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Regime forfetario, novità e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 8 del 20 aprile 2016)

e chiarimenti dell’Agenzia delle Entratestudiodottoricommercialistimilano.it/inc/uploads/... · 3 1. Premessa L’art. 1, co. 54-89, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ha stabilito

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Regime forfetario, novità

e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

(Circolare n. 8 del 20 aprile 2016)

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Indice

1. Premessa

2. Presupposti applicativi

2.1. Ricavi e compensi

2.2. Costi per il lavoro

2.3. Beni strumentali

2.4. Redditi di lavoro dipendente e assimilati

2.5. Contribuenti in attività dall’anno 2015

2.6. Contribuenti “agevolati” al 31 dicembre 2014

3. Cause di esclusione

4. Disciplina Iva

5. Imposte dirette

5.1. Effetti sul reddito ante-regime forfetario

5.2. Determinazione dal reddito e dell’imposta sostitutiva

5.3. Sostituzione d’imposta

5.4. Esonero dagli adempimenti

5.5. Cambiamento di regime

6. Durata e cessazione del regime

7. Accertamento, riscossione e contenzioso

8. Regime contributivo agevolato

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1. Premessa

L’art. 1, co. 54-89, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ha stabilito che, a partire dal 1°

gennaio 2015, i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa (compresa quella familiare),

arti o professioni applicano un regime forfetario di determinazione del reddito – e, quindi, senza

deduzione analitica dei costi, ad eccezione dei contributi previdenziali – soggetto all’imposta

sostitutiva del 15% dell’Irpef, delle relative addizionali e dell’Irap. Nell’anno 2015, era altresì previsto

che tale tributo fosse applicato al reddito forfettario ridotto di un terzo, limitatamente al periodo

d’imposta d’inizio dell’attività e ai due successivi, a norma dell’art. 1, co. 65, della Legge n. 190/2014:

questa disposizione è stata, tuttavia, modificata dall’art. 1, co. 111, lett. c), della Legge 28 dicembre

2015, n. 208 – in vigore dal 1° gennaio 2016 – che ha stabilito la riduzione di tale aliquota al 5% per

il periodo d’imposta in cui è iniziata l’attività e per i quattro successivi, da applicarsi all’intero reddito,

senza alcun abbattimento forfetario.

È, inoltre, prevista l’esclusione dagli studi di settore e dalla sostituzione d’imposta, nonché dagli adem-

pimenti Iva, salve alcune eccezioni (acquisti intracomunitari, Intrastat, ecc.).

La tematica è stata recentemente approfondita dall’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 4 aprile 2016,

n. 10/E, che si è soffermata sulle principali caratteristiche del regime forfetario.

2. Presupposti applicativi

L’accesso al regime è riservato ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o

professioni che rispettano le seguenti condizioni riferite all’anno precedente:

a) hanno conseguito ricavi, o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori ai limiti

indicati nell’allegato n. 4 della Legge n. 190/2014 – così come sostituito dall’art. 1, co. 112, della

Legge n. 208/2015 – diversi a seconda del codice Ateco dell’attività esercitata;

b) hanno sostenuto spese per il lavoro non superiori ad euro 5.000;

c) hanno un costo complessivo dei beni strumentali, al lordo degli ammortamenti, non

superiore a euro 20.000 alla chiusura dell’esercizio.

Nel primo periodo d’imposta di applicazione della disposizione, ovvero nell’anno 2015, era altresì ne-

cessaria – con riguardo al precedente periodo d’imposta (anno 2014) – la prevalenza dei redditi

conseguiti nell’attività d’impresa, dell’arte o della professione rispetto a quelli eventualmente

percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del Tuir (art. 1, co. 54,

lett. d), della Legge n. 190/2014). Questo requisito è stato, tuttavia, abrogato dall’art. 1, co. 111, lett.

a), della Legge n. 208/2015.

Il regime è, pertanto, accessibile anche ai soggetti già in attività, non prevede una scadenza

legata ad un numero di anni di attività o al raggiungimento di una particolare età anagrafica: la sua

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applicazione è, quindi, subordinata esclusivamente al verificarsi delle condizioni di seguito descritte.

2.1. Ricavi e compensi

Ai fini dell’accesso al regime, come anticipato, è necessario che il contribuente non abbia superato,

nell’anno solare precedente, il limite di ricavi o compensi fissato, in base all’attività esercitata, dall’al-

legato n. 4 alla Legge n. 190/2014 – così come modificato dall’art. 1, co. 112, della Legge n.

208/2015 – che riporta altresì il corrispondente coefficiente di redditività, di cui si dirà nel prosieguo,

con riferimento alla determinazione dell’imposta sostitutiva: nella colonna “Limite di ricavi/com-

pensi” sono riportate in grassetto le soglie applicabili dal 1° gennaio 2016, e tra parentesi quelle

vigenti nel solo periodo d’imposta 2015 (e, quindi, con riferimento all’anno 2014).

Gruppo di settore Codice attività Ateco 2007 Limite dei

ricavi/compensi

Coefficiente

di redditività

Industrie alimentari e

delle bevande 10-11 45.000 (35.000) 40%

Commercio all’ingrosso e

al dettaglio

45, 46.2, 46.3, 46.4, 46.5, 46.6,

46.7, 46.8, 46.9, 47.1, 47.2,

47.3, 47.4, 47.5, 47.6., 47.7.

47.9

50.000 (40.000) 40%

Commercio ambulante

di prodotti alimentari e

bevande

47.81 40.000 (30.000) 40%

Commercio ambulante

di altri prodotti 47.82-47.89 30.000 (20.000) 54%

Costruzioni e attività

immobiliari 41-42-43-68 25.000 (15.000) 86%

Intermediari del

commercio 46.1 25.000 (15.000) 62%

Attività dei servizi di

alloggio e ristorazione 55-56 50.000 (40.000) 40%

Attività professionali,

scientifiche, tecniche,

sanitarie, di istruzione,

servizi finanziari e

assicurativi

64, 65, 66, 69, 70, 71, 72, 73,

74, 75, 85, 86, 87 e 88 30.000 (15.000) 78%

Altre attività economiche 01, 02, 03, 05, 06, 07, 08, 09,

12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 30.000 (20.000) 67%

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20, 21, 22, 23, 24 25, 26, 27,

28, 29, 30, 31, 32, 33, 35, 36,

37, 38, 39, 49, 50, 51, 52, 53,

58, 59, 60, 61, 62, 63, 77, 78,

79, 80, 81, 82, 84, 90, 91, 92,

93, 94, 95, 96, 97, 98 e 99

Alla luce dell’incremento dei suddetti limiti, operato dal co. 112 dell’art. 1 della Legge n. 208/2015,

l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “la verifica dei limiti ai fini dell’accesso o della permanenza nel

regime, a partire dal periodo d’imposta 2016, va fatta con riferimento ai nuovi valori in vigore dal 1°

gennaio 2016. Ciò significa, ad esempio, che laddove un professionista in regime forfetario dal 1°

gennaio 2015 abbia conseguito al 31 dicembre di quell’anno compensi per un ammontare complessivo

di 18.000 euro (superiori al limite di 15.000 euro in vigore nel 2015), continua ad applicare il regime

anche nel 2016, in quanto la soglia dei compensi percepiti nell’anno precedente è stata elevata a

30.000 euro” (C.M. n. 10/E/2016, par. 2.2).

Ai fini della verifica dell’osservanza dei predetti limiti, devono essere considerati esclusivamente i

ricavi di cui agli artt. 57 e 85 del Tuir – soggetti al principio di competenza, compresi quelli relativi

alle cessioni poste in essere con la Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino (C.M. n. 6/E/2015,

par. 9.4) – e i compensi di cui all’art. 54 del Tuir, rilevanti in base al criterio di cassa (C.M. 21

dicembre 2007, n. 73/E, par. 2.1), ragguagliati all’anno: conseguentemente, si deve tenere conto

anche del valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore da

attribuire in conformità alle disposizioni previste dall’art. 9, co. 3, del Tuir. Non si deve, invece, tenere

conto dei ricavi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore di cui all’art. 62-bis del D.L. 30 agosto

1993, n. 331: nel caso di esercizio contemporaneo di attività con codice Ateco differente, si

assume il livello più elevato dei ricavi o compensi relativi alle diverse attività esercitate (art. 1, co. 55,

della Legge n. 190/2014). Ad esempio, in presenza di esercizio contemporaneo di un’attività di

commercio all’ingrosso – ricompresa nella divisione 45 dei codici Ateco 2007 – e di una di

intermediario del commercio, rientrante nel Gruppo 46.1, il limite di ricavi annui è, a decorrere dal

2016, pari a euro 50.000 (C.M. n. 10/E/2016, par. 2.2).

Qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l’ammontare

dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente a quello di riconoscimento del

predetto beneficio, non deve essere superiore ai predetti limiti massimi di ricavi e compensi previsti

per l’accesso al regime fiscale agevolato.

Si segnala, inoltre, che il superamento del corrispondente limite di ricavi o compensi –

analogamente all’inosservanza di almeno uno degli altri requisiti di accesso (beni strumentali e costo

del lavoro), ovvero al verificarsi di una causa di esclusione (regimi speciali, soggetti non residenti,

cessione esclusiva o prevalente di fabbricati, terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi e

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partecipazione a soggetti “trasparenti”, redditi di lavoro dipendente e assimilati superiori ad euro

30.000), illustrati nei paragrafi seguenti – non comporta l’immediata uscita dal nuovo regime

forfettario. L’art. 1, co. 71, della Legge n. 190/2014 stabilisce, infatti, che il regime forfetario cessa di

avere applicazione a partire dall’anno successivo in cui viene meno una delle condizioni di accesso di

cui al co. 54, oppure si verifica una delle cause di esclusione di cui al co. 57. In altri termini, con

riguardo al superamento dei ricavi o compensi, non è, quindi, prevista la regola presente nei

previgenti regimi agevolati delle nuove iniziative produttive (art. 13, co. 3, lett. b), della

Legge 23 dicembre 2000, n. 388) e dei nuovi contribuenti minimi (artt. 27, co. 1 e 2, del D.L. 6

luglio 2011, n. 98, e 1, co. 114, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244), per effetto della quale era

stabilita l’immediata uscita dal regime nel caso di “splafonamento” dei ricavi o compensi di oltre

il 50% rispetto alla soglia di legge.

L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, chiarito che, per la verifica dell’eventuale superamento del limite, si

deve tenere conto del regime contabile applicato nell’anno di riferimento: in altre parole, coloro

che hanno operato in contabilità ordinaria devono calcolare l’ammontare dei ricavi conseguiti

applicando il criterio di competenza, mentre chi, ad esempio, ha applicato il regime fiscale di

vantaggio, deve utilizzare il criterio di cassa (C.M. n. 6/E/2015, par. 9.6).

2.2. Costi per il lavoro

L’art. 1, co. 54, lett. b), della Legge n. 190/2014, come anticipato, pone anche un requisito di accesso

relativamente ai costi per il personale, i quali non sono preclusi, ma devono mantenersi entro una

soglia circoscritta: è, infatti, posta la condizione che il contribuente, nell’anno solare precedente abbia

sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore ad euro 5.000 lordi per le

seguenti tipologie di rapporti:

lavoro accessorio (art. 70 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276);

lavoratori dipendenti;

collaboratori di cui all’art. 50, co. 1, lett. c) e c-bis), del Tuir, anche assunti secondo la modalità

riconducibile ad un progetto di cui agli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003;

somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto di solo

lavoro (art. 53, co. 2, lett. c), del Tuir);

spese per prestazioni di lavoro di cui all’art. 60 del Tuir (imprenditore, coniuge, figli, affidati o

affiliati minori di età o permanentemente inabili, discendenti e familiari partecipanti all’impresa ai

sensi dell’art. 5, co. 4, del Tuir).

Risulta, pertanto, superata la preclusione – prevista nel regime fiscale di vantaggio – che impediva

l’accesso al regime a coloro che nell’anno precedente avessero sostenuto spese per lavoro dipendente

o assimilato, nel presupposto che l’esigua spesa prevista non rappresenta di per sé indice di una

struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario.

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2.3. Beni strumentali

L’art. 1, co. 54, lett. c), della Legge n. 190/2014, come anticipato, ha stabilito un’ulteriore condizione

di accesso al nuovo regime forfetario, riguardante i cespiti: alla chiusura del precedente periodo

d’imposta, il costo complessivo dei beni strumentali, al lordo degli ammortamenti, non

deve aver superato l’importo di euro 20.000. Ai fini della verifica di tale requisito, devono essere

osservati i seguenti criteri:

1) non rilevano gli immobili, comunque acquisiti (proprietà, locazione, ecc.), utilizzati

nell’esercizio dell’attività di impresa, arte o professione, e neppure i cespiti di costo unitario non

superiore ad euro 516,46 (artt. 102, co. 5, e 54, co. 2, secondo periodo, del Tuir);

2) per i beni in locazione finanziaria, deve essere considerato il costo fiscale del cespite in capo al

concedente;

3) nel caso di beni detenuti in base ad un contratto di leasing operativo, noleggio o comodato,

deve essere assunto il valore normale, individuato ai sensi dell’art. 9 del Tuir;

4) i beni detenuti in regime di impresa, arte o professione, utilizzati promiscuamente per l’eser-

cizio dell’impresa, dell’arte o della professione o per l’uso personale o familiare del contribuente,

devono essere computati parzialmente, nella misura del 50%, indipendentemente dal loro

effettivo utilizzo e da eventuali diverse percentuali di deducibilità contenute nel Tuir

(C.M. n. 10/E/2016, par. 2.2.c). In tale sede, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che “si

presumono, comunque, ad uso promiscuo tutti i beni a deducibilità limitata indicati negli artt. 164 e

102, co. 9, del Tuir (ad esempio, autovetture, autocaravan, ciclomotori, motocicli e telefonia) per i

quali, tuttavia, non devono essere presi a riferimento i limiti di deducibilità previsti dai suddetti

articoli ”.

L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 19 febbraio 2015, n. 6/E, ha altresì fornito alcuni ulteriori

chiarimenti:

il costo dei beni deve essere assunto nella configurazione ordinariamente rilevante ai fini

dell’Iva, circoscritta alla base imponibile, anche qualora non sia stata esercitata la detrazione

dell’imposta. Rileva, pertanto, il corrispettivo delle operazioni di acquisto effettuate ai sensi dell’art.

6 del D.P.R. n. 633/1972 (C.M. 26 febbraio 2008, n. 13/E). Conseguentemente, sia nella fase

di accesso al regime forfetario che durante la sua applicazione, il rispetto del limite degli acquisti di

beni strumentali deve essere verificato con riguardo al costo sostenuto al netto dell’Iva,

anche se l’imposta non è stata detratta;

non devono essere computati i costi per elementi immateriali e le spese relative a più esercizi (C.M.

n. 10/E/2016, par. 2.2.c). L’Amministrazione Finanziaria ritiene, pertanto, applicabile l’orientamento

contenuto nella C.M. 28 gennaio 2008, n. 7/E, secondo cui il riferimento della norma alla

nozione di “strumentalità” dei beni induce a ritenere che non debbano essere presi in

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considerazione taluni costi riferibili ad attività immateriali, come quello sostenuto per

l’avviamento o altri elementi immateriali comunque riferibili all’attività, che non si caratterizzano

per il loro concreto utilizzo nell’ambito dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo. Questa

precisazione non riguarda i beni immateriali ammortizzabili che rientrano nella locuzione

normativa di “beni strumentali”, bensì l’avviamento e le spese relative a più esercizi, che non

sono qualificabili come “beni” utilizzabili nell’esercizio dell’attività (C.M. n. 10/E/2016, par. 2.2.c).

2.4. Redditi di lavoro dipendente e assimilati

L’art. 1, co. 54, lett. d), della Legge n. 190/2014, come anticipato, stabiliva un quarto e ultimo

requisito di accesso al nuovo regime forfetario, rappresentato dalla prevalenza dei redditi

conseguiti nell’attività d’impresa, dell’arte o della professione rispetto a quelli eventualmente

percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del Tuir, ad esempio:

quelli derivanti da rapporti di lavoro aventi ad oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi

qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio,

quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro;

le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati;

i compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative

di servizi, agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e della piccola pesca.

le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, assegno, premio o sussidio per

finalità di studio o addestramento professionale;

le somme percepite in relazione all’incarico di amministratore, sindaco o revisore di società,

associazioni ed enti, oppure ad altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

La verifica della suddetta prevalenza, nell’anno precedente, del reddito di impresa e lavoro autonomo,

rispetto a quello di lavoro dipendente e assimilato, non era, tuttavia, richiesta se il rapporto di

lavoro era cessato o la somma dei redditi d’impresa, dell’arte e della professione e di lavoro

dipendente e assimilato non eccedeva l’importo di euro 20.000.

Il suddetto requisito di cui all’art. 1, co. 54, lett. d), della Legge n. 190/2014 è stato, tuttavia,

abrogato dall’art. 1, co. 111, lett. a), della Legge n. 208/2015, in vigore dal 1° gennaio 2016 (con

l’effetto che è stato, pertanto, applicato soltanto nel periodo d’imposta 2015): contestualmente, la

successiva lett. b) ha inserito una nuova causa di esclusione, riguardante i soggetti che nell’anno

precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del Tuir

eccedenti euro 30.000, salvo che il rapporto di lavoro sia cessato (art. 1, co. 57, lett. d-bis), della

Legge n. 190/2014).

Requisito Limite Periodo di verifica

Ricavi o compensi euro 25.000 – euro 50.000,

a seconda dell’attività Anno precedente

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Spese per lavoro dipendente e

assimilato Euro 5.000 Anno precedente

Beni strumentali euro 20.000 al lordo degli

ammortamenti Anno precedente

Redditi di lavoro dipendente e

assimilato

Inferiori a quelli d’impresa e

lavoro autonomo (salvo

esonero per cessazione o

ammontare complessivo)

Anno 2014, per il solo periodo

d’imposta 2015

2.5. Contribuenti in attività dall’anno 2015

Il soggetto che ha avviato l’attività d’impresa, arti o professioni nel corso dell’anno 2015, oppure in

uno successivo, non ha potuto effettuare la verifica dei suddetti requisiti d’accesso, in quanto nel

precedente periodo d’imposta non era ancora in attività: tuttavia, ha comunque potuto

accedere immediatamente al nuovo regime forfettario, comunicando di presumere – a norma dell’art.

1, co. 56, della Legge n. 190/2014 – il possesso dei requisiti di cui all’art. 1, co. 54, della Legge n.

190/2014, in sede di dichiarazione di inizio attività di cui all’art. 35 del D.P.R. 26 ottobre

1972, n. 633 (modello AA9/12): tale comunicazione non ha valore di opzione, trattandosi di un

regime naturale, ma è richiesta unicamente ai fini anagrafici. L’omessa indicazione, nella

dichiarazione di inizio attività, dell’intenzione di applicare il regime forfetario non preclude, quindi,

l’accesso allo stesso, ma è punibile con la sanzione amministrativa prevista dall’art. 11, co. 1, lett.

a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ovvero da euro 250 ad euro 2.000. L’attestazione della

sussistenza dei requisiti per l’accesso al regime e dell’assenza di cause ostative (art. 1, co. 54

e 57, della Legge n. 190/2014) deve essere effettuata in sede di dichiarazione annuale dei

redditi: in particolare, per il periodo d’imposta 2015, tale adempimento deve essere assolto

barrando, rispettivamente, i campi 1 e 2 del rigo LM21 del modello Unico 2016 - Persone

Fisiche.

In alternativa, il contribuente che ha iniziato l’attività nel 2015 ha potuto optare per l’applicazione

del regime fiscale di vantaggio (art. 27, co. 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98) – come meglio

illustrato nel prosieguo – o per quello ordinario, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva, avente

efficacia triennale, poi rinnovabile annualmente. In altri termini, non ha potuto accedere ai regimi

agevolati previgenti, in quanto espressamente abrogati dall’art. 1, co. 85, della Legge n.

190/2014:

nuove iniziative produttive (art. 13 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388);

“ex minimi” (artt. 27, co. 3, del D.L. n. 98/2011).

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L’imprenditore, così come l’esercente arti o professioni, che ha avviato l’attività nel corso dell’anno

2015, come anticipato, ha potuto accedere al regime fiscale di vantaggio di cui all’art. 27, co. 1 e

2, del D.L. n. 98/2011, a norma dell’art. 10, co. 12-undecies, del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192. A

questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in questo caso l’applicazione del regime

fiscale di vantaggio rappresenta l’espressione di una specifica scelta del contribuente, soggetta alla

disciplina in materia di opzioni, prevista dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, secondo cui (R.M. 23

luglio 2015, n. 67/E):

l’opzione e la revoca del regime contabile o di determinazione dell’imposta si desumono da com-

portamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture con-

tabili e la validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta

attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività (art. 1, co. 1, del D.P.R. n. 442/1997);

il contribuente è comunque tenuto a comunicare l’opzione effettuata nella prima dichiarazione

annuale Iva da presentare successivamente alla scelta operata. Nel caso di esonero da tale

adempimento dichiarativo, “la scelta è comunicata con le stesse modalità e i termini previsti per la

presentazione della dichiarazione dei redditi utilizzando la specifica modulistica relativa alla dichia-

razione annuale dell’imposta sul valore aggiunto” (art. 2, co. 1 e 2, del D.P.R. n. 442/1997);

la mancanza o la tardività della comunicazione, pur essendo sanzionabile secondo le vigenti

disposizioni, non determina l’invalidità dell’opzione (art. 2, co. 3, del D.P.R. n. 442/1997).

In virtù di tali principi, l’Amministrazione Finanziaria ha, pertanto, precisato che i contribuenti che

hanno intrapreso un’attività di impresa, arte e professione nel corso dell’anno 2015 e – avendone i

requisiti – intendono avvalersi della facoltà loro concessa dall’art. 10, co. 12-undecies, del D.L. n.

192/2014, laddove non abbiano manifestato nel modello AA9/12 per il regime fiscale di vantaggio,

“possono comunque avvalersene, dandone comunicazione, secondo le regole ordinarie, nella

dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2015 (da presentarsi nel 2016), allegando il

modello relativo alle opzioni predisposto per la dichiarazione Iva”. La scelta effettuata può, tuttavia,

essere revocata, senza attendere il decorso del termine di cinque anni di permanenza nel

regime, accedendo al regime forfetario e applicando, ove possibile, le disposizioni dell’art. 1, co.

65, della Legge n. 190/2014.

Regimi agevolati previgenti Efficacia

Nuovi minimi Abrogato, ma può essere utilizzato sino alla naturale

scadenza, se attivato entro il 31 dicembre 2015

Ex minimi Abrogato

Nuove iniziative produttive Abrogato

2.6. Contribuenti “agevolati” al 31 dicembre 2014

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11

I regimi agevolati in essere al 31 dicembre 2014, come anticipato, sono stati abrogati dall’art. 1, co.

85, della Legge n. 190/2014. I successivi co. 86 e 88 hanno, inoltre, stabilito che:

1) i soggetti che, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, si sono avvalsi del regime delle

nuove iniziative produttive (art. 13 della Legge n. 388/2000), dei contribuenti minimi (art. 27, co. 1

e 2, del D.L. n. 98/2011) e degli “ex minimi” (art. 27, co. 3, del D.L. n. 98/2011) – se in possesso

dei requisiti stabiliti dall’art. 1, co. 54, della Legge n. 190/2014 – applicano il nuovo

regime forfetario, in quanto loro regime naturale, salva l’opzione per l’applicazione dell’Iva e

delle imposte sui redditi nei termini ordinari. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha

precisato che, poiché il forfetario è un regime naturale, i contribuenti che già svolgono

un’attività di impresa, arte o professione vi accedono senza dover fare alcuna

comunicazione preventiva, con il modello AA9/12, oppure successiva, con la dichiarazione

annuale (C.M. n. 10/E/2016, par. 2.4.1). Tali soggetti sono, tuttavia, obbligati ad inviare

un’apposita comunicazione telematica all’Inps, entro il 28 febbraio di ogni anno, qualora siano

interessati ad usufruire del regime contributivo agevolato, a norma dell’art. 1, co. 83, della Legge

n. 190/2014;

2) i soggetti che, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, si sono avvalsi del regime dei

nuovi contribuenti minimi (art. 27, co. 1 e 2, del D.L. n. 98/2011) possono continuare ad

avvalersene per il periodo che residua al completamento del quinquennio agevolato, e

comunque fino al compimento del 35° anno di età.

L’art. 1, co. 87, della Legge n. 190/2014 ha stabilito altresì che i soggetti che, nel periodo d’imposta in

corso al 31 dicembre 2014, si sono avvalsi del regime delle nuove iniziative produttive (art. 13

della Legge n. 388/2000) e di quello dei contribuenti minimi (art. 27, co. 1 e 2, del D.L. n.

98/2011) possono accedere al beneficio di cui all’art. 1, co. 65, della Legge n. 190/2014, che consente

di ridurre di un terzo il reddito del 2015 – al lordo dei contributi versati e dedotti e delle perdite

pregresse da portare in diminuzione dal reddito (così come indicato nel modello Unico 2016 – Persone

Fisiche, nel rigo LM34) – e di applicare l’aliquota del 5% nel 2016 “per i soli periodi d’imposta che

residuano al completamento del triennio agevolato”. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ritiene

che “i soggetti che al 31 dicembre 2014 applicavano il regime di vantaggio o il regime delle nuove

attività produttive possano applicare le agevolazioni in parola fino a compimento dell’intero periodo

agevolato, ossia fino a compimento del quinquennio. Ciò significa, ad esempio, che laddove un

soggetto abbia iniziato una nuova attività nel 2014 applicando il regime fiscale di vantaggio, ovvero il

regime delle nuove attività produttive, potrà applicare le specifiche agevolazioni previste dal co. 65

(riduzione dell’imponibile di un terzo per il 2015, applicazione dell’imposta sostitutiva del 5% a

decorrere dal 2016) fino al 2018” (C.M. n. 10/E/2016, par. 1).

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12

L’accesso a tali agevolazione (riduzione di un terzo del reddito nel 2015, e applicazione dell’aliquota

del 5% dal 2016 per un massimo di 5 periodi d’imposta incluso quello di inizio dell’attività) è, tuttavia,

subordinata all’osservanza delle seguenti condizioni:

a) il contribuente non ha esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, altra attività di

impresa, artistica o professionale, anche in forma associata o familiare;

b) l’attività da esercitare non costituisce, in alcun modo, la mera prosecuzione di una passata

attività di lavoro autonomo o dipendente, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta

consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;

c) qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l’ammontare

dei relativi ricavi e compensi – realizzati nel periodo d’imposta precedente a quello di riconosci-

mento del beneficio – non sia superiore ai limiti di ricavi o compensi previsti per l’accesso al nuovo

regime forfetario.

3. Cause di esclusione

L’art. 1, co. 57, della Legge n. 190/2014 stabilisce che l’accesso al nuovo regime forfetario è precluso

ai seguenti contribuenti:

le persone fisiche che, nel periodo d’imposta di riferimento, si avvalgono dei regimi speciali Iva

– riportati nella tabella sottostante – oppure di quelli forfetari di determinazione del reddito,

come quello previsto dall’art. 56, co. 5, del Tuir per l’attività di allevamento di animali esercitata

oltre i limiti di cui all’art. 32, co. 2, lett. b), del Tuir, oppure per le altre attività agricole (art. 56-bis,

co. 2, del Tuir). La causa di esclusione, se riguarda un’attività produttiva di reddito di

impresa o lavoro autonomo, impedisce l’accesso al regime anche con riguardo ad altre

attività esercitate dal contribuente e non assoggettate a un regime speciale (C.M. n. 10/E/2016,

par. 2.3.a): in virtù di tale principio, è, pertanto, possibile ritenere che l’adozione di un regime

speciale per un’attività che genera reddito agricolo non preclude al contribuente di accedere

al nuovo regime forfetario relativamente alle altre attività svolte non assoggettate ad un regime

speciale (C.M. n. 7/E/2008, par. 2.2). L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, precisato che il regime

forfetario è incompatibile con quello opzionale del c.d. Patent Box, ovvero di tassazione

agevolata del reddito derivante dallo sfruttamento dei beni immateriali di cui all’art. 1, co. 37-45,

della Legge n. 190/2014 (C.M. n. 10/E/2016, par. 2.3.a);

Regimi speciali Iva Normativa di riferimento

Agricoltura e attività connesse e pesca Artt. 34 e 34-bis del D.P.R. n.

633/1972

Vendita sali e tabacchi Art. 74, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972

Commercio di fiammiferi Art. 74, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972

Editoria Art. 74, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972

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13

Gestione di servizi di telefonia pubblica Art. 74, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972

Rivenditori di documenti di trasporto pubblico e sosta Art. 74, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972

Intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla Tariffa

allegata al D.P.R. n. 640/1972 Art. 74, co. 6, del D.P.R. n. 633/1972

Agenzie di viaggio e turismo Art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972

Agriturismo Art. 5, co. 2, della Legge n. 413/1991

Vendite a domicilio Art. 25-bis, co. 6, del D.P.R. n.

600/1973

Rivendita di beni usati, oggetti d’arte, d’antiquariato o da

collezione Art. 36 del D.L. n. 41/1995

Agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, d’antiquariato

o da collezione Art. 40-bis del D.L. n. 41/1995

i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli residenti in Stati dell’Unione Europea o dello Spazio

Economico Europeo con adeguato scambio di informazioni, che producono in Italia – nel periodo

d’imposta di riferimento – almeno il 75% del reddito complessivo;

i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano – nel periodo d’imposta di riferimento

– cessioni di fabbricati o porzioni degli stessi, di terreni edificabili di cui all’art. 10, co. 1, n.

8), del D.P.R. n. 663/1972 o di mezzi di trasporto nuovi di cui all’art. 53, co. 1, del D.L. n.

331/1993;

gli esercenti attività d’impresa, arte o professione che, nel periodo d’imposta di riferimento, parte-

cipano – contemporaneamente all’esercizio dell’attività – a società di persone oppure associazioni

di cui all’art. 5 del Tuir, oppure a s.r.l. “trasparenti” di cui all’art. 116 del Tuir (a prescindere dal

fatto che la partecipazione sia detenuta come soggetto “imprenditore” o “privato”). Non

costituisce, pertanto, motivo ostativo all’accesso al regime il possesso di una partecipazione in

una società di capitali non trasparente, né l’esercizio dell’impresa familiare, né la

collaborazione alla stessa, in quanto si tratta di un’impresa individuale, e non di una società o

associazione, ancorché sia disciplinata, ai fini delle imposte sui redditi, dall’art. 5, co. 4, del Tuir.

Nel caso di possesso della partecipazione in una società di persone, o in una s.r.l.

trasparente, l’accesso al regime forfetario è comunque consentito se la quota viene ceduta

prima dell’inizio di una nuova attività che dà diritto all’accesso al regime forfetario:

conseguentemente, nell’ipotesi di inizio di una nuova attività, è possibile accedere al regime anche

qualora tale partecipazione venga ceduta nel corso dello stesso periodo d’imposta, ma prima

dell’accesso al regime forfetario. Analogamente, non è preclusa l’applicazione del regime

forfetario nell’eventualità in cui la partecipazione sia acquisita nel corso dello stesso periodo

d’imposta, ma successivamente alla cessazione dell’attività per la quale il regime è stato

applicato. Sul punto, si ricorda che, secondo l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, questa

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causa di esclusione si realizza ogni volta in cui, per il medesimo periodo d’imposta, il possesso

della partecipazione comporta anche la titolarità del relativo reddito (R.M. 9 giugno

2009, n. 146/E e C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E): l’applicazione del regime di favore, in tale

circostanza, comporterebbe, infatti, l’assoggettamento a due diversi regimi di tassazione di redditi

appartenenti alla stessa categoria, d’impresa o di lavoro autonomo, conseguiti nello stesso periodo

d’imposta. La causa di esclusione non opera se, in corso di applicazione del regime forfetario, il

contribuente eredita una partecipazione societaria che viene ceduta entro la fine

dell’esercizio, poiché, anche in questo caso, non ricorre l’assoggettamento a due diversi regimi di

tassazione dei redditi appartenenti alla stessa categoria;

i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilato

di cui agli artt. 49 e 50 del Tuir, eccedenti l’importo di euro 30.000. La verifica di tale soglia è,

invece, irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato. Conseguentemente, coloro che intendono

applicare il regime forfetario nel 2016 non devono aver percepito nel 2015 redditi di lavoro

dipendente o assimilato superiori ad euro 30.000: tale limite non opera se il rapporto di lavoro

dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, sempre che nel medesimo anno non

sia stato percepito un reddito di pensione, che – in quanto assimilato al reddito di lavoro

dipendente – assume rilievo, anche autonomo, ai fini del raggiungimento della citata soglia.

Quest’ultima assume, invece, rilevanza qualora, nello stesso anno, il contribuente abbia cessato il

rapporto di lavoro dipendente, ma ne abbia intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31

dicembre: ai fini della non applicabilità della causa di esclusione, rilevano esclusivamente le

cessazione del rapporto di lavoro intervenuta nell’anno precedente a quello di applicazione del

regime forfetario (C.M. n. 10/E/2016, par. 2.3.d-bis).

4. Disciplina Iva

L’art. 1, co. 58-63, della Legge n. 190/2014 ha stabilito che il contribuente soggetto al nuovo regime

forfetario:

non esercita la rivalsa dell’imposta di cui all’art. 18 del D.P.R. n. 633/1972, ovvero non applica

l’Iva sulle proprie operazioni attive, esponendo in fattura la dicitura “Operazione in franchigia

da Iva (art. 1, co. 58, lett. a), della Legge 23 dicembre 2014, n. 190)”. Conseguentemente, nel

caso di importi superiori ad euro 77,47 dovrebbe ritenersi applicabile l’imposta di bollo di euro 2

(Tabella B, art. 6, e Tariffa, Parte I, artt. 13 e 14, allegate al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642).

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, nell’ipotesi in cui un soggetto che applica il regime

forfetario emetta una fattura senza esercitare la rivalsa, e il corrispettivo venga incassato

nell’anno successivo, quando il contribuente applica il regime ordinario, la fattura non

deve essere integrata con l’Iva, in quanto – ai sensi dell’art. 6, co. 4, del D.P.R. n. 633/1972 –

l’operazione s’intende comunque effettuata al momento dell’emissione della fattura, anche se di-

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15

verso da quello in cui si considera posta in essere ai sensi dei precedenti co. 1 e 3 (C.M. n.

10/E/2016, par. 4.1.1). Ad esempio, le fatture emesse da un forfetario nel 2016, e incassate nel

2017, non devono essere integrate con l’Iva anche se il soggetto, per scelta o disposizione di

legge, è uscito da tale regime;

non detrae l’Iva assolta, dovuta oppure addebitata sugli acquisti ai sensi gli artt. 19 e ss. del

D.P.R. n. 633/1972;

non effettua cessioni intracomunitarie (art. 41, co. 2-bis, del D.L. n. 331/1993), ma operazioni

interne senza applicazione dell’Iva, riportando in fattura la dicitura “Non costituisce cessione intra-

comunitaria ai sensi dell’art. 41, co. 2-bis, del D.L. 30 agosto 1991, n. 331”. Conseguentemente, il

contribuente non è tenuto ad iscriversi al Vies, né a compilare gli elenchi riepilogativi Intrastat

(C.M. n. 10/E/2016, par. 4.1.2);

effettua acquisti intracomunitari, con obbligo di iscrizione al Vies, se nell’anno solare pre-

cedente – oppure durante quello di effettuazione dell’operazione – ha posto in essere acquisti

intracomunitari per oltre euro 10.000, con l’effetto che deve integrare la fattura emessa dal

fornitore comunitario, provvedere al relativo versamento dell’Iva – entro il giorno 16 del

mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – e alla compilazione degli elenchi

riepilogativi Intrastat. Diversamente, qualora la predetta soglia non sia superata, neppure nell’anno

di effettuazione dell’operazione, non pone in essere operazioni intracomunitarie (art. 38, co. 5, lett.

c), del D.L. n. 331/1993): al ricorrere di tale ipotesi, il fornitore comunitario è tenuto ad applicare

l’Iva del proprio Stato, mentre il cessionario italiano forfetario non ha l’obbligo di iscriversi al Vies,

né di compilare gli elenchi riepilogativi Intrastat, salva la possibilità per lo stesso di optare per

l’applicazione dell’imposta in Italia anche prima del superamento del limite di euro 10.000;

alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti, o rese ai medesimi, applica gli

artt. 7-ter e ss. del D.P.R. n. 633/1972. Conseguentemente, le prestazioni rese devono essere

fatturate ai sensi dell’art. 21, co. 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972: nel caso di prestazioni di

servizi rese a un committente, soggetto passivo, stabilito in un altro Stato comunitario, il prestatore

forfetario deve emettere la fattura senza addebito dell’Iva, e compilare l’elenco Intrastat delle

prestazioni di servizi rese. Le prestazioni ricevute comportano l’obbligo di integrazione della

fattura, o l’emissione dell’autofattura, a norma dell’art. 17, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972, e il

versamento della corrispondente Iva, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di

effettuazione dell’operazione;

alle importazioni, esportazioni ed operazioni assimilate applica le disposizioni del D.P.R. n.

633/1972. È, tuttavia, preclusa la possibilità di acquistare senza applicazione dell’Iva con dichia-

razione d’intento ai sensi dell’art. 8, co. 1, lett. c), e 2, del D.P.R. n. 633/1972;

è esonerato dal versamento dell’Iva e da tutti gli obblighi previsti dal D.P.R. n. 633/1972, ad

eccezione di quelli di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette

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doganali, certificazione dei corrispettivi e conservazione dei relativi documenti. Sul pun-

to, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’adempimento della certificazione dei corrispettivi non è

dovuto – per espressa previsione normativa, contenuta nell’art. 1, co. 59, della Legge n. 190/2014

– con riferimento alle attività esonerate ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696,

purché ottemperino all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante l’annotazione in un

apposito registro cronologico, effettuata con le modalità previste dall’art. 24 del D.P.R. n. 633/1972

(C.M. n. 10/E/2016, par. 4.1.2, e R.M. n. 108/E/2009);

non presenta la dichiarazione annuale Iva, né la comunicazione “black list”, né lo

spesometro (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.1.1);

Esoneri Iva

Liquidazione e versamento dell’imposta

Registrazione delle fatture emesse (art. 23 del D.P.R. n. 633/1972)

Registrazione dei corrispettivi (art. 24 del D.P.R. n. 633/1972)

Registrazione degli acquisti (art. 25 del D.P.R. n. 633/1972)

Tenuta e conservazione dei registri e documenti (art. 39 del D.P.R. n. 633/1972), salvo per le

fatture di acquisto, le bollette doganali di importazione e i documenti emessi per certificare i

corrispettivi

Dichiarazione e comunicazione annuale (artt. 8 e 8-bis del D.P.R. n. 322/1998)

Spesometro (art. 21, co. 1, del D.L. n. 78/2010)

Comunicazione “black list” (art. 1 del D.L. n. 40/2010)

è obbligato, per le operazioni per le quali è debitore d’imposta (come nei casi di reverse

charge previsti dall’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972), ad emettere la fattura oppure integrarla – con

l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta – e a versare la corrispondente Iva entro il giorno

16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;

nel caso di passaggio dal regime ordinario a quello forfetario, deve effettuare la rettifica

della detrazione (art. 19-bis.2 del D.P.R. n. 633/1972) nella dichiarazione dell’ultimo anno di

applicazione del regime ordinario. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per

effetto dell’ingresso nel regime forfetario, l’Iva relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non

ancora utilizzati deve essere rettificata in un’unica soluzione, senza attendere il materiale

impiego degli stessi, ad eccezione dei beni ammortizzabili, compresi quelli immateriali, la cui

rettifica deve essere effettuata soltanto qualora non siano ancora trascorsi quattro anni da quello

della loro entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto o ultimazione se si tratta di

fabbricati o loro porzioni (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.1.3). Ai fini della rettifica, è necessario

predisporre un’apposita documentazione, nella quale indicare, per categorie omogenee, le

quantità e i valori facenti parte del patrimonio aziendale, secondo le modalità illustrate dalla C.M.

n. 328/1997 (C.M. 17/E/2012 e C.M. 73/E/2007);

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17

nell’ipotesi di passaggio, anche per opzione, dal regime forfetario alle regole ordinarie è

operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo anno di applicazione

delle regole ordinarie;

nell’ultima liquidazione relativa all’anno in cui è applicata l’Iva, deve computare anche l’Iva

“per cassa non ancora esigibile” (artt. 6, co. 5, del D.P.R. n. 633/1972 e 32-bis del D.L. n.

83/2012), così come quella non ancora detraibile.

L’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione presentata dai contribuenti che applicano il

regime forfetario, relativa all’ultimo anno in cui l’Iva è applicata nei modi ordinari, può essere

chiesta a rimborso oppure utilizzata in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio

1997, n. 241: il diritto al rimborso di tale eccedenza non è subordinato alla sussistenza delle ordinarie

condizioni previste dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto deriva dalla previsione di un

ulteriore presupposto di rimborso introdotto dalla normativa sul regime forfetario, ferma

restando l’applicabilità dell’art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972 (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.1.3).

5. Imposte dirette

Le principali peculiarità del nuovo regime forfetario riguardano i seguenti aspetti:

gli effetti sul reddito del periodo precedente a quello di ingresso nel regime;

la determinazione del reddito forfetario e della relativa imposizione sostitutiva;

l’applicazione della ritenuta fiscale sui compensi percepiti ed erogati;

l’esonero dagli adempimenti;

il cambiamento del regime.

5.1. Effetti sul reddito ante-regime forfetario

L’art. 1, co. 66, della Legge n. 190/2014 stabilisce che i componenti positivi e negativi di reddito

riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o

deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del Tuir che dispongono o consentono il

rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio prece-

dente a quello di efficacia del predetto regime: analoghe disposizioni si applicano ai fini della

base imponibile Irap. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i componenti positivi cui fa

riferimento la disposizione in commento sono, ad esempio, quelli realizzati a titolo di plusvalenza

che, a norma dell’art. 86 del Tuir, il contribuente può decidere di imputare nell’esercizio stesso in cui

sono conseguiti, in base a quanto previsto dal co. 4 della stessa norma, o in quote costanti in tale

periodo d’imposta e nei quattro successivi, nonché i proventi in denaro e in natura di cui all’art. 88,

co. 3, lett. b), del Tuir, che sono imputabili nel medesimo modo previsto per la plusvalenze (C.M. n.

10/E/2016, par. 4.3.2). I componenti negativi possono, invece, riguardare le spese destinate a

produrre effetti positivi sul reddito di più esercizi, indicate nel dettaglio all’art. 108 del Tuir, che

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possono essere utilizzate, a scelta del contribuente, nella determinazione del reddito dell’esercizio in

cui sono state sostenute, oppure, in detto esercizio e nei quattro successivi. Tra i componenti negativi

rientrano anche le spese di manutenzione di cui all’art. 102, co. 6, del Tuir per la parte che eccede il

5% del valore dei beni ammortizzabili, deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi.

Analogamente, le rimanenze di merci dei periodi pregressi – in linea con quanto previsto dall’art.

1, co. 66, della Legge n. 190/2014 per i componenti positivi e negativi di reddito sospesi – devono

concorrere al reddito dell’esercizio immediatamente precedente all’adozione del regime forfetario

(C.M. n. 10/E/2016, par. 4.3.4).

5.2. Determinazione del reddito e dell’imposta sostitutiva

Per effetto dell’ingresso nel regime forfetario, il contribuente determina il reddito imponibile

forfetario, ordinariamente soggetto al tributo del 15% sostitutivo dell’Irpef (e delle relative addi-

zionali regionali e comunali) e dell’Irap, moltiplicando i propri ricavi o compensi – non rilevano,

pertanto, plusvalenze e sopravvenienze attive – percepiti (principio di cassa) per il relativo

coefficiente di redditività, indicato nell’allegato n. 4 della Legge n. 190/2014, in base al codice

Ateco di riferimento: a questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in presenza di ricavi

o compensi derivanti dal contemporaneo esercizio di attività riconducibili a codici Ateco

diversi, il contribuente determina l’imponibile lordo applicando ai ricavi/compensi imputabili a

ciascuna attività il relativo coefficiente di redditività (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.3). Il riferimento

normativo ai soli ricavi e compensi induce, pertanto, a ritenere che non abbiano alcuna rilevanza

fiscale le plusvalenze (e minusvalenze) conseguite nel corso del regime forfetario, anche se riferite

a beni acquistati negli anni precedenti all’adozione del regime forfetario, così come le sopravvenienze

attive e passive (C.M. n. 10/E/2016, n. 4.3.1). L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, precisato che –

coerentemente con la ratio dell’art. 1, co. 54, della Legge n. 190/2014 – il reddito prodotto dagli

immobili strumentali o patrimoniali eventualmente posseduti non deve essere considerato ai fini

del regime forfetario, ma deve essere imputato, quale reddito di fabbricati, alla persona fisica

titolare dell’attività di impresa o lavoro autonomo (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.3).

La determinazione forfetaria del reddito comporta, pertanto, che non è prevista la deducibilità

analitica dei costi, ad eccezione dei contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni

di legge, che sono, invece, scomputabili dal reddito determinato forfetariamente, sino a concorrenza

dello stesso. Il medesimo principio vale per i contributi previdenziali corrisposti per conto dei

collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico ai sensi dell’art. 12 del Tuir, ovvero –

se non fiscalmente a carico – qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori

stessi. Qualora i contributi previdenziali siano superiori al reddito determinato forfetariamente, il

reddito è azzerato, e l’eccedenza di contributi è deducibile dal reddito complessivo, ai sensi dell’art. 10

del Tuir: in altri termini, il regime forfetario non è suscettibile di determinare perdite

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d’impresa, fermo restando che quelle prodotte – in contabilità ordinaria – prima dell’ingresso nel

regime possono essere utilizzate secondo le regole ordinarie, a norma dell’art. 8 del Tuir, in virtù di

quanto previsto dall’art. 1, co. 68, della Legge n. 190/2014. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha

chiarito che sono, inoltre, riportabili – senza tenere conto di eventuali limiti temporali – le perdite

maturate dalle start up negli anni 2006 e 2007, anche se realizzate da imprese in contabilità

semplificata e lavoratori autonomi (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.3.3). Le perdite maturate nel

periodo di applicazione del “regime dei contribuenti minimi” (art. 1, co. 96-117, della Legge n.

244/2007) e del “regime fiscale di vantaggio” (art. 27, co. 1 e 2, del D.L. n. 98/2011) possono

essere scomputate dal reddito forfetario – qualunque sia stata il tipo di attività (impresa o lavoro

autonomo) esercitata – nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero ammontare

che trova capienza, fermo restando l’applicazione dell’art. 8, co. 3, del Tuir, ove ricorrano le condizioni

(R.M. 30 novembre 2010, n. 123/E).

L’eventuale eccedenza dei contributi previdenziali e assistenziali versati da un contribuente che

applica il regime forfetario e che sia fiscalmente a carico, può essere dedotta – ai sensi dell’art.

10, co. 2, del Tuir – dai familiari indicati nell’art. 433 c.c. (C.M. n. 17/E/2012).

Il reddito del periodo d’imposta 2015 così determinato può essere ridotto di un terzo da parte

dei soggetti “start up” – compresi quelli che si avvalgono del regime delle nuove iniziative pro-

duttive (art. 13 della Legge n. 388/2000) o dei nuovi contribuenti minimi (art. 27, co. 1 e 2, del

D.L. n. 98/2011), per i soli periodi d’imposta che residuano al completamento del triennio agevolato –

nel periodo d’imposta dell’avvio della nuova attività, e nei due successivi, purché risultino

soddisfatte le seguenti condizioni (art. 1, co. 65, della Legge n. 190/2014):

il contribuente non ha esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, altra attività di

impresa, artistica o professionale, anche in forma associata o familiare;

l’attività da esercitare non costituisce, in alcun modo, la mera prosecuzione di una passata

attività di lavoro autonomo o dipendente, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta

consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;

qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l’ammontare

dei relativi ricavi e compensi – realizzati nel periodo d’imposta precedente a quello di riconosci-

mento del beneficio – non sia superiore ai limiti di ricavi o compensi previsti per l’accesso al nuovo

regime forfetario.

Il rispetto delle suddette condizioni rileva, tuttavia, soltanto ai fini della riduzione del reddito di un

terzo: l’eventuale inosservanza, pertanto, non preclude l’accesso al nuovo regime forfetario. Ai fini

della verifica di tali requisiti, in considerazione dell’identità degli stessi con quelli previsti per il regime

dei nuovi contribuenti minimi (e delle nuove iniziative produttive), un valido ausilio è costituito dai

precedenti orientamenti dell’Agenzia delle Entrate, di seguito distinti in base alla tipologia di

presupposto.

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Si segnala, inoltre, che l’art. 1, co. 111, lett. c), della Legge n. 208/2015 ha modificato l’art. 1, co. 65,

della Legge n. 208/2015, stabilendo che – a partire dal 1° gennaio 2016 – la sussistenza delle

suddette condizioni non comporta più il beneficio della riduzione del reddito nella misura di un terzo,

bensì l’applicazione sull’intero reddito di una minore imposta sostitutiva, nella misura del 5%,

anziché del 15%, “per il periodo d’imposta in cui è iniziata l’attività e per i quattro successivi ”. Questa

agevolazione si applica – per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019 – anche ai soggetti che nel 2015

hanno iniziato una nuova attività, avvalendosi del regime forfetario e, quindi, della riduzione di un

terzo del reddito (art. 1, co. 113, della Legge n. 208/2015).

Attività d’impresa o di lavoro autonomo nei 3 anni precedenti

rileva l’esercizio effettivo dell’attività imprenditoriale, artistica o professionale nel triennio ante-

riore, a prescindere dalla mera apertura della partita Iva (C.M. 3 gennaio 2011, n. 1/E, par.

1.9.4);

il triennio anteriore si computa facendo riferimento non al periodo d’imposta, ma al calendario

comune, a partire dalla data di effettivo svolgimento dell’attività precedente (C.M. 30 maggio

2012, n. 17/E, par. 2.2.1);

la titolarità della quota di socio in società di persone o capitali preclude l’utilizzo del regime

soltanto se vi è stata effettiva attività di gestione all’interno della società dopo il conferimento di

solo capitale (C.M. 18 giugno 2001, n. 59/E, par. 2.5, e C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E,

par. 2.2.1);

la partecipazione ad una società inattiva non comporta la necessità di verificare la sussistenza

del requisito in parola, considerato che manca un’attività di gestione da parte dei soci (C.M. 30

maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.1);

nessuna preclusione deriva dall’aver percepito, nel triennio precedente, somme a titolo di parte-

cipazione agli utili in caso di apporto di solo lavoro (C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E, par.

2.2.1);

sono irrilevanti le prestazioni occasionali produttive di redditi diversi di cui all’art. 67 del Tuir (C.M.

30 maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.2);

è ininfluente l’aver svolto, nel triennio precedente, un’attività produttiva di reddito agrario, nei

limiti dell’art. 32 del Tuir (R.M. 14 dicembre 2006, n. 140/E).

Mera prosecuzione di precedente attività di lavoro autonomo o dipendente

ricorre se l’attività nuova e quella precedente presentano il medesimo contenuto economico e

si fondano sulla stessa organizzazione di mezzi necessari al loro svolgimento, come la loca-

lizzazione, la strumentazione utilizzata e la clientela servita (C.M. 26 gennaio 2001, n. 8/E, par.

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1.2, C.M. 18 giugno 2001, n. 59/E, par. 2.6. e C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E, par.

2.2.2);

la prosecuzione rileva anche qualora la cessazione del precedente rapporto di lavoro sia avvenuta

per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore subordinato, in quanto la normativa

non fa riferimento a specifiche agevolazioni per i lavoratori in mobilità (C.M. n. 10/E/2016, par. 5);

è configurabile se la nuova attività e la precedente sono avviate nello stesso ambito professionale,

e si rivolgono al medesimo mercato di riferimento, ma non quando richiedono competenze non

omogenee (C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.2);

non rileva l’attività svolta durante il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o

professioni o di altre attività in particolari settori produttivi, come quello dell’artigianato (C.M. 30

maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.2);

il periodo di tirocinio forense si considera terminato con il superamento dell’esame di abili-

tazione alla professione e l’iscrizione al relativo albo professionale. L’attività svolta nelle more

del superamento dell’esame non preclude la fruizione del regime agevolato in quanto l’attività di

collaborazione costituisce “solo una parte limitata dell’attività professionale” (C.M. 26 gennaio

2001, n. 8/E, par. 1.2);

la sussistenza della “mera prosecuzione” deve essere sempre verificata se la precedente attività

lavorativa è stata svolta mediante un contratto a tempo (indeterminato o determinato) oppure con

collaborazioni di durata complessiva superiore alla metà del triennio antecedente

l’inizio dell’attività. Diversamente, non deve essere effettuato alcun accertamento qualora tali

contratti abbiano avuto una durata inferiore ai 18 mesi (C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E, par.

2.2.2);

sono irrilevanti le prestazioni occasionali produttive di redditi diversi di cui all’art. 67 del Tuir (C.M.

30 maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.2);

non sussiste “mera prosecuzione” per il collaboratore dell’impresa familiare, né per il lavoratore

dipendente che, a seguito del pensionamento, svolga la stessa attività in forma di lavoro autonomo

(C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.2).

Prosecuzione dell’attività svolta da altri soggetti

non rientrano in tale ipotesi le attività di lavoro autonomo, in ragione del loro carattere personale e

intrasmissibile (C.M. 26 gennaio 2001, n. 8/E, par. 1.2);

se la prosecuzione avviene in corso d’anno, è necessario verificare che il cedente (o il de cuius) –

nel periodo d’imposta precedente – non abbia superato il limite di ricavi, e che nell’anno del

subentro la sommatoria dei ricavi del dante causa e dell’avente causa non ecceda la soglia prevista

dalla legge (C.M. 30 maggio 2012, n. 17/E, par. 2.2.3). Diversamente, nel caso di supera-

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mento della soglia, il contribuente è obbligato ad uscire dal regime di favore a partire dall’anno

successivo (C.M. n. 10/E/2016, par. 5).

Determinazione dell’imposta sostitutiva

Il reddito determinato forfetariamente:

è ordinariamente assoggettato al tributo del 15%, sostitutivo dell’imposta sui redditi, delle addi-

zionali regionali e comunali, dell’Irap, salvo che ricorrano le predette condizioni previste dal co. 65

dell’art. 1 della Legge n. 190/2014, che consente l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 5%

nel periodo d’imposta di inizio dell’attività e nei quattro successivi. Nel caso di imprese

familiari di cui all’art. 5, co. 4, del Tuir, l’imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle

quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall’imprenditore. Il

pagamento della corrispondente imposta sostitutiva è soggetto alle regole ordinarie previste per i

versamenti dell’Irpef, in acconto e a saldo, utilizzando nel modello F24 i codici tributo istituiti con

R.M. 11 giugno 2015, n. 59/E;

rileva ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia (art. 12, co. 2, del Tuir, ma

non art. 13 del Tuir) e della determinazione dei contributi, per i quali non trova applicazione il

minimo di imponibile, come meglio illustrato nel prosieguo.

5.3. Sostituzione d’imposta

L’art. 1, co. 67, della Legge n. 190/2014 stabilisce che i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto

del nuovo regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto

d’imposta, previo rilascio di apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme

afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva: a questo proposito, si dovrebbe ritenere sufficiente una

specifica attestazione in calce alla singola fattura, secondo cui “I compensi esposti nel presente docu-

mento non sono soggetti a ritenuta fiscale, ai sensi dell’art. 1, co. 67, della Legge 23 dicembre 2014,

n. 190 ”. L’inapplicabilità della ritenuta fiscale non comporta l’esonero del committente dai propri

adempimenti di sostituto d’imposta, in quanto è comunque tenuto a predisporre la corrispondente

Certificazione Unica, come precisato anche nelle istruzioni alla compilazione di tale modello. Qualora il

contribuente forfetario abbia erroneamente subito delle ritenute, e non sia più possibile

correggere l’errore, le stesse potranno essere richieste a rimborso – secondo le modalità previste

dall’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973 – ovvero, in alternativa, scomputate in dichiarazione, purché le

stesse siano state regolarmente certificate dal sostituto d’imposta. Al ricorrere di tale ipotesi,

analogamente a quanto previsto per i contribuenti rientranti nel regime fiscale di vantaggio (art. 27,

co. 1 e 2, del D.L. n. 98/2011), l’importo delle ritenute complessivamente subite sui ricavi e compensi

afferenti al regime forfetario deve essere indicato, per il periodo d’imposta 2015, nel rigo RS40

“Ritenute regime di vantaggio casi particolari” del modello Unico 2016 - Persone Fisiche,

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e riportato, ai fini dello scomputo, nel rigo RN33, colonna 4 e/o nel rigo LM41 “Ritenute consorzio”

(C.M. n. 10/E/2016, par. 4.2.1).

I compensi erogati dal contribuente che applica il regime forfetario non sono soggetti alla

ritenuta fiscale, in quanto costui non opera da sostituto d’imposta, essendo semplicemente tenu-

to a indicare nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale dei soggetti ai quali ha corrisposto

redditi senza effettuazione della ritenuta fiscale e l’importo dei redditi stessi (art. 1, co. 69, ultimo

periodo, della Legge n. 190/2014).

5.4. Esonero dagli adempimenti

L’art. 1, co. 69, della Legge n. 190/2014 esonera il contribuente in regime forfetario dagli obblighi di

registrazione e tenuta delle scritture contabili, fermo restando il dovere di conservazione dei

documenti emessi e ricevuti (art. 22 del D.P.R. n. 600/1973): la dichiarazione dei redditi è presentata

nei termini e con le modalità previsti dal D.P.R. n. 322/1998.

L’art. 1, co. 73, della Legge n. 190/2014 stabilisce, inoltre, l’esclusione dall’applicazione degli studi

di settore (art. 62-bis del D.L. n. 3317193) e dei parametri di cui all’art. 3, co. 184, della Legge 28

dicembre 1995, n. 549: la norma dispone, inoltre, che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle

Entrate di approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi individua gli spe-

cifici obblighi informativi, relativi all’attività svolta, che devono essere assolti dai contribuenti

che applicano il regime forfetario. A questo proposito, il quadro RS del modello Unico 2016 – Persone

Fisiche, approvato con il provvedimento del 29 gennaio 2016 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate,

prevede un nuovo prospetto, denominato “Regime forfetario per gli esercenti attività

d’impresa, arti e professioni - Obblighi informativi”.

Questo prospetto deve essere compilato dai soli contribuenti che hanno applicato il regime forfetario

nel periodo d’imposta 2015, al fine di fornire all’Amministrazione Finanziaria alcuni elementi

informativi dalla stessa individuati: in particolare, i soggetti forfetari devono dichiarare,

cumulativamente, le notizie relative al tipo di attività svolta (lavoratori dipendenti, mezzi di trasporto,

spese e costi sostenuti, compensi corrisposti, consumi, ecc.), nei righi da RS374 a RS378 per

l’attività d’impresa e nei righi da RS379 a RS381 per quella di lavoro autonomo. Nel caso di

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esercizio di entrambe le tipologie di attività, devono essere compilate entrambe le sezioni del

prospetto: i dati richiesti devono essere indicati con riguardo alla documentazione ricevuta o emessa

da tali soggetti. Ad esempio, le informazioni relative ai costi richieste agli esercenti attività di impresa

dovranno essere dichiarate solo laddove i contribuenti abbiano ricevuto la relativa

documentazione fiscale nel periodo di imposta e nella misura in essa indicata. I beni

strumentali utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione e per l’uso

personale o familiare del contribuente, devono essere dichiarati nella misura del 50% (C.M. n.

10/E/2016, par. 4.2.3).

In base a quanto previsto dall’art. 1, co. 69, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190, i dati relativi ai

redditi erogati, per i quali, all’atto del pagamento, non è stata operata la ritenuta alla fonte

devono essere indicati negli appositi righi RS371, RS372 ed RS373 del medesimo prospetto, facendo

riferimento ai redditi e compensi pagati nel periodo d’imposta oggetto di dichiarazione, indipen-

dentemente dal motivo per cui la ritenuta non è stata effettuata, ovvero anche quando il soggetto

percipiente sia a propria volta un soggetto forfetario per il quale la ritenuta non si applica.

Il contribuente in regime forfetario può optare per l’applicazione ordinaria dell’Iva e delle

imposte sui redditi: l’opzione, valida per almeno un triennio (art. 3 del D.Lgs. n. 442/1997),

deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente

alla scelta operata, compilando il quadro VO. Ad esempio, nel caso di opzione a partire dal periodo

d’imposta 2015, la stessa deve essere esercitata con il modello Iva 2016. Sul punto, l’Agenzia delle

Entrate ha chiarito che i soggetti esonerati dalla presentazione della dichiarazione annuale

Iva, in quanto effettuano esclusivamente operazioni esenti, devono comunicare l’opzione trasmet-

tendo un quadro VO unitamente alla dichiarazione dei redditi ed entro gli stessi termini (C.M.

n. 10/E/2016, par. 3.1.1). L’omessa comunicazione, in tale dichiarazione, della volontà di applicare il

regime ordinario non inficia l’opzione effettuata, ma è punibile con la sanzione prevista dall’art. 8 del

D.Lgs. n. 471/1997, da un minimo di euro 250 ad un massimo di euro 2.000.

Decorso il triennio minimo di efficacia, l’opzione rimane valida per ciascun anno successivo, sino a

quando permane la concreta applicazione della scelta operata. Si consideri, tuttavia, che l’art. 1 del

D.Lgs. n. 442/1997 consente “la variazione dell’opzione e della revoca nel caso di modifica del

relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative”: in virtù di tale disposizione, e tenuto

conto delle novità introdotte dalla Legge n. 208/2015, l’Amministrazione Finanziaria riconosce ai

contribuenti che nel 2015 hanno optato per il regime ordinario di revocare tale scelta, dal 1°

gennaio 2016, ed accedere al regime forfetario (C.M. n. 10/E/2016, par. 3.1.1). Nel caso di

esercizio di tale facoltà, il contribuente può, quindi, effettuare le opportune rettifiche dei

documenti emessi nel corso del 2016, con l’addebito dell’imposta, entro il 3 giugno 2016 o –

se scadente successivamente – la prima liquidazione Iva: in particolare, ai sensi del combinato

disposto degli artt. 26, co. 3 e 7, e 21, co. 4, del D.P.R. n. 633/1972, per correggere gli errori

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commessi in fattura, può essere emessa una nota di variazione – da conservare, ma senza obbligo di

registrazione ai fini Iva – che il cessionario/committente dovrà registrare, salvo il proprio diritto alla

restituzione dell’importo pagato al cedente/prestatore a titolo di rivalsa. Nel caso in cui ne sussistano i

presupposti, i medesimi contribuenti possono applicare le disposizioni del co. 65 dell’art. 1 della

Legge n. 190/2014, previste per le nuove attività economiche, per il periodo che residua al

compimento del quinquennio dall’inizio dell’attività (art. 1, co. 113, della Legge n. 208/2015). La

possibilità di accesso al regime forfetario è riconosciuta anche a coloro che nel 2014 – in presenza

dei requisiti di accesso al regime di vantaggio – hanno optato per il regime ordinario di

determinazione del reddito e dell’Iva: al ricorrere di tale ipotesi, possono revocare l’opzione

effettuata e applicare, dal 2016, il regime forfetario, con l’ulteriore agevolazione

dell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 5% sino alla fine del quinquennio agevolato, ovvero fino

al 2018.

Il regime forfetario cessa a partire dall’anno successivo in cui sono venuti meno i relativi requisiti

di accesso (art. 1, co. 54, della Legge n. 190/2014), oppure si verifica una causa di esclusione (co.

57).

5.5. Cambiamento di regime

Il passaggio dal regime ordinario a quello forfetario, e viceversa, non può comportare salti o

duplicazione di imposizione (art. 1, co. 72, della Legge n. 190/2014): ad esempio, nel caso di

passaggio da un periodo d’imposta soggetto al regime forfetario ad uno disciplinato dal

regime ordinario, i ricavi e i compensi che – in base alle regole del regime forfetario – hanno già

concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni

successivi ancorché di competenza di tali periodi. Diversamente, i ricavi e i compensi che, sebbene di

competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in base alle regole del regime

forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei

periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime for-

fetario. Corrispondenti criteri si applicano per l’ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario a

quello forfetario.

Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime forfetario ad uno disci-

plinato da un diverso regime, le spese sostenute nel periodo di applicazione del regime forfetario

non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi: le esistenze iniziali

in corso di regime forfetario non rilevano come esistenze iniziali del regime ordinario se il loro

prezzo è stato pagato nel periodo di permanenza nel regime di favore, mentre le medesime

costituiscono esistenze iniziali limitatamente alla parte non ancora pagata (C.M. n. 10/E/2016, par.

4.3.6).

Nell’ipotesi di cessione, successivamente all’uscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti

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in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario, ai fini del calcolo dell’eventuale

plusvalenza o minusvalenza (artt. 86 e 101 del Tuir), si assume come costo non ammortizzato

quello risultante alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime. Se la cessione

concerne beni strumentali acquisiti nel corso del regime forfetario, si assume come costo non

ammortizzabile il prezzo di acquisto.

6. Durata e cessazione del regime

Il nuovo regime forfetario non è soggetto a vincoli temporali (C.M. n. 10/E/2016, par. 1), con

l’effetto che potrà essere adottato fino a quando saranno rispettate le condizioni di accesso, e non si

verificheranno cause di esclusione: il venir meno di una di tali circostanze, come anticipato, non deter-

mina l’immediata uscita dal regime, ma soltanto a partire dal periodo d’imposta successivo al

manifestarsi di uno dei predetti eventi (perdita di un requisito di ingresso o sopravvenuta causa di

esclusione), anche a seguito di accertamento divenuto definitivo.

Peraltro, si dovrebbe ritenere che il contribuente, qualora torni ad osservare tutte le condizioni di

accesso (o rimuova tutte le cause di esclusione), possa nuovamente applicare il regime

forfetario.

Nel caso di cessazione dell’attività, in presenza di ricavi e compensi fatturati, ma non

ancora incassati, ovvero di costi e oneri per i quali manca la manifestazione numeraria, l’Agenzia

delle Entrate ritiene che l’attività non si possa “considerare cessata fino all'esaurimento di tutte le

operazioni, ulteriori rispetto all'interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei

rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi

alla fase di svolgimento dell'attività professionale” (C.M. n. 10/E/2016, par. 4.3.5, C.M. n. 17/E/2012 e

C.M. n. 11/E/2007). Conseguentemente, in caso di cessazione dell’attività, il contribuente che

applica il regime forfetario dovrà adempiere agli obblighi dichiarativi prescritti, compilando il quadro

LM del modello Unico fino all’ultima operazione concernente la riscossione dei crediti: sino

a tale data non potrà, pertanto, chiedere la cessazione della partita Iva, così come nell’ipotesi

in cui non siano state ricevute tutte le fatture relative alle operazioni passive effettuate, tenuto conto

dell’obbligo di regolarizzare le fatture omesse ovvero emesse in forma irregolare, imposto al cessio-

nario o committente dall’art. 6, co. 8, del D.Lgs. n. 471/1997. In alternativa, tenendo conto delle

dimensioni dell'impresa e dell’esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l’attività,

l’Amministrazione Finanziaria ritiene applicabile al regime forfetario – in un’ottica di semplificazione –

la soluzione, prevista in via interpretativa per il regime fiscale di vantaggio, secondo cui il contribuente

ha la facoltà di chiudere le proprie pendenze fiscali, imputando all’ultimo anno anche le operazioni che

non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria (C.M. n. 17/E/2012).

7. Accertamento, riscossione e contenzioso

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L’art. 1, co. 74, della Legge n. 190/2014 stabilisce che per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e

il contenzioso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in materia di imposte

dirette, Irap e Iva.

Nel caso di infedele dichiarazione, da parte del contribuente, dei dati attestanti la sussistenza delle

condizioni di recesso (co. 54) e l’assenza di cause di esclusione (co. 57) – che determinano la

cessazione del regime – nonché il rispetto dei requisiti per la riduzione del reddito di un terzo (co. 65),

le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal D.Lgs. n. 471/1997 sono aumentate del

10%, qualora il maggiore reddito accertato superi del 10% quello dichiarato.

L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, chiarito che il passaggio in giudicato dell’avviso di accerta-

mento che dimostri l’assenza di una delle condizioni di accesso o l’esistenza di una delle cause di

esclusione (art. 1, co. 54 e 57, della Legge n. 190/2014) determina l’uscita dal regime forfetario

dal periodo successivo a quello accertato (C.M. n. 10/E/2016, par. 3.3): la definitività dispiega,

pertanto, i propri effetti – ai fini della permanenza nel regime – dall’anno successivo a quello al quale

è riferita la violazione. Ad esempio, per effetto di un accertamento relativo all’anno 2015 reso

definitivo nel 2020, il regime forfetario si considererà cessato già a decorrere dal 2016. In ogni caso,

la norma non deroga ai termini di cui all’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

8. Regime contributivo agevolato

Gli esercenti attività d’impresa possono, inoltre, beneficiare, ai fini contributivi, di un regime

agevolato, definito dall’art. 1, co. 77-84, della Legge n. 190/2014, secondo cui:

per il periodo d’imposta 2015 non ha trovato applicazione il livello minimo imponibile

previsto, per il versamento dei contributi previdenziali, dall’art. 1, co. 3, della Legge 2 agosto 1990,

n. 233. A partire dal 1° gennaio 2016, è, invece, previsto che – a norma dell’art. 1, co. 77, della

Legge n. 190/2014, così come riformulato dall’art. 1, co. 111, lett. d), della Legge n. 208/2015 – il

reddito forfetario costituisce la base imponibile previdenziale ai sensi dell’art. 1 della Legge

n. 233/1990, e che “su tale reddito si applica la contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta

del 35%”;

per l’accredito della contribuzione, opera l’art. 2, co. 29, della Legge 8 agosto 1995, n. 335

(gestione separata dell’Inps);

qualora siano presenti coadiuvanti o coadiutori, il contribuente in regime forfetario può indicare la

quota di reddito di spettanza dei singoli collaboratori, fino a un massimo,

complessivamente, del 49%. Per tali soggetti, il reddito imponibile sul quale calcolare la

contribuzione dovuta è determinato ai sensi dell’art. 3-bis del D.L. 19 settembre 1992, n. 384;

i versamenti in acconto e a saldo dei contributi dovuti agli enti previdenziali, da parte del

contribuente in regime forfetario, sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versa-

mento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi;

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al contribuente in regime forfetario e ai propri familiari, già pensionati presso le gestioni dell’Inps e

con più di 65 anni di età, non si applica la riduzione del 50% dei contributi dovuti di cui all’art. 59,

co. 15, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449;

i familiari collaboratori del contribuente in regime forfetario di età inferiore a 21 anni

non beneficiano della riduzione contributiva di tre punti percentuali prevista dall’art. 1, co. 2, della

Legge 2 agosto 1990, n. 233.

L’accesso al regime contributivo agevolato è subordinato alla presentazione, da parte dei soggetti che

intraprendono l’esercizio di un’attività d’impresa, di un’apposita dichiarazione messa a disposi-

zione dall’Inps, mediante comunicazione telematica: i soggetti già esercenti un’attività d’impresa

trasmettono, entro il 28 febbraio di ogni anno, la medesima dichiarazione. Nel caso di comuni-

cazione tardiva, secondo le modalità indicate, l’accesso al regime contributivo agevolato decorre

dall’anno successivo, presentando nuovamente la dichiarazione stessa entro il termine stabilito, ferma

restando la permanenza delle condizioni di accesso di cui all’art. 1, co. 54, della Legge n. 190/2014:

non possono, infatti, accedere al regime contributivo agevolato i soggetti che ne facciano richiesta,

ma per i quali si verifichi il mancato rispetto delle condizioni di accesso nell’anno della

domanda.

Il regime contributivo agevolato, analogamente a quello reddituale, cessa di avere efficacia a partire

dall’anno successivo a quello in cui il contribuente ha optato per il regime ordinario o è venuta

meno una delle condizioni di accesso oppure si è verificata una causa di esclusione (art. 1, co.

54 e 57, della Legge n. 190/2014), con conseguente applicazione del regime ordinario di determi-

nazione e versamento dei contributi dovuti. Il passaggio al regime previdenziale ordinario comporta,

in ogni caso, l’impossibilità di fruire nuovamente del regime contributivo agevolato, anche

qualora sussistano le condizioni di accesso allo stesso (art. 1, co. 82, della Legge n. 190/2014).