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SECONDA UNIVERSITÀ DI NAPOLI FACOLTÀ DI INGEGNERIA Anno Accademico 2012-2013 BREVI APPUNTI DEL CORSO DI FONDAMENTI DI GEOTECNICA (Laurea triennale) L. Picarelli

Dispense Prof Picarelli Fondamenti di Geotecnica

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Appunti redatti dal professore per gli studenti del corso di geotecnica della seconda università degli studi di napoli

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  • SECONDA UNIVERSIT DI NAPOLI FACOLT DI INGEGNERIA

    Anno Accademico 2012-2013

    BREVI APPUNTI DEL CORSO DI

    FONDAMENTI DI GEOTECNICA

    (Laurea triennale)

    L. Picarelli

  • 1 INTRODUZIONE AL CORSO La Geotecnica quella disciplina della Meccanica Applicata che studia il comportamento dei terreni naturali e delle rocce intesi come materiali da costruzione ovvero come materiali naturali interagenti con le opere di Ingegneria Civile. I terreni sciolti sono il pi antico materiale da costruzione. Fin dallantichit essi sono stati utilizzati per la realizzazione di grandi opere (dighe di terra, gi in uso presso gli Assiri) ovvero di piccoli manufatti (case dargilla, tuttora utilizzate in alcuni Paesi meno sviluppati, rilevati, argini, riempimenti di scavi e trincee per la messa in opera di sottoservizi ecc.). La realizzazione di dighe di terra di altezza superiore ai 100 m oggi non pone alcun tipo di problema. I terreni sciolti rappresentano inoltre il materiale naturale su cui fondano tutti i manufatti o che interagisce con strutture, dette di sostegno, che sono realizzate in esso o contro di esso. Anche in questo caso, i nostri antenati hanno dato prova di saper operare in modo efficace realizzando grandi opere che hanno sfidato i secoli, come le piramidi dEgitto e del Messico, il Colosseo, acquedotti, ponti, gallerie ed altri manufatti in sotterraneo. Alcune gallerie scavate dagli antichi Romani nel tufo a Napoli e nei Campi Flegrei, ed ancor oggi esistenti, raggiungono lunghezze prossime al chilometro. Come simbolo di un geotecnica pre-scientifica inconsapevole, perch basata su di un approccio puramente empirico, ricorderemo le parole di Vitruvio, architetto romano, che a proposito delle tecniche di scavo delle gallerie, diceva: e se si incontrer tufo o roccia, si scavi pure in esso; se invece si incontrer solo terreno o sabbia, allora sar necessario realizzare pareti e volta per poter eseguire lo scavo ( (De Architectura). I principali problemi della Geotecnica moderna riguardano: il progetto, la costruzione e la verifica di dighe di terra, di argini idraulici, rilevati ed altre

    opere di terra; la scelta ed il progetto delle fondazioni di manufatti (dirette o profonde) ovvero il

    consolidamento delle fondazioni di antiche strutture e di manufatti staticamente insufficienti;

    la realizzazione di scavi superficiali non sostenuti; lo scavo di gallerie e di altre opere in sotterraneo; la scelta ed il progetto di opere di sostegno (muri, paratie, rivestimenti di gallerie e scavi o di

    fronti naturali); il miglioramento meccanico di terreni di fondazione od interagenti con opere di sostegno; lo studio della stabilit dei pendii naturali e dei metodi per il loro consolidamento; lo studio della subsidenza; la previsione e la prevenzione degli effetti dei terremoti; il controllo e la prevenzione dallinquinamento del terreno e delle falde sotterranee.

    Come risulta evidente, lintervento della Geotecnica trascende ormai lambito della classica Ingegneria Civile, contribuendo alla mitigazione dei rischi naturali ed alla soluzione di problemi di carattere ambientale. Lapproccio teorico-sperimentale della Geotecnica quello classico delle discipline dellIngegneria. Tramite lapproccio matematico il comportamento del terreno modellato sulla base di procedimenti astratti di tipo deduttivo costruiti a partire da alcune ipotesi fondamentali; lapproccio sperimentale, a sua volta, ha la funzione sia di costruire, tramite osservazioni e misure, le relazioni di corrispondenza tra modello e realt, sia di determinare i valori delle grandezze in gioco che caratterizzano il modello. Esso viene utilizzato anche per controllare ex-post la validit delle soluzioni adottate. Lapproccio scientifico generale ora descritto, che valido per tutte le scienze, nasce praticamente tra la fine del sedicesimo e linizio del diciassettesimo secolo per lintuizione di alcuni grandi

  • filosofi e scienziati che rinunciarono alla rimasticazione acritica di principi obsoleti tramandati dallantichit, soprattutto ad opera dei grandi scienziati e filosofi greci ed arabi, per intraprendere strade nuove che vedevano nellosservazione e nella verifica sperimentale la prima fase della conoscenza, nellapplicazione dei principi della matematica e della fisica la fase di sintesi. peraltro Galileo Galilei che nel Saggiatore afferma: la filosofia scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta scritto dinanzi agli occhi (io dico luniverso), ma non si pu intendere se prima non simpara ad intendere la lingua, e conoscere i caratteri, nei quali scritto. Egli scritto in lingua matematica, e caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi un aggirarsi vanamente in un oscuro laberinto. Lapproccio teorico-sperimentale consente di interpretare fenomeni e comportamenti dei terreni e delle opere che con essi interagiscono. Una volta calibrato e verificatane lattitudine a modellare il comportamento del terreno, esso pu essere utilizzato per prevederne il comportamento per assegnate condizioni di lavoro, e quindi per risolvere problemi di ingegneria. Il corso di Fondamenti di Geotecnica affronta lanalisi del comportamento dei terreni sciolti, detti anche terre (quello delle rocce oggetto di altri corsi). Esso definisce i principi generali della disciplina, illustra le propriet dei terreni descrivendo le tecniche sperimentali con cui esse vengono misurate in laboratorio ed inquadra alcune problematiche dellIngegneria Geotecnica fornendo la chiave per la soluzione di problemi semplici frequentemente incontrati nella realizzazione di opere di ingegneria Tramite questo corso, lo studente apprende gli elementi essenziali del modello geotecnico consistente in una rappresentazione ideale e semplificata del sottosuolo, il cui comportamento viene analizzato mediante simulazioni fisico-matematiche della risposta a qualsivoglia azione esterna. I passi necessari a tal fine sono:

    a) acquisizione dei principi generali su cui si basa il comportamento dei terreni; b) studio del generico problema in s, dei fattori che lo influenzano e di eventuali fenomeni

    naturali o antropici in atto (fenomeni di filtrazione e consolidazione, deformazioni indotte, meccanismi di rottura ecc.);

    c) studio della natura e propriet del terreno; d) individuazione delle condizioni al contorno; e) individuazione delle condizioni iniziali (stati tensionali, regime delle acque sotterranee,

    propriet di stato del terreno); f) scelta del pi adatto modello di comportamento del terreno e definizione, valutazione e

    scelta dei parametri che lo caratterizzano. Alcuni di questi passaggi verranno accuratamente descritti nei capitoli che seguono; altri saranno illustrati molti sinteticamente rimandando ad altri corsi approfondimenti ed esempi.

  • 2 I TERRENI SCIOLTI COME SISTEMI PARTICELLARI. CARATTERISTICHE DELLE PARTICELLE I materiali che costituiscono la superficie terrestre possono essere distinti in rocce (o rocce lapidee) e terreni. Le rocce sono costituite da particelle cementate che non possono essere separate con semplici azioni meccaniche; i terreni, detti anche terreni sciolti o terre, sono invece costituiti da particelle con legami molto deboli o nulli. I terreni sono dunque dei sistemi meccanici particellari costituiti da elementi indipendenti (particelle), detti anche granelli, granuli o grani, la cui origine va ricercata nella disgregazione di formazioni rocciose che costituiscono la cosiddetta roccia madre. Gli eventuali legami interparticellari sono di vario tipo: i) dovuti allazione dellacqua presente sotto forma di menischi nei punti di contatto tra le particelle, e dunque effimeri perch cancellabili dalla saturazione del terreno; ii) dovuti a forze di tipo elettrico distribuite sulla superficie dei granelli e suscettibili di attrarre lacqua e ioni in essa disciolti, o altri elementi soggetti a forze di segno opposto; iii) dovuti a debole cementazione a causa della precipitazione di sali o di altri agenti. Nei terreni sciolti le particelle non sono dunque cementate (come nel caso di una sabbia marina) o lo sono cos debolmente che basta una leggera azione meccanica come la pressione delle dita o pochi cicli di imbibizione-essiccamento per separarle. Come si detto, essi si differenziano nettamente dalle rocce, i cui singoli componenti sono fortemente cementati e costituiscono di fatto un continuo spaziale eventualmente interrotto solo da fratture. Un sistema di particelle include necessariamente un sistema di vuoti, detti anche pori, presenti tra le particelle ed in comunicazione luno con laltro. Quindi, un sistema di particelle anche un sistema di pori interconnessi (sistema poroso) attraverso cui si pu muovere qualsiasi fluido, liquido od aeriforme. Una parte del volume complessivo occupato dalle particelle, la rimanente parte occupata dai pori. La Figura 1 riporta due rappresentazioni semplificate in cui un terreno sciolto immaginato costituito da particelle sferiche tutte uguali tra di loro. Queste rappresentazioni ci consentono di osservare il sistema di particelle ed il sistema di pori che occupano due diverse porzioni dello spazio: il volume Vs occupato dalla sola parte solida (le particelle) ed il volume Vv occupato dai soli fluidi. Il rapporto n=Vv/Vs viene detto porosit; questa pu evidentemente variare tra 0 ed 1. opportuno osservare che la porosit cambia a seconda della tessitura del terreno, cio a seconda della disposizione spaziale delle stesse particelle (cfr. le Figg. 1a ed 1b). a) b)

    Figura 1. Sistemi di particelle con differente tessitura e porosit

    La Figura 2 riporta lo stesso sistema di particelle indicato in Figura 1a, questa volta costituito da particelle con legami costituiti di menischi, come in Figura 2a, ovvero di natura elettrostatica o meccanica (cementazione), come in Figura 2b. Lassetto determinato da tessitura (e connessa porosit) e legami interparticellari viene detto struttura del terreno

  • a) b)

    Figura 2. Terreni con struttura determinata da menischi (a) o da legami interparticellari elettrici o di cementazione (b)

    Larea della Meccanica Applicata che si occupa dei terreni inteso come un continuo poroso detta anche poromeccanica. La poromeccanica tratta anche studio del comportamento delle ossa e per altre applicazioni al di fuori della Geotecnica. I pori sono riempiti da uno o pi fluidi. I fluidi pi comuni sono aria e acqua, ma in realt nei terreni sciolti possono essere presenti anche dei gas (per esempio metano), vapor dacqua, idrocarburi ecc. Se i pori sono completamente riempiti di liquido, il terreno viene detto saturo; se sono riempiti di soli fluidi allo stato aeriforme, viene detto asciutto. In realt, se molti terreni sono saturi, nessun terreno del tutto asciutto. Contenuto dacqua, w, di un terreno il rapporto tra il peso Pw dellacqua contenuta in esso ed il peso Ps della parte solida. I terreni asciutti presentano w=0. Nellesempio di Figura 1a, w=0; in quello di Figura 2a, w>0. La parte solida e le parti liquida ed aeriforme vengono dette fasi del terreno. A differenza degli altri materiali che vengono studiati in Ingegneria, il terreno dunque un materiale multifase: bi o tri-fase a seconda che sia saturo o asciutto (in questi due casi, bi-fase) ovvero parzialmente saturo (tri-fase). Le particelle possono avere natura e caratteristiche geometriche e meccaniche molto variabili, in funzione delle propriet della roccia madre da cui essi sono originati per disgregazione meccanica o per alterazione. Se il terreno che si forma per progressiva disintegrazione della roccia madre rimane nella posizione originaria (cio, se non subisce alcun trasporto), viene detto residuale. I paesi tropicali presentano potenti depositi di terreni residuali generati dalle forti escursioni termiche che comportano una disgregazione relativamente rapida della roccia, ma anche il nostro Paese presenta delle formazioni sostanzialmente residuali per motivi differenti, come alcuni graniti presenti in Calabria, ridotti ad una sorta di sabbione. La maggioranza dei depositi di terreni sciolti si forma comunque lontano dalla roccia madre, a causa di fenomeni di trasporto e di sedimentazione del materiale alterato che, appunto, danno luogo ai cosiddetti depositi sedimentari. Le modalit di trasporto e di sedimentazione dal luogo di origine a quello di deposito finale influenzano la forma, la dimensione e lassortimento delle particelle che lo costituiscono, oltre che il loro grado di arrotondamento. Il trasporto pu avvenire: per gravit, per trascinamento e disintegrazione ad opera dei ghiacciai, dellacqua e del vento. Il trasporto gravitativo dovuto al movimento dei materiali lungo i pendii ed allaccumulo alla loro base: i depositi risultanti prendono il nome di detriti di falda. In questo caso, la distanza di trasporto relativamente breve e gli effetti di eventuali impatti tra le particelle e dellabrasione sulla superficie di scivolamento, modesti. Le particelle risultanti sono quindi a spigoli vivi e presentano un assortimento in genere elevato, che riflette pi le modalit di disgregazione avvenuta nella sede originaria che quelle di trasporto.

  • Il trasporto glaciale avviene alla base dei ghiacciai, che tendono a frantumare il materiale sottostante sotto il loro peso e per lattrito con la formazione di base mentre si spostano verso valle; anche in questo caso la distanza percorsa relativamente modesta. I depositi glaciali (terreni morenici o morene) sono quindi piuttosto assortiti ed a spigoli vivi. Il trasporto eolico (che d luogo alle dune) comporta una forte selezione della dimensione delle particelle o classazione: nello stesso punto tendono infatti a depositarsi particelle tutte della stessa dimensione dipendente dalla energia posseduta dal vento. La distanza di deposizione pu essere anche piuttosto elevata in funzione della energia del vento e della dimensione delle particelle; queste ultime sono solo relativamente smussate per gli impatti subiti durante il trasporto e la sedimentazione. Il trasporto fluviale pu portare i sedimenti a grandi distanze dal punto di origine, con una classazione dipendente dalla energia di trasporto: le particelle pi grossolane tendono a depositarsi prima; quelle pi fini possono essere depositate anche a distanza di migliaia di chilometri, fino alla foce del fiume. A causa degli impatti reciproci delle particelle e sul letto del corso dacqua durante il movimento, il materiale tende a frammentarsi ulteriormente e ad assumere una tipica forma arrotondata. Un ruolo importante viene giocato dal regime idraulico del corso dacqua; importante anche il contributo degli affluenti (ciascuno con un proprio indipendente apporto solido), che pu comportare la formazione di depositi anche molto eterogenei a causa della diversit degli apporti nella medesima zona. Una categoria speciale quella dei terreni di origine piroclastica, prodotti dalle esplosioni vulcaniche (Fig. 3): una parte di essi viene trasportata lungo i fianchi del vulcano, insieme a gas e vapori ad alta temperatura, dando luogo ai cosiddetti depositi da flusso (Figg. 4) caratterizzati da una modesta classazione (nel 79 d.C. flussi piroclastici uccisero la popolazione di Pompei); una parte viene spinta in aria formando delle alte colonne di gas e particelle ed poi trasportata dai venti e depositata a grande distanza dal cono vulcanico dando luogo a depositi da caduta, costituiti da alternanze di materiali pi grossi e pesanti (pomici) che si depositano prima (Fig. 5) e di materiali pi fini (ceneri) che si depositano dopo: il deposito finale dunque stratificato con strati caratterizzati da una classazione piuttosto spinta. I depositi piroclastici possono includere numerosi pacchetti ciascuno costituito da una alternanza di pomici e ceneri, determinati da pi esplosioni vulcaniche.

    Figura 3. Colonna eruttiva (Picarelli et al., 2006)

    a) b) Figura 4. Collasso di una colonna eruttiva (a) e generazione di depositi da flusso (b) (Picarelli et al., 2006)

  • Figura 5. Strato di pomici da caduta (Picarelli et al., 2006)

    Le Figure 6 e 7 mostrano leruzione del Vesuvio del 1944 ed il materiale depositato: la seconda fotografia una plastica dimostrazione di come si formino gli strati di cenere vulcanica.

    Figura 6. Leruzione del Vesuvio del 1944

    Figura 7. Ceneri depositate dalleruzione del 1944

    Caratteristiche analoghe presentano alcuni depositi (flysch) prodotti da frane sottomarine e trasportati dalle correnti. Questi terreni (Fig. 8), ridepositandosi a distanza dal luogo di origine, danno luogo ad alternanze (stratificazioni) di materiali grossolani, spesso cementati, e molto fini (limi ed argille).

  • Figura 8. Deposito di flysch costituito da alternanze di strati di roccia e di argilla dura (Picarelli, 2009)

    A seconda delle dimensioni delle particelle, i terreni vengono distinti in terreni a grana grossa ed a grana fina: terreni a grana grossa sono sostanzialmente quelli con particelle visibili ad occhio nudo; terreni a grana fina sono quelli con particelle visibili solo col microscopio. Le particelle dei terreni a grana grossa vengono sommariamente classificate in base alla loro forma e grado di arrotondamento (Fig. 9). Vengono distinte: particelle rotonde, quando le dimensioni parallele ad una terna cartesiana qualsiasi sono paragonabili fra di loro (caso 1 in Figura 9a); appiattite, quando due dimensioni prevalgono sulla terza (caso 2); allungate, quando una dimensione prevale sulle altre (caso 3). Per quanto riguarda il grado di arrotondamento, si distingue tra particelle a spigoli vivi, rotondeggianti, arrotondati e molto arrotondati o, pi semplicemente, tra particelle a spigoli vivi ed arrotondati. Non ha senso adottare tale classifica nel caso dei terreni pi fini, in quanto le particelle non sono visibili (Fig. 10). Va comunque sottolineato che i terreni a grana fina presentano quasi sempre particelle estremamente appiattite.

    a)

    b)

    Figura 9. Terreni a grana grossa: a) forma delle particelle (1: sferica; 2: appiattita; 3: allungata) b) grado di arrotondamento degli spigoli

    1) 2) 3)

    ab

    c ab

    c ab

    c

    a = b = c a, b >> c a >> b,c

    vivi

    rotondeggianti

    arrotondati

    molto arrotondati

    vivi

    rotondeggianti

    arrotondati

    molto arrotondati

  • Figura 10. Foto SEM di terreni a grana fina (Picarelli et al., 2012) Come si visto, un modello molto schematico per rappresentare il terreno un insieme di sferette. Il modello pi semplice costituito da sfere tutte dello stesso diametro che determinano vuoti interparticellari di dimensioni paragonabili tra di loro. Naturalmente, si potrebbero considerare diversi insiemi di sfere, sempre uguali tra di loro, ma con diametri assai differenti, con dimensioni da centimetriche fino a millimetriche o molto minori, con la conseguenza che anche le dimensioni dei pori, legate a quella delle sferette, possono essere molto diverse pur rimanendo uniformi. Un modello pi complesso costituito da sfere di diametro differenziato. Alle sfere possono essere sostituite figure geometriche pi complesse, che rendono ancora pi complesso il modello assunto per modellare il terreno. Il modello dunque una rappresentazione semplificata della realt utile per descriverne in modo sufficientemente approssimato propriet e comportamenti. A seconda della dimensione ed assortimento, della forma e del grado di arrotondamento delle particelle, il terreno pu presentare comportamenti molto diversi. Si pensi alla difficolt, maggiore o minore, che un fluido pu incontrare nellattraversarlo, alla maggiore o minore possibilit di realizzare strati molto compatti (caratterizzati cio da un elevata percentuale di granelli nellelemento di volume, ovvero da un volume minimo di pori), alla entit delle deformazioni che pu provocare un carico applicato su di esso, alla pendenza massima che possono assumere mucchietti di particelle, tutti comportamenti di cui si comprendono bene i risvolti applicativi (permeabilit degli argini idraulici, cedimenti delle fondazioni, stabilit dei pendii .....). Ma di questo si parler gradualmente nel seguito.

  • 3 COMPOSIZIONE GRANULOMETRICA Per assortimento granulometrico di un terreno (o anche composizione o distribuzione granulometrica o semplicemente granulometria) si intende una rappresentazione semplice della distribuzione delle dimensioni delle particelle che lo costituiscono. Questa esigenza fortemente condizionata dalla difficolt di definire le dimensioni di ciascuna particella. Assegnato un determinato volume di terreno, pertanto necessario stabilire un criterio convenzionale per lindividuazione: i) delle dimensioni delle singole particelle; ii) della quantit delle particelle aventi la stessa dimensione. Come si visto, il modello pi semplice di terreno quello che assimila le particelle ad una serie di sfere di diversa grandezza. In questo caso, ovviamente, la dimensione da adottare per la definizione della granulometria il diametro o il raggio delle particelle. La pi semplice rappresentazione della granulometria avviene attraverso la curva di frequenza semplice della distribuzione delle dimensioni delle singole particelle. Se queste fossero tutte sferiche e presentassero lo stesso peso specifico, piuttosto che contare le singole particelle di ciascuna classe, sarebbe sufficiente misurare il peso dellinsieme dei componenti della singola classe (ovviamente, trattandosi di particelle sferiche molto facile risalire al numero di particelle). In questo caso, la rappresentazione potrebbe dunque essere fornita da un diagramma sul cui asse delle ascisse riportato il diametro delle particelle, e sul cui asse delle ordinate riportato il peso delle particelle con lo stesso diametro. Ancora pi efficace sarebbe poi fare riferimento, piuttosto che al peso complessivo relativo a ciascuna classe, alla percentuale del peso rispetto al peso totale (Fig. 11).

    Figura 11. Assortimento granulometrico: curva di frequenza semplice La curva di frequenza semplice consente di riconoscere immediatamente il massimo ed il minimo diametro delle particelle che costituiscono il sistema, il rango (differenza tra questi due valori che esprime lampiezza dellassortimento), la moda (valore corrispondente alla massima percentuale) e la media (media ponderale del diametro delle particelle). Dalla curva di frequenza semplice possibile ricavare la curva di frequenza cumulata o curva granulometrica, in cui ciascuna ordinata rappresenta la somma del peso di particelle di ciascuna classe, e cio con lo stesso diametro (ovvero del peso rapportato al totale), di dimensione minore o uguale (passante), ovvero maggiore o uguale (trattenuto) di quella indicata in ascissa (Fig. 12). Le ordinate estreme di una curva di frequenza cumulata espressa in percentuale del peso totale sono naturalmente lo 0% ed il 100%. Da essa si ricavano facilmente minimo e massimo diametro, rango e moda (questultima coincide col punto di flesso della curva granulometrica). Nel caso dei terreni naturali (costituiti da particelle di forma e dimensioni quanto mai variabili) resta il problema di definire convenzionalmente la dimensione della generica particella.

    % in

    pes

    o (p

    assa

    nte)

    diametro

  • Figura 12. Assortimento granulometrico: curva di frequenza cumulata (curva granulometrica) Il problema viene risolto in maniera diversa a seconda che si debbano classificare terreni a grana grossa o terreni a grana fina. Questo verr discusso nei paragrafi seguenti. comunque opportuno precisare subito che, per la estrema variabilit della dimensione delle particelle, non possibile individuare e riconoscere le singole dimensioni, ma necessario adottare come riferimento delle classi, cio degli intervalli di dimensioni, a cui riferire le percentuali in peso di terreno, che consentano di definire per punti la curva granulometrica. La variabilit delle dimensioni delle particelle costringe inoltre ad utilizzare un diagramma (semilogaritmico), in cui le dimensioni delle particelle sono riportate in scala logaritmica piuttosto che naturale. 3.1 Determinazione della granulometria dei terreni a grana grossa Come si gi detto in precedenza, si definiscono a grana grossa quei terreni che sono costituiti da particelle visibili ad occhio nudo (di dimensione convenzionalmente maggiore di 60) e terreni a grana fina quelli con particelle non visibili ad occhio nudo (dimensione minore di 60). Nel caso dei terreni a grana grossa, la classe di dimensioni viene convenzionalmente riferita alla dimensione caratteristica di fori di forma prefissata, attraverso i quali la singola particella passa o non passa. A tal fine viene adottato un sistema di crivelli e di stacci con dimensione dei fori variabile secondo un criterio definito da un organismo internazionale di standardizzazione (Fig. 13). I crivelli sono dei contenitori con fondo in lamiera metallica attraversato da fori circolari tutti dello stesso diametro; gli stacci sono contenitori con fondo costituito da una rete metallica a maglie quadre dello stesso lato.

    Figura 13. Esempio di stacci

    % in

    pes

    o (p

    assa

    nte)

    diametro

    100

    o

    Curva di frequenza cumulata

  • La separazione delle singole classi di particelle viene effettuata a seguito di un pretrattamento del terreno (meccanico o idraulico) che comporti la rottura di eventuali deboli legami interparticellari, in modo da isolare i singoli grani. Crivelli e stacci vengono posti gli uni sugli altri con dimensione dei fori decrescente dallalto verso il basso (i crivelli sono quelli con le dimensioni dei fori maggiori). Il campione di terreno, di peso minimo prestabilito, viene deposto sul crivello ubicato pi in alto. Il sistema viene poi agitato (in genere adottando un sistema meccanico, come quello riportato in Figura 14 in cui la colonna di stacci viene posta in vibrazione ) in modo da forzare le particelle ad attraversare quei contenitori che presentino fori di dimensioni maggiori delle stesse particelle. Su ciascun elemento della colonna di crivelli e stacci si raccoglie cos una certa quantit di materiale con particelle pi grandi dei fori corrispondenti (materiale trattenuto), ma minori di quelli del crivello o staccio superiore. La distribuzione del peso secco dei trattenuti su ciascuno di essi, rapportato al peso totale del campione, fornisce la frequenza semplice di particelle con dimensione compresa tra quella che caratterizza lo staccio (o crivello) che le trattiene e quella superiore.

    Figura 14. Setacciatore per la determinazione della granulometria di terreni a grana grossa Poich le particelle possono presentare sul loro contorno un sottilissimo velo di acqua, la misura del peso va effettuata solo dopo essiccamento in stufa alla temperatura di 105, in modo da eliminare del tutto la cosiddetta acqua libera. La curva granulometrica la curva di frequenza cumulata del passante a ciascuno staccio, cio delle particelle con dimensione minore o uguale a quella della classe individuata. Lo staccio con rete in assoluto pi fina, presenta una dimensione delle maglie pari a 74; questa solo leggermente pi grande della dimensione convenzionale che segna il passaggio dai terreni a grana grossa ai terreni a grana fina (60). Pertanto, in sostanza, il metodo della stacciatura utilizzabile solo per la determinazione della granulometria dei terreni a grana grossa. Daltro canto, le particelle di dimensioni pi piccole tendono a formare dei grumi, ci che non consentirebbe una determinazione corretta della distribuzione dei grani rendendo quindi necessario un approccio diverso. 3.2 Determinazione della granulometria dei terreni a grana fina I terreni a grana fina appaiono a prima vista come un materiale continuo e deformabile (da molto molle, come un fango, a molto compatto, a seconda del volume occupato dai pori), per la tendenza

  • delle particelle ad attrarsi reciprocamente a causa di legami elettrici superficiali tra particelle stesse ed acqua, e per leventuale azione dei menischi (sul ruolo dei menischi, v. capitoli successivi). Per i motivi descritti in precedenza (dimensioni delle particelle), la granulometria viene determinata adottato un criterio completamente diverso da quello utilizzato per i terreni a grana grossa, basato sul concetto che la velocit di sedimentazione di una particella in acqua dipende principalmente dalla sua massa e dalla sua dimensione (metodo per sedimentazione). Dopo averlo lasciato essiccare allaria, il materiale viene polverizzato per isolare le singole particelle (a tali fine in genere si adopera un mortaio) e viene poi immerso in un cilindro contenente acqua a temperatura costante dove tende a sedimentare con velocit variabile con la dimensione delle particelle: sedimentano infatti prima le particelle pi grosse e poi quelle pi piccole. Mediante uno strumento detto densimetro, si misura la quantit di terreno in sospensione nellacqua e per differenza, si ricavano sia le quantit che via via sedimentano che il tempo in cui questo avviene: si ricavano cos le percentuali in peso di materiali aventi determinati intervalli di velocit di sedimentazione. Per identificare la dimensione delle particelle che si depositano sul fondo viene adottata la legge di Stokes, che fornisce la velocit di sedimentazione di particelle sferiche in un liquido di assegnata viscosit : v = (s-w)gd2/18, con: s, densit delle particelle (in Mg/m3); w, densit dellacqua (in Mg/m3); g, accelerazione di gravit (in m2/sec); d, diametro delle particelle (in mm); , coefficiente di viscosit dellacqua alla temperatura di prova (in Pascalsec). Tramite la legge di Stokes, dunque possibile calcolare il diametro di particelle sferiche che sedimenterebbero con la stessa velocit con cui sedimentano le particelle di terreno. Ancora una volta si osserva che la dimensione delle particelle (anche in questo caso, ed a maggior ragione, riferita al peso secco) una grandezza del tutto convenzionale corrispondente al diametro di una particella sferica ideale della stessa densit del terreno che sedimenta con la velocit misurata. Si noti tra laltro che i terreni a grana fina sono costituiti da particelle di forma completamente diversa da quella sferica (Fig. 10), in genere molto appiattite ed allungate, il che rende evidente il significato del tutto convenzionale della grandezza misurata (dimensione delle particelle). Moltissimi terreni sono costituiti da una parte grossolana ed una parte fina. Su di essi necessario effettuare prima la stacciatura; viene quindi effettuata la sedimentazione sulla sola parte che passa allo staccio da 74. 3.3 Classificazione granulometrica dei terreni sciolti Per distinguere i terreni in base alla composizione granulometrica (che ha notevole influenza sulle propriet idrauliche e meccaniche), utile stabilire una specifica classificazione. Pur non fornendo dati quantitativi utili per qualsivoglia modellazione geotecnica, tale classificazione fornisce indicazioni sulla natura dei terreni in considerazione e sul loro presumibile comportamento meccanico. In base alle odierne classificazioni geotecniche accettate a livello nazionale ed internazionale, le particelle di dimensioni maggiori di 60 mm vengono definite blocchi; quelle di dimensioni

  • comprese fra 2 e 60 mm, ghiaia, le particelle di dimensioni comprese fra 60 e 2 mm, sabbia; quelle comprese fra 2 e 60 limo; le particelle di dimensioni minori di 2, argilla. Tipicamente, un terreno naturale copre pi campi granulometrici. Convenzionalmente, esso prende il nome della categoria prevalente: ad esempio sabbia, limo, ghiaia o argilla. Se ricopre due campi granulometrici caratterizzati dalla stessa percentuale in peso secco, esso prende i nomi delle due classi separati dalla congiunzione e: ad esempio, nel caso comprenda il 50% di sabbia ed il 50% di limo, esso assume il nome di sabbia e limo. Il nome del terreno deve comunque comprendere anche quello delle altre classi, a meno che la relativa percentuale sia minore del 5% (la classe rappresentata da meno del 5% in peso secco non viene dunque menzionata). I nomi delle classi presenti in misura compresa fra il 25 ed il 50% vengono preceduti dalla preposizione con (es., sabbia con limo); quelle comprese fra il 10 ed il 25% prendono il suffisso oso (es., sabbia limosa); lavverbio debolmente associato al suffisso -oso, viene utilizzato per percentuali in peso secco comprese fra il 5 ed il 10% (es., sabbia debolmente limosa). Pi ampio il rango, pi assortito (e quindi disunifome) il terreno; pi stretto il rango, meno assortito (pi uniforme) il terreno. Per definire il grado di uniformit di un terreno stato introdotto il coefficiente di uniformit: C = d60/d10,

    con: d60, diametro delle particelle corrispondenti ad un passante pari al 60%; d10, diametro delle particelle corrispondenti ad un passante pari al 10%. Terreni molto uniformi sono caratterizzati da un coefficiente C molto piccolo (ad es. 2 o 3); terreni molto assortiti presentano coefficienti di uniformit molto pi alti (fino a qualche centinaio). La propriet uniformit dunque considerata in relazione al solo 50% in peso secco di materiale; ad esempio, un terreno inteso perfettamente uniforme (C=1) se il 50% in peso di particelle ha lo stesso diametro (quello corrispondente sia ad un passante del 60% che ad un passante del 10%). Lassortimento granulometrico, cos come la forma ed il grado di arrotondamento delle particelle, strettamente dipendente dalle modalit di formazione e trasporto dei depositi. Terreni molto uniformi sono in genere le sabbie di duna e le ceneri da caduta (entrambe di trasporto eolico); sono invece molto disuniformi i detriti di falda, i terreni morenici (trasporto gravitativo o glaciale), i depositi piroclastici da flusso. Nello stesso deposito possono a volta coesistere strati uniformi e disuniformi: ad esempio, alla intersezione di un fiume con un suo affluente possono essere presenti depositi molto pi disuniformi che lungo lasta principale, a causa della sovrapposizione di apporti di origine diversa (quelli depositati dal fiume principale e quelli depositati dal suo affluente). 3.4 Esercizi Esercizio 3.4.1 Si determini la curva granulometrica di 1000 sferette di vetro con lo stesso peso specifico, ma di diametro diverso cos distribuito:

    g) 57 sferette con diametro di 1 mm; h) 342 con diametro di 5 mm; i) 421 con diametro di 1 cm; j) 110 con diametro di 2 cm;

  • k) 60 con diametro di 3 cm; l) 9 diametro di 5 cm; m) 1 diametro di 10 cm.

    Esercizio 3.4.2 Si determini la composizione granulometrica di un campione di cenere vulcanica di Cervinara, avente peso pari a 600g,che dopo stacciatura e sedimentazione presenta le componenti in peso riportate in Tabella I. A tal fine, utilizzare lo specchietto granulometrico di Figura 15.

    Tabella I. Percentuali di trattenuto

    d [mm] P [g] St

    acci

    atur

    a 25,4 0 19 0

    9,51 2,29 4,75 20,72

    2 77,79 1 107,69

    0,5 127,52 0,3 101,10

    0,15 79,88 0,075 40,75

    Sedi

    men

    tazi

    one 0,026 3,75

    0,014 4,81 0,011 2,41 0,004 7,22 0,001 2,41

    Figura 15. Specchietto granulometrico

    Analisi granulometrica

    0

    20

    40

    60

    80

    100

    0,0001 0,001 0,01 0,1 1 10 100

    Argilla Limo Sabbia BlocchiGhiaia

  • 4 PLASTICIT I terreni a grana fina (che spesso, ed anche dagli addetti ai lavori, vengono sbrigativamente chiamati argille) hanno la speciale propriet di combinarsi con lacqua che viene adsorbita dalla superficie esterna delle particelle formando una pasta formabile e plasmabile sotto la pressione delle dita, di consistenza dipendente dalla quantit di acqua che viene aggiunta. Tale propriet viene chiamata plasticit e differenzia moltissimo questi terreni da quelli a grana grossa (che talvolta vengono, sempre sbrigativamente, chiamati sabbie), le cui particelle restano rigorosamente separate e distinguibili le une dalle altre, senza che linsieme acquisisca la propriet della plasmabilit. La causa di questo fenomeno sta nel fatto che sulla superficie esterna delle particelle presente una distribuzione di cariche elettriche negative (comunque globalmente in equilibrio con le cariche interne alle stesse particelle) che hanno la capacit di attrarre le molecole dacqua, notoriamente dei dipoli, e gli ioni disciolti in essa. Intorno alle particelle si forma cos un sottilissimo velo dacqua e di ioni (il cosiddetto doppio strato o complesso di adsorbimento) che, fortemente legato per via elettrica alle stesse particelle, viene a far parte integrante di esse. Questo velo di acqua adsorbita va perci distinto dalla cosiddetta acqua libera che riempie i pori, ma non attratta dalle particelle, e si pu muovere sotto lazione del gradiente idraulico (Fig. 16).

    Figura 16. Rappresentazione schematica (anche dimensionale) di particelle di argilla con doppio strato: a) montmorillonite; b) caolinite

    La plasticit dei terreni dipende sia dalla dimensione delle particelle, che governa il ruolo di queste forze (dette di superficie) rispetto a quelle di gravit, sia dalla mineralogia, che governa lentit delle forze elettriche per unit di superficie. Al diminuire della dimensione della particelle cresce limportanza delle forze superficiali che conferiscono al terreno una modesta capacit di resistere a sforzi esterni di taglio e di trazione, detta coesione (e su cui si ritorner ampiamente nel seguito). Nonostante la modesta entit delle forze elettriche, nei terreni a grana fina le forze di superficie hanno un ruolo non trascurabile, specie quando gli stati tensionali dovuti al peso proprio del terreno (forze di gravit) e ad eventuali sovraccarichi sono bassi, come ad esempio a piccola profondit rispetto al piano di campagna. Il ruolo delle forze di superficie viene sinteticamente riferito alla cosiddetta superficie specifica, s, delle particelle. Questa viene definita come il rapporto tra la loro superficie esterna (da cui dipendono le forze di superficie) ed il peso (che rappresenta le forze di gravit). Nellipotesi di particelle sferiche di peso specifico s, si ricava dunque: s = 4r2/(4sr3/3) = 6/(sd). Tale espressione mostra che, quanto pi piccolo il diametro d delle particelle, tanto pi grande la superficie specifica s, e quindi, maggiore il ruolo delle forze superficiali rispetto a quello di gravit. Rimanendo nellipotesi di particelle sferiche, per d=1mm, la superficie specifica dellordine di 5 cm2/g, ma per d=1, essa circa 5m2/g! Per determinate argille, la superficie specifica pu raggiungere valori dellordine del centinaio di m2 per grammo.

    a)

    b)

  • 4.1 Misura della plasticit La capacit del terreno di combinarsi con lacqua viene misurata convenzionalmente in laboratorio mediante semplici prove che consentono di determinare i cosiddetti limiti di plasticit o di Atterberg: il limite di plasticit, wP (o limite plastico), ed il limite di liquidit, wL (o limite liquido o anche limite di fluidit). Per un assegnato terreno a grana fina, i limiti di plasticit sono dei ben definiti valori del contenuto dacqua che segnano rispettivamente il passaggio dallo stato semisolido (nel quale il terreno non plasmabile in quanto troppo consistente) allo stato plastico (nel quale, il terreno plasmabile), e dallo stato plastico allo stato fluido (nel quale il terreno non plasmabile in quanto troppo ricco dacqua ed , di fatto, assimilabile ad un fango). Abbiamo gi definito il contenuto dacqua w: esso il rapporto tra il peso, Pw, dellacqua contenuta nel terreno ed il peso della sola sostanza solida, Ps. Il contenuto dacqua viene determinato mediante due semplici pesate; quella del campione col suo contenuto dacqua naturale, P, e quella dello stesso campione dopo essiccamento in stufa alla temperatura di 105, che elimina la sola acqua libera (lacqua adsorbita ha delle particolari propriet compresa quella di evaporare ad una temperatura pi elevata di 105: nella definizione del contenuto dacqua essa dunque contribuisce al peso della sostanza solida). Risulta: w = Pw/Ps = (P-Ps)/Ps. Il contenuto dacqua dipende dalla percentuale del volume dei pori occupata dallacqua; per un terreno saturo, esso dipende dunque dal volume complessivo dei pori. Sulla base delle precedenti considerazioni, i limiti di plasticit corrispondono a stati differenti del terreno determinati da differenti valori del contenuto dacqua: esso plastico (plasmabile) solo allinterno del campo di contenuti dacqua da essi definito. Va osservato che, per entrambi i valori di w precedentemente definiti (limite plastico e limite liquido), il terreno sempre saturo. Pertanto, i limiti di Atterberg corrispondono ad una diversa proporzione tra volume dei pori (comunque saturi dacqua) e volume della sostanza solida. Questo implica anche che, per passare da uno stato allaltro, il volume dei pori deve conseguentemente cambiare per ospitare differenti volumi di acqua: esso aumenta nel passare da wP a wL, e diminuisce nel percorso opposto. A questo proposito, utile osservare che il terreno risulta parzialmente saturo solo per valori di w molto minori del limite di plasticit: il passaggio da uno stato saturo ad uno non saturo rappresentato dal limite di ritiro, wS. Al di sotto del limite di ritiro, la perdita di acqua non compensata da una corrispondente riduzione del volume dei pori; in altri termini, il limite di ritiro corrisponde ad uno stato del terreno per il quale la riduzione del volume di acqua proporzionalmente maggiore di quella di quella del volume dei pori. Tornando al significato fisico dei limiti di plasticit, evidente che, per bassi valori del contenuto dacqua, il volume complessivo dei pori (porosit) piccolo e prevalgono le forze elettriche interparticellari: largilla assume un aspetto consistente. Come si detto, il limite plastico rappresenta proprio il passaggio tra stato semisolido e stato plastico. Allaumentare del contenuto dacqua, aumenta il volume dei pori (comunque riempiti dacqua), e quindi la distanza tra le particelle, e le forze elettriche interparticellari assumono un ruolo decrescente. Per elevati valori del contenuto dacqua (elevata porosit) il ruolo delle forze interparticellari diventa trascurabile ed il materiale perde la sua peculiare formabilit assumendo le caratteristiche di un fluido molto viscoso: il limite liquido rappresenta proprio il passaggio tra stato plastico e stato fluido. Convenzionalmente, il limite di plasticit, wP, inteso come quel valore limite del contenuto dacqua al di sopra del quale il materiale formabile, quel valore di w, per il quale dei bastoncini cilindrici di argilla ottenuti miscelando argilla secca polverizzata con acqua distillata (Figura 17), cominciano a sgretolarsi ed a spezzarsi a partire da un diametro di 3.2 mm (per diametri maggiori essi restano

  • integri). Naturalmente, per un contenuto dacqua maggiore di tale limite, sarebbe possibile formare bastoncini di diametro minore di 3.2 mm; per un valore minore, sarebbe possibile formare solo bastoncini di diametro maggiore. Quando la condizione prima enunciata viene raggiunta (i bastoncini si sgretolano proprio in corrispondenza di un diametro di 3.2 mm), largilla viene pesata (in modo da ottenere P) e poi essiccata e nuovamente pesata (per ottenere Ps): il rapporto tra il peso P- Ps (peso di acqua evaporata) ed il peso Ps di quei bastoncini il valore di wP.

    Figura 17. Determinazione del limite di plasticit (da Lancellotta, 2004)

    Il limite di liquidit, wL, inteso come quel valore del contenuto dacqua al di sopra del quale il materiale perde la sua formabilit perch troppo fluido, viene misurato mediante la coppetta di Casagrande, una specie di grosso cucchiaio di dimensione standardizzata che viene riempito di argilla nella quale viene praticato un solco con un attrezzo pure standardizzato (Figura 18). Mediante una manovella a cui fissata, la coppetta viene fatta regolarmente sollevare e cadere da una altezza prefissata su di una base facente parte integrante dellattrezzo. Il limite di liquidit quel contenuto dacqua per il quale 25 colpi in successione determinano la chiusura del solco per una lunghezza di 10 mm. Nelle prove, questo fenomeno generalmente si verifica per un numero di colpi diverso da 25: se esso minore di 25, il contenuto dacqua maggiore del limite di liquidit; il contrario si verifica se il numero di colpi, N, maggiore di 25. Vengono effettuate pi prove: per ciascuna di esse viene misurato il contenuto dacqua dellargilla ed i risultati vengono riportati in un diagramma (N, logw). Nel piano semilogaritmico la relazione tra contenuto dacqua e numero di colpi N sostanzialmente lineare; il limite di liquidit viene dunque ottenuto per interpolazione in corrispondenza di N=25.

    Figura 18. Determinazione sperimentale del limite di liquidit tramite coppetta di Casagrande La differenza IP = wL wP, viene chiamata Indice di Plasticit. Ovviamente, al crescere dellIndice di Plasticit cresce la quantit dacqua necessaria per portare unargilla dallo stato semisolido allo stato fluido. Per i motivi discussi in precedenza, per terreni a grana relativamente grossa, lIndice di Plasticit modesto o nullo; esso cresce al crescere della percentuale di particelle fini. Per unassegnata granulometria esso comunque funzione anche della mineralogia del terreno da cui dipende

  • lattivit delle particelle, cio la densit di cariche elettriche per unit di superficie e quindi, la capacit di combinarsi con lacqua. Tra i minerali pi attivi si citano le montmorilloniti, tra quelli meno attivi le caoliniti; una attivit intermedia presentano le illiti. Per la rappresentazione della plasticit dei terreni, ampiamente utilizzata la Carta di Casagrande, detta anche Carta di Plasticit, in cui sono riportati, in ascisse, il limite di liquidit ed in ordinate, lIndice di Plasticit (Fig. 19). Tale carta consente di classificare i terreni in funzione della plasticit: bassa per wL minore del 30%, media per wL compreso fra il 30 ed il 50% ed alta, per wL maggiore del 50%; la retta di equazione IP = 0.73(wL 0.2) separa le argille inorganiche (al di sopra di essa) dai limi e le argille organiche (al di sotto).

    Figura 19. Carta di Plasticit o di Casagrande Per evidenziare il ruolo della mineralogia, che nella Carta di Casagrande mascherato da quello della granulometria, anchessa influente sulla plasticit, Skempton ha definito la Carta di Attivit (Fig. 20), in cui lIndice di Plasticit posto in funzione del contenuto di argilla sotto forma di percentuale in peso secco di particelle di dimensione minore di 2: Indice di Attivit, IA, il rapporto tra il primo ed il secondo valore.

    Figura 20. Carta di Attivit

    0 20 40 60 80 100 120

    20

    40

    60

    80

    0

    WL(%)

    IP(%) Argille inorganiche di alta plasticit

    Argille inorga-niche di bassaplasticit

    Argille inorganiche di media plasticit

    Argille organiche elimi di alta plasticit

    Argille organiche elimi di media plasticit

    IA=0.75

    IA=1.25

    20 40 60 80 100

    20

    40

    60

    80

    100

    00

  • Come si visto in precedenza, lo stato di consistenza dei terreni a grana fina dipende dal loro contenuto dacqua in relazione ai limiti di Atterberg. Ad esempio, se wwL; relativamente consistente per wP
  • 5 RELAZIONI TRA LE FASI La tessitura (configurazione geometrica) dello stesso sistema di particelle pu essere quanto mai variabile (Fig. 21). A seconda della tessitura, il terreno pu assumere un assetto molto sciolto, cio caratterizzato da un elevato volume dei vuoti, o molto compatto (addensato), cio caratterizzato da un ridotto volume dei vuoti.

    Figura 21. Tessiture differenti dello stesso sistema di particelle

    Nel caso di particelle sferiche tutte uguali, Slichter ha calcolato il massimo volume che esse possono occupare, corrispondente ad un volume dei vuoti pari al 48% del totale (Fig. 22a): in tale tessitura, detta cubica, ciascuna particella presenta sei punti di contatto con altre particelle. Il minimo volume possibile dei vuoti il 26% del totale (Fig. 22b), con ciascuna particella che tocca altre otto particelle (tessitura romboedrica). importante osservare che tali valori percentuali del volume dei vuoti sono indipendenti dalla dimensione delle particelle: cio il 48% il massimo volume percentuale possibile sia per un sistema di particelle sferiche del diametro di 10 cm, che del diametro di 1 mm o di qualsiasi altro diametro.

    a) b)

    Figura 22. Configurazioni limite di un sistema di particelle sferiche tutte uguali (monodimensionale): a) tessitura sciolta; b) tessitura addensata

    Intuitivamente si pu dire che la tessitura influenza le propriet del sistema di particelle, che nel caso di configurazione sciolta appare pi permeabile ai fluidi, pi deformabile e meno resistente. Il modello di Slichter si complica se il sistema di particelle costituito da due classi di sfere con diametri molto differenti tra di loro. In questo caso esso pu assumere configurazioni molto diverse, con le particelle pi piccole che possono occupare i vuoti tra quelle pi grandi. In particolare, la massima e la minima percentuale possibile di vuoti cambiano, e con esse le propriet presumibili del sistema di particelle: infatti, per una opportuna configurazione dellinsieme di particelle, il sistema pu risultare molto pi addensato che nel caso precedente (Fig. 23), meno permeabile, pi deformabile e meno resistente. Naturalmente, leffettiva configurazione che il sistema pu assumere non prevedibile, perch dipende dalle modalit con cui esso viene esso si formato o viene posto in opera. Si capisce dunque che la tessitura e con essa il volume percentuale dei vuoti sono propriet di stato, in quanto dipendono dallassetto (posizione spaziale) delle particelle. La situazione si modifica ulteriormente se cresce il numero di classi di particelle o addirittura la loro forma. questo un modo per cominciare ad abbandonare il modello ed avvicinarci alla realt.

    a) b)

  • Figura 23. Sistema particellare sferico bidimensionale: tessitura molto addensata

    La prima considerazione che ci viene di fare che leffettiva tessitura dei terreni deve essere molto variabile e molto pi complessa rispetto a quella di un sistema di particelle sferiche di assegnato diametro, sia per lestrema variabilit della forma e della dimensione delle particelle stesse, che per la presenza di pi fasi. intuibile che i volumi (od i pesi relativi) delle fasi influenzano profondamente il comportamento di tale sistema, del terreno dunque. quindi importante definirli e misurarli. Si faccia riferimento alla Figura 24, in cui le diverse fasi sono idealmente separate. In particolare, la fase solida occupi con continuit il volume Vs, quella liquida il volume Vw e quella aeriforme il volume Va, in modo che sia V=Vs+Vw+Va.

    Figura 24. Separazione ideale delle fasi del terreno

    Si definisce peso dellunit di volume della parte solida, s, il rapporto tra peso, Ps, e volume, Vs, di questultima. Il peso dellunit di volume della parte solida viene ottenuto misurando separatamente Ps e Vs. Il primo viene determinato pesando il terreno dopo essiccamento in stufa alla temperatura di 105, separandolo quindi dallacqua libera; il secondo viene misurato mediante un picnometro o mediante un volumenometro. Tipicamente s assume valori compresi in un campo molto ristretto, tra 26 e 28 kN/m3. Si definisce peso dellunit di volume dellacqua, w, il rapporto tra peso Pw e volume Vw occupato dallacqua: alla temperatura di 20, esso pari a circa 10 kN/m3. Si definisce peso specifico, Gs, il rapporto s/w. Come si gi visto in precedenza, il contenuto dacqua, w, il rapporto tra peso della parte solida e peso dellacqua contenuta nel terreno, cio (P-Ps)/Ps. Il contenuto dacqua un numero puro (o una percentuale). Di fatto, esso non mai nullo e pu variare tra alcune unit per cento (sabbie asciutte) e alcune centinaia per cento (terreni organici ed argille molli (o allo stato fluido).

    VVV

    Vs

    Va

    Vw

  • Si definisce peso dellunit di volume, , il rapporto tra peso, P, e volume complessivo, V, del campione: V pari a Vv+Vs. A sua volta, il volume dei vuoti somma del volume occupato da aria, Va, e volume occupato da acqua, Vw. Poich unassegnata quantit di terreno pu occupare volumi molto diversi a seconda della posizione delle particelle, la determinazione del peso dellunit di volume del terreno nella sua configurazione naturale va effettuata con cura su provini indisturbati, ottenuti cio in modo da non modificarne la struttura e quindi il volume (prelievo indisturbato, che viene effettuato in sito mediante campionatori). Questo non sempre possibile (come intuibile nel caso delle ghiaie o delle sabbie, specie sotto falda). Nel caso di limi ed argille, il prelievo in sito di campioni indisturbati invece possibile a causa dei legami di carattere capillare (v. par. 8.4) e fisico-chimico esistenti tra le particelle. Per prelevare poi dal campione i provini necessari per le prove di laboratorio, in genere si adotta una fustella di dimensioni minori del campionatore (Figura 25). La fustella (come, pi o meno, il campionatore) un cilindro di acciaio a pareti molto sottili con tagliente di estremit, che viene infisso con la massima cura nel terreno evitando di produrre significative variazioni della tessitura, e quindi del volume dei vuoti. Una volta riempita la fustella di terreno, le parti superiore ed inferiore del terreno stesso nel cilindro vengono spianate con un coltello in modo che il volume V di terreno coincida esattamente col volume interno della fustella. Sottraendo il peso della fustella da quello dellinsieme, si ottiene il peso totale P del provino, somma di Ps e di Pw. Dividendolo per il volume interno della fustella si ottiene . Questo in genere compreso fra 15 e 22 kN/m3.

    Figura 25. Fustella in acciaio e provino estruso da essa Peso dellunit di volume del terreno asciutto, d, il rapporto tra Ps e volume. Il primo di essi viene misurato dopo essiccamento in stufa, il secondo quello interno della fustella. Come tutte le grandezze precedenti anchesso una grandezza che vien direttamente misurata in laboratorio. Tipicamente d assume valori dellordine di 14-20 kN/m3. Per i terreni al di sotto della superficie freatica viene poi definito il peso dellunit di volume del terreno immerso in acqua, o peso dellunit di volume del terreno alleggerito, , pari a sat-w. Sul significato di questa grandezza si torner dopo. Come si gi visto, porosit, n, il rapporto Vv/V. Teoricamente la porosit varia tra 0 ed 1 (ovvero tra lo 0% ed il 100%). Naturalmente, i valori estremi sono solo teorici. Ad esempio, si osservato che, nel caso di particelle sferiche di pari

  • diametro, n compresa fra il 26 ed il 48%. Al crescere dellassortimento granulometrico, si estende il campo dei possibili valori di n. A differenza delle grandezze precedenti che vengono tutte direttamente misurate, la porosit una grandezza derivata che facile ricavare in base ai valori di d e s, tramite lespressione: n = Vv/V = (V-Vs)/V = 1- Vs/V = 1 Ps/(sV) = 1 d/s.

    Indice dei vuoti, e, il rapporto Vv/Vs. Esso ha un significato analogo alla porosit, ma a differenza di questultima, che un rapporto tra grandezza entrambe variabili, il rapporto tra una grandezza variabile (Vv) ed una sostanzialmente invariabile (Vs). Tramite passaggi analoghi ai precedenti, facile ottenere: e =(V-Vs)/Vs = s/d 1.

    Con semplici passaggi possibile ricavare n da e, e viceversa:

    e = n/(1-n); n = e/(1+e). Grado di saturazione, Sr, il rapporto Vw/Vv: quindi il rapporto tra il volume dei vuoti occupato da acqua ed il volume dei vuoti complessivo. Esso varia pertanto fra 0 e 1 (o 100%). Per un terreno completamente asciutto (Sr=0) risulta =d; per un terreno saturo (Sr=0), =sat. Anche il grado di saturazione, come gi porosit ed indice dei pori, una grandezza derivata. Essendo w = Pw/Ps = wVw/sVs,

    risulta Vw = sVsw/w,

    ed essendo Vv = eVs,

    si ottiene: Sr = sw/we = Gsw/e. Le relazioni che esprimono i rapporti volumetrici e ponderali dei terreni possono essere facilmente ricavate luna dallaltra. Un modo semplice per ottenere tali relazioni fondamentali quello di far riferimento ad un volume totale unitario o ad un volume di terreno la cui parte solida occupa un volume unitario: nel primo caso, tutte le grandezze vengono ricavate partendo da uno schema in cui la grandezza base di riferimento la porosit n (Fig. 26); nel secondo caso, si parte da uno schema in cui la grandezza base di riferimento lindice dei pori e (Fig. 27). Se si fa riferimento ad un volume unitario di terreno, il volume dei vuoti Vv pari alla porosit n (n=Vv/V) ed il volume della parte solida Vs=1-n (Fig. 26). Pertanto, il peso della sostanza solida, Ps, ed il peso dellacqua, Pw, sono rispettivamente Ps=s(1-n) e Pw=nww, dove nw il volume occupato dallacqua. Si ottengono cos il contenuto dacqua ed il grado di saturazione:

  • w = Pw/Ps = nww/s(1-n); Sr = nw/n = ws(1-n)/nw = Gsw(1-n)/n.

    Figura 26. Volumi occupati dalle fasi nel caso di volume di terreno unitario Poich il peso dellunit di volume del terreno asciutto ed il peso dellunit di volume sono rispettivamente pari al rapporto tra il peso della sola sostanza solida, Ps, o il peso totale, Ps + Pw, ed il volume totale (che unitario), risulta: d = s(1-n); = s(1-n) + nww = s(1-n) + ws(1-n) = s(1-n)(1+w) = d(1+w). Se il terreno saturo: = sat = s(1-n) + nw = d + nw. Il peso dellunit di volume del terreno immerso in acqua risulta: = sat - w = s(1-n) + nw - w = s(1-n) - w(1-n) = (s-w)(1-n). importante osservare che in tale espressione il termine s(1-n) esprime il peso di sostanza solida contenuto nellunit di volume di terreno ed il termine w(1-n), la sottospinta di Archimede che agisce sullo stesso volume. Dunque il peso dellunit di volume di terreno alleggerito della sottospinta di Archimede, ovvero la risultante delle due azioni che agiscono sullo stesso volume. Infine, lindice dei vuoti, pari al rapporto tra volume dei vuoti e volume della sostanza solida, : e = n/(1-n), una grandezza che avevamo gi ricavato, ma che pu essere ancor pi facilmente ottenuta direttamente dallo schema di Figura 26. Analogamente al caso precedente, se si fa riferimento ad un campione di terreno con volume unitario della sola parte occupata dalla sostanza solida (Fig. 27), il volume dei vuoti pari allindice dei pori e, il volume totale pari ad 1+e, ed i pesi della sostanza solida e dellacqua sono rispettivamente Ps=s e Pw=eww, dove ew il volume occupato dallacqua. Risultano: w = Pw/Ps = eww/s; Sr = ew/e = ws/ew= Gsw/e.

    1n

    1-n

    na

    nw

  • Figura 27. Volumi occupati dalle fasi nel caso di volume della sostanza solida unitario Inoltre: d = s/(1+e); = (s+eww)/(1+e) = (s+ws)/(1+e) = s(1+w)/(1+e) = d(1+w). Se il terreno saturo: = sat = (s+ew)/(1+e). = (s+ew)/(1+e) - w = (s-w)/(1+e). Infine, risulta: n = e/(1+e) (v. anche Fig. 27). Nel caso dei terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie) viene molto utilizzato il parametro Densit Relativa, Dr, definito come: Dr = (emax e)/(emax emin), in cui emax ed emin sono rispettivamente il massimo ed il minimo indice dei vuoti che pu assumere il terreno (terreno estremamente sciolto ed estremamente denso o compatto), ed e lindice dei vuoti che esso effettivamente possiede. Se il terreno fosse costituito da sfere tutte dello stesso diametro, risulterebbe emax=nmax/(1- nmax)=(0.48/0.52)=0.92; emin=0.26/0.74=0.35. Il massimo ed il minimo indice dei vuoti sono sostanzialmente delle propriet indici e dipendono da altre propriet indici, come la granulometria, la forma ed il grado di arrotondamento delle particelle. Lindice dei vuoti, come la densit relativa, invece una propriet di stato perch pu assumere un valore qualsiasi compreso fra emax ed emin, ed esprime appunto lo stato attuale del terreno in dipendenza delle condizioni di messa in opera (manufatti di terra) o della sua storia geologica (stati tensionali che hanno agito nel passato ed attuali). La Densit Relativa, che viene definita esclusivamente per i terreni a grana grossa, assume un significato molto prossimo allIndice di Consistenza, che viene invece definito solo per i terreni a grana fina. A differenza dellIndice di Consistenza, che teoricamente pu assumere valori qualsiasi, la densit relativa varia tra 0 ed 1. In base al valore di Dr, il terreno viene definito:

    1+ee

    1

    ea

    ew

  • - sciolto, se Dr minore di 0.2; - poco addensato, se Dr compreso tra 0.2 e 0.4; - mediamente addensato, se Dr compreso fra 0.4 e 0.6; - addensato, se Dr compreso fra 0.6 e 0.8; - molto addensato, se Dr maggiore di 0.8.

    La densit relativa pu essere misurata tramite speciali prove di laboratorio finalizzate alla determinazione separata di emax ed emin, ma molto pi spesso viene valutata direttamente in sito, mediante prove dette penetrometriche. In base a quanto discusso in precedenza, importante ricordare ancora una volta che, mentre per la determinazione delle propriet indici possibile utilizzare anche campioni di terreno rimaneggiati1, purch siano rappresentativi del terreno nella sua sede naturale, per la determinazione delle propriet di stato (quasi tutte le propriet studiate in questo paragrafo), invece necessario recuperare campioni indisturbati che mantengano cio inalterati il contenuto dacqua e la tessitura, ed in particolare la porosit. Si gi visto che la misura delle propriet indici non pone problemi di sorta, mentre quella delle propriet di stato molto pi delicata, ed in alcuni casi (terreni a grana grossa non cementati, specie se saturi dacqua) pone problemi quasi insormontabili per la difficolt di un prelievo indisturbato di buona qualit. Come si detto, per il prelievo in sito di campioni indisturbati vengono utilizzati speciali attrezzi, detti campionatori, che hanno caratteristiche studiate in funzione della natura dei terreni in considerazione in modo da ottimizzare il prelievo: lulteriore prelievo dai campioni indisturbati di provini da utilizzare per le prove di laboratorio viene effettuato mediante le fustelle. Laddove un prelievo di buona qualit difficile, in alcuni casi si preferisce eseguire direttamente in sito le prove per la misura delle propriet di stato, oltre che di quelle derivate, di tipo idraulico e meccanico. Tale problema oggetto di un capitolo specifico della Geotecnica (indagini in sito), che non viene trattato in queste dispense. 5.1 Esercizi Esercizio 5.1.1. Calcolare lindice dei vuoti di unargilla al limite plastico, con valore di questultimo pari al 30%, ed al limite liquido, con valore 66%. Per il calcolo si assuma s=26.5 KN/m3 e si ricordi che in entrambe le condizioni considerate largilla satura. Esercizio 5.1.2. Un decimetro cubico di terreno nel suo stato naturale pesa 14.5 N. Dopo essiccamento, il suo peso 11.57 N. Determinare i valori delle seguenti caratteristiche fisiche: w, , d, n, e, Sr assumendo un peso dellunit di volume delle particelle pari a 26.8 KN/m3 Un secondo campione con le stesse condizioni iniziali stato addensato ed il suo volume si ridotto a 0.8 dm3 mentre il contenuto dacqua rimasto costante. Determinare i nuovi valori delle caratteristiche fisiche precedentemente indicati. Calcolare inoltre il contenuto dacqua necessario per saturare completamente il campione. 1 campioni che possono aver subito anche modifiche del contenuto dacqua o della tessitura, purch non siano state perse parti di terreno, come ad esempio una percentuale di particelle di assegnata dimensione

  • 6 IPOTESI FONDAMENTALI DELLA GEOTECNICA

    Lo studio e la simulazione per via matematica del comportamento dei terreni sciolti si fonda su alcune ipotesi semplificative che, senza contraddire significativamente le evidenze derivanti dallosservazione della realt fisica, consentono limplementazione di modelli matematici relativamente semplici e facilmente utilizzabili a fini previsionali e progettuali. Assumendo che lo studio dei terreni vada sempre riferito a volumi finiti, e quindi ad insiemi per quanto piccoli di particelle (rinunciando pertanto ad approcci di micromeccanica che hanno per oggetto lo studio del comportamento della singola particella e della sua interazione con le particelle circostanti), le ipotesi base generalmente utilizzate in Geotecnica sono le seguenti:

    a) i pori sono interconnessi; b) le particelle sono incompressibili ed infinitamente resistenti; c) lacqua contenuta nei pori incompressibile e priva di resistenza; d) laria contenuta nei pori infinitamente compressibile e priva di resistenza.

    La prima ipotesi (pori interconnessi), che di fatto corrisponde alla realt fisica come qualsiasi indagine col microscopio elettronico sui terreni anche pi fini pu facilmente dimostrare, implica che qualsiasi fluido pu muoversi liberamente nel terreno attraverso i pori. I terreni sciolti sono dunque sempre permeabili ai fluidi, che si muovono seguendo traiettorie irregolari dipendenti dalla forma, distribuzione, dimensione e posizione dei granuli (tessitura), e quindi dei pori. Questi stessi fattori (e quindi la natura stessa del terreno) influenzano la resistenza incontrata dai fluidi nel loro moto. Nel caso di particelle piccole e ben assortite, porosit ridotta, elevata plasticit (che implica un elevato spessore dei complessi di adsorbimento che riducono ancor pi lo spazio nel quale lacqua libera si pu muovere), la resistenza al moto pu essere anche molto elevata ed il terreno poco permeabile. In molti casi la fase fluida si trova in stato di quiete: il suo movimento avviene infatti solo a causa di un potenziale, ovvero di differenze da punto e punto delle quote piezometriche provocate da fenomeni di tipo idraulico, meccanico o ambientale (termodinamico). Il fenomeno del flusso idrico infatti molto spesso dovuto a condizioni idrauliche (quote piezometriche) differenti agenti sul contorno del volume di terreno in esame, come quelle spesso presenti lungo la superficie di un argine idraulico, ma pu essere indotto da sollecitazioni esterne (incrementi di carico, come viene accennato pi avanti) o a precipitazioni meteoriche, variazioni di temperatura o di umidit (evaporazione od essiccamento). A seconda delle cause, il flusso pu essere permanente o, molto pi spesso, transitorio (o vario). Come si detto, in terreni saturi i volumi di acqua che riescono ad attraversare il terreno, oltre che dal potenziale, dipendono dalle caratteristiche di permeabilit dello scheletro solido, a loro volta dipendenti dalle propriet indici (assortimento granulometrico, forma e distribuzione delle particelle, plasticit), dalle propriet di stato (porosit) e dalla tessitura.

    In base alla seconda ipotesi prima enunciata (sostanza solida incomprimibile ed infinitamente resistente), qualsiasi variazione di volume del terreno non pu che avvenire a spese del volume dei pori (ovvero della porosit) per effetto del movimento delle particelle (e conseguente modifica della tessitura, o della struttura). Si dice in questo caso che le particelle sono incompressibili, e che invece lo scheletro solido (cio linsieme di particelle e vuoti con la sua struttura) compressibile. La compressione comporta dunque diminuzione della porosit, che convenzionalmente ha segno positivo; la dilatazione, incremento della porosit, che convenzionalmente ha segno negativo. Nello schema di Figura 28, V=Vv=e (Vs non pu variare per lipotesi b) e la corrispondente deformazione volumetrica in valore assoluto :

  • Figura 28. Meccanismo di deformazione volumetrica e sua schematizzazione

    e

    e

    VV

    v +

    =

    =

    1 .

    In termini infinitesimi scriveremmo

    dv = .1 ede

    VdV

    +=

    Evidentemente, se e=emin, sotto sollecitazioni di compressione deve essere dv=0; al contrario, se e=emax, una riduzione dello stato di sollecitazione non pu produrre un ulteriore aumento di volume (dv=0). Nel caso dei terreni asciutti il fenomeno di deformazione accompagnato da una compressione indefinita (ovvero da un aumento di volume) dellaria contenuta nei pori (ipotesi d: laria contenuta nei pori infinitamente compressibile). Nel caso di terreni saturi lo stesso meccanismo non possibile (ipotesi c: lacqua contenuta nei pori incompressibile) e richiede lespulsione di acqua dai pori (drenaggio), e quindi la diminuzione del contenuto dacqua (ma non del grado di saturazione): il volume espulso dunque pari alla riduzione del volume dei pori. Nel caso il terreno sia invece soggetto ad un aumento di volume, se sul suo contorno disponibile acqua, questa penetra nel terreno occupando il maggior volume di pori che si viene a determinare a causa della deformazione volumetrica; il drenaggio avviene dunque dallesterno verso linterno del volume di terreno in considerazione. Si osservi che, anche in questo caso, il movimento dellacqua verso lesterno (espulsione dovuta a compressione) o verso linterno (assorbimento dovuto a dilatazione), necessariamente associato alla presenza di un gradiente idraulico (variazione delle quote piezometriche) tra interno ed esterno. In questo caso dunque, il moto di filtrazione indotto da una causa meccanica. Poich il fenomeno ha una durata finita nel senso che, esauritasi la deformazione volumetrica, si esaurisce il drenaggio, questo implica che anche il potenziale si annulla; dunque, il fenomeno idraulico associato alla variazione di volume indotta da una sollecitazione esterna non permanente ma transitorio (il fenomeno di filtrazione avviene in regime di moto vario). Nei terreni parzialmente saturi, i meccanismi di compressione non richiedono necessariamente espulsione di acqua fino a quando la variazione di volume determina variazione del solo volume daria contenuta nei pori.

    Il terreno (come qualsiasi altro solido) pu subire variazioni di volume senza variazioni di forma, variazioni di forma senza variazioni di volume (distorsioni o deformazioni deviatoriche) e, molto pi frequentemente, entrambe (Fig. 29). Le distorsioni evidentemente si verificano senza variazione della porosit a causa della variazione della configurazione geometrica del sistema di particelle (e quindi, della struttura). Nella realt dei mezzi particellari, distorsione pu comportare anche una

    1+e

    1

    e

    e

  • variazione locale del volume dei pori, ma questa compensata da una deformazione uguale e di segno opposto in un altro punto dello stesso volume di controllo a cui si fa riferimento.

    Figura 29. a) Deformazione di volume (nei terreni produce modifica della struttura e della porosit); b) variazione di volume e di forma (produce modifica della struttura);

    c) e d) variazione di forma (produce solo modifica della struttura)

    Nel caso di terreno saturo dacqua, linsorgere di deformazioni distorsionali non comporta drenaggio di acqua verso lesterno o verso linterno, anche se, per quanto si diceva prima, sono sempre possibili flussi di acqua, tutti interni al volume di controllo, da zone che si comprimono a zone che si dilatano, a volume complessivo costante. Nel continuo elastico ed isotropo le deformazioni di volume sono dovute a variazioni della sola componente sferica di sforzo (primo invariante di tensione), mentre le deformazioni deviatoriche sono dovute alla sola componente deviatorica di sforzo (a tensione media costante) a cui sono associate le sollecitazioni tangenziali. Nel terreno non cos: variazioni di volume e distorsioni sono in genere dovute allaccoppiamento di variazioni sia della componente sferica che della componente deviatorica di sforzo. La deformabilit del terreno, ovvero il suo inverso, la rigidezza, esprime la risposta meccanica in termini di deformazioni, alle variazioni dello stato di sforzo; come la permeabilit, essa dipende dallo stato di addensamento, alla struttura ed allo stesso tempo, dalle propriet indici del terreno. La Figura 30 suggerisce infatti che lo stesso insieme di particelle differentemente addensate, inserito in un contenitore a pareti deformabili e soggetto allo stesso carico, subirebbe uno spostamento differente: in particolare, presentando una porosit maggiore, il sistema a) si comprimerebbe pi del sistema b). Se per i granuli fossero rugosi ovvero fossero caratterizzati da legami interparticellari, la rigidezza (resistenza alla deformazione) aumenterebbe, perch aumenterebbe la resistenza al movimento relativo tra particella e particella.

    Nonostante la resistenza delle singole particelle sia (o sia supposta) infinita (ipotesi b: particelle infinitamente resistenti), con il corollario che la granulometria invariabile, la resistenza del terreno inteso come sistema di particelle (cio, la resistenza dello scheletro solido) invece limitata, e dipende sostanzialmente dalla resistenza allo scivolamento relativo tra particella e particella. Come si visto in precedenza, qualsiasi variazione dello stato di sollecitazione comporta infatti spostamenti dei granuli accompagnati dal superamento della resistenza locale al taglio allinterfaccia tra essi. Quando lo spostamento complessivo diventa molto grande (al limite, infinitamente grande), si dice che stata vinta la resistenza del terreno. Questa dunque funzione i) della dimensione, forma e grado di arrotondamento dei granuli (propriet indici), ii) dello stato di addensamento, che controlla il numero dei punti di contatto tra granulo e granulo e dunque la risultante delle forze resistenti, iii) della struttura del terreno, che dipende dalla posizione delle

    a b

    cd

  • particelle e dai legami intergranulari. Lacqua e/o dellaria presenti nei pori non hanno alcuna influenza diretta sul fenomeno in base alle ipotesi c e d (aria ed acqua prive di resistenza). La presenza dellacqua pu comunque giocare un ruolo indiretto molto importante in base al principio delle tensioni efficaci enunciato nel capitolo successivo, e come si avr ampiamente modo di dimostrare in tutto quello che segue.

    Figura 30. Compressibilit di un sistema di particelle sferiche uguali, sciolto (a) e addensato (b) in un contenitore a pareti deformabili

    La resistenza allavanzamento di un punta di acciaio nel terreno ovvero la massima pendenza che pu assumere un cumulo di terreno, forniscono delle indicazioni sulla resistenza del sistema di particelle. La Figura 31, nella quale immaginata una esperienza virtuale sulla resistenza allavanzamento di una punto conica da parte di un sistema di particelle sferiche differentemente addensate, suggerisce che tale resistenza possa dipendere proprio dallo stato di addensamento delle particelle. Risultati differenti (differenti valori di resistenza allavanzamento della punta) si otterrebbero al variare della granulometria, della forma e del grado di arrotondamento dei granuli, della loro posizione reciproca e della intensit di eventuali legami interparticellari.

    Figura 31. Avanzamento di una punta conica in un sistema di particelle sferiche uguali, sciolto (a) e denso (b)

    La Figura 32 mostra due esperienze virtuali finalizzate alla misura della massima pendenza che pu assumere un cumulo di particelle rugose o lisce, con risultati molto diversi a seconda della rugosit dei granuli stessi. Ben si intuisce il ruolo della granulometria e della forma delle singole particelle, ma anche quello che potrebbero assumere eventuali legami interparticellari. Una analoga influenza avrebbe lo stato di addensamento del terreno, a parit di granulometria, forma e grado di arrotondamento delle particelle.

    a) b)

    a) b)

  • a) b)

    Figura 32. Pendenza assunta da un cumulo di terreno: a) particelle a spigoli vivi; b) particelle arrotondate

  • 7 PRINCIPIO DELLE TENSIONI EFFICACI

    7.1 Premesse e definizioni Ora venuto il momento di abbandonare la mera descrizione del terreno nella sua natura di mezzo particellare, per entrare in un campo pi vago e complesso in cui necessario definire delle grandezze astratte, come le tensioni e le deformazioni, le cui relazioni reciproche consentiranno di risolvere i problemi applicativi che ci interessano. Come si vedr ben presto, in questa fase e nelle successive il mezzo particellare verr immaginato continuo per affrontare in maniera pi familiare e semplice i complessi problemi che ci aspettano. Essendo il terreno un sistema particellare, i granuli interagiscono tra di loro solo in corrispondenza delle areole di contatto, che presentano estensione sempre estremamente limitata (Fig. 33); a loro volta, essi subiscono le azioni trasmesse dal fluido o dai fluidi presenti nei pori.

    Figura 33. Schematizzazione del sistema di sollecitazioni agente in un terreno asciutto

    Le sollecitazioni di interazione tra i granuli hanno direzione qualsiasi dipendente dalla forma e dalla giacitura delle zone di contatto, e potrebbero essere comunque scomposte in una componente normale ed in due componenti tangenziali alla giacitura della superficie di contatto, assunta per semplicit, di dimensione finita e planare. Per conseguenza, lanalisi degli effetti di ogni variazione dello stato di sollecitazione intergranulare complessivo (deformazioni ed eventualmente rottura) dovrebbe tenere conto degli stati di sollecitazione negli infiniti punti di contatto tra le particelle (sforzi intergranulari) e delle azioni trasmesse dai fluidi sulla superficie restante delle singole particelle. Per la complessit dellanalisi, necessario ricondurre il mezzo, macroscopicamente discontinuo, ad un pi semplice modello continuo, che ci pi congeniale ed matematicamente pi facile da trattare: in Geotecnica si preferisce infatti sostituire al sistema parcellare un continuo ad esso equivalente, in modo tale che gli effetti su questo delle variazioni di sollecitazione siano gli stessi che si verificano nel mezzo reale: ogni punto dello spazio dunque occupato da materia, ed il volume dei vuoti nullo. Come si vedr, il continuo equivalente viene utilizzato anche nellesaminare i problemi idraulici.

    Per semplicit si faccia ancora una volta riferimento ad un sistema di particelle praticamente sferiche disposte con tessitura cubica, in modo tale che le areole di contatto, di estensione tendente a zero, appartengano ad un medesimo piano (Fig. 34). Immaginiamo inoltre che il sistema sia perfettamente asciutto, e che lungo una porzione di area A del piano che contiene le superfici di contatto, il sistema di particelle sia soggetto a due forze di modulo rispettivamente pari ad F e T, la prima ad esso normale e la seconda tangenziale. Come si detto, tali forze vengono trasmesse esclusivamente attraverso le superfici di contatto, ciascuna di area asi, con iasi=As

  • Se si assimila il terreno ad un continuo, le forze F e T devono essere trasmesse attraverso lintera area A. In tali condizioni risulta =F/A e =T/A, con e , tensioni normale e tangenziale alla superficie di area A che nel continuo ideale sostituisce la superficie di area As. Risulta dunque:

    = AF

  • In questo caso la sollecitazione normale complessiva N, che dora in poi chiameremo totale, agente sulla sezione A di terreno, pari alla somma di quella trasmessa dal sistema di particelle attraverso i punti di contatto e di quella trasmessa dallacqua attraverso i pori, cio:

    N = cAs + u(A As),

    dove u la pressione agente nellacqua, detta anche pressione neutra o interstiziale. Dividendo i due termini dellespressione precedente per A, si ottiene:

    ,

    )(A

    AAuAA

    AP ssc +==

    in cui la tensione totale.

    Ponendo As/A = s (s0), risulta:

    = cs + u(1 s).

    Se si pone cs= (prodotto di un termine molto grande, c, e di uno molto piccolo, s) e ricordando che s0, si ottiene:

    = + u.

    La tensione viene detta tensione normale efficace e lespressione precedente rappresenta il cosiddetto principio delle tensioni efficaci, formulato circa novantantanni fa da Karl Terzaghi. Tale principio3, esprime il concetto che in ogni punto di un mezzo particellare saturo la tensione totale pari alla somma della tensione efficace, che agisce direttamente sullo scheletro solido (sforzo agente sulle particelle riferito al continuo equivalente), e della pressione neutra, che agisce nellacqua contenuta nei pori. Lo stesso non si pu dire per le tensioni tangenziali che, per le ipotesi del capitolo 5, lacqua non pu assorbire e che dunque sono assorbite dal solo terreno (=).

    Come si vedr sempre pi chiaramente nel seguito, questo principio guarda dunque al terreno come un continuo (anzi, come due continui sovrapposti) i cui stati tensionali possono essere calcolati utilizzando per lappunto i principi della Meccanica del Continuo e della Meccanica dei Fluidi. Le stesse considerazioni autorizzano ad utilizzare i principi della Meccanica del Continuo anche nella definizione e nellanalisi degli stati deformativi.

    Lesperienza dimostra che le deformazioni del terreno (siano esse volumetriche o deviatoriche, Fig. 29) sono sempre dovute a variazioni del regime delle tensioni efficaci. Da queste dipende anche la resistenza al taglio. Questi concetti possono essere facilmente verificati mediante semplici prove di laboratorio e rappresentano lesperienza vissuta da parte di chi si occupa di geotecnica sperimentale.

    7.2 Significato fisico del principio delle tensioni efficaci Immaginiamo di inserire un provino di sabbia allinterno di un anello di acciaio di area della sezione trasversale pari ad A (edometro), disponendolo fra due piastre porose molto permeabili, una posta al di sopra e laltra al di sotto del provino stesso (Fig. 36). Immaginiamo inoltre che lanello contenente il provino sia ubicato allinterno di una vaschetta piena dacqua con battente h sulla base

    3 che ipotizza il terreno come costituito da due continui sovrapposti, acqua e sostanza solida

  • superiore del provino. Tramite un pistone agente sulla stessa base superiore, esso sia assoggettato ad un carico F (Fig. 33). Dunque, F produce un incremento di tensione sullo scheletro solido (incrementi locali nei punti di contatto) che si somma a quello preesistente dovuto al peso proprio.

    Figura 36. Esperienza tramite edometro

    Allinterno del provino, il carico totale agente sulla sua base superiore (dovuto ad F ed al battente idrico h) viene ripartito tra acqua e scheletro solido. Risulta dunque:

    F + whA = cAs + u(A As),

    con u=wh.

    perci:

    cAs = F + whAs,

    in cui il termine whAs ha un valore molto modesto per la modesta entit di As. Se il carico F viene ulteriormente incrementato di una quantit F, risulta:

    F + F + whA = cAs + u(A As).

    Si ricava dunque che lincremento di carico totale ha prodotto un incremento di tensione efficace tale che:

    (cAs) = F.

    Lesperienza mostra che lincremento di carico che determina lincremento della tensione efficace produce un accorciamento del terreno. Il fenomeno dunque regolato dalla variazione positiva della tensione efficace che corrisponde allincremento di tensione totale indotto dal carico trasmesso dal pistone. Come si vedr in un capitolo successivo, lentit della deformazione del provino dipende dalla natura (propriet indici) e dallo stato (propriet di stato) del terreno.

    Immaginiamo ora che la stessa variazione F di carico totale sia questa volta prodotta da un incremento del battente dacqua h, che cio F=whA (Fig. 37). Ripetendo le considerazioni precedenti:

    F + w(h + h)A = cAs + w(h + h)(A As),

    e quindi:

    h

    F

    A

  • (cAs) = whAs. In questo caso per il provino non subisce alcuna deformazione.

    Figura 37. Incremento del battente

    Lunica spiegazione di questo differente comportamento data dal modestissimo valore di As, che rende trascurabile lincremento di tensione efficace (cAs) dovuto alla crescita del battente idraulico. In altri termini, a differenza di prima, lincremento di tensione totale si praticamente trasformato solo in un incremento di pressione neutra e questo non ha alcun effetto meccanico significativo, non produce cio alcuna deformazione apprezzabile del terreno.

    Questa esperienza pu essere forse meglio interpretata tramite un modello meccanico semplice che in qualche modo riproduce i comportamenti ora descritti. Tale modello costituito da un pistone con un foro che scorre a perfetta tenuta in un cilindro, comprimendo (o decomprimendo) una molla dacciaio posta al di sotto del pistone stesso. Immaginiamo ancora che il cilindro sia riempito dacqua (Fig. 38). Se applichiamo un carico sul pistone, la molla si accorcia, mentre lacqua (che incompressibile) deve fuoriuscire dal cilindro attraverso il foro praticato nel pistone stesso. Se invece applichiamo lo stesso carico riempiendo dacqua il cilindro anche al di sopra del pistone, la molla non si accorcia e il volume dacqua nel cilindro al di sotto del pistone resta invariato. Nel modello, la molla rappresenta lo scheletro solido del terreno, lacqua contenuta nel cilindro lacqua di porosit. Lo scheletro solido (la molla) si comprime quando in grado di assorbire il carico (tensione totale) trasmesso dal pistone (incremento della tensione efficace), e questo accade via via che lacqua viene espulsa attraverso il forellino. Se lo stesso incremento di sollecitazione totale trasmesso attraverso lacqua determinando lincremento delle pressioni neutre, lo scheletro solido non subisce alcuna deformazione. Per inciso, risulta evidente ce questo fenomeno richiede del tempo, dipendente sia dalla entit di acqua che deve essere espulsa (e dunque dalla rigidezza della molla) che dalla dimensione del forellino, che facilit o complica il processo di drenaggio. Di questo si parler ancora e molto pi diffusamente nel seguito-

    Figura 38. Modello meccanico che riproduce una prova edometrica

    h+h

    F

    A

    F

    a

  • Gli sperimentatori conoscono molto bene le prove di compressione isotropa che vengono eseguite su provini cilindrici di terreno posti allinterno di una membrana di gomma ed installati su di un piedistallo metallico posto allinterno di una cella pure cilindrica, detta cella triassiale, interponendo tra provino e piedistallo una piastrina porosa (Fig. 39).

    Figura 39. Cella di compressione triassiale

    Tramite un circuito idraulico il cilindro pu essere riempito dacqua o di un altro fluido che trasmette al terreno un incremento di pressione sferico uguale in tutte le direzioni. Poich la membrana impermeabile, lacqua contenuta nella cella non entra in collegamento con quella contenuta nel provino, cio, non va ad incrementare direttamente la pressione neutra, e lo sforzo applicato pu essere considerato totale in quanto agente sullinsieme scheletro solido-acqua. Tramite un altro circuito idraulico che attraversa il piedistallo, allinterno del provino pu essere forzato un ingresso dacqua in pressione (back pressure o contropressione) con la funzione di saturare completamente il circuito, la piastra porosa ed il provino. Lungo questultimo circuito vengono installati un rubinetto, che regola laccesso dacqua, ed uno strumento, detto trasduttore di pressione neutra, che misura la pressione dellacqua nel circuito e, per conseguenza, nel terreno. A valle del rubinetto il circuito prosegue fino ad un cilindro graduato detto buretta (o volumometro) che consente di misurare il volume dacqua immesso nel provino o uscente da esso4. Immaginiamo di installare nella cella un provino di sabbia e di sottoporre questultimo ad una tensione totale =300 kPa, tramite il fluido contenuto nella cella triassiale, e ad una contropressione u=100 kPa, tramite il circuito interno. La tensione efficace dunque =-u=300-100=200 kPa. Se la tensione totale viene incrementata di 200 kPa senza modificare la back pressure e mantenendo aperto il rubinetto, la tensione efficace diventa =-u=300+200-100=400 kPa. Tramite un altro strumento detto trasduttore di spostamento, possibile misura un accorciamento del provino che diminuisce anche di diametro. Esso naturalmente drena espellendo una certa quantit dacqua che viene raccolta e misurata dalla buretta: poich lacqua incompressibile, il volume espulso pari alla variazione di volume del provino (variazione del volume dei vuoti)