Domanda antropologica

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    D O M A N D A A N T R O PO L O G I CA E M O D E L L O RE G A L EF O RT U N E A LT E R N E D I U N A C I F R A U N I V E R S A LE D E L L E L E Z IO N E * R o b e r t o Vi g n o l o

    1 . P R E L I M I N A R I

    1 . 1 . P r e m e s s e a n t r o p o l o g i c h e c i r c a l e l e z io n e b i b l ic aRiprendendo alcune considerazioni di P. B EAUCHAMP-nel merito un po'

    meno oscure, ma non meno dense del solito-, 1 partiamo anzitutto conside-rando come al concetto di elezione risulti indispensabile uno schema triadi-co, ovviamente ridisegnabile secondo una molteplice e variabile geometria,costituito dal concorso interattivo di tre termini: rispettivamente lunico, al- cuni, tutti. Lelezione biblica tocca senzaltro un singolo (individuo , ovverogruppo o popolo), ma per definizione mai direttamente quei tutti nella cuiindispensabile cornice appunto l'elezione si produce . L'eletto, anzi, si oppo-ne per sua stessa definizione ad una residua totalit, perfino maggioritaria,di cui pu suscitare di volta in volta la gelosia, o il disprezzo, nel miglioredei casi il riconoscimento.

    Per quanto sia, il rapporto tra l'eletto e il non eletto non pu risolversiper in termini di piatta contrapposizione tra un soggetto a statuto comple-tamente speciale, in tutto e per tutto diverso dagli altri, e un residuo univer-sale indistintamente comune. Quel rapporto chiede piuttosto di essere pen-sato come integrazione reciproca, dal momento che per un verso l'eletto - inquanto umano -non perder mai completamente i caratteri universali disoggetto comune, comunque iscritti in lui; per l'altro la sua differenza speci-fica di eletto (questo almeno avviene nell'ambito biblico) deve comunquepur rendere conto all'universale orizzonte da cui spicca, nel senso che il suoprivilegio di elezione ha da mostrare la rilevanza specifica, possiamo direperfino salvifica, della differenza vantata nel contesto dell'universalit me-desima. Insomma, se l'elezione ha ovviamente un lato esclusivo, essa tutta-via comporta simultaneamente un aspetto inclusivo, sia in quanto al propriointerno ospita, condividendola, l'umana infrastruttura a tutti comune, sia in

    quanto la propria differenza di eletto implica una qualche ricaduta a van-taggio dell'altro. Cos,

    lelezione deve necessariamente comporsi con altre dimensioni. Il concetto dielezione trova un orizzonte che si dilata e dei limiti che lo preservano. Lorizzonte al-largato quello di un concetto universale di umanit, che insorge con forza nellambitostesso in cui lindividuo si afferma. Per esempio, il supplice si lamenta daver cessato

    * Apparso in : Atti del XIII Convegno di studi veterotestamentar i (Foligno 8-10 settembre 2003), a cura di C. Termini, Ricerchestorico bibliche nr. 1/2005 (gennaio - giugno) , EDB Bologna 2005, 239-283.

    1 P. BEAUCHAMP, lection et universalit dans la Bible , in tudes 382/3 (1995) 373-383, ora in Id., Testament bi- blique , Bayard Paris 2001, 95-112 (cito da quest'ultima edizione). Id., Le rcit, la lettre et le corps. Essais bibliques.Nouvelle dition augmente (Cogitatio Fidei 114) Du cerf Paris 1992, 172 ss.; 254 ss. Id. L'un et l'autre Testament .Essai de Lecture, Paris, du Seuil, 1976 (trad it. Paideia, Brescia 1985), 236-238. 253-254. Id. L'un et l'autre Testa- ment 2. Accomplir les Ecritures, du Seuil, Paris 1990, 238-264.

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    dessere un uomo (Sal 22,7; cfr. 139,15). Per una molto rilevante coincidenza anzitut- to sullorizzonte della morte che si manifestano al tempo stesso quanto la condizionedel salmista ha di universale e la distretta che legittima il proprio grido. Ricordati, di-ce a Dio, per quale nulla hai creato ogni uomo (Sal 89,48; cfr. 90,10). Non c pi dif-ferenza tra leletto e gli uomini, se non il fatto che leletto protesta a loro nome.

    Per cogliere in qualche modo l'anima stessa dell'elezione, inquadriamoil momento e la dimensione pi illuminanti di presa coscienza di questo sta- tus , e l'esperienza dove esso affiora a livello di parola. Lasciando ancora laparola a B EAUCHAMP, eccoci rimandati al linguaggio della preghiera, trattabile(senza per questo nulla togliere alla sua qualit teologale) in termini radi-calmente antropologici come luogo peculiarmente rivelativo dell'umano de-siderio 2:

    ... nella certezza dessere eletto, laudacia della preghiera biblica non ha solola propria fonte. Essa costruisce lelezione. Paradossalmente, certo, poich in senso ov-vio lelezione un atto di Dio, non iniziativa umana. Ma ci non contraddice che possaradicarsi nel rischio assunto dalluomo. Lelezione laudacia del desiderio. Latto pri- mo delluomo biblico di credere alla propria esistenza, di crederci tanto da trovarviDio. Ci facendo, senza saperlo, la supera. Questo atto di rischio distacco da se stesso,questo rischio una speranza. E per averlo trattenuto a forza e a lungo fino al puntodi vincere Dio che Giacobbe benedetto .3

    Quale ipotesi di lavoro e in vista di un'adeguata precomprensione antropo-logica del nostro concetto, su questo sfondo, l'elezione potr allora definirsi

    come risposta dell'umano desiderio, e pi precisamente:- risposta avanzata in termini di singolare autoidentificazione rispetto aduna comune condizione antropologica universale, di cui farsi in qualchemodo interprete;- risposta comunque intensiva alla gratuit e alle opportunit della vitateologalmente e responsabilmente intesa, storicamente determinata, im-

    prontata a speranza.A meglio orientarci nel mare magnum del desiderio, soccorre, come scan-

    daglio messo a disposizione dalla psicologia del profondo, un'apprezzabiledistinzione, segnata da un minimo scarto vocalico, trai due termini dall'eti-mo perfettamente indipendente, elezione ed elazione .4 Mentre la prima, co-me gi accennato, intende una selezione dell'eletto, che per quanto messo aparte, tuttavia non abbandona completamente lo stato comune e universaledi tutti, mantenendo appunto dimensioni comunque (pi o meno) inclusive,

    2 Del resto, il privilegio filiale del re di Giuda, consisteva in una preghiera a Dio come proprio padre, avanzata intotale parrhesia , per cui egli poteva chiedere tutto ci che voleva, direttamente secondo il proprio desiderio (1Re3,5; cfr. Is 7,11; Sal 2,8; 20,5; 21,3.5. Cf G. V ON RAD, Teologia dell'Antico Testamento. I. Le tradizioni storiche, Pai-deia Brescia 1972, 364-365).3 P. BEAUCHAMP, Testament, 99-100; sott. mia.4 Elezione viene dalla radice del verbo eligere , scegliere, mentre elazione viene piuttosto dal ptc. pass. di efferre, innalzare, ed sinonimo di orgoglio, arroganza, tracotanza (S. B ATTAGLIA, Grande Dizionario della lingua ita- liana.V, Utet Torino 1968, 74) .

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    l'elazione si caratterizza invece per l'unilaterale rivendicazione di esclusivi-t, antropologicamente parlando registrabile in una duplice accezione:a/ a livello di psicologia del S- come quel vissuto di unicit, di pacificazio-ne e di soddisfacimento privo di bisogni che stato sperimentato nel corso

    della vita prenatale, e che costituisce la base della formazione narcisistica,b/ e in ambito psichiatrico come di uno stato di felicit sporporzionato ri-spetto alla situazione che dovrebbe motivarlo, frequente negli stati di maniacome stadio antecedente all'esaltazione dove compaiono elementi di gran-diosit e di euforia. 5

    Circa questa distinzione abbiamo buone ragioni per preventivare come,universalmente parlando (e quindi, c' da starne sicuri, anche biblicamen-te), ogni istanza di elezione non si avanzer mai perfettamente innocente,del tutto scevra da qualche pi o meno accentuato risvolto elativo. Il che perfettamente comprensibile, nel momento in cui accettiamo di riconoscervil'investimento proiettivo di un desiderio vitale, quindi da una spinta ten-denzialmente altomimetica di affermazione del S, in un senso appunto al-meno potenzialmente elativo. Ma, rispetto a questa tendenza primaria piingenua, ogni desiderio vitale , come sappiamo, pur sempre destinato a rie-laborarsi in un processo di posizione, decostruzione e ricostruzione. Il cheimplica certamente uno spurgo delle suggestioni elative, nonch la stessadecantazione di tutte le migliori istanze elettive, le une come le altre misura-te, non solo ovviamente sul principio della libert divina elettiva, ma anchesul principio di realt, ovvero della storia, ordinario banco di prova in vistadi una migliore appercezione del S, di un desiderio vitale reintegrato conl'universale. In quanto frutto del desiderio chiamato a declinarsi nel tempo,lelezione nel suo storico decorso mai corrisponde ad attese troppo preven-tivabili, mai e poi mai si profila e si compie effettivamente come uno selaspettava in precedenza. Avanzando invece sempre in termini immanca-bilmente spiazzanti e ultimamente ironici (perfino comici, e - auspicabil-mente - umoristici) subisce una duplice messa alla prova (non dimentichia-mo, in merito, il singolare, costitutivo bassomimetismo delle figure bibliche,valide non in quanto allettanti e affascinanti, bens in quanto piegate a quel-

    la straniante obbedienza, che colpiva la perspicacia di E. A UERBACH).6

    Sar,per un verso, la prova dell'elezione nella sua dimensione strutturale, che nedecostruisce l'illusione elativa per dilatare la dimensione elettiva e portarlaa pi adeguata capienza interna, effettivamente ospitale dell'universalecondizione umana a fronte della quale messa a parte, e di cui, infine, chiamata a rendere ragione. Per l'altro sar la prova della dilazione tempo- rale , cio della capacit protensiva verso il proprio effettivo compimento asuo tempo (Sl 1,3; Gb 24,1), quale momento ultimamente escatologico (in-disponibile quindi all'eletto, ma solo a Dio), e quindi verso la ricomposizio-ne in una nuova e pi piena figura della propria elezione.

    5 U. GALIMBERTI, elazione, in Psicologia (le Garzantine), Garzanti Milano 1999, 352.6 E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale. Volume I, (PBE 69) Einaudi Torino, 1964, 17.

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    1 . 2 . P r e m e s s e e u r i s t ic h e p e r u n a n t r o p o l o g ia d e l l e l e z io n eSullo sfondo di queste pi generali premesse teologico-bibliche e antropo-

    logiche, ci proponiamo di raccogliere qui una significativa manciata di testi,

    a inanellare una rabbinica charizah, una collana di voci storicamente diffe-renziate, e tuttavia almeno contrappuntisticamente concertabili, in quantoaffini e solidali per linguaggio, tematica, e passione condivisa non tanto inmerito a questa o quella esperienza o idea dell'elezione, bens, pi radical-mente, alla questione antropologica in quanto tale tematizzata appunto intermini di elezione. Tali voci s'intrecciano, si contrappongono e si integranolungo la tradizione biblica (e dintorni), evidenziandosi come una tra le in-numerevoli riletture che danno respiro alle Scritture d'Israele , e configuran-dosi addirittura come una sorta di dialogo a distanza sulla elezione comestatuto antropologico come tale. Esse sono effettivamente convocabili ad unconfronto organico tra loro stante la concomitante ricorrenza di quattro fat-tori euristici, fungenti da criterio selettivo pertinente alla nostra ricerca, inconcreto i seguenti: una formula -anzi, una forma-, una illocuzione, un mo- dello, e un problema.

    1 . 2 . 1 . Fattore euristico primario la domanda antropologica ,7 che si in-terroga sulla humana condicio per lo pi nei termini stilizzati di una for- mula di autodenigrazione (mah 'ensh k...: Sal 8; 144; Gb 7 ecc.; Eb 2; cfSal 89), 8 proveniente dal linguaggio di corte, trasportata nel linguaggio o-rante, e passibile di significative rivisitazioni (Qo 1,3; Sir 18,8-14 ...) . Piche d'una formula rigida, si tratta in realt di una forma plastica, suscetti-bile di sviluppo e riadattamento, capace di rideclinarsi ed espandersi intermini dichiarativi piuttosto che interrogativi, segnando cio, nelle sue at-

    7 Gi oggetto di attenzione specifica da parte di M. H ENGEL, Was ist der Mensch? Erwgungen zur biblischen An-thropologie heute, in Probleme Biblischer Theologie. FS G. Von Rad, Kaiser Verlag, Mnchen 1971, 116-135, e diW. ZIMMERLI, Was ist der Mensch? , in ID., Studien zur altestamentlichen Theologie und Prophetie, Kaiser VerlagMnchen 1974, 311-324. Rispetto a questi contributi, si presta qui maggior attenzione alla forma (genere lettera-rio) della domanda, nonch all'aspetto linguistico-pragmatico (illocutorio e perlocutorio).8 I. LANDE, Formelhafte Wendungen im Umgangsprache des Alten Testament, Leiden, 1949, 101-102. G. W. COATS, Self-Abasement and Insult Formulas, in Journal of Biblical Literatur 89 (1970) 14-26. Formule stereotipe di au-todenigrazione (Self-Abasement formulas), ovvero di denigrazione (Insult formulas) ricorrono per esprimere unaccentuato understatement per lo pi del soggetto in questione, che denuncia la propria (talvolta l'altrui) inconsi-stenza rispetto a qualcuno (qualcosa) esaltato come benefattore superiore ai propri meriti. La loro frequenza e dif-fusione -almeno 27x nellAT, soprattutto nei testi narrativi, ma reperibile anche nelle lettere di El-Amarna (25x,frequentemente in parallelo vocaboli quali il cane, il tuo servo) e di Lakish (5x)-, fa legittimamente pensare aduna formula stereotipa, dalla struttura binaria di base ben riconoscibile: a/ una proposizione principale nominaleinterrogativa (pronome interrogativo mah/m -, seguito da pronome personale o da nome); b/ segue una subor-dinata introdotta da k, asher, waw consecutivo. La struttura prevede il possibile raddoppio di uno o di entrambigli elementi ( abb, ovvero aab; nel caso di testi poetici, anche strutture pi elaborate del tipo abab come in Sl 8,5;144,3; Gb 6,11; 21,15, ecc.). Nella principale ci si interroga circa il rango della persona in questione, per dimostra-re che quanto assicuratogli nella subordinata costituisce un bene che propriamente non gli spetterebbe (I. L ANDE,101-102). Pi che dal linguaggio ordinario, provengono da quello di corte e cultuale, e, comunque da una situa-zione di confronto diretto tra un inferiore con qualcuno di rango superiore, o come insulto lanciato contro terzi(COATS, 26). Non a caso questa formula torna in bocca a due grandi eletti in Israele (Mos: Es 3,11;16,6.8 (2x); eDavide: 1Sam 18,18; 2Sam 7,18; 2Sam 9,8. Vedasi inoltre 1Re 18,9; 2Re 8,13; Sl 144,3; Gb 6,11; 7,17; Sir 18,7).Come denigrazione di un avversario, in ordine ad abbatterne qualsiasi rivendicazione, (Es 5,2; Gdc 9,28; 1Sam17,26; 25,10-11; Gb 21,15). Espansioni della formula in Gen 31,36; 37,26; 1Re 18,9; Gb 3,12b; 6,11; 21,16a.

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    testazioni pi recenti, un significativo passaggio dal livello di una interro- gazione intrinsecamente problematica a quello d'una vera e propria con- fessione fiduciale (Sap 7,1-6; 9,5-6.13-16), 9 e perfino di un'ostensione epi- fanica (ecce homo/ecce rex vester: Gv 19,5.14), sottesa tra un compimento

    cristologico effettivo e gi contemplabile e l'attesa di uno, ben pi radicale,ancor tutto a venire (Eb 2,5-9; cf Sal 8,5-7 LXX).

    1 . 2 . 2 . Che si tratti di confessione e di ostensione, piuttosto che di vera epropria domanda antropologica, abbiamo comunque sempre a che fare conun' autentica illocuzione teologale, coincidente con un'invocazione (di lode,supplica, o protesta), dal tono quindi orante, 10 ovvero d'una d'una parolasempre intensamente meditativa, con radicale autoimplicazione del locuto-re e del destinatario, e perfino di una deissi epifanica, testimoniale, rivela-tiva. In termini teologici potr dirsi che, dosate in percentuali variabili,s'intrecciano sempre le tre dimensioni di una parola di Dio sull'uomo, diuna parola dell'uomo su se stesso, di una parola di Dio attraverso l'uomo.

    1 . 2 . 3 . Ad elaborare il contenuto tematico pi specifico dei nostri testi, pi o meno esplicitamente, ma comunque abitualmente, interviene quelmodello antropologico individuabile nella figura regale. Arcinota alla cul-tura dell'intero MOA come pure all'ellenismo, soprattutto per il trasversali-smo della tradizione sapienziale, sar difficile esagerarne la portata di cifrasintetica, emblematica di molteplici aspetti dell'inconscio collettivo univer-sale. 11 Notoriamente nella figura regale Israele fa intervenire la mediazionedi interessi universali (legati, come la stessa assunzione dell'istituzione re-gale, alla propria omologazione con le altre nazioni: 1Sam 8,5), insieme aquelli pi speciali, inerenti al suo statuto di popolo eletto, dotato di unapropria tradizione storico salvifica. Tuttavia ci interessa quello specificosalto di qualit della coscienza d'Israele per cui la regalit viene intesa noncome privilegio di un singolo, ma in verit piuttosto audacemente come ci- fra universale dell'humana condicio (Gen 1-2; Sal 8; Sir 18; Sap 9) . Quil'autocoscienza che Israele ha della propria elezione, mentre valorizza un

    patrimonio culturale comune al MOA, si media con la consapevolezza (ov- 9 R . VIGNOLO, Sapienza, preghiera e modello regale. Teologia, antropologia, spiritualit di Sap 9 in G. BELLIA-A. PASSARO, Il Libro della Sapienza. Storia, Tradizione, Teologia, Citt Nuova, Roma 2004, 271-300. Id., La "confes-sione antropologica" di Sap 7,1-6, anticamera della preghiera per la Sapienza, in F ACOLT TEOLOGICAITALIASETTENTRIONALE, L'intelletto cristiano. Studi in onore di mons. Giuseppe Colombo per l'LXXX compleanno, Glossa ed.Milano 2004, 277-300.10 R . VIGNOLO, Domanda (Sal 8 ) , in I D., Sillabe preziose. Quattro salmi per pensare e pregare, Vita e Pensiero, Mi-lano 1997, 21-76. R. T ORTI MAZZI, Quando interrogare pregare. La domanda nel Salterio e nella letteratura accadi- ca (Studi sulla Bibbia e il suo ambiente 7), San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, 180-183.11 Il re rappresenta generalmente la personalit eccezionale che si eleva al di sopra delle limitazioni dell'esistenzacomune e si fa portatore del mito, vale a dire dei messaggi dell'inconscio collettivo (C. G. J UNG, Opere, Vol 14/2.Mysterium Coniunctionis, Bollati Boringhieri Torino 1991, 273). Lo si chiama rex, re, roi; e migliore ancora ilnome inglese king, knning, che significa can -ning, uomo che pu e sa, uomo capace. Egli praticamente per noila sintesi di tutte le varie forme di eroismo (T. C ARLYLE, Gli eroi e il culto degli eroi e leroico nella storia [1840],Utet Torino 1943, 295). In merito alla figura regale, cfr. H.U. von B ALTHASAR, Introduzione al dramma. Volume unodi Teodrammatica , Jaca Book Milano, 1978, 571-578.

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    vero la problematica) relativa alla condizione antropologica universale.Viene cos a configurarsi un modello di peculiare spessore antropologico,dove lo specifico patrimonio elettivo d'Israele, abituale marcatore dellapropria differenza, diventa un catalizzatore dell'universale e problematica

    umana condizione, funzionale quindi alla domanda intorno all'uomo, perstabilire se (e come) possa (o meno) riconoscersi nel segno di una peculiareelezione divina. Contributo insostituibile di questi testi alla riflessione sul-l'elezione - tema specifico del convegno - di inoculare nelle Scritture que-gli anticorpi indispensabili a scongiurare una idea troppo esclusivista, equindi sciovinista dell'elezione speciale d'Israele (ma anche di Ges, dellachiesa), dal momento che il suo pi peculiare patrimonio, usato comespecchio di rifrazione circa l'universale umana condizione, propone cos diquest'ultima come della prima una nuova, meno restrittiva ermeneutica.

    1 . 2 . 4 . La misura di come in questi testi il tema elezione possa ritrascriver-si sul registro dell'universalit messa fornita da un fattore di gran rilievo(gi accennato nella citazione iniziale di B EAUCHAMP), costituito dall'atten- zione progressiva ivi prestata alla finitezza mortale dell'umana esistenza.Proprio questa dimensione viene in diverse modalit dialettizzata in rap-porto alla figura regale, con soluzioni fenomenologicamente e in certo qualmodo anche diacronicamente ripartibili sotto un triplice orientamento oesito, rispettivamente di reciproca compatibilit (Sl 8; 144), ovvero d'in- compatibilit (Sl 89; Gb 7; Qo 1-2), fino ad una pi recente riaffermazionedi compatibilit, in nome d'una effettiva reintegrazione della condizionemortale nel quadro della figura regale assegnata all'umanit (Sir 18; Sap 7- 9), addirittura in termini di epifania rivelativa (Gv 19) e di speranza esca- tologica cristologicamente centrate (Eb 2). A questo filone della domandaantropologica supportata dal modello regale, soggiace, in concreto, un uni-co interrogativo costante cos riformulabile: pu l'uomo al tempo stesso

    pensarsi destinato a regnare e tuttavia morire? C' compatibilit tra questaaspirazione e l'universale destino di morte, oppure perfetta esclusione re- ciproca? Se nel suo destino imprescindibile il morire, potr mai sperar di

    regnare, senza incorrere nell'illusione? Questo genere d'interrogativi tal-mente costitutivo dei nostri testi disposti nella loro plausibile sequenzacronologica da svilupparne un'articolazione della materia stessa, scanden-do un intreccio in tre momenti, intitolati appunto nel segno di rispettivacompatibilit, incompatibilit, e integrazione tra elezione e figura regale dauna parte e condizione mortale dall'altra.

    Questa dunque la griglia per una sensata cernita di testi utilmente ri-tagliabili dal corpo biblico e da qualche contesto parallelo pi prossimo(soprattutto Qumran, mentre sar serenamente ignorata la letteratura gno-stica, che pure della domanda antropologica fa notoriamente il proprio ca-vallo di battaglia), allo scopo di mostrare il risvolto universalistico della e-

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    lezione, quale dimensione intrinseca alla condizione e problematica antro-pologica generale. L'interesse di tipo teologico-biblico tien d'occhio qui losviluppo genetico dei testi in base alla cronologia stimata pi plausibile,valorizzandone la loro sempre alta qualit letteraria, e non senza un ap-

    proccio psicanalitico,12

    pertinente a questioni e testi del genere. Pur ri-prendendo il filo di un discorso da una decina d'anni almeno perseguito indiversi contributi, la trattazione qui abbozza si sa un disegno comunquepreliminare.

    2 . 1 . C o m p a t i b i l it 2 . 1 . 1 . S t u p e f a z io n e i n n i c a p e r l a r e g a l i t d e l l u o m o : S a l 8 , 5

    Nel Sal 8 - inno in anomalo stile diretto e prima lode dell'intero salterio -la domanda antropologica ( mah-ensh k tizkerenn/ben-adam k tipqe- denn: Sal 8,5 ) insediata proprio come pivot centrale della sua strutturaconcentrica, inventa la sua prima euforica formulazione in chiave di regalituniversale, in straordinaria fusione d'orizzonti tra teo- e antropocentrismo.

    Prendendo a prestito le formule di self-understatement autodenigratoriocon cui un inferiore pensa bene di sottodimensionarsi in presenza del pro-prio signore, la domanda subisce in realt -illocutoriamente parlando-, u-n'originale distorsione quasi parodistica, che, nel caso specifico, euforizzapiuttosto che abbattere l'umana posizione. Qui infatti non vale pi quale ef-fettiva autodetrazione del locutore (nel senso primitivo di questo genered'interrogazione), bens piuttosto come originario stupore per le meravigliedel Signore a favore dell'uomo, che ne esce infatti gratificato da una desti-nazione regale umanamente parlando del tutto improbabile, ma realissimaagli occhi di Dio, e magnifica a quelli dell'orante. La sottodeterminazione di-venta il supporto d'un singolare ossimoro. Per un verso infatti, il mah- ensh k tizkerenn/ben-adam k tipqedenn del v.5 strutturalmente cor-rispondente al suddetto ritornello dell'inclusione maggiore (mah 'addrshimka bekl ha'arez: vv. 2.9), accende l'interrogazione antropologica pro-prio nel cuore della pi ampia cornice di stupefazione per il nome divino.Non per in termini di semplice replica, bens con la caratteristica semantica

    di ensh13

    introducendovi una vena elegiaca decisamente nuova rispetto alrestante contesto del salmo, in sostanza un inedito, circostanziato momento

    12 R . VIGNOLO, Maschera e sindrome regale: interpretazione ironico-psicanalitica di Qoh 1,12-2,26, in Teologia26 (2001) 12-64.13 Lo ensh un bn-adam , un individuo rappresentante e figlio dell'umanit, un misto di essere generico e speci-fico, un singolo definito ma non isolato, emergente da una comune appartenenza ( Is 51,12; 56,2; Sal 8,5; Gb 25,6);uno che per definizione dipende nell'aver ricevuto vita, non potendo esser padre di se stesso, e comunque restan-do sempre debitore alla donna che l'ha generato ( Gb 15,14; 25,4; Gal 4,4). La sua sorte di pochi giorni, elegiaca-mente assimilata a quella dell'erba, del fiore del campo ( Is 51,12; Sal 103,15; Gb 25,4; Mt 7,28-30; 1Pt 1,24), ma-gari vittima di decimazioni collettive ( Is 13,12; 24,6), destinato a ritornare alla polvere ( Sal 90,3). Come tale sta inincomparabile differenza rispetto a Dio ( Gb 7,17; 10,4-5; 13,9; 32,8; 33,12; 36,25), nell'impossibilit di prevalervi(cf 2Cor 14,10). Mai al plurale, sempre senz'articolo, di casa nei testi poetici (Sal, Gb, Is), sconosciuto a quelli nar-rativi, applicabile a chiunque, questo nome collettivo risulta particolarmente adatto alla caduca e comune condi-zione umana, confrontata non solo al cosmo che lo sovrasta (v.4), ma anche alla gratuita elezione divina che ina-spettatamente promuove il proprio eletto (cf Es 3,11; 2Sam 7,18), elevandolo regalmente al di sopra del mondoanimale.

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    problematico, centrato sull'uomo in un contesto complessivamente laudati-vo piuttosto teocentrico. Per altro verso, tuttavia, illocutoriamente parlando,quel mah-ensh centrale suona a ben vedere, con un accento molto pi e- sclamativo-ammirativo (e quindi anche in qualche modo gi confessante),

    che non davvero interrogativo-problematico,14

    in omogenea assonanza (piche in contrasto) con la cornice di lode dell'intero salmo. In effetti, piuttostoche imputare un deficit all'uomo, il v. 5 sanziona un recupero d'autostimaantropologica, solidamente fondata sui favori divini, tanto pi che a partireda qui, fino alla fine, il testo ebraico non presenta soluzione alcuna di con-tinuit nelle azioni divine appese a questa domanda, tutte propter homines,et ad salutem ,15 il cui senso ultimo torna tuttavia evidentemente a maggiorgloria del nome divino (vv. 2.9), celebrabile non solo cosmicamente (terra,cieli, astri, animali), ma anche antropologicamente, per il tramite di quellapiccola creatura autointerrogantesi, luogo di cruciali differenze rispetto aDio e al mondo.

    Scandita in triplice parallelismo binario ( ricordare//visitare, farlo pocomeno di elohm//coronare d'onore e gloria, conferire potere sulle operedelle proprie mani// tutto sottoporre ai suoi piedi) la serie di queste sei a-zioni che accendono tutto lo stupore dell'orante, va considerata imperfettama soprattutto aperta, come suggerito non solo dalla paratassi, ma anchedal loro computo di sei, gioco numerico che nel salterio lancia segnali (tal-volta inquietanti: Sl 77,8-10; 88,11-13) di aporetica incompiutezza (6= 7-1),e di non-ancora in urgente attesa del decisivo compimento. Netta risuonal'evocazione storico-salvifica della coppia ricordare//visitare, caratteristicadi un rapporto servo/signore 16 applicabile anche in senso punitivo, come

    14 TORTI-MAZZI, Quando interrogare pregare, 18315 In genere le traduzioni bloccano la domanda al v. 5 (che cos' l'uomo perch te ne ricordi, un figlio d'uomoperch te ne curi?: la LXX colloca qui il segno d'interrogazione), ponendo i successivi vv. 6-9 in termini di antitesi(eppure l'hai fatto poco meno di...), quasi in risposta alla domanda precedente. Ma, in realt, tra i vv. 5 e 6 iltesto ebraico non registra soluzione alcuna di continuit, tantomeno un'antitesi. Sintatticamente parlando l'inter-rogazione che cos' l'uomo? si prolunga quindi fino a tutto il v. 9, alimentandosi cos di sempre nuova stupitaammirazione per tutte queste azioni divine (effettive, non eventuali) a promozione dell'uomo (che cos' l'uomo

    per ricordartene, visitarlo, farlo poco meno di un dio, incoronarlo di gloria e onore, dargli potere sul tuo creato,tutto sottoporre ai suoi piedi...?") . Il variegato agire divino non quindi tanto l'oggetto della domanda, quantopiuttosto la ragione stessa del suo istituirsi. Questa traduzione propongono gi E. D ELITZSCH (1867), e, pi recente-mente L. A LONSOSCHKEL- HKEARNITI, I Salmi I, Borla Roma 1992, ad loc.). 16 Negli ostraca di Lakish, come pure nelle lettere di Tel-el-Amarna. ricordare (zkr) si usa, biblicamente e non,nel contesto sapienziale e nello stile di corte (W. S CHOTTROFF, zkr , in E. J ENNI -C. WESTERMANN, Dizionario teologicodell'Antico Testamento, I, Marietti Torino 1978, 443). Avente per soggetto Dio, spesso allimper. Ricorda! (Sal89,48; Gb 7,7; 10,9 con oggetto lumana caducit; la vergogna: Sal 89,51 Lm 5,1. Dio effettivamente lo fa (Sal 8,5;78,39; 103,14). Visitare nellAT ha un molto ampio ventaglio dimpiego. Con Dio soggetto prevale quantitativa-mente il senso inquisitorio/punitivo (magari in chiave escatologica) su quello salvifico, secondo lidea di una veri-fica da parte di un superiore. In entrambi i sensi si esprime lidea di un molto intenso interessamento di Dio almondo delluomo e alle sue azioni (W. S CHOTTROFF, pqd , in JENNI - NESTERMANN, Dizionario, II, 430.432). Nella sup-plica non si scongiura mai non ricordarti/non visitarci , mentre invece la coppia ricorre solo come invocazionein senso salvifico ( ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza! : Sal 106,4; Tulo sai, Signore, ricordati di me, e visitami, vendicati per me dei miei persecutori : Ger 15,15), come appunto nelSal 8,5 (dove non pu che avere valore positivo). Lesaltazione delluomo comprensibile a partire da Sal 8,6-9,ma non ancora da 8,5, che di per s potrebbe implicare una dimensione punitiva (nei paralleli di Lakish la coppiaricordare/visitare riguarda una colpa del suddito, che il re tiene presente e punisce: cfr. C OATS, 25). In effetti il pa-rallelo ricordare/visitare nellAT cos anceps che, qualora interrompessimo la lettura di Sal 8,5 al primo emistico,non sapremmo ancora deciderci. La successiva serie tutta positiva di azioni divine non lascia dubbi in merito.

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    nel ritornello di Os 8,13; 9,9 (recuperato da Ger 14,10): si ricorder delleloro iniquit, visiter i loro peccati 17 . Quando invece -come nel caso- pren-de valenza favorevole, il Dio che ricorda e visita incornicia consistenti seg-menti narrativi, configurando intere unit storico-salvifiche nel segno d'una

    effettiva fedelt divina, d'una promessa andata a compimento.18

    Destinata-rio della memoria/visita divina tuttavia nel Sal 8,5 un soggetto di fisiono-mia perfettamente universale, esteso quindi ben oltre i confini d'Israele. Laspecifica competenza d'Israele quale popolo eletto, ricordato e visitato dalSignore, acclamante la rivelazione universale del suo nome ( O Yhwh, nostrosignore, come splende il tuo nome su tutta la terra! : vv.2.9) , lo rende quisorprendentemente competente in merito al comune destino umano, an-ch'esso proiettato su di una promessa di regalit di portata universale ( tut- to hai posto sotto i suoi piedi... ) ,19 in subordine al nome divino. Nulla diesplicito vien detto circa il dove e quando si producano la memoria e la visi-ta divina per l'uomo, comunque manifeste nelle quattro ulteriori azioni di-vine.

    La stupefazione per il nome divino splendente su tutta la terra (vv. 2.9)gravita quindi sulla domanda di sapore sapienziale (v.5) come sulla strozza-tura d'una clessidra, sicch il pathos tutto ammirativo/laudativo del ritor-nello iniziale, centrato in asse su questo perno, ritorna alla fine incrementa-to d'un nuovo, significativo tocco esistenziale ed elegiaco, introdotto daltermine ensh, che al pi luminoso e saldo scenario della gloria divina ditutta la terra , affianca quello pi opaco del genere umano e d'ogni suo e-sponente, almeno per un istante contemplati nella loro finitezza esistenzialesemanticamente coerente con la domanda in chiave di understatement .20 Come di frequente anche qui parallelo a bn-adam , ensh suggerisce il sen-so d'un essere caduco e debole, comune e socievole, gravato dall'angosciaper la propria finitezza, che qui per fa solo un fugace capolino, sapiente-mente dissimulata nello stupor admirationis.

    17 Salvifica o giudiziale che siano la sua attenzione e visita, comunque significativo che Dio non smentisca la suaprocedura dintervento.18 A beneficio, di volta in volta, d'Israele schiavo in Egitto (Gen 50,24-25; Es 2,24; cfr. 3,6.15.16; 4,15.31; 6,3.8), diAnna la sterile (1Sam 1,11.19.21)., e perfino di orgogliose citt pagane, come Tiro (Is 23,15-18). Il ventaglio disoggetti ricordati e visitati, come pure larco narrativo sotteso tra ricordo e visita dimostrano quindi entrambi con-sistente ampiezza, che copre tanto una destinazione collettiva e individuale, quanto una tappa salvifica in s com-pleta, racchiusa tra una ripresa di divina sollecitudine (zkr) che apre una tensione d'attesa, ed un'esecuzione(pqd) che ne induce il correlativo scioglimento.19 Luomo su cui il salmo sinterroga un mortale ricordato da Dio e visitato da Dio. Il salmista conosce questaumana esistenza in quanto israelita, come membro del popolo dellalleanza. Ma la sua questione non concerne ilsolo Israele, bens lintero genere umano. Egli crede e assume che Dio si ricordi e visiti ogni umano, e chelesperienza dIsraele con Dio sia la verit riguardo alla via di Dio verso tutti. (J. L. M AYS, Psalms, John Knox PressLouisville 1994, 68). 20 L'integrazione trai vv. 2.9 e 5 avviene non solo sul registro stupore/domanda a fronte dell'agire divino, ma an-che su quello di due diversi profili di universalit, rispettivamente cosmica e antropologica, della recezione del suoagire. La domanda sul destino universale dell'uomo (v. 5) si radica entro lo stupore per l'universale rivelazionedel nome di Dio, notoriamente affidata a Israele, ma destinata a prodursi su tutta la terra (vv.2.9). La storia spe-ciale d'Israele segnata dalla potenza del nome divino, come ben sa il Faraone, sopravvissuto al giudizio di Dio inquanto destinatario dell'epifania del suo nome su tutta la terra (Es 9,14-6). Ma anche la storia di tutti i popoli,senza eccezione, corre incontro al riconoscimento escatologico universale di questo nome ( Zc 14,9; Ml 1,11.14; Ap 11,15). La domanda antropologica fa quindi parte integrante della rivelazione del nome divino sulla terra, di cuidiventa al tempo stesso fulcro e destinazione.

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    In effetti quanto quest'umana finitezza, focalizzata proprio al centro delsalmo, sia nonostante tutto trattata piuttosto eufemisticamente, lo si evincedallla progressione del discorso: ...per farlo poco meno di elohm (v. 6a)dove con un linguaggio davvero molto originale si parla della creazione

    delluomo in termini come di poetica michelangiolesca, con un Dio che, arti-giano delicato cogli astri (opera delle tue dita: v.4), pi rude cogli animali(opera delle tue mani: v.7), crea l'uomo togliendogli qualcosa di soverchio,realizzando questa sua creatura per sottrazione 21 rispetto ad un archetipoevidentemente dotato proprio di questo sovrappi. Notoriamente vicino allatradizione di Gn 1,26 , probabilmente una sua pi arcaica 22 versione oranteed elegiaca, il Sal 8 riprende un modello decisamente mitologico, ma antro-pologicamente rilevante, per cui l'uomo, nella sua costitutiva, mortale fragi-lit, risulta comunque partner di Dio, appena poco meno apprezzabile(quindi quasi alla pari) della divinit stessa, ovvero degli esseri celesti, ad-detti al consiglio divino. 23 In effetti questa creazione per sottrazione si misu-ra bassomimeticamente rispetto all'altomimetica condizione dei membri del-la corte celeste, dotati di quell'immortalit per l'appunto negata all'uomo. 24 Ma pur sminuito perch escluso dal novero degli immortali, addetti alla ce-leste stanza dei bottoni, ensh--bn-adam ne esce comunque compensatodalla cura personale di Dio e dalla regalit intramondana da lui attribuitagli,fino a farne un re vittorioso (M. M ANNATI) su tutto il mondo animale (equant'altro inteso dalla sua potente simbolica). Coi rituali d'incoronazione(Sal 8,6b), di assegnazione di potere (v. 7a), nonch d'un trionfo bellico (v.

    21 piel di hasar, qui costruito con min ( cf Qo 4,8; 6,2), un verbo nella tradizione esodica richiamante il camminodel popolo, cui, nel deserto, nulla mancato dal Signore (Dt 2,7; cfr. Neem 9,21), nonch la futura dimora nellaterra (dove non ti mancher nulla : Dt 8,9; cfr Sal 23,1, in contrasto coll'esilio o collassedio, quando invece ver- r a mancarti tutto : Dt 28,48.57). Pesante e mai attenuata risulta abitualmente la privazione implicita in questoverbo (haser leb l'uomo senza testa di Pr 6,32 ecc.: 10x). L'unico caso di attenuazione Es 16,18, dove anchechi raccoglie manna in quantit minore di altri, tuttavia non ne manca. 22 Nella tradizione il Sal 8 starebbe a met strada tra Gn 2 e Gn 1 (cos H.J. K RAUS, Psalmen 1-59 , Neukirchener Ver-lag 1979 5, (BKAT XV/1), p. 70; analogamente Cazelles, Vanhoye. Altra traduzione (e interpretazione) possibile poco meno di Dio (per cui avremmo un'antropologia ancor pi vicina a Gn 1: cos p. es. Schmidt, Ravasi. Tutta-via mi sembra preferibile il riferimento agli esseri della corte divina, secondo una concezione mitologica ben notaal MOA. Per questa traduzione, anche J.A. S OGGIN, Il Salmo 8, in G. D E GENNARO (a cura di), L'antropologia biblica ,Dehoniane, Napoli 1981 (SBTA); R. T OURNAY, Le Psaume 8 et la doctrine biblique du nom, in Rvue Biblique,LXXVIII (1971), pp. 18-30; B.S. C HILDS, Psalm 8 in the context of Christian Canon, in Interpretation, 23 (1969),pp. 20-31. Gn 1,26 propone un'antropologia sulla stessa falsariga, ma meno mitologica, meno elegiaca, e in qual-che modo pi forte, preferendo a un modello di sottrazione dell'uomo rispetto allo status di creature superiori,piuttosto quello d'una sua pi diretta configurazione teomorfa all'archetipo divino, che ne fa la sua propria sta-tua, innalzata in mezzo al suo tempio mondano (N. L OHFINK, in Id., Allombra delle tue ali. Meditazioni sullAnticoTestamento, Piemme Casale Monferrato 2002, ).23 A seconda che si tratti 'elohm come il solito plurale excellentiae applicabile a Dio, ovvero come plurale reale,per dire i membri della corte divina, altrimenti chiamati figli di Dio ( Dt 32,8; Sal 29,1; 82,6; 89,7; Gb 1,6; 38,7),suoi consiglieri, coinvolti nell'elaborazione ed esecuzione dei suoi progetti salvifici ( 1Re 22), che accedono alla suasantit ( Is 6), corresponsabili della signoria divina sul mondo, dotati di immortalit ( Sal 82). I LXX identificheran-no con gli angeli questi esseri della corte celeste. E, invece che di sottrazione, parleranno di abbassamentodell'uomo rispetto a loro.24 Cos comunemente nel MOA, come p. es. attesta, in Ugarit, la preghiera di Ilhu per Keret: Ma tu, o padre, mori- rai come gli uomini? Come si pot dire: Keret figlio di El, la posterit del misericordioso e santo? Forse che glidei muoiono? Non vivr la posterit del misericordioso? (A. CAQUOT, Textes Ougaritiques T. I. Mythes et LgendesParis 1974, 551 ss.). E come risuona nel poema di Ghilgamesh (Gli dei si son tenuti la vita, agli uomini han dato lamorte)****

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    7b), con cui Jhwh gratifica l'uomo di gloria, onore, 25 e vittorioso dominio sulmondo animale (cfr. Sal 47,4; 110,1; Gs 10,24; 1Sam 17,51; Lam 3,34; 1Re 5,17), 26 ecco allora altomimeticamente celebrata la destinazione regale d'o- gni umana creatura, originariamente fragile e di condizione bassomimetica,

    segnata da una costitutiva mancanza a essere rispetto all'archetipo . In-somma, un costituzionale statuto di ossimoro presiede al nostro ensh - bn-adam, mortale eppur gratificato da un'elezione divina regale, la cuipromessa tutt'ora in corso.

    Il Sal 8 segna una vera e propria rivoluzione nell'idea dell'uomo vigentenel Medio Oriente Antico e nello stesso Israele, in ragione della democratiz- zazione del modello regale, esteso senza riserve all'umanit intera, ad ognisuo membro. Per il Medio Oriente Antico (e comunque per l'immaginariocollettivo pi diffuso) il re il prototipo, l'unico esponente riuscito dell'u-manit, immagine terrena di Dio, 27 il suo stesso figlio, dalla cui condizionetutto il resto di umanit sar evidentemente esclusa. 28 Il Sal 8 sfata audace-mente questa restrizione, schiudendo all'umanit senza preclusioni il desti-no d'una elezione regale.

    Tuttavia quest'allargamento dell'elezione apre pi problemi di quanti nonne risolva, se -a differenza degli immortali elohm -, il nostro ensh bn- adam miseramente muore, segnato com' originariamente da questo miste-rioso stigma di deprivazione di vita eterna. In merito a questa sanzione pri-vativa all'insegna della diminutio , il Sal 8 non si pronuncia. Anzi, sorvola di-sinvolto, forte dell'originale metafora inventata per aggirare il pensiero del-la morte, evidentemente poco interessato a scavare il senso di questa sot-trazione, preferendo appassionarsi alle effettive facolt regali da Dio con-cesse all'uomo. Nient'affatto risentito, l'orante si dimostra semmai appagatodella propria situazione, un po' come quegli israeliti che nel deserto, puravendo raccolto manna in misura minore di altri, nondimeno non ne man-cano (Es 16,18: hammameit lo hehesr) , e non se ne lagnano. Tutto presodalla propria euforia ammirativa, il Sal 8 minimizza la sottrazione subta,

    25 Gloria e onore quali prerogative di Dio ( Sal 29,1; 96,8; 104,1; 111,3; 145,5; Gb 40,10); del re ( Sal 21,6; 45,4); delsacerdote ( Es 28.2.40; Sir 45,7-13; 50,5-11). Per l'incoronazione del re ( Sal 21,4; Ct 3,11; Sir 40,3-4); del sommosacerdote ( Sir 45,12; cfr. Es 29,6). Nel Sal 8 prevalgono i tratti regali.26 Due note iconografie mediorientali son qui rifuse a mo' di evocativa multimedialit del testo, e cio quella belli-ca del re vittorioso con il piede calcato sul collo dei nemici, e quella mitologica del cosiddetto signore degli ani- mali . Si tratta di un'immagine assai corrente nella glittica del MOA dal 2 millenio fino all'epoca persiana, fiorentesoprattutto tra l'VIII e il V sec., che raffigura un domatore/protettore di animali posti al suo fianco (un personag-gio quasi divino, spesso dai tratti regali, in rapporto all'organizzazione cosmica del mondo). Questa figura svelaquanto diffusa sia nell'immaginario collettivo mediorientale l'istanza (e l'illusione!) antropologico-antropocentricadi controllare una dimensione del mondo sentita in realt come superiore alle proprie forze. Questa tradizione sa-r valorizzata da Gb 38-42, ma nel segno perfettamente inverso rispetto al Sal 8, e con attribuzione a Dio di questafunzione: Lui, non l'uomo il Signore degli animali!27 In merito, cfr. H. R INGGREN, Le religioni dellOriente Antico, (Biblioteca di Cultura religiosa 58), Paideia Brescia1991, Egitto (pp. 54-59); Sumer (pp. 111-117); Babilonia e Assur (pp. 177-186); Hittiti (pp. 214-215); semiti occi-dentali (pp. 266-270)28 Ora, con il Sal 8, l'uomo regale, l'immagine e il rappresentante di Dio in terra, non un singolo, un'eccezione,che si sente innalzato su tutti gli altri uomini, e li domina con il suo disprezzo. Regale ogni uomo, sia egli potenteo misero, ricco o povero, maschio o femmina, adulto o fanciullo. A ogni uomo al pastore, all'allevatore di bestia-me, al cacciatore, al pescatore... appartiene la dignit che quel re divino pretendeva per s solo, e che proprioperci stravolge e falsifica. (G. E BELING, Sui Salmi. Meditazioni , Queriniana, Brescia 1973, 60).

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    circondandola di efficace retorica (reticenza, litote, eufemismo), tant' veroche non s'azzarda a nominare esplicitamente una condizione mortale, evo-candola solo con un paio di connotazioni allusive. Presumibile frutto di con- sapevole censura pi che d'inconscia rimozione, 29 l'impatto di questo fragile

    enosh , proiettato sulla regalit col suo destino mortale viene attutito. Ma iproblemi ad essa inerenti restano perfettamente intatti, incancellabili daqualunque pur brillante censura.

    Merito indiscutibile del Sal 8 sta nelllo schiudere l'universale promessa (e-lezione) divina per l'uomo in chiave di stupore ammirativo pi che di pen-siero problematico. Ma in quella domanda antropologica subordinata allapura stupefazione, a confessione ammirata e propulsiva di speranza, si an-nidano ancora incandescenti e irriducibili domande del tipo:1/ perch mai l'uomo sia stato da Dio deprivato dell'immortalit, e comepossa nella sua finitezza mortale regnare vittorioso su tutto.2/ Tutto hai posto ai suoi piedi, -davvero proprio tutto? Dando per scon-tato quell'egemonia sull'intero mondo animale (che tuttavia sar rimessa indiscussione da Gb 38-42), anche sul tempo, sulla morte, sul male, sulle forzea lui ostili riuscir l'uomo a regnare? Al Paolo di 1Cor 15,26-28, ma soprat-tutto all'autore di Eb 2,8, non sfugge questo iperottimismo esposto a qual-che entusiamo di troppo, un po' trionfalistico, quantomeno precipitoso epassibile di una lettura critica e perfino resistente, come opportunamentepuntualizza Eb 2,8 :

    nu'n de; ou[pw oJrw'men aujtw'/ ta; pavnta uJpotetagmevna: 30 Toccher in ogni caso alla tradizione biblica impegnata intorno a questa

    domanda antropologica a misurarsi sul problematico nodo del non-detto,brillantemente aggirato, ma non risolto, dalla sapiente censura al tempostesso abile e candida del Sal 8,5.

    2 . 1 . 2 . N e l l a s u p p l i c a e l e g i a c a d e l r e : Sal 144 3Offrendoci un esempio di Nachdichtung (ripresa recente di materiale pi

    antico, desunto dal Sal 18, salmo davidico per eccellenza, ma anche dal Sal33, e appunto dallo stesso Sal 8, all'altro capo del Salterio in posizione piut-

    tosto simmetrica)31

    il Sl 144,3 rielabora la domanda antropologica, impri-mendole un nuovo, pi realistico corso. 32

    29 Anche se altrove (V IGNOLO, Sillabe ) ho parlato di rimozione, mi pare pi opportuno per il Sal 8,5 parlare di cen- sura della morte , quindi di un'operazione poetica intenzionale, stante la rapidit dell'allusione alla morte solo perconnotazione (implicita in 'ensh) e per la geniale trovata della sottrazione. Cos dicendo non si induce di per salcun giudizio di valore. Che comunque, ermeneuticamente, potrebbe essere anche molto lusinghiero, stante l'op-portunit (per non dire la necessit strategica e tattica) di certe censure. Mentre si potr leggere Qo 1-2 comestoria di una rimozione della morte e del suo inquietante ritorno che infrange ogni narcisistica (elativa) derivadell'elezione, a partire dal quale Qo inaugura initium sapientiae non pi individuato nel timor Domini, bens nellameditatio mortis .30 In merito, cf l'ampia trattazione di A. V ANHOYE, Situation du Christ. pitre aux Hbreux 1-2 , Cerf, Paris 1969,255-328.31 La simmetria di posizione tra Sal 8 e 144 nel corpo del libro sar apprezzabile considerando che il Sal 144 ilsettultimo salmo del libro, e che anche il Sal 8 pu essere computato come il settimo salmo dall'inizo del libro, secontiamo il Sal 1 e il Sal 2 come unico salmo, prefazio del Salterio. In tal senso la domanda antropologica rispetti-vamente nella sua espressione laudativa (Sal 8) come in quella pi accentuatamente elegiaca (Sal 144) funge da

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    a/ In primo luogo la domanda assume qui la forma d'una verace problema-tizzazione della condizione umana, cui fornisce una sincera risposta. Delloschema della sottrazione dalla condizione di 'elohm non c' bench minimatraccia: ormai subentra qui una prospettiva radicalmente antropologica, per

    cui la domanda non fa da trampolino allo stupore, ma risuona in piena veri-t, tanto che riceve esplicita risposta confessante lo 'ensh/ben -'adam comehevel, e i suoi giorni come ombra fuggevole. Ecco quindi la svolta capitale,per cui comincia qui il processo di riassorbimento delluniversale nelleletto,con lesplicitazione sempre pi consapevole della sua problematica condi- zione mortale. b/ Questa linea di radicalizzazione antropologica privilegia una rappresen- tazione della condizione umana non pi spaziale ma temporale. In effetti, ri-spetto alla statica dell'uomo saldamente intronizzato dentro un creato tri-partito su terra, cielo e mare, come signore degli animali, egemone sui lorodiversi habitat (Sal 8), vien qui preferita piuttosto la configurazione tempo- rale dellesistenza, quanto mai transitoria e fugace (aspetto, questo, implici-to gi nel paradigma dello 'ensh/ben -'adam del Sal 8,5, ma comunque soloobliquamente, per allusioni e connotazioni intrinseche a questi due para-digmi nominali). Per dirla brevemente, il quadro antropologico qui profilatonon pi quello di un aspirante egemone su altre creature in forza del favo-re divino, ma di un evanescente soffio, con pochi giorni disponibili.c/ Ulteriore mutazione subiscono pure i paradigmi dellagire di Dio versoluomo. Non tanto a livello del campo semantico, pur sempre nell'ambito dellinguaggio di elezione, quanto piuttosto perch le voci verbali introdotte( yd//hashab) 33 , comunque nuove, obbediscono ad una sequenza temporalee logica intrinseca in certo qual modo specularmente inverse rispetto a Sal8,5. Qui Dio prima si ricorda (zkr) dell'uomo, e quindi lo visita (pqd): par-rebbe qui insinuarsi l'idea di una successione simultaneamente temporale ecausale (post hoc, et quidem propter hoc), mentre il Sal 144,3 parrebbe in-vece obbedire ad un procedimento in senso opposto, per cui Dio conosce(yd) l'uomo e lo tiene in conto (hashab), nel senso che appunto quest'ulti-ma considerazione di stima spiega come sia potuto verificarsi il previo rico-

    noscimento elettivo . Se zkr e yd' praticamente coincidono nel caratterizzareun gesto di elezione divina, esplicitamente carico d'investimento affettivo,nel secondo membro del Sal 144,3 (dove le due azioni divine presentano un

    grande inclusione che abbraccia l'intero libro, fornendo una sua possibile chiave di interpretazione sintetica inchiave di una antropologia dell'ossimoro, polarizzata tra i due estremi di un ensh bn-adam regale rappre-sentante di Dio ovvero mero soffio, ombra che passa. 32 Con la maggioranza degli autori, si suppone qui la dipendenza del Sal 144,3 dal Sal 8,5. Il che, per quanto ra-gionevole, naturalmente solo ipotetico. Tuttavia anche rovesciando la diacronia dei testi non muterebbe pi ditanto l'organizzazione complessiva interna di questa riflessione, ma solo parte della sua disposizione discorsiva.33 yd qui in senso elettivo come in Am 3,2 (per indicare lelezione dIsraele, in antitesi con pqd in senso punitivo:solo voi ho conosciuto, perci vi faro scontare le vostre iniquit ) . In pratica sinonimo di bhr anche se non perfet-tamente fungibile (W. S CHOTTROFF, yd', in J ENNI - NESTERMANN, Dizionario, I, 600). Frequentemente esprimelelezione del singolo Abramo (Gen 18,19), Mos (Es 33,12.17; Dt 34,10). Geremia (Ger 1,5) Davide (2Sam7,20=1Cron 17,18). hashab dice invece latto mentale con inerente valutazione estimativa. hshb dicelapprezzamento soggiacente (W.S CHOTTROFF, 558).

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    parallelismo sinonimico in certo modo pi ripetitivo), questo aspetto vieneulteriormente accentuato. Nella misura in cui yd dice latto di amorosa ele-zione e hashab quello di un'estimazione previa, ecco che, invece di con-templare affascinato i benevoli interventi storici di Dio (come fa il Sal 8), il

    Sal 144,3 sembra soprattutto intento a sondarne l' intentio profondior, risa-lendo fino alle sue pi riposte disposizioni verso l'uomo (qualcosa di analo-go, in termini pi pacificati, ritroviamo in Dt 7,7-8: il Signore vi ha scelto,

    perch vi ama. Cos pure si muover Gb 7, ossessionato dalle sospette inten-zioni divine).

    La voce interrogante/orante, subito replicata da una lucida quantostruggente risposta, comunque quella d'un soggetto regale, nello splen-dore della sua posizione davanti al Signore, posto sotto la custodia divina,addestrato da Dio stesso alla guerra, destinato a ricevere la sottomissionedei popoli, ma che tuttavia incorpora a s la comune misera condizione u-mana:

    questo re, nella sua gloria e nel suo legame con Dio , al tempo stesso, anchedebole e misero. E continuamente dipendente dallaiuto del Signore. La miseria del re lamiseria dello adam. Non porta il contrassegno di nessuna prerogativa di umanit origina-ria, archetipa. Partecipa al destino mortale. Tuttavia gode del privilegio della preghiera edel rapporto immediato. Cos difronte alle minacce della transitoriet e delle potenze osti-li, egli pu supplicare una teofania, pu invocare lintervento immediato e vitale di Dio.Gli alti privilegi del re eletto risplendono. Potendo rivolgersi al suo Dio, il reggente vivenella lode e nel rendimento di grazie .34

    Del re che gode dei suoi peculiari privilegi e quindi corrisponde allapropria elezione, ecco che si comincia a contemplare la necessaria reinte-grazione alla comune condizione mortale. Non pi censurabile, questa di-venta semmai oggetto di schietto riconoscimento, di quella che chiamiamoappunto la confessione antropologica, naturale prosieguo della rispettivadomanda, dichiarante (confessante) l'umana condizione, umbratile hvl difuggevoli giorni. Prendendo un tono pi accentuatamente elegiaco di esi-stenziale angoscia (nel Sal 8,5 solo latente), essa per si mantiene qui tutto-ra libera dal risentimento.

    Rispetto al Sal 8,5, ecco dunque la figura regale guadagnare ulterior-mente in universalit sviluppando un dinamismo empatico in senso inverso,cio non pi coi privilegi regali proiettati sull'umanit intera, ma piuttostoumanizzando la figura dell'eletto, riconoscendola fondamentalmente uni-forme a quella per tutti comune, mortale e transeunte, nonch parimenti e-nigmatica. Se il Sal 8,5 esulta poich ogni 'ensh-ben-'adam , cionono-stante da Dio incoronato re, il Sal 144,3 preferisce pi realisticamente am-mettere che anche il re, l'eletto e custodito dal Signore, un 'ensh/hvl dipochi giorni. La domanda antropologica cos' l'uomo? consente qui dirileggere la figura regale solidale all'umanit minacciata dalla sua stessa fi-nitezza, gravata da un problema irriducibile e ad essa intrinseco. Rinun- 34 H. J. KRAUS, Psalmen, II, 1125.

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    ciando all'ammirazione e raccogliendo la sfida dell'angoscia, davvero pro-blematizzando e rispondendo non retoricamente, la questione antropologi-ca, lungi dallo spegnere la fiducia teologale, semmai finisce per sostenerla ealimentarla con un'intensa invocazione di aiuto e di divina benedizione per

    s e per il popolo.35

    Indiscutibile guadagno del Sal 144,3 che questa voltail problema viene apertamente posto, senza pi eufemismi o censure: l'elettoa condizione regale, e addirittura qualunque uomo in genere, potr maisopportare la propria umbratile ed evanescente condizione 36? Per il momen-to la compatibilit si mantiene, ma sul cielo prima quasi tutto terso, oravanno addensandosi nubi. 37

    2 . 2 . I n c o m p a t i b i l i t 2 . 2 . 1 . L e le t t o d e t r o n i z z a t o e l a m o r t e d i t u t t i : S a l 8 9 ,4 7 - 5 0

    La preghiera regale, con riferimento allerede di Davide, del Sal 89,47-50,che chiude il terzo libro del salterio (Sal 73-89) non riesce pi a comporre latensione tra elezione e condizione mortale. Ed eleva invece una virulentadoglianza contro linaffidabilit della promessa davidica (vv. 39-46.50-52),che, mentre vede una fallimentare detronizzazione dell'eletto, ospita al pro-

    prio interno un'altra pi universale protesta contro l'insensata destinazionemortale voluta dal creatore, percepita intollerabile non solo per il discen-dente di Davide, ma per tutti, senza differenza (vv. 47-49):

    Fino a quando, Signore, continuerai a tenerti nascosto,arder come fuoco la tua ira?

    Ricorda quant' breve la mia vita!Perch quasi un nulla hai creato ogni uomo?Quale vivente non vedr la morte,

    sfuggir al potere degli inferi?Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,

    che per la tua fedelt hai giurato a Davide?Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:

    porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,

    35 Come nel Sal 8,5 la domanda su se stesso avvicina l'uomo a Dio, e l'uomo all'uomo. Inserita tra la lode iniziale(vv. 1-2) e la richiesta di intervento divino (vv. 5-15), funge da motivo di ulteriore fiduciosa invocazione, facendoleva sulla differenza tra uomo e Dio: Se Dio roccia, l'uomo un soffio; se Dio scudo e guerriero invincibile,l'uomo vanit segnata dalla morte. Ma proprio questa radicale diversit fonda la certezza della salvezza. Perchse Dio forte, suo dovere difendere il debole. Se Dio stabile ed eterno, dovr venir in aiuto di chi non pu tro-vare in s appoggio e consistenza (B. C OSTACURTA, Con la cetra e con la fionda. L'ascesa di Davide verso il trono ,Dehoniane, Roma 1994, 79).36 Da segnalare a riguardo E. B ECKER, Il rifiuto della morte, ed. Paoline Roma 1982, e Z. B AUMAN, Il teatro dell'im- mortalit. Mortalit, immortalit, e altre strategie di vita, Il Mulino Bologna 1995.37 Molto significativamente questa domanda/confessione antropologica esce dalla bocca non di un qualunque o-rante, ma di un re, l'archetipo stesso dell'eletto, a immagine e rappresentanza di Dio. Consapevole della propriarelazione speciale con lui, sa per altrettanto bene che questo suo status regale-filiale non lo scorpora dalla naturaeffimera comune a tutti. Quale ricomposizione potr mai prodursi tra queste due dimensioni? La maggior schiet-tezza del Sal 144,3 guadagna in chiarezza ed esplicitazione di problematica, non certo in effettiva risposta. Po-tremmo parlare di una soluzione di compromesso - un po' come la sua stessa preghiera compositiva che combinageneri diversi -, e collocarla a met tra Sal 8 da una parte, comunque nel segno della compatibilit tra regalit econdizione mortale, e il Sal 89, Gb 7, Qo 1,3 dall'altra, tutte voci piuttosto nel segno dell'incompatibilit di questedue grandezze.

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    con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,insultano i passi del tuo consacrato!Benedetto il Signore per sempre,Amen, amen! (Sal 89,47-52).

    Cos il Sal 89 nella sua terza parte (vv. 39-51.52) chiude cupamente unapreghiera avviatasi e protratta nel clima solare di un inno alla bert eternadi Dio con Davide e discendenza (vv. 1-19), rincalzato da una rievocazionedell'oracolo ad essa relativo (vv. 20-38; cf 2Sam 7).

    In effetti nelle prime due parti del Sal 89 la celebrazione della fedelt, grazia e favo-re divini per Davide e discendenza ( 'emnah/'emeth regolarmente associate allo che- sed) non potrebbe essere pi confidente, entusiasta, e solenne. 38 Perfino nell'ipotesi ditrasgressione dell'eletto, le contromisure divine saranno solo castighi medicinali, prov-vedimenti di rigore, umanamente parlando tutte sanzioni di prammatica di qualunque

    padre risoluto a non viziare il proprio figlio (vv.31-33), ma, anche in caso di punibili-t, escludendone il ripudio. Istituita per libero favore divino, la promessa/alleanza (be- rt) per la casa (discendenza) di Davide (vv. 37-38) permane quindi -come quella a-bramitica- indipendente dalla prestazione del suo partner umano (ma non gli toglierla mia grazia e alla mia fedelt non verr mai meno, non violer la mia alleanza, nonmuter la mia promessa: vv.34-35). Varr la pena rammentare come si tratti dell'uni-co salmo dove, coerentemente colla promessa divina di 2Sam 7,14, risuona l'invocazio-ne filiale dell'orante a Dio: Tu, mio padre! (v.27).

    Ma questo Dio dello chesed, che istituisce la bert e agisce con 'em- nah/'emeth, sollecito a farsi filialmente invocare, eccolo inopinatamentetrasformato in motivo e oggetto del pi acuto risentimento per linfamia dalui inflitta e lasciata infliggere da parte dei nemici al suo consacrato, al tem-po stesso detronizzato e misconosciuto. Con il crollo della monarchia davi-dica regante su Giuda, l'eletto del Signore da lui stesso proclamato propriofiglio primogenito (v.28; e chiunque vi si identifica) esce totalmente delusonelle proprie attese, pur assai narcisistiche scoprendosi n intoccabile, n -tanto meno- immortale, in realt non troppo diverso dagli altri. Svanita co-me illusoria ogni posizione elativa, ecco allora scattare quel transfert empa-tico (impossibile al narcisista, che, percependosi dissimile e superiore a

    chicchessia, per l'appunto non ha transfert), per cui anche l'eletto subiscescacco al pari degli altri mortali, reietto come tutti. Non stupisce quindi cheil risentimento per la mancata salvaguardia della dinastia davidica (vv. 39-46.50) ne dischiuda dal proprio stesso interno un altro di ben pi sostanzia-le e universale portata, rigirando interrogativamente, con ulteriore radicali-smo, la confessione del Sal 144,3: ma perch Dio ci crea quasi un nulla, per-ch ci fa morire?

    Tuttavia una pi singolare sorpresa ci riserva il Sal 89 nella laconica be-nedizione conclusiva (colofon del libro centrale del Salterio: Sal 73-89), che,

    38 Per un'analisi pi diffusa sulla finale e la dossologia del Sal 89, mi permetto rimandare al mio R. V IGNOLO, Circo-larit tra libro e preghiera nella poetica dossologica del Salterio. Contributo alla "terza ricerca" del Salterio comeLibro, in L A PAROLA DIDIO TRA SCRITTURA E RITO. Associazione Professori di Liturgia. XXVIIII Settimana di studio (E-phemerides Liturgicae - Subsidia 122), Edizioni Liturgiche, Roma 2002, 127-188 (ivi, 157-161).

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    contestualizzata in risonanza collintero salmo di appartenenza, dimostral'estrema chance di una fede provata dal risentimento. E gi di per s note-vole che la cocente smentita delle promesse (vv.39-46.50-52) al cui internotrova spazio la tragica domanda/accusa sul mortale destino dellumanit

    (vv.48-49), non vietino al nostro salmo una dossologia analoga a quelle de-gli altri quattro libri del Salterio: Benedetto il Signore per sempre, Amen,amen! (Sal 89,52). Analoga, e tuttavia originale, risultando infatti ridotta epi contratta rispetto alle altre tre. Contestualizzato al suo salmo d'apparte-nenza questo amen, amen conclusivo d voce coraggiosa e dignitosa aduna fede risentita che sarcasticamente rivendica per Israele quella fedeltverso Dio, rispetto alla quale Dio stesso si dimostra inadempiente. Parafra-sando, diremmo: Eccoti, o Dio, la nostra fedelt, ben migliore della tua, chepure abbiamo celebrato con tanta gioia (v. 2-3), come garanzia perpetuadella discendenza davidica (vv.5.29.37-38), che tu non hai pi custodito!Ma, dal momento che non l'hai reintegrata sul suo trono, infliggendole ogniumiliazione, eccoci noi pi affidabili di te, poich, a dispetto della tua eva-nescente 'emnah/'emeth, il nostro amen a te tuttora perdura le'lam! (cfvv. 3.5.29.37-38). A provocatorio confronto confliggono da un lato la man-cata continuit storica dell'assegnazione del regno di Giuda ad una di-scendenza eletta, a smentita della garanzia divina; e, dallaltro, la conti-nuit/perpetuit della lode divina, in cui invece i destinatari dell'elezione,comunque permangono. Ulteriore fattore tragico sta nel fatto che l'eletto(ovvero chi gli d voce, in qualche modo identificandovisi), pur detronizza-to, non recede dalla lode del suo Signore, innalzandogli una benedizione al-l'insegna di una fede nonostante tutto 39 .

    Nel contesto celebrativo dellelezione davidica questo esito prende anti-frastico e crudo risalto: leletto, autostimatosi custodito al riparo della graziae fedelt divina, si scopre dolorosamente abbandonato e reietto da Dioquanto alla promessa speciale (89,39-46.50-52), la cui disilllusione lo fa ri-scoprire anche lui esposto e solidale alla stessa mortalit d'ogni uomo, ama-ramente registrata come un analogo tradimento divino, questa volta all'indi-rizzo non d'una dinastia, ma dell'umanit intera. In merito si dovrebbe te-

    ner conto della contiguit contestuale del Sal 89, sia con il precedente Sal 88(universalmente riconosciuto come il pi buio del salterio, centrato sull'in-vocazione a partire da una permanente esposizione alla morte); sia con il

    39 Se teniamo conto delle tre grandi parti del poema (inno: 1-19; oracolo: 20-38; supplica: 39-52), nella brevissimadossologia conclusiva rieccheggia l'intero componimento portato alla sua drammatica e provocatoria conclusione,antifrastica rispetto alle prime due parti (vv.1-38). Questo il duplice effetto finale a/ del lam - lelam che ab-braccia inclusivamente lintero salmo (vv.1.2.53), nonch b/ del doppio amen, che trova reiterata corrispondenzaprima con l'ampia celebrazione (vv.2-38) poi con la tragica problematizzazione (vv.39ss.) della 'emnah/'emeth divina un tempo percepita fiduciosamente, in seguito del tutto latitante. Nell'intero componimento menzionata12x (il numero delle trib d'Israele, contando la duplice ricorrenza della stessa radice aman anche nella dossolo-gia: la tua fedelt vv.2-3.6.9; - fedelt e grazia v.15; - la mia fedelt vv.25.34; - la mia alleanza fedele v.29 - v..50:Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo, che per la tua fedelt hai giurato a Davide?;- Benedetto il Signore

    per sempre! amen amen v.53. Non difficile trovare paralleli, soprattutto nella letteratura relativa alla Shoah(Z. KOLITZ, Yossl Rakover si rivolge a Dio, Adelphi Milano 1997, 28-29: Tu fai di tutto perch io non creda in Te. ...Non ti servir a nulla! Io invece muoio cos come sono vissuto, pervaso da una incrollabile fede in Te!).

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    modo potenzialmente precontenendola a livello affettivo, verbale, retorico. Affettivamente il passaggio dallo stupor admirationis allangoscioso, accusa-torio risentimento si spiega infatti rammentando come langoscia sia l'altrafaccia dello stupore, annidata al suo stesso interno, in quanto l'una e l'altro

    si accendono da un'analoga, se non identica esperienza di gratuita contin-genza, differenziata solo in quanto percepita sotto diverso segno. 44 Inoltre,verbalmente, la coppia ricordare/ visitare del Sal 8,5 - come si detto - sipresta ad una ambiguit semantica, applicabile com' in senso punitivo esalvifico. Retoricamente , infine, il self-understatement difensivo tipico dellaformula di autodenigrazione trova qui ricco sviluppo illocutorio, riconno-tandosi di sarcasmo, amarezza, terrore, aggressivit. Imponente il raddoppiodelle azioni divine intentate sulluomo, con climax sarcastico nel secondostico, 45 nonch lincalzante incremento delle domande (moltiplicazione delmah interrogativo e dei suoi composti): 46

    17. Cos' un uomo (mah-ensh) perch lo stimi tanto (gadal - piel), perch gli presti attenzione (sht leb),18. e lispezioni (paqad) ogni mattino,e lo scruti (bahan) ad ogni momento?19. Fino a quando (kammah) avr addosso il tuo sguardo,senza neanche la tregua di un respiro?20. Se ho peccato, che cosa (mah) ti avr fatto, o custode dell'uomo?Perch (lammah) mi prendi a bersaglio e ti son diventato di peso?21. Perch (mah) non cancelli il mio peccato e dimentichi la mia colpa?Ora mi stendo nella polvere,domattina mi cercherai, ma io non sar pi! (Gb 7,17-21).

    Elezione e predilezione divina quindi come sadica inquisizione, ingiustifica- ta persecuzione. Dio scruta luomo per pescarlo in fallo e condannarlo(7,18). Un accusatore che gli toglie il respiro (7,19), e che kafkianamentenemmeno notifica all'uomo il peccato imputatogli, il male che avr purecommesso, lasciandolo in angosciata ignoranza della sua effettiva responsa-bilit. Non pi custode benevolo del proprio eletto, vigilante sulla vita sua(cf Is 27,3; Prov 24,12; Sal 64,2), e dei suoi fedeli (Sal 31,24; cf 122), ma

    piantone d'un sorvegliato speciale (Gb 7,20), Dio diventa un'insidia, piut-tosto che una garanzia perenne alla vita dell'uomo. Implacabile nell'archi-viare le colpe, invece di cancellarle, e nel negare il perdono (lui di cui Mi7,18, come pure Es 34,6-7 e Num 14,18 confessano: qual Dio come te, chetoglie l'iniquit e perdona il peccato?).

    44 Come richiama M. H EIDEGGER, Che cos' la metafisica?, La Nuova Italia Firenze 1948, 18ss. 33ss. 45 Rispetto al Sal 8,5 Gb 7,14 tiene solo il verbo pqd. Nel primo stico la coppia gdl/syt lb non lascia ancora presen-tire nulla di negativo: gdl al piel infatti il verbo della promessa abramitica (Gen 12,2), e della continuit di quelladavidica per Salomone (1Re 1,37.47; 1Cron 29,25; 2Cron 1,1), qui trasferito pi universalmente verso l'uomo ingenere. Lintensa attenzione personale di Dio per luomo del primo stico diventa tuttavia gi intollerabile nel se-condo, dove si trasforma in ispezione quotidiana mattutina, e in uno scrutinio ad ogni istante. Oltre che sul Sal 8,5la distorsione parodistica di Gb 7,17 si riversa anche contro il mattino, tradizionale momento di grazia divina, eprobabilmente anche contro il Sal 139, dove lo scrutinio di Dio sulluomo, tema dellintero salmo, invece favore-volmente recepito, e perfino conclusivamente invocato (139,1-2.23).46 Ironico-difensivo (vv. 17-18), terrorizzato (v. 19), aggressivo (v. 20), di nuovo ironico (v. 21).

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    Capace perfino di attaccare Dio, attaccandosi a lui (C. W ESTERMANN), conun'invocazione e una protesta infine capaci di farsene rispondere , Giobbepercorrer il rischioso cammino della libert, 47 investendo tutto il proprioterrore di una praedestinatio ad mortem, e insieme tutta la segreta speranza

    che Dio non sia cos.48

    Nella sua replica finale, un Dio finalmente loquace e pure lui prodigo didomande (Gb 38-42), ricollocher il proprio interlocutore in una esposizio-ne cruciale alle differenze, non solo tra uomo e Dio, ma anche tra uomo ecosmo, nonch tra uomo e mondo animale. Giobbe potr cos riscoprirsi duevolte sovrastato: dall'alto, cio dall'imponenza degli elementi macrocosmiciprimordiali (Gb 38,4-38), rispetto a cui nessuno pu mai coltivare illusioniegemoniche, ma anche dal basso, cio da quel vitalissimo (Gb 38,39-39,30),perfino mostruoso (40,15-41,26) regno animale, che una certa tradizione(Sal 8; Gen 1-2), qui ridiscussa, voleva dal Signore stesso assoggettato all'u-manit. Ecco allora anche Dio proporre, se non proprio una parodia, quan-tomeno un ridimensionamento di questa illustre tradizione, illustrando ap-punto a Giobbe quanto il mondo animale sia irriducibile all'umana egemo-nia (38,36-39,30), risultando depositario duna sapienza superiore perfinonella creatura meno perspicace (come lo stupido struzzo, che abbandona lasua covata esponendola a rischi d'ogni tipo, ma che nessuno uguaglia in ve-locit: 39,13-18). Nella sua risposta a Giobbe Dio si propone lui come quelsignore degli animali, (ruolo dallEgitto attribuito al faraone, ma dal Sl 8 eGen 1-2 invece alluomo), 49 un signore senza alcun prepotente tratto ege-monico, benevolo verso ogni creatura, 50 che ribalta una prospettiva univo-camente antropocentrica, 51 ricalibrandone una pi accentuatamente teo-centrica.

    Alla fine del secondo discorso divino Giobbe prova ancora repulsione perla propria evanescente condizione mortale (perci detesto polvere e cene- re,) e tuttavia se ne riconosce sollevato (ma ne sono consolato: 42,6) 52

    47 A. NEHER, Chiavi per l'ebraismo , Marietti, Genova 1988, p. 112.48 Il suo stesso nome proprio prefigura per intero il suo dramma, contenendo la chiave sintetica di questa sua pau-ra fondamentale: iyyb infatti un nome teoforico, diffuso nell'ambito semitico, il cui senso alla lettera suona:Dov' il Padre?. Ma, poich questo nome ha le stesse consonanti di yeb nemico, e, com' noto, essendo il ne-mico dell'uomo per antonomasia nella Bibbia, quella Morte ( Sal 13; 30 ecc.; Os 13,14), che ancora Paolo penserpersonificato, con tanto di maiuscola ( 1Cor 15,54-55), ecco che contestualmente al libro il nome del suo protago-nista risuona con un interrogativo di speciale spessore ermeneutico: Dov' il Padre dell'uomo? Forse che si allea- to al suo nemico? Forse che il padre dell'uomo sia la morte? . 49 Si tratta di un'immagine corrente nella glittica medio-orientale dal secondo millenio fino all'epoca persiana, fio-rente soprattutto tra l'VIII e il V sec., che raffigura un domatore/protettore di animali posti al suo fianco (anchequi ritroviamo praticamente tutta la serie di Gb 38 )- un personaggio quasi divino, spesso dai tratti regali, in rap-porto all'organizzazione cosmica del mondo. Questa figura svela quanto diffusa sia nell'immaginario collettivomediorientale l'istanza (e l'illusione!) antropologico-antropocentrica di controllare una dimensione del mondosentita in realt come superiore alle proprie forze. Orbene, Gb 38-39 demitizza l'illusione di questa istanza: Dio,non l'uomo il Signore degli animali.50 Cos la divina passeggiata zoologica fa intendere che il mondo non privo di potenze ricavate dal caos, selvag-ge nel modo pi impressionante e che rappresentano una terribile forza distruttiva, tuttavia esso non senza or-dine - meglio : non senza chi tiene le redini di questo caos, senza trasformarlo in un ordine sclerotico (O. K EEL,Dieu rpond Job. Une interprtation de Job 38-41 la lumire de l'iconographie du Proche-Orient ancien , Cerf(LD C 2) Paris 1993, 103). Tuttavia il Dio di Giobbe non va a caccia degli animali, come invece usa fare il faraone.51 Gen 1-2 e Sal 8 offrono una chiave di lettura, ma non l'unica! 52 Per questa traduzione di 42,6 (al ken emas wenihamti al apar we eper versetto anche di recente molto dibat-

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    poich gli appare ora reinscritta entro il nuovo orizzonte di un creatore fi-nalmente eloquente, onnipotente s, ma non prepotente. Permane tuttavia inlui ancora un cruccio antropologico 53 intorno alla dolorosa fragilit del-l'umana esistenza, un enigma che cos come non si risolve completamente

    per nemmeno gli impedisce di affidarsi all'onnipotenza mite di Dio, fi-nalmente a lui manifesta.

    2 . 2 . 3 . L a n t r o p o l o g i a d e l l e s e c r a z i o n e : g l i a m i c i d i G i o b b e e l a d e -r i v a q u m r a n i a n a

    Gb 7 non funge solo da contrappunto 54 alla tradizione attestante il voltosalvifico del Signore, ma al tempo stesso polemizza pure controlantropologia sottesa dalla prima replica di Elifaz, che aveva proposto laquestione antropologica in termini di radicale denigrazione. Secondounidea inedita ed estranea a Israele, a dire del pi eloquente amico diGiobbe (che, spacciandosi come profeta, la vende come visione notturna,goduta in tardemah ), l'uomo davanti a Dio sarebbe ontologicamente non so-lo fragile, ma addirittura impuro, affetto da un male metafisico (proprioper questo non pu contestare Dio e pretendere di avere ragione davanti alui). La differenza tra l'uomo peccatore e il Dio santo raggiunge un parossi-smo, non per relativo a un'imperfezione etica, bens ontologica: l'impurit ormai connaturale all'uomo e alla sua stessa fragile condizione creaturale.Questa considerazione torna come tiritera sulla bocca degli amici di Giobbecome argomento progressivamente vacuo, ripetitivo, per zittirlo nella suadisputa con Dio (4,17; 15,12). In bocca a loro la formula non vale come au-todifesa giocata sul Self-Abasement, bens, secondo l'applicazione previstadalla Insult-Formula (insulti contro un terzo)- come denigrazione d'unahumana condicio perfettamente esecrabile:

    Che cos' l'uomo per ritenersi puro (mah ensh k yizkeh), per volersi giusto un nato di donna (wek yizdeq yeld isshah)?Ma se neppure dei suoi santi Egli ha fiducia,neanche i cieli sono puri ai suoi occhi,

    tuto) seguo la soluzione grammaticalmente e filologicamente ben argomentata di G. B ORGONOVO, La notte e il suosole. Luce e tenebre nel libro di Giobbe. Analisi simbolica , Roma PIB 1995, pp. 82-84. Oltretutto, tradurre perciritratto e mi pento sopra polvere e cenere intenderebbe l'ultima parola di Giobbe come dichiarazione di peniten-za, cfr. p. es. CEI e la maggioranza delle traduzioni italiane), e quindi offrirebbe un finale davvero troppo conven-zionalmente edificante, nonch un appiattimento del personaggio, Giobbe, che invece (nella traduzione adottata)fino all'ultimo si dimostra un resistente, anche nell'abbandono fiducioso! (cos gi J. E ISENBERG SENBIESEL, Giob- be o il Dio nella tempesta , SEI, Torino 1989, p. 360). Polvere e cenere sono l'emblema di ci che Giobbe stessodichiara di essere diventato con la sua afflizione mortale (30,19). Di cenere il cumulo su cui Giobbe siede dall'i-nizio del racconto (2,8). La polvere (da cui l'uomo fu tratto e a cui ritorna, Gn 3,19) sta come cifra della condizio-ne mortale. Il nostro il libro biblico che pi d'ogni altro ne parla (25 volte), per lo pi in rapporto alla morte(4,19; 7,21; 10,9; 17,16; 19,25; 20,11; 21,26; 34;15), all'afflizione (16,15) e umiliazione (40,13). Con qualche sfu-matura differente, M. M ILANI, A immagine del Cristo paziente. Sofferenza, malattia e salvezza nella Scrittura, Ed.MessaggeroPadova 2003, 87-88.53 Per questo concetto e per un'interpretazione della risposta di Dio, cfr. R. V IGNOLO, Giobbe: il male alla luce dellarivelazione, in AA.VV., Giobbe: il problema del male nel pensiero contemporaneo , Cittadella Editrice, Assisi 1996,pp. 27-73 ( ibi p. 64).54 W. BRGGEMANN, Teologia dell'Antico Testamento, Queriniana Brescia 2002 imposta l'intera propria teologia bi-blica appunto in una dialettica di voci attestanti e controattestanti relativamente al Signore dIsraele.

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    quanto meno un abominevole, un corrotto,l'uomo, che beve iniquit come acqua! (15,12-16; cfr.4,17; parla Elifaz)

    Come pu giustificarsi un uomo davanti a Dio

    e apparire puro un nato di donna?Ecco, la luna stessa manca di chiaroree le stelle non sono pure ai suoi occhi:quanto meno l'uomo, questo verme,l'essere umano, questo bruco! (25,4-6; parla Bildad). 55

    Sintonicamente al Sal 8, gli amici ricollocano luomo entro un contesto co-smologico a lui superiore, e tuttavia (qui una prima inquietante novit) essostesso impuro agli occhi di Dio. Diversamente dal salmo, rinunciano per amantenere la domanda antropologica nei termini d'una allocuzione diretta a

    Dio. A lui mai gli amici si rivolgono. Al contrario, Giobbe, pur devastato, nonrinuncia a questo tratto orante e quindi espressamente teologale della do-manda antropologica. Pur non illudendosi d'esserne ascoltato e averne ri-sposta (cf 9,16), non desiste dalla sua domanda-accusa diretta a Dio. Ma ol-tre a questo scarto in senso teologale, la domanda antropologica sulla boccadi Giobbe segna un'ulteriore distanza proprio nel diverso trattamento inflit-to all'uomo, dal momento che egli non accetta di esasperare l'autodenigra-zione dell'uomo fino a trasformarla in un'autoesecrazione, fino a sostenereuna correlativa equazione e parit tra creaturalit mortale e ontologica im-

    purit. Esecrabile sar semmai quel Dio onnipotente-prepotente (9,12), chefa perire allo stesso modo innocente e colpevole (9,22), lui giudice comun-que troppo inesorabile su chi gode d'unesistenza tanto caduca (14,1ss.). Perbocca degli amici si intravvede una nuova maniera di intendere la profanitin Israele. In precedenza riconosciuta fondamentalmente sana nella sua di-stanza da Dio, ora identificata con la stessa impurit, mentre la purit vie-ne riservata sempre pi esclusivamente a Dio. 56 Di qui ne viene che esisterecome creatura significa essere peccatore: non in ragion d'una situazione difatto, nemmeno in relazione a un peccato originale, di ascendenza angelica,ma a un male costitutivo la stessa struttura originaria dell'uomo.

    Attingendo a questo linguaggio, l'idea sar ulteriormente radicalizzatanelle qumraniane Hodayt (ca .150 a.C.), che in una decina di testi com-plessivi - 57 per un verso, in compagnia di Giobbe, mantengono la forma o-rante della domanda, sostanziandola per non con la sua coraggiosa libertdi ricerca di Dio, bens con l'esecrabile, pi piatta antropologia degli amici:

    Ma cos lo spirito di carnePerch possa comprendere tutte queste cose,E per afferrare il tuo segreto meraviglioso e grande?

    55 Interessante notare come il confronto uomo peccatore/Dio puro mantenga come punto di riferimento il mondodegli esseri divini (i suoi santi 15,15), proprio come in Sal 8,6.56 P. SACCHI, Storia del secondo tempio . Israele tra il VI sec. a.C. e il I sec. d.C., Torino Sei 1994, 165; 431-432.57 1QS XI,20-22; 1QH a V,20-211QH a VII,25; XII,29-30; XV,32; XVIII,3-4; XXIII fr. 2,7-8; 1QHb fr.1 6-7; 4QH fr. 7,16-18.

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    Cos il nato di donna fra le tue opere terribili?Egli struttura di polvere modellata con acqua,suo fondamento il peccato colpevoleindecenza immonda, fonte dimpuritsu cui domina uno spirito di perversione.

    (1QH a

    V,20-21).58

    Poich il peccato avvolge completamente l'esistenza umana, cade ogni ri-ferimento alla grandezza naturale dell'uomo inteso quale immagine di Dio. 59 Unico scampo a questa condizione la rivelazione che Dio elargisce ai suoieletti, da lui predestinati 60 alla conoscenza della sua verit, sicch, nono-stante il peccato, Dio illumina l'uomo:

    E che cos' luomo vuoto, vano, per comprendere le tue (grandi) opere meravigliose?

    (1QH a XV, 32).

    Evidentemente ai qumraniti fa buon gioco insistere sullantropologiadellesecrazione, dal momento che dal loro punto di vista la diminutio ho- minis funge benissimo a far risaltare vieppi la laudatio Dei. Allettante risul-ta ai loro occhi l'idea di un'umanit esecrabile, in quanto contropartita ap-parentemente vantaggiosa in funzione teocentrica, offrendo lo sfondo dimassima inerzia e contrapposizione al libero agire di Dio secondo la pi ri-gida predestinazione binaria di giusti e reietti. In fondo questo dualismo co-stituisce gi una soluzione benevola e vantaggiosa per tanto esecrabili crea-ture, una porzione delle quali, messa a parte per sua insindacabile volont,viene salvata dalla conoscenza rivelata dei misteri di Dio.

    Lasciando da parte le punte inaccettabili di questa soteriologia predesti-nazionistica e infine gnosticheggiante, si resta per colpiti da quanto inten-samente la domanda che cos' l'uomo? Chi sono io affascini i membri diquesta comunit, non solo stante la sua alta frequenza nelle Hodayt (chesono pur sempre componimenti salmici, testi d'uso orante), ma soprattuttoin quanto menzionata addirittura in un testo normativo come la regola dellacomunit, per cui a questa forma di preghiera sar da ascrivere un implicitovalore, se non proprio fondativo istituzionale, quantomeno assai caratteriz-zante la spiritualit del gruppo:

    Chi pu reggere la tua gloria?Che cos' veramente luomo / fra le tue opere meraviglioseChe cos il nato di donna in tua presenza?E stato formato nella polvere, / pasto di vermi sar la sua dimora saliva sputata,/ argilla modellataE alla polvere (lo trascina) il suo istinto.

    58 Traduzione di C. M ARTONE, Testi di Qumran a cura di F. G. Martinez , Paideia, Brescia 1996. Cfr. anche 1QH a VII,25; XII,29-30; XV,32; XVIII,3-4; XXIII fr. 2,7-8; 1QH b fr.1 6-7; 4QH fr. 7, 16-18). 59 SACCHI, Storia, p. 342.60 Pacifica per i qumraniti una praedestinatio gemina degli eletti, ab aeterno spartiti dei dannati.

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    Che cosa risponder largillae colui che stato formato dalla mano?E quale consiglio potr comprendere? (1 QS XI, 20-22).

    Tuttavia, con queste pregiudiziali antropologiche pessimistiche, predesti-nazionistiche e gnosticheggianti, l'illuminazione dei qumraniti resta lontanaanni luce dalla conoscenza cui Giobbe perviene, l'esito di chi percorre il ri-schioso cammino della libert, 61 precluso a qualsiasi predestinazionismo.

    2 . 2 . 4 . L a d o m a n d a i n p r o s a e l a r e g a l i t a b d i c a t a d i Q o h e l e t

    La domanda antropologica che Qo 1,3 (che guadagno c per luomoda tutta la sua fatica per cui fatica sotto il sole?) inserisce a ridosso del suofamoso motto (1,2), e appena prima del non meno noto poemetto (1,4-11) edella sua mascherata regale (1,12-2,26, pi opportunamente estensibile finoa 3,15) assume si carica di polivalente energia critica, rivestendosi di retori-ca e sorniona seriet. Suona infatti a modo suo anchessa parodistica rispet-to alla primitiva connotazione orante ed elegiaca (Sal 8,5; 144,3) 62, resistenteanche sotto le terribili distorsioni di Giobbe. Epper, al tempo stesso, avanzasatirica allindirizzo dellideologia economicistico-rampante del propriotempo e contesto benestante, che pretenderebbe affrontare il problema an-tropologico non pi in termini di mahensh-ben-adam , bens di mah yi-

    trn laadam (che guadagno/ vantaggio c' per l'uomo?). L'abbandono delparallelismo ensh/ben-adam, forse avvertito un po' lagnoso e troppo stan-camente elegiaco, come pure la caduta di una diretta invocazione divina conla rinuncia alla forma orante; e per giunta lassunzione del vocabolo econo-micistico yitrn (guadagno/ vantaggio), questi tre fattori complessivisuggeriscono di riconoscere in questa domanda quasi gergale, 63 la ritrascri-zione spoetizzata e rigorosamente feriale rispetto alla tradizionale e pursempre aulica interrogazione. In gioco c semplicemente ha-adam, ossialumanit terrigena, il cui grembo e destinazione ultima (casa di eternit) sono a tutti inesorabilmente comuni (12,5). Questa originale forma di do-manda antropologica fa pensare cos ad un'agile critica satirica volta a con-trastare simultaneamente un duplice fronte: da una parte contro la pi tra-dizionale, nobile versione dellantropologia regale (il cui principio basilaredelluomo a immagine di Dio sar totalmente ribaltato nell'impietosa assimi-lazione delluomo alla bestia: 3,18-21); ma dallaltra anche contro la pibieca ideologia economicistica del suo tempo (et tolemaica, come preferiscela maggioranza, oppure achemenide, come vorrebbero alcuni?), in ogni caso

    61 A. NEHER, Chiavi per l'ebraismo , Marietti, Genova 1988, p. 112.62 Qo sar ancora pi radicale affermando che il destino dell'uomo come quello della bestia (miqre hehad perentrambi: 3,18-20). Situato sotto il sole l'uomo sta sottomesso alle meravigliose e ferree leggi di natura che tra-scendono il breve corso della nostra vita.63 Fast jargonhaft formulierte Frage (N. LOHFINK).

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    giudicato malato, per quanto possiamo capire, di frenesia produttiva e affa-ristica, che allumana avventura pretenderebbe guardare con lo stesso utili-tarismo con cui si procacciano buoni affari. Nel giro di un capitolo Qoheletsmonta questillusione: non c nessun vantaggio sotto il sole (2,11), 64 san-

    zionando che, in forza della morte che tutti di tutto disappropria, un ap-proccio antropologico in termini di yitrn intrinsecamente fallimentare,insensato. Una domanda quindi spoetizzante, ma nientaffatto banalizzante,semmai satirico antidoto contro ogni banalizzazione, sia essa in nome dellapi antica consuetudine ovvero del pi recente spirito del tempo.

    A questa versione economicistico-utilitaristica della domanda antropo-logica corrisponde, come intrinseco risvolto del pensiero di Qohelet, un suomolto peculiare concetto - oltre che di sapienza - 65 dello stesso modello rega-le, a suo avviso inguaribilmente viziato da un peccato dorigine, cio da untipico rischio deccesso cui, tradizionalmente anche nella coscienza dIsraele,sta esposta proprio la figura del re. Avendo il potere - quasi come Dio (Sal115,3; 135,6) - di far tutto quel che vuole (Qoh 8,2-4), il re facile predadelleccesso fuori misura e dellimmane pretesa narcisistica di un io sovra-no (A. R IZZI), ancora succube del delirio donnipotenza infantile, ossessiona-to dall'accumulo troppo (harbeh) -avverbio che con la sua quindicina diricorrenze raggiunge in Qohelet il primato di frequenza in tutto lAntico Te-stamento, 66 in Dt 17,16-17 regolarmente presente nel suo triplice divieto alre di possedere troppe mogli, troppi cavalli, troppe ricchezze... Lo stesso ge-nere di imprese di re Qohelet rientra in questo orizzonte pi restrittivo, 67 emblematico di una sindrome regale, 68 di quellillusione ossessiva e com-pulsiva, almeno virtualmente comune a tutti gli umani, di acquisirsiunimmortalit fabbricata con le proprie mani. Anche nellautobiografia re-gale di Qo 1-2 tutto parte da una rimozione della morte ben pi pesante eclamorosa della