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203 D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA 1 La Riforma protestante e la Controriforma cattolica. La spettacolarizzazione della religione e il disciplinamento della società 2 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della società (testi storiografici e documenti di storia locale) 1 LA RIFORMA PROTESTANTE E LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA SPETTACOLARIZZAZIONE DELLA RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO DELLA SOCIETÀ 0 I significati storici della Riforma e della Controriforma LA RIFORMA PROTESTANTE 1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici 1.1.1 Chiesa e movimenti riformatori durante il medioevo 1.1.2 I "mali" della Chiesa 1.1.3 L'indulgenza tedesca del 1517 e la rivolta di Lutero 1.1.4 La teologia luterana (vedi anche 1.2.4, 1.2.6 e 2.2) Una religiosità angosciata Il pessimismo antropologico La giustificazione per fede Il sacerdozio universale 1.2 Gli aspetti socio-politici 1.2.1 La diffusione della Riforma 1.2.2 Gruppi sociali e riforma 1.2.3 La rivolta dei cavalieri 1.2.4 La rivolta dei contadini e la Riforma radicale La rivolta dei "12 articoli" Müntzer e i riformatori radicali (vedi anche 1.1.4, 1.2.6 e 2.2) La sopravvivenza della Riforma radicale: gli anabattisti 1.2.5 La riforma dei principi Lo scontro impero-principi 1.2.6 La diffusione della Riforma in Europa Calvino (vedi anche 1.1.4, 1.2.4 e 2.2) La teologia calvinista Il nuovo rapporto con il mondo L’area luterana e l’area calvinista La Riforma in Italia 1.3 Gli aspetti psico-sociali (vedi lettura Fromm "Il significato psicologico delle dottrine di Lutero e Calvino", in Corso di Filosofia Moderna, pag. 24-40) Cronologia 1517 Lutero pubblica le tesi contro ________________ 1518 _________ condanna le tesi di Lutero 1521 Carlo V condanna Lutero primi anni venti _________________________________________ _____________ Rivolta dei contadini fine anni venti Tentativi di conciliazione da parte di Carlo V _____________ Scontro tra principi riformati e principi cattolici (Lega di Smalcalda) inizio anni quaranta______________________________________ 1546- 1555 _______________________________________ Abdicazione di Carlo V Riconoscimento del diritto dei principi _________________________ Coloro che aspiravano a una riforma della chiesa nel corso del XV sec. avevano criticato: 1 - ______________________________________ 2 - la monetizzazione del potere spirituale: a - _______________________________ b -________________________________ __________________________________ Atteggiamento umanisti: 1 - ______________________________________ 2 - ______________________________________ Significati storici della Riforma e della Controriforma: 1 - rottura _______________________________ 2 - ____________________________________ al fine di a - ____________________________ b - ____________________________

D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

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Page 1: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

203

D – L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

1 – La Riforma protestante e la Controriforma cattolica. La spettacolarizzazione della

religione e il disciplinamento della società

2 - Spettacolarizzazione della religione e disciplinamento della

società (testi storiografici e documenti di storia locale)

1 – LA RIFORMA PROTESTANTE E LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA

SPETTACOLARIZZAZIONE DELLA RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO

DELLA SOCIETÀ

0 I significati storici della Riforma e della Controriforma

LA RIFORMA PROTESTANTE

1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici

1.1.1 Chiesa e movimenti riformatori durante il medioevo

1.1.2 I "mali" della Chiesa

1.1.3 L'indulgenza tedesca del 1517 e la rivolta di Lutero

1.1.4 La teologia luterana (vedi anche 1.2.4, 1.2.6 e 2.2)

Una religiosità angosciata

Il pessimismo antropologico

La giustificazione per fede

Il sacerdozio universale

1.2 Gli aspetti socio-politici

1.2.1 La diffusione della Riforma

1.2.2 Gruppi sociali e riforma

1.2.3 La rivolta dei cavalieri

1.2.4 La rivolta dei contadini e la Riforma radicale

La rivolta dei "12 articoli"

Müntzer e i riformatori radicali

(vedi anche 1.1.4, 1.2.6 e 2.2)

La sopravvivenza della Riforma radicale:

gli anabattisti

1.2.5 La riforma dei principi

Lo scontro impero-principi

1.2.6 La diffusione della Riforma in Europa

Calvino (vedi anche 1.1.4, 1.2.4 e 2.2)

La teologia calvinista

Il nuovo rapporto con il mondo

L’area luterana e l’area calvinista

La Riforma in Italia

1.3 Gli aspetti psico-sociali (vedi lettura Fromm "Il significato psicologico delle

dottrine di Lutero e Calvino", in Corso di Filosofia Moderna, pag. 24-40)

Cronologia

1517 Lutero pubblica le tesi contro ________________

1518 _________ condanna le tesi di Lutero

1521 Carlo V condanna Lutero

primi anni venti _________________________________________

_____________ Rivolta dei contadini

fine anni venti Tentativi di conciliazione da parte di Carlo V

_____________ Scontro tra principi riformati e principi cattolici

(Lega di Smalcalda)

inizio anni quaranta______________________________________

1546- 1555 _______________________________________

Abdicazione di Carlo V Riconoscimento del diritto dei

principi _________________________

Coloro che aspiravano a una riforma della chiesa nel

corso del XV sec. avevano criticato:

1 - ______________________________________

2 - la monetizzazione del potere spirituale:

a - _______________________________

b -________________________________

__________________________________

Atteggiamento umanisti:

1 - ______________________________________

2 - ______________________________________

Significati storici della Riforma e della Controriforma:

1 - rottura _______________________________

2 - ____________________________________

al fine di a - ____________________________

b - ____________________________

Page 2: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

204

LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA SPETTACOLARIZZAZIONE DELLA

RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO DELLA SOCIETÀ

2.0 L’uso del termine Controriforma

2.1 La convocazione del concilio di Trento

2.1.1 Oppositori e fautori del concilio (vedi anche 1.2.5)

2.1.2 Il concilio e la mancata conciliazione

2.1.3 Gli effetti storici del concilio

2.2. La definizione della dottrina cattolica

(vedi anche 1.1.4 e 1.2.4, 1.2.6)

2.2.1 La riaffermazione del ruolo della chiesa

2.2.2 La teologia tridentina

Peccato, grazia, sacramenti

Il sacerdozio

Il divieto di interpretare la Bibbia

La sacralità della tradizione ecclesiastica

2.3 La riorganizzazione del clero (vedi anche 2.2.1)

2.3.1 La moralizzazione della vita del clero

2.3.2 I nuovi ordini religiosi: i gesuiti

2.4 La riorganizzazione del culto e la lotta all'eresia

2.4.0 Concilio, fedeli e culto

2.4.1 La lotta all'eresia

La santa inquisizione (vedi anche 2.5.7)

L'indice dei libri

2.4.2 Il nuovo modello di vita religiosa (vedi anche 2.2.2)

La spettacolarizzazione della religione

I luoghi di culto

Le forme di culto

2.5 Il disciplinamento della società

2.5.1 Una società omogenea e obbediente

2.5.2 Repressione e cristianizzazione

I “mali” della cultura popolare

L’azione della chiesa

La repressione del Carnevale e della vita sessuale

2.5.3 Gli strumenti del controllo

Diocesi e visite pastorali

Le parrocchie e le confraternite

Le missioni popolari e "la pastorale della paura"

2.5.4 La caccia alle streghe

Il processo psicologica del capro espiatorio

Le credenze sulle streghe

Il ruolo della tortura (vedi anche 2.4.1)

La fine dei processi per stregoneria e la rivoluzione

mentale del seicento

Nei confronti di culti e fedeli l'azione del Concilio

si indirizzò verso due direzioni:

A - _____________ ___________________

B - il disciplinamento:

1 ______________________________

2 ______________________________

La moralizzazione del clero

Nuovo ruolo del clero necessità _________________

Provvedimenti presi dal concilio:

1 ________________________________________________

2 obbligo ai vescovi di compiere ________________________

3 abolizione del cumulo dei benefici ecclesiastici

4 __________________________________________________

5 __________________________________________________

La "pastorale della paura"

La minaccia dell'inferno e l'eternità della condanna

Inferno dantesco Inferno delle "missioni"

Ordinato e spazioso ____________________

_________________ Assoluta prevalenza del

fuoco (fuoco intelligente)

Compiacimento di Dio nei

confronti _____________

Centralità dei sacramenti

Centralità_________________

Vita religiosa = partecipazione a __________________

celebrate da _______________________

fenomeno collettivo e _________________

Spettacolarizzazione della religione

Page 3: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

205

A - LA RIFORMA PROTESTANTE

1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma

1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici

1.2 Gli aspetti socio-politici

1.0 I significati storici della Riforma e della Controriforma

La Riforma protestante ha assunto un significato rivoluzionario, di profonda rottura

nella storia europea in quanto ha modificato una delle caratteristiche peculiari della

società europea medioevale: l’unità religiosa. Quella che noi oggi chiamiamo Europa

veniva allora chiamata Cristianità. Se l’unità politica della cristianità era in parte stata

un miraggio e comunque le pretese universalistiche dei papi o degli imperatori erano

ormai definitivamente tramontate, poiché era in atto il processo di formazione degli

stati nazionali e regionali, la cristianità rappresentava, ancora all’inizio del

Cinquecento, un legame culturale molto forte costituendo quello che era il valore

fondamentale dell’uomo medievale, la religione.

La riforma luterano, insieme alle altre confessioni protestanti quali il calvinismo, sancì

la definitiva rottura di questa unità che finì per provocare, nei secoli XVI e XVII, una

serie continua di scontri, di guerre di religione.

All’interno di questi scontri la Riforma protestante e la seguente Controriforma

cattolica, voluta dal Concilio di Trento, ebbero una seconda conseguenza di portata

storica poiché contribuirono ad accrescere l’importanza delle istituzioni sociali, quali

la Chiesa e lo Stato, nella vita dell’individuo promuovendo un processo che gli storici

hanno definito di disciplinamento e di acculturazione della società. Tale processo

costituisce il tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita

della popolazione al fine di ottenere una società culturalmente meno differenziata e più

pronta ad obbedire ai poteri centrali (Stato e Chiesa) in maniera più automatica.

Il processo di disciplinamento e di acculturazione possono essere descritti come il

tentativo di sradicare una serie di comportamenti, dal gioco alla mendicità o ai

comportamenti sessuali, usanze e tradizioni, quali il carnevale, pratiche e credenze,

come quelle etichettate come stregoneria, sostituite da altre ritenute corrette. La

religione, quella protestante come quella cattolica, venne utilizzata come principale

strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo

dell’obbedienza.

Proprio perchè l’identità europea era fortemente caratterizzata dalla religione cristiana

e perchè la rottura di questa identità si accompagnò ad un accentuarsi del processo di

disciplinamento della società la Riforma e la Controriforma coinvolsero aspetti non

solo teologici ed ecclesiastici ma anche socio-politici e psico-sociali. La nostra analisi

esaminerà, dunque, Riforma e Controriforma sulla base di questi tre aspetti. Per gli

aspetti psico-sociali vedi lettura Fromm "Il significato psicologico delle dottrine di

Lutero e Calvino", in Corso di Filosofia Moderna, pag. 24- 40)

I SIGNIFICATI STORICI DELLA

RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA

I SIGNIFICATI STORICI DELLA RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA

Page 4: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

206

1.1 Gli aspetti teologici ed ecclesiastici

1.1.1 Chiesa e movimenti riformatori durante il medioevo

1.1.2 I "mali" della Chiesa

1.1.3 L'indulgenza tedesca del 1517 e la rivolta di Lutero

1.1.4 La teologia luterana

C'è un filo continuo tra le richieste di riforma della Chiesa che avevano attraversato il

Medioevo e quelle che si svilupparono nel Cinquecento; la denuncia di mali, errori,

deviazioni, compromessi, l'ansia del rinnovamento, il bisogno di un ritorno alle

origini, che avevano caratterizzato i movimenti medievali di dissidenza religiosa, si ri-

trovavano ora nelle parole delle nuove generazioni di riformatori.

Nei confronti dei movimenti riformatori, durante il Medioevo, la Chiesa o aveva

finito per riassorbirli al suo interno accogliendone le istanze più propriamente

religiose, come ad esempio nel caso del movimento francescano, o era ricorsa alla

repressione, quando i movimenti ereticali davano voce a richieste di più radicali

mutamenti politico-sociali, utilizzando i tribunali della Santa Inquisizione e la sua

alleanza con il potere politico.

All’inizio del Cinquecento c'era una profonda differenza rispetto al passato, perché i

problemi che avevano afflitto la Chiesa medievale, e tuttora operanti, si intrecciavano con

nuove difficoltà determinate dalle trasformazioni che avevano investito la Stato

pontificio e la figura del papa, capo universale della cristianità. La Chiesa-Stato cresciuta

tra Quattro e Cinquecento, le caratteristiche della monarchia papale, la rigida struttura

della curia romana e dell'apparato amministrativo ecclesiastico, diventarono

inevitabilmente bersagl io di aspre polemiche dove le tradizionali denunce e richieste di

riforma erano alimentate da nuovi disagi e motivi di scandalo nel corpo della cristianità. Due

fattori colpivano in modo particolarmente doloroso l'opinione pubblica cristiana

denunciando quella che possiamo chiamare la pratica della monetizzazione del potere

spirituale. Innanzitutto la separazione tra beneficio e ufficio, cioè tra la rendita legata al

conferimento di un determinato ufficio (parroco, vescovo) e l'esercizio dei

corrispondenti doveri di cura delle anime. Parrocchie e vescovadi erano per lo più

assegnati in cambio di favori politici, per esempio ai figli cadetti di famiglie eminenti, che

si disinteressavano poi del proprio ufficio, affidando a pagamento a dei sostituti il compito

di assicurare un minimo di assistenza spirituale ai fedeli. In secondo luogo veniva il ricorso

a multe in denaro per sanare irregolarità e infrazioni, per esempio vendendo indulgenze o

bolle di assoluzione dai peccati. Con le somme così ottenute la Chiesa cercava di

compensare la diminuzione delle proprie entrate fiscali a causa delle concessioni fatte ai

sovrani. La bolla del 13 settembre 1517 con cui il papa Leone X concedeva, dietro

adeguato pagamento, l'indulgenza plenaria a chi si fosse pentito dei propri peccati, sarebbe

diventata il motivo occasionale di manifestazione della rivolta luterana.

Durante il Quattrocento la denuncia dei mali della chiesa si era espressa oltre che nel

risorgere dei movimenti ereticali, quali quello di Wycliffe o degli hussiti, in cui erano

presenti forti istanze politiche e sociali, come spesso nel Medioevo e come avvenne ancora

per i riformisti protestanti più radicali, anche nella cultura dotta elaborata dagli umanisti.

Si trattava di una piccola minoranza colta che aveva avanzato la richiesta di una religione

più intima, che non si risolvesse in un sistema di pratiche e devozioni esteriore o andava

elaborando un punto di vista più laico al cui interno l’azione della Chiesa veniva valutata,

al pari delle altre istituzioni umane, in termini politico-sociali.

Tornando alla pratica delle indulgenze, che come abbiamo detto fu il motivo occasionale

della rivolta luterana, la dottrina comunemente accettata diceva che Gesù e i santi

avevano creato un grande tesoro di indulgenze cui il papa e il suo clero potevano far

accedere i fedeli. Da queste indulgenze il papa poteva trarre all'infinito la remissione

delle pene di cui giustamente i cristiani dovevano aver terrore, ma non tanto da

disperare di ricevere all'occorrenza aiuti sostanziosi. La teoria e la pratica delle

LA RIFORMA PROTESTANTE

GLI ASPETTI TEOLOGICI ED

ECCLESIASTICI

CHIESA E MOVIMENTI RIFORMATORI DURANTE

IL MEDIOEVO

Le strategie della chiesa nei confronti dei

_____________________ nel medioevo:

a - ______________________________

istanze _________________________

b - _______________________________

istanze ____________________________

I "MALI" DELLA CHIESA

___________________________

+

______________________________

_________________________________

1 - ________________________________

___________________________________

2 - ________________________________

Riformatori ______________________:

a - ________________ e ______________

istanze ____________________________

b - ________________________________

istanze:- ____________________________

- ____________________________

L'INDULGENZA TEDESCA DEL 1517 E LA

RIVOLTA DI LUTERO

La giustificazione ____________________

Page 5: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

207

indulgenze erano ormai degli elementi consolidati della dottrina cattolica, anche se

non era del tutto chiaro se esse si riferivano solo alle pene inflitte dalla Chiesa

stessa, da scontare dopo la morte in purgatorio, o anche alle pene del purgatorio

inflitte direttamente da Dio.

Se il papa aveva le chiavi della banca delle indulgenze, l'alto clero aveva a sua

volta stretti rapporti anche con le banche terrene tenute dai finanzieri italiani e

tedeschi. All'inizio del 1515 la confusione fra le due banche si era manifestata

apertamente quando Alberto Hohenzollern (la cui famiglia teneva il ducato di

Brandeburgo), già titolare di due importanti diocesi, aveva chiesto per sé anche il

più importante vescovado di Germania, quello di Magonza. Questo cumulo di cariche

era proibito, ma Leone X aveva dichiarato di essere disposto ad autorizzarlo dietro

il pagamento di 10 000 monete d'oro. Alberto se li fece anticipare dal banchiere Jacob

Fugger e per poterli restituire concordò con il papa il bando di un'indulgenza della

durata di due anni. Gli introiti costituiti dalle offerte dei fedeli sarebbero stati quindi

spartiti a metà: una parte avrebbe rimborsato i Fugger, l'altra parte sarebbe servita a

Leone X per pagare le spese della costruzione della nuova basilica di San Pietro a

Roma: i peccati degli uomini sarebbero dunque stati trasformati in marmi, colonne,

lusso sacro. La vendita delle indulgenze nelle regioni tedesche iniziò nel 1517 e fu

diretta con sconcertante spregiudicatezza.

Quando i mercanti della salvezza giunsero ai confini della Sassonia, Lutero si

affrettò a mettere in guardia i suoi parrocchiani di Wittenberg: secondo il monaco

agostiniano il papa non aveva nessun potere di sostituirsi al giudizio di Dio e i frati

domenicani che predicavano l'indulgenza mettevano in grave pericolo l'anima di

chi pensava di poter risolvere così facilmente le proprie pendenze con Dio. Questa

condanna delle indulgenze trovava un solido fondamento teorico nelle convinzioni

cui Lutero era giunto in quegli anni e perciò egli si mise ad argomentarla redigendo

95 brevi enunciati da porre in discussione presumibilmente all'interno

dell'università, visto che queste "tesi" erano scritte in latino. Era la fine di-ottobre

del 1517: qualcuno tradusse in tedesco le tesi, un tipografo le stampò ed esse fecero

il giro della Germania. Cosa dicevano queste tesi? Che il papa non poteva rimettere

nessuna pena, se non quelle imposte dalla Chiesa stessa; che il papa non poteva.

cancellare nessuna colpa; che sarebbe stato dannato in eterno chi avesse creduto

alla propria salvezza sulla base delle indulgenze; che il papa non avrebbe dovuto

procurarsi denaro con questi mezzi empi.

Molti erano già da sé persuasi della giustezza di queste tesi e vedendole espresse con

tanta chiarezza le appoggiarono con forza, a partire dallo stesso duca elettore di

Sassonia, Federico il Savio. Questi aveva riempito la cattedrale di Wittenberg con

17 433 reliquie (fra cui una spina autentica della corona di Gesù e 4 capelli di Maria),

ma le parole di Lutero lo turbarono. Le tesi furono inviate a Roma, mentre in

Germania la polemica fra Lutero e i partigiani delle indulgenze diventava rovente.

I torchi dei tipografi si misero in movimento e il paese fu invaso da opuscoli,

libelli, manifesti, vignette satiriche; Lutero si accorse di possedere eccellenti qualità

di polemista - la violenza verbale, il senso dell'umorismo, la logica stringente - e

l'indignazione crebbe in lui fino a farlo scendere in lizza senza paura contro i suoi

avversari: “Devo parlar rozzo per teste rozze; vedo che l'asino non intende la

musica e che gli si devono mettere davanti i cardi”.

Nell'estate 1518 dalla corte pontificia partì la prima condanna delle tesi di Lutero,

che si accorse però di aver trovato un protettore in Federico il Savio: nonostante le

insistenze del papa, l'elettore di Sassonia si rifiutò di mandare Lutero a Roma

perché fosse processato come eretico. Il 1519 fu l'anno dell'elezione imperiale, e il

caso del monaco tedesco passò in second'ordine, ma subito al principio del 1520 la

curia romana emanò una nuova e più articolata condanna, in una bolla che

cominciava con le parole Exurge Domine (15 giugno). Ancora una volta Federico

intervenne a favore del suo protetto e chiese che Lutero fosse ascoltato alla prima

dieta imperiale dopo l'elezione di Carlo V, che doveva tenersi nella primavera del

1521. Quando ciò avvenne erano passati già più di tre anni dall'inizio della contesa,

delle indulgenze

L’indulgenza del __________

Le ______________________

la loro _________________________ e

________________________________

gli argomenti :

1 _________________________________

__________________________________

2 - ________________________________

___________________________________

3 - ________________________________

__________________________________

Lutero ____________________________

La prime due ____________________

papali

La protezione del ___________________

Page 6: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

208

il fronte dei partigiani di Lutero si era allargato e le idee del monaco si erano ormai

inserite in processi di trasformazione culturale e politica assai più complessi e in

atto da molto tempo.

Nato a Eisleben, in Sassonia, il 10 novembre 1483, il giovane Lutero decise, nel 1505,

di entrare in convento. Il suo obiettivo era quello che tutti i monaci, prima di lui, per secoli

avevano perseguito: fuggire il mondo e i suoi pericoli, rifugiarsi nel monastero per

poter concentrare tutte le proprie energie nella preghiera e nella meditazione, in una

parola raggiungere la pace dell'anima, la fiduciosa certezza della salvezza eterna.

Tuttavia, il giovane monaco Lutero aveva interiorizzato più di altri suoi contemporanei

quella terribile concezione del divino che si era imposta nell'immaginario cristiano a

partire dalla metà del XIV secolo. Lutero, in convento, per quanto si sforzasse di essere un

buon monaco, percepiva se stesso come perennemente in debito nei confronti di Dio.

Era convinto, infatti, di essere senz'altro destinato alla dannazione eterna e, più in

generale, che l'uomo non fosse assolutamente in grado, con le sue forze, di raggiungere il

Paradiso. Lutero raccontò in seguito molte volte i violenti turbamenti della sua coscienza,

le paure, le angosce che gli impedivano di trovare la pace. Il senso del peccato lo

perseguitava, si confessava continuamente tenendo impegnato anche per alcune ore il suo

confessore ad ascoltare una estenuante ricerca dei più piccoli peccati.

L'esperienza spirituale del giovane Lutero, dunque, ci appare quella tipica di un

cristiano tardomedievale che, educato a considerare Dio prima di tutto come un giudice

terribile, giunge alla conclusione che nessuno, agli occhi di Dio, può essere giusto. Gli

uomini, quindi, non devono fare altro che aspettarsi, da parte di Dio stesso, la punizione

dei loro peccati, per mezzo delle eterne sofferenze infernali. Nel 1512, Lutero divenne

professore di Sacra Scrittura all'università di Wittenberg; incaricato di tenere, negli

anni 1515-1516, un corso sulla Lettera ai Romani dell'apostolo Paolo, trovò

finalmente in essa la risposta al suo dramma angoscioso. In quello scritto

neotestamentario, innanzi tutto Lutero trovò espresso un pessimismo antropologico del

tutto simile a quello che personalmente aveva maturato. Paolo, infatti, scriveva: «Io so che

in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la

capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.

Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me»

(Lettera ai Romani, 7, 18-20). Proprio in questa irresistibile tendenza verso il male

consiste, per Lutero, l'eredità del peccato originale, che ha completamente cancellato

nell’uomo ogni capacità di attuare il bene, lo costringe a commettere solo azioni malvagie

e gli impedisce di rispettare i comandi di Dio.

Su questa concezione antropologica pessimistica si fonda la teologia luterana che si

presenta come una riproposta della teologia paolina. Infatti, Paolo, nel momento in cui

smaschera come illusoria e assurda ogni pretesa di giungere con le sole forze umane alla

salvezza ultraterrena, offre pure un consolante annunzio liberatorio: la cosiddetta

giustificazione mediante la sola fede.

Per Paolo (e per Lutero), essere giustificati (= essere trattati come giusti = essere salvati)

da Dio sulla base dei propri meriti, delle proprie opere buone, è assolutamente

impossibile, visto che - come già abbiamo detto - gli uomini tendono fin dalla nascita

solo verso il male.

Tuttavia, la sorte dell'umanità non è la dannazione generalizzata; infatti, come Paolo

annuncia in numerosi passi della Lettera ai Romani, la croce di Cristo ha cancellato le

conseguenze del peccato, nel senso che il castigo per il peccato stesso si è integralmente

riversato sul Figlio di Dio crocefisso. Di conseguenza, Dio ci tratta da giusti, ci

giustifica, ci salva, anche se siamo peccatori, mentre l'uomo, per aver parte a questa

salvezza gratuitamente donata, deve semplicemente aver fede nel fatto che il Crocefisso l'ha

salvato, prendendo su di sé la punizione per il peccato compiuto in tutti i tempi e in tutti i

luoghi. La giustificazione (= la possibilità di accedere al Paradiso) non è il frutto di un

formidabile sforzo, come pensano erroneamente, confidando orgogliosamente nelle proprie

energie, i monaci che si rifugiano in monastero e fuggono le tentazioni del mondo.

LA TEOLOGIA LUTERANA

Una religiosità ______________________

in fuga dal _______________________

- paura della ________________________

- il senso del ________________________

La ripresa della teologia _______________

I principi della teologia di Lutero:

1 il pessimismo _____________________

peccato ____________________ e

_______________________ dell’uomo

2 _________________________________

l’inutilità __________________________

Page 7: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

209

All'opposto, la salvezza è un dono, da accogliere con gratitudine e con fiducia, in una parola

con fede.

Seguendo ancora una volta Paolo che aveva distinto tra uomo “carnale” e uomo

“spirituale”, Lutero riconosce nel cristiano una doppia natura: c'è in lui un uomo

interiore, che trova la sua piena libertà nella fede, nel rapporto diretto con Dio, nella

lettura delle Sacre Scritture, che esprimono autenticamente la volontà divina. C'è anche

un uomo esteriore, che si pone in rapporto con gli altri uomini nel quadro della vita

sociale. Le opere buone non servono a salvare l’uomo interiore (che si salva unicamente

per la fede), ma soltanto a governare l'uomo esteriore e a farlo vivere in armonia con

l'uomo interiore.

Le conseguenze di questa valorizzazione assoluta del dialogo diretto tra uomo e Dio sono

di grande importanza e su di esse si fonda l’altro principio della teologia luterana. Si

svalutava anzitutto il ruolo de sacerdoti quali intermediari necessari tra Dio e i fedeli;

secondo Lutero esisteva infatti un sacerdozio universale dei credenti: tutti i credenti erano

sacerdoti perché tutti avevano ricevuto il battesimo. Nessuna barriera divideva di

conseguenza gli ecclesiastici e questi ultimi erano soltanto dei delegati che svolgevano nel

nome di tutti un determinato ufficio. La lettura e l'interpretazione delle Sacre Scritture

erano un diritto di tutti i credenti e non, come affermava la Chiesa, un monopolio

riservato ai sacerdoti.

Per Lutero il papato stesso era un istituzione esclusivamente umana, una potenza terrena,

come le monarchie o l'Impero, e l'intera Cristianità non aveva altro capo che Cristo.

Dalla dottrina del sacerdozio universale dei credenti derivava inevitabilmente una

diversa valutazione dei sacramenti. I sette sacramenti cattolici (eucarestia, battesimo,

penitenza, matrimonio, cresima, ordine, estrema unzione), furono ridotti da Lutero a

due. Soltanto l'eucarestia e il battesimo, a suo avviso, erano fondati sulla Sacra Scrittura;

gli altri erano il frutto delle distorsioni introdotte dall'autorità ecclesiastica, come lo

erano il culto dei santi e della Madonna.

Fu tuttavia l’attacco diretto al potere del papa e la sua ingerenza nelle cose secolari

(contenuto in un opuscolo intitolato “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca”) ad

avere la risonanza più vasta. Lutero si rivolgeva direttamente ai principi tedeschi, ai

quali chiedeva di intervenire in virtù del loro ufficio nell'opera di riforma della Chiesa.

«Nobili principi e signori, per quanto tempo ancora lascerete che la vostra terra e il

vostro popolo siano preda inerme dei lupi rapaci?». Il tono diventava via via più

aspro, mentre Lutero descriveva i vizi della curia romana: «Là vengono infranti i voti,

là concessa licenza ai monaci di abbandonare gli ordini, là è in vendita ai sacerdoti il

matrimonio, là i figli di puttana possono diventare legittimi, là ogni vergogna e

disonore può assurgere a dignità e ogni vizio e inclinazione iniqua esser consacrato

cavaliere e diventare nobile. Tutta la rete degli assurdi divieti creata dai papi e

imposta contro la libertà del cristiano non è solo un diabolico espediente per

cumulare patere e spremere denaro, visto che non c'è divieto da cui il papa non possa

esentare dietro un congruo pagamento? Spariscano dunque le ricchezze della

Chiesa, i monasteri e i conventi, il diritto canonico, i divieti e le dispense».

1.2 Gli aspetti socio-politici

1.2.1 La diffusione della Riforma

1.2.2 Gruppi sociali e riforma

1.2.3 La rivolta dei cavalieri

1.2.4 La rivolta dei contadini

1.2.5 La riforma dei principi

1.2.6 La diffusione della Riforma in Europa

Al successo della Riforma contribuirono fattori di carattere internazionale come le tensioni

a cui fu sottoposto l'imperatore Carlo V (la ricorrente minaccia turca, il lungo conflitto

con la Francia, lo scontro con il papa Clemente VII), la fuoriuscita dell'Inghilterra

dall'orbita cattolica, la politica della curia romana che sulle prime sottovalutò il

3 _________________________________

uomo _____________________ e uomo

_____________________________

a – l’interiorità del ___________________

______________________

b – _____________________________

delle gerarchie ecclesiastiche

e del __________________________

c - _______________________________

La critica __________________________

e l’appello ai _____________________

GLI ASPETTI SOCIO-POLITICI

Page 8: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

210

potenziale esplosivo della Riforma.

Accanto a questi giocarono un loro ruolo sia la disponibilità di una nuova tecnologia, la

stampa a caratteri mobili, sia fattori propri della società tedesca, dove le proposte luterane

trovarono orecchie attente e dove varie forze e interessi politico-sociali si mobilitarono a

favore della riforma.

Se la sorte di Lutero fu diversa da quella di tanti dissidenti che, nel Medioevo, erano finiti

sul rogo, fu anche perchè le sue idee suscitarono un notevole interesse in tutta la Germania

e, ben presto, in tutta l’Europa, grazie anche al fatto che la loro diffusione fu agevolata

da un ampio ricorso all'uso della stampa, in dimensioni che nessuna attività di propaganda

aveva in precedenza raggiunto. Oltre alle opere di Lutero, la Riforma produsse un'ingente

quantità di scritti polemici e teologici che passò quasi tutta attraverso le tipografie e

circolò in Europa sotto forma di libro stampato.

Questa circolazione fu resa possibile dall'uso della lingua volgare che fu adoperata anche per

trattare argomenti che fino a qualche decennio prima sarebbe stato impensabile esprimere

in altra lingua se non in latino, lingua dei dotti e della Chiesa.. La Bibbia, tradotta dallo

stesso Lutero in tedesco, divenne un libro accessibile a chiunque sapesse leggere.

L'uso della lingua volgare per esprimere nuove idee di argomento religioso e

comunicare alle masse la Sacra Scrittura rappresentò una vera e propria rivoluzione

culturale: i chierici e i dotti persero l'antico privilegio che ne faceva gli unici lettori di testi

sacri, accomunandosi sotto questo profilo, alla massa dei fedeli. La lettura della Bibbia

tedesca e gli scritti dei riformatori non era tuttavia un fatto privato, ma pubblico: intorno

a coloro (ancora pochi) che sapevano leggere, si radunava la massa degli analfabeti, ad

ascoltare e a discutere, nelle chiese come nelle piazze, nelle abitazioni private come nelle

osterie.

Fu proprio grazie alla diffusione dei testi dei riformatori che, a partire da Wittenberg,

in molte città i preti cominciarono a officiare la messa in tedesco e senza i paramenti

sacri, mentre i fedeli si comunicavano in entrambe le specie, evitando la confessione.

Molti sacerdoti presero moglie (lo stesso Lutero si sposò con una ex suora ed ebbe

sei figli), i conventi si vuotarono, mentre il clero che si rifiutò di accettare i principi

della Riforma fu oggetto dell'ira popolare che, incendiando le chiese, devastando

gli altari e distruggendo le immagini sacre, dimostrò quanto ormai era diventata

insopprimibile l'insofferenza della popolazione nei confronti del clero papista.

Per il successo della Riforma fu determinante il fatto che il messaggio dei riformatori fu

accolto da più forze politico-sociali, anche in contrasto tra di loro.

Avevano accolto con entusiasmo la sua predicazione le frange più povere del

proletariato urbano e i contadini, che erano rimasti favorevolmente impressionati dalla

violenta condanna degli sfruttatori pronunciata da Lutero in varie occasioni, e che

interpretavano la sua esaltazione della libertà interiore dell'uomo come un invito puro

e semplice alla libertà da qualsiasi oppressione.

L’appello di Lutero fu accolto anche da chi, più giustamente, avevano colto nel

messaggio luterano, accanto all'appello in favore della libertà in materia di fede, un

incitamento, per loro rassicurante, alla rassegnazione su questa terra, all'obbedienza nei

rapporti sociali, al rispetto dell'ordine. L'azione dirompente di Lutero non dispiaceva,

infatti, nemmeno a quei principi tedeschi che vedevano in essa l'occasione per indebolire

il potere del papa e quello dell’imperatore e che nella negazione luterana della validità del

sacerdozio leggevano un implicito invito a impadronirsi delle vastissime terre che il clero

possedeva in Germania.

Con la sua accentuata frammentazione territoriale la Germania era certo un paese

politicamente arretrato rispetto alle altre monarchie europee; una delle tendenze

in atto era quella verso la formazione di sovranità regionali coincidenti con i grandi

ducati1, anche se ostacolata dall'esistenza di troppe autonomie cittadine, di piccole

LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA

I fattori del successo della Riforma:

1 - ___________________________

2 - ___________________________

e diffusione _____________________

l’uso del _____________________

la ____________________ pubblica

Le nuove e i _____________________

3 –

GRUPPI SOCIALI E RIFORMA

1 A questo proposito possiamo ricordare che nel 1525 il gran maestro dell'Ordine teutonico, Alberto di

Brandeburgo, secolarizzava l'ordine e assumeva il titolo di duca di Prussia, dando origine allo stato regionale che

nel corso dell’Ottocento guiderà l’unificazione tedesca.

Page 9: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

211

ma prestigiose sovranità ecclesiastiche e di molti e dispersi poteri feudali. L'unità

tedesca era data solo dall'autorità imperiale, ma essa a sua volta sembrava troppo legata

a un'eredità medievale connotata da una continua ingerenza nelle cose tedesche di quel

lontano centro di legittimazione che era Roma. Alla pressione politica si aggiungeva

poi da parte del papa la pressione finanziaria: troppo era il denaro tedesco che

prendeva la via dell'Italia e la protesta di Lutero contro l'avidità della corte

pontificia trovava grande disponibilità presso molti principi tedeschi.

Inoltre Lutero poteva essere certo dell'appoggio della piccola nobiltà dei cavalieri (i

Ritter), una classe sociale che era stata messa doppiamente in crisi dall'evoluzione

dell'arte della guerra e dai tentativi dei duchi di creare strutture statali moderne

all'interno dei propri possessi. I Ritter rappresentavano un passato sociale in via di

disfacimento, ma intanto essi potevano incolpare la Chiesa di tutti i mali della

Germania e aspirare apertamente a impossessarsi dei beni ecclesiastici.

La stessa borghesia cittadina era disposta a schierarsi a fianco di Lutero sia per liberarsi

della pressione fiscale esercitata da Roma sia per riaffermare l’autonomia politica delle

città libere.

L'avevano recepito con favore anche gli intellettuali, che non potevano non apprezzare

la rivendicazione luterana del diritto di tutti gli uomini di pensare e scrivere seguendo la

propria coscienza. Molti ecclesiastici, infine, vedevano nell'azione di Lutero l'ultima

occasione per riformare in profondità la Chiesa, le cui capacità di soddisfare i più

profondi bisogni di religiosità aveva ormai toccato un livello molto basso: la Chiesa

era un apparato di potere e il papa era soprattutto un principe italiano. Cosa

bisognava pensare di avventurieri preoccupati soprattutto di creare principati per i

loro figli illegittimi, come Sisto IV (1471-84) Lo stesso Leone X – papa nel 1517

quando Lutero pubblicò le sue tesi - era sì esente da vizi ed efferatezze vistose, ma

la sua elezione dimostrava sicuramente la corruzione del sistema. Suo padre

Lorenzo il Magnifico lo aveva fatto cardinale nel 1488 a soli tredici anni e la sua

elezione a pontefice dimostrava solo la potenza dei banchieri fiorentini.

Tra tutte queste forze sociali quelle la cui mobilitazione segnò gli avvenimenti politico-

sociali dei decenni successivi alla rivolta luterana furono la piccola nobiltà, i contadini

e i principi.

Come abbiamo visto, nonostante due condanne papali (1518 e 1520) Lutero, grazie al

principe di Sassonia, aveva ottenuto di essere giudicato dalla prima dieta imperiale

dopo l'elezione di Carlo V, che si tenne nella primavera del 1521, dopo che il 6

gennaio del 1521 Lutero era stato ufficialmente scomunicato dal tribunale

1521:

la scomunica ______________________

GRUPPI SOCIALI E RIFORMA E LORO OBIETTIVI

1 __________________________________ _________________________________________________________

2 __________________________________ _________________________________________________________

_________________________________________________________

3 __________________________________ _________________________________________________________

4 __________________________________ _________________________________________________________

5 __________________________________ _________________________________________________________

6 __________________________________ _________________________________________________________

Page 10: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

212

romano. Ricevuta la bolla che gliela annunciava, Lutero la bruciò pubblicamente e

quando la questione fu posta all'ordine del giorno della Dieta di Worms (17-18 aprile

1521) egli non ritrattò le sue posizioni. Alla condanna dell’autorità religiosa si affiancò

allora quella dell'autorità civile, ovvero il bando dalle terre dell'Impero, e se Lutero non

si fosse allontanato, l'arresto e il rogo. L'intervento dell'elettore (poiché aveva il diritto

di partecipare all’elezione dell’imperatore) di Sassonia Federico il Saggio - che lo fece

rapire e portare al sicuro – impedì tuttavia azioni punitive nei confronti del ribelle, il quale

sotto la protezione del principe sassone si dedicò fra l'altro alla traduzione in tedesco del

Nuovo Testamento.

Nel frattempo però la Riforma si era diffusa ed incrociata con vasti sommovimenti sociali.

Primi a muoversi furono i cavalieri, cioè la piccola nobiltà. I cavalieri colsero nella

predicazione di Lutero un invito ad aggredire la grande proprietà ecclesiastica e

impugnarono le armi. Erano guidati dall'umanista Ulrich von Hutten, che vedevano

nei cavalieri la futura classe dirigente dell'Impero, in grado di unificare lo Stato tedesco

e di abbattere il potere dei vecchi feudatari laici ed ecclesiastici. Nel 1521-23 i cavalieri

scatenarono una vera e propria guerra civile, ma una potente lega dei feudatari laici ed

ecclesiastici represse nel sangue la rivolta, che lo stesso Lutero condannò con dure

parole.

Molto più grave fu la rivolta dei contadini. In Germania, come del resto in tutta l'Europa

tardomedievale, le rivolte contadine erano state sempre abbastanza frequenti e come altrove si

erano inasprite in conseguenza della grande peste e della crisi del '300.

Nelle vaste pianure cerealicole dell'Europa centrale, all’ombra dei castelli, le

comunità contadine, rette dai loro statuti, erano legate ai signori da patti antichi.

L'interpretazione dei patti era però sottoposta alla tensione di condizioni mutate,

soprattutto a causa della lenta ripresa economica e demografica che la società

europea conobbe a partire dal secolo XV. Dopo la grave crisi causata dal ciclo di

pesti e di carestie della fine del Trecento, la ripresa demografica e la rinnovata

domanda di generi alimentari fecero salire i prezzi del grano. I signori feudali vollero

trarne profitto cercando di ottenere dai contadini maggiori prestazioni lavorative

sulla parte dominicale - cioè appartenente al signore - del terreno e appropriandosi

con la forza di terre della comunità contadina. I signori aumentarono le loro entrate

anche riscuotendo pedaggi e incamerando i proventi derivanti dal loro diritto di

amministrare la giustizia.

La situazione sociale delle campagne tedesche si fece incandescente a partire dal 1524 quan-

do fra l'estate e l'autunno scoppiarono le prime rivolte in Svevia e nella zona della

Selva nera. All'inizio dell'anno seguente il moto dilagò in buona parte della Germania

centromeridionale: dalla Turingia al Tirolo, dall'Alsazia alla Svizzera furono assaliti e

incendiati i monasteri, i castelli, le dimore signorili. I signori fuggivano impauriti.

Diversamente da quanto era accaduto nelle rivolte contadine del passato, in alcune

regioni della Germania sud-occidentale il movimento cercò di darsi

un'organizzazione e un programma. All'inizio del 1525 si formarono «alleanze» locali

che confluirono a loro volta nell'Unione cristiana dell'Alta Svevia. Il fallimento delle

trattative con i signori portò all'elaborazione dei cosiddetti dodici articoli: una sorta di

manifesto che raccoglieva le principali rivendicazioni dei contadini e servì da punto di

riferimento per le lotte dei mesi seguenti. In essi si chiedeva, tra l'altro, l'abolizione di

qualsiasi forma di servitù personale, l'uso delle foreste e dei boschi, l'esercizio libero della

caccia e della pesca, la possibilità di eleggere e destituire i parroci. Anche se la maggior

parte di queste rivendicazioni non avevi nulla di rivoluzionario e tendeva semmai a

ripristinare i rapporti consuetudinari tra contadini e signori che questi ultimi avevano

alterato a loro vantaggio, e anche se i contadini non pensavano affatto ad abbattere il

feudalesimo in quanto tale, non c'è dubbio che l'insieme delle richieste, se accolto, avrebbe

avuto effetti dirompenti sul potere politico ed economico dei signori. Alcune pretese,

per esempio quella relativa all'elezione dei parroci o all’abolizione delle servitù personali,

suonavano come decisamente rivoluzionarie. Particolare significato eversivo assumeva

la Dieta di ___________________ e la

condanna __________________________

la protezione del _____________________

LA RIVOLTA DEI CAVALIERI

LA RIVOLTA DEI CONTADINI

Le condizioni dei contadini dopo ________

__________________________________

Le prime __________________________

I ________________________________

- diritti ____________________________

- abolizione________________________

- elezione __________________________

Page 11: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

213

il costante richiamo al Vangelo, che finiva per legare il movimento dei contadini alla

diffusione delle idee di Lutero e l'attività dei suoi seguaci.

Non furono certo le idee di Lutero a scatenare le rivolte contadine, poiché queste ultime, come

abbiamo visto, affondavano le radici in un malessere secolare. Ma il luteranesimo fu ben

presto, e inevitabilmente, chiamato in causa, dai contadini stessi e dalle autorità. I contadini

invocavano Lutero come loro paladino e si aspettavano che egli assumesse la guida del

loro movimento. Il riformatore, tuttavia, dapprima cercò di restare neutrale, poi si schierò

apertamente coi signori. Anzi, a mano a mano che la rivolta si trasformava in guerra vera e

propria, Lutero esortò i principi a combattere i ribelli con ogni mezzo, a massacrarli

e ad ucciderli senza pietà, come se fossero cani rabbiosi.

L'esitazione iniziale di Lutero a schierarsi coi contadini si spiega col fatto che egli

era consapevole che - per la riuscita della sua riforma della Chiesa - il sostegno dei

principi era indispensabile. I toni violenti dell'appello al massacro, invece, si

capiscono non appena si tiene presente la concezione politica del riformatore tedesco.

Egli, infatti, era un convinto sostenitore della tesi (espressa dall'apostolo

Paolo) secondo cui l'autorità di un sovrano proveniva da Dio, che aveva concesso il

potere ai prìncipi affinché - in un mondo corrotto dal peccato - mantenessero l'ordine

con la forza e imponessero con la spada il rispetto della Sua legge. Ribellarsi all'autorità,

dunque, secondo Lutero voleva dire opporsi a Dio e alla Sua volontà: significava compiere

un gesto folle e demoniaco, che andava represso con tutto il vigore possibile.

Che dalla Riforma potesse derivare la sovversione sociale lo dimostravano però i

riformisti più radicali. Proprio uno dei primi compagni di Lutero, Andreas

Carlostadio, traeva dalle dottrine evangeliche conseguenze più radicali, negando la

presenza reale di Cristo nell'eucarestia, affermando che il battesimo somministrato

ai bambini non aveva valore, spingendo i suoi seguaci alla violenza contro il clero

cattolico. Un altro ex prete, Thomas Müntzer(1490 ca-1525), andava ancora più

lontano, non soltanto affermando come Carlostadio che le comunità dei fedeli

potevano fare del tutto a meno del clero e amministrare da sé le cose sacre, ma

sostenendo che il vero cristiano era continuamente ispirato da Dio. Convinto che la

Rivelazione divina non si esaurisse nel testo biblico ma continuasse a parlare nel cuore degli

eletti, ispirati da Dio perché predicassero la sua parola, Müntzer si staccava così dalla visione

luterana della Bibbia come unica fonte rivelativa. L’ispirazione divina avrebbe condotto gli

uomini alla formazione di una comunità di uomini liberi che doveva realizzare attraverso il

potere popolare il regno della giustizia su questa terra.

Quando venne fatto prigioniero, mentre lo torturavano (prima di decapitarlo), gridò: «Tutte

le cose appartengono a tutti!». La battaglia contro l'egoismo e l'avidità dei signori era

stata in effetti uno dei motivi dominanti della sua teologia, poiché lotta per la fede e

lotta contro la miseria gli apparivano inscindibili. Al contrario di Lutero che invitava

gli uomini alla passività e a ricercare dentro di sé l'unica autentica libertà, Müntzer aveva

predicato un programma rivoluzionario: “a ciascuno dovrà essere dato secondo i suoi

bisogni e a seconda delle disponibilità del momento”.

Carlostadio fu ridotto al silenzio, nell'esilio di una piccola parrocchia rurale, ma Müntzer

si venne invece a trovare al centro della grande rivolta contadina che sconvolse l'intera

Germania dalla primavera del 1524 al maggio 1525.

Il 15 maggio 1525 i contadini turingi furono sconfitti a Frankenhausen dai

cavalieri dei duchi e dei vescovi. Alcune migliaia di ribelli furono massacrati e

Müntzer fu processato e torturato come eretico prima di seguire la loro sorte. L'intera

repressione della rivolta, in quei crudeli ultimi giorni di maggio, provocò un

olocausto di 100.000 morti. Una sconfitta storica: dietro quel fiume di sangue e

quella montagna di cadaveri c'era l'arresto dell'evoluzione dei rapporti di

produzione nelle campagne; il feudalesimo vi avrebbe signoreggiato per altri tre

secoli.

I motivi della Riforma radicale sopravvissero in piccoli gruppi di sostenitori. In

Olanda, in Germania, in Boemia, in Svizzera il radicalismo religioso e quello politico

si rivitalizzarono nell'anabattismo, un termine con cui si indicavano posizioni diverse,

e richiamo al ______________________

Lutero e la __________________________

della rivolta contadina

motivi:

1 - _______________________________

2 _________________________________

I RIFORMATORI RADICALI

A - ____________________________:

l’estremismo ________________________

negazione _______________________ e

__________________________________

B – T. Müntzer

La ____________________________

continua ispirando gli uomini nella

costruzione _______________________

Fede e lotta _________________________

La sconfitta dei ______________________

e la morte di ________________________

LA SOPRAVVIVENZA DELLA RIFORMA

RADICALE

Page 12: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

214

accomunate però dalla tendenza a distinguere i veri cristiani, seguaci intransigenti del

Vangelo, dagli altri gruppi. Critici nei confronti della Riforma che si era fermata alla

denuncia dei mali più vistosi senza un vero rinnovamento ecclesiale, gli anabattisti

intendevano la Chiesa come comunità libera e volontaria; di qui, il rifiuto di ogni forma

di regolamentazione, cattolica o riformata; di qui, il rifiuto del battesimo ai neonati

incapaci di scelta consapevole e la rivendicazione del battesimo da adulti (perciò

venivano indicati col termine di anabattisti, ribattezzati) come autentica scelta di

appartenenza alla comunità religiosa. Alla scelta libera e responsabile doveva far

seguito l'impegno a concretizzare l'insegnamento evangelico, realizzando fin da ora, sulla

Terra, la società dei figli di Dio, l'ordine perfetto della giustizia e dell'uguaglianza

Gli anabattisti si segnalarono per il loro radicale rifiuto dello stato e della violenza:

consideravano lo stato come un'istituzione necessaria solo per gli ingiusti e dal

momento che essi si considerano veri cristiani pensavano di non dover avere, con

l'autorità secolare, alcuna relazione: «Nessun anabattista doveva occupare una carica pub-

blica nello Stato, o invocare l'autorità di questo contro un altro anabattista o prestare

giuramento o prendere le armi per conto dello Stato. Consideravano se stessi gli unici

Eletti e le loro comunità le sole a beneficiare dell'immediata guida di Dio: piccole

isole di rettitudine in un oceano di iniquità. » (N. Cohn).

Respingendo il mondo (che, evidentemente, era il regno di Satana) essi volevano

essere la vera Chiesa di Cristo, cioè dar vita ad una comunità che - retta solo dall'amore -

non conoscesse gerarchie di alcun genere. . Su questa base nella città di Münster, che

si era ribellata al vescovo, gruppi di anabattisti - soprattutto di origine olandese -

proclamarono l'avvento del regno di Dio. Il loro radicale desiderio di uguaglianza portò

in breve tempo all'adozione di provvedimenti di tipo comunistico, cioè alla eliminazione

della proprietà privata.

«Sull'avventura comunista di Münster disponiamo solo di fonti di parte avversa, le quali

tendono a mostrare che si trattò di un'orgia di crudeltà sanguinaria, di lussuria e di

follia criminale. Però, il fascino che Münster esercitò su tanti neerlandesi (abitanti delle

regioni settentrionali dei Paesi Bassi ) e tedeschi prova che davvero la Nuova Gerusalemme

si presentò come l'attesa incarnazione di istanze già circolanti largamente nel decennio

precedente e identificate da colti e ignoranti innumerevoli come il bene per antonomasia»

(G. Spini).

Verso Münster, in effetti, cominciarono ad affluire masse di diseredati sempre più

consistenti, provenienti sia dalla Germania che dai Paesi Bassi. La paura della diffusione

delle idee anabattiste fra i propri sudditi spinse i principi dell'Impero tedesco a intervenire

militarmente: superando le differenze confessionali, vennero in aiuto del vescovo di Münster

il quale, dopo essere stato deposto, aveva circondato la città col proprio esercito. II 24 giugno

1535, Münster fu espugnata dopo un lungo assedio, e quanti non erano morti di fame vennero

massacrati. I capi della rivolta che caddero nelle mani dei principi, invece, furono sadicamente

torturati nelle piazze delle città circostanti, a titolo di ammonimento severo per tutti coloro che

avessero voluto rilanciare in Germania il millenarismo comunista e rivoluzionario.

Favorevoli per i propri interessi alla Riforma, i principi territoriali riuscirono a

sconfiggere le interpretazioni più radicali della Riforma e a imporre una stabilizzazione

che represse i movimenti che avrebbero potuto mettere in discussione il loro controllo

dell’ordine costituto. La condanna della guerra dei contadini consentì a Lutero di legarsi

sempre più strettamente a quei principi che avevano aderito alla Riforma.

Durante gli anni venti Carlo V, occupato nelle guerre con la Francia e con il papato,

non intervenne direttamente in Germania e in questa situazione i principi riformati e

cattolici, che avevano dato vita a due contrapposte alleanze, avevano finito per

riconoscere il diritto di ciascun principe di scegliere la confessione religiosa del proprio

stato (1526).

Sul finire degli anni venti l’evolversi della situazione internazionale (sconfitte del

papato e della Francia e conseguente rafforzamento di Carlo V) rimise in discussione

tale accordo e Carlo V revocò la concessione del diritto. Interessato a ricomporre l’unità

dei cristiani, per confermare la sua autorità sui principi, l’imperatore favorì i tentativi

Gli ____________________________

1- _________________________________

2 - ________________________________

in particolare del _____________________

3 - ________________________________

4 - ________________________________

Gli anabattisti di _____________________

egualitarismo e ______________________

la ________________________________

LA RIFORMA DEI PRINCIPI

I __________________________ e la

sconfitta delle interpretazioni radicali della

Riforma

Lo scontro ____________________ e

_____________________________

1 – anni ________________

assenza di ____________________

accordo principi _________________ e

Page 13: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

215

di conciliazione tra i due schieramenti e a tale scopo convocò la Dieta di Augusta.

L’incontrò finì però per essere solo un’occasione per definire e differenziare le

rispettive posizioni teologiche.

L'ostinazione del papa e del re di Francia nel rifiutare la convocazione di un concilio

per comporre i contrasti rendeva impossibile la soluzione della questione luterana;

d'altra parte, la minaccia dei turchi impediva a Carlo V di intraprendere una guerra

contro i principi protestanti, del cui aiuto aveva bisogno sul confine orientale. Dovette

quindi concludere una pace religiosa a Norimberga (1532) con i principi della Lega

di Smalcalda, in cui si erano riuniti i principi tedeschi che avevano aderito alla

Riforma, per poter essere libero di agire sugli altri fronti.

Dunque, il conflitto politico-religioso in Germania fu nuovamente accantonato per

qualche anno, il tempo per Carlo di affrontare e battere i turchi e la Francia. In

Germania la Lega di Smalcalda poté cominciare a comportarsi come una potenza

sovrana, ricevendo e inviando ambasciatori ad altre potenze.

All’inizio degli anni quaranta risorsero le speranze di Carlo V anche perché il papa

Paolo III (1534-1549) aveva dichiarato di voler convocare un concilio e aveva intanto

nominato una commissione di cardinali e di alti prelati per studiare i problemi di una

riforma della Chiesa. Carlo V decise pertanto di dar vita a incontri regolari - detti

“colloqui di religione” - tra catto1ici e protestanti. L’accordo raggiunto al secondo incontro,

quello di Ratisbona, tra i rappresentanti di Lutero (tra cui Melantone il maggior

collaboratore di Lutero) e della curia romana venne però rifiutato e gli interlocutori

del colloquio di Ratisbona furono smentiti da chi li aveva mandati.

La presenza di una compagine organizzata e ostile, come la Lega di Smalcalda,

comprometteva tuttavia l'autorità dell'imperatore e non poteva essere tollerata a lungo.

E cosí, appena fu possibile disporre dei necessari mezzi finanziari, fu organizzata la

campagna militare contro la Lega, che era appoggiata dalla Francia. Le operazioni

militari durarono nove anni (1546-55); era il primo caso di guerra civile in Europa

provocata da motivi religiosi. Alla fine Carlo V fu comunque costretto a rinunciare a

imporre l’unità religiosa e quindi a imporre l’autorità imperiale.

________________________________

2 – fine ________________ - inizio ______

la Dieta di ______________________

debolezza di ________________________

a _________________________________

b__________________________________

pace di _____________________________

con i principi protestanti della __________

__________________________

3 – Anni _____________________

I colloqui di _________________________

La guerra contro la ___________________

___________________ (1546- ______)

Le confessioni religiose negli stati tedeschi dopo la pace di Augusta (1555)

Page 14: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

216

La pacificazione religiosa fu concordata ad Augusta (1555) e si ispirò al principio che

sanciva la libertà religiosa di principi e città, non quella degli individui. Solo lo Stato era

libero di scegliere tra cattolicesimo e luteranesimo, aderendo, a seconda delle convenienze,

all'una o all'altra dottrina. L'imperatore era tenuto a riconoscere la libertà di scelta, e il diritto

a praticare il culto della confessione adottata. Ma, all'interno dello Stato, il singolo cittadino

(con l'eccezione degli abitanti delle città imperiali che ottennero l'autonomia) doveva

seguire la religione del principe o dei magistrati della città; disobbedendo, rischiava di essere

colpito da sanzioni che prevedevano anche il rogo, e l'esilio. Una clausola stabiliva però che

le conversioni alla Riforma successive al 1552 non comportassero, come fino a quel

momento era avvenuto, la secolarizzazione dei beni della Chiesa romana.

La pace segnò dunque non solo il riconoscimento ufficiale dell’esistenza della nuova

religione, del protestantesimo, ma anche un decisivo avanzamento del processo di

affermazione del nuovo modello di stato nazionale-regionale.

La Riforma tedesca, pur fortemente influenzata dalle idee e dalla personalità di Lutero,

affondava le sue radici anche nella peculiare condizione politica ed economica della

Germania, per i cui principi la soggezione a Roma era sentita come un'inaccettabile ferita

all'autonomia e all'orgoglio nazionali. Sotto questo aspetto la Riforma luterana sarebbe

rimasta forse un fenomeno circoscritto e non immediatamente esportabile fuori della

Germania. Se la Riforma superò i suoi confini iniziali ciò dipese dal ruolo autonomo

svolto da alcuni centri urbani e intellettuali con una capacità di influenza maggiore di

Wittenberg e delle altre piccole cittadine che avevano seguito Lutero. Nel corso degli

anni venti e trenta - a partire da Zurigo, Basilea e Strasburgo, e poi da Berna e Ginevra

- il movimento riformatore assunse una risonanza veramente europea.

Il ruolo principale in questa seconda fase della storia della Riforma è tenuto da un

francese, Giovanni Calvino (1509-64), nato da una famiglia di borghesia togata (suo

padre era notaio) ed egli stesso studente di diritto all'università di Orléans e a Parigi.

Alla fine del 1533 risultò chiaramente che lo spirito della Riforma era entrato nell'am-

biente dell'università di Parigi e che il re di Francia Francesco I intendeva reprimerlo

con la forza; perciò Calvino fuggì in Svizzera e dopo essere stato un anno e mezzo a

Basilea si trasferì, nel luglio 1536, a Ginevra; seguì un nuovo mutamento di sede nel

1538 (a Strasburgo) e infine, nel 1541, il ritorno definitivo a Ginevra.

Nonostante l'acquisita sicurezza nella fede, Lutero aveva mantenuto nelle sue opere

alcuni evidenti tratti della sua tormentata vita di monaco: l'immagine medievale del

diavolo spunta continuamente ed egli ci descrive memorabili conflitti con il principe

delle tenebre e gran maestro della tentazione; la sua visione cupa della società e

della politica portava tutti i segni della scelta del monaco di fuggire dal mondo perverso,

ma dimostrava anche l'arretratezza politica della Germania, dove si continuava a

ragionare in termini di fedeltà e dedizione feudale al proprio superiore.

Nulla di tutto questo in Calvino, il principio della superiorità della fede sulle opere

restava per Calvino come per Lutero il punto di partenza da cui depurare il cristianesimo

da ogni traccia di ritualismo superstizioso; da ciò egli ricavava in fatto di sacramenti, e

soprattutto per l'eucarestia, delle tesi molto vicine a quelle di Zwingli (un altro

riformatore che aveva agito a Zurigo), negando la presenza reale del corpo e del

sangue di Gesù nelle sacre specie.

La fede di Calvino aveva però delle connotazioni diverse da quelle della dottrina luterana:

essa può derivare solo dalla grazia irresistibile del Dio onnipotente e resta

completamente sottratto alla ragione umana il motivo che conduce alcuni uomini a

credere.

Questo mistero della fede può essere espresso dicendo che gli uomini di fede sono degli

eletti da Dio, che ciascun uomo è predestinato dall'eternità alla salvezza o alla dannazio-

ne. L'insistenza sul tema della predestinazione è tipica più degli sviluppi del calvinismo

che di Calvino stesso, ma la svalutazione delle opere risulta assai più radicale nel rifor-

matore di Ginevra che in Lutero. E tuttavia, per un rovesciamento di fronte, che ha

tutte le caratteristiche del paradosso religioso e psicologico, il calvinista, che è certo

La pace di __________________ (_____)

Il diritto dei principi di ________________

___________________________________

Una nuova _______________________ e il

rafforzamento _______________________

LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA IN EUROPA

Il ruolo di ______________________

______________________________

G. CALVINO

Page 15: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

217

della sua fede e del suo stato di eletto, non ha bisogno di disprezzare le opere, come

faceva invece Lutero, di vederle come inesorabilmente malvagie e di cercare rifugio

soltanto nell’interiorità.

Anche Martin Lutero aveva compiuto un'innovazione decisiva nell'ordine delle dottrine

e della pratica sociale sostenendo la piena dignità del lavoro e dei ruoli tenuti nella

famiglia, ma Calvino andava molto oltre perché trasformava in una vocazione divina il

proprio stato sociale e faceva del lavoro un modo per glorificare Dio e per esprimere

visibilmente la saldezza della fede e del suo fondamento nella grazia. La religione

diventava così il principio del governo di se stessi non solo nel momento della fede, ma

nel comportamento di tutti i giorni. Il lavoro produttivo diventava una forma di preghiera,

un'offerta a Dio delle proprie certezze: il fine esclusivo dell'arricchimento continuava a

essere malvagio, ma non il fatto in sé della produzione attraverso il lavoro.

Questo diverso modo di articolare il rapporto tra la fede e 1e opere ha un preciso

corrispettivo nel ruolo attribuito da Calvino all'autorità civile. Lutero aveva legittimato

la totale delega del potere alla funzione repressiva dei principi, mentre Calvino non

soltanto ammetteva, sia pure con molte cautele, il diritto di ribellione contro l'autorità

che si allontanava dalla legge di Dio, ma soprattutto affermava che la vita religiosa deve

improntare la stessa comunità civile e non invece restare chiusa nella sfera della

coscienza. Per conseguenza le istituzioni civili dovevano essere al servizio del

programma di una società rigidamente morale e religiosa.

Lo Stato non è solo violenza, una conseguenza del peccati ma serve a valorizzare la

vita associata. Appena tornato Ginevra, nel 1541, Calvino emanò le Ordinanze

ecclesiastiche, il modello della comunità calvinista, tendenzialmente repubblicana, dove

le autorità cittadine dovevano collaborare con un concistoro dei pastori evangelici e dei

rappresentanti laici della città nell'opera di controllo della purezza della fede e dei

costumi, nella repressione dell'eresia, del l'immoralità, degli scandali.

A partire dal 1541, dunque, la Riforma si presentava con una doppia forza espansiva,

con due anime, la luterana e 1a calvinista, e con due stili molto diversi. A questa data

l’area di diffusione della dottrina di Lutero, era ormai definita: la Germania, specie nelle

regioni orientali e settentrionali; la Danimarca, in maniera irreversibile dopo l'ascesa

al trono di Cristiano Il (1534-49); la Svezia, che si era separata con una vera

rivoluzione dall'unione con la Danimarca e che fu condotta alla Riforma dall'iniziativa

del re nazionale Gustavo Vasa (1523- 60). L’ulteriore espansione della Riforme

avvenne soprattutto sotto l’influenza del calvinismo e riguardò i Paesi Bassi,

l’Inghilterra e la Francia, intrecciandosi, come sempre, con motivi politici. In

Olanda la diffusione della Riforma avvenne in connessione con la lotta per

l’indipendenza dalla cattolica Spagna e in Francia, come vedremo, all’interno delle

lotte per il potere tra diverse fazioni nobiliari.

La Riforma della chiesa anglicana, legata occasionalmente alle vicende

matrimoniali di Enrico VIII (1509-47), si colloca invece all’interno del processo

La diffusione in Europa:

- l’area _________________________

Germania, ________________________ e

________________________

- l’area ____________________________

Olanda: lotta per l’indipendenza dalla

___________________

Francia: lotte _______________________

I principi della teologia calvinista:

1- ________________________________________________________________________________________________________

2- ________________________________________________________________________________________________________

3- ________________________________________________________________________________________________________

Il nuovo rapporto con il mondo:

1- ________________________________________________________________________________________________________

2- ________________________________________________________________________________________________________

Page 16: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

218

di rafforzamento delle strutture statali. Infatti, essa fu promossa dalla casa regnante

per porre sotto controllo le strutture ecclesiastiche e allargare la base sociale su cui

si appoggiava lo stato attraverso la vendita a nobili e borghesia mercantile delle

terre confiscate.

In Italia il movimento riformatore ebbe un carattere ristretto, intellettualistico e non

organizzato, coinvolgendo piccoli gruppi di intellettuali che nel clima politico e

religioso dominante in Italia non avevano nessuna possibilità, non solo di espandersi,

ma di sopravvivere. Tra le poche eccezioni, dove troviamo invece una certa diffusione

di massa delle eresie, vi sono le valli valdesi, dove avevano trovato rifugio fin dal

Medioevo i seguaci di Pietro Valdo la cui religiosità era molto vicina allo spirito

luterano e la cui repressione venne ripresa in grande stile, e quelle cuneesi dove, stante

la vicinanza e in determinati periodi il diretto controllo della Francia, trovò una certa

diffusione il calvinismo, anch’esso prontamente represso.

Inghilterra: rafforzamento _____________

______________________

I riformatori in ____________________

I _____________________________

Page 17: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

219

B- LA CONTRORIORMA CATTOLICA. LA SPETTACOLARIZZAZIONE

DELLA RELIGIONE E IL DISCIPLINAMENTO DELLA SOCIETÀ

1. L’uso del termine “Controriforma” e gli effetti storici del concilio di Trento

2. La definizione della dottrina cattolica. La teologia tridentina: la

riaffermazione del ruolo della chiesa

3. La riorganizzazione del clero

4. La riorganizzazione del culto

5. Il disciplinamento della società

1. L’uso del termine “Controriforma” e gli effetti storici del concilio di Trento

Gli sconvolgimenti religiosi verificatisi in Germania e la diffusione della Riforma

protestante in altre regioni europee obbligarono la Chiesa romana a intervenire con

tutta una serie di provvedimenti di carattere politico, istituzionale, teologico. A

questa reazione contro il dilagare del protestantesimo, che si sviluppò tra il 1550

e il 1660, si dà comunemente il nome di Controriforma.

Gli storici di orientamento cattolico hanno spesso rifiutato il termine in quanto

sottolinea gli aspetti repressivi del fenomeno, il suo caratterizzarsi come recupero

violento e coercitivo, a favore del cattolicesimo, di una parte degli spazi che il

protestantesimo aveva occupato o stava per occupare e comunque vede il

fenomeno come una reazione «contro» qualcosa (la Riforma) che era accaduto

prima e altrove, svalutando implicitamente qualsiasi apporto creativo e originale

del movimento.

Ma se forze consapevoli della necessità di una riforma ecclesiastica e spirituale

erano attive nel mondo cattolico prima ancora che il caso Lutero assumesse

risonanza internazionale, questa istanza di rinnovamento non riusciva però a

trovare alcuno sbocco concreto e a modificare la gestione della Chiesa da parte delle

gerarchie. Queste ultime, infatti, fecero propria la necessità di un rinnovamento solo

molto tempo dopo la Riforma luterana e la attuarono in gran parte come risposta

alla sua rottura. Il termine Controriforma appare da questo punto di vista, quindi,

adeguato.

La riforma della Chiesa voluta dalle gerarchie ecclesiastiche trovò il suo massimo

momento di elaborazione nel concilio di Trento che venne convocato solo nel 1542,

vale a dire 25 anni dopo la rivolta di Lutero, quando era evidente che le possibilità

di una riconciliazione erano ormai fallite ed esso poteva diventare uno strumento

in mano al papa per una riforma della Chiesa che partisse da una condanna delle

tesi luterane.

Nel 1564 papa Pio IV (1559-65) pubblicò e sanzionò le conclusioni che il concilio

aveva raggiunto nelle sue 25 sessioni: esse erano destinate ad ispirare l’azione della

Chiesa cattolica per quattro secoli almeno, fino al Concilio vaticano II che si terrà

negli anni sessanta del secolo scorso. Vi erano, infatti, contenuti: le affermazioni

dottrinali che respingevano in blocco le tesi dei protestanti e definivano la teologia

cattolica; le norme disciplinari e i principi della riorganizzazione del clero che

assunsero un ruolo di primo piano nella moralizzazione della Chiesa; nonché le

norme che avrebbero dettato la riorganizzazione delle forme di culto tipiche della

cosiddetta, proprio per sottolineare la portata storica del concilio e di Trento, chiesa

tridentina

L’USO DEL TERMINE “

_________________________________

Il concilio di ________________

Page 18: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

220

2. La definizione della dottrina cattolica. La teologia tridentina: la

riaffermazione del ruolo della chiesa

Invece di conciliare le posizioni contrastanti per cui era stato voluto, almeno nelle

intenzioni dichiarate, il concilio svolse un’importantissima opera di definizione della

dottrina cattolica, nonché di riorganizzazione del clero e di normazione delle modalità

del culto, tant’è che l'impianto dottrinario e organizzativo che la Chiesa si diede è,

nella sostanza, ancora oggi vitale, essendo la Chiesa che noi conosciamo in gran

parte quella uscita dal concilio di Trento.

La teologia cattolica non ignorava, certo, le difficoltà che l'uomo poteva incontrare a

causa della sua debolezza e della sua fragilità, che lo esponevano al rischio del

peccato ed erano alla base della teologia e dell’esperienza religiosa di

Lutero. A ciò, però, il Concilio di Trento pose rimedio ribadendo la

tradizionale dottrina secondo la quale i sacramenti comunicano la grazia di Dio, cioè

la forza dello Spirito Santo, che permette di resistere alle tentazioni e di combattere le

insidie del demonio e di cooperare alla propria salvezza. Questo significava anche

ribadire la necessità dell'esistenza del sacerdozio (poiché solo il clero può legittimamente

amministrare i sacramenti), o meglio ancora proclamare che la Chiesa - coi suoi riti

e i suoi preti ordinati - era elemento decisivo e ineliminabile ai fini della salvezza del

singolo cristiano.

Il concilio assegnò alla Chiesa un ruolo di mediazione analogo anche a proposito della

relazione fra il fedele e la Bibbia. Innanzitutto, si proclamò che la traduzione

latina di San Girolamo (vissuto tra il 347 e il 420) - detta Vulgata - poteva essere

ritenuta «autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione»,

cosicché si vietò a chiunque di respingerla «con qualsiasi pretesto». Inoltre, «per

reprimere gli ingegni troppo saccenti», il Concilio fece divieto a chiunque di

«interpretare (la Bibbia) contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa

madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e

dell'interpretazione delle sacre scritture, o anche contro l'unanime consenso

dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate».

In tal modo, la Chiesa cattolica si opponeva all'istanza protestante secondo cui la

Bibbia andava tradotta e posta nelle mani di tutti i credenti, affinché ogni cristiano

potesse essere in diretto e personale rapporto con Dio. Tuttavia, il risultato storico delle

scelte operate a Trento fu un progressivo distacco dei cattolici dal testo biblico, nel

senso che i fedeli non vennero più educati per secoli, fino al concilio Vaticano II, a

considerarlo come la primaria e insostituibile fonte della loro personale esperienza

religiosa.

Infine, va considerato l'argomento teologico che venne contrapposto al

principio protestante della sola Scrittura. Si ricorderà che Lutero, fin dal 1519,

aveva affermato di riconoscere la Bibbia come unica fonte di verità, rifiutando

viceversa di credere ai decreti dei concili. Su questa base, il protestantesimo

LA DEFINIZIONE DELLA DOTTRINA

CATTOLICA. LA TEOLOGIA

TRIDENTINA: LA

RIAFFERMAZIONE DEL RUOLO

DELLA CHIESA

GLI EFFETTI STORICI DEL CONCILIO DI TRENTO

Page 19: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

221

aveva proceduto all'espulsione, dalla fede e dalla prassi della Chiesa, di tutto ciò che

non era esplicitamente menzionato nel Nuovo Testamento, in modo da far tornare

la Chiesa stessa alla purezza dei tempi apostolici. Il Concilio di Trento, al

contrario, proclamò che tutta una serie di dottrine (il Purgatorio, ad

esempio), di pratiche (le indulgenze, i pellegrinaggi, la venerazione delle reliquie)

e di riti, anche se non erano esplicitamente presenti nella Bibbia, dovevano

essere accolti con pari reverenza rispetto a quelli testimoniati nella Scrittura. Si

diceva, inoltre, che quelle dottrine e quelle pratiche, considerate a pieno titolo di

origine apostolica, erano state «conservate con successione continua nella Chiesa

cattolica».

Insomma, a fronte del luterano sola Scrittura, il cattolicesimo oppose il rispetto e la

riverenza per la tradizione della Chiesa. Ad un protestantesimo tendenzialmente

individualista (che insiste sul rapporto diretto e personale dell'uomo con Dio),

quindi, fu contrapposta la Chiesa come elemento centrale dell'esperienza religiosa

e onnipresente mediatrice del rapporto col divino.

3. La riorganizzazione del clero

3.1 La moralizzazione della vita del clero

3.2 I nuovi ordini religiosi: i gesuiti

Nel momento in cui rilanciava il ruolo centrale del sacerdozio nell'esperienza

religiosa del credente cattolico, il Concilio di Trento prese atto che il clero non era

assolutamente all'altezza del compito che l'assemblea dei vescovi gli attribuiva.

Così il concilio ecumenico, a fianco delle precisazioni dottrinali appena citate,

emise una serie di importanti decreti destinati a modellare la figura del sacerdote

cattolico fino ai giorni nostri.

Fu ribadito l'obbligo del celibato ecclesiastico e quello della residenza, ovvero

tutti i sacerdoti (vescovi compresi) con funzioni pastorali erano tenuti a risiedere

nella circoscrizione loro affidata; ai vescovi fu imposto di effettuare visite regolari

nelle parrocchie della loro diocesi (le cosiddette visite pastorali) per controllare il

comportamento dei fedeli e vigilare sulla disciplina degli ecclesiastici e garantire

il decoro del clero; queste norme portavano, come logica conseguenza,

all'abolizione del cumulo dei benefici ecclesiastici. Fu inoltre imposto l'uso del

latino come lingua universale della Chiesa. Per combattere la tradizionale ignoranza

del clero fu creata una rete di seminari, destinati alla formazione di uomini di

Chiesa preparati e colti. Scopo dei seminari non era soltanto quello di formare

intellettualmente e religiosamente gli ecclesiastici. Essi miravano anche a

LA RIORGANIZZAZIONE DEL

CLERO

LA MORALIZZAZIONE DELLA VITA DEL

CLERO

Nuovo ruolo____________________

_________________________________

Provvedimenti del concilio:

_________________________________

_________________________________

_________________________________

_________________________________

_________________________________

______________________________

1 - ______________________________________________________

______________________________________________________

_______________________________

2 - ______________________________________________________

da cui:

______________________________________________________

_______________________________

3 - ______________________________________________________

______________________________________________________

=

_______________________________

Page 20: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

222

infondere attraverso ritiri, meditazioni, incontri spirituali il cosiddetto spirito

ecclesiastico, un atteggiamento morale che si traduceva in una visione totalmente

cattolica della realtà. In questo processo di avviamento alla vita ecclesiastica

aveva un ruolo importante l'esame della vocazione sacerdotale, cioè della sincera

inclinazione dei candidati al servizio nella Chiesa. Il seminario era un ambiente

«separato» che non comunicava col mondo circostante, come si conveniva a

un'istituzione dedicata all'educazione di individui che il concilio aveva definito

superiori rispetto al resto dei fedeli.

Già negli anni immediatamente precedenti l'apertura del concilio e poi lungo tutto

il suo corso e oltre, i papi erano intervenuti anche con iniziative personali, per

fronteggiare alcune tra le questioni più scabrose dell'organizzazione ecclesiastica:

furono varati provvedimenti contro il nepotismo, contro la simonia e contro il

concubinaggio.

Nel complesso, tra iniziative papali e delibere conciliari, la Chiesa cattolica riuscì

sicuramente a separare in maniera netta i sacerdoti dal resto dei fedeli e a fare di essi

il perno organizzativo della sua presenza nella società. Il clero diocesano a cui era

capo il vescovo, e che a differenza dei monaci viveva non separato dal mondo ma

nelle parrocchie in mezzo ai fedeli, divenne sempre più il riferimento per la massa

dei fedeli.

La volontà di attuare una riforma del cattolicesimo attraverso nuove forme

organizzative, di attuare una moralizzazione del clero e di intervenire

concretamente nella società era emersa già alcuni anni prima d concilio di Trento

con la fondazione di tutta una serie di ordini religiosi e di istituzioni caritative e

assistenziali.

La più importante di queste nuove istituzioni fu la Compagnia di Gesù,

fondata nel 1534 da Ignazio di Loyola (1491-1556), un ufficiale spagnolo dalla vita

avventurosa, il quale, ferito durante un assedio, fu preso da una crisi mistica – il

misticismo conosce in questo periodo una notevole fioritura - e decise di dedicarsi

all'apostolato religioso. L'ordine dei gesuiti, che ebbe una rapida crescita (5000

membri nel 1581,16.000 nel 1625), prevedeva una formazione lunga e meticolosa:

due anni di noviziato, due di studi letterari e scientifici, tre di filosofia, quattro di

teologia. Il gesuita diventava sacerdote verso i trent'anni, ma doveva ancora

affrontare un ultimo anno di noviziato. La struttura interna era rigorosamente

gerarchica e l'autorità era concentrata nelle mani del capo dell'ordine, il generale.

Reclutati attraverso una selezione durissima, i gesuiti erano uomini di Chiesa che

univano alla vasta cultura una consolidata abitudine all’obbedienza di tipo militare

(lo stesso termine «Compagnia» evocava il mondo dell'esercito).

All'estremo rigore esercitato all'interno dell'ordine faceva riscontro, però,

un'estrema flessibilità dei gesuiti nei confronti della realtà in cui operavano: si

realizzava così un netto superamento dello spirito monastico e dell'isolamento dal

mondo. Avendo come obiettivo principale la riconquista della Cristianità ai

princìpi morali e dottrinali della Chiesa romana, la Compagnia si industriò per

realizzare il massimo della penetrazione possibile nella realtà politica, sociale,

culturale europea, evitando atteggiamenti di eccessiva rigidità nei confronti degli

«eretici», degli increduli, degli incerti. Soprattutto in due campi tale azione fu

svolta con successo: la collaborazione con i governi e la promozione delle

istituzioni educative. Membri dell'ordine assunsero la direzione delle università

cattoliche, ma soprattutto fondarono scuole di istruzione primaria e secondaria

che presto furono affollate di giovani appartenenti ai ceti superiori, alta nobiltà

compresa. Questo grande successo si deve alla serietà e alla buona qualità media

dell’istruzione gesuitica.

In più, la capacità dell'ordine di intuire le esigenze del «pubblico» si espresse

nell'introduzione, nei programmi scolastici, del gioco didatticamente disciplinato,

della danza perché i ragazzi imparassero a tenere un portamento elegante, delle

recite teatrali per abituarli a essere disinibiti in società: tutti accorgimenti per

_________________________________

Risultati:

_________________________________

_________________________________

_________________________________

_________________________________

I NUOVI ORDINI RELIGIOSI: I GESUITI

_________________________________

Page 21: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

223

formare schiere di perfetti gentiluomini e di perfetti cattolici. Come educatori, i

gesuiti ebbero accesso all’élite dominante e alle stesse corti finendo per svolgere un

ruolo politico importante in molti paesi europei.

Per altro verso va precisato che i gesuiti si preoccuparono di estendere la propria

influenza anche sui ceti più umili, proponendo, ancora una volta, il sistema più

efficace per catturare l'attenzione del popolo analfabeta. Essi furono infatti grandi

promotori del culto delle immagini sacre, sfociante nei sontuosi apparati

cerimoniali delle processioni religiose che si svolgevano anche nei più piccoli paesi.

4. La riorganizzazione del culto

4.1 La lotta all'eresia

4.2 Il nuovo modello di vita religiosa

Per quanto riguarda i fedeli e il culto la Chiesa romana agì in diverse direzioni: la

repressione delle eresie, il disciplinamento, cioè il controllo del comportamento dei

fedeli, sradicando i comportamenti ritenuti immorali o pagani, nonché la

proposta/imposizione di un nuovo modello di religiosità.

LA RIORGANIZZAZIONE DEL

CULTO

Il beato Giovenale Ancina (1545-

1604) , vescovo di Saluzzo, uno dei

controriformisti cuneesi.

La repressione delle eresie ebbe come

strumento essenziale il tribunale

dell’Inquisizione a cui venne dato nuovo

vigore anche attraverso una serie di riforme

per cui il tribunale venne accentrato sotto la

direzione di una commissione cardinalizia, la

Congregazione del Sant’Uffizio, favorendo

così una politica unitaria dell’Inquisizione.

L'autorità dell'Inquisizione venne estesa a

tutta la cristianità, senza eccezioni: tutti i

cristiani, qualsiasi fosse il loro rango o censo

o la nazionalità dovevano rispondere dinanzi

agli inquisitori romani per quanto riguarda

atti, scritti comportamenti in contrasto con i

principi della Chiesa.

Anche la procedura inquisitoriale venne

riformata: fu rafforzato il potere degli

inquisitori, cui fu attribuita sia l'iniziativa

LA LOTTA ALL'ERESIA

giudiziaria che il giudizio, fu ampliata la libertà di interrogare, torturare, condannare;

vennero inoltre annullate le garanzie di difesa ai sospettati, mentre all'inquisitore

venne affidato il duplice e contraddittorio ruolo di accusatore e giudice. Per

coinvolgere anche i fedeli nella caccia agli eretici, la Chiesa richiamò con severità le

comunità cristiane all'obbligo di denuncia, pena la scomunica, di chiunque fosse

CARATTERISTICHE DELL’ORDINE DEI GESUITI

1 - _____________________________________________________________________________________________________________

2 - _____________________________________________________________________________________________________________

3 - _____________________________________________________________________________________________________________

A - ____________________________________________________________________________________________________

B - _____________________________________________________________________________________________________

C - _____________________________________________________________________________________________________

Page 22: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

224

sospetto di eresia, negromanzia, magia, bestemmia, sacrilegio.

Un secondo strumento repressivo fu pensato appositamente per gli intellettuali di

cui la Chiesa sottopose a censura gli scritti: un'apposita Congregazione dell'Indice

ebbe il compito di vigilare sulle pubblicazioni e designare i titoli la cui lettura era proi-

bita. Le opere dei filosofi, dei politici, dei poeti vennero spesso allegate come prova

dell'eresia dei loro autori: casi emblematici sono quelli di Giordano Bruno, forse la

vittima dell’Inquisizione più illustre tra gli intellettuali dell’epoca, e Galileo Galilei,

entrambi denunciati e accusati di eresia per le tesi sostenute nelle loro opere. Ma

anche l’essere sorpresi a leggere opere proibite o il semplice possederle poteva causare

denunce e processi per eresia.

All’Inquisizione, come vedremo, venne affidato non solo il compito di reprimere

gli intellettuali che si opponevano allo spirito controriformista, in quanto essa ebbe

un’importante ruolo anche nel disciplinamento delle classi inferiori.

Coerentemente con la teologia tridentina il nuovo modello di religiosità che la

Chiesa cattolica venne elaborando era teso a ribadire la centralità della chiesa e del

clero nel rapporto con il divino.

Infatti, la vita religiosa venne sempre più identificata con la partecipazione alle

funzioni religiose legate ai sacramenti, di cui la teologia tridentina aveva ribadito

l’importanza come strumento per ricevere la grazia divina, indispensabile per

colmare la debolezza dell’uomo sulla via che lo conduce alla salvezza eterna.

Scelta che esaltava il carattere collettivo e l’immediata visibilità e quindi anche

esteriorità e controllabilità della religiosità contro il carattere personale e interiore

che il modello di religiosità protestante tendeva a privilegiare.

Esteriorità e collettività sono alla radice di un processo di spettacolarizzazione della

religione che si espresse sia nei luoghi di culto che nelle forme dei culti.

La linearità geometrica delle chiese rinascimentali cominciò alla fine del

Cinquecento a essere sostituita dalla ricerca di un’intensa suggestione. Le nuove

chiese che si imposero vengono abitualmente ricondotte sotto la categoria del

barocco. Negli interni si verificò come un’esplosione di stucchi, ori, decorazioni,

mentre si venivano moltiplicando gli altari laterali. Su questi altari comparve

l’iconografia sacra che illustrava i nuovi modelli di santità, con i cieli di nuvole rosa

che si aprono per mostrare trionfi divini e verso i quali si alzano gli sguardi pii e i

cuori travolti da mistici rapimenti.

IL NUOVO MODELLO DI VITA RELIGIOSA

REPRESSIONE ERESIE:

strumenti:

1 _____________________________________________

A - ____________________________________________________________________________________

B - ____________________________________________________________________________________

C - ____________________________________________________________________________________

a - __________________________________________________________________________________________

b - __________________________________________________________________________________________

c - __________________________________________________________________________________________

2 ___________________________________________________________________________________________________________

Page 23: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

225

Chiesa dell’Assunta a Savigliano

Affreschi alla volta (inizio sec XVIII), uno tra

i tanti segni della Controriforma nel

saviglianese

I soffitti cominciarono a coprirsi di volte stellate dai colori azzurro e oro sgargianti,

popolate di schiere d'angeli presentati nella forma del putto innocente e sensuale

e disposti con grande attenzione all'effetto scenografico della finta prospettiva; gli

altari si riempirono di calici e ostensori che irraggiavano fiamme d'oro, con

l'effetto di concentrare l'attenzione dei fedeli sulla sontuosità e la meraviglia

dall'oggetto. Tutto era ostentato, sottolineato, imposto a un'emotività sempre più

smisurata e abnorme: il fedele diventava nella sua chiesa: spettatore invece che

compartecipe. Altari, pareti e colonne si riempivano di reliquiari ed ex voto

lussuosi e sgargianti, mentre l'intensa devozione per la Madonna e i santi si

manifestava con statue piangenti, cuori trafitti, sangue stillante. Coronata e

dolente, carica di lusso e di ori ma anche di sofferenze atroci ben visibili, la

Vergine Maria esprimeva bene tutto il gusto eccitato ed eccessivo dell'epoca.

Per quanto riguarda i culti il fenomeno della spettacolarizzazione coinvolse

innanzitutto la celebrazione dei sacramenti: la messa, celebrata in latino seguendo

un messale unico che ne legava i contenuti ai diversi periodi dell’anno ecclesiastico

(avvento, pasqua, ecc..), divenne un grande spettacolo, il cui teatro era la chiesa

barocca e a cui il fedele assisteva come spettatore; il culto dell’ostia, in cui il

concilio aveva ribadito esserci la presenza reale di Cristo, venne promosso con tutta

una serie di cerimonie (adorazioni eucaristiche, vespri, processioni) altrettanto

spettacolari e di apparati cerimoniali (tabernacoli, ostensori, baldacchini) il cui

splendore era inteso come segno di religiosità della comunità parrocchiale; negli

angoli più silenziosi e discreti delle chiese fecero la loro comparsa i monumentali

confessionali tripartiti, muniti di grata interna, nella cui penombra i fedeli

andavano ad assolvere l'obbligo dell'annuale confessione auricolare (segreta e

privata) stabilita e prescritta dal concilio di Trento.

Un altro tipico esempio della religiosità promossa dalla chiesa controriformista è

costituito dal culto dei santi. Teologicamente visti non solo come esempio per gli

uomini ma anche come intermediari tra i fedeli e la divinità, il loro culto perpetuava

una rappresentazione, affermatasi già nel tardo Medioevo, dell’al di là visto a

immagine del mondo terreno, come un sistema di protettori e clienti, in cui era

meglio avvicinare Dio tramite un mediatore che non tentare di arrivare a lui

direttamente. Attraverso la diffusione del culto dei santi patroni la Chiesa cercava

di incanalare una religiosità popolare che tendeva a finalizzare i riti religiosi

all’ottenimento di protezione per se stessi, i propri famigliari, i propri animali e i

propri beni in generale.

Il culto dei santi prese la forma del culto delle reliquie (i “Corpi santi” che venivano

portati in processione durante la festa patronale), delle immagini, e non solo di

quelle conservate nelle chiese ma anche dei “santini”, la cui diffusione fu consentita

Page 24: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

226

dalla stampa. La fede in tali oggetti sacri era fondata sulla fede in ciò che può essere

definito come l’efficacia materiale del sacro, ossia il loro potere di provocare

cambiamenti nel mondo materiale e visibile.

Tra i santi assunse un particolare rilievo la Madonna al cui culto era dedicate la

diffusione di nuove pratiche religiose, quali la recita del rosario, e di cui vennero

riconosciute numerosissime apparizioni autorizzando il culto sul luogo in cui esse

sarebbero avvenute (santuari mariani).

Molte di queste forme di religiosità sono una cristianizzazione di antichi culti che

sopravvivevano soprattutto nelle campagne. Basti pensare alle manifestazioni

devozionali che si tenevano intorno a luoghi ritenuti miracolosi, oppure alle

devozioni agrarie. Se la pratica devozionale veniva cristianizzata, la repressione

si manifestò per lo più verso tutto ciò che veniva a scontrarsi con quello che la

Chiesa riteneva non conforme alle proprie esigenze di ordine e di decenza. Per

coloro che vi prendevano parte spesso la cerimonia religiosa costituiva un momento

di «festa» collettiva (o, come si direbbe oggi di «socializzazione») e, quindi, potevano

avere un risvolto non molto spirituale e poco ortodosso, fino alla sregolatezza.

Tra i riti devozionali collettivi la processione e il pellegrinaggio furono tra i più

praticati e, se si considerano le implicazioni psicologiche e sociali, dei più

significativi per la storia delle mentalità e dei comportamenti.

È necessario sottolineare, tuttavia, che i pellegrinaggi dell'Età Moderna si dif-

ferenziarono da quelli medievali perché, pur mantenendo caratteri di massa,

assunsero dimensioni più ridotte per quanto concerneva le distanze. Non più,

quindi, viaggi in Oriente, e più in particolare in Palestina, ma spostamenti all'inter-

no di aree territorialmente più ristrette, verso i luoghi delle apparizioni della

Vergine o quelli dove erano conservati i corpi dei santi. Anche se i pellegrini

accettarono i dettami di comportamento imposti dalli Chiesa (e non vi furono

pellegrinaggi senza messe, comunioni e confessioni) gli atti essenziali della

partecipazione del pellegrino furono altri, ossia: il contatto con l'oggetto sacro,

come il sorbire l'acqua delle fontane ritenute miracolose, o l'immergersi in esse;

la pratica di strofinarsi contro l'immagine sacra o di strapparle qualche scheggia

da conservare come reliquia.

IL NUOVO MODELLO DI VITA RELIGIOSA

Centralità di:

carattere della religiosità:

1 ______________________________

_____________________

2 ______________________________

______________________

3 ______________________________

______________________

_________________________________________________________________

A- __________________________________ B - ______________________________________

1 - __________________________ 1 - ___________________________________

2 - __________________________ 2 - ___________________________________

3- __________________________ 3 - ___________________________________

4 - ___________________________________

Page 25: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

227

La processione rappresentava probabilmente il momento di massima

spettacolarizzazione degli eventi religiosi che aveva al suo centro uno degli oggetti

sacri di cui abbiamo detto, la reliquia, l’immagina del santo, l’ostia, che veniva con il

massimo sfarzo possibile (baldacchini, addobbi, strutture sceniche) portato per le vie

del centro abitato. L’opera d’imposizione di nuove forme di culto si accompagnò ad un’opera di

istruzione dei fedeli che utilizzò come suo strumento principale, insieme con la

predicazione, il catechismo. Una disposizione conciliare faceva obbligo ai curati

di insegnare la dottrina ai fedeli nella lingua corrente. A tale scopo il concilio affidò

a una commissione guidata dall'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, forse il più

noto tra i vescovi controriformisti, l'incarico di redigere un Catechismo romano

che fu stampato nel 1566. Questo manualetto a uso dei sacerdoti, contenente in

forma semplificata la dottrina del concilio di Trento, ebbe una grande

importanza nel divulgare in maniera uniforme i princìpi dell'ortodossia tridentina

presso i fedeli.

L’educazione del fedele: ______________

+________________________________

Savigliano santuario dell’Apparizione, uno

dei santuari mariani dell’epoca

5. Il disciplinamento della società

5.1 Una società omogenea e obbediente

5.2 Repressione e cristianizzazione

5.3 Gli strumenti del controllo

5.4 La caccia alle streghe

Le conseguenze sociali della Riforma protestante e della Controriforma cattolica, che

si manifestarono nella seconda metà del Cinquecento e nel Seicento, sono state

descritte dagli storici come un processo di disciplinamento della società, ovvero il

tentativo di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita

delle popolazioni al fine di ottenere una società più compatta, meno culturalmente

differenziata, e pronta a obbedire a poteri centrali (chiesa e stato)in maniera più au-

tomatica.

Nei confronti delle fondamentali manifestazioni della vita sociale - il gioco, il

sesso, i riti del corteggiamento e del matrimonio, le feste, le forme di medicina

popolare e di magia, i comportamenti pubblici e privati - venne avviata una

gigantesca e capillare opera di controllo e di intervento. II risultato di

quest'azione fu che il secolo XVI che si era aperto con clamorose ribellioni al

principio di autorità (vedi Lutero), si chiuse all’insegna dell’obbedienza

interiorizzata, della disciplina.

IL DISCIPLINAMENTO DELLA

SOCIETÀ

UNA SOCIETÀ OMOGENEA E OBBEDIENTE

Il disciplinamento della società:

una società ________________________

e ________________________________

L’obbedienza _____________________

L’omogeneità _____________________

=________________________________

Page 26: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

228

Da questo punto di vista, cattolici e protestanti si mossero con intenti e modalità

sostanzialmente analoghe. La religione venne utilizzata come principale

strumento per imporre l’omogeneità culturale e interiorizzare l’obbligo

dell’obbedienza a tal punto che la manifestazione più evidente di questo

processo di disciplinamento può essere descritta come un processo di

“cristianizzazione delle campagne”.

Le popolazioni, in special modo quelle rurali, spesso associavano alle credenze

e ai rituali della Chiesa pratiche antichissime, di evidente origine pagana, che più

di mille anni di diffusione del cristianesimo nelle campagne non erano riusciti ad

estirpare. In Friuli, ad esempio, alla metà del XVI secolo le popolazioni rurali

credevano che ad alcune persone privilegiate (dette benandanti) fosse concesso di

recarsi periodicamente nel mondo dei morti, e che l'abbondanza dei raccolti

dipendesse dall'esito di grandi battaglie notturne, condotte dai benandanti stessi

contro gli spiriti dei defunti, considerati pericolosi ed aggressivi nei confronti dei

vivi. In quasi tutte le regioni d'Europa era diffusa la pratica di accendere grandi

fuochi nella notte fra il 23 e il 24 giugno: questo rito era celebrato in onore di San

Giovanni Battista, ma era anche opinione comune che a quei fuochi si

avvicinassero, per scaldarsi, le anime di tutti coloro che, essendo morti

prematuramente, vagavano senza pace. Per questo, poi, le ceneri di quei falò erano

conservate come amuleti capaci di proteggere dalle disgrazie e dagli incidenti.

Nel corso del Seicento, le autorità religiose si sforzarono di cancellare tutti questi

residui di paganesimo e queste pratiche superstiziose; le popolazioni rurali dell'Europa

occidentale, dunque, furono vittime di uno sforzo di acculturazione senza pre-

cedenti, intendendo per acculturazione l'imposizione violenta di una cultura

(cioè di un sistema di credenze, di valori morali e di comportamenti) da parte di

un élite a chi ne possedeva un'altra2.

Cosa non andava nella cultura popolare agli occhi dell’élite culturale che intendeva

modificare gli atteggiamenti del resto della popolazione?

L’azione di questa élite si concentrò particolarmente su due aspetti: la presenza di

tracce di credenze legate al paganesimo e l’eccessiva licenza dei comportamenti che

non si adeguavano agli insegnamenti della chiesa. Dal momento che feste popolari e

stregoneria, in maniera più evidente, manifestavano questi aspetti furono anche i

fenomeni che con più forza i riformatori cercarono di sradicare3.

La posizione della Chiesa fu assolutamente drastica solo nei confronti della

stregoneria, punta estrema della superstizione e della devianza, che

presupponeva il patto con il diavolo e la rinuncia a Dio in cambio del potere su

uomini e cose. Nei casi di pratiche che non comportavano l'appello alle forze

diaboliche, la Chiesa preferì seguire, invece, un atteggiamento più conciliante,

nel senso di una cristianizzazione di antichi culti, come abbiamo già osservato,

manifestandosi la repressione per lo più verso gli aspetti socializzanti.

Anche nei riguardi del carnevale, vera festa di liberazione degli istinti, assai

poco compatibile con l'etica cristiana, la Chiesa pre-tridentina, soprattutto nel

XV secolo, aveva assunto un atteggiamento abbastanza tollerante, limitandosi

a inserirlo nel proprio calendario liturgico e facendolo seguire dalla quaresima,

proprio per non entrare in conflitto con i fedeli. In epoca tardomedievale il carnevale

era stato una festa sia per i contadini sia per la gente di città e il suo simbolismo

essenziale era effettivamente «terreno», in quanto imperniato sul cibo e sulla

sessualità, ossia sulla fertilità. È importane sottolineare, inoltre, che il

carnevale non era solo una festa riservata alle classi popolari, ma anche alla

La _______________________________

delle ____________________________

i culti ____________________________

a - _______________________________

b - ______________________________

L’imposizione _____________________

di una nuova _______________________

REPRESSIONE E CRISTIANIZZAZIONE

I mali della cultura popolare:

1 -______________________________

2 - ______________________________

L’azione della Chiesa:

1 - ______________________________

nei confronti di:

a - ______________________________

b - ______________________________

2 - ______________________________

Esempi di ________________________

1- il _____________________________

La tolleranza del _________________

Il ____________________________ del

_________________________

2 La cultura è qui intesa come l’insieme di conoscenze, valori, comportamenti che identifica un gruppo sociale,

differenziandolo rispetto agli altri. Così, ad esempio, nella società odierna noi possiamo parlare di una cultura giovanile

intendendo l’insieme di quegli atteggiamenti che sono propri dei giovani in quanto contrapposti agli adulti. 3 È da notare che, come diremo in seguito, le forme di credenza nella stregoneria che vennero represse erano in realtà

una creazione di coloro intendevano reprimerla.

Page 27: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

229

gente colta che vi partecipava attivamente, come ci ricordano le canzoni

carnascialesche di Lorenzo de' Medici e Niccolò Machiavelli.

Solo a partire dalla fine del XVI secolo e soprattutto durante quello successivo,

in tutta Europa le autorità laiche ed ecclesiastiche cominciarono a porre limiti

severi per la celebrazione del carnevale, tentando di soffocarne lo spirito

pagano e imponendo alla festa popolare un velo di austerità e autocontrollo che, col

tempo, diventò sempre più evidente. Vescovi esemplari, come Gian Matteo

Giberti a Verona e Carlo Borromeo a Milano o Giovenale Ancina a Saluzzo, si

dedicarono a purificare le credenze e le pratiche dei propri fedeli. Un esempio

può essere rappresentato dal Borromeo che, a Milano, si oppose, al pari di

Calvino a Ginevra, ai carnevali, alle danze e agli spettacoli, che furono

definiti dal prelato «la liturgia del diavolo».

Sarà una lotta dura, forse conclusa solo nel XIX secolo, che non ha soltanto

aspetti religiosi e morali, ma costituisce anche una profonda modificazione

psicologica e culturale. L'uomo del XVI secolo, non meno dell'uomo del Medioevo,

non aveva nessun dominio dei propri impulsi e stati emotivi: la paura diventava per

lui terrore e panico incontrollabile, la gioia esplosione fisica e sensuale, il dolore

un oceano incontenibile di disperazione urlata, l'odio una sconfinata brutalità. La

cultura quaresimale della Controriforma cominciò a imporre la moderazione alle

manifestazioni della vitalità.

La vita sessuale fu uno dei principali obiettivi di questa massiccia campagna re-

pressiva e la trasgressione sessuale diventò quasi il modello di tutte le altre forme

di trasgressione: per vie diverse, ma con identici risultati, sia il concilio di Trento

sia l'etica protestante affermarono che la sessualità era lecita soltanto dentro il

matrimonio e solo se subordinata al fine della procreazione. Il peccato della carne

divenne il peccato per eccellenza, facendo passare in second'ordine quelli derivanti

dall'orgoglio e dall'avidità, che la morale medievale aveva condannato in maniera

molto più severa che non la lussuria. Sulla sessualità calava una cortina di tristezza

e di repulsione. La comparsa di una nuova malattia, la sifilide, contribuì anch’essa a

togliere spontaneità all’effusione fisica e a circondare il piacere di sospetto,

apprensione e possibilità di castigo.

Uno dei risultati più importanti di questa operazione di repressione della cultura

popolare fu sicuramente la separazione di quest’ultima dalla cultura delle classi

colte. Tale separazione era sicuramente meno evidente prima del Cinquecento,

quando le classi colte erano culturalmente meno distanti dal resto della

popolazione, come abbiamo visto per il carnevale e come ci ricorda il classico

l’esempio del parroco di campagna che condivideva tutte le credenze dei suoi

parrocchiani (non per niente tra i provvedimenti del Concilio di Trento vi fu

l’istituzione dei seminari per l’istruzione del clero). Alla formazione di un ceto

dirigente culturalmente omogeneo e distante dalla cultura popolare contribuì

prepotentemente l’aumentata circolazione dei libri, favorita dalla diffusione della

stampa a caratteri mobili, e che a sua volta consentì una maggiore e più penetrante

circolazione delle idee volute dai centri di potere che attraverso la censura (vedi

l’Indice dei libri) ne potevano controllare la diffusione.

Un altro esempio di questo disciplinamento delle classi colte è sicuramente

costituito dall’istituzione dei collegi per gli studenti. Gli studenti universitari, che

avevano percorso disordinatamente le vie d'Europa spostandosi da un professore

a un altro e mantenendosi con l'accattonaggio, avevano ceduto il posto agli

studenti dei collegi - quelli gesuitici dell'Europa cattolica, quelli dei colleges inglesi

di Oxford e Cambridge - dove l'insegnamento era impartito a classi divise per età, e

dove i giovani dovevano conformarsi a regole valide per tutti.

La Chiesa per realizzare questo controllo si servì, oltre che dei tribunali

dell’Inquisizione, delle strutture diocesane e parrocchiali che rinnovate dal

concilio vennero a radicarsi sempre più strettamente nella società.

Strumento efficacissimo per imporre le direttive dall’alto furono le visite pastorali

La repressione della ________________

L’imposizione ____________________

________________________________

2 - ______________________________

Il modello imposto: ________________

_________________________________

La sessualità come _________________

I risultati della repressione:

1 - ______________________________

2 - ______________________________

ruolo dei:

a- _________________________

b- _________________________

GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO

1 - ______________________________

Page 28: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

230

dei vescovi; rese obbligatorie, come abbiamo già detto, dal concilio esse furono

utilizzate per attuare un controllo sulle forme di religiosità e di moralità delle

popolazioni e dello stesso clero. Tra il resto, le dettagliatissime relazioni, che

venivano compilate in occasione della loro effettuazione, sono un prezioso

documento che ci attestano gli sforzi compiuti dall’élite ecclesiastica in questa

direzione.

Se all’Inquisizione fu affidata soprattutto l’opera repressiva, cadendo sotto la sua

giurisdizione parecchi tipo di reato , non solo l’eresia e la stregoneria, ma anche

la bestemmia, la poligamia e molti altri, alle parrocchie spettò soprattutto il

versante positivo e pastorale del processo di disciplinamento. Esse erano il perno

organizzativo delle cerimonie religiose, ad esse era affidato il compito di

controllare che tutta la popolazione vi partecipasse, ad esse era affidato il compito

della predicazione e dell’insegnamento del catechismo che dovevano diffondere

le basi fondamentali del credo cattolico.

Le parrocchie oltre a questi compiti presero a svolgere anche altre funzioni

“civili” di inquadramento della popolazione. Ad esempio, fu resa obbligatoria la

compilazione dei “Registri del battesimo” che costituiscono la prima forma di

anagrafe moderna, la scuola di religione era poi spesso l’unica forma di istruzione

per le popolazioni, vi si apprendevano non solo i fondamenti del cristianesimo,

ma anche le regole di cortesia o come si diceva, della “civiltà cristiana”.

Insieme alla parrocchia provvedevano ad organizzare la vita religiosa anche le

Confraternite, già presenti nel Medioevo ma fortemente rilanciate dalla

Controriforma, le quali erano organizzazioni di laici con scopi devozionali,

organizzando il culto del santo a cui erano dedicate, e/o assistenziali, dedicandosi

all’assistenza o dei poveri, o degli inferni, o dei carcerati, ecc..., nonché al

soccorso reciproco tra confratelli.

Un momento tipico del processo di disciplinamento della società è sicuramente

costituito dalle cosiddette “missioni popolari”: condotte da predicatori che

percorrevano in lungo e in largo le regioni i cui venivano invitati o inviati,

toccavano tutte le parrocchie organizzando cerimonie religiose e predicazioni al

fine di insegnare la retta dottrina, imporre l’obbligo della partecipazione ai

sacramenti e i modelli comportamentali ritenuti corretti. Nell’organizzare le

missioni popolari si distinsero in particolare due dei nuovi ordini nati durante

questo periodo: i cappuccini e i gesuiti.

Il momento centrale delle missioni popolari era costituito dalla predicazione; per

designare il tratto fondamentale dell'azione di predicazione che investì, in modo

capillare, le campagne europee nel corso del Seicento, lo storico francese J.

Delumeau ha coniato l'espressione «pastorale della paura». Infatti, il tema

preferito dalla predicazione era la minaccia dell’inferno che veniva descritto in tutti

i dettagli possibili, in modo da provocare nel pubblico forti emozioni di repulsione, di

orrore e di spavento. In primo luogo, si metteva in rilievo che i tormenti ultraterreni

sarebbero stati eterni, cioè sarebbero durati per sempre; chiunque fosse finito

all'inferno, inoltre, non avrebbe mai più conosciuto un istante di pace e di piacere,

ma sperimentato solo dolore e sofferenza.

E poi importante osservare che l'inferno cattolico del Seicento differisce da quello

dantesco in alcuni elementi fondamentali. Infatti, mentre nell'oltretomba descritto da

Dante lo spazio concesso ai peccatori era, nell'insieme, abbastanza vasto, l'inferno

descritto dai predicatori delle missioni seicentesche era in genere presentato come

un'opprimente prigione, in cui i dannati venivano orrendamente compressi gli uni

sugli altri, come i cadaveri nei cimiteri in tempo di peste. Dante nel suo inferno-

città, ben ordinato e strutturato, vedeva i dannati torturati in mille modi diversi,

invece nell'inferno-prigione tipico del Seicento il fuoco assunse il ruolo di castigatore

unico. Si trattava di un fuoco micidiale, che avvolgeva completamente le proprie

vittime, ma anche sapiente e intelligente, perché capace di colpire la parte del corpo

del peccatore che maggiormente aveva peccato e di discernere quali dannati fare

soffrire di più. A più riprese, infine, i predicatori misero l'accento sul fatto che

2 - _____________________________

Le visite _________________________

3 - ______________________________

Le funzioni:

a - ___________________________

b - ___________________________

4 - _____________________________

I momenti del disciplinamento:

1 - _____________________________

2 - _____________________________

La pastorale della __________________:

la minaccia dell’___________________

Diversità inferno dantesco e del Seicento:

1 - ______________________________

2 - ______________________________

Page 29: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

231

Dio, irritato e offeso dall'atteggiamento del peccatore, che aveva osato sfidare la Sua

santa Legge, non avrebbe avuto né pietà né misericordia per il dannato, ma anzi

l'avrebbe colpito con implacabile severità.

Così il gesuita Paolo Segneri (morto nel 1694), uno dei predicatori più noti,

descriveva l’atteggiamento di Dio verso i dannati: “E per quanto alzano gli occhi

per rivoltarsi (= rivolgersi ) a quel gran Dio che lo accese (= che accese il fuoco

dell'inferno), veggono ch'egli, ... lo dovrò dire? Veggono ch'egli, divenuto per essi

(secondo il loro sentimento) un Nerone, non per ingiustizia, ma per severità, non

solo non vuole, o consolarli, o soccorrerli, o compatirli, ma di più ancora applaude

battendo le mani e con un diletto incredibile se ne ride. Pensate dunque in quali

smanie debbono essi prorompere, e in quali furori! Noi bruciamo, e Dio ride?...”

Non sorprende apprendere dai resoconti dell'epoca che, al termine di una predica,

molti ascoltatori erano in preda al panico e all'angoscia; il missionario però, a quel

punto, offriva ai suoi spaventati fedeli il salutare rimedio della confessione: grazie ad

esso (e poi, in futuro, per mezzo della rigida osservanza dei comandamenti della

Chiesa) sarebbe stato possibile al credente evitare quell'orribile luogo di tortura che

il predicatore aveva fatto balenare davanti agli occhi del proprio uditorio.

3 - ______________________________

Predicazione e ____________________

La sede della missione cappuccina a Chianale – Valle Varaita

In Italia il movimento riformatore ebbe un carattere ristretto,

intellettualistico e non organizzato, coinvolgendo piccoli gruppi di

intellettuali che nel clima politico e religioso dominante in Italia non

avevano nessuna possibilità, non solo di espandersi, ma di

sopravvivere. Tra le poche eccezioni, dove troviamo invece una certa

diffusione di massa delle eresie, vi sono le valli valdesi, dove avevano

trovato rifugio fin dal Medioevo i seguaci di Pietro Valdo la cui

religiosità era molto vicina allo spirito luterano e la cui repressione

venne ripresa in grande stile, e quelle cuneesi (valli Varaita e Maira,

ma anche occasionalmente in località di pianura) dove, stante la

vicinanza e in determinati periodi il diretto controllo della Francia,

trovò una certa diffusione il calvinismo, anch’esso prontamente

represso. Lo stabilirsi di una missione, come quella cappuccina di

Chianale, rappresentava uno dei momenti della ripresa delle forze

cattoliche nelle zone controllate dai protestanti. A Savigliano, nel

convento di S. Domenico, vi era una delle sedi dell’Inquisizione.

La più vistosa manifestazione del clima di repressione che si accompagnò al

processo di disciplinamento della società è sicuramente rappresentata dalla caccia

alle streghe che conobbe il suo apogeo tra il 1580 e il 1650 (110.000 processi,

60.000 vittime).

La credenza nella stregoneria è legata alla strategia psicologica del capro espiatorio

che condiziona il comportamento di un individuo e della collettività in cui vive e

viene attivata da una comunità quando questa è colpita da una crisi che non è capace

di comprendere razionalmente nelle sue cause effettive, o che comunque non è in

grado di fronteggiare efficacemente. A quel punto il meccanismo procede con

l'individuazione di un colpevole: qualcuno su cui poter rovesciare la responsabilità

della crisi.

Il processo di colpevolizzazione, tuttavia, funziona solo se l'accusato è credibile,

cioè se già da tempo gode di una pessima fama ed è una sorta di emarginato all'interno

del gruppo: sotto questo profilo, gli ebrei, ad esempio, si prestavano perfettamente, dal

momento che costituivano l'unica minoranza religiosa significativa presente

nell'Europa cristiana ed erano stati accusati (fin dal tempo dei Padri della Chiesa) di

LA CACCIA ALLE STREGHE

Page 30: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

232

essere gli strumenti di Satana, gli assassini di Cristo e, quindi, i nemici giurati di quanti

credevano il lui.

Certamente, la violenza perpetrata verso chi è stato accusato di aver

scatenato la crisi (violenza che può arrivare fino all'eliminazione fisica) non

risolve affatto la situazione problematica nella sua effettiva realtà: siamo di

fronte, dunque, ad un meccanismo di difesa illusorio, nel senso che non è capace di

aggredire la crisi nelle sue vere cause e di sconfiggerla. Eppure, la strategia del

capro espiatorio ottiene ugualmente, in chi l'attiva, un importantissimo risultato.

Infatti, nel momento in cui il responsabile viene individuato (e, conse-

guentemente, fatto oggetto di violenza) si genera una specie di catarsi collettiva,

di sfogo delle emozioni, di provvisorio allentamento della tensione accumulata

da un gruppo (o da un individuo) a seguito dell'esplosione di una situazione critica.

Se tale tensione venisse scatenata verso l'interno, la comunità investita dalla

crisi verrebbe distrutta: ecco perché si cerca in tutti i modi di proiettarla verso

l'esterno, trovando, appunto, un colpevole.

Nel corso del Quattrocento, la strategia del capro espiatorio si perfezionò

ulteriormente; nel XV secolo, infatti, giunse a pieno compimento il concetto di

strega, termine con cui si indicava una donna accusata di aver stipulato un patto col

diavolo, rinnegato la fede e avuto rapporti sessuali col demonio stesso; in

cambio - si diceva - Satana le concedeva la possibilità di operare il male in modo

misterioso e con strumenti soprannaturali. Secondo il domenicano J. Nider (che

scriveva fra il 1435 e il 1437, a Basilea) le streghe riuscivano a «sottrarre, a loro

piacimento, la terza parte del letame, del fieno, del frumento, o di qualunque altra

cosa, dal campo del vicino per appropriarsene senza che nessuno le vedesse; o erano in

grado di provocare grandinate molto vaste e venti dannosi con fulmini; o ancora,

sotto lo sguardo dei genitori, gettare nell'acqua i bambini che vi camminavano vicini,

senza che nessuno le scorgesse; o ancora procurare la sterilità negli uomini o nelle

bestie, danneggiare nelle cose o nei corpi i vicini, fare imbizzarrire i cavalli che

venivano bardati, mentre veniva porta la staffa al cavaliere».

S'intravede, dietro queste parole, tutto un mondo di piccoli e grandi drammi,

di tragedie familiari e di rancori fra vicini; la strega e lo stregone, nell'immaginario e

nella vita popolari, rivestirono il ruolo di capri espiatori .per tutti gli incidenti

inaspettati o per quelli che risultavano di impossibile soluzione. Si trattava di

situazioni di crisi, capaci di gettare a terra e distruggere una famiglia o una

collettività più vasta; accusare la strega non ridonava il raccolto perduto o il

figlio annegato, ma allentava la tensione emotiva che questi incidenti

avevano generato in chi li aveva subiti, o meglio serviva a proiettare fuori del

gruppo un'aggressività esasperata che, se riversata all'interno della comunità, ne

avrebbe provocato la distruzione.

Non si escludeva a priori la possibilità che esistessero stregoni maschi; era

opinione corrente, tuttavia, che la grande maggioranza dei malefici agenti di

Satana fossero donne. Questa convinzione corrisponde pienamente ai requisiti

che deve possedere un capro espiatorio per poter essere credibile; in una società in

cui il potere era interamente gestito dai maschi, infatti, la donna era una figura

Le credenze sulle streghe:

1 – il patto con _____________________

e i poteri __________________________

Le streghe e la strategia _____________

_________________________________

- ______________________________ e

_______________________________

- perché _________________________

IL PROCESSO PSICOLOGICO DEL _____________________________________

1 - ____________________________________________________________

2 - ____________________________________________________________

3- _____________________________________________________________

4 - _____________________________________________________________

Vedi anche pag. 235

Page 31: D L’EUROPA DELL’INTOLLERANZA

233

marginale, perfettamente adatta - come gli ebrei - a rivestire il ruolo di capro

espiatorio. Inoltre, da secoli, le donne erano oggetto di una violenta propaganda

ostile, che le dipingeva come schiave della lussuria, incapaci di dominare le

proprie passioni e comunque pericolose per il maschio: la figura di Eva, che

induce Adamo al peccato e ne provoca la rovina, era regolarmente additata come

esempio della pericolosità della donna.

La rinnovata violenza della caccia alle streghe si comprende non appena teniamo conto

del fatto che, all'inizio del Cinquecento, le credenze relative alla stregoneria si erano

arricchite del concetto di sabba. Con tale termine si indicava un raduno notturno di

streghe e stregoni. Al luogo prescelto per la riunione ogni seguace di Satana arrivava

in volo, dopo essersi unto il corpo con un unguento speciale, donatogli dal

diavolo stesso e fabbricato con ingredienti di vario tipo; nei Paesi Baschi, ad

esempio, le streghe arrestate dichiaravano di usare, soprattutto, escrementi di

rospo, mentre in vari altri luoghi esse confessarono che il magico unguento era a base

di grasso e carni di cristiani uccisi. Al sabba, secondo l'opinione corrente, le streghe e

gli stregoni rinnovavano la loro abiura della fede cristiana e del battesimo

compiendo atti blasfemi di vario genere; fra questi, il gesto di calpestare la croce era

uno dei più frequenti e diffusi. Poiché il diavolo stesso (visibile in forma umana o

animalesca, a seconda dei casi) partecipava al sabba, i suoi seguaci gli rendevano

omaggio e lo adoravano; a questi riti, facevano seguito un banchetto (a base di carne

umana), una danza ed un'orgia, nel corso della quale le streghe e gli stregoni si

accoppiavano sia con i demoni sia tra loro.

La credenza nella stregoneria era comunemente accettata anche dall’élite culturale in

quanto, come scrive lo storico francese L. Febvre, “gli uomini del XVI secolo non

possedevano la nostra nozione di naturale opposto al soprannaturale. 0

piuttosto, per loro, tra il naturale e il soprannaturale la comunicazione

rimane normale e incessante. Essi conservano dell'universo una visione

mistica, una visione da primitivi che non vanno, come noi, a cercare le cause

nei dati dell'esperienza vissuta, con l'intenzione di inquadrare ogni avvenimento nel

reticolo dei fenomeni, di spiegarlo con ciò che lo ha preceduto, di farne la

conseguenza necessaria di condizioni date e la causa, non meno necessaria, di

conseguenze facili da prevedere: essi pretendono di trovarle, queste cause

semplici e possenti, in un mondo che per definizione sfugge all'esperienza,

in un mondo popolato di potenze invisibili, di forze, di spiriti, d'influssi che

ci circondano da ogni parte, ci assediano e regolano la nostra sorte. Cade un fulmine: non è

un «fenomeno naturale», ma l'atto volontario e cosciente della Divinità che

interviene bruscamente negli affari umani.”

I giudici incaricati di reprimere la stregoneria erano colpiti, soprattutto, dal fatto

che, quando descrivevano il sabba, le confessioni degli imputati coincidevano fra

loro fin nei minimi dettagli. Da ciò, i giudici e gli intellettuali del Cinquecento e del

Seicento avevano dedotto che il sabba e tutti i crimini delle streghe erano eventi

reali. Agli occhi dello storico, viceversa, quelle somiglianze trovano facile

spiegazione tenendo conto del largo uso della tortura che venne fatto dai tribunali

incaricati di punire le streghe. «La tortura - scriveva già nel 1631 il gesuita F. Spee,

uno dei pochi intellettuali che assunse una posizione critica su questo argomento -

riempie la nostra Germania di streghe e di malvagità inaudite, e non solo la Germania,

ma ogni nazione che vi ricorra. Se non abbiamo ancora confessato tutti di praticare

la stregoneria è soltanto perché non siamo stati torturati tutti».

Inoltre l'imputata (di solito, una povera contadina semi-analfabeta) quando non

veniva torturata, era spesso sottoposta al cosiddetto interrogatorio suggestivo, un

particolare modo di porre le domande (che, in questo caso, vertevano sul sabba,

sull'aspetto del diavolo, sui crimini compiuti ecc.) per cui l'accusata intuiva la

risposta che l'autorità desiderava venisse fornita. Il risultato era che l'imputata non

diceva la verità, ma solo quanto le era suggerito in anticipo dal giudice,

assolutamente convinto della reale esistenza delle streghe.

Le Province Unite smisero di uccidere streghe con almeno un secolo d'anticipo

2 - il ____________________________

La mentalità: _____________________

________________________________

La coincidenza delle _______________

ruolo di:

1 _______________________________

2 _______________________________

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234

rispetto ad ogni altro paese europeo; l'ultima esecuzione sicura di una strega nei Paesi

Bassi, infatti, ebbe luogo nel 1591, mentre l'ultimo processo documentato nella

Provincia d'Olanda risale al 1610 e si concluse con l'assoluzione dell'imputato. Nel

resto d'Europa, il reato di stregoneria cessò di essere perseguito dai giudici verso la fine del

Seicento.

In Francia, un editto del 1682 stabilì che i presunti maghi potessero essere puniti

per impostura, per sacrilegio (nel caso di utilizzo di ostie, calici o parole della Scrittura)

o per avvelenamento; il sabba e lo stesso concetto di maleficio diabolico, invece,

non venivano più menzionati, con un silenzio totale che, in pratica, equivaleva ad

una completa negazione della loro realtà. In precedenza, tutti i tentativi di rifiutare

l'esistenza del sabba e dei crimini stregoneschi erano stati accolti, dai giudici che

dovevano gestire i processi, con scetticismo e preoccupazione. Addirittura, nel

1670, i magistrati di Rouen, in Normandia inviarono al re un ampio documento nel

quale sostenevano che mettere in questione la realtà dei malefici frutto di stregoneria

significava minare alla base la religione stessa: «Si tratta, Sire, - scrissero i giudici

normanni - di verità unite così intimamente ai principi della religione che,

nonostante il carattere straordinario dei fenomeni in questione, nessuno ha osato

finora porle in dubbio».

Queste parole ci portano direttamente al cuore della questione relativa alle cause

della fine dei processi per stregoneria e al suo importantissimo significato storico.

Fondamentale, senza dubbio, risultò il controllo dell'operato dei magistrati periferici

da parte delle autorità centrali, che alla fine del Seicento erano molto più vigili di

quanto non lo fossero nei primi decenni del secolo. Ancor più rilevante, però, fu

la progressiva diffusione di una vera e propria rivoluzione mentale per certi aspetti

analoga a quella operata in astronomia e in fisica da Galileo. In effetti, il giudice

che si rifiutava di processare o condannare una strega, o che addirittura negava

l'esistenza stessa delle streghe e dei loro malefici, doveva innanzitutto trovare il

coraggio di mettere in dubbio l'opinione della tradizione. Dal momento che tutti i più

brillanti e prestigiosi intellettuali dei secoli passati, nessuno escluso, avevano creduto

al diavolo e alle streghe chiunque negasse il loro potere malefico compiva un passo

che, nel Seicento, era ancora empio, folle e temerario, proprio come quello compiuto

da chi sfidava tutte le autorità tradizionali affermando che la Terra girava intorno al

Sole.

La rivoluzione mentale dei magistrati che posero fine ai processi per

stregoneria, inoltre, assomiglia notevolmente a quella che, negli stessi decenni,

incominciava a caratterizzare il comportamento degli ufficiali di sanità toscani in

tempo di peste; come questi ultimi anche i giudici - prima di ricorrere a

spiegazioni o rimedi di tipo soprannaturale - scelsero di esaurire tutta la gamma

delle ipotesi e delle spiegazioni possibili. In pratica, ciò significò rinunciare alla

millenaria concezione secondo la quale l'umanità era costantemente esposta agli

attacchi del demonio e comunque a stretto contatto con le potenze soprannaturali, celesti

o infere che fossero.

In entrambi i casi, alle credenze tradizionali si sostituiva il ricorso alla

“sensata esperienza”, cioè all'osservazione concreta della realtà; e nel caso dei processi

per stregoneria, essa spingeva alla constatazione che - per tutti gli episodi di sospetto

maleficio - era possibile trovare altre cause, di tipo naturale, capaci di spiegare la

sventura in questione. Fino alla fine del XVI secolo, aveva dominato incontrastata una

concezione del mondo che non conosceva il «senso dell'impossibile» (L. Febvre),

perché riteneva che Dio o il demonio potessero, in ogni momento, violare le normali

regole di funzionamento della natura e comunque intervenire nelle vicende degli

uomini. Nel corso del Seicento, a tale visione dell'universo si sostituì

gradualmente l'idea di un cosmo retto da leggi costanti e immutabili, rigide, non

soggette a interferenze e interventi esterni, da parte di forze superiori, estranee

rispetto alla Natura.

La fine dei processi di streghe

Olanda: _______________________

Europa: _________________________

Le cause della fine dei processi alle streghe

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LE CAUSE DELLA FINE DEI PROCESSI ALLE STREGHE

1 - ___________________________________________________________________________________________________________

2 ____________________________________________________________________________________________________________:

a - ____________________________________________________________________________________________________

b - ____________________________________________________________________________________________________

c - ____________________________________________________________________________________________________

Il meccanismo del capro espiatorio

non comprensibile

Crisi individuazione di ____________

Caratterizzato da ________________________ non _________________

violenza perpetrata nei confronti di ______________

catarsi collettiva ovvero ______________________________________

_____________________________________

Si evita che ____________________________________________________