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CEFALEE SECONDARIE CEFALEA NELL' ANZIANO La prevalenza dell’emicrania risulta età-dipendente, riducendosi progressivamente nel tempo, in particolare dopo i 55- 60 anni. Malgrado tale tendenza, dopo i 65 anni di età oltre il 13% delle donne e più del 7% degli uomini continuano a lamentare questo disturbo. Le cefalee primarie croniche, invece, soprattutto l’emicrania e la CTT cronica, non sembrano decrescere con l’aumento dell’età. Come abbiamo già visto nell’ambito delle cefalee primarie la forma ipnica presenta un esordio prevalentemente in età geriatrica. La cefalea a grappolo considerata classicamente come un disturbo tipico del maschio giovane-adulto può non raramente esordire dopo i 50 anni e in età geriatrica (soprattutto nelle donne). Gli individui più anziani presentano, inoltre, molto più frequentemente rispetto ai soggetti di età inferiore comorbilità con altre patologie, condizione che ne può rendere problematica la gestione terapeutica . Anche l’inquadramento diagnostico del paziente anziano risulta in genere meno agevole poiché l’anziano presenta maggiore difficoltà nel descrivere la propria sintomatologia e per la possibile coesistenza di diverse componenti in grado di provocare algie nel territorio cranio-cervicale. L’anziano, infine, se soffre di cefalea da diverso tempo può risultare impreciso circa le caratteristiche del dolore nel passato, spesso non ricordando esattamente l’andamento della cefalea nelle decadi precedenti e talora nemmeno l’età di esordio. Per tutti questi motivi e per l’aumento delle cefalee secondarie in età geriatrica il ricorso ad accertamenti laboratoristici e a indagini neuroradiologiche risulta più frequente rispetto alle età precedenti. Tali indagini

cefalee secondarie

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cefalee secondarie. Come risonoscere e che percorso fare per la diagnosi e il trattamento

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CEFALEE SECONDARIE

CEFALEA NELL' ANZIANO

La prevalenza dellemicrania risulta et-dipendente, riducendosi progressivamente nel tempo, in particolare dopo i 55-60 anni. Malgrado tale tendenza, dopo i 65 anni di et oltre il 13% delle donne e pi del 7% degli uomini continuano a lamentare questo disturbo. Le cefalee primarie croniche, invece, soprattutto lemicrania e la CTT cronica, non sembrano decrescere con laumento dellet.

Come abbiamo gi visto nellambito delle cefalee primarie la forma ipnica presenta un esordio prevalentemente in et geriatrica. La cefalea a grappolo considerata classicamente come un disturbo tipico del maschio giovane-adulto pu non raramente esordire dopo i 50 anni e in et geriatrica (soprattutto nelle donne).

Gli individui pi anziani presentano, inoltre, molto pi frequentemente rispetto ai soggetti di et inferiore comorbilit con altre patologie, condizione che ne pu rendere problematica la gestione terapeutica . Anche linquadramento diagnostico del paziente anziano risulta in genere meno agevole poich lanziano presenta maggiore difficolt nel descrivere la propria sintomatologia e per la possibile coesistenza di diverse componenti in grado di provocare algie nel territorio cranio-cervicale. Lanziano, infine, se soffre di cefalea da diverso tempo pu risultare impreciso circa le caratteristiche del dolore nel passato, spesso non ricordando esattamente landamento della cefalea nelle decadi precedenti e talora nemmeno let di esordio.

Per tutti questi motivi e per laumento delle cefalee secondarie in et geriatrica il ricorso ad accertamenti laboratoristici e a indagini neuroradiologiche risulta pi frequente rispetto alle et precedenti. Tali indagini si rendono ulteriormente necessarie se la cefalea presenta un esordio recente.

Dal momento che lesordio dopo i 65 anni dellemicrania senza aura e con aura un evento raro, il primo approccio a pazienti che presentano una sintomatologia compatibile con queste diagnosi deve comprendere lesclusione di una forma secondaria, in particolare di natura vascolare o comiziale, nel caso di emicrania con aura. Lesordio della CTT e della CG in et senile meno raro, mentre tipico nella cefalea ipnica: tuttavia anche in questi casi si impone una diagnosi di esclusione ricorrendo inevitabilmente nella maggior parte di casi a indagini neuroradiologiche (TC e RM e eventuale angio-RM dellencefalo).

Per quanto riguarda le cefalee secondarie, adeguate indagini laboratoristiche e strumentali risultano gi contemplate dagli algoritmi diagnostici previsti, quali RM e angio-RM dellencefalo per la nevralgia trigeminale, e gli indici reumatologici (VES, PCR, elettroforesi proteica) ed eventualmente la biopsia dellarteria temporale per la cefalea attribuita ad arterite a cellule giganti.

Le cefalee primarie costituiscono nelle poche casistiche disponibili in et geriatrica circa l80% dei casi. Le caratteristiche cliniche dellemicrania presentano alcune differenze rispetto alle et precedenti, spesso riferite dagli stessi pazienti che ne soffrono da diversi decenni. Per quanto riguarda lemicrania senza aura, in et geriatrica i disturbi vegetativi (foto-, fono- e osmo-fobia, nausea e vomito) risultano in genere meno intensi rispetto allet adulta, ma lintensit del dolore e la stessa disabilit derivante dalle crisi non appaiono sostanzialmente dissimili .

La differenza pi significativa riguarda invece lemicrania con aura, in quanto nel paziente geriatrico laura non seguita da cefalea nel 50% dei casi, e qualora si verifichi la cefalea, il dolore risulta di lieve intensit e spesso di breve durata nella maggior parte dei casi.

Le cefalee croniche, emicrania cronica e CTT di tipo cronica non presentano caratteristiche peculiari nei soggetti anziani rispetto agli individui pi giovani . Entrambe le cefalee sono prevalenti nel sesso femminile.

TRATTAMENTO DELLA CEFALEA NELLANZIANO

Per quanto riguarda lemicrania, gli unici farmaci sintomatici di impiego relativamente sicuro e sufficientemente studiati in letteratura sono gli analgesici, in particolare paracetamolo e FANS (anche se questi ultimi sono gravati da maggiori effetti indesiderati). Gli eventi avversi dei FANS, specie linsorgenza di ulcera peptica, sembrano verificarsi pi spesso negli anziani che negli adulti. Nellanziano, solitamente, la nausea e il vomito si verificano meno frequentemente che nelle et precedenti, per cui limpiego di antiemetici, metoclopramide e domperidone appare pi ridotto.

I triptani, farmaci di prima scelta fino allet di 65 anni, non sono stati finora studiati adeguatamente nella popolazione geriatrica. Al momento let superiore ai 65 anni considerata una controindicazione al loro impiego in virt delleffetto vasocostrittore che, pur essendo selettivo per i vasi meningei, potrebbe essere potenzialmente pericoloso in particolare per il distretto coronarico. Gli ergotaminici appaiono controindicati nei soggetti anziani per la loro azione vasocostrittrice generalizzata. Gli oppiodi, infine, in particolare tramadolo, possono provocare sedazione nellanziano, stato confusionale e nausea.

I farmaci di profilassi sono gli stessi che si impiegano in et adulta. Tuttavia, per le comorbilit presenti nellanziano, possono presentare chiare controindicazioni o sviluppare effetti indesiderati potenzialmente dannosi che ne limitano luso. I farmaci di prima scelta nellanziano sono i beta-bloccanti, anche in considerazione dellelevata prevalenza di ipertensione arteriosa in questa popolazione. I beta bloccanti godono di buona tollerabilit in particolare per quanto riguarda i beta-1 selettivi, come atenololo, metoprololo e bisoprololo. Le principali controindicazioni sono costituite da grave broncopneumopatia cronica ostruttiva, bradicardia o altre aritmie ipocinetiche. Va infine considerata la presenza di gravi disturbi depressivi o di diabete mellito che consigliano cautela nelluso di beta bloccanti in questi pazienti.Gli altri farmaci preventivi (calcio antagonisti, diidropiridine, benzodiazepine, difenilpiperazine, presentano un profilo di tollerabilit inferiore. Gli antiepilettici, valkproato e topiramato, possono costituire una valida alternativa alluso dei beta-bloccanti sebbene offrano un profilo di tollerabilit inferiore. IL valproato pu causare tremori, atassia ed epatotossicit, mentre il topiramato pu provocare disturbi cognitivi e sedazione, oltre che sia pur raramnente disturbi del visus e nefrolitiasi.

Tra tutte le cefalee primarie la CTT quella finora meno studiata. IN caso di cefalea episodica gli unici farmaci sintomatici proponibili sono i FANS che, tuttavia, hanno un profilo di efficacia incostante in questa forma di cefalea.Tra i farmaci preventivi la scelta deve prendere in considerazione eventuali comorbilit nel paziente anziano. Data lelevata prevalenza del disturbo depressivo nei pazienti con cefalea di tipo tensivo cronica, gli antidepressivi appaiono i farmaci di prima scelta. Nel paziente geriatrico preferenza va data agli SSRI (fluoxetina, fluvoxamina, sertralina, citalopram ed escilopram) o agli SNRI (venlafaxina, duloxetina) per la loro tollerabilit.

Il trattamento della cefalea a grappolo risulta pi agevole: in acuto appare rischioso limpiego di triptani, quindi lossigeno (da inalare al 100% con maschera a 7l/min per 15) viene considerato come trattamento di scelta. Per quanto riguarda il trattamento di profilassi il verapamil costituisce il farmaco diprima scelta anche in et geriatrica (fino a 480 mg/die impiegando formulazioni a lento rilascio nelle 24 ore). Il trattamento con litio comporta numerosi rischi per lanziano.Lhemicrania parossistica cronica risponde in modo assoluto allindometacina (25-200 mg/die).

Per quanto riguarda il trattamento della cefalea ipnica i farmaci pi utilizzati sono carbonato di litio, indometacina e in misura molto minore, flunarazina e verapamil. Limpiego di litio nellanziano pu comportare rilevanti effetti indesiderati, ma essendo risultata efficace anche a dosi basse (tra 150 e 450 mg/die) tale farmaco attualmente viene considerato di prima scelta.Larterite a cellule giganti risponde in modo drastico e rapido alla terapia steroidea. La dose iniziale di prednisone deve essere almeno di 50mg/die: successivamente in base allandamento delle manifestazioni cliniche e degli indici di laboratorio di flogosi pu essere progressivamente ridotta fino alla dose di mantenimento minima efficace.Per quanto riguarda infine la nevralgia trigeminale la carbamazepina (a una dose compresa tra 400 e 1200 mg/die) rappresenta il farmaco di prima scelta nel paziente di 50-60 anni. Tale farmaco risulta meno tollerato nellanziano che spesso riferisce sedazione, atassia e talora disartria. Per questi motivi nel paziente geriatrico si preferisce lopxcarbazepina (600-1200 mg/die) che sembra avere un profilo di tollerabilit migliore nellanziano.

LE CEFALEE NELLE SINDROMI GASTROENTEROLOGICHE FUNZIONALIINTRODUZIONEGli esempi di connessioni tra diversi organi esistenti sono sempre pi numerosi. In questo ambito associazioni ipotizzate o provate tra apparato gastrointestinale e cefalea sono state largamente indagate in letteratura.PATOLOGIE GASTROENTEROLOGICHE FUNZIONALILe patologie gastroenterologiche su base funzionale sono definite come una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali cronici o ricorrenti non spiegati da ano- malie biochimiche o strutturali. Lattuale classificazione (Roma III) divide le malattie gastrointestinali funzionali in tre gruppi:

1. quelle in cui prevalente il vomito e laerofagia(di cui fa parte la sindrome del vomito ciclico); 2. quelle dove prevale il dolore addominale (di cui fanno parte lemicrania addominale e la sindrome dellintestino irritabile) 3. quelle in cui i sintomi principali sono stipsi e incontinenza. Mentre la sindrome del vomito ciclico e lemicrania addominale sono pi tipiche dellet pediatrica,la sindrome dellintestino irritabile interessa sia let pediatrica sia quella adulta,e costituisce la malattia intestinale pi comune nella popolazione generale.Sindrome del vomito ciclico

La sindrome del vomito ciclico caratterizzata da episodi di vomito a getto intervallati da periodi di pieno benessere. Le crisi si caratterizzano per intensa nausea e vomito incoercibile che durano per ore-giorni. Il ritorno successivo a uno stato di pieno benessere in genere dura per settimane-mesi. Molto comune nellet infantile (Hyman et al. 2006), tende a scomparire in adolescenza, spesso si associa a emicrania in et adulta. Va comunque tenuto bene in mente che tale sindrome pu tuttavia colpire tutte le fasce di et.

La sindrome del vomito ciclico ha una frequenza molto variabile, da 1 a 70 allanno, con una media di 12 attacchi allanno. Tipicamente gli episodi iniziano nello stesso periodo della giornata, pi spesso durante la notte o al mattino. La durata degli episodi tende a essere la stessa nel medesimo paziente, con una intensit maggiore durante la prima ora. Il vomito tende a ridursi subito, mentre la nausea continua fino allesaurimento dellepisodio. La risoluzione altrettanto rapida quanto linizio. Segni e sintomi di accompagnamento caratteristici sono:

Cefalea

intolleranza a luce e rumore

pallore

debolezza

aumentata salivazione

dolore addominale

diarrea

febbre

tachicardia

ipertensione

leucocitosi

Nell80% dei soggetti sono identificabili alcuni tipici fattori trigger, in particolare: stress emotivo

infezioni

stanchezza fisica

asma

Due terzi di questi pazienti presentano una storia concomitante di sindrome dellintestino irritabile, l11% affetto da emicrania, il 40% ha una storia di chetosi, la met circa ha unanamnesi familiare positiva per sindrome dellintestino irritabile ed emicrania.

La diagnosi differenziale prende in considerazione una serie di patologie che si presentano con sintomatologie simili, tra cui:

gliomi cerebrali che infiltrano i centri del vomito e i nervi cranici intorno al midollo infezioni delle prime vie aeree specie se associate a vestibolite, uropatie ostruttive malattia peptica con ostruzione del piloro

duodenite

pancreatiti ricorrenti

ostruzione intermittente del piccolo intestino

pseudo-ostruzione cronica intestinale

disautonomia familiare

malattie endocrine e metaboliche come feocromocitoma, insufficienza surrenalica

diabete mellito

difetti del ciclo dellurea

porfiria

Prima dellinsorgenza della nausea, pu essere utile la somministrazione di farmaci per via orale come ondansetron o benzodiazepine a lunga durata dazione. Durante i prodromi dellattacco, va preso in considerazione un trattamento con un antiacido per via orale al fine di proteggere la mucosa esofagea. Una volta iniziato lattacco, il trattamento prevede la somministrazione per di lorazepam e.v. (o di altra benzodiazepina a lunga durata dazione) , fino a che il paziente non si addormenta. Liquidi, elettroliti e antagonisti dei recettori H2 dellistamina (ad es., raniditina) sono in genere somministrati per via endovenosa durante la fase acuta.

Le principali complicanze degli attacchi, in realt rare, sono: deficit acuto di liquidi e/o elettroliti,

ematemesi da gastropatia da prolasso,

esofagite peptica e/o lesioni tipo Mallory-Weiss,

ipertensione,

inappropriata secrezione di ormone antidiuretico.

Dal momento che lo scopo della terapia dellattacco acuto quello di indurre nel paziente il sonno profondo eliminando cos la sofferenza e il ricordo dellaccaduto, i pazienti che non rispondono al lorazepam possono ricorrere allinfusione di propofol, pentobarbital, difenidramina o clorpromazina.Emicrania addominale

Lemicrania addominale unaltra patologia tipica dellet infantile (Rasquin et al. 2006) che si caratterizza per lassociazione sintomatologica di dolore addominale intermittente di tipo funzionale e cefalea in genere di tipo emicranico.

Due elementi che contribuiscono ad avvalorare la diagnosi di emicrania addominale sono unanamnesi familiare positiva e una storia di chinetosi che si riscontrano comunemente in questi pazienti.

Lemicrania addominale colpisce l1-4% dei bambini, con una prevalenza nei pazienti di sesso maschile (3:2), unet media di comparsa a 7 anni e un picco di incidenza a 10-12 anni.

La natura parossistica dei sintomi e la loro assenza nei periodi intercritici rendono poco probabile la presenza di malattie infiammatorie croniche sottostanti. Tuttavia una corretta diagnosi differenziale deve poter escludere: processi ostruttivi dei tratti urologico, digestivo e biliare,

pancreatite cronica,

febbre mediterranea familiare

malattie metaboliche come la porfiria. Una risposta favorevole ai farmaci usati per la profilassi degli attacchi emicranici avvalora la diagnosi.

E opinione comune che emicrania addominale, sindrome del vomito ciclico e cefalea di tipo emicranico costituiscano un unicuum di una sola patologia che, nello stesso soggetto, transita da unentit clinica allaltra. I meccanismi fisiopatologici alla base di tali disturbi potrebbero pertanto essere comuni e le ipotesi pi accreditate sono le seguenti: anomalie delle risposte visuo-vocate, alterazioni dellasse ipotalamo-ipofisi-surrene e una disfunzione autonomica.

Daltro canto non noto se ansia, depressione e disturbi di somatizzazione, che sono tratti psicologici di comune riscontro nei pazienti con cefalea emicranica e sindrome del vomito ciclico, siano applicabili ai soggetti affetti da emicrania addominale.Dal punto di vista terapeutico, tali pazienti dovrebbero evitare tutti quelli che sono a oggi considerati fattori trigger per gli attacchi: cibi contenenti caffeina,

nitriti e amine,

stress emotivi,

viaggi

digiuno prolungato,

disturbi del sonno,

fonti luminose intermittenti o particolarmente intense.

Nel caso in cui gli episodi siano frequenti, i farmaci da preferire a scopo di profilassi sono: pizotifene, propranololo, ciproeptadina o sumatriptan.

Sindrome dellintestino irritabileLa sindrome dellintestino irritabile (IBS) la patologia funzionale intestinale pi comune nella popolazione generale, interessandone circa il 10%. Si tratta di una sindrome clinica caratterizzata da dolore o discomfort addominale ricorrente che migliora con la defecazione e/o si associa a variazione della frequenza e/o della consistenza delle feci (Longstreth et al. 2006).

Lassociazione tra IBS e cefalea stata ipotizzata sulla base di osservazioni provenienti da studi epidemiologici anche di vaste proporzioni. La prevalenza di emicrania in soggetti affetti da IBS significativamente maggiore rispetto alla popolazione generale e lassociazione proporzionale alla severit dellIBS.

PATOLOGIE GASTROENTEROLOGICHE ORGANICHELe malattie gastroenterologiche riconducibili a una ben precisa anomalia biochimica o strutturale si definiscono come patologie organiche. Reazioni avverse ai cibi (in particolare alcune intolleranze alimentari), malattia celiaca e infezione gastrica da H. pylori sono le tre patologie per le quali esiste una possibile associazione con la cefalea.

Reazioni avverse ai cibi: intolleranza e allergia alimentareSi tratta di un capitolo assai vasto che riguarda tutte quelle reazioni sgradevoli, prevedibili o imprevedibili, che si verificano a seguito dellingestione di un cibo, e che si dividono in tossiche o non tossiche. Le reazioni tossiche sono caratterizzate da disturbi che si manifestano dopo lingestione di una quantit sufficientemente elevata di sostanze chimiche sintetiche o naturali aggiunte, presenti o che si producono negli alimenti. Le reazioni non tossiche possono essere suddivise in allergie alimentari (su base immunologica), poco frequenti (2,5% circa nellet adulta), e intolleranze alimentari (su base non immunomediata), che sono le reazioni avverse pi frequenti: colpiscono circa un quarto della popolazione, anche se con sintomi spesso lievi.Si intende per allergia alimentare la sindrome clinica, con sintomi digestivi o sistemici, conseguente allintroduzione per via orale di allergeni contenuti nei cibi e nel cui determinismo sono coinvolti meccanismi di tipo immunologico che provocano reazioni per la maggior parte IgE-mediate, ma anche diversamente mediate (ad es. IgG4). La specifica risposta immune si manifesta a ogni assunzione, dopo un periodo di sensibilizzazione, anche per minime quantit di alimento ingerito.

Uno studio condotto su una popolazione di soggetti con storia di allergia alimentare ha mostrato una prevalenza doppia di emicrania rispetto alla popolazione generale.

Le intolleranze alimentari sono caratterizzate da un quadro clinico intestinale o sistemico conseguente allingestione di alimenti nel cui determinismo non sono in gioco meccanismi immunologici. Si suddividono in: 1. intolleranze disenzimatiche (tipica lintolleranza al lattosio) o da alterazioni dei sistemi di trasporto (le pi note sono quelle a fruttosio e sorbitolo);

2. intolleranze farmacologiche o chimiche 3. intolleranze idiopatiche o indefinite.

Le intolleranze farmacologiche o cliniche sono quelle che maggiormente si associano al problema della cefalea. Queste si realizzano quando particolari sostanze contenute negli alimenti siano in grado di provocare danni di tipo tossico diretto in soggetti con una reattivit abnorme a tali molecole. La forma pi tipica lintolleranza alle amine biogene (istamina e tiramina in particolare). La comparsa dei sintomi , generalmente, dose-dipendente, e necessita di numerosi cofattori: non si verifica, pertanto, in maniera costante a ogni nuova esposizione.

La cefalea un sintomo molto comune nella intolleranza alle amine piogene (Jansen et al. 2003). Il caso pi tipico quello dei cibi ricchi di istamina (in particolare formaggi fermentati, vino, birra, lieviti, pomodori, spinaci, insaccati, pesce, crostacei) o di tiramina (soprattutto cioccolato, lievito di birra, formaggi, vino bianco). Listamina pu determinare, oltre alla cefalea, sintomi come nausea, vomito, diarrea, dolore addominale crampiforme, orticaria, palpitazioni (Maintz, Novak 2007).Manifestazioni a patogenesi non immunologica in soggetti predisposti possono verificarsi anche in seguito allingestione di cibi contenenti coloranti naturali e artificiali, conservanti come lacido benzoico o il nitrito di sodio, antiossidanti come i solfiti, dolcificanti come laspartame, addensanti come le gomme vegetali. Una particolare menzione merita il glutammato monosodico, un esaltatore di sapidit molto usato nella cucina orientale (ma anche in Occidente, per la preparazione di carni in scatola e brodo). Poich esso una sostanza naturale ( un costituente della laminaria japonica, unalga comunemente utilizzata nella cucina giapponese), stato considerato dalla Food and Drug Administration, ovvero lorganismo americano che vigila sulla sicurezza dei cibi oltre che dei principi farmacologici, come un addittivo compreso nelle liste di quelli considerati sicuri per la salute delluomo, insieme allo zucchero e al pepe.

La sua ingestione tuttavia pu determinare, in soggetti predisposti, quella che una volta veniva definita sindrome da ristorante cinese e che oggi pi propriamente prende il nome di complesso sintomatologico da glutammato monosodico (Yang 1997): qualche ora dopo il pasto contenente ladditivo insorge cefalea, in genere di tipo emicranico, associata a senso di costrizione al torace, nausea, sudorazione, bruciore alla parte posteriore del collo, e, meno frequentemente, anche asma.

Il primo passo, quando vi il sospetto di una reazione avversa agli alimenti, lindagine anamnestica che punta a individuare unassociazione tra sintomatologia manifestata dal paziente e lassunzione di un particolare cibo. I sintomi delle reazioni avverse agli alimenti sono numerosi e possono presentarsi isolati oppure variamente associati fra loro in uno stesso paziente; alcuni sono maggiormente patognomonici di allergia altri, invece, pi tipicamente espressione di intolleranza. In generale, vale il fatto che la presenza di sintomi extraintestinali indirizza pi verso unallergia alimentare, mentre nelle intolleranze, soprattutto quelle enzimatiche e/o da carrier, la sintomatologia principalmente di tipo intestinale. La sola storia clinica, tuttavia, spesso non riesce a caratterizzare immediatamente il tipo di reazione avversa (allergia/intolleranza), poich lo stesso quadro clinico pu appartenere alla diatesi allergica e allintolleranza alimentare.

Laccertamento allergologico di primo livello deve comprendere: i test cutanei (prick test)

i test sierologici per la ricerca di IgE specifiche e, eventualmente, di IgG specifiche.

La conferma diagnostica definitiva di allergia/intolleranza alimentare, ipotizzata su base anamnestica e della positivit o meno dei test allergologici, pu essere fornita solo dalle diete di eliminazione.

Qualora le diete di eliminazione abbiano determinato la regressione del quadro clinico, o almeno un suo notevole miglioramento, e non vi siano precedenti anamnestici di particolare gravit (shock anafilattico, edema della glottide), possibile, per una precisa identificazione dellalimento responsabile, passare a test di scatenamento, che costituiscono il gold standard per la diagnosi di allergia alimentare. Malattia celiacaLa malattia celiaca (MC) unenteropatia cronica caratterizzata sul piano eziopatogenetico da unintolleranza verso il glutine (la componente proteica delle farine di frumento, orzo, segale e avena), sul piano anatomopatologico da atrofia dei villi intestinali e abbondante infiltrato infiammatorio, e sul piano clinico da unampia gamma di presentazioni, dalla completa assenza dei sintomi a una grave sindrome da malassorbimento. Unico trattamento rappresentato dalla dieta priva di glutine, che va condotta in modo molto rigoroso e per tutta la vita.

La diffusione nella pratica clinica di test diagnostici dotati di elevata sensibilit e specificit, quali la determinazione degli anticorpi antigliadina (AGA), ma soprattutto degli anticorpi antiendomisio (EMA) e antitransglutaminasi (anti-tTG), consente di individuare agevolmente, indipendentemente dalla modalit di presentazione clinica, tutti i casi di MC, che vanno, comunque, confermati dalla biopsia intestinale (Hopper 2007).Questa patologia colpisce 1 soggetto su 200 e pu manifestarsi clinicamente a qualsiasi et, ed spesso oligosintomatica o silente dal punto di vista intestinale.

Lipotesi fisiopatologica dietro lassociazione tra cefalea e MC potrebbe risiedere o in una disfunzione metabolica cerebrale causata da malassorbimento vitaminico selettivo a livello del piccolo intestino oppure, pi probabilmente, da meccanismi autoimmuni o di attivazione immuno-infiammatoria persistente..

Potrebbe risultare indicato sottoporre soggetti affetti da cefalea, specie se di tipo emicranico, a screening sierologico tramite anticorpi antiendomisio e/o anticorpi anti-transglutaminasi, anche in assenza di tipica sintomatologia gastrointestinale. In caso di positivit allo screening sierologico, la diagnosi di MC andrebbe approfondita con endoscopia delle vie digestive superiori e biopsia intestinale. In caso di istologia compatibile, il paziente andrebbe quindi inviato a uno specialista gastroenterologo per iniziare la dieta aglutinata e programmare adeguato follow-up clinico, laboratoristico e endoscopico.

Infezione gastrica da Helicobacter pyloriHelicobacter pylori (H. pylori) il principale responsabile di gastrite cronica e ulcera peptica e fattore di rischio maggiore per le neoplasie dello stomaco (MALT-linfoma e adenocarcinoma). Numerose patologie extraintestinali, specie su base vascolare, sono state associate a tale infezione. Lassociazione con patologie gastriche ed extraintestinali pi forte per quanto riguarda i ceppi di H. pylori che esprimono la citotossina CagA, capace di indurre una risposta immuno-infiammatoria pi severa.

Negli anni pi recenti apparsa in letteratura una serie di studi che ipotizzano unassociazione tra infezione gastrica da H. pylori e cefalea, specie di tipo emicranico. Gli studi di intervento mostrano che leradicazione del batterio con terapia antibiotica mirata si associa alla scomparsa degli attacchi di emicrania in un 25% dei casi eradicati, a un significativo miglioramento di frequenza, intensit e durata degli attacchi di emicrania in circa un quarto dei casi e a un netto miglioramento clinico in buona parte dei rimanenti casi.

Al momento, mancano trial di ampie proporzioni, controllati verso placebo, che permettano di verificare leffetto della terapia eradicante sulla cefalea. CEFALEA E SONNOINTRODUZIONELa relazione esistente tra cefalee e sonno stata ampiamente studiata in letteratura ed assume rilevanza clinica in una discreta proporzione di pazienti (Jennum, Jensen 2002, Dodick et al. 2003; Alberti 2006).

LInternational Classification of Sleep Disorders Revised (American Sleep Disorders Association 2005) riporta, nellambito dei disturbi del sonno associati ad altre malattie neurologiche, la cefalea sonno-relata, caratterizzata da attacchi di cefalea, che si manifestano durante il sonno in pi del 75% delle occasioni e documentati dalla registrazione polisonnografica(American Sleep Disorders Association, 2005).

Losservazione clinica di unemicrania scatenata da un sonno prolungato o interrotta dal sopraggiungere del sonno e piuttosto comune, come frequente il riscontro di una cattiva qualit del sonno nei pazienti con cefalea cronica quotidiana. Esistono poi cefalee primarie che in alcuni pazienti si manifestano prevalentemente nel sonno o altre, come la cefalea ipnica, che si manifestano esclusivamente nel sonno.

SONNO

Il sonno fisiologico delluomo si suddivide in fasi alternanti classificate come:

REM (rapid eye movement)

non REM (NREM).

Laddormentamento fisiologico avviene con il passaggio dallo stato di veglia al sonno non REM che viene classicamente suddiviso in quattro stadi, espressione del progressivo approfondimento del sonno. Normalmente, le varie fasi del sonno hanno una durata complessiva di circa novanta minuti, alternandosi a intervalli regolari per circa 4-6 volte nel corso della notte.

Il passaggio dalla veglia al sonno avviene con la comparsa di un primo episodio di sonno NREM, che si approfondisce fino alle fasi tre e quattro. Dopo circa 90 minuti, si manifesta il sonno REM, in genere di breve durata, seguito a sua volta da un altro episodio di sonno NREM. Sonno NREM e sonno REM si alternano ciclicamente ogni 90 minuti, per circa 4-6 volte nel corso della notte. Mentre nei cicli della prima parte della notte prevale il sonno NREM profondo, nella seconda predominano il sonno NREM leggero e il sonno REM (Coccagna 2000).

Il sonno REM, periodo in cui si svolge in massima parte lattivit onirica delluomo, si caratterizza per la presenza di movimenti rapidi degli occhi e la scomparsa di attivit tonica muscolare.

Dalla nascita sino al raggiungimento dellet adolescenziale il tempo trascorso a dormire si riduce progressivamente. Anche qualitativamente il sonno si modifica per una riduzione, dalla nascita in poi, del periodo di fase REM rispetto alle altre fasi NREM del sonno. Una volta raggiunta let adulta il sonno tende a stabilizzarsi con una media compresa tra le sette e le otto ore. CEFALEA E SONNOI rapporti tra cefalea e sonno sono piuttosto complessi da analizzare.Cefalea correlata al sonnoUn chiaro rapporto tra sonno e cefalea emerso per tutte e tre le cefalee primarie: lemicrania, la cefalea a grappolo e lemicrania parossistica cronica e la cefalea di tipo tensivo.

Lemicrania pu insorgere nel corso del sonno notturno o in seguito a brevi periodi di sonno diurno.

La cefalea a grappolo stata per molto tempo associata al sonno. Nellemicrania parossistica cronica i pazienti presentano frequentemente un significativo disordine dellarchitettura del sonno, con una riduzione della sua durata totale e una maggiore frequenza di risvegli precoci durante il sonno REM (Paiva et al. 1995).

Tra le cefalee correlate al sonno da menzionare la cefalea ipnica, raro disordine benigno, pi frequente nellanziano, descritto per la prima volta da Raskin (1988).Cefalee legate alla durata del sonnoDiversi studi hanno descritto una relazione tra durata del sonno e cefalea, descrivendo come lemicrania possa essere scatenata un eccesso di sonno, soprattutto quello profondo, o indotta dalla privazione di sonno. La cefalea presente al risveglio sarebbe associata a una maggiore durata degli stadi III, IV (sonno profondo) e del sonno REM. Cefalee alleviate dal sonnoIl sonno anche descritto come uno dei pi comuni fattori allevianti della cefalea (Blau 1982) soprattutto in et evolutiva. Nei bambini, soprattutto in quelli al di sotto degli 8 anni, laddormentamento in grado di risolvere la cefalea nella maggior parte dei casi.Cefalee associate a disturbi del sonnoNei pazienti cefalalgici stata riscontrata una maggiore prevalenza di disturbi del sonno rispetto alla popolazione generale, soprattutto nei pazienti con cefalea correlata al sonno (55%) (Paiva et al. 1995).

Questo riscontro di maggiore entit in pazienti con cefalea di tipo tensivo rispetto alla popolazione generale e anche a pazienti emicranici, che pure presentano valori di prevalenza pi elevati rispetto alla popolazione generale. In questi ultimi stata riportata una maggiore frequenza di parasonnie rispetto a soggetti normali.

I pazienti con emicrania episodica riferiscono uneccessiva sonnolenza diurna con maggior frequenza rispetto a soggetti di controllo. Questa sonnolenza eccessiva correlata con la disabilit associata agli attacchi, ai problemi del sonno e alla presenza di ansia (Barbanti et al. 2007).

Pazienti in et evolutiva affetti da cefalea primaria presentano anchessi unalta frequenza di disturbi del sonno, che includono:

eccessiva sonnolenza diurna,

narcolessia insonnia.

La relazione tra cefalea e disturbi del sonno emerge anche in studi di popolazione in cui bambini e adolescenti con emicrania presentano una peggiore qualit del sonno rispetto a bambini non emicranici (Bruni et al. 2008). I disturbi del sonno sono particolarmente evidenti in adolescenti con cefalea e includono:

sonno totale insufficiente,

sonnolenza diurna

risvegli notturni (Gilman et al.2007). Particolarmente importanti sembrano essere poi i disturbi del sonno nei pazienti con cefalea cronica quotidiana nei quali sono stati riscontrati, con maggior frequenza rispetto alla popolazione generale: una cattiva qualit del sonno,

insonnia iniziale,

risvegli pi frequenti

presenza significativa di parasonnie (Ohayon 2004).

I disturbi del sonno sono inoltre inclusi tra i fattori rimuovibili di cronicizzazione dellemicrania (Rains 2008). I pazienti con emicrania cronica presentano tempi di sonno pi brevi e maggiore difficolt a iniziare o a mantenere il sonno rispetto a pazienti con forma episodica (Kelman, Rains 2005).

La presenza di disturbi del sonno un fattore prognostico negativo anche per lo sviluppo di cefalea di tipo tensivo cronica. Un ruolo rilevante a riguardo rivestito dalle poche di ore di sonno o da un sonno non ristoratore, come pure dalla fatica associata (Lynberg et al. 2005).

La cefalea si verifica pi frequentemente in soggetti russatori rispetto a soggetti non russatori sia in et adulta sia in et evolutiva, sebbene il grado di rischio vari notevolmente in relazione alle definizione di cefalea e di russamento, come pure ai diversi approcci metodologici utilizzati (Ulfberg et al. 1996).

Il russamento inoltre indicato come fattore di rischio per lo sviluppo di cefalea cronica quotidiana (Rains 2008).

Alla cefalea presente al risveglio stata inoltre data particolare attenzione, in quanto possibile spia di disturbi del sonno, quali la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (obstructive sleep apneas, OSAS), dei movimenti periodici nel sonno e della sindrome fibromialgica (Poceta 2003).I pazienti con OSAS, patologia spesso sottostimata e caratterizzata da ripetuti episodi di occlusione delle vie aeree superiori durante il sonno, riferiscono al risveglio cefalea diffusa o bilaterale. In questa sindrome, i pazienti presentano durante la notte russamento caratteristicamente interrotto dalla comparsa di apnee o ipoapnee, determinate da unostruzione parziale o completa delle pareti delle prime vie aeree che tendono a collabire, in particolare durante la fase REM, quando maggiore latonia muscolare; le apnee si associano generalmente a ipossiemia e/o ipercapnia. Spesso essi sono obesi, di sesso maschile e possono lamentare sonnolenza diurna che da mettere in relazione con una cattiva qualit del sonno frammentato dalle continue apnee. La diagnosi di certezza viene posta con una registrazione EEG polisonnografica notturna, con videoregistrazione che permette di documentare le apnee ostruttive.

La cefalea presente al risveglio potrebbe essere causata dallipercapnia, dalle alterazioni del tono dei vasi cerebrali o dallaumento della pressione intracranica, associati alla caratteristica frammentazione del sonno per i continui risvegli al culmine di ogni apnea e alla sonnolenza diurna, oppure potrebbe costituire un fattore trigger in pazienti emicranici (Poceta, DAlessio 1995).

La OSAS sembra essere associata anche con la cefalea a grappolo. Recentemente, anche la sindrome delle gambe senza riposo (restless leg syndrome, RLS) stata associata allemicrania. Cefalee che provocano disturbi del sonnoLe cefalee possono essere esse stesse causa di disturbi del sonno, potendo determinare risvegli notturni. il caso, naturalmente, delle cefalee a grappolo a esordio notturno, ma attacchi che risvegliano il paziente nel sonno possono verificarsi anche in corso di emicrania episodica o nelle cefalee cronicizzate (Paiva et al. 1995).

Le strutture anatomiche sia deputate al controllo del sonno sia responsabili delle cefalee sono in gran parte localizzate nel tronco dellencefalo. Il sistema serotoninergico del rafe dorsale, in particolare, potrebbe rappresentare un importante meccanismo patogenetico comune. Grande attenzione stata rivolta alla serotonina, neurotrasmettitore implicato nella regolazione del sonno (essa ha unazione favorente il sonno) e nella modulazione del dolore. Lemicrania, nella forma episodica e soprattutto nella forma cronica, caratterizzata da una disregolazione dei pathway serotoninergici. possibile, quindi, che unalterata funzione del sistema serotoninergico possa in qualche modo giocare un ruolo importante in quei pazienti che presentano disturbi del sonno e cefalea.

Le relazioni di alcune cefalee primarie (emicrania, cefalea a grappolo) con le fasi del sonno e con il ciclo sonno/veglia suggeriscono che esse siano caratterizzate da un disturbo del ritmo circadiano.

Alcuni effetti della melatonina sono stati associati ad aspetti della fisiopatologia delle cefalee. Essi includono la sua azione antinfiammatoria, lazione di scavenger di radicali liberi, linibizione del rilascio di dopamina e della sintesi di ossido nitrico, il potenziamento dellattivit GABAergica e dellanalgesia oppioide, la protezione dalla neurotossicit da glutammato, la regolazione neurovascolare e la modulazione della serotonina.Questo ha fatto ipotizzare il suo uso nelle cefalee, come pure di altri agenti cronobiotici (litio nella cefalea a grappolo) con risultati promettenti anche al di fuori della concomitante presenza di un disturbo del sonno (Peres, Rozen 2001).La terapia orale con melatonina risultata efficace in particolare nella terapia di profilassi dei pazienti con cefalea a grappolo (Leone et al. 1996). Vi sono poi segnalazioni positive di responsivit alla melatonina in pazienti con hemicrania continua (Rozen 2006).

Il medico dovrebbe porre molta attenzione nella valutazione dei disturbi del sonno nei pazienti che lamentano cefalea; il loro riconoscimento porter inevitabilmente a un migliore approccio al paziente e alla possibilit di strategie terapeutiche pi mirate. La presenza poi di una cefalea correlata strettamente al sonno deve portare il medico a sospettare la presenza di patologie del sonno, il cui trattamento sembra in grado di determinare molte volte un miglioramento della cefalea, anche nelle forme croniche (Rains et al. 2008).

Unattenta ricerca di informazioni sulla storia del sonno dei pazienti cefalalgici dovrebbe coinvolgere anche il partner, e riguarda: i tempi di sonno e veglia,

le abitudini a letto (leggere o guardare la televisione),

la routine prima del sonno,

una descrizione del periodo di sonno,

lo stato di vigilanza o la sonnolenza diurna.

Nei pazienti che riferiscono insonnia, dovrebbero essere indagati i fattori che possono interferire con il sonno, come

lambiente a letto (luce, rumori o altri stimoli), il consumo di caffeina, alcol, nicotina,

la storia farmacologica

lattivit fisica nelle ore serali.

Il partner pu chiarire, inoltre, se il paziente russatore o se presenta apnee nel sonno. Per la ricerca di queste informazioni si pu far ricorso a diversi questionari che possono aiutare nella raccolta anamnestica ipnagogica volta a identificare pazienti cefalalgici a rischio per disturbi del sonnoUna valutazione dei disturbi di ansia o depressivi concomitanti fondamentale e a tale riguardo possono essere utilizzate semplice scale. Accanto al diario della cefalea, il paziente dovr compilare, per almeno due mesi, un diario del sonno che permetter di verificare: la regolarit del ciclo sonno/veglia,

un disturbo dellinizio o del mantenimento del sonno, il tempo totale di sonno rispetto al tempo totale passato a letto (efficienza del sonno), i sonnellini diurni, la relazione con gli attacchi cefalalgici

eventuali altri trigger.

Le riferite apnee notturne, la presenza di cefalea al risveglio o al mattino, un BMI uguale o superiore a 25 e una concomitante ipertensione dovrebbero indirizzare verso un sospetto di OSAS. Il russamento, che associato a una maggiore prevalenza di cefalea spesso ad andamento cronico, caratterizzato da una vibrazione delle pareti del faringe, e pu essere o meno associato ad aumento delle resistenze delle vie aeree.

Nel caso di basse resistenze (russamento asintomatico) esso difficilmente associato a un disturbo del sonno. Solo nel caso di un incremento delle resistenze si possono verificare risvegli dovuti a sforzo respiratorio (respiratory effort related arousal, RERA) anche in assenza di desaturazione di ossigeno.

Fondamentale per la diagnosi sia di UARS sia di OSAS leffettuazione di un esame polisonnografico. I trattamenti primari per questi disturbi includono la perdita di peso, il trattamento delle allergie nasali concomitanti, lassumere determinate posizioni per evitare apnee associate alla posizione supina, la chirurgia delle alte vie respiratorie e la CPAP nasale. Questultima il trattamento di elezione sia per lefficacia sia per il basso profilo di eventi avversi.

I pazienti con cefalea e concomitante insonnia possono beneficiare di agenti ipnotico-sedativi che includono benzodiazepine e farmaci non benzodiazepinici. Di essi devono essere considerati i potenziali di assuefazione, dipendenza e tolleranza, i problemi cognitivi talvolta associati e altri eventuali eventi avversi. Luso continuo serale pu essere associato a:

esacerbazione delle OSAS, dovuto alleffetto sullSNC;

rischio di interazioni farmacologiche (beta-bloccanti, alcol, alcuni analgesici);

effetti prolungati e dannosi soprattutto nellanziano (eccessiva sedazione, rischio di fratture).

da preferirne pertanto luso intermittente (5 su 7 giorni/settimana)piuttosto che quello continuo.

Alcuni sedativi antidepressivi (tradozone, nefazodone) sono stati utilizzati per il trattamento dellinsonnia, ma se ne raccomanda luso in caso di concomitante depressione. Eventi avversi con tali farmaci sono, pi frequentemente, ipotensione ortostatica ed effetti gastrointestinali.

Utili per i pazienti con insonnia sono anche strategie comportamentali, come training di rilassamento, terapia cognitiva, controllo dello stimolo volto a rinforzare lassociazione tra stato di sonno e ambiente, restrizione del sonno con lo scopo di limitare la persistenza a letto solo per il tempo di sonno effettivo e migliorare, quindi, la qualit del sonno evitandone la frammentazione e infine interventi educativi di igiene del sonno.LA CEFALEA POST-TRAUMATICA (PTH)INTRODUZIONE

Con il termine di cefalea post-traumatica (PTH) vengono definite quelle forme di cefalea secondaria il cui esordio sia successivo e attribuibile, in una coerente relazione di causa-effetto, a un evento traumatico cranico e/o cervicale documentabile e di entit, rispettivamente, lieve, moderata o grave (ASSR 2006).CEFALEA POST-TRAUMATICA ACUTA La cefalea post-traumatica acuta (APTH) si presenta in stretta relazione temporale (7 giorni) con un evento traumatico di variabile gravit (da lieve a severo) e si protrae, per definizione, non oltre tre mesi dopo levento. Nella maggior parte dei casi, le caratteristiche dellAPTH sono simili s quelle di una cefalea tensiva; in alcuni casi il trauma scatena unemicrania; in casi pi rari, un quadro analogo alla cefalea a grappolo.Quasi tutti i quadri clinici di cefalea primaria e secondaria sono stati descritti dopo un trauma: cefalea tensiva,

emicranica,

cefalea cervicogenica,

cefalea da alterata pressione intracranica,

cefalea a grappolo,

cefalea da emorragia intracranica e da altra patologia vascolare ecc.

Per questa ragione, lAPTH non omogenea nella sua presentazione clinica e necessita di accertamenti per escludere patologia organica correlata allevento, che pu assumere un ruolo causale diretto o di evento favorente la slatentizzazione di una condizione patologica preesistente o di uno stato di vulnerabilit (dissecazione arteriosa a seguito di traumi minori o di particolari procedure, ad esempio manipolazioni).

Fra le forme senza lesione organica dimostrabile, quella che riproduce le caratteristiche di una cefalea di tipo tensivo comunque la pi frequente (incidenza dell85%) (Evans 2004) seguita da quella cervicogenica unilaterale successiva a colpo di frusta (prevalenza dell8% nelle 6 settimane, 4% nei 6 mesi e 3% nellanno con un rapporto F:M di 3:2 (Drottning et al. 2002).

La cefalea un sintomo cardine della sindrome post-traumatica acuta conseguente a trauma cranico e/o a colpo di frusta. Nella fase acuta, si associano sintomi autonomici, come capogiri, nausea e vomito, instabilit posturale, disturbi cognitivi o altri deficit neuropsicologici indeterminati, oltre a irritabilit ed eccessiva sensibilit alla luce e al rumore.

Le caratteristiche cliniche dellAPTH sono simili a quelle delle cefalee primarie: il sottotipo di APTH simile alla cefalea tensiva (90% dei pazienti) caratterizzato da dolore tensivo/subcontinuo o continuo, il pi delle volte olocranico, a banda o a elmetto, generalmente occipitale.

NellAPTH di tipo emicranico il dolore si presenta come pulsante, a distribuzione emicranica o con shift di lato. Tra i sintomi vegetativi di accompagnamento vi sono:

nausea,

vomito,

vertigini,

foto- e fonofobia

Unaura post-traumatica (isolata o accompagnata dalla cefalea) pu verificarsi; pi raramente si distingue una forma di emicrania post-traumatica di tipo basilare associata a vertigini, nausea, vomito e disturbi dei nervi cranici (Hass 1996).

LAPTH simile alla cefalea a grappolo, analogamente alla forma primaria, si presenta con un dolore unilaterale, periorbitale e fronto-temporale di tipo insistente e trafittivo, accompagnato da segni autonomici locali, come:

ptosi,

miosi,

enoftalmo,

lacrimazione,

iniezione congiuntivale

rinorrea.

LAPTH dovuta a sanguinamento traumatico intra-cranico (ematoma epidurale, subdurale, emorragia sub- aracnoidea, intracerebrale o intraventricolare) pu simulare le manifestazioni cliniche della APTH tensiva o emicranica, pi o meno tipica. Questa una complicanza frequente in alcuni pazienti quali:

pazienti anziani,

pazienti in trattamento con farmaci anticoagulanti o antiaggreganti

pazienti con abuso di alcol o diatesi emorragica.

Le pi importanti differenze fra questi sottotipi di cefalea e quella di tipo tensivo sono rappresentate dai segni neurologici focali e dalle alterazioni di coscienza o vigilanza, eventualmente da segni di irritazione meningea (ASSR 2006).

Per lAPTH simile alla cefalea tensiva il trattamento delezione la scelta di analgesici e antinfiammatori non steroidei (FANS) per non pi di quattro settimane; ibuprofene (max 1500 mg/die), naprossene (da 500 a 1000 mg/die), desketoprofene (da 25 a 75 mg/die) ecc.

Anche i miorilassanti possono essere associati nel trattamento dellAPTH di tipo tensivo. Per lAPTH simile allemicrania il trattamento sar analogo a quello degli attacchi di emicrania primaria, solitamente trattata con FANS associati a farmaci antiemetici, come domperidone o metoclopramide (da 10 a 20 mg per os). Anche i triptani sono utili. Potrebbe essere efficace in caso di attacchi gravi, di lunga durata e frequenti, una terapia profilattica e medio termine con beta-bloccanti, come propranololo, o con neuromodulatori, come topiramato o amitriptilina.

Quasi tutti i pazienti con trauma cranico lieve e senza perdita di coscienza, presentano una completa remissione della cefalea nel giro di pochi giorni. Nei traumi con danno cerebrale che si associa a una breve perdita di coscienza e/o amnesia con meno di 60 minuti di durata, si registra di norma un miglioramento in 6-12 settimane. Se presente una commozione cerebrale grave con una prolungata perdita di coscienza (pi di 10 minuti e amnesia prolungata da 4 a 6 ore), il miglioramento della cefalea e del corteo dei sintomi correlati tipici della cosiddetta sindrome post-traumatica si registra dopo un periodo di tempo pi lungo (anche parecchi mesi): di norma, comunque, in pi del 75% dei pazienti si registra una remissione completa dei sintomi entro sei mesi (Rutherford 1989). CEFALEA POST-TRAUMATICA CRONICA Nella maggioranza dei pazienti con forme episodiche vi la tendenza alla remissione spontanea, ma in una minoranza di individui si potranno sviluppare cefalee persistenti nel tempo, isolate o associate al cluster sintomatologico della sindrome post-traumatica cronica.

Nei pazienti con sintomi post-traumatici (cefalea e/o altri disturbi neurologici/somatici che perdurano da 6 mesi fino a diversi anni) c una forte probabilit che fattori emozionali, motivazionali e di personalit pre-morbosa possano, almeno in parte, sostenere la sintomatologia.

I nuovi criteri diagnostici definiscono la CPTH come una sindrome caratterizzata da sintomi clinici che persistono dopo oltre tre mesi dal trauma. La CPTH mantiene le caratteristiche cliniche delle cefalee acute (forme tipo tensivo, cervicogenico, emicranico), ma si protrae per pi di tre mesi. Riguardo ai fattori di rischio per cronicizzazione (Jensen, Nielsen 1990), non sembra che una cefalea primaria preesistente possa essere rilevante, mentre vi evidenza per unaumentata incidenza di CPTH nel sesso femminile. Let avanzata rappresenterebbe invece un fattore in grado di aumentare la latenza del recupero sia del sintomo cefalea sia dei livelli precedenti di performance (Ponsford et al. 2000).

Molti pazienti con CPTH soffrono di frequenti cefalee disabilitanti e presentano un abuso di analgesici: il ruolo dellabuso degli analgesici nella cronicizzazione della PTH un fattore rilevante che pu contribuire allo sviluppo di cefalea quotidiana in molti pazienti.

La CPTH necessita di una terapia di profilassi farmacologica con farmaci specifici. Amitriptilina o propanololo, usati in monoterapia o in combinazione, e verapamile possono migliorare la cefalea e anche i sintomi della sindrome post-commotiva. Possono essere utilizzati come supporto alla terapia farmacologica anche interventi riabilitativi, di psicoterapia e di feedback. In alcuni casi, quando una lesione post-traumatica identificata come fattore scatenante periferico per la cefalea, un trattamento specifico pu migliorare la sintomatologia dolorosa (Linez et al. 2003. Una CPTH non trattata correttamente pu comportare conseguenze di rilievo sulla performance lavorativa e sul tempo libero. CEFALEA E DISORDINI ASSOCIATI AL COLPO DI FRUSTALinsieme dei cosiddetti disordini associati al colpo di frusta (whiplash associated disorders, WAD) deve essere considerato come un problema di medicina clinica da sottoporre a unanalisi sistematica con metodi obiettivi e criteri omogenei, con lo scopo di rendere sistematico e razionale il percorso diagnostico del singolo caso, di definirne correttamente i vari aspetti patologici, di porre una prognosi clinica e funzionale attendibile e, infine, di indirizzare il trattamento e la riabilitazione in modo appropriato (Quebec Task Force 1995).

opportuno ricordare che il termine colpo di frusta, si riferisce esclusivamente alle modalit (dinamica) con cui un traumatismo del collo (e un danno alle sue strutture) si realizza per una brusca iperestensione e successiva flessione del capo a seguito di una brusca accelerazione/decelerazione, secondarie, nella maggioranza dei casi, a impatto traumatico in occasione di incidenti da traffico. Nelluso comune, invece, il termine colpo di frusta fa riferimento allinsieme dei sintomi correlati a tale evento meccanico, donde poi i termini di sindrome acuta/post-acuta e tardiva (o sequele croniche di colpo di frusta), di corrente riscontro nella pratica clinica. Nellambito delle suddette manifestazioni cliniche sono compresi sintomi e segni riferibili al collo (rachide, legamenti, dischi intersomatici, muscoli, midollo, radici nervose), insieme a disordini extra-cervicali somatici, neurosensoriali, comportamentali, cognitivi e affettivi, la cui comparsa e modalit di espressione/evoluzione sono largamente variabili lungo lasse dei tempi nei singoli casi.

Come per i traumatismi cranici e i disturbi ad essi correlati, anche per il colpo di frusta si assiste, in fase acuta e nelle prime settimane, allo sviluppo di un complesso di sintomi molto simili . Questi sintomi sono nella maggior parte dei casi (il cosiddetto colpo di frusta non-complicato) riferibili a distorsione cervicale semplice, con esclusione, quindi, dei quadri clinici della protrusione discale traumatica, del danno spinale o radicolare diretto o indiretto, delle fratture o dislocazioni vertebrali. Oltre ai sintomi strettamente cervicali, cervico-cefalici e cervico-midollari sopra ricordati (complicazioni maggiori da colpo di frusta), vanno poi considerate altre sindromi (e altre diagnosi!) extra-cervicali eventualmente associate al colpo di frusta e relativamente indipendenti dalla severit del trauma, spesso a esordio pi tardivo o differito, quali: nevralgia occipitale,

disfunzione dolorosa temporo-mandibolare,

sindrome dello stretto toracico,

disordini articolari e periarticolari di spalla,

sindromi del quadrante superiore e lombalgie,

fibromialgia

distrofia simpatica riflessa (assai rara).

Nel 1995, la pubblicazione della monografia prodotta dalla Quebec Task Force on Whiplash-associated Disorders ha contribuito a ridefinire, sulla base di un ampio studio di popolazione e di una serie di Consensus Conference, le linee guida e gli elementi essenziali del percorso valutativo, diagnostico e terapeutico di questa con- dizione, la cui definizione preliminare prevede cinque categorie in base alla crescente gravit del danno, e identificabili in base agli elementi clinico-anamnestici e obiettivi di presentazione. Solo tre su cinque categorie di WAD sono riferibili al danno non-complicato dei tessuti molli, compatibile con la definizione di colpo di frusta di nostro interesse.

I casi inquadrabili nel I grado presentano sintomi isolati di coinvolgimento del collo, con dolore e rigidit, senza contrattura muscolare, riferibili a lesioni microscopiche dei tessuti molli, con edema flogistico di breve durata e rapido recupero funzionale (giorni). Tali pazienti si presentano spesso al medico dopo 24 ore dallevento, stante anche la possibile presenza di intervallo libero. Nei successivi gradi (II e III) sono presenti, rispettivamente, sintomi e segni muscolo-scheletrici [ridotto range di movimento (ROM), tender points] e segni neurologici (ipostenia, deficit di sensibilit, iporeflessia osteo-tendinea); sono sempre presenti spasmo e contrattura muscolare secondari al danno muscolo-legamentoso (stiramento con edema e piccole emorragie) e alla possibile lacerazione di capsule articolari, con eventuale ulteriore danno a carico delle strutture nervose di tipo diretto (meccanico) o indiretto (secondario a quello dei tessuti molli)..

Le indicazioni della Task Force prevedono accertamenti radiologici per i gradi II e III e consultazioni specialistiche nei casi con WAD persistente dopo 6-12 settimane, mentre per i casi di grado I e II non viene considerato, in generale, laccesso a indagini TC/RM o neurofisiologiche (EMG/potenziali evocati), salvo parere specialistico. Levoluzione in cronicit (WAD persistenti dopo 6 mesi) identificabile in base ad alcuni fattori di rischio, fra cui in primo luogo la persistenza di disturbi e disabilit dopo 45 giorni, elemento che deve far considerare laccesso a un parere specialistico.

Nella fase cronica dolore e contrattura dei muscoli del collo vengono riferiti nella totalit dei casi con WAD insieme a cefalea presente in oltre il 50% dei casi.

Le problematiche fisiopatologiche relative alle interazioni fra cefalea e patologia del collo sono note da tempo.

La stimolazione di strutture algogene a livello del rachide cervicale ritenuta essere lelemento necessario affinch un processo patologico a livello del collo possa indurre la comparsa di cefalea: lo stimolo algogeno pu originare da patologie a carico del rachide, dei muscoli cervicali, delle radici nervose (Bono et al. 2000; Antonaci et al. 2001).

Nella diagnosi differenziale con la cefalea a grappolo e con lemicrania parossistica cronica, elementi di rilievo sono la presenza di sintomi e segni vegetativi oculocefalici, landamento temporale e la prevalenza di soggetti di sesso femminile (rispetto alla cefalea a grappolo). Per quanto riguarda lhemicrania continua, sebbene essa abbia degli elementi in comune con la cefalea cervicogenica, quali landamento temporale (entrambe iniziano a episodi e possono successivamente evolvere in una forma cronica) e la maggior frequenza nel sesso femminile, la risposta completa allindometacina, propria della prima, consente generalmente di dirimere i problemi di diagnosi differenziale.

indispensabile un approccio sistematico alla valutazione dei singoli pazienti che ha come presupposto lallestimento di un protocollo multiparametrico in grado di considerare:1. Le principali variabili socio-demografiche con riferimento a precedenti e/o concomitanti patologie, traumatismi, procedure chirurgiche e altre condizioni congenite o acquisite in grado di alterare lo stato di salute del soggetto, la sua omeostasi e le sue capacit di adattamento rispetto alle conseguenze dellevento traumatico, di ordine sia somatico sia psicologico.

2. Lesatta ricostruzione dellevento lesivo e del contesto.

3.La descrizione e lanalisi dei sintomi principali (core symptoms), dei segni e sintomi associati, delle rispettive complicanze locali e a distanza, e linsieme delle disfunzioni (e menomazioni) a essi correlate.

4. Lesame obiettivo neurologico e fisiatrico e linsieme delle valutazioni strumentali complementari alle quali di seguito si fa riferimento.

5. La valutazione della tensione muscolare. Per la valutazione clinica e strumentale della tensione muscolare possono essere utilizzate diverse metodiche. LIHS suggerisce limpiego della palpazione manuale o dellalgometria a pressione o, in alternativa, la registrazione EMGrafica a riposo e durante prove di attivazione.

6. Lanalisi del movimento.

7. La valutazione neuropsicologica e psicologica.

8. La valutazione della disabilit. LA CEFALEA CERVICOGENICA (CEH)INTRODUZIONE

La cefalea cervicogenica (CEH) una sindrome, non una malattia o unentit sui generis, e costituisce la via finale comune del dolore che origina da parecchi disordini del collo. Svariate patologie che possono coinvolgere strutture come i nervi, le radici nervose, le faccette uncovertebrali, i dischi intervertebrali, le faccette articolari, i legamenti, i muscoli ecc. sono in grado di indurre una CEH (Michler et al. 1991; Sjaastad et al. 1998a). Il dolore pu quindi originare a diversi livelli, compresa la parte inferiore della colonna cervicale (Michler et al. 1991).

La CEH comprende tutte le cefalee a partenza dal collo, con la possibile eccezione di specifiche entit (un sottogruppo dellemicrania parossistica cronica con induzione meccanica degli attacchi) (Sjaastad et al. 1998a).QUADRO CLINICOUna cefalea viene definita cervicogena (CEH) quando dovuta a un coinvolgimento di strutture osteocartilaginee o tessuti molli del collo . Questa forma di cefalea pu essere lesito di un traumatismo cranio-cervicale, ma si pu verificare anche in assenza di eventi traumatici.

La CEH per definizione si presenta come una cefalea unilaterale senza alternanza del lato del dolore.

Nella pratica clinica, si pu ammettere lesistenza anche di pazienti con cefalea bilaterale (come lunilateralit su due lati nel tic douloureux). Poich la CEH una sindrome, il processo patologico pu, probabilmente e non cos di rado, riprodursi contro-lateralmente. In questi casi, una risposta positiva a un blocco anestetico propriamente effettuato potrebbe essere essenziale anche nella pratica clinica (e non solo a fini di ricerca), principalmente per escludere una cefalea di tipo tensivo.

Anche nella situazione pi consueta di unilateralit, il dolore pu in una fase successiva irradiare contro-lateralmente, quando la cefalea diventa severa, rimanendo comunque pi intensa dal lato di origine (Sjaastad et al. 1998b). Lunilateralit tipica pu essere probabilmente pi chiara allesordio dellattacco/esacerbazione.Altri criteri diagnostici ugualmente importanti sono i sintomi e segni di coinvolgimento del collo.

Un dolore indotto meccanicamente, simile a quello spontaneo, pu essere provocato dalla pressione sulle inserzioni tendinee nella regione occipitale. La pressione lungo il decorso del nervo grande occipitale, sul solco al davanti del processo mastoideo e sulla parte superiore del muscolo sternocleidomastoideo dal lato sintomatico, pu parimenti scatenare un dolore analogo.

Meccanismi di precipitazione intrinseca possono essere attivati da movimenti del collo e/o posture prolungate della testa durante il sonno o la veglia (come quando si lava il soffitto, quando si parla al proprio vicino di tavolo durante una cena, nel lavarsi i capelli dal parrucchiere ecc.). I sintomi al braccio/spalla omolaterali al dolore possono essere anche pi frequenti di quanto sembrino inizialmente (Fredriksen 1989). Si incontrano infatti, non di rado pazienti con dolore severo, irradiato al braccio, pi o meno costante, di natura non radicolare (Fredriksen, Sjaastad 2000).

La durata degli attacchi variabile (da poche ore a poche settimane), con una tendenza verso la cronicit; la CEH non di rado episodica nella fase iniziale, per diventare, in seguito, cronica con intensit fluttuante. Il dolore dellattacco inizia al collo e poi diffonde alla regione oculofrontotemporale dove allacme, pu raggiungere unintensit simile o anche maggiore rispetto a quella della regione occipitale (Sjaastad et al. 1998b). La durata degli episodi di cefalea spesso pi lunga che nellemicrania senza aura; lintensit del dolore moderata, non lancinante come nella cefalea a grappolo e solitamente di natura non pulsante.

Il quadro clinico della cefalea cervicogenica pu mimare alcune forme di cefalea primaria, come lemicrania senza aura, la cefalea di tipo tensivo e lhemicrania continua. Vi sono tuttavia patologie secondarie che in tutto o in parte possono mimare una cefalea cervicogenica. CRITERI DIAGNOSTICILa presenza di attacchi indotti meccanicamente o un dolore simile a quello degli attacchi spontanei o iatrogeni un requisito obbligatorio per una diagnosi certa/definita, come pure lo leffetto positivo del blocco anestetico. Nei criteri rivisitati (Sjaastad et al. 1998b), tra le altre caratteristiche di qualche importanza, stata introdotta anche la mancanza di risposta terapeutica completa a indometacina, sumatriptan ed ergotamina. Sebbene la CEH non sia, in linea di principio, una cefalea post-traumatica, una storia di trauma cranico e/o cervicale dovrebbe essere tuttavia considerata potenzialmente importante dal punto di vista patogenetico, specialmente se di severit moderata-grave e con un meccanismo tipo colpo di frusta (Sjaastad et al. 1998a, 1998b).

Una storia di cefalea di lunga durata e strettamente unilaterale suggestiva di CEH, specie in soggetti di sesso femminile. Il pattern temporale, caratterizzato da un non raggruppamento delle crisi, ha un andamento cronico-fluttuante, e la severit e la natura non pulsante del dolore (solitamente moderato e non lancinante) distinguono la CEH da altre cefalee unilaterali, come la cefalea a grappolo e lemicrania parossistica. Lhemicrania continua (HC) e lemicrania senzaura possono rappresentare un problema nella diagnosi differenziale. Una dettagliata raccolta anamnestica e un accurato esame neurologico, che dimostrino un ridotto range di motilit del collo (Antonaci et al. 2000, 2002), e la presenza di meccanismi di induzione della cefalea sono elementi fondamentali nel distinguere la CEH dalle altre cefalee. La combinazione di dolore avvertito prima al collo e poi diffuso unilateralmente allarea frontale dello stesso lato rafforza il sospetto che ci si trovi di fronte a un caso di CEH. La sede e lirradiazione del dolore, il pattern temporale e la precipitazione meccanica degli attacchi, sia iatrogeni sia spontanei, sono aspetti importanti del quadro clinico e possono aiutare a distinguere tra CEH da una parte ed emicrania e cefalea tensiva dallaltra (Vincent, Luna 1999; Antonaci et al. 2003). In pazienti con dolore bilaterale, ma ancora con preponderanza dal lato usuale, i blocchi anestetici diventano dobbligo anche nella pratica clinica di routine. Allo scopo di distinguere il livello esatto dellaffezione, i blocchi dovrebbero essere diretti al nervo o ai nervi dove pi probabilmente il dolore origina o provocato, dal lato dove il dolore prevalente (Bovim, Sand 1992)TRATTAMENTOUn trattamento efficace della CEH necessita di un approccio multidisciplinare, combinando, secondo le esigenze individuali, terapia farmacologica, non farmacologica, terapie fisiche, blocchi anestetici e occasionalmente il ricorso alla terapia chirurgica. CEFALEA E DISTURBI PSICHIATRICIINTRODUZIONE

I legami tra cefalea, caratteristiche psicologiche e psicopatologia sono certamente centrali nellambito della cosiddetta medicina psicosomatica nonch uno dei temi pi intricati del problema del rapporto mente-corpo. La cefalea viene considerata un sintomo dal DSM-IV-TR (ultima edizione del manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali dellAmerican Psychiatric Association che rappresenta lo standard quasi universalmente accettato per la diagnosi in psichiatria) (APA 2002).

Numerosi studi hanno evidenziato unaumentata prevalenza di disturbi mentali in pazienti con cefalea mentre sono pressoch assenti studi che riguardano la prevalenza di cefalea nei pazienti con disturbi psicotici e disturbi somatoformi (Radat, Swendsen 2005).

E opinione di alcuni Autori che la presenza di una alta comorbilit tra disturbi psichiatrici e cefalee sia da attribuirsi a una sorta di artefatto classificatorio: infatti molti sintomi della cefalea, in particolar modo delle forme croniche, sono comuni ai sintomi di disturbi psichiatrici, specie quelli depressivi. Ad esempio, diversi studi individuano nei pazienti con cefalea cronica quotidiana numerosi sintomi aspecifici (tra cui i dolori muscolo-scheletrici e precordiali, sintomi gastrici e intestinali, vertigini, nausea, insonnia, svenimento, dispnea): In pi in questi pazienti si registrano alcuni comportamenti e sintomi come i disturbi del sonno, calo di energia, anedonia, difficolt di concentrazione, perdita della libido che rappresentano tutti sintomi da ricercare per la diagnosi di episodio depressivo maggiore (Breslau et al. 2000). Se questi sintomi debbano essere presi in considerazione nella valutazione della depressione in questa tipologia di pazienti un punto ancora in discussione.

IPOTESI SUI MECCANISMI DI ASSOCIAZIONE FRA DOLORE, CEFALEA E DISTURBI PSICHIATRICII meccanismi di associazione fra dolore, cefalea e disturbi psichiatrici sono ancora in studio: alcune ipotesi sostengono che il dolore cronico causi il disturbo mentale (ipotesi della conseguenza), altre che il disturbo mentale causi la sintomatologia dolorosa (ipotesi dellantecedenza). Lipotesi della cicatrice, infine, sostiene che episodi depressivi favoriscano linsorgenza di dolore cronico e viceversa. QUADRO CLINICOCefalea secondaria a disturbo psicoticoIl concetto di psicosi ha subito modifiche, anche sostanziali, nel corso del tempo. La definizione pi ristretta, attualmente accettata di psicotico limitata ai deliri e alle allucinazioni pi rilevanti, quando queste ultime si verificano senza consapevolezza da parte del soggetto della loro natura patologica. I disturbi psicotici sono inseriti in un capitolo specifico del DSM-IV-TR, Schizofrenia ed altri disturbi psicotici. Tuttavia, anche la depressione maggiore e i disturbi bipolari, cos come certe condizioni psichiatriche da cause organiche (demenza) o da uso o sospensione di sostanze, possono essere responsabili di sintomatologia di tipo psicotico (APA 2002).La diagnosi di cefalea attribuita a disturbo psicotico dovrebbe limitarsi a quei casi in cui la cefalea presente solo in presenza di un delirio e scompare con la sua remissione clinica. Il quadro clinico dipende dal quadro psicopatologico con il quale in rapporto, ma anche considerando questa variabilit questa entit nosografica piuttosto dubbia.

Anche il criterio che prevede la scomparsa della cefalea con la risoluzione del delirio di difficile utilizzo nella pratica clinica; esauritasi lesperienza delirante, infatti, anche lesperienza soggettiva dellindividuo cambia, non offrendo punti di raffronto certi: linterpretazione di una sensazione somatica per certo una abilit del giudizio che nel delirio pu essere in parte o totalmente sconvolta. Nel paziente delirante, dunque, abbiamo la certezza unicamente di indagare ci che il suo giudizio in quella situazione etichetta come cefalea. Lesperienza psicotica, in questa condizione, normalmente quella che domina il quadro e che guida il processo diagnostico e terapeutico del paziente. Lesperto cefalologo, in questi casi, dovrebbe limitarsi a individuare durante la visita gli elementi caratteristicamente diagnostici del disturbo psicotico di cui soffre il proprio paziente (Gentili et al. 2005).Cefalea secondaria a disturbo di somatizzazioneNel disturbo di somatizzazione il paziente (pi frequentemente di sesso femminile) riporta molteplici lamentele fisiche con esordio generalmente precedente ai 30 anni. Queste sono spesso riferite a diversi organi e apparati e riguardano, in genere: il sistema gastrointestinale,

il sistema urogenitale,

il sistema cardiocircolatorio.

Il paziente lamenta spesso sintomi che mimano una condizione neurologica (conversione), come ad esempio:

alterazioni dellequilibrio,

paralisi o ipostenia localizzate,

difficolt a deglutire fino alla disfagia, convulsioni,

amnesia,

perdita della sensibilit tattile,

diplopia, cecit o sordit.

Completa il quadro clinico la presenza, attuale o in anamnesi, di una sintomatologia dolorosa che generalmente coinvolge pi di un distretto (cefalea, dolore muscolo-scheletrico, dolore durante il rapporto sessuale, dolori mestruali, dolori durante la minzione, dolore rettale o perineale). La storia di questi pazienti con disturbo di somatizzazione si caratterizza dal fatto che questi sono stati visitati da diversi medici specialisti che hanno caratterizzato uno degli ambiti della loro variegata sintomatologia. Anche a causa di questo, molto spesso riferiscono precedenti diagnosi di sindromi idiopatiche o psicosomatiche come, ad esempio, sindrome del colon irritabile o sindrome da fatica cronica. Tipicamente, in questo disturbo gli accertamenti clinico-strumentali non riescono a mettere in evidenza nessuna obiettivit tale da spiegare il quadro clinico.

Nella ricerca di una soluzione ai suoi numerosi quanto apparentemente inspiegabili e irrisolvibili problemi, il paziente con disturbo di somatizzazione pu approdare a un Centro Cefalee. In genere questo capita quando la cefalea costituisce lelemento dominante del suo complesso quadro clinico, rappresentando il disturbo pi invalidante, o quando si presenta come lunico sintomo significativo in un determinato momento. Le caratteristiche della cefalea di questi pazienti non sono peculiari e pertanto non si distinguono da quelle tipiche delle cefalee primarie: solo unattenta anamnesi pu indirizzare il medico verso lipotesi di una relazione tra il disturbo cefalgico e gli altri disturbi dolorosi e somatici presenti al momento della visita o riscontrabili nella storia clinica remota. Aspetti psicopatologico-clinici del paziente con cefaleaIl clinico esperto dovrebbe essere in grado di comprendere che spesso la cefalea non la causa delle lamentele del paziente, ma che semmai cefalea e sintomatologia affettiva rappresentano due aspetti diversi della sofferenza depressiva.

Un altro aspetto che dovrebbe essere indagato con regolarit nel paziente con cefalea, in special modo qualora si siano riscontrati disturbi dansia o di umore, il sonno.

Lesperienza clinica documenta come molto spesso la cefalea compaia al risveglio e come il sonno possa risolvere la crisi. Per quanto riguarda il primo aspetto, in particolare, la cefalea al risveglio colpisce il 6-8% della popolazione generale, tale percentuale triplica (arrivando al 18%) nei pazienti che soffrono di insonnia e arriva al 21% nei pazienti con depressione. In questo contesto, dunque, il disturbo del sonno dovrebbe essere valutato, non solo in modo a se stante, ma anche come possibile sintomo di depressione e come disturbo che agisce sinergicamente alla depressione sulla gravit clinica della cefalea (Rains et al. 2008).

La presenza di disturbi psichiatrici, in particolare di depressione, dovrebbe essere indagata non solo nei pazienti gravi,ad esempio con cefalea cronica quotidiana, ma pi in generale su tutti i pazienti con cefalea. Dato lindubbio ruolo di fattore di rischio per lo sviluppo di depressione e di ansia delle cefalee, sarebbe necessario valutare lequilibrio affettivo dellindividuo a ogni visita di follow-up, specie nei pazienti che non stiano rispondendo in modo adeguato alla terapia.

Per la valutazione psicopatologica del paziente con cefalea, il colloquio clinico rimane senza dubbio uno strumento irrinunciabile al quale possono essere affiancate diverse scale di valutazione clinica utili per un primo screening. La maggior parte di questi test sono di auto-valutazione o possono essere facilmente somministrati e interpretati dopo un training relativamente breve. TERAPIALa presenza di psicopatologia nel paziente cefalgico ha importanti ricadute nella gestione terapeutica.

Ovviamente la terapia sintomatica dellattacco non dissimile da quella tipicamente suggerita nei pazienti privi di disturbi psichiatrici (considerando con cautela le possibili interazioni farmacologiche nel caso di una terapia psichiatrica in atto, ad esempio, con inibitori delle monoaminossidasi).

Per quanto riguarda, la cefalea presente durante un disturbo psicotico, la terapia essenzialmente di tipo psichiatrico in quanto non ragionevole impostare un trattamento per una cefalea che il paziente riferisce allinterno di un costrutto delirante. Alla risoluzione dellepisodio psicotico, qualora la cefalea permanesse (e in questo caso perderebbe probabilmente lattribuzione di secondaria) si potr pensare a una sua rivalutazione clinica.

Pi ragionata dovrebbe invece essere la scelta della terapia di profilassi delle cefalee nel caso di comorbilit con disturbi dansia e dellumore.

Le attuali linee guida segnalano, infatti, come altamente efficaci nella profilassi della cefalea gli antidepressivi triciclici (in particolare amitriptilina) e alcuni antiepilettici (in particolare valproato di sodio), mentre non ci sono ancora sufficienti evidenze sullefficacia delle classi di antidepressivi SSRI (inibitori selettivi del reuptake della serotonina) e SNRI (inibitori selettivi della noradrenalina e della serotonina).

Anche levosulpride, indicata per il trattamento della cefalea tensiva, pu essere considerata un presidio utile qualora siano presenti aspetti evidenti di somatizzazione o un quadro di depressione lieve o di distimia.

Considerando dunque la forte compenetrazione tra cefalea e disturbi psichiatrici che si estende dalla clinica alla psicofarmacologia sarebbe auspicabile nella strutturazione della terapia, come nel processo di inquadramento clinico, una gestione multidisciplinare che preveda la partecipazione di uno psichiatra e di uno psicologo clinico (Smitherman et al. 2008).

Anche nei disturbi dansia la terapia antidepressiva di prima scelta, eventualmente da integrare, in alcuni casi selezionati in genere quando la comorbilit riguarda il disturbo di panico, con acido valproico.

Utili possono essere anche le benzodiazepine che sono validamente usate nel controllo a breve termine dei fenomeni ansiosi o dellinsonnia, e nella terapia profilattica della cefalea tensiva.

Approccio da considerare in alternativa o ancor meglio in integrazione a quello farmacologico quello psicoterapico. CEFALEA E USO DI SOSTANZEINTRODUZIONELe cefalee secondarie alluso di sostanze o alla loro sospensione rientrano, in termini pi generali, tra le reazioni avverse ai farmaci. Considerato il crescente numero di persone che assumono sostanze, questo tema unito a quello della sicurezza dei farmaci, oggi di fondamentale importanza. Le reazioni indesiderate ai farmaci sono difatti unimportante causa di morbilit e mortalit, soprattutto nel mondo occidentale.La definizione di reazione avversa una reazione nociva e non intenzionale che si presenta in rapporto con lassunzione di un farmaco, usato nelle giuste indicazioni, per la diagnosi, la profilassi e la terapia, fatta eccezione per gli errori terapeutici. La cefalea in genere un effetto collaterale non grave; tuttavia, anche reazioni avverse non gravi possono essere molto disturbanti. Nei pazienti in trattamento cronico (ad es., per ipertensione o depressione) pu indurre ad una riduzione delladesione alla terapia fino a provocarne la sospensione (Trontell 2004).LE REAZIONI AVVERSELe reazioni avverse si possono distinguere in diverse tipologie :

Le pi importanti sono il tipo A, dose-dipendente e il tipo B, non dose-dipendente. Mentre le reazioni avverse tipo A sono relativamente facili da diagnosticare in quanto sono prevedibili sulla base del meccanismo dazione del farmaco e sono ben caratterizzate gi durante lo sviluppo clinico, le reazioni avverse di tipo B sono di pi difficili identificazione sia per la loro natura complessa sia per limprevedibilit della loro comparsa. Lincidenza delle reazioni avverse di tipo B in generale molto bassa (< 1/1000), tuttavia queste possono essere molto gravi e potenzialmente fatali. Anche la reazione avversa cefalea pu essere correlata allattivit farmacologica utilizzata in terapia, cio pu essere di tipo A e facilmente prevedibile, oppure pu essere imprevedibile perch non dipendente dallazione farmacologica utile ai fini terapeutici (tipo B).CEFALEE ATTRIBUITE ALLUSO DI SOSTANZE O ALLA LORO SOSPENSIONEI farmaci che pi frequentemente inducono cefalea per esposizione acuta o cronica o in seguito alla loro sospensione appartengono a una grande variet di classi terapeutiche che hanno meccanismi dazione del tutto diversi.

Classicamente, i due principali meccanismi patogenetici della cefalea come reazione avversa sono stati considerati la vasodilatazione e lipertensione endocranica. La prima, la vasodilatazione, spiega la cefalea indotta dalla maggior parte dei farmaci cardiovascolari. La cefalea associata allipertensione endocranica indotta da farmaci invece reazione avversa di tipo B, imprevedibile sulla base delle propriet farmacologiche del farmaco (Ferrari 2006).DIAGNOSILeventualit che il medico si trovi a diagnosticare e a trattare disturbi di origine iatrogena oggi sempre pi probabile e la cefalea come effetto collaterale di farmaci estremamente comune. pertanto necessario che il medico abbia una buona conoscenza di questo argomento per tentare di riconoscere le reazioni avverse nella pratica clinica. In generale lesistenza di una relazione causale tra un farmaco e leffetto collaterale cefalea di difficile definizione data lenorme diffusione di questo disturbo/sintomo nella popolazione generale.

Quindi ogni volta che il medico si trova a visitare un paziente che riferisce di una cefalea di prima insorgenza o un peggioramento o un cambiamento della cefalea di cui soffriva da tempo, nella diagnosi differenziale dovr tenere in debita considerazione il fatto che questo disturbo, la cefalea, possa essere causato da una reazione avversa a un farmaco. Anche in questi casi unaccurata anamnesi che tenga conto anche dei farmaci di automedicazione, dei fitoterapici e degli integratori dietetici (spesso trascurati dal paziente perch non considerati farmaci) e dei trattamenti a lungo termine, ad esempio con farmaci antipertensivi, fondamentale, tenendo conto che il paziente molte volte dimentica di riferire queste annotazioni. La cefalea, inoltre, pu essere sintomo di intossicazione da numerose sostanze, comprese droghe, come la cocaina, il cui uso oggi molto diffuso.

La diagnosi di cefalea da uso o sospensione di farmaci/sostanze pu essere pi facile per i farmaci di cui la capacit di indurre cefalea. In tanti altri casi pu essere davvero ardua. Per determinare la relazione causale tra farmaco e reazione avversa si deve analizzare la relazione tra tempo di comparsa della cefalea e la somministrazione del farmaco, e si deve valutare se la cefalea compatibile con le propriet farmacologiche note della sostanza.

La prova determinante di una relazione causale farmaco-cefalea rappresentata dalla scomparsa della reazione avversa cefalea dopo un certo tempo dalla sospensione del farmaco e la sua ricomparsa alla riassunzione del farmaco.

La cefalea il sintomo cardinale dellipertensione endocranica benigna (pseudotumor cerebri) indotta dai farmaci, ma di solito sono presenti anche nausea, vomito, tinnito, papilledema o difetti del campo visivo (progressivi se non trattati), e paralisi del VI nervo cranico. La pressione del liquor aumentata, ma la composizione chimica e la cellularit sono normali. La prognosi generalmente buona, ma la progressiva perdita visiva e leventuale cecit sono il rischio maggiore.

La principale categoria di agenti causali data dai farmaci antinfiammatori non steroidei, antibiotici e anche immunoglobuline endovena.

Nella maggior parte dei casi la cefalea come reazione avversa non ha caratteristiche tipiche: il dolore continuo, diffuso e di intensit da moderata a severa. In alcuni casi la cefalea associata ad altri sintomi, come vertigini, affaticamento, sonnolenza o neuropatia periferica, convulsioni ed encefalopatia. Qui la cefalea pu essere un segnale precoce di una condizione seria che, se riconosciuta, pu essere risolta interrompendo il farmaco in causa.

TERAPIANon esistono al momento Linee Guida specifiche dedicate al trattamento delle cefalee attribuite alluso di sostanze o alla loro sospensione. Una diagnosi accurata e la valutazione della gravit del sintomo, del suo impatto sulle normali attivit quotidiane, sono elementi chiave per decidere il comportamento da tenere: sospendere il farmaco, continuarlo o ridurre semplicemente il dosaggio.

Linformazione e leducazione del paziente giocano un ruolo fondamentale ai fini di un trattamento efficace . Se il medico e il paziente non hanno dubbi sulla diagnosi di cefalea secondaria, indotta da un farmaco, il paziente, eliminata la paura di una grave malattia allorigine della cefalea, pu accettare di continuare quel farmaco, soprattutto se fondamentale per la sua salute e di tollerare o gestire la cefalea con laiuto di sintomatici. Luso dei triptani per il trattamento acuto indicato solo se il farmaco scatena veri attacchi emicranici o di cefalea a grappolo. Tuttavia occorre utilizzare cautela a non prescrivere questi farmaci a pazienti con patologie che ne controindichino limpiego, ad esempio a cardiopatici in trattamento con nitrati o calcio-antagonisti. Diversi farmaci inducono cefalea alle prime somministrazioni, ma a questa reazione avversa si sviluppa tolleranza nellarco di alcune settimane. Informando accuratamente il paziente di questo andamento si pu evitare che interrompa un trattamento a volte indispensabile.

La maggior parte delle cefalee come reazioni avverse a un farmaco dose-dipendente e quindi il trattamento pu essere semplice: diminuire la dose del farmaco fino alla scomparsa delleffetto collaterale cefalea e alla minima dose efficace. Se riducendo la dose diminuisce o scompare anche leffetto terapeutico occorre cambiare tipo di farmaco, scegliendo allinterno della stessa classe quello che induce con minor frequenza la reazione avversa cefalea (la frequenza di effetti collaterali non identica per tutti i farmaci di un gruppo) oppure utilizzare un farmaco di classe diversa, che non provochi cefalea come effetto collaterale, ma ovviamente mantenga la medesima efficacia.Il farmaco deve essere sospeso se induce cefalea insieme ad altri sintomi e segni di neurotossicit grave, ad esempio meningite asettica da antivirali, come valaciclovir, ganciclovir, o pseudotumor cerebri da antibiotici, quali doxiciclina, minociclina (Ferrari et al. 2006).

Pi lunga e intensa invece la cefalea o meglio lemicrania da sospensione di estrogeni : essa risulta anche pi disabilitante e pi resistente al trattamento rispetto agli attacchi di emicrania che insorgono al di fuori del periodo mestruale. Il trattamento di primo piano individuato nei triptani. Se questi farmaci non funzionano si pu usare una profilassi di breve durata, da due giorni prima a tre giorni dopo il periodo mestruale, con antinfiammatori non steroidei, come naprossene, o con triptani a lunga durata dazione. Per le forme pi gravi e resistenti alla terapia sono stati sperimentati anche trattamenti con estrogeni aggiuntivi nella fase di sospensione della pillola. Queste strategie non sono di prima scelta in quanto non esiste piena evidenza della loro efficacia e sicurezza (Loder 2006).

Le cefalee da sospensione rispondono prontamente alla riassunzione della sostanza come nel caso della caffeina. Se la riassunzione non indicata, come nel caso della cefalea da sospensione di analgesici/antiemicranici dopo uso eccessivo e quotidiano, possono essere gestite con farmaci sintomatici e in ogni caso tendono a estinguersi spontaneamente.Quando la cefalea uno dei sintomi, di solito quello di per s meno grave,di una intossicazione, ad esempio da monossido di carbonio, da cocaina, da cannabis, da litio, la terapia quella della condizione di base, cio quella specifica dellintossicazione.Anche nel caso delle cefalee da farmaci la migliore terapia la prevenzione. Se possibile, i farmaci che notoriamente provocano percentuali elevate di cefalea dovrebbero essere evitati nei soggetti che gi ne soffrono.