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    La ghirlanda dei Veda

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    PREMESSA

    Nel 1800 grande fu il clamore che suscit nella comunit scientifica l'arrivo deimonumenti della letteratura dell'antica India.

    Nellantichit classica la fama e il prestigio che l'Egitto godeva nella tradizionesapienziale occidentale era enorme Platone, Pitagora e i grandi saggi vi si erano recatiper essere iniziati alla sapienza e tributavano ai saggi egiziani grande onore egratitudine.

    Ma uno di quei sacerdoti, che era molto vecchio, disse: o Solone, voi grecisietesempre dei fanciulli, e un greco vecchio non esiste. [...] Voi siete tutti giovanid'anima, perch in essa non avete riposto nessun insegnamento di anticatradizione,nessun insegnamento canuto per l'et (1)

    Accanto a questa tradizione misterica, che vedeva nellEgitto la sorgente della sapienzaellenica e quindi di quella che alcuni definiscono la Prisca Teologia, esisteva ancheun'altra terra ambita dagli antichi Filosofi, l'india. Filostrato nel narrare le gesta delpitagorico e taumaturgo Apollonio di Tiana racconta di un suo viaggio e permanenza

    fra i gimnosofisti indiani che erano tenuti in altissima considerazione.

    Ho visto i Bramani dellIndia che abitano sulla terra e non vi abitano e stannoalchiuso senza mura e non possiedono nulla se non gli averi di tutti gli uomini(2)

    Plotino si aggreg nel 243 all'esercito dellimperatore Gordiano contro i Parti per potergiungere, mediante la campagna militare, nel territorio indiano e incontrare i saggi dicui si favoleggiava.

    Quando, in seguito alla conquista inglese dellIndia, giunse in occidente i testi sacridell'india e notizie sul linguaggio in cui erano scritti, il sanscrito, lo stupore degliesoteristi non fu inferiore a quello dei filologi e degli archeologi.

    La parte pi antica della letteratura Vedica, il Rig Veda apparve, alla comunitscientifica, scritto in una lingua pi arcaica del greco e per ad essa strettamenteimparentata. Inoltre osservando la differenza fra la lingua usata dai vati vedici e quelladei pi tardi commentatori si pot osservare e inseguire come la lingua sanscrita si era

    evoluta. Questo port a un fiorire di studi di grammatica storica in cui si individuaronodelle leggi di mutazione vocalica e consonantica, nonch di varianza del senso di unaparola, che presentavano l'aspetto di una legge che sembrava insita nella stessacapacitdel parlare. Il sanscrito apr lo studio delle affinit fra una pluralit vastissima di

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    lingue. Si tracci ben presto il profilo di una famiglia linguistica l'indoeuropeo o, comesi usava e si usa dire in Germania, indogermanico. Queste circostanze portarono allagestazione del concetto dell'indoeuropeo. Si credette cio che fosse esistita unaprotolingua che era la base, la radice, di quasi tutte le lingue dell'Europa e del Sanscrito,

    delliranico ecc. Il concepimento dellidea che esistesse questa protolingua vieneindividuato, tradizionalmente, nella conferenza che Jones, il 2 febbraio 1786, tenne pergli amici della Societ di Calcutta, specificatamente nella sua celebre frase:

    Quale che sia la sua antichit, la lingua sanscrita ha una struttura mirabile,piperfetta della greca, pi ricca della latina e pi raffinata di entrambe; pure ,nelleradici dei verbi e nelle forme grammaticali, riconoscibile un'affinit conqueste duelingue maggiore di quanto non ci si possa aspettare dal caso. Affinit tale, inrealt,che un filologo non pu esaminare i tre idiomi senza convincersi cheprovengono dauna fonte comune forse oggi scomparsa.

    Grazie a queste regole di grammatica storica e alla comparazione delle istituzioniculturali dei popoli che parlavano una lingua reputata appartenente al ceppodellindoeuropeo si tent di ricostruire questa protolingua e la temperie culturale del

    popolo che forse 7.000 anni prima di Cristo la parlava. Il ruolo dei Veda, del Rig Veda inparticolare, in questa opera ricostruttiva fu di basilare importanza.

    Il filologo, quindi, aveva trovato un monumento letterario che gli consentiva di dareuno sguardo a un periodo di cui non esistono tradizioni scritte e antichissimo. Leaffinit, inoltre, fra la lingua Vedica e quella dell'antico Iran e fra la mitologia e leistituzioni di questi popoli che afferiscono al ramo Indoiranico del c.d indoeuropeo e lalingua greca, latina e le relative istituzioni e mitologie consentivano, mediate un metododi comparazione e di analisi secondo la grammatica storica dei materiali esistenti, ben

    presto definito paleolinguistica o paleontologia linguistica, di rilevare diversestratificazioni, rimuovendo le quali era possibile, o ci si illudeva fosse possibile, scoprireil pensiero, l'anelito religioso, di una civilt radice della civilt occidentale e orientale.

    Questa visione della filologia moderna che spostava, grazie alle affinit fra l'Avestico eil sanscrito vedico da una parte e l'innumere schiera delle lingue del c.d. indoeuropeo,come il greco il latino il tocarico ecc. dall'altro, la patria della gente che aveva espressoi Veda, in una non ancora ben identificata zona fuori il continente indiano, ben prestovenne a cozzare con la memoria tradizionale della gente indiana che si consideravaautoctona dell'india e che nulla aveva conservato di questo flusso migratorio. Illustriesponenti di questo punto di vista furono Swami Vivekananda e Aurobindo.

    L'esoterista, invece, trovava nei veda e soprattutto nella letteratura pi tarda, nellospecifico quella vedantica e tantrica, il segno tangibile di una catena di Tradizione chesi tramandava fino a lui da maestro a discepolo ancora viva e vivente e che, in alcuni

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    casi, si rivelava una vera e propria chiave per riscoprire il senso dellantica sapienzaesoterica occidentale che si reputava ormai perduta.

    Note

    Timeo (III, 22 B).

    FILOSTRATO Vita di Apollonio di TianaAdelphi Edizioni, Collana Biblioteca Adelphi,Milano, 1978;

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    I Veda

    Veda termine sanscrito che dovrebbe significare conoscenza la radice per ha il senso

    di vedere. Quello che si dice che i Veda racchiudono una conoscenza non umana,divina, che stata scorta da alcuni veggenti (rishi). I Veda sono una delle letterature piantiche che ci sono pervenute al mondo. La redazione scritta di questa letteratura,testimonianza di una fase arcaica della civilt indiana, cosa relativamente recente, lascrittura prese piede in India nel 600 circa a.c. ma la trasmissione del testo, ad opera dialcune scuole shakas sacerdotali, grazie allaffiancarsi a questo corpus testuale di unaserie di scienze ausiliarie quali la prosodia, lastronomia e una raffinata mnemotecnicaha consentito che venisse trasmesso oralmente con una fedelt paragonabile a quella diun moderno registratore a nastro(1). Ancora adesso le versioni scritte dei Veda sono un

    alcunch di subordinato alla recitazione orale e esiste ancora una tradizione sacerdotalecapace di recitarli oralmente.

    La letteratura vedica quasi la sola testimonianza che ci rimasta della fase piarcaicadella religione indiana. Questo corpus di testi costituito dai Veda propriamente dettiche sono quattro raccolte di inni la pi antica delle quali e la pi celebre il Rig Vedacostituito da 1028 inni diviso in 10 mandala ovvero in otto astaka. Questo Veda nonpresuppone nulla della letteratura indiana che conosciamo mentre il resto dellaletteratura indiana lo presuppone, da qui il ritenere tale Veda come la fase pi arcaica

    della sapienza vedica. Il Rig Veda al primo inno del primo mandala (ciclo) accenna aiveggenti (rishi) distinguendo fra nuovi e antichi veggenti accomunati dalla continuitdelladorazione di Agni (Fuoco).

    Agni dagli antichi veggenti fu degno dessere adorato e lo dai nuovi. Egliquaconduca gli dei (Rig Veda I,2)

    Da questo accenno si pu vedere come lo strato pi antico della letteratura vedica nonsia un inizio ma un momento che cristallizza una tradizione antica. Il Rig Veda ha ilpregio di essere uno squarcio sulla civilt di cui a un certo punto ne registra i costumi.Tale Veda era il patrimonio poetico di una classe di sacerdoti gli Hotarche durante ilsacrificio vedico invocava gli dei affinch partecipassero al banchetto sacro. Un altrosacerdote lUdgatar, il cantore era il custode del Sama Veda i cui componimenti sonoquasi integralmente presi dal Rig Veda ma corredato di notazioni atte a cantarli. LoYajur

    Veda, che ci pervenuto in due redazioni, la bianca e la nera, una raccolta di formulesacrificali che un altro officiante lAdhvaryu usava nellesecuzione del sacrificio. Questitre Veda costituivano la Trayi vidya ovvero la triplice scienza. Cera un altro officiante

    che pur non avendo al principio una sua raccolta di testi ne dirigeva il sacrificio einterveniva per sanare un eventuale errore nella sua esecuzione il Brahman che avevanecessit di conoscere la trayi vidya. In epoca posteriore alla codificazione dei tre

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    precedenti veda ad esso fu connessa una raccolta che prese il nome di Atharva Veda.Raccolta in cui confluiscono materiale di natura magica e che, per i contenuti, sembraracchiudere materiale ancora pi arcaico di quello dei precedenti veda. Redatti in epocasuccessiva sono i commentari liturgici ai veda, la letteratura dei Brahmana. Seguono gli

    Aranyaka testi da recitare nelle foreste dagli anacoreti. Gli Aranyaka segnano, secondolinterpretazione della moderna filologia il passaggio da una fase ritualistica ad una fasein cui il sacrificio si interiorizza. I Veda e i Brahmana sono espressione della religiositdella classe sacerdotale e di coloro che commissionano i loro servigi per impetrare daglidei favori di natura pressoch terrena. il punto di vista dei notabili nei veda nontraspare quasi nulla delle classi sociali meno elevate. Gli aranyaka segnano la svoltaverso una mistica interiore che si corona nelle Upanishad. Le Upanishad vengono quindidefinite anche vedanta ovvero fine, compimento dei veda. Nelle Upanishad sonocontenuti in nuce i semi da cui tutta ledificio del bramanesimo classico, quello che gli

    occidentali hanno definito induismo, germogliato. Queste raccolte testualiracchiudono nella cifra di un linguaggio arcaico il sanscrito vedico la shruti ovvero ciche stato visto. Accanto ad essa esiste una letteratura di ausilio che viene dettasmriti,

    ci che stato udito. Lordine indicato quindi dovrebbe corrispondere anche allordinecronologico della stesura o codificazione di questa letteratura. Alcuni propongono disuperare, in un certo qual modo, questa cronologia in quanto non basta che uno scrittoappartengaa una determinata specie letteraria per porlo in toto come successivo alleraccolte degli inni o alla letteratura degli aranyaka ma parlano di tipi testuali e

    individuano nellambito di uno stesso scritto diversi tipi testuali che potrebbero essereconfluiti in quello specifico testo ma appartengono a epoche diverse. La modernafilologia imbarazzata dalla pressoch totale assenza di datazioni nella storia delpensiero indiano e di quella vedica in particolar modo. Ragion per cui non potendostabilire in modo univoco delle date ha studiato i testi in modo assai minuzioso perpoterli almeno disporli in un ordine cronologico.

    Il primo che prov a datare questa letteratura fu Max Muller che fin dal 1859 hastabilito, per congetture, una datazione che, in un modo o nellaltro ancora resiste inambito accademico. M. Muller partita dalla prima data certa che si incontra la mortedel Buddha avvenuta nel 480 a.c. poi ha dato ai sutra ovvero alla letteratura ausiliaria illasso di tempo che va dal 600 al 200, 200 anni allet dei Brahmana (800-600), altri 200aiVeda pi giovani (1000-800) altri 200 al Rig Veda (1200-1000) (2). Come si vede ladatazione del Max Muller, come lui stesso riconosceva, del tutto arbitraria.

    Gli indiani tradizionalisti. Dal canto loro, attribuiscono ai Veda una antichitstraordinaria e li fanno risalire ad almeno 4.500 anni prima di Cristo. La ricercascientifica moderna data la scomparsa della citt della civilt dellIndo verso il 1900 a.c.

    e afferma che il ferro fu introdotto nellindia del nord India verso il 1100 a.c. dato chelAtharva Veda menziona il ferro ed considerato pi recente del Rig Veda. Il Rig Veda,incui non si fa menzione di tali insediamenti urbani e dal cui silenzio si deduce che questa

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    civilt urbana dovesse allepoca della sua codifica gi essere sparita, si collocherebbefrala scomparsadella civilt dellIndo, intorno al 1900 a.c. e il 1100 a.c. Altro data che aiuta la datazione del 1380 a.c. attribuita a un contratto fra Hittiti e Mitanni in cui si nomina

    degli dei Vedici (Varuna, Mitra, Natasatya). Il 500 a.c. dovrebbe essere il termine ultimodi completamento della letteratura vedica. Questa ultima data lunica che dovrebbeessere certa in quanto si basa, anche, sulla considerazione che il canone buddistaconosce le scritture vediche.

    Note

    We owe the transmission and preservation of the texts to the care and discipline ofparticular religious, or better, priestly schools (or akhas). It should also be emphasizedthat both the composition and the transmission of the texts was completely oral for theentire Vedic period and some considerable time afterwards5 -- hence the criticalimportance of the schools in their preservation. From the beginning the various schoolswere favored by particular tribes, and later on by particular dynasties. Due to theirpreservation in various parts of India, a fairly wide spectrum of religious thought ofthis early period has survived to this day, and we do not have to rely on theauthoritative texts of a single school of thought. S. W.Jamison & M. Witzel VedicHinduism 1992. http://www.people.fas.harvard.edu/~witzel/vedica.pdf

    Valentino Papesso Inni del Rig Veda Ubaldini 1979, pag 34.

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    http://www.people.fas.harvard.edu/~witzel/vedica.pdfhttp://www.people.fas.harvard.edu/~witzel/vedica.pdf
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    Non solo Indoeuropei

    Secondo le favole dotte della filologia accademica i Veda sono espressione terminale

    degli eredi in suolo indiano di una gens che venne denominata indoeuropei perch illoro complesso culturale si trasmise, variamente mutandosi nel tempo alle stirpi chesono alla radice della civilt indoiranica ed europea. Gli indoeuropei sarebbero, quindi,una popolazione le cui origini la scienza non ha ancora ben individuato ancora, ma chea un certo punto, fra il 1900 e il 1350 a.c. , ha invaso l'india del nord, l'Iran, la Grecia ,l'Europa del nord e fondato fra l'alto tigre e l'Eufrate hanno fondato il regno deiMitanni. Il ramo di questo popolo che invase l' India si dava il nome di Arya chedovrebbe significare persona rispettabile e da cui ariani, termine che ebbe grandefortuna presso i nazisti che la considerarono la razza per eccellenza, di cui, i tedeschi,

    rappresentavano la quinta essenza. Comunque sia gli Ari, nell'invadere l'india,portarono con s, oltre al clangore delle spade e delle lance, una tradizione religiosa chetrov la sua espressione scritta in quella che la pi antica letteratura sacra dell'India iVeda soprattutto nel Rig Veda che sembra riflettere lo strato pi antico della letteraturaVedica che proprio per questo dovrebbe contenere gli echi della religiosit che risaleall'alta preistoria. Gli Indoeuropei incontrarono per sui territori che stavano invadendoquella popolazione di origine meridionale, pochissimo conosciuta, che si potrebbeidentificare con gli antenati di quella civilt che sono chiamati, dalla paleolinguistica,subarei. Civilt che era diffusa in tutto il bacino mediterraneo e in India sembra possa

    rinvenirsi traccia di essa nella civilt dellIndo presso Moenjodaro e Harappa.

    merito del Trombetti di avere tra i primissimi riconosciuto quella unitlinguisticamediterranea che ora ci si va sempre meglio rivelando e delineando; unitdellaquale non ritengo possibile dire, al momento attuale delle ricerche, se essafosse

    genetica od acquisita, ma che ad ogni modo presuppone una sostanziale unitdicultura. E il lavoro di archeologi e preistorici negli ultimi decenni giunto allemedesime conclusioni: tutta unantica civilt diffusa nel bacino mediterranneonellaMesopotamia, ed anteriore alle invasioni indoeuropee e semitiche, parla a noidallerovine che fortunate esplorazioni hanno rimesso alla luce liberandole dallestratificazioni onde esse erano da millenni coperte (1)... Questi e simili fatti ci

    obbligano a ritenere che nel quarto millennio a.C. una vasta zona di territorio,estendentesi dallEgitto, attraverso la Palestina, lAsia Minore, laMesopotamia e laPersia meridionale, fino allIndia settentrionale, e che aveva propaggini pertutto ilMediterraneo, si trovava in possesso duna civilt fiorente i cui centri pi

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    importantisi sono sviluppati, almeno per quel che oggi ci dato sapere, attorno aigrandi fiumiNilo, Tigri ed Eufrate, Indo. (2)

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    Note

    Tagliavini Lunit culturale indo-mediterranea anteriore allavvento di semiti eindoeuropeipag. 53.

    Idem pag 57

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    Il senso dei Veda

    Nellambito della storia della filosofia dellantica India si cristallizzata una visione chevede nella fase pi arcaica della letteratura vedica una sorta di filosofeggiare primitivoe marcatamente naturistico. Gli orientologi scorgono nella letteratura vedica una sortadi progresso, di evoluzione che da un panteismo naturistico si trasforma vieppi in unpensiero maturo e slacciato dai fenomeni della natura. Nei veda propriamente detti,cio nelle quattro raccolte degli inni, si pu solo scorgere qualche germe di quella Vettadella metafisica indiana che stata racchiusa nelle Upanishad che costituiscono, da unpunto di vista cronologico la parte terminale della letteratura vedica. Questa visione

    cozza con chi vede proprio nel Rig Veda non il principio di uno sviluppo ma una vettain cui si esprime una sapienza perfettamente compiuta.

    Facciamo un esempio intrecciando due esponenti di questo diverso modo di vedere.

    Sri Aurobindo tende a interpretare in maniera alchemica gli inni dei Veda e vede in essi,appunto, non un principio da cui si sviluppata una metafisica, ardita ed "evoluta", mauna vetta da cui pian piano si caduti, ci si degradati.

    Per Radakrishna l'aspetto "primitivo",tutto sommato "naturistico", di "basso profilo" dei

    Veda, con delle eccezioni come il purushasukta in cui si scorge un germe della serioregrandezza, pi esattamente della parte innica del Rig Veda, il riflesso di una etnia, diuna gens. Gens che nell'india del nord, per preservare le sue tradizioni, soggetteall'influenza delle popolazioni con cui stava scontrandosi-incontrandosi sul paese in cuipenetrava si preoccup di redarre per iscritto. Sostanzialmente Radakrishna che statoanche presidente della Repubblica Indiana sposa le tesi della moderna filologia. Diceche vuole trattare dei Veda in "contrasto" con le "tesi" di Aurobindo: Riteniamo pifacilmente intelligibile, in base a una legge di una normale evoluzione religiosa ilpassaggio dall'adorazione delle forse esteriori della natura alla religione spirituale delle

    upanishad: l'uomo , in ogni parte della terra, inizia dall'esterno per poi procedere versol'interno (Radakrishna pag 56 vol. 1).

    Aurobindo, comunque, che un maestro dello spirito, questo non dobbiamodimenticarlo, non categorico nelle sue asserzioni. Parla di ipotesi e lascia spazio adaltri punti di vista.

    Non propongo di usare un metodo negazionista e distruttivo contro le soluzioniricevute ma, semplicemente, di presentare positivamente e costruttivamente una piampia e, in qualche modo, complementare ipotesi costruita sopra fondamenta pi

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    ampie, una ipotesi che, in aggiunta, pu gettare luce su uno o due problemi, nella storiadel pensiero e culto arcaico, insufficientemente risolti dalle ordinarie teorie ( Secret OfVeda).

    Insomma propone la sua visione dei Veda come una ipotesi. Radhakrishna quandoparla di questa visione di Aurobindo dice innanzi tutto Aurobindo Gosh, il grandemistico e studioso indiano dell'opinione che i veda siano pervasi dalle influenze didottrine e di filosofie mistiche e considera gli dei degli inni come simboli di funzionipsicologiche (La filosofia Indiana vol 1 pag 55). Poi dice che per quanto ingegnosa laproposta di Aurobindo occorre prenderla con cautela perch oltre a essere in contrastocon le risultanze della moderna scienza in contrasto con Sayana, un illustre esponentedella Purva Mimansa, uno dei sei sistemi filosofici classici dell'induismo. PurvaMimansa che una autorit nell'interpretazione dei veda.

    Aurobindo da parte sua ricorda che i Veda hanno sempre goduto di indiscussa autorite che il criterio cardine perch una scuola sia considerata ortodossa appunto ilriconoscimento della autorit dei Veda. Il buddismo, il Jainismo vengono espunti dallaortodossia brahmanica a cui partecipa il Tantra, le correnti visnuite, quelle ritualiste, ilvedanta ecc... proprio perch pongono in discussione lautorit vedica.

    Se Sayana avesse ragione e il veda fosse da interpretare, dico interpretare, ma sarebbepi esatto dire vivere, realizzare la sapienza vedica in chiave semplicementequesta autorit, dice Aurobindo, sarebbe una grande finzione.

    La verit sacra, la sapienza sacra si dice nelle scritture, pu danneggiare la persona inquanto non viene rettamente intesa.

    Aurobindo riprende questo aspetto pericoloso, inquietante, velenoso della Conoscenzae dice che ognuno deve avere il cibo a lui adatto e che la Sapienza essenziale puvenireespressa in modo tale che sia digeribile.

    I Veda quindi sono la veste essoterica, l'abito di una sapienza essenziale, di unaConoscenza esoterica, di una Conoscenza che si ammanta di simboli che sottendono,fondano, una azione sacrificale. Azione che , per certi versi preparatoria allarealizzazione della Verit essenziale.

    Verit essenziale che era identica a quella di Eleusi e che veniva insegnata nell'orfismole cui scritture sopravvissute non sono che magri resti di ci che prima di una fase dioscuramento era pienamente vissuta da note umane che nel sanscrito vedico vengonodefiniti Rishi.

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    La lettura di un Max Muller, uno degli studiosi europei pionieri in questo campo, oquella ritualista di un Sayana, come quella di Radakrishna, secondo Aurobindo, nonsono in contrasto, quindi, con questa visione essenziale ma sono l'aspetto adatto,digeribile, l'eco potremmo dire, del senso profondo, segreto, dei Veda.

    Il Veda delle strofe laudative, il Rig Veda, la sintesi, la codificazione di cantori cheavevano una funzione sacerdotale e veniva usato nella celebrazione del rito sacrificale.Aurobindo capovolge quindi il normale intendimento della letteratura vedica. Ingenere, si detto, le Upanishad godono della pi alta considerazione proprio perchsembra che rappresentino la vetta pi alta della religione vedica e la base delbrahmanesimo classico. Aurobindo dice invece che le upanishad sono il sigillo dellatransizione fra due specie di umanit che differiscono sostanzialmente proprio nelmodo di pensare.

    La mente del vate vedico funzionava in modo differente dalla nostra. Le Upanishad cipaiono la vetta del pensiero vedico solo perch hanno portato a compimento latransizione da quella forma di organizzazione mentale che nelle strofe laudative hannoil sigillo finale e che poi han attraverso la letteratura dei Brahamana, aranyakatransitatonelle upanishad una visione che doveva essere digerita da una mente assai differentedall'uomo vedico.

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    Questioni disputate.

    Nel primo mandala del Rig Veda, vale a dire nel primo capitolo, secondo la divisione

    in dieci porzioni del testo, altra divisione in ottavi, c' un inno molto interessante il162 dedicato alla lode del cavallo sacrificato nell'ashvamedha.

    2. Quando davanti ad esso, coperto di gualdrappa e di ricchezza, i preti conducono ildono sacrificale (da essi preso) , bene incedendo il capro onnicolore (pezzato) si dirigebelando verso la cara dimora di Indra e Pushan.

    6. Quello che squadrano il palo e quelli che portano il palo e quelli che fabbricano lacorona per il palo del cavallo, e quelli che per il corsiero raccolgono gli utensili percuocere: anche l'approvazione di questi ci stimoli.

    7. Se ne andato - nello stesso tempo fu offerto il mio inno - alle contrade degli dei ...Loabbiamo fatto un buon compagno nel banchetto degli dei.

    Ci che della carne del cavallo la mosca ha mangiato, o ci che rimasto appiccicatosulpalo, sull'ascia ... tutte queste cose siano con te presso gli dei.

    21 Tu invero qui non muori, non soffri danno; te ne vai agli dei per facili vie.

    Diciamola in tutta la sua crudezza.

    I Veda non solo parlano di sacrifico cruento e di consumazione rtuale della carcassadegli animali sacrificati, a volte l'olocausto aveva portata immensa intere mandrievenivano sacrificate, ma parla anche di consumo rituale di una sostanza inebriante ilSoma. I Veda elogiano delle pratiche che ad alcuni appaiono orribili e deprecabili.

    LAshvamedha

    Ashvamedha ha tratti inquietanti. La consorte di chi offre il sacrificio si sdraia accantoal cavallo ucciso mediante soffocamento, prende il pene del cavallo e se lo porta ingrembo mentre le donne del clan si scambiano battute oscene coi sacerdoti officianti. Iltutto condito con abbondanti libagioni di Soma cio una qualche specie di alcaloidecon effetti psichedelici su cui si ritorner.

    Agli occhi di un orientalista del 19 secolo e agli occhi di molti indiani, questo occorredirlo alcuni tratti della la religione vedica sono una aberrazione, al pi una praticaprimitiva, selvaggia di gente selvaggia e primitiva.

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    Il Jainismo colla sua opzione di non violenza radicale che comporta l'andare in giro condei sonagli ai piedi per avvisare del passaggio eventuali insetti per non schiacciarli, lacopertura della bocca con un velo per non ingoiare accidentalmente un essere vivente el'accurata esplorazione di ogni boccone di cibo per evitare di mangiare un essere

    senziente un sistema non ortodosso proprio perch nega l'autorit ai Veda.

    I banchetto con le carni di una vittima di un sacrificio cruento non caratteristica deisoli Veda nel tradizione veterotestamentaria ricorre. C un certo fascino nel momentoconviviale che segue il sacrificio cruento celebrato dal padre di Criseide nell'Iliade in cuisi scannano buoi, li si cucinano dedicandoli ad Apollo irrorandoli con vino robustopoi lisi consuma libando agli dei.

    La lettura di Aurobindo in cui nell'inno vede un processo psicologico, realizzativo, seducente. Non cosa nuova, i cabalisti han fatto lo stesso con il vecchio testamento.Han decodificato la cifra letterale del testo masoretico e hanno tratto dalla scorza deltessuto narrativo una nuova storia, una nuova legislazione in cui la scorza dei fattistorici rivelava l'anatomia del corpo di Dio e le leggi che ne governavano la vita.

    Ma resta pur sempre levidenza che 'accetta non solo un simbolo, la cifra di un aspettodella struttura dell'uomo, essa calata sul serio sul collo del cavallo, le carni di quelcavallo sono state mangiate.

    Per chi considera il vegetarianesimo come fondante il percorso realizzativo, e c' ne

    sono, per chi considera l'uso di bevande inebrianti ostativo nel sentiero spirituale ecc. chiaro che il processo di spiritualizzazione che ha transitato il brahmanesimo vedico inquello classico e che ha condotto alla stesura delle sessioni esoteriche delle upanishad una evoluzione.

    Radhakrishna questo vede. L'accetta che cala sul collo del cavallo ed in ci corroboratoda Sayana, grande commentatore, della scuola della Karma mimansa, che legge i vedain senso rituale. Quella stessa visione che venne contestata da Buddha. L'eccessivoritualismo del karma mimansa ha prodotto una reazione riformatrice del buddismo che,al pari del Jainismo sistema non ortodosso, sistema che non accetta la divisione castaledella societ ariana, sistema che rigetta il sacrificio cruento.

    Aurobindo, questa una mia personale lettura, vive la pienezza della realizzazionespirituale nella pienezza della realizzazione umana. In genere il devoto, uso taletermine, perch discepolo qualcosa di molto pi impegnativo e presuppone un realecontatto personale con il maestro. In genere il devoto tende a porre l'aspetto umano delmaestro su un piano di non contraddizione. Aurobindo poeta riempie la sua poesia

    della pienezza del suo conseguimento ma questo non significa che la sua arte poeticaper ci stesso sia pari al suo conseguimento. Aurobindo filologo, dice delle cose assai

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    interessanti su secret of veda, riempie la sua arte filologica della pienezza del suoconseguimento ma questo non significa che la filologia di Aurobindo sia pari, perperfezione, al suo conseguimento spirituale.

    In genere si dice che il samsara, volendo usare la terminologia platonica il divenire, non il luogo della Perfezione in quanto lo splendore della Perfezione, la sua naturasempre-permanete, trascende questo piano materiale. La Perfezione non solo trascendeil samsara ma lo ingloba in s. Quando colui che ha conseguito la Perfezione vuole, persua gentile concessione, meglio per lui sarebbe stare zitto, avrebbe sicuramente menoproblemi, in genere si tende ad uccidere il saggio, deve usare un qualcosa di finito, diimperfetto, di limitato per esprimere l'Illimitato, il Perfetto, un paradosso.

    Questo il limite di ogni scrittura e pi si scende nel transitorio, nel limitato e pi ciche si dice soggetto ad essere limitato e transitorio. Aurobindo non aveva intenzionedi dire una parola definitiva o voleva che la sua lettura contraddicesse e vanificasse lealtre.

    Aurobindo rappresenta un alcunch di nuovo, per molti versi, dice che non ha trovatoriscontro per alcune sue esperienze nelle scuole del brahmanesimo classico. In un certosenso questo lo pone fuori dall'ortodossia. Per dice ci che io ho vissuto e che non hotrovato descritto altrove, lo si trova descritto dai Veda, proprio da quella parteomaggiata a parole dalla tradizione indiana ma disattesa nei fatti. Disattesa perch lacivilt indiana andata oltre, mutata, come tutte le civilt. I Veda restarono il canone

    dellortodossia ma il bramanesimo vedico divenne desueto. Nuovi modi di viverespiritualit si radicarono sul suolo indiano. Analogo processo accadde alle altri gensindoeuropee che durante i secoli mutarono nel parlare, nei costumi e finanche nei trattisomatici.

    Quindi, Aurobindo, riconduce la sua novit nel supremo canone dell'ortodossiabrahmanica. La mia esperienza dice, in buona sostanza, non solo una mia verit, ma la Verit che il cuore pulsante e vivo della tradizione nostra ha da sempre espresso. Nonc' differenza fa l'essenza della mia esperienza e quella della tradizione vedica.

    Del resto proprio al principio della Sintesi dello Yoga Aurobindo dice delle coseestremamente interessanti. Occorre che ogni generazione riscopri l'eterna Verit e laesprima, ne faccia compartecipe il mondo, a me verrebbe da dire, nei termini a leipropri.

    Non vedo contraddizione, il mio punto di vista personale, fra ci che mi pare di avercompreso del Secreto dei Veda di cui parla Aurobindo e la civilt Ariana, sacrificio dicaproni, cavalli e uso di bevande inebrianti comprese. Altra cosa esprimere oggi, quie adesso, quella stessa Essenziale Verit.

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    Il trapasso dalla religione rituale improntata sul sacrificio alle sessioni esoteriche delleupanishad, che un fenomeno che possiamo notare anche nella religione di Israele incui un profeta fa dire a YHVH aborrisco l'odore dei vostri olocausti, voglio un cuorecontrito e non il sangue delle vostre vittime non una rottura con il passato, solo una

    nuova sintesi, un nuovo modo con cui si esprime la medesima Verit essenziale.

    Ma una lettura attuale dei Veda, una lettura che interiorizza ci che una volta era ancheesteriore, questo il segno della mentalit primitiva, non pu portarci a dimenticare cheil Vate vedico, coerentemente alla sua sintesi, ha realmente ucciso il cavallonellashvamedha lo ha realmente mangiato innaffiando il tutto con una bevandapsicoattiva e che ci non ha inficiato il suo conseguimento e il valore che per noi puavere questa esperienza spirituale.

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    Il SOMA

    "Abbiamo bevuto il soma, siamo diventati immortali, Giunti alla luce, abbiamo trovato

    gli dei. Chi pu nuocerci oramai, quali pericolo pu raggiungerci, O Soma immortale!(..) Bevanda che penetrata nelle nostre anime, Immortale in noi mortali" (RgVeda VIII,48).

    Una buona parte del Rig Veda dedicata al sacrificio del Soma ( cfr. pag 59 ValentinoPapesso Inni del Rig Veda Astrolabio, Mac Donell Vedic Mithology p.104). L'interonono mandala del Rig Veda composta da inni che celebrano le lodi del Soma.

    Il Soma nel suo aspetto pi materiale, tangibile, una bevanda ottenuta dallaspremitura, operazione descritta in Rig Veda I.28, di una sostanza vegetale, una pianta,che dava luogo a un succo di colore scuro. I residui della spremitura venivano poirisciacquati per estrarre la virt residua della pianta. Cera una filtrazione mediante unfiltro pelo di pecora e Il succo veniva poi bevuto, a volte puro, a volte mischiato conlatte a volte addolcito con miele.

    Comunque sia nei veda c' la testimonianza dell'uso in contesto rituale del succo di unapianta ritualmente spremuto. La bevanda (mada in sanscrito) era sicuramentepsicoattiva.

    Nel Rig Veda per la spremitura era canonico luso di un torchio di pietra, per attestatoanche luso di un mortaio di legno. Luso del mortaio per ottenere lequivalente iranicodel soma (haoma in avestico) attestato anche fra i Parsi ragion per cui Mac Donell(pag106 op.cit) suggerisce che possa risalire ad et indoiraniana, cio a unet in cui ancorale stirpi ariane non si erano allontanate dalla loro Home-land. Ecco un inno, famoso, incui il Rishi narra leffetto della bevanda psicoattiva che ha ingerito.

    1.10.119 Mantra 119 Indra (Autore: Laba Aindra)

    Questo,solo questo era il mio desiderio, vincere una vacca, vincere un destriero:

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Come una raffica violenta la pozione che ho bevuto mi ha sollevato.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    La pozione che ho bevuto mi ha portato, come i cavalli dal piede leggero tirano uncarro.

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    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Linno mi ha raggiunto, come una vacca che muggisce incontrando il suo amato vitello.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Come un artigiano piega il seggio del carro, cos intorno al mio cuore ho piegato linno.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Non come pagliuzze dentro locchio conto degli uomini le cinque trib.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Gli stessicieli e la terra non hanno uguale estensione di una met di me

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Nella mia grandezza ho sorpassato I cieli e questa ampia terra.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Aha! questa spaziosa terra poser qui e l

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    In un piccolo istante percuoto qui e l la terra con furia.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Uno dei miei fianchi nel cielo; lascio laltro trascinarsi in basso.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Pi grande del Possente Uno, sono sollevato nel firmamento.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    Cerco la dimora delladoratore, il portatore delloblazione agli dei.

    Non ho bevuto il succo del Soma?

    C una tendenza, prevalentemente occidentale, che vuole spiegare lefficacia delletecniche psicofisiche in modo scientifico. Ragion per cui lefficacia delle tecniche basate

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    sulla ritmizzazione del respiro, per esempio, vengono ricondotte a una sorta di effettodi regolazione del sistema endocrino.

    Le tecniche psicofisiche che includevano luso di sostanze psicoattive, come il soma

    della religione vedica o alcune specie di funghi, che attualmente appaiono aberranti,devianti e comunque fuorilegge, rinviano a una sfera arcaica, ancestrale, mitica sevogliamo. Una fase dellevoluzione della specie umana preistorica e ambientata nelleregioni delle terre del mito, che sottraendosi alla sfera della meccanicista si pongono inuno spazio-tempo ciclico e attuale. Una fase in cui non si era ancora consumata lafrattura fra il mondo delle cose concrete e la sfera delle qualit psichiche e delle energievitali. Rinvia cio a una visione unitaria del mondo in cui i pianeti e le loro orbite hannoun riflesso delluomo, una visione in cui gli elementi della natura hanno sede anche nelcorpo delluomo.

    La pianta, il succo del soma, in virt di questa dimensione primitiva, arcaica dellamente del Vate vedico quindi veniva vista come il veicolo, il segno terreno, di unaenergia cosmica.

    Una interpretazione di basso profilo del Soma quello che lo vede come una droga chesic et simplicitercausa della false visioni e un falso senso d'onnipotenza. Questainterpretazione viene sposata da Sarvapelli Radhakrishna che a pag 66 della suamonumentale storia della Filosofia Indiana paragona il Soma l'Haoma a Dioniso e dicesono culti di sostanze inebrianti. L'uomo disperato ha bisogno di qualcosa in cui

    affogare la sua tristezza; allorch prende per la prima volta una bevanda inebriante, unbrivido di delizia si impossessa di lui; ebro senza alcun dubbio, ma egli pensa che sitratti di una ebbrezza divina.

    Certo che i Veda e soprattutto il Rig Veda stato considerato il discrimine il canonedell'ortodosia brahmanica. Il Jainismo, il Buddismo son considerati altro dall'induismoproprio perch non riconoscono alcuna autorit ai veda.

    Comunque la liturgia del Soma una liturgia alquanto complicata la versione pi breve

    prevede un rito che dura un giorno intero. E' necessaria anche una certa disponibiliteconomica per realizzarla. L'esecuzione vede la recitazione di centinaia e centinaia dimantra.

    La cerimonia regolamentata dagli Sharauta sutra. La versione breve vien dettaCantata della Luce (jyoti-stoma, la versione lunga del rito cantata del fuoco Agni-stoma.

    Si tratta di un banchetto sacro in cui si consuma la bevanda sacra frutto dellaspremitura della pianta del Soma e la carne degli animali sacrificati almeno un capro euna vacca sterile. Inoltre venivano preparate molte altre pietanze.

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    L'Inno 90 del Decimo Mandala del Rig Veda

    Il Purusha aveva mille teste, mille occhi, mille piedi; egli avendo circondato da ogniparte la terra, le sovrasto ancora di dieci dita.

    Il Purusha tutto questo (universo), ci che fu e ci che sar. Ed signoredell'immortalit che cresce sempre pi mediante il cibo.

    Tanta la grandezza di lui, e anche pi grande di lui sono tutti gli esseri, tre quarti dilui l'immortale nel cielo.

    L'inno 90 esprime un mitolegema, quello del sacrificio del Purusha, l'uomo cosmico, chesi ritrova nelle Upanishad.

    un Inno che canta l'Unitariet del Reale sia dal punto di vista della sostanza sia dalpunto di vista dell'essenza.

    Una visione tipica del vedanta. Interessante la nascita delle quattro caste che vienricordata nell'Inno

    Quando divisero il Purusha, in quante parti lo fecero ?...

    Il Brahmana fu la sua bocca, le braccia divennero il rajanya (guerriero), le sue cosce ilvaisha, dai piedi nacque il sudra.

    La luna nacque dalla mente, il sole nacque dall'occhio; dalla bocca Indra e agni, dalrespiro nacque vayu.

    Non solo l'universo un tutto unitario, dunque, ma l'ordinamento sociale un riflessodi esso. Le divisioni formali fra le diverse componenti sociali sono come le parti di unmedesimo organismo. Parti che concorrono nello stesso organismo.

    Ma questa visione di tipo monadico non l'ultima verit insegnata nel Rig Veda.

    L'inno, famoso, 129 dice

    Allora non c'era il non essere, non c'era l'essere; non c'era l'atmosfera, n il cielo che aldisopra. Che cosa si muoveva? dove? sotto la protezione di chi? Che cosa era l'acqua(del mare) inscandagliabile, profonda?

    Allora non c'era la morte, n l'immortalit; non c'era il contrassegno della notte e delgiorno. Senza produrre vento respirava per propria forza quell'(Tad) Uno (ekam) ; oltre

    di lui non cera niente altro.

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    Sia Tad che Ekam, giova ricordare, sono neutri ...