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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Quindicinale - 15 aprile 2011 - Anno 21 - Numero 5 Ducato on line: ifg.uniurb.it Distribuzione gratuita Poste Italiane Spa-Spedizione in a.p. - 70% - DCB Pesaro Aumenta nel territorio il nume- ro di estetiste e parrucchiere abusive. Gli esercizi regolari denunciano questa economia sommersa. Grave il danno per chi svolge la propria attività nel rispetto della legge. La Cna pro- mette: “Continueremo a contra- stare il fenomeno”. a pagina 6 Centri estetici boom di abusivi Economia Il test di terza media proposto agli universitari: in matematica gli studenti ottengono risultati più bassi dei ragazzi di tredici anni. E in grammatica riman- gono intorno alla stessa per- centuale: solo il 30 per cento risponde correttamente ad almeno la metà dei quesiti. a pagina 12 Dopo la conquista della coppa Cev, la Chateau d’Ax Urbino Volley si prepara per l’ultima parte del campionato di serie A1. Dal 9 maggio al 5 giugno si giocheranno i play off. Tutto a questo punto diventa possibile. E il presidente Sacchi e l’allena- tore Salvagni non nascondono più le loro ambizioni. a pagina 14 Chateau d’Ax sogno scudetto Sport Pronto soccorso sotto assedio E la onlus Mondo Migliore insegna “sanità” alle donne extracomunitarie I tagli ai finanziamenti non tengono conto dei non residenti L’EDITORIALE U no dei grandi limiti delle Marche (forse il maggiore) è quello di non apparire, di tendere all’isolamento, di non amare la ribalta, di soffrire di inguaribile provincialismo. Insomma, eccesso di individuali- smo; regione appartata, sfuggen- te, tanto da sembrare inesistente. In passato l’inafferrabilità del- l’essere numerose e diverse è stata l’arma migliore per opporsi alla forza degli invasori, per riuscire a sgattaiolare fra le pie- ghe della storia. Pochi le cono- scono veramente, a cominciare dai marchigiani. Una delle poche città note universalmente è pro- prio Urbino. Nell’immaginario collettivo siamo ancora un popo- lo di ex mezzadri. Anche nei film e nelle fiction il marchigiano è rappresentato come un perso- naggio semplice e ingenuo, in genere con accento maceratese. Ma, in base alle statistiche, siamo ai primi posti nei parametri della qualità della vita. Nelle Marche si vive bene e a lungo. Terra di eccel- lenze: siamo la regione più indu- strializzata d’Italia in base al rap- porto abitanti-imprese. Abbiamo gli stessi distretti industriali della Lombardia e due più del Veneto. E ha del prodigioso, per una terra così piccola, il numero di uomini sommi che dalle Marche hanno illuminato il mondo: Leopardi, Raffaello, Gentile da Fabriano, Bramante, Cecco d’Ascoli, Bartolo da Sassoferrato, Pergolesi, Spontini, Rossini, Filelfo, Annibal Caro e tanti altri in tempi più recenti. Sarà per la lombrosiana “teoria dei luoghi” secondo la quale “i paesi di collina sono i più adatti a favorire la nascita dei geni”. E le Marche sono un susse- guirsi di dolci colline. Oppure la “teoria dei climi” ipotizzata da Leopardi, ovvero che nelle zone di mezzo, dove i venti freddi del Settentrione si mescolano con quelli caldi del Meridione “gl’inge- gni sogliono essere maggiori e più svegliati e particolarmente più nazionali. Gli altri ci guardano con ammirazione; agenzie, giornali, radio e Tv aprono le porte senza riserve ai nostri stagisti; a volte offrono contratti prima ancora della conclusione del periodo for- mativo. E’ proprio in casa che non riusciamo a far capire il patrimonio che abbiamo costruito in vent’an- ni. Spesso emerge il solito provin- cialismo: fra gli allievi ci sono pochi marchigiani! Accusa, fra l’altro, non vera (almeno negli ultimi anni). I marchigiani hanno trovato lavoro al Corriere della Sera, al Sole 24 ore, alla Stampa, a Sky, hanno vinto quasi tutti i concorsi per gli Uffici stampa degli Enti pubblici regiona- li e hanno dominato nelle recenti selezioni alla Rai. La Regione (assieme all’Istao e al Tam di Pietrarubbia) ha incluso l’Ifg fra le eccellenze in campo for- mativo. Ha fatto anche una legge per garantirne la continuità, ma ogni anno le risorse si assottiglia- no. Celebriamo i vent’anni di atti- vità anche per dimostrare che esi- stiamo. Sperando che i marchigia- ni si accorgano di ciò che abbiamo fatto, di ciò che stiamo facendo e di quanto possiamo ancora fare. servizi a pagina 5 I vent’anni dell’Ifg e l’eccellenza marchigiana Una giornata in pronto soccorso sovraffollato da codici verdi. L'attesa minima è di due ore, ma c’è chi aspetta anche mezza giornata. Il più anziano dei medici di base, Roberto Rossi: “Gli universitari che fanno il cambio dell'assistenza medica sono solo il 5 per cento, gli altri vanno in ospedale anche per problematiche inappropriate al reparto di emergenza”. Il primario Filippo Mezzolani: “La riduzione dei posti letto ha triplicato il nostro lavoro affi- dandoci il compito di approfon- dire le diagnosi. I finanziamenti non calcolano gli studenti non residenti”. La soluzione della direttrice dell'Asur di Urbino, Maria Capalbo, è nella sensibi- lizza dei pazienti a una migliore educazione sanitaria: “Bisogna far capire quando andare al pronto soccorso e quando dal medico”. Le donne immigrate non sono abituate a ricevere cure e arriva- no in ospedale spesso in condi- zioni critiche per non essersi sottoposte a controlli preventivi. L'associazione Mondo Migliore Onlus nasce da un progetto spe- rimentale che mira all'integra- zione territoriale e a risolvere problemi di comunicazione per chi usufruisce di un servizio sanitario. È uno dei pochi alberi che fioriscono su rami nudi, prima ancora di coprirsi di foglie. Si chiama Cercis Siliquastrum, ma è più noto come Albero di Giuda. Narra la leggenda medievale che proprio sotto quest’albero Giuda baciò Gesù 1978 anni fa, consegnandolo ai suoi carnefici e, a quest’albero, si impiccò travolto dal rimorso. La straordinaria fioritura in coincidenza con la Pasqua starebbe a simboleggiare il perdono per l’Iscariota pentito. È Pasqua, benedetta primavera Costretto dai tagli, dal patto di stabilità e dagli investimenti per i cantieri il Comune vende: all’asta un palazzo in centro, poderi e appartamenti. L’obiettivo è raccogliere 4 milioni di euro entro la fine dell’anno. Per vendere il matto- ne, però, è un brutto periodo. a pagina 4 Palazzi e poderi messi in vendita asta da 4 milioni Città Pronti alla laurea ma più somari che alle medie Università acuti”. Questo eccesso di ritrosia penaliz- za anche la Scuola di giornalismo. E’ nata quasi alla chetichella ven- t’anni fa, prima Scuola sostitutiva del praticantato, dopo l’esperien- za pionieristica dell’Ifg di Milano. Una piccola regione ha saputo creare le condizioni ideali per svi- luppare un modello formativo che è diventato un esempio da imitare e da seguire. Il modello Urbino ha ispirato il “quadro di indirizzi” del Consiglio nazionale dell’Ordine, cioè le regole di base per le altre Scuole di giornalismo (oggi sono una quindicina in tutta Italia). In vent’anni la Scuola di Urbino ha formato generazioni di giornalisti che, nonostante la crisi della coda lunga (anzi lunghissima), hanno trovato affermazione e occupazio- ne stabile nelle maggiori testate alle pagine 2, 3 e 4

Ducato n.5 - 2011

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Il Ducato numero 5 - venerdi 15 aprile 2011

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Page 1: Ducato n.5 - 2011

il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Quindicinale - 15 aprile 2011 - Anno 21 - Numero 5Ducato on line: ifg.uniurb.it

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Aumenta nel territorio il nume-ro di estetiste e parrucchiereabusive. Gli esercizi regolaridenunciano questa economiasommersa. Grave il danno perchi svolge la propria attività nelrispetto della legge. La Cna pro-mette: “Continueremo a contra-stare il fenomeno”.

a pagina 6

Centri esteticiboom di abusivi

Economia

Il test di terza media propostoagli universitari: in matematicagli studenti ottengono risultatipiù bassi dei ragazzi di tredicianni. E in grammatica riman-gono intorno alla stessa per-centuale: solo il 30 per centorisponde correttamente adalmeno la metà dei quesiti.

a pagina 12

Dopo la conquista della coppaCev, la Chateau d’Ax UrbinoVolley si prepara per l’ultimaparte del campionato di serieA1. Dal 9 maggio al 5 giugno sigiocheranno i play off. Tutto aquesto punto diventa possibile.E il presidente Sacchi e l’allena-tore Salvagni non nascondonopiù le loro ambizioni.

a pagina 14

Chateau d’Axsogno scudetto

Sport

Pronto soccorso sotto assedioE la onlus Mondo Migliore insegna “sanità” alle donne extracomunitarie

I tagli ai finanziamenti non tengono conto dei non residenti

L’EDITORIALE

Uno dei grandi limiti delleMarche (forse il maggiore)è quello di non apparire, di

tendere all’isolamento, di nonamare la ribalta, di soffrire diinguaribile provincialismo.Insomma, eccesso di individuali-smo; regione appartata, sfuggen-te, tanto da sembrare inesistente.In passato l’inafferrabilità del-l’essere numerose e diverse èstata l’arma migliore per opporsialla forza degli invasori, perriuscire a sgattaiolare fra le pie-ghe della storia. Pochi le cono-scono veramente, a cominciaredai marchigiani. Una delle pochecittà note universalmente è pro-prio Urbino. Nell’immaginariocollettivo siamo ancora un popo-lo di ex mezzadri. Anche nei filme nelle fiction il marchigiano èrappresentato come un perso-naggio semplice e ingenuo, ingenere con accento maceratese.Ma, in base alle statistiche, siamoai primi posti nei parametri dellaqualità della vita. Nelle Marche sivive bene e a lungo. Terra di eccel-lenze: siamo la regione più indu-strializzata d’Italia in base al rap-porto abitanti-imprese. Abbiamogli stessi distretti industriali della

Lombardia e due più del Veneto. Eha del prodigioso, per una terracosì piccola, il numero di uominisommi che dalle Marche hannoilluminato il mondo: Leopardi,Raffaello, Gentile da Fabriano,Bramante, Cecco d’Ascoli, Bartoloda Sassoferrato, Pergolesi,Spontini, Rossini, Filelfo, AnnibalCaro e tanti altri in tempi piùrecenti. Sarà per la lombrosiana“teoria dei luoghi” secondo laquale “i paesi di collina sono i piùadatti a favorire la nascita deigeni”. E le Marche sono un susse-guirsi di dolci colline. Oppure la“teoria dei climi” ipotizzata daLeopardi, ovvero che nelle zone dimezzo, dove i venti freddi delSettentrione si mescolano conquelli caldi del Meridione “gl’inge-gni sogliono essere maggiori e piùsvegliati e particolarmente più

nazionali. Gli altri ci guardano conammirazione; agenzie, giornali,radio e Tv aprono le porte senzariserve ai nostri stagisti; a volteoffrono contratti prima ancoradella conclusione del periodo for-mativo. E’ proprio in casa che nonriusciamo a far capire il patrimonioche abbiamo costruito in vent’an-ni. Spesso emerge il solito provin-cialismo: fra gli allievi ci sono pochimarchigiani! Accusa, fra l’altro, nonvera (almeno negli ultimi anni). Imarchigiani hanno trovato lavoroal Corriere della Sera, al Sole 24 ore,alla Stampa, a Sky, hanno vintoquasi tutti i concorsi per gli Ufficistampa degli Enti pubblici regiona-li e hanno dominato nelle recentiselezioni alla Rai.La Regione (assieme all’Istao e alTam di Pietrarubbia) ha inclusol’Ifg fra le eccellenze in campo for-mativo. Ha fatto anche una leggeper garantirne la continuità, maogni anno le risorse si assottiglia-no. Celebriamo i vent’anni di atti-vità anche per dimostrare che esi-stiamo. Sperando che i marchigia-ni si accorgano di ciò che abbiamofatto, di ciò che stiamo facendo edi quanto possiamo ancora fare.

servizi a pagina 5

I vent’anni dell’Ifge l’eccellenza marchigiana

Una giornata in pronto soccorsosovraffollato da codici verdi.L'attesa minima è di due ore,ma c’è chi aspetta anche mezzagiornata. Il più anziano deimedici di base, Roberto Rossi:“Gli universitari che fanno ilcambio dell'assistenza medicasono solo il 5 per cento, gli altrivanno in ospedale anche perproblematiche inappropriate alreparto di emergenza”.

Il primario Filippo Mezzolani:“La riduzione dei posti letto hatriplicato il nostro lavoro affi-dandoci il compito di approfon-dire le diagnosi. I finanziamentinon calcolano gli studenti nonresidenti”. La soluzione delladirettrice dell'Asur di Urbino,Maria Capalbo, è nella sensibi-lizza dei pazienti a una miglioreeducazione sanitaria: “Bisognafar capire quando andare alpronto soccorso e quando dalmedico”.

Le donne immigrate non sonoabituate a ricevere cure e arriva-no in ospedale spesso in condi-zioni critiche per non essersisottoposte a controlli preventivi.L'associazione Mondo MiglioreOnlus nasce da un progetto spe-rimentale che mira all'integra-zione territoriale e a risolvereproblemi di comunicazione perchi usufruisce di un serviziosanitario.

È uno dei pochi alberi che fioriscono su rami nudi, prima ancora di coprirsi di foglie. Sichiama Cercis Siliquastrum, ma è più noto come Albero di Giuda. Narra la leggenda

medievale che proprio sotto quest’albero Giuda baciò Gesù 1978 anni fa, consegnandoloai suoi carnefici e, a quest’albero, si impiccò travolto dal rimorso. La straordinaria fioriturain coincidenza con la Pasqua starebbe a simboleggiare il perdono per l’Iscariota pentito.

È Pasqua, benedetta primavera

Costretto dai tagli, dal patto distabilità e dagli investimentiper i cantieri il Comune vende:all’asta un palazzo in centro,poderi e appartamenti.L’obiettivo è raccogliere 4milioni di euro entro la finedell’anno. Per vendere il matto-ne, però, è un brutto periodo.

a pagina 4

Palazzi e poderimessi in venditaasta da 4 milioni

Città

Pronti alla laureama più somariche alle medie

Università

acuti”.Questo eccesso di ritrosia penaliz-za anche la Scuola di giornalismo.E’ nata quasi alla chetichella ven-t’anni fa, prima Scuola sostitutivadel praticantato, dopo l’esperien-za pionieristica dell’Ifg di Milano.Una piccola regione ha saputocreare le condizioni ideali per svi-luppare un modello formativo cheè diventato un esempio da imitaree da seguire. Il modello Urbino haispirato il “quadro di indirizzi” delConsiglio nazionale dell’Ordine,cioè le regole di base per le altreScuole di giornalismo (oggi sonouna quindicina in tutta Italia).In vent’anni la Scuola di Urbino haformato generazioni di giornalistiche, nonostante la crisi della codalunga (anzi lunghissima), hannotrovato affermazione e occupazio-ne stabile nelle maggiori testate

alle pagine 2, 3 e 4

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il Ducato

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Il soccorso è poco prontoImmaginato per i residenti, non tiene conto di studenti ed extracomunitari

E la burocrazia è soffocante: anche le pratiche Inail e le denunce devono essere firmate e certificate

Pomeriggio caldo,quasi afoso, quelloche i pazienti delpronto soccorso diUrbino stannopassando in attesa

di una visita. Una decina dipersone siedono sulle seggio-le blu della sala d’attesa,abbellita solo da qualchequadro che spiega le normeigieniche dell’ospedale. Unasignora è sulla sedia a rotelle.Un uomo tiene una sacca dighiaccio sulla testa, appenamedicata con una garza. Unragazzo aspetta per un’eco-grafia. Tutti rassegnati guar-dano l’orologio. “Una giorna-ta tranquilla”, dicono gliinfermieri.“Non fatemi parlare. È dalle10 del mattino che aspettoper una radiografia allaschiena. Sono le tre e mezzo eancora non mi hanno datoneanche un antidolorifico”, silamenta sconsolato GabrieleRossini, accorso all’ospedaledopo un infortunio sul lavo-ro. Gli hanno diagnosticatoun codice verde, come tuttigli altri nella sala, e l’unicacosa che può fare è attendere.Il suo non è un caso urgente.Neanche Francesca, studen-tessa universitaria, è stataconsiderata grave nonostanteun brutto taglio al polso: perlei oltre due ore di attesa,stremata dal caldo e dall’af-follamento della sala. AndreaGiovagnoli, invece, è la terzavolta che torna in ospedalecon un rischio di infiamma-zione all’appendice. Ha in

mano un’impegnativa: “Nonso se posso andare diretta-mente in reparto. So solo cheaspetterò una vita, perchéuna volta che entri, ti affida-no continuamente a medicidiversi. In passato per fareuna lastra alla caviglia hoaspettato sei ore”.Facciamo il giro e da unaporta di servizio entriamo inun’altra stanza. Qui i pazien-ti attendono il parere delmedico dopo una prima visi-ta. Una mamma tiene inbraccio il figlio di tre anni emezzo e racconta: “Siamoqua dalle 11, il bambino nonha neanche pranzato. Ilpediatra ci ha fatto un’impe-gnativa urgente, perché daquesta notte non riesce acamminare. Stiamo ancoraaspettando che ci chiaminoper una radiografia”. Ma nonè l’unica che aspetta dal mat-tino. Marco è arrivato alle 9per una distorsione alla cavi-glia, solo alle 16 è entrato inortopedia. Non sa quandouscirà, ma sicuramentedovrà ripassare al prontosoccorso per avere il foglio didimissione. Così, infatti, fun-ziona la procedura: alpaziente appena arrivatoviene assegnato un codice inbase alla gravità, a cui corri-sponde un tempo di attesa.Dopo essere passato nelreparto competente, se nonsegue un ricovero, deve tor-nare in pronto soccorso.“Dovrebbe esserci un medicoche si occupa solo dellaburocrazia. Dopo ore di atte-sa per una puntura, ora devorimanere ancora qui peravere un timbro e una firmada mettere sulla pratica Inail”propone Rossini. Le pratichea carico del pronto soccorso,

non servono solo per gli infor-tuni, ma anche per giustifica-re una denuncia. Tre studen-tesse, Eva Bolognini, SilviaCandelora e Alice Michelini,sono state aggredite in piazzada una squilibrata e la poliziaha chiesto loro il foglio delpronto soccorso per far parti-re la denuncia. Quasi tre oresolo per un certificato. Oltre alle “scartoffie”, a inta-sare il pronto soccorso, sonoanche i pazienti non gravi chepotrebbero rivolgersi al pro-prio medico. Ma per RobertoRossi, il più anziano tra i dot-tori di medicina generale diUrbino, non è questo il veroproblema: “Il nostro rapportocon i pazienti è costante. Ilfatto è che gli studenti e gliextracomunitari, spesso, nonspostano l’assistenza medicadalla loro città di provenienzae usano il pronto soccorsocome medico di famiglia: soloil 5 per cento degli universita-ri ha fatto il cambio gratuitodel medico”. Diverso è il casodegli immigrati: “Vanno all’o-spedale perché pensano diessere curati subito e senzapagare”, continua Rossi. A confermare la scarsa cono-scenza che i cittadini hannodel sistema sanitario è lacoordinatrice dei tecnici diradiologia, Anna Ianni: “Soloil cielo sa perché le vereurgenze certificate dall’impe-gnativa del medico passanoper il pronto soccorso, quan-do possono venire diretta-mente in reparto.L’intasamento si crea perchésu una trentina di esami gior-nalieri richiesti, quelli vera-mente necessari si contanosulle dita di una mano eanche tra i codici verdi, alcunisono verdi per modo di dire”.La situazione migliorerebbecon una maggiore educazionecivica: alcuni approfittanodell’impegnativa urgente perevitare le lunghe liste d’attesa,soprattutto per gli esami spe-cifici. Il pronto soccorsodiventa così la via più breveanche per molti furbetti.

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INGRESSI PER CODICE: I NUMERI DEL 2010

VALENTINA BICCHIARELLIMARIA SARA FARCIMARTINA MANFREDI

Il racconto di una giornata nel reparto di emergenza tra i cittadini in attesa da ore

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PRIMO PIANO

Il triage è un metodo usato al pronto soccorso percapire la gravità di un paziente. Il principio fonda-mentale consiste nell’identificare il tipo di lesioni,la gravità e l’assistenza necessaria. Per questomotivo, un infermiere specializzato assegna uncodice colore a ogni paziente. Secondo la normati-va vigente, il codice prevede quattro colori: BiancoBianco: nessuna urgenza. Il paziente può rivolger-si al proprio medico.VerdeVerde: urgenza minore. Il paziente ha lesioni chenon interessano funzioni vitali, ma vanno curate.GialloGiallo: urgenza. Il paziente ha una compromissio-ne parziale delle funzioni vitali, ma non c’è unimmediato pericolo di vita.RossoRosso: emergenza. Il soggetto è in pericolo divita.Le prestazioni che non rientrano nelle categorieemergenza/urgenza sono soggette a ticket.

IL METODO TRIAGE

“Lavoriamo incondizioni didifficoltà: ilpronto soc-corso è lostesso degli

anni ’80, ma i pazienti sono ildoppio e restano più a lungo,perché ci vengono richiestemaggiori prestazioni mediche”. Ilprimario del pronto soccorsodell’ospedale Santa Maria dellaMisericordia di Urbino, dottorFilippo Mezzolani, non nascon-de i problemi del suo reparto,sovraffollato e costretto a unlavoro sempre maggiore. Circa20.000 prestazioni all’anno, unastima invariata ormai da tempomentre a essere davvero cambia-to è il tipo di prestazione, spesso“inappropriata al pronto soccor-so”. Capelli brizzolati, occhi blu, t-shirt e camice bianco, il primarioapprofondisce la situazione delreparto che dirige: “Se una voltail nostro lavoro si fermava a unaprima rapida valutazione, oggi,per effetto della chiusura di alcu-ni distretti qui vicino, come quel-lo chirurgico a Cagli eSassocorvaro, e la riduzione deiposti letto nel nostro ospedale,possiamo mandare un pazientein reparto solo quando le indagi-ni di rapporto sono concluse,quindi la fase diagnostica èapprofondita da noi con conse-guente allungamento del tempodi permanenza di ogni paziente”. Da qui la penalizzazione dell’u-tenza che deve aspettare sempredi più, “ammassata” in spazipensati per il numero di accessidegli anni ’80, quando è nato ilpronto soccorso a Urbino. Ma leragioni dell’intasamento non sifermano qui: “Non tutti gli acces-si sono appropriati perché moltepersone – continua il primario –hanno scarsa fiducia o cono-scenza della medicina domicilia-re: molti non sanno né dell’esi-stenza della guardia medica nédella reperibilità obbligatoria delmedico di famiglia fuori dall’ora-rio di ambulatorio, quindi sirivolgono a lui per ricette, impe-gnative e patologie croniche evengono qui per tutto il resto”. Inmedia i codici che arrivano inpronto soccorso sono tutti bian-chi e verdi, quelli gialli sono rari equelli rossi unici.Anche la difficoltà per unpaziente di accedere alle presta-zioni specialistiche e agli esamistrumentali ha favorito il sovraf-follamento del pronto soccorso,“perché è certamente più como-do - aggiunge il primario - aspet-tare qualche ora e pagare il ticket(30 euro), invece di pagare moltopiù caro un privato o aspettare itempi delle liste d’attesa”. Scarsaconoscenza delle diverse com-petenze sanitarie da una parte ecomodità del pronto soccorsodall’altra hanno quindi spinto lepersone ad andare in ospedalecon sempre più facilità e fre-quenza. Per ovviare a questoproblema, la legge istitutiva dellachiamata al 118 obbliga i medicidel pronto soccorso a informarei pazienti della possibilità dirivolgersi, nei casi appropriati, almedico generale o alla guardia

“Il sovraffollamento delpronto soccorso è unproblema che non

riguarda soltanto l’ospedale diUrbino ma tutti inosocomi italiani”.Maria Capalbo, diret-tore della zona terri-toriale 2 dell’Asur diUrbino, individua lacausa del disagionella “cattiva educa-zione sanitaria deicittadini”.Quante delle personeche arrivano al pron-to soccorso sono casidavvero gravi?“A Urbino registriamopiù di 18.700 accessiall’anno e di questi solo il 15 per-cento sono codici gialli e rossi,che necessitano quindi del livel-lo assistenziale specifico delpronto soccorso. Il restante 85percento, invece, è composto dacodici bianchi e verdi, tutte per-sone che in realtà dovrebbero ri-volgersi al medico di base o allaguardia medica”. Cosa giustifica questa corsa con-tinua al pronto soccorso?“L’origine del problema è la scar-sa informazione sanitaria. Lamaggior parte dei cittadini nonsa esattamente quando deve ri-volgersi al pronto soccorso equando invece può contare suldottore di medicina generale”.Come si può risolvere la situa-zione?“Occorre una campagna di co-municazione sanitaria seria edefficace con l’obiettivo di educa-re i cittadini a un comportamen-to corretto. Bisogna far capire che

di fronte a un problema di saluteil paziente deve seguire delle re-gole precise e non deve lasciarsiguidare dall’istinto o dalla conci-

tazione del momento.E’ l’unico modo perevitare attese e malu-mori”. Cos’è stato fatto fino-ra in questo senso?“Ancora niente. E’tempo però che tuttigli attori della sanitàlocale, dall’ospedale altribunale del malato,dalle associazioni divolontariato ai medicidi medicina generale,si siedano attorno a untavolo e comincino a

lavorare per una campagna in-formativa capillare”. Quale ruolo hanno i medici dibase?“Fondamentale, perché sonoquelli più a contatto con i pazien-ti. Nella regione si sta pensando auna riforma contrattuale con lacategoria, che tenga conto delnuovo ruolo che dovrebbe rico-prire a livello assistenziale e di-vulgativo”.Alcuni pensano che sia necessa-rio anche un aumento del perso-nale.“Quest’anno l’organico è al com-pleto. Prima del mio arrivo (il 20giugno 2010 ndr) c’erano dei vuo-ti di personale, ma ora sono staticolmati perché abbiamo accele-rato le procedure concorsuali perevitare i problemi degli anniscorsi. Oggi il reparto non soffredi alcuna carenza, i dipendentisono calcolati per coprire tutta larichiesta”. v.b.

medica, “ma è un avviso malvisto dai pazienti che sospetta-no la volontà di sbarazzarci diloro”. A complicare e allungare itempi dei casi che arrivano inpronto soccorso è anche lanatura della popolazione: “Cisono sempre più anziani, cioèpazienti che richiedono mag-giori prestazioni perché sonospesso oggetto di polipatologie”.Se l’aumento degli anziani èuna tendenza nazionale,Urbino ha una sua specificitànella popolazione che complicaulteriormente il corretto utilizzodelle prestazioni dei medicigenerali: circa 10mila studentivivono nella città ducale mahanno la residenza e quindianche l’assistenza medica inun’altra città. “La maggior parte delle volte glistudenti non chiedono il cam-bio del medico – afferma il dot-

tor Mezzolani – quindi vengonoal pronto soccorso anche perprestazioni che spetterebbero almedico di famiglia, ma il proble-ma è che i finanziamenti desti-nati all’ospedale sono calcolatisui residenti, senza tenere contodi tutti gli studenti che non vivo-no qui ma se stanno male ven-gono in questo ospedale”. All’origine della riduzione deiposti letto c’è infatti il taglio aifinanziamenti, ingiustificato perl’ospedale di Urbino che avevagià più pazienti di quelli calcola-ti contando i soli residenti. “Lamole di lavoro in pronto soccor-so – conclude Filippo Mezzolani– risulta massacrante e l’utenteè penalizzato: servirebbe unadiversa organizzazione ospeda-liera, possibile però solo con piùfinanziamenti, e una maggioreeducazione sanitaria dei cittadi-ni”. m.m.

“Arrivano in troppi e si dimenticano

il medico di base”

Parla il primario Filippo Mezzolani

“Più educazione”Manca il decalogodel buon paziente

In alto, ingresso al pronto soccorso. Al centro, pazienti in attesa di essere visitati. A destra, il primario del reparto Filippo Mezzolani e Maria Capalbo, direttore dell’Asur di Urbino

Maria Capalbo, direttore dell’Asur Urbino

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il Ducato

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“Ho cono-s c i u t ou n ag i o v a -ne ra-g a z z a

incinta di 23 anni. Piangeva,era disperata. Mi disse che undottore le aveva prescrittouna dieta per il diabete manon aveva capito nulla diquello che doveva fare.Continuava a mangiare ditutto. Quando l’ho accompa-gnata in ospedale per unavisita, la dottoressa si è arrab-biata perché non stava rispet-tando la terapia. E sull’eco-grafia risultava che il bambinostava male. L’abbiamo aiutata.Ero con lei quando ha partori-to, la situazione è migliorata,il diabete si è regolarizzato. Éstata fortunata. Se non c’èdialogo, come si fa a curareuna persona? “. Questa è solouna delle tante storie cheun’infermiera marocchina havissuto e ci racconta: oggi lei èuna militante dell’associazio-ne “Mondo Migliore Onlus”.Che nasce dalle sofferenze diun vissuto faticoso e dall’im-pegno ad oltrepassare le fron-tiere culturali e sociali dell’ap-partenenza a mondi diversi. L’entusiasmo delle donnemaghrebine percorre e vivifical’iniziativa sin dall’inizio, dalleconversazioni in moschea allascelta di affrontare i problemicon la conoscenza e l’impegno.Seguite da un gruppo di volon-tari della Croce Rossa, decido-no di iniziare un graduale per-corso di inserimento in repar-to, imparando nozioni medi-che di pronto intervento, peraiutare le altre donne, immi-grate da poco tempo, a tradur-re il loro mondo nuovo. E tro-vano nel NAAA Onlus(Network. Aiuto. Assistenza.Accoglienza) ente di adozione,cooperazione e percorsi sulterritorio, nella Caritas, nelcomune di Urbino e l’Asurdella zona territoriale, il soste-gno al loro lavoro silenzioso.“Quando prescrivi un farmacoè difficile farne capire la neces-sità - afferma il vice primariodel reparto di ginecologia eostetricia, Leone Condemi - eti trovi di fronte donne immi-grate che arrivano al terminedella gravidanza con pochissi-me visite ed ecografie o addi-rittura nessuna. Di fronte asituazioni di patologie ostetri-che drammatiche, siamocostretti ad aumentare lenostre risposte sanitarie alivello di tempo e costi chepotrebbero essere ridotti arri-vando prima”. Da qui l’impor-tanza di uno strumento diprevenzione che aiuti a favo-

rire l’incontro tra i bisognidella comunità e l’offerta deiservizi socio-sanitari, peraffrontare in modo diverso iproblemi legati alla salutedelle donne e degli immigrati.Le richieste d’aiuto riguarda-no non solo la condizionepsico-fisica ma esprimonoanche il desiderio di aggrega-zione e partecipazione, peruscire dall’isolamento sociale,dalla paura del pregiudizio.“E’stata fatta una piccola rivo-luzione, sono stupita di quan-to il gruppo creda nelle coseche fa e ne realizzi un pezzet-tino ogni giorno” dice Sandra

Crowther, coordinatrice delgruppo NAAA. “E’eccezionaleil fatto che per la prima volta èstato adottato un percorsopartito dal basso, radicatonella comunità, ricco di moti-vazioni e speranze di donneche sole non avrebbero maiespresso”. Transcultura signi-fica attraversare un non luogosconosciuto in cui tutti sonouguali. Ascoltare e incontrarel’altro è il primo fondamenta-le momento della relazioneterapeutica. La “curabilità” diuna persona è legata proprioalla qualità di questo incon-tro.

Palazzi, poderi e case all’astaObiettivo: 4 milioni di euro, il Comune ha fretta di vendere

Stretto tra l’aumento delpatto di stabilità e i tagli deitrasferimenti il Comune è

costretto a vendere. Nelle pros-sime settimane andrà all’asta ditutto: poderi, cascine, tre appar-tamenti e soprattutto PalazzoChiocci, una residenza del ‘400situata in piazza Gherardi, a duepassi dal Duomo. Il palazzo hauna superficie di 965 metri qua-drati e sarà messo in venditacon una base d’asta di un milio-ne e trecentomila euro (che facirca 1.390 euro al metro qua-dro) e potrà avere una destina-zione residenziale o commer-ciale. Inutilizzato da più di diecianni Palazzo Chiocci avrà biso-gno di un investimento di alme-no un milione di euro per torna-re al suo splendore. Quest’anno la stangata del pattoè stata pesante. Senza farla trop-

po lunga: il patto di stabilitàinterno prevede che i Comunimettano da parte una percen-tuale saldi di cassa. Il modo concui si calcola questo ammontareè stato cambiato con la legge 78del 2010 e il risultato per Urbinoè un aumento di dieci volte del-l’importo da accantonare: da150 mila a un milione 230 milaeuro. E l’anno prossimo saliràancora. “Siamo obbligati a ven-dere – afferma l’assessore albilancio Maria Clara Muci –anche se non ne abbiamo biso-gno, per rispettare l’obbiettivodel patto”.Ma non c’è solo il patto di sta-bilità: con le vendite di immo-bili il Comune conta di incassa-re circa 4 milioni di euro, moltopiù del milione e due richiestodal patto. “Vendiamo beni cheal Comune non fruttano nien-te- spiega l’assessore Muci –per poter investire”. E in effetti

gli investimenti del Comune diUrbino sono una voce di spesabella sostanziosa: più di cinquemilioni di euro. Di cui poco piùdi seicentomila saranno spesiper il piano di investimenti diquest’anno, mentre più diquattro milioni sono invece ipagamenti residui degli anniscorsi. In altre parole, i soldiche ancora si devono pagareper le opere faraoniche e glienormi cantieri sparsi in giroper Urbino. Palazzo Chiocci sarà vendutocon una base d’asta di un milione300 mila euro. Ma, dice il consi-gliere di opposizione Bonelli: “Ilprezzo è consistente e c’è ilrischio che la prima asta vadadeserta. Se questo dovesse acca-dere nelle aste successive il prez-zo dovrà essere abbassato”. Lodicono anche le agenzie immo-biliari: è un periodo di crisi: “Sivendono solo palazzi da ristrut-

turare e anche per quelli i com-pratori sono pochi”.Così è possibile che il palazzovenga venduto a meno di 1.400euro a metro quadro, che è giàuna cifra inferiore al valore permetro quadro per un palazzoche ha bisogno di lavori (1.500euro secondo la stima delleagenzie immobiliari locali).Una scelta di tempi infelice,quindi, tanto più che da oltredieci anni Palazzo Chiocci erainutilizzato. E senza contarepoi che dentro quel Palazzo lapubblica amministrazione (inquesto caso il Ministero dellacultura) aveva già buttato labellezza di 800 milioni dellevecchie lire. È una storia vec-chia di dieci anni, che è diven-tata di nuovo attuale. “Fu sol-tanto una dimostrazione d’in-competenza o ci fu molto dipiù?”, domandano lo storicoErmanno Torrico e il giornali-sta Francesco Colocci, autori diun dossier di 40 pagine sulcaso. Tutto comincia a fineanni ’90, quando tra il Comunedi Urbino e ministero dei Beniculturali si firma un accordoper trasformare PalazzoChiocci nella nuova sededell’Archivio di stato. All’epocasi spesero ben 800 milioni dilire in studi di diagnostica pergiungere alla conclusione chenon c’era abbastanza spazio.“Una conclusione a cui si pote-va arrivare usando un metro oguardando la planimetria delpalazzo”, spiegano Colocci eTorricini.Forse nelle prossime settima-ne, in un modo o nell’altro, adun prezzo o ad un altro, arrive-remo finalmente al termine diquesta lunga saga.

DAVIDE MARIA DE LUCA

MARTINA ILARI

Il Mondo Miglioredelle maghrebine

A Ponte Armellina parte l’ “extrasolidarietà”

Tra le storie di vita vissuta, le speranze e le difficoltà delle donne

“Quando sono arrivata in Italia non avevo nessuno, erosola con mio marito. Mi tenevo dentro tutti i problemi.Chiamavo mia madre in Marocco solo per piangere. Miofiglio all’asilo si trascinava per terra, non ci voleva anda-re perché non capiva cosa gli dicevano. Questo mi haferito molto. L’associazione è nata dalle tante sofferen-ze che abbiamo subìto. A Ponte Armellina c’è un gran-de cambiamento rispetto agli anni scorsi: le donnehanno cominciato ad uscire da sole, hanno voglia difare. Prima dicevamo ‘ad agosto torniamo a casa’,ora diciamo ‘ad agosto andiamo a fare le vacanze epoi torniamo a casa’”.

IL RACCONTO DI KHADIJA

PalazzoChiocci,edificiodel‘400situato alnumero 2di piazzaGherardi

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CITTÀ

Vent’anni di giornalismoIl direttore Rossetti: “L’Ifg un patrimonio da difendere”

Il fondatore Rizza ricorda con orgoglio: “Abbiamo contribuito a cambiare Urbino”

Cazzullo:“Purtroppoi giornalistinon vivonotempi facili”

L’intervista

L’Istituto per laFormazione alG i o r n a l i s m ocompie vent’an-ni. Per festeggia-re l’anniversario

e inaugurare il nuovo biennio2010-12, nelle aule della scuo-la si sono ritrovati il rettoredell’Università di Urbino,Stefano Pivato, il sindacodella città, Franco Corbucci, ilpresidente della Provincia,Matteo Ricci, il prefetto diPesaro-Urbino, AttilioVisconti, il presidentedell’Ordine nazionale deigiornalisti, Enzo Iacopino,quello dell’Ordine delleMarche, Gianni Rossetti, eLella Mazzoli, direttricedell’Istituto. Ospite d’onore:Aldo Cazzullo, giornalista delCorriere della Sera e autore dinumerosi libri. L’Ifg è nato grazie a EnricoMascilli Migliorini, all’epocapreside della facoltà diSociologia di Urbino, aSilvano Rizza, grande innova-tore di quotidiani, e a GianniRossetti. “Nel 1990 l’Ordineprese atto di una realtà che aUrbino esisteva già dal 1949.Dopo la guerra - raccontaMascilli Migliorini, attualedirettore emerito - il giovarerettore Carlo Bo ebbe l’idea diinserire nell’università l’inse-gnamento di questa profes-sione e così nacque la ScuolaSuperiore di Giornalismo,unica in Italia”.L’obiettivo dell’Ifg, la secondascuola dopo quella di Milano,è sempre stato quello di for-mare una nuova classe di pro-fessionisti capaci di maneg-giare tutti i media. Ogni dueanni escono dall’Ifg giornali-sti in grado di passare, nellaquasi totalità, dalle aule alleredazioni. Il segreto? “Lascuola di Urbino – diceSilvano Rizza – è l’unica aprodurre un giornale vero, ilDucato, un quindicinale loca-le che è la palestra dove siimpara la cronaca, a control-lare le notizie, a condurre bat-

taglie civili sul territorio.Insomma, qui si lavora sulserio”.“Un giornale e una Scuolasono una ricchezza per la città– ha ammesso il sindacoCorbucci – e voi giornalistipraticanti fate la differenza”. Ilconsiglio del rettore Pivato èdi “essere riflessivi”, quello delprefetto Visconti di “verificaresempre le notizie”. E il presi-dente dell’Ordine, EnzoIacopino, ha toccato unacorda dimenticata: “Ricordateche dietro i fatti ci sono le per-sone”. “Nonostante la preparazionedei nostri allievi e nonostantela Regione abbia inserito l’Ifgtra le eccellenze formative,ogni anno la Scuola subisce

tagli che mettono a rischio lasua sopravvivenza”, lamentaGianni Rossetti, nuovo diret-tore dei corsi. “I giornalistiformatisi qui e che oggi lavo-rano nelle maggiori testate

sono un patrimonio che non èadeguatamente valutato pro-prio in casa nostra”. E il futuro? “Dobbiamo conti-nuare a formare giornalisti dialto profilo, che sappianoracontare ciò che accade nellanostra provincia ma anche nelmondo e investire ulterior-mente nell’innovazione didat-tica e tecnologica - dice ladirettrice della Scuola LellaMazzoli - e per questo ciaspettiamo una collaborazio-ne da parte di tutto il territo-rio”. Un territorio, come hafatto notare il presidente dellaProvincia Ricci, che avrebbebisogno di una maggioreattenzione mediatica perpoter risolvere i tanti proble-mi che lo affliggono.

Aldo Cazzullo ha ini-ziato la sua carrieraalla Stampa, dove halavorato per 15 anni.Attualmente è invia-to speciale ed edito-

rialista del Corriere della Sera,oltre che scrittore. Il suo ultimolibro, “Viva l’Italia”, è stato pre-sentato a Urbino proprio in occa-sione del ventennale dell’Ifg. Quanto sono importanti i gior-nali nella creazione di una cultu-ra collettiva?“In realtà sono sempre menoimportanti. Le notizie si appren-dono dalla tv, da internet e credoche la vera rivoluzione arriveràcon gli I-pad. Igiornali vengo-no letti sempremeno, ancheperché l’italia-no medio spes-so non ne ha iltempo. Questo,però, non signi-fica che non contino più niente.Anzi, in alcuni ambienti, comequello politico o economico,sono ancora fondamentali”. Quali sono i vizi del giornalismoche frenano la formazione diun’identità nazionale?“Non credo che il ruolo del gior-nalismo sia quello di formare l’i-dentità nazionale. Credo cheintanto sarebbe importanteinformare, soprattutto in unmomento come questo in cuiviviamo in una democrazia limi-tata a causa del controllo delcapo del governo sulle principalireti televisive”. I giornali hanno contribuito arafforzare l’unità?“Non sono stati gli unici. Ci sonostati dei fattori più forti, come laprima guerra mondiale, la primavera prova dell’Italia unita, maanche la televisione, che hadeterminato l’unificazione lin-guistica”.Perché oggi bisogna essere orgo-gliosi di essere italiani?“Perché abbiamo un grande pas-sato e perché abbiamo vissutodue momenti, il Risorgimento ela Resistenza, durante i quali ilpopolo ha preso in mano il pro-prio destino e ricostruito la suapatria. (b.l)

BARBARA LUTZU

GLI ALLIEVI

I giornalisti professionistiusciti dalla Scuola sonostati 306. Il biennio in

corso ne conta 32

306I CORSI

Il primo biennio è partitonel 1990. Quello attuale,l’undicesimo, si conclu-

derà nel 2012

10L’OCCUPAZIONE

Altissimo il tasso dioccupazione. Il 96%

degli ex allievi lavora nelmondo del giornalismo

96%

Il presidente Iacopino:

“Ricordiamosempre chedietro i fattici sono lepersone”

Gli allievidell’IfgnellaredazionedelDucato.A destra,AldoCazzullo

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il Ducato

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ro utilizzati. Al contrario, chisi rivolge a un abusivo, spes-so privo di ogni qualifica, nonsa dove sono stati acquistatiquei prodotti che regolar-mente sono scadenti, nontestati, sotto costo e persinoscaduti. Non vi è alcunrispetto delle norme igieni-che – continua la responsabi-le Cna – ambientali, urbani-stiche e di sicurezza nei luo-ghi dove si opera. I danni cosìnon sono solo per il Fisco, maanche per il cliente che mettea repentaglio la saluterischiando d’incorrere in

malattie infettive, allergie eparassiti vari”. Non è facilecogliere gli abusivi con lemani nel sacco, la legge sullaprivacy non consente perqui-sizioni o accertamenti all’in-terno di un’abitazione, anco-ra più complicato se questioperano a domicilio. “La Cnacontinua comunque a colla-borare con tutti gli organi dicontrollo, ben vengano lesegnalazioni. Noi non ciarrendiamo e la lotta all’abu-sivismo resta comunque lanostra principale battaglia”conclude Luciana Nataloni.

“L’abusivismo è unac o n c o r -r e n z as l e a l e ”,a f f e r m a

Laura Ranocchi, titolare delsalone Our Style, “il confrontotra abusivi ed esercizi regolariè impari, basti pensare cheper una messa in piega fem-minile il costo medio in unsalone è di 15 euro, contro i 10chiesti da un abusivo. La dif-ferenza è che alla parrucchie-ra, tolti i costi di gestione, letasse, i contributi e le variespese, restano al massimocinque euro e all’abusivoinvece tutti e 10. Il loro guada-gno è totale”. Shampoo, taglio, messa inpiega, cerette, massaggi, rico-struzione unghie, la guerradegli abusivi ai saloni diacconciatura ed estetica èsmisurata. Parrucchiere edestetiste che operano a domi-cilio, oppure tranquillamentea casa, in taverne, mansarde ogarage, senza alcun requisitoprofessionale, in totale spre-gio delle regole e sottraendosial fisco. “Un fenomeno in con-tinuo aumento” dichiaraLuciana Nataloni, responsabi-le provinciale dell’Unione Cnabenessere e sanità, “incre-mentato dalla crisi economicae diffuso su tutto il territoriodove oggi vige l’arte dell’ar-rangiarsi”. A essere colpito ètutto il settore dell’artigiana-to: edilizia, impiantistica,meccanica, ma soprattutto iservizi alla persona. Tutti pra-ticano lavoro abusivo, dallostudente universitario che lofa per pagarsi gli studi, aidipendenti pubblici che arro-tondano il proprio stipendiocon lavoretti nel tempo libero,fino al pensionato.“Nell’esercito degli abusivi siaggiungono anche ex colleghelicenziate o in cassa integra-zione – dice Mara Olivieri,proprietaria del CentroEstetica Mara - ma anche eximprenditrici che hanno chiu-so i loro centri e adesso lavo-rano a casa, spesso mante-nendo addirittura la loro vec-chia clientela”. Non sono solostraniere le abusive, anzi oggiil loro numero è perfino sceso,se ne conta una su dieci. “Unaspetto pericoloso da sottoli-neare e spesso sottovalutatodell’abusivismo - dice laNataloni – è il rischio per lasalute. I clienti dei nostri salo-ni e centri estetici possonostare tranquilli e contare sullaprofessionalità e formazionedel personale, sulla qualitàdei prodotti e sulla sterilizza-zione degli strumenti di lavo-

NOEMI BICCHIARELLI

Un fondo di 218.946 europer sostenere il lavorofemminile e migliorare

la qualità della vita delledonne. È questo l’obiettivo delbando con cui la provincia diPesaro Urbino vuole venireincontro alle difficoltà dellavita quotidiana. “Lavoravo in un vivaio e acausa degli orari arrivavo acasa sempre stanca e nonriuscivo a prendermi curacome volevo dei miei figli. Poitra il costo degli asili, il tempoche impiegavo per andarli aprendere con la macchina e ilpranzo veloce che ero costret-ta a cucinare pensavo di nondare le attenzioni di cui duebambini piccoli hanno biso-gno”. Queste le parole dellasignora Antonella, una delle 51donne sulle 430 domande pre-sentate, che hanno ottenuto ilvoucher. Lavoratrici dipendenti o auto-nome, inoccupate e disoccu-pate che hanno in corso attivi-tà di formazione o una Borsalavoro, donne vittime di vio-lenze. Sono queste le benefi-ciarie del contributo chegarantisce la possibilità di alle-viare il costo di alcuni servizidi assistenza quando questisono eccessivamente gravosi.Badanti per anziani nonautosufficienti, baby sitter perbambini, ma anche costi perasili nido, mense scolastiche escuolabus non devono gravarein maniera onerosa su chi hadei redditi bassi ed è costrettaa lavorare per poterli pagaretrascurando così aspetti dellavita familiare. Il finanziamen-to, proveniente dalla Regione,

La Provincia stanzia un fondo per conciliare famiglia e lavoro

“Aiutiamo le mamme-lavoratrici”

Estetiste e parrucchiere, guerra alle irregolari

Acconciature e cerettemanicure e shampoo:l’abusiva è permanente

Una cliente del salone Our Style di Urbino

Domande presentatenegli ambiti territoriali

Pesaro: 347Cagli: 14

Urbino: 69

430

Graduatoria ammessi al voucher

Pesaro: 306Cagli: 11

Urbino: 63

380

Beneficiariedel finanziamento

Pesaro: 33Cagli: 6

Urbino: 12

51

è stato ripartito in base alnumero degli abitanti in treambiti territoriali differentiPesaro, Cagli e Urbino. “I soldidisponibili sono questi. Nonpossiamo escludere però cheavvenga uno scorrimento dellagraduatoria. Il progetto è strut-turato in maniera tale che ognitrimestre vanno presentate ledocumentazioni che certifica-no lo stato di necessità. Nelmomento in cui viene meno ilrequisito iniziamo a scorrere lagraduatoria”. Questo è quantoha spiegato Bulzinetti respon-sabile amministrativa dellaprovincia, che ha voluto evi-denziare non solo l’aspettoeconomico ma anche sociale ein particolare per le donne vit-time di violenza “Un aiuto cheincentivi anche ad uscire dicasa per cercare lavoro e perritornare a vivere”. Nel territo-rio di Urbino, che comprende i

comuni di Borgo Pace,Mercatello sul Metauro,Montecalvo in Foglia, Peglio,Petriano, Sant’Angelo in Vado eUrbania, le domande sonostate in tutto 69 e dei 63ammessi 12 sono state ledonne ad avere accesso al vou-cher per un totale di 42.995euro. “È stata una cosa giustaquella di aiutare le donne lavo-ratrici a conciliare lavoro efamiglia - ripete la signoraAntonella - Voglio dare ai mieifigli tutto ciò che posso senzaprivarmi della possibilità divederli crescere . Le difficoltà dientrare in un mondo dell’ lavo-ro sempre più flessibile sonomolte e con la crisi economicala precarietà è aumentata. Nel2010 sono finiti in mobilità3600 lavoratori di cui il 36%donne. Forse un contributonon risolve il problema, ma dicerto aiuta.

CATALDO COLLAZZO

Il finanziamento anche alle donne vittime di violenza

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ECONOMIA

La Pasqua degli agriturismi I bed & breakfast crescono di anno in anno, nel 2011 sono a quota 51

Nelle festività si lavora, il problema è il resto dell’anno: “Il Comune deve fare più pubblicità alla città”

Ibed & breakfast a Urbino

continuano a crescere. Nel2001 ce n’erano soltantodue, a marzo 2011 se neregistrano 51. Il vero boomdei b&b è stato nel 2007

quando da 22 attività del 2006 si èpassati a 32 attività l’anno suc-cessivo. Mancano pochi giorni aPasqua e molte strutture sono alcompleto, ma rispetto agli anniprecedenti la crisi si fa sentire. Ese nelle festività la gente chiamae prenota, il vero problema è ilresto dell’anno. “Dal 21 al 26 apri-le siamo pieni, invece nei primitre mesi dell’anno c’è stato uncalo. A gennaio, febbraio e marzosi è lavorato meno rispetto aglistessi mesi negli anni preceden-ti” dice Stellindo Denti del b&bAcacia.Stessa sorte per gli agriturismi. Lamaggior parte delle strutturericettive denuncia la diminuzio-ne delle prenotazioni e delladurata del pernottamento nelcorso dell’anno: “Le presenzesono la metà e la gente primarestava per tre o quattro giorni,adesso solo per una notte” dice laproprietaria di Urbino Resort -Santi Giacomo e Filippo.Dal 2008 al 2011 il numero delleaziende agrituristiche è rimastocostante e a marzo di quest’ annosono 23.Ma se tutti sono d’accordo che ilfreddo e la neve hanno fermato ituristi nei mesi invernali, alcuniprivati denunciano la mancatapromozione della città da partedelle istituzioni. “Il comune diUrbino fa qualsiasi cosa per dis-incentivare il turismo, partendodall’affermazione che ha fatto ilsindaco due settimane fa sull’isti-tuzione della tassa di soggiorno.Lui dice di essere contrario e chesi impegnerà perché venga appli-cata al minimo, ma questa tassa anoi ci uccide. Soprattutto in unmomento di crisi dove uno puòandare all’estero , dove c’è l’Iva al 6% e tante altre possibilità di rice-vere servizi pagandoli un quarto”afferma Giulio Lonzi del b&bdelle Duchesse.“Le istituzioni devono attirare dipiù i turisti e fare maggiore pub-

blicità. Servono eventi, come lamostra di Raffaello nel 2009 dovec’è stato il pieno” dichiara MauroGiacomelli dell’agriturismoPietra Rosa.Risponde stupita Lucia Pretelli,assessore al turismo: “Noi faccia-mo tutto quello che è nellenostre possibilità a fronte diquelle che sono le enormi diffi-coltà relative al taglio delle risor-se finanziarie che abbiamo a dis-posizione. Siamo andati a gen-naio a promuovere la città allafiera di Vienna, come già aveva-mo fatto nel novembre del 2010ad Assisi al salone del patrimo-nio Unesco. Inoltre abbiamoospitato giornalisti e tour educa-tional e la prossima settimanaverrà il programma “Alle faldedel Kilimangiaro”. Purtroppoadesso i mezzi consentiti sonopochi e quindi ora più che maifunzionerà una collaborazionestretta fra pubblico e privato”.

MICOL SARA MISITI

Un negozio su quattro non accetta bancomat o carte

Il Duca paga solo in contantiUna giornata di sole a

Urbino non ha prezzo. Pertutto il resto, però, non c’è

mastercard. Il 30% degli esercizicommerciali non ha il Pos, quelmagico strumento, in molte cittàin voga dagli anni 80 che permet-te i pagamenti attraverso carte dicredito e bancomat. Dalle pizze-rie alle gelaterie, passando perl’alimentari che vende prodottilocali, la spiegazione è sempre la stes-sa: “Gli importi sono troppo piccoli,non è conveniente”. Gli studenti non sembrano notarequesta assenza, secondo Lucia “sicu-ramente è scomodo trovarsi davantialla cassa e realizzare di non avereabbastanza soldi. Ma non vale la penaarrabbiarsi per tutto, basta cercare ildistributore di contanti e si tornaindietro a pagare!”. I turisti sono inve-

ce molto più sorpresi dell’assenza delPos, ma anche loro non ne fanno undramma. Christine e Seeley rispettiva-mente 59 e 63 anni, vengono dallaVirginia, si sono regalati un viaggio inItalia e fanno tappa a Urbino per unsolo giorno. Raccontano di essere abi-tuati a pagare anche il caffè con il ban-comat, a Beckley una cittadina di16.000 abitanti, ma “sapevamo che inItalia avremmo trovato delle difficol-

tà”. L’americano a Urbino è quin-di pronto a tirare fuori i contantiper passare una giornata nellacittà ducale, anche perché l’inte-ra penisola viene vista come “unborgo senza tempo”. Paese chevai, usanza che trovi e se perrespirare l’aria del Rinascimentobisogna rinunciare al bancomat,ne vale la pena. Non è certo,però, per un eccessivo zelo diricostruzione storica che i com-mercianti non accettano la

moneta elettronica. Anche chi per-mette il pagamento con il bancomat,spesso non autorizza quello con cartedi credito. Emanuela, dell’agenzia diviaggi Fedux, dà voce al pensiero ditanti altri commercianti sostenendoche “fino a che le banche terranno cosìalti i prezzi delle commissioni - si vadal 2 % di Visa fino all’8% di Jbc - lecarte di credito non prenderanno maipiede in Italia.”

GLORIA BAGNARIOL

da 2 a 51Il grande boom

dei bed & breakfastnegli ultimi dieci anni

da 21 a 23Dal 2008 al 2011 il

numero degli agriturismiè rimasto costante

Un agriturismo aMonte Polo, nei pressidi Urbino

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il Ducato

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È arrivata la mappa fai-da-te“Urbino Walk in Progress”, mostra dell’Isia sulla rappresentazione della città

I visitatori possono disegnare una cartina e scegliere quella che colpisce l’immaginazione (e il cuore)

C’è chi sii m m a g i n aUrbino aforma dicuore: al suointerno il

Duomo e l’Orto botanico eall’esterno una strada con ilnome dell’amato. C’è chi èmeno romantico e descrive ilterritorio urbinate come “lavalle del godimento”. Mentreper alcuni la fermata dell’au-tobus di Borgo Mercatale è l’“unica via di fuga”. Questi i disegni dei primi visi-tatori della mostra “UrbinoWalk in Progress”, realizzatadall'Isia, allestita nei giorniscorsi nella Casa Natale diRaffaello e visitabile fino alprimo maggio. “Il progetto è nato dall'esigen-za di una riconoscibilità deiluoghi e della struttura basedella città che diventa stru-mento di identità e da unacartografia insufficiente, cheprivilegia - spiega LucianoPerondi, docente all'Isia, gra-fico professionista e respon-sabile del progetto - le auto-mobili piuttosto che la cam-minabilità. Abbiamo volutotestare i modelli di progetta-zione cartografica e applicarlia Urbino, coinvolgendo lepersone, le reali destinatariedella cartina. Lo scopo èmigliorare l'orientamento deituristi ma non solo: è ancheuna sfida a ottimizzare la frui-zione e la vivibilità della città”. Il progetto è nato tre anni fadalle Officina Santa Chiara,laboratorio di ricerca applica-ta dell'Isia, con l'obiettivo direalizzare un nuovo prototipodi mappa della città partendoda modelli di progettazione didesigner del calibro diRawlinson e Mijksenaar: dallavariazione del colore tra lestrade e lo sfondo alla sceltadi rappresentare i monumentiin bidimensione e tridimen-sione. La cartina è stata sotto-posta a un campione di stu-denti, residenti e turisti eattraverso interviste ne è statatestata l'efficacia o meno.Inoltre è stato richiesto ai visi-tatori di disegnare la propriamappa mentale della città. “Urbino è vista con una strut-tura a croce, a stella o lineare– afferma Perondi – inoltre èemerso che la città viene per-cepita come ortogonale, cosanon vera, ma ciò deriva da unmodello mentale che rendepiù comprensibile la strutturadella città”.A partire dai dati raccolti, glistudenti del biennio in corsohanno realizzato tre prototipidi cartine con diverse caratte-ristiche come la messa inrilievo dell'altitudine dellacittà e le indicazioni dei per-corsi di visita.I risultati sono sotto l'occhiodi tutti a Casa Raffaello, dovesono esposti i passaggi delprogetto. “L'obiettivo iniziale– secondo il docente - eracostruire un prototipo, poi

Si parla tanto di ricordare ma non tuttisanno che la memoria è molto piùvicina a noi di quanto si pensi. C’è una

zona di Urbino che qualcuno voleva chiu-sa. Era delimitata da tre porte, serrate lasera all’avemaria e aperte la mattina dopo.Il ghetto ebraico di Urbino nacque nel1633, dopo la morte dell’ultimo duca,Francesco Maria II della Rovere, quando lacittà ducale passò allo Stato Pontificio.Quando è stato creato, c’erano 64 famiglie,tante quante i lumi del soffitto della sina-goga. Una cifra raggiunta da abitanti deipaesi vicini costretti a tornare, suddivi-dendosi tra i ghetti di Senigallia, Pesaro eUrbino. Le spese del ghetto erano a caricodegli abitanti stessi, costretti ad affitti alti,senza altra possibilità di domicilio. Lacampagna ecclesiastica contro la popola-zione ebraica potrebbe essere riassuntanel dipinto la “Profanazione dell’ostia” diPaolo Uccello. Racconta la vendita dell’o-stia rubata a un commerciante ebreo chefinirà al rogo con moglie e figli.Nonostante la convivenza tranquilla, si

arriverà a un punto in cui sarà impossibileper gli ebrei commerciare nel giorno dimercato, sopperire alle case sfitte delghetto, badare che i figli non siano battez-zati di nascosto e quindi strappati allefamiglie della comunità. Nel 1797 con letruppe napoleoniche le porte del ghettofurono abbattute. Passato Napoleone, inpochi abitavano il quartiere, dove restavaun guardiano, cristiano, al controllo degliingressi. “Ancora pochi anni e il portinaiofinirà col dimenticarsi di chiudere i can-celli all’Avemaria” scrive Maria LuisaMoscati Begnini nel suo libro Sinagoghe diUrbino e Storia del ghetto. All’arrivo deitedeschi, gli ebrei urbinati erano già lonta-ni, nascosti in conventi o famiglie. Urbinonon ha mai avuto chiavi o barriere. Ma l’i-deologia del Papa di turno, gli eserciti, imomenti politici di una Italia intera, bus-savano a quei portoni, entrando prepoten-temente nel ghetto, cambiando l’atmosfe-ra, aumentando difficoltà economiche. Ilquartiere ebraico ha smesso di essereghetto ancora prima di essere definito tale.Forse nella mente degli urbinati non lo èmai stato.

abbiamo voluto sperimentarecoinvolgendo le personeattraverso una mostra labora-torio”. Ed ecco una esposizio-ne singolare: grandi e picciniche disegnano la propriaUrbino con riferimenti deltutto personali, luoghi carichidi esperienze affettive. “Hoscelto di rappresentare viaSanta Margherita perché ci hoabitato a lungo ed è un luogoa me caro”, racconta Giulia,una studentessa di Urbino.Forse sarà per i primi assaggid'estate ma è alta la percen-tuale di rappresentazionidella Fortezza Albornoz defi-nita “la playa”. “Certo che è unpunto di riferimento per lostudente urbinate- spiegaAntonio– io l'ho inserita per-ché ci vado ogni pomeriggio aprendere il sole”. Sempre acausa delle alte temperaturedegli ultimi giorni sono statiin tanti a indicare Piazza dellaRepubblica e le due gelaterieche la “circondano”. Dallaricerca emerge che è propriola piazza centrale di Urbinoquella che ricorre maggior-mente nell’immaginario degliabitanti e non. SecondoPerondi, infatti, “Urbino èPiazza della Repubblica”.Proprio per la città, il progetto“Walk in Progress” è innovati-vo, in quanto unisce le varia-bili utilizzate per la realizza-zione delle carte geografichealle tecniche psicologichelegate a nuove strategie dicomunicazione. Il laboratorio,sempre in progress, mira almiglioramento del benesseredella città e, secondo il ricer-catore, si potranno creare per-corsi per migliorare l’attratti-vità del territorio e unire lesinergie creative della città.

C’era una volta il ghetto con tre porteIn via Stretta non vivono più gli “eredi” delle famiglie ebree

MARIA SARA BERTUCCIOLI

STEFANIA CARBONI

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CULTURA

Marche, ha aggiunto: “Perquesta celebrazione ci è sem-brato opportuno far rivivere aicittadini le emozioni, la storiache gli appartiene attraversol’uso di luoghi che servono aricordare e che ospiteranno,ora, opere di teatro, spettacolidi danza, teatro epico e lettu-re di fiabe per famiglie e bam-bini”. Per inaugurare la rasse-gna è stata scelta Urbino, sededella Galleria NazionaleMarche, una delle primeopere post-unità. Non solospettacolo ma anche giornatedi studi per rileggere il ruolodi archivi e biblioteche. MuseiPalcoscenico Marche è solouna delle iniziative che il ter-ritorio marchigiano sta realiz-zando. La Regione ha da pocoapprovato il piano triennaleper la cultura che, nonostan-

Un caldo quasiestivo di dome-nica pomerig-gio, ma ai tavo-lini fuori dai barsono poche le

persone sedute a prenderequalcosa. Tutti a vedere lospettacolo, ma non più in tea-tro. Uno show per i bambinimentre gli adulti si accalcanoall’ingresso di Palazzo Ducale.Due eventi nella stessa gior-nata, due forme diverse divivere il teatro fuori da balco-nate, platee e gallerie. Mentrei più piccoli si divertono con“Piano” della compagnia “7-8chili”, Ascanio Celestini, conlo spettacolo RadioClandestina, ha inaugurato larassegna di dodici appunta-menti del progetto MuseiPalcoscenico Marche organiz-zato dalla Regione, Amat,International CouncilMuseum e Mibac. Un’ idea cheha come obiettivo quello direndere i musei protagonistidella comunicazione teatrale.“Vogliamo far dialogare lospettacolo dal vivo con il siste-ma museale per rileggere eattualizzare i luoghi storici edare dei criteri di lettura nuoviaccessibili a un pubblico cheabitualmente non li frequen-ta” ha spiegato StefaniaBenatti, assessore regionale.Manifestazioni animeranno icentri storici di varie cittàlungo tutto il territorio delleMarche. Un evento nato inoccasione dei 150 annidell’Unità d’Italia che l’asses-sorato ai beni culturali vorreb-be riproporre in futuro fino afarlo diventare un appunta-mento fisso annuale.Emanuela Ciocca, responsabi-le dei progetti di investimentonei beni culturali della regione

Il viso illuminato da una lampadina. Intornotutto è buio. Nell’oscurità sembra quasi divederla la vecchina analfabeta di cui parla il

narratore. L’ultimo uomo che scala quellamontagna di corpi assassinati e si inginocchiaper attendere la sua fine nelle Fosse Ardeatineè lì, davanti ai nostri occhi, così come la donnacon il fucile che spara dalla finestra ai tedeschinel quartiere San Lorenzo. Radio Clandestinanon ha bisogno di altro, solo parole che si rin-corrono e immagini che nascono dalle mentidegli spettatori. La Sala del Trono del PalazzoDucale perde il suo contesto spazio-temporalee tutto sembra essere trasportato nella Romadel '43. "La memoria - ha spiegato AscanioCelestini in un'intervista dopo lo spettacolo -spesso viene vista come oggetto ma questonon ci serve. Noi abbiamo lo strumento delricordare e per ricordare ci vuole un'occasio-ne. Molte volte il ricordo si affianca al raccon-to. Noi riportiamo qualcosa alla mente perchèin quel momento ci serve a qualcos'altro". ConRadio Clandestina l'artista ha dimostrato "chela memoria non va educata", deve semplice-mente essere utile per il presente. s.b.

“Il televisore è una trappola" dice ValeriaColonnella, una degli organizzatoridello spettacolo “Piano”. I bambini

entrano nella Sala del Maniscalco, giocano traloro ma quando inizia lo spettacolo tutti zitti eattenti osservano la scena. Un tavolo, un cestodi frutta, una caffettiera. In scena un ragazzomangia una banana, controlla il cellulare e vavia. Una nocciolina impazzita prende vita einizia a spintonare altri oggetti vicini, i paninisi muovono e due personaggi escono fuori daun libro. Un mostro e un coniglio.Apparentemente nemici diventano alleatiquando restano intrappolati dentro unoschermo televisivo. Il ragazzo li salva ma restaimprigionato dentro la tv. La musica riempiel'ambiente, gli oggetti si spostano nel caos. Ibambini si guardano, chiedono spiegazioni aigenitori. Il trucco c'è ma non si vede: calami-te mosse da due ragazze sotto il tavolo hannoanimato tutta la scena. Dopo laboratori estudi, la compagnia 7-8 chili ha debuttato aUrbino durante la giornata dedicata al teatrocon uno spettacolo per i giovani che ha affa-scinato e divertito anche gli adulti. s.b.

te i continui tagli governativial settore, punta al rilanciodelle attività culturali e creati-ve anche per cercare di crearenuovi posti di lavoro, soprat-tutto per i giovani. Un altroaspetto sul quale la Regionevuole puntare l’attenzione èrelativo allo sviluppo di tuttigli ambiti della cultura chevanno dal cinema audiovisivoall’editoria e alla promozionedi laboratori per l’imprendito-ria creativa. “L’assessore allacultura regionale PietroMarcolini, in un periodo dicrisi, invece di ridurre i costinel settore vuole puntare adun aumento degli investi-menti cercando di mantenerele esperienze consolidate maanche di individuare nuovevie” ha concluso StefaniaBenatti.

La memoriasecondo Celestini

Bimbi incantatidalle calamite

Show nella sala ManiscalcoRacconti a Palazzo Ducale

Quando il libro è utopiaQuinto appuntamento al Nuovo Magistero

L’utopia nella letteratura, la letteratura come utopia.Questi i binari su cui ha viaggiato il dibattito tra i criticiletterari Piero Dorfles e Filippo La Porta, nell’appunta-mento del 12 aprile all’interno del ciclo di incontri“Dialoghi dell’Utopia” a cura del Dipartimento diScienze della Comunicazione.In una società dove anche la lettura è influenzata dallamoda e dal consumo, utopia è un lettore libero, “un let-tore che chiede a ogni libro una ragione di vita, cheincontra un libro per caso e da quel libro si fa modifica-re l’esistenza”. La letteratura è attraversata da diversitipi di utopia, da quelle “gioiosamente disordinate” diBoccaccio alle utopie politiche di Moro e Campanella.Dopo, seguono utopie negative, romanzi che raccontanoil disagio dell’uomo moderno. In letteratura però l’uto-pia è sempre presente, anche nei tetri romanzi diCéline o nella più tragica poesia di Leopardi, perchéutopia è anche forma, suono e bellezza. g.f.

INCONTRI ALL’ATENEO

Sopra, un par-ticolare dellamostra. Alcentro, unadelle mappeproposte.A sinistra inalto, una carti-na con i puntidi riferimentoscelti dai visi-tatori. Inbasso un dise-gno di ”mappamentale”.In basso asinistra lasinagoganell’ex ghettoebraico in viaStretta

STEFANIA BERNARDINI

Se il museo toglie la polveree diventa un palcoscenico

Gli spettacoli invadono i luoghi storici delle città

Ascanio Celestini. Foto di Maila Iacovelli - Fabio Zayed

STEFANIA CARBONI

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il Ducato

CinemaTHE NEXT THREE DAYS

CinemaDucaleFeriali:20,30/22,45Festivi: 16,0018,15/ 20,30/22,45

Di Paul Haggis, con RussellCrowe, Elizabeth Banks, TySimtkins.La vita di John Brennan vienesconvolta quando sua moglieLara viene condannata perun omicidio che sostiene dinon aver commesso. John hasolo tre giorni per riuscire afar evadere sua moglie

RIOCinemaDucaleFeriali: 20,30/22,30Festivi:16,30/18,30/ 20,30/22,30

Di Carlos Saldanha, con JesseEisemberg, Anne Hathaway,Fabio De Luigi, VictoriaCabello, Pino Insegno.Ambientato tra Rio de Janeiroe la foresta Amazzonica, lacommedia è incentrata sullevicende di Blu, pappagalloche pensa di essere l’ultimodella specie

HABEMUS PAPAMCinemaNuova Luce fino al 2 maggioFeriali: 21,15Festivi:17,30/21,15

DI Nanni Moretti, con MichaelPiccoli, Nanni Moretti, JerzyStuhr, Margherita Buy.Il film si apre alla morte delPontefice con il Conclave chedeve eleggere il nuovo Papa. Ilneo eletto è preda di dubbi eansie. Il vaticano chiama unopsicanalista perché lo aiuti arisolvere i suoi problemi

CineforumI CENTO PASSI

Aula esterne 3/4 collegioTridente, giovedì 21 apri-le, ore 21,00 ingresso gra-tuitoDi Marco Tullio Giordana,con Luigi Lo Cascio, PaoloBriguglia, Lucia Sardo.La storia di GiuseppeImpastato, ucciso dallamafia

Eduardo ora parla urbinateLa Compagnia dialettale in scena il 29 e 30 aprile al Teatro Sanzio

Rivisitata “Uomo e Galantuomo” di De Filippo, saranno rappresentati i vizi e le virtù della città ducale

Testo per misurare lo spazioequivalente di 001 righe car-tella. Testo per misurare lospazio equivalente di 002 ri-ghe cartella. Testo per misura-re lo spazio equivalente di 003righe cartella. Testo per misu-rare lo spazio equivalente di004 righe cartella. Testo permisurare lo spazio equivalen-te di 005 righe cartella. Testoper misurare lo spazio equiva-lente di 006 righe cartella. Te-sto per misurare lo spazioequivalente di 007 righe car-tella. Testo per misurare lospazio equivalente di 008 ri-ghe cartella. Testo per misura-re lo spazio equivalente di 009righe cartella. Testo per misu-rare lo spazio equivalente di010 righe cartella. Testo permisurare lo spazio equivalen-te di 011 righe cartella. Testoper misurare lo spazio equiva-lente di 012 righe cartella. Te-sto per misurare lo spazioequivalente di 013 righe car-tella. Testo per misurare lospazio equivalente di 014 ri-ghe cartella. Testo per misura-re lo spazio equivalente di 015righe cartella. Testo per misu-rare lo spazio equivalente di016 righe cartella. Testo permisurare lo spazio equivalen-te di 017 righe cartella. Testoper misurare lo spazio equiva-lente di 018 righe cartella. Te-sto per misurarelo spazio equi-valente di 019 ri-ghe cartella. Te-sto per misurarelo spazio equi-valente di 020 ri-ghe cartella. Te-sto per misurarelo spazio equi-valente di 021 ri-ghe cartella. Te-sto per misurarelo spazio equi-valente di 022 ri-ghe cartella. Te-sto per misurare lo spazioequivalente di 023 righe car-tella. Testo per misurare lospazio equivalente di 024 ri-ghe cartella. Testo per misura

FRANCESCO MARINELLI

mico stesso. Famosa la can-zoncina dei finti pazzi dell’o-pera napoletana «Lallalarallì, lallalarallà » che

la compagnia diUrbino ha tra-sposto in “T'unche tett era,t'un che tettera, t'un chetett è...” giocan-do sul doppiosenso delleparole e deigesti. Dal 2002 laCompagnia hagirato nei teatridi tutta laProvincia con

94 rappresentazioni, di cui15 commedie, alcune tratteda autori classici comeMachiavelli, Boccaccio eGoldoni. E naturalmente De

Filippo, giunto alla terza rap-presentazione dopo IFantasmi (diventato ISprovignol) e Natale in casaC u p i e l l o(diventato ElPresepi). Tuttoall’insegna diuna ricerca lin-guistica, comespiega il registae attore AmletoS a n t o r i e l l o :“Quando pren-diamo spuntodagli autoriclassici laprima cosa chefaccio è metter-mi a tavolino etradurre il testo nel nostrodialetto in base alle mieconoscenze e ricercando intesti antichi le parole dellanostra memoria storica. Poi

tutti insieme decidiamocome aggiustare i dialoghi,inserendo le parole adatteper rendere il tutto più diver-

tente”. Il dialet-to dunquecome valoreculturale, comeriscoperta dellet r a d i z i o n i .Nella compa-gnia ci sono 20attori, dai 19anni in su. Perquesti giovani èbello riscoprirele radici dellaloro lingua,oggi sempremeno usata.

“Oggi sembra non esserci piùuna gran tradizione dialetta-le, noi vorremmo riscoprirla”afferma Attilio Fini, tra gliideatori di questa avventura

che rappresenta il primoesperimento nella storiadella città.Tutte le musiche e i testi dellecanzoni sono scritte da DuccioAlessandro Marchi, volto notoal pubblico in quanto primariodell’ospedale di Urbino. PerOm e Galantom sono statescelte sonorità swing degli anni’20 e ’30, dato che l’opera èstata scritta da De Filippo nel1922.Divertire gli spettatori portandoin scena la mentalità, i vizi e levirtù degli urbinati attraverso lamemoria storica della lingua.“E’ divertente osservare – con-clude il regista AmletoSantoriello – le facce degli spet-tatori, si accendono i lororicordi come fossero una lam-padina. Si girano, si guardano econ cenni d’intesa si dicono V’ l’arcordat?”.

Improvvisare, nel teatrocome nella vita. Esoprattutto ridere, perfar ridere. “Questo chie-do ai miei attori, questoè il bello di recitare in

dialetto!”. Il regista dellaCompagnia dialettale èAmleto Santoriello, la comme-dia è Uomo e Galantuomo diEduardo De Filippo, o meglio,Om e Galantom.“Ho visto questa commediadiversi anni fa, portata inscena dal figlio di Eduardo,Luca De Filippo, e sono uscitodal teatro con le guance chemi facevano male dal ridere”.Da questo ricordo nasce l’ideadi rivisitare un classico delteatro napoletano, interpre-tandolo in dialetto urbinate. La Compagnia dialettale por-terà in scena Om e Galantomal Teatro Sanzio nelle date del29 e 30 aprile, dopo il successodello scorso gennaio diL’apartament. “Abbiamo chiesto alla famigliaDe Filippo di poter reinterpre-tare lo spettacolo – precisa ilpresidente e anche attoredella compagnia, Attilio Fini –abbiamo scritto i dialoghisecondo il nostro stile, per fardivertire il pubblico diUrbino”. La trama è incentratasu una compagnia di attoriallo sbando che provano lescene di unos p e t t a c o l o ,senza riuscire aconcludere leprove per il sus-seguirsi diimprevisti e perla loro scarsab r a v u r a .Intrecciati neltesto ci sonouna serie discambi amorositra amanti efalsi tradimentiche vedono alcentro la figura del capocomi-co che passa per pazzo pur disalvare l’onore di un nobile,cui la moglie ha messo lecorna, proprio con il capoco-

A Napoli:“Facimmo ‘a morte

d’ ‘e zoccole!Comme

respiramm’don Genna’?”

A Urbino:“E facem

la findel sorc!

Comrespiram

capiscion?”

A sinistra, lareinterpreta-zione dell’o-pera diGoldoni“DellaIolanda”.Nella paginaaccanto,Dj Wins,Dj Zazza ePeppeConsolmagno

carte

llone10

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“La musica ti porta dove vorrestiessere, e capita solo quandosogni. Quando vedi che balla-no e sei tu che li fai muovere, tisenti come un dio”. Dj Wins hagli occhi che brillano d’energia,

o, come dice lui, “ho i brividi e sale l’adrenalina”quando pensa al suo lavoro, alla sua passione.Andrea Sorgente, 34 anni, è nato qui ed è “lo zio” ditutti i dj di Urbino o aspiranti tali. “Ho iniziato a 17-18 anni. Sono partito dai piccoli locali di qui, hofatto tanta gavetta, le vecchie 30.000 lire a serata, esono arrivato a mettere dischi anche alla discotecaDes Alpes di Madonna di Campiglio, uno dei localiche suonano l’house più esclusiva. Qui, invece, mitrovi fisso il giovedì all’Art Cafè o al Q-Club.” Ma quanto guadagna un disck jockey professioni-sta? “Un resident (un dj confermato almeno unavolta alla settima-na da un locale)può prendere dai250-300 euro insu, a serata. Almese, sono 1.200euro, più i circa1.000 euro che sisommano consingoli eventialtrove. A Urbinopagano meno,ogni giovedì sono150 euro”.Insomma, unostipendio di tuttorispetto, che si può approssimare a 2.500-3.000euro al mese. E con tutte le tutele previdenziali, conuna pensione. “Noi versiamo i contributi all’Enpals(Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per iLavoratori dello Spettacolo e dello SportProfessionistico n.d.r.) in base ai contratti che fir-

miamo con i direttori artistici dei locali - proseguedj Wins - ma faccio anche il rappresentante. Comedj guadagno bene, ma a volte può servire qualcosadi più stabile”. Ride un po’ se gli chiedi quello che“vuol fare da grande”, poi risponde con orgoglio“forse sono un po’ <<vecchio>>, ma voglio fare il dj,è la mia vita. Sei pronto a dare tutto te stesso perfarlo. Come dire, puoi anche non mangiare e dor-mire, ma non vivresti senza”. Poi c’è chi è partito molto presto. Dj Zazza, 20 anni- all’anagrafe di Urbino Matteo Zazzeroni - ha ini-ziato a nove anni e per ora ce l’ha fatta. In famiglia,non ha fatto pesare la sua scelta, ha compratomixer e “piatti” con i soldi dei suoi risparmi e delleserate. Anche se è un ambiente molto frenetico e sifa presto a finire nel dimenticatoio, l’abilità di “met-tere a tempo i dischi” - dice dj Zazza - “non è da tuttie fa la differenza”. Una vita normale, o quasi. “Io sono anche produ-cer, e la mia vita è molto più regolare, solo il sabatoo la domenica lavoro tutta la notte. Di giorno, fino

al venerdì, alle 9-10 al massimo,sono in piedi e mimetto al compu-ter a produrre e aremixare in stu-dio. Ci lavoro 7-8ore in una gior-nata, e verso le 19vedo se va bene oè tutto da rifare”.E’ scaramantico,e fa bene, ma aUrbino ora è resi-dent nellaD i s c o t e c a

Accademia, a Casinina, e il suo ultimo singolo regi-stra buone vendite. Questi giorni, con il remix di“Join me” del toscano Gabryjay, una canzone vocalhouse, è al 14° posto nella classifica italiana dei sin-goli Discopiù, portale di compravendita di musicaon-line.

SPETTACOLI

Eventi PasquaSABATO 23 APRILEore 17,00 Piazza San FrancescoCONCERTO BANDA DELLACAPPELLA MUSICALE SS.SACRAMENTO

DOMENICA 24 APRILEore 16,00 e 17, 30 Piazza RinascimentoIL FANTASTICO MONDODEI BURATTINI“La vera storia di Pinocchio” -“La bella e la bestia”

LUNEDI’ 25 APRILEore 17,00Cortile Collegio RaffaelloIL GUSTO DI PARLARNEIngresso liberoDegustazioni guidate con il pro-duttore a cura di “Le botteghedel Montefeltro”. Rinascimento a tavola - In occa-sione della Pasqua“Rinascimento a tavola” è lietadi presentare altri prodotti dellasua linea quali il Tortiglione,ovvero un’alternativa alla classi-ca colomba, e tre nuove tipolo-gie di biscotti

ConcertiURCA HAPPENING 2011MARIPOSA, CAMILLASore 21,00Black Jack (Trasanni)Mercoledì 20 aprileIngresso gratuito

Bus navetta da PiazzaMercatale dalle ore 21,00

Per festeggiare il quarto com-pleanno Urca, la web radiodell’Università di Urbino ha orga-nizzato un evento chiamandodue nomi di grande spicco delpanorama musicale locale cheproporranno i loro ultimi lavori

SpettacoliOM E GALANTOMTeatro Sanzio29 e 30 aprileore 21,00

Una rivisitazione in chiave dia-lettale della commedia diEduardo De Filippo “Uomo eGalantuomo”. La Compagniadialettale urbinate rappresentavizi e virtù degli urbinati

EventiSUPER QUAD SHOWLIDO DI FANODal 23 al 25 aprile e dal 29aprile al 1 maggio.

Evento dedicato alle moto aquattro ruote e accessori Unappuntamento per tutti gliamanti del quad e dei motori.Due weekend di gare, esibizioni,spettacoli mozzafiato

Se Fellini avesse dovu-to dirigere “provad’orchestra” con zuc-che, conchiglie e vasiafricani sarebbediventato matto,

invece Peppe Consolmagnocon questi strumenti riesce atirar fuori una musica, veramusica. Che il pubblico haapprezzato nel concerto divenerdì 15 aprile al circolo Aclidi palazzo Petrangolini, unicoappuntamento nella cittàducale della rassegna jazzsolution. Il musicista pesareseha presentato il nuovo proget-to nato insieme al sax tenore diNicola Salvatori e la chitarra diSimone Spinaci. A Consolmagno l’idea di met-tersi a suonare (e costruire)queste percussioni è venutagrazie ai viaggi, tanti e in giroper tutto il mondo, ma soprat-tutto dalla ricerca di musiche esuoni capaci di stimolare lasensibilità. Per chi ha avutocome unica scuola musicalequella della vita è stato unapprodo naturale. In Brasile, lasua principale fonte di ispira-zione, ha conosciuto il caxixi,un cesto a base di zucca all’in-terno del quale sbattono semie conchiglie, provocando unsuono vivace. Sempre dalla tra-dizione africana e importato inBrasile durante il colonialismo,deriva il Berimbau, un arco dilegno che tende una corda eregge una zucca cava che fa dacassa di risonanza. Per loro

non esistono spartiti e penta-grammi, non esiste neppureuna tecnica del suono. A fare ladifferenza fra un “do” e un “sol”è il rapporto con lo strumento:“Ho sempre sentito l’esigenzadi una relazione intima - spie-ga il musicista - è per questoche non amo usare quelli tradi-zionali. Voglio prima capirecome è fatto e cosa è capace difare uno strumento, perchéognuno di loro ha una sua per-sonalità. Cerco simboli, nonnote”. Un po’ come il tratto o ilcolore di un pittore, le operedi Consolmagno sono innanzitutto gli strumenti che lui stes-so costruisce, affina. Del resto “è la prima cosa a cuipenso - prosegue - è con lostrumento che si determina lamusica. Se poi il rumore lo si faentrare in musica diventasuono ed ecco che tutto siribalta. Mi piace il timbrocome emozione e il ritmocome pulsazione”. C’è chi lo ha definito un multi-pecussionista, chi un antropo-logo e chi un artigiano dellamusica, lui non ama dare defi-nizioni né di se stesso né dellasua musica, perché “l’improv-visazione è quello che fa la dif-ferenza. Vuol dire ispirazione einterazione”. La sua arte musi-cale è un viaggio in continuaricerca, di emozioni e di espe-rienze. L’ultima fermata è stataUrbino, non resta che seguirlonei prossimi appuntamenti. Insilenzio.

MASSIMILIANO COCCHI

Peppe, l’artigianodelle percussioni

In concerto al circolo Acli il 15 aprile

STEFANO STRANO

Quando far ballare diventa un mestiere

Vita da dj: tanta gavetta poi 250 euro a serata

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il Ducato

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Naufragio sull’apostrofoGli universitari e il test Invalsi di terza media: settanta su cento i “bocciati”

Anche i risultati in matematica sono insufficienti. Le ragazze, però, sono più brave con l’italiano

Notizie messe al muroAll’Isia un progetto tra grafica e informazione

Vede, stampa e aspetta commenti.Appende ‘schermi’ cartacei in tutta lacittà per catturare l’attenzione dei pas-

santi sulle immagini che ogni giorno i media cipropongono. Antonella Licitra, 23 anni, stu-dentessa del corso di diploma accademico disecondo livello in Comunicazione, Design edEditoria dell’ISIA di Urbino, ha esposto dal 23al 30 marzo in banche, uffici e collegi alcuneimmagini relative a notizie sia nazionali chelocali, sottoponendo al pubblico di passaggioun test sul loro impatto. Opera anche sul webtramite un blog da lei creato, dal nome ‘On-cit-tadini’. “Tutto questo fa parte di un progetto,‘Status X’, nato nell'ambito del corso diMetodologia del progetto che seguiamo inIstituto”, ha detto. “Ho riflettuto sulla potenzadelle immagini, che possono farsi esse stessenotizia. Il tentativo è di ‘attivare’ i cittadini aprestarvi attenzione, perché veicolo di infor-mazione. Così, dopo aver isolato alcuni framestelevisivi, li pubblico sul blog e ne valuto l’effi-cacia informativa con i visitatori. Poi li stampo

e appendo i manifesti in città, accompagnan-doli con un sondaggio. Finora ho valutatol’impatto di foto-notizie sulla riforma Gelminie sull’installazione di schermi al plasma nelcentro storico di Urbino: è emerso che i piùerano contrari al disegno di legge e che nonavevano mai visto gli schermi, piazzati più didue anni fa in città”. Il titolare del corso diMetodologia del progetto, il professor MarcoTortoioli, esperto di brand identity e autore diprogetti per aziende quali Mondadori e AppleItalia, ha spiegato: “Sono 25 gli studenti delcorso e ognuno di loro ha creato un progettorelativo a una macro area di studio: ‘Identità eterritorio’, ‘Diritti’ e ‘Partecipazione sociale’ ”.“Io vorrei continuare a trattare notizie locali,anche per valutare l’attenzione dei cittadininei confronti di problematiche cruciali per ilterritorio. Il problema è catturare l’attenzionedella gente, che, bombardata da manifestipubblicitari di ogni tipo, fa fatica ad accorger-si delle novità”, ha aggiunto Antonella. Ora,assieme ai suoi colleghi, è in attesa del vialibera per l’esposizione dei risultati del lavoroal FestArch di Perugia dal 2 al 5 giugno.

ELIS VIETTONE

SILVIA BALDINI

Scuola del Libro.0: il futuro dell’editoria sarà un tablet“L’ eBook? Non è un’alternativa: è il futuro”. Così afferma Loretta Del Tutto,presidente della Scuola del Libro.0, “la prima Summer School in Italia dedicataall’evoluzione del libro”. La Scuola raccoglie l’eredità del Corso di LaureaMagistrale in Editoria, Informazione e Sistemi Documentari, in chiusura permancanza di requisiti ministeriali. Il Corso, che inizierà a maggio, affronta tuttele problematiche connesse a produzione, riproduzione, conservazione e divulga-zione dei contenuti digitali e del libro inteso in senso tradizionale e come attua-zione concettuale. I nuovi supporti editoriali aprono prospettive inedite: “ilmateriale di un intero corso di laurea potrebbe essere raccolto in un tablet, pernon parlare delle straordinarie opportunità che questi strumenti offrono aglistudenti diversamente abili”. g.f.

NUOVI CORSI ESTIVI

grado di svolgere le più basi-lari espressioni o non riusci-vano a individuare il comple-mento oggetto di frasi ele-mentari. D’altro canto – a dimostra-zione che il libretto universi-tario non è tutto - moltiragazzi con medie non altis-sime, hanno fatto pochi erro-ri.Le maggiori difficoltà sonostate individuate nei proble-mi di logica a di calcolo base:questo potrebbe essereanche dovuto al tempo tra-scorso dall’esame di terzamedia, in cui probabilmentequelle nozioni di calcoloerano più fresche, ma anchele domande di grammaticanon erano così scontate nellaloro risposta, o almeno que-sto dimostrano i risultatiottenuti. Nel dettaglio, ben sette stu-denti del gruppo non hannorisposto correttamente nem-meno a un terzo delledomande. I cinque test migliori sonostati compilati da tre ragazzi edue ragazze, ma gli unici testdi grammatica senza nemme-no un errore erano quelli fattida ragazze.In generale, le ragazze hannofatto registrare prestazionimigliori nella prova di gram-matica, rispondendo media-mente meglio dei loro coeta-nei, ma mostrando maggioreritrosia nei confronti deinumeri. Per comparare i risultati delnostro campione con quelliottenuti dai ragazzi di terzamedia, Il Ducato si è avvalsodell’aiuto di Roberto Ricci,responsabile del ServizioNazionale di Valutazionedell’Invalsi. “Attenzione all’interpretazio-ne dei dati”, ammonisce peròRicci. “L’attribuzione del pun-teggio avviene su criteri qua-litativi piuttosto che quanti-tativi, quindi non è facileaccostare i numeri ottenuti”. Il nostro test non pretendequindi di avere una valenzascientifica. Però aiuta a riflettere.

Si possono dimenti-care le tabelline, leespressioni, le divi-sioni a 3 cifre: oggiper fare i calcolibasta avere un cellu-

lare a portata di mano. Ma èvero che digitando si disim-para? Forse sì e forse no.Certo, sottoponendo ad alcu-ni studenti universitari unsemplice test di calcoli, sem-bra proprio che il livello siasempre ben al di sotto diArchimede. L’asticella è fermaalla terza media. Grave? Forseè più grave aver dimenticato(o poco praticato) grammati-ca, sintassi e costruzioni delperiodo: si scrive poco, dun-que male.Sta di fatto che gli universitaridi Urbino sono decisamentemeno bravi in matematica deiragazzi di terza media. E in italiano hanno risultatinon migliori dei tredicenni. Il Ducato ha infatti proposto aun campione (non statistica-mente rilevante, ma ugual-mente interessante) di 20 stu-denti dell’ateneo una versio-ne semplificata del cosiddettotest Invalsi, vale a dire l’esamea cui sono sottoposti gli stu-denti delle medie dei paesidell’Ocse e che ne valuta ilivelli di apprendimento.Risultato: in matematica gliuniversitari che hanno rispo-sto in modo esatto almenoalla metà dei quesiti sonostati il 30 per cento (la mediadei tredicenni italiani è del 50per cento). Male anche in ita-liano: solo il 30 per cento haazzeccato almeno la metàdelle risposte (in questo casoperò il valore è uguale a quel-lo dei ragazzi delle medie). Colpiscono soprattutto alcunierrori ricorrenti. Un universitario su quattro,per esempio, ha dimostrato dinon saper rispondere a questadomanda: Un’autostoppistasorridente mi chiese un pas-saggio. L’autostoppista è: a) un uomo; b) una donna;c)non è possibile dirlo perchéautostoppista è un nomeinvariabile per genere; d) Nonè possibile dirlo perchè sorri-dente è un aggettivo invaria-bile per genere. L’apostrofo dopo “un”, cheindica chiaramente la presen-za di un soggetto al femmini-le, è evidentemente una rego-la che molti studenti dell’ate-neo ignorano. Il Ducato ha scelto 10 donne e10 uomini, provenienti dadiverse facoltà (economia,giurisprudenza, sociologia,scienze tecnologiche, farma-cia, lingue e belle arti) e condifferenti medie di voti conse-guiti agli esami. Nel panel c’erano dunquestudenti considerati brillanti.Nonostante questo alcuniiscritti alla facoltà diGiurisprudenza o Economiacon una media degli esamisuperiore al 27, non erano in

Risultatia confronto

Terza media 50%

30%

30%

30%

Matematica

Grammatica

Universitari

Terza media

Universitari

Percentuale di studentiche ha risposto corretta-mente almeno alla metà

delle domande.Studenti universitari alle prese con il test Invalsi

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UNIVERSITÀ

400 euro a creditoMa i ricercatorisognano la cattedra

Pivato: “Concorsi se arriverà il finanziamento”

Per anni e gratuita-mente si sonoaffiancati ai docentinell’insegnamentouniversitario, diven-tando a pieno titolo

dei “professori a basso costo”.Sono i ricercatori universitari:dopo la laurea è arrivato il dot-torato di ricerca, poi un asse-gno di ricerca, il concorso daricercatore a tempo indetermi-nato per chi ha avuto fortuna ea tempo determinato per tuttigli altri. Volevano un posto daprofessore ma per problemifinanziari le assunzioni sonobloccate e si sono dovutiaccontentare di un “mini sti-pendio” per insegnare. Venerdì25 marzo il consiglio d’ammi-nistrazione dell’Università diUrbino ha approvato una deli-bera per la remunerazione deiricercatori a tempo indetermi-nato che svolgono attivitàdidattica. Si tratta di 400 europer ogni credito formativo. Iltetto massimo di crediti chesarà possibile insegnare è statofissato a 16, e la paga dei ricer-catori raggiunge perciò i 6.400euro lordi. È una retribuzioneche va ad aggiungersi allo sti-pendio mensile, che per unricercatore a tempo indetermi-nato si aggira intorno ai 1.500euro. È un punto di partenzache riconosce il lavoro svolto intanti anni, oltre che essere pre-visto dalla contestata leggeGelmini. “Credo che i ricerca-tori abbiano fatto molto più diquanto fosse stato chiesto loroe l’attività didattica è stata svol-ta per consuetudine e accettatain una prospettiva di carrierafutura”, dice Marco Cioppi, ilrappresentante dei ricercatoriin Consiglio d’amministrazio-

Il garante sparisce dalla carta dei dirit-ti e doveri degli studenti e nell’univer-sità già si parla di un giallo. Nel

novembre 2009 il rettore Stefano Pivatoaveva nominato infatti una commissioneper la stesura di una carta che sancisse ildiritto allo studio, alla qualità dell’inse-gnamento, alla trasparenza dei rapporticon i docenti e alla rappresentanza stu-dentesca negli organi di governodell’Ateneo. La commissione è stata pre-sieduta da Nicola Giannelli, delegato ret-torale degli studenti, e formata da rap-presentanti degli studenti, dei presidi ealcuni docenti scelti per le loro compe-tenze. A maggio 2010 si è giunti a unaversione definitiva della carta, approvataall’unanimità. I punti più innovativi: idocenti sono tenuti a compilare e rende-re consultabili i loro registri delle presen-ze, gli studenti hanno un ruolo attivo dirappresentanza in Consiglio di ammini-strazione, Senato accademico e nella

programmazione dell’attività didattica,apportando la loro esperienza di direttiinteressati. Ad assicurare il rispetto dellacarta c’era la figura del “garante”. Durante l’estate la carta viene inviata atutte le facoltà per ricevere eventualicommenti e modifiche ed essere presen-tata in Senato Accademico alla ripresadelle attività. “L’approvazione è statagenerale: 9 facoltà su 10 hanno accoltocon favore il testo. Solo giurisprudenza –tiene a precisare Giannelli – si è dimo-strata sfavorevole”. Dopo vari rinvii l’ap-provazione finale arriva il 9 novembre2010. Ma qualcosa non quadra. Il testoapprovato in Senato non è la carta su cuigli studenti e i docenti in commissionehanno lavorato. “Molti elementi innova-tivi della carta sono stati eliminati” – silamenta Simone Lancianese, rappresen-tante degli studenti all’Ersu. “Ma èsoprattutto la mancata costituzione dellafigura del garante a rendere il nostrolavoro inutile. La carta voleva essere unapresa di coscienza dell’importanza di

essere all’avanguardia. Purtroppo cosìnon è stato”. Dov’è finito il garante? “Ipresidi e gli studenti presenti alla seduta– dice Giannelli – mi hanno detto che ladiscussione su questa carta è stata sbri-gata in 20 minuti a chiusura di una sedu-ta, che non è stata prestata attenzioneagli emendamenti proposti e che era pas-sata senza grande discussione”. Eppureera una figura prevista anche nel pro-gramma rettorale di Pivato. La rispostadegli studenti è dura. Gabriella Flamini,presidente dell’associazione FuoriKorsoe rappresentante degli studenti nelConsiglio di Amministrazione, non haintenzione di lasciar perdere: “Il testo variportato in commissione. Senza la figuradel garante legittimato giuridicamente lacarta non avrà valore effettivo”.Polemico anche il presidente della com-missione Giannelli, che ha rassegnato ledimissioni dal suo ruolo. Rientrate solocon la promessa che a breve il testo tor-nerà in Senato e il garante verrà ripristi-nato.

ne. Sono state ottenute buonecondizioni e ne va fiero il retto-re Stefano Pivato: “È un proble-ma di etica del lavoro, è giustodare quest’indennità ai ricerca-tori, deve renderci orgogliosiaver accordato un cifra delgenere. I soldi saranno recupe-rati riordinando il bilancio etagliando spese superflue”.L’ateneo di Urbino, come tuttigli altri, non può proprio fare ameno del supporto didatticodei ricercatori. “Far insegnare iricercatori è stata una necessità– dichiara il rettore- con il 3+2 i

Che fine ha fatto il Garante?La carta degli studenti approvata senza le innovazioni

corsi di laurea si sono moltipli-cati, abbiamo dovuto ricorrerea loro perché non avevamosoldi”. Ad oggi poco è cambiato,l’Università di Urbino non è vir-tuosa, è sotto finanziata e perquesto non vengono banditiconcorsi pubblici. Continua ilrettore: “Stiamo ancora com-pletando il passaggio da univer-sità libera a università statale esolo nel caso in cui nel prossi-mo autunno arrivassero i circa15 milioni di euro dal Ministerodell’Istruzione le assunzioniverrebbero riaperte”. Un vicolo

cieco per i ricercatori che nonvedono possibilità di far carrie-ra. Possono sperare in un con-corso da professore associato e,per chi ha il coraggio di sognarefino in fondo, c’è poi la cattedrada professore ordinario. Lacategoria dei ricercatori atempo indeterminato gode diuna certa stabilità economicanonostante sia “a esaurimento”,una razza diventata in via d’e-stinzione con la legge Gelmini.Il precariato più frustrante èriservato invece ai ricercatori atempo determinato che hanno

un contratto di tre anni che puòessere rinnovato una sola volta.Si trovano in un limbo, senzatroppe aspettative. “Ci sonotanti giovani in gamba a cuinon possiamo prometterenulla, dovrebbero essere lanostra forza intellettuale einvece possiamo solo consiglia-re di andare all’estero”, diceAlessandra Penna, ricercatrice.Stessa sorte per dottorandi eassegnisti di ricerca: non sannose all’università avranno maiun futuro e dovranno affrontar-lo senza reti di protezione.

DORIANA LEONARDO

PAOLA ROSA ADRAGNA

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Chateau, se fosse scudetto?Dopo la vittoria della coppa Cev, le “guerriere” si preparano per i play off

L’allenatore François Salvagni: “Ci aspetta un periodo molto impegnativo, ma sono ottimista”

Il presidente Sacchi:“Con queste ragazzenon finisce certo qui”

L’intervista

Il presidente Giancarlo Sacchi racconta lasua ventennale esperienza al comandodella squadra e illustra i programmi per ilfuturo del team ducale. “Guido la societàdal 1990 - dice - ma non chiamiamolaChateau d’Ax. Questo è il nome dello

sponsor, negli anni ne ho avuti a non finire. Lasocietà si chiama Robur Tiboni Urbino Volley.“Robur” in latino significa forza, Tiboni è ilcognome di un giovane urbinate che fu uccisodai tedeschi. Per ricordarlo la città gli intitolòuna delle associazioni sportive più prestigiose”.Presidente per casoo per passione?“Ho due figlie con lapassione della palla-volo. Nel ’90 ci fuuna crisi fortissima:l’economo dellasocietà era un pro-motore finanziariofasullo, che portòvia circa 14 miliardiai risparmiatoriurbinati e lasciò laRobur Tiboni con100 milioni di debi-to. Mi chiesero: la vuoi prendere tu?”Dalla bancarotta alla serie A...“Nel giro di dieci anni siamo arrivati in serie Acon otto ragazze di Urbino. Puntare sul settoregiovanile ci ha permesso di fare questo straordi-nario salto di qualità”.Subito dopo la finale di coppa Cev ha dichiara-to: “Con queste ragazze non finisce qui”.“Salvo grandissime incognite che nello sport cistanno sempre, iniziamo a collocarci in unaposizione più qualificata nella classifica dellaregular season. E poi ci possiamo giocare tantecose nei play off…”Molte squadre di serie A hanno già confermatogiocatrici e allenatori per la prossima stagione. “Io riconfermerei tutte le giocatrici e lo staff alcompleto, ma se tutto questo è compatibile conil nostro progetto, che è molto attento alle risor-se economiche. Nel mondo dello sport la diffi-coltà è trovare gli sponsor. Se dopo l’annata stre-pitosa aumentano le pretese e le risorse non cisono, io non confermo nessuno. Procederemocome abbiamo sempre fatto e cercheremo gio-catrici che hanno fame di vittoria e sono piùaccessibili dal punto di vista dell’ingaggio”.

“En suced, mose suced…”.E alla fine ès u c c e s s odavvero. LaC h a t e a u

d’Ax Urbino è entrata nella storiadella pallavolo internazionalecon la prestigiosa Cev Cup,strappata alle russe dellaDinamo Krasnodar sotto le ban-diere gialle e blu di unPalaMondolce strapieno.Ciliegina sulla torta, la premia-zione del capitano Chiara di Iuliocome miglior giocatrice del tor-neo, il secondo per importanzain campo continentale. L’EuropaLeague del volley, per intenderci.Ma non è ancora abbastanza perle “guerriere”, che con unoschiacciante tre a zero hannobattuto la Scavolini Pesaro nelpartecipatissimo derby marchi-giano della settimana scorsa. Eora? Mancano ancora due mesialla fine del campionato di serieA1, lo scudetto non è un sognoma una realtà da costruire gior-no dopo giorno. Lo sa bene l’al-lenatore della squadra, FrançoisSalvagni, bolognese d’originema marchigiano d’adozione, 23anni passati in panchina, per ilsecondo anno al comando dellasquadra urbinate. “L’anno scorsoè stato il nostro primo anno inserie A1 e la coppa Cev non eraun obiettivo. Anche guadagnarsila qualificazione è stata unagrande soddisfazione”. La “regu-lar season” finirà il 30 aprile, poidal 9 maggio al 5 giugno tutte lesquadre più forti rientreranno ingioco per aggiudicarsi lo scudet-to. Quest’anno parteciperannoai play off tutte le squadre, tran-ne le ultime due destinate aretrocedere in serie A2. Settima,ottava, nona e decima classifica-ta giocano i pre play off. Le duesquadre che passano il turno sigiocano con le prime sei quarti,semifinali e finale. “Nei play off cisi può rigiocare tutto, si parte dazero, con un nuovo percorso. Lacosa più importante – spiegaSalvagni – è come le squadre ciarriveranno. Distrutte o in splen-dida forma? È in base a questo

che si decide chi avrà la possibi-lità di vincere lo scudetto”. E laChateau d’Ax ha buone possibi-lità. “Io per i play off sono moltopositivo. Carnaghi Villa Cortese,Foppapedretti Bergamo eScavolini Pesaro – dichiara l’alle-natore - hanno molte probabili-tà di vincere lo scudetto: peresperienza e per i valori incampo sono loro le candidate adarrivare in fondo. E poi ci sono lealtre, in particolar modo noi,Yamamay Busto Arsizio e AsystelVolley Novara . Abbiamo la pos-sibilità di arrivare comunque infinale e provare a dare fastidio aqueste tre super squadre”.Le ragazze dovranno fare i conticon la stanchezza di una stagio-ne massacrante, con tre partitea settimana. A sostenerle, lavoglia di vincere e la passionedei tifosi. Il fan club dei“Fedelissimi Urbino” non si

perde un match. “In poco tempoabbiamo conquistato tantissimopubblico, ripagato con grandisoddisfazioni”.“L’avventura in Europa -conti-nua Salvagni - ha un fascino par-ticolare e ha portato nuoviappassionati e nuovi tifosi. Nellosport solo vincere fa sì che i tifo-si aumentino e noi per fortunaabbiamo vinto tantissimo. Pianopiano la curiosità iniziale si è tra-sformata in affetto, la voce in unpaese così piccolo gira moltovelocemente…E quest’affettoenorme che c’è nel palazzettodurante le partite noi l’avvertia-mo anche per strada. In unpaese così piccolo, ovunque vaila gente ti ferma, ti incita, ti donal’entusiasmo che ti aiuta quandosei stanco. Ti senti responsabiledi dover ripagare queste perso-ne con un grandissimo impe-gno”.

NADIA FERRIGO

In alto, leragazze diFrançoisSalvagnifesteggianodopo la vit-toria controla Dinamo. A destra, ilPresidenteGiancarlo Sacchi.Foto:AndreaCeccarini

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SPORT

Studio, mi alleno molto e poi lo faccio nerocon una “difesa rosa”

Sempre più iscritte, presto un corso a Urbino

Occhi, gola, genitalie ginocchia: sonoi quattro punti delnostro corpo chenon hanno prote-zione muscolare.

E sono i bersagli principali del-l’autodifesa secondo il metodoKrav Maga. Non è una discipli-na, né un’arte marziale, ma unconcetto ebraico che significa,letteralmente, “combattimentocon contatto”. In Israele è il fioreall'occhiello di un addestra-mento militare obbligatorio chedura 3 anni; in Italia, il metodo èdivulgato in primis alle forzearmate e a quelle di sicurezza.Ma per la sua relativa semplici-tà, le donne l’hanno eletto asistema preferito di autodifesa.A cominciare dalle imprenditri-ci di “Terziario donna” dellaConfcommercio di Pesaro e

Urbino, che hanno organizzatodue corsi. “Non viviamo in unbel mondo. Se ne sentono cosìtante in tv - rivela Patrizia Caimi,presidentessa del gruppo diimprenditrici - che abbiamobisogno di sapere come difen-derci. Molte di noi hanno negozi,e hanno bisogno di sentirsi piùautonome”. “È alla portata ditutti- spiega Remo Grassetti,presidente dell’AccademiaItaliana “Isreli System of MilitarySelf-Defence” - e non bisognaessere atleti per praticare il KravMaga”. L’addestramento puntasui principi della difesa persona-le: spostamento, movimento ebersagli definiti. “Anche se l'ag-gressore è fortissimo - continuaGrassetti - ha dei punti scopertiuguali a quelli dell’aggredito”.“Abbiamo scelto il Krav Maga -continua Patrizia Caimi - per-chè è un metodo tecnico basa-to su poche, semplici regole di

difesa: una donna non puòattaccare un uomo forte, quin-di deve sapersi difendere escappare”.Ed è proprio questo il concettofondamentale dell’addestra-mento: nel Krav Maga non sichiede di combattere per stra-da con l'aggressore. “Due sonole soluzioni di difesa: risponde-re con la tecnica o scappare. Hosentito di donne - prosegueGrassetti - che si credevanoinvincibili dopo due mesi dicorso, ma per acquisire abilità ènecessaria tanta pratica”.Anche Rinaldo, 24 anni, è d'ac-cordo sul fatto che un corso di 8settimane non bastino: “Unsoggetto che pratica questometodo in modo costante sidifferenzia da un esaltato per latesta. Le arti marziali, ma ancheil Krav Maga che ne è una fusio-ne, se praticate nel modo giustoti consentono di reagire a san-gue freddo a un’aggressione”. Con il Krav Maga si insegnaquindi a gestire una situazionecritica. “Spieghiamo alle donneil comportamento, la preven-zione. Perchè un attacco - affer-ma il maestro Grassetti - spessosi può evitare. Ricordo tredonne che ho allenato: sonoriuscite a prevenire l’attaccodopo aver visto quello che stavaaccadendo. Anche quella èdifesa personale”.Sempre più donne ricorrono aquesta disciplina. “Non è più lasocietà di 40 anni fa. Le aggres-sioni possono accadere anchenel paesino di mille anime.Molte donne la richiedono per-chè vanno in giro con il figliopiccolo” conclude Grassetti.“La nostra provincia è tranquil-la, ma non si sa mai. Dopo ilcorso - aggiunge Patrizia Caimi- ti senti più sicura, più fortifi-cata”.

GIORGIA GRIFONI

Unificando corpo, mente e spiritoIl maestro Di Massimo spiega il significato dello Yoga

La lezione inizia con movimentipreparatori. Gli allievi, a piedirigorosamente scalzi, si dispongo-

no sul tatami, il tappeto che viene uti-lizzato anche per le arti marziali. Ilmaestro mette come sottofondo unamusica orientale, in modo da crearel’atmosfera giusta per la concentrazio-ne. Quindi si comincia. La lezione pre-vede posizioni ginniche, le asana, chemirano a tonificare e distendere schie-na, addome e membra. Poi esercizi diconcentrazione, come fissareper alcuni minuti una cande-la. Quindi la recitazione di unmantra, una vibrazione sono-ra che ha il compito di armo-nizzare corpo e mente. Infineil rilassamento, per distende-re tutti i muscoli. Durantetutta la lezione la finestra èaperta, perché una buonarespirazione è essenziale.Maurizio Di Massimo, l’inse-gnante, tiene corsi di Yoga da30 anni. Ha preso il diplomapresso la Federazione ItalianaYoga, è stato in India svariatevolte e nonostante il bagaglioacquisito si ritiene ancora alleprime armi. Soprattutto, è cauto neldefinirsi Maestro: “Questa parola inIndia ha un significato enorme: ilMaestro è colui che dissipa le tenebredell’ignoranza e dà consapevolezza.Meglio parlare di insegnante. L’India hatramandato per millenni la conoscenzadello Yoga, che non è una religione, mauna via di conoscenza di se stessi. I suoiprincipi sono universali, perché si

applicano all'essere umano, di qualsia-si religione, luogo, estrazione sociale”.Al suo corso, tenuto presso l’Istituto dimedicina naturale di Urbino, parteci-pano circa venti iscritti, di età differen-ti. “Di solito ci si avvicina allo Yoga perproblemi fisici – prosegue Di Massimo -come problemi di schiena o difficoltànella concentrazione. In realtà lo Yoga,che significa “unione”, è una filosofiadel benessere e, insieme all’Ayurvedache significa “scienza della lunga vita”, ècaratterizzato dalla consapevolezza chel’uomo è composto da corpo, mente,

energia vitale, spirito. Già diversi millenni fa questa concezio-ne era ampiamente considerata. Forsequesto è il messaggio più importanteper l’occidente: per stare bene occorreconsiderare tutti questi livelli e solol'integrazione di questi piani porta allosviluppo dell’autentica personalità eall’autentica salute. L'occidente sta cer-cando di colmare questo vuoto, ripara-

re la separazione che è stata creata eriunire spirito e materia, corpo emente, logica e intuizione”.Nelle sue lezioni, oltre al respiro e alleposizioni è fondamentale il rilassamen-to, che è la base per altre tecniche comeconcentrazione e meditazione. Hannomolta importanza anche l'alimentazio-ne e le pratiche di disintossicazione delcorpo, e sono insegnate norme igieni-che e la disciplina del giusto pensiero,secondo la concezione per cui la menteinfluenza il corpo.“L'essere umano è come uno strumen-

to musicale che deve essereaccordato” dice il maestro.“Lo studio è pressoché infini-to, il corpus di conoscenzeche i maestri ci hanno lasciatoè enorme. È una disciplinanata da un’osservazionemolto profonda della realtà edell'essere umano” .Ci sono numerosi praticantianche a Pesaro, dove il mae-stro tiene un altro corso. Gliallievi sono di solito donne,anche se negli ultimi anni c’èun crescente interessamentodei maschi e un aumentodella sensibilità verso la disci-plina. Siamo ben lontani però

da una visione simile a quella che c’è inOriente: “In India c'è ancora una sacra-lità in tutto ciò che ci circonda: il fiume,la collina, l’albero. Lo Yoga è stato tra-mandato non tramite dogmi o libri, matramite l’esperienza, grazie a maestriche hanno mantenuto viva questa anti-ca sapienza. Sono conoscenze chealtrove abbiamo perso, mentre nelloYoga si sono conservate”.

Sorpresa e rapidità, i segreti del colpo perfetto

DOMENICO A. MASCIALINO

Il Krav Maga fu creato daImi Lichtenfeld, classe1910, ebreo cecoslovac-co che visse a Bratislavatra le due guerre. Praticòarti marziali e sport dacombattimento e sviluppòun sistema di lotta perdifendersi dalle persecu-zioni naziste. Emigrato inPalestina, insegnò il suometodo alle milizie ebrai-che in lotta contro Arabie Inglesi. Alla nascitadello stato di Israele,venne chiamato ad adde-strare l’esercito.

LE ORIGINI

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MASS MEDIA

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: STEFANO PIVATO, Rettore dell'Università di Urbino "Carlo Bo". Vice:GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche. Consiglieri: per l'Università: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIU-SEPPE PAIONI; per l'Ordine: STEFANO FABRIZI, DARIO GATTAFONI, CLAUDIO SARGENTI; per la Regione Marche: SIMONE SOCIONOVO, ALFREDO SPARAVENTI; perla Fnsi: GIOVANNI GIACOMINI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRICOMASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI

IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 www.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733Registrazione Tribunale Urbino n. 154 del 31 gennaio 1991

“Per difendersi dalle bufale - dicePaolo Attivissimo - basta usaregli strumenti offerti da Internet”

“Le ultime duesettimane dimarzo sono unperiodo frene-tico per il colti-vatore di spa-

ghetti. Molti di voi, ne sono certo,hanno già visto le vaste coltivazio-ni di spaghetti nella piana del Po”. 1 aprile 1957. Mezza GranBretagna è sintonizzata sulla BBCper assistere alla trasmissione“Panorama”. Alla fine del serviziol’emittente inglese riceve centi-naia di telefonate: tra i telespetta-tori qualcuno si è accorto dellabufala; qualcun altro c’è cascatoin pieno e chiede istruzioni perpiantare un albero di spaghetti ingiardino.1 aprile 2011. Il pesce d’aprilecolpisce ancora: a farne le spese èproprio chi le notizie dovrebbeverificarle: i giornalisti. A settegiorni dalla scomparsa di LizTaylor, il Daily Mail pubblica unafoto inedita dell’attrice. Niente distraordinario, se non fosse che lastar hollywoodiana, al tempoventiquattrenne, vi appare per laprima volta senza veli. “La foto –si legge nell’articolo del Daily - èun regalo di fidanzamento al pro-duttore Michael Todd. Nel 1980era stata acquistata dal collezio-nista Jim Shaudis il quale, dopo lamorte dell’attrice, ha deciso direnderla pubblica per i suoi fan”.La notizia, si capisce, fa gola enell’arco di poche ore vieneripresa da Ansa, Agi, Gazzetta delMezzogiorno, Repubblica,Messaggero e Corriere della Sera.Peccato, però, si trattasse di unfalso: a far scattare l’allarme anti-bufala è stato Paolo Attivissimo,divulgatore informatico e autoredel blog http://attivissimo.blog-spot.comIn un articolo apparso suwww.daily.wired.it, Attivissimocommenta la vicenda e offre, altempo stesso, un rapido vademe-cum per aspiranti “hoax busters”:“Una semplice ricerca in Googleavrebbe indicato che il nome diJim Shaudis non era mai statocitato da nessuna fonte onlineprima del primo d'aprile. La fotodi Liz Taylor è stata prontamentesbufalata non dai giornalisti, madagli internauti, che hannodimostrato di essere molto piùbravi di chi è pagato per racco-gliere e verificare le notizie. Lapresunta immagine inedita dellaTaylor, infatti, non appartiene

affatto all'attrice, ma alla ballerinaLee Evans, immortalata nel 1940dal celebre fotografo PeterGowland, e non è affatto inedita: èstata pubblicata nel 2001 nel libroClassic Nude Photography:Techniques and Images”.Meglio i blogger dei giornalisti?“Forse – risponde Alessio Sgherza,giornalista di Repubblica.it. -rispetto a noi giornalisti, i bloggerhanno l’abitudine di controllareanche le fonti più autorevoli. Nelcaso della foto di Liz Taylor,comunque, ci siamo tutelaticitando la fonte”. Il caso di Liz Taylor non è peròisolato: il sito del Sole 24Ore hastilato una classifica delle diecibufale più famose circolate sulweb lo scorso anno. Al primoposto, c’è la notizia sulla mortedi Lino Banfi: in questo caso i sitidi informazione non ci sonocascati ma l’annuncio dellascomparsa di “nonno Libero” ècircolato per ore sul web primadi essere smentito da Lino Banfiin persona. Al secondo posto, il Sole 24Orecolloca la notizia dell’eruzione diun secondo vulcano islandese.Questa volta l’allarme parte daTwitter: un giornalista diMSNBC, scrive che “la presenzadi una vasta nube lascerebbepensare all’eruzione del vulcanoHekla”, specificando in un postsuccessivo che nessuna autoritàaveva confermato la notizia. I sitidi Corriere, Repubblica eGiornale ignorano il secondotweet e pubblicano la notizia. Laterza bufala ha dell’incredibile:Mark Gasson, un ricercatoredell’Università di Reading, è ilprimo uomo a essere stato infet-tato da un virus informatico. Lanotizia viene pubblicata da ungiornalista della BBC, RoryCellan-Jones, e ripresa da nume-rosi siti italiani: l’emittente bri-tannica ha poi ritrattato, scusan-dosi per il tono non sufficiente-mente scettico usato nel trattarel’argomento.Ma come difendersi dalle bufa-le? Secondo Paolo Attivissimo,“basta usare gli strumenti offertida internet, indagando suimotori di ricerca come Google,con un occhio ai siti dedicati allebufale più celebri”. Ne sannoqualcosa i musicisti di Elio e lestorie tese, il cui brano, “MioCuggino”, riassume alcune dellebufale più famose circolate negliultimi anni. E dimostra che uncugino ben informato può evi-tarci brutte figure.

VALERIO MAMMONE

Finto Eco scrive al New York TimesIl quotidiano americano è caduto nella trappola, ma ha poi pubblicatocon evidenza un articolo di scuse intitolato "A terrible mistake"

Tommaso Debenedetti, il mago delle interviste-bufala, ne ha combinata un’altra delle sue: la vit-tima, stavolta, è nientemeno che il New York Times. La scorsa settimana, Debenedetti ha inviatouna finta lettera di Umberto Eco (con tanto di firma) al quotidiano americano. Nella missiva, ilfinto Eco si scagliava contro il filosofo Bernard Henry Lévy, reo di aver appoggiato l’intervento inLibia. Il Nyt ha riconosciuto l’errore pubblicando un articolo di scuse intotilato “A terribile mista-ke”. A dare notizia della bufala è stato Federico Mello sul Fatto Quotidiano. Non è la prima voltache Debenedetti prende di mira Umberto Eco: a febbraio l'autore della bufala aveva creato unfalso profilo del semiologo su Facebook accettando richieste di amicizia da parte di numerosigiornalisti e intellettuali italiani. Lo scopo dell'operazione, aveva dichiarato, era dimostrare che"tutto ormai viene accettato senza che ci sia più confine tra verità e menzogna".

BUFALE DELL’ULTIMA ORA

Vendo un Raffaello: 100 euro Sul web, un trionfo di truffe e raggiri. Potreste trovare un annuncio come questo

Dagli alberi di spaghetti alla foto nuda di Liz Taylor. Ecco come una falsa notizia può diventare verità

Nella foto, Totò cerca di vendere la Fontana di Trevi. La scena è tratta da "Totòtruffa", filmdel 1961 di Camillo Mastrocinque.