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Anno VIII - 2013 - n. 3

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INDICE DEGLI ARGOMENTI

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Sezione I – Sezione I – DDottrInaottrIna

Catasto fabbricati, i valori Omi e i pericoli che si presentano, di Vincenzo Mele...............................

Immobili, i problemi che fanno discutere, di Corrado Sforza Fogliani............................................

Le forme atipiche di condominio: “orizzontale”, “parziale”, il consorzio fra proprietari di immo-bili e la multiproprietà, a cura del Centro studi condominiali...........................................................

Riforma del condominio e comunicazione all’amministratore dei dati sulla sicurezza delle unitàimmobiliari, a cura di Confedilizia....................................................................................................

Le aperture al contribuente del nuovo Catasto algoritmico a due anime, di Corrado Sforza Fogliani

Stalking in ambito condominiale, di Enrico Morello.........................................................................

L’amministratore e le vicende del suo incarico, di Rodolfo Cusano..................................................

Sezione II – Sezione II – LLeggIeggI ee cIrcoLarIcIrcoLarI

Regime Iva per le cessioni e le locazioni di fabbricati: le novità in una circolare delle Entrate......

L’impianto fotovoltaico costruito sul lastrico solare non è soggetto ad Imu.....................................

Come cambia l’edilizia dopo il “Decreto del Fare”, a cura di Ance..................................................

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate su ristrutturazioni edilizie, risparmio energetico e bonus arredi

Sezione III – Sezione III – SSentenzeentenze eDeD aLtreaLtre utILItàutILItà

Amministratore legittimato attivo nella causa a tutela delle parti comuni........................................

Il conduttore che non utilizza il bene, pur non essendo in mora, resta obbligato a versare al locatore una somma pari al corrispettivo che avrebbe dovuto pagare..............................................

Responsabile di omicidio colposo il proprietario che cede a terzi un appartamento con impiantodi riscaldamento che esplode per il pessimo stato di manutenzione.................................................

La locazione di appartamento a prostitute non costituisce favoreggiamento purché il canone siaquello di mercato...............................................................................................................................

Impianto di climatizzazione difettoso: l’appaltatore è responsabile.................................................

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DOTTRINADOTTRINA

CATASTO FABBRICATI, I VALORI OMI CATASTO FABBRICATI, I VALORI OMI E I PERICOLI CHE SI PRESENTANOE I PERICOLI CHE SI PRESENTANO

di Vincenzo Mele (Confedilizia)

La stampa diffonde ampie notizie sul nuovo catasto dei fabbricati. I due aspetti economici che l’annunciatariforma prende in esame sono il “valore patrimoniale” e la “nuova rendita catastale”.

Il quotidiano Il Sole - 24 Ore ha riportato anche una simulazione di quello che dovrebbe essere il risultatofinale per un’abitazione dell’attuale Categoria A/3 (tipo economico), di circa 91 mq., in buono stato, edificatada meno di venti anni e localizzata nel semicentro cittadino. L’esempio che qui si riproduce in stralcio è, perbrevità, riferito alla sola città di Roma.

Come chiarito nell’articolo, il “nuovo valore patrimoniale” scaturisce, applicando opportuni correttivi, daquello rilevato dall’ex Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate) nell’Osservatorio del MercatoImmobiliare (OMI), da cui sono anche estratti i valori locativi per determinare la nuova rendita.

L’OMI è il data base che l’Agenzia elabora sulla scorta dell’esame degli atti di compravendita e di affittoregolarmente registrati nel semestre esaminato, per cui essenzialmente l’OMI analizza l’andamento del mer-cato immobiliare e registra i valori di mercato (ritenuti idonei) indicati negli atti pubblici di compravendita enegli atti privati di affitto.

Nel caso di abitazioni, la quasi totalità degli immobili compravenduti o dati in affitto sono tuttavia liberi (eper tale condizione trovano oggi collocazione, rispetto a quelli locati) per cui alla luce della attuale valuta-zione OMI, fondata con l’esclusione degli immobili locati, può rispondesi alla domanda: “a quale prezzopotrei vendere il mio immobile qualora fosse libero?”.

Nel caso in esame, il “valore patrimoniale”, è pari a circa la metà del valore di mercato OMI mediante l’ap-plicazione di generici coefficienti moltiplicatori per tener conto delle caratteristiche quali altezza di piano,esposizione ecc..

Del pari estemporaneo è il valore locativo ricavato dall’OMI, in quanto il valore locativo che si ricavadall’OMI non tiene conto dell’entità dei canoni ritratti per gli immobili locati.

Invero, se l’immobile è occupato, non si considera che, nell’attuale sistema legislativo, esistono vincoli fortissimi all’adeguamento-aggiornamento dei canoni delle locazioni in corso, sia per la rivalutazione annua-le (che avviene solo attraverso una percentuale delle variazioni Istat), sia quando si tratti di canone “concor-dato”, o di canone sottoposto a “cedolare secca”, con esclusione di un suo aggiornamento almeno al costodella vita.

Accade così che il reddito effettivo ricavabile dall’affitto è una variabile ingestibile, e ciò al di là del fattoche il valore si riduca oggettivamente nel tempo, anche in misura consistente, in quanto non vi è la possibili-tà di un suo aggiornamento scalare, con la conseguenza che il locatore è costretto, per recuperare il pienovalore locativo, a procedere alla risoluzione del precedente rapporto, mediante procedure di sfratto che nellagran parte dei casi si rivelano di difficilissima attuazione.

Più chiaramente, un canone contrattualizzato nel 1989 ed aggiornato secondo le variazioni Istat applicate al75%, non corrisponde più all’attualità, ma ad un canone fermo al 2004 rispetto al solo “aggiornamento” delcosto della vita.

Al contrario, le spese gestionali, di mantenimento del patrimonio e quelle fiscali sono attuali. In più, se al 1989 (data dell’aggiornamento delle tariffe catastali) il valore immobiliare si otteneva molti-

plicando la Rendita Catastale per 100, oggi l’introduzione dell’aggiornamento delle rendite del 5% e il mol-tiplicatore introdotto dall’IMU di 160, fa sì che il valore ottenuto sia molto più prossimo all’attualità di quel-

Roma 337.000 161.000 813 8.372 +902

Città Valore di

mercato OMINuovo valorepatrimoniale

Renditacatastale attuale

Nuova Renditacatastale

Differenza dellaRendita

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8 CONDOMINIO GIURIDICO

lo vigente 25 anni addietro, contraddicendo chi giudica tali valori troppo obsoleti perché ultraventennali. Tali considerazioni dimostrano quanto sia falsato e surreale ricavare “valore patrimoniale” e “rendita ca-

tastale” dai dati riportati nell’attuale OMI che allo stato attuale, non rilevando in maniera rigorosa e massivai valori e i canoni degli immobili locati, non può essere adeguato alle esigenze fiscali della totalità degliimmobili.

Invero, le valutazioni OMI sono riferibili ad una minima parte del patrimonio immobiliare, ossia quello cheviene “movimentato” per effetto di compravendite e nuovi contratti di affitto, mediante la rilevazione nume-ricamente marginali e irriferibili alla restante parte degli immobili.

Di fatto, l’osservazione OMI è riferita solo alla minima parte (quella movimentata) dell’intero patrimonioimmobiliare, con rilevazioni numeriche del tutto marginali rispetto allo stock, e per giunta riferite agli immo-bili collocati sul mercato perché liberi.

Né può bastare poter ricavare, senza rilevazioni “a tappeto”, generici abbattimenti desunti da sperimenta-zioni condotte su limitati campioni, non sovrapponibili a tutto il territorio nazionale e, soprattutto, irriferibilialla generalità degli immobili occupati spesso molto diversi tra loro per le incontrovertibili differenze di esi-genze abitative specie tra realtà ad alta e minore densità ovvero con elevata o bassa tensione abitativa.

Pertanto, senza uno studio dei canoni effettivamente ritratti che parta da oggi e sia esteso a tutte le realtàimmobiliari per il prossimo triennio 2014-2016, è impossibile pervenire ad un corretto “valore patrimoniale”perché il “valore di mercato” da cui si trae origine è, per quanto detto, riferito alle sole fattispecie il cui statone consente l’apprezzamento commerciale.

Oltretutto, viste le dinamiche del mercato nell’attuale congiuntura, se i valori di riferimento sono quelli delpassato triennio, si opera sui dati di un mercato che non esiste più.

Ne deriva che, il “valore di mercato” da porre a base di ogni calcolo per giungere al “valore patrimoniale”dovrebbe essere ridotto di almeno del 30-40% e a questo apportare poi le detrazioni (per sfitto, inesigibilità,spese ecc.) di cui parla l’Agenzia e pure richiamate nell’articolo.

Va poi considerato che la rendita catastale, nata in periodo non vincolistico con riferimento al triennio 1937-1939, derivava dalle analisi dei contratti di affitto in essere, per cui era vicina ai canoni effettivamente e ordi-nariamente ritratti in quanto rappresentava, nella sua definizione, la redditività del bene al netto di tutte lespese e le perdite eventuali con l’eccezione delle imposte e sovrimposte che, all’epoca, erano rappresentatedalle sole imposte sulle persone fisiche, non esistendo l’imposta patrimoniale IMU.

Inoltre, la prima revisione delle tariffe, riferita al biennio 1988-1989, fu condotta analizzando i valori medie attribuendo loro il coefficiente di redditività dell’1%.

Quindi, la rendita catastale rappresentava un centesimo del valore medio per la tipologia di immobile abi-tativo e anche in questo caso le imposte che gravavano sull’immobile ed escluse dal calcolo erano costituitedalla sola Irpef.

Ritornando all’esempio riportato nell’articolo citato, risulta che, adottando la stessa percentuale di redditi-vità dell’1%, dal valore di mercato attuale di € 337.000 dovrebbe ricavarsi una rendita catastale di € 3.370che, da un punto di vista fiscale, è ben più corretta di quella riportata di € 8.372 corrispondente ad una red-ditività netta del 2,5% (del tutto impossibile, ad es., per un immobile affittato da anni ad un canone in con-tinua perdita di valore reale e al netto delle spese).

È parimenti impossibile la congettura di un aumento della redditività. Ai fini fiscali di 2,5 volte maggiorerispetto a quanto stabilito nel 1988-1989, in costanza dell’introduzione della citata imposta patrimoniale che,di per sé, ha ridotto sensibilmente la potenzialità del reddito immobiliare.

Ed ancora, l’unità di Cat. A/3 presa come esempio avendo rilevanza “medio bassa” non avrebbe dovutoessere penalizzata, così come sembrerebbe dall’esempio riportato, atteso che la riforma catastale avrebbedovuto, ad invarianza di gettito, alleggerire il peso degli immobili meno pregiati e gravare maggiormente suquelli di maggior valore, al fine di perequare situazioni estreme che pure esistono.

Invece, l’aumento indicato della rendita catastale del +902% (in realtà del +1029 per l’esempio riportato)non può non destare perplessità e accrescere diffidenza sul risultato del nuovo sistema che pure parte da un’e-sigenza perequativa.

In nome di tale esigenza, in molte occasioni (vedi revisione dei classamenti nella città di Lecce)l’Amministrazione del catasto ha aumentato indiscriminatamente e in maniera seriale tutte le rendite catasta-li senza alcuna valutazione delle singole fattispecie.

La delega governativa sulla riforma del catasto (e i decreti attuativi) imporrebbe che il Parlamento stabilis-se esattamente la definizione di “valore patrimoniale” e “rendita catastale”, impedendo ogni discrezionalità,per l’esecutivo e per le autonomie locali, e richiamando, quale parametro di partenza, il reddito reale da sosti-tuire al parametro OMI.

Ciò contribuirebbe a ridare autorevolezza a chi si occuperà del nuovo catasto e nello stesso tempo intro-

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DOTTRINA 9

durrà elementi di trasparenza che oggi sfuggono alla conoscenza del normale cittadino, per il quale il proce-dimento attraverso cui si giunge alla determinazione dei nuovi “valori patrimoniali” e alle “nuove renditecatastali” è astruso e incomprensibile, in assenza di riscontri chiari e oggettivi.

Il sistema catastale vigente, pur concepito quasi un secolo addietro (e quindi abbisognevole di aggiusta-menti), ha infatti il grande pregio della facilità applicativa e di una intelligibilità esemplare, caratteristiche cheverrebbero del tutto annullate in presenza di teorici “algoritmi” standardizzati la cui applicazione (ad esem-pio sulle differenze di piano e di esposizione delle singole unità immobiliari) risulta solo un teorico sofisti-cato esercizio rispetto a parametri che maggiormente influenzano il reale apprezzamento del mercato quali lecondizioni locative, l’ampiezza dei vani e le caratteristiche distributive (del tutto differenti nell’ediliziamoderna rispetto a quella praticata fino ai primi del Novecento).

Da ultimo va rimarcato che la distribuzione del patrimonio immobiliare nei centri urbani di dimensioni piccole e piccolissime, vede di molto compressi i valori tra i vari immobili, così come le dimore di interes-se architettonico, situate nei centri storici, ancorché ristrutturate, scontano il peso di numerosissimi vincoli,mitigati solo parzialmente dalle agevolazioni fiscali, che comunque dovrebbero esistere, per tutti gli immo-bili storici.

Per le suesposte considerazioni, è concreto il timore che il risultato finale della riforma catastale porterà soload un generale aumento della base imponibile piuttosto che ad una maggiore perequazione a parità di gettito.

La riforma del catasto è oggi ancora opaca e le anticipazioni ministeriali non aiutano ad instaurare quelclima di lealtà e fiducia nel fisco che esplicitamente vengono sollevate da Confedilizia.

Nel contempo, è necessario che vi sia un periodo di maggiore stabilità e soprattutto estrema chiarezza circal’imposizione fiscale sugli immobili il cui mercato, pure tradizionalmente trainante nel nostro paese, ha dina-miche molto lente e fortemente influenzate dalle norme di vincolo agli adeguamenti contrattuali e al pesofiscale.

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IMMoBILI, I ProBLeMI IMMoBILI, I ProBLeMI cHe Fanno DIScuterecHe Fanno DIScutere

di Corrado Sforza Fogliani

La “badante” condominiale

Con il rinnovo del Ccnl per i dipendenti da pro-prietari di fabbricati, firmato da Confedilizia e daFilcams-Cgil/Fisascat-Cisl/Uiltucs è stata introdot-ta una nuova figura professionale: l’assistentefamiliare, e cioè una sorta di “badante” o “tage-smutter” condominiale.

L’assistente condominiale, soprattutto se assun-to/a con la funzione di assistere i bambini, può rap-presentare un’ottima soluzione sociale per affronta-re e risolvere la carenza di posti negli asili. Può,inoltre, costituire una valida opportunità lavorativaper le mamme inoccupate, alla ricerca di un impie-go che permetta loro di restare anche a contatto coni propri figli. Analoga possibilità occupazionale sipotrà avere sul versante dell’assistenza a personeanziane autosufficienti.

L’assistente condominiale, inoltre, può rivelarsi

anche un’efficace soluzione per chi voglia solo unpiccolo aiuto in casa o semplicemente una compa-gnia di qualche ora settimanale: spesse volte, infat-ti, le poche ore di cui ha necessità una singola fami-glia non sono appetibili per il potenziale lavorato-re, mentre tale inconveniente può essere facilmen-te superato grazie all’istituzione dell’assistente inparola. Il lavoratore può essere invogliato dalnumero totale delle ore da effettuare nella settima-na all’interno del condominio, mentre la singolafamiglia avrà solo i costi delle ore effettive fruite(con il risparmio, poi, derivante dal far gestire tuttala pratica dall’amministratore di condominio e dalcondividere con gli altri condòmini i costi digestione del rapporto di lavoro in questione: infat-ti, coloro che godono del servizio se ne assumonole relative spese).

Perché l’Imu non è federalista

Nelle polemiche sull’Imu occorre fissare alcunipunti fermi, perché non si continui nel gioco degliequivoci. Primo punto fermo: un tributo non èfederalista solo perché il suo gettito è destinato aglienti locali. Federalista è un tributo previsto da unafiscalità locale competitiva invece che cooperativao, addirittura, aggiuntiva. Solo così i contribuentipossono votare camminando, trasferendosi cioèdove meglio si amministra. Secondo punto fermo:la progressività, per non parlare di proposte dipiena demagogia egualitaristica, ha una sua conno-tazione essenziale, come ha detto la Corte costitu-zionale, che è quella di essere direttamente colle-

gata al reddito e quindi alle imposte reddituali. Ècome tale inconciliabile, concettualmente e costitu-zionalmente oltre che praticamente, con un’impo-sta reale, che prescinde per definizione dal redditodella persona incisa, pena l’inammissibile risultatodi un esproprio surrettizio dovuto all’assommarsidi più progressività su diversi tributi. In ogni caso,è bene ricordare – per mettere le cose a posto – cheil nostro sistema fiscale è già caratterizzato da unaforte progressività: uno studioso come AlbertoBisin ha calcolato che il 10% della popolazione conredditi più elevati contribuisce per più del 50%all’intero gettito delle imposte.

Redditometro illegittimo

Il decreto ministeriale che ha stabilito i criteriapplicativi del cosiddetto “redditometro” (d.m.24.12.2012, indicante il “Contenuto induttivo deglielementi indicativi di capacità contributiva sullabase dei quali può essere fondata la determinazio-ne sintetica del reddito”) è illegittimo.

Lo ha stabilito – recependo in toto i contenuti diun’ordinanza del Tribunale di Napoli del 21.2.2013

– la Commissione tributaria provinciale di ReggioEmilia che, con la sentenza n. 74 del 18.4.2013, haannullato gli avvisi di accertamento fondati suldecreto in questione, disapplicando il provvedi-mento.

La Commissione di Reggio Emilia, così come ilTribunale di Napoli, si è espressa per l’illegittimitàdel decreto sul redditometro, in particolare, “per

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DOTTRINA 11

carenza di potere e difetto assoluto di attribuzionein quanto emanato del tutto al di fuori del perime-tro disegnato dalla normativa primaria e dei suoipresupposti e al di fuori della legalità costituziona-le e comunitaria, atteso che il c.d. redditometro uti-lizza categorie concettuali ed elaborazioni non pre-viste dalla norma attributiva, che richiede la identi-

ficazione di categorie di contribuenti”, laddoveinvece il decreto non individua tali categorie maaltro, “sottoponendo indirettamente – visti l’am-piezza dei controlli e il riferimento ai nuclei fami-liari – a controllo anche le spese riferibili a sogget-ti diversi dal contribuente e per il solo fatto di esse-re appartenenti al medesimo nucleo familiari.

Sì alla “service tax” purché vi sia competizione

L’impostazione della service-tax come tassa di ser-vizio federalista proposta dal sottosegretarioBaretta è appieno da condividere. E bene ha fattol’on. Brunetta ad evidenziare che sul federalismofiscale nella scorsa legislatura il Parlamento con-cordò unanime. Ma bisogna convincere l’Anci arinunciare ad un federalismo, com’è avvenuto, diimposte aggiuntive, e cioè ad un’invenzione tuttaitaliana, e ad accettare invece nell’interesse delPaese un federalismo quale si è attuato in tutto ilmondo, e cioè competitivo. Cacciari, del resto lo hagià evidenziato, i momenti di massimo sviluppodella nostra storia sono nati dal confronto e dallacompetizione fra le città. Ed anche Zingales ha

fatto presente che un vero federalismo deve esserecompetitivo, mentre Sartori ha sottolineato che ilcontrollo degli elettori è un’arma spuntata anche intema di evasione. La sen. Lanzillotta, dal canto suo,ha tempo fa sostenuto che occorre imporre aiComuni, come agli altri enti, di ridurre le proprieburocrazie e il proprio potere. La via è quella delfederalismo di concorrenza e solo un Governocome l’attuale, voluto dalle maggiori forze politi-che del Paese, può avere la possibilità di realizzarequesto obiettivo.

Un’occasione storica che, per assicurarci un futuro di fisco locale equo, non si può lasciarescappare.

Sviluppo degli spazi verdi

La legge 14.1.2013, n. 10, introduce nel nostroordinamento giuridico norme per lo sviluppo deglispazi verdi urbani, e istituisce – fra l’altro – la“Giornata nazionale degli alberi” (21 novembre).

Tra le misure introdotte per incentivare lo svilup-po degli spazi in questione, la legge prevede che glienti locali, ciascuno nell’ambito delle proprie com-petenze e risorse disponibili, possano promuoverel’incremento di “cinture verdi”, l’adozione di misu-re per favorire il risparmio e l’efficienza energeticae l’assorbimento delle polveri sottili, sia con riferi-mento alle nuove edificazioni, mediante la riduzio-ne dell’impatto edilizio, sia per gli edifici esistenti,tramite il rinverdimento dell’area e la conservazio-ne e tutela del patrimonio arboreo esistente nelle

aree scoperte di pertinenza di tali edifici. Inoltre, leautorità locali dovranno favorire la trasformazionedei lastrici solari in giardini pensili, anche attraver-so tecniche di rinverdimento verticale delle paretidegli edifici.

Infine, viene introdotta la definizione di “alberomonumentale”, che ricomprende: l’albero di altofusto isolato o facente parte di formazioni boschivenaturali o artificiali ovunque ubicate; l’albero seco-lare tipico; i filari e le alberate di particolare pregiopaesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivicompresi quelli inseriti nei centri urbani; gli alberidi alto fusto inseriti in particolari complessi archi-tettonici di importanza storica e culturale, quali adesempio residenze storiche private, ville monasteri.

La casta degli affittuari romani non vuole pagare?

La casta degli affittuari romani non vuole che gliinquilini paghino la loro parte di service tax? Lodica subito, così sapremo con chi abbiamo a chefare in un momento nel quale altro non si fa direche non si sa dove trovare le risorse per abolireun’imposta strampalata come l’Imu. Il fuoco di

sbarramento dell’Anci, poi, è un falso scopo: adecidere se e come far pagare gli inquilini e gli abi-tanti non residenti, per un gettito che sfiorerebbe ilmiliardo, saranno infatti i Comuni, proprio secondoi sacri principi di un federalismo competitivo. Ma,forse, è proprio questo che non si vuole.

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Le ForMe atIPIcHe DI conDoMInIo: Le ForMe atIPIcHe DI conDoMInIo: “orIzzontaLe”, “ParzIaLe”, IL conSorzIo “orIzzontaLe”, “ParzIaLe”, IL conSorzIo

Fra ProPrIetarI DI IMMoBILIFra ProPrIetarI DI IMMoBILIe La MuLtIProPrIetàe La MuLtIProPrIetà

a cura del Centro studi condominiali

1. Il condominio orizzontale: nozioneLa comproprietà di edifici, elemento in base al

quale l’articolo 1117 c.c. classifica il condominio,può aversi anche quando un complesso immobilia-re costituito da più unità abitative sorge su un suolocomune: si pensi ad un gruppo di case che in comu-ne condividono cancello d’ingresso, portineria, areadi parcheggio. Tali complessi abitativi sono comu-nemente definiti come condomini orizzontali1.

In merito a tale fattispecie la dottrina ha eviden-ziato che, malgrado la presenza di beni e servizicomuni connessi in modo funzionale alle varieunità abitative, il condominio orizzontale non puòassimilarsi al tipo legale di condominio2. A pareredell’orientamento dottrinale prevalente si è in pre-senza di condominio solo quando sussiste la coesi-stenza delle unità abitative in un unico edificio inquanto è solo la coesistenza che crea la comunitàcondominiale che implica, necessariamente, laregolamentazione e la cogestione di beni e servizicomuni3.

Dunque, secondo l’orientamento dottrinale pre-valente la semplice vicinanza delle unità abitativedà luogo esclusivamente a rapporti di vicinatomentre per la disciplina degli spazi in comune (can-celli di ingresso, aree di parcheggio, etc.) si ritieneche debbano essere applicate le norme sulla comu-nione ordinaria e non è necessario che si ricorraalla costituzione dell’assemblea ed alla nomina di

un amministratore di condominio4.

2. La Cassazione (sent. 22466/2010) sipronuncia sulla natura del lastricosolare nel condominio orizzontale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22466del 2010, ha affrontato il tema della natura dellastrico solare di un edificio facente parte di uncondominio orizzontale precisando che lo stessolastrico, quando funga da copertura di un immobi-le di proprietà esclusiva di uno o più condomini,non può essere considerato bene condominiale. Aquesta conclusione giunge la Suprema Corte muo-vendo dal concetto classico di condominio vertica-le (unico edificio composto da più unità immobi-liari di proprietà esclusiva e da parti comuni) pergiungere alla definizione di condominio orizzonta-le che non è altro che un complesso di edifici adia-centi orizzontalmente che rientrano in un comples-so ove esistono anche parti comuni (si pensi al tipi-co esempio di condominio orizzontale ossia allevillette a schiera).

Anche nei casi di condomini orizzontali, come levillette a schiera, esistono parti degli edifici che,per le loro caratteristiche funzionali e strutturali,devono essere considerate di proprietà comune.

Tuttavia la sentenza di cui si discorre ha puntua-lizzato che la sola tipologia condominiale di unbene (come il lastrico solare) non implica necessa-

Sommario: § 1. Il condominio orizzontale: nozione. § 2. La Cassazione (sent. 22466/2010) si pronunciasulla natura del lastrico solare nel condominio orizzontale. § 3. Condominio parziale: natura dell’istitu-to ed effetti. § 3.1. Condominio parziale ed orientamento della giurisprudenza in materia di responsabili-tà da fatto illecito. .§ 4. Ripartizione delle spese e condominio parziale. § 5. La giurisprudenza di legitti-mità segna la linea di confine tra consorzio tra proprietari di immobili e condominio. § 6. La multipro-prietà immobiliare: aspetti generali. § 6.1. L’amministrazione della multiproprietà.

1) BIANCA C.M., Il condominio, Padova, 2007, p. 2 ss..2) FRAGALI, La comunione, Milano, 1973, pp. 134 ss. secondo cui “non vi è comunione edilizia se l’immobile è costituito da appar-tamenti posti su un solo piano terreno e quindi affiancati”.3) VINCENTI, Comunione residenziale, supercondominio, condominio complesso, condominio orizzontale, complesso residenziale,Padova, 1985, pp. 86 ss.: l’estensione della disciplina condominiale alla comunione residenziale (termine comprensivo delle varie ipo-tesi di edifici contigui) è conseguente a una supposta analogia di funzione che, nella realtà, esiste molto limitatamente o, forse, nonesiste affatto se si ritiene che la destinazione di una stessa cosa a una pluralità di edifici, anziché a un edificio, incida qualitativamentesul rapporto comproprietario.4) AMAGLIANI R., L’amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, Milano, 1992, pp. 52 ss., sull’applicabilità dellenorme in materia di condominio anche alle ipotesi di comproprietà diverse rispetto a quella dell’edificio diviso per piani, purché“ricorra il requisito della contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni e la destinazione di queste ultime all’usoed al godimento comune”.

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DOTTRINA 13

riamente una presunzione di condominialità5. A tale riguardo la Suprema Corte, nelle motiva-

zioni della sentenza in esame, ha evidenziato chel’articolo 1117 c.c. nella elencazione ai n. 1, 2, 3 diquelle che possono essere considerate parti comunidi un edificio condominiale non prevede una pre-sunzione legale di comunione delle cose in essaelencate, ma dispone una esclusione dal novero deibeni comuni di quelli che, per le loro caratteristichestrutturali, servono solo all’uso ed al godimento diuna parte dell’immobile.

La Cassazione già in passato, infatti, aveva valu-tato che, per l’accertamento della natura condomi-niale di un bene, occorre muovere dall’aspettostrutturale e dal ruolo funzionale del bene stessoprima ancora di valutare il suo status giuridico6:questo, in altri termini, vale a dire che, anche inragione di quanto disposto dal primo comma del-l’articolo 1117 c.c., la natura condominiale di unbene si presume salvo che il contrario non risulti daun titolo7.

Proprio muovendo da questo principio laCassazione, in occasione della sentenza citata, esa-minando il caso di un complesso condominiale com-posto da unità immobiliari disposte a schiera ha cosìdeciso: “il lastrico solare che assolve alla funzione dicopertura di una sola delle stesse, e non anche di altrielementi eventualmente comuni presenti nel cosid-detto condominio orizzontale, che non sia caratteriz-zato da unitarietà strutturale, né da altri connotaticostruttivi e funzionali tali da denotare la destinazio-ne complessiva delle aree sovrastanti i vari immobi-li costituenti nel loro insieme un unicum, a servizioe godimento comune non può essere consideratobene comune in virtù dell’elencazione che di essi nefa il n. 1 dell’articolo 1117 del codice civile”.

Non è stata questa la prima occasione in cui la

Corte si è occupata delle problematiche connessealla disciplina applicabile nell’ipotesi di condomi-nio orizzontale ove il caso più ricorrente è quellodelle dei complessi residenziali composti da villet-te a schiera; oltre alla problematica della disciplinaapplicabile la Cassazione si è in diverse occasionioccupata all’esatta individuazione della natura giu-ridica dei fenomeni che nella prassi possono verifi-carsi, soffermandosi in particolare sui beni chesono comuni a più edifici e gli altri elementi chel’ente comprende8.

La vicenda sottoposta all’esame della Corte diCassazione pronunciatasi con la sentenza appenacitata in nota riguarda un complesso residenzialecomposto da una serie di villette a schiera ove alcu-ni proprietari delle singole unità immobiliari ave-vano citato in giudizio il complesso in quanto eranocomparse numerose lesioni nel muro perimetraleentro cui sorgevano le loro villette e, contestual-mente, chiedevano che fosse dichiarata nulla ladelibera assembleare che aveva negato l’esistenzadi qualsiasi responsabilità da parte del condominioorizzontale. Il condominio convenuto contestavaogni addebito sostenendo che le strutture che ave-vano subito le lesioni appartenevano ai singoli pro-prietari e, in ragione di ciò, opponeva la propriacarenza di legittimazione passiva. Nei gradi di giu-dizio in cui si è sviluppata la vicenda il Tribunale,in primo grado, aveva dato ragione agli attori (sin-goli proprietari degli immobili oggetto di lesioni almuro perimetrale) dichiarando nulla la deliberaassembleare che aveva negato ogni responsabilitàal condominio, mentre la Corte d’appello avevariformato totalmente la sentenza impugnata dalcondominio dichiarando il difetto di legittimazionepassiva di quest’ultimo9.

Giunta la questione all’esame dei giudici di legit-

5) CIRlA A., Nelle villette a schiera la copertura è privata, in Il Sole 24 Ore, del 14 dicembre 2010.6) Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2008, n. 6981: “Il superamento della presunzione di comunione sugli spazi liberi, non legati struttu-ralmente e funzionalmente alle singole porzioni di proprietà, deve essere dedotto e dimostrato dal condomino che ne vanti la proprietàesclusiva, potendo a tale fine essere utilizzato il titolo sia per affermare il diritto esclusivo del singolo condomino sia escludendo ilprimo, il diritto del condominio, laddove dal titolo si desumano elementi tali che consentano di affermare ovvero di escludere inmaniera chiara e inequivocabile l’uno o l’altro. (Nella specie, ha osservato la S.C., il giudice del merito ha fondato correttamente ilsuo giudizio partendo dall’esame del titolo, per stabilire, nel potenziale conflitto tra beni individuali e proprietà comune dell’edificio,l’inesistenza del titolo contrario idoneo a superare la presunzione di condominialità degli spazi controversi, assunta come punto dipartenza del ragionamento motivazionale)”. In Guida al diritto, 2008, 18 74.7) Si pensi a tal proposito dal singolo atto di acquisto di un bene o anche al fatto che il diverso uso sia stato acquisito per usucapio-ne.8) Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2005, n. 8066: “In considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni del-l’edificio elencate in via esemplificativa - se il contrario non risulta dal titolo - dall’art. 1117 c.c. alle proprietà singole, delle quali leprime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la nozione di condominio in senso proprio è configurabile non solo nell’ipotesi difabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (come in particolare le c.d.‘case a schiera’), in quanto siano dotate delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c.; peraltro,anche quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, non può essere esclusa la condominialità neppure perun insieme di edifici indipendenti, giacché, secondo quanto si desume dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c. - che consentono lo sciogli-mento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi- è possibile la costituzione ab origine di un condominio tra fabbricati a sé stanti, aventi in comune solo alcuni elementi, o locali, oservizi o impianti condominiali…”. D&G, 2005, 22 50.9) DITTA E., Disciplina del supercondominio: il caso delle villette a schiera, in Codice degli immobili, ed. 30 ottobre 2005, n. 756,pp. 2149 ss..

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14 CONDOMINIO GIURIDICO

timità, a fronte dell’impugnazione da parte dei sin-goli proprietari della sentenza resa in appello, glistessi hanno precisato con la sentenza del 2005come si possa parlare di condominio non solo quan-do uno stabile, composto da distinte unità immobi-liari, si estende in senso verticale (c.d. condominiolegale tipico) ma anche nelle altre ipotesi non diret-tamente disciplinate dal codice civile, come nelcaso del cosiddetto condominio orizzontale delquale espressione tipica sono le villette a schiera.

Approdando a tale conclusione la Corte diCassazione ha preso le distanze dalle valutazioniopposte alle quali era giunta la Corte d’appello cheinvece aveva ritenuto che potesse parlarsi di con-dominio, con le conseguenze che ne scaturisconoper la gestione delle parti comuni, solo quando ci sitrovi dinanzi ad edifici condominiali sviluppati insenso verticale.

La Cassazione, invece, già con la pronuncia del2005 aveva puntualizzato che, anche quandomanca un collegamento strutturale e funzionale fragli edifici che compongono un complesso, non puòescludersi radicalmente la condominialità e quindil’applicabilità delle norme che disciplinano le particomuni degli edifici condominiali.

3. Condominio parziale: natura dell’istituto ed effetti

Secondo la dottrina si parla di condominio par-ziale quando voglia farsi riferimento a quell’istitu-to del diritto cosiddetto “vivente” che attribuisce“solo ad alcuni condomini, per legge o per titolo, lacontitolarità di cose, impianti o servizi, elencatidall’art. 1117 c.c., in considerazione del particolarecollegamento strutturale, che unisce questi beni adalcuni piani o porzioni di piano dell’edificio e,quindi, in quanto necessari per l’esistenza o perl’uso di determinate unità immobiliari, ovvero inquanto destinati al loro uso o servizio”10.

Si ricorre all’istituto del condominio parziale poi-ché accade talora che, in base alle caratteristichedell’immobile, non sempre si instauri quella rela-zione di strumentalità fra le parti di uso comune ed

i singoli piani; per fare un esempio al riguardo sipensi all’ipotesi in cui vi siano uno o più portoni,una o più scale, uno o più lastrici solari.

Una parte della dottrina, tuttavia, in merito al con-dominio parziale ha ritenuto che tale istituto possacomportare un superamento della tradizionale inter-pretazione dell’articolo 1117 c.c. che fa riferimentoalla presunzione legale di beni e servizi che, comedispone lo stesso articolo, può essere vinta solo dal-l’esistenza di un titolo che disponga il contrario.

Quindi, in ragione dell’interpretazione offerta dauna parte della dottrina, esisterebbe un rapportointenso fra singoli proprietari e parti comuni di unedificio condominiale che porterebbe ad escludereche la comproprietà su alcune parti comuni dell’e-dificio possa essere ricondotta solo ad alcuni con-dòmini e possa, invece, essere esclusa per altri11.

In merito alla posizione assunta dalla dottrinache, come visto, ritiene impossibile che in un con-dominio la comproprietà sulle parti comuni debbaessere esclusa per alcuni condòmini, la giurispru-denza di legittimità ha cercato, a sua volta, di tro-vare una via di uscita affermando che la presunzio-ne legale di proprietà comune possa essere supera-ta, oltre che con il titolo o con l’usucapione, anchenell’ipotesi in cui la parte comune di uno stabilecondominiale, in ragione delle sue caratteristichestrutturali e funzionali, serva ad una parte soltantodell’edifico condominiale12.

È questo un orientamento favorevole alla tesi delcondominio parziale che, come visto, sussistequando solo alcuni condòmini sono anche compro-prietari delle parti comuni13.

3.1.Condominio parziale ed orienta-mento della giurisprudenza in mate-ria di responsabilità da fatto illecito

Una recente pronuncia della Corte di Cassazio-ne ha affrontato il tema della responsabilità perdanni da infiltrazioni nel condominio parziale, fat-tispecie che, come già visto, trova applicazionequando le cose, i servizi comuni e gli impianti di uno stabile condominiale appartengano non a

10) ROLLERI, 2001, pag. 41-43 in DIANA A.G., La proprietà immobiliare urbana, Milano, pp. 167 ss..11) ROLLERI, 2001, pp. 41 ss. secondo cui “in altre parole si tende ad affermare sempre e comunque la comproprietà dei beni, servizied impianti, previsti ed elencati dall’art. 1117 da parte di tutti i partecipanti e ad ammettere solo la possibilità di un loro utilizzo daparte di un numero limitato di essi”.12) Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1995, n. 1255. Riguardo alla ripartizione delle spese delle parti comuni la Suprema Corte ha evi-denziato che “… le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, for-mando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, e nondagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell'art. 1123 c.c., a norma del quale ‘quando un edificio abbia più scale, corti-li, lastrici solari, opere o impianti relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (nel casospecifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un immobile che, benché posto all’interno del perimetro condominialedelimitato da un muro di cinta, era separato dall'edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione dellafacciata di questo edificio)”. Arch. Locazioni, 1995, 623. 13) In senso favorevole vedasi: TRIOLA, 1996, pp. 1313 ss. (menzionato da DIANA A.G. op. cit., p. 169) secondo cui “l’art. 61 delledisp. Att. c.c. si limita a disciplinare l’ipotesi in cui un edificio sia strutturato in modo da poter essere suddiviso in due condomini, manon esclude affatto la possibilità che nell’ambito di uno stesso condominio alcune delle parti menzionate dall’art. 1117 c.c., non sianocomuni a tutti i partecipanti, prescindendo da una divisibilità totale dell’edificio”.

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15DOTTRINA

tutti i condòmini ma solo ad alcuni di loro14.Con la pronuncia in questione i giudici di legittimi-

tà hanno evidenziato come nell’ipotesi di condominioparziale il giudice di merito deve distinguere attenta-mente fra legittimazione passiva del condominio, chespetta all’amministratore in carica, ed imputabilità deldanno che deve essere circoscritta, ai sensi dell’arti-colo 1123 terzo comma c.c., ai soli condòmini chefanno parte della palazzina dove è collocato l’impian-to o il manufatto che ha determinato il danno.

Nella vicenda giunta all’esame dei giudici dilegittimità un condomino proprietario di due localiposti a livello inferiore rispetto al piazzale di uncomplesso condominiale cita in giudizio il condo-minio poiché, a causa di problemi al sistema fogna-rio, si erano verificati dei danni al suo immobiletanto da rendere inutilizzabili i locali. Il Tribunale,in primo grado, e la Corte d’appello avevano rite-nuto che sussistesse la legittimazione passiva delcondominio e per questo lo avevano condannato arisarcire i danni subiti dal condomino, puntualiz-zando anche che l’esistenza, nel caso di specie, diun condominio parziale non incideva sulla legitti-mazione sostanziale e processuale dell’amministra-tore dell’intero condominio15.

A fronte di tali pronunce il condominio decide diricorrere in Cassazione. La Suprema Corte ha accol-to il ricorso presentato dal condominio ritenendoviolato il terzo comma dell’articolo 1123 c.c. inquanto la condanna al risarcimento dei danni patitidal ricorrente era stata inflitta a tutti i condòminiignorando del tutto che il condominio era compostoda ben otto palazzine ed i relativi servizi, inclusol’impianto fognario, erano assolutamente autonomi.

Pertanto, una volta accertato nel giudizio di meri-to che le infiltrazioni subite dal condomino pro-prietario degli immobili sottostanti al cortile con-

dominiale provenivano da un solo edificio, tale cir-costanza comportava che dei danni dovevanorispondere, ai sensi del terzo comma dell’articolo1123 c.c., solo quei condòmini dell’edificio daiquali provenivano le infiltrazioni e non anche icondòmini di tutte le altre palazzine16.

Fra l’altro i giudici della Suprema Corte, esami-nando il caso di specie, avevano rilevato come ilcondominio, nei due precedenti gradi di giudizio,avesse sempre denunciato l’illegittimità del coin-volgimento dell’intero condominio soffermandosisulla distinzione fra legittimazione passiva (chespettava comunque all’amministratore del condo-minio in carica) ed imputabilità del danno che, se laquestione fosse stata correttamente valutata daigiudici di merito, doveva essere addebitata, in pre-senza di un condominio parziale, ai soli condòminidella palazzina dalla quale era stato accertato cheprovenivano le infiltrazioni causate dalla compro-missione dell’impianto fognario.

Per quanto riguarda, invece, le ipotesi nelle quali sipossa configurare un condominio parziale, la Cortedi Cassazione ha ripreso l’orientamento tracciato inprecedenti pronunce, rilevando che ricorre tale fatti-specie nel momento in cui un bene, per le sue carat-teristiche strutturali o funzionali, sia destinato al ser-vizio esclusivo di una parte del condominio17.

Per quanto concerne, invece, la legittimazionepassiva nell’ipotesi di condominio parziale, in pas-sato la giurisprudenza di legittimità aveva affronta-to questo tema ribadendo che, in questi casi, nonsussiste un difetto di legittimazione passiva in capoall’amministratore di condominio, il quale continuaad essere l’unico soggetto fornito del potere di rap-presentare a livello processuale il condominio intutte quelle controversie che abbiano ad oggetto leparti comuni dell’edificio18.

14) Cass. civ., 9 agosto 2010, n. 18487.15) DITTA E., Condominio, condominio parziale e responsabilità per danni, in Codice degli immobili, ed. 30 novembre 2010, n. 872,pag. 1960.16) L’art. 1123 del codice civile, al terzo comma, così recita “Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impian-ti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condominiche ne trae utilità”.17) Si segnalano sul tema le seguenti pronunce: Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2004, n. 8136: “Deve ritenersi legittimamente configura-bile la fattispecie del condominio parziale ‘ex lege’ tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e fun-zionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio in condominio, parte oggetto di unautonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i con-domini su quel bene. (Fattispecie in tema di corridoio ritenuto comune soltanto a parte del fabbricato in condominio)”. Giust. civ. Mass.,2004, 4; Cass. civ., sez. II, 10 ottobre 2007, n. 21246: “In tema di condominio, con riferimento al corridoio comune di accesso a piùappartamenti, il condominio parziale, che per le sue caratteristiche strutturali e funzionali è destinato al servizio e/o godimento di unaparte soltanto dell’edificio condominiale, non è configurabile nella parte finale del corridoio, posta a servizio di più di un appartamen-to, non dotata di autonomia rispetto alla parte anteriore, quantomeno come volume di spazio ed aria nonché dal punto di vista estetico.Infatti, poiché del volume, degli spazi, dell’aria e dell’estetica dell’ultimo tratto del corridoio beneficiano anche i proprietari degliappartamenti che si aprono sul primo tratto di esso, non può affermarsi che la parte finale del corridoio sia suscettibile di godimentoesclusivo da parte dei soli proprietari degli appartamenti che su tale parte di corridoio si aprono”. Giust. civ. Mass., 2007, 10.18) Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2000, n. 651: “In tema di condominio negli edifici, con riguardo alle controversie attinenti a cose,impianti o servizi appartenenti, per legge o per titolo, soltanto ad alcuni dei proprietari dei piani o degli appartamenti siti nell’edifi-cio (cosiddetto ‘condominio parziale’), non sussiste difetto di legittimazione passiva in capo all’amministratore dell’intero condomi-nio, quale unico soggetto fornito, ai sensi dell’art. 1131 c.c., di rappresentanza processuale in ordine a qualunque azione concernentele parti comuni dell’edificio (salva, eventualmente, la restrizione degli effetti della sentenza, nell’ambito dei rapporti interni, ai solicondomini interessati)”. Riv. giur. Edilizia, 2000, I, 373.

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16 CONDOMINIO GIURIDICO

Circa la legittimazione processuale nel condomi-nio parziale, in base all’orientamento tracciatodalla giurisprudenza di legittimità si evince conchiarezza che non è necessario procedere allanomina di un nuovo amministratore per il solo con-dominio parziale poiché in questo caso il potere dirappresentanza processuale dell’amministratoredell’intero condominio non viene meno.

In merito al potere di rappresentanza dell’ammi-nistratore la giurisprudenza finora esaminata haevidenziato che, mentre la rappresentanza attivadell’amministratore condominiale coincide con lesue attribuzioni, tale limitazione non sussiste per larappresentanza passiva poiché il secondo commadell’articolo 1131 c.c. stabilisce espressamente chel’amministratore può essere convenuto in giudizioper qualunque azione concernente le parti comunidell’edificio ed inoltre il suo potere di rappresen-tanza si estende anche a quelle controversie cheriguardano cose, servizi ed impianti che risultanoessere accessori solo ad alcune unità abitative.

Dopo aver chiarito tale aspetto, occorre ricordarecome la giurisprudenza di legittimità abbia supera-to già da tempo i contrasti sorti in passato circa l’e-satta qualificazione del condominio parziale, riba-dendo unanimamente che ci si trova dinanzi allafattispecie di cui si discorre quando beni e serviziin comune riguardano solo alcuni edifici condomi-niali e non l’intero condominio.

In merito al momento in cui può dirsi che un con-dominio parziale nasce, da tempo la giurisprudenzaha puntualizzato che non è necessario che ricorra unatto costitutivo specifico in quanto tale fattispecieviene ad esistenza per effetto di una situazione mate-riale o funzionale giuridicamente rilevante19.

4. Ripartizione delle spese e condomi-nio parziale

Una sentenza resa nel 2001 ha affrontato, in temadi condominio parziale, ancora una volta il temadella responsabilità da fatto illecito e della riparti-zione del danno causato al terzo. Nell’affrontare taliaspetti i giudici di legittimità hanno puntualizzatoche sussiste anche per i condòmini del condominio

parziale una responsabilità solidale, nel senso cheogni condomino parziale sarà obbligato a corri-spondere l’intero risarcimento del danno subito dalterzo, salvo comunque la possibilità di esercitarel’azione di regresso verso gli altri compartecipi20.

Ciò precisato, è opportuno, per comprendere più afondo il ragionamento seguito dai giudici di legitti-mità, soffermarsi sul caso sottoposto al loro esame.

In un condominio di Napoli un bambino, dopoessere giunto al secondo piano, precipitava dal bal-latoio ripartano serie lesioni personali.

I genitori agivano in giudizio chiedendo il risar-cimento del danno nonché l’accertamento giudizia-le del difetto di manutenzione del passetto-balconenel quale il minore era precipitato. A conclusionedel giudizio di primo e di secondo grado l’interocondominio, e quindi la totalità dei suoi parteci-panti, è stato condannato al risarcimento del dannomentre tale condanna, invece, avrebbe dovuto gra-vare sui soli condòmini effettivamente proprietaridel bene risultato pericoloso.

Proprio quest’ultima circostanza ha aperto lastrada ad un altro iter processuale nel quale due deicondòmini condannati al risarcimento del danno,deducendo la violazione del terzo comma dell’art.1123 c.c., si opponevano alla delibera assembleareche disponeva la ripartizione fra tutti i condòminidella somma stabilita dalla sentenza per il risarci-mento del danno subito dal minore in seguitoall’infortunio accaduto, strutturando la propriadifesa sulla base del fatto di non essere proprietaridel ballatoio condominiale dal quale era precipita-to il bambino21.

Nel contenzioso promosso dai due condòmini ilprimo ed il secondo grado di giudizio si sono con-clusi con il rigetto della domanda da loro propostarivolta all’accertamento dell’estraneità degli attoridall’obbligazione risarcitoria gravante sull’interocondominio, poiché non proprietari del ballatoio dalquale il terzo era precipitato riportando gravi lesioni.I giudici di merito, nei due gradi di giudizio, hannoconsiderato irrilevante l’accertamento successivodella condanna del condominio dell’effettiva titola-rità del bene pericoloso ritenendo che tale accerta-

19) Cass. civ., sez. II, 27 settembre 1994, n. 7885: “I presupposti per l’attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i par-tecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessa-ri per l’esistenza e per l’uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l’edificio, ma di una sola parte, o di alcune partidi esso, ricavandosi dall’art. 1123, comma 3, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i parteci-panti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto ‘condominio parziale’ derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazio-ne delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, daparte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in rela-zione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto”. Riv. giur. Edilizia, 1995, I, 331 nota di DE TILLA.20) Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2001, n. 1959 secondo cui “Nel caso in cui vi sia stata sentenza definitiva di condanna del condo-minio, in persona dell’amministratore, al risarcimento del danno che un terzo abbia subito per carente manutenzione di un bene chesi assume comune soltanto ad alcuni dei proprietari dei piani o appartamenti siti nell’edificio (cosiddetto condominio parziale), non èpreclusa al singolo condomino l’azione diretta all’accertamento in suo favore delle condizioni di cui all’art. 1123, comma secondo eterzo, ai fini dell’applicazione del criterio ivi previsto per la ripartizione degli oneri derivanti dalla sentenza di condanna del condo-minio”. In Danno e responsabilità, n. 11, 2001, pp. 1055 ss..21) PLEBANI F., Commento Cass., sez. II, 12 febbraio 2001, n. 2959, in Danno e responsabilità, n. 11, 2001, pp. 1057 ss..

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17DOTTRINA

mento doveva essere effettuato durante lo svolgi-mento del giudizio di responsabilità conclusosi conla condanna al risarcimento dell’intero condominio.

I due condòmini, per dimostrare la propria asso-luta estraneità ai fatti in questione, ricorrono inCassazione denunciando la violazione delle normein materia di comunione e condominio, oltre allaviolazione delle norme in materia di responsabilitàda fatto illecito.

Inoltre, sul tema della ripartizione delle spese nel-l’ambito del condominio parziale, la Cassazione,nel caso di specie in commento, ha stabilito che, inbase a quanto sancito dal terzo comma dell’art.1123 c.c., qualora vi siano beni o servizi destinati aservire ad una sola parte dell’intero fabbricato, lespese relative alla manutenzione sono a carico delgruppo dei condòmini che ne trae utilità22.

5. La giurisprudenza di legittimità se-gna la linea di confine tra consorziotra proprietari di immobili e condominio

Il consorzio fra proprietari di immobili è un isti-tuto nato e diffusosi nella prassi per la necessità dicreare un soggetto giuridico distinto rispetto ai con-dòmini al quale attribuire la titolarità degli immo-bili; la finalità di tale istituto è quella di sollevare iproprietari da una serie di incombenze e di garanti-re loro l’efficienza e la libertà di gestione dei lorobeni nella loro utilizzazione.

La ragione che ha indotto a ricorrere a tale istitu-to deve rinvenirsi nell’esigenza di evitare che l’at-tività di gestione possa subire rallentamenti a causadell’applicazione della normativa condominiale.Fra l’altro, ormai da diverso tempo gli operatori delsettore hanno cominciato a prendere atto della pale-se inadeguatezza delle norme in materia di condo-minio che non riescono più a disciplinare in manie-ra adeguata realtà edilizie atipiche23.

Il primo problema da affrontare quando si parla diconsorzio fra proprietari di immobili è costituito dallafacilità di assimilare tale figura al condominio ed alla

comunione commettendo l’errore di applicare ancheal consorzio le norme previste dal codice civile24.

Le tendenze dell’edilizia contemporanea, delresto, non consentono più di ritenere che l’unicaforma di gestione di complessi di immobili checondividono beni e servizi comuni possa esseredisciplinata solo ed esclusivamente dalle norme inmateria di condominio, se non altro perché talemodalità di amministrazione presenta, spesso, costipiuttosto elevati.

In diversi centri urbani, inoltre, gli interventiurbanistici danno vita a grandi spazi residenzialiove, in un ambiente piuttosto ampio, sorgono levarie unità immobiliari che condividono beni e ser-vizi in comune. La nascita di tali complessi richia-ma spesso gli interessi di soggetti che possonoessere spinti dalla necessità di acquistare un appar-tamento o di acquistare una quota di partecipazio-ne rappresentativa di una parte della proprietà dallaquale potrà derivare, in futuro, un reddito.

Da tutti questi dati di fatto è facile evincere comedinanzi a tali ipotesi ci si trova dinanzi a vere e pro-prie forme atipiche di condominio che presentanoanche qualche commistione con le forme di gestio-ne proprie delle società; di conseguenza all’assem-blea di condominio, nel consorzio fra proprietari diimmobili, si sostituisce quella del consorzio e lafigura dell’amministratore di condominio lasciainvece il posto al consiglio di amministrazione edal suo presidente.

A questo punto dopo aver chiarito quali sonostate le condizioni che hanno favorito la nascita deiconsorzi è necessario soffermarsi sul modo in cui lagiurisprudenza ha affrontato la questione.

Sul tema del consorzio di proprietari di immobilisi registrano pochi interventi della giurisprudenza ela maggior parte di questi si sono soffermati preva-lentemente sul problema della disciplina applicabile.

In giurisprudenza si sono sviluppati due orienta-menti; secondo un primo orientamento al consorziofra proprietari di immobili devono essere applicate

22) Già diversi anni addietro la Cassazione aveva affrontato questo tema stabilendo che solo nel caso in cui il condomino ne trae uti-lità dal servizio comune lo stesso è obbligato alla partecipazione sulla questione Cass. 18 novembre 1987, n. 8484, in Rep. Foro it.,voce Comunione e Condominio, n. 95, che in applicazione di tale principio, confermava la sentenza di merito che aveva ritenuto nondovute da parte attrice, la cui proprietà era si inclusa nelle tabelle millesimali generali, le spese per la manutenzione delle fognature,in quanto il suo locale al piano interrato era sfornito di impianti igienici. E sullo stesso tema vedasi anche Cass., 2 febbraio 1995, n.1255, secondo cui “… le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbrica-to, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, enon dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell'art. 1123 c.c., a norma del quale ‘quando un edificio abbia più scale,cortili, lastrici solari, opere o impianti relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità’ (nelcaso specifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un immobile che, benché posto all'interno del perimetro condo-miniale delimitato da un muro di cinta, era separato dall'edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manuten-zione della facciata di questo edificio)”. Giust. civ. Mass., 1995, 273.23) DITTA E., Problemi in materia di consorzio atipico fra proprietari di immobili, in Riv. Giur. Ed., 2004, n. 1, pp. 123 ss..24) In dottrina finora il consorzio fra proprietari di immobili non ha ricevuto particolare attenzione. Si vedano: MARINO, Osservazioniin tema di consorzio residenziale, in Vita Not., 1977, I, pp. 347 ss; RUSSO, Consorzio fra proprietari di immobili e obbligo di paga-mento di contributi consortili, in Giust. civ., 1985, I, pp. 72 ss.; MAGLIA, L’ipotesi di consorzio fra condomini: la possibilità di gestio-ne delle parti e dei servizi comuni a mezzo di un consorzio; modalità di deliberazione e di amministrazione, in Arch. Loc., 1997, pp.573 ss.; TERZAGO, Il condominio. Trattato teorico pratico, IV ed., Milano, 2000, pp. 1057 ss..

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18 CONDOMINIO GIURIDICO

le norme in materia di associazioni25, mentre a pare-re dell’orientamento prevalente devono essere appli-cate le norme dettate in materia di condominio.

In materia si è pronunciata anche una sentenzarecente della Suprema Corte che, nel risolvere unacontroversia fra soci di un ente per il pagamentodelle quote poste a carico degli stessi, si è trovataanche ad esaminare la problematica dell’applicabi-lità della disciplina condominiale a tale particolareforma di gestione degli immobili26.

In pratica la sentenza citata in nota ha evidenziatocome ai consorzi costituiti per la gestione di parti eservizi comuni tra proprietari di immobili siti in zonaresidenziale deve riconoscersi il carattere di associa-zioni non riconosciute alle quali devono essereapplicate per un verso le regole tipiche dell’associa-zione e per altro verso quelle del condominio27.

In realtà secondo il percorso seguito dai giudicidella Suprema Corte il problema della disciplinaapplicabile al consorzio fra proprietari di immobilideve essere risolto tenendo conto del fatto che talefigura si caratterizza da un lato per l’innegabileconnotato associativo, mentre d’altra parte non puòessere trascurato un forte profilo di realità che portail singolo associato ad acquisire, sin dal momentodell’acquisto dell’immobile, una serie di diritti e diobblighi che scaturiscono non solo dalla proprietàdel singolo bene ma anche dalla gestione dei beni eservizi in comunione con gli altri associati.

Conviene ora esaminare l’ausilio fornito dalladottrina più recente che, valutando gli aspetti checaratterizzano il consorzio fra proprietari di immo-

bili, si è soffermata sulle norme previste dal codicecivile applicabili a tale fattispecie.

Bisogna prendere le mosse, in primo luogo, dal-l’articolo 2248 c.c., norma che dispone che “la comu-nione costituita o mantenuta al solo scopo del godi-mento di uno o più cose è regolata dalle norme deltitolo VII del Libro III”; questa norma, in pratica, rin-via alle norme sulla comunione che vengono ancherichiamate dalle norme in materia di condominio.

La norma in questione, che si colloca all’internodegli articoli che disciplinano le società, con l’im-piego del termine “solo” vuole stabilire che quandola comunione è costituita con l’unico scopo delgodimento di beni e servizi comuni, come nell’ipo-tesi di consorzio fra proprietari di immobili, la stes-sa dovrà essere regolata dalle norme previste daltitolo settimo del libro terzo del codice civile.

Quindi, quando manca un’attività di impresafinalizzata al conseguimento di un guadagno, equando l’attività dei comproprietari si esauriscesolo ed esclusivamente nel godimento di beni e ser-vizi comuni, in questi casi può farsi ricorso allenorme che disciplinano la comunione.

Del resto la stessa giurisprudenza ha precisatoche, in considerazione dell’atipicità del rapportoconsortile che caratterizza il consorzio fra proprie-tari di immobili, sarà necessario tener conto, perstabilire con esattezza la disciplina applicabile,anche di quanto disposto dai consorziati nell’attocostitutivo o nello statuto in modo da verificarequanto da loro stabilito in merito ai vari aspetti didisciplina del rapporto28.

25) Cass. civ., 14 marzo 2001, n. 3664, pubblicata per esteso in DITTA e TERZAGO, Comunione e Condominio; Milano, 2002. p.. 337;ed anche Cass., 29 gennaio 2003, n. 1277: “Il consorzio tra proprietari di immobili siti in zona residenziale, non rientrando in alcunadelle categorie tipiche regolate dal codice civile o da leggi speciali, va generalmente considerato un'associazione non riconosciuta erimane regolato in via primaria dagli art. 36-42 c.c., nonché dalle altre norme applicabili alle associazioni prive di personalità giuri-dica; non di meno, a tale tipo di consorzio sono applicabili le disposizioni in materia di condominio, assumendo, per l’effetto, rilievodecisivo la volontà delle parti manifestata con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie”. Riv. Notariato, 2003, 428.26) Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2005, n. 2960: “Poiché i consorzi fra proprietari per la gestione delle parti e dei servizi comuni, puressendo assimilabili al condominio, conservano la loro natura d'associazioni non riconosciute, costituite e rette sulla base pattizia dellostatuto con carattere vincolante e preminente nella regolamentazione dei rapporti fra i consorziati, non sono automaticamente appli-cabili al consorzio tutte le regole del condominio, ivi comprese quelle pubblicistiche sulla competenza per territorio, relativamentealle controversie tra soci e consorzio per il recupero delle quote. Pertanto, essendo la sede dell'associazione non riconosciuta, ai finidella competenza, stabilita in coincidenza con il luogo dove la stessa svolge continuativamente la propria attività (art. 19, comma 2,c.c.), non è applicabile l'art. 23 c.p.c., giacché la previsione del foro esclusivo per la cause fra condomini (applicabile, per costantegiurisprudenza di legittimità, anche a quelle tra condominio e condomini) è giustificata dalla mancanza e dall'estrema variabilità dellasede del condominio”. Giust. civ. Mass., 2005, 2. 27) Si segnala sul tema la seguente pronuncia, Cass., 21 marzo 2003, n. 4125: “I consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato,costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddi-sfarli mediante un'organizzazione sovraordinata), preordinati (come nella specie) alla sistemazione e al miglior godimento di uno spe-cifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi assai complessi ed onerosi, costituiscono figure atipi-che che, per essere caratterizzate dall'esistenza di una stabile organizzazione di soggetti funzionale al raggiungimento di uno scoponon lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute”. Giust. civ., 2004, I, 2825 con nota di TRIOLA.28) Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2003, n. 4125. Riguardo alla disciplina applicabile ai consorzi di urbanizzazione la Suprema Corte ha rile-vato che “…. Il problema della normativa ad essi applicabile va, peraltro, risolto alla luce della considerazione che, accanto all'innegabileconnotato associativo, essi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità - in quanto il singolo associato, inserendosi, al momentodell’acquisto dell’immobile, nel sodalizio, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via imme-diata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, legittimamente qualificabili in termini di obligationes prop-ter rem con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazioneprimaria e secondaria - sicché, insoddisfacenti risultando tanto le teorie che propugnano l’applicazione generalizzata delle norme sulle asso-ciazioni, quanto quelle che propendono per il ricorso alle sole disposizioni in tema di comunione e condominio, è d’uopo rivolgere l’at-tenzione, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, passare all’individuazio-ne della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia…”. D&G, 2003, 15 96.

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19DOTTRINA

6. La multiproprietà immobiliareLa multiproprietà immobiliare è un fenomeno

che nasce in Francia29 e successivamente si svilup-pa in Italia30.

Quando si parla di multiproprietà immobiliare siintende fare riferimento alle varie forme di acqui-sto dell’uso di alloggi per vacanze per un periodolimitato di tempo. In pratica si può dire che siacquista la multiproprietà immobiliare di un benequando si verifica il trasferimento dei millesimiagli acquirenti che possono esercitare a turno ilgodimento.

Con l’acquisto della multiproprietà immobiliareciascun contraente acquista dall’impresa costruttri-ce oppure dal proprietario dell’intero complessouna quota di una o più unità immobiliari divenendotitolare del diritto di goderne per un periodo limita-to di tempo (come possono essere una o più setti-mane durante l’anno). Con la quota dell’unitàimmobiliare l’acquirente acquisisce anche unaquota sulle parti comuni cosiddette canoniche eduna quota degli impianti sportivi, bar, ristoranti,etc. che possono rientrare nell’ambito del comples-so immobiliare31.

Al contratto di acquisto di una quota della multi-proprietà immobiliare si allegano due regolamenti,uno riguardante i rapporti fra multiproprietari ed unregolamento di condominio che disciplina lagestione delle cose comuni32.

Riguardo all’elemento che caratterizza la multi-proprietà immobiliare la giurisprudenza di legitti-mità ha evidenziato che questa si distingue dalla

multiproprietà azionaria per il fatto che nella primai multiproprietari si ripartiscono il godimento del-l’immobile, a differenza di quanto accade nell’ipo-tesi di multiproprietà azionaria dove i multiproprie-tari acquisiscono solo una quota del capitale dellasocietà senza che tale acquisto comporti l’acquisi-zione di alcun diritto reale33.

In concreto, dunque, la multiproprietà immobi-liare, come puntualizzato con formula sintetica indottrina, viene individuata “nel regolamento dellacomunione come un patto con il quale i comunistiattuano una divisione della cosa comune”34.

In merito all’uso della cosa comune nella multi-proprietà immobiliare la giurisprudenza di legitti-mità ha poi puntualizzato che il pari uso della cosacomune non postula necessariamente l’utilizzo delbene da parte di tutti i partecipanti alla comunionenell’ambito della stessa unità di tempo e di spazio;di conseguenza il ricorso alla disciplina turnariarappresenta l’unico strumento in grado di consenti-re il massimo godimento possibile a tutti i parteci-panti alla comunione35.

Pertanto, l’eventuale delibera avente ad oggettol’uso della cosa comune potrà essere assunta conl’osservanza delle maggioranze prescritte dall’art.1136 del codice civile36.

In conclusione, quindi, la multiproprietà immobi-liare riconosce ad ogni multiproprietario un dirittodi natura reale che potrà avere ad oggetto l’interocomplesso residenziale oppure una singola quota.

La giurisprudenza di merito in varie occasioni siè pronunciata in materia di multiproprietà immobi-

29) LEZZA A.-SELVAROLO S., Un modello di proprietà: la multiproprietà, in Riv.giur. edil., 1977, II, pp. 17 ss.; GRANELLI C., Le c.d.vendite in multiproprietà, in Riv. dir. civ., 1979, II, pp. 694 ss; CARPARELLI P.-SILVESTRO P., Multiproprietario, in Dizionario del dirit-to privato, a cura di IRTI N., Diritto civile, Milano, 1980, pp. 573 ss.; ALPA G., Multiproprietà e vincolo alberghiero: appunti su unarecente pronuncia, in Riv. Not., 1980, I, pp. 1187 ss.; BENACChIO G., Dal condominio alla multiproprietà, in Riv. Not., 1982, I.30) CENDON P., Il condominio, pp. 84 ss.: “il termine multiproprietà viene impiegato per indicare una varietà di formule, diffuse nellaprassi immobiliare, tendenti ad assicurare all’acquirente il diritto di godere un bene immobile, limitatamente ad un determinato perio-do dell’anno, in perpetuo o a lungo termine”.31) DOGLIOTTI M., Comunione e condominio, Torino, 2006, pp. 486 ss..32) CARLINI G., Approccio al problema della costituzione di diritti reali sul diritto di multiproprietà immobiliare, in Studium Juris,2003, pp. 847 ss.; TERZAGO G., Multiproprietà immobiliare: regolamento e autonomia contrattuale (nota a Tribunale di Bolzano 14febbraio 2000), in Riv. giur. edil., 2001, I, pp. 182 ss.; CASTELLI G., La multiproprietà, Milano, 1999; DE NOVA G.-GIUGGIOLI P., Lamultiproprietà, Milano, 1999; MORELLO U., La direttiva sulla multiproprietà: un nuovo sistema a tutela degli acquirenti non profes-sionali, in Notariato, 1999, pp., 105 ss.; MUNARI A., Problemi giuridici della nuova disciplina della multiproprietà, Padova, 1999.33) Cass. civ., sez. I, 4 giugno 1999, n. 5494: “Il conferimento dell’immobile nella società alla quale partecipano i soggetti che inten-dono ripartirsene il godimento rappresenta il dato caratterizzante della cosiddetta multiproprietà azionaria, la quale si distingue daquella immobiliare tipica per il fatto che non comporta l’attribuzione di un diritto reale in favore dei cosiddetta multiproprietari, i qualiacquistano solo una quota del capitale della società proprietaria. Sicché, la violazione della menzionata obbligazione di conferimen-to assume connotati di indubbia gravità e giustifica di per sé la risoluzione del contratto; tenuto, altresì, conto che il mancato confe-rimento del bene toglie ai cosiddetti multiproprietari ogni possibilità di incidere sul regime di utilizzazione del bene e comporta undepauperamento delle loro quote di partecipazione che, pur non potendo essere configurate come quote di comproprietà dei benisociali, sono ad essi strettamente correlati, essendo rappresentative di posizioni giuridiche riguardanti la loro utilizzazione collettivaper l’esercizio dell'attività comune”. Giust. civ. Mass., 1999, 1269.34) CENDON P., op. cit., pp. 85 ss..35) Cass. civ., 28 gennaio 1985, n. 834.36) Cass. civ., sez. II, 16 giugno 2005, n. 12873: “Il regolamento condominiale, adottato a maggioranza, può disporre in materia diuso delle cose comuni, purché sia assicurato il diritto al pari uso di tutti i condomini, tale dovendosi intendere non solo l’uso identi-co in concreto (se possibile), ma in particolare l’astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere potenzialmente man-tenuto fra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni del bene comune da parte dei partecipanti al condominio. (Nella fattispecie è stataritenuta valida la delibera, adottata a maggioranza, che aveva previsto l’uso a rotazione tra i quattro condomini dei tre posti auto dis-ponibili)”. Giust. civ. Mass., 2005, 6.

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20 CONDOMINIO GIURIDICO

liare rilevando come la stessa possa essere definitacome “contitolarità di concorrenti diritti di proprie-tà”; questo vuol dire che, in questi casi, ci si trovaal cospetto di un condominio che non ha carattereassoluto poiché soggetto all’autolimitazione reci-proca da parte dei multiproprietari37.

6.1.L’amministrazione della multipro-prietà

Nella multiproprietà immobiliare l’amministrato-re dispone di un’ampia serie di poteri riguardantil’ordinaria e la straordinaria amministrazione.

Sul tema la giurisprudenza di merito ha più voltesottolineato che la multiproprietà immobiliare,anche se priva di soggettività giuridica, può essereparte in giudizio in persona del gestore, intesoquale rappresentante dei multiprorietari nei rappor-ti esterni38.

Riguardo all’approvazione della delibera assem-bleare avente ad oggetto rilevanti e radicali trasfor-mazioni alla proprietà immobiliare la Corted’Appello di Genova ha rilevato che in questi casila delibera richiede la partecipazione e l’adesionedi tutti i multiproprietari39.

Per quanto concerne la regolamentazione dellamultiproprietà immobiliare, pur tenendo conto delfatto che in questi casi ci si trova al cospetto di uncondominio non avente carattere assoluto, è statoanche stabilito che per la disciplina di tale figuragiuridica deve farsi ricorso alle norme dettate dalcodice in materia di comunione e condominio; que-sto, in altri termini, vuol dire che anche alla multi-proprietà immobiliare deve applicarsi il principiodisposto dall’ultimo comma dell’articolo 1138 c.c.

che stabilisce che quando i condòmini sono più diquattro è d’obbligo procedere alla nomina dell’am-ministratore condominiale da parte dell’assem-blea40.

Oltre che per la nomina dell’amministratore,nella multiproprietà immobiliare trovano applica-zione le norme previste dal codice civile in materiadi condominio riguardanti la disciplina delle parti edei servizi comuni, per i quali si osserva la regolaprevista dal terzo comma dell’articolo 1129 c.c..Quest’ultima norma prevede che l’amministratoreabbia un potere di rappresentanza derivante dalmandato; tuttavia ciò non esclude che i singoli con-dòmini, e quindi i singoli comproprietari, possanoagire personalmente per la tutela dei propri dirittiesclusivi e comuni41.

Così come accade nel condominio i singoli mul-tiproprietari, in virtù di quanto disposto dall’artico-lo 1105 c.c., devono essere convocati ed informatidelle materie oggetto di discussione in assemblea elo strumento di cui la minoranza dispone è quellodell’azione di annullabilità disciplinata dall’art.1109 c.c..

Un’ultima precisazione, infine, deve essere riser-vata alla nomina di un nuovo amministratore nellamultiproprietà immobiliare; si ritiene che questapossa avvenire con l’osservanza di procedurediverse come può essere quella del voto per corri-spondenza. A tal proposito la giurisprudenza dimerito ha evidenziato che i comproprietari di ognisingola unità abitativa hanno diritto ad avere unsolo rappresentante in assemblea ed in mancanzaprovvede alla sua nomina, dopo il sorteggio, il pre-sidente dell’assemblea42.

37) Tribunale di Napoli, 21 marzo 1989, in Giur. It., 1990, I, 2, c. 198, nota di VINCENTI.38) MISTò P.G., I servizi nel condominio e nella multiproprietà, Torino, 2007, pp. 427 ss..39) BELFIORE C., Multiproprietà e assemblea, in Giur. Mer., 2001, pp. 359 ss.. 40) Tribunale di Napoli, 21 marzo 1989, in Giur. It., 1990,I, 2, c. 198, nota di VINCENTI.41) Cass. civ. , sez. II, 9 giugno 2000, n. 789: “Il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quel-la di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei par-tecipanti, limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condo-mino. Ne deriva che l'amministratore per effetto della nomina ex art. 1129 c.c. ha soltanto una rappresentanza ‘ex mandato’ dei varicondomini e che la sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti, sia esclusivi checomuni, costituendosi personalmente anche in grado di appello per la prima volta, senza che spieghi influenza, in contrario, la circo-stanza della mancata partecipazione al giudizio di primo grado instaurato dall'amministratore”. Giust. civ. Mass., 2000, 1261. 42) Tribunale di Bolzano, 14 febbraio 2000, in Riv. giur. edil., 2001, I, 178, con nota di TERZAGO.

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rIForMa DeL conDoMInIo e coMunIcazIonerIForMa DeL conDoMInIo e coMunIcazIoneaLL’aMMInIStratore DeI DatIaLL’aMMInIStratore DeI DatI

SuLLa SIcurezza DeLLe unItà IMMoBILIarISuLLa SIcurezza DeLLe unItà IMMoBILIarI

a cura di Confedilizia

L’art. 1130 c.c., così come scaturente dalla leggedi riforma del condominio, prevede al n. 6,

primo periodo, che l’amministratore debba “curarela tenuta del registro di anagrafe condominiale con-tenente le generalità dei singoli proprietari e deititolari di diritti reali e di diritti personali di godi-mento, comprensive del codice fiscale e della resi-denza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unitàimmobiliare, nonché ogni dato relativo alle condi-zioni di sicurezza”.

La previsione, all’evidenza, non pone particolariproblemi interpretativi, se non con riferimento aduno specifico punto: quale sia l’esatto significatoda attribuire all’espressione “ogni dato relativo allecondizioni di sicurezza”.

Nel silenzio del legislatore, l’indagine non puòche prendere l’avvio da un esame letterale dell’e-spressione d’interesse e, in particolare, dal termine“dato”. Tale parola, utilizzata come sostantivomaschile, ha il significato – secondo il dizionarioDevoto Oli della lingua italiana – di “informazio-ne”, vocabolo quest’ultimo – sempre secondo ilcitato dizionario – che a sua volta sta ad indicare“notizia o nozione raccolta e comunicata ai fini diun’utilizzazione pratica e immediata”.

Che il termine “dato” vada letto come sinonimodi “informazione” trova conferma, del resto, anchenella formulazione della disposizione in questionela quale, sempre al n. 6, dopo aver trattato del regi-stro di cui sopra, così prosegue: “Ogni variazionedei dati deve essere comunicata all’amministratorein forma scritta entro sessanta giorni.L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza oincompletezza delle comunicazioni, richiede conlettera raccomandata le informazioni necessariealla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trentagiorni, in caso di omessa o incompleta risposta,l’amministratore acquisisce le informazioni neces-sarie, addebitandone il costo ai responsabili”.

È, dunque, lo stesso legislatore a parlare di“informazioni” con riguardo a ciò che i condòminisono tenuti a comunicare; “informazioni” che, tut-tavia, possono ritenersi fornite, in relazione segna-tamente alle “condizioni di sicurezza”, dando conto– deve ritenersi – di eventuali elementi negativi

relativi a queste ultime, elementi riscontrabili nelleunità immobiliari (ad es.: segnali di pericolo, comecrepe nei muri ecc.), richiedendo all’evidenza lalegge la comunicazione di dati afferenti – in buonasostanza, e per meglio esprimersi –alla insicurezza.

La presentazione da parte dei condòmini di docu-mentazione concernente la sicurezza dei loroimmobili, non troverebbe alcuna valida giustifica-zione nel testo di legge (che, infatti, non parla diallegazione – del resto di pratica, difficile attuazio-ne – al registro di anagrafe). Non solo, ma la docu-mentazione potrebbe anche essere superata e nonsvolgere quindi alcuna funzione così come potreb-be addirittura essere un modo per dribblare quantola legge prescrive (chiamando questa i condòmini adichiarare i dati attuali di sicurezza e a comunicareogni variazione degli stessi).

Al di là delle considerazioni che precedono, vi èpoi da rilevare che quando il legislatore della rifor-ma ha inteso far riferimento ad eventuale “docu-mentazione” o “documenti”, lo ha fatto esplicita-mente, senza giri di parole. Si pensi, solo per farequalche esempio, all’art. 1129, ottavo comma, c.c.nel quale si prevede espressamente che l'ammini-stratore, alla cessazione dell'incarico, è tenuto allaconsegna di tutta la “documentazione” in suo pos-sesso. Ovvero al successivo punto 8 dello stessoart. 1130 c.c. in cui si impone a chi amministra diconservare tutta la “documentazione” inerente allapropria gestione. O, ancora, all’art. 71-ter disp. att.c.c. che obbliga l'amministratore ad attivare – surichiesta dell’assemblea – un sito internet del con-dominio che consenta agli aventi diritto di consul-tare ed estrarre copia in formato digitale dei “docu-menti” previsti dalla delibera assembleare.

Insomma, se la voluntas legis fosse stata quella dipretendere dai condòmini documenti sulla sicurez-za, sarebbe stato certo più chiaro e semplice ricor-rere a espressioni quali “ogni documento relativoalle condizioni di sicurezza” oppure “tutta la docu-mentazione relativa alle condizioni di sicurezza”.Così però non è stato. Il che porta all’ovvia con-clusione che la legge non prevede alcun obbligo diproduzione documentale, e affermare il contrario,quindi, significherebbe introdurre un inutile aggra-

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vio a carico dei condòmini e degli stessi ammini-stratori.

Ciò senza considerare, peraltro, che la presenta-zione di eventuale documentazione sulla sicurezzafirmata da professionisti eluderebbe lo scopo dellanorma, che è quello, indubbiamente, di un’assun-zione di responsabilità diretta da parte dei proprie-tari degli immobili; assunzione di responsabilitàche può essere garantita solo da una dichiarazionesottoscritta dagli stessi interessati circa l’esistenzao meno di segnali di pericolo al momento dellacomunicazione all’amministratore.

Ad ulteriore conferma della bontà delle conclu-sioni cui sta conducendo la presente riflessione, c’èinfine da considerare che la previsione che qui cioccupa precisa – come abbiamo visto – che ognivariazione dei dati deve essere “comunicata”all’amministratore, il quale, in caso di inerzia,mancanza o incompletezza delle “comunicazioni”,deve attivarsi con lettera raccomandata. È chiaroche, se nei dati da comunicare si fosse voluto

ricomprendere anche un’eventuale documentazio-ne (nello specifico, sulla sicurezza) da presentare,sarebbe stato appropriato stabilire che ogni varia-zione concernente tali dati fosse “trasmessa” (e non“comunicata”) all’amministratore. Il termine“comunicazioni”, poi, utilizzato, all’evidenza,come sinonimo di “informazioni” (in conformità,del resto, al suo significato: si veda, ancora, ildizionario Devoto Oli della lingua italiana) non fache avvalorare la correttezza della lettura offerta,inizialmente, del termine “dato”.

Dunque, è da ritenersi che l’espressione d’inte-resse non rechi con sé alcun obbligo di produzionedocumentale a carico dei condòmini e, di conse-guenza, che la comunicazione concernente le con-dizioni di sicurezza sia da riferirsi ad eventualipericoli riscontrabili in relazione a tali condizionial momento di detta comunicazione. Ogni altradiversa interpretazione, infatti, non potrebbe dirsirispettosa – per ciò che abbiamo potuto osservare –del dettato normativo.

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Le aPerture aL contrIBuente DeL nuoVo Le aPerture aL contrIBuente DeL nuoVo cataSto aLgorItMIco a Due anIMecataSto aLgorItMIco a Due anIMe

di Corrado Sforza Fogliani

La riforma del Catasto fabbricati è tornata all’esame della Camera. Se ne occupa la

Commissione Finanze presieduta dall’on. DanieleCapezzone, che ha anche presieduto il Comitatoristretto (formato da tutte le forze politiche) che hamesso a punto il testo che costituisce la base delladiscussione parlamentare. Il testo, dunque, che(salvo qualche possibile aggiustamento) è destina-to a diventare l’impianto definitivo della riforma.

Il Catasto sarà anzitutto “algoritmico” (costruito,cioè, con “funzioni statistiche”) e avrà, per cosìdire, due anime: una patrimoniale ed una redditua-le. Un’innovazione storica, finora da pochi perce-pita.

Il Catasto italiano, è sempre stato (fin dal 1871),un Catasto di redditi (solo alcuni Stati preunitariavevano Catasti patrimoniali, per incapacità delloro sistema di accertare i redditi). Lo è anche l’at-tuale: solo che a fine anni Ottanta vennero “censi-ti” (in un qualche modo) i valori, trasformati nelNovanta in rendite con l’applicazione – in mododel tutto superficiale – di elementari coefficienti (1per cento per gli appartamenti, 2 per cento per gliuffici, 3 per cento per i negozi). Di fatto, rimase unCatasto sostanzialmente di valori, e fittiziamente direndite. Fu (ed è tuttora) infatti percepito come rap-presentativo dei valori degli immobili da contri-buenti ed anche da certi (grossolani) economistioltre che dalla stampa, anche pretesamente tecnica.E tutti in coro, spesso, invocano un nuovo Catastoperché i valori di mercato sono ritenuti disallineatida quelli del Catasto (ignorando l’effetto dei coef-ficienti sulle rendite di cui s’è detto e la natura red-dituale – almeno fino ad oggi – dell’attuale impian-to catastale).

“Almeno fino ad oggi”, s’è scritto. Perché per ilCatasto algoritmico è prevista per ogni unità immo-biliare – in funzione delle due anime di cui s’è detto– l’attribuzione della tradizionale (almeno quanto alnome) “rendita”, ma anche (novità assoluta) di un“valore patrimoniale”, così che il nuovo Catastorecherà, appunto, due diversi dati per ogni unitàimmobiliare, costruiti con due diversi algoritmi (esottoalgoritmi, per così dire) per ogni zona censua-ria o microzona (la scelta non è ancora stata fatta).

Questa dell’anima patrimoniale del nuovoCatasto algoritmico è la parte più nuova (o rivolu-zionaria, che dir si voglia) del nuovo Catasto, maanche la più oscura. Il dato di ogni unità immobi-liare sul suo valore patrimoniale, a cosa servirà? Acosa servirà, in particolare, nell’ambito della servi-ce-tax (concepita e decisa dopo la chiusura deilavori da parte del Comitato ristretto di cui s’èdetto), tassa (e non, imposta) che ha nel collega-mento coi servizi ed i loro parametri, il suo veroaspetto innovativo? La domanda è legittima anchein relazione al fatto che, quand’anche si volesseistituire in Italia una imposizione di tipo patrimo-niale, questa imposizione – per i principi fissatidalla nostra Corte Costituzionale come da quellatedesca – non potrebbe in ogni caso superare ilcivile criterio che un bene, nell’ambito di un Paesela cui Costituzione prevede l’esproprio con inden-nizzo, non può essere inciso oltre il reddito cheproduce (pena, appunto, un incostituzionale espro-prio surrettizio attraverso la “progressiva erosio-ne del bene” stesso, per usare le parole dellaConsulta).

Ma allora, non basta l’anima reddituale delCatasto? Per questo, e perché comunque il nuovoCatasto entri in applicazione il più presto possibile(dato, anche, che il valore che dovrà accertare saràquello “normale”, non ben definito scientificamen-te e comunque difficile da rilevare), abbiamo comeConfedilizia proposto che la delega preveda l’ini-zio dei lavori di impianto del nuovo Catasto a par-tire dal rilevamento della componente reddituale.Sappiamo bene che l’alta finanza – anche attraver-so i giornali di cui dispone – tifa per la patrimonia-lizzazione delle imposte immobiliari, ma proprioper questo occorre dissipare le perplessità che l’in-dicato obiettivo, perseguito con pressoché quoti-diana costanza, solleva. I timori (con i politici spes-so condizionati – come non avveniva nella primaRepubblica – dall’alta burocrazia e dai Comuni,assatanati dalla necessità di fare cassa per salva-guardare, rispettivamente , i propri stipendi e i pro-pri ignobili sperperi continuati) non sono davveroinfondati. Tutto questo, indipendentemente dalmerito della futura tassazione immobiliare: si

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pensa invero, per il Catasto algoritmico, di basarsisui dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle entra-te (che dalla stessa, e anche dal ministroSaccomanni, vengono peraltro formalmente defini-ti valori di larga massima) e sulla redditività deibeni calcolata dalla stessa Agenzia (peraltro: non,censendo i canoni, ma applicando ai valori di mas-sima anzidetti un ignoto coefficiente di “fruttuosi-tà”). Tutto questo, ancora, facendo calcolare valorie rendite da algoritmi di cui la Confedilizia ha otte-nuto dal Comitato ristretto – per quando sarà ilmomento – la pubblicazione (nel precedente testonon era prevista) e senza che l’Agenzia abbia anco-ra reso noti i risultati degli esperimenti fatti in unaventina di città italiane (le esperienze internaziona-li hanno mostrato che gli algoritmi – paragonabiliai derivati finanziari, negli effetti – hanno un mar-gine di errore del 30/35 per cento circa, che tradot-to in tasse – della gravosità odierna – da pagare,non è poco).

Questo dato sul valore patrimoniale di ogni casa,non si sa dunque a cosa esattamente servirà, anchese – in mano ad un Fisco vorace – è assai facileintuirlo. Il fatto stesso che un Catasto a doppiaanima (patrimoniale e reddituale) lo si voglia vara-re, e affrettatamente, proprio in un momento distraordinarie esigenze di cassa da parte della manopubblica – statale e locale – non apre il cuore amolte speranze. Del resto, è ben noto che il primo,in Italia, a propugnare un Catasto patrimoniale fu ilministro Visco (che inserì una previsione al propo-sito nella Finanziaria 2007).

A parte questo, l’ultimo testo del Comitatoristretto prevede aperture di civiltà, di cui dobbia-mo dare atto al presidente Capezzone ed agli altricomponenti del Comitato, finora sconosciute alnostro ordinamento fiscale. Abbiamo già dettodella formale pubblicazione degli algoritmi, unaconquista importantissima (che non venne a suotempo rivendicata per gli studi di settore, che – così

– ancora oggi ne scontano il fio, specie in terminidi credibilità e trasparenza). Ma fondamentale, inparticolare, è che alle Commissioni censuarie loca-li e centrale – chiamate a convalidare, fra l’altro, lefunzioni statistiche – parteciperanno per la primavolta nella storia del Catasto italiano anche i rap-presentanti del mondo immobiliare (proprietari eagenti immobiliari), per cui la Confedilizia potrà,ad ogni livello e dal di dentro, controllare i proces-si per l’individuazione delle rendite (e degli even-tuali “valori normali”).

Ancora, l’invarianza del gettito – stabilita dallaCommissione Capezzone a tutela dei contribuenti –sarà per la prima volta controllata, per espressovolere dello stesso presidente condiviso dagli altricommissari, a livello comunale (e quindi senza lefughe in avanti – recupero evasione nel Sud – allequali eravamo abituati e che di fatto impedivanoogni confronto, e quindi ogni controllo).

Ancora e da ultimo, il punto più importante: illegislatore delegato dovrà prevedere “particolari eappropriate misure di tutela anticipata del contri-buente”, in aggiunta alle “necessarie” (prima, ilriferimento – non sufficiente – era alle “ordinarie”)forme di tutela giurisdizionale, che lo stesso presi-dente Capezzone ha individuato (Milano Finanza,10.8.2013) nell’autotutela e nel ricorso alleCommissioni tributarie.

Per concludere, e a provare il “nuovo vento” libe-rale che soffia nella Commissione Finanze (e chenon consentirà – si deve dire – al Fisco vorace diprendere il sopravvento, e cioè di farsi incontrolla-to e incontrollabile) un altro principio, a valere pertutti i provvedimenti attuativi, catastali e non. Ilprincipio che gli stessi provvedimenti dovrannodefinire, e rendere facilmente individuabile per cia-scun tributo, “il livello di governo che beneficiadelle relative entrate”. Anche questo, un principiodi grande trasparenza, finora totalmente sconosciu-to al nostro ordinamento fiscale.

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StaLKIng In aMBIto conDoMInIaLeStaLKIng In aMBIto conDoMInIaLe

di Enrico Morello

Nell’ordinamento italiano il reato di stalking(introdotto grazie al D.L. n. 11 del 23 febbraio

2009) è rubricato nel Codice Penale all’art. 612-bis, come “Atti persecutori”, il cui I comma recita:“salvo che il fatto costituisca più grave reato, èpunito con la reclusione da sei mesi a quattro annichiunque, con condotte reiterata, minaccia o mole-sta taluno in modo da cagionare un perdurante egrave stato di ansia o di paura ovvero da ingene-rare un fondato timore per l’incolumità propria odi un prossimo congiunto o di persona al medesi-mo legata da relazione affettiva ovvero da costrin-gere lo stesso ad alterare le proprie abitudini divita”. Si tratta, in estrema sintesi, di un reato cheviene posto in essere tramite il comportamentodello stalker che, in più occasioni, arreca molestieo turbative nei confronti di una o più persone, talida indurre a cambiare le abitudini di vita delle vit-time o da generare uno stato di ansia o di timorepatologico giuridicamente rilevante.

Di estrema importanza è, innanzitutto, la condot-ta dell’agente che, per essere considerata lesiva erientrare nella fattispecie dell’art. 612-bis del cod.pen., deve necessariamente essere reiterata: unaripetizione di comportamenti di minaccia o dimolestia qualificabili come “persecutori” in gradodi turbare la serenità di uno o più individui.Integrano, poi, la fattispecie di reato il verificarsi ditre situazioni alternative (sebbene spesso sianocompresenti): 1) un perdurante e grave stato diansia o di paura; 2) ingenerare un fondato timoreper l’incolumità propria o di un prossimo congiun-to o di persona al medesimo legata da relazioneaffettiva; 3) costringere lo stesso ad alterare le pro-prie abitudini di vita.

Secondo la giurisprudenza più recente, inoltre,per “minaccia” si intende la prospettazione di unmale futuro e prossimo, mentre per “molestia”,ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosa-mente l’equilibrio psico-fisico di un individuo.Atteso poi che tanto le minacce, quanto le molestie,possono essere realizzate secondo una molteplicitàdi forme, il reato di stalking rimane a forma libera,ovvero realizzabile attraverso qualsiasi comporta-mento in grado di ledere la sfera privata altrui.

In ambito condominiale, la fattispecie in oggettonon muta nei suoi requisiti, bensì nel numero dellepersone offese dall’inquilino “molesto”. Se, infatti,sovente la vittima è un solo individuo, perseguitato

dai comportamenti dello stalker, può accadere chequest’ultimo dia sfogo ai suoi sgradevoli compor-tamenti all’interno del condominio in cui vive,prendendo di mira uno o più vicini di casa. Quantobrevemente descritto corrisponde ad un noto casoesaminato dalla Quinta Sezione Penale della Cortedi Cassazione nella sentenza n. 20859 del 2011,secondo cui, in tema di stalking, la condotta offen-siva può essere rivolta anche a più soggetti e nonnecessariamente ad un determinato individuo; sic-ché va punito per stalking anche chi minaccia indi-stintamente tutti i soggetti facenti parte di un con-dominio. Nel caso in esame un “irrequieto” condo-mino si era ferocemente accanito (apparentementesenza motivo) contro l’inquilino del piano inferio-re, tanto da ricoprirlo di insulti, improperi, grida edingiurie ad ogni occasionale incontro che avvenivanelle parti comuni dello stabile. Da fortuiti, gli epi-sodi erano divenuti sempre più frequenti, tanto damanifestarsi anche nel cuore della notte, con laspiacevole conseguenza di interrompere il sonnodei vicini. Veniva poi evidenziato come il condo-mino “molesto” si fosse accanito in maniera indi-scriminata anche contro altri condòmini, rendendo,di fatto, intollerabile la vita degli inquilini in suapresenza. Pertanto, visti gli infruttuosi esiti deireclami inviati dall’amministratore, il condominoperseguitato, assieme all’amministratore ed altricomproprietari ormai esasperati, sporgevanodenuncia ed il procedimento si concludeva con unacondanna in I grado per stalking ex art. 612-biscod. pen..

La decisione veniva poi impugnata fino inCassazione, ma anche in questo caso i Giudici dilegittimità confermano la condanna e contestual-mente emanano una sentenza-modello per i fre-quenti casi di atti persecutori di ambito condomi-niale. Nel caso esaminato dalla Corte, gli episodi diviolenza e minaccia rilevati grazie alle testimo-nianze dei condòmini, avevano profondamente tur-bato l’equilibrio psico-fisico non solo della vittima,direttamente coinvolta dalle azioni e parole dellostalker, ma dell’intero condominio. In particolare, iGiudici di legittimità sostengono che la minacciarivolta nei confronti di una sola persona può coin-volgerne altre o, in ogni caso, costituire molestia,come nell’ipotesi di chi minacci “d’abitudine ognipersona attendendo ogni mattina nello stesso postoun mezzo di trasporto per recarsi al lavoro”.

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In base al pensiero della Corte è “ineludibilel’implicazione che l’offesa arrecata ad una perso-na per la sua appartenenza ad un genere turbi diper sé ogni altra che faccia parte dello stesso gene-re. E se la condotta è reiterata indiscriminatamen-te contro talaltra, perché vive nello stesso luogoprivato, sì da esserne per questa ragione occasio-nalmente destinataria come la precedente personaminacciata o molestata, il fatto genera all’eviden-za turbamento in entrambe”1. Secondo quanto pre-cisato nella sentenza, deve essere presa in conside-razione non solo l’ansia, ma anche il turbamentoche una condotta persecutoria può generare neiconfronti dei singoli condòmini, anche nel caso incui questi ultimi non siano direttamente oggettodegli stessi atti persecutori. Ai fini di una condan-na, quindi, è sufficiente che qualcuno ponga inessere comportamenti persecutori tali da cagionareun perdurante stato di paura o, comunque, un fon-dato timore di pericolo per l’incolumità propria o di

persone prossime, o ancora la costrizione al cam-biamento delle proprie abitudini di vita.

In ultima analisi, va ricordato che l’ordinamentogiuridico offre diverse misure cautelari a tuteladelle persone offese dai reati sopra descritti e, nelnostro caso, anche dei luoghi meritevoli di tutela,come il condominio. Quando infatti il “fastidioso”soggetto dimora nel palazzo in cui avvengono gliepisodi di stalking, tali, come detto, da ledere l’in-tera comunità condominiale, l’Autorità Giudiziariapuò ricorrere all’allontanamento dell’indagatodalla casa familiare al fine di evitare che le mole-stie si ripetano (misura cautelare prevista dall’art.282 bis del cod. di procedura penale). In questicasi, il Giudice per le indagini preliminari, raccoltisufficienti elementi probatori in capo all’inquilinoindagato per stalking, ordina l’immediato allonta-namento dalla residenza, vietandogli di accedereallo stabile, salvo preventiva autorizzazione delGiudice2.

1) Cassazione penale, sez. V, sentenza 25.05.2011 n. 20895.2) In tema, un recente intervento del G.I.P. di Milano aveva disposto l’allontanamento dalla casa familiare nei confronti di una condomina indagata per stalking condominiale, i cui comportamenti rendevano intollerabile la vita all’interno dello stabile.Nell’ordinanza si legge infatti che “nel caso di stalking tra condomini, si applica la misura cautelare di cui all’art. 282 bis c.p.p. checonsente una portata applicativa ampia, potendo trovare applicazione non solo in relazione a reati diversi da quelli commessi sia inambito famigliare che all’interno dell’abitazione domestica, ma anche per tutelare persone non coabitanti nella stessa casa”(Tribunale Milano, 12 dicembre 2012, Redazione Giuffrè, 2012).

CONDOMINIO GIURIDICO

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L’aMMInIStratore e Le VIcenDe L’aMMInIStratore e Le VIcenDe DeL Suo IncarIcoDeL Suo IncarIco

di Rodolfo Cusano

a. PremessaCon la recente legge n. 220 dell’11 dicembre

2012, la figura dell’amministratore di condominioè stata sottoposta ad una complessiva ridefinizione,sia pur nell’ambito delle soluzioni giurisprudenzia-li e dottrinali fornite nel corso degli anni.

Innanzitutto, per la prima volta è stata condizio-nata la possibilità di svolgere professionalmentel’attività di amministratore alla sussistenza di pre-cisi requisiti di formazione e di onorabilità.

È fatta, poi, una distinzione tra amministratoriesterni ed amministratori nominati tra i condòminidello stabile (interni) prevedendo che per questiultimi, fermo restando i requisiti di onorabilità dicui alle lettere a), b), c), d) ed e), non è richiestoalcun titolo di studio né la partecipazione ad alcuncorso.

Invece, chi svolge professionalmente l’attività diamministratore di condominio dovrà aver conse-guito un diploma di scuola secondaria ed aver fre-quentato un corso di formazione iniziale. Inoltre, ilprofessionista dovrà aggiornarsi periodicamentefrequentando appositi corsi.

Possono svolgere l’incarico di amministratore dicondominio anche società di cui al titolo V del libroV del codice civile. In tal caso, i requisiti devonoessere posseduti dai soci illimitatamente responsa-bili, dagli amministratori e dai dipendenti incarica-ti di svolgere le funzioni di amministrazione deicondomini a favore dei quali la società presta i ser-vizi.

La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c),d) ed e) del primo comma (requisiti di onorabilitàprecedentemente elencati) comporta la cessazionedall’incarico. In tale evenienza, ciascun condominopuò convocare senza formalità1 l’assemblea per lanomina del nuovo amministratore.

Una terza categoria fa riferimento a quanti hannosvolto attività di amministrazione di condominioper almeno un anno, nell’arco dei tre anni prece-denti alla data di entrata in vigore della legge; acostoro è consentito lo svolgimento dell’attività di

amministratore anche in mancanza dei requisiti dicui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvol’obbligo di formazione periodica.

Ma ciò che più importa ai fini della presente disa-mina è l’evoluzione dovuta alla riforma della stes-sa figura dell’amministratore, laddove si sonoaccentuati i profili di responsabilità in ordine agliobblighi relativi alla gestione, sanzionati il piùdelle volte con la possibilità per i condòmini dichiedere direttamente la revoca all’autorità giudi-ziaria, oltre che la possibilità per l’assemblea disottoporre a condizioni la sua stessa nomina. Nonsolo, ma il rapporto tra l’amministratore ed i con-dòmini si differenzia anche per i profili qualifican-ti concernenti l’obbligatorietà della costituzione, ilcontenuto (artt. 1130 e 1131 c.c., i quali stabilisco-no le attribuzioni dell’amministratore e la sua rap-presentanza, attiva e passiva, anche nei confrontidei condòmini dissenzienti ed assenti: vale a dire,dei partecipanti i quali in assemblea non hannoapprovato la sua nomina); gli effetti (art. 1133 c.c.,che contempla l’obbligatorietà dei provvedimentidell’amministratore per tutti i condòmini) ecc..

Tali nuovi doveri e le differenze determinate exlege fanno considerare stretto il riferimento, chepure la nuova disciplina fa, al rapporto di mandatosia perché i nuovi obblighi sono spesso scollegatidalla funzione di rappresentanza propria del man-dato sia perché si è in presenza di un mandato il cuicontenuto è determinato ex lege.

Nei paragrafi successivi si cerca di fare il punto,alla luce della recente riforma, sia sulla natura del-l’incarico di amministratore di condominio sia suvicende quali: nomina, cessazione e revoca.

B. Il rapporto di mandatoLa Corte di Cassazione, con sentenza a Sezioni

Unite 9148/2008, sia pure al diverso fine di deter-minare i principi di diritto che regolano le obbliga-zioni (contrattuali) unitarie le quali vincolano lapluralità di soggetti passivi, con particolare riferi-mento all’istituto del condominio ha stabilito:

1) Non si capisce bene cosa significa quel “senza formalità”. L’unica interpretazione possibile e che fermo restando l’obbligo di con-vocare tutti i condòmini secondo quanto previsto dall’art. 66 disp. att. c.c. in ordine alle modalità di convocazione, la disposizioneesonera solo dall’invio della preliminare richiesta all’amministratore di convocare l’assemblea ed attendere poi il decorso dei 10 gior-ni per poter convocare direttamente l’assemblea. Di tale precisazione forse non vi era nemmeno bisogno perché avendo la legge pre-visto la cessazione automatica al venir meno dei requisiti, a qualsiasi condomino già era attribuito il potere di convocare l’assembleain quanto ci si trova in una situazione di vera e propria mancanza dell’amministratore.

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“L’assunto è che la solidarietà passiva scaturiscadalla contestuale presenza di diversi requisiti, indifetto dei quali - e di una precisa disposizione dilegge - il criterio non si applica, non essendo suffi-ciente la comunanza del debito tra la pluralità deidebitori e l’identica causa dell’obbligazione; chenessuna specifica disposizione contempli la solida-rietà tra i condòmini, cui osta la parziarietà intrin-seca della prestazione; che la solidarietà non possaricondursi alla asserita unitarietà del gruppo, inquanto il condominio non raffigura un ‘ente digestione’, ma una organizzazione pluralistica el’amministratore rappresenta immediatamente isingoli partecipanti, nei limiti del mandato conferi-to secondo le quote di ciascuno”. Questa sentenzaha reso definitivamente superato quell’indirizzo cheancora individuava nell’amministratore una figuradi rappresentanza organica dell’ente condominio2.

La riforma introdotta con la L. 220/2012 ha con-fermato tale indirizzo con l’esplicita previsione dicui all'art. 1129 comma 3 ed 11 dove si parla di atticompiuti “nell'esercizio del mandato” e di “revocadel mandato”. Inoltre l'art. 1129 comma 15 preve-de: “per quanto non disciplinato dal medesimo arti-colo, si applicano le disposizioni di cui alla sezioneI del capo IX del titolo III del libro V del codicecivile”, appunto in tema di mandato. Per cui restadefinitivamente superato anche per via normatival’indirizzo secondo cui l'amministratore non sareb-be un mandatario, ma un organo.

La legge affida l’esercizio dei rapporti condomi-niali e la loro organizzazione ad un amministratore,il cui rapporto con il condominio è un vero e pro-prio contratto di mandato, in cui da un lato vi è ilconferimento di un incarico previo il pagamento diun corrispettivo e dall’altro vi è lo svolgimento diuna precisa attività, sia pure determinata ex lege, innome e per conto dei condòmini.

Il primo limite dell’agire dell’amministratore èdato dal conferimento di un mandato limitato alleparti ed agli impianti comuni. È quindi l’ammini-stratore che agisce in nome e per conto del condo-minio come un “mandatario senza interferenze neidiritti dominicali autonomi, individualmente spet-tanti a ciascun condomino”.

Secondo questa impostazione, l’amministratoresarebbe un mandatario con rappresentanza ex arti-

colo 1131 c.c. Tale rappresentanza, per la naturagiuridica stessa del condominio, non è genericacome quella prevista per gli amministratori dellesocietà commerciali, ma è limitata dalla legge. Nonmancano, invero, anche elementi di diversità rispet-to all’istituto classico del mandato con rappresen-tanza. Infatti, l’amministratore viene nominato dal-l’assemblea con delibera, cioè con un atto collettivoed anche se non tutti i condòmini lo hanno nomina-to, egli, nell’esercizio delle sue funzioni, è tenuto arappresentarli tutti indistintamente. Per tale motivo,secondo una parte della dottrina il rapporto di man-dato amministratore-condominio sarebbe un rap-porto giuridico sui generis proprio perché derive-rebbe da un atto collettivo e, una volta accettatol’incarico, l’amministratore rappresenterebbe tutti icondomini, ivi compresi coloro che non hanno vota-to o che hanno votato contro la sua nomina. A con-ferma anche il contenuto delle funzioni, poteri,responsabilità e rappresentanza, così come determi-nati dagli articoli del codice civile che lo riguarda-no (articoli 1130, 1131, 1133 c.c.).

Il legislatore ha regolato l’istituto con puntualitàe chiarezza; si pensi al solo aspetto particolare ditale rapporto che consiste nell’attribuzione delpotere al mandatario di agire anche contro i man-danti. Difatti, nell’esercizio delle potestà ammini-strative previste dalla legge e dal regolamento dicondominio, l’amministratore può adire le vie lega-li per il rispetto di tutte le norme (vedi ad es. punto1 e 4 dell’articolo 1130 c.c.) e per l’escussione deicontributi spettanti ai singoli partecipanti (vediarticolo 63 disp. att. c.c.). Questi aspetti prefigure-rebbero un rapporto di mandato che si allontana daquello ordinario, ma è pur vero che le caratteristi-che peculiari sono tutte previste dalle norme delcodice civile, ivi compresi i poteri da esercitarecontro il mandante. Comunque i riferimenti espli-citi della legge di riforma all’istituto del mandato ciconsentono pur sempre di definire l’amministrato-re come un mandatario con rappresentanza che agi-sce in nome e per conto dei rappresentati3.

In questa ottica l’attività dell’amministratore dicondominio rientra nel disposto del secondocomma dell’articolo 1708 c.c. che distingue il“mandato generale” da quello “speciale”. In parti-colare, quello dell’amministratore è un mandato

2) Conforme la giurisprudenza prevalente (Cass. 16 agosto 2000 n. 10815) e la dottrina (L. SALIS, Il condominio negli edifici, Utet,Torino, 1959, p. 307; TERZAGO, Il Condominio, Giuffrè, Milano, 2003, p. 357).3) Fin dalla sentenza della Cassazione del 12 febbraio 1997, n. 1286, l’amministratore di condominio configura un ufficio di dirittoprivato oggettivamente orientato alla tutela del complesso di interessi su indicati e realizzante una cooperazione, in regime di auto-nomia, con i condòmini, singolarmente considerati, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzioneed al contenuto “sociale” della gestione, al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra ammini-stratore ed ognuno dei condòmini, degli articoli 1703-1730 c.c. per quanto applicabili alla fattispecie in esame in funzione dei surichiamati “tratti distintivi”. Il secondo limite è rappresentato non solo dagli atti previsti dall’articolo 1130 c.c. o ad essi preordinatima anche da quelli di cui all’articolo 1133 c.c.

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generale il quale non comprende gli atti che ecce-dono l’ordinaria amministrazione a meno che nonsiano espressamente indicati. Tale inquadramentocomporta il nascere delle responsabilità quando ilmandatario eccede i limiti del suo mandato (artico-lo 1711 c.c.). Infatti, il compimento di un atto, daparte del mandatario, che esorbita dal mandatoresta a carico di questo ultimo, se il mandante nonlo ratifica successivamente.

Ad esempio, l’eccesso si potrebbe verificare nelcaso in cui un amministratore esegua una deliberainficiata di nullità e la ratifica non interviene equindi l’amministratore risponde in proprio degliatti compiuti.

c. Le nullità della nominaL’articolo 1129 c.c., nella sua nuova formulazione

introdotta dalla L. 220/2012, stabilisce che quando icondòmini sono più di otto, se l’assemblea non viprovvede, la nomina di un amministratore è fattadall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più con-dòmini o dell’amministratore dimissionario.

Precedentemente, invece, l’assemblea era tenutaa nominare l’amministratore di condominio quan-do i condòmini fossero stati più di quattro.

Tale disposizione non impedisce che qualora icondòmini siano più di otto il condominio possarimanere senza amministratore, ma solo che, nelcaso anche un solo condomino abbia a richiederloall'assemblea e questa non provveda alla nomina,egli può rivolgersi all'autorità giudiziaria che ètenuta a nominarlo. Così come non impedisce chel’assemblea provveda alla nomina anche quando icondòmini siano otto o meno di otto.

In merito alla forma della procura che conferisceall’amministratore del condominio il potere di rap-presentarlo, la Cassazione per il passato ha precisa-to che: “Per la nomina dell’amministratore del con-dominio di un edificio è applicabile l’articolo 1392c.c., in base al quale, salvo che siano prescritteforme particolari e solenni per il contratto che ilrappresentante deve concludere, la procura checonferisce il potere di rappresentanza può esseretacita ed anche verbale. Detta nomina, pertanto,può risultare, indipendentemente da una formaleinvestitura dell’assemblea e dall’annotazione nellospeciale registro di cui all’articolo 1129 c.c., dalcomportamento concludente dei condòmini, cheabbiano considerato l’amministratore tale a tutti glieffetti, rivolgendosi a lui in tale veste”4.

A seguito della riforma, tale indirizzo è da rite-nersi superato in virtù del disposto di cui all'art.1130 c.c. laddove ritiene obbligatoria la costituzio-

ne del registro delle assemblee in cui la delibera dinomina va annotata e di quanto previsto dall'art.1129, quattordicesimo comma, c.c., il quale esclu-de espressamente l’accettazione tacita o per fatticoncludenti, in quanto prevede che l’amministrato-re, all’atto dell’accettazione della nomina o del suorinnovo, deve specificare analiticamente, a pena dinullità della nomina stessa, l’importo dovuto a tito-lo di compenso per l’attività svolta.

Inoltre, lo stesso articolo prevede che, contestual-mente all’accettazione della nomina e ad ogni rin-novo dell’incarico, l’amministratore comunica ipropri dati anagrafici e professionali, il codicefiscale, o, se si tratta di società, anche la sede lega-le e la denominazione, il locale ove si trovano iregistri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130,nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, pre-via richiesta all’amministratore, può prenderne gra-tuitamente visione e ottenere, previo rimborso dellaspesa, copia da lui firmata. Si ritiene che qualoraciò non accadesse si sia in presenza di una merairregolarità non sanzionata con la nullità della stes-sa nomina.

Inoltre, per la prima volta, è stata condizionata lapossibilità di svolgere l’attività di amministratorealla sussistenza di precisi requisiti di qualificazionee di onorabilità. Per cui, trattandosi di una norma diordine pubblico e come tale imperativa, la sua inos-servanza comporta automaticamente la nullità dellanomina e del conseguente contratto di mandato. Lacui impugnazione quindi può essere fatta in ognitempo e conseguentemente non spetta all'ammini-stratore illegittimamente nominato nessun risarci-mento del danno.

Detto assunto è confermato dall’art. 1138 comma3 c.c. che indica tra le disposizioni inderogabili delregolamento (anche contrattuale) quelle concer-nenti la nomina dell'amministratore. Mentre inveceè consentito ai condòmini stabilire requisiti diversied ulteriori5. Per cui risulta inderogabile anche ildisposto relativo alla durata annuale della gestione,sia pure rinnovabile con conseguente nullità delladisposizione regolamentare o assembleare che dis-ponessero diversamente.

Tale indirizzo risulta confermato dall’introduzio-ne nella nuova legge dell'art. 71 bis che al penulti-mo comma stabilisce che: “La perdita dei requisitidi cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primocomma (requisiti di onorabilità precedentementeelencati) comporta la cessazione dall’incarico. Intale evenienza, ciascun condomino può convocaresenza formalità l’assemblea per la nomina delnuovo amministratore”. Appare quindi, che si è in

4) Cass. 1791/1993.5) A. SCARPA, L’amministratore, Ed. Sole 24 ore, 2013, p. 16.

DOTTRINA

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presenza di un’ipotesi di decadenza immediata dal-l’incarico per il solo venir meno dei requisiti obbli-gatoriamente previsti. Ed infatti, la L. 220/2012,dopo l’articolo 71 disp. att. c.c., ha inserito l’arti-colo 71 bis il quale prevede che possono svolgerel’incarico di amministratore di condominio coloro:a) che hanno il godimento dei diritti civili;b) che non sono stati condannati per delitti controla pubblica amministrazione, l’amministrazionedella giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o perogni altro delitto non colposo per il quale la leggecommina la pena della reclusione non inferiore, nelminimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;c) che non sono stati sottoposti a misure di preven-zione divenute definitive, salvo che non sia inter-venuta la riabilitazione;d) che non sono interdetti o inabilitati;e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco deiprotesti cambiari;f) che hanno conseguito il diploma di scuola secon-daria di secondo grado;g) che hanno frequentato un corso di formazioneiniziale e svolgono attività di formazione periodicain materia di amministrazione condominiale.

È fatta una distinzione, poi, tra amministratoriesterni ed amministratori nominati tra i condòminidello stabile (interni) prevedendo che per questi ulti-mi, fermo restando i requisiti di onorabilità di cuialle lettere a), b), c), d) ed e), non è richiesto alcuntitolo di studio né la partecipazione ad alcun corso.

Invece, chi svolge professionalmente l’attività diamministratore di condominio dovrà aver conse-guito un diploma di scuola secondaria ed aver fre-quentato un corso di formazione iniziale. Inoltre, ilprofessionista dovrà aggiornarsi periodicamentefrequentando corsi di formazione periodica.

Infine, la nullità della nomina, da parte dell’as-semblea, dello stesso amministratore già revocatodall’autorità giudiziale. Se per il passato la dottri-na6 aveva evidenziato che il principio maggiorita-rio trovava il suo limite nel diritto del singolo par-tecipante a far revocare l’amministratore ad operadel giudice, con la riforma anche tale problematicaè risolta con l’espressa previsione di cui all’art.1129 12 comma, con cui si prevede il divieto perl'assemblea di nominare l’amministratore revocatodall’autorità giudiziaria in ogni caso. Quindi anchequando le cause della revoca fossero venute a man-care.

Diversamente occorre invece ritenere per le ipo-tesi di incompatibilità tra le professioni, che qualo-

ra si ritenga sussistente, anche alla luce di quantoprevisto dalla legge n. 4 del 2013 in materia di pro-fessioni non regolamentate, non comporterà sicura-mente la nullità della nomina, ma solo eventualisanzioni disciplinari e l’invito a rimuovere l'incom-patibilità.

Tutte le altre previsioni di cui all’art. 1129 c.c. chehanno riguardo al rapporto tra il condomi-nio7 e l’amministratore potranno eventualmentecondizionare la nomina dell’amministratore soloqualora espressamente previste dalla delibera dinomina o dal regolamento di condominio, ovveropermettere la richiesta all’assemblea di revoca dellostesso amministratore in caso di loro inosservanza.

Per gli altri vizi relativi alla delibera di nominarimane fermo l’indirizzo giurisprudenziale di cuialla sentenza n. 4806/2005 resa a SS. UU. dallasuprema Corte di Cassazione, laddove vengonoindicati quali vizi di annullabilità quelli riferiti alprocedimento d convocazione, di costituzione, almancato raggiungimento dei quorum previsti perlegge ed ogni altro vizio relativo al procedimento,mentre, quelli di nullità sono limitati a: “tanto l'im-possibilità giuridica, quanto l'illiceità dell'oggettoderivano dal difetto di attribuzioni in capo all'as-semblea, considerato che la prima consiste nell'i-nidoneità degli interessi contemplati ad essereregolati dal collegio che delibera a maggioranza eche la seconda si identifica con la violazione dinorme imperative, cui l'assemblea non può deroga-re, o con la lesione di diritti individuali”.

D. La nomina giudizialeIl primo comma dell’articolo 1129 c.c. prevede la

possibilità di nomina dell’amministratore da partedell’autorità giudiziaria se l’assemblea non provve-de, su istanza di uno o più condòmini o dell’ammi-nistratore dimissionario.

Tale ricorso è solitamente motivato con l’esposi-zione delle cause che hanno costretto i condòminiricorrenti a richiedere l’intervento giudiziario e del-l’esistenza dei requisiti minimi ai sensi del primocomma, articolo 1129 c.c. (un condominio costituitoda almeno nove partecipanti e l’inesistenza di unamministratore). È necessario, però, che prima siesperiscano inutilmente almeno una o più assembleedi condominio per la nomina di un amministratore,in quanto essendo il potere del tribunale sostitutivodella mancata attività dell’assemblea è necessariodare la prova dell’inutile convocazione della stessa.

La natura del provvedimento di nomina è stata

6) A. CELESTE, La riconferma dell’amministratore destituito dal magistrato: il braccio di ferro tra maggioranza condominiale edautorità giudiziaria, in Arch. locazioni, 2003, p. 165.7) Ai sensi del nuovo comma dell’articolo 1129 c.c., l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione aicondòmini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato.

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ben evidenziata dalla Cassazione8: “Il provvedi-mento di nomina dell’amministratore adottato dalpresidente del tribunale, a norma dell’articolo1129, primo comma, c.c., sul presupposto che ilcondominio ne sia sprovvisto, costituisce attività dicarattere non giurisdizionale ma amministrativa,non essendo diretta a risolvere un conflitto di inte-ressi ma solo ad assicurare al condominio l’esisten-za dell’organo necessario per l’espletamento delleincombenze ad esso demandate dalla legge”.

L’amministratore nominato dal Presidente delTribunale in Camera di Consiglio avrà gli stessipoteri, obblighi, responsabilità e limiti di un ammi-nistratore nominato dall’assemblea dei condòmi-ni9. In altri termini, la natura amministrativa delprovvedimento giudiziario fa sì che l’intervento delgiudice sia sostitutivo ad una fondamentale attribu-zione dell’assemblea dei condòmini, quando sicreano situazioni di oggettiva difficoltà nella sceltadel soggetto cui demandare la funzione di organonecessario per l’espletamento delle incombenzepreviste dalla legge. Le difficoltà che può incontra-re l’assemblea dei condòmini possono consisterenella scelta del soggetto, nell’omissione dell’orga-no deliberativo o in qualsiasi altro caso che deter-mini l’inesistenza del rappresentante legale del-l’ente di gestione10.

La legge di riforma ha ora previsto che anche l'am-ministratore dimissionario che non sia stato sostitui-to dall'assemblea possa proporre tale ricorso in sededi volontaria giurisdizione affinché il tribunale nomi-ni un altro amministratore. Si ritiene che tale poteresia anche dell'amministratore che non sia stato con-fermato dall'assemblea in quanto anche questo ver-rebbe a trovarsi nella medesima situazione.

e. Il rinnovo per un annoL’articolo 1129 c.c., come modificato dalla L.

220/2012 al comma 10, dispone che l’incarico diamministratore ha durata di un anno e si intenderinnovato per uguale durata. Il comma successivoprevede che l'assemblea convocata per la revoca ole dimissioni delibera in ordine alla nomina delnuovo amministratore.

Ciò significa, quindi, che ove non venga diversa-mente disposto dall’assemblea l’incarico si rinnove-rà automaticamente per un altro anno. Tale disposi-zione mal si concilia con il disposto del comma 14dello stesso articolo il quale prevede, sempre a penadi nullità dell'incarico, che l'amministratore devespecificare l'importo dovuto a titolo di compenso siain sede di nomina che di conferma. Risultando quin-di pur sempre necessaria l'approvazione assemblea-re. Si ritiene che a tale esigenza possa sopperirsi conapposita deliberazione. Per cui occorrerebbe ammet-tere che il sistema così delineato si presta a facilistrumentalizzazioni; sembrerebbe addirittura per-mettere di presentare un ordine del giorno dove l'am-ministratore ha inserito solo l'approvazione del ren-diconto e del bilancio preventivo indicando espres-samente e specificando il suo compenso e non ancheil rinnovo o meno del suo incarico.

Ribaltando così a carico dei condòmini, che pos-sono procedere ex art. 66 disp. att. c.c., la necessi-tà di convocare l'assemblea ove abbiano interesse adiscutere del diniego del rinnovo.

Viene così salvaguardata la durata annuale dellagestione e chiaramente potrà aversi rinnovo solodopo un anno dalla nomina, non potendosi avererinnovo di un precedente rinnovo.

F. Le dimissioni e la “prorogatio”L’amministratore può rinunciare all’incarico, per

ragioni personali o di opportunità, anche primadella scadenza annuale. Tali dimissioni si configu-rano come un atto unilaterale ricettizio, perchéestinguono il mandato dal momento in cui sonocomunicate all’assemblea dei condòmini. Infatti,esse non devono essere seguite dall’accettazionedell’assemblea, la quale ha il solo diritto di chiede-re il rendimento dei conti della gestione.

Fino alla legge di riforma non vi erano dubbi sulfatto che all’amministratore cessato rimaneva l’ob-bligo di continuare ad esercitare le sue funzioni fin-ché non veniva sostituito: c.d. prorogatio potendocontinuare anzi dovendo continuare ad esercitaretutti i poteri di cui all'art. 1130 c.c.11.

Pertanto, secondo il precedente indirizzo l’ammi-

8) Cass. 9942/1996.9) È consolidata l’opinione secondo cui l’amministratore giudiziario non sia dotato di poteri particolari, cioè che non possa esercita-re il suo mandato con modalità diverse da quelle previste per l’amministratore nominato dall’assemblea. Difatti, anche l’amministra-tore giudiziario può essere revocato in qualsiasi momento dell’assemblea dei condòmini e sostituito con uno di sua fiducia. Ancora,alla fine della sua gestione, egli è tenuto a rendere il conto della gestione; dispone degli stessi poteri dell’amministratore eletto dal-l’assemblea in materia di riscossioni dei contributi condominiali e, in caso di morosità, deve attivarsi con le azioni atte al recuperodelle somme. Per la stipula dei contratti esorbitanti dalla gestione ordinaria o per l’esecuzione di lavori di straordinaria manutenzio-ne non urgenti, deve in ogni caso ricevere il regolare mandato assembleare.10) Si può ricorrere alla autorità giudiziaria anche se l’assemblea ha sì provveduto alla nomina di un amministratore ma questi nonha accettato tale nomina oppure ha rassegnato le sue dimissioni e l’assemblea non ha provveduto a nominare un’altra persona. Lo stes-so dicasi se l’assemblea ha revocato l’amministratore in carica e non ha nominato il suo sostituto, o ancora se l’amministratore in cari-ca è impossibilitato ad esercitare il suo mandato o è deceduto.11) Cass. 9501/1987: “l’amministratore del condominio, anche se cessato dalla carica per scadenza del termine di cui all’articolo 1129c.c. o perché dimissionario, continua ad esercitare i suoi poteri, compresa la rappresentanza del condominio in giudizio, fino a che siavalidamente sostituito con la nomina di altro amministratore da parte dell’assemblea dei condomini”.

DOTTRINA 31

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nistratore12 doveva continuare a provvedere allariscossione dei contributi condominiali e ad eroga-re le spese occorrenti per la manutenzione ordina-ria delle parti comuni dell’edificio e per l’eserciziodei servizi comuni, compreso quello di portieratononché a tutti gli altri compiti affidatigli fino allasua sostituzione.

La riforma introdotta dalla L. 220/2012, ha inno-vato nel tessuto normativo ed ha previsto con ilnuovo articolo 1129, ottavo comma, c.c., che allacessazione dell’incarico l’amministratore non soloè tenuto alla consegna di tutta la documentazione insuo possesso afferente al condominio e ai singolicondòmini ma potrà eseguire solo le attività urgen-ti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni,senza diritto ad ulteriori compensi.

Sembra quindi che sia venuto meno lo stesso isti-tuto della prorogatio. Infatti, non solo non vi è piùil corrispettivo per lo svolgimento dell’attività mail testo normativo limita i poteri dell'amministrato-re alle sole attività urgenti. Anche qui si porrannonon facili problemi pratici al fine di determinarequali possono essere qualificate tali e quali no; lad-dove per es. l’amministratore continui ad esigere lequote condominiali sostenendo di dover effettuarepagamenti urgenti alle ditte fornitrici dei servizi perevitare il sospendersi della prestazione o ulteriorispese di esecuzione, si potranno verificare notevo-li contrasti con i condòmini che, non riconoscendo-ne l’urgenza, potrebbero rifiutarsi di pagarle.

g. La revoca dell’amministratoreL’amministratore può, ovviamente, anche essere

revocato prima dello scadere del mandato ed anchein questo caso l’assemblea non è obbligata ad indi-care necessariamente le ragioni della revoca, che,pertanto, possono prescindere dalla sussistenza dellagiusta causa. In tale ultima evenienza, però, i condò-mini dovranno corrispondere all’amministratore laretribuzione fino alla scadenza legale del mandato.

La revoca dell’amministratore può essere delibe-rata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggio-ranza prevista per la sua nomina oppure con lemodalità previste dal regolamento di condominio.Prima della riforma introdotta dalla L. 220/2012, larevoca poteva essere disposta dall’autorità giudi-ziaria, su ricorso anche di un solo condomino, nelleseguenti ipotesi:✦ omessa tempestiva comunicazione all’assembleadella notifica di una citazione in giudizio o di unprovvedimento, avente un contenuto eccedente le

ordinarie attribuzioni dell’amministratore;✦ mancata presentazione, per due anni consecutivi,del conto della gestione;✦ sussistenza di fondati sospetti di gravi irregolarità.

Il nuovo articolo 1129 c.c. definisce meglio,rispetto alla precedente formulazione, le ipotesi direvoca per colpa dell’amministratore e, attesa lasua inderogabilità, eventuali norme del regolamen-to di condominio in contrasto con essa debbonoritenersi nulle.

Tali casi, che sono stati resi più specifichi dalla L.220/2012, si verificano quando:❖ l’amministratore non abbia dato tempestiva noti-zia all’assemblea della notifica di una citazione ingiudizio o di un provvedimento, avente un conte-nuto eccedente le ordinarie attribuzioni dell’ammi-nistratore;❖ l’amministratore non abbia presentato il contodella propria gestione;❖ sussistono gravi irregolarità.

Nel primo caso, nulla è cambiato, siamo in pre-senza di quelle citazioni che esulano dai poteri con-feriti all'amministratore ex art. 1130 c.c.13.

Nel secondo caso occorre precisare che è statointrodotto dall’art. 1130 n. 10 c.c. l'obbligo del-l'amministratore di condominio di redigere il rendi-conto annuale della gestione e convocare l'assem-blea per la relativa approvazione entro centottantagiorni dalla chiusura della gestione. Per cui occor-rerà aspettare l'inutile decorso dei sei mesi prima didar corso alla richiesta di revoca. Ci si chiede se lapresentazione di un rendiconto in forma incomple-ta possa giustificare ugualmente l’attivazione delprocedimento. Nella considerazione che l’art. 1130bis ha stabilito espressamente che esso si componedi un registro di contabilità, di un riepilogo finan-ziario nonché di una nota sintetica esplicativa dellagestione con l’indicazione anche dei rapporti incorso e delle questioni pendenti, si ritiene che lapresentazione incompleta di un rendiconto sia para-gonabile alla mancata presentazione del rendicontoe quindi anche in tale caso si potrebbe fare ricorsoalla revoca giudiziale.

Nel terzo caso è evidente il venir meno dellarevoca per il caso dei sospetti di gravi irregolarità,prevedendo la nuova norma la necessaria sussisten-za delle stesse, di cui il ricorrente dovrà dare provaesaustiva non essendo più sufficienti i semplicisospetti. Al riguardo la precedente giurisprudenzaaveva delineato il suo indirizzo volta per volta sucasi pratici. Aveva ad es. ritenuto sempre una grave

12) Cass. 3588/1993.13) Sul punto in relazione ai poteri di legittimazione passiva dell'amministratore vedi la sentenza Cass. SS.UU. n. 1331 del 6 agosto2010.

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irregolarità nel mancato utilizzo del conto correntecondominiale, mentre non aveva ravvisato suffi-cienti motivi di revoca quando la redazione deibilanci non era del tutto conforme ai principi con-tabili, non essendo dettata alcuna norma per la lororedazione. Veniva chiaramente esclusa ogni possi-bilità di revoca quando i bilanci stessi erano giàstati approvati e la relativa delibera non era stataimpugnata.

Di poi, il nuovo comma dodicesimo dell’articolo1129 c.c. individua nuovi casi di gravi irregolarità,che sono:1. l’omessa convocazione dell’assemblea per l’ap-provazione del rendiconto condominiale, il ripetu-to rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca eper la nomina del nuovo amministratore o neglialtri casi previsti dalla legge;2. la mancata esecuzione di provvedimenti giudi-ziari e amministrativi, nonché di deliberazioni del-l’assemblea;3. la mancata apertura ed utilizzazione del conto dicui al settimo comma;4. la gestione secondo modalità che possono gene-rare possibilità di confusione tra il patrimonio delcondominio e il patrimonio personale dell’ammini-stratore o di altri condomini;5. l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto,alla cancellazione delle formalità eseguite nei regi-stri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;6. qualora sia stata promossa azione giudiziaria perla riscossione delle somme dovute al condominio,l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e laconseguente esecuzione coattiva;7. l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo1130, numeri 6), 7) e 9);8. l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione deidati di cui al secondo comma del presente articolo.

Rimangono, quindi, ferme le cause già preceden-temente previste e che riguardano i casi in cui l’am-ministratore non comunica all’assemblea citazionio provvedimenti dell’autorità, non rende il contodella gestione e le gravi irregolarità quale formaresiduale generalmente intesa di tutti i possibili casipratici che possono capitare. A tali fattispecie se nesono aggiunte molte altre che da sole costituisconogravi irregolarità e sulle quali manca del tutto ladiscrezionalità del Tribunale, avendo il legislatoregià determinato a livello normativo le conseguenzedella cattiva gestione dell’amministratore.

La riforma ha poi previsto espressamente che incaso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria,l’assemblea non può nominare nuovamente l’am-

ministratore revocato, riempendo così un vuotonormativo che in passato aveva creato non pochiproblemi.

Sono state infine, introdotte, due ipotesi in cui sial’assemblea sia l’autorità giudiziaria (su ricorso diciascun condomino) possono revocare l’ammini-stratore (articolo 1129, undicesimo comma, c.c.).

Si tratta dei casi di:➢ gravi irregolarità fiscali;➢mancata ottemperanza all’obbligo di apertura edutilizzazione del conto corrente condominiale.

Al verificarsi di dette situazioni il legislatore haprevisto una diversa procedura dando la possibilità,laddove si può invece leggervi un ulteriore onere,per ciascun condomino di dover chiedere previa-mente la convocazione dell’assemblea per fare ces-sare la violazione e revocare l’amministratore. Incaso di mancata revoca egli potrà rivolgersi all'au-torità giudiziaria ed in caso di accoglimento delladomanda avrà rivalsa per le spese nei confronti delcondominio che a sua volta potrà rivalersi nei con-fronti dell'amministratore revocato.

Sul punto sorgono diversi interrogativi:1. il perché di questa diversa disciplina, caratteriz-zata dal preventivo ricorso (presupposto necessa-rio) all'assemblea;2. il perché solo in questi casi è espressamente pre-vista la possibilità di chiedere la rifusione dellespese al condominio.

Essi si spiegano forse con l’intenzione del legisla-tore di evitare per i casi più frequenti il ricorsoall'autorità giudiziaria, con la previsione del paga-mento delle spese anche a carico del condomi-nio14. Infatti, senza detta previsione il procedimen-to di revoca normalmente fa capo alla sola personadell'amministratore trattandosi di ipotesi estranea aquelle previste dall’art. 1130 c.c.15. Tale diversa dis-posizione può essere intesa come un richiamoespresso all’assemblea laddove vi fosse il ricorsoanche di un solo condomino, a svolgere con atten-zione e ponderatezza le sue funzioni onde evitare undanno (le spese) di natura economica. Infatti, dettespese potrebbero restare a carico della collettivitàcondominiale qualora il recupero nei confronti del-l’amministratore sia inesigibile.

Così congegnato il sistema, risulta logico che insede di revoca non potrà farsi luogo alla nomina dialtro amministratore essendo questo un potererimesso alla volontà assembleare che dovrà primapronunciarsi al riguardo e solo in quanto mancantepotrà legittimare il ricorso per la nomina del nuovoamministratore.

14) Anche se la stessa disposizione poi prevede che il condominio a sua volta possa rifarsi nei confronti dell’amministratore.15) Cass. 23 agosto 1999 n. 8837.

DOTTRINA

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H. La procedura per la nomina ela revoca giudiziale

L’art. 1129 c.c. così come modellato dalla rifor-ma ha previsto l’obbligatorietà della nomina del-l’amministratore solo quando i condòmini sono piùdi otto e che la nomina è fatta dall’autorità giudi-ziaria su ricorso di uno o più condòmini o anchedell’amministratore.

Trattasi di una disposizione inderogabile16 percui al di sotto di tale numero, mentre l’assembleapotrà comunque provvedere alla nomina, il ricorsoall’autorità giudiziaria non potrà avere luogo. Nonsolo, ma la stessa disposizione prevede espressa-mente, in conformità agli arresti giurisprudenzialigià in essere prima della riforma17, che prima delricorso deve essere necessariamente convocatal’assemblea. Infatti, in considerazione del caratterefiduciario del rapporto e dell’autonomia assem-bleare il ricorso all’autorità giudiziaria si pone soloin funzione di supplenza di quando l’assemblea perun qualsiasi motivo non abbia potuto deliberare enon anche quando vi è un verbale di nomina (siapure viziato) che andava autonomamente impugna-to esulando il sindacato del tribunale in sede divolontaria giurisdizione dal controllo sulla regola-rità o meno dell’investitura.

L’altra novità della disposizione in esame è laprevisione espressa della possibilità per lo stessoamministratore di chiedere la nomina del nuovoamministratore. In questo caso è necessario che ilricorso con il pedissequo decreto di fissazione diudienza venga notificato a tutti i condòmini.

Atteso l’obbligo della specificazione del com-penso da parte dell’amministratore in sede di accet-tazione del mandato, nel caso di nomina giudiziariasi ritiene che esso amministratore, che ha gli stessipoteri e doveri dell’amministratore nominato dal-l’assemblea tra cui quello di rendere il conto delsuo operato ai condòmini, deve specificare talecompenso e farselo approvare dai condòmini, nonsussistendo tale obbligo di determinazione in capoall’autorità giudiziaria adita18.

Mentre nel caso della revoca il nuovo art. 64disp. att. c.c. prevede la possibilità per uno o piùcondòmini di adire, nei casi previsti, direttamentel’autorità giudiziaria. Il legislatore ha, infatti, chia-rito che i soli casi in cui occorre ricorrere previa-mente all’assemblea sono quelli in cui sono emersiirregolarità fiscali o la mancata apertura del contocorrente.

In tutti questi casi il tribunale provvede in came-

ra di consiglio con decreto motivato sentito l’am-ministratore in contraddittorio con il ricorrente. Inquesto caso legittimato a contraddire è il soloamministratore. Per cui solo a questi deve esserenotificato il ricorso e solo a lui debbono fare caricole spese processuali.

Occorre rilevare che nella nuova normativa visono due modifiche degne di attenzione in quantoesse evidenziano un mutamento delle regole dellostesso procedimento di volontaria giurisdizione: a) la prima ha riguardo all’art. 64 disp. att. il qualenella nuova dizione prevede espressamente “senti-to l’amministratore in contraddittorio con il ricor-rente”, mentre prima prevedeva soltanto “sentitol’amministratore”; b) la seconda ha riguardo alla modifica apportataall’art. 1129 c.c. laddove prevedeva “sospetti digravi irregolarità” e si è provveduto in sede di rifor-ma alla cancellazione della parola “sospetti”.

Tali modifiche inducono a ritenere, che se la rifor-ma per una parte ha provveduto a chiarire moltedelle ipotesi in cui sussistono le gravi irregolaritàindicandole espressamente, per altra parte ha volutorendere il procedimento in camera di consiglio piùvicino a quello contenzioso mutuando da questoultimo la necessità di decidere solo in base a provecerte e non più in base anche a semplici sospetti.Non solo, il legislatore della riforma, ha reso obbli-gatorio il contraddittorio tra le parti che potrà pertale motivo svolgersi anche in più udienze.

Lo stesso art. 64 delle disp. att. prevede poi cheavverso il provvedimento reso in camera di consigliopossa proporsi reclamo nel termine di dieci giornidalla notificazione o dalla comunicazione19.

Trattandosi di provvedimenti non suscettibili delpassaggio in giudicato il rigetto della domanda nonpreclude la riproposizione della stessa, ma ciò nonsignifica che possano riproporsi le medesimedoglianze (una volta che non si è proposto reclamoal primo provvedimento dimostrando così di aver-vi fatto acquiescenza20) senza allegare mutamenti ocircostanze del tutto nuove non poste in luce nelricorso rigettato.

Nel merito dei singoli casi previsti per la revocasi rinvia a quanto espressamente previsto dallalegge di riforma, significando che comunque, lapossibilità di ricorrere per la revoca dell’ammini-stratore in caso di gravi irregolarità si pone qualenorma di chiusura del sistema, in modo da farvirientrare tutti i casi che quotidianamente possanoverificarsi.

16) Vedi art. 1138 c.c..17) Tribunale Salerno 13 gennaio 2009; Tribunale Napoli 18 novembre 1994.18) Per una più ampia disamina vedi: A. CELESTE – A. SCARPA, Riforma del Condominio, Giuffrè Editore, 2012, p. 116.19) Così come previsto dall’art. 739 c.p.c..20) Decreto n. 843041 /2012 Sez. II Corte di appello di Napoli.

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LEGGI E CIRCOLARILEGGI E CIRCOLARI

REGIME IVA PER LE CESSIONI E LE LOCAZIONI REGIME IVA PER LE CESSIONI E LE LOCAZIONI

DI FABBRICATI: LE NOVITÀ IN UNA DI FABBRICATI: LE NOVITÀ IN UNA

CIRCOLARE DELLE ENTRATECIRCOLARE DELLE ENTRATE

“È arrivato un vademecumdell’Agenzia delle Entrate percapire se e come applicare l’Ivanei casi di cessione e locazionedi fabbricati, a seguito dellemodifiche alla disciplina intro-dotte dal Dl n. 83/2012. In par-ticolare, la circolare n. 22/E,grazie anche all’ausilio di tabel-le riassuntive, chiarisce qualisono i casi in cui è possibileesercitare l’opzione per l’appli-cazione dell’Iva.LocazIonI DI FaBBrIca-tI – Nel caso di locazione difabbricati abitativi la regolagenerale prevede l’esenzioneIva. La circolare chiarisce che èpossibile optare per l’applica-zione dell’imposta se il locatoreè l’impresa costruttrice o quelladi ripristino dell’immobile.Può optare, invece, qualsiasilocatore se gli immobili sonodestinati ad “alloggi sociali” (Dln. 1/2012).Nel caso di immobili strumenta-li il regime naturale è semprequello di esenzione ma, a diffe-

renza dei fabbricati abitativi,l’opzione per l’applicazione del-l’imposta può essere esercitatada qualunque soggetto Iva.La circolare precisa che, per icontratti stipulati a partire dalladata di entrata in vigore del Dl n.83/2012 (26 giugno 2012), ilregime Iva prescelto al momentodella stipula è vincolante pertutta la sua durata. La stessaregola vale per i contratti relativiagli alloggi sociali, come previ-sto dal Dl n. 1/2012, che è entra-to in vigore il 24 gennaio 2012.Se, invece, il contratto era già incorso al momento dell’entratain vigore del decreto, la nuovadisciplina interessa soltanto icanoni di locazione non ancorapagati o non ancora fatturati.In particolare, per i contratti dilocazione in corso di esecuzio-ne, è stata ammessa la possibili-tà di modificare il regime Ivaapplicato ai canoni di locazionelimitatamente ai contratti assog-gettati a Iva per obbligo dilegge, in base alla previdente

disciplina. La soluzione adotta-ta con la circolare per questicontratti è improntata a principidi flessibilità, nell’ottica di farsalvi i comportamenti già postiin essere e di consentire l’appli-cazione delle nuove regole pertutta la durata residua del con-tratto, ferma restando l’effica-cia delle opzioni espresse inbase alla precedente normativa.ceSSIonI DI FaBBrIcatI –Tranne alcuni casi in cui èobbligatorio applicare l’impo-sta, le operazioni sono esenti daIva sia se i fabbricati sono abi-tativi sia se sono strumentali. Se i fabbricati sono abitativi, èpossibile optare per l’imponibi-lità in caso di cessione effettua-ta da imprese costruttrici o diripristino, ma solo quando sonopassati 5 anni dalla fine dei la-vori. Se l’immobile è destinatoad “alloggio sociale”, invece,l’opzione può essere esercita-ta da qualunque soggetto Iva.Quest’ultima regola vale ancheper gli immobili strumentali.“

agenzIa DeLLe entratecircolare n. 22/e del 28 giugno 2013

OGGETTO: Regime IVA cessioni e locazioni di fabbricati

Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83

PreMeSSa L’art. 9 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 giugno2012, n. 147 e convertito dalla legge 7 agosto 2012,n. 134, recante “Misure urgenti per la crescita delPaese” (in seguito, “decreto-legge n. 83 del2012”), ha modificato la disciplina IVA delle loca-zioni e delle cessioni di fabbricati prevista dall’art.10, primo comma, nn. 8), 8-bis) e 8-ter), del d.P.R.n. 26 ottobre 1972, n. 633.

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L’intervento normativo ha ampliato le ipotesi incui le cessioni e le locazioni di immobili – in linea diprincipio, esenti da IVA – sono assoggettabili adimposta ed ha eliminato le ipotesi di imponibilitàobbligatoria per le cessioni e le locazioni di immo-bili strumentali effettuate nei confronti di cessionarie conduttori privi del diritto a detrazione o con pro-rata di detraibilità pari o inferiore al 25 per cento.

La disciplina IVA delle operazioni relative al set-tore immobiliare è stata, peraltro, precedentementenovellata dall’art. 57, comma 1, lett. a), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modifi-cazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 che haintrodotto, a decorrere dal 24 gennaio 2012, una fat-tispecie di imponibilità ad IVA opzionale in relazio-ne alle locazioni e cessioni di fabbricati di civileabitazione destinati ad “alloggi sociali” (come defi-niti dal decreto del Ministro delle infrastrutture, diconcerto con il Ministro della solidarietà sociale, ilMinistro delle politiche per la famiglia ed ilMinistro per le politiche giovanili e le attività spor-tive del 22 aprile 2008) ed ha consentito, altresì, alleimprese operanti nel settore immobiliare di optareper la contabilizzazione separata relativamente allecessioni di immobili abitativi esenti da IVA.

Per quanto riguarda l’edilizia convenzionata, sirammenta che fino al 23 gennaio 2012 (vale a direprima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 1del 2012) erano imponibili per obbligo di legge(con aliquota del 10 per cento) le locazioni di fab-bricati abitativi concesse dalle imprese costruttrici,entro quattro anni dall’ultimazione dei lavori, inattuazione di piani di edilizia residenziale conven-zionata e con un contratto di locazione di duratanon inferiore a quattro anni.

In seguito alle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 1 del 2012, in luogo del regime di imponi-bilità per obbligo di legge, le locazioni di fabbrica-ti in edilizia convenzionata, possono essere assog-gettate ad IVA su opzione del locatore – che puòanche essere un soggetto diverso dall’impresacostruttrice.

Dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore deldecreto-legge n. 83 del 2012), l’art. 10, primocomma, n. 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, non pre-vede più l’edilizia convenzionata tra le deroghe alregime naturale di esenzione delle locazioni di fab-bricati abitativi.

Si elencano, di seguito, alcune definizioni rile-vanti ai fini dell’applicazione della disciplina IVAdel settore immobiliare: ◆ Distinzione tra fabbricati abitativi e fabbrica-ti strumentali: tale distinzione si basa, di regola,su un criterio oggettivo legato alla classificazionecatastale degli stessi, a prescindere, quindi, dal loroeffettivo utilizzo. In particolare, sono fabbricati

abitativi quelli classificati o classificabili nel grup-po catastale “A” (esclusa la categoria “A/10”).Sono fabbricati strumentali per natura (vale a dire,quelli che “per le loro caratteristiche non sonosuscettibili di diversa utilizzazione senza radicalitrasformazioni”) le unità immobiliari classificate oclassificabili nei gruppi catastali “B”, “C”, “D”,“E” e nella categoria “A10” qualora la destinazio-ne ad ufficio o studio privato risulti dal provvedi-mento amministrativo autorizzatorio.

Per quanto riguarda il trattamento fiscale dellepertinenze di fabbricati (ad esempio, box, cantine,ecc.), si rinvia ai chiarimenti forniti con la circola-re 1° marzo 2007, n. 12/E, in base ai quali la sussi-stenza del vincolo pertinenziale – rendendo il beneuna proiezione del bene principale – consente diattribuire all’immobile pertinenziale la stessa natu-ra e, conseguentemente il regime fiscale previstoper l’immobile principale

Come precisato con il citato documento di prassi,resta ferma l’autonoma rilevanza fiscale dell’ope-razione avente ad oggetto l’immobile pertinenziale,rispetto alla quale è necessario verificare i presup-posti oggettivi e soggettivi del trattamento fiscalein concreto applicabile all’operazione. ◆ Imprese costruttrici e imprese di ripristino: aisensi dell’articolo 10, primo comma, numeri 8, 8-bis e 8-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, le “impresecostruttrici” si identificano nei soggetti ai qualirisulta intestato il provvedimento amministrativo inforza del quale ha luogo la costruzione o la ristrut-turazione del fabbricato. In particolare, ai fini del-l’imponibilità prevista dalla norma, possono consi-derarsi “imprese costruttrici” oltre alle imprese cherealizzano direttamente i fabbricati con organizza-zione e mezzi propri, anche quelle che si avvalgo-no di imprese terze per l’esecuzione dei lavori. Sirammenta che, coerentemente con i criteri interpre-tativi elaborati dalla prassi amministrativa, perimpresa costruttrice deve intendersi anche l’impre-sa che occasionalmente svolge l’attività di costru-zione di immobili. Le “imprese di ripristino” sonoquelle che acquistano un fabbricato ed eseguono ofanno eseguire sullo stesso gli interventi edilizielencati dall’art. 3, primo comma, lettere c), d) edf), del Testo Unico dell’Edilizia, corrispondenti alletipologie di interventi di cui all’art. 31, primocomma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto1978, n. 457. ◆ Interventi di recupero sugli immobili: consen-tono, al soggetto che li ha eseguiti di assumere ilruolo di impresa di ripristino gli interventi elencatidall’art. 3, primo comma, lettere c), d) ed f), delTesto Unico dell’Edilizia, corrispondenti alle tipo-logie di interventi di cui all’art. 31, primo comma,lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457.

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lEGGI E CIRCOlARI 37

Si tratta, in particolare, delle seguenti tipologie diinterventi edilizi: 1) “interventi di restauro e di risanamento conser-vativo” rivolti a conservare l’organismo edilizio ead assicurarne la funzionalità mediante un insiemesistematico di opere che, nel rispetto degli elemen-ti tipologici, formali e strutturali dell'organismostesso, ne consentano destinazioni d'uso con essicompatibili. Tali interventi comprendono il conso-lidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementicostitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elemen-ti accessori e degli impianti richiesti dalle esigenzedell'uso, l'eliminazione degli elementi estraneiall'organismo edilizio (art. 3, primo comma, lett. c)del Testo Unico dell’Edilizia); 2) “interventi di ristrutturazione edilizia” rivolti atrasformare gli organismi edilizi mediante un insie-me sistematico di opere che possono portare ad unorganismo edilizio in tutto o in parte diverso dalprecedente. Tali interventi comprendono il ripristi-no o la sostituzione di alcuni elementi costitutividell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inseri-mento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambitodegli interventi di ristrutturazione edilizia sonoricompresi anche quelli consistenti nella demoli-zione e ricostruzione con la stessa volumetria esagoma di quello preesistente, fatte salve le soleinnovazioni necessarie per l’adeguamento alla nor-mativa antisismica (art. 3, primo comma, lett. d)del Testo Unico dell’Edilizia); 3) “interventi di ristrutturazione urbanistica”rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insiemesistematico di interventi edilizi, anche con la modi-ficazione del disegno dei lotti, degli isolati e dellarete stradale (art. 3, primo comma, lett. f) del TestoUnico dell’Edilizia).

Stante l’aggiornato riferimento normativo, vieneesplicitamente compreso tra gli interventi di ristrut-turazione edilizia la totale demolizione e successivaricostruzione del fabbricato (cfr. lett. d) dell’art. 3del Testo Unico sull’Edilizia), peraltro, già ricon-dotto dalla prassi amministrativa, nella vigenza del-l’art. 31, lett. d), della legge n. 457 del 1978, nel-l’ambito delle fattispecie di ristrutturazione edilizia(cfr. circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E, punto 3).

Ai fini in esame si considerano ristrutturate anchele unità immobiliari comprese in fabbricati suiquali gli interventi descritti sono stati eseguiti solosulle parti comuni dello stesso.

Non rilevano ai fini in esame i semplici interven-ti di manutenzione ordinaria o straordinaria (comedefiniti dalle lettere a) e b) del Testo Unicosull’Edilizia e, precedentemente, dall’art. 31, lette-re a) e b) della legge n. 457 del 1978). ◆ alloggio sociale: il decreto ministeriale 22 apri-

le 2008 considera “alloggio sociale” “l’unitàimmobiliare adibita ad uso residenziale in locazio-ne permanente che svolge la funzione di interessegenerale, nella salvaguardia della coesione socia-le, di ridurre il disagio abitativo di individui enuclei familiari svantaggiati, che non sono ingrado di accedere alla locazione di alloggi nellibero mercato”. In particolare, rientrano nella pre-detta definizione gli alloggi realizzati o recuperatida operatori pubblici e privati, con il ricorso a con-tributi o agevolazioni pubbliche - quali esenzionifiscali, assegnazione di aree o immobili, fondi digaranzia, agevolazioni di tipo urbanistico - destina-ti alla locazione permanente ovvero temporaneaper almeno otto anni, a canone calmierato rispettoal libero mercato, o alla vendita.

1. regIMe FIScaLe DeLLeLocazIonI DI FaBBrIcatI

1.1 Fabbricati abitativi In base al nuovo testo dell’art. 10, primo comma,

n. 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, risultante dallemodifiche apportate dal decreto-legge n. 83 del2012, la regola generale prevista per le locazioni difabbricati abitativi è l’esenzione IVA, salva la pos-sibilità di applicare l’imposta - previa opzione dellocatore espressa nel relativo contratto di locazione- alle seguenti operazioni: 1) locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalleimprese costruttrici o di ripristino degli stessi; 2) locazioni di fabbricati abitativi destinati ad“alloggi sociali” come definiti dal D.M. 22 aprile2008.

L’opzione per l’imponibilità delle locazioni difabbricati abitativi in regime di libero mercato puòessere esercitata, quindi, soltanto dalle impresecostruttrici e/o di ripristino dei fabbricati medesi-mi. Diversamente, l’opzione per imponibilità dellelocazioni degli “alloggi sociali” – come definiti inpremessa – può essere esercitata a prescindere dallecaratteristiche soggettive del locatore (vale a dire,anche da un soggetto passivo diverso dalle impresedi costruzione o di ripristino).

Si ricorda infine, che, ai sensi del n. 127-duode-vicies) della tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n.633 del 1972, come modificato dal decreto-legge incommento sono soggette ad IVA con aliquota del10 per cento le locazioni di fabbricati abitativi,imponibili su opzione dell’impresa costruttriceovvero di ripristino, nonché le locazioni di fabbri-cati abitativi destinati ad alloggi sociali.

1.2 Fabbricati strumentali Le locazioni di fabbricati che per le loro caratte-

ristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazio-ne senza radicali trasformazioni (rectius, fabbricati

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CONDOMINIO GIURIDICO38

strumentali per natura) sono soggette al regime“naturale” di esenzione, salva la possibilità per illocatore di optare per l’applicazione dell’impostanel relativo contratto di locazione.

Rispetto alla precedente formulazione, il novellatoart. 10, primo comma, n. 8), del d.P.R. n. 633 del1972, non prevede più le ipotesi di imponibilità adIVA obbligatoria connesse alle caratteristiche dellocatario (in particolare, locazioni effettuate nei con-fronti di un soggetto passivo con diritto a detrazionein percentuale pari o inferiore al 25 per cento, ovve-ro nei confronti di un soggetto che non agisce nell’e-sercizio di impresa, arte o professione), ma consentea qualunque soggetto passivo di optare per l’applica-zione dell’imposta. In caso di opzione per l’assog-gettamento ad IVA, trattandosi di immobili strumen-tali, si applica l’aliquota nella misura ordinaria.

2. LocazIonI - DecorrenzaDeLLa nuoVa DIScIPLIna -MoDaLItà DI eSercIzIoDeLL’oPzIone

I contratti di locazione di immobili abitativi sti-pulati a partire dalla data di entrata in vigore deldecreto-legge n. 83 del 2012 (26 giugno 2012)sono soggetti al regime “naturale” di esenzione ameno che - sussistendo le condizioni richieste dallanorma - l’impresa di costruzione o di ripristino cheloca l’immobile manifesti, nel relativo atto, l’op-zione per l’applicazione dell’imposta.

Come già precisato in premessa, il regime diimponibilità opzionale previsto per le locazioni dialloggi sociali è stato introdotto, dall’art. 57 deldecreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito,con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.27, e non ha subito modifiche da parte del citatodecreto-legge n. 83 del 2012.

Conseguentemente, possono essere assoggettati adIVA, previo esercizio di opzione da parte del locato-re, i canoni relativi ai contratti di locazione stipulatia decorrere dal 24 gennaio 2012, data di entrata invigore del citato decreto-legge n. 1 del 2012.

Per quanto riguarda le modalità di esercizio del-l’opzione, tanto per gli immobili abitativi che perquelli strumentali, in base al tenore letterale delnovellato art. 10, primo comma, n. 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, è necessario che il locatore mani-festi tale scelta nel contratto di locazione.

Il regime IVA prescelto al momento della stipuladel contratto di locazione, vale a dire l’applicazio-ne dell’IVA ai canoni di locazione per opzioneovvero, in assenza di opzione, il regime di esenzio-ne da imposta, è vincolante per tutta la durata delcontratto.

Qualora prima della scadenza del contratto dilocazione si verifichi una successione nel contratto,

nella specie il subentro di un terzo in qualità dilocatore, quest’ultimo, in quanto tale, può modifi-care il regime IVA cui assoggettare i canoni di loca-zione. In tal caso, la modifica soggettiva del con-tratto e la variazione del regime IVA applicato aicanoni sarà comunicata all’Agenzia delle Entratecon modalità operative che saranno successiva-mente indicate (devono, pertanto, intendersi supe-rate le istruzioni rese con la risoluzione 4 gennaio2008, n. 2/E).

3. LocazIonI - contrattI In corSo DI eSecuzIone -eSercIzIo DeLL’oPzIone

3.1 Fabbricati abitativi La nuova disciplina interessa la parte di contratto

per la quale non si è ancora verificato il fatto gene-ratore dell’imposta, ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n.633 del 1972, vale a dire i canoni di locazione nonancora pagati o non ancora fatturati.

Tali canoni, pertanto, continueranno ad essereesenti da IVA anche dopo l’entrata in vigore dellenuove disposizioni, salva la possibilità di optareper l’imponibilità ad IVA (da parte delle impresecostruttrici locatrici o, nel caso di alloggi sociali, daparte di locatori diversi dalle imprese costruttrici).

Per quanto riguarda le modalità di esercizio del-l’opzione per l’applicazione dell’IVA ai contratti incorso di esecuzione, si ritiene che l’opzione – vinco-lante per tutta la durata residua del contratto – debbaessere formalizzata mediante un atto integrativo delcontratto di locazione che, se non redatto per attopubblico o scrittura privata autenticata, non deveessere obbligatoriamente essere portato a conoscenzadell’Amministrazione finanziaria, ferma restando,naturalmente, la facoltà di pro-cedere alla registra-zione dello stesso, corrispondendo l’imposta di regi-stro in misura pari ad euro 67,00.

La redazione dell’atto integrativo e la relativaregistrazione volontaria consente, infatti, di darecertezza ai rapporti tra le parti contraenti e di ren-dere edotta l’Agenzia delle entrate circa il nuovotrattamento fiscale applicato ai canoni di locazione.

Peraltro, in caso di mancata registrazione volon-taria dell’atto integrativo, la comunicazioneall’Agenzia delle entrate dell’esercizio dell’opzio-ne dovrà essere effettuata con modalità operativeche saranno successivamente indicate.

Si ritiene, inoltre che, l’opzione per il regime diimponibilità possa essere esercitata anche successi-vamente all’entrata in vigore del decreto-legge,senza limiti temporali; in tal caso l’opzione avràeffetto per i canoni riscossi o fatturati a partire dalmomento in cui il locatore manifesti l’opzione efino alla scadenza del contratto.

Per i canoni già riscossi o fatturati precedente-

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mente all’esercizio dell’opzione resta fermo il regi-me IVA applicato nel momento in cui l’operazionesi considera effettuata ai sensi dell’articolo 6 deld.P.R. n. 633 del 1972, momento che per le presta-zioni di servizi – ambito nel quale è riconducibilela locazione di immobili - coincide con il paga-mento del corrispettivo o se antecedente con l’e-missione della fattura.

Qualora nella fase di prima applicazione dellanuova disciplina, il locatore abbia assoggettato adimposta i canoni di locazione percepiti successiva-mente all'entrata in vigore della norma in esame,dandone comunicazione all’Agenzia delle Entratesulla base dei chiarimenti forniti con la risoluzione4 gennaio 2008, n. 2/E, si deve ritenere valida edefficace l’opzione ferma restando la necessità diintegrare il contratto, nei termini anzidetti.

3.2 Fabbricati strumentali Per quanto riguarda i contratti di locazione di

fabbricati strumentali in corso di esecuzione al 26giugno 2012, la nuova disciplina ha innovato ilregime IVA limitatamente ai contratti che, in basealla disciplina previgente, erano assoggettati ad unregime di imponibilità obbligatorio.

Si tratta, in particolare: 1) locazioni di immobili strumentali effettuate neiconfronti di soggetti passivi d’imposta che svolgo-no in via esclusiva o prevalente attività che confe-riscono il diritto alla detrazione dell’imposta in per-centuale pari o inferiore al 25 per cento; 2) locazioni di fabbricati strumentali effettuate neiconfronti di soggetti che non agiscono nell’eserci-zio di impresa, arti o professioni.

In base al novellato art. 10, primo comma, n. 8),del d.P.R. n. 633 del 1972, anche tali locazioni sonoricondotte nella regola generale, secondo la quale ilregime naturale è l’esenzione da IVA e qualunquesoggetto passivo d’imposta può optare, in qualità dilocatore, per l’applicazione dell’imposta nel relati-vo contratto, con effetto (vincolante) per tutta ladurata del contratto.

In relazione ai predetti contratti in corso, il loca-tore può “confermare” il regime di imponibilitàcontinuando ad applicare l’IVA ai canoni di loca-zione percepiti dal 26 giugno 2012. Poiché sotto ilprofilo sostanziale non muta il regime fiscale delcontratto, si ritiene che non sia necessario né inte-grare il contratto né effettuare comunicazioneall’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, non può non essere valutato il fatto che,in assenza di specifiche indicazioni normative o diprassi circa la possibilità di applicare il regime diesenzione anche ai contratti sopra descritti in corsoalla data di entrata in vigore della nuova disciplina,la prosecuzione del precedente regime di imponibi-

lità non corrisponda ad una reale volontà del loca-tore. Deve, quindi, ritenersi che il locatore cheabbia continuato ad applicare l’IVA ai canoni per-cepiti dal 26 giugno 2012, pur non avendo un effet-tivo interesse all’applicazione dell’imposta, possaassoggettare i canoni al regime naturale di esenzio-ne, con efficacia vincolante per tutta la durata resi-dua del contratto, anche successivamente all’entra-ta in vigore della nuove disposizioni.

Anche in tal caso, è necessario formalizzare l’ap-plicazione del regime di esenzione mediante unatto integrativo dell’originario contratto di locazio-ne che le parti potranno registrare facoltativamentemediante il pagamento dell’imposta di registronella misura fissa di 67,00 euro. Come già detto, laredazione di un atto integrativo e la relativa regi-strazione volontaria consentirà di dare certezza airapporti tra le parti contraenti e di rendere edottal’Agenzia delle entrate circa il nuovo trattamentofiscale applicato ai canoni di locazione.

Per i contratti di locazione di fabbricati strumenta-li in corso di esecuzione, sin dall’origine esenti daIVA con possibilità di optare per l’applicazione del-l’imposta, per i quali la novella normativa non pro-duce alcun effetto innovativo, resta vincolante, pertutta la durata del contratto, la scelta del regime IVA(esenzione ovvero imponibilità) già espressa dallocatore in sede di stipula del contratto di locazione.

Tuttavia, laddove il contribuente abbia espressoimpropriamente l’opzione per l’imponibilità inrelazione ad un contratto che doveva obbligatoria-mente essere assoggettato ad IVA (in considerazio-ne delle caratteristiche del conduttore), si deve rite-nere che tale opzione non sia vincolante dovendosiaver riguardo al regime IVA nella sostanza applica-bile ai canoni di locazione.

In tale evenienza il locatore può modificare ilregime di imponibilità ad IVA obbligatorio perlegge, originariamente applicato al contratto dilocazione, adottando il regime (naturale) di esen-zione.

Resta ferma, in linea generale, la possibilità dimodificare il regime originariamente applicato insede di rinnovo del contratto di locazione venuto ascadenza.

In particolare, in occasione del rinnovo del con-tratto, il locatore potrà manifestare l’opzione perl’imponibilità ad IVA rendendosi, altrimenti, appli-cabile il regime di esenzione.

4. LocazIonI - IMPoSta DI regIStro

Le nuove disposizioni normative non hannomodificato la disciplina dell’imposta di registroapplicabile ai contratti di locazione di fabbricati.

La misura dell’imposta per i contratti di locazio-

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CONDOMINIO GIURIDICO40

ne di fabbricati ad uso abitativo (soggetti a regi-strazione in termine fisso se di durata superiore a30 giorni) è differente a seconda del regime IVAapplicabile.

In particolare: ✦ se il contratto è esente da IVA, si applica l’impo-sta di registro in misura proporzionale (2 per cento); ✦ se il contratto è imponibile ad IVA (in quanto illocatore ha espresso l’opzione in tal senso), l’impo-sta di registro è dovuta in misura fissa (67,00 euro).

Per contro, le locazioni di immobili strumentali,in deroga al principio di alternatività IVA/registro -ai sensi del combinato disposto dell’art. 40 deltesto unico delle disposizioni concernenti l’impostadi registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n.131 e dell’art. 5, comma 1, lett. a-bis), della Tariffa,parte prima, del medesimo testo unico - scontanol’imposta di registro in misura proporzionale (1 percento) indipendentemente dal regime IVA di impo-nibilità o di esenzione al quale la locazione è sog-

getta. Pertanto, in relazione ai contratti di locazio-ne di fabbricati strumentali in corso di esecuzioneal 26 giugno 2012, la modifica del regime fiscaledei canoni non comporta alcun effetto sotto il pro-filo dell’imposta di registro.

Per quanto riguarda l’imposta di registro pagatain relazione ai contratti di locazione di fabbricati adestinazione abitativa in corso di esecuzione al 26giugno 2012 (ovvero, nel caso di alloggi sociali,dal 24 gennaio 2012), per i quali il locatore abbiaoptato per l’applicazione del regime di imponibili-tà, si rammenta che non può formare oggetto dirimborso l’imposta di registro relativa all’annualitàin corso.

Diversamente, qualora l’imposta di registro rela-tiva ai predetti contratti di locazione sia stata ver-sata per l’intera durata del contratto, è possibilechiedere il rimborso dell’importo pagato per leannualità successive a quella in cui è esercitatal’opzione per l’applicazione dell’IVA.

Tipologia

dei fabbricati Locatore Iva Registro

Tipologia

dei fabbricati Locatore Iva Registro

Abitativi in edilizia convenzionata

Imprese costruttrici o di ripristino,entro 4 anni dall’ultimazione deilavori e con contratto di duratanon inferiore a 4 anni

Imponibilità per obbligo dilegge con aliquota del 10%

Fissa (67,00 euro)

Abitativi diversi Qualsiasi locatore Esente Proporzionale (2 per cento)

Abitativi diversi Qualsiasi locatore Esente

Esente

Proporzionale (2 per cento)

Abitativi destinatiad alloggi socialicome definiti dal D.M. 22 aprile 2008

Qualsiasi locatore

Imponibilità opzionalecon aliquota del 10 per cento

Fissa (67,00 euro)

LOCAZIONE FABBRICATI ABITATIVIFino al 23 gennaio 2012

Abitativi in edilizia convenzionata

Qualsiasi locatore con contrattodi durata non inferiore a 4 anni

Imponibilità opzionale con aliquota del 10%

Fissa (67,00 euro)

EsenteProporzionale(2 per cento)

Proporzionale (2 per cento)

LOCAZIONE FABBRICATI ABITATIVIDal 24 gennaio 2012

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lEGGI E CIRCOlARI 41

Tipologia

dei fabbricati Locatore Iva Registro

Abitativi destinatiad alloggi socialicome definiti dal D.M. 22 aprile 2008

Qualsiasi locatore

Imponibilità opzionale conaliquota del 10%

Fissa (67,00 euro)

Abitativi Imprese costruttrici o di ripristino

Imponibilità opzionale con aliquota del 10%

Fissa (67,00 euro)

Esente Proporzionale(2 per cento)

Esente Proporzionale(2 per cento)

LOCAZIONE FABBRICATI ABITATIVI

Dal 26 giugno 2012

Locatore Iva Registro

Locazioni effettuate nei confronti di soggetti passivi che svolgono in via esclusiva o prevalenteattività con pro-rata pari o inferiore al 25%

Imponibilità per obbligo di legge Proporzionale (1 per cento)

Locazioni effettuate nei confronti di soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa,arti o professioni

Imponibilità per obbligo di legge Proporzionale (1 per cento)

Proporzionale (1 per cento)

Proporzionale (1 per cento)

Locazioni diverse

Imponibilità opzionale

Esente

LOCAZIONE FABBRICATI STRUMENTALI

Fino 25 giugno 2012

Locatore Iva Registro

Qualsiasi locatore Imponibilità opzionale con aliquota del 21% Proporzionale (1 per cento)

Esente Proporzionale (2 per cento)

LOCAZIONE FABBRICATI STRUMENTALI

Dal 26 giugno 2012

5. regIMe FIScaLe DeLLe ceSSIonI DI FaBBrIcatI

5.1 Fabbricati abitativi In base all’art. 10 primo comma, n. 8-bis), del

d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dal decre-to-legge n. 83 del 2012, le cessioni di fabbricati o

di porzioni di fabbricato diversi da quelli strumen-tali sono soggette al regime “naturale” di esenzio-ne da IVA, ad eccezione delle seguenti ipotesi: 1) cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o diripristino degli stessi entro 5 anni dall’ultimazionedella costruzione o dell’intervento;

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CONDOMINIO GIURIDICO42

2) cessioni poste in essere dalle stesse impreseanche successivamente, nel caso in cui nel relativoatto il cedente abbia espressamente manifestatol’opzione per l’imposizione; 3) cessioni di fabbricati abitativi destinati ad allog-gi sociali per le quali nel relativo atto il cedenteabbia manifestato espressamente l’opzione perl’imposizione.

In particolare, nulla è mutato per le cessioniinfraquinquennali effettuate dalle imprese costrut-trici o di rispristino del fabbricato ceduto che resta-no imponibili per obbligo di legge. È, invece,mutato il regime IVA delle cessioni realizzate oltreil quinquennio, le quali sono soggette al regime“naturale” di esenzione, salva l’opzione per l’ap-plicazione dell’imposta espressa dalle impresecostruttrici o di ripristino all’atto della cessione.

L’opzione per l’imponibilità è, quindi, soggetti-vamente limitata alle sole imprese costruttrici oattuatrici degli interventi di recupero specificamen-te richiamati dalla disposizione. Pertanto, le cessio-ni di fabbricati abitativi effettuate da operatori eco-nomici diversi restano – come nella precedentedisciplina - esenti da IVA.

Per quanto riguarda le cessioni aventi ad oggettofabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali, l’im-ponibilità ad IVA su opzione di tali operazioni -ammessa a prescindere dalle caratteristiche soggetti-ve del cedente (che, quindi, può essere un soggettodiverso dall’impresa costruttrice o di ripristino) - èstata introdotta inizialmente con il decreto-legge n. 1del 2012. A decorrere dal 26 giugno 2012, il decreto-legge n. 83 del 2012 ha eliminato tale deroga al regi-me di esenzione successivamente reintrodotta nel-l’art. 10, primo comma, n. 8-bis), del d.P.R. n. 633del 1972, a decorrere dal 12 agosto 2012, in sede diconversione del decreto-legge n. 83 del 2012, con lalegge n. 134 del 2012. Tale categoria ha sostanzial-mente assorbito quella dell’edilizia convenzionata.

Per quanto riguarda la misura dell’aliquota IVA,in base al n. 127-undecies) della Tabella A, parteIII, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, le cessioni difabbricati abitativi (non aventi le caratteristiche diabitazioni di lusso secondo i criteri stabiliti daldecreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto1969) effettuate dalla imprese costruttrici sonoassoggettate ad IVA con applicazione dell’aliquotadel 10 per cento, salva l’applicazione dell’aliquotadel 4 per cento qualora il cessionario sia in posses-so dei requisiti “prima casa” di cui alla nota II-bis)all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R.26 aprile 1986, n. 131.

La cessione avente ad oggetto un fabbricato abi-tativo aventi le caratteristiche di abitazione di lussoè, invece, soggetta ad IVA con applicazione dell’a-liquota ordinaria.

5.2 Fabbricati strumentali In base alla nuova formulazione dell’art. 10,

primo comma, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972,le cessioni di fabbricati strumentali sono esenti daIVA ad eccezione delle cessioni: 1) effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristi-no degli stessi, entro cinque anni dalla data di ulti-mazione della costruzione o dell’intervento; 2) per le quali nel relativo atto il cedente abbiaespressamente manifestato l’opzione per l’imposi-zione.

In base alla nuova disciplina, le cessioni di fab-bricati strumentali per natura, imponibili per obbli-go di legge sono solo quelle poste in essere dal-l’impresa che li ha costruiti o recuperati entro cin-que anni dall’ultimazione dei lavori.

In tutti gli altri casi, le cessioni di immobili stru-mentali sono esenti da IVA, fermo restando il dirit-to del soggetto cedente di optare per l’imponibilitànell’atto di cessione.

Le cessioni di fabbricati strumentali imponibili(per obbligo di legge o su opzione) sono assogget-tate ad IVA con applicazione dell’aliquota nellamisura ordinaria o, in particolari ipotesi, nella misu-ra del dieci per cento (vedi, ad esempio, i numeri127-undecies) e 127-quinquiesdecies) della tabellaA, parte III, allegata al DPR n. 633 del 1972).

5.3 Reverse-charge per le cessioni di fabbricatiimponibili ad IVA su opzione del cedente

Per quanto riguarda gli adempimenti connessiall’applicazione dell’imposta, l’art. 9 del decreto-legge ha modificato l’art. 17, sesto comma, lett. a-bis), del D.P.R. n. 633 del 1972, estendendo l’ap-plicazione del meccanismo dell’inversione conta-bile, oltre alle cessioni di fabbricati strumentaliimponibili per opzione (ipotesi già prevista dallaprevigente disciplina), anche alla cessione di fab-bricati abitativi imponibili su opzione del cedente,con il conseguente obbligo di assolvere il tributo acarico dell’acquirente, sempre che quest’ultimo siaun soggetto passivo d’imposta che agisce in quan-to tale.

È opportuno sottolineare che il sistema del rever-se-charge si applica soltanto nel caso di regime diimponibilità ad IVA opzionale. Diversamente, neicasi di cessioni di fabbricati di cui ai numeri 8-bis)e 8-ter) dell’art. 10 imponibili ad IVA per obbligodi legge, l’imposta deve essere assolta dal cedentesecondo le modalità ordinarie (ad esempio, nell’i-potesi in cui l’impresa costruttrice ceda un fabbri-cato abitativo entro cinque anni dall’ultimazionedei lavori di costruzione).

In base al testo novellato dell’art. 17, lett. a-bis),la fattura emessa dal cedente (senza addebito del-l’imposta e con l’indicazione della norma di riferi-

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lEGGI E CIRCOlARI 43

mento, vale a dire il citato art. 17, sesto comma,lett. a-bis)) deve essere integrata dall’acquirenteapplicando l’imposta con l’aliquota prevista perl’operazione posta in essere.

Peraltro, in base all’art. 6, quarto comma, d.P.R.n. 633 del 1972, il pagamento di un acconto sulprezzo costituisce, per il relativo importo, momen-to di effettuazione della cessione e, pertanto, deveessere assoggettato ad imposta in base alle normevigenti al momento del pagamento. Ne consegueche, sussistendo i presupposti richiesti dalla norma,l’IVA relativa all’acconto sul prezzo deve essereassolta mediante il meccanismo dell’inversionecontabile.

Per quanto riguarda le modalità di assolvimentodell’imposta nell’ipotesi in cui la cessione sia effet-tuata da un soggetto passivo in un momento ante-riore alla data di ultimazione del fabbricato, si ram-menta, preliminarmente, che - come chiarito con lacircolare 1° marzo 2007, n. 12/E - la cessione di unfabbricato non ultimato è esclusa dall’ambitoapplicativo dell’art. 10, primo comma, nn. 8-bis) e8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto si trat-ta di un bene che non è ancora uscito dal circuitoproduttivo la cui cessione, pertanto, deve essereassoggettata ad IVA.

In tal caso, non ricorrendo un’ipotesi di imponi-bilità opzionale/facoltativa, non trova applicazioneil meccanismo dell’inversione contabile e la ces-sione, quindi, è assoggettata ad IVA secondo leregole ordinarie previste dall’art. 17 del d.P.R: n.633 del 1972.

6. ceSSIonI - DecorrenzaDeLLa nuoVa DIScIPLInaMoDaLItà DI eSercIzIoDeLL’oPzIone

Analogamente a quanto previsto per le locazioniimmobiliari, la nuova disciplina IVA si applica allecessioni di fabbricati (abitativi e strumentali) effet-tuate a decorrere dal 26 giugno 2012, data di entra-ta in vigore del decreto-legge n. 83 del 2012, ovve-ro, nel caso di cessione di alloggi sociali, effettuatedalla data di entrata in vigore della legge di con-versione n. 134 del 2012 (12 agosto 2012).

In base ai criteri previsti dall’art. 6 del d.P.R. n.633 del 1972, le cessioni di beni immobili si consi-derano effettuate all’atto della stipula del contrattoovvero, qualora prima della stipula sia pagato intutto o in parte il corrispettivo o sia emessa la fat-tura, l’operazione si considera effettuata, limitata-mente all’importo pagato o fatturato, alla data dellafattura o a quella del pagamento del corrispettivo.

Per quanto riguarda le modalità di esercizio del-l’opzione per l’imponibilità, in base a quanto pre-visto dal novellato art. 10, primo comma, nn. 8-bis)

e 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972, è necessario chedetta scelta sia espressa “nel relativo atto”.

Conseguentemente, sussistendo i presuppostinormativamente previsti, sono soggetti ad IVA icontratti di cessione stipulati a decorrere dal 26giugno 2012 (ovvero dal 12 agosto 2012, nel casodi cessione di alloggi sociali) nei quali il cedenteabbia espressamente optato per l’imponibilità.

In base al tenore letterale del novellato art. 10,primo comma, nn. 8-bis) e 8-ter), del d.P.R. n. 633del 1972, l’opzione per l’applicazione dell’impostadeve essere espressa dal cedente “nel relativo atto”;stante tale generico riferimento, si ritiene che, nelcaso in cui la compravendita sia preceduta da uncontratto preliminare, l’opzione possa essereespressa anche in sede di preliminare.

Conseguentemente, gli acconti sul prezzo, even-tualmente dovuti, sono assoggettati ad IVA e, comeinnanzi precisato, qualora ricorrano i presuppostiprevisti dall’art. 17, sesto comma, lett. a-bis), deld.P.R. n. 633 del 1972, l’imposta deve essere assol-ta mediante il meccanismo dell’inversione contabi-le.

Tenuto degli effetti vincolanti dell’opzione, lascelta per l’imponibilità eventualmente espressa insede di preliminare deve ritenersi valida e vinco-lante anche in relazione al regime IVA applicabileal saldo dovuto alla stipula del contratto definitivo.

In mancanza di un contratto preliminare di com-pravendita, qualora siano stati corrisposti gliacconti sul corrispettivo pattuito in regime di esen-zione e in sede di stipula del contratto di compra-vendita sia manifestata l’opzione per l’imponibili-tà, la base imponibile da assoggettare ad IVA ècostituita dall’importo dovuto a saldo.

Per quanto concerne l’imposta di registro, dovu-ta in misura proporzionale, qualora la cessioneabbia ad oggetto fabbricati a destinazione abitati-va, si deve, invece, tener conto anche degli impor-ti già corrisposti a titolo di acconto sul prezzo peri quali detta imposta non è stata assolta al momen-to del pagamento. Pertanto, al momento del rogi-to dovrà essere applicata l’imposta di registro sulvalore del bene immobile, al netto della parte dicorrispettivo assoggettata ad imposta sul valoreaggiunto.

Tale principio risulta applicabile anche nell’ipo-tesi in cui, in sede di registrazione del contratto pre-liminare di compravendita di un immobile abitati-vo, sia stata corrisposta l’imposta di registro nellamisura proporzionale del 3 per cento sugli accontiversati. Anche in tal caso, laddove il saldo siaassoggettato ad IVA, in sede di stipula del contrat-to definitivo dovrà essere corrisposta l’imposta diregistro nella misura del 7 per cento, calcolata sulvalore dell’immobile al netto della parte di corri-

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CONDOMINIO GIURIDICO44

spettivo assoggettata ad IVA. Dall’imposta di regi-stro così determinata dovrà essere scomputata l’im-posta già corrisposta in relazione agli acconti.

Gli acconti e il saldo relativi alla cessione del-l’immobile possono essere soggetti ad un tratta-mento fiscale diverso anche nell’ipotesi in cui l’ac-conto sia stato corrisposto all’impresa costruttriceo di ripristino entro 5 anni dall’ultimazione deilavori e il rogito sia, invece, stipulato oltre il quin-quennio.

In tal caso, infatti, in base all’art. 10, primocomma, nn. 8-bis) e 8-ter), del d.P.R: n. 633 del1972, gli acconti eventualmente pagati sono sog-getti ad IVA per obbligo di legge, mentre il saldo daversare al rogito è soggetto, in linea di principio, alregime naturale di esenzione salva opzione perl’imponibilità ad IVA esercitata in atto dall’impre-sa cedente.

In caso di esenzione, in sede di stipula del con-tratto definitivo, l’imposta proporzionale di regi-stro si applica, per gli immobili abitativi, su unabase imponibile considerata al netto dell’accontogià assoggettato ad IVA.

7. ceSSIonI - IMPoSta DI regIStro

Gli interventi normativi non hanno interessato ladisciplina dell’imposta di registro applicabile allecessioni di fabbricati.

Pertanto, in applicazione del principio di alterna-tività IVA/imposta di registro, per le cessioni difabbricati ad uso abitativo l’imposta di registro,nonché le imposte ipotecaria e catastale, si applica-no in misura fissa in caso di cessioni soggette adIVA e in misura proporzionale in caso di cessioniesenti da IVA, ferma restando l’applicazione delleagevolazioni accordate per l’acquisto della “primacasa”.

In linea con i chiarimenti forniti con la circolare1° marzo 2007, n. 12/E, al fine di evitare una dupli-ce tassazione, qualora gli acconti vengano fatturatiin regime di imponibilità per obbligo di legge e ilsaldo sia, invece, fatturato in esenzione da imposta- come nell’ipotesi di cui al paragrafo precedente incui l’impresa costruttrice o di rispristino non eser-citi l’opzione per l’applicazione dell’imposta insede di rogito stipulato oltre il quinquennio dall’ul-timazione dei lavori - l’imposta proporzionale diregistro si applica su una base imponibile conside-rata al netto degli acconti già assoggettati ad IVA.

Ai sensi dell’art. 40, comma 1, del Testo unicodell’Imposta di registro di cui al d.P.R. n. 131 del1986, rientrano fra le operazioni soggette ad IVA,per le quali - in virtù del principio di alternativitàIVA/imposta di registro - l’imposta di registro siapplica in misura fissa, anche le cessioni di cui

all’art. 10, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972.Conseguentemente, per le cessioni di fabbricatistrumentali, l’imposta di registro si applica inmodo uniforme, nella misura fissa di euro 168,00sia per le operazioni assoggettate ad IVA sia perquelle esenti dall’imposta. Analogamente, a pre-scindere dal regime IVA applicabile, le cessioni dibeni strumentali sono soggette alle imposte ipote-caria e catastale nella misura del 4 per cento(rispettivamente, 3 per cento e 1 per cento).

8. ceSSIonI - regIMe tranSItorIo

Nella fase transitoria, ossia nel passaggio dallevecchie alle nuove regole, gli acconti corrispostiprima del 26 giugno 2012 possono essere statiassoggettati ad un regime IVA diverso rispetto aquello applicabile al saldo da corrispondere alladata del rogito (dopo il 26 giugno 2012).

In particolare, si possono verificare i seguenticasi: 1) prima del 26 giugno 2012: stipula del contrattopreliminare con pagamento di acconti in esenzioneda IVA - Dopo il 26 giugno 2012: stipula del con-tratto definitivo con esercizio di opzione per l’ap-plicazione dell’imposta - Saldo imponibile ad IVA.

In tal caso, in applicazione della disciplina previ-gente, gli acconti percepiti sono stati fatturati inregime di esenzione e il contratto preliminare hascontato l’imposta di registro in misura proporzio-nale o fissa, a seconda della tipologia di immobile,rispettivamente, abitativo o strumentale, oggettodella cessione.

In sede di rogito - effettuato dopo l’entrata invigore delle novità introdotte con il decreto-leggen. 83 del 2012 - sussistendo i presupposti per l’e-sercizio dell’opzione, il cedente può optare perl’applicazione dell’IVA sulla parte costituita dalsaldo al netto degli acconti precedentemente fattu-rati in esenzione da imposta. 2) prima del 26 giugno 2012: Acconti imponibili adIVA per obbligo di legge - Dopo il 26 giugno 2012:rogito del contratto di compravendita - Mancanzadi opzione-saldo esente da IVA.

In tal caso, sono stati corrisposti acconti conapplicazione dell’IVA in quanto relativi ad una ces-sione obbligatoriamente imponibile in base alladisciplina vigente fino al 26 giugno 2012. Qualora,a decorrere dalla predetta data, il regime naturaleprevisto per la medesima operazione sia l’esenzio-ne salvo opzione per l’applicazione dell’IVAespressa in atto, in mancanza dell’opzione in sededi rogito del contratto di compravendita, l’importodovuto a saldo è esente da IVA.

Relativamente all’imposta di registro si rinvia aichiarimenti resi nel precedente paragrafo 6.

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lEGGI E CIRCOlARI 45

CedenteTermini/

Tipologia di abitativo Iva Registro

Qualsiasi cedente

Fabbricati abitativi destinati ad “alloggi sociali” di cui al D.M. 22 aprile 2008, o fabbricati abitativi locati per un periodo non inferiore a 4 anni in attuazione di programmi di edilizia residenziale convenzionata

Imponibile su opzione con aliquota del 10 per cento; del 4 per cento se l’acquirentepossiede i requisiti “prima casa”

Fissa (168,00 euro)

Qualsiasi cedente

Qualsiasi fabbricato abitativo Esente

Esenti

Esente

Proporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

Proporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

Proporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

Impresecostruttrici o impreseo di ripristino

Oltre 5 anni dall’ultimazione dei lavori

Fabbricati abitativi ceduti entro 5anni dall’ultimazione dei lavori

Imponibile per obbligo di leggecon aliquota del 10 per cento;del 4 per cento se l’acquirentepossiede i requisiti “primacasa”; del 21 per cento se abitazione “di lusso”

Fissa (168,00 euro)

CESSIONI FABBRICATI ABITATIVI

Fino al 25 giugno 2012

Cedente Termini Iva Registro

Qualsiasi cedente Esente

Imprese costruttrici o di ripristino

Entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori

Imponibile per obbligo di legge conaliquota del 10 per cento; del 4 percento se l’acquirente possiede irequisiti “prima casa”; del 21 percento se abitazione “di lusso”

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

CESSIONI FABBRICATI ABITATIVI

Dal 26 giugno 2012 al 12 agosto 2012

Oltre 5 anni dell’ultimazione dei lavori

Imponibile per opzione espressa in atto con aliquota del 10 per centoovvero del 4 per cento se l’acquirente possiede i requisiti“prima casa”; 21 per cento se abitazione “di lusso” (in reverse-charge se il cessionario è un soggetto passivo d’imposta)

EsenteProporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

Proporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

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CONDOMINIO GIURIDICO46

CedenteTermini/Tipologia

di abitativo Iva Registro

Impresecostruttrici o di ripristino

Entro 5 anni dall’ultimazione

Oltre 5 annidall’ultimazione

Imponibile per obbligo di legge con aliquota del10%; del 4% se l’acquirente possiede i requisiti“prima casa”; del 21% se abitazione “di lusso”

Fissa (168,00 euro)

CESSIONI FABBRICATI ABITATIVI

Dal 12 agosto 2012

Imponibile per opzione espressa in atto conaliquota del 10% ovvero del 4% se l’acquirentepossiede i requisiti “prima casa”; 21% se abita-zione “di lusso” (in reverse-charge se il cessio-nario è un soggetto passivo d’imposta)

Fissa (168,00 euro)

Qualsiasi cedente

Fabbricati abitatividestinati ad “alloggisociali” di cui alD.M. 22 aprile 2008

Imponibile per opzione con aliquota del 10 percento ovvero del 4% se l’acquirente possiede irequisiti “prima casa” (in reverse-charge se ilcessionario è un soggetto passivo d’imposta)

Fissa (168,00 euro)

Esente

Cedente Termini/Caratteristiche del cessionario Iva Registro

Qualsiasi Cedente

Qualsiasi cessionario

Imponibile per opzione espressa inatto con aliquota del 21% o del 10%(in reverse-charge se il cessionario è un soggetto passivo d’imposta)

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

CESSIONI FABBRICATI STRUMENTALIFino al 25 giugno 2012

Esente

Entro 4 anni dall’ultimazione dei lavori

Imponibile per obbligo di leggecon aliquota del 21% o del 10%

Cessionari soggetti passivi d’impostache svolgono attività che comporta-no un pro-rata pari o inferiore al 25%

Imponibile per obbligo di leggecon aliquota del 21% o del 10%

Cessionari che non agiscono nell’e-sercizio di impresa, arti o professioni

Imponibile per obbligo di leggecon aliquota del 21% o del 10%

Oltre 4 anni dall’ultimazione dei lavori

Impresecostruttricio di ripristino

Imponibile per opzione espressa inatto con aliquota del 21% o del 10%(in reverse-charge se il cessionario è un soggetto passivo d’imposta)

Esente Fissa (168,00 euro)

Proporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

Esente

Proporzionale (7%ovvero 3% se “prima casa”)

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lEGGI E CIRCOlARI 47

Cedente Termini Iva Registro

Imprese costruttrici o di ripristino

Entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori

Imponibile per obbligo di legge conaliquota del 21% o del 10%

Fissa (168,00 euro)

CESSIONI FABBRICATI STRUMENTALI

Dal 25 giugno 2012

Fissa (168,00 euro) Oltre 5 anni

dall’ultimazione dei lavori

Imponibile per opzione espressa inatto con aliquota del 21% o del 10%(in reverse-charge se il cessionarioè un soggetto passivo d’imposta)

Esente Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

Fissa (168,00 euro)

Qualsiasi cedente

Imponibile per opzione espressa inatto con aliquota del 21% o del 10%(in reverse-charge se il cessionarioè un soggetto passivo d’imposta)

Esente

9. SeParazIoneDeLL’attIVItà

L’art. 57 del decreto-legge n. 1 del 2012, conver-tito con modificazione dalla legge n. 27 del 2012,modificando la disciplina della separazione dell’at-tività di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 633 del 1972, haprevisto la facoltà di optare per l’applicazioneseparata dell’imposta per i “soggetti che effettuanosia locazioni o cessioni, esenti da imposta, di fab-bricati o porzioni di fabbricato a destinazione abi-tativa che comportano la riduzione della percen-tuale di detrazione a norma dell’art. 19, comma 5,e dell’art. 19-bis, sia locazione o cessioni di altrifabbricati o di altri immobili, con riferimento aciascuno di tali settori di attività”.

Questa possibilità era, in precedenza, prevista sol-tanto per i soggetti passivi che realizzavano sia loca-zioni di fabbricati abitativi esenti da imposta sialocazioni di altri fabbricati imponibili ed eraammessa nonostante si trattasse di un’unica attività.È noto, infatti, che – in base alla regola di caratteregenerale di cui all’art. 36, terzo comma, del citatod.P.R. n. 633 del 1972 - sono suscettibili di essereseparate, ai fini dell’applicazione dell’imposta, sol-tanto le attività sostanzialmente diverse fra loro, diregola individuate da diversi codici della tabellaATECO di classificazione delle attività economiche.

La nuova formulazione dell’art. 36, terzocomma, del richiamato d.P.R. n. 633 del 1972 con-ferma la possibilità di separare le locazioni di fab-bricati abitativi esenti dalle locazioni di altri fab-

bricati ed estende, simmetricamente, tale facoltàanche in relazione alle cessioni di fabbricati.

In linea generale, in caso di esercizio di attivitàsia di locazione sia di cessione di immobili, è pos-sibile applicare la regola di carattere generale di cuial terzo comma dell’art. 36, e, conseguentemente,separare tali attività, in quanto le stesse sono con-traddistinte, dalla tabella ATECO, da due diversicodice di attività.

I sub-settori di attività ulteriormente separabilinell’ambito di ciascun settore sono costituiti,rispettivamente, dalle locazioni di fabbricati abi-tativi esenti e locazioni di altri fabbricati oimmobili e dalle cessioni di fabbricati abitativiesenti e cessioni di altri fabbricati o immobili.

In sostanza, la formulazione letterale della normapresuppone un criterio di separazione basato nonsolo sul regime IVA (esenzione o imponibilità)applicato all’operazione, ma anche sulla categoriacatastale del fabbricato (abitativo ovvero diversodall’abitativo). I subsettori di attività delle cessionidi altri fabbricati e delle locazioni di altri fabbrica-ti saranno costituiti, pertanto, non solo da operazio-ni imponibili ma, altresì, da operazioni esenti (adesempio, rispettivamente, cessioni e locazioni difabbricati strumentali in regime di esenzione).

Si rammenta che l’opzione per l’applicazioneseparata dell’imposta è vincolante per tre anni e altermine del triennio si intende rinnovata per cia-scun anno successivo fino a quando permane laconcreta applicazione della scelta operata.

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L’IMPIanto FotoVoLtaIco coStruIto L’IMPIanto FotoVoLtaIco coStruIto SuL LaStrIco SoLare non È Soggetto aD IMuSuL LaStrIco SoLare non È Soggetto aD IMu

MINISTERODELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Risoluzione n. 8/DF del 22 luglio 2013OGGETTO: Imposta municipale propria (IMU)di cui all’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, . 201,

convertito, con modificazioni, dalla legge 22dicembre 2011, n. 214. Realizzazione

di un impianto fotovoltaico sul lastrico solare.Quesito.

Con il quesito in oggetto è stato chiesto se, nel casodi utilizzazione del lastrico solare per la realizza-zione di un impianto fotovoltaico da asservireall’efficientamento energetico di un immobile, talelastrico, durante la fase di costruzione dell’impian-to stesso, possa essere considerato un’area edifica-bile, ai fini dell’imposta municipale propria (IMU),di cui all’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201,convertito, con modificazioni, dalla legge 22dicembre 2011, n. 214.

Al riguardo, occorre ricordare che il comma 3 delcitato art. 13 stabilisce che la base imponibiledell’IMU è costituita dal valore dell’immobiledeterminato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e dell’art. 13,commi 4 e 5 del D.L. n. 201 del 2011.

Si rileva, poi, che secondo l’ordinamento vigentequalsiasi bene immobile deve essere individuatosecondo le regole catastali, ossia mediante l’identi-ficativo della mappa per le aree (rectius particelle),a cui può essere aggiunto il subalterno per le unitàimmobiliari ivi ubicate. Ne consegue che ognivalutazione patrimoniale o reddituale relativa a cia-scun immobile deve tener conto della delimitazio-ne e della forma di ciascuna particella o unitàimmobiliare.

Secondo la disciplina sopra richiamata l’immobi-le può essere qualificato come area edificabile, nel-l’ipotesi in cui sulla stessa non sia individuabilealcuna unità immobiliare, secondo la disciplinadettata dall’art. 2 del decreto del Ministro delleFinanze 2 gennaio 1998, n. 28 e conseguentementela base imponibile è data dal valore della stessacosì come rilevabile in comune commercio, ovve-

ro, in caso contrario, dalla rendita catastale asso-ciata a ciascuna unità immobiliare, realizzata sul-l’area, incrementa del 5%, ai sensi dell’art. 3,comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, epoi moltiplicata per i coefficienti stabiliti dall’art.13, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011.

Per l’inquadramento del lastrico solare in unadelle fattispecie recate dalle norme sopra richiama-te, si deve far riferimento, innanzitutto, alla circo-lare n. 9/T del 26 novembre 2001 dell’Agenzia delTerritorio - ora Agenzia delle Entrate - nella qualesi legge che “come è noto, sono indicate come cate-gorie fittizie (F1 = area urbana, F2 = unità colla-benti, F3 = unità in corso di costruzione, F4 =unità in corso di definizione ed F5 = lastrico sola-re) quelle che, pur non previste nel quadro genera-le delle categorie (in quanto ad esse non è associa-bile una rendita catastale), sono state necessaria-mente introdotte per poter permettere la presenta-zione in Catasto di unità particolari (lastrici sola-ri, corti urbane, unità in via di costruzione ecc.)con la procedura informatica di aggiornamentoDocfa”.

Al riguardo è opportuno specificare che il lastri-co solare è associato, salvo eccezioni, ad un edifi-cio che ospita una o più unità immobiliari e chenell’Allegato tecnico II alla circolare n. 6/T del 30novembre 2012 della medesima Agenzia delTerritorio, in cui vengono fornite istruzioni per ladeterminazione della rendita catastale, è stato evi-denziato, altresì, che ai fini della valutazione dellotto di cui sopra, “occorre tenere conto delle solepotenzialità edificatorie già espresse attraversol’attuata edificazione, e non di quelle previste daglistrumenti urbanistici in vigore, atteso che la stimacatastale riguarda l’uso attuale del bene (existinguse) e non già l’uso fisicamente possibile e legal-mente ammissibile, caratterizzato dalla massimaproduttività (highest and best use)”.

Sulla base dei chiarimenti appena illustrati, emer-ge, quindi, che i lastrici solari, sia di edifici privatisia di edifici pubblici, sono parte integrante dell’e-dificio esistente e, in quanto tali, concorrono alladeterminazione complessiva delle rendite catastalidelle unità immobiliari facenti parte dell’edificiostesso. Tali rendite costituiscono l’elemento princi-pale per l’individuazione della base imponibileutile ai fini dell’IMU, di cui al richiamato art. 5,comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992.

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lEGGI E CIRCOlARI 49

Le conclusioni alle quali si è appena pervenutiche, quindi, escludono la qualificazione del lastricosolare - dichiarato peraltro in catasto su base volon-taria -, quale area edificabile durante la fase dicostruzione dell’impianto fotovoltaico sono avva-lorate anche da quanto sostenuto dalla Corte diCassazione nella recente sentenza n. 10735 dell’8maggio 2013.

In particolare, i Giudici di legittimità hanno chia-rito, in materia di ICI - ma le stesse considerazionivalgono pure per l’IMU, in virtù dello specificorinvio effettuato dal comma 3 dell’art. 13 del D.L.n. 201 del 2011, ai criteri di determinazione dellabase imponibile ICI - che “la nozione di fabbrica-to, di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art.2, rispetto all’area su cui esso insiste, è unitaria,nel senso che, una volta che l’area edificabile siacomunque utilizzata, il valore della base imponibi-le ai fini dell’imposta si trasferisce dall'area stessaall’intera costruzione realizzata. Per l'applicazio-ne dell'imposta sul ‘fabbricato di nuova costruzio-ne’, infatti, la norma individua due soli criteri

alternativi: la data di ultimazione dei lavori, ovve-ro, se antecedente, quella di utilizzazione, senzaalcun riferimento alla divisione del fabbricato inpiani o porzioni (Cass. n. 22808 del 2006).

Per la determinazione della base imponibile diun appartamento in costruzione al primo pianodell’edificio, quindi, non trova applicazione ilD.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6,che disciplina l’utilizzazione edificatoria dell’area(individuando come base imponibile il valore del-l’area stessa), […] di tal che, nella specie, nonessendosi realizzato alcuno dei due presupposti, ilcomune non poteva assoggettare ad ICI l’area sucui si sviluppava la cubatura in relazione allaquale era stata conseguita la concessione ediliziaper l’appartamento al primo piano, non essendovialtra ‘area fabbricabile’ che quella su cui insisteval’appartamento a suo tempo realizzato al pianoterreno (Cass. n. 23347 del 2004)”.

Si deve concludere che le considerazioni appe-na svolte valgono anche per tutte le altre categoriefittizie.

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coMe caMBIa L’eDILIzIa DoPo coMe caMBIa L’eDILIzIa DoPo IL “Decreto DeL Fare”IL “Decreto DeL Fare”

a cura di Ance

“Con la legge di conversione del9 agosto 2013, n. 98 sono stateapportate alcune modifiche eintegrazioni all’art. 30 delDecreto Legge del 21 giugno2013, n. 69 contenente impor-tanti misure di semplificazionein materia edilizia.Tra le norme oggetto di modificasi segnalano quelle relative a: ♦ demolizione e ricostruzione ovarianti con modifica della sagoma;♦ proroga validità termini inizio

e fine lavori; ♦ agibilità parziale. Tra le nuove disposizioni intro-dotte dalla legge di conversionesi evidenziano: ♦ proroga dei termini delle con-venzioni urbanistiche; ♦ deroghe in materia di limiti didistanza tra fabbricati. Non sono state oggetto di modi-fica le norme relative a: ♦ attività edilizia libera; ♦ estensione sportello unico

CIL (comunicazione inizio lavo-ri) e SCIA; ♦ modifiche al procedimento delpermesso di costruire in presen-za di immobili soggetti a vincolo. Si ricorda che tutte le disposi-zioni contenute nell’art. 30,come espressamente indicatonell’ultimo comma del medesi-mo articolo, sono operativedalla data di entrata in vigoredella legge di conversione ossiadal 21 agosto 2013. “

Semplificazioni in materia edilizia - art. 30

Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013

(c.d. “Decreto Del Fare”)Commento aggiornato con le modifiche

e integrazioni apportate dalla Legge

di conversione 9 agosto 2013, n. 98

Deroghe in materia di limiti di distan-za tra i fabbricati (comma 1, lett. 0a)

All’art. 30, comma 1 è stata inserita la lettera 0ache introduce l’articolo 2 bis al Dpr 380/2001 (Tuedilizia) rubricato “Deroghe in materia di limiti didistanza tra fabbricati”.

La norma, come si evince dal tenore letterale,sembrerebbe consentire alle Regioni e alleProvince autonome di Trento e di Bolzano duefacoltà ossia la possibilità di: ✦ prevedere, con proprie leggi e regolamenti, dis-posizioni derogatorie rispetto al DM 1444/68; ✦ dettare disposizioni sugli spazi da destinare agliinsediamenti residenziali, a quelli produttivi, a

quelli riservati alle attività collettive, al verde e aiparcheggi.

La norma specifica che tali facoltà sono consen-tite nell’ambito della definizione o revisione distrumenti urbanistici comunque funzionali ad unassetto complessivo e unitario o di specifiche areeterritoriali ferma restando la competenza statale inmateria di ordinamento civile con riferimento aldiritto di proprietà e alle connesse norme del codi-ce civile e alle disposizioni integrative.

Nel primo caso si evidenzia che non è chiaro sela facoltà di derogare ai limiti imposti dal DM1444/68 si riferisca solo a quelli in tema di distan-za tra fabbricati e, quindi, all’art. 9 del citato decre-to ministeriale, oppure si estenda anche agli ulte-riori parametri quali la densità edilizia, l’altezzaecc..

La norma, infatti, rubricata “deroghe in materiadi distanze tra fabbricati” sembrerebbe riguardarel’art. 9 del DM 1444/68 che, in particolare, per lenuove costruzioni prevede la distanza minimaassoluta di 10 mt tra pareti finestrate e pareti di edi-fici antistanti.

Tuttavia mentre nella rubrica viene richiamato ilsolo limite di distanza tra fabbricati, nel contenuto

Cond. giuridico fino 79_2013 N. 3 09/10/13 15.30 Pagina 50

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lEGGI E CIRCOlARI

della norma non vengono specificati gli articoli diriferimento, ma si cita interamente il DM 1444/68.

In tale ultimo caso si dovrebbe ritenere che lafacoltà delle Regioni di derogare al DM 1444/68riguardi tutti i limiti imposti dal citato decreto.

Infatti, con il Decreto Ministeriale 2 aprile 1968,n. 1444 sono stati dettati i limiti minimi inderoga-bili con riferimento a “zone territoriali omogenee”da osservare nella formazione degli strumenti urba-nistici relativi a: densità edilizia, altezza e distanzatra fabbricati; ai rapporti tra aree destinate ad inse-diamenti residenziali e produttivi e aree pubblicheo comunque riservate a verde pubblico, parcheggie attività collettive.

Alle Regioni e ai Comuni è sempre stato consen-tito di prevedere misure maggiori a quelle previstedal DM 1444/68 non potendo, invece, fissare limi-ti inferiori.

Sul punto si evidenzia che, secondo quanto ripor-tato dalla Camera dei Deputati nella scheda di let-tura dell’emendamento del 7 agosto scorso, la por-tata normativa della disposizione va valutata inmaniera più restrittiva ed, in particolare, con riferi-mento a quanto affermato dalla CorteCostituzionale in tema di distanze minime tracostruzioni.

Senza entrare nel merito di tutte le pronunce giu-risprudenziali si richiama l’ultima sentenza(6/2013) con la quale la Corte Costituzionale hadichiarato l’illegittimità dell’articolo 1, comma 2,della legge della regione Marche 31/1979 su taleaspetto.

Secondo la Corte, il punto di equilibrio tra lacompetenza legislativa statale in materia di “ordi-namento civile” e quella regionale in materia di“governo del territorio”, trova una sintesi normati-va nell’ultimo comma dell’art. 9 del DM n. 1444del 1968, che la Corte Costituzionale ha più volteritenuto dotato di “efficacia precettiva e inderoga-bile, secondo un principio giurisprudenziale conso-lidato” (sentenza n. 114 del 2012; ordinanza n. 173del 2011; sentenza n. 232 del 2005).

Quest’ultima disposizione consente che siano fis-sate distanze inferiori a quelle stabilite dalla nor-mativa statale, ma solo “nel caso di gruppi di edifi-ci che formino oggetto di piani particolareggiati olottizzazioni convenzionate con previsioni plano-volumetriche”.

Le deroghe all’ordinamento civile delle distanzetra edifici sono, dunque, consentite nei limiti indi-cati, se inserite in strumenti urbanistici, funzionalia conformare un assetto complessivo e unitario dideterminate zone del territorio.

Sulla base di quanto affermato nel citato studiodella Camera dei Deputati la norma introdotta sem-brerebbe quindi confermare un principio già conso-

lidato dalla giurisprudenza costituzionale al fine didirimere i numerosi contenziosi che vi sono stati inquesti anni e che hanno visto censurate molte leggiregionali.

Con riferimento all’ulteriore facoltà consentitaalle Regioni e alle Province autonome di dettaredisposizioni sugli spazi da destinare agli insedia-menti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riser-vati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi sievidenzia che, anche in tal caso, la norma non èchiara.

In particolare sarebbe opportuno precisare se l’e-sercizio di tale facoltà sia consentita o meno anchein deroga ai parametri del DM 1444/68.

Al di là di tali dubbi interpretativi, che si auspicapossano essere oggetto di un successivo chiarimen-to, si sottolinea che nel complesso la norma è diparticolare importanza in quanto finalizzata ad age-volare e conseguentemente ad incentivare gli inter-venti di recupero urbano eliminando alcuni ostaco-li operativi che spesso rendono irrealizzabili taliinterventi.

Semplificazioni in materia di ristruttu-razione edilizia (comma 1, lett. a, c, e)

Nonostante le opposizioni manifestate da alcuneforze politiche e da altri settori culturali in meritosoprattutto all’eliminazione del vincolo della sago-ma negli interventi di demolizione e fedele rico-struzione, sono state confermate le previsioni nor-mative con le quali sono state introdotte importan-ti semplificazioni in materia di ristrutturazione edi-lizia.

Si sottolinea che durante l’iter di conversione deldecreto legge l’Ance ha svolto un’intensa azione alivello sia politico che istituzionale che ha portatoalla conferma delle seguenti previsioni normative: a. eliminazione del vincolo della sagoma comeprescrizione necessaria ai fini dell’inquadramentodegli interventi di demolizione e ricostruzionenella categoria edilizia della ristrutturazione edi-lizia; B. previsione nell’ambito della categoria dellaristrutturazione edilizia anche degli interventi diripristino di edifici crollati o demoliti, purché sipossa accertarne la preesistente consistenza; c. salvo alcuni casi, estensione della Scia agliinterventi di ristrutturazione edilizia nonché dellec.d. “varianti minori” ai permessi di costruire incaso di modifica della sagoma.

Le suddette disposizioni non si applicano agliimmobili sottoposti a vincoli ai sensi del Dlgs42/2004.

La legge di conversione ha, inoltre, introdottoun’ulteriore limitazione con riferimento agli inter-venti ricadenti nei centri storici.

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CONDOMINIO GIURIDICO52

In particolare, nel nuovo articolo 23 bis del Dpr380/2001, come introdotto dal dall’art. 30, comma1, lett. f del decreto legge 69/2013, poi modificatodalla legge di conversione, è stato specificato cheall’interno delle zone A di cui al Dm 1444/68 e inquelle equipollenti, i Comuni dovranno entro il 30giugno 2014 individuare, con propria deliberazio-ne, le aree nelle quali non è consentito eseguire conSCIA un intervento di demolizione e ricostruzione,o presentare una variante al permesso di costruire,che comportino modifica della sagoma. Decorsotale termine e in mancanza di un intervento sostitu-tivo della Regione la norma prevede la nomina diun Commissario ad acta nominato dal Ministrodelle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nelle aree in cui sarà consentito eseguire i lavoricon SCIA gli stessi non potranno iniziare immedia-tamente, ma decorsi 30 giorni.

A seguito delle modifiche apportate in sede diconversione la possibilità di eseguire un interventodi demolizione e ricostruzione, o presentare unavariante al permesso di costruire con SCIA checomportino modifiche della sagoma è, quindi,esclusa per gli immobili: ♦ soggetti a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004 (inquesto caso è necessario sempre il permesso dicostruire o la Dia in alternativa); ♦ ricadenti nella zona A del DM 1444/68 o in quel-le equipollenti, fino a quando il comune non abbiaassunto il provvedimento di individuazione (termi-ne massimo 30/06/2014) o al successivo interventosostitutivo.

Si richiama l’attenzione sul fatto che non è statoprevisto né un termine, né le modalità per l’eserci-zio di tale potere sostitutivo il cui esercizio potreb-be essere oggetto anche di istanza da parte del sog-getto interessato.

A. Demolizione e fedele ricostruzione senzavincolo della sagoma (comma1, lett. a)

L’art. 30, comma 1, lett. a) rivede la definizionedi ristrutturazione edilizia contenuta nel TestoUnico Edilizia eliminando all’art. 3, comma 1, lett.d) del Dpr 380/2001 il riferimento alla “sagoma”.

Tali interventi anche senza il rispetto della sago-ma originaria (intesa come conformazione plano-volumetrica della costruzione e del suo perimetroconsiderato in senso verticale e orizzontale) nonsaranno più inquadrati come nuove costruzioni, marientreranno nell’alveo delle ristrutturazioni edili-zie salvo, come detto si tratti di interventi: ➢ su immobili soggetti a vincolo ai sensi del D. lgs.42/2004. In tali casi la demolizione e ricostruzionecon modifica della sagoma sarà considerata semprenuova costruzione e soggetta a permesso di costrui-re o Dia in alternativa;

➢ su immobili ricadenti nei centri storici. In talicasi saranno i Comuni che entro il 30/06/2014dovranno decidere in quali aree non sarà consenti-to eseguire l’intervento di demolizione e ricostru-zione con modifica della sagoma con SCIA.

Al fine di comprendere la portata della norma siritiene necessario riassumere brevemente i terminidella questione.

Il decreto legge 69/2013, come convertito inLegge 98/2013 dirime, infatti, una delle questionidi maggior dibattito a livello giurisprudenziale edottrinale la cui soluzione è stata sollecitata in pas-sato dall’Ance.

Il Dpr 380/2001 ricomprende all’interno della“ristrutturazione edilizia” (art. 3, comma 1, lett. d)l’intervento di demolizione e fedele ricostruzionedell’immobile.

Il successivo D. lgs. 301/2002, che ha coordinatoil Testo Unico Edilizia con la legge 443/2001 c.d.Legge obiettivo, ha ampliato la nozione di demoli-zione con successiva ricostruzione, indicandocome elementi limitativi unicamente il rispettodella stessa volumetria e sagoma dell’edificio pree-sistente, mentre sono stati eliminati il rispetto del-l’area di sedime e dei materiali originari.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n.309/2011, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 27della legge della Regione Lombardia 12/2005 nellaparte in cui escludeva il rispetto della sagoma nellaristrutturazione edilizia mediante demolizione ericostruzione.

In particolare, la Corte ha ribadito la titolaritàdello Stato nell’individuazione delle categorie diintervento in quanto principi fondamentali dato cheè in conformità a queste ultime che viene discipli-nato il regime dei titoli abilitativi con riguardo alprocedimento e agli oneri, nonché agli abusi ed allerelative sanzioni, anche penali.

Gli effetti di tale pronuncia hanno creato moltiproblemi non solo per gli interventi futuri, maanche pericolosi vuoti normativi e situazioni diincertezza nei confronti di interventi in corso edoggetto di legittimi titoli abilitativi edilizi.

Le azioni dell’Ance sono state, pertanto, finaliz-zate a rimuovere tale ostacolo nella consapevolez-za che gli interventi di sostituzione edilizia rappre-sentano una tipologia di intervento in espansione(vedi anche decreto legge 70/2011) e quindi diimportanza vitale per il settore delle costruzioni.

Molteplici sono i riflessi che determina l’inqua-dramento della demolizione e ricostruzione conmodifica della sagoma nell’alveo della ristruttura-zione edilizia anziché della nuova costruzione.

Si evidenzia che, come affermato anche dallagiurisprudenza, in caso di ristrutturazione edilizia,anche mediante la demolizione e ricostruzione, ai

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53lEGGI E CIRCOlARI

fini della conformità urbanistica la normativa diriferimento sarà quella vigente all’epoca della rea-lizzazione del manufatto e, non invece, quellasopravvenuta al momento dell’esecuzione dei lavo-ri (Tar Puglia n. 2341/2006; Tar Puglia n.3210/2004).

Ne consegue che, diversamente da un interventoqualificato di “nuova costruzione”, si potrannomantenere i parametri edilizi e urbanistici (es.distanze, altezze ecc.) esistenti al momento dellarealizzazione del fabbricato senza necessità didoversi conformare alle successive e mutate disci-pline urbanistiche.

B. Ristrutturazione edilizia - interventi diricostruzione di edifici crollati o demoliti(comma 1, lett. a)

L’art. 30, comma 1, lett. a), aggiunge all’art. 3,comma 1, lett. d) del Testo Unico Edilizia, relativoagli interventi di ristrutturazione edilizia, anche gli“interventi volti al ripristino di edifici, o parti diessi, eventualmente crollati o demoliti, attraversola loro ricostruzione, purché sia possibile accertar-ne la preesistente consistenza”.

La modifica definisce in via legislativa un’ulte-riore questione dibattuta a livello giurisprudenzia-le.

La qualificazione come ristrutturazione dellademolizione e successiva fedele ricostruzionerichiede necessariamente la sussistenza del fabbri-cato da ristrutturare.

Una struttura identificabile come organismo edi-lizio del quale rimangano soltanto pochi residui etracce, la cui opera muraria non consenta, in realtà,la sicura individuazione dei connotati essenziali delmanufatto originario e, quindi, la sua fedele rico-struzione, ha portato la giurisprudenza ad essereconcorde nel considerare l’immobile un rudere e larelativa ricostruzione come intervento di “nuovacostruzione” non equiparabile alla ristrutturazioneedilizia (tra le tante Cons. Stato n. 5375/2006), contutte le conseguenze negative del caso in meritoalle disposizioni in tema di distanze, altezze ecc.

In particolare, la demolizione per essere ricon-dotta alla nuova nozione legislativa di “ristruttura-zione edilizia” deve essere contestualizzata tempo-ralmente nell’ambito di un intervento unitario voltonel suo complesso alla conservazione di un edificioche risulti ancora esistente e strutturalmente identi-ficabile al momento dell’inizio dei lavori (Cass.pen. n. 14455/2003).

Con le modifiche al Testo Unico Edilizia previstedal decreto legge 69/2013, come convertito nellaLegge 98/2013, gli interventi di ripristino di edificio parti di essi, eventualmente crollati o demoliti,attraverso la loro ricostruzione saranno considerati

“ristrutturazione edilizia” purché sia possibile“accertarne la preesistente consistenza”.

Ciò potrà essere dimostrato, ad esempio, condocumentazione catastale, tecnica, iconografica alfine di fornire all’amministrazione comunale ele-menti utili per poter ricavare l’effettiva consistenzadel fabbricato (il Consiglio di Stato con la sentenzan. 5791 del 2004 ha stabilito che sulla base delleplanimetrie in possesso del Comune era “tecnica-mente verificabile” la ricostruzione della volume-tria).

Anche in questo caso si specifica che tale modi-fica non si applica agli interventi su immobili sog-getti a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004. In tali casila fattispecie integrerà la nuova costruzione.

C. Scia per gli interventi di ristrutturazio-ne edilizia nonché delle varianti minori aipermessi di costruire con modifica sagoma(comma 1, lett. c , e)

Consequenziali alle modifiche apportate con l’e-liminazione della sagoma sono quelle relative alregime dei titoli abilitativi necessari alla realizza-zione degli interventi di ristrutturazione edilizia odelle cd. “varianti minori” ai permessi di costruire.

In particolare, viene eliminato il riferimento dellasagoma all’art. 10, comma 1 lett. c) e specificato,all’art. 22, comma 2 del Dpr 380/2001, che levarianti ai permessi di costruire sono realizzabilicon DIA (ora SCIA) purché non alterino la sagomadell’immobile “qualora sottoposto a vincolo aisensi del D. lgs 42/2004”.

Pertanto, gli interventi di ristrutturazione edilizianonché le c.d. “varianti minori” ai permessi dicostruire ai sensi dell’art. 22, comma 2 Dpr380/2001 che comportino modifiche della sagomanon saranno più soggette a permesso di costruire oa Dia in alternativa al permesso di costruire, ma aScia.

Tale semplificazione non sarà applicabile nei casidi interventi su immobili vincolati per i quali saràsempre necessario il permesso di costruire o inalternativa la Dia.

Inoltre, come già indicato in precedenza, sonostate introdotte delle limitazioni anche nei centristorici (sul punto si rimanda a quanto già detto).

attività edilizia libera (comma 1, lett. b)

A seguito delle modifiche introdotte dal DecretoLegge n. 40/2010 per gli interventi di manutenzio-ne straordinaria di cui all’art. 6, comma 2, lett. a)del Dpr 380/2001 era obbligatorio trasmettereall’amministrazione comunale la comunicazione diinizio lavori unitamente al nominativo dell’impre-sa e ad una relazione tecnica a firma di un tecnico

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CONDOMINIO GIURIDICO54

abilitato il quale dichiari di non avere rapporti didipendenza né con l’impresa né con il committentee che asseveri, sotto la propria responsabilità, che ilavori sono conformi agli strumenti urbanisticiapprovati e ai regolamenti edilizi vigenti e che peressi la normativa statale e regionale non prevede ilrilascio del titolo abilitativo.

Tale previsione è stata estesa con il DL 83/2012anche agli interventi previsti all’art 6, comma 2,lett. e-bis ) del Dpr 380/2001 ossia alle modificheinterne o di destinazione d’uso dei locali adibiti adesercizio d’impresa.

Al fine di semplificare ulteriormente la procedu-ra, è stato eliminato l’obbligo di avvalersi di un tec-nico che non abbia rapporti dipendenza né conl’impresa né con il committente.

Tale previsione, infatti, costituiva un aggravio intermini anche di costi per il soggetto richiedente enon trovava riscontro nell’ordinamento giuridicocon riferimento alle altre procedure edilizie (SCIA,Dia in alternativa al permesso di costruire, permes-so di costruire).

Permesso di costruire in presenza divincoli ambientali, paesaggistici o cul-turali (comma 1, lett. d, punti 1 e 2)

Sono state confermate le modifiche ai commi 8,9 e 10 dell’art. 20 del Dpr 380/2001 in tema di rila-scio del permesso di costruire in presenza di vinco-li ambientali, paesaggistici o culturali.

In particolare le modifiche riguardano: ➤ sostituzione del silenzio-rifiuto con l’obbligodella pubblica amministrazione di esprimersi conun provvedimento espresso; ➤ eliminazione dell’obbligo di convocare la confe-renza di servizi nel caso in cui l’immobile oggettodell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cuitutela non compete all’amministrazione comunale. a) La normativa precedente prevedeva che, ovel’atto dell’amministrazione preposta al vincolo nonfosse favorevole, decorso il termine per l’adozionedel provvedimento conclusivo, sulla domanda dipermesso di costruire, si intendesse formato ilsilenzio-rifiuto.

Il decreto legge, come convertito dalla legge98/2013, elimina la formazione di tale silenzio dis-ponendo che in questi casi il procedimento debbacomunque concludersi con l’adozione di un prov-vedimento espresso.

La modifica ribadisce il principio generale conte-nuto nell’art. 2 della L. 241/90 del dovere in capoalla pubblica amministrazione di concludere il pro-cedimento amministrativo con un provvedimento.

Si tratta di una norma che intende assicuraremaggior certezza giuridica nei rapporti tra privati epubblica amministrazione.

La modifica è importante perché obbliga la pub-blica amministrazione comunque a pronunciarsisulle istanze dei privati, ma nella sostanza ribadisceun principio già da tempo consolidato. B) La norma nel testo previgente (art. 20 comma 10del Dpr 380) stabiliva per gli immobili soggetti avincolo, la cui tutela non compete all’amministra-zione comunale, che il relativo assenso dovesseessere acquisito nell’ambito della conferenza diservizi.

Il decreto legge 69/2013, come convertito inLegge 98/2013, abroga il comma 10 ed eliminal’obbligo di convocare la conferenza di servizi ren-dendo facoltativo tale potere.

La modifica alleggerisce l’iter procedimentaledall’obbligo di indire la conferenza di servizi anchequando sussista un solo vincolo e, quindi, sianecessaria la partecipazione di un’unica ammini-strazione.

La nuova disciplina si coordina con quanto pre-visto recentemente dalla legge di conversione n.134/2012 del decreto legge 83/2012 (c.d. DecretoCrescita) in tema di sportello unico dell’attivitàedilizia che ha, in particolare, previsto l’indizioneobbligatoria della conferenza di servizi nei soli casiin cui, scaduto il termine istruttorio di 60 giorni,non siano intervenute le intese, concerti, nulla ostaecc. delle altre amministrazioni pubbliche ovverosia intervenuto il dissenso di una o più amministra-zioni interpellate (sempre se tale dissenso non siafondato sull’assoluta incompatibilità).

Per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggisti-co, il nuovo art. 20 comma 9 del Dpr 380/2001 spe-cifica che resta fermo quanto previsto dall’art. 146,comma 9 del D. lgs. 42/2004.

Tale ultima norma prevede che, decorso inutil-mente il termine di 45 giorni a disposizione delSoprintendente per il rilascio del relativo parere,l’amministrazione comunale ha facoltà di indireuna conferenza di servizi alla quale partecipa ancheil Soprintendente per rendere il parere non espres-so in precedenza. La conferenza si pronuncia entroil termine perentorio di 15 giorni e in ogni caso,decorsi 60 giorni dalla ricezione degli atti da partedel Soprintendente, il comune provvede sulladomanda di autorizzazione paesaggistica.

Al fine di dare una lettura sistematica alla com-plessa normativa che scaturisce dal richiamoall’art. 146, comma 9, D. lgs 42/2004 si potrebbe-ro ipotizzare nell’ambito del procedimento di rila-scio del permesso di costruire su un immobile sog-getto a vincolo paesaggistico due diverse situazio-ni: • il responsabile dello Sportello Unico per acquisi-re il parere del Soprintendente indice una conferen-za di servizi: in questo caso sembrerebbero trovare

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55lEGGI E CIRCOlARI

applicazione le disposizioni contenute nell’art. 14ter della Legge 241/1990 ed in particolare: - il Soprintendente in sede di conferenza di servizisi esprime in via definitiva in ordine a tutti i prov-vedimenti di sua competenza;- si considera acquisito l’assenso del Soprintendentese all’esito dei lavori della conferenza non abbiaespresso definitivamente il proprio parere. • il responsabile dello Sportello Unico per acquisi-re il parere del Soprintendente decide di non indirela conferenza di servizi ma di rivolgersi diretta-mente al Soprintendente stesso: in questo caso, tro-verebbe effettivamente applicazione l’art. 146,comma 9 del D. lgs. 42/2004 e quindi, qualora ilSoprintendente non si esprima nel termine di 45giorni, decorsi comunque 60 giorni dalla ricezionedegli atti da parte del Soprintendente stesso, l’am-ministrazione competente alla tutela del vincoloprovvede sulla domanda di autorizzazione.

rapporto cIL, ScIa – autorizzazionipreliminari

Le modifiche che hanno recentemente interessa-to le procedure sullo Sportello Unico Edilizia(SUE) con l’entrata in vigore del DL 83/2012hanno riguardato esclusivamente il permesso dicostruire e la denuncia di inizio attività in alternati-va al permesso di costruire.

Si ricorda che l’art. 13 bis del Dl 83/2012 ha raf-forzato il ruolo di tale istituto con l’attribuzionenon solo di maggiori funzioni istruttorie ma anchedecisorie.

Lo sportello unico è diventato, infatti, l’unicopunto di accesso per l’interessato in merito a tuttele vicende amministrative relative al titolo abilitati-vo e all’intervento edilizio stesso, che fornisce unarisposta tempestiva in luogo di tutte le pubblicheamministrazioni coinvolte.

Tutti gli atti collegati al titolo/intervento sono,dal 13 febbraio scorso, gestiti da questa strutturadirettamente o tramite conferenza di servizi ai sensidell’art. 14 e seguenti della L. 241/90.

La possibilità che lo SUE acquisisca direttamen-te o tramite conferenza di servizi ai sensi dell’art.14 e seguenti della L. 241/90 tutti i nulla osta, pare-ri ecc. collegati al titolo/intervento non era applica-bile alla CIL (comunicazione inizio lavori) e allaSCIA (segnalazione certificata di inizio attività).

Il decreto legge 69/2013, come convertito inLegge 98/2013, interviene a colmare tale assenzadefinendo una procedura specifica.

In particolare, dopo l’art. 23 del Dpr 380/2001,viene aggiunto un nuovo articolo 23 bis rubricatocome “autorizzazioni preliminari alla segnalazionecertificata di inizio attività e alla comunicazione diinizio lavori”.

La norma prevede due facoltà in capo al sogget-to interessato nel caso siano necessari per l’inter-vento degli atti di assenso comunque denominati: ❖ presentazione al SUE di una prima istanza perl’acquisizione dei relativi assensi e, una volta,acquisiti la SCIA/CIL per iniziare l’attività; ❖ presentazione dell’istanza di acquisizione conte-stualmente alla SCIA/CIL.

In tale ultimo caso si avrà una SCIA/CIL “diffe-rita” in quanto i lavori non potranno iniziare imme-diatamente, ma solo dopo la comunicazione daparte del SUE dell’avvenuta acquisizione degli attidi assenso o dell’esito positivo della conferenza diservizi.

Al fine di coordinare le procedure previste per ilpermesso di costruire con quelle della SCIA e DIAla norma dispone che, se gli atti richiesti non inter-vengono entro il termine di cui all’art. 20 comma 3,si applica quanto previsto dal comma 5 bis delmedesimo articolo.

Tale norma, modificata dal citato decreto legge83/2012, ha stabilito che, se entro il termine istrut-torio di 60 giorni non intervengono le intese, con-certi, nulla osta ecc. delle altre amministrazionipubbliche, o è intervenuto il dissenso di una o piùamministrazioni interpellate (sempre se tale dissen-so non è fondato sull’assoluta incompatibilità), ilresponsabile dello sportello unico indice la confe-renza di servizi.

agibilità (comma 1, lett. g) Sono state confermate, con alcune modifiche, le

semplificazioni in tema di agibilità ed in particolare: - la possibilità di poter ottenere l’agibilità parziale(questione controversa in alcuni comuni) - individuazione di un procedimento alternativoalla richiesta di agibilità ai sensi dell’art. 25 del Dpr380/2001

Agibilità parzialeIn merito all’agibilità parziale il decreto legge

69/2013, come convertito in Legge 98/2013, con laprevisione di un comma aggiuntivo all’art. 24 delDpr 380/2001 (comma 4 bis), detta le condizioninecessarie affinché possa essere richiesto il relativocertificato.

In particolare ai sensi del nuovo comma 4bis sipotrà richiedere: ◇ per singoli edifici o singole porzioni della costru-zione, purché siano: - funzionalmente autonome; - state realizzate e collaudate le opere di urbanizza-zione primaria relative all’intero intervento edilizio; - state completate e collaudate le parti strutturaliconnesse, nonché collaudati e certificati gli impian-ti relativi alle parti comuni.

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CONDOMINIO GIURIDICO56

◇ per singole unità immobiliari purché siano: - completate e collaudate le parti strutturali connes-se; - certificati gli impianti e completate le parti comu-ni; - completate le opere di urbanizzazione primariadichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto diagibilità parziale.

Si ricorda che la possibilità di richiedere l’agibi-lità parziale era una prassi seguita solo da alcunicomuni e tale impostazione si coordina con quantoprevisto dall’art. 26 del Dpr 380/2001 che prevedeespressamente la possibilità di una revoca parzialedel certificato, lasciando chiaramente intuire che larestante porzione rimarrà agibile.

La norma, che accoglie la proposta Ance, è posi-tiva in quanto oltre ad estendere l’applicazione ditale procedura a tutto il territorio nazionale delineauna soluzione alle fattispecie nelle quali, anche pereffetto della crisi di mercato, vi sia l’impossibilitàdi ottenere la prescritta certificazione per l’interointervento in caso di mancata esecuzione dei lavo-ri di finitura delle varie unità immobiliari non ven-dute.

Procedimento alternativo alla richiesta di agibilità

All’art. 25 del Dpr 380/2001 viene aggiunto unnuovo comma 5 bis con il quale si prevede l’indi-viduazione di un procedimento alternativo allarichiesta di agibilità.

In particolare si prevede che ove l’interessato nonproponga domanda ai sensi del comma 1 del citatoarticolo (ossia entro 15 gg. dall’ultimazione deilavori di finitura) potrà presentare una dichiarazio-ne del direttore dei lavori o, qualora non nominato,di un professionista abilitato, con la quale si attestala conformità dell’opera al progetto presentato e lasua agibilità.

La dichiarazione sarà corredata dalla medesi-ma documentazione richiesta in via ordinaria(richiesta accatastamento, dichiarazione conformitàimpianti installati ecc.) ma a seguito della sua pre-sentazione e della dichiarazione del direttore deilavori o del professionista abilitato l’agibilità sidovrebbe intendere come immediatamente rilasciatasenza la necessità di dover attendere il termine di 30o 60 giorni per la formazione del relativo silenzio-assenso.

In pratica la verifica dei requisiti di agibilitàviene demandata agli eventuali e successivi con-trolli.

Le regioni disciplineranno le modalità per l’at-tuazione di tale disposizione e per l’effettuazionedei controlli.

Proroga titoli abilitativi (comma 3)L’attuale crisi economica, il mutato scenario

finanziario nazionale ed internazionale ed i pesantiriflessi che si sono avuti per il settore delle costru-zioni hanno imposto una riflessione sulle condizio-ni in cui si trovano ad operare le imprese.

Per tale motivo il decreto legge 69/2013, comeconvertito in Legge 98/2013, con il comma 3 del-l’art. 30, introduce una proroga “automatica” del-l’efficacia dei titoli abilitativi edilizi sia per l’iniziolavori che per il termine di ultimazione degli stessi.

Diversamente da quanto previsto in via ordinarial’interessato non dovrà presentare nessuna richiestadi proroga né specificare alcuna motivazione oattendere un provvedimento di concessione.

Al fine di ottenere la proroga sarà sufficienteeffettuare unicamente una comunicazione senzaalcuna discrezionalità da parte del comune.

Il Decreto Legge 69/2013 specifica, nel successi-vo comma 4 dell’art. 30, che la proroga si applicaanche alle denunce di inizio attività e alle segnala-zioni certificate di inizio attività.

Le legge di conversione ha ulteriormente specifi-cato che la proroga è consentita purché i termini diinizio e fine lavori non siano ancora decorsi almomento della comunicazione da parte dell’inte-ressato e sempre che i titoli abilitativi non siano incontrasto con nuovi strumenti urbanistici approvatio adottati.

La norma, infine, fa salve le diverse discipline alivello regionale. Sul punto si sottolinea che, primadell’entrata in vigore della norma in commento, sianella Regione Marche (Lr 12/2013) che nellaRegione Emilia Romagna (Lr 15/2013) sono stateintrodotte delle specifiche previsioni.

Proroga convenzioni urbanistiche(comma 3 bis)

Accogliendo la proposta Ance è stata introdottadalla legge di conversione la norma con la quale siprevede la proroga dei termini delle convenzioniurbanistiche.

Ai sensi del nuovo comma 3 bis sono prorogati ditre anni: ▸ il termine di validità delle convenzioni o degliaccordi similari comunque denominati a livelloregionale; ▸ i termini di inizio e fine lavori e quindi dei rela-tivi titoli abilitativi rilasciati per l’esecuzione delleopere previste in convenzione o negli accordi simi-lari.

La proroga, specifica la norma, si applica alleconvenzioni o agli accordi stipulati sino al31/12/2013.

Rispetto a quanto previsto per la proroga dei ter-

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57lEGGI E CIRCOlARI

mini di cui al precedente comma 3 si sottolinea chesolo nel caso in cui si tratti di un intervento edilizioper il quale sia stata stipulata una convenzione o unaccordo i termini di validità dei titoli edilizi rila-sciati (esecuzione intervento e opere urbanizzazio-ne) saranno prorogati di tre anni e non di due.

Inoltre, dato che la norma non detta prescrizioni

in merito alla relativa richiesta di proroga, si ritie-ne che la stessa sia applicabile “automaticamente”senza la necessità di dover esperire determinateformalità (es. comunicazione preventiva) fattasalva la necessità di rinnovare, eventualmente perla parte di opere non ancora eseguite, le eventualigaranzie finanziarie rilasciate al comune.

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I cHIarIMentI DeLL’agenzIa DeLLe entrate I cHIarIMentI DeLL’agenzIa DeLLe entrate Su rIStrutturazIonI eDILIzIe, Su rIStrutturazIonI eDILIzIe,

rISParMIo energetIco e BonuS arreDIrISParMIo energetIco e BonuS arreDI

“Il bonus del 50% per l’acquistodi mobili e elettrodomesticiriguarda le spese sostenute dal 6giugno al 31 dicembre 2013 pur-ché collegate alla detrazione perristrutturazioni edilizie con spesesostenute dal 26 giugno 2012(data di entrata in vigore del dl n.83/2012 che ha alzato il tetto del-l’agevolazione dal 36 al 50%).Nell’ottica della semplificazionenon è necessario pagare solo conbonifico bancario o postale mavale anche l’acquisto con cartadi credito o di debito. L’importoagevolabile è pari a 10mila europer unità immobiliare e vi rien-trano, ad esempio, i letti, gliarmadi, le scrivanie, i divani e ingenerale gli elettrodomesticinuovi di classe energetica noninferiore alla A+ (classe A per iforni) ma anche le spese di tra-sporto e montaggio. Con la cir-colare n. 29/E, diffusa il 18 set-tembre, le Entrate forniscono,inoltre, chiarimenti sulle proro-ghe introdotte dal Dl n. 63/2013per la riqualificazione energeticadegli edifici e il recupero delpatrimonio edilizio.cHI PuÒ uSuFruIre DeLBonuS MoBILI - La realizza-zione di interventi edilizi è condi-zione necessaria per fruire delbeneficio fiscale per l’acquisto dimobili e grandi elettrodomestici.I lavori edilizi che danno dirittoalla detrazione del 50%, conspese sostenute quindi dal 26giugno 2012 al 31 dicembre2013, possono riguardare le sin-gole unità immobiliari così comele parti comuni degli edifici resi-denziali. La realizzazione dilavori di ristrutturazione sulleparti comuni condominiali nonconsente però ai singoli condo-

mini (che usufruiscono proquota della relativa detrazione)di detrarre le spese sostenute peracquistare mobili e grandi elet-trodomestici da destinare all’ar-redo della propria unità immobi-liare ma solo gli arredi delleparti comuni come guardioleoppure per l’appartamento delportiere.coSa Fare? - Oltre a fruiredella detrazione per il recuperodel patrimonio edilizio rispettan-do tutti i requisiti richiesti ènecessario pagare l’acquisto dimobili e di grandi elettrodomesti-ci con bonifici bancari o postali,con le stesse modalità già previ-ste per i pagamenti dei lavori diristrutturazione indicando, quin-di:- la causale del versamentoattualmente utilizzata dalle ban-che e da Poste Italiane SPA per ibonifici relativi ai lavori diristrutturazione fiscalmente age-volati;- il codice fiscale del beneficiariodella detrazione;- il numero di partita Iva ovveroil codice fiscale del soggetto afavore del quale il bonifico èeffettuato.In alternativa e per semplificarel’utilizzo del bonus arredi si puòpagare anche con carte credito odi debito. In questo caso, la datadi pagamento corrisponde algiorno di utilizzo della carta daparte del titolare, che risultanella ricevuta telematica di avve-nuta transazione, e non nel gior-no di addebito sul conto corren-te. Non è consentito, invece,effettuare il pagamento medianteassegni bancari, contanti o altrimezzi di pagamento. Le spesesostenute, inoltre, devono essere

“documentate”, conservando ladocumentazione attestante l’ef-fettivo pagamento (ricevute deibonifici, ricevute di avvenutatransazione per i pagamentimediante carte di credito o didebito, documentazione di adde-bito sul conto corrente) e le fat-ture di acquisto dei beni con lausuale specificazione della natu-ra, qualità e quantità dei beni eservizi acquisiti.InterVentI DI rIQuaLI-FIcazIone energetIcaDegLI eDIFIcI, L’eFFI-cIenza Paga - Detrazioneprorogata fino al 31 dicembre2013, con lo “sconto” che saledal 55 al 65%, ripartito in dieciquote annuali dello stesso impor-to. Il Fisco premia l’efficienzaenergetica con tempi supplemen-tari e un’aliquota di detrazionepiù alta di dieci punti. In partico-lare, la proroga riguarda tutti gliinterventi già previsti dalla leggen. 296/2006 (art. 1, commi 344 eseguenti) e tra cui, a titolo diesempio:- gli interventi di riqualificazioneenergetica globale di edifici esi-stenti, con un limite massimodella detrazione pari a 100milaeuro;- gli interventi su edifici esistenti,parti di edifici esistenti o unitàimmobiliari che riguardanocoperture, pavimenti e finestre,con uno “sconto” massimo paria 60mila euro;- l’installazione di pannelli sola-ri per la produzione di acquacalda con un tetto massimo didetrazione pari a 60mila euro;- gli interventi di sostituzione diimpianti di climatizzazioneinvernale con impianti dotati dicaldaie a condensazione, con

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detrazione fino a 30mila euro.La circolare chiarisce che la pro-roga vale, fin dal 6 giugno 2013e con la stessa aliquota del 65%,anche per gli interventi di sosti-tuzione di impianti di climatizza-zione invernale con pompe dicalore ad alta efficienza e di scal-dacqua tradizionali con scaldac-qua a pompa di calore (dedicatialla produzione di acqua caldasanitaria), inizialmente esclusi epoi riammessi ai “supplementa-ri” dalla legge di conversione delDl n. 63.Per gli interventi di riqualifica-zione energetica l’aliquota del65% si applica dunque alle spesesostenute dal 6 giugno al 31dicembre 2013. Tempi ancorapiù ampi per beneficiare delbonus se gli interventi riguarda-no parti comuni di edifici condo-miniali o tutte le unità immobi-liari del condominio: la proroga,

in questo caso, si allunga al 30giugno 2014. In tutti i casi, lespese si considerano sostenutealla data dell’effettivo pagamen-to per le persone fisiche, i profes-sionisti e gli enti non commer-ciali (secondo il criterio di cassa,indipendentemente quindi dalmomento di avvio degli interven-ti); alla data in cui è stata ulti-mata la prestazione per le impre-se individuali, le società e gli enticommerciali (secondo il criteriodi competenza, indipendente-mente quindi dalla data deipagamenti).InterVentI DI recuPe-ro, Per Le zone SISMI-cHe La DetrazIone ÈSuPer - Per le spese sostenuteper interventi di recupero delpatrimonio edilizio dal 26 giugno2012 al 31 dicembre 2013, ladetrazione è pari al 50 per centodell’importo, con un limite mas-

simo di spesa di 96mila euro perciascuna unità immobiliare daripartire in dieci quote annualidi pari importo. A partire dal2014 in poi, la detrazione saràdel 36 per cento e il limite massi-mo di spesa si attesterà sullasoglia standard di 48mila euro.Una speciale detrazione del 65%è prevista per le spese sostenutefino al 31 dicembre 2013 per gliinterventi realizzati su edifici chesi trovano in zone sismiche adalta pericolosità, destinati daicontribuenti ad abitazione prin-cipale o allo svolgimento di atti-vità produttive, a condizione chele procedure autorizzatorie sianostate avviate dal 4 agosto 2013.In questo caso, i lavori ammessisono quelli relativi all’adozionedi misure antisismiche, a partireda quelli per la messa in sicurez-za statica effettuati sulle partistrutturali dell’immobile.

AGENZIA DELLE ENTRATECircolare 18/9/2013 n. 29

Decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 – Interventi

di efficienza energetica – Interventi

di ristrutturazione edilizia – Acquisto di mobili

per l’arredo e di elettrodomestici – Detrazioni

PREMESSA Il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, entrato in

vigore il 6 giugno 2013, convertito con modifica-zioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90 (di seguito“decreto”), contiene alcune misure agevolativedirette a favorire il miglioramento dell’efficienzaenergetica degli edifici e il recupero del patrimonioedilizio, anche con finalità di stimolo dei settoriproduttivi di riferimento.

In sintesi, per quanto riguarda gli specifici inter-venti agevolati, il decreto: - proroga fino al 31 dicembre 2013 la detrazioneper gli interventi di riqualificazione energeticadegli edifici, elevando contestualmente dal 55% al

65% l’aliquota della detrazione; la proroga è fino al30 giugno 2014 per gli interventi riguardanti particomuni degli edifici condominiali o tutte le unitàimmobiliari del condominio; - prevede la detrazione del 65% delle spese soste-nute dal 4 agosto al 31 dicembre 2013 per inter-venti antisismici su costruzioni ricadenti nelle zonesismiche ad alta pericolosità; - proroga fino al 31 dicembre 2013 la detrazioneper il recupero del patrimonio edilizio con la mag-giore aliquota del 50% e con il maggior limite dispesa di euro 96.000; - introduce una ulteriore detrazione per l’acquistodi mobili, nonché per l’acquisto di grandi elettro-domestici di classe energetica A+ (classe A per iforni), finalizzati all’arredo di immobili oggetto diristrutturazione, per le spese sostenute dal 6 giugnoal 31 dicembre 2013, fino a un limite massimo dieuro 10.000.

Con la presente circolare si forniscono chiari-menti su alcune questioni interpretative posteall’attenzione della scrivente e riguardanti l’appli-cazione delle detrazioni indicate.

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CONDOMINIO GIURIDICO60

Nel seguito, per TUIR si intende il Testo Unicodelle Imposte sui Redditi, approvato con il decretodel Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,n. 917. Le circolari e le risoluzioni citate in questodocumento sono consultabili nella banca datiDocumentazione Tributaria accessibile dal sitowww.agenziaentrate.gov.it o dal sito www.finan-ze.gov.it.

1. INTERVENTI DI RIQUALIFICA-ZIONE ENERGETICA DEGLIEDIFICI

L’art. 14 del decreto, nel prorogare le detrazioniper gli interventi di efficienza energetica, non ne hamodificato l’impianto normativo di riferimento.Pertanto, restano valide, in quanto compatibili, ledisposizioni istitutive dell’agevolazione, i relatividecreti e provvedimenti di attuazione, nonché idocumenti di prassi che ne hanno illustrato l’appli-cazione.

1.1 Interventi interessati dalla prorogadelle detrazioni

La disciplina delle detrazioni fiscali per gli inter-venti di efficienza energetica è contenuta nell’art.14 del decreto. Il comma 1 stabilisce che “Le dispo-sizioni di cui all’articolo 1, comma 48, della legge13 dicembre 2010 n. 220, e successive modificazio-ni, si applicano nella misura del 65 per cento anchealle spese sostenute dalla data di entrata in vigoredel presente decreto al 31 dicembre 2013”.

Per meglio comprendere la portata della prorogadisposta dal comma 1 dell’art. 14, in termini diinterventi agevolabili e relativa decorrenza, occor-re preliminarmente evidenziare che le detrazioniper gli interventi di efficienza energetica sono stateintrodotte dall’art. 1, commi 344 e seguenti, dellalegge n. 296 del 2006 e più volte prorogate conapposite disposizioni negli anni successivi.

Tra queste, si ricorda l’articolo 1, comma 48,della legge n. 220 del 2010, richiamato dall’art. 14in esame, che aveva prorogato le detrazioni per gliinterventi di efficienza energetica al 31 dicembre2011.

Successivamente, detto termine finale era statospostato al 31 dicembre 2012, ad opera dell’art. 4,comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011, e poial 30 giugno 2013, ad opera dell’art. 11, comma 2,del decreto-legge n. 83 del 2012.

Per entrambe le proroghe, comunque, il legislato-re era intervenuto sostituendo il termine finale del-l’agevolazione previsto dall’art. 1, comma 48, dellalegge n. 220 del 2010; quest’ultima, quindi, era ladisposizione che regolava le detrazioni per gliinterventi di efficienza energetica prima dell’entra-ta in vigore del decreto-legge n. 63 del 2013.

Ne consegue che la proroga al 31 dicembre 2013riguarda tutte le tipologie di interventi di efficienzaenergetica previsti dall’art. 1, commi 344 e seguen-ti, della legge n. 296 del 2006, di seguito indicati: - interventi di riqualificazione energetica di edi-fici esistenti, introdotti a decorrere dal 2007 dal-l’art. 1, comma 344, della legge n. 296 del 2006,con un limite massimo della detrazione pari a euro100.000.

Per questa tipologia di interventi non è specifica-to quali opere o quali impianti occorre realizzareper raggiungere le prestazioni energetiche richie-ste. L’intervento, infatti, è definito in funzione delrisultato che lo stesso deve conseguire in termini diriduzione del fabbisogno annuo di energia primariaper la climatizzazione invernale dell’intero fabbri-cato. Pertanto, qualsiasi intervento, o insieme siste-matico di interventi, che incida sulla prestazioneenergetica dell’edificio, realizzando la maggiorefficienza energetica richiesta dalla normativa diriferimento, è ammesso al beneficio fiscale; - interventi su edifici esistenti, parti di edificiesistenti o unità immobiliari, riguardanti strut-ture opache verticali, strutture opache orizzon-tali (coperture e pavimenti), finestre comprensi-ve di infissi, introdotti a decorrere dal 2007, dal-l’art. 1, comma 345, della legge n. 296 del 2006,con un limite massimo della detrazione pari a euro60.000; - installazione di pannelli solari per la produzio-ne di acqua calda per usi domestici o industrialie per la copertura del fabbisogno di acqua caldain piscine, strutture sportive, case di ricovero ecura, istituti scolastici e università, introdotti adecorrere dal 2007 dall’art. 1, comma 346, dellalegge n. 296 del 2006, con un limite massimo delladetrazione pari a euro 60.000; - interventi di sostituzione di impianti di clima-tizzazione invernale con impianti dotati di cal-daie a condensazione e contestuale messa apunto del sistema di distribuzione, introdotti adecorrere dal 2007 dall’art. 1, comma 347, dellalegge n. 296 del 2006, con un limite massimo delladetrazione pari a euro 30.000; - sostituzione di impianti di climatizzazioneinvernale con pompe di calore ad alta efficienzae con impianti geotermici a bassa entalpia, intro-dotti a decorrere dal 2008 dall’art. 1, comma 286,della legge n. 244 del 2007 e ricondotti nell’ambi-to degli interventi di cui all’art. 1, comma 347,della legge n. 296 del 2006, con un comune limitemassimo della detrazione pari a euro 30.000; - interventi di sostituzione di scaldacqua tradi-zionali con scaldacqua a pompa di calore dedi-cati alla produzione di acqua calda sanitaria,introdotti a decorrere dal 2012 dall’art. 4, comma

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61lEGGI E CIRCOlARI

4, del DL n. 201 del 2011 e ricondotti nell’ambitodegli interventi di cui all’art. 1, comma 347, dellalegge n. 296 del 2006, con un comune limite mas-simo della detrazione pari a euro 30.000.

Per quanto riguarda le ultime due tipologie diinterventi, si fa presente che il comma 1 dell’art.14, nella formulazione entrata in vigore il 6 giugno2013, escludeva la proroga per “gli interventi disostituzione di impianti di riscaldamento conpompe di calore ad alta efficienza ed impianti geo-termici a bassa entalpia” e per “la sostituzione discaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompadi calore dedicati alla produzione di acqua caldasanitaria”.

La legge di conversione n. 90 del 2013, tuttavia,ha soppresso le suddette esclusioni dalla proroga.Al riguardo, si ritiene che le modifiche apportatedalla legge di conversione siano applicabili fin dal6 giugno 2013, data di entrata in vigore del decre-to, e non dal 4 agosto 2013, data di entrata in vigo-re della legge di conversione.

Quanto precede deriva dalla considerazione cheil legislatore, disponendo la soppressione dell’e-sclusione, ha ricondotto anche queste due tipologiedi interventi agevolabili a quelli cui l’aliquota del65% si applica “alle spese sostenute dalla data dientrata in vigore del presente decreto”. Inoltre, nonapparirebbe particolarmente coerente sotto il profi-lo della ratio complessiva della modifica prevede-re, per queste tipologie di spese, l’aliquota del 55%fino al 30 giugno 2013 (precedente termine finaledell’agevolazione) e quella del 65% solo a decorre-re dal 4 agosto 2013, data di entrata in vigore dellalegge di conversione, con un’interruzione nelperiodo intermedio.

1.2 Decorrenza dell’aliquota del 65%Per gli interventi indicati al paragrafo preceden-

te, l’aliquota del 65% si applica alle spese sostenu-te dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2013.

Al riguardo, si ritiene che l’utilizzo dell’espres-sione “spese sostenute”, senza altre condizionivolte a circoscrivere l’applicazione della più eleva-ta aliquota del 65% in relazione alla data di avviodegli interventi, comporta che ai fini dell’imputa-zione delle stesse occorre fare riferimento: - per le persone fisiche, compresi gli esercenti artie professioni, e gli enti non commerciali al crite-rio di cassa e, quindi, alla data dell’effettivo paga-mento, indipendentemente dalla data di avvio degliinterventi cui i pagamenti si riferiscono; ad esem-pio, un intervento ammissibile iniziato a maggio2013, con pagamenti a maggio, luglio e settembrecomporta l’applicazione dell’aliquota del 55% peril pagamento di maggio e dell’aliquota del 65% peri pagamenti di luglio e settembre;

- per le imprese individuali, le società e gli enticommerciali al criterio di competenza e, quindi,alla data di ultimazione della prestazione, indipen-dentemente dalla data di avvio degli interventi cuile spese si riferiscono e indipendentemente dalladata dei pagamenti.

I medesimi principi devono essere applicatianche per quanto riguarda la verifica del sosteni-mento delle spese entro il 31 dicembre 2013, ter-mine finale previsto dal comma 1 dell’art. 14 deldecreto, ovvero entro il 30 giugno 2014, per gliinterventi su edifici condominiali indicati al suc-cessivo comma 2 (cfr. paragrafo 1.3).

Si ricorda che per le detrazioni in esame, diver-samente da quelle per gli interventi di recupero delpatrimonio edilizio di cui all’art. 16-bis del TUIR,è previsto un limite di importo detraibile, variabilein funzione dell’intervento agevolato, e non unlimite di spesa ammissibile. Ne consegue che lamaggiore aliquota del 65%, rispetto all’applicazio-ne dell’aliquota del 55%, comporta nella sostanzauna riduzione dei limiti massimi di spesa agevola-bile.

1.3 Interventi su parti comuni di edificicondominiali

Il comma 2 dell’art. 14 del decreto, non modifi-cato dalla legge di conversione, prevede che “Ladetrazione spettante ai sensi del comma 1 si appli-ca nella misura del 65 per cento alle spese soste-nute dalla data di entrata in vigore del presentedecreto al 30 giugno 2014 per interventi relativi aparti comuni degli edifici condominiali di cui agliarticoli 1117 e 1117-bis del codice civile o che inte-ressino tutte le unità immobiliari di cui si componeil singolo condominio”.

Nella relazione al disegno di legge di conversio-ne del decreto in esame, si legge che “una siffattadurata del regime incentivante potenziato, stabilitain misura maggiore per le spese sostenute per glistabili condominiali, è dovuta al maggior temponecessario per la progettazione, l’espletamentodelle procedure autorizzatorie e l’attuazione degliinterventi riguardanti i predetti stabili, di notevoleentità. Si è voluto perseguire, nel contempo, l’o-biettivo di favorire una riqualificazione energeticadegli edifici condominiali, che presentano consumienergetici superiori alla media italiana, già di persé abbastanza alta rispetto a quella di altri paesidell’Unione europea, anche in considerazionedella loro epoca di costruzione”.

Il comma 2, quindi, mantiene fermi gli interventiagevolabili e l’aliquota della detrazione al 65% inprecedenza indicati, mentre prevede una maggioredurata dell’agevolazione, fino al 30 giugno 2014,per gli interventi:

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- relativi a parti comuni degli edifici condomi-niali; - che interessano tutte le unità immobiliari di cuisi compone il singolo condominio.

Per quanto concerne la nozione di “parti comunidegli edifici condominiali”, si fa presente che ledisposizioni del codice civile disciplinanti il con-dominio degli edifici sono state recentementemodificate ad opera della legge 11 dicembre 2012,n. 220 (Modifiche alla disciplina del condominionegli edifici), in vigore dal 18 giugno 2013.

L’art. 1117 del codice civile (Parti comuni dell'e-dificio) stabilisce che sono oggetto di proprietàcomune dei proprietari delle singole unità immobi-liari dell'edificio, anche se aventi diritto a godi-mento periodico e se non risulta il contrario daltitolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'usocomune, come il suolo su cui sorge l'edificio, lefondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi por-tanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni diingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e lefacciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali peri servizi in comune, come la portineria, incluso l'al-loggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e isottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali efunzionali, all'uso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualun-que genere destinati all'uso comune, come gliascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici efognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e ditrasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per ilriscaldamento ed il condizionamento dell'aria, perla ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qua-lunque altro genere di flusso informativo, anche dasatellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alpunto di diramazione ai locali di proprietà indivi-duale dei singoli condomini, ovvero, in caso diimpianti unitari, fino al punto di utenza, salvoquanto disposto dalle normative di settore in mate-ria di reti pubbliche.

Il successivo art. 1117-bis del codice civile, inse-rito dalla citata legge n. 220 del 2012, estende l’ap-plicazione delle disposizioni del codice civile sulcondominio degli edifici, in quanto compatibili, atutti i casi in cui più unità immobiliari o più edificiovvero più condominii di unità immobiliari o diedifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo1117.

1.4 Fruizione della detrazioneIl comma 3 dell’art. 14 del decreto, non modifi-

cato dalla legge di conversione, stabilisce che ladetrazione spettante in base all’articolo 14 deldecreto è ripartita in dieci quote annuali di pari

importo, confermando quanto già stabilito dall’art.1, comma 48, della legge n. 220 del 2010.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposi-zioni di cui all’articolo 1, comma 24, della legge 24dicembre 2007, n. 244, che ha introdotto, a decor-rere dalla proroga per il 2008, alcune modifichealla disciplina originaria delle agevolazioni per lariqualificazione energetica degli edifici.

2. InterVentI DI recuPeroDeL PatrIMonIo eDILIzIo

2.1 Proroga della detrazione del 50%con limite di spesa di euro 96.000

Le detrazioni per le spese sostenute per interven-ti di recupero del patrimonio edilizio sono discipli-nate, a decorrere dal 2012, dall’art. 16-bis delTUIR. Le detrazioni sono state inserite stabilmentenel corpo delle spese rilevanti ai fini IRPEF dal-l’art. 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, accor-pando in un unico articolo sia la detrazione per gliinterventi di recupero del patrimonio edilizio, ori-ginariamente prevista dall’art. 1 della legge n. 449del 1997 e più volte prorogata (comma 1 dell’art.16-bis), sia la detrazione nei casi di interventi diristrutturazione o restauro e risanamento conserva-tivo di interi fabbricati, eseguiti da imprese dicostruzione o ristrutturazione immobiliare e dacooperative edilizie, prevista a favore dell’acqui-rente o assegnatario delle singole unità immobilia-ri facenti parte del fabbricato, originariamente pre-vista dall’art. 9, comma 2, della legge n. 448 del2001 e più volte prorogata (comma 3 dell’art. 16-bis).

L’art. 16-bis del TUIR consente le detrazioni perun importo pari al 36% delle spese documentate,per un ammontare complessivo delle spese stessenon superiore a euro 48.000.

Tuttavia, nell’ambito delle misure per lo sviluppoeconomico adottate con decreto-legge n. 83 del2012, l’art. 11, comma 1, ha previsto per le spesedocumentate relative agli interventi di cui all’arti-colo 16-bis, comma 1, del TUIR, sostenute dal 26giugno 2012, data di entrata in vigore del decreto-legge e fino al 30 giugno 2013, una detrazione dal-l’imposta lorda pari al 50% delle spese, fino ad unammontare complessivo delle spese stesse nonsuperiore a 96.000 euro per unità immobiliare.

L’innalzamento della percentuale di detrazionedal 36% al 50% e l’incremento delle spese ammis-sibili da euro 48.000 a euro 96.000 si applicanoanche alle spese sostenute per gli interventi di cuial successivo comma 3 del medesimo art. 16-bisdel TUIR, assunte in misura pari al 25% del prezzodi acquisto o di assegnazione dell’unità immobilia-re.

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63lEGGI E CIRCOlARI

Ciò in quanto gli interventi oggetto del comma 3(restauro e risanamento conservativo o ristruttura-zione edilizia) coincidono con quelli ammissibilialla detrazione in base al comma 1 (in particolarealle lett. a e b), così come sono i medesimi l’ali-quota applicabile e l’importo massimo della spesaammissibile (cfr. anche istruzioni al modelloUNICO PF 2013 e 730 2013).

In detto contesto, l’art. 16, comma 1, del decretoin esame, modificando il termine finale previsto dalcomma 1 dell’art. 11 del decreto-legge n. 83 del2012, proroga fino al 31 dicembre 2013 la detra-zione con la maggiore aliquota del 50% e con ilmaggior limite di importo delle spese ammissibilidi euro 96.000, sia per le spese sostenute per gliinterventi previsti dal comma 1 dell’art. 16-bis delTUIR, sia per quelle sostenute per gli interventiprevisti dal successivo comma 3 del medesimo arti-colo.

È appena il caso di precisare che il comma 1 del-l’art. 16 del decreto non ha modificato l’impiantonormativo di riferimento delle detrazioni previstedall’art. 16-bis del TUIR. Pertanto, restano applica-bili le disposizioni dell’art. 16-bis del TUIR, delregolamento adottato con decreto del Ministerodelle finanze di concerto con il Ministro dei Lavoripubblici del 18 febbraio 1998, n. 41, compresol’obbligo del pagamento mediante l’apposito boni-fico bancario o postale, nonché del provvedimentodel Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2novembre 2011.

2.2 Interventi antisismici in zone ad altapericolosità

Il comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto,aggiunto in sede di conversione in legge, stabilisceche “Per le spese sostenute per gli interventi di cuiall'articolo 16-bis, comma 1, lettera i), del testounico di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le cui proce-dure autorizzatorie sono attivate dopo la data dientrata in vigore della legge di conversione delpresente decreto, su edifici ricadenti nelle zonesismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cuiall'ordinanza del Presidente del Consiglio deiministri n. 3274 del 20 marzo 2003, pubblicata nelsupplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficialen. 105 dell’8 maggio 2003, riferite a costruzioniadibite ad abitazione principale o ad attività pro-duttive, spetta, fino al 31 dicembre 2013, unadetrazione dall'imposta lorda pari al 65 per cento,fino ad un ammontare complessivo delle stesse nonsuperiore a 96.000 euro per unità immobiliare”.

Il rinvio alla lett. i) dell’art. 16-bis del TUIRcomporta che gli interventi agevolabili coincidonocon quelli ammessi alla detrazione del 36% (50%

fino al 31 dicembre 2013, in forza della prorogadisposta dall’art. 16, comma 1, del decreto).

Si ricorda che la richiamata lett. i) include gliinterventi relativi all’adozione di misure antisismi-che con particolare riguardo all'esecuzione diopere: - per la messa in sicurezza statica, in particolaresulle parti strutturali; - per la redazione della documentazione obbligato-ria atta a comprovare la sicurezza statica del patri-monio edilizio; - per la realizzazione degli interventi necessari alrilascio della suddetta documentazione;

La medesima lett. i) specifica che gli interventirelativi all'adozione di misure antisismiche e all'e-secuzione di opere per la messa in sicurezza staticadevono essere realizzati sulle parti strutturali degliedifici o complessi di edifici collegati struttural-mente e comprendere interi edifici e, ove riguardi-no i centri storici, devono essere eseguiti sulla basedi progetti unitari e non su singole unità immobi-liari.

Le unità immobiliari che possono essere oggettodegli interventi agevolabili sono individuate con unduplice criterio: la localizzazione territoriale inzone sismiche ad alta pericolosità e il tipo di utiliz-zo. Non rileva, invece, la categoria catastale dell’u-nità immobiliare, non sussistendo alcun vincolo alriguardo.

Per il profilo territoriale, gli edifici devono rica-dere nelle zone sismiche (ogni zona coincide con ilterritorio di un comune) ad alta pericolosità indivi-duate con i codici 1 e 2 nell’allegato A dell’ordi-nanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.3274 del 20 marzo 2003, recante “Primi elementiin materia di criteri generali per la classificazionesismica del territorio nazionale e di normative tec-niche per le costruzioni in zona sismica”.

Per il tipo di utilizzo, rileva la circostanza che lacostruzione sia adibita “ad abitazione principale oad attività produttive”, con ciò privilegiando gliimmobili in cui è maggiormente probabile che sisvolga la vita familiare e lavorativa delle persone.

Per costruzione adibita ad abitazione principale siintende l’abitazione nella quale la persona fisica oi suoi familiari dimorano abitualmente, secondo lanozione rilevante in ambito IRPEF.

Per costruzioni adibite ad attività produttive,stante la particolare finalità della disposizione inesame di tutela delle persone prima ancora che delpatrimonio, si intendono le unità immobiliari in cuisi svolgono attività agricole, professionali, produt-tive di beni e servizi, commerciali o non commer-ciali.

Possono beneficiare della detrazione i soggettipassivi IRPEF e IRES che sostengono le spese per

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CONDOMINIO GIURIDICO64

gli interventi agevolabili, se le spese stesse sianorimaste a loro carico, e possiedono o detengonol’immobile in base a un titolo idoneo (diritto di pro-prietà o altro diritto reale, contratto di locazione, oaltro diritto personale di godimento).

La circostanza che un unico edificio localizzatoin una zona sismica ad alta pericolosità possa com-prendere unità immobiliari destinate ad attivitàproduttive, ad abitazioni principali, nonché ad altreabitazioni, comporta che l’aliquota del 65% potràessere fruita solo per le spese sostenute fino al 31dicembre 2013 riferite alle unità immobiliari desti-nate ad attività produttive e ad abitazione principa-le, applicandosi l’aliquota del 50% per le altre unitàimmobiliari residenziali, anche a uso promiscuo,nei casi in cui le spese siano sostenute da soggettiche possono avvalersi della detrazione dall’IRPEFdi cui all’art. 16-bis del TUIR.

Le spese sostenute per gli interventi in preceden-za descritti possono fruire fino al 31 dicembre 2013dell’aliquota del 65%, a condizione che le proce-dure di autorizzazione siano avviate a decorre dal 4agosto 2013, data di entrata in vigore della legge diconversione del decreto.

Il tetto massimo di spesa agevolata è fissato nellamisura di 96.000 euro per ciascuna unità immobi-liare facente parte dell’edificio.

Per l’individuazione della disciplina applicabilealla detrazione per gli interventi in questione(modalità di pagamento, fruizione della detrazione,documentazione da conservare), in assenza di indi-cazioni nella disposizione in commento e conside-rate le tipologie di interventi agevolabili, si ritieneche si debba fare riferimento alle disposizioniapplicabili per gli interventi di cui alla lett. i) delcomma 1 dell’art. 16-bis del TUIR.

La detrazione deve essere ripartita in dieci quoteannuali costanti e di pari importo nell’anno disostenimento delle spese e in quelli successivi.

3. acQuISto DI MoBILI e DIgranDI eLettroDoMeStIcI

L’art. 16, comma 2, del decreto, nel quadro dellemisure adottate per favorire la ripresa economica,prevede che “Ai contribuenti che fruiscono delladetrazione di cui al comma 1 è altresì riconosciutauna detrazione dall’imposta lorda, fino a concor-renza del suo ammontare, nella misura del 50 percento delle ulteriori spese documentate e sostenutedalla data di entrata in vigore del presente decretoper l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomesti-ci di classe non inferiore alla A+, nonché A per iforni, per le apparecchiature per le quali sia previ-sta l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo del-l’immobile oggetto di ristrutturazione”.

Il medesimo comma 2 stabilisce che la detrazio-

ne “da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quoteannuali di pari importo, è calcolata su un ammon-tare complessivo non superiore a 10.000 euro”.

La detrazione in esame presenta sostanziali ana-logie con la detrazione a suo tempo prevista dal-l’art. 2 del decreto-legge n. 5 del 2009 (anch’essadiretta ad agevolare le ulteriori spese sostenute perl’acquisto di mobili ed elettrodomestici finalizzatiall’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazio-ne); se ne distingue, tuttavia, per alcune differenze,sia nel testo della disposizione agevolativa che nelcontesto normativo di riferimento, che non consen-tono di fare un mero rinvio alle istruzioni già ema-nate con riguardo alla precedente agevolazione(cfr. circolare n. 35/E del 16 luglio 2009, circolaren. 21/E del 23 aprile 2010, paragrafo 2).

3.1 Soggetti che possono beneficiaredella detrazione

I soggetti che possono avvalersi del beneficiofiscale sono individuati indirettamente dal comma2, mediante riconoscimento della detrazione “Aicontribuenti che fruiscono della detrazione di cuial comma 1”, ossia ai contribuenti che, come chia-rito al precedente paragrafo 2 di questa circolare,fruiscono della detrazione per interventi di recupe-ro del patrimonio edilizio di cui all’art. 16-bis del TUIR con la maggiore aliquota del 50% e conil maggior limite di 96.000 euro di spese ammis-sibili.

3.2 Interventi edilizi che costituiscono ilpresupposto per la detrazione

Il comma 2 richiede, tuttavia, anche altri requisi-ti, in quanto i contribuenti in questione devonosostenere “ulteriori spese documentate”, rispetto aquelle sostenute per gli interventi di recupero delpatrimonio edilizio, per “l’acquisto di mobili e digrandi elettrodomestici, finalizzati all’arredo del-l’immobile oggetto di ristrutturazione”.

La finalizzazione, che conferma quella già pre-sente nel 2009, evidenzia la stretta correlazione tral’incentivo a favore del settore del mobile e quelloa favore del settore edile.

L’Agenzia delle entrate, già con riguardo all’ana-loga agevolazione istituita dall’art. 2 del decreto-legge n. 5 del 2009, ha chiarito che gli interventi direcupero del patrimonio edilizio che costituisconopresupposto del beneficio in esame non sono limi-tati alla “ristrutturazione edilizia” in senso tecnico,ma comprendono anche la manutenzione straordi-naria, e il restauro e risanamento conservativo, disingole unità immobiliari residenziali (cfr. circola-re n. 35/E del 2009).

Il comma 2 dell’art. 16 del decreto, tuttavia, nonprevede più la limitazione agli interventi edilizi

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effettuati su “singole unità immobiliari residenzia-li”, pur mantenendo invariata la necessaria finaliz-zazione dell’acquisto all’arredo dell’immobileoggetto di ristrutturazione.

Ne consegue che possono costituire valido presupposto per la fruizione della detrazione inesame l’effettuazione di interventi edilizi sia su sin-gole unità immobiliari residenziali, sia su particomuni di edifici residenziali di cui all’art. 1117 delcodice civile (cfr. il paragrafo 1.3 di questa circola-re), in funzione degli acquisti dei beni agevolatifinalizzati all’arredo, rispettivamente, delle singo-le unità immobiliari e delle parti comuni (ad esem-pio, guardiole, appartamento del portiere, sala adibita a riunioni condominiali, lavatoi, ecc.).L’effettuazione di lavori di ristrutturazione sulleparti comuni condominiali non consente ai singolicondomini, che fruiscono pro-quota della relativadetrazione, di acquistare mobili e grandi elettrodo-mestici da destinare all’arredo della propria unitàimmobiliare.

Inoltre, occorre tenere conto della circostanzache l’art. 16-bis del TUIR ricomprende tra gli inter-venti edilizi agevolabili anche alcuni interventi noncontemplati dall’art. 1 della legge n. 449 del 1997(norma sui benefici fiscali per il recupero del patri-monio edilizio richiamata dall’art. 2 del decreto-legge n. 5 del 2009).

In particolare, l’art. 16-bis del TUIR consente lafruizione della detrazione per gli interventi neces-sari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobiledanneggiato a seguito di eventi calamitosi, sempre-ché sia stato dichiarato lo stato di emergenza(comma 1, lett. c), nonché nei casi di interventi diristrutturazione o restauro e risanamento conserva-tivo di interi fabbricati, eseguiti da imprese dicostruzione o ristrutturazione immobiliare e dacooperative edilizie (comma 3), detrazione origina-riamente prevista dall’art. 9, comma 2, della leggen. 448 del 2001 e più volte prorogata. In questosecondo caso la detrazione per gli interventi edili-zi, calcolata su un importo pari al 25% del prezzodell’unità immobiliare, compete al successivoacquirente o assegnatario delle singole unità immo-biliari. Al medesimo contribuente compete anche ladetrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elet-trodomestici per le spese sostenute entro il 31dicembre 2013.

In sintesi, la detrazione in esame è collegata agliinterventi: - di manutenzione ordinaria, di cui alla lett. a)dell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001, effettuati sulleparti comuni di edificio residenziale; - di manutenzione straordinaria, di cui alla lett.b) dell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001, effettuatisulle parti comuni di edificio residenziale e su sin-

gole unità immobiliari residenziali; - di restauro e di risanamento conservativo, dicui alla lett. c) dell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001,effettuati sulle parti comuni di edificio residenzialee su singole unità immobiliari residenziali; - di ristrutturazione edilizia, di cui alla lett. d)dell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001, effettuati sulleparti comuni di edificio residenziale e su singoleunità immobiliari residenziali; - necessari alla ricostruzione o al ripristino del-l’immobile danneggiato a seguito di eventi cala-mitosi, ancorché non rientranti nelle categorie pre-cedenti, sempreché sia stato dichiarato lo stato diemergenza; - di restauro e di risanamento conservativo, e diristrutturazione edilizia, di cui alle lettere c) e d)dell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001, riguardantiinteri fabbricati, eseguiti da imprese di costruzioneo ristrutturazione immobiliare e da cooperative edi-lizie, che provvedano entro sei mesi dal termine deilavori alla successiva alienazione o assegnazionedell’immobile.

3.3 avvio degli interventi di recupero delpatrimonio edilizio

Il comma 2 dell’art. 16 del decreto, a differenzadell’analoga agevolazione operante nel 2009, nonindividua espressamente la data a decorrere dallaquale devono essere iniziati gli interventi di ristrut-turazione, né quella a decorrere dalla quale devonoessere sostenute le spese per detti interventi.

A tal fine, occorre considerare che – per effettodel richiamo alla fruizione della detrazione di cui alcomma 1 – i contribuenti ammessi a beneficiaredella detrazione per l’acquisto di mobili e grandielettrodomestici sono i medesimi contribuenti chefruiscono della detrazione del 50% per aver soste-nuto spese, riguardanti gli interventi di recuperodel patrimonio edilizio in precedenza indicati, dal26 giugno 2012, data di entrata in vigore dell’arti-colo 11, comma 1 del decreto-legge n. 83 del 2012(cfr. paragrafo 2.1).

Si ritiene, quindi, che il legislatore abbia consi-derato il sostenimento di spese dal 26 giugno 2012per gli interventi edilizi in precedenza elencati,come presupposto cui collegare la possibilità diavvalersi della detrazione in esame, essendo rap-presentativo di lavori in corso di esecuzione ocomunque terminati da un lasso di tempo sufficien-temente contenuto, tale da presumere che l’acqui-sto sia diretto al completamento dell’arredo del-l’immobile su cui i lavori sono stati effettuati.

Si ritiene possibile, inoltre, che le spese per l’ac-quisto di mobili e di grandi elettrodomestici sianosostenute anche prima di quelle per la ristruttura-zione dell’immobile, a condizione che siano stati

lEGGI E CIRCOlARI

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CONDOMINIO GIURIDICO66

già avviati i lavori di ristrutturazione dell’immo-bile cui detti beni sono destinati. In altri termini, la data di inizio lavori deve essere anteriore a quel-la in cui sono sostenute le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, ma non è necessario che le spese di ristrutturazione sia-no sostenute prima di quelle per l’arredo dell’abi-tazione (cfr. paragrafo 2.1 della circolare n. 21/Edel 2010).

La data di avvio potrà essere comprovata dalleeventuali abilitazioni amministrative o comunica-zioni richieste dalla vigente legislazione edilizia in relazione alla tipologia di lavori da realizzare,dalla Comunicazione preventiva indicante la datadi inizio dei lavori all’Azienda sanitaria locale,qualora la stessa sia obbligatoria, ovvero, in caso sitratti di lavori per i quali non siano necessariecomunicazioni o titoli abitativi dovrà essere ogget-to di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ,resa ai sensi dell’art. 47 del DPR 28 dicembre2000, n. 445, come prescritto dal provvedimentodel Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2novembre 2011.

3.4 Beni agevolabiliLa detrazione in esame compete per le spese

sostenute dal 6 giugno al 31 dicembre 2013 perl’acquisto di: - mobili; - grandi elettrodomestici di classe energetica noninferiore alla A+, nonché A per i forni, per le appa-recchiature per le quali sia prevista l’etichetta ener-getica.

La legge di conversione del decreto, nell’esten-dere il beneficio all’acquisto di grandi elettrodome-stici, ha espressamente specificato che possonobeneficiare della detrazione in esame le spesesostenute dal 6 giugno 2013, data di entrata invigore del decreto.

Per quanto concerne la data entro la quale devo-no essere sostenute le spese per l’acquisto di mobi-li e grandi elettrodomestici, rileva la circostanza, inprecedenza evidenziata, della stretta connessionetra la fruizione della detrazione per gli interventi diristrutturazione e la fruizione della detrazione inesame, da cui consegue che il 31 dicembre 2013 èla data ultima entro cui devono essere sostenute lespese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodo-mestici per poter fruire della detrazione.

Si precisa, inoltre, che possono essere agevolatesolo le spese sostenute per gli acquisti di mobili ograndi elettrodomestici nuovi. Sebbene la disposi-zione in esame non lo preveda espressamente, dettorequisito deve ritenersi assolutamente implicitonella ratio della disposizione, diretta a stimolare ilsettore produttivo di riferimento, effetto non otteni-

bile se fossero agevolate le spese sostenute per gliacquisti di mobili o grandi elettrodomestici usati.

Il collegamento richiesto dalla norma tra acquistodi mobili o di grandi elettrodomestici e arredo del-l’immobile oggetto di ristrutturazione deve sussi-stere tenendo conto dell’immobile nel suo com-plesso e non del singolo ambiente dell’immobilestesso. In altri termini, l’acquisto di mobili o digrandi elettrodomestici è agevolabile anche se dettibeni siano destinati all’arredo di un ambiente diver-so da quelli oggetto di interventi edilizi, purchél’immobile sia comunque oggetto degli interventiedilizi indicati al paragrafo 3.2.

Rientrano tra i “mobili” agevolabili, a titoloesemplificativo, letti, armadi, cassettiere, librerie,scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone,credenze, nonché i materassi e gli apparecchi diilluminazione che costituiscono un necessariocompletamento dell’arredo dell’immobile oggettodi ristrutturazione.

Non sono agevolabili, invece, gli acquisti diporte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet),di tende e tendaggi, nonché di altri complementi diarredo.

Per quel che riguarda i grandi elettrodomestici, ladisposizione limita il beneficio all’acquisto delletipologie dotate di etichetta energetica di classe A+o superiore, A o superiore per i forni, se per quelletipologie è obbligatoria l’etichetta energetica.L’acquisto di grandi elettrodomestici sprovvisti dietichetta energetica è agevolabile solo se per quel-la tipologia non sia ancora previsto l’obbligo di eti-chetta energetica.

Per quanto riguarda l’individuazione dei “grandielettrodomestici”, in assenza di diverse indicazioninella disposizione agevolativa, costituisce utileriferimento l’elenco di cui all’allegato 1B deldecreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, secondocui rientrano nei grandi elettrodomestici, a titoloesemplificativo: frigoriferi, congelatori, lavatrici,asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura,stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni amicroonde, apparecchi elettrici di riscaldamento,radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchiper il condizionamento.

Nell’importo delle spese sostenute per l’acquistodi mobili e grandi elettrodomestici possono essereconsiderate anche le spese di trasporto e di mon-taggio dei beni acquistati, sempreché le spese stes-se siano state sostenute con le modalità di paga-mento indicate al successivo par. 3.6.

3.5 ammontare della spesa detraibileL’art. 16, comma 2, secondo periodo, del decreto

precisa che “La detrazione di cui al presentecomma, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci

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quote annuali di pari importo, è calcolata su unammontare complessivo non superiore a 10.000euro”.

L’importo massimo di euro 10.000 su cui calco-lare la detrazione si riferisce complessivamente allespese sostenute per l’acquisto di mobili e grandielettrodomestici. In altri termini, se la somma dellespese sostenute per l’acquisto di mobili e grandielettrodomestici supera l’importo di euro 10.000, ladetrazione spettante dovrà essere determinatacomunque sull’importo massimo di euro 10.000.

Il predetto importo massimo di euro 10.000 èriferito alla singola unità immobiliare, comprensivadelle pertinenze, o alla parte comune dell’edificiooggetto di ristrutturazione, i cui dati catastali devo-no essere riportati nella dichiarazione dei redditi,prescindendo dal numero dei contribuenti che par-tecipano alla spesa.

Al contribuente che esegue lavori di ristruttura-zione su più unità immobiliari il diritto al beneficiodi cui all’art. 16 del decreto dovrà essere ricono-sciuto più volte. L’importo massimo di euro 10.000dovrà essere riferito a ciascuna unità abitativaoggetto di ristrutturazione.

3.6 adempimentiIl beneficio fiscale in esame è ancorato a quello

per il recupero del patrimonio edilizio. Ciò com-porta che il contribuente, per avvalersi del nuovobeneficio fiscale, deve fruire della detrazione per ilrecupero del patrimonio edilizio rispettando i pre-supposti e gli adempimenti previsti dall’art. 16-bisdel TUIR, dal regolamento adottato con decreto delMinistero delle finanze di concerto con il Ministrodei Lavori pubblici del 18 febbraio 1998, n. 41,nonché dal provvedimento del Direttore del-l’Agenzia delle entrate del 2 novembre 2011.

A tal riguardo si ricorda che dal 2011 non è piùnecessaria la comunicazione preventiva al CentroOperativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate, inquanto detto adempimento è stato sostituito dall’in-dicazione di alcuni dati nella dichiarazione dei red-diti e dall’obbligo della conservazione della docu-mentazione individuata dal citato provvedimentodel Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2

novembre 2011. Rimane fermo, invece, l’obbligo di pagare il cor-

rispettivo degli interventi di recupero del patrimo-nio edilizio mediante l’apposito bonifico bancarioo postale, salve talune specificate eccezioni, tra lequali il pagamento relativo all’acquisto degliimmobili da imprese che hanno eseguito la ristrut-turazione di un intero fabbricato.

Per quanto attiene agli adempimenti da seguireper la fruizione della detrazione per l’acquisto dimobili e di grandi elettrodomestici, si ricorda che icontribuenti devono eseguire i pagamenti mediantebonifici bancari o postali, con le medesime moda-lità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrut-turazione fiscalmente agevolati (cfr. comunicatostampa del 4 luglio 2013).

Nei bonifici, pertanto, dovranno essere indicati: - la causale del versamento attualmente utilizzatadalle banche e da Poste Italiane SPA per i bonificirelativi ai lavori di ristrutturazione fiscalmente age-volati; - il codice fiscale del beneficiario della detrazione; - il numero di partita IVA ovvero il codice fiscaledel soggetto a favore del quale il bonifico è effet-tuato.

Per esigenze di semplificazione legate alle tipo-logie di beni acquistabili, è consentito effettuare ilpagamento degli acquisti di mobili o di grandi elet-trodomestici anche mediante carte di credito o cartedi debito. In questo caso, la data di pagamento èindividuata nel giorno di utilizzo della carta di cre-dito o di debito da parte del titolare, evidenziatanella ricevuta telematica di avvenuta transazione, enon nel giorno di addebito sul conto corrente deltitolare stesso. Non è consentito, invece, effettuareil pagamento mediante assegni bancari, contanti oaltri mezzi di pagamento.

Le spese sostenute, inoltre, devono essere “docu-mentate”, conservando la documentazione attestantel’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevutedi avvenuta transazione per i pagamenti mediantecarte di credito o di debito, documentazione di adde-bito sul conto corrente) e le fatture di acquisto deibeni con la usuale specificazione della natura, quali-tà e quantità dei beni e servizi acquisiti.

lEGGI E CIRCOlARI

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SENTENZE ED ALTRE UTILITÀSENTENZE ED ALTRE UTILITÀ

AMMINISTRATORE LEGITTIMATO ATTIVO AMMINISTRATORE LEGITTIMATO ATTIVO NELLA CAUSA A TUTELA DELLE PARTI COMUNINELLA CAUSA A TUTELA DELLE PARTI COMUNI

“È stato considerato tale in una vicenda sorta acausa di strutture murarie nel sottotetto diproprietà condominiale realizzate da condòmi-ni del sottostante appartamento, strutture chedi fatto separavano tale porzione di sottotettodalla residua area comune determinando l’im-possibilità di accesso e di passaggio.“

CORTE DI CASSAZIONESez. II civ., sent. 22.3.2013, n. 7327

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon atto di citazione notificato il 17-3-2001 il

Condominio di via (...) conveniva dinanzi alTribunale di Milano P.V. e M.L., proprietari diun’unità immobiliare sita all'ultimo piano dello sta-bile, esponendo che gli stessi avevano indebita-mente realizzato delle strutture murarie nel sotto-tetto di proprietà condominiale sovrastante il loroappartamento, così da separare tale porzione di sot-totetto dalla residua area comune e da determinarel'impossibilità di accesso e di passaggio. L'attorechiedeva, pertanto, la condanna dei convenuti aripristinare l'accesso alla proprietà comune, condemolizione delle strutture murarie erette.

Nel costituirsi, i convenuti chiedevano il rigettodella domanda, eccependo la carenza di legittima-zione attiva dell'amministratore e sostenendo che ilsottotetto non era di proprietà condominiale, macostituiva una pertinenza del loro appartamento, edera stato comunque da essi posseduto in via esclu-siva sin dal 1979, di modo che in loro favore eramaturata l'usucapione.

In corso di causa intervenivano volontariamente icondomini G.D., C.I. e Ca.Se., aderendo alla

domanda attrice.Con sentenza n. 2837 del 2004 il Tribunale acco-

glieva la domanda, condannando i convenuti alpagamento delle spese processuali.

Con sentenza depositata il 28.5.2005 la Corte diAppello di Milano rigettava il gravame propostoavverso la predetta decisione dal M. e dalla P..

Questi ultimi hanno proposto ricorso per cassa-zione avverso tale sentenza, sulla base di tre moti-vi.

Il Condominio di via (...), G.D. e C. I. hanno resi-stito con un comune controricorso.

Con ordinanza emessa all'udienza del 5.7.2012 laCorte ha assegnato ai ricorrenti termine per il depo-sito dell'autorizzazione a stare in giudizio rilasciatadall'assemblea condominiale all'amministratore.

I ricorrenti hanno provveduto alla produzione ditale atto ed hanno depositato una memoria ex art.378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano laviolazione e falsa applicazione degli artt. 1158,1159, 2607 e 2699 c.c..

Sostengono che dal primo atto di vendita frazio-nata degli appartamenti dell'edificio di via (...) e dalregolamento di condominio risulta che il sottotetto,non tinteggiato di grigio, non è di natura condomi-niale.

Rilevano, inoltre, che la deduzione di prova testi-moniale era legittima, contenendo gli elementi fat-

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70 CONDOMINIO GIURIDICO

tuali costitutivi dell'istituto dell'usucapione.Il motivo difetta del requisito di specificità

richiesto dall'art. 366 c.p.c., n. 3.Le deduzioni svolte, nella prima parte, si risolvo-

no nella mera riproposizione di assunti in fatto giàesaminati e disattesi dal giudice di appello, il quale,all'esito di un'approfondita disamina delle risultan-ze processuali, ha negato, con argomentazioni con-gruenti, che dalle planimetrie in atti e dal regola-mento condominiale possano desumersi elementi asostegno della tesi della natura non condominialedel sottotetto per cui è causa.

Il motivo in esame è privo di qualsiasi riferimen-to alla statuizione adottata dal giudice di merito ealle ragioni che la sostengono; né spiega in alcunmodo in cosa consistano le dedotte violazioni dilegge (cfr. 25.9.2009 n. 20652; Cass. 6.7.2007 n.15263; Cass. 18.3.2002 n. 3941).

Anche le censure mosse nella seconda parte delmotivo non soddisfano le esigenze di specificitàimposte dalla menzionata disposizione di legge,non indicando nemmeno il contenuto dei capitoli diprova testimoniale articolati in corso di causa e nonammessi dal giudice di merito.

Le critiche rivolte alla sentenza impugnata, per-tanto, per la loro genericità, non valgono a supera-re i rilievi svolti dalla Corte di Appello, la quale haritenuto inammissibile il mezzo istruttorio invocatodai convenuti per la indeterminatezza, anche sottoil profilo temporale, dei capitoli dedotti ai fini del-l'accertamento dell'usucapione, nonché per la loroinidoneità a provare un possesso esclusivo qualifi-cato del bene comune, ai sensi dell'art. 1102 c.c.,comma 2.2) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentanol'erronea e contraddittoria motivazione su un puntodecisivo della controversia.

Sostengono che la Corte di Appello, pur avendoritenuto la legittimazione attiva del Condominiosul rilievo che l'azione proposta era di reintegra,non ha proceduto all'accertamento dell'esercizio difatto del possesso del sottotetto da parte dei condo-mini e dell'esecuzione, da parte dei convenuti, diopere impeditive dell'uso comune. Deducono che,non risultando il possesso comune del sottotetto daparte dei condomini, non può nemmeno raffigurar-si l'ipotesi di uno spoglio. Rilevano, inoltre, chenon può attribuirsi alcun valore confessorio alledichiarazioni del M., il quale non ha ammessoalcun abuso come fatto materiale, ma si è ripro-messo di effettuare “alcune modifiche”.

Il motivo deve essere disatteso.Le censure mosse non si confrontano con le

ragioni della decisione, atteso che la Corte diAppello, nel disattendere l'eccezione di carenza dilegittimazione attiva dell'amministratore sollevata

dagli appellanti, non ha affatto qualificato ladomanda proposta dall'attore come possessoria,bensì come diretta alla tutela dello stato di fatto delbene condominiale, mediante il “ripristino” dell'o-riginario stato dei luoghi, mutato attraverso l'esecu-zione di opere in muratura, con conseguente acqui-sizione dello spazio intercluso nell'ambito esclusi-vo dei convenuti.

Nel ritenere l'amministratore legittimato a pro-porre l'azione di ripristino dello stato dei luoghi, laCorte di merito si è conformata alla consolidatagiurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ilpotere rappresentativo che compete all'amministra-tore del condominio ex artt. 1130 e 1131 c.c. e che,sul piano processuale, si riflette nella facoltà diagire in giudizio per la tutela dei diritti sulle particomuni dell'edificio, comprende tutte le azionivolte a realizzare tale tutela, con esclusione soltan-to di quelle azioni che incidono sulla condizionegiuridica dei beni cui si riferiscono, esulando, per-tanto, dall'ambito degli atti conservativi (tra le tantev. Cass. 25.7.2011 n. 16230; Cass. 30.10.2009 n.23065; Cass. 24.11.2005 n. 24764).

Resta esclusa, di conseguenza, la possibilità diesperimento di azioni reali, contro i singoli condo-mini o contro terzi, dirette ad ottenere statuizionirelative alla titolarità o al contenuto di diritti sucose e parti dell'edificio (Cass. 6.2.2009 n. 3044;Cass. 24.11.2005 n. 24764).

Al contrario, nell'ipotesi, ricorrente nel caso dispecie, di abusiva occupazione di una porzione diarea condominiale, mediante la costruzione di unmanufatto di proprietà esclusiva, sussiste la legitti-mazione dell'amministratore di condominio adagire giudizialmente, con azione volta al “ripristinodei luoghi”, nei confronti dell'autore dell'operadenunciata (Cass. 25.7.2011 n. 16230).

Una simile azione, infatti, essendo diretta al man-tenimento dell'integrità materiale dell'area condo-miniale, stravolta dalla nuova costruzione, rientranel novero degli atti conservativi di cui al menzio-nato art. 1130 c.c..

Le ulteriori deduzioni svolte con il motivo inesame per escludere valore confessorio alle dichia-razioni del M. sono inammissibili.

La Corte di Appello ha dato atto che i convenutinelle loro difese non hanno contestato i fatti rap-presentati dall'attore (costruzione di opere murarieall'interno dello spazio del sottotetto, tale da esclu-dere l'area così chiusa dalla rimanente area condo-miniale); ed ha rilevato che tale mancata contesta-zione assume un indubbio valore probatorio circala presenza della condotta addebitata dalCondominio.

In ogni caso, essa ha evidenziato che nella specieè stata acquisita prova positiva del fatto attraverso

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71SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ

l'acquisizione del verbale dell'assemblea del7.6.2003, dal quale risulta che il M., a fronte dellecontestazioni dell'amministratore e della richiestadi sgombero e ripristino, si è dichiarato disponibileall'abbattimento del muro di chiusura con ripristinodella porticina di collegamento tra le due “entrataed uscita”, in tal modo riconoscendo la condottaaddebitatagli.

I ricorrenti non hanno prospettato specifiche vio-lazioni di legge o vizi di motivazione riguardo allaprima parte della motivazione, di per sé idonea asorreggere la decisione.

Come è stato precisato da questa Corte, infatti,l'onere di specifica contestazione, introdotto, per igiudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della L. n.353 del 1990, dall'art. 167 c.p.c., comma 1, impo-nendo al convenuto di prendere posizione sui fattiposti dall'attore a fondamento della domanda, com-porta che i suddetti fatti, qualora non siano conte-stati dal convenuto, debbono essere consideratiincontroversi e non richiedenti una specifica dimo-strazione (Cass. 20.11.2008 n. 2596; Cass.25.5.2007 n. 12231).

Ciò posto, si richiama il principio affermato dallagiurisprudenza, secondo cui, nel caso in cui vengaimpugnata con ricorso per cassazione una sentenza(o un capo di questa) che si fondi su più ragioni,tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è neces-sario, per giungere alla cassazione della pronuncia,non solo che ciascuna di esse abbia formato ogget-to di specifica censura, ma anche che il ricorsoabbia esito positivo nella sua interezza con l'acco-glimento di tutte le censure, affinché si realizzi loscopo proprio di tale mezzo di impugnazione, ilquale deve mirare alla cassazione della sentenza,“in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragio-ni che autonomamente l'una o l'altro sorreggano.

Ne consegue che è sufficiente che anche una soladelle dette ragioni non abbia formato oggetto dicensura, ovvero, pur essendo stata impugnata, siarespinta, perché il ricorso o il motivo di impugna-zione avverso il singolo capo di essa, debba essere

respinto nella sua interezza, divenendo inammissi-bili, per difetto di interesse, le censure avverso lealtre ragioni poste a base della sentenza o del capoimpugnato (v. per tutte Cass. S.U. 8.8.2005 n.16602).

Nella specie, di conseguenza, non avendo i ricor-renti specificamente impugnato il primo ordine diargomentazioni addotte dalla Corte territoriale, sirivelano inammissibili le doglianze inerenti alvalore attribuito in sentenza alle dichiarazioni resenel corso dell'assemblea condominiale dal M.;doglianze che, peraltro, si sostanziano nella inam-missibile pretesa di ottenere, al riguardo, una valu-tazione diversa rispetto a quella compiuta dal giu-dice di merito, che, in quanto sorretta da una moti-vazione immune da vizi logici, si sottrae al sinda-cato di legittimità.3) Con il terzo motivo viene dedotta la violazionedell'art. 132 c.p.c., n. 5, non essendo identificate néidentificabili le opere di demolizione da eseguire.

Il motivo è infondato, desumendosi dal comples-sivo contesto della sentenza impugnata che le operedi cui è stata ordinata la demolizione erano rappre-sentate dalla strutture realizzate dai convenuti, cheprecludevano l'uso comune del sottotetto, e rima-nendo comunque devoluta al giudice dell'esecuzio-ne la soluzione di eventuali problemi tecnici cheinsorgano in sede di concreta attuazione delcomando (Cass. Sez. Un. 15.1.1987 n. 245).4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere riget-tato, con conseguente condanna del ricorrente alpagamento delle spese sostenute dal resistente nelpresente grado di giudizio, liquidate come da dis-positivo.

P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorren-

te al pagamento delle spese, che liquida in Euro2.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessoridi legge.Così deciso in Roma il 16.1.2013.Depositato in Cancelleria il 22.3.2013.

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IL CONDUTTORE CHE NON UTILIZZA IL BENE, IL CONDUTTORE CHE NON UTILIZZA IL BENE, PUR NON ESSENDO IN MORA, RESTA OBBLIGATO PUR NON ESSENDO IN MORA, RESTA OBBLIGATO

A VERSARE AL LOCATORE UNA SOMMA PARI A VERSARE AL LOCATORE UNA SOMMA PARI AL CORRISPETTIVO CHE AVREBBE DOVUTO PAGAREAL CORRISPETTIVO CHE AVREBBE DOVUTO PAGARE

“In materia di contratto di locazione, deve ritenersi esclusa la facoltà, peril conduttore, di rendere gratuita la detenzione in virtù del mancato uti-lizzo del bene, in base ad una sua unilaterale decisione. Infatti, dalmomento della cessazione del rapporto di locazione sino a quello delpagamento dell'indennità, si viene ad instaurare tra le parti un rappor-to ex lege geneticamente collegato al precedente, fondato per una partesulla protrazione della detenzione del bene e per l’altra sul pagamentodi un corrispettivo coincidente con quello del rapporto contrattuale.Resta invece salva la facoltà del conduttore di evitare il pagamento delcorrispettivo, previa offerta di restituzione del bene a norma dell'art.1216 c.c., in modo da costituire in mora il locatore in rapporto al suoobbligo di corrispondere l'indennità di avviamento.“

CORTE DI CASSAZIONESez. III civ., sent. 25.6.2013 n. 15876

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon atto di citazione notificato in data

27/08/1998 la A. srl evocava in giudizio avanti alTribunale di Alessandria la M. e D.M. snc, chie-dendo la risoluzione, per fatto e colpa della societàconvenuta, del contratto di locazione 1/12/1986 diun immobile ad uso officina ed autorimessa, di pro-prietà della società attrice, sito in (omissis).Segnatamente parte attrice allegava, quali addebitiriconducibili alla convenuta, il riscontro di unasituazione di illegittimità per la violazione dellanormativa antincendio e la realizzazione di modifi-che allo stato dei locali non consentite dal locatore,instando in via di subordine per la declaratoriadella fine della locazione al 30/11/1998 e in ogni

caso per la condanna della conduttrice al risarci-mento dei danni. Parte convenuta, costituitasi ingiudizio, chiedeva in via riconvenzionale la con-danna della locatrice alla corresponsione dell’in-dennità di avviamento e alla restituzione del depo-sito cauzionale, oltre che al risarcimento dei danniper la ridotta utilizzazione dell’immobile ed il tra-sferimento in diverso locale dell’attività relativaall’officina, con contestuale richiesta di condannadella controparte al rimborso delle spese sostenutedalla conduttrice per l’adeguamento dell’impiantoelettrico.

A tale procedimento veniva poi riunita altra causainstaurata dalla A. srl mediante deposito di ricorsoex art. 447 bis c.p.c. con il quale il locatore instavaper la risoluzione del rapporto di locazione a segui-to del mancato pagamento di canoni, spese condo-miniali e spese di riscaldamento per la complessivasomma di L. 11.006.925. In esito al giudizio, nelcorso del quale la A. srl aveva chiamato in causa la propria dante causa, Immobiliare D. srl per es-sere manlevata dalle domande riconvenzionalisvolte dalla convenuta, il Tribunale condannava

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73SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ

l’Immobiliare D. a corrispondere alla convenuta lasomma di Euro 3.098,774 a titolo di restituzione dideposito cauzionale; la A. srl a corrispondere allaconduttrice la somma di Euro 3.191,70 per il rifa-cimento dell’impianto elettrico; e la convenuta acorrispondere alla A. srl la somma di Euro 400,02a titolo di spese condominiali. Avverso tale deci-sione proponevano appello principale la A. srl,appello incidentale la M. e D.M.. In esito al giudi-zio, in cui si costituiva altresì l’Immobiliare D.manifestando la propria disponibilità al versamen-to del deposito cauzionale nei confronti dell’aven-te diritto, la Corte di Appello di Torino con senten-za depositata in data 10-18.7.2006 dichiarava com-pensate tra A. srl e M. e D.M. le spese del primogrado nella misura del 25%; condannava parteappellante a rifondere a parte appellata predetta lespese di lite, liquidate, già operata la compensazio-ne, in Euro 5.250 oltre le successive occorrendeCPA ed IVA e rimborso forfetario; rigettava gliappelli vicendevolmente proposti da A. srl controM. e D.M. e Immobiliare D., confermando nelresto l’impugnata sentenza; provvedeva infine algoverno delle spese di secondo grado. Avverso ladetta sentenza la A. srl ha quindi proposto ricorsoper cassazione articolato in cinque motivi.

Resiste con controricorso la M.e D.M..

MOTIVI DELLA DECISIONECon la prima doglianza, deducendo la violazione

e la falsa applicazione degli artt. 1587 co. 1 c.c., 117cost. in relazione al DPR n. 3/1998, artt. 2, 3, 4,parte ricorrente, premesso che la conduttrice hasvolto per tutta la durata della locazione la sua atti-vità illegittimamente, in quanto priva del certificatoprevenzione incendi, ha censurato la sentenza impu-gnata nella parte in cui la Corte di Appello ha esclu-so la gravità dell’inadempimento della conduttriceex art. 1455 c.c., osservando che le Autorità compe-tenti, non avendo ritenuto di chiudere l’esercizio,avrebbero tacitamente consentito alla prosecuzionedell’attività mentre le autorità comunali non posso-no in alcun modo autorizzare l’esercizio di un’atti-vità in mancanza dei requisiti di legge in materia disicurezza e prevenzioni incendi.

ha quindi concluso il motivo con il seguente que-sito di diritto: “l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, inmateria della sicurezza e della prevenzione incendi,qualora l’esercizio di una determinata attività siasottoposto a specifica normativa di legge e necessi-ti del rilascio di apposito certificato di prevenzioneincendi da parte dei VV.FF. il Comune, in base adun provvedimento emesso ai sensi dell’art. 38secondo comma della legge 142/90 (al fine di pre-venire ed eliminare gravi pericoli), possa autoriz-zare, anche solo tacitamente o con un mero com-

portamento omissivo costituito dalla mancata chiu-sura dell’attività, la deroga a dette disposizioni edil regolare esercizio di una attività commercialeanche in assenza dei requisiti che la legge delloStato richiede tassativamente in materia di sicurez-za e di prevenzione incendi”.

Il motivo è inammissibile perché il quesito didiritto formulato non soddisfa le prescrizionirichieste dall’art. 366 bis c.p.c. sotto il profilo dellanecessaria congruenza alla violazione dedotta. Edinvero costituisce orientamento consolidato di que-sta Corte quello secondo cui il quesito non puòessere astratto ed avulso dalla fattispecie concreta,come nella specie, ma deve, imprescindibilmente,attenere al decisum e riferirsi specificamente allaratio decidendi della decisione impugnata contrap-ponendosi direttamente alla regola di diritto - che siritiene erroneamente applicata - ed indicando siapure sinteticamente il principio di diritto chedovrebbe essere applicato nella fattispecie.

Nel caso di specie, la Corte di appello ha posto abase della decisione la considerazione che la man-cata chiusura dell’esercizio, consentendo la prose-cuzione dell’attività, di per sé sola, escludeva,anche per il periodo antecedente al rilascio dell’au-torizzazione provvisoria, l’esistenza di un effettivopericolo di incendio, profilo, quest’ultimo, effetti-vamente ricollegabile all’interesse del proprietariolocatore. Con la conseguenza che tutt’al più avreb-bero potuto essere ravvisati profili di inadempienzadel conduttore non suscettibili di valutazione aisensi dell’art. 1455 c.c., alla stregua delle risolu-zioni stesse assunte dalle autorità competenti (cfr.pagg 12 e 13 della sentenza impugnata).

Ciò posto, appare evidente che la Corte di meritosi è ben guardata dall’affermare, come invece èadombrato nel quesito di diritto, che il Comune diAlessandroa avrebbe autorizzato l’attività svoltadalla ricorrente con provvedimento idoneo a dero-gare le previsioni in materia di sicurezza e preven-zioni incendi. Da ciò l’assoluta mancanza di riferi-bilità del quesito alla ratio decidendi della decisio-ne impugnata, con l’ulteriore conseguente inam-missibilità della censura in esame.

Passando all’esame dei due successivi motivi, varilevato che con la seconda doglianza, svolta perviolazione e falsa applicazione degli artt. 1220,1590, 1591 c.c., la ricorrente censura la sentenzaimpugnata per aver la Corte di appello trascuratoche, a fronte della mancata offerta di riconsegnadell’immobile da parte del conduttore, ed in pre-senza di richiesta, anche se non formale, di ricon-segna di esso da parte del locatore, non è in alcunmodo configurabile un diritto di ritenzione a favo-re del conduttore che possa consentirgli, senza ilpagamento di alcun corrispettivo, di trattenere il

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CONDOMINIO GIURIDICO74

bene in attesa della corresponsione per intero del-l’indennità, da lui richiesta in misura maggiore deldovuto, mentre con la terza doglianza svolta peromessa, insufficiente e contraddittoria motivazio-ne, la ricorrente censura la decisione impugnataperché essa omette di motivare sulla mancata offer-ta dell’immobile libero da persone e cose, da partedel conduttore, nonché sulla eccessività dellesomme richieste a titolo di indennità di avviamen-to per effettuare la consegna, evitando di approfon-dire le circostanze emergenti da due raccomandateinviate alla conduttrice.

I due motivi, che vanno esaminati congiuntamen-te in quanto sia pure sotto diversi ed articolati pro-fili, prospettano ragioni di censura connesse traloro, meritano entrambi attenzione. In primo luogo,deve disattendersi l’eccezione di inammissibilitàdel primo dei due motivi - inammissibilità dedottadalla controricorrente sulla base di una pretesanovità della questione sollevata - perché le difese,le argomentazioni e le prospettazioni in diritto,volte a censurare la qualificazione giuridica, postadal giudice di merito a base della decisione impu-gnata, le quali si limitino a rafforzare le ragioniaddotte in relazione a tale qualificazione giuridica,senza però mutare nella sostanza delle cose l’og-getto del contraddittorio ed il tema di indagini,come è avvenuto nel caso di specie, non possonoritenersi nuove ed inammissibili. Ed invero, sottotale aspetto, non vi è dubbio che la causa petendi,fondata sulla protrazione della detenzione del beneda parte del conduttore, ed il petitum sostanziale,costituito dal diritto del locatore a percepire unaqualche forma di corrispettivo in relazione a talepersistente detenzione, non comportino affatto temidi indagini e di decisione diversi rispetto a quelliaffrontati nel giudizio di appello.

Inoltre, entrambi i motivi sono fondati e merita-no accoglimento. Ed invero, secondo la più recen-te ed ormai consolidata giurisprudenza di questaCorte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi,nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attivi-tà commerciali disciplinate dalla L. 27 luglio 1978,n. 392, artt. 27 e 34 (e, in regime transitorio, dagliartt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttoreche, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzio-ne dell’immobile, in attesa che il locatore gli corri-sponda la dovuta indennità di avviamento, è pursempre obbligato al pagamento del corrispettivoconvenuto per la locazione, benché non anche alrisarcimento del maggior danno, di talché, se larichiesta del locatore di riavere indietro l’immobi-le, non accompagnata dall’offerta dell’indennità,non vale a porre in mora la controparte, specular-mente, l’offerta di restituzione del bene locato, acondizione che venga corrisposta l’indennità di

avviamento, non esonera il conduttore dal paga-mento del canone. In sostanza, in casi siffatti, inap-plicabile l’art. 1591 c.c., i rapporti tra le parti con-tinuano a essere regolati puramente e semplice-mente dal contratto (Cass. n. 7179/2010 in motiva-zione, Cass. n. 5661/2010).

Infatti, come avevano già statuito le SezioniUnite n. 1177 del 2000, ricorre una precisa interdi-pendenza tra le obbligazioni del locatore e del con-duttore, con la conseguenza che il locatore il quale,alla cessazione del rapporto, intende adempiere lapropria obbligazione ed ottenere dal conduttore l’a-dempimento della sua, deve offrire al conduttore ilpagamento dell’indennità che ritiene gli sia dovuta;correlativamente, il conduttore che intende ottene-re il pagamento dell’indennità, nel domandarladeve offrire al locatore la riconsegna del beneovvero può offrire la riconsegna a condizione chegli sia pagata l’indennità che domanda. Le normesulla mora del creditore consentono a ciascuno deidue obbligati di liberarsi della propria obbligazionee di costituire in mora il creditore (artt. 1206, 1207e 1208 cod. civ.), perché se il debitore di una pre-stazione la deve a condizione che l’altra esegua insuo favore una prestazione cui ha diritto, il debito-re della prima può condizionare la propria offertaall’esecuzione di quella del proprio debitore. (Sez.Un. n. 1177/2000 in motivazione). Pertanto, nellaricostruzione della persistenza della duplice ina-dempienza, quella del locatore nella corresponsio-ne dell’indennità e quella del conduttore nella resti-tuzione dell’immobile, la giurisprudenza di questaCorte ha inteso escludere solo la spettanza deldanno maggiore rispetto a quello corrispondenteall’entità del canone. Con la conseguenza che “sog-giace il conduttore, che voglia liberarsi dell’obbli-gazione di un tale pagamento, a specifici oneri, tracui quello di offerta, anche non formale, di restitu-zione del bene (per tutte, con principio affermato aisensi dell’art. 360-bis c.p.c. n. 1, v. Cass. ord. 20gennaio 2011, n. 1337): ed appare conforme a dirit-to che, in virtù della volontaria protrazione delgodimento del bene (volontaria in quanto dipen-dente anche dalla deliberata mancanza della attiva-zione delle dette procedure di offerta in restituzio-ne), chi ne fruisca continui a versare alla contro-parte quanto meno una somma pari a quello chesarebbe stato il corrispettivo in caso di fisiologicapersistenza del contratto (Cass. n. 22924/2012 inmotivazione).

Tutto ciò premesso, appare di ovvia evidenzacome la decisione impugnata non sia in linea conl’orientamento ormai consolidato di questa Cortenella parte in cui afferma che “va riconosciuto ildiritto di ritenzione del conduttore fin tanto che nongli viene corrisposta l’indennità di avviamento

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SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ 75

senza che a siffatta situazione corrisponda l’obbligodi pagamento del corrispettivo della locazione, fattosalvo l’esercizio del diritto del conduttore di prose-guire l’attività previa corresponsione del canone dilocazione, in quest’ultima ipotesi riconosciutocome dovuto” (v. pag. 21 della sentenza impugna-ta), in quanto la giurisprudenza di questa Corte,come è stato già evidenziato in precedenza, haescluso la sussistenza di un diritto di ritenzione incapo al conduttore ed ha statuito che egli, pur nonessendo in mora, resti comunque obbligato a versa-re al locatore una somma pari al corrispettivo cheavrebbe dovuto pagare in costanza del contratto.

Ciò, in quanto dal momento della cessazione delrapporto di locazione sino a quello del pagamentodell’indennità si viene ad instaurare tra le parti unrapporto ex lege geneticamente collegato al prece-dente, fondato per una parte sulla protrazione delladetenzione del bene e per l’altra sul pagamento diun corrispettivo coincidente con quello del rappor-to contrattuale.

Deve ritenersi quindi esclusa la facoltà, per ilconduttore, di rendere gratuita la detenzione invirtù del mancato utilizzo del bene, in base ad unasua unilaterale decisione.

Resta invece salva la sua facoltà di evitare ilpagamento del corrispettivo previa offerta di resti-tuzione del bene a norma dell’art. 1216 c.c. inmodo da costituire in mora il locatore in rapporto alsuo obbligo di corrispondere l’indennità di avvia-mento.

In tale prospettiva non ha quindi alcun rilievo la

previsione di cui all’art. 1460 c.c., cui accenna lasocietà controricorrente, in quanto l’eccezione inparola giustifica soltanto il proprio inadempimentoma non costituisce un rimedio contro l’inadempi-mento altrui.

Ne consegue che le censure in esame meritano diessere accolte, ritenendosi in esse assorbito il quar-to ed il quinto motivo di impugnazione, rispettiva-mente articolati sotto il profilo della violazione e/ofalsa applicazione degli artt. 1197, 1220, 1206 e1587 c.c. e sotto il profilo della motivazione omes-sa, insufficiente e contraddittoria.

La sentenza impugnata deve essere cassata, inrelazione ai motivi accolti. Con l’ulteriore conse-guenza che, occorrendo un rinnovato esame dellacontroversia da condursi nell’osservanza dei princi-pi richiamati, previo approfondimento delle circo-stanze dedotte nelle doglianze accolte, la causa varinviata alla Corte di Appello di Torino, in diversacomposizione, che provvederà anche in ordine alregolamento delle spese della presente fase di legit-timità.

P.Q.M.La Corte dichiara inammissibile il primo motivo

di impugnazione, accoglie il secondo ed il terzomotivo del ricorso, assorbiti gli ultimi due, cassa lasentenza impugnata in relazione ai motivi accolticon rinvio della causa alla Corte di Appello diTorino, in diversa composizione, che provvederàanche in ordine al regolamento delle spese dellapresente fase di legittimità.

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RESPONSABILE DI OMICIDIO COLPOSO RESPONSABILE DI OMICIDIO COLPOSO IL PROPRIETARIO CHE CEDE A TERZI IL PROPRIETARIO CHE CEDE A TERZI UN APPARTAMENTO CON IMPIANTO UN APPARTAMENTO CON IMPIANTO DI RISCALDAMENTO CHE ESPLODE DI RISCALDAMENTO CHE ESPLODE

PER IL PESSIMO STATO DI MANUTENZIONEPER IL PESSIMO STATO DI MANUTENZIONE

“Deve ritenersi responsabile a titolo di omicidio colposo il proprietarioche abbia ceduto a terzi il godimento di un appartamento dotato di unimpianto per il riscaldamento in pessimo stato di manutenzione, qua-lora l'evento lesivo sia riconducibile al cattivo funzionamento di taleimpianto, atteso che il proprietario di un immobile è titolare di unaspecifica posizione di garanzia nei confronti del cessionario dellefacoltà di godimento del bene; posizione di garanzia, in virtù dellaquale il proprietario è tenuto a consegnare al secondo un impianto diriscaldamento revisionato, in piena efficienza e privo di carenze fun-zionali e strutturali. “

CORTE DI CASSAZIONESez. IV pen., sent. 22.7.2013 n. 31356

RITENUTO IN FATTO1. Con sentenza in data 21/24.12.2010, il tribunaledi Camerino ha assolto A.M. dal reato di omicidiocolposo in danno di F.S. (deceduto in data …)ascritto all’imputato in qualità di amministratoreunico della ditta L.S.F. e proprietario di un immo-bile sito nel territorio del comune di (omissis),annesso all’azienda agraria dallo stesso imputatogestita in loco.

Al M. era stata originariamente contestata la vio-lazione, oltre ai tradizionali parametri della colpagenerica, delle norme di colpa specifica analitica-mente indicate nel capo d’imputazione (con riferi-mento anche alla normativa di prevenzione antin-cendi), per avere il M. ospitato lo S. presso l’indi-cato immobile di sua proprietà, trascurando di

ottemperare all’obbligo di sgombro dello stesso inconformità al corrispondente provvedimento sinda-cale adottato, sin dal 1998 (e mai revocato), sulpresupposto delle condizioni di precarietà e di par-ziale inagibilità del bene, nel senso che lo stessodoveva considerarsi totalmente inabitabile e acces-sibile unicamente allo scopo di effettuare sopral-luoghi, verifiche o al fine di iniziare opere diristrutturazione.

In particolare, lo S. era nella specie deceduto pereffetto delle gravi lesioni allo stesso provocate dalcrollo di detto immobile originato dall’esplosionecausata da una fuga di gas verificatasi all’internodell’edificio e dovuta, secondo le indicazioni di cuial capo d’imputazione, allo stato di fatiscenza del-l’impianto di riscaldamento alimentato da un ser-batoio di GPL fuori terra posto all’esterno dell’im-mobile, e collegato all’impianto interno medianteuna tubazione di adduzione sostituita pochi mesiprima dell’evento in esame.

Secondo l’accusa sollevata nei confronti dell’im-putato, quest’ultimo avrebbe omesso di dotare l’im-pianto di riscaldamento dell’acqua (di cui l’edificioera provvisto) di aperture dirette verso l’esterno,

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77SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ

omettendo altresì di verificare la conformità del-l’intero impianto alle previste norme di sicurezza,con particolare riguardo allo stato e alla capacità ditenuta delle tubazioni.

Nel dettaglio, l’impianto interno risultava contra-rio alle norme di sicurezza in quanto i locali diinstallazione e utilizzo delle apparecchiature (ecce-zion fatta per la caldaia murale) risultavano sprov-visti di aperture di ventilazione, in basso, e di aera-zione, in alto; non risultava il verbale di verificadell’impianto in conformità alle norme di sicurezzapreviste; la lunghezza dei tubi flessibili risultava digran lunga maggiore (circa 11 metri complessivi)rispetto alla massima lunghezza prevista dallenorme cautelari (1,5 metri); le stufe catalitiche rin-venute all’interno dell’immobile risultavano colle-gate all’impianto fisso di adduzione del gas, venen-do quindi utilizzate in modo difforme dalle istru-zioni previste dal costruttore e dalle norme di sicu-rezza.

Nel giorno del suo decesso, lo S., mentre siapprestava a fare una doccia al piano terra dell’edi-ficio (tanto che, dopo l’esplosione, veniva rinvenu-to il rubinetto dell’acqua calda girato nel senso del-l’apertura, mentre quello dell’acqua fredda era inposizione di chiusura), veniva travolto dalle mace-rie delle strutture del piano superiore dell’immobi-le a seguito del relativo crollo causato dall’esplo-sione sopra descritta.

Sulla base della ricostruzione dei fatti contenutanel capo d’accusa, nel caso di specie si era ragio-nevolmente verificata una dispersione in corrispon-denza del piano superiore dell’edificio che avevadeterminato, dopo un certo periodo di tempo, unamiscela infiammabile gas-aria che, quantomenonella zona di innesco (ragionevolmente causato daun’apparecchiatura elettrica con resistenza a vistalasciata accesa nel locale adiacente la cucinai ovve-ro dall’avvio del motore del frigorifero posto all’in-terno del locale cucina), aveva raggiunto una con-centrazione almeno pari al limite inferiore delcampo d’infiammabilità del GPL; e tanto, a causadella mancanza di aperture di ventilazione ed aera-zione tali da non consentire di evitare (o più vero-similmente di limitare) la formazione della miscelainfiammabile.

Con la decisione assunta in prime cure, il tribu-nale di Camerino ha ritenuto insussistente la provacerta del nesso di causalità tra le omissioni conte-state all’imputato e il decesso dello S., non essendopossibile escludere che l’esplosione si sarebbecomunque verificata una volta ipotizzate comecompiute, sul piano controfattuale, tutte le azioniindividuate come dovute dall’imputato, atteso chenon era stato possibile identificare con certezza lacausa della dispersione del gas GPL, in ipotesi

ascrivibile anche ad eventuali azioni involontariedell’altro abitante dell’immobile (tale D.D.).

Con sentenza resa in data 3.4.2012, la corte d’ap-pello di Ancona, su impugnazione delle parti civili(poi rinunciata) e del procuratore della Repubblicapresso il tribunale di Camerino, ha integralmenteriformato la sentenza di primo grado, pervenendoall’accertamento della piena responsabilità penaledell’imputato condannandolo alla pena, condizio-nalmente sospesa, di sei mesi di reclusione.

Nella specie, la corte territoriale ha rilevato comeil rapporto causale tra la condotta dell’imputato e ildecesso dello S. fosse agevolmente ricostruibileattraverso la considerazione della consentita utiliz-zazione di un fabbricato in cui era installato unimpianto non conforme alle norme cautelari, omet-tendo al contempo di intervenire al fine di sanare lecarenze di detto impianto.

In particolare, le spiegazioni alternative ipotizza-te dal primo giudice (quanto alle eventuali azioniinvolontarie dell’altro abitante dell’immobile)dovevano riguardarsi alla stregua di asserzionimeramente congetturali, solo astrattamente possi-bili e prive di riscontri probatori suscettibili di fon-darne una prospettazione in termini di concretaplausibilità logica, in ogni caso tali da non esclude-re la persistenza del nesso di causalità tra la con-dotta dell’imputato e l’evento lesivo verificatosi,tenuto conto della specifica posizione di garanziadel M. , tale da imporre di ravvisare una responsa-bilità dello stesso per non aver provveduto all’ado-zione di idonei dispositivi volti a impedire fughe digas in assenza di fiamma, e per non aver adeguatol’impianto di riscaldamento al fine di escludere ilpossibile collegamento di stufe catalitiche median-te tubi flessibili generatori di eventuali rughe digas.

Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del pro-prio difensore, ha proposto ricorso per cassazionel’imputato sulla base di due motivi d’impugnazione.2.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole dellamancanza, contraddittoria e manifesta illogicitàdella motivazione della sentenza d’appello, peravere la corte territoriale omesso di ascrivere alcunrilievo alla circostanza che l’immobile in esame erastato dall’imputato affidato allo S. con piena liber-tà e autonomia di gestione, come dimostrato dalfatto che la sostituzione della caldaia all’internodell’immobile de quo era stata realizzata proprio suimpulso dello stesso S., che aveva pertanto assun-to, per conto dell’imputato, il compito di seguiresotto ogni aspetto i lavori di ristrutturazione(anche) dell’immobile in esame (oltre all’attivitàaziendale dello stesso imputato), comprensivi degliinterventi sull’impianto di deposito, adduzione eutilizzazione del gas GPL presente nell’immobile.

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CONDOMINIO GIURIDICO78

In ogni caso, tanto lo S. quanto l’imputato si tro-vavano nelle condizioni di poter ragionevolmenteconfidare nella piena adeguatezza e sicurezza del-l’impianto di riscaldamento, essendo emerso, dalletestimonianze assunte nel corso del procedimento,che la società I. (che aveva provveduto, su incaricodello S. alla sostituzione della caldaia) aveva rila-sciato due distinte dichiarazioni di conformità del-l’impianto a regola d’arte, tanto in occasione del-l’installazione, del collaudo e della prima accensio-ne della nuova caldaia, quanto in occasione delsuccessivo lavoro di sostituzione del tubo di addu-zione del gas dal serbatoio esterno all’abitazione,con la conseguenza che nessun ulteriore adempi-mento poteva ritenersi esigibile dall’imputato,avuto altresì riguardo all’assoluta imprevedibilitàdel comportamento dell’altro occupante dell’im-mobile nell’abusivo allacciamento di altre stufeall’impianto del gas.2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura lasentenza impugnata per violazione dell’art. 40 c.p.e vizio di motivazione, avendo la corte territorialeaddebitato la fuga di gas alla carenza dell’impiantodi riscaldamento dell’immobile de quo, escludendol’incidenza di eventuali fattori causali alternativiidonei a escludere la riconducibilità dell’eventolesivo verificatosi alle presunte carenze predettoimpianto; e tanto, in conformità alle asserzioni fatteproprie dalla relazione dello stesso perito nominatodal giudice di primo grado, che ha riconosciuto dinon poter escludere il rilievo causale di eventualicomportamenti imprudenti dell’altro abitante del-l’edificio, il cui controllo non poteva certamenteritenersi riconducibile all’ambito di esigibilità dellacondotta dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO3. Entrambi i motivi di ricorso - congiuntamenteesaminabili in ragione dell’intima connessionedelle questioni dedotte - sono infondati.

Preliminarmente, mette conto di sottolinearecome del tutto correttamente la corte territorialeabbia richiamato il consolidato insegnamento diquesta corte di legittimità ai sensi del quale deveritenersi responsabile a titolo di omicidio colposo ilproprietario che abbia ceduto a terzi il godimentodi un appartamento dotato di un impianto per ilriscaldamento in pessimo stato di manutenzione,qualora l’evento lesivo sia riconducibile al cattivofunzionamento di tale impianto, atteso che il pro-prietario di un immobile è titolare di una specifi-ca posizione di garanzia nei confronti del cessiona-rio delle facoltà di godimento del bene; posizionedi garanzia, in virtù della quale il proprietario ètenuto a consegnare al secondo un impianto diriscaldamento revisionato, in piena efficienza e

privo di carenze funzionali e strutturali (cfr. Cass., Sez. 4, n. 34843/2010, Rv. 248351; Cass.,Sez. 4, n. 32298/2006, Rv. 235369; Cass., Sez. 4, n. 38818/2005, Rv. 232426).

Nel caso di specie, appare del tutto privo di rilie-vo l’assunto sostenuto dal ricorrente - secondo cuilo stesso avrebbe trasferito al proprio ospite il com-pito di assumere in piena autonomia la gestione deiprocessi di ristrutturazione della propria azienda(comprensivi della ristrutturazione dello stessoimmobile abitato) -, stante il carattere meramenteassertivo della circostanza, in ogni caso di per séinidonea a sollevare il proprietario dalla posizionedi garanzia allo stesso rigorosamente ascritta dalsistema, in ragione del particolare legame esistentetra la persona del proprietario e il bene su cui inci-de il relativo potere dominicale (cui risulta indisso-lubilmente connessa la correlativa responsabilità inordine ai danni dallo stesso bene provocati a terzi),in assenza (come nella specie) di un formale, chia-ro ed inequivoco trasferimento di detta responsabi-lità in capo ad altro soggetto.

Del tutto privo di rilevanza deve inoltre ritenersil’assunto del ricorrente in ordine all’inesigibilitàdel controllo della funzionalità dell’impianto aseguito del rilascio delle dichiarazioni di conformi-tà a regola d’arte ad opera della ditta richiamata inricorso, atteso che (come evidenziato dalle stesseindicazioni del ricorrente) le ridette dichiarazioni diconformità risultano rilasciate a seguito di inter-venti eseguiti su parti diverse (o comunque margi-nali) dell’impianto di riscaldamento, ossia in occa-sione dell’installazione di una nuova caldaia e deltubo di collegamento dell’impianto al serbatoioesterno del gas, senza che tali interventi avesseromai riguardato direttamente l’impianto di riscalda-mento nelle sue diramazioni interne, la relativastruttura e il controllo del relativo stato, con la con-seguenza che le dichiarazioni contestualmente rila-sciate dal relativo autore non avrebbero potutolegittimamente estendersi alla piena conformità anorma dell’impianto nel suo complesso (mai diret-tamente revisionato), né avrebbero potuto giustifi-care alcun fondato e ragionevole affidamento sullarelativa piena funzionalità non immediatamenteconnessa al controllato funzionamento delle solenuove parti aggiunte o sostituite.

Ciò premesso, deve ritenersi dotata di logica coe-renza e di conseguente linearità argomentativa l’as-serzione della corte territoriale nella parte in cuisottolinea come la responsabilità dell’imputato nonpotesse essere esclusa in ragione della complessitàtecnica degli adempimenti necessari a rendere l’im-pianto adeguato alle prescrizioni di settore, attesoche l’imputato non poteva non essere consapevoledella vetustà dell’impianto e della conseguente esi-

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79SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ

stenza di situazioni di rischio che ne potevano con-seguire per i soggetti ai quali era stata consentital’utilizzazione del fabbricato; con la conseguenteesigibilità dell’obbligo dell’imputato di renderel’impianto conforme alla normativa, ovvero diimpedire, in presenza delle indicate carenze, l’uti-lizzazione dell’immobile a terzi; sì che la violazio-ne di tali obblighi è valsa a integrare, in assenza dialcun ragionevole dubbio, la colpa idonea a inte-grare gli estremi del contestato delitto (v. fl. 25della sentenza d’appello).

Quanto all’eventuale incidenza causale dell’im-prudente intervento dell’altro abitante dell’immo-bile nella determinazione delle condizioni predi-sponenti la dispersione del gas GPL all’interno delfabbricato, vale evidenziare come del tutto logica-mente (e con motivazione immune da censure d’in-dole logico-giuridica) la corte territoriale abbiaascritto a tale prospettazione il ruolo di una meraipotesi congetturale, priva di riscontri probatoriidonei a conferirne una concreta effettività, rilevan-do come il processo di ricostruzione dei nessi cau-sali nella specie in azione dovesse muovere dall’in-dividuazione degli elementi probatori idonei a con-ferire rilievo all’ipotesi concreta dotata della piùelevata probabilità logica di verificazione (prossi-ma alla certezza), nell’occasione individuata attra-verso la corroborazione dell’ipotesi accusatoriaprospettata con le caratteristiche dell’impianto diriscaldamento in esame in connessione con il tipodi evento lesivo in concreto verificatosi, in assenza

del benché minimo elemento probatorio di riscon-tro idoneo a fondare la concreta e ragionevole pro-spettabilità di fattori causali alternativi.

Sotto altro profilo, la stessa corte territoriale hadel tutto coerentemente sottolineato come nonfosse in ogni caso possibile escludere la persisten-za del nesso di causalità tra la condotta dell’impu-tato e l’evento lesivo verificatosi, tenuto contodegli specifici contenuti riconducibili alla posizio-ne di garanzia del M., tali da imporre di ravvisareuna responsabilità dello stesso per non aver prov-veduto all’adozione di idonei dispositivi volti aimpedire fughe di gas in assenza di fiamma, e pernon aver adeguato l’impianto di riscaldamento alfine di escludere il possibile collegamento di stufecatalitiche mediante tubi flessibili generatori dieventuali fughe di gas; e tanto al fine di scongiura-re ogni possibile comportamento imprudente, daparte di terzi frequentatori dell’immobile, poten-zialmente idoneo, sul piano causale, a determinarela verificazione di eventi lesivi del tipo di quellioggetto dell’odierno esame.4. Al riscontro dell’infondatezza di tutti i motivi didoglianza avanzati dal ricorrente segue il rigettodel ricorso e la condanna del ricorrente al paga-mento delle spese processuali.

P.Q.M.La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricor-

so e condanna il ricorrente al pagamento dellespese processuali.

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LA LOCAZIONE DI APPARTAMENTO A PROSTITUTELA LOCAZIONE DI APPARTAMENTO A PROSTITUTENON COSTITUISCE FAVOREGGIAMENTO NON COSTITUISCE FAVOREGGIAMENTO

PURCHÉ IL CANONE SIA QUELLO DI MERCATOPURCHÉ IL CANONE SIA QUELLO DI MERCATO

“Non è ravvisabile il favoreggia-mento della prostituzione nelfatto di chi conceda in locazio-ne, a prezzo di mercato (mentrequalora il canone sia superiorepotrebbe ipotizzarsi lo sfrutta-mento), un appartamento aduna prostituta, anche se sia con-sapevole che la locataria vi eser-citerà la prostituzione. Difatti, sela locazione non è concessa alloscopo specifico di esercitare nel-

l’immobile locato una casa diprostituzione (nel qual casoricorrerebbe l’ipotesi di cui al n.2 dell'art. 3 legge 75/1958), lacondotta del locatore non confi-gura propriamente un aiuto allaprostituzione esercitata dallalocataria, ma semplicemente lastipulazione di un contrattoattraverso cui è consentito aquest’ultima di realizzare il suodiritto all’abitazione. Insomma

l’aiuto (o più esattamente ilnegozio giuridico) riguarda lapersona e le sue esigenze abitati-ve, e non la sua attività di prosti-tuta. È vero che indirettamentene è agevolata anche la prostitu-zione, ma questo rapporto indi-retto non può essere incluso nelnesso causale penalmente rile-vante tra condotta dell’agente edevento di favoreggiamento dellaprostituzione.“

CORTE DI CASSAZIONESez. III pen., sent. 31.7.2013, n. 33160

RITENUTO IN FATTO1. Con decreto del 24 luglio 2012 il Gip del tribu-nale di Ancona dispose il sequestro preventivo didue immobili, di cui uno di proprietà e l’altro nelladisponibilità di B.S., in relazione al reato di favo-reggiamento della prostituzione di cui all’art. 3,comma 4, legge 20 febbraio 1958, n. 75, in quantoerano locati a soggetti che vi svolgevano attività diprostituzione.

Il tribunale del riesame di Ancona, con l’ordinan-za in epigrafe, revocò il sequestro di uno dei dueimmobili e confermò la misura cautelare per l’altro, ravvisando appunto il fumus del reato difavoreggiamento della prostituzione o del reato dilocazione al fine di esercizio di una casa di prosti-tuzione.

2. L’indagato, a mezzo dell’avv. …, propone ricor-so per cassazione deducendo violazione degli artt.24 e 111 Cost.; 50, 125, 178 cod. proc. pen.; 3, nn.2, 4 e 8, legge 20 febbraio 1958, n. 75; 42 e 43 cod.pen.; mancanza, contraddittorietà o manifesta illo-gicità della motivazione.

Osserva: - che non vi è prova che egli fosse a conoscenzadella attività svolta dalle due inquiline, presentate-si come operaie, o che sapesse della utilizzazione avolte da parte di altre prostitute; - che il corrispettivo comprendeva le utenze e cor-rispondeva ai valori di mercato; - che il PM aveva contestato solo il reato di favo-reggiamento di cui all’art. 3, comma 4, legge 20febbraio 1958, n. 75, sicché non poteva essere ipo-tizzato il fumus di un fatto e di un reato diversocome la locazione a scopo di esercizio di una casadi prostituzione, con violazione sia delle prerogati-ve dell’accusa sia del diritto di difesa; - che il tribunale non ha risposto a questa eccezione; - che sono stati posti a base della ordinanza impu-gnata fatti nuovi;

Cond. giuridico fino 79_2013 N. 3 09/10/13 15.30 Pagina 80

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81SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ

- che non è vero e non è stato mai contestato chel’appartamento non sarebbe adibito ad abitazione.

Osserva quindi che non sussistono nella speciegli estremi del reato di locazione a scopo di eserci-zio di una casa di prostituzione, per il quale ènecessario un minimo di organizzazione della pro-stituzione con una pluralità di soggetti che esercita-no il meretricio, alla stregua di quanto avvenivanelle c.d. case di tolleranza, con l’intervento di unsoggetto che predisponga, sovraintenda o sfruttil’attività dei soggetti che si prostituiscono. Mancain ogni caso il dolo specifico, tanto più che si trat-ta di reato istantaneo.

Osserva inoltre che non sussiste il reato di favo-reggiamento della prostituzione, non essendovistate attività e prestazioni ulteriori.

Palesemente nemmeno sussiste il reato di reclu-tamento di una persona al fine di farle esercitare laprostituzione o di agevolazione della prostituzione.

Lamenta infine la mera apparenza della motiva-zione sul periculum in mora, assolutamente apodit-tica e di stile.

CONSIDERATO IN DIRITTO1. Il ricorso è fondato in quanto dagli stessi ele-menti risultanti dalla ordinanza impugnata emergeche nella specie non sussistono né l’astratta confi-gurabilità né, tanto meno, il fumus dei due reatiipotizzati di favoreggiamento della prostituzione odi locazione a scopo di esercizio di una casa di pro-stituzione.2. È innanzitutto di tutta evidenza l’insussistenzadel reato di locazione al fine di esercizio di unacasa di prostituzione, previsto dall’art. 3, comma 2,legge 20 febbraio 1958, n. 75, il quale inverorichiede quali elementi costitutivi (di cui ovvia-mente il locatore deve essere consapevole) nonsolo il contestuale esercizio del meretricio da partedi più persone nel locale, ma anche e soprattuttol’esistenza, all’interno nello stesso locale, di unacerta organizzazione finalizzata appunto all’attivitàdi prostituzione.

Invero, secondo il prevalente e più convincenteorientamento di questa Corte, “per integrare il con-cetto di casa di prostituzione previsto nei numeri 1e 2 dell’art. 3 della legge 20 febbraio 1958 n. 75 ènecessario un minimo, anche rudimentale, di orga-nizzazione della prostituzione, che implica una plu-ralità di persone esercenti il meretricio” (Sez. 3,19.5.1999, n. 8600); e “per integrare il concetto dicasa di prostituzione, è necessario il contestualeesercizio del meretricio da parte di più personenegli stessi locali e, all’interno dello stesso locale,l’esistenza di una sia pur rudimentale forma diorganizzazione, (‘alla stregua di quanto avvenivanelle c.d. case di tolleranza, diffuse prima dellalegge Merlin’)” (Sez. 3, 16.4.2004, n. 23657). Da

questa premessa è stata poi coerentemente tratta laconseguenza che “Il reato di chi, avendo la pro-prietà o l’amministrazione di una casa, la concedein locazione a scopo di esercizio di una casa di pro-stituzione non sussiste, pertanto, quando il locatoreconceda in locazione l’immobile ad una soladonna, pur essendo consapevole che la locataria èuna prostituta, e che eserciterà nella casa locataautonomamente e per proprio conto” (Sez. 3,19.5.1999, n. 8600) e che “Non integra il reato dilocazione di immobile al fine dell’esercizio di unacasa di prostituzione concedere in locazione unappartamento all’interno del quale, sebbene confrequente turnazione, venga esercitata la prostitu-zione di volta in volta da una sola donna” (Sez. 3,16.4.2004, n. 23657).

Questo orientamento è stato da ultimo ulterior-mente confermato da Sez. 3, 28.9.2011, n. 38941(che ha anche rilevato come non convince il con-trario indirizzo: Sez. 3, 5.11.1999, n. 2730; Sez. 3,27.2.2007, n. 21090), alle cui considerazioni, perbrevità, si fa qui richiamo.

Del resto, anche sulla base della ratio legis oltreche della lettera della disposizione, appare preferi-bile l’interpretazione secondo cui per integrare ilconcetto di “casa di prostituzione”, previsto espres-samente nel numeri 1 e 2 dell’art. 3 della legge20.2.1958 n. 75, e implicitamente nel numero 3dello stesso articolo, è necessario un minimo -anche rudimentale - di organizzazione della prosti-tuzione, che implica una pluralità di persone eser-centi il meretricio. La nozione di casa di prostitu-zione contenuta nella originaria proposta di leggeMerlin, che la identificava in ogni “stabile apparta-mento o altro luogo chiuso in cui due o più perso-ne esercitano la prostituzione”, benché scomparsacome formula definitoria nella legge 20.2.1958 n.75, è sicuramente rimasta nella concettuologia dellegislatore, il quale ha chiaramente distinto leprime tre ipotesi previste nell’art. 3, con cui inten-de punire l’organizzazione sotto qualsiasi formadelle soppresse “case di meretricio”, per contrasta-re ogni esercizio professionale di locali in cui si famercimonio del proprio corpo dalle altre cinqueipotesi previste nello stesso articolo, volte a repri-mere penalmente ogni forma di lenocinio. A questoriguardo è significativo che per le ipotesi di reclu-tamento e induzione alla prostituzione il legislatorele reputi esplicitamente rilevanti sotto il profilopenale anche se riferite a una sola persona; mentreanche il favoreggiamento e lo sfruttamento dellaprostituzione assumono indubbiamente rilevanzaanche se riferiti a una sola persona, sia per la natu-ra intrinseca della condotta sia per il loro carattereresiduale anche rispetto alle ipotesi di reclutamen-to e induzione. In altri termini, insomma, una lettu-ra logica e sistematica dell’art. 3 induce a indivi-

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CONDOMINIO GIURIDICO82

duare nella casa di prostituzione prevista nelleprime tre ipotesi una forma organizzata di eserciziodella prostituzione altrui, mentre tutte le varie con-dotte di lenocinio previste nelle altre ipotesi hannorilievo penale anche se riguardano una sola prosti-tuta (Sez. 3, 19.5.1999, n. 8600).

In sostanza, per ravvisare una casa di prostituzio-ne e quindi per integrare il reato è necessario che,all’interno della stessa “casa”, vi sia un minimo distabile organizzazione della prostituzione, impli-cante una pluralità di persone esercenti contestual-mente il meretricio negli stessi locali, e l’intervan-to di un soggetto che predisponga, sovrintenda esfrutti l’attività delle persone che si prostituiscono,appunto alla stregua di quanto avveniva prima dellalegge Merlin nelle c.d. case di tolleranza.3. Nella specie è palese che queste condizioni nonsussistono. L’ordinanza impugnata individua l’or-ganizzazione esclusivamente nel fatto che l’immo-bile sarebbe stato utilizzato da diverse ragazzemediante turnazione e nel fatto che “i clienti, repe-riti per strada, venivano poi condotti presso l’im-mobile per consumare il rapporto sessuale”.Sennonché, la giurisprudenza citata ritiene che pre-supposto indefettibile della fattispecie sia che l’e-sercizio del meretricio da parte di più persone neglistessi locali avvenga contestualmente, ed affermaconseguentemente che non sussiste il reato nel casodi turnazione, sia pure frequente, tra diverse prosti-tute (Sez. 3, 16.4.2004, n. 23657). Occorre poi chela necessaria forma di organizzazione sia presente“all’interno del locale”, sicché non può consisterenella mera circostanza che i clienti venivano porta-ti nell’appartamento per consumare il rapporto.Anzi, entrambi questi elementi indicati dalla ordi-nanza impugnata dimostrano proprio che non si èin presenza di una casa di prostituzione, simile allevecchie case di tolleranza, dove vi era invece lacontestuale presenza e la contestuale attività di piùprostitute e dove i clienti non venivano raccolti perstrada per poi recarsi nella “casa” solo per consu-mare il rapporto.4. Nella specie non sussiste nemmeno il fumus delreato di favoreggiamento della prostituzione.

Secondo l’orientamento interpretativo da tempoaffermato e prevalente, non è ravvisabile il favo-reggiamento della prostituzione nel fatto di chiconceda in locazione, a prezzo di mercato (mentrequalora il canone sia superiore potrebbe ipotizzarsilo sfruttamento), un appartamento ad una prostitu-ta, anche se sia consapevole che la locataria vi eser-citerà la prostituzione (Sez. 3, 6.5.1971, n. 999;Sez. 3, 5.3.1984, n. 4996; Sez. 3, 3.5.1991, n. 6400;Sez. 3, 19.5.1999, n. 8600).

Questo orientamento, che qui deve essere ribadi-to, è stato da ultimo riaffermato, tra l’altro, ancheda Sez. 3, 12.1.2012, n. 7076; Sez. 3, 22.5.2012, n.

36595; Sez. 3, 11.12.2012, n. 3088).È vero che a volte, si richiamano in senso contra-

rio Sez. 3, 23.5.2007, n. 35373 (secondo cui“Costituisce favoreggiamento della prostituzione ilmettere a disposizione di una prostituta, anche atitolo di locazione, un appartamento, in quanto ciòcostituisce attività idonea a procurare favorevolicondizioni per l’esercizio della prostituzione stes-sa) nonché Sez. 3, 13.4.2000, n. 8345.

In realtà, però, a parte il non condivisibile princi-pio affermato, la sentenza Galindo Ortiz, nellamotivazione, richiede pur sempre che, per aversifavoreggiamento, vi siano prestazioni ed attivitàulteriori rispetto a quella della semplice concessio-ne in locazione a prezzo di mercato.

La sentenza Donati, poi, sostiene proprio l’orien-tamento qui ribadito e rileva giustamente che “èvero che il legislatore incrimina chiunque favorisca‘in qualsiasi modo’ la prostituzione altrui, e che lagiurisprudenza corrente ritiene irrilevante per l’in-tegrazione del reato il movente che determina lacondotta... anche se è significativo sottolineare chein genere queste sentenze affermano l’irrilevanzadel motivo per escludere specificamente la necessi-tà del fine di lucro o del fine di servire l’altrui libi-dine. Ma è pur sempre necessario che la condottamateriale concreti oggettivamente un aiuto all’e-sercizio del meretricio in quanto tale. Se invecel’aiuto è prestato solo alla prostituta in quanto per-sona, non può configurarsi il reato di favoreggia-mento, se non a costo di conseguenze aberranti nonsolo sul piano dell’etica e del senso comune maanche in rapporto alla ratio e alla intentio legis. Aben vedere, è proprio per evitare queste aberrazio-ni che una giurisprudenza ormai affermata haescluso il favoreggiamento della prostituzione nelfatto di chi concede in locazione un appartamento auna prostituta, anche se sia consapevole che lalocataria vi eserciterà la prostituzione (cfr. Cass.Sez. 3, n. 4996 del 29.5.1984; Cass. Sez. 3, n. 6400del 10.6.1991). Infatti, se la locazione non è con-cessa allo scopo specifico di esercitare nell’immo-bile locato una casa di prostituzione (nel qual casoricorrerebbe l’ipotesi di cui al n. 2 dell’art. 3 legge75/1958), la condotta del locatore non configurapropriamente un aiuto alla prostituzione esercitatadalla locataria, ma semplicemente la stipulazionedi un contratto attraverso cui è consentito a que-st’ultima di realizzare il suo diritto all’abitazione.

Insomma l’aiuto (o più esattamente il negoziogiuridico) riguarda la persona e le sue esigenze abi-tative, e non la sua attività di prostituta. È vero cheindirettamente ne è agevolata anche la prostituzio-ne; ma questo rapporto indiretto non può essereincluso nel nesso causale penalmente rilevante tracondotta dell’agente ed evento di favoreggiamentodella prostituzione. In verità - com’è noto - secon-

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SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ 83

do la legge 75/1958 la prostituzione per se stessanon è prevista come reato, mentre è penalmentesanzionata ogni attività che induca, favorisca osfrutti la prostituzione altrui, giacché il legislatoreè mosso dallo scopo evidente di evitare che il mer-cimonio del sesso (penalmente irrilevante, masocialmente riprovevole) sia comunque incentivatoo agevolato da interessi o da comportamenti diterzi. Orbene, anche quando il reato previsto è aforma libera (come il favoreggiamento e lo sfrutta-mento, che possono essere commessi “in qualsiasimodo”), la condotta dell’agente deve essere legataall’evento da un nesso causale penalmente rilevan-te. Poiché l’evento del reato non è la prostituzione,bensì - nella fattispecie de qua - l’aiuto alla prosti-tuzione, ciò significa che esula il reato ove la con-dotta dell’agente non abbia cagionato un effettivoausilio per il meretricio, nel senso che questosarebbe stato esercitato ugualmente in condizionisostanzialmente equivalenti.

È alla luce di questi principi che appare corretta econdivisibile anche quella giurisprudenza secondocui chi fa il cameriere al servizio di una donna chesi prostituisce non incorre nel reato di favoreggia-mento se la sua opera non oltrepassa i limiti dellemansioni tipiche del collaboratore domestico: sic-ché aprire la porta e colloquiare con le persone inattesa, pur con la piena consapevolezza delle ragio-ni della visita di costoro, non costituiscono fattispecifici di interposizione personale, idonei a faci-litare l’esercizio della prostituzione (Cass. Sez. 3,n. 2296 del 23.2.1999); mentre incaricarsi delleiscrizioni pubblicitarie, anche da parte di una colla-boratrice domestica, integra il favoreggiamento(Cass. Sez. 3, n. 6280 del 6.7.1983).5. Deve pertanto essere qui confermato il principioche non è ravvisabile il favoreggiamento della pro-stituzione nel fatto di chi concede in locazione aprezzo di mercato un appartamento ad una prosti-tuta, anche se sia consapevole che la conduttrice vieserciterà la prostituzione.

La locazione di un appartamento ad una prostitu-ta anche per svolgervi l’attività potrebbe eventual-mente integrare il favoreggiamento esclusivamentequalora, oltre al godimento dell’immobile, venga-no dal locatario fornite ulteriori specifiche presta-zioni o attività che esulino dall’ambito del contrat-to di locazione ed in concreto agevolino l’eserciziodella prostituzione, come nei casi, esaminati dallagiurisprudenza, del locatario che si incarichi delleinserzioni pubblicitarie, o fornisca profilattici, oaiuti a ricevere i clienti, e così via. Nella specie,non è stato nemmeno prospettato che l’indagatoabbia in concreto fornito prestazioni ed attivitàulteriori rispetto a quella della semplice concessio-ne in godimento dell’appartamento.6. La locazione ad una prostituta di un apparta-

mento anche per svolgervi l’attività potrebbe inve-ce integrare il diverso reato di sfruttamento dellaprostituzione qualora vi sia la prova che il locatore,attraverso la riscossione di un canone sicuramenteesagerato e sproporzionato rispetto a quelli di mer-cato, tragga un ingiusto vantaggio economico dallaprostituzione altrui.

Nella specie, questa sproporzione ed esagerazio-ne non risultano in alcun modo, anche perchédovrebbe valutarsi se il corrispettivo, come affermail ricorrente, comprendesse anche le spese per leutenze di luce, gas e acqua. Per questa ragione, delresto, non è stata contestata e non è stata ritenutaconfigurabile l’ipotesi dello sfruttamento della pro-stituzione.7. Non è poi ovviamente configurabile nemmeno inastratto il reato di cui all’art. 3, n. 3, della legge 20febbraio 1958, n. 75, il quale punisce “chiunque,essendo proprietario, gerente o preposto a un alber-go, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande,circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, oloro annessi e dipendenze o qualunque locale aper-to al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tolleraabitualmente la presenza di una o più persone che,all’interno del locale stesso, si danno alla prostitu-zione”.

Il delitto di tolleranza abituale della prostituzio-ne, invero, richiede che si tratti di un locale apertoal pubblico od utilizzato dal pubblico (quale alber-go, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande,circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo), nelcui interno il preposto, gerente o proprietario tolle-ri abitualmente la presenza di persone che eserciti-no la prostituzione.

Da tale disposizione si ricava anche che la meratolleranza dell’altrui prostituzione in locali nonaperti al pubblico o non utilizzati dal pubblico, diper sé, non è prevista come reato.

Del resto, il comma 2 dell’art. 3 della legge 20febbraio 1958, n. 75, prevede, in caso di accerta-mento della condotta di tolleranza abituale dellaprostituzione, le pene accessorie della perdita dellalicenza d’esercizio od anche della chiusura defini-tiva dell’esercizio, evidentemente inapplicabilinella fattispecie in esame.

Ne consegue che l’ipotesi in esame - tolleranza -nella specie non sarebbe prospettabile, non trattan-dosi di locali aperti al pubblico o utilizzati dal pub-blico.8. Infine, per completezza, deve osservarsi che nonè configurabile nemmeno il reato di cui all’art. 3, n.4, legge 20 febbraio 1958, n. 75, di reclutamento diprostitute, ipotizzato dal PM, ma escluso giusta-mente dal Gip e dal tribunale del riesame. Nonrisulta invero dalla ordinanza impugnata il benchéminimo elemento che possa far pensare che l’inda-gato avesse “reclutato una persona al fine di farle

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esercitare la prostituzione”.Secondo la giurisprudenza, invero, il reclutamen-

to o ingaggio di prostitute “consiste essenzialmen-te nell’ingaggio di persone per l’esercizio dellaprostituzione e si concreta nell’attività di ricercadell’agente e nella persuasione della donna ingag-giata, mediante la rappresentazione dei guadagnirealizzabili, a recarsi in un determinato luogo perprostituirsi. L’ingaggio può avvenire per contodello stesso agente o per conto altrui e, quando l’in-gaggio si esaurisce nell’opera di intermediazione,non è necessario che la prostituta rimanga nella dis-ponibilità del reclutante anche per brevissimotempo” (Sez. 3, 9.11.1990, n. 16900); “Il delitto direclutamento di prostitute si esaurisce e si concretanell’attività di ricerca di persone da ingaggiare e inquella di persuasione delle medesime a recarsi inun determinato luogo per l’esercizio della prostitu-zione, a nulla rilevando, a tale fine, che a siffattaattività sia seguito l’effettivo esercizio della prosti-tuzione” (Sez. 6, 7.12.2006, n. 4137); “Il delitto direclutamento di prostituta si realizza allorché l’a-gente si attivi alfine di ‘collocare’ la vittima dell’a-zione delittuosa nella disponibilità del soggetto cheintende trarre vantaggio dall’attività di meretricio”(Sez. 3, 4.12.2007, n. 11835).

Si tratta di elementi che nella specie non sonostati nemmeno prospettati.9. L’orientamento che qui si è confermato nel sensodella inesistenza del reato di favoreggiamento nelcaso di locazione di un appartamento ad una prosti-tuta per soddisfare le sue esigenze abitative o ancheper svolgervi la prostituzione appare, del resto, con-forme anche ad una interpretazione sistematica erazionale del sistema normativo, che peraltro tengaanche conto dell’evoluzione della oggettiva ratiolegis e dei beni ed interessi sociali tutelati.

La giurisprudenza si è invero andata evolvendonel senso di ritenere, ad esempio, che non integra ilreato di favoreggiamento della prostituzione lacondotta del gestore di un sito internet, che pubbli-chi gli annunci pubblicitari delle prostitute, quan-d’anche corredati delle foto, senza svolgere alcunaattività di collaborazione organizzativa, come adesempio la predisposizione di servizi fotograficinuovi, dal momento che tale condotta, al pari diquella del direttore di un tradizionale organo diinformazione a mezzo stampa, che pubblichiannunci pubblicitari dell’attività svolta da prostitu-te, deve essere “considerata come un normale ser-vizio svolto a favore della persona” che esercita ilmeretricio e non della prostituzione (Sez. 3,12.1.2012, n. 4443; Sez. 3, 18.3.2009, n. 244266);o la condotta del conducente di un taxi, che si limi-ti ad accompagnare con l’autovettura sul luogo dilavoro persone dedite al meretricio, anche fuoridall’orario di servizio, facendo pagare le ordinarie

tariffe per la corsa, in quanto tale attività costitui-sce adempimento dell’obbligazione oggetto delcontratto di trasporto (Sez. 3, 14.6.2007, n. 35718);o la condotta dell’albergatore che si limiti a fornirealle prostitute la disponibilità delle camere, allanormale tariffa, senza porre in essere ulteriori atti-vità di specifica agevolazione del meretricio, qualila mancata identificazione dei clienti e la loro regi-strazione (Sez. 3, 23.11.2006, n. 41620; Sez. 3,12.10.1999, n. 13584).

In tutti questi casi si tratta di soggetti che stipula-no con la prostituta un normale negozio giuridicofornendo una prestazione o un servizio al pari diquelli che renderebbero a qualsiasi altra persona eche giustamente non vengono considerati respon-sabili di favoreggiamento solo perché il rapportointercorre con una prostituta, sebbene la pubblica-zione della pubblicità sul quotidiano e sul sitointernet, o l’affitto ad ore di una camera d’albergo,o l’accompagnamento in taxi siano obiettivamentetali da agevolare l’attività della prostituta.

Non si vede pertanto la ragione per la quale la con-dotta del proprietario di un appartamento, che silimiti a darlo in godimento a prostitute perché vi abi-tino o vi esercitino l’attività, senza ulteriori e diver-se prestazioni agevolatrici, debba invece risponderedi favoreggiamento della prostituzione, a differenzadel gestore dell’albergo, o del direttore del quotidia-no, o del tassista, o di chiunque altro fornisca unaprestazione o un servizio alla prostituta.10. Deve inoltre ricordarsi, in relazione alla neces-sità di interpretare il sistema conformemente allaobiettiva evoluzione della ratio legis e degli inte-ressi e beni tutelati, come di recente la sentenzaSez. 3, 29.1.2013, n. 20384 (non ancora massima-ta) abbia assai perspicuamente e condivisibilmenteosservato che bisogna muovere “dal punto fermorappresentato dalla scelta del legislatore di consi-derare attività non vietata, e dunque in sé lecita,quella che la persona liberamente svolge scambian-do la propria fisicità contro denaro”, ed ha ricorda-to che “la giurisprudenza ha nel tempo maturatodecisioni via via più affinate sul piano culturale edermeneutico con riferimento alle condotte... di chia vario titolo interagisce professionalmente” con lapersona che liberamente si prostituisce, riferendosispecificamente a “coloro che le assicurano servizio beni legati all’attività svolta, dall’albergatore altaxista al titolare dell’alloggio locato”. La sentenzaha quindi ribadito che “le sanzioni penali fissatedalla legge 20 gennaio 1958, n. 75 debbono essereapplicate a coloro che condizionano la libertà dideterminazione della persona che si prostituisce, acoloro che su tale attività lucrano per finalità di van-taggio e, infine, a coloro che offrono un contributointenzionale all’attività di prostituzione eccedendo ilimiti dell’ordinaria prestazione di servizi”.

CONDOMINIO GIURIDICO

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SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ 85

Esattamente poi viene sottolineata la necessità dinon operare interpretazioni tali “da reintrodurre sur-rettiziamente presupposti di illiceità “in sé” dellaprostituzione che vengono formalmente ed espressa-mente negati e che, invece, potrebbero finire perqualificare come illegali condotte e prestazioni diservizi alla prostituta che non risulterebbero penal-mente rilevanti se destinati ad altre attività”.D’altra parte la legge Merlin aveva come finalitàanche la tutela della libertà di autodeterminazionedella prostituta, del libero svolgimento della suaattività e della sua dignità. Non pare che corrispon-da a questa finalità una interpretazione che, impe-dendo in sostanza alle medesime la locazione di unappartamento ove svolgere liberamente la loro leci-ta attività, le costringa ad esercitarla per la strada,con maggiori pericoli, anche di sfruttamenti e dicostrizioni. Inoltre, sarebbe intrinsecamente mani-festamente illogico un sistema normativo che, dauna parte, qualifichi come lecita l’attività della pro-stituta svolta liberamente e, dall’altra parte, con-temporaneamente vieti una normale prestazionealle stesse di beni e servizi alle medesime condi-zioni alle quali sono prestati in relazione ad altreattività.11. Nel caso in esame gli appartamenti sono statilocati ad un canone che può rientrare tra quelli dimercato; non esistono gli elementi necessari perl’esistenza di una casa di prostituzione né quelli perconfigurare una ipotesi di tolleranza abituale dellaprostituzione in locali aperti al pubblico o utilizza-ti dal pubblico. Non risulta che il locatore, oltre al

godimento dell’appartamento, abbia fornito in con-creto ulteriori prestazioni ed attività diverse daquelle che potrebbe fornire a qualsiasi inquilino.Non è dunque configurabile, neppure in astratto, ilfumus del reato di favoreggiamento della prostitu-zione, a nulla rilevando in contrario la circostanzache, eventualmente, le conduttrici avessero locatol’appartamento (non solo per abitarvi ma anche)per svolgervi l’attività di prostituzione, che il loca-tore fosse a conoscenza di questa destinazione, eche vi sia stata una successione di conduttrici,anche per periodi non lunghi.12. Restano pertanto assorbiti gli altri motivi, com-preso quello relativo alla insussistenza del pericu-lum in mora, pur apparendo opportuno comunquerilevare che su quest’ultimo punto la motivazione èeffettivamente apodittica, di stile, e quindi mera-mente apparente.

Di conseguenza, devono essere annullati senzarinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto disequestro preventivo emesso dal Gip del tribunaledi Ancona il 24.7.2012. Va quindi ordinata la resti-tuzione dei beni sequestrati all’avente diritto.

P.Q.M.La Corte Suprema di Cassazione annulla senza

rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto disequestro preventivo del Gip del tribunale diAncona del 24.7.2012 e ordina la restituzione diquanto in sequestro all’avente diritto.

Manda alla cancelleria per le comunicazioni pre-scritte dall’art. 626 cod. proc. pen..

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IMPIANTO DI CLIMATIZZAZIONE DIFETTOSO: IMPIANTO DI CLIMATIZZAZIONE DIFETTOSO: L’APPALTATORE È RESPONSABILEL’APPALTATORE È RESPONSABILE

CORTE DI CASSAZIONESez. II civ., sent. 17.6.2013, n. 15093

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO F.C. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale diTerni l'ing. Ma.Pi. e M.A. , titolare della ditta omo-nima, per la risoluzione di un contratto di progetta-zione, fornitura e posa in opera nel proprio studioprofessionale di un impianto di condizionamentod'aria, lamentandone il difettoso funzionamento.

Entrambi i convenuti resistevano alla domanda,assumendo che i difetti di funzionamento dell'im-pianto erano ascrivibili ad una sua erronea utilizza-zione. M.A., inoltre, proponeva domanda riconven-zionale di condanna dell'attore al pagamento delresiduo prezzo.

Il Tribunale accoglieva la domanda principale,rigettava quella riconvenzionale e, dichiarato risol-to il contratto, condannava i convenuti, in solido fraloro, alla restituzione delle somme ricevute inacconto.

L'appello proposto dal Ma. e dal M. era respintodalla Corte d'appello di Perugia, con sentenza n.380 del 26.9.2006.

In ordine al motivo di gravame col quale gliappellanti avevano censurato la sentenza impugna-ta per aver ritenuto l'esistenza di un unico contrat-to, in luogo di due distinti ed autonomi rapporti,uno di prestazione d'opera avente ad oggetto la pro-gettazione dell'impianto, cui si era obbligato l'ing.Ma., l'altro di realizzazione dell'opera, cui avevaprovveduto il M., la Corte territoriale osservavache quest'ultimo aveva ammesso nel corso delleoperazioni di c.t.u. di aver concorso alla progetta-zione realizzando il progetto esecutivo, e che l'i-struzione probatoria aveva dimostrato l'esecuzionepromiscua dell'incarico da parte dei due convenuti,sicché era da escludere una distinzione tra incaricodi progettazione e incarico di installazione dell'im-pianto. L'esistenza dei difetti dell'opera, poi, oltread essere stata ammessa dal Ma., e dagli stessidipendenti del M., salvo attribuirla ad una non cor-retta utilizzazione, era stata altresì adeguatamente

dimostrata dai dipendenti dello studio professiona-le del F., e confermata dalla relazione del c.t.u., cheaveva individuato l'origine del malfunzionamentonella mancanza di bocchette e di canali di ripresadell'aria dall'ambiente.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre M.A.,che formula sei mezzi d'annullamento.

Resiste con controricorso F.C.. Ma.Pi. è rimasto intimato. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Col primo motivo d'impugnazione è dedotta “lanullità della sentenza (art. 360 n. 5 c.p.c.) percarente, insufficiente e contraddittoria motivazio-ne, anche in relazione a quanto disposto dagli artt.116 e 228 c.p.c.”.

Individuato il fatto controverso e decisivo nell'e-sistenza o non di un incarico di progettazione del-l'impianto affidato dal F. al M., parte ricorrentecensura la mancata specificazione, nella sentenzaimpugnata, della dichiarazione con la quale il M.avrebbe ammesso di aver concorso alla fase pro-gettuale esecutiva, ammissione di cui neppure nellasentenza di primo grado vi sarebbe traccia. 2. Col secondo motivo è dedotta la nullità della sen-tenza per violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c..

Anche a voler ritenere che il M. avesse redatto unprogetto esecutivo, da ciò solo non potrebbe dedur-si un incarico di progettazione dell'impianto, nonessendovi prova di una comune intenzione delleparti in tal senso. La mancata indagine al riguardoha fatto che sì che la Corte non esaminasse deglielementi (l'attività imprenditoriale svolta dal M., ilgenere di corrispettivo chiesto per essa, l'esistenzadi un progetto, qualificabile come esecutivo, redat-to in autonomia dal solo Ma., la redazione da partedel M. di un semplice disegno del tracciato dellecanalizzazioni) che deponevano in senso contrarioa quello della decisione, ed ha esonerato di fattol'attore dall'onere di provare sia di aver affidato laprogettazione al M., sia che questi abbia accettatotale incarico.

All'esito, parte ricorrente formula i seguenti que-siti: “1) l'ammissione da parte dell'asserito presta-tore d'opera intellettuale della redazione di un pro-getto esecutivo di progetto di impianto di condizio-namento redatto da terzi: a. esonera il giudice del

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87SENTENZE ED AlTRE UTIlITÀ

merito, cui sia stato chiesto di accertare l'esistenzadi un contratto avente ad oggetto la progettazionedi un impianto di condizionamento, dall'indagineimposta agli artt. 1362 e ss. c.c.? b. consente almedesimo giudice di merito di prescindere daglialtri elementi in fatto pure rilevanti per gli effettidegli artt. 1362 e ss. c.c.? 2) l'ammissione da partedell'asserito prestatore d'opera intellettuale dellaredazione di un progetto esecutivo di progetto diimpianto di condizionamento redatto da terzi eso-nera il giudice del merito dal verificare se il sedi-cente committente l'opera intellettuale abbia forni-to la prova, in ossequio dell' (sic) art. 2697 c.c., delconferimento al primo di un incarico progettazionedel medesimo impianto di condizionamento?”. 3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360, n.5 c.p.c., la nullità della sentenza per omessa, insuf-ficiente e contraddittoria motivazione “anche inrelazione a quanto disposto dagli artt. 1362 e ss.c.c. e dagli artt. 116 e 228 c.p.c.”.

La sentenza impugnata, si sostiene, non spiegal’irrilevanza degli altri elementi di fatto pacifici alfine di accertare il rapporto contrattuale tra le parti,né chiarisce in quali termini la redazione di un c.d.progetto esecutivo determini un concorso nella faseprogettuale di un impianto di condizionamento,atteso che il progetto esecutivo è null'altro che l'at-tuazione di un'ideazione già compiuta. Il vizio dellasentenza impugnata, prosegue la censura, consistenel non aver motivato l'asserita equivalenza traprogettazione e progettazione esecutiva; nella con-traddizione di aver ritenuto responsabile il M. non-ostante questi avesse, in ipotesi, redatto al più unprogetto esecutivo; e nella carenza di motivazionelì dove non spiega come la redazione di un proget-to esecutivo possa non solo aver concorso alla pro-gettazione, ma anche a rendere viziata la stessa. 4. Il quarto mezzo d'annullamento deduce la nulli-tà della sentenza per violazione e falsa applicazio-ne degli artt. 1218 e 1223 c.c. e dell'art. 40 c.p..

L'attività materiale di causazione dell'evento dan-noso imputata al M. consiste, secondo la Corte ter-ritoriale, nell'aver redatto il progetto esecutivo,concorrendo nell'errore di progettazione dell'im-pianto. Ma se è nel progetto che risiedeva l'errore,nessun contributo causale può aver dato la redazio-ne del progetto esecutivo. Ne consegue che il giu-dice d'appello ha mancato di applicare l'art. 40 c.p.e gli artt. 1218 e 1223 c.c..

Segue il quesito: “assunta la sussistenza di unrapporto di causalità diretta tra un evento di dannoA (nel caso di specie, il vizio dell'impianto) e lacondotta B (la redazione del progetto iniziale inbase al quale è stato realizzato l'impianto), puòdirsi sussistente, ai sensi degli artt. 40 c.p., 1218 e1223 c.c., il rapporto di causalità tra la condotta di

C (l'aver redatto un progetto meramente esecutivodel progetto B) e l'evento A, se, eliminando la con-dotta di C, l'evento di danno A si sarebbe comun-que verificato?”. 5. Col quinto motivo è dedotta la nullità della sen-tenza per omessa, insufficiente e contraddittoriamotivazione, “anche in relazione a quanto dispostodagli artt. 40 c.p., 1218 e 1223 c.c.”.

La sentenza impugnata, sostiene parte ricorrente,non spiega con quale condotta partecipativa dellafase di progettazione la ditta M. avrebbe contribui-to a causare l'asserita difettosità del funzionamentodell'impianto. 6. Col sesto e ultimo motivo è dedotta la nullitàdella sentenza per violazione e falsa applicazionedegli artt. 1453, 1455, 1458 e 1668 c.c., nonchédegli artt. 1513, comma 2 e 2697 c.c., e per omes-sa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La sentenza, si sostiene, è errata nella parte in cuiha considerato sufficiente ai fini della risoluzionedel contratto l'inidoneità degli interventi già effet-tuati dall'appaltatore, mentre per altro verso laCorte territoriale avrebbe dovuto confrontarsi congli esiti della c.t.u. e dare conto della non emenda-bilità delle opere realizzate e, dunque, della defini-tiva inservibilità dell'impianto.

Ulteriore errore di diritto è ravvisato dal ricorren-te nel fatto che la sentenza impugnata abbia esenta-to l'attore dall'onere di provare la completa inservi-bilità dell'opera, perita, com'è pacifico, a causadello smantellamento dell'impianto effettuato dallostesso committente di sua iniziativa.

Seguono i quesiti: “l'inidoneità degli interventidell'appaltatore volti a emendare difetti dell’operacostituisce presupposto sufficiente per risolvere ilcontratto d'appalto ex art. 1668, comma 2 c.c.?”.

“L’unilaterale smantellamento delle opere daparte del committente, prima che ne sia accertata lacompleta inservibilità, osta a che il committentemedesimo si avvalga del rimedio della risoluzionedel contratto d'appalto?”.

“L’unilaterale smantellamento delle opere daparte del committente, prima che ne sia accertata lacompleta inservibilità, aggrava l'onere della provadel committente in applicazione analogica dell'art.1513 c.c.?”. 7. I primi cinque motivi, da esaminare congiunta-mente per la comune inerenza alla medesima que-stione concernente la responsabilità dell'appaltato-re per i vizi del progetto esecutivo, sono manifesta-mente infondati, perché non considerano un ante-cedente logico-giuridico che rende vane le censureformulate.

È noto e fermo orientamento di questa Corte chel'appaltatore, dovendo assolvere al proprio doveredi osservare i criteri generali della tecnica relativi

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al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a con-trollare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà delprogetto o delle istruzioni impartite dal committen-te e, ove queste siano palesemente errate, può anda-re esente da responsabilità soltanto se dimostri diavere manifestato il proprio dissenso e di esserestato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, perle insistenze del committente ed a rischio di que-st'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l'ap-paltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrat-tuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato,all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi del-l'opera, senza poter invocare il concorso di colpadel progettista o del committente, né l'efficacia esi-mente di eventuali errori nelle istruzioni impartitedal direttore dei lavori (Cass. n. 8016/12; conformi,ex pluribus, nn. 7515/05,10550/01, 5099/95 e821/83).

Data, dunque, la responsabilità dell'appaltatoreanche per i difetti del progetto che egli non abbiarilevato o in ordine ai quale non abbia espressa-mente manifestato il proprio dissenso, è del tuttoirrilevante ogni questione circa la partecipazione onon dell'appaltatore alla redazione del progettostesso. 8. Anche il sesto motivo è infondato. In disparte sia la commistione fra profili di diritto eprofili inerenti alla motivazione della sentenza, siala pluralità, a fonte di un medesimo mezzo d'annul-lamento, di quesiti eterogenei (aventi ad oggettoora la risolubilità del contratto d'appalto, ora l'one-re probatorio sul difetto dell’opus), è sufficienterilevare che la Corte perugina non ha né esentato laparte committente dall'onere di provare il difettodell'impianto, né ha omesso di valutarne la gravitàai fini della risoluzione del contratto.

Accertata la grave difettosità dell'impianto (v.pagg. 4-5 della sentenza impugnata), la Cortedistrettuale ha ritenuto che l'opera così come rea-lizzata “pregiudicava in modo totale l'interesse del

committente, specie se si considera che egli eratenuto ad assicurare - in particolare ai suoi dipen-denti, ma anche ai suoi clienti - condizioni di com-fort adeguate al decoro dell'attività professionaleesercitata” (pag. 6 sentenza impugnata).

Ancora, la garanzia spettante in favore del com-mittente ai sensi dell'art. 1668 c.c., contempla,alternativamente, l'azione di esatto adempimento,mediante l'eliminazione delle difformità e dei vizidell'opera a spese dell'appaltatore, la riduzione delprezzo (1° comma), ovvero la risoluzione del con-tratto (2° comma). Quest'ultima azione, a differen-za delle altre due che presuppongono unicamentel'inesatto adempimento, si basa su di una sola con-dizione ulteriore, costituita dall'essere le difformitào i vizi tali da rendere l'opera del tutto inadatta allasua destinazione. Tale condizione, a sua volta, nonrichiede affatto né che l'appaltatore sia stato pre-viamente posto in condizione di eliminare i difetti,né che l'eventuale tentativo sia stato esperito senzaesito, di guisa che è del tutto irrilevante, ai fini del-l'accoglimento dell'azione di risoluzione, che l'ope-ra sia stata smantellata dal committente senza con-sentire all'appaltatore di emendarne i vizi o le dif-formità.

Infine, né le norme di cui è denunciata la viola-zione, né altre prevedono per la dimostrazione deivizi redibitori una prova legale consistente in unesame tecnico dell'opera ancora in essere, benpotendone essere accertata l'inidoneità alla destina-zione sua propria attraverso la prova storica. 9. Il ricorso va pertanto respinto. 10. Le spese del presente giudizio, liquidate comein dispositivo, seguono la soccombenza della partericorrente.

P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorren-

te alle spese, che liquida in Euro 2.200, di cui 200per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.

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LA TARGA AMMINISTRATORE È DIVENTATA OBBLIGATORIA

La riforma: Articoli 1129, 1130 e 1130 bis c.c.

L’obbligo dell’affissione sul fabbricato amministrato (in posizione visibile) della c.d. “targa”

dell’amministratore che garantisca la sua individuazione “pubblica”, con l’implicita finalitàdi renderlo prontamente contattabile in caso di necessità.

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