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Psicologia dell'educazione per gli insegnanti R isorse fisiologiche per nuovi apprendimenti e per una reale aHività educativa e preventiva di futuri disagi Maria Torlini E bbene sì, uno spazio psicologico vero e proprio è il grande assente della scuola italiana, benché se ne parli ormai da decenni. Gli insegnanti chiedono aiu- to per poter comprendere i comportamenti giova- nili che detemlinano un rallentamento o un impedimento alla propria funzione didattica ed educativa, oppure per trovare rimedi alla demo ti- vazione generale sottostante o, ancora, entrano in crisi perché i sistemi che utilizzano si rivelano or- mai poco efficaci perché non più adeguati. Lo sviluppo psicologico è la più importante di- mensione di crescita e di maturità dell'individuo: la scuola non può più sottovalutame la portata poi- ché i seg ni di disagio sono ormai, purtroppo, parte integrante di questa istituzione. Per una efficace fonnazione psicologica deg li adu lti che saranno i futuri educatori nel mondo del- 30 CM n.212000 la sC!lola, occorre un tag li o specifico per due ordini di ragioni : gli insegnanti non possono sostituirsi agli specialisti per il traI/amento clini- co di gravifGl"me devianti (manca lo spaz io terapeutico adeguato e, soprat- tul/ o, il tempo di rielaborazione e cre- scita personale che si effettua durante un progetto terapeutico); l'insegnante è chiamato ad intervenire in un contesto che prevede tante perso- ne diverse, con situazioni diverse in un unico lasso di tempo. Queste considerazio ni portano ad evidenziare che il ruolo più importante che l'insegnante potrà efficacemente svolgere, ci auguri amo in un futu ro più prossimo possibile, è quello da un lato di indi- viduare i primi seg ni di d isag io (e quindi trasmette- re tempestivamente a chi di dovere preziose indicazioni per il recupero del bambino), dall'altro di prevenirli il più possibile re alizzando un conte- sto di lavoro e di scambio che disattivi tutti quegli stimoli che purtroppo trovano terreno feltile pro· prio nel contesto scolastico (competizione negati- va, confronti discriminativi, bullismo, ansia da prestazione, bassi li ve lli di autostima, paura del giudizio e quant'a ltro ... ). Oggi la scienza è in grado di forn ire qu eg li e le- menti conoscitivi che rendono ragione delle mani- festazioni comportamentali più a ri schio. L'informazio ne fisiologica è la chiave di volta che può consentire di inibire un processo deviante s ia a li vello di pensiero che di passaggio all'atto

educazione insegnanti

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viduare i primi segni di d isagio (e quindi trasmette- re tempestivamente a ch i di dovere prez iose indicazioni per il recupero del bambino), dall'altro di prevenirli il più possibile realizzando un conte- sto di lavoro e di scambio che disattivi tutti quegli stimoli che purtroppo trovano terreno feltile pro· prio nel contesto scolastico (competizione negati- va, confronti discriminativi, bullismo, ansia da prestazione, bassi livelli di autostima, paura de l gi udizio e quant'altro ... ).

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Psicologia dell'educazione per gli insegnanti

Risorse fisiologiche per nuovi apprendimenti e per una reale aHività

educativa e preventiva di futuri disagi

Maria Torlini

Ebbene sì, uno spazio psicologico vero e proprio è il grande assente della scuola italiana, benché se ne parli ormai da decenni . Gli insegnanti chiedono aiu­

to per poter comprendere i comportamenti giova­nili che detemlinano un rallentamento o un impedimento alla propria funzione didattica ed educativa, oppure per trovare rimedi alla demo ti­vazione generale sottostante o, ancora, entrano in crisi perché i sistemi che utilizzano si rivelano or­mai poco efficaci perché non più adeguati.

Lo sv iluppo psicologico è la più importante di­mensione di crescita e di maturità dell'ind ividuo: la scuola non può più sottovalutame la portata poi­ché i segni di disagio sono ormai, purtroppo, parte integrante di questa istituzione.

Per una efficace fonnaz ione psicologica degli adulti che saranno i futuri educatori nel mondo del-

30 CM n.212000

la sC!lola, occorre un taglio specifico per due ordini di ragioni :

• gli insegnanti non possono sostituirsi agli specialisti per il traI/amento clini­co di gravifGl"me devianti (manca lo spazio terapeutico adeguato e, soprat­tul/o, il tempo di rielaborazione e cre­scita personale che si effettua durante un progetto terapeutico); l'insegnante è chiamato ad intervenire in un contesto che prevede tante perso­ne diverse, con situazioni diverse in un unico lasso di tempo.

Queste considerazioni portano ad evidenziare che il ruolo più importante che l' insegnante potrà efficacemente svolgere, c i auguriamo in un futuro più prossimo possibile, è quello da un lato di indi­viduare i primi segni di d isagio (e quindi trasmette­re tempestivamente a ch i di dovere prez iose indicazioni per il recupero del bambino), dall'altro di prevenirli il più possibile realizzando un conte­sto di lavoro e di scambio che disattivi tutti quegli stimoli che purtroppo trovano terreno feltile pro· prio nel contesto scolastico (competizione negati­va, confronti discriminativi, bullismo, ansia da prestazione, bassi livelli di autostima, paura de l giudizio e quant'altro ... ).

Oggi la scienza è in grado di forn ire quegli ele­menti conoscitivi che rendono ragione delle mani­festazioni comportamentali più a risch io. L'informazione fisiologica è la chiave di volta che può consentire di inibire un processo deviante sia a livello di pensiero che di passaggio all'atto

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--,~----=============.-(comportamento manifesto) e di promuovere un cambiamento ri­strutturativo efficace delle strate· gie di intervento.

Non possiamo più ignorare che viviamo in un contesto sociale che offre in realtà informazioni disparate, il più delle volte in aperto contrasto tra loro e sempre più spesso devianti. Con tale tes· suto diviene logica conseguenza che il cervello (sia quello dell'adulto che quello del bambi­no) venga indotto ad elaborare soluzioni ed interventi che si al­lontanano sempre più da una real­tà oggettiva fisiologica ed equilibrata (basta dare

un 'occhiatina ai giornali di tanto . I) 111 tanto ..

Il contesto scolastico si fonda su uno stile informazionale legato ad una rigida modalità operativa da cui non si può prescindere. La priorità non è tanto l'individuo, con il suo potenziale bagaglio di ricchezze da esprimere, quanto il programma ministeriale, con una didattica che è " perfetta" sulla calia ma che spesse volte dimen­tica le caratteristiche del media­tore (insegnante) e del fruitore di tale didattica.

L'agenzia scolastica è il primo veicolo socializzante m CUI

l' individuo è chiamato a misurar·

si senza "protezioni": è una gros­sa responsabilità poiché da qui sorgerarmo gli adulti di domani.

Abbiamo più volte richiamato su questa rivista le diverse moda­lità di elaborazione delle infor­mazioni da parte dei due emisferi cerebrali, che rappresentano l' espressione più raffinata che il mondo biologico è riuscito a rea· lizzare sul nostro pianeta. Ebbene per questioni puramente "didatti­che" (che non renderanno certo ragione della infinita complessità dei circuiti cerebrali) potremmo' dire che il sistema scolastico si va sempre di più basando su slrale·

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Conflitti nevrosi psicosi ansia fobie

depressione

ONTOGENESI

I

PULSIONI

PIRSD ALITA' CDS IINlA CRIATIVITA'

Soggetto dinamicamente equilibrato capace di

gestire le infonnazioni, risolvere i propri problem.i superando la conflittualità

t~ i~ra e interpersonale

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gie di stimololrisposta: domande preconfezionate (quiz) per verifi­care la preparazione nozionistica del discente, schede che struttu­rano schematicamente i processi apprenditi vi, ecc. Il valore di aJr proccio individuale all 'apprendi­mento di chi nO/7 possiede una predisposizione a questa strate­gia vienefortemente penalizzato.

Oggi si parla spesso di stili co­gnitivi e questo rappresenta già un passo avanti, significa che ci si è resi conto che le stesse tappe possono essere raggiunte da varie angolazioni, magari con tempi e modalità diverse. Il punto è: la scuola è in grado di riconoscere questi stili diversi? Purtroppo as­sistiamo sempre più di frequente ad un processo di discriminazio­ne del diverso, nonostante le esi­genze sempre più impellenti di integrazione.

Il nostro emisfero sinistro viaggia su un sistema binario in cui non sono previste soluzioni altemative/creative, da qui deri­vano le regole sociali, gli "schemi di pensiero" , gli stereotipi, i giu­dizi, le discriminazioni del tipo si/no, bene/male, brutto/bello, buono/cattivo, tutti elementi che troviamo quotidianamente nel corso della vita scolastica e che vengono espressi a tutti i livelli sia dai bambini e dai ragazzi che

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soprattutto dagli adulti chiamati a "regolamentare" e a far rispettare le "regole" della vita di classe. Il nostro emisfero destro si occupa invece di acquIsire conti­nuamente tutto ciò che gli deriva

dall ' ambiente (sia intemo che estel1)o) senza discriminare nul­la, ma aggiungendo continua­mente informazioni per valutare sempre meglio e con maggior profondità gli elementi a cui pre­stiamo attenzione (eventi, episo­di, dati sensoriali, rappOiti interpersonali) e pervenire a solu­zioni creative ed originali del problema e della situazione che stiamo vivendo.

Detto ciò dobbiamo sottolinea­re che queste due modalità di ap­proccio alla vita sono entrambe indispensabili al raggiungimen­to e al mantenimento dinamico di un sano equilibrio neuropsicojì­siologico (sinergismo interemi­sferico), che in termini pratici si traduce nella felicità di esistere e di esprimersi arricchendosi attra­verso le esperienze.

DUllque, richiamandoci alla co­siddetta informazione fisiologi­ca occorrerà tener conto di , entrambe le modalità. In un con­testo infonnazionale debitamen­te strutturato a questo scopo la didattica si dovrà attenere alla fi­siologia di apprendimento. Un apprendimento fisiologico ri­

chiede: • una motivazione positi­

va all'apprendimento

slesso legata allo scopo di ciascuna materia;

• le informazioni acquisi­te non devono essere in contrasto o conjliltuali con quelle precedenti;

• l 'apprendimenlo deve risultare gratificanle, in queslo modo il cervello produrrà risposte neu­rolrasmettitoriali che rinforzeranno l 'apprendimento stesso e renderanno più effi­cienti i circuili deputati alla memorizzazione dei processi in atto;

• slimolare e incentivare lo "spirito di conoscen­za", pulsione già pre­sente a livello biologico: laddove ven­ga interrotta si viene a creare un blocco e in tal caso occorre inter­venire sul blocco prima di imporre ulieriori ele­menti di apprendimen­lo, poiché il cervello si rifiuterebbe di acquisir­li (vedi l'antipatia ver­so alcune materie di insegnamento da parte degli alunni);

• durante le varie fasi di acquisizione delle in­formazioni occorre sempre partire dalla percezione libera ed oggettiva che il cervello (emisfero destro) pro­duce in prima istanza, e solo in un secondo mo­mento procedere alla calegorizzazione e stru((urazione logi­co-razionale dei dati a

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livello di astrazione. Ad esempio ogni sti­molo andrebbe prima trallata in un contesto reale ed oggellivo e poi trasformato a livel­lo simbolico. Oggi ac­cade il contrario, con il risultato che l 'apprendimento risul­ta supe/jìciale (infalli è antitetico allajìsiolo­gia) e spesso si dimen­tica ciò che si è appreso perché non si sono creati circuiti di utilità di quelle infor­mazioni, per cui il cer­vello le "archivia" velocemente in quanto

le ritiene non utili ai suoi processi di cresci­

ta. In sostanza ogni apprendimen­

to funzionalmente fisiologico contiene sempre una rielabora­zione personale delle informa­zioni, la quale prevede un processo attivo di riflessione e

valutazione delle stesse. La scuola of­fre attualmente rare occasioni per stimo­lare questo aspetto, anzi la gran parte dei metodi utilizzati fa esattamente i I contra­rio, il che si traduce in un apprendimento "passivo" e soprattut­to "forzato".

Un apprendimento imposto non sarà mai un apprendimento efficace ma, al contrario, detenninerà uno pseudoadattamento alla situa­zione con produzione di strate­gie di evitamento oppure chiusura allo stimolo. Viceversa un apprendimento proposto in maniera fisiologica verrà acqui­sito naturalmente dalle nostre strutture cerebrali senza grande fatica e con una migliore memo­rizzazione: il cervello non di­mentica mai ciò che gli interessa veramente!

Con queste conoscenze di base l'insegnante si dovrà " interro­gare" per scoprire con quale modalità si rapporta ai discenti, se tende a prediligere sempre lo stesso sistema (ripetitivo e poco incisivo), se tende ad essere piel ereativo o più rigido nella tra­smissione delle informazioni. Trasmettere nozioni significa comunicare passivamente in­fonnazioni da memorizzare per poi ripeterle. Trasmettere cono­scenza significa favorire l'attivazione di entrambi gli emisferi cerebrali facendo par­tecipare attivamente il soggetto al processo di rielaborazione e consolidamento delle infomla­zioni e sviluppo dell ' Io coscien-

te: conoscere è IIn processo che crea emozione in chi lo vive.

È qucsto secondo aspetto che ci difTerenzia sostanzialmente dal computer e che nessun modulo tecnologico potrà interamente riprodurre (attenzione dunque a sovrasti mare le potenzialità tec­nologiche dei computer in ambi­to scolastico: se non valutate attentamentc rischiano di pro­durre una linea di apprendimen­to condizionante, poiché il computer "mi ma" alla perfezio­ne le strategie di elaborazione del solo emisfero s inistro ... )

Un' altra componente essenzia­le per il futuro docente sarà quel­la di applicare e potenziare su se stesso queste conoscenze in modo da decodifìcare le strate­gie nei modi più opportuni per la materia che insegna e per le più diverse.tipologie di ragazzi che incontrerà nel corso della sua en­tusiasmante can'iera scolastica, volta alla scopelta di continue soluzion i creative che produco­no esse stesse nuove esperienze c conoscenze da utilizzare nel processo formativo del discente, al fine di affrontare la vita ben "equipaggiati" e non soltanto ca­paci di svolgere con'ettamente un 'attività lavorativa! D

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