Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

Embed Size (px)

Citation preview

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    1/24

    Dipartimento di A rcheologia e Storia delle A rti,Introduzione allo studio della ceramica in archeologia. Siena 2007, 63-86

    Conservazione e restauro della ceramica archeologica

    Fernanda Cavari

    Introduzione

    Non il tipo o la cronologia ma il contesto di provenienza a definire la ceramica archeologica. Dauno scavo possono infatti provenire ceramiche di tutte le tipologie ed epoche, dal momento chea partire dagli anni Sessanta lo stesso limite cronologico dellapplicazione delle metodologiearcheologiche si dilatato allepoca della rivoluzione industriale, andando a costruire le basi per losviluppo di unarcheologia dellet moderna e contemporanea (FRANCOVICH ET A L .2000, VI).Larcheologia, al contrario di quello che succedeva una volta, ha per oggetto quindi tutti imateriali e le strutture rinvenute sottoterra, indipendentemente dalla loro antichit.

    La conservazione archeologica, che ha per oggetto unampia gamma di reperti, sia per funzioneche composizione (suppellettili in ceramica, vetro, metallo e in materiali organici di varia natura,pitture, pavimenti, strutture murarie ecc.), si sviluppata come una disciplina distinta proprio per

    le particolari condizioni di preservazione dei manufatti, conseguenti alla giacitura nel sottosuolo(per una sintetica storia della conservazione in campo archeologico vedi SEASE 1996). Laceramica archeologica presenta quindi problemi diversi da quelli delle ceramiche provenienti daambienti subaerei (ad esempio bacini in maiolica murati negli edifici) o da collezioni storiche,pervenute per diretta e ininterrotta trasmissione. Si pu dire che solo recentemente si creataunattenzione particolare anche per questi manufatti che nella maggioranza dei casi non hanno unvalore di tipo artistico ma solo di documento storico. Fino agli anni Sessanta si sono spessoutilizzati per la ceramica metodi impensabili per altri manufatti (HODGES 1975, 37-38) per unpi tardivo riconoscimento della complessit e della dignit anche materica del repertoarcheologico (MELUCCO VACCARO, 1989, 285; per una sintesi sullo sviluppo del restauro dellaceramica vedi BUYS E T A L . 1998, 63-73). In questa sede verr affrontato solamente il tema della

    conservazione e del restauro della ceramica rinvenuta in scavi nel sottosuolo, tralasciando lesamedelle problematiche relative ai materiali provenienti da indagini e recuperi subacquei (per questoargomento rimandiamo a PEARSON 1987).

    Gli attuali principi su cui si basa un intervento di conservazione e restauro sono il frutto di unateorizzazione codificata nelle cosiddette Carte del restauro. La Carta del Restauro 1987cos definisceil termine restauro: qualsiasi intervento che, nel rispetto dei principi della conservazione e sullabase di previe indagini conoscitive di ogni tipo, sia rivolto a restituire, nei limiti del possibile, larelativa leggibilit e, ove occorra, luso. La definizione, che si applica a tutti gli oggetti cherivestano interesse artistico, storico e culturale, indica, con il preciso riferimento alla prassi dellaconservazione e delle indagini conoscitive, gli attuali indirizzi nel campo della preservazione evalorizzazione dei beni culturali. Il termine indica dunque linsieme delle procedure che rendano

    possibile la comprensione delloggetto, unitamente alla sua valorizzazione, ottenuta spessomediante il rifacimento di parti mancanti. Ne consegue quindi che non si tratta della ricerca diuna condizione originale del manufatto, bens della restituzione del suo significato che devecomunque rispettare quelle modifiche, tra laltro difficilmente reversibili, che esso ha subito nelcorso del tempo e che fanno cos parte della sua storia. L a Carta 1987 della Conservazione e delRestauro degli oggetti darte e cultura stata redatta nellambito del convegno del 1985 sulla tutela,promosso dal CNR con il Ministero dei Beni Culturali, per integrare e aggiornare la Carta Italianadel Restauro 1972 . Questultima fu emanata dallallora Ministero della Pubblica Istruzione percodificare le metodologie di intervento in ciascun settore dei beni culturali e la sua normativa sibasa sui principi contenuti nella Teoria del restauro di C. Brandi pubblicata nel 1963. Precedentiinternazionali dei due documenti citati furono la Carta di A tene del 1931 (seguita nel 1932 dalla

    Carta italiana del restauro, rielaborazione a uso interno della precedente) e la Carta del R estauro diV enezia del 1964, anche se al loro interno sono privilegiati gli aspetti del restauro architettonico.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    2/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    64

    Si pu dire che il termine restauro, pur essendo ancora oggi utilizzato in molte sedi consignificato generico, rappresenta in realt solo un momento della conservazione, concetto pigenerale che indica tutte le attivit finalizzate alla preservazione del patrimonio culturaleattraverso un intervento diretto sui manufatti e/ o sullambiente circostante. Ormai in quasi tutti ipaesi, si fa sempre pi ricorso allespressione conservazione e restauro, per indicare che le due

    fasi sono complementari e per superare i fraintendimenti che potrebbero sorgere utilizzando unosolo dei due termini. Lespressione inoltre sottolinea quellampiezza progettuale che oggi diventata doverosa nel settore dei beni culturali: un intervento di restauro deve essere sempreaffiancato da un progetto di conservazione, prevenzione e manutenzione. Questultima prevede ilcontrollo periodico delle condizioni dei manufatti su cui si intervenuti, sia che si trovino espostiin museo che nei magazzini, della situazione climatica degli ambienti che li ospitano e larealizzazione, ove necessario, di interventi diretti o indiretti che assicurino lefficienza delleprocedure messe in atto precedentemente. da tener presente infatti che un oggetto restauratoha bisogno di un controlllo forse maggiore per la presenza di elementi estranei al materialeoriginario (come consolidanti, adesivi, integranti ecc.) che interagiscono con il manufatto e sonoessi stessi soggetti a degrado in condizioni sfavorevoli, fino a perdere quelle caratteristiche

    positive per le quali erano stati utilizzati.Tutte le procedure e le sostanze utilizzate in un intervento di conservazione e restauro devonosempre rispondere allobiettivo di salvaguardare lintegrit del manufatto (JEDRZEJEWSKA 1983).Lacquisizione del concetto che nessun trattamento reversibile in senso stretto, unitamente allariflessione sulla durata di ogni intervento di conservazione e restauro (alcuni interventi spessonon durano pi di venti anni) e sui danni, riscontrati in diverse occasioni, derivantidallutilizzazione di prodotti e procedure non sufficientemente sperimentate in questo settore,hanno portato ad adottare metodi che riducano al minimo ogni apporto di materiale estraneo. Lareversibilit, che un altro dei principi fondamentali del restauro (BERDUCOU 1990, 10-13),consiste nel rendere possibile lasportazione dei prodotti impiegati e quindi ulteriori trattamenti,in considerazione del fatto che lintervento di conservazione e restauro non pu essere

    considerato come definitivo e che in un futuro possano essere messi a punto sistemi di interventopi idonei. I materiali introdotti come collanti, consolidanti ecc. devono anche essere stabili ecompatibili con la materia originale, avere cio caratteristiche chimiche e fisiche analoghe, come iprodotti utilizzati per le integrazioni di parti mancanti, che devono inoltre essere semprericonoscibili dalloriginale.

    Un corretto prelievo dei manufatti sul cantiere di scavo e lattuazione delle procedure di prontosoccorso sono le premesse indispensabili alle successive operazioni di conservazione e restauroin laboratorio, dal momento che il cambiamento delle condizioni ambientali costituisce per ireperti una fase estremamente rischiosa: si evitano in questo modo la perdita di molteinformazioni, ulteriore deterioramento e un intervento pi lungo e complesso.

    Le fasi successive al recupero prevedono dopo un approfondito esame del materiale, seguitoeventualmente da indagini di laboratorio, la pulitura/ stabilizzazione, il consolidamento, laricomposizione, lintegrazione. Il percorso da seguire non ha sempre la stessa successione n tuttele fasi sono sempre da intraprendere. Ad esempio il consolidamento deve in alcuni casi precederela pulitura oppure pu non essere necessario. Non si pu comunque mai pensare a proceduregeneralizzate: ogni oggetto presenta caratteristiche proprie che necessitano di un interventospecifico.

    Il materiale costitutivo

    Non si pu intervenire su un manufatto ceramico se non se ne conoscono le caratteristiche dellamateria prima, le tecniche di fabbricazione relative alle varie tipologie, la composizione dei

    rivestimenti e i difetti di produzione. Bisogna ad esempio essere in grado di poter distinguere unfenomeno di degrado originatosi in giacitura da un difetto che si prodotto in fase di lavorazione.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    3/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    65

    Per la definizione del materiale, delle tecniche e dei difetti, che devono sempre essere registratinella documentazione dellintervento (vedi sotto la scheda di conservazione e restauro), sirimanda al documento Uni N ormal 10739.

    Per gli aspetti relativi alla composizione del materiale e alle tecniche di esecuzione si veda ilcontributo in questa sede di E. Giannichedda e N. Volante. Accenneremo solo ad alcune

    caratteristiche che influenzano in modo significativo lo stato di conservazione. Come vedremo laporosit ha una grande importanza nei processi di deterioramento dal momento che condizionala circolazione dellacqua, che il fattore principale di degrado sia fisico che chimico. La porositpu dipendere dalla presenza nellargilla di sostanze organiche che in cottura bruciano lasciandospazi vuoti o dal non raggiungimento della temperatura di cottura ottimale per quel tipo diproduzione. La durezza inoltre, che dipende dai minerali presenti, e la granulometria dellimpastosono anchessi fattori che giocano un ruolo importante nella preservazione della ceramica (RICE1987, 347-369).

    Fattori e fenomeni di degrado

    Il degrado di una ceramica archeologica il risultato dellinterazione tra le caratteristiche chimico-

    fisiche intrinseche del materiale costitutivo (composizione del corpo ceramico e dei rivestimenti,porosit, condizioni di cottura), luso che ne stato fatto e lambiente di seppellimento.Questultimo avr un influenza diversa sugli oggetti ceramici a seconda delle sue propriet fisico-chimiche che, conosciute anticipatamente, possono permettere di prevedere in termini generali lostato di conservazione dei materiali (BERGERON ET A L . 1991, 7-14) La perdita di certe qualitoriginarie della ceramica, ovvero il degrado, pu essere imputato a processi fisici e/ o chimici(BUYS ET A L . 1998, 18-28; LEGA E T A L . 1997, 86-95). Il degrado biologico, cio il deterioramentoprovocato da organismi viventi, pu essere ricondotto parimenti a processi fisici e chimici(CANEVA ET A L . 1994)). Non bisogna comunque dimenticare che linterro, se da un lato lacausa di certi tipi di deterioramento, dallaltro consente la sopravvivenza dei manufatti,soprattutto quando profondo e perci privo di fluttuazioni di umidit e temperatura (CRONYN

    1990, 24-28). Il degrado che interessa maggiormente i manufatti ceramici soprattutto di tipofisico, dal momento che la ceramica tende a fratturarsi in conseguenza di sollecitazionimeccaniche e presenta invece una buona stabilit chimica, soprattutto rispetto ad altri materialicome quelli organici e metallici. Vedremo comunque che non da sottovalutare anchelaggressione chimica, in certi casi fortemente distruttiva. Il carico del deposito e le vibrazionipossono provocare deformazioni, fratturazioni (che possono dar origine ad altre deformazionidal momento che viene meno la tensione prodotta dalla contrazione del materiale durante lacottura), fessurazioni e distacchi di rivestimenti. I rivestimenti tendono a fratturarsi e a scagliarsianche se sottoposti a cambiamenti di temperatura, specialmente quando i coefficienti didilatazione del rivestimento e del corpo ceramico sono diversi.

    Lacqua il principale fattore di degrado fisico e, come vedremo, anche chimico. responsabiledi abrasioni se nel terreno il drenaggio veloce: lazione abrasiva dellacqua originata dallapresenza di particelle in sospensione, provoca difatti una consunzione dei materiali. Lecaratteristiche intrinseche del manufatto, come accennato, hanno una grande influenza sullacapacit di azione dei fattori di deterioramento e la porosit rende una ceramica particolarmentesensibile agli effetti dannosi dellacqua. La cavillatura ad esempio, che si forma o latente gidurante la fase di raffreddamento dopo la cottura per leccessiva contrazione dello smalto rispettoal corpo ceramico, tende ad aumentare per lespansione del corpo ceramico esposto allumidit.In caso di gelate inoltre, se lacqua presente nei pori della ceramica, ne determina lafratturazione per il suo conseguente aumento di volume; ma soprattutto lacqua il veicolo deisali solubili che quando cristallizzano esercitano anchessi una pressione considerevole nei poridisgregando il materiale dalla superficie verso linterno. I sali solubili provengono dallambiente diseppellimento nella forma pi comune di cloruri ma anche di solfati e nitrati: i cloruri si trovanoin prossimit del mare, i nitrati e i fosfati si formano invece dalla decomposizione di sostanze

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    4/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    66

    organiche (PATERAKIS 1987, 67-68). Rivelano subito la loro presenza quando gli oggetti, rimossida un deposito umido, cominciano ad asciugarsi. I sali solubili se cristallizzano sotto ilrivestimento provocano il suo distacco e creano scagliature o esfoliazioni nel corpo ceramico (fig.27).

    Fra i processi chimici imputabili allazione dellacqua va ricordato il fenomeno di riargillificazione

    per assorbimento di acqua in materiali porosi e poco cotti, che li rende teneri e fragili e puportare alla loro deformazione. Le ceramiche preistoriche in particolare sono le pi fragili esuscettibili di reidratazione per le loro modalit di cottura che non hanno permesso unomogeneae irreversibile trasformazione chimica dellargilla. Gli oggetti presentano in genere una sottilesuperficie esterna abbastanza resistente che copre un nucleo interno estremamente friabile.Lumidit del terreno in cui si vengono a trovare li ammobidisce, la pressione del deposito pugenerare deformazioni e in casi estremi si pu arrivare alla loro disgregazione totale (SMITH 1998,3-11). Questo fenomeno si pu osservare anche in ceramiche ben cotte, quando lacquacircolante nel terreno di natura acida, per dissoluzione e asportazione delle inclusioni calcareepresenti o al contrario, se alcalina, per lattacco della fase vetrosa (CRONYN 1990, 145). Altrieffetti chimici sono lopacit dei rivestimenti vetrosi, la ricarbonatazione, le incrostazioni, le

    macchie; la decoesione e polverulenza del corpo ceramico pu essere imputata sia a cause fisicheche chimiche. Liridescenza negli smalti pu essere causata dalla dissoluzione dei componentialcalini (che fanno parte della composizione dello smalto) da parte dellacqua. Inoltre le soluzionidi minerali circolanti nel terreno provocano la formazione di depositi, il pi frequente dei quali quello calcareo, che si pu presentare in vario aspetto e misto in genere a terra e grani silicei.Nello stesso modo si possono formare incrostazioni silicee e il ferro e il manganese presenti nelterreno possono migrare sulla superficie delle ceramiche lasciando delle caratteristiche macchiebrune. Infine i fattori biologici sono rappresentati dalle radici delle piante che possono causaredegrado fisico e da microrganismi che possono, con i loro processi metabolici, lasciare macchiesulla superficie o trasformare certi componenti; ad esempio vetrine al piombo possono diventarenere per lazione di batteri, che riducono i solfati in solfuro di idrogeno, che a sua volta reagisce

    con il rivestimento piombifero per formare solfuro di piombo (LEGA ET A L .1997).Recupero e primo intervento sullo scavo

    Ogni materiale interrato dopo un iniziale rapido degrado raggiunge quello che viene definito unostato di equilibrio con lambiente di seppellimento. Questa situazione di relativa stabilitchimica e fisica viene bruscamente turbata dalle azioni di messa in luce e recupero, cio dalloscavo archeologico, in quanto le condizioni in cui viene a trovarsi loggetto sono estremamentediverse. Il manufatto sar quindi sollecitato a ritrovare un nuovo equilibrio a spese spesso dellasua integrit (DE GUICHEN 1986, 25-34). importante quindi che gi allatto del rinvenimento sioperi seguendo quelle procedure, nella maggior parte dei casi anche piuttosto semplici, cheprevengano processi di sicuro effetto negativo sui manufatti (SEASE 1986, 35-44; SEASE 1988;

    WATKINSON 1987).Sarebbe auspicabile che nella programmazione di uno scavo fosse prevista sin dallinizio lapresenza del restauratore per ottimizzare i risultati della ricerca (FOLEY 1986, 22; CHAVIGNER1993, 75-89; VON ELES 1992, 204-207). In mancanza dellintervento diretto di addetti allaconservazione, indispensabile avere un laboratorio di riferimento o un professionista che sirenda disponibile in casi di urgenza e che comunque fornisca, prima dellinizio dei lavori, tutte leindicazioni utili ad un corretto prelievo ed immagazzinamento, come era suggerito gi nella Cartadel restauro 1972.

    Durante la fase di individuazione e messa in luce di un manufatto ceramico bisogna porre grandeattenzione alle variazioni termoigrometriche che si verificano nel manufatto e agli strumenti

    meccanici utilizzati per rimuovere la terra. Ad esempio luso dellonnipresente trowel pu causare,se utilizzata in prossimit delloggetto, abrasioni e rotture. Si consiglia quindi, via via che ci si

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    5/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    67

    avvicina alloggetto, di utilizzare strumenti di legno, come palette abbassalingua e bastoncini apunta del tipo utilizzato in cucina (PEDEL ET A L . 2002, 36-39). Nello stesso tempo bisognaapprontare sistemi che rallentino o blocchino le variazioni termoigrometriche: i manufatti ingenere hanno un contenuto di umidit superiore a quello dellambiente in cui vengono trasferiti.La naturale essiccazione delle ceramiche estratte da depositi umidi pu portare a un repentino

    peggioramento delle loro condizioni. Lessiccamento, nel caso di manufatti teneri, pu avere perun effetto positivo dal momento che indurisce il corpo ceramico. Ceramiche con impastogrossolano e cotte a bassa temperatura possono sgretolarsi perch la tensione superficialedellacqua contenuta agisce da legante dellimpasto (CRONYN 1990, 150-151). Inoltre la presenzadi sali solubili pu portare alla loro cristallizzazione con il conseguente fenomeno delleesfoliazioni e dei distacchi di scaglie. Di conseguenza le ceramiche umide che presentano salisolubili non devono essere fatte asciugare prima della loro eliminazione. Al contrario ceramichecon sali da depositi secchi devono essere mantenute asciutte per prevenire la dissoluzione dei salie il conseguente sgretolamento dal momento che i sali stessi possono fungere da elementocoesivo. Essiccandosi i depositi terrosi possono contrarsi, causando il sollevamento e ilconseguente distacco di rivestimenti o pitture delicate a freddo; si pu verificare anche un

    indurimento del materiale estraneo, come le incrostazioni carbonatiche, che risulter pi difficileda rimuovere successivamente. Durante le fasi di prelievo bisogna osservare alcune regolegenerali: i manufatti interi devono essere prelevati senza rimuovere la terra contenuta allinterno,approntando un idoneo supporto ed evitando di farli asciugare finch presente il depositointerno (la contrazione della terra in seguito allessicamento pu danneggiarli). Nel caso dimanufatti frammentati o incrinati che mantengano per la loro forma originaria sempresconsigliabile lo smontaggio e si preferisce il prelievo con supporto. Per la rimozione si puricorrere alluso di un supporto di tipo solo meccanico, oppure al consolidamento diretto delmanufatto oppure allapplicazione di un materiale di rinforzo fatto aderire con adesivi. Finch possibile meglio evitare luso di consolidanti perch le tecniche di prelievo migliori sono quelleche assicurano la salvaguardia del manufatto senza pregiudicare i trattamenti successivi (CRONYN

    1990, 43). Caso per caso dovr essere valutato il sistema migliore, ricordando comunque che sempre preferibile quello che interferisce meno con il manufatto. Quasi tutti i metodi di prelievonecessitano di un supporto orizzontale, in genere una tavola di legno; fogli sottili in metallopossono essere utili per tagliare la terra sotto il materiale da prelevare. Le tavole su sui vengonoposti i materiali dovranno essere sempre rivestite di materiale ammortizzante, come plastica abolle, fogli di schiuma di polietilene o carta non acida.

    Un metodo molto semplice di prelievo la fasciatura con garze di cotone o elasticizzate di usomedico in modo da fermare tutti i frammenti e nel caso di oggetti fragili da impedirne losgretolamento (fig. 28). In questo caso un ruolo importante di sostegno svolto dalla presenza diterra compatta allinterno del manufatto. Se la ceramica tenera, tra le bende e loggetto si puinterporre una pellicola di polietilene o di alluminio per evitare che possa rimanere limpronta

    delle fibre. Loggetto pu quindi essere semplicemente rimosso con le mani o con il sostegno diuna tavola rigida introdotta al di sotto del manufatto. Se manca il supporto della terra allinterno necessario ricorrere ad un incollaggio diretto delle bende sul manufatto, utilizzando una resinaprontamente reversibile e in alta percentuale, cosa che evita la sua penetrazione nel corpoceramico. Questo sistema va usato solo quando non possibile ricorrere ad altri perch ilconsolidante pu comunque rimanere allinterno del manufatto anche dopo la rimozione dellegarze e creare cambiamenti di colore. Nel caso di un oggetto particolarmente fragile e pesante sipossono usare anche bende gessate del tipo usato in ortopedia dopo aver interposto un agenteseparante (alluminio o polietilene). Con questo sistema possono essere ad esempio prelevate piforme ceramiche sovrapposte e particolarmente fragili (fig. 29). Luso del bendaggio in gessoconsente di mantenere per il tempo necessario il materiale ancora umido in modo che in

    laboratorio lintervento sia pi agevole. In alternativa alle bende gessate possono essere usatebende imbevute di una resina che si indurisce esposta allaria o, come supporto che incapsula

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    6/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    68

    loggetto, la schiuma di poliuretano, che ha il vantaggio di essere molto leggera e facile darimuovere (NEWEY E T A L . 1987, 33-36). Nel caso invece che si presentino localizzazioni diframmenti fragili e di dimensioni ridotta pu essere utile un prelievo con pane di terra. Iframmenti vengono cio isolati su una piattaforma di terra che viene rimossa dopo averla resasolidale o con intelaiatura lignea costruita intorno o tramite bende gessate; in ambedue i casi

    comunque indispensabile inserire, prima del prelievo, una tavola al di sotto. Nel caso di oggettifragili si pu anche consolidare direttamente loggetto ma, come gi detto, preferibile ricorrere aquesto metodo solo se gli altri non sono possibili; in condizioni di umidit devono essere usateresine in soluzione acquosa, dal momento che le resine sciolte in solvente in presenza di umiditperdono il loro potere adesivo. Si usano a questo scopo emulsioni di acetato di polivinle (es.Mowilith DMC2) o dispersioni acriliche (Primal AC33 o WS 24) (BERGERON E T A L . 1991, 83-97).

    Riguardo alla pulitura bene seguire alcune regole generali. Se lindurimento dei depositi inconseguenza dellessicazione giustifica la pulitura gi durante il cantiere di scavo, bisogna tenerconto per che non si pu procedere a un lavaggio indiscriminato di tutta la ceramica. Nonbisogna mai rimuovere la terra da superfici dipinte o che si scagliano e se i manufatti sono umidi

    mantenerli tali. Prima di decidere il lavaggio della ceramica necessario un attento esame perindividuare i frammenti con fenomeni di decoesione. Ceramiche resistenti possono essere pulitesul sito avendo cura di utilizzare sempre acqua pulita, che altrimenti risulterebbe abrasiva,evitando di lasciare in immersione i frammenti. Alluso di spazzolini preferibile quello di spugnee pennelli di varia morbidezza. Le incrostazioni possono essere rimosse meccanicamente con unbisturi prima che induriscano, se non c la possibilit di mantenere umidi gli oggetti. Questaoperazione deve essere fatte con estrema cautela per la facilit di danneggiamento di una ceramicaumida. Una volta terminato il lavaggio di quelle ceramiche che possono sopportarlo, lasciugaturadeve essere fatta allaria, evitando i raggi diretti del sole o fonti di calore artificiali. A questo scoposi rivela utile luso di un supporto a pi ripiani impilabili, costituiti da una rete plastica a maglieserrate, inserita in un telaio di legno. Se gli oggetti devono essere siglati, per evitare che la siglatura

    diventi indelebile, si stende, prima di scrivere con china o pennarello indelebile, uno strato diresina sciolta in solvente, applicandone successivamente un altro strato sulla sigla ben asciutta.

    I reperti dovranno poi essere imballati in modo adeguato al loro grado di resistenza e alla loroforma, in vista del trasporto alla sede provvisoria o definitiva, oppure ricevere una sistemazioneidonea negli eventuali magazzini predisposti sul sito. In ogni caso necessario utilizzarecontenitori e imballi idonei, resistenti e inerti come fogli di plastica a bolle, lastre di polietileneespanso, cassette e contenitori sempre in polietilene (BERGERON ET A L . 1991, 119-142):frammenti resistenti, ben asciutti, possono essere collocati in buste di polietilene, evitando per difare sacchetti troppo grandi e troppo pesanti, frammenti fragili possono essere collocati a stratiseparati da fogli di plastica a bolle in contenitori di polietilene. Forme intere saranno poste entrocontenitori adeguati con un materiale tampone che assicuri la loro immobilit, come polistirolo oschiuma di polietilene. Per una corretta procedura necessario conoscere le esigenze conservativedei vari manufatti e le propriet dei materiali che si utilizzeranno per il trasporto o perlimmagazzinamento (PEDEL ET A L . 2002, 99-107). inoltre fondamentale che il depositotemporaneo del cantiere di scavo risponda a una serie di requisiti di tipo climatico e sia provvistodi adeguate infrastrutture (SCICHILONE 1986, 63-72).

    Esami diagnostici

    Lesame diagnostico, che pu andare da un semplice esame a occhio nudo ad analisi construmentazioni complesse (BUYS ET A L . 1998, 40-52), comprende lanalisi della struttura, dellacomposizione del manufatto e dei procedimenti tecnici utizzati per la sua fabbricazione nonchlidentificazione del tipo di degrado presente, le sue cause e la sua estensione.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    7/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    69

    Lesame autoptico preliminare pu dare numerose indicazioni riguardo alla tecnica di esecuzione(tipo di argilla, cottura, rivestimento) e al tipo di degrado, per poter stabilire il tipo di azioni daintraprendere: pulitura stabilizzazione, consolidamento ecc. chiaro che questo esamepresuppone da parte delloperatore una conoscenza approfondita della ceramica in tutti i suoiaspetti tecnologici, conservativi, storici e storico-artistici. Lesame con microscopio binoculare

    indispensabile per distinguere depositi estranei, microfratturazioni, alveolizzazioni dellasuperficie. Semplici indagini chimiche possono rivelare la natura dei depositi estranei: perdistinguere un deposito calcareo da un deposito siliceo ad esempio si utilizza lacido cloridrico,che in presenza di carbonato di calcio genera una forte effervescenza. Lesame radiologico invecepu essere utile per indagare una superficie coperta da uno spesso strato di incrostazione olinterno di un vaso utilizzato come contenitore funerario oppure per esaminare manufattirestaurati in precedenza per lindividuazione di eventuali perni. stata impiegata con esitosoddisfacente anche la tomografia assiale computerizzata (TAC) per esaminare prelievi con panedi terra contenenti vasi cinerari; lindagine ha permesso di localizzare prima dellintervento lapresenza e lubicazione dei frammenti ceramici ed escludere la presenza di materiale osteologico(DAL R E T A L . 1994, 87-91). Lanalisi a luce ultravioletta pu individuare restauri moderni

    invisibili oppure tracce di decorazioni non distinguibili con una normale illuminazione. Esistonoattualmente numerose analisi pi complesse, che indagano soprattutto aspetti relativi alle tecnichedi esecuzione e alla provenienza delle materie prime. Sono di tipo mineralogico petrograficocome le analisi al microscopio mineralogico su sezioni sottili e lanalisi per diffrazione a raggi X, edi tipo chimico eseguite mediante le moderne tecniche strumentali come la spettrometria inemissione di fiamma, di assorbimento atomico, di fluorescenza a raggi X e le analisi perattivazione neutronica. Sono per analisi distruttive perch necessitano del prelievo di uncampione; solo le analisi per fluorescenza a raggi X e per attivazione neutronica possono essereeseguite direttamente su reperti di piccole dimensioni (CUOMO DI CAPRIO 1985, 189). Per ladescrizione delle varie tecniche di analisi e campi di applicazione si rimanda aCUOMO DI CAPRIO1985;,DIANA ET A L .1988;FERRETTI 1993.

    Le fasi della documentazione

    Fasi fondamentali che devono precedere e seguire parallelamente qualsiasi intervento diconservazione e restauro sono quelle relative alla documentazione. La documentazione laregistrazione dei fenomeni osservati e di tutte le procedure utilizzate durante lintervento permezzo di schede analitiche, rilievi grafici e fotografici ecc. (BUYS E T A L . 1998, 52-59).Linformatica propone a questo riguardo molte applicazioni interessanti e offre inoltre lapossibilit di realizzare ipotesi ricostruttive diversificate, per poter valutare la soluzione migliore.La documentazione deve iniziare sullo scavo dove devono essere registrate tutte quelleinformazioni che possono risultare utili ai procedimenti successivi: le condizioni di giacitura, lacomposizione del terreno e gli eventuali trattamenti (pulitura, consolidamento ecc.). Questa prima

    fase di documentazione dovrebbe essere registrata su una scheda di scavo da consegnare allaboratorio insieme al manufatto. In laboratorio, prima di procedere allintervento diconservazione e restauro, progettato sulla base dellesame diagnostico e delle finalit, dovrannoessere registrate su unapposita scheda tutte le informazioni utili alla connotazione delloggetto edellintervento. Unaccurata documentazione fotografica, e in alcuni casi anche grafica, registrerlo stato di conservazione prima, durante e dopo lintervento. La compilazione della schedaseguir passo passo lesecuzione dellintervento. Si propone qui un modello di scheda elaborataespressamente per la ceramica proveniente da scavo (fig. 30). La scheda divisa in quattrosezioni: la prima contiene i dati anagrafici (provenienza, numero di inventario, riferimenti grafici efotografici), la seconda riguarda invece la caratterizzazione tecnica, la terza lo stato diconservazione, la quarta infine gli interventi eseguiti e i materiali utilizzati per le operazioni di

    conservazione e restauro. Anche successivamente, durante la sua permanenza in ambientiespositivi o magazzino, loggetto dovrebbe avere unulteriore scheda di riferimento, che vada a

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    8/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    70

    integrare quella dellintervento di conservazione e restauro, in cui, secondo il programma dimanutenzione adottato, possano essere registrati i controlli effettuati, gli esiti e le eventualiprocedure adottate.

    Pulitura/ stabilizzazione

    La pulitura consiste nellindividuazione della superfie che definiva il contorno e la forma delmanufatto al momento del suo abbandono, attraverso leliminazione dei depositi estranei e dicerti prodotti di alterazione. Il termine stabilizzazione indica invece un intervento finalizzato arimuovere inquinanti chimici presenti allinterno del manufatto, causa in genere di undeterioramento ciclico, e a prevenire cos ulteriore degrado (CRONYN 1990, 150-151). Nellaceramica questo procedimento utilizzato soprattuto in presenza di sali solubili (solfati, nitrati,cloruri ecc.), che possono causare lo sgretolamento del materiale in conseguenza della lorocristallizzazione/ dissoluzione/ ricristallizzazione. Il procedimento pu comunque rientrare inquello che si definisce pulitura, dal momento che, operativamente, una fase collegata a essa eimplica comunque la rimozione di materiale estraneo. Si procede allestrazione mediante bagnicon acqua deionizzata: per ottenere buoni risultati sono necessarie immersioni prolungate e

    cambi giornalieri di acqua. Ogni 24 ore inoltre bisogna misurare la conduttivit dellacqua percapire quando arrivato il momento di cessare la desalinizzazione (PATERAKIS 1987, 67-72;UNRUH 2001, 81-92). Il processo piuttosto lungo e macchinoso per i continui cambiamenti diacqua. Si proposto recentemente luso di una semplice apparecchiatura che ricicla lacqua perpompaggio attraverso una colonna di deionizzazione (KOOB E T A L . 2000, 265-273). Ceramicheche possono sgretolarsi se immerse direttamente in acqua devono essere trattate altrimenti: puessere necessario infatti un preconsolidamento che permetta ugualmente la rimozione dei salisolubili e ricorrere allestrazione mediante impacchi di polpa di cellulosa e acqua deionizzata.Limmersione in acqua provocherebbe infatti il distacco delle parti superficiali, tenute insiemesolo dai cristalli dei sali.

    La pulitura la fase pi delicata dellintervento, perch unazione irreversibile: bisogna quindi

    valutare attentamente quello che materiale estraneo (depositi, incrostazioni, macchie), prodottidi alterazione chimica dannosi e che impediscono la comprensione delloggetto e quello cheinvece fa parte della sua storia (difetti e tracce di lavorazione, tracce duso, riparazioni). Siutilizzano sistemi di pulitura fisici e chimici, anche se generalmente vengono preferiti i primi perla minor interferenza con il materiale: sono pi controllabili e non introducono prodotti chimici.Vari sono i sistemi adottati a seconda del tipo di manufatto e di deposito presente (BUYS ET A L .1998, 84-98; PEDEL ET A L . 1998). I sistemi fisici possono essere semplici strumenti manualicome strumenti di legno, pennelli dai pi morbidi ai pi duri in setola, bisturi, specilli dentistici emetodi pi complessi, azionati elettricamente, come microsabbiatrici, ablatori e vasche aultrasuoni e recententemente anche strumenti laser. Spesse e dure incrostazioni carbonatichepossono essere rimosse meccanicamente con laiuto di un bisturi, dal momento che la pulitura

    meccanica il metodo pi controllabile e non vi apporto di prodotti chimici estranei, chepotrebbe creare interferenze con il substrato; talvolta per il corpo ceramico pi tenero delleincrostazioni tenacemente ancorate al substrato e la rimozione meccanica potrebbe danneggiare ilmanufatto. Bisogna ricorre allora a una pulitura con reagenti chimici opportuni come soluzioniacquose di detergenti non ionici, di complessanti, resine a scambio ionico ecc. Questo tipo diintervento difficile da controllare perch gli agenti chimici penetrano attraverso le microfessureallinterno del corpo ceramico. La tecnica meno dannosa una pulitura con sola acqua,servendosi di metodiche diverse a seconda dello stato di conservazione delloggetto. Solventiorganici come lalcol possono essere usati invece dellacqua su superfici delicate: consigliabileuna soluzione di acqua deionizzata e alcol (50:50) per ceramiche fragili, cotte a bassa temperatura,perch si ha un minore effetto di ammobidimento del corpo ceramico in quanto labbassamento

    della tensione superficiale dellacqua corrisponde a una scarsa penetrazione e diffusione capillare(CREMONESI 2001; MATTEINI ET A L .1989, 104-108). Nella pulitura chimica, allimmersione

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    9/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    71

    preferibile luso di impacchi di materiali assorbenti come polpa di cellulosa o argille, che vengonoapplicati preferibilmente su uno strato di carta giapponese. Per la rimozione dei depositi calcareiche sono assai comuni sulle ceramiche archeologiche, da evitare luso di acidi che oltre adattaccare anche la componente calcarea dellimpasto ceramico, causano una disgregazionedellargilla per la violenta effervescenza prodotta dalla reazione chimica, che crea

    microfessurazioni nel corpo ceramico e nei rivestimenti (HODGES 1987, 146-147), oltre a causarela formazione di sali solubili. Efflorescenze di sali solubili, originate dalla trasformazione deidepositi carbonatici o addirittura della tempera calcarea presente nellargilla stessa della ceramica,sono state riscontrate in manufatti puliti con acido cloridrico neutralizzato poi con ammoniaca(WHEELERE T A L. 1993, 55-62). Questo metodo di pulitura continua comunque a essere usato inalcuni laboratori per depositi molto tenaci, mediante applicazioni locali (FABBRI E T A L . 1993,183). Si utilizzano generalmente agenti chelanti come lEDTA (acido etilendiamminotetracetico),che rimuove carbonati e ossidi di ferro, nella forma di sale bisodico o tetrasodico (CREMONESI2001, 36-39) che necessitano successivamente di un accurato risciacquo per allontanare i prodottidi risulta delle reazioni. Bisogna ricordare comunque che i depositi calcarei non rappresentano unpericolo per i manufatti ceramici e, se non oscurano dettagli importanti della decorazione

    possono anche non essere rimossi (BRACHERT 1990, 158). Per rimuovere le incrostazionivengono utilizzati anche impacchi di acqua distillata e Desogen in polpa di cellulosa (F ABBRI E TA L . 1993, 171). Questo prodotto ha propriet soprattutto battericida in quanto contiene sali dibenzalconio, ma pu avere anche unazione detergente se utilizzato in opportuna concetrazione(CREMONESI 2001, 43). Per le macchie di colorazione scura causata dalla presenza di compostidel ferro e del manganese o da resti organici si possono utilizzare solo sistemi di pulitura chimica;per le cosiddette macchie nere, costituite da ossidi e idrossidi di manganese, ad esempio si puutilizzare un prodotto a base di idrazina idrossido e idrossilammonio cloruro, di pronta efficacia eche non produce effetti dannosi sui materiali (BANDINI ET A L . 1988).

    Consolidamento

    Il consolidamento, che ha lo scopo di rendere pi resistente un manufatto fragile e decoeso, vieneintrapreso solo in casi di assoluta necessit e mai come prassi generalizzata, perch oltre ainterferire spesso con laspetto del manufatto, pu presentare problemi di completa reversibilit.Il consolidamento di un materiale, che ha perduto la propria coesione microstrutturale, consistenella sua impregnazione con una sostanza ausiliaria liquida che una volta penetrata possa passareallo stato solido e riempire quindi i vuoti che sono alla base della fragilit del manufatto(MATTEINI ET A L . 1989, 217-228). A questo scopo si utilizzano soluzioni o emulsioni di resineorganiche o prodotti inorganici (LAZZARINI ET A L . 1986, 184-231). Se limmersione, dopo averimbibito loggetto con il solvente per rimuovere laria dai pori, il sistema pi idoneo perottenere una completa impregnazione, le ceramiche particolarmente fragili non possonosopportare questo metodo e devono essere consolidate mediante imbibizioni a pennello o a

    percolazione. Gli oggetti sono in genere consolidati da asciutti; nel caso in cui la loro asciugaturaimplichi il loro sgretolamento si rende necessario luso di unemulsione (resina sospesa in acqua),che pu presentare per lo svantaggio di diventare con il tempo meno solubile e degradarsi per lapresenza di additivi che la stabilizzano. Fra i consolidanti organici uno dei pi utilizzati ilParaloid B72, un copolimero di acrilato di metile e metacrilato di etile, perch una delle miglioriresine dal punto di vista della stabilit. Si utilizza in genere una soluzione di Paraloid B 72 in alcole acetone (50:50); la scelta del solvente importante per assicurare una buona penetrazione dellaresina, dal momento che ognuno presenta gradi diversi di volatilit e miscibilit. Per avere unaimpregnazione profonda e omogenea bisogna utilizzare solventi poco volatili e rallentarelevaporazione. utilizzato anche il il Paraloid B67, che rispetto al 72 solubile solo in alcol oessenza di petrolio e perci assicura una migliore penetrazione per la lenta evaporazione del

    solvente, e il Mowital B 30 H, una resina polivinilbutirralica, che cambia impercettibilmente ilcolore della ceramica senza produrre brillantezza (con il tempo per pu ingiallire e perdere

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    10/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    72

    reversibilit) (SMITH 1998, 8) In caso di distacco di smalto sufficiente un trattamento localizzatoanche perch limmersione pu provocare la caduta del rivestimento. Fra i consolidanti inorganiciviene utilizzato il silicato di etile che, pur essendo irreversibile, presenta maggiore compatibilitcon il materiale ceramico, rispetto alle resine organiche; non si notato peraltro n lucentezza nscurimenti della superficie (MUSILE E T A L . 1997, 60-619); dal momento che non modifica in

    modo sensibile la porosit del materiale, pu essere utilizzato per consolidare un manufatto chedebba essere sottoposto alla rimozione dei sali solubili, anche se esso mostra una compatibilitvariabile con gli adesivi che devono essere usati poi per la ricomposizione (BERDUCOU 1990,110).

    Ricomposizione

    La ricomposizione prevede attraverso luso di resine sintetiche, chimicamente stabili e reversibili,lassemblaggio dei frammenti pertinenti a un dato oggetto. preceduta da unaccurata selezionedel materiale proveniente dai vari strati del deposito archeologico. Dopo una prima divisionetipologica, per ricondurre i frammenti alle varie forme bisogna considerare una serie di indicatoricome la struttura e la colorazione dellimpasto, le tracce di lavorazione (ad es. linee del tornio che

    in ogni oggetto hanno un particolare andamento), lo stato di conservazione, eventuali difetti diproduzione, macchie ecc. Frammenti dello stesso oggetto possono talvolta avere un aspettodiverso per depositi estranei o stadi diversi di conservazione, causato da giacitura inmicroambienti differenziati. bene eseguire la ricerca dopo una prima sommaria pulitura perchi depositi estranei, come detto, possono aiutare nellattribuzione dei frammenti a un datoesemplare: la pulitura definitiva pu essere eseguita infatti dopo aver identificato le varie formericostruibili. Questa operazione ovviamente tanto pi facile quanto pi loperatore conosce dalpunto di vista tipologico e tecnologico le ceramiche. La ricomposizione si attua per mezzo disostanze adesive, costituite oggi, come accennato, da resine sintetiche (MILLS ET A L . 1987, 111-120) che, sotto forma di films, sono capaci di creare forze attrattive tra due superfici in contatto(MATTEINI E T A L . 1989, 197-209). La presa degli adesivi pu essere dovuta a processi chimici

    (adesivi termoindurenti) o per evaporazione del solvente (adesivi termoplastivi in soluzione o inemulsione) (MATTEINI ET A L .198-201). Nella ricomposizione bisogna sempre verificare lasolidit del corpo ceramico e ricordare che ladesivo non deve essere pi forte del materiale daricomporre; nella scelta delladesivo si deve tener conto delle caratteristiche strutturali e ditessitura della ceramica e delle propriet dei vari adesivi presenti oggi sul mercato (CASTRO E T A L .1999, 114-131). Per i materiali porosi con superici scabre sono preferibili gli adesivi termoplastici;su corpi duri e superfici lisce, come le porcellane, materiali non porosi e cotti ad alta temperatura,il solvente ha problemi a evaporare ed preferibile luso di adesivi termoindurenti (AGNINI E TA L . 1999, 27-289; NUNES DA SILVA 1999, 132-137) che, pur considerati irreversibili perch dopola catalizzazione non sono pi solubili, possono comunque essere ammorbiti con il calore (50 C)o rigonfiati con luso di un solvente appropriato, come il cloruro di metilene. Un adesivo

    epossidico infatti troppo forte e rigido per una terracotta porosa e con il tempo si pu verificareil cedimento del giunto per il distacco del materiale ceramico o una nuova rottura della ceramicain una zona vicina alla vecchia giunzione. Anche luso di un adesivo che si contrae troppo durantela presa (ad es. resine poliesteri) o successivamente, pu provocare gli stessi problemi. Inoltre leresine termoindurenti penetrano allinterno dei materiali porosi rendendone impossibile in futurola rimozione. Quando si debbano usare su terrecotte, si pu assicurare comunque una prontareversibilit applicando una resina in soluzione (Paraloid B 72 in acetone) sulle fratture comestrato di intervento (primer). Gli adesivi termoplastici pi utilizzati per ceramiche porose sonoadesivi a base di nitrato di cellulosa (es. HMG, UHU hart, Arsonite), adesivi a base di acetato dipolivinile (es. UHU), acrilici (es.Paraloid B 72), polivinil-butirralici (es. Mowital B60H). Gliadesivi nitrocellulosici, prodotti a base di nitrato di cellulosa e altri componenti come

    plasticizzanti e inibitori di luce ultravioletta, prontamente solubili in molti solventi, sono statiutilizzati in campo conservativo per il loro buon potere adesivo su ceramiche porose e non, e di

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    11/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    73

    dimensioni considerevoli, dove necessario un adesivo con forte potere coesivo che altre resinetermoplastiche non hanno (SHASHOUA ET A L . 1992, 114); possono avere per problemi diinstabilit se esposti a radiazioni di ultravioletti, elevata umidit e temperatura; si produconocambiamenti di colore e ritiro e le propriet meccaniche peggiorano notevolmente (KOOB 1982,31-34). Studi condotti presso il British Museum sottoponendo i campioni a prove di

    invecchiamento artificiale hanno dimostrato che almeno il tipo commerciale utilizzato nel museoda almeno 40 anni (H.M.G., H. Marcel Guest Ltd.), in condizioni di temperatura e umidit nonestreme, tipiche di un ambiente museale, ha una stabilit dai 50 ai 100 anni (SHASHOUA ET A L .1992, 118). usato anche per le ceramiche cotte a bassa temperatura perch ritenuto da talunimeno forte del Paraloid (SMITH 1998, 9). In ambiente non controllato per sconsigliabile lusoperch effettivamente si sono verificati ingiallimenti, ritiro e perdita di adesione. Fra le resineacriliche il Paraloid B-72, resina generalmente usata per il consolidamento e ben conosciuta per lasua grande stabilit, trasparenza, resistenza meccanica e reversibilit, pu trovere impiego anchecome adesivo di ceramiche porose. Come adesivo il solvente da utilizzare lacetone (1:1resina/ solvente) che offre unottima lavorabilit e velocit di presa (KOOB 1986, 7-14). Nel casodi impasti polverulenti o fragili con tendenza a sgretolarsi, lapplicazione di un adesivo pu

    provocare il distacco della zona superficiale delle fratture; necessario quindi un preventivoconsolidamento generale delloggetto. Agli adesivi termoindurenti appartiene la categoria delleresine epossidiche (ad es. Araldite, Ablebond, Plastogen EP ecc.), delle resine poliesteri (ad es.Sintolit) e i cianocrilati; questi ultimi hanno la caratteristica di fare presa rapidamente senza crearespessore. Le resine epossidiche hanno una contrazione minima, quando fanno presa, ma hanno latendenza a ingiallire con il tempo. Bisogna quindi utilizzare solo quei prodotti che sono statitestati e sono risultati stabili in ambiente museale (D OWN 1984, 63-76; DOWN 1986, 159-170).

    Quando si applica ladesivo, le fratture devono risultare prive di terra e di incrostazioni; perch unincollaggio sia resistente necessario che le due parti siano perfettamente in contatto, che il filmsia omogeneo e che i due frammenti siano serrati con forza perch non rimangano bolle daria trale superfici e allineati senza che si producano scalini (il controllo deve essere d tipo tattile,

    passando il polpastrello sul giunto). Dal momento che ladesivo per fare presa, sia che si tratti diadesivi termoplastici che termoindurenti, ha bisogno di un certo lasso di tempo, i frammentidevono essere tenuti insieme dal nastro adesivo, fissato in posizione ortogonale rispetto allafrattura (cerotto micropore da chirugo che non lascia impronte e non intacca le superfici), il cuiuso per interdetto nel caso di superfici fragili o consolidate, rivestimenti (vernici o smalti)sensibili, dorature, pitture a freddo. Il nastro comunque deve essere sempre rimosso con laiutodel solvente e mai solo meccanicamente. In alternativa si pu utilizzare un contenitore con sabbiadove mantenere loggetto nella giusta posizione fino a completa presa delladesivo. Nel caso dimolti frammenti deve essere fatta una ricomposizione provvisoria per poter stabilire lordine diassemblaggio; si inizia dalla base del manufatto o, in mancanza di essa, dallorlo aggiungendo unframmento alla volta, evitando di ricomporre separatamente gruppi da riunire in seguito.

    importante ricordare che il nastro adesivo, sia nel caso di ricomposizioni provvisorie sia nel casodi ricomposizione definitive, non deve essere lasciato per molto tempo sul corpo ceramico,perch pu provocare, rilasciando il collante, macchie difficilmente rimovibili. In caso di erroriladesivo pu essere rimosso con il solvente opportuno stando attenti a non far penetrareladesivo in soluzione nel corpo ceramico perch pu anchesso provocare macchie.

    Integrazione

    Si ricorre allintegrazione per esigenze statiche/ strutturali e di leggibilit/ valorizzazionedelloggetto. Lintegrazione deve essere sempre distinguibile dalle parti originali, qualunque sia iltipo di ricostruzione giudicata idonea, che pu andare da unintegrazione minima di tipo statico alcompletamento sia formale che pittorico del manufatto (CASADIO 1993, 49). Se la finalit

    dellintervento limitata alla conservazione e allo studio del manufatto, sar sufficienteunintegrazione che ne assicuri la stabilit. La mancanza di integrazione in un oggetto lacunoso

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    12/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    74

    pu rivelarsi addirittura dannosa per limpossibilit da parte del solo adesivo di sostenere partiincomplete; anche se al momento pu sembrare una ricomposizione solida, con il tempo si puverificare il collasso di una o pi parti, che pu provocare il distacco di materiale lungo la fratturao creare addirittura nuove rotture. In certi casi si pu comunque decidere di smontare ilmanufatto ricomposto precedentemente, dopo averlo accuratamente documentato; questo

    metodo assicura infatti una preservazione senzaltro migliore. Se la finalit invece di tipoespositivo si pu valutare la possibilit del completamento formale e in certi casi anche pittorico.Un oggetto molto lacunoso per, generalmente non viene integrato in tutte le sue parti mancanti,anche nel caso esistano elementi sicuri e sufficienti alla sua ricostruzione, in quanto il rifacimentoprevarrebbe sulla parte originale. Non mancano comunque casi in cui, per valorizzare al massimoun manufatto e restituirgli lintegrit artistica (questi interventi in genere hanno interessatoceramiche greche con figurazioni complesse e di grande livello pittorico), si proceduto alrifacimento di una replica del vaso con prodotti epossidici in cui sono stati poi inseriti iframmenti originali (BAROV 1988, 165-177; ELSTON 1990, 69-80).

    Lintegrante deve rispondere a una serie di requisiti come inerzia chimico-fisica e biologica,resistenza allinvecchiamento, reversibilit, facile lavorabilit, resistenza meccanica appropriata,

    aspetto finale in accordo con loriginale ecc. (PRUNAS E T A L . 1989, 17-34). Al momento attualenon esiste un prodotto che soddisfi pienamente tutti questi requisiti e tra gli addetti al settore visono discordanze di giudizio sui vari materiali da integrazione. Si usano prodotti come gessitradizionali, gessi dentistici, polyfille, impasti a base di cera, resine poliesteri ed epossidiche(PEDEL ET A L . 1994, 131-170). Il gesso ancora il materiale integrante pi utilizzato, dalmomento che presenta un densit simile a quella della terracotta e ha un coefficiente diespansione termica pi vicino se comparato ad altri tipi di materiali (BAROV ET A L . 1984, 1-4).Trovano impiego diffuso anche altri prodotti commerciali a base di solfato di calcio come laPolyfilla o lHydrocal. Ad esempio, rispetto al gesso la Polyfilla (solfato di calcio e etere dicellulosa) ha il vantaggio di poter essere modellata plasticamente e non solamente colata, nonritira e ha un tempo di lavorazione pi lunga (unora circa); inoltre, utilizzato da molti anni, ha

    dimostrato notevole prova di inerzia (LARSON 1980, 44-45). Le integrazioni in gesso o polyfillavengono poi impregnate con una resina per operare un leggero consolidamento e per impedireeventuali attacchi microbiologici. La presenza di una resina cellulosica nella polyfilla non sembracostituire una fonte di nutrimento per microrganismi, come ha evidenziato uno studio condottocon prove sperimentali (NUGARI 1989, 34-38) Tutti i materiali a base di gesso sono inoltrefacilmente reversibili con luso di acqua e mezzi meccanici. Il materiale a base di cera, gesso e altricomponenti, denominato I 76 e messo a punto dal Centro di Restauro di Firenze (D EL FRANCIA1991, 157-164) non ha dato invece buoni risultati nel tempo, pur avendo indubbie doti di facilelavorabilit e reversibilit. Sono state quindi apportate modifiche nella composizione dellimpastoche attualmente commercializzato gi pronto per luso (MICCIO 1998, 131-133). Vengonoutilizzate anche resine epossidiche che, rispetto ai materiali citati precedentemente, presentano

    una maggiore resistenza meccanica: sono utilizzate soprattutto per maioliche resistenti (GROSSIE T A L . 1994, 126-130) e porcellane (JORDAN 1999, 138-145) o per rifare, come gi detto, formecomplete su cui inserire i frammenti (ELSTON 1990; BAROV 1988). I materiali a base di solfato dicalcio sono infatti abbastanza fragili e inclini a rottura in conseguenza di sollecitazionimeccaniche. Nello stesso tempo per, essendo meno resistenti della ceramica, in caso di urto sirompono preferenzialmente; bisogna valutare inoltre che in molti casi la sinergia tra laricomposizione, il consolidamento e lintegrazione ad assicurare la stabilit del manufatto e nontanto le propriet meccaniche dellintegrante. Inoltre, soprattutto la Polyfilla facilmentelavorabile dopo la presa, il che consente di evitare accidentali abrasioni della ceramica durante leoperazioni di finitura della superficie. Le resine invece sono molto dure dopo la presa e percidifficili da lavorare. Si utilizzato recentemente, per ceramiche preistoriche, un integrante

    costituito da Paraloid B 72, disciolto in alcol e acetone (50:50), mescolato a microsfere di vetro.Questo materiale pu essere velocemente rimosso con acetone e lisciato con acetone o alcol,

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    13/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    75

    evitando quindi i pericoli di abrasione del manufatto; la superficie inoltre, opportunamentedipinta con colori acrilici, si accorda bene con loriginale (SMITH 1998, 9-10).

    Qualunque sia il materiale prescelto per lintegrazione, esso viene applicato su una controformache pu essere costituita da sottili fogli di piombo, fogli di cera da dentista, argilla o gomma alsilicone a seconda della complessit della zona da riprodurre. In genere si prende limpronta sulla

    parte esistente e la si trasferisce nella parte da integrare. Se si usa il silicone bisogna sempre testareil tipo prescelto e utilizzarlo in associazione a un agente barriera, perch pu lasciare macchieresidue che scuriscono la superficie e che possono essere rimosse solo dopo ripetute applicazionidi un solvente idoneo (MAISH 1994, 250-256). In caso di grande lacunosit e/ o di scarse zone dicontatto si deve ricorrere alla foggiatura in argilla di una controforma, su cui poi sistemare iframmenti e procedere alla stesura dellintegrante (WILLIAMS 1980, 34-37; BERDUCOU 1990, 116-117). Si pu anche procedere, nel caso di forme chiuse, allesecuzione di una sagoma interna dipolistirolo (MIBACH 1975, 56-57). Durante la lavorazione dellintegrante facile produrrre inceramiche porose sbiancamenti o macchie nelle zone adiacenti; consigliabile quindi proteggerele aree intorno alle lacune con pellicole poi facilmente reversibili che proteggono loggettodurante tutte le fasi della lavorazione, dallapplicazione dellintegrante alla sua abrasione finale.

    Pu essere utilizzato il lattice di gomma, steso a pennello nelle zone circostanti le lacune cheper, nel caso di ceramiche estremamente porose, pu lasciare un alone, rimovibile comunquecon un solvente opportuno. Come alternativa si pu applicare su tutto loggetto una soluzioneacquosa di alcol polivinilico che pu essere rimosso facilmente con acqua (BAROV 1988, 166).Quando possibile, preferibile utilizzare il sistema delle integrazioni staccabili che permettonouna lavorazione a parte senza coinvolgere il manufatto (KOOB 1987, 63-66).

    Riguardo allaspetto da conferire alle integrazioni ceramiche, alla scelta di una integrazione a tintaneutra, basata sul colore dellimpasto e con superficie ribassata, adottata per la prima volta nel1954 dallICR sulla collezione di ceramica greca del conte C. Faina di Orvieto (VLAD BORRELLI1955), si va sostituendo un criterio di discrezionalit in considerazione delle specifiche esigenzedelle varie classi ceramiche (MELUCCO VACCARO 1989, 8-16). In generale lintegrazione nondovrebbe emergere dallunit generale di un oggetto e il tipo di accordo con loriginale dovrebbedipendere di volta in volta dalle caratteristiche del manufatto. Per le ceramiche senza rivestimentola metodologia dellICR indubbiamente ancora valida: si esegue lintegrazione con un impastoprecolorato e accordato con il colore interno del manufatto fig. 31-32). La ceramica greca a figurenere o rosse per anni stata integrata con il colore del corpo ceramico, senza valutare il contrastocon il fondo nero dipinto e la rilevanza dellelemento figurativo; restauri di questo tipo (in cuiinoltre anche le fratture sono stuccate su fondo nero con il colore interno rosato formando unmotivo a ragnatela) fanno rimpiangere paradossalmente i vecchi interventi ottocenteschi, cheperlomeno permettevano una lettura delle scene figurate, che queste integrazioni rendono invecequasi incomprensibili (CA POL A V ORI E RE STA URI1986, 226, fig. 379). Unintegrazione cheriproponga il colore della superficie, nel rispetto del principio della riconoscibilitdellintegrazione, assicura una migliore leggibilit e nello stesso tempo valorizza loggetto (BAROV1988, 165-177). Per i motivi figurati, secondo i principi attuali, non possibile procedereallintegrazione pittorica ma, nel caso di piccole lacune o di motivi ripetitivi, si pu procede allaricostruzione pittorica, sempre secondo il criterio di riconoscibilit dellintervento (PRUNASE TA L . 1989, 17-34). Per le ceramiche postclassiche con rivestimento in smalto policromo si sonoadottati criteri integrativi diversificati, fino a ripristinare, nel rispetto della differenziazione traoriginale e parte integrata e quando vi siano elementi sufficienti per una ricostruzione, ladecorazione completa della superficie. La tecnica che attualmente sembra rispondere meglio alleesigenze di una superficie che si accordi e nello stesso tempo si differenzi dalloriginale quellodel puntinato suggerito in recenti pubblicazioni italiane (BANDINI 1992, 223-230; BONETTI E TA L . 2000, 48-75) e riproposta e adottata anche allestero (G IBOTEAU 1996, 15) (fig. 33a-c, 34a-c)Questa tecnica pu essere estesa con ottimi risultati anche ad altri tipi di ceramica come leceramiche classiche a vernice nera e vernice rossa e anche su ceramiche senza rivestimento,

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    14/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    76

    nel caso ad esempio di colorazioni differenti nello stesso esemplare, dovute a fenomeni dicottura. In questo caso infatti, un colore unico dellintegrazione inserita in una zona di colorevariabile pu provocare degli stridenti contrasti; questa tecnica permette invece di assecondare inmodo eccellente le varie sfumature di colore consentendo una visione unitaria del manufatto, purrestando perfettamente distinguibile dalloriginale. Si usano generalmente colori acrilici opachi,

    che presentano la giusta densit necessaria a creare punti che abbiano corpo e nitidezza euniformit di colore in asciugatura. Accanto a questa tendenza non mancano comunque casi incui si impone un rigoroso intervento minimo, soprattutto per evitare integrazioni arbitrarie(BANDINI 1990, 102, fig. 87), per mezzo di supporti in materiale trasparente o proposte dirinuncia alla ricomposizione dei frammenti (VIDALE-LEONARDI 1994, 96-99) e di adozione ditecniche grafiche e videofotografiche per la ricostruzione della forma e del decoro (MELUCCOVACCARO 1989, 11).

    Conservazione a lungo termine: immagazzinamento ed esposizione

    La ceramica, dopo essere stata sottoposta a un intervento di conservazione e restauro, come delresto ogni manufatto, deve comunque essere periodicamente controllata, qualunque sia la sua

    destinazione definitiva (magazzino o esposizione in museo); bisogna inoltre dotare ledificio chela ospita di quei correttivi che assicurino idonei parametri di conservazione e strumenti dicontrollo (THOMSON 1986, DE GUICHEN 1984). Anche se rispetto ad altri materiali presenta unamaggiore inerzia rispetto a fattori come la temperatura e lumidit, comunque importanteassicurare un ambiente in cui questi fattori siano stabili e lumidit relativa non superi il 65%(BODDI 1999, 10-35, CHILD 1999, 36-87). La presenza di materiali come adesivi, consolidanti eintegranti impone unattenzione maggiore nei confronti di queste indicazioni di massima, dalmomento che dovranno essere tenuti sotto controllo fattori che non avrebbero una grandeinfluenza sul materiale ceramico di per s (BERDUCOU 1990, 119). Bisogna inoltre evitareunerronea manipolazione che spesso causa di nuove rotture (un oggetto restaurato rimanecomunque fragile) e laccumulo di polvere sulla superficie. Si raccomanda quindi di manipolare

    loggetto sempre con due mani, evitando la presa per le anse per gli orli e comunque una presanon equilibrata ecc. (come invece purtroppo si vede fare a chi studia, disegna o fotografa imanufatti) e di conservare gli oggetti in vetrine possibilmente ermetiche, nel caso di esposizionemuseale, oppure in contenitori o sacchetti di polietilene, nel caso di conservazione in magazzino. comunque doveroso pianificare interventi di controllo e manutenzione ordinaria, qualunque siala destinazione definitiva: a scadenze regolari dovranno essere controllati gli oggetti e lecondizioni generali dei contenitori, siano essi museali o di deposito.

    Interventi del passato

    Fin dallantichit abbiamo testimonianze di interventi di restauro soprattutto per ripristinare lafunzione duso del manufatto. Gi a partire dal VII sec. a.C. si praticava il sistema di

    ricomposizione con fori e graffe di bronzo o di piombo (BRACHERT 1990), ma la tecnica ancorapi antica, come testimoniano ad esempio una ciotola rinvenuta a Tell Hassan in Mesopotamia,in cui lassenza di tracce metalliche pu indicare che la connessione era assicurata da materialiorganici deperibili (FABBRI ET A L . 1993, 2) e un vaso in pietra cicladico presso il MuseoArcheologico di Naxos. Fori e graffe di piombo sono state rinvenute in ceramiche greche eromane (ZANELLI 1997, 53-54); in un recente scavo di una statio romana a Bomarzo statorinvenuto ed ancora in situ un grande dolio riparato con graffe in piombo (fig. 35), mentre alMuseo Archeologico di Colle Val dElsa (sala 8) esposta una ceramica attica che presenta i foridella puntatura. Successivamente la tecnica della puntatura stata utilizzata in tutte le epoche finoai nostri giorni. Per il Medioevo abbiamo testimonianze in esemplari di maiolica arcaica, adesempio in un catino proveniente da un pozzo di butto rinvenuto a Siena nella Contrada della

    Civetta, nei cui fori rimangono i carbonati di rame che testimoniano lutilizzo di un filo di questomateriale (fig. 36). Abbiamo testimonianze di riparazioni coeve al materiale eseguite anche con

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    15/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    77

    altri metodi; interessante a questo proposito la foderatura con argilla a scopo di consolidamentodi un contenitore, in origine estremamente friabile, in una sepoltura dellet del Bronzo (SMITH1998, 5) e unintegrazione eseguita con pece in unurna cineraria dellVIII secolo (ZANELLI 1997,53). Limportanza di tali testimonianze storiche impone ovviamente la loro conservazione(BRACHERT 1990, 162) che deve verificarsi sempre quando ci troviamo di fronte a restauri coevi e

    deve indurre a una riflessione nel caso di interventi successivi, che fanno sempre comunque partedella storia del manufatto e costituiscono un documento materiale di un modo diverso diintendere il restauro. Quando ci si trova di fronte a vecchi restauri inoltre, bisogna semprevalutare se la loro rimozione pu causare ulteriore deterioramento del materiale originale, dalmomento che spesso i prodotti o il tipo di intervento sono difficilmente reversibili. Nel casoquindi che il vecchio restauro non costituisca una fonte di degrado per il manufatto e non neimpedisca la leggibilit preferibile non intervenire e limitarsi alla sua manutenzione. Le primefonti scritte su sistemi di riparazione utilizzati per le ceramiche risalgono al Rinascimento, ma iprimi trattati specifici sul tema sono della seconda met dellOttocento (FABBRI ET A L .1993, 13-25). Nel 1868 in Francia venne pubblicato un manuale sul restauro della ceramica di Thiaucourt,L A rt de restaure les faiences et les porcelaines, seguito nel 1876 da L A rt de restaurer soi-memes les faiences,

    porcelaines, cristaux .. di O.E. Ris-Paquot. Del resto lo sviluppo nel XVIII e XIX secolo delcollezionismo ceramico e del conseguente mercato antiquario dettero impulso a interventi direstauro inteso come rifacimento mimetico e falsificatorio (BERTINI 1998, 149-161), mediante iquali si arrivava addirittura a ricomporre forme intere con frammenti provenienti da esemplaridiversi della stessa tipologia (FABBRI ET A L . 1993). Tali metodi sono testimoniati in moltiesemplari provenienti da collezioni pubbliche e private; talvolta sono stati evidenziati solo inoccasione di nuovi restauri, dal momento che il fine dellintervento era restituire completezzaalloggetto senza che fosse possibile distinguere il rifacimento; il restauro cio era tanto piapprezzato quanto pi risultava invisibile (ZANELLI 1997, 54-55). Riguardo agli interventi eseguitinegli ultimi due secoli abbiamo una numerosa casistica di danneggiamenti prodotti durante gliinterventi: rivestimenti e impasti danneggiati per luso di prodotti chimici impropri, abrasione dei

    bordi dei frammenti per uno scorretto ordine di ricomposizione, abrasione da levigatureeffettuate nelle zone a contatto con le integrazioni, incisioni praticate sul corpo ceramico per farmeglio aderire le stuccature del rivestimento (FABBRI ET A L . 1993, 154-159). Esistono anche casidi integrazioni con altri materiali come cotto, legno, metallo che, utilizzati a fini strutturali, nonsono risultati dannosi per gli oggetti (FABBRI ET A L . 1993, 21-38) oppure casi in cui i frammentimancanti erano stati riprodotti fedelmente in ceramica imitando con grande perizia anche smaltoe decoro (KOOB 1999, 156-166). Nel Ris-Paquot si descrive la pratica della puntatura, tecnicacome abbiamo visto ben pi antica, che consisteva nel praticare dei fori con un trapano adarchetto su ciascun lato del frammento nei quali veniva poi inserito un filo di ottone. Leindicazioni di Ris-Paquot trovano riscontro pratico in tanti esemplari in cui si intervenutinellOttocento ed anche in tempi molto pi recenti, soprattutto in ambito privato. Invece del filo

    si potevano utilizzare graffe di ferro inserite dopo aver applicato nei fori gesso, gommalacca omastici di varia composizione per ancorare meglio il raccordo metallico alloggetto.

    Queste riparazioni, come accennato, possono porre di fronte a una scelta di tipo etico: conservareil restauro come testimonianza storica o sostituirlo con gli attuali metodi e materiali? Nel casodelle graffe di ferro che, spesso ossidate, causano pressioni meccaniche con il loro conseguenteaumento di volume, sono lo stato di conservazione generale del manufatto e una valutazione ditipo estetico a guidare nella scelta dellintervento: si pu procedere quindi o alla lorostabilizzazione con inibitori della corrosione oppure alla loro rimozione. Questo intervento abbastanza rischioso perch possono verificarsi scagliature o rotture del materiale. Al MuseNational de Cramique a Svres viene utilizzato un metodo elettrolitico che permette lestrazionedelle graffe senza alcun danno; successivamente le ceramiche sono ricomposte e stuccate secondo

    i metodi in uso attualmente e le graffe stabilizzate e conservate come testimonianza delprecedente restauro (LACOUDREET A L .1988, 23-28). Riguardo alle integrazioni invece, il Ris-

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    16/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    78

    Paquot propone uno stucco a base di gesso e colla forte da applicare su unarmatura di filimetallici, metodo anchesso documentato in molti esemplari. Del resto ancora oggi questosistema viene usato da restauratori del mercato antiquario, come ancora considerato unsistema da utilizzare il cosiddetto inchiavardaggio, che consiste nellinserire dei perni dopo averpraticato dei fori nelle parti da unire (SCOTTI 1992, 66-67). Il Thiaucourt consiglia invece gomma

    arabica e bianco di Spagna o polvere di alabastro; per lincollaggio suggerisce la gomma laccasciolta in alcol e riscaldata sul fuoco, metodo utilizzato in certi ambienti fino a non molti anni fa. chiaro che prima dellavvento delle resine sintetiche si avevano a disposizione solo resinenaturali o collanti animali, che venivano utilizzati anche mescolati agli integranti, che erano quasisempre a base di gesso. Lincollaggio poteva essere rafforzato anche con bende di stoffa; adesempio grosse bende di tela robusta aderivano mediante un collante al retro di una copparinascimentale (FABBRI ET A L . 1993, 11).

    Riferimenti bibliografici

    AGNINI ET A L .1999 AGNINI E.,LEGA A.M., Il restauro della porcellana (Quaderni di restauro della ceramica).Faenza 1999

    BANDINI 1990 BANDINI G., Metodologia di intervento su oggetti ceramici e vitrei, in A rcheologia aRoma (Catalogo della mostra). Roma 1990, 185-186

    BANDINI 1992 BANDINI G., Forma e immagine, ossia considerazioni sul problema delle lacune nelleceramiche, in Faenza LXXVIII, Fasc.III-IV, 1992, 223-230

    BANDINI ET A L.1988 BANDINI G.,DIANA S.,GUIDI G., Studi preliminari per la rimozione di macchie neredareperti ceramici, vitrei ed ossei.I) diagnosi II) terapia III) indagini di laboratorio, inAAVV, A tti della 2 conferenza internazionale sulle prove non distruttive, metodi microanalitici eindagini ambientali per lo studio e la conservazione delle opere darte. Roma 1988, 1-18

    BAROV 1988 BAROV Z., The Reconstruction of a Greek Vase: the Kyknos Krater, in Studies inConservation 33, 1988, 165-177

    BAROV ET A L.1984 BAROV Z., LAMBERT F., Mechanical Properties of Some Fill Materials for CeramicsConservation, in ICOM Committee for Conservation, 7 th T riennial M eeting, Copenhagen, 10-14 september, 1984, Preprints, vol. II. 1984, 1-4

    BERDUCOU 1990 BERDUCOU M.C., L a conservation in archologie, Paris 1990

    BERGERON ET A L.1991 BERGERON A.,REMILLARD F., L archologue et la conservation. Qubec 1991BERTINI 1998 BERTINI F., Il restauro della ceramica e della plastica fittile: antichi interventi diintegrazione, in OPD 10, Firenze 1998

    BODDI 1999 BODDI R., Criteri di conservazione preventiva: danni causati dal clima edallilluminazione sulle opere darte, in Climatologia applicata alla conservazione dei Beniarcheologici e storico-artistici. Trento 1999

    BONETTI ET A L .2000 BONETTI S.,LANTERNA G.,MICHELUCCI M.,TOSINI I., Il restauro dei bacini ceramicidel Duomo di San Miniato di Pisa. Tecniche e metodi di integrazione per la ceramica,in OPD 12, 2000, 48-75

    BRACHERT 1990 BRACHERT T., L a patina nel restauro delle opere darte. Firenze 1990BUYS ET A L.1998 BUYS S., OAKLEY V., The Conservation and R estoration of Ceramics. Oxford 1998CANEVA ET A L.1994 CANEVA G.,NUGARI M., SALVADORI O., L a biologia nel restauro. Firenze 1994CA POLA V ORI E RESTA URI1986 Capolavori e restauri, catalogo della mostra. Firenze 1986

    CASADIO 1993 CASADIO R., Limpostazione didattica. Una guida metodologica allinterventoconservativo, in Il restauro allIstituto Statale darte per la Ceramica di Faenza. Faenza 1993,35-54

    CASTRO ET A L .1999 Castro E .A ., Domnech M .T., An Appraisal of the Properties of Adhesives Suitable forthe Restoration of Spanish Medieval Ceramics, in TENNENT N.E. (a cura di), TheConservation of Glass and Ceramics. London 1999, 114-131

    CHAVIGNER 1993 CHAVIGNER F., Archeologi e restauratori, le ragioni della collaborazione, inMASETTI BITELLI L. (a cura di), A rcheologia recupero e conservaz ione. Firenze 1993, 75-89

    CHILD 1999 CHILD R., Tutela del patrimonio artistico, in Climatologia applicata alla conservazione deiBeni archeologici e storico-artistici. Trento 1999, 36-87

    CREMONESI 2001 CREMONESI, L uso di tensioattivi e chelanti nella pulitura di opere policrome. Padova 2001CRONYN 1990 CRONYN J.M., The E lements of A rchaeological Conservation. London 1990CUOMO DI CAPRIO 1985 CUOMO DI CAPRIO N., L a ceramica in archeologia. antiche tecniche di lavoraz ione e moderni

    metodi di indagine. Roma 1985DAL R ET A L.1994 DAL R C.,FRUET S.,GRAMOLA M., Analisi non distruttiva per due sepolture delBronzo antico, in Faenza LXXX, Fasc.III-IV, 1994, 87-91

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    17/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    79

    DE GUICHEN 1983 DE GUICHEN G., Loggetto interrato, loggetto disinterrato, in L a conservazione sulloscavo archeologico. Roma 1983, 25-34

    DE GUICHEN 1984 DE GUICHEN G., Climate in Museums. Roma 1984DEL FRANCIA 1991 DEL FRANCIA R., Materiali per la restituzione di parti mancanti su reperti non

    metallici, in Studi e materiali 6, 1991DIANA ET A L.1988 DIANA M.,GUIDI G., T ecnologia per la cultura. Tecniche di diagnostica avanzata dellE N E A

    per lo studio e la conservazione dei beni culturali. Roma 1988DOWN 1984 DOWN J.L., The Yellowing of Epoxy Resin Adhesives: Report on Natural DarkAging, in Studies in Conservation 29, 1984, 63-76

    DOWN 1986 DOWN J.L., The Yellowing of Epoxy Resin Adhesives: Report on High-intensityLight Aging, in Studies in Conservation 31, 1986,159-170

    ELSTON 1990 ELSTON M., Tecnical and Aesthetic Considerations in the Conservation of AncientCeramic and Terracotta Objects in The J. Paul Getty Museum: Five Case Studies, inStudies in Conservation 35, 1990, 69-80

    FABBRI ET A L .1993 FABBRI B.,RAVANELLI C.,GUIDOTTI C., Il restauro della ceramica. Firenze 1993FERRETTI 1993 FERRETTI M., Scientific Investigations of W orks of A rt. Rome 1993FOLEY 1986 FOLEY K., Il ruolo del conservatore di oggetti nellarcheologia sul campo in L a

    conservaz ione sullo scavo archeologico. Roma 1986, 13-24FRANCOVICH ET A L .2000 FRANCOVICH R.,MANACORDA D., Diz ionario di archeologia. Roma-Bari 2000GIBOTEAU 1996 GIBOTEAU Y., Proposition de reintegration picturale sur des cramiques

    arcologiques, in L es aspects esthtiques de la restauration des biens culturels, Cahier techniquen.2. Paris 1996

    GROSSI ET A L.1994 GROSSI A.,FABBRI B., Ulteriori ricerche ed esperienze circa luso di resineepossidiche per integrazione di maioliche, in Faenza LXXX Fasc. III-IV, 1994, 126-130

    HODGES 1987 HODGES H.W.M., The Conservation Treatment of Ceramics in the Field, in In situarchaeological conservation, Proceedins of meeting, A pril 6-13 1986. Mexixo 1987, 144-149

    JEDRZEJEWSKA 1983 JEDRZEJEWSKA H., Principi di restauro. Firenze 1983JORDAN 1999 JORDAN F., The Practical Application of Tinted Epoxy Resins for Filling, Casting and

    Retouching Porcelain, in TENNENT N.E. (a cura di), The Conservation of Glass andCeramics. London 1999, 138-145

    KOOB 1982 KOOB S., The Instability of Cellulose Nitrate Adhesives, in The Conservator6, 1982,31-34

    KOOB 1986 KOOB S., The Use of Paraloid B-72 as an Adhesive: its Application forArchaeological Ceramics and others Materials, in Studies in Conservation 31, 1986, 7-14

    KOOB 1987 KOOB S., Detachable Plaster Restorations for Archaeological Ceramics, in BLACK J.(a cura di), Recent A dvances in the Conservation and A nalysis of A rtifacts. London 1987, 33-36

    KOOB ET A L.2000 KOOB S.,YEE NG W., The Desalination of Ceramics Using a SemiautomatedContinuous Washing Station, in Studies in conservation 45, 2000, 265-273

    LACOUDRE ET A L.1988 LACOUDRE N.,DUBUS M., Nettoyage et degagement des agrafes au Muse Nationalde ceramiquee a Sevre, in Studies in Conservation 33, 1988, 23-28

    LARSON 1980 LARSON J., The Conservation of Terracotta Sculpture, in The Conservator4, 1980, 38-45

    LAZZARINI ET A L.1986 LAZZARINI L.,LAURENZI TABASSO M., Il restauro della pietra. Padova 1986LEGA ET A L.1997 LEGA A.,GUERRINI B.,MANFREDI D., Le alterazioni e i degradi pi frequenti dei

    prodotti ceramici: casistica e principali cause, in Faenza LXXXIII, Fasc. I-III, 1997,86-95MAISH 1994 MAISH J., Silicone Rubber Staining of Terracotta Surfaces, in Studies in Conservation

    39, 1994, 250-256MATTEINI ET A L.1989 MATTEINI M.,MOLES A., L a chimica nel restauro. Firenze 1989MELUCCO VACCARO 1989a MELUCCO VACCARO A., A rcheologia e restauro. Milano 1989MELUCCO VACCARO 1989b MELUCCO VACCARO A., La reintegrazione della ceramica da scavo, in Faenza LXXV

    Fasc. I-III, 1989, 8-16MIBACH 1975 MIBACH E.T.G., The Restoration of Coarse Archaeological Ceramics, in AAVV,

    Conservation in A rchaeology and A pplied A rts. London 1975, 56-57MICCIO 1998 MICCIO A., Modifiche ed evoluzioni dellintegrante I 76, in A ppunti di restauro.

    Firenze 1998, 131-133MILLS ET A L.1987 MILLS J.S., WHITE R.W., The Organic Chemistry of Museum Objects. London 1987

    MUSILE ET A L.1997 MUSILE TANZI A.,BALZAROTTI KAEMMLEIN R., Possibilit applicative nelconsolidamento di materiale fittile archeologico, in Faenza LXXXIII Fasc. I-III, 1997,58-63

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    18/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    80

    NEWEY ET A L .1987 NEWEY H.,DOVE S.,CALVER A., Synthetic Alternatives to Plaster of Paris onExcavation, in BLACK J. (a cura di), Recent A dvances in the Conservation and A nalysis ofA rtifacts. London, 1987, 33-36

    NUGARI 1989 NUGARI M., Prove di resistenza allattacco biologico dellInterior Polyfilla e della FineSurface Polyfilla, in Faenza LXXV, fasc.I-III, 1989, 34-38

    NUNES DA SILVA 1999 NUNES DA SILVA C., The Heath Deflection Temperature of Epoxy Resins: a

    Comparison of Three Products used in Porcelain Restoration, in TENNENT N.E. (acura di), The Conservation of Glass and Ceramics. London, 1999, 132-137PATERAKIS 1987 PATERAKIS A., Deterioration of Ceramics by Soluble Salts and Methods for

    Monitoring their Removal, in BLACK J. (a cura di), Recent A dvances in the Conservationand A nalysis of A rtifacts. London 1987, 67-72

    PEARSON 1987 PEARSON C., Conservation of Marine A rchaeological Objects. London 1987PEDEL ET A L.1994 PEDEL C.,APPOLONIA L., Metodica per uno studio dei materiali da impiegarsi nel

    trattamento delle lacune formali e pittoriche di ceramiche romane del tipo sigillate,in Faenza LXXX Fasc. III-IV, 1994, 131-170

    PEDEL ET A L.1998 PEDEL C.,APPOLONIA L., Tecniche di pulitura applicate alle ceramiche antiche, Quaderni direstauro della ceramica, MIC Faenza 1998

    PEDEL ET A L.2002 PEDEL C.,PULGA S., Pratiche conservative sullo scavo archeologico. Firenze 2002PRUNAS 1989 PRUNAS E.,SOMON M., Metodologie correnti di intervento e nuove proposte, in

    Faenza LXXV Fasc. I-III, 1989, 17-34SCICHILONE 1986 SCICHILONE G., Il deposito dei reperti, in L a conservazione sullo scavo archeologico. Roma

    1986, 63-72SCOTTI 1992 SCOTTI B.I., Il restauro della ceramica. Faenza 1992, 66-67SEASE 1986 SEASE C., Pronto intervento sui reperti di scavo, in L a conservaz ione sullo scavo

    archeologico. Roma 1986, 35-44SEASE 1988 SEASE C., A Conservation M anual for the Field A rchaeologist. Los Angeles 1988SEASE 1996 SEASE C., A Short History of Archaeological Conservation, in A rchaeological

    Conservation and its Consequences-Preprints of the Contributions to the Copenhagen Congress, 26-

    30 A ugust. London 1996. 157-161SHASHOUA ET A L.1992 SHASHOUA Y.,BRADLEY S.M.,DANIELS V.D., Degradation of Cellulose Nitrate

    Adhesive, in Studies in Conservation 37, 1992, 113-119SKIBO ET A L.1987 SKIBO J.M.,SCHIFFER M.B., The Effect of Water on Process of Ceramic Abrasion,

    in Journal of A rchaeological Science14, 1987, 83-96

    SMITH 1998 SMITH S., British Bronze Age Pottery: an Overview of Deterioration and CurrentTechniques of Conservation at the British Museum, in T he Conservator22, 1988, 3-11

    THOMSON 1986 THOMSON G., The Museum E nvironment. Oxford 1986UNINORMAL 10739 UNINORMAL 10739. Tecnologia ceramica. T ermini e definiz ioni. Milano 1998UNRUH 2001 UNRUH S., A Revised Endpoint for Ceramics Desalination at the Archaeological Site

    of Gordion, Turkey, in Studies in Conservation 46, 2001, 81-92VIDALE ET A L.1994 VIDALE M.,LEONARDI G., Restauro della ceramica: informazione non

    registrata+informazione non pubblicata=informazione perduta, in Faenza LXXX,Fasc. II-IV, 1994, 93-113

    VLAD BORRELLI 1955 VLAD BORRELLI L., Il restauro di alcuni vasi della collezione Faina, in BollettinodellIstituto Centrale del Restauro. Roma 1955, 221 e segg.

    VON ELES 1992 VON ELES, Spunti per una riflessione sul restauro di materiali ceramici preistorici, inFaenza LXXVIII, Fasc. III-IV, 1992, 204-207

    WATKINSON 1987 WATKINSON D., First A id for Finds. London 1987WHEELER ET A L .1993 WHEELER G.S.,WYPYSKI M.T., Un Unusual Efflorescence on Greek Ceramics, inStudies in Conservation 38, 1993, 55-62

    WILLIAMSD.1990 WILLIAMS D., The Study of A ncient Ceramics: the Contribution of the Petrographic Methods,Science in A rchaeology 1990

    WILLIAMSN.1980 WILLIAMS N., Pottery Restoration: an Account of Spinning Technique used in theBritish Museum, in The Conservator4, 1980, 34-37

    ZANELLI 1997 ZANELLI F., Considerazioni sul restauro antico e recente di oggetti ceramici alla lucedi interventi in laboratorio, in Faenza LXXXIII, Fasc. I-III, 1997, 552-57

    * * *

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    19/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    81

    Fig. 27a-d Effetti della cristallizzazione dei sali solubili in una ceramica invetriata.

    Fig. 28a-d Prelievo di una forma ceramica mediante fasciatura con garze di cotone di uso medico.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    20/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    82

    Fig. 29a-d Recupero di tre forme ceramiche sovrapposte mediante bende gessate del tipo usato in ortopedia.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    21/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    83

    Fig. 30 Modello di scheda elaborata per il Dipartimento di Archeologia di Siena (elaborazione F. Cavari).

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    22/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    84

    Fig. 31 Integrazione delle lacune in alcuni grandi contenitori di ceramica acroma.

    Fig. 32 Integrazione delle lacune in un boccale Fig. 33a-b Ricomposizione e integrazione pittorica delle lacune di un boccale di maiolicadi maiolica arcaica con materiale che si accorda arcaica con il metodo puntinato..al colore dellimpasto ceramico.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    23/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    85

    Fig. 34a-c Fasi dellintegrazione formale e pittorica a puntinato di un piatto in maiolica.

    Fig. 35 Restauro coevo di dolio romano con graffe in piombo.

  • 8/7/2019 Cavari, F. Conserv. e Rest. Ceramica Arch. 2007

    24/24

    INTRODUZIONE ALLO STUDIO D ELLA CERAMICA IN ARCHEOLOGIA

    Fig. 36 Restauro coevo di un catino di maiolica arcaica con il sistema della puntatura.

    Fig. 37 Sistema di restauro ancora in uso sul mercato antiquario mediante armatura di fili metallici.