DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

Embed Size (px)

Citation preview

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    1/128

    Diritto Civile II

    Tema delle obbligazioni. Libro IV Delle obbligazioni (comprende anche contratto ingenerale e contratti tipici).

    Vi sono due norme preliminari che disegnano in modo sistematico la materia delleobbligazioni. Esse sono contenute nel Libro IV, Titolo I (delle obbligazioni in generale,

    parte generale o teoria generale delle obbligazioni), Capo I (disposizioni preliminari) artt.1173-1174-1175. Sono gli artt. 1373 e 1374 che introducono il tema della generalit delleobbligazioni.

    Esaminiamo la prima delle due disposizioni del Capo I.Art. 1173. Fonti delle obbligazioni: Le obbligazioni derivano da contratto, da fattoillecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformit dell'ordinamentogiuridico.

    Non abbiamo qui una protasi(definizione di un gruppo di casi in termini generali edastratti) o una apodosi(prescrizione o regola). Si tratta di una norma che risente di unordine intellettuale che nei secoli si formato. Non si tratta di una disposizione precettiva,ma piuttosto dottrinale e teorica. Le obbligazioni quindi possono derivare da contratto etc.,quindi sono il prodotto di un qualcosa (fattispecie astratte, ossia le fonti delle obbligazioniex art. 1173), in relazione alle quali si produce l'effetto giuridico del sorgeredell'obbligazione.

    Dunque le obbligazioni (situazioni giuridiche soggettive passive di dovere e soggezione),non si producono 'naturalmente', ma in virt di quanto disposto da determinate norme, chevi ricollegano il sorgere delle obbligazioni da determinate fonti (fonti delle obbligazioni):contratto e atto illecito, e ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformitdell'ordinamento giuridico (art. 1173). Questa espressione in conformit dell'ordinamentogiuridico (anzich negli altri casi previsti dalla legge) vedremo poi che causa problemiinterpretativi.E' una disposizione che in qualche modo vuole disegnare il 'modo intellettuale' dirappresentarsi questa materia: si deve pensare da una parte al piano degli accadimenti umani(contratti, fatto illecito, atti o fatti etc. FONTI), e dall'altra al piano degli effetti giuridicidelle situazioni giuridiche soggettive (le obbligazioni), che sono riconnessi da determinatenorme giuridiche, al verificarsi di determinati accadimenti umani (si tratta di unaconseguenza giuridica - in quanto ci stabilito da norme - non di una conseguenza 'naturale'di tali accadimenti umani: essa c' solo perch l'ordinamento la prevede).Dunque, questa una norma di disegno sistematico, che delinea l'impostazione generaledella materia, ad un livello piuttosto astratto. Una parte del nostro corso sar propriodedicata a questa dimensione astratta, concettuale, della quale la materia delle obbligazioni fortemente permeata. Ci non significa che questo corso sar lontano dalla dimensionetecnica e pratica del diritto delle obbligazioni; cercheremo di delineare invece le relazionitra queste due dimensioni nell'ambito del diritto delle obbligazioni.

    Anche per un uso tecnico e pratico del diritto, specialmente in quest'ambito indispensabile possedere un bagaglio di modi intellettuali, di modi di vedere e di ragionare, di concetti enozioni teoriche (astratte) di fondo, che stanno alla base del panorama giuridico con cui si

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    2/128

    ha a che fare: infatti, in verit le nozioni teoriche e astratte del diritto non sono un mondo a parte rispetto all'applicazione pratica e tecnica del diritto stesso, in quanto la tecnica deglioperatori giuridici si affinata nei secoli proprio sulla base di, e nell'usare, queste nozioni,questi concetti. Come cercheremo di spiegare in questo corso, in realt gli affari, i casiconcreti non sono inquadrabili e gestibili se non sulla base di schemi teorici generali che,anche sulla base dell'utilizzo di nozioni e categorie astratte, consentano di inquadrarli. Neisecoli il diritto ha avuto a che fare proprio con questo problema, e cio riuscire a governareuna realt multiforme, una moltitudine di dati concreti e specifici, difformi l'uno dall'altro.Per farlo necessario ordinare tale realt, e dunque cercare di inquadrarla entro schemiastratti e generali; naturalmente, ogniqualvolta si astrae dalla singolarit e concretezza deicasi si compie anche, in qualche misura, una rappresentazione un po' irrigidita e forseapprossimativa (semplicistica) dei vari casi concreti, nel senso che si perdono di vista alcunecaratteristiche peculiari del caso concreto, ma ci inevitabile, altrimenti non si riuscirebbea inquadrare tali casi concreti. Tutto questo discorso per spiegare che in realt l'aspettoastratto e quello concreto del diritto non sono due aspetti slegati tra di loro: l'elaborazionedelle nozioni astratte del diritto deriva dalla necessit storica di elaborare e organizzare unaserie di concetti volti a classificare , ordinare, inquadrare la realt concreta.

    Naturalmente, questo non deve far perdere di vista che vi sia una differenza tra nozionegenerale e astratta e realt concreta; non basta conoscere le nozioni teoriche e astratte,

    bisogna saperle usare nel concreto: e questo a maggior ragione dimostra che dimensioneastratta e dimensione concreta del diritto sono tra loro legate. Gi la semplice constatazioneche la norma di apertura del Libro IV sia cos profondamente connotata in senso astratto cifa capire come nello studio del diritto delle obbligazioni non si possa prescindere da questadimensione astratta. Peraltro, in questo corso avremo modo di vedere come anche nellamotivazione delle sentenze sia sempre presente questa dimensione concettuale: talvoltadeterminati concetti e modelli di ragionamento giudiziale sono usati in modo meccanico,automatico, ma ci non toglie che siano pur sempre nozioni astratte relative alla materia.

    Veniamo al secondo articolo del Capo I.L'art. 1174. Carattere patrimoniale della prestazione : La prestazione che forma oggettodell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere adun interesse anche non patrimoniale del creditore.Anche qui non abbiamo una apodosi e una protasi; c' il verbo dovere ma non si tratta diuna prescrizione rivolta ai consociati o al giudice.Da notare che manca una definizione legislativa del termine tecnico obbligazione. Vi solamente l'art. 1174, un'indicazione sulla prestazione (cio l'oggetto dell'obbligazione) ;

    peraltro questa norma non ci dice nemmeno che cosa sia la prestazione (oggettodell'obbligazione), non la definisce, ma ci dice che deve solo essere suscettibile divalutazione economica e deve corrispondere ad un interesse anche non patrimoniale delcreditore.In questa prima fase la lettura di questo articolo ci serve in primis per capire che icodificatori hanno scelto di non dare una definizione legislativa di obbligazione, sebbenequesto termine designi addirittura tutta la materia del Libro IV del codice civile. Per laverit il codice civile e le leggi sono pieni di termini tecnici (cio che designano situazioni

    giuridiche, cio elementi non della realt concreta ma fenomeni giuridici, cio fenomeni cheesistono unicamente nella realt giuridica), non definiti (obbligazione non l'unicocaso). Tuttavia, in molti altri casi invece, il codice d definizioni (ad esempio, per ciascun

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    3/128

    contratto tipico viene fornita una definizione; anche la nozione di possesso definita,etc.).

    Abbiamo dunque visto le due disposizioni di apertura del Libro IV. La prima, all'art. 1173,ci d proprio il quadro sistematico di riferimento. La seconda, l'art. 1174, ci dun'indicazione, ma che in questa fase ci limitiamo a considerare soprattutto per l'aspettonegativo, cio per il suo esprimere la scelta del legislatore di non dare una definizionelegislativa di obbligazione (e nemmeno di prestazione, che l'oggettodell'obbligazione).Relativamente alle definizioni legislative ci si pone un problema di carattere generale:esse hanno valore vincolante? Oltre alla forma di legge, hanno anche la forza di legge (ciosono vincolanti)? Ha senso che il legislatore si assuma un compito tipico della dottrina, cioquello di definire le nozioni giuridiche? E' un problema molto importante, del quale per

    parleremo in seguito, ora l'abbiamo solo 'anticipato'.

    Da civile I sappiamo che i codificatori hanno scelto di spaccare la disciplina in un partegenerale e in parti c.d. speciali. Per rendersi meglio conto di questo vediamo come sicompone, nei suoi vari titoli, il Libro IV:

    Titolo I: delle obbligazioni in generale;Titolo II: dei contratti in generale;Titolo III: dei singoli contratti (contratti tipici c.d. tipi contrattuali legali, questi pernon esauriscono l'autonomia privata: contratti atipici);Titolo IV: promesse unilaterali. Tra contratti e promesse unilaterali vi una distinzione, eil problema di questa distinzione abbastanza delicato (vi accenneremo forse piavanti). I contratti e le promesse unilaterali sono entrambi fonte di obbligazione.Titolo V: titoli di credito: essi hanno una serie di peculiarit, essendo destinati allacircolazione del credito in forme particolari (meno simili ai contratti rispetto alle

    promesse unilaterali).Titolo VI: gestione di affari altrui (sono quelle regole stabilite per l'ipotesi in cui vi unsoggetto che si d carico dell'interesse di un altro soggetto che non attualmente incondizioni di gestire il proprio affare. Esempio: in un paesino una casa sta crollando, il

    proprietario all'estero da anni e allora il vicino si ingerisce nei suoi affari per porrerimedio al suo posto. Qui il soggetto che interviene avr diritto a farsi rimborsare lespese sostenute, dal dominus, cio da colui che era interessato dall'affare in questione;qui l'obbligazione sorge a carico di una parte che non ha manifestato la volont diobbligarsi, ma si trova titolare di tale obbligazione in conseguenza di quanto stabilitodalla legge). Come si vede, qui ci stiamo allontanando dal contratto (come tipo di fontedi obbligazioni) visto che l'elemento della volont del soggetto di obbligarsi qui non sirileva (come invece si rileva nel contratto).Titolo VII: del pagamento dell'indebito. Trattasi delle restituzioni (pagamentod'indebito), cio il diritto di colui che ha pagato un debito che non era proprio o undebito che non esisteva o derivava da un contratto nullo, ad ottenere la restituzione diquanto pagato;

    Titolo VIII: dell'arricchimento senza causa. Obbligazione a carico del soggetto che si arricchito di indennizzare il soggetto che ha subito una diminuzione patrimoniale (art.2041);

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    4/128

    Titolo IX: dei fatti illecito. Il fatto illecito pu essere volontario (art. 2043), ma si trattadi una volontariet completamente diversa da quella degli atti di autonomia (contratti),

    perch non si vuole l'imposizione dell'obbligazione risarcitoria.

    Come si vede, tutta questa costruzione per titoli, dal II in avanti, costruito per atti o fatti:ossia, dal Titolo II al Titolo IX il raggruppamento delle disposizioni avviene per tipo di fontidelle obbligazioni (i fatti - non pi atti - vengono dopo il titolo sui titoli di credito).In realt vi sono anche molte altre fonti di obbligazioni, anche al di fuori del Libro IV: si

    possono trovare anche in altri Libri del Codice Civile, come in materia di successione;oppure, nel Libro II, la donazione: questo un contratto dislocato fuori dal libro deicontratti da cui possono discendere obbligazioni; o si pu pensare alle obbligazionipropter rem, cio legate alla titolarit di situazioni giuridiche reali: come la servit, pucomportare a carico del proprietario del fondo dominante le spese relative alle opere ritenutenecessarie al fine di rendere possibile l'esercizio della servit (art. 1069).Insomma, l'obbligazione uno strumento indispensabile per risolvere situazioni di conflittidi interesse nei rapporti tra privati. Le fonti di obbligazioni si possono trovare anche al difuori del codice civile.Ma se tutti i titoli II-IX sono dedicati alle fonti delle obbligazioni, qual invece il sensodel Titolo I (di cui abbiamo gi letto prima le prime due disposizioni, che per a ben vederesono solo disposizioni che mirano a fornire il disegno sistematico dell'intera materia, ancoranon partecipano delle finalit/funzione delle altre disposizioni di questo titolo I)?Al Titolo I abbiamo un Capo II relativo all'adempimento delle obbligazioni, un Capo IIIrelativo all'inadempimento, un Capo IV relativo ai modi di estinzione delle obbligazioni (attio fatti che determinano l'estinzione delle obbligazioni: come la remissione del debito; essisono un concetto speculare a quello di fonti delle obbligazioni), poi le regole chestabiliscono l'avvicendamento nella posizione debitoria (accollo, etc). Tutte queste normecosa hanno in comune? Hanno in comune il fatto che sono tutte norme cheSEMBREREBBERO (meglio usare il condizionale, poi vedremo che in qualche modoquesta affermazione, pur essendo in linea approssimativamente corretta, va un po''aggiustata') disciplinare le obbligazioni in generale, a prescindere dal tipo di fonte da cuiderivano. Ci trasmette la sensazione che vi sia qualcosa che sempre uguale a se stesso (lasituazione giuridica soggettiva obbligazione) e degli elementi che invece possonocambiare a seconda dei casi (cio gli atti o fatti che ne costituiscono le fonti) ; tutto questo citrasmette la sensazione che esistano non tanto le obbligazioni, ma la obbligazione(anche se le fonti possono variare). Si osservi per che il libro IV intitolato al plurale:Obbligazioni (e anche i vari titoli e capi interni e norme interne parlano spesso diobbligazioni al plurale); per, se poi andiamo all'art. 1174 si usa il singolare:obbligazione, prestazione. Ci d l'idea che vi siano tante fonti delle obbligazioni(quindi in questo senso si potrebbe dire varie obbligazioni), per, il fatto che ci si occupianche dell'obbligazione intesa al singolare (nel Titolo I), trasmette la sensazione che allafine tutte le situazioni giuridiche che scaturiscono da queste diverse fonti abbiano tra lorouna sostanziale identit, cio siano sostanzialmente la stessa cosa: le obbligazioni,appunto. La logica dell'art. 1174 e di tutto il Titolo I quella che si pu in qualche modoastrarre dalle diversit e ragionare su un'entit intesa al singolare la obbligazione e

    costruire su questo ente le regole fondamentali relative ad esso, regole che quindi sonogenerali, e quindi tendenzialmente non variano al variare delle fonti delle obbligazioni;in questo modo si pu realizzare una funzione di economia normativa: invece che

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    5/128

    disciplinare determinate fattispecie con riferimento a tutte le varie obbligazioni, la sidisciplina una volta sola con riferimento alla obbligazione, intesa in generale. In questomodo si realizza anche un valido assetto sistematico delle norme relative a questa materia.Bisogna per dire che questa generalit incontra talora dei limiti: ci sono infatti dei casi incui la norma stessa specifica che non applicabile a determinate sotto-categorie diobbligazioni. Dunque quest'idea di una disciplina generale che vale per TUTTE leobbligazioni va bene in linea di massima, ma va presa con qualche cautela. E' verocomunque che il Titolo I sottende una visione unitaria del fenomeno giuridicoobbligazione. Si pu dire che TENDENZIALMENTE queste norme del Titolo I valgono

    per tutte le obbligazioni, quali che ne siano le fonti (non regolano OGNI aspetto delladisciplina delle obbligazioni alcuni infatti variano a seconda della fonte dell'obbligazione

    ma solo alcuni di questi aspetti: aspetti che nella visione dei codificatori sono apparsimeritevoli di essere raggruppati sotto una disciplina TENDENZIALMENTE applicabile ingenerale a tutte le obbligazioni).

    Pluralit di fonti, visione unitaria.Esistono tanti regimi speciali quante sono le fonti. Ci secondo l'idea che, a fronte dellevarie fonti, esistano tanti corrispondenti regimi speciali, e che vi sia invece, un regimegenerale che si possa applicare a tutte le obbligazioni, cosicch ogni fonte trovi laregolamentazione dei rapporti che ne discendono, in parte nella disciplina speciale (inragione della specialit della fonte) e in parte nella disciplina generale; in questo senso, ladisciplina generale, quindi comune a tutti i rapporti obbligatori, e conseguentemente,questa disciplina comune sia quindi indifferenziata, cio costituisca un insieme di regoledestinate a non variare in funzione della diversit delle singole fonti, collocandola nella

    parte generale.Quindi, laddove la specificit della fonte richieda una diversit di trattamento giuridico, taleesigenze soddisfatta nell'ambito del regime speciale delle obbligazioni con quella fonte.Laddove non ci sia tale esigenza, invece interviene il regime generale delle obbligazioni (la

    parte generale). Non detto comunque che questa distinzione tra regime generale e regime speciale abbiauna perfetta 'tenuta', quando poi si tratta di applicarla concretamente ai fini della risoluzionedi conflitti di interesse tra privati.

    A queste considerazioni sulla diversit delle fonti possono aggiungersene altre, relative adaltre differenze tra le obbligazioni.Innanzitutto vi possono essere differenze tra obbligazioni quanto alla prestazione che ne oggetto. Abbiamo detto che l'art. 1174 non definisce la prestazione, ma ci dice solo che la

    prestazione l'oggetto dell'obbligazione e che questo aspetto di indefinizione della prestazione ha una serie di conseguenze. Ne anticipiamo una: secondo certe interpretazioni,si dice che prestazione il comportamento che il debitore obbligato tenuto a porre inessere per soddisfare l'interesse anche non patrimoniale del creditore; altri invece,sostengono che la prestazione deve intendersi come la somma della condotta pi ilsoddisfacimento dell'interesse del creditore, in mancanza del quale non si avrebbe laprestazione, e perci l'obbligazione non sarebbe adempiuta, sebbene sia stato posto in

    essere il comportamento cui il debitore era obbligato per adempiere. Altri ancoradefiniscono la prestazione come soddisfacimento dell'interesse del creditore, ancheindipendentemente dal comportamento che il debitore ha assunto: come es. si veda l'art.

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    6/128

    1181. Qui non si dice che l'obbligazione di indennizzare collegata al fatto che il terzo noncompia quanto aveva promesso; l'obbligo di indennizzare legato al fatto che il terzo noncompie il fatto promesso dal promittente, o non assuma l'obbligazione; e, dato che ilmancato compimento del fatto da parte del terzo o il rifiuto di assumere l'obbligazione, sonogli elementi che la norma considera come soddisfacimento dell'interesse del creditore, siragiona nel senso che l'oggetto della promessa non sarebbe la condotta del promittente diadoperarsi affinch il terzo si obblighi o adempia il fatto promesso, ma la prestazioneconsisterebbe nel fatto stesso che il terzo compia quel comportamento o assumal'obbligazione: in questo caso, come si vede, ci ritroveremo dinanzi ad una nozione di

    prestazione intesa nel terzo dei tre sensi che abbiamo appena visto.

    Ricapitolando sono tre le tesi sull'interpretazione della prestazione:1) condotta del debitore volta al soddisfacimento dell'interesse del creditore;1) condotta del debitore + soddisfacimento del creditore;2) soddisfacimento del creditore, indipendentemente dalla condotta del debitore.Quindi a seconda che si applichi una delle diverse interpretazioni della prestazione, le regolesulla responsabilit del debitore nell'esempio dell'articolo 1381 possono variare. Se si sposala prima tesi e il debitore ha tenuto la condotta diligentemente, l'obbligazione si ritieneadempiuta, e l'interesse del creditore non sar soddisfatto. Se si sposa la seconda necessario che il debitore tenga la condotta diligentemente e cheil terzo assuma l'obbligazione o compia il fatto promesso. A queste condizioni il creditore

    pu ritenersi soddisfatto. Se invece si sposa l'ultima tesi, l'interesse del creditore deve esseresoddisfatto - indipendentemente dalla condotta tenuta dal debitore (pu aver tenuto unacondotta diligente: il debitore si adopera affinch il terzo si obblighi o compia il fatto

    promesso) quando il terzo non assuma l'obbligazione o non compia il fatto promesso. Inconclusione all'art. 1381 si applica l'ultima delle tre interpretazioni di prestazione. Anche

    perch meglio si concilia con la lettera della norma.

    In realt prestazione una parola intrinsecamente generica. Generica non solo rispetto alle possibili ipotesi appena dette, ma anche perch, anche ragionando solo in termini dicondotta del debitore (prima delle anzidette ipotesi), le condotte possono essere le pi varie(guardando alla disciplina dei contratti tipici, vediamo che essi danno luogo ad obbligazionicon oggetto prestazioni tra loro molto diverse: si pensi ad es. alla prestazione oggettodell'obbligazione del mandatario derivante dal contratto di mandato consistente nelcompiere una attivit giuridica nell'interesse del mandante; una prestazione pu consiste renel dare denaro , o nel dare una cosa determinata diversa dal denaro , o nel trasferire lapropriet (obbligazione di dare nel senso originario romanistico; es.: stipulazione di uncontratto preliminare di compravendita comporta, per il promittente, l'obbligazione diconcludere il contratto definitivo di compravendita, che traslativo della propriet), nel farequalcosa , nel non fare qualcosa (ad es. obbligazione di non fare concorrenza che unimprenditore assume verso un altro, nei limiti in cui non sia vietato dalle norme antitrust; ol'obbligazione di non adibire un immobile ad una determinata attivit, assunta verso unvenditore che, essendo ad esempio rimasto proprietario dell'immobile vicino, ha interesse ache in quell' immobile non venga esercitata una certa attivit ecc.). Insomma, siamo di

    fronte ad una pressoch infinita variabilit del contenuto della prestazione; al di l dellecontroversie sulla definizione della nozione di prestazione, comunque essa ha unaaccentuata variet di contenuti.

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    7/128

    Dunque, ricapitolando, le obbligazioni possono differenziarsi non in solo in base alla fonte,ma anche in relazione alla prestazione che ne costituisce l'oggetto.Ora, ancora una volta questa variet ci trasmette l'idea che quell'assunto di comunanza delleregole e di visione unitaria dell'obbligazione, (identit situazioni soggettive) sia valida finoad un certo punto e, se intesa troppo rigidamente sia poco attendibile (a fronte della varietdelle situazione giuridiche soggettive). Quindi le regole della parte generale, all'atto pratico,cedono difronte all'esigenza di calibrare le regole di risoluzione dei conflitti di interesse inrelazione alla variet dei fatti ed ai comportamenti oggetto dell'obbligazione, che possonoesigere l'applicazione di una disciplina derogatoria rispetto a quella di parte generale.

    Naturalmente questo pone un problema molto serio, e cio: ma se una regola stabilitacome regola generale, potrebbe il giudice, che si trovi di fronte ad una peculiarit del casoconcreto (del particolare conflitto di interesse in questione) - che sembrerebbe 'ribellarsi' atale regola generale - disapplicare quella regola generale, anche se quel caso specificosembrerebbe doversi ricondurre alla fattispecie astratta e quindi ricadere sotto la normagenerale? Pu un giudice, in qualche modo, plasmare una regola diversa perch, dinanzial caso concreto che deve decidere, avverte una ripugnanza di quel caso ad essereassoggettato a tale norma, che pure prevede una fattispecie astratta cos ampia daricomprendere anche quel caso concreto? Ora, in base a quanto abbiamo studiato finora, nonsembra possibile, visto che il giudice vincolato ad applicare la norma ai casi rientrantinella sua fattispecie. In realt questo discorso pi complicato; lo tratteremo pi avanti, per ora anticipiamo solo che tutto l'ordinamento giuridico costruito da un lato sulraggruppamento di casi sulla base di nozioni generali e astratte (cio su un'esigenza diordine), anche sulla valorizzazione delle diversit, nel senso che, ogniqualvolta un caso

    presenti degli elementi peculiari che possano apparire non rispondenti ad una regola se necrea un'altra; una conto che quest'altra norma sia creata dall'autorit normativa, un contose creata dallo stesso giudice. Noi conosciamo l' analogia (art. 12 c. 2 disp. prel. cod. civ.,ma ci torneremo), che stabilisce che, se una controversia non possa essere con una precisadisposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie anologhe; seil caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamentogiuridico dello Stato. Si vede che il ragionamento analogico legittimato da una normadelle preleggi. Ma questa operativit dell'analogia riservata all'esigenza di colmare lelacune (esiste il dogma della completezza, anche se ormai nessuno lo intende pi in senso

    proprio: oggi si tende per lo pi a intenderlo nel senso che le lacune esistono, mal'ordinamento completabile attraverso determinate tecniche: per l'appunto, ilragionamento analogico). D'altra parte, l'operazione di riconoscimento di una lacuna nascedall'interpretazione delle norme (come si visto in tecniche dell'interpretazione: che unalacuna sorga o meno dipende in buona sostanza dall'interpretazione: qui che si pongonole premesse perch si crei o meno una lacuna, vedi tecniche dell'interpretazione: conl'interpretazione si producono o si evitano ma non si possono risolvere! - le lacune).Dunque il giudice, valorizzando la peculiarit di un caso, e interpretando restrittivamentela fattispecie astratta della norma - che in teoria avrebbe potuto anche applicarsi al caso -rende tale norma non applicabile, e crea la lacuna: si vede quindi che, limitatamente a questaipotesi, di fronte a casi concreti che appaiono particolarmente 'allergici' ad una norma

    generale, nella cui fattispecie astratta il caso sembra pure rientrare, il giudice pu evitarel'applicazione della norma attraverso un'operazione di questo tipo. Riallacciandoci quindi, aldiscorso generale, appare sostenibile che in determinati casi, a causa delle peculiarit del

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    8/128

    caso concreto, determinate norme generali non si 'adattino' affatto alle peculiarit dellospecifico caso concreto in esame; si vede dunque che la valenza pienamente generale diqueste norme del regime generale delle obbligazioni regge fino ad un certo punto.Peraltro, nella stessa parte generale troviamo indicazioni che accreditano questa visione, edunque si pongono in attrito con una visione di questo regime generale sempre applicabile atutte le obbligazioni. Ad esempio, il capo VII rubricato Di alcune specie di obbligazioni.Qui abbiamo ancora una volta un'indicazione terminologica molto precisa rispettoall'impianto logico che i codificatori hanno voluto dare alla materia: il termine specie sicontrappone al termine genere. Dunque, questa indicazione del capo VII da un latosmentisce la visione che esista un unica obbligazione, dall'altra la conferma: infatti, ilfatto che esistano specie di obbligazioni, significa che deve esistere un unico pigenerale - genere obbligazione, che assorbe queste varie specie (un enteintellettuale che ha una sua caratterizzazione sempre valida per tutte le obbligazioni, che haelementi distintivi che sono presenti in tutte le specie, anche se poi ogni specie avr

    propri elementi caratterizzanti che si aggiungono ad essi e che, a differenza di essi, varianoda un specie all'altra).Quali sono le specie regolate dal capo VII: le obbligazioni pecuniarie (vi quindi l'idea che le obbligazioni di dare denaro meritino

    regole speciali applicabili solo ad esse: si pensi ad es. a tutte le regole relative agliinteressi, con le modalit e il luogo di pagamento),

    obbligazioni alternative obbligazioni solidali obbligazioni divisibili ed indivisibili.Dunque, in questo Capo II troviamo un'indicazione molto precisa nel senso che, a fianco diuna obbligazione intesa come ente rispetto al quale, nella sua caratteristica di genere,valgono le norme generali sulle obbligazioni, vi sono poi diverse specie, che siinquadrano nel genere ma hanno delle loro peculiarit, e peculiarit diverse tra loro, chegiustificano in relazione ad esse (oltre al regime generale) un regime particolare.Obbligazioni come quelle pecuniarie sono una specie di obbligazioni individuata inrelazione alle peculiarit della prestazione, e cio dare denaro. Questo esempio confermaquanto dicevamo prima, e cio l'idea che al variare della prestazione la stessa obbligazioneche assume una connotazione speciale differente (connotazione, in quanto speciale,meritevole di un regime speciale: qui infatti siamo di fronte a norme che delineano unadisciplina speciale applicabile proprio a questa specifica specie di obbligazioni).Ma dalle parole del titolo del capo VII, di alcune specie di obbligazioni, traiamo altreindicazioni importanti: significa che queste sono ALCUNE specie di obbligazioni, ma nonsono necessariamente le sole; si accredita quindi l'idea che possano esservi altreobbligazioni che abbiano carattere di specialit, e che quindi a loro volta esigano un regimespeciale, magari non determinato da un corpo di norme ben individuato, ma comunquericostruibile (in primis citiamo le c.d. obbligazioni propter rem, cui gi si accennato:esse hanno regole tra loro comuni e tra loro peculiari, ad es. quella che se l'usufrutto maanche nei casi di servit e comunione - viene ceduto il nuovo usufruttuario sar comunquevincolato all'obbligazione che il vecchio usufruttuario aveva nei confronti del vecchio

    proprietario).

    DIRITTO AL CREDITO.Il credito rappresenta ricchezza, una misura di ricchezza corrispondente al credito. Ma non

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    9/128

    tutti i diritti di credito rappresentano ricchezza nello stesso modo. In realt c' un elementodi diversit molto significativo. In particolare, quell'aspetto di diversit consistentenell'attitudine del credito a rappresentare ricchezza. Vediamo di passare in rassegna variesituazioni, tutte ricondotte al credito. Constateremo che in queste diverse circostanze, ilcredito rappresenta ricchezza in modo diversificato: pensiamo innanzitutto all' obbligazione in cui il credito rappresenta lo strumento per

    restaurare il danno subito in conseguenza ad un fatto illecito ; qui la funzione delcredito quella di gravare il responsabile del danno di un'obbligazione cosicch possaessere riparata la perdita subita dal danneggiato: il danneggiato creditoredell'obbligazione di risarcimento del danno. Si verificata una perdita di ricchezza(subita dalla vittima del fatto illecito). Qui l'obbligazione sorge nel momento stesso incui si verificata la perdita ( la ricchezza perduta viene restaurata anche se poi l'effettivorisarcimento avverr con l'adempimento). Se si dovesse rappresentare la situazione

    patrimoniale della vittima dell'illecito, tra le altre situazioni attive della vittima (cespiti, beni immobili etc.), si dovrebbe inventariare anche quel credito relativo al risarcimentodel danno, che costituirebbe una posta attiva del suo patrimonio, rappresentativa diricchezza in senso effettivo; una ricchezza rappresentata in modo diverso da come larappresenta invece per es. - la posta attiva di un immobile di cui egli proprietario(diversa in quanto esposta a maggiori rischi, in quanto il credito non stabilmenteacquisito al patrimonio del soggetto: il credito infatti esposto all'evenienza che ildebitore non adempia spontaneamente, e anche il rischio che il patrimonio del debitorenon sia sufficiente; in questo senso, il credito rappresenta ricchezza in modo diverso e

    pi debole di come la rappresenta ad es. la propriet di un bene immobile; al massimo esposto al rischio di una calamit naturale).

    Cos, poniamo che in un contratto di compravendita (effetto traslativo del consensoart. 1376 c.c.) il pagamento del prezzo sia differito tra le parti: qui il venditore acquistaun credito; anche in questo caso, nella situazione patrimoniale del venditore dovr esseretolta la posta corrispondente al bene venduto (cespite), ma dovr essere aggiunta quellarappresentata dal credito. Anche se qui, il credito rappresenta ricchezza in modo diversoe pi debole rispetto ad un bene stabilmente acquisito dal soggetto, perch creditoesposto ad un rischio maggiore.

    Poniamo invece che X ha stipulato un contratto d'appalto . L'appaltatore ha iniziato arealizzare l'opera. Man mano che realizza l'opera, ci sono delle scadenze al termine dellequali dovranno essere pagati i compensi (stati avanzamenti lavori), dunque pu dirsiche l'appaltatore divenga, via via, creditore verso il committente per il corrispettivo; equindi questa posta dovr esser inserita nella situazione patrimoniale dell'appaltatore.Ma questi crediti non rappresentano ricchezza nello stesso senso in cui la rappresentano icrediti visti prima. Perch? Perch pu accadere che, nel corso dell'esecuzionedell'appalto e successivamente al maturare di questi crediti, l'appaltatore si rendainadempiente; e vi un principio in materia di appalti per cui il consolidamento delcredito dell'appaltatore si verifica solo ad opera ultimata e collaudata: ecco allora che, seci riferiamo ad un momento intermedio2 nell'esecuzione del lavoro, l'appaltatore pudirsi s gi creditore, ma questo credito non rappresenta ricchezza in modo effettivo,definitivo e incondizionato, perch potrebbe ancora realizzarsi l'eventualit succitata (e

    in quel caso il credito andrebbe perduta). La giurisprudenza qui parla di credito futuro:in realt via via che si raggiungono certe scadenze quella parte del credito gimaturata, semplicemente si vuol segnalare che precario, che non rappresenta

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    10/128

    ricchezza nello stesso modo in cui invece la rappresentano altri crediti (come quelli deidue casi visti prima);

    Contratto di mutuo (che uno dei c.d. contratti reali, cio quei contratti che,diversamente dai c.d. contratti consensuali, non si perfezionano con la solamanifestazione di consenso delle parti, in quanto occorre anche la consegna della cosa).In passato si poneva questo problema: valida la promessa di mutuo, cio la promessa difinanziamento alla quale per non si accompagni l'erogazione della somma di denaro?Oggi non si dubita pi che questo contratto (che non reale ma un contratto atipico,a differenza del contratto tipico di mutuo, che contratto reale). In una situazionesuccessiva alla stipulazione del contratto (atipico) di promessa di mutuo, ma anterioreall'erogazione del finanziamento, in quale situazione si trova il finanziato?Indubbiamente egli ha diritto che la banca (o chi altro) gli eroghi il finanziamento,

    perch ormai c' un contratto. Ed evidentemente c' un credito. Ma se riguardiamoquesta posizione in termini di sostanza economica e di rappresentativit di ricchezza,vediamo che ci troviamo in una situazione ancora diversa da tutte quelle esaminate

    prima: infatti, se il mutuatario deve rappresentare una sua situazione patrimoniale in quelmomento, il credito qui in esame non potr che essere rappresentato, nella sua situazione

    patrimoniale, con una voce passiva che indica l'obbligazione di restituire tale somma,anche se questa sorger effettivamente solo a fronte dell'erogazione (in questa fase solocreditore non debitore); dunque, ricapitolando: il mutuatario creditore di tale somma,ma il credito deve essere rappresentato con una conseguente voce passiva che datadall'obbligazione di restituire. Ma non possiamo pensare che questo credito rappresentieffettivamente ricchezza, perch nel momento in cui egli ricever questa somma, nascerun'obbligazione di debito di pari entit, che elider tale posta attiva;

    Diversit di trattamento giuridico: basti pensare alle vicende legate alla cessione delcredito. Se rappresentano ricchezze in modo oggettivamente consolidato possono valerecome gli altri beni, altrimenti no ( altro elemento di diversificazione; visione piarticolata e non monolitica).Fattori di diversit (esigenza di differenziazione sul pianodel trattamento giuridico):

    1. fonti (accadimenti o comportamenti umani ex. Art. 1173). tutto costruito sulladiversit delle fonti; eppure l'art 1174 sembra faccia riferimento ad un ente sempre uguale ase stesso, cui corrisponde una disciplina omogenea;1. vediamo che nello stesso art. 1174, che pure quello che pi fortemente rappresental'idea di un'obbligazione come ente sempre uguale a s stesso, anche qui , il riferimentoalla prestazione con un termine cos generico in realt indirettamente evocativo dellagrandissima variet del contenuto della prestazione che si pu cogliere passando in rassegnale diverse obbligazioni previste dall'ordinamento (assicuratore: coprire un rischio,mandatario etc.); una variet di prestazioni che corrisponde sostanzialmente alla variet deitipi contrattuali;2. come abbiamo visto, regimi speciali sono presenti anche nella parte generale, e cio nelTitolo I (diversa capacit di rappresentare ricchezza come visto sopra).

    Tuttavia, come gi dicevamo, dall'art. 1173 e da una tradizione giurisprudenziale e dottrinalemolto radicata, si desume la petizione di principio secondo la quale l'obbligazione unente, non solo costruito dalla mente umana, ma penetrato nelle norme del codice, con

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    11/128

    connotati determinati, con una configurazione determinata, che assunto come riferimento permanente e costante in tutti i rapporti obbligatori (cio l'idea che vi siano degli elementiidentificativi dell'obbligazione che restano costanti nonostante tutte le varianti, anche nellespecie di cui al capo VII del Titolo I (che, come abbiamo visto, comunque sono specieinquadrabili entro un medesimo genere).Teniamo conto che tutto il mondo del diritto popolato da schemi, concetti astratti che sonogeneralizzazioni (astrazioni) di dati fattuali particolari che si colgono nella realt concreta (ildiritto, per governare i conflitti di interesse, ha bisogno di raggruppare medianteastrazioni dati della realt tra loro omogenei). Tali enti sono astrazioni, che in realt nonesistono, anche se c' una diffusa abitudine dei giuristi a trattarli come se esistessero, comese fossero idee in una sorta di mondo dell'iperuranio platonico.Quando ci troviamo davanti a disposizioni di legge che usano termini tecnici, affinch esse

    possano essere applicate, necessario che vengano attribuiti dei significati a questi terminitecnici (devono essere interpretate). Questo iato tra concetti e norme che usano parole chefanno riferimento a quei concetti, pone il problema di attribuzione di significato. Si passatida una fase di estrema concettualizzazione, quasi come se esistesse un empireo di concettigiuridici, che considerano le norme come conseguenze di un sistema concettuale

    preesistente, ad un rifiuto dei concetti giuridici. E quindi, per quanto possiamo sapere,queste parole appartengono ad un apparato concettuale che appartiene alla dimensione del

    pensiero e non alla dimensione della realt, comunque dobbiamo attribuire a tale parole deisignificati che facciano riferimento a dati della realt concreta, in quanto queste parole, pur richiamando nozioni astratte, comunque devono essere usate in funzioni di dati della realtconcreta. Quando si passa dal caso concreto alla fattispecie astratta, si raggruppano in unconcetto pi casi (avviene cos la formulazione di proposizioni concettuali che si basano suidati della realt; una volta che si formato il concetto, non si possono trascurare ledifferenze, bisogna ripassare dalla dimensione intellettuale alla dimensione pratica).L'estrapolazione quindi, che nasce dall'esperienza di una pluralit di casi simili, porta allaformulazione della fattispecie astratta. Ma non bisogna trascurare che essi sono casi simili,non identici: perci, sapendo come si formata la fattispecie astratta, e sapendo che essa un'entit astratta (non appartenente alla realt effettiva), bisogna poi saper tornare alprima della generalizzazione.La parola obbligazioni non che un concetto: si tratta di vedere in che cosa consista, e poidi saper usare il concetto (tenendo in considerazione tutti i limiti che i concetti hanno e che iconcetti vanno intesi come tali, e non come entit di una qualche realt metafisica, sapendocome essi si formano). Solo con la coscienza e consapevolezza di questi strumenti (iconcetti), si pu correttamente operare con essi. E' proprio in questo che sta la relazione traconsapevolezza della teoria e l'uso tecnico del diritto, tra la pratica professionale e laconsapevolezza di un bagaglio teorico e professionale.

    Lezione del 26 FEBBRAIO

    Alla logica generale esposta ieri corrispondono dei termini tecnico-giuridici -obbligazione, debito, credito - che non sono definiti, diversamente da altri terminitecnici (come ad es. contratto o possesso). Rispetto a questi termini tenici si pone il

    problema non solo di ricercarne il significato quale sembra essere implicato dalle norme

    che usano questi termini - , ma anche di capire come nel tessuto normativo siano statirecepiti termini tecnici che in realt denotano dei concetti che appartengono al mondointellettuale piuttosto che al mondo reale dei fatti, ma che per nella tecnica normativa (nel

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    12/128

    discorso giuridico, delle sentenze o dei testi degli autori) rappresentano dei concetti, concettiche sono ineliminabili nel lavoro dei giuristi , in quanto per governare la realt edisciplinarla (ma anche solo per riuscire a 'pensarla', a ragionarci sopra) necessariotraspondere i dati della realt (che sono sempre concreti e singolari, e che sono unamoltitudine di dati) in schemi di pensiero, in concetti (in questo modo andando in qualchemodo ad astrarre i dati della realt, a tipizzarli entro concetti che pur riferendosi a datireali di per s sono concetti astratti, non esistenti nella realt e 'rigidi' e un po' schematici e'semplificati' rispetto alla realt). Da sempre, da quando il diritto si formato, si opera inquesto modo. Di questo perci bisogna avere adeguata consapevolezza, perch ci indispensabile per avere la piena padronanza degli strumenti concettuali del diritto (che

    presuppone innanzitutto il tenere costantemente presenti che essi non sono altro checoncetti, cio cose che non hanno un'esistenza autonoma in una sorta di mondodell'iperuranio, di mondo metafisico delle idee in stile platonico - , ma un'esistenzastrumentale a definire e inquadrare/ragionare con i dati della realt; perci vanno 'letti' infunzione della realt.Passiamo ora ad esaminare una serie di norme, per renderci conto come quanto abbiamodetto finora molto astrattamente ha riscontro nella realt giuridica. Cominciamo dallenorme viste ieri. Gi la logica dell'art. 1173, che, come gi visto, pone su piani diversi(anche se intersecati) la situazione giuridica obbligazione e le fonti (delle obbligazioni),gi questo collegamento da essa posto tra fonti (accadimenti umani) e obbligazione(situazione giuridica soggettiva) corrisponde ad un modo di vedere le cose che gi'elaborato' dal pensiero: un modo di vedere le cose che ragiona in termini di fatti checausano certi effetti (giuridici). Naturalmente ci non si riscontra nei nudi fatti, nella realtfattuale naturalisticamente intesa; solo il modo in cui il diritto risolve i conflitti di interessetra soggetti che strutturato intellettualmente in questo modo: il rapporto di causalitfatti-effetti giuridici (conseguenze giuridiche) naturalmente sussiste solo a livello normativo(giuridico), non naturalistico (sussiste solo perch una norma stabilisce che esso c'). Questomodo di vedere le cose, per cui vi sono fatti che producono conseguenze giuridiche, familiare a chi si occupa di diritto, anche se non corrisponde alla realt naturalistica in sstessa considerata, perch l'impostazione alla base di tutte le norme, che mirano a risolvereconflitti di interesse. Ad es. nell'art. 1173 quando si parla di fatti o atti idonei a produrre leobbligazioni, chiaramente ci si inquadra in questa logica.ma vediamo altre norme che rispondono a questa stessa logica. Ad esempio in materia di

    propriet. Si veda l'art. 922 (Modi di acquisto della propriet): la propriet si acquista per occupazione, per invenzione, per accessione, per specificazione, per unione o commistione,

    per usucapione, per effetto di contratti, per successione a causa di morte e negli altri modistabiliti dalla legge. Come si vede, un elenco di fatti, alcuni dei quali non sono semplicifatti naturali ma fatti giuridicamente qualificati (ad es. usucapione, o successione: inquest'ultimo caso c' anche un fatto naturale morte di una persona - , ma esso qualificatoin modo particolare a livello giuridico, al di l della sua mera valenza naturalistica). Altriesempi: il contratto di compravendita produce l'effetto dell'acquisto della propriet da partedel compratore (e della correlativa perdita del diritto di propriet in capo al venditore). Intutte le norme sui modi di acquisto della propriet, la logica sempre la stessa: ci sono deglieventi (a volte meramente naturalistici ad es. nell'avulsione, vedi norma: qui non ci sono

    qualificazioni giuridiche dell'evento a volte qualificati giuridicamente) cui si ricolleganodeterminate conseguenze giuridiche (determinati effetti giuridici), in un rapporto di causalitfissato normativamente (anche se non sussistente a livello naturalistico). Un altro esempio

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    13/128

    pu essere l'art. 923 (Cose suscettibili di occupazione): le cose mobili che non sono propriet di alcuno si acquistano con l'occupazione. Qui l'evento occupazione giuridicamente qualificato (non inteso in un senso meramente naturalistico). Anchel'abbandono all'art. 923.2 un fatto giuridicamente qualificato. Come si vede, le normesono permeate a volte (rarissimamente) di eventi intesi in mero senso naturalistico, pispesso (normalmente) da eventi giuridicamente qualificati (non o non solo naturalisticamente descritti): frequentissimo trovare parole tecniche o che acquisiscono unsignificato tecnico.Andiamo avanti, altre norme che corrispondono a questa logica. Un altro esempio puessere l'art. 1376 (Contratto con effetti reali): Nei contratti che hanno per oggetto iltrasferimento della propriet di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di unaltro diritto, la propriet o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consensodelle parti legittimamente manifestato. Questa una norma molto interessante, perch dancor pi riscontri di quelli di cui ora stavamo parlando. Innanzitutto, si riscontra il rapportodi causalit tra un evento (la stipulazione di un contratto considerato come un evento giuridicamente qualificato; anche qui l'ordinamento che stabilisce il prodursi di un effettocollegandolo ad un accadimento) ed una conseguenza giuridica (un effetto giuridico; ilconsenso delle parti determina l'effetto giuridico). Questa norma peraltro piena di terminitecnici; ad esempio diritto reale. La contrapposizione obbligazioni / diritti reali(propriet e altri) , anch'essa, una concettualizzazione.Come si vede, questa concettualit non una sovrastruttura intellettuale rispetto allenorme, perch le stesse norme ne sono permeate.La logica del rapporto di causalit (normativamente fissato), tra accadimenti, la si puritrovare nell'art. 2697 sull'onere della prova: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve

    provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. C' l'idea che vi siano dei fatti chedeterminano il costituirsi di diritti. Il 2 comma dice: chi eccepisce l'inefficacia di tali fattiovvero eccepisce che il diritto si modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezionesi fonda. Come si vede, anche le vicende estintive sono considerate come effetti giuridici difatti, di accadimenti.Altro esempio, art. 2932 (in materia di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere uncontratto): Se colui che obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione,l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, pu ottenere una sentenza che

    produca gli effetti del contratto non concluso. Si evince quindi, dalla disposizione, la possibilit di ottenere una sentenza costitutiva che produce gli stessi effetti che avrebbe prodotto il contratto non concluso. La stessa idea di sentenza costitutiva unaconcettualizzazione di un rimedio giuridico per rendere coercibile un'obbligazione chealtrimenti non sarebbe coercibile.

    Norme contenenti definizioni legislative di termini tecnici.

    Ci serve per continuare a prendere familiarit con il tema dei termini tecnici: cidomanderemo a cosa servono le definizioni, e da questo trarremo conclusioni pi generali.Insomma, in questa fase parliamo delle definizioni solo come riscontro della rilevanza delsignificato da attribuire alle parole denotanti termini tecnici. Prendiamo, tanto per fare un

    primo esempio, l'art. 932 (Tesoro): Tesoro qualunque cosa mobile di pregio, nascosta osotterrata, di cui nessuno pu provare di essere proprietario.A cosa serve questa definizione? Se noi leggiamo il 2 comma lo capiamo: Il tesoro

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    14/128

    appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Si capisce che la definizione del primocomma in realt un completamento della protasi che definisce la fattispecie astratta,della norma di cui al secondo comma. Si vede quindi che le definizioni, spesso, servono acompletare la fattispecie astratta di disposizioni di legge. Le disposizioni di legge sono

    precettive; la definizione in s stessa non precettiva, ma serve a completare esse. Perchsi usa questa tecnica? Per evitare di ripeterla in tutte le disposizioni di legge che definisconola fattispecie astratta attraverso l'uso del termine tecnico in questione, cio attraverso l'usodella parola tesoro (insomma per evitare di ripetere pi volte le stesse parole). In modoanalogo, tutte le volte che si usa il termine nullit, esso richiama tutta una serie di regole,alle quali non necessario richiamare ogni volta (non necessario, ogni volta, ridire checosa la nullit, quali sono i suoi effetti, chi legittimato a farli valere).Un'altra definizione legislativa quella di possesso, che si trova all'art. 1140 c.c.: Il

    possesso il potere sulla cosa che si manifesta in un'attivit corrispondente all'eserciziodella propriet o di altro diritto reale. Qui, a differenza della norma sul tesoro, abbiamouna definizione che non riguarda puramente e semplicemente una cosa, un elemento dellarealt (come invece potrebbe essere una strada, o un albero), ma abbiamo una definizioneche riguarda fatti giuridicamente qualificati (infatti, si dice il potere sulla cosacorrispondente all'esercizio della propriet o di altro diritto reale). Spesso le definizioni equesto d il senso del limite dell'attivit definitoria legislativa che troviamo nelle leggi nonsono del tutto autosufficienti, perch nella disposizione definitoria ci sono degli elementiche non sono a loro volta definiti (ad esempio con riguardo alla disposizione di prima:diritti reali;essa un'espressione tecnico-giuridica che in verit non troviamo definita inalcuna norma del codice). Quando un termine tecnico-giuridica non definito in nessunanorma, sta all'interprete definirlo; a riguardo quindi l'interprete che ricostruisce ilsignificato,e quest'operazione si pu definire di costruzione giuridica. Naturalmente, quandoquest'attivit lasciata agli interpreti sussistono dei grossi rischi di arbitrariet connessi aquesto lavoro intellettuale (chiamato costruzione giuridica o dogmatica).Come si vede, nelle norme presente tutto un mondo di concetti e di termini tecnici. Senoi pensiamo alle norme del codice della strada, quasi tutte le norme hanno definizionifattuali. Nel codice civile, invece, salvo casi rarissimi le norme sono permeate da terminitecnici o tecnicizzati: sono rarissimi i casi di norme che usano solo parole del linguaggiocomune, nel loro significato comune riferito ad elementi della realt effettiva.Art. 1321: Il contratto l'accordo di due o pi parti per costituire, regolare o estinguere traloro un rapporto giuridico patrimoniale.A cosa serve la definizione di obbligazione che, non trovandola nelle norme, siamocostretti a cercare di ricostruire come interpreti? Una funzione (una funzione che a voltehanno le definizioni giuridiche, legislative o meno) a volte quella di individuare il campodi applicazione di certe regole (esempio: a cosa serve la definizione di contratto nell'art.1321? Se si trattasse di una descrizione del significato giuridico della parola contratto, cisi dovrebbe domandare perch mai si trova in una norma e non in uno dei manuali per glistudenti di diritto; invece, l'introduzione in una norma, legittima l'idea che ci sia un valoregiuridico di questa prescrizione normativa del significato di una parola. Una prima rispostaa questa domanda pu essere: l'art. 1321 apre il titolo Ii del Libro IV dedicato alla

    disciplina generale dei contratti, mentre i titoli successivi sono dedicati a singoli tipicontrattuali - , e questa parte generale (anch'essa con una funzione di economia, nel sensoche con essa la disciplina generale si enuncia una volta per tutte senza doverla ripetere ogni

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    15/128

    volta); ma per capire a quali rapporti si applica la disciplina generale dei contratti dobbiamoessere in grado di qualificare un rapporto come contrattuale o non contrattuale (per esempio: nel passaggio in macchina che un automobilista concede ad un autostoppistasiamo in presenza di un contratto di trasporto e si applicano le regole sulla responsabilit, oinvece siamo dinanzi a quelli che sono chiamati rapporti di cortesia, estranei ai rapporticontrattuali e forse pure al diritto?): ebbene, per rispondere a questo interrogativo e quindiapplicare o non applicare al caso in esame le norme generali sui contratti dobbiamostabilire se siamo o no in presenza di un contratto. Ed ecco che allora che ci serve conoscerela nozione di contratto: si vede quindi come la nozione di contratto abbia innanzituttouna funzione di delimitare il campo di applicazione di un certo corpus di norme, e per la

    precisione nel nostro esempio delle norme costituenti la disciplina generale delcontratto; questo comunque non esclude l'intervento dell'analogia, nel senso che anche ciche non contrattuale, se non disciplinato da una precisa disposizione di legge, devecomunque avere una disciplina, visto che il giudice nel nostro sistema non pu emetteresentenze di non liquet, perci se non trova nessuna norma applicabile, dovr usarel'analogia per colmare la lacuna che inevitabilmente si viene qui a determinare/riscontrare;ecco quindi che, anche se un rapporto non contrattuale - essendo lasciato fuori dalladefinizione di contratto - , se non disciplinato da alcuna altra norma e occorre comunquetrovare una norma che lo disciplini, con il ragionamento analogico. Pu anche darsi che allafine gli si applichi una norma della parte generale sui contratti; ma questo non toglie checomunque qui le norme sul contratto non si applichino direttamente, ma solo mediantel'analogia, per cui non fa venir meno l'importanza della definizione di contratto per delimitare il campo di applicazione delle norme generali sui contratti. Un ragionamentoanalogo a questo si pu fare anche per le obbligazioni(di cui nelle norme, come gi detto,non c' una definizione generale, ma solo un 'frammento di definizione' nell'art. 1174). Seriusciamo a costruire una definizione di obbligazione, essa potr servire a delimitare ilcampo di applicazione delle norme di parte generale sulle obbligazioni.Ma le definizioni hanno anche altre funzioni. Per capirlo si pensi a questo: noi troviamo la

    parola obbligazione anche in altre norme di parte generale, per cui trovare il significato della parola obbligazione ci serve anche, banalmente, a completare i precetti contenuti invarie disposizioni, a 'completare' la protasi (la fattispecie astratta) di varie norme.La parola obbligazione per, proprio perch designa una situazione giuridica soggettiva(il debito credito), ha una peculiarit rispetto ad altri termini tecnici (come ad esquelli che designano situazioni di fatto, sia pure giuridicamente qualificate): la peculiarit che tale parola (obbligazione) si pu trovare non solo nella protasi, ma tanto nella protasi(che definisce la fattispecie astratta della norma) quanto nell'apodosi (che definisce laconseguenza giuridica, riconnessa alla fattispecie astratta, cio il criterio/regola dirisoluzione del conflitto di interessi definito nella protasi). Cerchiamo di capire meglio,

    perch si tratta di un punto importante. Ad esempio l'art. 2043: Qualunque fatto doloso ocolposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto arisarcire il danno.Altro esempio l'art. 2030 (obbligazioni del gestore): Il gestore soggetto alle stesseobbligazioni che deriverebbero da un mandato. Anche qui abbiamo una prescrizione, cheindica a quali obbligazioni soggetto chi abbia gestito affari altrui in una delle situazioni

    descritte negli artt. precedenti.Come si vede, a volte la parola obbligazione si usa per stabilire una regola: ad una certasituazione di fatto, l'ordinamento ricollega la nascita di un'obbligazione (ad es. per

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    16/128

    restaurare una perdita generata da un atto illecito).Comunque, soprattutto nelle norme di parte generale, ritroviamo spesso la parolaobbligazione nella protasi. Pu sembrare strano che la parola obbligazione stia dentro la

    parte della norma contenente la definizione della fattispecie astratta. Vediamo qualcheesempio. Art. 1177 (obbligazione di custodire). L'obbligazione di consegnare una cosadeterminata include quella di custodirla fino alla consegna. Qui c' una protasi che contieneobbligazione. Come si vede, in casi come questi (elemento comune un po' a tutte le normedi parte generale) si rende l'obbligazione una fattispecie, cui ricollegare una determinataconseguenza giuridica: l'obbligazione la fattispecie che determina una conseguenzagiuridica, non la conseguenza giuridica. Ci in quanto le norme di parte generale nonstanno a riprodurre nelle protasi le fonti delle obbligazioni, ma vi inseriscono direttamentel'effetto del verificarsi di tali fonti, e cio le obbligazioni stesse (che qui, come gi detto,molto spesso si configurano come parte della fattispecie, cio inseriscono nella protasi giquello che l'effetto rispetto alla fattispecie come ad esempio l'art. 1372). Insomma: norme che riguardano le fattispecie (es. art. 1372); le norme che riguardano che riguardano le fonti usano il termine obbligazione

    nell'apodosi (cio la conseguenza giuridica); quando invece le norme di parte generale stabiliscono regole (ad es. ci dicono quali siano

    le modalit e le conseguenze della cessione del credito), sono norme costruite rispetto aduna protasi consistente nell'esistenza di un'obbligazione (che pure a sua volta unasituazione giuridica soggettiva), la parola obbligazione funziona come elemento della

    protasi (cio come fattispecie costitutiva, e non come conseguenza giuridica dellafattispecie costitutiva).

    Ora ci occuperemo di un tema che apparentemente sembrer un po' una divagazione, sitratta del modo di funzionamento dei ragionamenti tramite i quali si costruiscono ledefinizioni: si tratta di quello che si chiama costruzione giuridica o dogmatica giuridica:cio il modo in cui si costruiscono definizioni di concetti giuridici, e quindi attribuire unsignificato alle disposizioni che usano questi concetti. Perch diamo particolare importanzaa questo tema, che potrebbe sembrare meramente astratto? Perch indispensabile avere

    piena consapevolezza dell'uso degli strumenti concettuali del diritto, di come si formano e dicome devono essere impiegati. Come gi detto, non si tratta di qualcosa di avulso dalla

    pratica: infatti questi strumenti concettuali sono quotidianamente usati dagli operatori praticidel diritto (sono usate in ogni sentenza che decide un caso, nelle comparse scritte dagliavvocati in un giudizio, nei pareri che gli avvocati devono rendere, negli atti notarili chevengono rogati da un notaio, ecc.), insomma sono di uso comune; e proprio per questo, per usarli in modo pienamente consapevole, bisogna conoscere tutta l'elaborazione che staall'origine di questi strumenti concettuali. Quando parleremo pi approfonditamente dellanozione di obbligazione, la desumeremo da un insieme di norme che disciplinano ilrapporto obbligatorio. Ma d'altra parte c' un fenomeno circolare a questo riguardo: dauna parte le norme sono strumento di lavoro per costruire le nozioni teoriche, ma alcontempo esse usano tali nozioni, considerate come il prodotto di un lavoro di elaborazioneconcettuale con secoli di storia tra i giuristi e gli operatori pratici del diritto. Il significatodi obbligazione appare comunque particolarmente complesso, tanto che gli stessi

    codificatori, pur avendo dato definizioni legislative di altri termini, hanno preferito non dareuna definizione legislativa di obbligazione: ci perch uno dei termini con la maggior connotazione astratta, concettuale, e quindi si preferito lasciare pi flessibilit agli

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    17/128

    interpreti. Infatti , il rischio dell'uso di questi concetti che, se sono troppo rigidi, quandosi tratta di risolvere un caso si rischia di essere schiavi di essi e non avere quella duttilitindispensabile per cercare in qualche modo di adeguare i concetti alle esigenze poste daicasi singoli della realt concreta.

    Lezione del 5 MARZO

    L'impianto del Libro IV e la logica che presiede alla collocazione delle norme, muovedall'idea che ci siano accadimenti ai quali l'ordinamento riconduce come effetto, l'insorgeredi una rapporto obbligatorio. Ci ci induce a riferirci a una nozione unitaria di obbligazione,ossia alla parte generale delle obbligazioni (riguarda le norme che si applicano a tutti irapporti obbligatori. Per nei rapporti giuridici, vi sono delle variabili che mettono in crisi lanozione unitaria. Vi sono quindi, diverse fonti, norme speciali, che sono applicabili adalcune specie di obbligazioni contenute nello stesso Titolo I.Riprendiamo allora il discorso dalla nozione di obbligazione e approfondiamo le

    problematiche che riguardano i termini tecnici che sono necessari in un'ottica disemplificazione ( nelle realt concreta vi sono una moltitudine di dati, per cui al fine diregolarli necessario raggrupparli; questo per organizzare delle regole che disciplininol'agire umano).Quando si tratta di regolare le fattispecie concrete bisogna ritornare dalle elaborazioniconcettuali, intellettuali, ai fatti della vita, nella consapevolezza dello scontro che esiste fra idue piani. Per introdurre questo ragionamento prendiamo le norme da un paragrafo dellarelazione al codice civile del '42: al paragrafo 577, il legislatore ha rinunciato a dare unadefinizione di obbligazione (all'art 1174 abbiamo un segmento di definizione solorelativamente alla prestazione e anche questo segmento incompleto perch non dice cosasia la prestazione che una componente della nozione di obbligazione), essendo l'argomentoschiettamente dogmatico. Se si fosse

    precisato il concetto di obbligazione, si sarebbe esorbitato dal campo normativo invadendoquello della dogmatica. Si considerava quindi, non appropriato che l'attivit legislativaesprimesse definizioni, perch la funzione di definire concetti viene ritenuta dogmatica,

    propria della dottrina; l'idea sembra essere quella per cui la legge si esprime solo con precetti (per questa scelta non stata praticata con riferimento ai contratti ed ai tipicontrattuali), e nel momento in cui definisce invade il campo della dottrina. Tuttavia, si visto che in vari casi il codice d definizioni legislative, per cui, per cos, dire contravviene aquesta idea. A questo proposito, si discusso a lungo se le definizioni legislative abbianovalore vincolante oppure siano solo indebite invasioni di campo a danno della dottrina equindi in questo secondo caso la dottrina pu disattenderle. Su questo torneremo.Come si vede, dunque, nella relazione si dice che l'argomento schiettamente dogmatico.Qui abbiamo uno spunto per parlare della storia dei termini tecnici del diritto civile. Ilsignificato della parola dogma vario, e comunque tutti i significati che gli sono attribuitiin ambito giuridico hanno a che fare con la dogmatica giuridica; si dice che dogmavoglia dire dottrina, insegnamento, o anche proposizione fondamentale riguardante qualchedottrina o insegnamento, oppure secondo un secondo significato - decreto, decisione(questo secondo significato si aggiunge al primo conferendo una qualche normativit al

    dogma, in quanto dottrina/proposizione proveniente da una qualche autorit, legittimata nonsolo dalla sua autorevolezza, ma anche in qualche modo dalle stesse fonti del diritto.Come si arrivati, nella storia del diritto civile, a parlare di dogmatica? Se ne molto

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    18/128

    parlato. Oggi c' un dominante atteggiamento anti - concettualistico, che per secondoD'Angelo eccessivo perch tende a sottovalutare/negare l'importanza dei concetti deldiritto, dei quali abbiamo gi parlato, e che sono innegabili, visto che comunque il diritto fatto di concetti elaborati per maneggiare la realt (per risolvere conflitti di interesseche si determinino nella realt). Il diritto civile continentale, ma per certi versi anche lastessa common law, derivano dalla tradizione romanistica, cio una tradizione secolareche per molti secoli ha avuto il punto di riferimento fondamentale nei testi dellacompilazione giustinianea. In particolare, in epoca c.d. intermedia (tra compilazionegiustinianea e particolarismi giuridici), le fonti del diritto non erano quelle moderne(certamente non vi erano codici nel senso che Tarello ha chiamato moderno, anche se oggiqualcuno preferisce definirlo otto-novecentesco); la principale e pi autorevole fonte erala sapientia giuridica romana che promanava dai testi giustinianei. In particolare ebbemolta influenza il Digesto: era composto di proposizioni che derivavano da (o costituivano)

    pareri di giuristi romani: dunque aveva una struttura prevalentemente casistica, pi che sufattispecie astratte si ragionava su fattispecie concrete (il diritto romano aveva una fortedimensione pratica, pi che teorico-speculativa). Ma anche in questa dimensione fortementeimprontata alla pratica (alla concretezza, ai casi concreti), questi testi giuridici eranocostellati da termini tecnici (con significati a volte definiti ad es. di obligatio si trovanoalcune definizioni di Paolo nelle Istituzioni giustinianee a volte no). Certamente c'era unaforte elaborazione intellettuale nell'uso stesso di queste parole (al di l del fatto che vifossero vere e proprie definizioni). Nel medioevo questi testi furono commentati daglossatori e, in seguitonel rinascimento, furono oggetto di critiche (testi non interpretati in modo adeguato).I commenti e le glosse per avevano modernizzato i testi, adeguandoli alla realt (operareuna interpretatio: forma di organizzazione del diritto tramandato e tradotto in regoleattuale, che non l'interpretazione come la intendiamo oggi, ossia interpretazione puntualedi un testo legislativo - enucleando nozioni, concetti fondamentali). Continu cos, a

    perpetuarsi l'idea di queste entit, di questi concetti fondamentali: possesso, propriet,contratto, servit e cos via. Tutte costruzioni del pensiero giuridico basate su testigiuridici romani, che sopravvissero venendo elaborate ma mai accantonate nei secolisuccessivi, giungendo fino all'et contemporanea.

    Nell'Ottocento assistiamo ad una certa divaricazione nel panorama giuridico europeo, in particolare tra i Paesi che conoscono la codificazione (Francia, Italia, e in genere tutti i paesiche avevano subito la dominazione francese) e la Germania, dove la codificazione tard finoal 1900 e fu oggetto di grande dibattito , e anche l'Inghilterra (ma l'Inghilterra un caso

    peculiare). Con la codificazione si afferma l'idea che col diritto codificato vi sia un sistemagiuridico finalmente chiaro , diverso dal passato che non lo era; ormai la legge chiara, nonsono pi possibili sentenze contraddittorie, il sistema chiaro e completo, si tratta solo difare una giusta esegesi del diritto dei codici, e non a caso si parla in Francia a inizio 800 diEcole de l'exegese e viene posto il divieto di citare la dottrina nelle sentenze (divieto chein Italia permane ad es. ancora oggi pur essendosi ormai stemperati o superati determinatidogmi dell'epoca): il tutto sullo sfondo dell'idea montesquieuiana del giudice comesemplice bocca della legge, che non deve far altro che trarre dalla norma il precettoapplicabile al caso concreto sulla base di un semplice ragionamento logico.

    In verit, questi codici dell'Ottocento (di solito sul modello francese) sono s l'espressionedelle ideologie giuridico-politiche del periodo e segnano s importanti innovazioni, tuttavia sbagliato pensare ad una totale discontinuit, visto che comunque il materiale concettuale

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    19/128

    di base spesso sempre quello proveniente dai secoli precedenti e costruito a partire dal patrimonio romanistico (cos come elaborato nei secoli). Di tali concetti si servirono icodificatori. Per cui in tali codici ritroviamo spesso gli schemi intellettuali (concetti) dellatradizione precedente: essi perci penetrano anche nei codici, anche se magari in essi nontrovano una definizione normativa (sappiamo che non sempre essa presente). Questedisposizioni dei nuovi codici, molto spesso sono intrise di termini tecnici, che richiamanoelaborazioni concettuali, che affondano le loro radici nella tradizione precedente. Alla lucedi ci, nonostante quanto si tendeva ad affermare all'epoca (negando in pratica la realt), leincertezze e anche le ricchezze legate al vecchio patrimonio concettuale in realt

    permangono anche nei nuovi codici.In Germania invece non c'erano ancora i codici, ma l' usus modernus Pandectarum: l'ideadi fondo adattare il materiale giuridico tramandato, ad una realt profondamente mutatarispetto a quella di origine (idea che un po' c'era gi prima, ma con l'usus modernusPandectarum dell'800 emerge particolarmente). Non essendoci la codificazione inGermania, quella spinta al rinnovamento del materiale precedente si esprime attraversouna rinnovamento delle costruzioni concettuali precedenti: qui che si comincia a parlare didogmatica in senso forte e diffuso. Di fronte quindi, all'esigenza di risolvere i conflitti dellarealt in assenza di quella modernizzazione attuata con la codificazione, l'opera dimodernizzazione qui fu essenzialmente affidata all'opera di riflessione dei giuristi, i quali,dai testi, attraverso progressive generalizzazioni e costruzioni concettuali varie (e talvoltaanche esasperate), cercavano di costruire un' architettura di concetti , delle costruzioniconcettuali, che venivano legittimate da argomentazioni volte a sostenere che in realt talicostruzioni concettuali erano state costruite sugli stessi testi del diritto romano vigente, eche quindi si trattava di astrazioni ma comunque sempre basate su testi che in Germaniaconservavano forza di diritto vigente (questo era il modo per 'legittimare' queste costruzioniconcettuali). In particolare, la c.d. Scuola storica, che per dallo studio del diritto romanoformulava il c.d. diritto romano attuale (dal titolo della celebre opera di F. Von Savigny),

    portava avanti un'operazione mirante a costruire un sistema di concetti, sempre a partiredai testi romani ma mediante generalizzazioni e attribuzioni di significato (costruzioniconcettuali) molto libere. Sulla base di quale legittimazione? L'idea di base della ScuolaStorica era che il diritto fosse creazione del popolo, del c.d. spirito del popolo; lo spiritodel popolo si esprimeva innanzitutto attraverso il diritto consuetudinario (attraverso una

    prassi consolidata, che poi a volte viene anche recepita a livello scritto normativo o daigiuristi nelle loro opere: si crea diritto): in quest'ottica, si vedeva nei giuristi coloro i qualicompivano queste operazioni concettuali, dette dogmatica o costruzione (parola cheindica un'elaborazione tendenzialmente creativa) - come parte dello stesso popolo (ma partesapiente in diritto), gli unici legittimati che fossero in grado di esprimere lo spirito del

    popolo a livello giuridico, e quindi di essere coloro mediante i quali il popolo creavadiritto: i giuristi erano il popolo che creava diritto, la loro creazione del diritto era inqualche modo espressiva dello spirito del popolo (Volksgeist). Ci comportava un

    problema perch la dottrina diventava fonte del diritto nello stesso tempo.

    Idea di stampo giusnaturalistico: idea che la natura delle cose abbia un proprio modo diessere, che in qualche modo implica delle regole, quasi che (sulla base di visioni religiose,

    etiche, filosofiche,, ecc.) la natura o la natura dei rapporti umani gi di per scomportasse delle regole, che poi l'opera dei giuristi portava solo a sistemazione. Naturalmente quest'idea comportava il rischio di svincolare l'attivit dei giuristi da ogni

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    20/128

    riferimento normativo, e soprattutto rischi di elevata astrazione del diritto (anche se inqueste Scuole venne pi volte affermata la necessit che i concetti non fossero avulsi dagliinteressi, perch proprio nell'applicazione pratica ai conflitti tra interessi contrapposti cheil diritto assolveva la sua funzione, dunque comunque l'attivit dei giuristi doveva basarsisulla considerazione degli interessi in gioco).

    Nell'ottocento i giuristi italiani da un lato partecipavano alla nuova tradizione iniziata con lacodificazione, ma subirono anche forti suggestioni della dogmatica tedesca, suggestioni che

    per importarono nel loro ambiente, che era un ambiente codificato (a differenza di quellotedesco). Ci fu cos una tendenziale sovrapposizione tra il diritto codificato e il bagaglioconcettuale che si tendeva a importare dalla Germania. Un esempio: in Germania moltoimportante era la costruzione del negozio giuridico, espressione che non si trova n nelcodice italiano del 1865 n in quello del 1942 . L'idea alla base della costruzione delnegozio giuridico era: nei testi giustinianei troviamo varie regole relative a vari attiumani, che certo hanno differenze tra loro (il testamento e il contratto ad es. non sono affattola stessa cosa), ma tuttavia hanno anche degli elementi comuni; per esempio, il fatto diessere delle dichiarazioni, proposizioni (anche quando i contratti si esprimono tacitamente

    per fatti concludenti - tuttavia un modo di comunicazione analogo alla comunicazioneverbale: sono comunque segni/comportamenti comunicativi, che esprimono una volont, equesta espressione di volont un aspetto comune); altra caratteristica comune che sonoatti precettivi (atti privati che tendono a stabilire regole: regole diverse a seconda del tipo diatto, ma pur sempre regole), dunque elemento della precettivit. Con questo metodo diragionamento si costru una nozione pi generale, pi ampia di quelle di questi singoli atti(di quella di contratto, di quella di testamento, ecc.): appunto il concetto di negoziogiuridico. Una volta costruito tale concetto, si ha uno strumento intellettuale che consentedi stabilire regole in relazione ad un altro atto che magari non rientra in nessuno degli attitipici dai quali si sia ricavato il concetto di negozio giuridico, ma che tuttavia condividonocon essi quelle caratteristiche comuni ritenute caratterizzanti del negozio giuridico. Ilnegozio giuridico una costruzione che quindi pu calarsi (declinandosi in modospecifico) in varie realt concrete specifiche e diverse tra loro, che per hanno qualcosa incomune. Operazioni come quella prima descritta sono analoghe all'analogia. Per le normesull'analogia ad es. anche nelle attuali preleggi non sono espresse in modo coerente conquesta visione (cio con l'idea che vi siano concetti costruiti dai giuristi la dogmatica - daiquali si possono desumere regole); in verit l'analogia si basa sul riferimento alledisposizioni (art. 12 c. 2 preleggi: vedi norma), come se questo universo di concetti (dinozioni teorizzate dai giuristi) non esistesse. Nei sistemi codificati, il ragionamentoanalogico parte da un insieme di regole dalle quali si ricava un'altra regola . Invece, nelsistema tedesco non ancora codificato ecco che c' uno strumento enormemente pi riccoma anche pi libero (e per questa eccessiva libert anche pi pericoloso) che consiste nelcostruire concetti giuridici (seppur sulla base di testi normativi) e poi ricavare da essi regole

    per i casi concreti. In Italia il metodo dogmatico ebbe grande voga nell'Ottocento e anchenel Novecento.Per, quando i redattori del codice si trovarono dinanzi all'esigenza di far delle scelte, pur

    prendendo molto dalle elaborazioni della dottrina tedesca si mantennero comunque su una

    struttura fortemente ancorata alla legge, e quindi alle disposizioni del codice. Per far unesempio di ci: non troviamo alcuna disposizione del nostro codice civile che usil'espressione negozio giuridico.

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    21/128

    Una norma che rende un p pi concreto il discorso fatto finora (e che poi stata letta comeuna norma implicante una recezione del concetto di negozio giuridico), l'art. 1324.

    Non essendoci norme che diano una disciplina compiuta di atti unilaterali, si poneva un problema di lacuna. E allora si fece un ragionamento che aveva qualche parentela conl'elaborazione dogmatica tedesca sul concetto giuridico, ma tuttavia era pi inquadrata neinostri canoni tradizionali. Il frutto di questo ragionamento fu l'art. 1324, per il quale:

    Norme applicabili agli atti unilaterali.Salvo diverse disposizioni di legge, le norme cheregolano i contratti si osservono, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventicontenuto patrimoniale. Innanzitutto, si dice atti unilaterali tra vivi, e qui gi c' una

    presa di distanza da quella teoria del negozio giuridico, che invece tendeva a ricomprendereanche il testamento (sostanzialmente qui l'idea alla base invece quella per cui si ritiene cheil testamento abbia poco a che fare con i contratti): dovendo dare una direttiva di possibileutilizzazione in via analogia delle norme sui contratti, si lascia fuori gli atti unilaterali mortiscausa; ci si riferisce solo agli atti unilaterali tra vivi. Quindi, la scelta dell'art. 1324 quella di prendere le distanze dal negozio giuridico; qui non si tratta di trarre regole dauna concettualizzazione opera di giuristi, ma di dare un'indicazione di applicazione dinorme al di fuori del loro ambito di applicazione specifico, anche qui con la finalit dicolmare lacune, attraverso una diversa operazione: qui non si usa un concettoextranormativo per poi ricavarne delle norme, ma semplicemente si d un'indicazione dinorme di un certo contesto normativo da applicare in un altro contesto. Ci non toglie cheanche in questa materia abbia un ambito di applicazione l'analogia; ad esempio, abbiamodetto che l'art. 1324 tiene fuori il testamento; ma per il testamento si posto un problema dilacuna da colmare: mentre con gli artt. 1321 e 1322 si posto un corpus di regole chedisciplinano l'interpretazione dei contratti, per i testamenti ci non c'; la giurisprudenzaallora ha detto che, ragionando in via analogica (ma ci stiamo riferendo a quel analogia dicui all'art. 12 c. 2) si possono ricavare regole (canoni ermeneutici) idonee a disciplinare itestamenti anche se quest'ultimi sono esclusi dall'art.1324. Che differenza c' ? Unadifferenza che pu apparire sottile ma in realt sostanziale: mentre nell'art. 1324 abbiamouna direttiva della legge che indirizza l'interprete nel senso di applicare le norme suicontratti anche agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, nell'art. 12 c. 2 delle

    preleggi non abbiamo una direttiva positiva di applicazione di certe norme in un certoambito, ma solo una direttiva ben pi generica (non cos specifica) che quella dell'art. 12c. 2 (qui il giudice ha una discrezione pi ampia, pur temperata dal fatto che egli devecomunque osservare i criteri fissati per l'applicazione analogica, cio interrogarsi sullasomiglianza tra i casi in questione e in particolare domandarsi se la regola che trova in unanorma su un caso simile sia fondata su una ratio che sia consigliabile adottare per ladisciplina del caso non risolto).Tutto questo discorso ci serve per capire come in realt non si possa fare a meno dei concettigiuridici, come le norme stesse siano permeate di concetti giuridici: i termini tecnici (checorrispondono a concetti giuridici) sono penetrati nelle norme. Abbiamo visto come tuttoil titolo IV sia permeato dalla parola obbligazione. Dunque, non si pu far a meno diinterrogarsi sul significato da attribuire a determinati concetti . Si legittima cos l'attivit diricerca, di precisazione del significato di questo concetto, si capisce dunque l'importanza diquell'attivit chiamata dogmatica: parola fuori moda oggi , anche se ormai c' una sorta di

    pudore a usare la parola dogmatica e la parola concetto (sull'onda della tendenzaanticoncettualistica oggi dominante): ma cos si perde di vista che la dogmatica in realt sicontinua a fare , perch non se ne pu far a meno. Il problema saper usare certe entit

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    22/128

    concettuali.Per molto tempo questi concetti ai quali si riferiscono i termini tecnici del discorso giuridicosono stati considerati come se fossero delle entit ontologiche, con una loro esistenzaanteriore alle disposizioni di legge, quasi che le disposizioni di legge fossero il frutto ditali concetti, gi esistenti prima, in una dimensione per cos dire metafisica. Invece,l'approccio positivo ha tentato sempre di costruire queste nozioni con aderenza almateriale normativo, quale che fosse (in altra epoca era il Digesto e in generale il dirittogiustinianeo): l'idea di questo approccio, che quello che noi preferiamo, che la nozionenon possa che essere costruita sulla base della stessa disciplina normativa: il concetto non sicostruisce inventandolo ex novo, ma desumendolo per via induttiva dalle disposizioni dilegge (es.: se tot disposizioni di legge , in certi contesti normativi, usano la parolaobbligazione, ricollegandovi determinati effetti giuridici, in base ad esse ricostruisco invia generale il concetto di obbligazione). Naturalmente questo pu creare ilrischio/impressione di un circolo vizioso: pu sembrare contraddittorio desumere ilsignificato delle norme dalle stesse norme come dati di partenza. Ma non bisogna pensareche i significati delle nozioni debbano sempre essere , in ogni disposizioni, uguali a sstessi, o meglio uguali ad un presunto ente logico generale di riferimento, sempre uguale as stesso in ogni caso. Infatti, le variabili dei diversi casi concreti si possono riflettere nellesingole norme, per cui pu accadere ad es. che un certo concetto giuridico in una certanorma debba intendersi in modo pi ristretto che in un altra. Ad esempio, le norme sullacessione di credito, trattano il credito come bene (come porzione di ricchezza), e allora cisarebbe da dubitare che le norme sulla cessione di credito possano essere applicabili a queicrediti (di cui abbiamo parlato in precedenza) che in realt non rappresentano un credito(per esempio: nella promessa di mutuo della quale si detto in precedenza nonrappresenta ricchezza per i motivi gi spiegati in precedenza le regole sulla cessione dicredito sono applicabili? D'Angelo direbbe di no, perch in realt qui c' piuttosto unacessione del contratto di promessa di mutuo, pi che gestione del credito). Si deve quindicapire che, ancor prima di definire il concetto di obbligazione, dobbiamo sapere che aseconda dei contesti particolari potremmo trovarci di fronte a delle variazioni significato,a delle diverse declinazioni di questo concetto (e l'esempio di prima una prova di ci).Ad es., si pu dire che nel contesto delle norme sulla cessione di credito, credito non vuoldire qualunque tipo di diritto ad ottenere l'esecuzione della prestazione dell'altra persona, masembra alludere solo a quei diritti di credito in cui il credito rappresenti ricchezza per il

    patrimonio del creditore.

    11/03/2013Come abbiamo detto, ci troviamo dinanzi al Titolo I del Libro IV. Abbiamo visto comequeste norme, in particolare gli artt. 1173 e1174, risultino improntate ad uno schemaintellettuale, ad una logica teorica che sta dietro le norme. Da quelle disposizioni non sitraggono direttamente dei precetti, ma una presentazione dell'assetto teorico-sistematico chesta dietro al Libro IV. Abbiamo detto che l'art. 1173 scompone l'universo dei rapportiobbligatori in fonti, secondo una logica che ricollega, sia pure con la mediazionedell'ordinamento, l'insorgere della situazione giuridica soggettiva a quegli eventi o

    accadimenti che costituiscono le fonti delle obbligazioni. Queste norme generali sulleobbligazioni presuppongano l'idea delle obbligazioni come un ente sempre uguale a sstesso, e si applicano indifferentemente a tutti i rapporti che presentino i caratteri propri del

  • 7/27/2019 DIRITTO CIVILE II (Appunti Completi)[1]

    23/128

    rapporto obbligatorio, e cio dell'obbligazione del credito. Obbligazione e prestazionecome sappiamo non sono definiti dalle norme.Abbiamo detto che occorre ricercare la definizione di obbligazione. L'esigenza diidentificare il significato della parola obbligazione deriva proprio dall'esigenza di capire aquali rapporti si riferisce la disciplina generale delle obbligazioni , nonch per completarel'attribuzione di senso a tutte quelle norme che contengono il termine obbligazione.Traspare cos il rilievo pratico di questi problemi; risolverli infatti necessario per attribuiresignificato a varie disposizioni, il quale condiziona la portata delle disposizioni stesse cheriguardano i conflitti di interesse che sorgono nella realt. Prima di addentrarci nella ricercadi una qualche definizione di obbligazione, ci siamo posti delle domande pi generali, ecio: non solo l'obbligazione che penetrata come schema di pensiero nelledisposizioni, ma queste disposizioni del codice sono ricchissime di termini tecnicicaratterizzati da astrazione e generalizzazione, le quali evocano tutto l'insieme delledisposizioni. Questo crea per una specie di circuito logico che rischia di essere inestricabile(come abbiamo detto l'ultima lezione), visto che le norme si interpretano in base alsignificato attribuito alle parole presenti, ma il significato di tale parole si ricava in base allenorme in cui sono usate (insomma, c' una sorta di feedback, il significato delle disposizioni desumibile dalle stesse disposizioni, ma allo stesso tempo serve ad attribuire significatoalla disposizione stessa).

    Ora andiamo avanti, continuando un percorso che ci dovr poi portare a individuare unaqualche, pur precaria, definizione di obbligazione.Come gi detto, la dogmatica ottocentesca (soprattutto in Germania), tendeva a costruireconcetti giuridici non basandosi su testi normativi (non c'era ancora il codice), ma per via dicreazione dottrinale di queste figure. Quindi c'era poi la problematica del vaglio dellarispondenza di queste nozioni elaborate dalla dottrina alla realt dei rapporti. Nei nostrisistemi codificati invece il problema diverso, infatti questi concetti erano penetrati nellenorme: ecco dunque che si tratta non pi di concetti elaborati dalla dottrina (peraltro anchein passato erano elaborati dalla dottrina ma pur sempre sulla base dei testi giustinianei e in

    parte del Digesto), ma concetti presenti in testi legislativi: questo rende ancor pi stringenteil problema di attribuire un significato a questi concetti e corrispondenti parole, altrimentinon si riuscirebbero ad applicare le relative disposizioni. Vi il problema di discernerequanto le nozioni derivino realmente dai testi normativi e quanto invece siano mero frutto dicreazione dottrinale; questo pone un problema relativo alle fonti del diritto: attribuzione disignificato con interpretazione della legge e in particolare con l'analogia.Il problema quello delle lacune dell'ordinamento: dinanzi all'infinita variet dei casi , si

    pone sempre il problema dell'effettiva corrispondenza dei precetti alla realt dei rapporti.Per aumentare lo spettro