28
Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto nel sistema economico, perché molte volte la mancanza di risorse frena lo sviluppo ma anche quelle volte che ci sono i soldi la Burocrazia impedisce di usarli. Inoltre le sempre maggiori richieste dello Stato per far fronte alle spese necessarie per svolgere i suoi compiti sono grandemente influenzate agli sprechi e dai privilegi del personale degli enti pubblici, dai comuni e regioni che sprecano i denari pubblici e che nessun governo è mai riuscito a tagliare, la cosiddetta spending review non decolla. Ma la crisi non ha colpito solo l’Italia, infatti numerosi sono gli Stati che si trovano nelle stesse nostre condizioni, ma diversi di essi ne stanno uscendo. Di questo passo, tra molte chiacchiere ancora più indecisioni su riforme e tagli alla spesa la discesa agli Inferi dell’Italia nell’eurozona, più che un rischio, appare una scelta quasi certa. Ormai però in perfetta solitudine. Il presidente Barroso ha richiamato il nostro Paese al “coraggio delle riforme, senza le quali non può poi lamentare l’assenza di crescita e di lavoro”. Fino all’altro ieri ci si poteva illudere di avere ancora una buona spalla nelle Francia, dopo che l’Irlanda e tutti i Paesi mediterranei avevano capitolato uno dopo l’altro nelle braccia della troika europea, costretti a rigore e drastiche cure dimagranti inseguendo salute dei conti pubblici, competitività e crescita economica. Ma ormai il bastione francese è caduto. Già 30 anni fa, Mitterrand aveva dovuto, in pieno disastro economico, affossare il suo “socialismo” insieme all’orgoglio francese. Alla fine anche Hollande ne ha seguito le orme arrendendosi all’evidenza: niente riforme, niente crescita. In Francia si cambia musica, mentre in Italia si versano a rilento le decine di miliardi di arretrati di pagamenti dovuti alle imprese (16,3 miliardi di euro sui 100 totali), sul cuneo fiscale ci si ferma ai gesti, e giustizia civile, sulla riforma del mercato del lavoro si parla molto ma si decide poco. Hollande, in cambio dell’impegno delle imprese di creare occupazione, opera tagli di 30 miliardi agli oneri sociali delle imprese riduce le imposte societarie, meno pastoie burocratiche e alleggerimento della normativa sul lavoro. Gli altri Paesi in quarantena entrano in convalescenza. La Spagna grazie alla riforma del mercato del lavoro torna a crescere e ad attirare investimenti. Il Portogallo ritrova dinamismo e riassorbe i disoccupati, l’Irlanda finanzia il debito a lungo termine sui mercati al 3%, cioè a tassi inferiori a quelli dei Paesi che non hanno chiesto aiuti. La crisi dell’eurozona non è finita, la ripresa economica che si profila resta incerta e fragile, anche la locomotiva tedesca perde colpi. L’Italia non può ostinarsi a restare alla finestra: ogni giorno di più le riforme strutturali rimandate, la mancata modernizzazione dello Stato e dei suoi apparati, del mercato del lavoro come del fisco appaiono opportunità di crescita e di occupazione bruciate sull’altare di una miopia politica imperdonabile. Che distrugge l’industria, brucia il lavoro, desertifica il Paese e il suo futuro. Non hanno capito che la crescita nel mondo globale non si fa con il dirigismo e i decreti ma rivitalizzando attività produttiva, economia reale e fiducia e smagrendo lo Stato. Possibile che in Italia non si riesca a fare ciò e presto? Siamo troppo grandi per fallire ma anche troppo grandi per essere aiutati. Però senza crescita il nostro debito diventerà insostenibile. O ci decidiamo ad agire o prima o poi saranno gli altri a costringerci a farlo. Ricordiamo che dalla nascita dell’euro, cioè dal 1999 ad oggi, l’Italia è l’unico Paese che ha visto calare il suo Pil pro capite (-3%). In Germania è aumentato più del 20%, in Francia quasi del 20% e perfino in Grecia è salito del 3%. Spieghiamo in termini semplici le cause della crisi. 1.1. Le dimensioni della crisi Nel 2008 si è verificata una brusca caduta del commercio mondiale, un forte calo della produzione industriale e un forte aumento della disoccupazione che, in Europa, continua tuttora a crescere. Nel solo periodo 2008-2010 si sono persi in Europa 4 milioni di posti di lavoro. Negli anni successivi il dato è ulteriormente aumentato. 1

Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

  • Upload
    dotram

  • View
    215

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

Dispensa n.1CRISI

1. La grande crisi economica 2008 - 2014Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto nel sistema economico, perchémolte volte la mancanza di risorse frena lo sviluppo ma anche quelle volte che ci sono i soldi laBurocrazia impedisce di usarli. Inoltre le sempre maggiori richieste dello Stato per far fronte allespese necessarie per svolgere i suoi compiti sono grandemente influenzate agli sprechi e daiprivilegi del personale degli enti pubblici, dai comuni e regioni che sprecano i denari pubblici eche nessun governo è mai riuscito a tagliare, la cosiddetta spending review non decolla.Ma la crisi non ha colpito solo l’Italia, infatti numerosi sono gli Stati che si trovano nelle stessenostre condizioni, ma diversi di essi ne stanno uscendo. Di questo passo, tra molte chiacchiere ancora più indecisioni su riforme e tagli alla spesa la discesaagli Inferi dell’Italia nell’eurozona, più che un rischio, appare una scelta quasi certa. Ormai però inperfetta solitudine. Il presidente Barroso ha richiamato il nostro Paese al “coraggio delle riforme,senza le quali non può poi lamentare l’assenza di crescita e di lavoro”. Fino all’altro ieri ci si potevailludere di avere ancora una buona spalla nelle Francia, dopo che l’Irlanda e tutti i Paesimediterranei avevano capitolato uno dopo l’altro nelle braccia della troika europea, costretti a rigoree drastiche cure dimagranti inseguendo salute dei conti pubblici, competitività e crescita economica.Ma ormai il bastione francese è caduto. Già 30 anni fa, Mitterrand aveva dovuto, in pieno disastroeconomico, affossare il suo “socialismo” insieme all’orgoglio francese. Alla fine anche Hollande neha seguito le orme arrendendosi all’evidenza: niente riforme, niente crescita. In Francia si cambiamusica, mentre in Italia si versano a rilento le decine di miliardi di arretrati di pagamenti dovuti alleimprese (16,3 miliardi di euro sui 100 totali), sul cuneo fiscale ci si ferma ai gesti, e giustizia civile,sulla riforma del mercato del lavoro si parla molto ma si decide poco. Hollande, in cambiodell’impegno delle imprese di creare occupazione, opera tagli di 30 miliardi agli oneri sociali delleimprese riduce le imposte societarie, meno pastoie burocratiche e alleggerimento della normativasul lavoro. Gli altri Paesi in quarantena entrano in convalescenza. La Spagna grazie alla riforma delmercato del lavoro torna a crescere e ad attirare investimenti. Il Portogallo ritrova dinamismo eriassorbe i disoccupati, l’Irlanda finanzia il debito a lungo termine sui mercati al 3%, cioè a tassiinferiori a quelli dei Paesi che non hanno chiesto aiuti. La crisi dell’eurozona non è finita, la ripresaeconomica che si profila resta incerta e fragile, anche la locomotiva tedesca perde colpi. L’Italia nonpuò ostinarsi a restare alla finestra: ogni giorno di più le riforme strutturali rimandate, la mancatamodernizzazione dello Stato e dei suoi apparati, del mercato del lavoro come del fisco appaionoopportunità di crescita e di occupazione bruciate sull’altare di una miopia politica imperdonabile.Che distrugge l’industria, brucia il lavoro, desertifica il Paese e il suo futuro. Non hanno capito chela crescita nel mondo globale non si fa con il dirigismo e i decreti ma rivitalizzando attivitàproduttiva, economia reale e fiducia e smagrendo lo Stato. Possibile che in Italia non si riesca a fareciò e presto? Siamo troppo grandi per fallire ma anche troppo grandi per essere aiutati. Però senzacrescita il nostro debito diventerà insostenibile. O ci decidiamo ad agire o prima o poi saranno glialtri a costringerci a farlo. Ricordiamo che dalla nascita dell’euro, cioè dal 1999 ad oggi, l’Italia èl’unico Paese che ha visto calare il suo Pil pro capite (-3%). In Germania è aumentato più del 20%,in Francia quasi del 20% e perfino in Grecia è salito del 3%.Spieghiamo in termini semplici le cause della crisi.1.1. Le dimensioni della crisiNel 2008 si è verificata una brusca caduta del commercio mondiale, un forte calo della produzioneindustriale e un forte aumento della disoccupazione che, in Europa, continua tuttora a crescere. Nelsolo periodo 2008-2010 si sono persi in Europa 4 milioni di posti di lavoro. Negli anni successivi ildato è ulteriormente aumentato.

1

Page 2: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

1.2. La struttura del sistema finanziarioCrediti e prestiti sono parte integrante del nostro sistema economico, e permettono un livello diproduzione e di scambi enormemente superiore a quello che si avrebbe senza di essi; ma, poiché icrediti non sempre vengono pagati e il denaro in prestito restituito, comportano il rischio di perditeper chi li concede e, se le perdite diventano troppo alte, produzione e scambi possono rallentarenotevolmente. Nel nostro sistema economico ci sono vari operatori che se ne occupano, inparticolare le banche, e una serie di operatori finanziari specializzati nell’investimento nellagestione di risparmio quali ad esempio, in Italia, SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), SGR(Società di gestione del risparmio), SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile), ecc.- Le banche raccolgono denaro da chi ne ha in eccesso (ad esempio da tutte le persone e le impreseche spendono meno soldi di quelli che incassano mensilmente) e lo prestano a chi ne ha bisogno. Laraccolta di denaro da parte delle banche può avvenire semplicemente offrendo la possibilità diaprire conti correnti ma anche vendendo al pubblico dei prodotti finanziari quali ad esempioobbligazioni, fondi d’investimento, derivati, ecc. che danno un tasso di interesse sul denaroinvestito. Molti prodotti finanziari hanno una durata prestabilita, vale a dire che una volta acquistatinon è possibile ritrasformarli in denaro prima della loro scadenza, tuttavia possono essere vendutiad altri risparmiatori in un mercato speciale che si chiama Borsa Valori. Per la sua struttura la borsavalori si presta ad attività speculative cioè ad acquisti e vendite di azioni, obbligazioni ecc. effettuatisolo per guadagnare sulla differenza tra il costo di acquisto di vendita.- Le banche si fanno anche prestiti fra loro. Ad esempio banche che sono localizzate in zone dove cisono molti risparmiatori e poche imprese tendono ad avere denaro da prestare ad altre banche o alloStato, e ugualmente banche localizzate in zone industriali o che indirizzano i propri servizi adimprese tendono ad aver bisogno di denaro aggiuntivo rispetto a quello che raccolgono dairisparmiatori e possono chiedere prestiti ad altre banche o allo Stato.- Tutti gli Stati danno in prestito denaro alle banche quando queste ne hanno bisogno. Il tasso diinteresse a cui lo Stato concede prestiti alle banche si chiama tasso di sconto e influenza la quantitàdi crediti concessi dalle banche: quando il tasso di sconto è basso le banche, a parità di altrecondizioni, concederanno una quantità di prestiti maggiore, perciò in genere quando il tasso disconto è basso i consumatori faranno più acquisti e le imprese maggiori investimenti.Dunque, riassumendo, le banche raccolgono denaro da privati e aziende che ne hanno in eccesso, daaltre banche, e dalle autorità finanziarie statali (Banca centrale). Il denaro può essere raccoltoaprendo dei conti correnti attivi, ottenendo dei prestiti, emettendo sul mercato strumenti finanziariquali le obbligazioni. Il denaro raccolto può essere prestato a privati, aziende e Stati che ne hannobisogno attraverso l’apertura di conti correnti passivi o l’acquisto di obbligazioni emesse da grandiaziende e Stati. Anche le grandi imprese e gli Stati prendono denaro in prestito. Gli Stati prendonoin prestito denaro perché sono costantemente in deficit (spendono più soldi di quanti ne raccolgonocon imposte e tasse). In Italia le ‘obbligazioni’ emesse dallo Stato si chiamano ad esempio BOT,BTP, CCT, etc.Nella loro attività di raccolta e impiego di denaro le banche devono fare attenzione:1. Non prestare troppo denaro in più di quanto ne raccolgono, perché se per qualche motivo irisparmiatori chiedessero il rimborso delle somme prestate, la banca potrebbe non avere denaroliquido a sufficienza per rimborsarlo a tutti e in teoria fallirebbe. In molti Paesi ci sono vincoli dilegge al tipo di attività (concessione di prestiti solo di breve o solo di lungo periodo), al volume deicrediti che le banche possono concedere.2. A prestare denaro solo a soggetti che avranno la capacità di rimborsarlo alla scadenza perché, sel’impresa o il consumatore che ha ottenuto il prestito falliscono, i soldi prestati sono persi.3. Acquistare soprattutto prodotti finanziari sicuri, che, anche se rendono meno di quelli rischiosi,alla scadenza siano restituiti e che in caso di necessità sia possibile vendere a un valore vicino aquello di acquisto.4. Gli utili, la solidità e la reputazione delle banche e degli altri operatori finanziari dipendono dalvalore del loro capitale. Poiché la gran parte del capitale bancario è impiegato in prestiti e prodotti

2

Page 3: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

finanziari, se il valore dei prodotti finanziari posseduti cala oppure una gran parte dei prestiti sirivelano inesigibili calano utili, solidità e reputazione.5. Tutto il sistema finanziario si regge sulla fiducia, in particolare sulla fiducia di chi presta denaroche i debitori siano in grado di restituire i soldi quando richiesto e che i prodotti finanziari di durataprestabilita siano facilmente vendibili. Se la fiducia viene meno a causa di eventi che possono avereun effetto negativo sull’attività economica (guerre, epidemie, eventi naturali catastrofici) o di crisieconomica, chi dispone di denaro riduce drasticamente gli investimenti e come conseguenza illivello dell’attività economica si riduce notevolmente.Questa premessa ci permette di capire cosa è accaduto nella crisi economica iniziata nel 2008.1.3. L’evoluzione del settore finanziario prima del 2008La crisi del 2008 è dovuta innanzitutto ad alcuni cambiamenti strutturali del sistema finanziariointernazionale e statunitense verificatisi a partire dagli anni ’80:- l’aumento nel sistema finanziario del denaro disponibile per investimenti, dovuto sia a unconsistente aumento degli attivi commerciali dei Paesi produttori di petrolio e di alcuni Paesi in viadi sviluppo che ai bassi tassi di sconto fissati dagli Stati- la progressiva liberalizzazione della circolazione internazionale di capitali- l’allentamento dei vincoli posti dagli Stati alle banche relativamente al tipo di prestiti e allaquantità di denaro prestabile rispetto al risparmio raccolto e una riduzione del controllo degli Statisulla creazione e gli scambi di prodotti finanziari.- la nascita di nuovi strumenti finanziari assai rischiosi come i derivati, prodotti finanziari il cuivalore di emissione è basato sul valore di mercato di altri beni o di altri prodotti finanziari.Questi sviluppi hanno portato negli ultimi 20 anni a una enorme espansione della quantità diprodotti finanziari esistenti, a un aumento del rischio medio dei prodotti finanziari e a una maggioreinterconnessione e potenziale instabilità.Così negli anni 2004-2006 si è verificata negli Stati Uniti una forte crescita del credito aiconsumatori, grazie a un tasso di sconto tenuto molto basso dalla F.R., la banca centrale americana.Questo, assieme a una serie di provvedimenti iniziati a metà degli anni 70 per favorire l’acquisto diabitazioni da parte di appartenenti alle minoranze etniche e di persone con ridotta capacitàfinanziarie, ha portato negli anni a un forte aumento degli acquisti di abitazioni il cui valore diconseguenza è andato alle stelle. Le banche hanno concesso un gran numero di mutui sub prime,cioè a famiglie che non erano in grado di fornire garanzie sufficienti, per acquistare abitazioni a uncosto che progressivamente diventato molto alto. Ad esempio dal 2004 al 2006 negli Stati Uniti lapercentuale di mutui subprime sul totale mutui è passata dall’8% al 20%.I mutui sono stati poi cartolarizzati, cioè trasformati in prodotti finanziari derivati (con un alto tassodi interesse, dovuto alla loro maggiore rischiosità) e venduti a risparmiatori e altre banche. Per rallentare questo trend, la F.R. ha iniziato ad aumentare progressivamente il tasso di sconto, chedal 2% del giugno 2003 arriva al 4,50% dell’agosto del 2005, per poi arrivare a un massimo del 6%nel maggio del 2007. L’aumento del tasso di sconto ha portato a un aumento del costo delle rate deimutui che, a partire dal 2006, molte famiglie si sono trovate incapaci di pagare. Molte abitazionisono state così messe all’asta. Nel 2006 si sono avuti 1.200.000 pignoramenti con un aumento del42% rispetto al 2005, 2.200.000 nel 2007, 3.000.000 nel 2008 e così via. L’offerta sul mercato delleabitazioni pignorate e l’aumentato costo dei mutui sulle abitazioni hanno portato a partire dal 2007un calo delle quotazioni delle abitazioni (-33% nel 2009).L’alta percentuale di mancati pagamenti dei mutui ha portato a:- grosse perdite e fallimenti nelle banche che li avevano emessi- un calo drastico del valore dei prodotti finanziari basati sui mutui che erano stati emessi- perdite per consumatori, fondi di investimento e altre banche che li avevano acquistati- riduzione del capitale dei fondi di investimento a causa delle perdite - riduzione del valore delle azioni di fondi di investimento e banche a causa delle perdite- vendita delle azioni delle banche e conseguente calo generale dell’indice di borsa americano

3

Page 4: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

- riduzione di fiducia sul sistema finanziario e conseguente riduzione degli investimenti e calo dellivello dell’attività economicaDal 2007 varie banche americane vanno in bancarotta (fra cui, nel 2009, Lehman Brothers, quartoistituto di credito americano), che vengono acquisite da gruppi bancari in migliori condizioni(Merril Lynch) o si salvano solo grazie all’intervento del Ministero del tesoro statunitense, checoncede garanzie e linee di credito a tassi vicini allo zero o addirittura le nazionalizza.1.4. La propagazione della crisi al di fuori degli Stati UnitiQuindi la crisi finanziaria statunitense si è propagata agli altri paesi attraverso cinque meccanismifondamentali:- perdite elevate in banche e altri intermediari finanziari non statunitensi che avevano investito sutitoli derivati collegati ai mutui sub prime e/o sulle azioni delle banche statunitensi che sono fallite - riduzione dei prestiti interbancari a livello internazionale- riduzione dei prestiti a consumatori e al sistema produttivo, con conseguente calo della produzionee riduzione dei consumi- riduzione degli investimenti e dei consumi a causa della crisi di fiducia sul sistema finanziariointernazionale- riduzione delle esportazioni verso gli Stati Uniti e verso gli altri paesi la cui produzione e consumisi sono ridotti.La riduzione dell’attività economica che si è verificata in Italia sembra sia da attribuire soprattuttoalla riduzione delle esportazioni italiane e, in misura minore, da riduzione del credito alle imprese eai consumatori e da un riduzione degli investimenti e dei consumi.A distanza di cinque anni dalla crisi vari paesi industrializzati, fra cui ad esempio Stati Uniti,Germania e Gran Bretagna, hanno sperimentato una ripresa dell’attività economica, mentre ilprodotto interno lordo italiano è ancora in fase di stagnazione.

2. La crisi americana2.1. Cenni storiciPrese l’avvio negli Stati Uniti nel 2007, in seguito alla crisi del mercato immobiliare manifestatasicon lo scoppio di una grande bolla immobiliare (crisi dei subprime) e una susseguente pesante crisifinanziaria, diffusasi poi in tutto il mondo. Tra i principali fattori della crisi economica figurano glialti prezzi delle materie prime (petrolio in primis), una crisi alimentare mondiale, un'elevatainflazione globale, la minaccia di una recessione in tutto il mondo e per finire una crisi creditiziacon conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici. Alla crisi finanziaria scoppiata nell'agostodel 2007 è seguita una grave crisi industriale (seguita al fallimento di Lehman Brothers per la crisidei subprime) con una forte contrazione della produzione e degli ordinativi. L'anno 2009 ha poivisto una crisi economica generalizzata, pesanti recessioni e vertiginosi crolli di Pil in numerosipaesi del mondo e in special modo nel mondo occidentale. Tra il 2010 e il 2011 si è conosciutol'allargamento della crisi ai debiti sovrani e alle finanze pubbliche di molti paesi, soprattutto ai Paesidell'eurozona, che in alcuni casi hanno evitato l'insolvenza sovrana (Portogallo, Irlanda, Grecia),grazie all'erogazione di ingenti prestiti (da parte di FMI e UE), a prezzo però di politiche di bilanciofortemente restrittive sui conti pubblici (austerità) con freno a consumi e produzione.2.2. Le causeA partire dalla metà degli anni settanta la creazione di nuovi strumenti finanziari, i progressitecnologici nel campo dell'informatica, l'aumento della liquidità nell'economia internazionale,accanto all'aumento del costo del petrolio, hanno prodotto un rafforzamento del ruolo della finanzainternazionale all'interno del sistema economico che, ad oggi, il peso economico dei prodottifinanziari risulta superiore in larga misura a quello della produzione mondiale di beni e servizi.Grazie alle politiche delle banche centrali, a partire da quelle adottate dalla FED, che favorirono ilbasso costo del denaro, venne incentivata una più facile erogazione del credito alle famiglie, spintea indebitarsi in misura crescente per alimentare i consumi, e agli speculatori, portati a effettuareinvestimenti sui mercati finanziari (con la conseguente creazione di bolle speculative).

4

Page 5: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

2.3. La fine del dollar standard e la liberalizzazione dei mercati finanziari Tra il 1971 e il 1973, sotto la presidenza di Richard Nixon, gli Stati Uniti abbandonarono il regimedi convertibilità del dollaro in oro quindi decisero di lasciar fluttuare liberamente la moneta secondola legge della domanda e dell'offerta, operando una serie di svalutazioni monetarie fino al 1973. Ciòfavorì un aumento improvviso e repentino della circolazione monetaria (alimentata dall'ingenteflusso di petroldollari ricavati dai paesi dell'Opec e reinvestiti sui mercati finanziari e bancarieuropei).Le politiche di liberalizzazione finanziaria avviate nel mondo anglosassone furono immediatamenterecepite dal resto del mondo sviluppato, come l'Unione Europea dove vennero compiute tra il 1985e il 1990. Le banche centrali furono sollevate dall'obbligo di finanziare i debiti pubblici; allo stessotempo banche, fondi finanziari e fondi pensione furono liberalizzati, venendo acquisite da soggettiprivati; fu liberalizzata la circolazione internazionale dei capitali, non più sottoposti a controllipreventivi o a regole di movimentazione, mentre gli afflussi di capitali si fecero più massicci.2.4. La crisi dei subprime e crollo delle BorseCresceva anche l'esposizione al credito delle banche, delle imprese, e delle stesse famiglie, favoritadai tassi d'interesse ridotti e dalla facilità nella concessione dei prestiti. Il ricorso alla sottoscrizionedei mutui a basse garanzie (subprime), sottoscritti anche da persone agiate che confidavano inconsistenti guadagni, si fece sempre più frequente, venendo concessi dalle banche spesso con laconsapevolezza di non poter essere rimborsati: il trading dei subprime crebbe dal valore di 145miliardi nel 2001 ai 635 miliardi del 2005. Nel giro di due anni, tuttavia, i tassi di riferimentofurono portati tra il 2005 e il 2007 dall'1,5% al 5,25% per intervento della FED, nel tentativo difrenare la speculazione e drenare liquidità dal sistema economico. Nel 2006, come effettoimmediato, il numero dei pignoramenti e delle insolvenze si moltiplica. La bolla immobiliare a quelpunto esplose facendo precipitare il prezzo delle case e innescando un'ondata di vendite chemandarono in rovina numerosissimi soggetti tra risparmiatori e istituti di credito, provocando unblocco del sistema finanziario americano. La crisi imprevista dei mutui sub-prime, mutui a bassegaranzie (perché sottoscritti da contraenti con reddito inadeguato o con passato di insolvenze ofallimenti) concessi dalle banche d'investimento americane, inizia a manifestarsi nel 2006 perscoppiare nel 2008. La crisi raggiunse il punto di non ritorno quando i risparmiatori americanicominciarono a non ripagare più i mutui dando avvio a un massiccio aumento dei pignoramenti (1,7milioni di case coinvolte nel solo 2007). All'origine di questo fenomeno la vertiginosa crescita delmercato immobiliare americano, con il forte aumento dei prezzi delle abitazioni. Tale "bolla"speculativa si espanse di pari passo col costante apprezzamento delle case. L'indebitamento dellefamiglie americane provocò nel 2006 l'esplosione dei prezzi delle attività, e in particolare di quelliimmobiliari; l'indebitamento aumentava via via che cresceva il valore delle proprietà immobiliari.Le famiglie più fortemente indebitate avevano scommesso sul protrarsi della crescita, ignorando ilrischio di un rovesciamento del mercato. L'esplosione della bolla dei mutui fu amplificata dal fattoche le banche statunitensi, al fine di ridurre l'esposizione rispetto a questi prodotti finanziarialtamente rischiosi, vendevano a terzi i mutui stessi attraverso diversi strumenti finanziari. In questomodo le banche scaricavano su altri soggetti i rischi corsi concedendo tali finanziamenti. Lacartolarizzazione dei mutui subprime (titoli garantiti dai mutui ipotecari), ha reso infetto l'interosistema finanziario mondiale di questi titoli, conosciuti come "tossici". La forte svalutazione diquesti strumenti innescò difficoltà gravissime in alcuni fra i più grandi istituti di credito americani.(Lehman Brothers) che vennero ridotti al collasso e poi messi in sicurezza dall'intervento delTesoro. Anche banche europee, come la britannica Northern Rock (quinto istituto di creditoinglese), e grossi istituti finanziari (la svizzera UBS, la belga Fortis, la franco-belga Dexia -questiultimi due parzialmente nazionalizzati dai governi francese, belga e lussemburghese-, la tedescaHypo Real Estate e l'italiana Unicredit), furono investiti dalla svalutazione dei titoli immobiliari,venendo successivamente o nazionalizzati o costretti a ricapitalizzarsi. Dopo diversi mesi didebolezza e perdita di impieghi, il fenomeno è collassato tra il 2007 e il 2008 causando labancarotta di banche. Il rapido crollo del mercato immobiliare fu reso più devastante dal graduale

5

Page 6: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

rialzo del tasso di sconto operato dalla FED negli anni dell'esplosione della crisi dei mutui. Ilpeggioramento delle borse, segnato dalle fortissime vendite sul mercato bancario, fu immediato. Acausarlo la radicale crisi di fiducia dei depositanti e degli azionisti verso le banche. Ci furonoondate di vere e proprie vendite da panico che riportarono alla memoria crolli storici del mercatocome quelli del martedì nero 29 ottobre 1929. A ciò si accompagnò una crisi del credito,determinata dal clima di pessimismo e di diffidenza tra le stesse banche, che portò in breve tempoalla carenza di liquidità nel sistema economico. La crisi dei mutui in pochi mesi colpì anchel'economia reale provocando recessione, caduta degli investimenti e dei redditi e crollo dei consumi.La risposta più immediata alla crisi del credito e alla crisi di fiducia apparve il massiccio interventodegli stati e delle banche centrali che provvidero a tagliare i tassi d’interesse e a immettere liquiditànel sistema economico, cercando di incentivare gli investimenti e la rimessa in moto dell'economia. L'aggravarsi della crisi spinse il governo americano a intervenire con il cosiddetto Tarp (Troubledasset relief program) che prevedeva un programma di interventi statali in più fasi. Il piano diintervento, che all'inizio prevedeva una soglia nominale massima non superiore ai 700 miliardi didollari, complessivamente ammontò a 7.700 miliardi di dollari. Tale quantitativo di liquidità venneimmesso sul mercato bancario a tassi vicino alla zero dalla Federal Reserve, a sostegno delle banchenon solo americane, ma anche europee (come Royal Bank of Scotland e UBS) durante il biennio dicrisi 2007-2009. I 600 miliardi di titoli tossici posseduti da alcune banche vennero acquisiti dallaFederal Reserve, impedendo il loro fallimento. L’Aig, allora la più grande compagnia assicurativadel mondo, subì fortissime perdite economiche a causa della caduta del settore immobiliare e caddein crisi di liquidità. Il Federal Reserve System mise in atto una linea di credito del valore 85 miliardidi dollari in favore di Aig in cambio di una quota del 79,9% del capitale della compagnia,realizzando il più importante salvataggio di una compagnia privata nella storia degli Stati Uniti. Il 9ottobre 2008 la Fed attivò un ulteriore prestito da 37,8 miliardi di dollari in favore della compagnia. 2.5. La bancarotta di Lehman Brothers ed conseguenze nel mondoIl fallimento di Lehman Brothers fu il più grande della storia degli Stati Uniti e fece precipitare nelpanico le borse mondiali con effetti devastanti sull'intero sistema economico-finanziario mondiale.Prima che Lehman Brothers annunciasse bancarotta la Federal Reserve e il governo americanoavevano cercato di pattuire l'acquisizione da parte di Barclays o di Bank of America. Le agenzie dirating, nonostante la condizione di serio dissesto dell'istituto, mantennero rating più che discreti sultitolo Lehman Brothers fino al giorno della bancarotta ("A" Standard & Poor's, "A2" Moody's, A+Fitch). La banca d'investimento, all'epoca il quarto istituto di credito americano, non ricevettel'erogazione dei fondi statali né l'intervento di capitali esterni, venendo costretta a iniziare leprocedure fallimentari con un indebitamento di 613 miliardi di dollari. Lehman Brothers nel 2007aveva chiuso i bilanci con ricavi di 19 miliardi di dollari e un utile netto di 4,19 miliardi. La causadel rapido tracollo erano stati i debiti contratti sui mutui ad alto rischio, le massicce svalutazioni deititoli seguite al crollo del mercato immobiliare e le contemporanee esposizioni che il gruppo avevaaccumulato. Come conseguenza immediata del fallimento, in una sola giornata le borse mondialividero cancellati 1.200 miliardi di dollari di capitalizzazione (quasi 900 miliardi di euro), mentre leperdite europee complessive si attestarono a 125 miliardi.La bolla immobiliare americana ed il successivo fallimento di Lehman Brothers provocaronoripercussioni economiche a livello mondiale. La produzione industriale in Europa a partiredall'autunno del 2008 calò bruscamente, per ridursi ulteriormente l'anno successivo con una pesanterecessione che colpì l'intero mondo occidentale, mentre le economie emergenti (Cina, India,Brasile) accusarono solo lievi o poco consistenti flessioni del Pil. Il rapido contagio tra le economiedel pianeta mise a nudo un'evidente dipendenza dei modelli di sviluppo dal commercio estero. InAmerica Latina i paesi più colpiti furono quelli dell'America centrale, esportatori di materie prime.L'economia cinese vide ridotta la crescita dal 13 al 9% con una riduzione dell'export. L'India crebbeinvece del 7,3 rispetto al 9,3% del 2007. Anche l'Europa orientale conobbe grosse difficoltà legatesoprattutto alla frenata della domanda della Germania, maggior partner delle economie della zona.La Russia mantenne invece un dinamismo costante con uno sviluppo complessivo nel 2008 del

6

Page 7: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

5,6%. Altri paesi soffrirono gravi effetti immediati dall'esplosione della crisi finanziaria americana:la Danimarca entrò in recessione nel primo trimestre del 2008, colpita soprattutto dalla crisi delmercato degli immobili, da una forte disoccupazione e dalle difficoltà nel settore bancario cheporteranno al fallimento di 11 istituti di credito. La produzione industriale dell'area euro evidenziònei mesi conclusivi del 2008 una riduzione del quasi 3%; particolarmente colpita fu la produzionemanifatturiera tedesca. Ancor peggio l'Islanda, la cui fragile economia fu messa in crisi dalfallimento quasi contemporaneo delle tre maggiori banche del paese e da una massicciasvalutazione della corona, accompagnata a tassi di disoccupazione e inflazione a due cifre.L'Islanda, che aveva ricevuto il sostegno finanziario del Fondo Monetario Internazionale (FMI), distati europei e degli USA, rifiutò però la restituzione di quattro miliardi ai risparmiatori britannici eolandesi colpiti dal fallimento della banca Icesave. Il Pil degli Stati Uniti sul finire dell'anno si contrasse del 6,3%, mentre la produzione industriale siridusse complessivamente nel 2008 del 2,2% e la disoccupazione passò dal 4,9 al 7,2. Nel periodoottobre-dicembre il Pil del Giappone, sebbene la sua economia fosse meno esposta rispetto alleturbolenze del settore finanziario, si ridusse del 3,2%; a fine anno il saldo della bilancia deipagamenti fu negativo per la prima volta dal 1996. Anche il Regno Unito, ugualmente esposto allacrisi del settore immobiliare e bancario come gli Stati Uniti, risentì di un forte rallentamentodell'economia con una crescita nel 2008 dello 0,7% rispetto al 3% dell'anno precedente.La crisi determinò un aumento verticale della disoccupazione che compresse la capacità di spesadelle famiglie, favorì la propensione al risparmio, indebolendo la domanda aggregata. In Europa larecessione determinò effetti profondamente negativi con forti riduzioni di Pil in Irlanda (-5,0%), nelRegno Unito (-2.8%), e in Germania (-2.3%), Paesi Bassi e Spagna (-2,0%), Belgio (-1,9%),Francia (-1,8%). Dati ancora peggiori si registrarono nell'Europa dell’est, dove la crescita a cavallotra metà 2008 e 2009 accusò sensibili cali: Lettonia (-6,9%), Estonia (-4,7%), Lituania (-4,0%),Polonia (-2,0%), Italia (-3,1%). L'export delle economie meno sviluppate, risultato della riduzionedel prodotto e dei consumi nei paesi più avanzati, segnò una brusca riduzione, nell'ordine del12,3%. Il segno di una ripresa, già in corso nel 2009, fu il rialzo deciso dei costi delle materie prime(nel 2009 quelle industriali del 27%, quelle alimentari del 15%). Essa fu però più decisa nelleeconomie emergenti e più stentata in quelle avanzate; più dinamica apparve la ripresa degli StatiUniti in confronto all'Europa. Da poco più di 40 dollari a barile, il prezzo del Brent, il greggio diriferimento per i mercati europei, è salito fino ai 70 dollari in giugno. A partire da ottobre, lequotazioni del petrolio hanno fluttuato all'interno di un andamento compreso tra i 70 e gli 80 dollaria barile. L’andamento dei mercati azionari e obbligazionari manifestò un miglioramento delleprospettive economiche a partire dal secondo trimestre del 2009. A partire dal secondo trimestre del2009, invece, le condizioni dei mercati finanziari subirono un significativo miglioramento,stabilizzandosi negli ultimi tre mesi dell’anno.2.6. Parziale ripresa economica (2010-2013)Nel corso del 2009 la caduta dell'economia negli Stati Uniti ha evidenziato una decisa risalita, tantoda far registrare una variazione positiva del 5,6%. Nel primo trimestre del 2010 si verificò unaumento di prodotto interno lordo del 2,2%, favorito soprattutto dall'aumento dei consumi edall'accumulo di scorte; sul fronte dell'occupazione, la percentuale dei senza lavoro non accusòmiglioramenti, rimanendo nel 1º trimestre pari al 9,7% (15 milioni di disoccupati). Anchel'eurozona dopo aver seguito un andamento negativo nella prima parte dell'anno, tornò a percentualidi sviluppo positive nel 3º trimestre, non registrando alcuna variazione nel trimestre successivo. Leeconomie emergenti dell’Asia, dopo essere state colpite duramente nella prima parte dell’anno,tornarono a evidenziare un'accelerazione grazie soprattutto alla ripresa cinese, che guidò il recuperodegli scambi commerciali. La Cina riuscì a limitare le conseguenze congiunturali attestandosi suuna crescita dell’8,7%. Complessivamente nel 2010 il pil mondiale crebbe del 5%, purdistribuendosi in maniera molto eterogenea nelle diverse aree del pianeta (più stentata in Europa, adeccezione della Germania, più dinamica in USA e Giappone). Si registrò mediamente una sostenutaripresa nei paesi sviluppati, ed un'ancor più forte nei paesi emergenti, dove le economie mostrarono

7

Page 8: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

un rapido e deciso recupero (Cina e India in media del 10%). Il Pil italiano, dopo la crescita delprimo e secondo trimestre 2011, calò per un intero semestre, proseguendo nella discesa anche perl'intero 2012 ed il 2013, documentando lo stato di recessione dell'economia del paese. Nellaseconda metà del 2012 la dinamica dell’economia globale rimase debole e le stime di crescita delcommercio internazionale erano riviste al ribasso. Complessivamente si registrava una disparitàdella ripresa tra alcuni paesi occidentali, in particolare Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, e l'areaeuro la cui la crescita invece mostrava un tasso negativo: in Francia e Germania la produzioneindustriale declinava, mentre nei paesi dell'Europa meridionale si evidenziavano pesanti segnali distagnazione. Le stime preliminari della crescita del Pil del quarto trimestre 2011 certificavano che l'economiaeuropea era entrata in recessione; Italia, Spagna, Portogallo e Grecia apparivano invece già inrecessione, come anche Belgio e Paesi Bassi. L’Italia presentò il dato peggiore di tutti i paesi, fattaesclusione della Grecia, destinata assieme al Portogallo ad essere fanalino del continente. Secondo le stime dell'Ocse nell'insieme il Pil aggregato del G7 per il 2012 si incrementavadell'1,4%, ma in maniera molto difforme: se la Germania accumulava una crescita dello 0,8, laFrancia non registrava alcun aumento, la Gran Bretagna subiva un calo dello 0,7%, mentre USA eGiappone crescevano del 2,3 e del 2,2. Se il Pil europeo rimaneva fermo, il Pil mondiale si portavainvece sul 3,5. A differenza di Italia e Spagna, il Pil di Germania e Francia rimaneva leggermentesuperiore allo zero. 2.7. Piani di salvataggio nel resto d'EuropaA beneficiare degli aiuti di stato sono stati anche altri grandi gruppi finanziari: Dexia e Fortis. Laprima, banca specializzata nei prestiti alle collettività locali, finanziandosi in gran parte a brevetermine, vendendo obbligazioni agli investitori o indebitandosi verso altre banche, si trovòparticolarmente esposta alla crisi del credito e al clima di sfiducia tra gli istituti finanziari non piùdisposti a prestarsi denaro tra loro. Il governo belga intervenne per primo iniettando liquidità per 3miliardi di euro insieme agli azionisti belgi. Anche il governo francese intervenne riservandosi unaparte consistente del capitale della banca. Il Lussemburgo partecipò al piano di salvataggio. Ancheil gruppo bancario belga-olandese Fortis subì una parziale nazionalizzazione. La valutazione al ribasso delle stime sulla solidità di Hypo Real Estate (tedesca) e la conseguenterichiesta di rifusione da parte dei creditori causò il rischio di tracollo dell'istituto tedesco.L'authority tedesca intervenne con un piano di salvataggio della HRE e anche su altre Banche. Altripiani di salvataggio vennero predisposti da Svezia, Danimarca, Portogallo, Grecia e Paesi Bassi. Gli aiuti effettivamente erogati dai governi alle banche dei rispettivi sistemi nazionali furono 1.240miliardi di euro (10,5% del Pil Ue). I tre maggiori mercati bancari europei beneficiati dagli aiutifurono quelli Germania, Francia e Gran Bretagna. Ai dieci maggiori istituti di credito europeifurono destinati 620 miliardi, mentre le successive venti banche ricevettero il 25% del totale. Intotale è stato calcolato che il costo dei salvataggi bancari nel mondo produsse un aumento del debitoconsolidato dei paesi del G7 (dove era compresa anche l'Italia) di 18.000 miliardi di dollari, fino aun livello di indebitamento mai toccato di 140.000 miliardi.

3. Crisi in Gran Bretagna e salvataggio del sistema bancarioLa presenza nelle banche di asset "tossici" favorì l'allargamento della crisi, intaccando anche diversipaesi europei: le borse del vecchio continente accumularono sin dallo scoppio della crisi moltepliciperdite. La crisi dei mutui toccò per prima la Northern rock, quinto istituto di credito britannico,specializzato nei mutui immobiliari. A metà settembre del 2007, la diffusione della notizia che labanca non sarebbe stata in grado di ripagare i suoi clienti innescò il panico tra i risparmiatori chepresero d'assalto gli sportelli nel tentativo di recuperare i propri depositi.La Northern rock aveva continuato tuttavia a concedere ai clienti prestiti sino a cinque voltel'ammontare dei salari e fino al 125% del valore delle case, nonostante tutti gli avvertimentisull'instabilità economica e il possibile crollo delle quotazioni degli immobili. La Banca centralebritannica procedette quindi alla nazionalizzazione dell'istituto impegnando circa 110 miliardi di

8

Page 9: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

sterline. L'intervento della Banca d'Inghilterra fu poi rivolto all'intero sistema bancario, attraversointerventi di ricapitalizzazione e acquisti ingenti di bond a favore di vari istituti.

4. Crisi grecaLa Grecia, nella prima parte del 2009, sembrava avere attraversato la fase di crisi internazionale inmaniera relativamente meno negativa, supportata dalla capacità di resistenza delle sue esportazionie da consistenti aumenti salariali. Negli anni precedenti la Grecia aveva conosciuto uno sviluppoeconomico sostenuto (nel 2006 il pil cresceva del 5,6%, nel 2007 del 4,28%). Nell'ultima parte del2009 la situazione però peggiorò drasticamente, il PIL calò del 2,04%. A ottobre il nuovo governo aguida socialista di George Papandreou rese noto che il deficit di bilancio nel 2009 avrebberaggiunto il 12,7% del Pil: più del triplo di quanto previsto dall'amministrazione precedente. Ilgoverno Karamanlis aveva nascosto un buco di bilancio nei conti di Atene sconosciuto alle autoritàeuropee. Gli effetti di tale annuncio si concretizzarono nel declassamento dell'affidabilità finanziariadella Grecia sul suo debito da parte delle maggiori agenzie di rating, suscitando forti preoccupazionicirca la possibilità di default della Grecia. Il governo Papandreou scelse una linea di intervento chepuntava ad attuare una serie di tagli della spesa pubblica insieme a provvedimenti profondamenteimpopolari. Standard & Poor’s tagliò il rating sul debito di Atene a BBB+; dopo pochi mesi lastessa agenzia opererà taglio di rating sul debito greco di altri tre livelli declassandolo a BB+, ossiaal livello di "obbligazione spazzatura" Emerse il rischio di un "contagio" che toccasse anche altristati della periferia europea come Portogallo, Spagna e Irlanda. Nei mesi successivi la Greciasarebbe stata costretta a operare nuovi tagli decisi del deficit statale ed approvare pesanti interventidi riduzione della spesa statale, venendo obbligata dalle continue emergenze di liquidità ad essererifinanziata con nuovi piani di concessione di credito da parte di FMI. Ulteriori riduzioni del ratinggreco fecero aumentare le preoccupazioni mondiali sul possibile default della Grecia o su unaeventuale sua uscita dall'eurozona, provocando forti ribassi nelle piazze borsistiche. Lo "spettro"dell'insolvenza greca continuò ad agitarsi sull'Europa per tutto il 2011 e fino al 2012, provocando unpersistente stato di instabilità sui mercati borsistici del pianeta. Nel maggio 2010 venne varato unfinanziamento da 110 miliardi di euro, in cambio di forti interventi di austerità da parte del governogreco, appoggiato dall’Unione Europea. I dubbi del governo di Berlino e i timori di un allargamento del "contagio" ad altri stati perifericicome il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda e anche l’Italia finirono per generare il panico nei mercati,con l'allargamento della crisi all'intera Eurozona. Presto, l'inefficacia dei piani di austerità e la profonda crisi dell'economia del paese indussero laBCE e l'UE ad avviare complesse trattative per la riduzione del debito greco, Nell’ottobre 2011 sidecise un abbattimento forfettario del debito del 50% a carico dei creditori privati. Nel timore che iltaglio del debito potesse non essere sufficiente ad evitare l'insolvenza delle casse greche, nuovemisure economiche e riforme vennero richieste, soprattutto dalla Germania a condizionedell'ottenimento di un secondo piano di assistenza finanziaria. Nella notte del 21 febbraiol'Eurogruppo concesse con riserva un prestito di 130 miliardi alla Grecia evitandone l'insolvenza.Lo stato greco in cambio fu costretto ad accettare un controllo più stringente dei bilanci da partedella Troika (UE, BCE, FMI), con il rafforzamento della missione dei contabili della Commissionee del Fondo monetario presso Atene.Oggi ne 2015, con la caduta del governo e dopo l’annuncio delle prossime elezioni greche irendimenti sui titoli sono saliti più del 12% segnalando il timore dei mercati per la capacità delloStato greco di onorare i suoi impegni di rimborso a breve scadenza. Il Leader del partito in testa neisondaggi, ha dichiarato che vuol farla finita con la Troika e con le politiche di austerità, conl’intenzione di arrivare a una ristrutturazione del debito e forse anche all’uscita dall’eurozona. Perfortuna nessun panico. Alcuni Paesi come Germania, Francia, Austria, Belgio, Olanda e Slovacchiahanno già recuperato i livelli di reddito del 2007. Altri che rasentavano il precipizio Irlanda, Spagna

9

Page 10: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

e Portogallo hanno ripreso a crescere e ciò per le riforme economiche intraprese e il ritorno deicapitali esteri e di fondi freschi.

5. Crisi irlandeseL'Irlanda fu investita dallo scoppio della bolla speculativa immobiliare con il repentino ribasso deiprezzi delle abitazioni, tra 2007 e 2008, che gettò in crisi l'intero sistema bancario del paese.L'Irlanda aveva conosciuto un periodo di espansione economica tra i più vasti della sua storia, a talpunto che tale periodo storico venne definito della "Tigre celtica" (ventennio 1988-2008). Leconseguenze della crisi nei mesi del 2009 apparvero dure: riduzione del Pil del 7,5%, tasso didisoccupazione al 13,8% nel 2009 (12,5% nel marzo 2010), un aumento del deficit pubblico da 33,6miliardi di euro a 40,46 miliardi di euro, e un rapporto debito-PIL del 63,7%. L'impennata deglispread fra titoli del debito irlandese e titoli tedeschi, rafforzava i segnali di sfiducia del mercato neiconfronti delle finanze irlandesi e della sua capacità di ripagare i rendimenti. Dopo che la BCEaveva già elargito finanziamenti a medio termine per le banche irlandesi, il governo fu costretto acedere alle pressioni europee e del FMI accettando a fine novembre un programma di salvataggioaccanto a un prestito di 85 miliardi di euro, cui sarebbe corrisposto un piano di austerità e dicontenimento del deficit, con severe riduzioni della spesa sociale, tagli degli stipendi pubblici eapplicazione di nuove imposte.

6. Crisi portogheseA inizio aprile 2010 le banche portoghesi danno l'annuncio di non essere in grado di acquistare inasta i titoli del debito pubblico portoghese, destando la sorpresa del mercato. Il Portogallo stavascontando la condizione di tassi di crescita economica molto lievi, dovuti all'erosione continua dicompetitività, di salari troppo alti rispetto alla produttività, di infrastrutture inadeguate oinsufficienti, istruzione inadeguata e scarsa razionalizzazione della spesa pubblica. L'assenza disviluppo si combinò con un gettito fiscale insufficiente, fattori che inseriti nel contesto di una crisidi fiducia degli investitori condussero rapidamente il Portogallo ad essere incapace di rifinanziarsisul mercato e di onorare il debito già contratto. Dopo aver fatto richiesta ufficiale di aiuti per 80miliardi di euro, l'eurogruppo approvò il piano di salvataggio del Portogallo, concesso a condizioneche il parlamento approvasse il risanamento di bilancio. Il parlamento portoghese sarà costretto adiscutere e approvare pesanti misure riduzione del disavanzo e delle spese, tra le più dure degliultimi 50 anni.

7. Crisi spagnola7.1. Cenni StoriciNei primi mesi del 2008 il boom economico ha segnato una forte battuta d'arresto,conseguentemente alla crisi di alcuni settori industriali e in primo luogo di quelli legati all'edilizia,trainanti per la crescita economica del Paese. La tendenza si è confermata nel 2009, durante il qualeil PIL è diminuito del 3,6%. Nel dicembre 2009 al paese iberico è stato attribuito il primo posto nelMisery Index di Moody's, classifica costruita sommando disoccupazione (19,1% nel 2009) erapporto deficit/pil (10,1%): la Spagna, con 30 punti, «è il paese più a rischio d'Europa» (anche piùdi Grecia, Lettonia e Lituania) ed è entrata nella lista dei "sorvegliati speciali" Ue. La crisi mondialeha avuto infatti effetti disastrosi sull'economia spagnola: il rapporto debito pubblico/Pil è passatodal 34% del 2007 al 67% del 2009, i debiti di famiglie e imprese sono schizzati al 177% del Pil, idisoccupati sono arrivati a quota 4 milioni (la disoccupazione è passata dall'8,3% del 2007 al 19,1%del 2009) e nel 2010 il 20,33%. Nel secondo trimestre del 2011, il debito pubblico è aumentato al65,2% del PIL, il massimo degli ultimi 14 anni, rimanendo tuttavia ancora basso rispetto ad altripaesi europei, come la Grecia (160% del PIL nel 2010), l'Italia (119% nel 2010), la Francia (81,7%

10

Page 11: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

nel 2010) e la Germania (83,2% nel 2010). A fine 2011, il debito pubblico spagnolo ha toccato ilsuo record, raggiungendo il 68,5%. Nel primo trimestre del 2012 il debito pubblico spagnolo ècresciuto del 5,36% toccando il record storico al 72,1%. Nel primo trimestre 2012 il tasso didisoccupazione in Spagna è salito al nuovo livello record del 24,44%. Alla Spagna spetta anche ilrecord negativo della disoccupazione giovanile nell'Unione Europea: a maggio 2012 i giovani sottoi 25 anni senza un lavoro erano in Spagna il 52,1%, contro il 22,7% della Ue-27 e il 22,6% dellaUe-17 (zona euro). Nel giugno 2012 Moody's ha tagliato il rating della Spagna di tre gradini, da A3a Baa3 e l'ha messa sotto osservazione per un possibile ulteriore declassamento. La decisione,spiega l'agenzia di rating, è dettata da diversi fattori, tra cui la decisione del governo spagnolo dichiedere 100 miliardi di euro di prestito per ricapitalizzare il sistema bancario, che aumenterà ildebito pubblico del Paese. La crisi bancaria in Spagna e il declassamento del suo debito sovranohanno spinto i rendimenti dei titoli di stato iberici a 10 anni ad un rendimento che sfiora il 7%annuo e che è considerato un punto di non ritorno sulla strada del default (in quanto proprio ilsuperamento della soglia del 7% per gli interessi sul debito pubblico aveva innescato i piani disalvataggio a favore di Grecia, Irlanda e Portogallo): il 18 giugno 2012 lo spread tra i Bonos e iBund tedeschi è volato a 573 punti, con i tassi decennali sul debito spagnolo al 7,09% annuo.

Nel luglio 2012, per fronteggiare la crisi, il governo Rajoy vara nuove imponenti misure di austerità:soppressione già a partire dal 2012 delle tredicesime agli statali, che avranno anche meno giorni di ferie emeno permessi sindacali, riduzione del sussidio di disoccupazione al 50% della retribuzione, tagli al sistemapensionistico e ai ministeri, aumento del 3% dell'Iva dal 18 al 21% e quella ridotta dall'8% al 10%. Il tasso didisoccupazione è salito a settembre 2012 al 25,8%. Anche per i giovani con meno di 25 anni la situazionecontinua a essere nera: i senza lavoro sono più di 1 su 2, e sono saliti dal 53,8% di agosto al 54,2% disettembre. Le previsioni dell'economia spagnola sono di una timida crescita solo nel 2015 (+0,5%).

Nel 2013 il premier spagnolo Mariano Rajoy ha comunicato che il rapporto tra deficit e Pil inSpagna nel 2012 si è attestato al 6,7%, facendo peggio di quanto aveva programmato il governo,che aveva come obiettivo di stabilità fissato con Bruxelles un rapporto al 6,3%. e il tasso didisoccupazione ha raggiunto un nuovo massimo storico al 27,2%, il debito pubblico spagnolo hatoccato un nuovo record storico, salendo al 92,2% del Pil. Mentre alla fine del 2013 il debitopubblico spagnolo è salito al 93,4%.7.2. Punti di forza dell'economia spagnolaTuttavia, la crisi ha evidenziato anche alcuni dei punti di forza dell'economia spagnola: il settorefinanziario in generale ha mostrato una robustezza notevole nel contesto della crisi di mutuisubprime; un'altra caratteristica è l'espansione delle aziende spagnole in tutto il mondo, soprattuttoin America Latina e Asia (in particolare Cina e India). D'altra parte la Spagna, nonostante la crisi, hauna posizione di rilievo in diverse aree di innovazione come le energie rinnovabili, il settorefarmaceutico, le bio-tecnologie, i trasporti e le piccole e medie industrie di alta tecnologia, che sonoconsolidati punti di forza per iniziare un recupero e cambiare le basi del modello economico.Diverse società spagnole sono leader mondiali, quali Iberdrola, aziende tecnologiche qualiTelefonica, Movistar, Gamesa, Indra, Hisdesat, costruttori di treni come il CAF, Talgo,multinazionali come l'azienda tessile Inditex, le compagnie petrolifere come la Repsol; le seimaggiori società di infrastrutture di trasporto al mondo sono spagnole come Ferrovial, Acciona,ACS, OHL e FCC.EsportazioniNel 2010 le esportazioni sono cresciute del 17,4%, attestandosi a 185,8 miliardi di euro erecuperando i livelli pre-crisi, con un contributo di 1,1 punti percentuali alla crescita del ProdottoInterno Lordo (PIL), stabilizzando l'economia spagnola rispetto alla recessione del 2009. Ilmiglioramento delle esportazioni, in particolare verso i Paesi emergenti, ha permesso di compensareil deficit commerciale aumentato a causa dell'aumento globale dei prezzi dell'energia. Nel 2012 le

11

Page 12: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

esportazioni spagnole sono aumentate del 3,8% a 222.643.9 milioni di euro, la cifra migliore dellaserie storica.Prodotto interno lordo e sua composizioneNonostante la crisi, la Spagna è oggi la decima potenza economica mondiale (dietro a Stati Uniti,Giappone, Cina, India, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e Brasile). Le attività economichedel paese hanno il loro baricentro nella città di Barcellona e nella corrispondente regione dellaCatalogna, la quale, grazie alla sua posizione geografica privilegiata, vicino alle altre grandi potenzeEuropee (quindi luogo di transito obbligatorio di tutti i traffici via terra da e per la Spagna) eaffacciata sul Mediterraneo, è caratterizzata da un'economia estremamente avanzata e competitivasu scala internazionale. La composizione del Prodotto interno lordo spagnolo è la seguente:

Sett. Primario (7%): in un periodo relativamente breve, l'agricoltura è passata da unasituazione di grande arretratezza ad una fase molto meccanizzata, che utilizza tecniche moderne epianifica operazioni di investimento. Gran parte del suolo è arido o semiarido e le risorse idriche,essendo scarse, hanno bisogno di interventi statali. Molto marcata è la diversità tra terre non irrigate(meseta) e quelle irrigate delle valli. Nelle prime si coltivano cereali, nelle seconde ortaggi, pianteindustriali (quali, tabacco, cotone, etc…). Sono diffusi anche la vite, l'ulivo e gli aranci coltivatinelle tipiche colline e coste meridionali. I prodotti agricoli esportati, sono in concorrenza inparticolare con l'Italia, mentre è con il Portogallo che divide il primato mondiale per la produzionedi sughero. Nei pascoli si allevano in prevalenza ovini (lana merinos), bovini e suini. La pesca diacciughe, sardine, tonni, lavorati dalla moderna industria conserviera, acciughe sotto sale, sardinesott'olio e tonno in scatola, è molto sviluppata e conta su una buona flotta.

Sett. Secondario (29%): le risorse minerarie hanno favorito lo sviluppo industriale. Vi sonogiacimenti di zinco, ferro, rame, piombo, zolfo, mercurio, ecc. L'attività industriale è divisa in 4aree: Asturie e Prov. Basche con Bilbao (navale, ferroviario, meccanica e siderurgica), Madrid(chimica, petrolchimica, elettronica), Barcellona (alimentare, tessile, elettronica), Valencia eCartagena (raffinerie, aerospaziale). Importante è il comparto tessile e la calzaturiera, inammodernamento.

Sett. Terziario (64%): è in grande espansione, con un turismo internazionale e vie dicomunicazione efficienti ed ammodernate. La navigazione marittima ha grande importanza. Losviluppo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche è notevole. Di rilievo sono anchele attività bancarie, assicurative e commerciali.7.3. Spagna oggiDopo una prolungata doppia recessione, la Spagna sembra aver svoltato l'angolo. La crescita èripresa e la disoccupazione è in calo. L’ha scritto il Fondo monetario internazionale, aggiungendoche: «Le condizioni finanziarie sono drasticamente migliorate, con i rendimenti del debito sovranoai minimi, una solida ripresa degli investimenti aziendali e un inizio di ripresa per i consumiprivati». La Spagna è uno dei Paesi a maggior ritmo di crescita tra i malati d’Europa, con il suoinvidiabile 1,2%, mentre l’Italia è condannata a un Pil in calo dello 0,2, il peggior dato dal 2000.Così, se il premier Renzi e il ministro dell’Economia Padoan non sorridono, gongola, invece, ilGoverno di centrodestra guidato da Mariano Rajoy: da quando si è insediato nel 2011, ladisoccupazione si è ridotta dai 5 milioni ai 4,4. Con buona pace di tutti i suoi detrattori, daisocialisti agli indignados e a tutte le parti sociali, che per mesi hanno portato la protesta in piazza,criticando la sanguinosa cura dimagrante imposta ai conti pubblici. Secondo l’economista Centeno,professore dell’Università di Madrid: la Spagna di Rajoy è oggi in testa a qualunque classificaeuropea per disuguaglianze tra ricchi e poveri, per precarietà, per povertà infantile, per fallimentoscolastico, per persone disoccupate senza alcun sostegno economico. Egli non parla solo di Spagna,ma anche di Italia, testimoniando la continua perdita del potere d'acquisto della classe media negliultimi trent'anni: «Fino alla fine degli anni 70 le famiglie in Spagna e in Italia vivevano col soloreddito del capo famiglia, sufficiente per garantire la dignità della casa, buoni studi per i figli cheavrebbero poi trovato un lavoro migliore di quello dei genitori. Ora non è più così». La Spagna neisuoi cinque anni di feroce crisi economica ha visto disintegrarsi l’edilizia che, da sola, costituiva il

12

Page 13: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

18% il Pil: gli effetti sull’indotto e sul tasso di disoccupazione sono stati drammatici. In Europal’Italia è al terzo posto per la disoccupazione giovanile (under 25) con il 42,9%, dietro a Cipro(43,2%), ma è sempre la Spagna in vetta con il pesante 53,9%. E in alcune regioni meridionali iltasso supera il 70%. In pratica 8 spagnoli su 10 (di età tra i 18 e i 24 anni) sono senza lavoro.Scompare, così, “la generación de los mil euros”, detti anche “mileuristas” che campavano conmille euro al mese. Ora in Spagna, esiste la generazione dei “Ni-ni”, ovvero di chi “ni estudia nitrabaja”, non studia e non lavora. Un esercito di 900 mila persone, pari al 23,1% della popolazionegiovanile. La Spagna è sempre più un paese per giovani. Disoccupati. 7.4 Irlanda e Spagna oggi – Segni di ripresaIl Premier irlandese Enda Kenny ha precisato che il risanamento dell’Irlanda è avvenuto in virtù diuna forte sintonia tra politica e paese reale. Dimostrata dall’ampia collaborazione tra le parti socialiche ha permesso di programmare una riduzione del costo del lavoro unitario che a fine 2015 varrà il15%. Se era stato lo scoppio della bolla immobiliare a mandare ko l’Irlanda, il percorso dirisanamento è stato drastico e a largo raggio: sette manovre finanziarie dal 2008 ad oggi sonocostate agli irlandesi tra tagli della spesa pubblica e nuove tasse qualcosa come 30 miliardi. Ildeficit che nel 2010 era balzato sopra il 10% ora è sceso al 7,3% e dovrebbe rientrare nel 2015 sottoil 3%. La crescita del Pil che nel 2013 è del +0,2%, e dovrebbe raggiungere il 2% già nel 2014.Logicamente dobbiamo tener conto che l’Irlanda è un Paese di 4,5 milioni di abitanti e che haattuato una politica spregiudicata di marketing che ha attirato i capitali di grandi società estere,come Google, Twitter, Intel, ecc.Anche la Spagna ha una storia a sé. Infatti sta uscendo dal programma di sostegno della Bce, inoltreil tutto è supportato dalla stabilità politica. Però il governo di Rajoy ha portato la tassazione a valorielevati ed inoltre la Spagna non ha una manifattura specializzata come quella italiana. La Spagna, difronte al disastro del proprio sistema bancario, chiese l’aiuto europeo e l’ottenne. Oggi la suaeconomia cresce e il suo spread è ritornato ad essere inferiore al nostro. Dovevamo fare anche noi lastessa cosa con Monti? Fu fatta la scelta di non chiedere aiuto, una scelta difficile e più rischiosa,anche perché, nel caso dell’Italia erano in gioco rischi e opportunità che non si presentavano allaGrecia, al Portogallo, all’Irlanda e alla Spagna. Era improbabile che il fondo salva Stati europeo e il Fmi avessero risorse sufficienti se l’Italiaavesse chiesto di essere salvata. Molti governi ed istituzioni consigliavano di chiedere l’aiuto perchédubitavano che potessimo farcela da soli ed avevano anche il timore di un eventuale contagio,inoltre non vedevano malvolentieri un’Italia ridotta a uno stato di forzata e docile soggezione permolti anni a venire. Probabilmente le risorse non sarebbero state sufficienti sia per la dimensionestessa del Paese, sia per la natura del focolaio, ben più che per il sistema bancario a differenza dellaSpagna. Una domanda di aiuto ci avrebbe precluso l’accesso al mercato e probabilmente senzafornirci mezzi sufficienti. La missione del governo non doveva certamente essere solo quella disalvare finanziariamente l’Italia, ma anche di far pesare le idee e la capacità negoziale del nostroPaese per contribuire ad orientare la governance dell’intera eurozona, nel momento in cui avessedimostrato la capacità di risanamento. Oggi possiamo dire che è stato conseguito l’obiettivo diridare credibilità e influenza dell’Italia sul piano internazionale. 7.5. Confronto Italia - SpagnaNon si tratta solo dei tassi di interesse sui Titoli di Stato spagnoli che sono migliorati più dei nostri,ma anche dalla valutazione che sta uscendo dalla crisi prima di noi. Italia e Spagna nella crisi sonofinite nella categoria delle economie periferiche dell’eurozona, mentre fino al 2008 la Spagna eraconsiderata più forte di noi. Ciò perché dal 1992 al 2008 il tasso di crescita media annua del Pil èstata del 3% per loro e dell’1,3% per noi. In quel periodo l’ammodernamento del loro Paese è statopiù sviluppato che in Italia anche perché partiva da una base produttiva e di benessere più deboledella nostra. Gli investimenti fissi lordi sono cresciuti in media annua del 3,7% per loro e dell’1,2%per noi. E’ noto come la crescita spagnola si è fondata su una bolla bancaria-immobiliare enormeche esplodendo ha causato un grave danno. Infatti la disoccupazione è passata tra il 2008 e il 2013dall’11,3% al 27% con quella giovanile dal 24,6% al 53,2%. In Italia invece si è passati, nello stesso

13

Page 14: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

periodo dal 6,7% al 11,8% e quella giovanile dal 21,3% al 35,3%. Anche il debito pubblico sul Pil èaumentato in Spagna passando dal 40,2% del 2008 al 91,3% nel 2013, incrementi ben superiori aquelli italiani. Nella crisi le scelte tra i due Paesi sono state diverse. La Spagna ha deciso di chiedere l’aiuto del Fondo salva Stati europeo (Esm). Il prestito concessoper ristrutturare il sistema bancario di circa 100 miliardi di euro canalizzato a banche per la lororicapitalizzazione. Però il prestito va ad aumentare il debito pubblico spagnolo ed incide sul deficitper gli interessi. Si tratta di un buon accordo per la Spagna perché le scadenze per il rimborso vannofino a 15 anni e i tassi sono ben più bassi di quelli di mercato. Inoltre la Spagna è entrata in unavigilanza della Commissione europea che la sottopone a controlli periodici della Bce e del Fmi.L’Italia invece ha deciso di non chiedere l’intervento del Fondo Esm per diversi motivi: il nostrosistema bancario non era così disastrato, che un prestito ci avrebbe assoggettato a condizioni diristrutturazione fiscale molto dure portandoci a una recessione più grave e una lesione della nostrasovranità ed inoltre non potevamo permetterci un aumento ulteriore del debito pubblico. Inconclusione si può dire che l’Italia è stata meno abile per discutibili orgogli nazionali e instabilitàgovernative. Nove banche italiane contro una sola spagnola hanno sbattuto contro gli stress testdella Bce. Poco importa che Madrid è dovuta intervenire direttamente a salvare i propri istituti conun apposito piano, quello che conta per il mercato è che oggi il sistema finanziario spagnolo apparepiù solido del nostro. Così anche il particolare spread che lega i Btp ai Bonos si adeguaraggiungendo livelli di due anni e mezzo fa. Prima lo scarto tra Italia e Spagna era più che altrolegato alla differente stabilità dei Governi dei due Paesi, oggi invece la distanza tra Roma e Madridla si misura più in termini di riforme (effettuate o soltanto promesse) di crescita e appunto disolidità del sistema bancario, presunta io reale che sia. L’Italia paga il mancato intervento a favoredel proprio settore bancario, ma al netto degli aiuti europei il nostro sistema è in realtà molto piùsolido. 7.6 Perché la Spagna è ripartitaLa Spagna è uscita dalla Recessione, dopo nove trimestri di contrazione il Pil spagnolo è tornato acrescere, anche se di poco: un modesto + 0,1%. La Spagna assieme alla crisi finanziaria mondiale ealle difficoltà sul debito dell’Eurozona ha dovuto sopportare il crollo dell’immobiliare e il crackdelle Casse di Risparmio. Vediamo quali sarebbero i motivi per i quali la sua ripresa può essere piùrapida rispetto a quella degli altri Paesi, Italia inclusa:Stabilità PoliticaIl governo Rajoy può contare su un’ampia maggioranza in Parlamento. La legislatura terminerà nel2015 e quindi ha potuto introdurre misure anche di pesante austerità e varare riforme strutturaliprofonde senza dover negoziare per mesi.Investitori esteri tornano nel PaeseNegli ultimi quattro anni la Spagna ha potuto contare su 105 miliardi di euro di investimenti direttidall’estero. Risorse fresche per le imprese, acquisizioni, nuovi stabilimenti. Nello stesso periodol’Italia non ha raggiunto i 70 miliardi. C’è un divario preoccupante: per la Spagna nel 2012 gliinvestimenti dall’estero hanno raggiunto i 28 miliardi di euro, per l’Italia si sono fermati a meno di9 miliardi. Chi ha liquidità e chi vuole scommettere su un’attività produttiva preferisce la Spagnaall’Italia. I rendimenti dei Titoli di Stato che nel 2012 era superiore al 7%, oggi sono scesi sotto il4%. La fiducia degli investitori è tornata. Molti grandi gruppi dell’auto, da Ford a Renault, da Peugeot-Citroen a Nissan hanno deciso dipotenziare la loro produzione in Spagna. A spingerli sono stati molti elementi: i costi, la tassazione,la flessibilità delle regole del lavoro, la stabilità generale del sistema economico. In soli sei mesi del2013 ha prodotto 1 milione e 156 mila veicoli, con un aumento del 5,5%. Oggi la Spagna è ilsecondo produttore in Europa e l’undicesimo nel mondo. L’Italia, nello stesso periodo ha prodotto360 mila autoveicoli, con un calo del 3,1%. Lavoro ancora più flessibile

14

Page 15: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

In Spagna è stato realizzato un sistema di regole che rende il mercato del lavoro molto flessibile.L’intento del presidente Rajoy è di aumentare la flessibilità in uscita nel breve periodo, per darefiato alle imprese, far ripartire l’economia e creare posti di lavoro. Poi ha di fatto dimezzato i costidi licenziamento per le imprese in difficoltà economica in un mercato del lavoro nel quale nonesiste l’art. 18 e l’impresa, anche dopo la decisione del giudice sul reintegro può sempre scegliere dilicenziare pagando un indennizzo al dipendente. La ritrovata forza dell’exportA trainare il Pil della Spagna è l’export, cresciuta nel 2013 del 3,6% rispetto al 2012. Nello stessoperiodo in Italia si è registrata una significativa flessione sia dell’export (-4,4%) e sia dell’import (-9,8%) e la contrazione maggiore si è rilevata verso i Paesi extra Ue (-5,4% per l’export e -15,5%per l’import). La Spagna invece ha aumentato le proprie vendite nei Paesi emergenti con unincremento dell’esportazioni dell’8%, del 13% verso la Cina, del 40% verso il Brasile e del 62,4%verso il Sudafrica.

8. La crisi italianaLa crisi del debito italiano fu scatenata da tre ragioni combinate: l'alto livello del debito pubblico, inrapporto al PIL; la scarsa o assente crescita economica; la scarsa credibilità dei governi e delsistema politico, spesso apparso privo di decisione o tardivo nell'affrontare le emergenze del paeseagli occhi degli osservatori internazionali e degli investitori. L'indebitamento estero del settore privato, il forte deficit della bilancia commerciale, cui vaaggiunto il dato dell'enorme debito pubblico pregresso, indussero molti investitori, soprattuttoesteri, a nutrire sfiducia verso la capacità dell'Italia di essere solvibile, provocando un deflusso diinvestimenti e un ritiro improvviso dei capitali. Il 2009 aveva visto un crollo del Pil italiano del 5%,mentre l'indebitamento della amministrazioni pubbliche era aumentato a 80,8 miliardi, il deficitaveva visto un incremento del 2,6%. Molto pesante fu il crollo del settore industriale, calato del15,1%, come anche gli ordinativi che subirono un brusco contraccolpo. Particolarmente consistentefu il crollo del settore dell'auto, con un calo delle vendite a dicembre del 2008 del 48,9%. Sul frontedel debito pubblico, tra il 2008 e il 2010, nel contesto di una scarsa crescita e di un'economia instagnazione il debito pubblico italiano aumentò dal 103,6% al 119,0%. A partire dal 2008 la forbicetra buoni del tesoro poliennali e Bund inizia ad ampliarsi, era quasi del tutto irrilevante nel 2006,quando il tasso di rendimento dei titoli italiani rispecchiava un'affidabilità superiore ai Treasuriesamericani e ai Gilts britannici. Nel 2008 lo spread raggiunse la soglia vicina ai 100 punti base,salendo l'anno successivo fino ai 176 punti base. Fino all'inizio dell'estate 2011 i buoni del tesoropoliennali italiani avevano conservato contenuti rendimenti e buona appetibilità sul mercato, tantoda essere considerati un "bene rifugio", al pari dei titoli dei paesi più solidi dell'eurozona(Germania, Paesi Bassi, Austria e Francia). Per oltre dieci anni dall'introduzione della moneta unical'Italia aveva potuto collocare a tassi vantaggiosi i propri titoli di stato nonostante le difficoltàriscontrate dall'Italia. In un'asta tenutasi a metà luglio, però, i titoli a 15 anni vennero venduti al5,90%, il massimo della storia della moneta unica, mentre quelli a 5 anni al 4,93%. L'ampliamentodello spread contribuì a innescare una crisi di fiducia, in una progressività crescente, il differenzialenel 2011 si attestò a 200 punti a fine giugno, a 350 a inizio luglio, a 400 a inizi agosto, e arrivare a500 ai primi di novembre. Le banche italiane, benché scarsamente esposte sul versante degli asset tossici, erano largamenteposseditrici di buoni del tesoro. Il 60% del portafoglio titoli delle principali 5 banche italianeincludeva bond italiani. La situazione era resa ancora più seria dal fatto che l'Italia fosse costrettacontinuamente a emettere titoli per rifinanziarsi, con aste a scadenza settimanale. A fine novembrelo spread continuò a crescere, giungendo alla soglia dei 495 punti, con il titolo triennale che sfioròl'8% tornando a livelli sfiorati solo nel 1996. Sotto le pressioni di Piazza Affari in caduta e deirendimenti dei titoli italiani in costante ascesa, il premier Silvio Berlusconi, nella serata del 12novembre, raggiunto un accordo col capo dello stato Giorgio Napolitano, rassegnò le proprie

15

Page 16: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

dimissioni. Il senatore a vita Mario Monti formò un nuovo governo, composto esclusivamente ditecnici. In conseguenza il differenziale btp-bund si ridusse sensibilmente. All'inizio del 2012, dopola manovra di 20 miliardi di euro attuata dal governo Monti allo scopo di consolidare le finanzedello stato, si assisteva a un miglioramento dell’opinione dei mercati, che vide calare in modoconsistente i costi dell’indebitamento italiano in una serie di aste del debito sovrano con buonesottoscrizioni. Lo spread andò incontro a una progressiva riduzione fino al mese di marzo. Lariduzione dei rendimenti fu dovuta in particolare all'operazione di liquidità di tre anni della Bce, chealcune banche italiane utilizzarono per acquistare debito sovrano. Sul versante dell'economia realela situazione continuava a mantenersi però nel complesso negativa, vedendo la disoccupazionegiovanile in costante aumento, un considerevole calo dei consumi, una riduzione del credito dallebanche. Nel febbraio 2012 la BCE elargì un prestito di 530 miliardi a tre anni al tasso dell'1% allebanche europee, nell'intento che tale somma potesse stimolare la ripresa economica col sostegno daparte degli istituti di credito a imprese e famiglie. A settembre il presidente della BCE Mario Draghiannunciò un nuovo piano di quantitative easing sul mercato secondario. 8.1 Il problema dell’Italia è fermare il proprio declino storico. E’ necessaria una lettura storica allaprofondità della crisi e proprio l’assenza di una visione chiara è il peccato grave che si puòrimproverare al governo Renzi. In Occidente esistono due principali modelli di crescita. Quelloanglosassone si basa su capacità di influenza internazionale: politica monetaria/finanziariaespansiva, liberismo interno, investimenti in ricerca e sviluppo e nuove tecnologie, contenimentosalariale, elevata concentrazione della ricchezza. Invece il modello tedesco si fonda su: fortecompattezza istituzionale e sociale, politica monetaria restrittiva, centralità dello Stato nel fissare lepriorità sistemiche, orientamento all’export, alta tecnologia, relazioni industriali che permettono unapiù equa distribuzione del reddito. Per entrambi l’aumento della produttività è un presupposto per lacrescita, ma mentre il primo si fonda sulle virtù liberali, il secondo richiede disciplina ecompattezza. In Italia la produttività ha smesso di crescere dalla seconda metà degli anni 80, daallora lo Stato è andato avanti con svalutazioni e debito pubblico. La Banca d’Italia ha dimostratoche l’enorme massa di risparmio accumulata negli anni del boom economico venne impiegata perfinanziare non i nuovi investimenti ma il debito pubblico. Lì abbiamo perso il treno della crescita.L’entrata nell’euro prima e la crisi dei mercati finanziari poi hanno fatto saltare l’equilibrio disopravvivenza del nostro modello. Monti ha cercato di assoggettare il Paese alla logica tedesca delladisciplina, ma con risultati negativi sia perché noi non siamo la Germania e sia perché occorrevaoperare per un lungo periodo e perché ci voleva una grande forza politica. Adesso la forza politicac’è ma manca la direzione. Ciò che serve all’Italia e alla UE è un grande piano di investimenti. Sulversante interno occorre spiegare al Paese che la crescita senza aumento della produttività non si vada nessuna parte. Lo Stato deve creare le condizioni perché chi dà un contributo tangibile allaproduzione di valore e ricchezza possa lavorare ed essere premiato, tornando poi a investire ininfrastrutture e alcuni comparti strategici. Occorre poi dichiarare guerra a tutte le oligarchie chechiudono la società italiana, liberare il Paese da mille cupole burocratiche, localistiche, corporative,accademiche, sindacali che soffocano le sue forze generative. Quindi premiare l’investimento, laricerca, l’innovazione, la flessibilità, la professionalità. 8.2 InnovazioneLa società Instagram nata nel 2010 ha 30 milioni di utenti e solo 13 dipendenti, la Kodak nel 2012 èfinita nel dissesto finanziario ma si è salvata rifocalizzando la produzione nella tecnologia per lastampa. Il senso di questi due esempi è che se la new economia è a scarsa intensità di manodopera equindi non promette molto in termini di occupazione, non ci sono comunque alternative, perchérestando ancorati al passato si rischia l’estinzione come dinosauri. L’Innovazione sembra essere lacausa del recente problema occupazionale, perchè le imprese tecnologicamente avanzate generanouna domanda di lavoro inferiore. Il problema è governare l’innovazione in una logica dioccupazione. L’innovazione seppur contribuendo poco in termini occupazionali diretti, genera unindotto di domanda per servizi tradizionali e per ogni posto di lavoro creato in centri di eccellenzainnovativi ne nascono cinque in altri settori. Chi non innova invece perde. Nei 18 Paesi europei che

16

Page 17: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

sono rimasti indietro il problema occupazionale è più alto. Tra questi c’è l’Italia che è 49esima percompetitività; l’innovazione non è un’opzione: per crescere e creare lavoro non ci sono alternative.Anche se esistono singoli casi di eccellenza, dobbiamo focalizzare più energie nei settori innovativiche stanno crescendo in altri Paesi: robotica, medicina avanzata, nanotecnologie, ecc. Tutti devonorimboccarsi le maniche: governo, istituzioni finanziarie, media, imprese, famiglie e UE peraccelerare le riforme sul mercato del lavoro, alla digitalizzazione, riforma della scuola e della PA.Lo sforzo deve investire non solo la politica e il governo ma anche le imprese, i media e le famiglie:le iniziative sporadiche e separate non bastano. Tra gli italiani c’è scarsa consapevolezza del ruolodell’istruzione e dell’innovazione. Soltanto il 20% delle famiglie considera un’istruzione di qualitàcome priorità per il rilancio occupazionale e oltre il 60% ha scartato l’idea di mandare i figlia astudiare all’estero. Le famiglie pongono l’istruzione di qualità dei propri figli come un dato quasisecondario per ottenere sviluppo e crescita. Mentre l’istruzione appare come il primo pensiero neicittadini di Belgio, Francia, GB e Germania, in Italia appare solo all’ottavo posto. Gli italiani sichiamano fuori demandando la soluzione del problema occupazionale allo Stato (burocrazia,incentivi fiscali) e alle banche (credito).. L’87% sono preoccupati della situazione economicadell’Italia (51% la media europea). Il 44% degli italiani accetterebbe un salario minimo tra i 600 e800 euro al mese (in Francia il 35% si aspetta un salario d’ingresso tra 1.300 e 1.400 euro al mese).Siamo diventati un popolo di pessimisti. La fascia dei più ricchi e di chi non è ricco ma ragiona daricco istruisce così il proprio figlio: primo passo l’educazione sociale, il sapersi comportare, laconoscenza del bello; secondo passo le lingue e la capacità di destreggiarsi in luoghi diversi delmondo; terzo passo e più importante un’istruzione di grande qualità, che non è una spesa ma uninvestimento. Un qualsiasi lavoro immediato è visto come una grande opportunità. L’Italia è ilcampo di una battaglia mediatica ostile a scuola e istruzione (da noi l’istruzione obbligatoria è di 14anni, mentre in Giappone è di 21 anni. Negli USA su 100 giovani in età universitaria ben 72 sonoiscritti ad un Ateneo, in Italia appena 34. Molti si pongono la domanda “a cosa serve sfornaredottori su dottori?” Serve alla vita quotidiana, a sé stessi, a capire il mondo, a vivere meglio. Infattiun ventenne di oggi ha un’attesa di vita di 530.000 ore di vita e solo 80.000 saranno dedicate allavoro. Il resto andrà al riposo, al cibo, al tempo libero, alla costruzione della personalità. Eccoperché l’istruzione è una opportunità, sicuramente per lo sviluppo del Paese, ma anche personale delsingolo individuo.8.3. Uscire dall’Euro ?Troppo spesso si tende a fare della Ue il bersaglio facile dei problemi di qualsiasi Paese. L’euro è ilcapro espiatorio della mancata crescita e il simbolo del fallimento. Si dimentica che è stato graziealla moneta unica e ai tassi accessibili che almeno due milioni di italiani hanno potuto indebitarsi ecomprare una casa. Occorre cambiare le regole che legano i 28 Paesi quando esse non funzionano adovere. Ma non deve essere un messaggio di “liberi tutti” e delegittimare Bruxelles che avrebbesolo l’esito di un disfacimento e non di un rafforzamento dell’Europa. Ci si avvierebbe verso ladestabilizzazione nemica sempre dei cittadini. Sottolineare i punti deboli nei patti europei non vuoldire eluderli ma dobbiamo delinearne di più efficaci.Molti studiosi sostengono che uscire dall’Euro è pericolo perché “prima dell’Euro deficit di bilancioelevati e crescenti avevano solo fatto aumentare a dismisura il debito, di cui tuttora paghiamo glioneri gravosi, senza promuovere una crescita stabile. I tassi d’interesse erano arrivati a livelliproibitivi per i mutui delle famiglie e il credito alle imprese”. Vediamo se queste tesi sonoaccettabili:- “Deficit elevati e crescenti” al tempo del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, nel 1981, ilrapporto tra debito pubblico e Pil era pari al 60%. Solo dopo il divorzio che rendeva la Bancad’Italia autonoma dal Tesoro, cioè la sollevava dall’obbligo di comprare Titoli di Stato allecondizioni di interesse che stabiliva il Tesoro, il debito inizia a crescere.- “Senza che i deficit promuovessero una crescita stabile” le politiche della Banca d’Italia neldopoguerra furono considerate come esempi di ottima pratica economica in Europa e nel mondo.Sotto l’abile guida di Governatori come Einaudi, Menichelli, Carli, Baffi e Ciampi, tra il 1950 e il

17

Page 18: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

1990, l’economia italiana non andò male. Anzi, la mitica Germania, in quel periodo crebbe del4,05% in media, la Francia del 3,86%, mentre l’Italia fece registrare una crescita media del 4,36%.- “I tassi di interesse erano arrivati a livelli proibitivi” ma parliamo di tassi Nominali, mentre inpolitica economica quello che conta sono i tassi Reali, cioè tasso nominale meno l’inflazione. E inquegli anni l’Italia ha beneficiato di una condizione dei tassi reali ottimale, la stessa di cui godonooggi gli USA, la GB, Germania e Giappone, cioè tassi reali vicino allo zero o addirittura negativi.Oggi abbiamo un tasso reale sul BTP a 10 anni vicino al 2-3%, tra i più alti del mondo, superioreperfino a quelli della Turchia che pagano un tasso nominale superiore al 10%.In conclusione uscire dall’Euro sarebbe una follia. In gran parte degli economisti è ormai prevalentela convinzione che la moneta unica e le regole che la disciplinano siano state un errore, e chel’austerità che esse inducono condannino l’intera Europa ma soprattutto i Paesi meno efficienti ecompetitivi, a una progressiva asfissia. Potremmo uscire da questi trattati ma non risolverebbe ilproblema della scarsa efficienza del nostro sistema e le riforme sarebbero ancora necessarie se sivuole una crescita non effimera; ma intanto potremmo respirare e distribuire l’impoverimento checonsegue ad ogni svalutazione su tutti i cittadini, e non solo sui lavoratori che è quanto ora si stafacendo. Se alcuni importanti Paesi volessero uscire dalla moneta unica si avrebbe una catastrofefinanziaria, con un vortice delle fughe di capitali, della speculazione, dei fallimenti bancari. Perl’Italia sono poco adatte misure di rafforzamento rapide e risolutive, perché le inefficienze sonodiffuse in quasi tutti i comparti del nostro sistema. E’ da più di 40 anni che l’Italia vive alla giornata,che la lotta politica riguarda non diversi progetti di futuro ma diverse modalità di ottenere, a spesedello Stato, un consenso elettorale nel presente. Quando poi i primo otto anni della moneta unica ciregalarono risorse eccezionali a seguito del crollo dei tassi di interesse, queste furono sprecate perottenere consenso non per mettere in sicurezza il Paese. E poi nel 2008 è arrivata la crisi finanziariaamericana e la festa è finita. Non esiste un singolo grande ostacolo su cui concentrare le scarserisorse di cui disponiamo, ma numerose inefficienze e ingiustizie da affrontare non con il bisturi maa sciabolate. Inefficienze e ingiustizie nel settore pubblico e privato, nel regime fiscale, nella scuola,nella giustizia, in quasi tutti i comparti della P.A., nella legislazione del lavoro e sul welfare, nelleimprese e nel sistema finanziario, nel Mezzogiorno, ecc. ecc. tutte dovute all’assenza di un progettofuturo. La difficoltà nel far passare le riforme, la lentezza dei loro tempi, l’impossibilità dipresentare risultati tangibili subito inducono il politico, che voglia mantenere un continuo consensoelettorale, a strafare con annunci e presenzialismo mediatico.LUTTWAK (economista di fama mondiale) scrive quanto segue:l’Italia deve uscire dall’euro. Sono sempre di più quelli che cominciano a dire che l’Italia debbauscire dall’euro. L’Italia è uno Stato parassitario, è come un asino che ha sulla schiena un pesoenorme, tanto che ormai cammina a rilento, quella soma enorme (cioè la macchina pubblica) faràpiegare le gambe alla povera bestia. Alcuni dicono che il debito che il debito pubblico non è unproblema perché anche il Giappone ce l’ha. Però il debito giapponese lo si vede a occhio nudo:megainfrastrutture, istituzioni moderne, capitale umano altamente formato. Invece il debito italianoè svanito nelle pance e nelle tasche dei politici. L’entrata dell’Italia nell’euro è stato un erroreenorme, è stato voluto dai politici per sentirsi più europei Prodi dovrebbe ammetterlo di aver fattoun grave errore. Altri politici vedevano alcuni vantaggi, uno dei quali era di realizzare unadisciplina monetaria in modo che i Paesi del Nord Europa ci controlleranno e ci imporranno deilimiti, di renderanno fiscalmente responsabili. Noi eravamo un Pese inefficiente che però crescevapiù della media europea, c’era una Confindustria debole e un Sindacato forte, vi era una fortesvalutazione che si portava via i risparmi. Dobbiamo uscirne perché con l’euro non c’è e non ci saràcrescita e ci sarà maggiore disoccupazione. Il debito è di oltre 2.000 miliardi e l’Italia per il FiscalCompact deve ogni anno ridurlo di 100 miliardi circa; ciò significa che non si deve fare deficit edinoltre si devono trovare risorse pari a venti volte l’IMU pagata. Si parla inoltre di una Patrimonialema per rimanere nell’Europa ci vorrebbe la Gestapo a individuare dipinti, arazzi, i patrimoni privati,invece limitandosi ai conti in banca (come fece Amato nel 1992) si fa un’ingiustizia perché sicolpiscono i soldi del pensionato. Con un debito così e l’aumento minimo dei tassi si va verso il

18

Page 19: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

fallimento perché: devi pagare gli interessi, non fare deficit e tagliare 100 miliardi all’anno.IMPOSSIBILE. Ci si culla sul pensiero che alla fine l’Europa salverà l’ItaliaRenzi vuole che l’Europa consenta di non calcolare gli investimenti ma ciò non ha alcun valoreperché non si può aiutare un Paese che paga 450.000 euro all’anno di pensione a un signore inSicilia (l’ex commissario ai rifiuti), questo Stato non ha diritto a un centesimo. A Bagheria (Pa) c’èil 40% di disoccupazione. E’ un FALSO perché il 60%lavora per l’inutile Regione, per la Provinciainutilissima e per il Comune oberato da centinaia di dipendenti. Fino agli anni 60 Bagheriaprosperava con l’export di limoni, ma da quando si è nell’eurozona quel limone non è piùconcorrenziale con quello che viene dal Marocco. Per Berlino l’euro è stato un affare perché laGermania si è salvata, se ci fosse ancora il Marco sarebbe salito alle stelle bloccando le sueesportazioni, invece con l’euro ha potuto continuare ad esportare senza danni guadagnando almeno1.000 miliardi! 8.5 Il braccio di ferro con Bruxelles per certi versi è ridicolo perché ruota sull’aggiustamento deiconti pubblici italiani dello zero virgola, che costerebbe un paio di miliardi, su un bilancio che conta835 miliardi di spese e 786 di entrate. Concentriamo la nostra attenzione su due misure chiavi dellaprima manovra Renzi: - 5 miliardi di taglio dell’Irap, con un risparmio medio per le aziende di circa 700 euro annuo perogni dipendente - 1,9 miliardi per azzerare i contributi sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato.Due misure che si sommano alla conferma degli 80 euro per dieci milioni di dipendenti, agliaggiustamenti a favore delle famiglie e delle partite Iva a basso reddito.Ma queste misure non basteranno a rilanciare la crescita se non saranno soddisfatte due condizioni: - rilancio degli investimenti con completo e miglior uso dei fondi strutturali europei. - la credibilità dell’Italia sulla capacità di onorare l’enorme debito pubblico e di ridurlo.Infatti il taglio della spesa scaricato per 7 miliardi su Regioni, Comuni e Province rischia ditramutarsi nell’ennesimo aumento delle imposte locali. Le privatizzazioni e le dismissioniimmobiliari restano al palo. Lo stesso governo prevede una riduzione degli investimenti pubblici. Ildebito pubblico salirà ancora, dal 127,8% del 2014 al 129,7 % del 2015Pil, togliendo i 60,3 miliardiche l’Italia ha tirato fuori per finanziare i fondi europei salva Stati di cui hanno beneficiato Grecia,Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro.Il Ministro Padoan dice che questa crisi è forse la peggiore dell’era capitalista, ma i numeri dellasua legge di Stabilità non sono da emergenza, sono da ordinaria amministrazione. La crisi italiananon è solo una crisi di fiducia, è soprattutto una crisi di investimenti; si investe poco perché non siha fiducia. Ma anche perché mancano infrastrutture, tecnologie, laureati, e forse anche voglia dicompetere, di sacrificarsi, di rischiare. In una situazione così bloccata solo una massiccia iniezionedi liquidità potrebbe far diminuire il valore dell’euro, fin troppo forte per il nostro sistemaproduttivo, e far aumentare l’inflazione troppo bassa per il nostro debito pubblico. E solo grandiinvestimenti finanziati dall’Europa, dallo Stato e dagli enti locali possono creare lavoro e anchemigliorare i parametri della nostra economia: perché puoi tassare e tagliare finchè vuoi, ma se il Pilnon riparte qualsiasi parametro tenderà sempre a peggiorare. Nel 92 Amato tra tagli e tassemuoveva 90.000 miliardi per salvare il bilancio pubblico e la Lira. Oggi con tassi relativamentebassi e una moneta fin troppo forte si muovono 20 miliardi di euro, quasi tutti per mantenereprovvedimenti già decisi, come gli 80 euro. Ma non bastano. Che ci facciamo con un miliardo quied uno là, un contributo alla scuola ed uno ai Comuni, un miliardo e mezzo per i nuoviammortizzatori sociali ai disoccupati, vale a dire un decimo di quello che servirebbe? Prodi mise 7miliardi per tagliare il cuneo fiscale, ma aumentò l’Irpef ai ceti medi, per cui molti lavoratoridipendenti non ebbero alcun beneficio, anzi dovettero pagare più tasse. Con Monti abbiamofinanziato il salvataggio delle banche altrui senza avere in cambio la flessibilità che ci serviva: ilrisultato è stata la Deflazione. Sono quindi manovre forse per l’avvenire, non per la ripresa qui edora.8.5 Il declino economico

19

Page 20: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

Il degrado etico e l’inefficienza sono connessi? Certo: la corruzione drena risorse, come l’evasionefiscale, siamo terz’ultimi in Europa quanto al tasso di legalità. La questione coinvolge sia il codicepenale e sia il codice morale. Quanto contano in Italia le qualità professionali, le competenze, leesperienze? Ben poco, basta vedere il caso di un dirigente genovese rinviato a giudizio perinondazione colposa e nel contempo viene premiato dal Comune, così come il caso di una signoraeletta al Csm senza averne i titoli. Ma i titoli vanno a rotoli quando il bando per la direzione delMuseo egizio di Torino non preveda la conoscenza dell’egittologia o quando la gestione di Pompeiviene sottratta agli archeologi. Chi decide è la politica e qui conta l’appartenenza e non lacompetenza: il Garante della privacy è un dermatologo, agli Affari regionali c’è un farmacista, ilsottosegretario all’Istruzione è una imprenditrice di moda, il vice ministro dell’Agricoltura è unlaureato in lettere. La Commissione Ambiente del Parlamento è un odontoiatra. Nel 2006un’indagine a livello europeo ci poneva al tredicesimo posto su tredici (ultimi) per la capacità diutilizzare il nostro capitale umano. La crisi era già iniziata, benchè non lo sapessimo, tuttavia adessolo sappiamo: l’incompetenza produce inefficienza e l’inefficienza costa cara.La Stagnazione. Il contrasto alla stagnazione passa da formazione, riforma del welfare ecoinvolgimento dei sindacati. Ma un quadro politico instabile spinge i leader a cercare consensiimmediati. L’indicatore più preoccupante della crisi è la lunga stagnazione della produttività dellavoro. Tra le cause prossime vi è certo la carenza di investimenti, ma vi è anche la ridotta capacitàdi valorizzare le conoscenze e l’impegno dei lavoratori. Nei Paesi scandinavi e in Germania si èsperimentata, in forme diverse (a volte con grandi coalizioni) una via condivisa di riorganizzazionebasata su tre pilastri: ha coinvolto le organizzazioni sindacali, senza delegittimarle, ma spingendolea innovare e contribuire alla crescita della produttività; ha puntato a una riforma del Welfare perridurne i costi e a una riforma del mercato del lavoro per renderlo più flessibile, sperimentandonuove forme di protezione sociale per chi perde il lavoro; infine investendo in formazione hacercato di legare la mobilità del lavoro al rafforzamento dei nuovi settori ad alta tecnologia e conproduzioni di qualità, più protetti dalla concorrenza di costo dei Paesi emergenti. In Italia èsoprattutto l’instabilità del sistema partitico che ostacola una soluzione di questo tipo. Entrambe leforze principali sono, in forme diverse, partiti deboli con leader forti che condizionano le scelte ailoro interessi. Persiste l’esigenza di consolidamento elettorale a breve del Presidente Renzi cheentra in conflitto con i tempi lunghi e con i rischi elevati di realizzazione efficace di una viacondivisa. Ciò sembra riflettersi su due terreni di azione dell’attuale governo. Anzitutto nella sceltadi provvedimenti per rilanciare l’economia che devono tenere sempre d’occhio anche la eventualeresa elettorale immediata. Da qui la preferenza per interventi distributivi a sostegno della domanda(bonus, sgravi, ecc.) che possono essere utili per agevolare la ripresa ma aggravano soltanto i contipubblici e soprattutto non toccano il nodo della produttività. Ma questa non è una strada efficace peril rilancio della produttività e la ripresa dello sviluppo, perché il rilancio della produttività nondipende solo dal maggiore spazio per il mercato ma da una fiducia vera che implica collaborazionee condivisione e richiede la valorizzazione del lavoro non solo come fattore di costo ma comechiave per il rilancio della produttività. Le imprese esprimono varie sfumature di scetticismo,denunciano la scarsa competitività e lasciano aperta la strada a possibili delocalizzazioni. E’ unsegnale di allarme e un monito ad agire, sia a livello territoriale che nazionale. A giudizio delleimprese gli interventi più immediati necessari riguardano principalmente tre aree: infrastrutture,energia e burocrazia. 8.6 Il governo e gli enti localiRegioni Il governo e le regioni stanno cercando un accordo sui tagli previsti dalla legge di stabilità agli entilocali, circa 6 miliardi di euro che i governatori dovranno trovare riducendo la spesa sanitaria equella per i trasporti o aumentando ticket e tariffe per uguale importo. Della sanità si parla ognigiorno, i tagli ai trasporti locali sembrano invece non importare granchè a questo governo, quasi chelo sviluppo della mobilità sostenibile nelle nostre città fosse un problema di sprechi. Non è così, lamobilità è una fondamentale leva di competitività di un Paese, dall’efficienza del sistema trasporti

20

Page 21: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

(pubblici, privati, integrati) dipende anche la capacità di produrre ricchezza, di attrarre investimentie flussi turistici dall’estero. Manca una politica di indirizzo forte a livello centrale, in molte regioninon si spendono i fondi strutturali che puntualmente Bruxelles si riprende indietro, per incapacità einsipienza. Per alcuni sindaci e assessori illuminati (quelli di Milano, per fare un esempio) che sifanno bastare le risorse attuali, lasciando spazio ai privati e rinnovando a costo zero, ce ne sono altrifermi al palo. Abbiamo un piano nazionale del trasporto fermo al 1997, contratti di servizio tra entilocali e aziende in scadenza, privati anche stranieri che vorrebbero entrare sul mercato dei trasportilocali ma chiedono da anni regole certe ed uniformi. Serve una dose di politica economica eindustriale mirata e moderna.ComuniScintille tra Governo e Comuni sulla legge di stabilità. Fassino, presidente dell’Anci ha lanciato unallarme: la Finanziaria 2015 pesa non per 1,2 miliardi ma per 3,5 miliardi sui Comuni. Ciò creeràproblemi di sostenibilità e senza correttivi le città sono a rischio dissesto. I Comuni hanno giàcontribuito con oltre 17 miliardi, ma chiedono che lo sforzo richiesto sia sostenibile, sono quindinecessari correttivi alla legge di stabilità. Inoltre è necessario ripristinare il fondo per ilfinanziamento delle linee metropolitane nelle grandi aree urbane anche per sostenere una politica dicrescita.8.7 Il sistema bancario italianoPer anni politici e banchieri ci hanno garantito che il nostro sistema bancario era il più solido ditutti. La smentita arrivata dall’esame della Bce si può dunque spiegare in due modi: o i problemidelle banche italiane sono stati sottovalutati o sono stati sopravvalutati dall’Europa. Oppure tutte edue le cose insieme. Delle nostre colpe parlano i numeri: siamo la maglia nera, con due grandiistituti chiamati a rafforzare il loro capitale; un terzo dei miliardi che mancano sono addebitati a noi,la più antica banca del mondo, Monte dei Paschi, è oggi la più debole d’Europa. Avessimoricapitalizzato prima, invece di sbandierare ottimismo, forse avremmo anche avuto più creditodisponibile in questi anni. Giudicare la solidità di banche di una nazione che ha perso un decimo delsuo Pil in sette anni è infatti cosa ben diversa che giudicare le banche tedesche. Siamo sempre sottopressione, è un po’ quello che accade anche ai nostri conti pubblici. Renzi ha dovuto strappare quasicon la forza uno sconticino dello 0,2% (la Commissione voleva lo 0,5%, e il governo ha accettato lo0,3%). Ricordiamo che a fare il peso specifico di un Paese sono: crescita economica, credibilitàinternazionale, proiezione estera, forza militare, ecc. Ogni debolezza amplifica le altre: l’economiareale condiziona i test sulle banche, questi provocano il crollo delle banche, che a sua voltainfluenza l’economia reale. Per esempio stimolando i lavori contro il dissesto idrogeologico in Italia si creerebbero 7 milanuovi posti di lavoro solo al Sud. Il rischio frane e alluvioni interessa praticamente tutto il Paese con6.633 Comuni e oltre 6 milioni di cittadini in aree a rischio idrogeologico. Il rilanciodell’occupazione potrebbe avvenire anche attraverso gli interventi contro il dissesto. Per esempio,solo al Sud servono 471 interventi per 1.380 milioni di euro (finanziabili con mutui quindicennali) ene potrebbero nascere circa 6.900 nuovi posti di lavoro. Bonifiche gonfiate, truffe da 500 milioni dieuro, malaffare che estende i suoi tentacoli dal nord al sud, uno stato di emergenza concepito perottenere denaro dal Ministero dell’Ambiente per bonifiche mai eseguite, progetti di risanamentofaraonici ma irrealizzabili. Fiumi di denaro, circa 100 milioni erogati per la Laguna di Grado, 230milioni per il risanamento da inquinamento di mercurio, e così via per decine e decine di altriprogetti tecnicamente improponibili ed economicamente insostenibili.8.8 InvestimentiLa chiave di volta per far ripartire la crescita è aumentare le risorse per gli investimenti. Ilgiudizio delle imprese sulla manovra è sostanzialmente positivo perché vi sono previste oltre ai taglialla spesa anche misure per lo sviluppo. Importante è l’azzeramento del costo del lavoro dal calcolodell’Irap e la decontribuzione del contratto a tempo indeterminato per tre anni per i neoassunti. Lalegge di stabilità ha previsto circa 220 milioni per il 2015, 400 per il 2016, 480 per il 2017 e 510 peril 2018 in favore del credito di imposta automatico sulle R&I (risorse e innovazione). Ma le imprese

21

Page 22: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

non sono soddisfatte completamente perché la norma prevede che si debba trattare di investimentiaggiuntivi rispetto a quelli realizzati nel triennio 21012-2014, che penalizza le imprese che durantela crisi hanno fatto sforzi per rinnovare e stare al passo. Occorrono più risorse anche per gliinvestimenti in infrastrutture troppo limitate nel provvedimento Sblocca Italia. Si deve seguire unaspending review più determinata e un taglio più incisivo alle partecipate pubbliche. Un altroargomento importante per le imprese è la tassazione degli immobili e macchinari. L’Imu che gliimprenditori pagano sui capannoni oggi è consistente, frutta allo Stato oltre 4 miliardi di euro ed èdeducibile dalle imposte per il 25%, se ne chiede la deducibilità totale. La manovra deve esserecollegata ad un piano di riforme, in particolare quella del mercato del lavoro, sulla delega fiscale, lariforma della Pa e quella della Giustizia.Quasi uno studente su due non prosegue gli studi dopo il diploma per mancanza di risorse eperché non ritiene che essere laureati aiuti realmente nella ricerca del lavoro. Alla scuola èriconosciuto un ruolo informativo ma non di orientamento effettivo; nove su dieci chiedono diintensificare le esperienze in azienda durante il percorso scolastico e ritengono sia ancora troppoforte il gap scuola-impresa. All’indagine ha partecipato un campione di circa 1.500 under 29, di cuiil 56,3% era maschile, il 68,4% era in possesso di diploma e 26,3 % di laurea. 8.9 Degrado morale e civileMa il decadimento dell’Italia non è solo nel campo economico, ma anche moralmente, è un’Italiamaleducata e violenta. Le statistiche ci informano che i reati sono in calo, ma in realtà la stragrandemaggioranza non vengono neppure più denunciati. Chi viene preso non viene per niente condannatoe la fa franca, al massimo riceve una pena simbolica (perfino sospesa). Non ci sono statistiche chesegnalino il degrado dei rapporti umani, l’aggressività sempre pronta ad esplodere (anche per futilimotivi), l’inaridirsi delle relazioni tra le persone, la maleducazione dilagante che confonde lacortesia con la debolezza. L’umiliazione della violenza subìta, la paura, il senso di violazione dellapropria persona o della propria casa sono ferite difficili da sanare. Basterebbe innanzitutto applicarela legge (dai magistrati) che prevede che chi aggredisce un altro essere umano finisce in carcere, main Italia si tollera tutto, numerosissimi sono i casi denunciati dai Media. Ma non è soltanto unproblema di repressione, il degrado è dentro di noi. Sta crescendo una generazione maleducata,prepotente (con le eccezioni che confermano la regola) per colpa dei padri sempre e sempreschierati con i figli, pronti a scusare i loro reati come semplici “marachelle”. Non a caso chiudono iluoghi (cinema, teatri, locali storici) in cui per secoli gli italiani avevano vissuto la loro vita sociale.Chiunque su un autobus o un treno, solo che lo voglia (e lo vogliono in tanti) può non pagare ilbiglietto, può lordare, rompere, imbrattare con lo spray, intasare i gabinetti, minacciare ipasseggerei, aggredire il personale. Per strada può distruggere i cassonetti e qualunque altro arredourbano. In ogni caso l’impunità è garantita. Abitare in una casa popolare vuol dire spesso esserecostretti a stare barricati in casa perchè c’è sempre un prepotente pronto a usare la violenza perimpadronirsene. Inoltre l’Italia non è più UN solo Paese: ogni italiano paga tasse diverse, vienecurato in modo diverso, gode di servizi pubblici e mezzi di trasporto di quantità e qualità diversa,studia in edifici scolastici degni o fatiscenti a seconda che abiti a Sondrio o a Trapani. Nondimentichiamo le cricche politiche locali che fanno ciò che vogliono, usano a loro piacimentoenormi risorse a disposizione. Poi, casualmente, qualche Procura interviene. Questo e molte altrecose eguali o peggiori, è il Paese reale. Una gran parte di italiani non riesce più a credere di far partedi una comunità retta da regole certe e fatte rispettare da una vera autorità. Non riesce più a credereche esista uno Stato. Troppi italiani si stanno facendo l’idea che possono contare solo su se stessi,che nessuno gli farà trovare un lavoro, nessuno gli darà una pensione decente, ad assicurargli lasicurezza quotidiana, la certezza delle leggi e la sovranità politica. Nessuno controlla e dirigerealmente più niente, nessuno è davvero al timone del Paese. E’ la sensazione di questo vuoto chepiù contribuisce ad esasperare ogni egoismo e a incrinare ogni fiducia. Si deve ricostruireun’autentica comunità politico-statale.Le radici di queste difficoltà riguardano la tenuta morale della società prima ancora che l’economia.Di fronte alle difficoltà dell’economia e del lavoro, cresce l’erosione del tessuto morale. Ognuno si

22

Page 23: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

rinchiude nel proprio “particulare”, cerca di adattarsi e di difendersi in ogni modo, a volte ancheaggirando o violando la legge (corruzione, criminalità, ecc.). Cresce anche la sfiducia nel futuro e simanifesta con la volontà di non intraprendere, di non assumersi rischi e quindi di non lavorareinsieme con altri, di cooperare. L apolitica non sembra in grado di contrastare questa deriva ancheperché è essa stessa affetta da un’erosione morale, è sempre meno mossa da una visione degliinteressi collettivi, ma delle convenienze di singoli leader. Lo sforzo immane che richiede laricostruzione morale e istituzionale del Paese è al di là delle possibilità di questa politica debole.Ma siamo in presenza anche di un forte Degrado Civile. L’Italia cade a pezzi, il suo territorio èperennemente in pericolo. In qualunque parte della Penisola bastano appena 24 ore di pioggiaintensa per allagare interi quartieri di città, fa chiudere le scuole, fa franare tutto ciò che può franare,fa interrompere ogni genere di comunicazione. Eppure tutti i rischi erano a tutti ben noti, eppureerano stati stanziati i fondi per i lavori necessari e persino dopo l’esecuzione dei lavori stessi. Nonc’è niente da fare: i muraglioni si sbriciolano, gli argini non tengono, le fogne saltano, i ponticrollano!8.10 Cosa si deve fare e cosa si sta facendo?L’Italia è la terza economia dell’eurozona ma con un debito pubblico incomprimibile anche per lacronica assenza della crescita ha assoluta necessità di una scossa. La Commissione europea aluglio evidenziava la necessità di ridurre il carico fiscale sul lavoro, di creare un ambiente piùfavorevole per le imprese e riformare il mercato del lavoro. Un più graduale processo di riequilibriodel debito pubblico può aiutare ad evitare una spirale recessiva della domanda ma i margini dimanovra che ne derivano dovranno essere utilizzati per rilanciare la crescita ed innalzare ilpotenziale di sviluppo nel medio e lungo termine. Ciò vuol dire che la Legge di Stabilità appenavarata va nella giusta direzione. Si usa la scorciatoia miope di spronare i consumi con i risparmi di domani. Con il Tfr in bustapaga e l’aumento delle imposte sui rendimenti dei fondi pensione e degli enti di previdenza, la leggedi Stabilità privilegia i consumi a scapito dei risparmi. Poco importa se chi si anticipa laliquidazione paga più tasse diventando complessivamente più povero o se in Europa tutti i Paesi,tranne la Norvegia non tassano i redditi della previdenza. La crescita non c’è? Sproniamola con isoldi di domani. Al contrario l’Italia ha bisogno di risparmi ed investimenti per gestire la profondacrisi in cui è precipitata e dalla quale uscirà con difficoltà, sacrifici e tempi lunghi. Le leggi per lacrescita servono a poco e l’ottimismo degli annunci è controproducente. Il quadro èimpressionante. I posti di lavoro disponibili nell’industria sono scesi, in dieci anni, di oltre il 15%,la quota dei beni ad alto contenuto di conoscenza prodotti dalle imprese italiane si è ridotta di oltreil 30%, il gap tecnologico con i Paesi emergenti (cioè il tempo che occorre a loro per costruirsi unatecnologia simile alla nostra) è crollato da undici a sette anni. Ci siamo mangiati, a partire dagli anni90 più del 30% dello stock di capitale accumulato nei decenni passati: senza capitale non cresconoproduttività ed occupazione. Ci domandiamo quanto è costata la liquidazione dell’Efim e seabbiamo fatto bene a cancellare l’Iri, scontiamo privatizzazioni sbagliate, abbiamo ostacolato lecreazione di grandi imprese nei settori agroalimentari, elettronico, farmaceutico, delle infrastrutturedi telecomunicazioni. Gli 80 euro, il Tfr in busta paga, il bonus alle neo mamme sono misure cheforse potranno soccorrere la congiuntura, ma per il sistema produttivo sono irrilevanti. Per fortuna ilsistema in cui siamo integrati ci obbligherà ad un processo doloroso di ristrutturazione:compressione dei consumi, riduzione del valore degli asset, aumento del ritorno sugli investimenti edella produttività del lavoro. Il nostro tenore di vita dovrà ridursi sino a quando il risparmiodomestico ed i capitali esteri faranno crescere gli investimenti, l’occupazione, i salari. Ed il Paeseriguadagnerà competitività sui mercati e ruolo nel mondo. E il governo? Dovrà aiutare i cittadini aprendere coscienza della realtà, dovrà favorire il risparmio di oggi e gli investimenti di domani,adeguare il sistema del welfare, sostenere lo sviluppo tecnologico, incalzare gli imprenditori arafforzare le loro aziende. Il pacchetto di nuove misure della legge di stabilità porteràl’aggiustamento strutturale oltre gli 0,3% punti di Pil nel 2015, migliorando il cammino versol’obiettivo di bilancio di medio termine.

23

Page 24: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

Le Ricette per far uscire l’Italia dalla crisi. Per uscire dalla recessione e crescere l’Italia habisogno di Riforme strutturali, di Stimolare la domanda attraverso politiche monetarie e fiscalirapide ed incisive. Il crollo della domanda interna e in parte anche estera sta uccidendo l’Italia chedal 2007 al 2014 ha perso oltre il 10% del Pil. Se non saremo in grado di rilanciare la domanda,potremo fare tutte le riforme strutturali che vogliamo ma non riusciremo a riprenderci. E’ evidenteche prima si devono affrontare gli aspetti strutturali che in Italia si chiamano. Riforma Fiscale,Riforma della Pubblica Amministrazione, Riforma della Giustizia senza sceglierne una adiscapito delle altre perché sappiamo che ci vogliono che ci vogliono anni per vedere i risultati dellepolitiche di riforma. C’è bisogno di completare le riforme iniziate per essere credibili in Europa,senza dimenticare anche la Riforma Elettorale, la Revisione del Titolo V della Costituzione perriaccentrare nello Stato i poteri trasferiti alle regioni (come sul turismo). Per creare un climaeconomico più favorevole e creare soprattutto posti di lavoro è fondamentale costruire l’ambienteadatto a far decollare lo spirito imprenditoriale, dobbiamo lavorare sulla formazione, sulla ricerca elo sviluppo.Renzi ha espresso molte e dure invettive contro i politici da rottamare, contro i burocrati, contro isindacati, contro i magistrati, contro i salotti buoni, contro i club contrari alla innovazione, controBruxelles. Ma ha esposto pochi ragionamenti su come intervenire nel profondo sul fenomeno dellaevasione fiscale, del sistema degli incentivi alle imprese, sui mercati chiusi dalle corporazioniprofessionali, sul sistema del socialismo municipale e delle migliaia di società partecipate, suicapoccioni locali che drenano risorse pubbliche solo per auto riprodursi. Ognuna di queste battagliesarebbe difficile e dura, ma ognuno di questi problemi incide sulla capacità di ripresa dell’Italiamolto più delle ferie dei magistrati e del sistema di elezione dei senatori. Infine deve convincere gliitaliani che devono cambiare anche loro. Il peso della tassazione su imprese e banche è enorme, ilpeso altrettanto abnorme di una burocrazia ossessiva, chiudono spazi vitali di crescita. Questa realtàè figlia di colpe nostre e di colpe europee, che hanno origine in un eccesso di rigore. E’ necessarioattuare investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, una vera azione di sviluppo chepromuova la qualità e il valore della nostra manifattura. Si deve cambiare la macchina dello Stato,centrale e territoriale, ridurre almeno il tasso di oppressione che subiscono imprese e cittadini. Siintervenga con serietà sulla macchina della Giustizia civile, amministrativa, fiscale e penale. Sifaccia di tutto perché l’accesso al credito torni ad essere garantito alle piccole e medie imprese, nondevono essere più tollerate una spesa pubblica improduttiva, i privilegi e le prepotenze a discapitodei giovani di valore. E’ senza dubbio positivo uscire dal bicameralismo perfetto e dire al mondoche il sistema italiano garantisce finalmente la governabilità. Guai, però, a ridare troppi poteri alnuovo Senato e a quelle stesse Regioni che con il nuovo Titolo V si vogliono ridimensionare.La Strada Obbligata conto l’Austerità. Si prevede che nei prossimi anni la crescita del redditoitaliano sarà a un ritmo medio intorno all’1%, ben al di sotto dei tassi di interesse di medio-lungotermine. Quando il tasso di crescita è sistematicamente inferiore a quello di interesse, la situazionedel debitore tende a peggiorare e rischia di diventare instabile. Gli interessi sul debito siaccumulano. L’Irlanda, la Spagna e il Portogallo sono già usciti da questa situazione. L’Irlanda cheaveva fino al 2013 un debito simile a quello italiano in rapporto al PIL e un disavanzo addiritturasuperiore al nostro, ha registrato un miglioramento del proprio rating passando a ad “A”, la Spagnacon disavanzo più alto dell’Italia è salita a “BBB”. Per uscire dal rischio e riportare l’indice dicrescita sopra il livello dei tassi di interesse, non ci sono molte soluzioni. La Banca centrale europeapotrà certo intervenire sui mercati e far calare ulteriormente i rendimenti. Non rimangono che leriforme strutturali che sono essenziali per aumentare il potenziale di crescita dell’economia italiana.Pur riconoscendo che il Jobs act va nella direzione giusta (se non viene annacquato) vi sono anchealtre riforme essenziali che devono essere adottate, con la massima urgenza, come quella dellaGiustizia, del Fisco dei Servizi Locali, ecc.Nel febbraio 2015 il Centro Studi della Confindustria ha sfornato due dati interessanti: previsto un+2,1% del PIL nel 2015 e +2,5% nel 2016 e ciò permette di vedere una ripresa dell’economia.

24

Page 25: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

Anche la Banca d’Italia vede un futuro più roseo grazie al Quantitative Easin (Q.E) di MarioDraghi, al calo del prezzo del petrolio e al cambio più favorevole euro-dollaro. Eppure fino adicembre le previsioni erano negative, però è entrata in vigore la nuova Legge Sabatini che agevolal’acquisto di nuovi macchinari per l’industria e si è avuto nel quarto trimestre 2014 un +18,8% diordinativi. Se l’Italia non è come la Grecia è perché siamo la seconda manifattura in Europa, dopola Germania e rilanciare questo settore, dopo anni di crisi, è di vitale importanza e ci si stariuscendo. Altri timidi segnali positivi si vedono nel settore occupazionale, a dicembre Renzi hastrombazzato che l’occupazione è cresciuta di 93.000 unità, ma si deve tener conto che a ottobre enovembre si era registrato un calo più o meno pari all’aumento di dicembre. Se guardiamo inveceall’intero anno 2014 il totale degli occupati è di poco superiore al dato dell’anno precedente. Perciòniente euforia perché il mercato del lavoro non è ancora ripartito. Se il raffronto viene fatto con ilresto d’Europa il panorama peggiora ulteriormente perchè il tasso di disoccupazione in Italia è del12,9% (peggio di noi ci sono solo la Grecia, Spagna, Cipro e Ungheria) mentre gli altri sono benlontani come Germania a 4,8%, Olanda a 6,7%, Finlandia a 8,9%, ecc. Le grandi imprese cheassumono sono pochissime, però la maggioranza ha riacceso i motori e comincia a riassorbire ilavoratori sospesi (specialmente nell’edilizia, assicurative e finanziarie). Per fortuna stannoaumentando le Star Up innovative, nate per sviluppare, produrre e commercializzare beni o serviziad alto contenuto tecnologico, del 45% al Sud e 32% al Centro Nord. Il Jobs act non è ancorapartito, i primi decreti delegati sono all’esame del Parlamento, dopo sarà più facile assumere.8.11 Motivi per essere ottimistiLa prospettiva per il 2015 è quella di un altro anno di stagnazione, ma dobbiamo essere ottimisti. Sesiamo riusciti a mantenerci a galla nella recessione, molto lo dobbiamo alle aziende che esportano.Negli ultimi mesi del 2014 l’euro si è indebolito del 10% circa e ciò può spingere l’export. Deibuoni risultati dell’export dobbiamo ringraziare in larga parte gli USA, che ha avuto un incrementodel 4,6% della crescita. Un altro motivo è il costo del petrolio. Per l’Italia, come paese importatoredi Materie Prime, avere un barile di greggio a prezzi dimezzati rispetto ai massimi storici, significauna bolletta energetica meno pesante, e una ulteriore spinta agli investimenti. Ma in primisservirebbe una Europa meno confusa, un governo italiano che capisse la necessità delle riforme eanche una burocrazia non ostile verso chi vuole intraprendere. E’ un paese sopraffatto dalla sottocultura del nichilismo, dalla sfiducia nelle istituzioni edall'incapacità di immaginare il suo stesso futuro, una nazione in cui prevale un radicale scetticismosulla possibilità di uscire dalla crisi, ma che pure sta compiendo passi da gigante in alcuni settoriche, se adeguatamente valorizzati, potrebbero trainare la nostra economia. Questi i 5 punti più importanti.1. Eccellenze da valorizzareL'Italia sta vivendo un momento nero della sua storia, e su questo non c'è dubbio. Ma non tutto èperduto e non siamo affatto un paese senza futuro. Sono i dati a dirlo: cultura, manifattura,agricoltura e turismo continuano ad essere i pilastri della nostra economia e anche nell'ultimo annohanno registrato una positiva crescita, creando innovazione e posti di lavoro. Mentre recessione epolitiche di austerity fanno crollare la domanda interna, l'industria italiana ha superato, negli ultimi5 anni, il fatturato estero di Germania e Francia, raggiungendo - negli ultimi due anni - un saldocommerciale con l'estero di oltre 100 miliardi di dollari (un record che ci accomuna solo a Cina,Giappone e Corea del Sud). L'agricoltura italiana è copiata nel mondo per i suoi standard dieccellenza e la sua falsificazione internazionale copre un giro d'affari di 60 miliardi di euro all'anno.E tutto ciò nonostante gli immani ostacoli burocratici che le imprese italiane devono affrontare perrimanere a galla.2. La sindrome della quarta settimanaLa spinta propulsiva del Made in Italy non argina, tuttavia, la contrazione dei consumi interni. Afronte di un pessimismo generalizzato sulle condizioni economiche del paese (l'88,1% degli italianiritiene che siano peggiorate nell'ultimo anno) ci sono esigenze drammaticamente reali: il 30,8%della popolazione non arriva a fine mese con le proprie entrate, il 51,8% ci riesce solo utilizzando i

25

Page 26: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

propri risparmi per pagare mutuo o affitto. Uno su quattro è ricorso a un prestito bancario negliultimi 3 anni. Il 69,9% degli italiani ha avvertito una perdita del potere d'acquisto nell'ultimo anno:si taglia su regali, pasti fuori casa, vacanze, spese per l'automobile. E si privilegiano sempre più ipagamenti rateizzati per l'acquisto di elettrodomestici, automobili, ma anche per coprire curemediche.3. Come cambiano le speseDa un'indagine, dell'ultimo anno, emerge un paese più attento a offerte, sconti e promozioni;consumatori che non rinunciano alla qualità e prediligono, per risparmiare, prodotti km zero; chescelgono il low cost ma non per i prodotti alimentari, il cibo biologico o le apparecchiaturetecnologiche, per i quali si è disposti a investire di più. Le famiglie composte da una sola personaacquistano badando soprattutto al prezzo ma anche alla qualità; comprano spesso prodotti senzabrand in punti vendita di fiducia, ma non rinunciano alla qualità quando si tratta di prodottialimentari. Attenti e consapevoli, badano a innovazione quando si tratta di scegliere un prodotto.Usano il web per informarsi su validità di apparecchiature tecnologiche, vacanze, gestori ditelefonia, e per effettuare i propri acquisti.4. Scollamento dalle istituzioniLe difficoltà economiche degli italiani si manifestano in un progressivo impoverimento del cetomedio e da una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni. Sette italiani su dieci riferiscono diessersi allontanati da esse e quasi la metà del paese sembra non avere un chiaro orientamentopolitico. Si salvano a fatica, ma senza raggiungere il 50% dei consensi, Quirinale e Magistratura(mentre perdono sempre più punti partiti e sindacati). Aumenta la fiducia riposta in scuola e Chiesa(49%, il 12,4% in più rispetto al 2013), quest'ultima grazie al dirompente "effetto Bergoglio": ilPontefice riscuote apprezzamenti trasversali per fasce di età e stato civile ed è amato dall'87% degliitaliani. Su Europa e moneta unica le posizioni sono ancora diametralmente opposte: il 62,5%ritiene che l'Unione europea sia ancora giovane e che serva maggiore impegno per farla funzionare;il 25,7% auspica la fuoriuscita dall'euro.5. Amici animali e GiochiL'indagine si è focalizzata anche sul rapporto tra italiani e mondo animale. Quattro su dieci hannoaccolto almeno un animale in casa. Il più amato continua a rimanere il cane. Mantenerli non costamolto: la metà degli italiani spende meno di 1 euro al giorno per il cibo a loro destinato, mentre laspesa per il veterinario è contenuta entro le 100 euro all'anno. C'è anche la sensibilità verso ilmondo animale che nell'81,6% si dice contrario alla vivisezione e l'85,5% all'utilizzo di animali perprodurre pellicce. Per quanto riguarda i giochi, il "Gratta e vinci" si conferma il più amato (il 31,8%ci gioca almeno una volta all'anno); ma il 10,1% ha perso molti soldi al gioco, con il rischioludopatie. Solo un italiano su tre pratica sport regolarmente, forse anche a causa della crisi: i piùsportivi sono infatti gli italiani del Nord Ovest, l'area più benestante dello Stivale. Lo sport da stadiosi guarda preferibilmente da casa, con la Pay per View (scelta dal 32,5% degli intervistati); sispende poco, invece, per seguire lo sport dal vivo: il 56,9% ha ammesso di non aver speso nullanell'ultimo anno per l'acquisto di biglietti negli stadi.Anche nel campo del Turismo dobbiamo registrare un forte arretramento, infatti, nel 2013 Londraha il primato europeo con 16 milioni di visitatori, Parigi si ferma al secondo posto con 15,9 milionidi presenze (forse per l’effetto trainante delle Olimpiadi del 2012) e3 Roma è indietro con 12,6milioni di presenze, con un modestissimo incremento rispetto al 2012 del 5%. Eppure Romagarantisce la più grande offerta di beni archeologici al mondo, è anche la capitale del Cattolicesimoche attira i pellegrini da ogni parte del mondo, inoltre ha un clima straordinariamente favorevole(periodo di freddo intenso in soli 3 mesi all’anno). Come si spiega ciò? I servizi pubblici sonoscadentissimi, un sistema museale frammentario, le professionalità legate al turismo sono slegate,non riescono a fare sistema (ristoranti, alberghi, B&B, ecc.) con enormi perdite di profitti (Londraha incassato oltre 12 miliardi di euro).

26

Page 27: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

INDICE

1. La grande crisi economica 2007 – 2014 pag. 11.1 Le dimensioni della crisi “ 11.2 La struttura del sistema finanziario “ 21.3 L’evoluzione del settore finanziario prima del 2008 “ 31.4 Propagazione della crisi al di fuori degli USA “ 42. La crisi Americana “ 42.1 Cenni storici “ 42.2 Le cause “ 42.3 La fine del Dollar Standard “ 52.4 La crisi del Subprime e crollo delle Borse “ 52.5 La bancarotta di Lehman Brothers e conseguenze nel mondo “ 62.6 Parziale ripresa economica (2010 – 2013) “ 72.7 Piani di salvataggio nel resto d’Europa “ 83. Crisi in Gran Bretagna e salvataggio del sistema bancario “ 94. Crisi Greca “ 95. Crisi Irlandese “ 106. Crisi Portoghese “ 107. Crisi Spagnola “ 107.1 Cenni storici “ 107.2 Punti di forza dell’economia spagnola “ 127.3 Spagna oggi “ 127.4 Irlanda e Spagna oggi - Segni di ripresa “ 12

27

Page 28: Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 · Dispensa n.1 CRISI 1. La grande crisi economica 2008 - 2014 Come studiato lo scorso anno la Burocrazia ha un forte impatto

7.5 Confronto Italia – Spagna “ 137.6 Perché la Spagna è ripartita “ 148. La crisi Italiana “ 158.1 Il problema dell’Italia “ 158.2 Innovazione “ 168.3 Uscire dall’euro? Cosa dice Luttwak? “ 178.4 Il braccio di ferro con Brussels “ 188.5 Il declino economico “ 198.6 Il governo e gli enti locali: Regioni e Comuni “ 208.7 Il sistema bancario italiano “ 208.8 Investimenti “ 218.9 Degrado Morale e Civile “ 218.10 Cosa si deve fare e cosa si sta facendo “ 228.11 Motivi per essere ottimisti “ 24

28