per il paese. Ora, nonostante gli enermi benefici che creano queste energie, mi domando perché nel mondo – Italia compre-sa – ci siano ancora per-sone ancorate all’idea di una fonte di energia pe-ricolosa, controversa e anche costosa come il nucleare. Sulla pagina di cronaca del Corriere della Sera del 28 Marzo 2011, si legge un titolo

che a mio avviso fa ac-capponare la pelle: “Ra-diazioni record. Posso-no Uccidere”. A questo punto mi viene da pen-sare che tutti quelli che

ancora oggi sostengo-no il nucleare non stia-no valutando però una cosa, effetto del “loro ben amato nucleare”: stanno morendo perso-ne. Quando si crea una fuoriuscita di radiazioni da una centrale, infatti, vengono colpite tutte le cellule dei viventi provo-cando così a lungo an-dare malattie oncologi-che e malformazioni, nel caso degli uomini, o di-sastri ambientali di va-ria natura nel caso della flora e della fauna am-bientale. Le rinnovabili, per questo, si stanno ri-velando vincenti su tanti piani: quello economico in primis, perché i costi legati ad esse sono or-mai al ribasso, in secun-dis quello sociale, per-ché crea una sicurezza in termini di salute nel col-lettivo ed è un’energia sostenibile dall’uomo, e infine quello ambien-tale perché salvaguar-da il nostro fragile pia-neta e non ha bisogno di smaltimenti millenari. D’altro canto: « L’accesso ad un’energia economi-ca e sicura è di vitale im-portanza per lo sviluppo economico e per la con-seguente eliminazione della povertà » Mikhail Gorbaciov in: “Cernobyl 25 Anni dopo”(2011) , in occasione del 25esimo anniversario della cata-strofe di Cernobyl.

Sasha è il nome di que-sto bambino, uno degli ospiti dell’orfanotrofio Vesnova. Più di cinque milioni di bambini vi-vono ancora nelle zone contaminate dall’invi-sibile veleno nucleare di Chernobyl, tra Bielo-russia, Russia e Ucraina. Molti di loro stanno pa-gando un prezzo altissi-mo sulla propria pelle, come nel caso di Sasha il quale ha subito evi-denti malformazioni in seguito alle “invisibili in-vasioni mortali”.

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FALCONEXPRESS40maggio 2011 FALCONEXPRESS

L’era cui ci stiamo avviando consi-dera l’energia il

bene supremo e la con-sapevolezza che la sua mancanza comporte-rebbe enormi disagi (mi sto riferendo natural-mente ai paesi maggior-mente industrializzati o in via di crescita espo-nenziale) ha portato le superpotenze di tutto il mondo, a varare un pia-no di ricerca che non ha pari. Un’unica rego-la: produrre energia in qualunque modo.È proprio sotto questa spinta che nascono nuo-ve idee e vecchi progetti risorgono, una volta vi-sti come stravaganti, ora

come una possibilità. Mentre le antiche divini-tà del petrolio e del car-bone stanno pian piano cadendo sono le nuo-ve fonti, quali il solare, l’idroelettrico, l’eolico e il nucleare che si danno battaglia per conquista-re quel posto sull’Olim-po, spingendosi ai limiti delle loro possibilità, in quella che senza dubbio possiamo definire “La guerra energetica del XXI° secolo”È difficile non dire che, sotto quest’aspetto, l’ob-biettivo della tecnolo-gia fotovoltaica sia il più grande e maesto-so di tutti. Direttamente dall’epoca della conqui-

sta dello spazio riprende vita il grandioso proget-to delle centrali solari geostazionarie. Queste immense stazioni orbi-tanti intorno alla terra sono le più sponsoriz-zate insieme al nucleare poiché fornirebbero un costante quantitativo di energia vista la loro po-sizione, che ne garan-tirebbe una continua esposizione al sole. Dal diametro minimo di 10 km fino a raggiungere le centinaia, queste centra-li sarebbero le più gran-di strutture mai costru-ite (intanto nello spazio lo spazio abbonda, no?), costruite con materiali ultraleggeri grazie all’as-senza di gravità e in gra-do di trasferire l’energia immagazzinata sulla ter-ra tramite laser o micro-onde a bassa frequenza, per non nuocere, rice-vute al suolo da una rec-tenna (è proprio questa tecnologia ad aver reso possibile il progetto). L’intoppo maggiore che questo progetto avrà sa-ranno gli immensi costi di messa in orbita che, al giorno d’oggi, sfiorereb-bero le decine di miliardi

La spinta verso nuove fonti porta alla luce progetti checredevamo potessero esistere solo nella nostra immaginazione

l’energia che verrà

a cura di Andrea TAFFURELLI (VAs)

Centrali solarigeostazionarie

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di dollari.Anche l’industria italia-na si è data da fare e dal-le menti di Ippolito e Mario Milanese (kyte surfer l’uno, docente al politecnico di Milano l’altro) che è nata l’idea della nuova generazione dell’eolica: il kytegen o, per gli amici, una centra-le ad aquiloni. Ed è pro-prio la forza generata da questi aquiloni sparati

ad oltre 800 m d’altezza (contro i 24m delle co-muni pale) a far muove-re le “braccia” di questa centrale dal diametro di circa 1500m in grado di produrre lo stesso quan-titativo di energia di una centrale atomica. L’uni-co difetto sarà l’impossi-bilità di avere un vento costante per tutta la du-rata dell’anno e la neces-sità di affiancare queste strutture con altre che compensino nei mo-menti di minor produt-tività.È dal Portogallo che arri-va invece la nuova idea

su come sfruttare l’ener-gia dell’acqua: le cen-trali ad onde marine. Come si può intuire dal nome questa centrale sfrutta il movimento on-dulatorio delle onde per generare energia che sarà poi inviata a terra. La sua posizione al largo della costa non ne co-stituisce un pericolo per bagnanti o mezzi nauti-ci ma il suo più grande difetto è l’essere anco-ra paragonabile al sola-re di prima generazio-ne, necessitando così di grandi spazi per genera-re l’energia richiesta. L’energia nucleare com-pie invece un altro passo verso la tecnologia del-la fusione (non fredda) grazie al progetto euro-peo denominato ITER. Sintetizzare come fun-ziona questo macchina-rio richiede un enorme sforzo e per tutti quel-li che inizialmente non ne capiranno nulla of-fro questa consolazione: siamo sulla stessa bar-ca. ITER genererà ,infat-ti, energia dal plasma rotan-te al suo inter-no derivato dal combusti-bile di deu-terio e tritio portati a 150 milioni di gra-di mentre dei magneti ter-

ranno lontano il plasma rovente dalle pareti gra-zie a campi magnetici 200.000 volte superiori a quelli terrestri. Gli im-

pianti criogeni intorno ad esso infine eviteran-no che a fondere sia…. tutto il resto.Se tutti questi progetti vi avranno stupito sap-piate che questo è solo l’inizio. Molti proget-ti stanno nascendo ogni giorno sotto la costan-te spinta della ricerca e non stupitevi se un gior-no vi capiterà di vede-re realizzato ciò che tutti voi credevate albergas-se solo nella vostra fan-tasia.

ITERKytegen

Centrale adonde marine

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FALCONEXPRESS44maggio 2011 FALCONEXPRESSenergia geotermica:

una possibile soluzione?

a cura di Alessandro MAGNANI (IVBs)

In un momento come questo in cui si sente parlare solo

di energia nucleare (e dei relativi pro e contro) o delle possibili oppor-tunità offerteci da una energia “ingombrante” come l’eolica, nessuno si pone il problema di altre

eventuali energie non inflazionate.Sto parlando dell’ener-gia geotermica, con la premessa che non sia la soluzione definitiva, ma una possibile soluzione tra le tante.Per chi non lo sapesse, questo complesso tipo

di energia è considera-to rinnovabile, in quan-to sfrutta le risorse della terra, ossia le fonti geo-logiche di calore; il ca-lore naturale della terra utilizzato infatti è dovu-to al decadimento natu-rale di elementi come il potassio, il torio e l’ura-nio, che sono presenti in natura.Solo l’1% dell’energia mondiale al giorno d’og-gi è occupato dal geo-termico, che potrebbe

Un’energia pulita e rinnovabile,che sfrutta il calore presente nelle profondità terrestri

Il primo tentativo di produrre elettricità dall’energia contenuta nel vapore geotermi-co è stato compiuto a Lardello, nel 1904, da Pie-ro Ginori Conti (nell’immagine), Il successo di tale esperimento mostrò il valore industriale dell’energia geotermica e segnò l’inizio di una forma di sfruttamento, tuttora diffusa in mol-ti paesi.

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ricavare dalla terra una quantità di energia as-sai elevata, che sfrutta-ta adeguatamente ci ac-compagnerebbe per i prossimi 4000 anni la-sciando una scia di ener-gia “pulita”.Ma come funziona? Beh, il metodo è molto complesso, in quanto si basa sullo sfruttamento del calore presente nelle profondità terrestri, che richiede dunque impian-ti di trivellazione molto avanzati; ma il metodo più utilizzato ai giorni nostri consiste nell’utiliz-zo di sistemi idrotermali, cioè formazioni roccio-

se permeabili in cui l’ac-qua piovana e dei fiumi si infiltra e viene scalda-ta da strati di rocce ad alta temperatura. L’Islan-da, infatti, trae la propria fortuna da questo tipo di energia, riscaldando l’85% delle abitazioni.Sapete dove venne uti-lizzata per la prima vol-ta? In Italia, nel 1904 grazie al principe Pie-ro Ginori Conti, il quale sperimentò a Larderel-lo in Toscana, regione in cui è concentrato l’utiliz-zo maggiore di energia geotermica in Italia.Le potenzialità offer-te dal geotermico tra

l’altro sono supporta-te da enormi vantaggi, come la grande quanti-tà di energia utilizzabi-le e la mancanza di dan-no all’ambiente, inoltre gli scarti possono esse-re riciclati, favorendo il risparmio; mentre gli svantaggi sono più che altro estetici, in quanto il groviglio di tubi “dan-neggia” la vista, e l’odore che fuoriesce col vapo-re ricorda l’uovo andato a male; a mio avviso, co-munque, per salvaguar-dare la terra, potremmo tutti fare un piccolo sa-crificio e tapparci il naso ogni tanto.

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FALCONEXPRESS46maggio 2011 FALCONEXPRESS

Il disastro di Fuku-shima ha riportato l’attenzione del no-

stro Paese sul tema del-le energie rinnovabili. Al momento in Italia si sta discutendo quali siano i migliori investimenti possibili in questo cam-po. Tra le forme di ener-gia alternative il biogas è una di quelle di cui si parla meno: si tratta di una miscela di gas che si forma attraverso la fer-mentazione di sostanze organiche, in assenza di aria (è quindi un proces-so anaerobico). È com-posta per il 50-70% da metano e per il 30-50%

da anidride carbonica e da diversi altri gas in mi-nime concentrazioni. Rappresenta una delle fonti rinnovabili più uti-lizzate per la produzio-ne di energia elettrica e calorica.Il biogas è indicato dall’U.E. tra le fonti ener-getiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, ge-otermica, del moto on-doso, idraulica, biomas-sa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione) che pos-sono garantire non solo autonomia energeti-ca, ma anche la riduzio-ne graduale dell’attuale

inquinamento ambien-tale e dell’effetto serra, (infatti ha un bilancio di emissione e consumo di CO2 praticamente nul-lo).Il biogas è l’unica fon-te di energia rinnovabi-le adatta alla produzio-ne di calore, corrente elettrica, gas, carburan-ti e combustibili. Pertan-to l’energia ricavata dal biogas non è soltanto ecologica, ma anche in-credibilmente versatile. Il calore residuo gene-rato come sottoprodot-to della produzione di biogas può essere inol-tre utilizzato per il riscal-

biogas: una proposta interessante.

Una fonte di energia ecologica ma anche molto versatilea cura di Alice FERRO (IVAs)

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damento di serre o per il raffreddamento. In par-ticolare l’adduzione di biogas nelle attuali reti per gas metano natura-le e il suo utilizzo come carburante per le auto diverranno sempre più importanti nei prossimi anni.Questo tipo di energia, a differenza dell’eolico e del solare, non dipende da fattori esterni, quin-di garantisce una con-tinuità di fornitura che permette di coprire il fabbisogno energetico durante le ore di picco.Come molte delle ener-gie rinnovabili, impianti

di produzione di energia da biomassa e biogas hanno ottenuto notevo-li incentivi da parte del Ministero per le Politi-che agricole alimenta-ri e forestali, non ultimo un bando che prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro per la co-struzione di nuove cen-trali. L’energia prodotta con queste nuove tec-

nologie ha infatti anco-ra un costo superiore a quella prodotta negli impianti tradizionali, il che necessita di sovven-zioni statali per incenti-varne l’utilizzo.È però importante che ci si avvicini sempre più a queste forme di energie che permettono impatti ambientali minori e che non presentano il pro-blema dell’esaurimento delle risorse. In una società sempre più energivora è fonda-mentale sperimentare tutte le opportunità che le tecnologie e la ricerca ci offrono.

Si ringrazia l’azienda agricola Horti Padani per la documentazione fornita per la realizzazione di questo articolo.

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Sono appena parti-to. Il mio catorcio è un euro 2, però si ac-

cende al primo colpo e fa ancora 20 km con un litro di gasolio, come appe-na comprata. Ogni tanto mi capita pure di impan-tanarmi e di chiamare gli allievi più bisognosi di qualche sufficienza a dar-mi una mano a toglierla dal fango. La mattina, in questo pe-riodo, il sole già comincia a solleticare la pelle del mio viso. Guardo la vita che ricomincia sonnec-

chiando. Fino a qualche settima-na fa si vedevano spe-gnersi le luci dei lampio-ni alle prime luci dell’alba. Come sono rassicuran-ti le nostre luci notturne, i bei fari da 10000 watt che illuminano i nomi e i fabbricati delle nostre aziende, che delineano le forme della civiltà glo-balizzata, così affascinan-ti (e tremende!) viste dai satelliti. Si dirà che è pure neces-sario illuminare le nostre strade per scacciare alme-

no la paura dei ladri e del “babao” (non lo trovate in internet!).C’è anche una bella tem-peratura, tiro giù un po’ il finestrino, si sta pro-prio bene. Tra poco co-minceremo ad accende-re i climatizzatori. Fino a quindici anni fa non ci ponevamo il proble-ma, vivevamo tranquil-li e in equilibrio omeo-statico col nostro sudore, eravamo abituati all’ap-piccicaticcio. Quasi ci pia-

nucleare, bugie e videoclipFino a qualche giorno fa diversi esperti del politecnico di Torino dicevano che era esagerato confrontare Fukushima a Chernobyl

a cura di Michele ZANONI (Fisica)

Scorie radioattive

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ceva appiccicarci alle car-te, al divano, alle sedie. Oggi è impensabile farne a meno. A chi non ha an-cora il climatizzatore si-curamente verrà manda-to l’assistente sociale a casa. E vai col consumo di energia elettrica! Vi ricor-date il black-out nazional-sistematico di qualche anno fa?Penso a quanta strada fa la gente oggi per anda-re al lavoro, quante situa-zioni paradossali: io vado ad Asola, gente di Asola va a Castel Goffedo, gen-te di Castel Goffredo va a Castiglione, gente di Ca-stiglione va ad Asola. Così si chiude il cerchio. E il traffico nei giorni lavora-tivi è sempre e comun-que sostenuto, anche alle 7 e 30 del mattino, come in città… Mi vorrei comprare un’auto elettri-ca, mi piacerebbe quel-la piccina della pubblicità dell’enel… magari ricari-carla sotto una pensilina con sopra le celle fotovol-taiche, magari a scuola… Intanto mi sorpassa a ve-locità relativistica (cioè prossima alla velocità del-la luce) questo tizio con l’auto-carro-suv. Nono-stante la velocità, la mole del veicolo non si accor-cia sotto l’effetto del-la contrazione di Lorenz-Fitzgerald (la studierete quando sarete in quin-ta!) e il mostro sembra immenso. Penso che ab-bia una massa pari a tre

volte quella di quest’au-to. Chissà quanto consu-ma. Facendo due conti con la forza d’attrito con quei battistrada che sem-brano quelli di un tir… Mi trattengo a malapena dal mio solito cinismo. Sono a Casaloldo. Pensiamo positivo và. Per esempio… a Fukushima. Mi viene in mente quel filmato girato da repor-ter giapponesi. Un viag-gio verso il luogo della catastrofe, verso l’incubo. Sul cruscotto avevano ap-peso due contatori Gei-ger-Muller, già a 30 km dalla centrale, a una in-tensità di radiazione di 2 mS/h (leggi micro Sievert all’ora) i contatori aveva-no cominciato a squitti-re come tamagotchi af-famati. In effetti se uno si becca questa radiazione per più di un anno va in-contro già a opacità os-servabili del cristallino e a deficit visivo oltre ad aumentare a dismisura la probabilità di beccar-si un tumore in qualche posto del corpo. A 3 km dalla centrale nucleare di Fukushima la radioattivi-tà è 130 mS/h. Allucinan-te. Da 100 a 1000 volte il fondo naturale di radioat-tività. Invivibile, uno che vivesse qui andrebbe in-contro, nell’immediato, a sterilità permanente, de-pressione dell’omopoiesi, aplasia mortale. Anche se scampasse a questi effetti avrebbe la quasi certezza

di ammalarsi di cancro. So che la radioattività è destinata ad aumenta-re, lo so perché conosco il modo con cui le barre di un reattore vengono fatte reagire. Sono balle quelle che dicono i politici giap-ponesi e il personale del-la Tepco: che la centrale verrà smantellata, che in 3 mesi avranno sotto con-trollo la radioattività (che poi cosa significa? Con-statare che la radioattività è alta ma costante?). Sarà già un miracolo se non ci saranno ulterio-ri esplosioni. Quel che si può fare è solo coprire i noccioli dei reattori che si trovano in fusione e sco-perti con un mare di ce-mento armato, magari iniettando cemento an-che sotto i reattori per evitare la contaminazione dell’acqua, del sottosuolo e del mare. Come hanno fatto a Chernobyl a costo del sacrificio dei tecnici che sono andati a ispezio-nare sotto i reattori. Chernobyl, un panettone di cemento armato che nasconde una reazione mortale che andrà avan-ti per altri 25000 anni. Fra decenni bisognerà for-se cambiare il panetto-ne perché nel frattempo si sarà sbriciolato. Ma che smantellare… che idio-zie. Tenere lì in attesa di sviluppi. Come le scorie. Qualche anno fa i nostri tecnopolitici o politec-nici o pilo-tecnici aveva-

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no già bell’e stabilito di sistemarle nel sottosuo-lo di un paesino della Ba-silicata ad insaputa della popolazione. Peccato che qualcuno ha fatto la spia.Fino a qualche giorno fa diversi tecnici del politec-nico (politecnici…) di To-rino, specializzato nella tecnologia per il nucleare da fissione, dicevano che era esagerato confrontare Fukushima a Chernobyl, che la situazione sarebbe stata presto sotto control-lo, che i livelli di radioatti-vità denunciati erano esa-gerati.Fu così che gli stessi giap-ponesi portarono il grado del disastro di Fukushima al livello 7, come Cher-nobyl, ammettendo che la radioattività prodotta a Fukushima aveva supera-to il 10% di quella rilascia-ta dal reattore ucraino. Qualcuno ha persino det-to “che non ci si aspetta-va uno tsunami” (sic!) su-bito dopo il terremoto, che le centrali giapponesi sono state progettate per un terremoto di magnitu-do 8 della scala Richter e quindi sono praticamen-te sicure. E Sumatra a 9 e passa gradi Richter? E il fatto che il Giappone stia su una faglia che a veder-la sulla cartina ci si chiede come tutta quanta la po-polazione non sia ancora finita in mare? Poi c’è il fatto incontesta-bile e oramai assodato che tutti i terremoti con

epicentro in prossimità di mari e oceani creano “automaticamente” tsu-nami, detti infatti anche maremoti. Basta pensa-re al terremoto con con-temporaneo maremoto di Messina nel 1908. Una strage. Mi chiedo come non sia ancora venuta in mente l’idea a qualcuno di fare una centrale nu-cleare sullo stretto oltre al bel ponte ormai in can-tiere. Anche i nostri nuclearisti, un notevole stuolo bipar-tisan che va dal ministro Romano all’ex ministro Veronesi passando per un ampio spettro di parla-mentari e persone di cer-ta visibilità, hanno spesso sostenuto l’intrinseca si-curezza della tecnologia nucleare, taluni dicendo che “a Chernobyl la cau-sa del disastro è stato un errore umano”. Purtrop-po è vero… ma questo è tutt’altro che rassicu-rante! Alcuni di questi hanno ci-tato il Giappone come esempio di sicurezza: centrali che addirittura convivono con le sistema-tiche scosse dei terremoti nipponici! Certo che, col senno del poi, è stata una pessima strategia per se-dare le inquietudini di chi ancora avvertiva qualche prurito pensando al nu-cleare.Se poi penso alla sto-ria così efficacemente e correttamente descrit-

ta da Silvia Pochettino nel suo libro “Chernob-yl, una storia nascosta” in cui si mostra la stupidità di chi ha provocato l’inci-dente, l’inettitudine di chi avrebbe dovuto mettere al riparo la popolazione e l’arroganza del potere bielorusso che ha tappa-to le bocche delle perso-ne più coraggiose e testi-moni di tanta stupidità e disinteresse per la salute altrui…Sono arrivato. Raccolgo le mie carte e la mia borsa, mi si fa strada in testa un ultimo pensiero. Quale al-ternativa alla tragica ipo-tesi di privare l’umanità di una importante risorsa energetica? Forse forni-re a certi politici e uomi-ni d’affari e faccende uno strumento per distrugge-re il pianeta?Chiudo la portiera e un brivido mi sale per la schiena. Il brivido è dovu-to al cigolio della portie-ra. Mi rassicuro da solo: purtroppo di strumen-ti ne hanno già altri a di-sposizione.

P.S. nel frattempo il go-verno Berlusconi ha con-fermato che non si andrà avanti sulla scelta del nu-cleare. Però a votare per i referendum andateci lo stesso che è un vostro do-vere civico. Che peccato, mi ero divertito a scrive-re questo articolo del tut-to inutile.

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FALCONEXPRESS54maggio 2011 FALCONEXPRESSCi parlano spesso di

prevenzione. A noi giovani, in par-

ticolare, viene detto che è giusto in campo sanita-rio avere un corretto stile di vita per evitare malat-tie future. Noi, però, sia-mo soliti non ascoltare e non parlare con gli adulti, forse per paura, vergogna o solo perchè non credia-mo possa succedere pro-prio a noi. Per rompere questo “si-lenzio” sono venuti a par-larci alcuni membri del “Lions Clubs Internatio-nal” del Progetto Marti-na (già descritto nella pri-ma uscita del FXP).I medici hanno ribadi-to che è importante ave-re un corretto stile di vita, costituito da un’ alimenta-zione sana ed un’ adegua-ta attività sportiva, anche se viviamo in un ambien-te non sempre favorevole alla salute.Questi due fattori sono tra i motivi primari della formazione di tumori.È stato molto importante, infatti, osservare quante malattie possono colpi-re soprattutto in giovane età (16-18 anni); ci accor-giamo, però, delle gravi conseguenze che provo-cano solo in età media o avanzata, questo perchè

le cellule tumorali hanno un lungo processo di ma-turazione. Alcuni esem-pi di questi tumori sono il melanoma e il tumore al collo dell’utero per le donne, ed il tumore al te-sticolo nel caso degli uo-mini.Siamo molto giovani ma ciò non toglie che è im-portante avere cura di noi stessi anche se apparen-temente ci sentiamo sani, infatti è proprio ciò che hanno voluto trasmetter-ci nell’incontro.Per questo è un nostro di-ritto-dovere sottoporci a controlli periodici, qua-li ad esempio il PAP-TEST per le donne, che posso-no rilevare una predispo-sizione alla formazione del tumore.Un altro aspetto che gli specialisti hanno voluto sottolineare è l’importan-za di avere un atteggia-mento tranquillo e re-

sponsabile di fronte alla malattia, poiché, adesso che siamo a conoscenza di come poterla combat-tere e vincere, possiamo vivere più serenamente, senza paura.Al termine dell’incontro abbiamo compilato un test dove ci veniva richie-sto di rispondere ad alcu-ne domande riguardanti i temi affrontati e di espri-mere pensieri, opinioni, quesiti. Ciò ha suscitato in noi un senso di sicurez-za, poiché abbiamo ca-pito che se ci trovassimo in difficoltà non sarem-mo soli in quanto perso-ne esperte e disponibili sarebbero pronte a soste-nerci e curarci.“Non è tutto rose e fio-ri”, infatti, le nostre pau-re, com’è giusto che sia, non sono del tutto scom-parse, poiché non saremo mai pronti ad affrontare ed accettare un male tan-to grande da allontanarci da ciò che appartiene alla nostra quotidianità.Tuttavia non dimentichia-mo che questo incontro ci ha dato una speranza in più! La lotta contro i tu-mori richiede conoscenza e impegno personale, richiede quindi cultura... e la scuola è la culla della cultura.

Prevenire è meglio che curarea cura di Chiara PASINI e Fabiana SMANIA (IIBs)

progetto martina

Siamo contenti di aver avuto questa opportuni-tà attraverso la nostra scuola che con tanta cura ha pensato di renderci consapevoli di questa re-altà e di come difenderci.Con questo articolo vo-gliamo ricordare Martina e ringraziare i volontari dell’Associazione

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Il progetto Martina si occupa di informa-re i giovani sull’impor-tanza della preven-zione dei tumori. Con l’avanzare dell’inizia-tiva negli anni siete soddisfatti dei risultati ottenuti? Come rispon-dono i giovani alle vo-stre lezioni?Moltissimo. Siamo scon-volti dalla risposta da parte dei giovani, scon-volti in senso positivo,

perché non ci aspettava-mo questa reazione. Ab-biamo visto che voi cre-dete moltissimo in questo tipo di comunicazione, e quindi con orgoglio pos-siamo dire che abbiamo imparato a comunica-re con voi, che non è una cosa semplice. Quello che è bellissimo è che voi siete pronti a rice-vere queste informazio-ni. Finora si è sbagliato parlando con gli adulti e

proibendo ai giovani, non ha senso. Il punto sta nel-lo spiegare, “fare cultura”, questo è il nostro slogan.Questo progetto com-prende altri ambiti e iniziative oltre agli in-contri con i ragazzi nel-le scuole?Sì, perché i ragazzi quan-do tornano a casa parla-no in famiglia con entu-siasmo di ciò che hanno ascoltato e i genitori chie-dono di fare incontri an-

progetto martinaIntervista al prof. Di Maggio, fondatore del progetto

Il 5 marzo nel nostro istituto si è tenuta la conferenza riguardante il progetto Martina, a cui hanno partecipato le classi seconde.L’incontro è iniziato con un breve intervento della preside che ha ringrazia-

to gli esperti: il segretario distrettuale dei Lions Sig. Panzeri, il presidente del club di Asola Dott.. Esposito, la ginecologa dell’ospedale di Asola Dott.ssa Schi-nelli e il fondatore del progetto professor Di Maggio.Non essendo possibile far partecipare tutte le classi abbiamo seguito l’incontro e intervistato il professor Di Maggio, disponibile a rispondere con entusiasmo alle nostre curiosità, socievole e coinvolgente.

a cura di Francesca MASSARI e Mete OLTA (VAs)

Il prof. Di Maggio durante un momento dell’incontro nell’ambito del Progetto Martina

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che loro. Questi compila-no gli stessi questionari e si dimostra che ne san-no poco quanto voi. Ab-biamo iniziato il progetto parlando con gli alunni delle quinte, perché han-no l’età per determina-te esperienze; col passare del tempo però, abbiamo abbassato l’età e l’obiet-tivo è arrivare a parlare con i genitori delle scuo-le medie.Attualmente tra i gio-vani sono diffusi alco-ol, droga, fumo e l’età dei primi rapporti ses-suali si è abbassata no-tevolmente. Questi fat-tori aumentano i rischi della malattia fra i gio-vani?Innanzitutto l’alcool si sta diffondendo moltissimo e l’età si è abbassata tanto, sta diventando una cosa squallida. Per esempio quando andavo al liceo e studiavamo con le nostre compagne, l’obiettivo era mettere le mani addosso, invece ora studiano dav-vero i giovani perché tut-to è molto più semplice e in questo momento sta diventando un problema, perché si parla addirittu-ra di anoressia sessuale. Con tutto questo sesso fa-cile si perde quel pizzico di frutto proibito e diven-ta quasi un’abitudine. Avete presente il film di

Verdone quando si dice “ la femo strana”, ecco è una frase importante per-ché spiega come le per-sone cerchino sempre sti-moli nuovi, perché ormai quelli vecchi ci hanno an-noiato.I tumori nascono quando si è giovani ma si manife-stano tardi,nell’età adul-ta. Ovviamente con uno stile di vita sregolato il ri-schio aumenta. E’ impor-tante capire che nessuno vuole proibire ai giova-ni le cose belle della vita però bisogna avere dei li-miti ed è importante che ci sia informazione. Tra i giovani esiste un muro causato dall’im-barazzo che li porta a non affrontare aperta-mente i problemi fin-ché non è troppo tar-di. Spesso le ragazze, in particolare le mino-renni, si trovano in dif-ficoltà perché non san-no a chi rivolgersi. In Italia esistono strut-ture o associazioni in grado di aiutare con-cretamente queste ra-gazze?In realtà sono più i ragaz-zi che andrebbero aiutati, perché le ragazze ne par-lano più facilmente, i ma-schi no, né vanno mai a farsi controllare, si vergo-gnano. Secondo noi è molto im-

portante che i ragazzi ne parlino tra di loro, perché in questo modo si può estendere l’informazio-ne. Noi ci stiamo provan-do andando nelle scuole, ma i giovani sono tan-ti ed è impossibile incon-trarli tutti. Siamo già a buon punto perché ab-biamo constatato che l’85% dei ragazzi ne par-la con i propri amici e co-etanei.Negli ultimi anni la ricerca ha ottenuto maggiori risultati nel campo della preven-zione o per quanto ri-guarda la cura?La migliore cura inizia dalla migliore prevenzio-ne. Evitare che i tumori si manifestino è l’obiettivo, ma se non ci riusciamo ci sono due fasi: diagno-si tempestiva precoce e la cura, procedono di pari passo.Se il tumore si riesce a scoprire presto, nelle fasi iniziali del suo sviluppo, allora richiede cure meno invasive e la possibilità di guarigione sale al 90%. È importante ricordare che c’è stata una notevo-le evoluzione sia tecnolo-gica che culturale. Ora ci troviamo in un momento di svolta importante ma bisogna insistere ancora sull’impegno da parte del singolo.

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In questo nume-ro di FXP dedica-to all’energia può

sembrare fuori tema in-serire un articolo sul-la squadra di Matema-tica del nostro Istituto. Invece, ripensando a un anno intero di attivi-tà, mi sembra che pos-sa essere un intervento molto azzeccato. I tre-dici ragazzi della squa-dra, di cui sette titolari e sei riserve, sono infatti partiti nel lontano otto-bre 2010 per un’avven-tura lunga e impegna-tiva che si è conclusa a fine marzo 2011. Oltre

a cimentarsi individual-mente insieme a tanti altri ragazzi della scuo-la nelle varie fasi delle gare a cui il nostro isti-tuto da anni partecipa (Olimpiadi di matema-tica, Giochi della Bocco-ni, Gran Premio di Ma-tematica della Cattolica, Kangourou della Mate-matica), i nostri impavi-di giovani hanno infatti quest’anno aderito a un Progetto Regionale che comportava la parteci-pazione a sei pomeriggi (uno al mese) di labora-tori-allenamenti presso l’Università Cattolica di

Brescia insieme a ragazzi di tante altre scuole per sperimentarsi in grup-po su questioni mate-matiche inusuali, curio-se, anomale, complesse e veramente toste (testi-monio io, che mi sono scervellata con loro, e spesso inutilmente!). Ma se i ragazzi delle altre scuole erano di Brescia o gravitavano comun-que intorno alla città, per i nostri l’impresa di partecipare agli allena-menti era davvero duris-sima, non solo “matema-ticamente”! Infatti ogni volta si partiva a piedi da scuola alle 11.30 per prendere il treno alle 12, arrivati a Brescia alle 13 ci si spostava a pie-di all’Università, dove ci veniva riservata una sa-letta per poter studiare o fare i compiti fino alle 15, quando iniziava tas-sativamente il lavoro di gruppo, con “allenatori” intransigenti e incorrut-tibili che non facevano uscire i partecipanti se non dopo 3 ore esatte! Alle 18 si ripartiva ver-so la stazione e col tre-no delle 19 si giungeva infine ad Asola alle 20! E tutto questo non è sta-

Energia alternativa, inesauribile e positivala squadra di matematica

a cura di Cristina AGAZZI (Matematica e Fisica)

La squadra di matematica durante un momento delle gare

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to facile, specialmente in freddi e piovosi pome-riggi invernali quando la voglia di starsene a casa al caldo era fortissima, oppure quando il gior-no dopo i ragazzi aveva-no verifiche o interroga-zioni, per cui dovevano ripassare in treno o fini-re lo studio a casa a tar-da sera, o semplicemen-te quando la stanchezza o lo scoraggiamento sembravano avere il so-pravvento. Anch’io ho avuto momenti di crisi in cui mi sembrava che non valesse la pena fare tanta fatica, figuriamoci i ragazzi! Eppure hanno responsabilmente e te-nacemente tenuto fede all’impegno preso e si sono incoraggiati e aiu-tati a vicenda, consape-voli che la loro presen-za, la loro costanza e la loro vicinanza era essen-ziale a tutto il gruppo, non solo e non tanto per la parte dell’esperien-za strettamente legata alla matematica, ma so-prattutto per quella le-gata alla “vita vera”! Ri-cordo con tenerezza e gratitudine le ore pas-sate coi ragazzi in treno, parlando, ridendo, gio-cando a carte, ma anche spessissimo discuten-do appassionatamen-te di attualità, di politi-ca, di religione (quanto mi ha arricchito scopri-

re la loro voglia di porsi domande!), le traversate di Brescia a piedi (spe-cialmente il venerdì pri-ma di Natale, con una spruzzatina di neve nelle le vie tutte addobbate), i panini mangiati insieme e i caffè al bar dell’uni-versità, le ore passate a cimentarci sui proble-mi matematici, la sosta di rito al ritorno verso la stazione in un negozio di schifezze (cioccolatini, patatine, caramelle), l’ar-rivo ad Asola col buio, la fame, la voglia di cal-do e riposo… L’avven-tura è culminata con la Disfida finale: 32 squa-dre riunite in una pa-lestra con circa 300 ra-gazzi che lavoravano al proprio tavolo, correva-no dalla giuria a porta-re le risposte, si esaltava-no e si incoraggiavano a vicenda mentre il pub-blico sugli spalti vedeva in diretta su maxi scher-mi l’andamento del-la gara e sosteneva col tifo i compagni al lavo-ro. Nonostante fossimo una delle scuole più pic-cole in gara, il risulta-to è stato davvero lusin-ghiero, sorprendente: sesti su 32! Meritatissi-ma soddisfazione, pre-stigioso riconoscimento e ricompensa adegua-ta per un anno di fatica insieme! Questi ragazzi hanno vissuto un’espe-

rienza senz’altro com-pleta, hanno avuto il co-raggio di affrontare la novità, hanno creduto in se stessi e nei compa-gni, si sono buttati con la voglia di mettersi in gioco, hanno imparato a decidere e scegliere (e non solo per risponde-re ai quesiti matemati-ci!), hanno perseverato anche quando l’entusia-smo iniziale non basta-va a sostenere l’impe-gno, hanno comunicato intensamente tra loro e hanno acquisito compe-tenze di “vita vera”! Non è forse questa una stra-ordinaria riserva di ener-gia alternativa, naturale, positiva e rinnovabile? Un’energia potente e ric-chissima, che noi inse-gnanti dovremmo va-lorizzare e sfruttare e i ragazzi dovrebbero im-parare a incanalare e do-minare. Io ho sperimen-tato la forza di questa energia che ha saputo ricaricarmi e darmi mo-tivazioni e soddisfazio-ni impensabili anche nei momenti in cui ero vera-mente “in riserva”: devo quindi ringraziare di cuore per questo e per tanto altro i miei compa-gni di avventura: Joned, Davide M, Paola, Bru-no, William, Giovanni, Davide S, Michelle, An-drea, Filippo, Nicolò, Veronica, Letizia!

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FALCONEXPRESS60maggio 2011 FALCONEXPRESS

Orson Welles na-sce nel 1915 ne-gli USA. Successi-

vamente si trasferisce in Europa dove risiede sta-bilmente fino agli anni ’30. In questo periodo nascono in America due nuovi generi detti Noir e Horror ispirati al cinema espressionista tedesco, ai quali attingerà anche Welles. A soli 15 anni, in Irlanda, mette in scena la sua prima rappresen-tazione teatrale e dopo 4 anni avviene il suo pri-mo matrimonio con Vir-ginia Nicholson dalla quale avrà poi una fi-

glia. Nel corso degli anni ’30 il regista fonda la sua prima compagnia tea-trale con la quale por-ta in scena, nel 1936, una versione aggiorna-ta del mito di Macbeth. Lo ambienta ad Haiti e il protagonista è inter-pretato da un attore di colore. Tutto ciò solle-vò molto scalpore nel-la società dell’epoca non impedendogli però di ri-proporlo nel ’48. Welles divenne famoso grazie all’impiego come radiofonico nel pro-gramma “Prima perso-na singolare”; è da ricor-

dare soprattutto la notte di Halloween del 1938 quando recitò “La guerra dei mondi” (romanzo di fine ‘800) denunciando l’arrivo di alcuni marzia-ni in territorio america-no. Creò così un grande panico generale. Dopo questo episodio firmò un contratto con l’RKO,una casa produt-trice degli anni ’30 e ’40 che gli affidò il compito di “far cinema”. In quegli anni la figura del regi-sta non era molto rico-nosciuta poiché il suo compito consisteva so-stanzialmente nella sola regia di una sceneggia-tura prescritta. Orson Welles pretese invece di gestire il montaggio de-finitivo e completo dei suoi film. Tra questi ri-cordiamo “Quarto Pote-re” (titolo originale “Citi-zen Kane”) che ha come protagonista Kane, un magnate della stampa interpretato dallo stesso Welles. Kane è un uomo molto potente e di suc-cesso apparentemen-te forte ma che in realtà nasconde una profon-

ORSON WELLES E FRANK KAFKA, DUE UOMINI A CONFRONTO

Una comune inadeguatezza nei confronti del mondoa cura di Sara MORENI e Martina RAMPONI (IIIAs)

Orson Wellescon Rita Hayworth

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da debolezza, caratteri-stiche tipiche dell’uomo wellsiano. La storia narrata viene rappresentata più volte ma con punti di vista dif-ferenti, infatti secondo il regista la realtà non è unica ma differente a se-conda della soggettività percettiva di ogni singo-lo individuo. I vari punti di vista sono sottolineati dalle diverse tecniche ci-nematografiche utilizza-te a seconda del raccon-to di ogni personaggio. Le deformazioni della re-altà vengono sottolinea-te dall’uso sapiente della luce, tecnica ripresa dal cinema espressionista tedesco.Orson Welles, figura im-ponente, aveva un ca-rattere esigente e pre-potente. Agli occhi della Hollywood degli anni ’40 aveva un atteggia-mento troppo trasgres-sivo specialmente per il suo look anticonformi-sta e per il gran nume-ro di donne con le qua-li si intrattenne nella sua vita. Con queste aveva un atteggiamento spes-so molto autoritario, una delle sue donne più fa-mose fu Rita Hayworth che obbligò a tinger-si i capelli di biondo di-struggendo così il mito che si era creata grazie alla sua chioma rossa. Ma questo eccentrico

personaggio cos’ha in comune con la “piccola” figura di Kafka?A primo impatto infat-ti i due sembrano esse-re due caratteri comple-tamente agli antipodi e ciò si può notare so-prattutto dai personaggi delle loro opere:- I protagonisti del cine-ma wellsiano sono uo-mini apparentemente forti come Kane o Mac-beth (un grande perso-naggio che però si lascia influenzare dalle profe-zie). Personaggi che cer-cano in ogni modo di raggiungere il potere, la fama, la grandezza per nascondere le loro fra-gilità;- I protagonisti dei ro-manzi di Kafka sono uomini “piccoli”, umi-li e schiacciati dalle loro paure. La linea che li congiunge è l’impotenza nei con-fronti del mondo come per esempio l’incapaci-tà di vivere serenamente la loro sessualità. Welles aveva un approccio ag-gressivo e seduttivo nei confronti delle donne, mentre Kafka ha paura di queste e si sente im-potente di fronte alla loro seduttività. Per questo motivo ne-gli anni ’60, Orson Wel-les, decide di mettere in scena uno dei roman-zi più famosi di Kafka: “Il

Processo”. La storia nar-ra dell’impiegato Joseph K. accusato di un crimi-ne che per tutta la du-rata del film non viene chiarito. L’opera esprime l’idea che la verità non può essere riconosciuta in quanto tale ma lo scopo è di sollevare la coscien-za di un dubbio che ogni spettatore può in-terpretare.Il primo critico ad ana-lizzare la psicologia wel-lesiana fu Andre Bazin che, morto nel ’58, non fece in tempo a vedere “ Il Processo”. Dopo un’ac-curata analisi dei suoi film, distinse due accor-gimenti tecnici fonda-mentali che Welles uti-lizzava per riprodurre la sua ambiguità ontolo-gica:Il piano sequenza, per rendere più realisti-ca per lo spettatore la concezione del tem-po, la durata delle ripre-se coincideva con quella della narrazione;La profondità di cam-po. Utilizzando delle len-ti quadrangolari, Welles fornisce allo spettato-re una visione il più am-pia possibile della realtà permettendogli di foca-lizzare la sua attenzione su ciò che ritiene mag-giormente importan-te. Questo tipo di lenti, però, deformano l’imma-

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gine, ma secondo Bazin non è importante la de-formazione ma l’ampiez-za dell’inquadratura.La macchina da presa viene inoltre posta dal basso verso l’alto, po-sizione proibita dal ci-nema classico poiché deformava l’immagi-ne schiacciando i per-sonaggi. Tutto ciò dava una prospettiva distorta della realtà. Il Processo è un film in cui non c’è né un esor-dio né una conclusione e nemmeno un’evoluzio-ne drammatica, la storia non porta ad alcuna ve-rità concludente. Welles diede al film un finale differente da quel-lo del romanzo kafkiano. Nel film il protagonista si ribellerà alla buro-crazia ipocrita e totaliz-zante, incitando i suoi aguzzini ad ucciderlo, ri-bellandosi così al loro

sistema disumanizzan-te. Nel romanzo invece emerge la vergogna e il senso di frustrazione del protagonista per non es-sere riuscita a dimostra-re la propria innocenza. Questa scelta del regi-sta è stata fatta in segui-to all’olocausto. Secon-do Welles, infatti dopo tale evento, era impos-sibile rappresentare una figura di ebreo che rima-ne impassibile e si lascia sottomettere dalla buro-crazia. Per i ruoli femminili il regista utilizza grandi star come Romy Sch-neider, Elsa Martinelli e Jeanne Moreau, le sue protagoniste sono don-ne ambigue, pericolo-se e di difficile decifra-zione. Per il protagonista ma-schile, invece, Welles scrittura Antony Par-kins, un attore nevroti-

co e omosessuale che raggiunse la celebri-tà nel 1960 con Psyco si A. Hichikock. L’atto-re aveva una profonda fobia dei corpi femmi-nili a causa del rappor-to castrante con la ma-dre, perfetto quindi per interpretare il nevrotico Joseph K. Welles riprende il bre-ve racconto “Davan-ti alla legge” di Kafka e lo pone come prologo del film, come se fosse un cartello introduttivo. Per interpretare questo racconto utilizza dei di-segni realizzati con la tecnica degli spilli che crea forti effetti visi-vi chiaroscurali. Que-ste immagini si sfoglia-no come le pagine di un libro e lo stesso re-gista presta la voce per la narrazione del bre-ve racconto. Il prologo narra di un uomo che aspettò per anni di po-ter accedere alle porte della legge e in punto di morte chiese al guar-diano: << Ogni uomo aspira a conoscere la legge. Perché allora in tutti questi anni nes-suno ha tentato di en-trare?>>; il guardiano rispose: <<Questa por-ta era destinata solo a te.>>. Ciò significa che la legge deve essere ri-cercata da ogni uomo, il quale ha la libertà di

OrsonWelles

durante un programma radiofonico

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conoscere la realtà e se stesso. Chi non met-te in atto tale potenzia-lità non ha la capacità di sentirsi vivo. Non bi-sogna accettare la leg-ge passivamente, non come i burocrati nazisti che eseguirono gli or-dini acriticamente sen-za porsi problemi di co-scienza individuale; la legge deve essere vis-suta nell’autonomia del pensiero. L’inizio vero e proprio del film avviene con il risveglio improvviso del protagonista, scel-ta che lascia intende-re che il film è racconto

di un sogno, di un in-cubo. Freud nel 1900 in “Interpretazione dei so-gni” dirà che il sogno è lo specchio delle attivi-tà dell’inconscio. Quin-di il film è il racconto di un sogno come se ci dicesse che in quanto tale deve essere inter-pretato in modo sog-gettivo. La scenografia rispec-chia la condizione del protagonista che, quando si sente op-presso dalla legge, si ri-trova in stanze strette e dai soffitti bassi. Per rappresentare l’inferio-rità dell’uomo rispetto

alla superiorità del po-tere, Welles, invece, col-loca il protagonista in spazi molto grandi e di-spersivi. Nell’intero film vi è in sottofondo la musi-ca barocca di Albinoni del ‘600 che conferisce al film un ritmo lento e pesante. Dal nostro punto di vi-sta Il Processo è un film accattivante e coin-volgente che susci-ta la riflessione sull’im-portanza del pensiero individuale dell’uomo e al contempo la sua in-capacità di decifrare la realtà.

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Il libro che mi ha ispi-rato a scrivere que-sto articolo si chia-

ma “Shiver”, di Maggie Stiefvater, e appartie-ne all’ormai più che noto genere dell’Urban Fan-tasy, del quale fa parte, per esempio, la famosa saga di “Twilight”, o an-che quella de “Il diario del vampiro”, o del meno conosciuto “Il diario di Eve Rosser”.Penserete: “Ecco, sempre la stessa banale storia sdolcinata e mediocre di vampiri, dove lui e lei

non possono stare insie-me a causa della curiosa dieta a base di sangue di uno dei due, ma che alla fine, dopo alcune pre-vedibili e scontate diffi-coltà, trovano il modo di superare la loro diversità e vivono per sempre feli-ci e contenti!”È vero, anche in Shiver è presente l’aspetto del soprannaturale, que-sto non posso metter-lo in dubbio, ma ci sono anche molte differenze dai libri sopra citati che lo rendono una lettu-

ra piacevole e per nien-te noiosa: innanzitutto, nessuno dei personag-gi della storia è un vam-piro e nemmeno lo di-venterà! Nel libro non sono presenti succhia-sangue dai canini retrat-tili, se era questo che te-mevate! La seconda piacevole caratteristica è che Sam, il protagonista maschi-le della vicenda, aman-te della musica e dei li-bri, stupisce il lettore (o, più facilmente, la lettri-ce) con la dolcezza delle melodie che compone ispirandosi alla sua lei, Grace, una normale ra-gazza di diciassette anni che aveva solo un sogno prima di conoscere lui: iscriversi al college e vi-vere una vita normale, possedendo una caffet-tiera rossa fiammante.Ma invece la sua esisten-za, anche se lei non lo sa ancora, è già segnata da quando, ancora bambi-na, è stata attaccata da un branco di lupi fameli-ci: quel giorno quasi in-consciamente si è inna-morata. Si è innamorata di uno dei lupi, quel-

shiver, una storia d’amore e di lupi

L’autrice Maggie Stiefvater e la copertina del suo romanzo

a cura di Eliana FASANI (IVAss)

Non i soliti vampiri belli, tenebrosi e... noiosi

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lo che le ha permesso di scappare. Il lupo con gli occhi gialli. Shiver effettivamen-te parla di una storia d’amore, una dolce os-sessione che accompa-gna i due giovani pro-tagonisti sin da quando erano bambini: lei uma-na, lui licantropo, che può tornare nella sua forma originale solo d’estate, solo quando fa più caldo. Il problema è che farlo per Sam diven-ta ogni anno sempre più difficile. Quando poi, anni dopo l’aggressione, Grace in-contra nel bosco inne-vato vicino a casa sua un ragazzo dagli occhi gial-li ferito da una pallottola di un cacciatore, sa per istinto che si tratta del suo lupo.La ragazza non si fa do-mande, capisce che ciò che riteneva impensabi-le è la realtà: i licantropi esistono. Grace quindi cura il suo uomo-lupo finché quest’ultimo si ristabili-sce, nascondendolo in casa sua dai suoi genito-ri, quasi totalmente as-senti nella sua vita, e alla polizia, che cerca il lupo responsabile della morte di un ragazzo. Nel frat-tempo, tra i due può re-alizzarsi finalmente la toccante storia d’amore che si voleva leggere sin

dall’inizio.Grace è una ragazza vo-litiva e sicura di sé. Sem-bra quasi fredda ad un primo impatto, ma non è così: si lascia andare solo quando è in compa-gnia del suo uomo-lupo, lasciando trapelare il suo lato premuroso e dolce.Sam invece, il ragazzo dagli occhi gialli, si rive-la un ragazzo sensibile e quasi fragile, che deve convivere con il suo tri-ste passato (all’età di soli otto anni i suoi genito-ri hanno tentato di uc-ciderlo in un modo bar-baro quando hanno scoperto la sua doppia identità) e con la consa-pevolezza che la spen-sieratezza che sta viven-do assieme a Grace non durerà molto: egli infat-ti sa (nel profondo) che quello che sta vivendo è l’ultimo suo periodo a due zampe, una volta che con il freddo tornerà lupo, lo sarà per sempre.Per questo Grace e Sam vivono il loro amore nell’angoscia: basta che il ragazzo venga esposto all’aria gelida dell’inver-no per qualche istante di troppo e tornerebbe ad essere un animale sel-vaggio e senza pensieri umani. Amerebbe anco-ra Grace in fondo al suo cuore, ma senza capir-ne il motivo o la vera in-tensità.

Questo quindi è lo sco-po di Grace: trovare un modo per far rimane-re Sam al suo fianco per tutta la vita.Ma la cura da trovare non è facile: non esiste un vero rimedio alla li-cantropia, oltre ad evita-re il freddo. E l’inverno nel frattem-po si avvicina sempre di più, rischiando di por-tarle via Sam. Forse per sempre...Shiver è un libro che mi ha piacevolmente colpi-ta sin dalla prima lettura della trama in libreria. Lui lupo, lei ragazza... poteva trattarsi del-la brutta copia di “Twi-light”, invece ho scoper-to che è decisamente migliore del raccon-to della Meyer: innanzi-tutto, qui i personaggi sono più concreti e defi-niti (insomma, Sam non è il solito bel tenebro-so che si innamora, chis-sà perché, della sfigata della situazione e Grace è una ragazza con i pie-di per terra, non partico-larmente bella né popo-lare); in secondo luogo, i sentimenti che provano i due ragazzi sono quasi tangibili e si riesce facil-mente ad immedesimar-si in loro grazie allo stile di scrittura dell’autrice, che è indiscutibilmente più piacevole da leggere e di sicuro meno pesan-

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FALCONEXPRESS66maggio 2011 FALCONEXPRESSte rispetto a quello del-la scrittrice di “Twiligth”, che tende a dilungarsi in lunghe descrizioni che rendono la trama del suo libro indigesta (o se non indigesta, quanto-meno stancante!). Il terzo motivo per cui vi invito a leggere Shi-ver è che la storia d’amo-re che vi è raccontata non è sdolcinata e prevedibi-le, per cui è adatta anche alle persone che non ap-prezzano troppo le ecces-sive smielate delle scrittri-ci; ultimissimo incentivo alla lettura di questo li-bro (oltre al fatto che non

è eccessivamente lungo!) riguarda la vicenda di per sé, che è ambientata nel freddo inverno del Min-nesota, il che la rende de-cisamente più realistica rispetto a quella piovosa di Forks. E poi, qui non ci sono vampiri che brillano alla luce del sole! In conclusione, direi che Shiver è un libro caldo e appassionante (anche se è ambientato nei boschi freddi e bui dell’America del Nord!) fatto di sensa-zioni e profumi. Raccon-ta una storia coinvolgen-te sin dalle prime pagine, anche perché essa è rac-

contata dal punto di vi-sta di entrambi i protago-nisti, ed è ricca di poesia grazie al “lato cantauto-re” di Sam. È adatto per chiunque ami il genere Urban Fantasy o anche per chi magari vi si voglia accostare con una lettu-ra leggera ma piacevole e a volte persino commo-vente.Il finale potrà risultare un po’ deludente perché si conclude in fretta e fu-ria nel giro di pochi, brevi capitoli, ma... niente pau-ra, è già uscito il seguito: Deeper, il tuo destino è dentro di te.

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Il film cerca di raccon-tare la leggenda della vita di questa grande

stilista, compito diffici-le, in quanto ella menti-va spesso sul suo infe-lice passato. Rinchiusa da bambina in un orfa-notrofio, aspetta invano il padre mentre impara a cucire, inconsapevole dell’importanza che avrà quest’abilità nel suo fu-turo. Gabrielle cresce più incline all’idea di diven-tare una ballerina o una cantante ed è disposta a cogliere ogni occasione per arrivare ai suoi scopi. Non cerca infatti fidan-zamenti o matrimoni, ma amanti che la sostenga-no economicamente, pri-mo fra tutti il barone Bal-zan (Benoit Poelvoorde). L’incontro con Boy Capel (Alessandro Nivola) è fon-damentale nel suo per-corso perché la spingerà a seguire la sua inclina-zione artistica e a oppor-si al suo anonimato. Dal-la semplice produzione di cappelli aprirà il suo pri-mo negozio e segnerà poi per sempre la moda di tutto il ‘900 e oltre.

La pretesa della regista Anne Fontaine di vole-re a tutti i costi Audrey Tautou come protagoni-sta nel suo film permette all’Amélie di Jean Pierre Jeaunet di impersonare il mito di Coco Chanel: “Au-drey Tautou è fisicamente perfetta per impersonare Coco. Non avrei mai fatto il film senza di lei”. L’attrice protagonista, già testimonial di Chanel N°5, sembra fatta apposta per dare volto e corpo alla sti-lista: magrissima, ironi-ca e orgogliosa, allo stes-so tempo misurata ed elegante nei gesti. Non è stato facile interpreta-re il personaggio, Audrey

ha studiato a lungo, ha vi-sto interviste,letto biogra-fie e libri: “C’erano varie contraddizioni, che han-no confuso la percezione che io avevo di Coco Cha-nel – racconta l’attrice –. Man mano che mi sono immersa nella sua vita leggendo le opere che sono state scritte su di lei mi sono trovata in diffi-coltà. Coco infatti era una persona che mentiva e nascondeva cose del suo passato. Le fonti non era-no mai fin troppo chiare. Ho cercato di dimenticare tutto ciò che avevo letto e di immaginarla un po’. Pensavo a quella donna prima che diventasse un simbolo e mi affidavo al mio istinto.” Come Chanel anche lei non segue rego-le già dettate dalla moda, ma si affida al suo gusto creando un proprio stile. “Penso che se si è scelto di rappresentare nel film quel periodo della vita di Chanel è perché permet-teva di raccontare come è nata la sua moda e come fosse qualcosa di più pro-fondo di un semplice ac-cessorio.”

il mito diventa filmCoco Avant Chanel. La Coco secondo Anne Fontane

a cura di Ruth Decarli e Silvia TONINI (IVBs)

La storia del mito di Chanel, dagli esordi della sconosciuta Gabrielle,al debut-to di Coco, nella confezione artigianale di cappelli fino al Successo nella moda francese e internazionale.

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Nella provincia di Mantova sono presenti vari enti

che si occupano di per-sone affette da varie for-me di disabilità sia psi-chiche che fisiche. La più conosciuta è sicura-mente la Casa del Sole fondata nel 1966 a San Silvestro di Mantova dall’educatrice Vittorina Gementi. Spinta da un sentimento filantropico ricostruì Villa dei Vetri, scuola materna che, du-rante la seconda guerra mondiale, subì dei bom-bardamenti comportan-do la morte di una de-cina di bambini e della loro insegnante. Ottenu-to il consenso da parte

del Vescovo di Mantova, iniziò la ristrutturazio-ne della Villa grazie ai contributi economi-ci e materiali dei bene-fattori della zona. Ba-stò un anno per iniziare l’attività di accoglienza di bambini portatori di handicap e affetti da ce-rebropatie infantili. Ma è importante com-prendere cosa sia l’insuf-ficienza mentale. Come spiegatoci dal Dott. Rol-li durante la nostra visita alla Villa, essa è data da una scarsità di connes-sioni neuronali e com-porta varie forme di handicap di diversa na-tura. Fino al 1978 il cen-tro accoglieva bambi-

ni con lievi disabilità e successivamente, grazie all’apertura del “Centro Solidarietà”, vennero accolti bambini con pa-tologie rare e particolar-mente gravi. Oggi nel centro sono se-guiti bambini fino ai di-ciott’anni e all’interno della struttura ci sono diversi padiglioni tra cui la scuola materna, la pri-maria e vari laborato-ri specializzati in attivi-tà pratiche per stimolare l’autonomia e le abilità del disabile come la pi-scina, l’orto, il centro fi-sioterapico e la palestra.Durante la nostra visita alla struttura abbiamo potuto scoprire alcune

diversi... ma quanto?Un’esperienza altamente formativa e umana, che ci ha

permesso di capire la complessità dell’handicap e della sua cura.a cura di Simona FEDERZONI, Elisa GERMINIASI, Federica SODA (VBss)

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aree particolarmente in-teressanti come la serra e il maneggio. All’inter-no della serra i ragaz-zi possono osservare lo sviluppo di varie spe-cie di piante attraverso le quali riescono a com-prendere concetti com-plessi e lavorare manual-mente alla loro cura, alcune di queste saran-no poi utilizzate per cre-are oggetti.Nell’ampio maneggio viene svolta l’ippote-rapia durante la qua-le il ragazzo venendo a contatto col cavallo vie-ne stimolato attraverso

esercizi e impara a pren-dersene cura e interagi-re con l’animale che di-venta anche mezzo di

rilassamento .Il rapporto numerico educatore-bambino è molto basso e questo per-mette di seguire al me-glio i ragazzi e di creare un percorso individuale e diversificato per ciascu-no. Ogni percorso, infatti, mira a seguire il bambino e a svilupparne abilità re-lazionali e il maggior livel-lo di autonomia possibile, anche se uno dei processi d’apprendimento dell’uo-mo, l’imitazione, può ostacolare un migliora-mento in quanto influen-zato dalla presenza di altri casi di handicap.

La fondatrice della Casa del sole, Vittorina GEMENTI

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Lunedì 28 Mar-zo gli alunni del-le classi del nostro

istituto che partecipa-no al concorso di lettura “Premio Libro Giova-ni”, che consiste nel-la lettura di dodici libri, scelti da Simonetta Bit-tasi, relativi a que-stioni attuali come il bullismo, la vio-lenza sessuale e/o psicologica, l’omo-fobia e la pedopor-nografia, hanno assi-stito ad un talk show, animato da Isabella e Beatrice, due attrici te-atrali della Cooperativa Partinverse di Manto-va. Le attrici hanno co-minciato con la lettura di un passo del libro “Il coltello che mi ha ucci-so”, una serie di discus-sioni riguardanti un al-tro tema attuale: le pari opportunità fra uomo e donna. Se non avete un’idea chiara di che cosa signi-fichi ve lo spieghiamo in poche parole: gli uomi-ni hanno gli stessi dirit-ti delle donne, ma molto spesso vengono nega-ti quelli delle donne. Ad esempio, nel mondo della politica italiana, se mai ci fate caso, le don-

ne sono in grande mino-ranza rispetto agli uomi-ni, così come nello sport. Le donne vengono mo-strate particolarmente in televisione ma, sia nei programmi di intratteni-mento sia nella pub-

blicità, sono presentate esclu-

sivamente come donne oggetto. Forse c’è qual-cosa che non va… Vi sie-te mai accorti che negli spot televisivi ambien-tati in famiglia, la donna è sempre impegnata nei lavori domestici mentre il marito poltrisce sul di-vano?! In un altro momento dello spettacolo sono stati letti frammenti del libro “Il gatto dagli occhi d’oro” e di “Speak-le pa-role non dette” (nell’ulti-ma assemblea d’Istituto è stato visto il film omo-nimo). Il primo romanzo parla di un tema molto delicato, l’infibulazione, ovvero la mutilazione genitale femminile (ha

origine esclusivamen-te culturale ed è pratica-ta soprattutto in molte società africane, arabe e sud-est asiatiche, come in India). Il secondo in-vece, tratta di uno stu-

pro nei confronti di una ragazzina che viene poi emargina-ta dai suoi “amici” in quanto, per difen-dersi, ha chiamato la polizia, rovinan-do la festa a tutti. Il

libro invita quindi a par-lare in caso si subiscano violenze.Noi pensiamo che tutto ciò abbia fatto riflettere i ragazzi presenti in sala; queste realtà potrebbe-ro far parte della vita di chiunque, indipenden-temente dal sesso, dalla razza e dall’appartenen-za sociale. In conclusio-ne Bea e Isa (si fanno chiamare così) hanno mostrato un dodecalo-go significativo sull’in-tegrazione (vari esem-pi possono riguardare l’abitudine di mangia-re cibo esotico, lasciare il proprio posto in pul-lman agli altri, conosce-re persone omosessua-li, disabili e farsi amici di etnie diverse dalle pro-prie).

premio libri giovani

a cura di Alice GHIROLDI e Federica SCAGLIONI (ICitc)

Un’importante occasione per riflettere su tematiche attuali

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L’Italia è uno dei pochissimi pae-si al mondo che

concede l’uso dei ciclo-motori già a 14 anni, se-condo lei a quest’età si ha già la consapevolez-za e la responsabilità adeguata per poter gui-dare un ciclomotore?All’ età di 14 anni non si può avere la consapevo-lezza e la responsabilità di guidare un ciclomoto-re perché la complessi-tà di tale azione richiede un’esperienza elevata che si acquista solo con mol-ta pratica e con molta at-tenzione ai molteplici pe-ricoli che si incontrano su strada. Da questo mese è in vi-gore l’esame pratico per il patentino C.IG., lei cosa ne pensa? Non sa-rebbe il caso di provve-dere nelle scuole pub-bliche allo svolgimento, oltre che dei soli corsi teorici per il consegui-mento del patentino, anche di corsi di guida pratica, forse ancora più utili?Certo. Un piccolo passo in avanti si è fatto introdu-cendo l’esame pratico per conseguire il patentino, ma è ancora poco a mio

sicurezza in motoI consigli dell’esperto per una guida cosciente e responsabile

a cura di Enrico TONINELLI (IVAs)

Danilo Di Vincenzo nasce a Chieti, dove vive e lavora. La sua carriera motociclistica inizia pre-sto, con la guida in pista della sua prima moto da cross a quindici anni. Partecipa in seguito a competizioni di motocross a livello regionale, ottenendo ottimi risultati. Da qualche anno ha interrotto la carriera sportiva e si è dedicato ad altre attività legate al motociclismo, come, ad esempio, quella commerciale. Attualmente collabora con associazioni ed istituti nell’ambi-to della sicurezza, della prevenzione e della for-mazione dei giovani.

L’esperto (a destra) con Antonio CAIROLI, pluricampione del mondo di motocross

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FALCONEXPRESS74maggio 2011 FALCONEXPRESSgiudizio, ci vorrebbe un corso pratico obbligatorio (soprattutto nelle scuo-le) più articolato di quel-lo previsto per guidare un autoveicolo.Difficilmente un moto-rino acquistato nuovo rimane con i cosiddet-ti “fermi” molto a lun-go. Quanto può essere rischioso per il condu-cente? Cosa rischia il meccanico che attua l’elaborazione?I rischi che si corrono to-gliendo i “fermi” ad un ci-clomotore sono molte-plici, ci sono multe per il proprietario fino a 594 euro, per il meccanico che esegue il lavoro fino a 1.556, ma quello da te-nere in considerazione è che un ciclomotore è pro-gettato per essere usa-to, secondo le norme, ad una determinata veloci-tà, se noi andiamo ad au-mentare le prestazioni del mezzo, il progetto di base si stravolge, accade che i pericoli aumentano a di-smisura, i freni saranno sottodimensionati rispet-to alle nuove velocità, così i pneumatici, le sospensio-ni, il telaio sarà più solle-citato, parti del ciclomo-tore potrebbero svitarsi per le maggiori vibrazio-ni, gli spazi di arresto si al-lungherebbero, e tutto ciò mette in pericolo l’incolu-mità del guidatore.Qual è l’abbigliamen-

to ideale per andare in moto o motorino? Ci si può concedere qualche protezione in meno se si usa un ciclomotore?L’abbigliamento è fonda-mentale ma può non es-sere sufficiente, bisogna non cadere e non fare in-cidenti, io consiglio di in-dossare una giacca con le protezioni, completa di paraschiena, ginocchie-re, guanti, un buon scar-poncino e, ovviamente, un casco integrale. Prima di mettersi alla guida è importante ricordare che noi come esseri umani sia-mo stati “progettati” per andare ad una velocità di 5-6 km/h, quando guidia-mo un motorino il nostro fisico è soggetto ad uno sforzo innaturale, obbli-gandoci ad una concen-trazione e ad uno sfor-zo fisico di grande rilievo; poi controllare che i pneu-matici non abbiano perso pressione, che non ci sia-no perdite di olio dal mo-tore, che luci frecce e freni funzionino, e non dimen-ticare di far fare al mezzo i dovuti controlli e taglian-di di rito da tecnici specia-lizzati.Ha qualche consiglio di guida sicura da dar-ci? (comportamento in caso di asfalto bagnato o sporco, ghiaccio, ven-to etc…)Il primo consiglio che mi sento di darvi in caso di

condizioni non ottimali di asfalto è quello di usare i mezzi pubblici, ma se pro-prio non potete, in caso di asfalto bagnato o sporco bisogna ridurre la veloci-tà, essere molto attenti a dosare la pressione delle mani sui freni per evitare il bloccaggio delle ruote, in curva bisogna ridurre al massimo “l’angolo di pie-ga”, sul ghiaccio è impos-sibile guidare un mezzo a due ruote, in caso di ven-to forte improvviso late-rale mentre si guida, per mantenere l’equilibrio, se non veniamo scaraven-tati a terra siamo costret-ti a modificare la traietto-ria e ciò può essere assai pericoloso, quindi ridur-re la velocità. Tuttavia an-che quando l’asfalto è asciutto e sembra puli-to nasconde altri perico-li tipo polvere non visibile, avvallamenti improvvi-si, brecciolina sul lato de-stro della corsia, “gradini” longitudinali alla traiet-toria dovuti ad un cattivo spianamento dell’asfalto, la traiettoria migliore da seguire è quella percorsa dalle ruote di destra delle vetture, è la più pulita ma non esente da buche o av-vallamenti. Quindi, occhi aperti!Quali sono i controlli da fare al mezzo prima di mettersi in sella? In caso di guasto è meglio tentare di riparare la

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moto per raggiungere casa o un’officina o bi-sogna chiamare il carro attrezzi?In caso di guasti improvvi-si al motorino non tentare una riparazione di fortu-na, rischiereste di scot-tarvi e farvi male, è più opportuno chiamare un carro attrezzi. In Italia muore in me-dia un motociclista ogni sei ore, siamo in questo ambito la ma-glia nera d’Europa, la colpa viene spesso data a manovre troppo azzardate o alla man-canza di protezioni adeguate, è d’accordo?

Gli italiani sono ade-guatamente informa-ti dei rischi che corrono su strada?Recenti dati ISTAT (2007) parlano di 1630 decedu-ti in un anno in Italia, ma anche di 94687 feriti per-manenti, questi dati sono allarmanti, se ne parla poco e si fa ancora meno. Un esempio della disat-tenzione a questi temi, sono i cosiddetti paracar-ri killer che se scivoli e ci vai a finire sotto devi es-sere fortunato a non cen-trare un pilone “affetta-tore”.Io personalmente ho per-so troppi amici per stra-

da, per colpa loro o di al-tri; quello che mi sento di dirvi è di fare molta at-tenzione quando siete alla guida, e di cercare sul territorio dei corsi di gui-da sicura in moto, vi aiu-teranno nelle situazioni particolari e di emergen-za, abbassando la pro-babilità che vi facciate male, poi se avete l’indole sportiva vi consiglio viva-mente di frequentare un corso in pista dove impa-rerete a guidare e vi ren-derete conto di che cosa è una via di fuga, cosa qua-si inesistente per strada, ciò vi renderà più attenti e bravi alla guida.

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Come si è formato il gruppo? Come vi siete conosciuti? Come avete scelto il nome?Avevamo già in mente da un po’ di tempo di provare a formare un gruppo. Poi con un po’ d’impegno e sacrifi-cio è nato.Ci conosciamo praticamen-te da quando siamo nati,da sempre!Il nostro nome è nato du-rante un viaggio in Belgio, dove, per spostarci e rag-giungere il centro di Bruxel-les, prendevamo sempre il Tram92.Che genere di musica fate?Noi suoniamo quello che ci piace ed il genere è diffici-le da definire. È un po’ di tut-to! Le nostre influenze musi-cali provengono dal genere punk-rock.Per le cover, come sce-gliete i pezzi da suonare?Ognuno propone le canzoni

che vorrebbe fare e a vota-zioni decidiamo quali fare. Siamo molto democratici.Mentre, per quanto ri-guarda gli originali, come scrivete un pez-zo? Che cosa incide sul-la scrittura? Chi scrive la musica, chi il testo?Ci pensa Bosco,il chitarrista stacanovista. Ed abbiamo in mente dei progetti.Cosa si prova a suo-nare davanti a tanta gente?Come coinvolgete il pubblico?Inizialmente si avverte un po’ di timore però poi passa.Mette addosso molta adre-nalina. Ci divertiamo e cer-chiamo di far divertire.Quali sono state la mi-gliore e la peggiore espe-rienza con il gruppo?Migliore: Piper Lab e Istituto G.Falcone (Asola). Peggiore: Contest a LonatoCos’è per voi la musica?Svago, relax, carica! E sfogo!

Che cosa pensate del-la musica di oggi?Sta peggioran-do, troppi dj e pochi grup-pi musicali. Si stanno conver-

tendo tutti al commercia-le, la musica sta diventando subordinata ai soldi.Quali sono le possibili-tà per i gruppi emergenti come voi?L’unico modo per affermar-si è avere agganci o vince-re Contest, al contrario dei cantanti che hanno invece molte più possibilità (X-Fac-tor, Amici ecc.). le possibili-tà ci sono, ma bisogna cer-carle!Avete un sito web (my space/face book)?Abbiamo un gruppo su Fa-ce-Book (Tram92).Quali sono i vostri obiet-tivi futuri (concerti, al-bum, demo)?Sarebbe bellissimo suonare davanti a migliaia di perso-ne. Ma è ancora un sogno.Un saluto ai lettori di FXP?Un saluto e un grazie a FXP per l’intervista.Cogliamo l’occasione per sa-lutare tutti i ragazzi del Fal-cone che ci hanno accolto molto calorosamente quan-do abbiamo suonato in pa-lestra.

tram 92Il nostro sogno? esibirci di fronte a migliaia di persone.

a cura di Nicola RIZZIERI (VAs)

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Carlo Maria Mariani, La mano ubbidisce all’intelletto. 1983

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FALCONEXPRESS80maggio 2011 FALCONEXPRESSCiao a tutti, mi chiamo Corinne, ma le mie amiche mi soprannominano la consiglie-

ra. A chi, almeno una volta nella vita, non è capitato di confidarsi con un’amica fi-data?! O dare consigli ad altre amiche quando loro venivano a confidarsi con voi?!

Beh, a me capita, più o meno, da quando ero alle elementari.E non vi sto prendendo in giro. Non so il perché, forse avevo un cartello attaccato dietro le spalle con scritto “qui potete confidarvi” oppure “io vi ascolto!!”, e ammetto che a vol-te avrei preferito un cartello tipo “asino che vola”.O forse perché ero capitata in una classe piena zeppa di ragazzine, o meglio dire bam-bine, che avevano più problemi della loro età cronologica.Fatto sta che io dovevo ascoltarle e capirle, cosa al quanto difficile per una bambina di nemmeno 10 anni. Ma la cosa più continuava più non mi dispiaceva. Mi piaceva dare consigli e confortare le mie amiche quando avevano dei problemi.Questo “dono” mi è durato per tutti gli anni delle medie e persiste tutt’oggi.Sono arrivata al punto di dirmi: ma perché non rilanciare con una Rubrica di consigli per ragazze?Magari su un giornalino scolastico? Ed ecco l’opportunità perfetta! Concludendo dicendo che mi rendo disponibile a consigliare o anche semplicemente ascoltare i problemi e disagi d’amore, scolastici o di altra natura.Potrete scrivermi un e-mail a: [email protected]. Un bacio. Corinne.

la posta di corinneI consigli della “Consigliera”

a cura di Corinne INGLESE (IVAss)

Ciao Corinne, in questo periodo sono in crisi per problemi d’amore e ho pensato di chiedere con-siglio a te perché sembra che le mie amiche non abbiano mai tempo per ascoltarmi. Da tre mesi sto con un ra-gazzo carinissimo e dol-cissimo che mi da un sacco di attenzioni, ma qualche giorno fa mi ha dato una bruttissima no-tizia! Tra un mese se ne deve andare in un’altra città, molto lontana dal nostro paese. Secondo te cosa dovrei fare? Conti-nuare la storia a distanza o finirla qui? Grazie in an-ticipo per il tuo aiuto. Un bacione!Ciao, sono contenta che tu ti sia confidata con me

anche se in fondo non mi conosci. So che è difficile parlare di cose private con delle sconosciute, ma sarò molto lieta di darti un con-siglio per affrontare il tuo problema con serenità e cercando di farti soffrire il meno possibile.Certo, una storia a distanza è molto difficile da mante-nere e soprattutto da vive-re. Questo, però, non signi-fica che tu debba lasciare il tuo partner, diciamo che la decisione dovrete pren-derla insieme senza nessu-na fretta.

Devi considerare, che nel caso in cui deciderete di continuare, i momenti ri-servati solo per voi due si dimezzeranno a vista d’oc-chio. Se tutto va bene po-trete vedervi solo duran-te il fine settimana, ma non per questo ti devi abbatte-re. Dicono che la lontanan-za rafforzi un rapporto, se è vero.Quando vi vedrete sarà come vederlo la prima vol-ta. Il cuore sicuramente ini-zierà a palpitare velocis-simo e ti sentirai arrossire all’improvviso. Un conti-nuo “amore a prima vista”.Come avrai capito il mio consiglio è quello di conti-nuare questo amore.Stringi i denti e vedrai che le cose andranno meglio. Un bacio, Corinne.

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la previsione per il mese di maggioa cura di Rachele VILLANI (VBs)

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Direttore responsabileAntonio CIRIGLIANO

VicedirettoreFabrizio COPERTINO

Direttore editorialeJoned SARWAR

Direttore marketingFrancesco PASINI

CaporedattoreMichele ROMANI

RedazioneAntonio CIRIGLIANOFabrizio COPERTINOJoned SARWARFrancesco PASINIMichele ROMANIEnrico TONINELLIAlessandro SPANO

Rapportocon il territorioe con le IstituzioniFrancesca ZALTIERI

GraficaLetizia DOSSENAPaolo MONEGATTIDavide SORESINA

FotografiaAlice FERRO

Correzione bozzeDipartimento di Lettere

Firme 2011Cristina AGAZZIGiulia ANELLIPaola ANTICOVeronica ARBOSCELLIAngelo BADINELLILaura BAROZZICinzia BERTOLETTIMichele BERTOLETTIDavide CAGNATABianca CAZAMIRBlerta CELISLAMIMichele CHIARIAntonio CIRIGLIANOFabrizio COPERTINOSebastiano CORRADINIRuth DECARLIEliana FASANISimona FEDERZONIAlice FERROMatteo FERROMichelle GALLIElisa GERMINIASIGiovanni GERVASIOJacopo GHIDINIFrancesca GHIOAlice GHIROLDIFrancesca GROSSIAzra HASANICorinne INGLESERosalba LE FAVIAlessandro MAGNANIAndrea MANISCALCOFrancesca MASSARIOlta METEDavide MICHELONIAlessio MONTEVERDISara MORBINISara MORENICarlo NEVIANIManisha PARMARFrancesca PASQUALI

Chiara PASINIFrancesco PASINIFrancesca PASQUALIMartina RAMPONIBenedetta RAVAGNANicola RIZZIERIMichele ROMANIErmanno Andrea ROSAMicol ROSAJoned SARWARFrancesca SAVIOLAFederica SCAGLIONIFabiana SMANIAFederica SODAAndrea TAFFURELLISara TEBALDINIEnrico TONINELLISilvia TONINIGiulia TOZZOMassimo TOZZOBruno TRATTABenedetta TURCATOAlessandra VARONERachele VILLANIMichele ZANONI

Hanno contribuito alla re-alizzazione e alla promo-zione di FXPDirigenzaSegreteriaPersonale ATAProvincia di Mantova

Responsabile delladistribuzioneMarko HAJDARI

StampeArti Grafiche Chiribella SASBozzolo (Mn)

FXP - Falcone expressanno IV - numero 2- maggio 2011

Organo di stampa ufficialedell’Istituto “Giovanni FALCONE”

via Saccole Pignole, 346041 Asola (Mn)

tel. 0376.710423 - 710318fax 0376.710425

e-mail [email protected]. Trib: di Mantova n. 2292/07 del 17/05/2007

Dirigente scolastico: Gianna DI RE

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