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7/31/2019 Carriero_2004_for_academiaOSSERVAZIONI SULLA TEORIA DELLAZIONE DI RAYMOND BOUDON
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R. Carrieropre-print version of the article published in Rassegna Italiana di Sociologia (2004)
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RAZIONALIT (IL)LIMITATA?OSSERVAZIONI SULLA TEORIA DELLAZIONE DI RAYMOND BOUDON1
1. Introduzione. Lestensione della nozione di razionalit
Lenigma sociologico che da sempre mi appassiona e che cerco
di spiegarmi : com possibile che molte persone intelligenti eben istruite credano a idee dubbie, fragili o false?
Cos allincirca si espresso Raymond Boudon al termine di una conferenza tenuta qualche
anno fa allUniversit di Torino, e tale esplicita dichiarazione si ritrova anche in numerosi suoi
scritti (tra cui Boudon 2001)2. In effetti un comune denominatore al lavoro di Boudon proprio
questo: che si tratti di spiegare le idee false cui hanno aderito gli scienziati del passato o le credenze
bizzarre cui d credito luomo della strada, in entrambi i casi compito del sociologo ricostruire le
ragioni che motivano ladesione a credenze apparentemente irrazionali. In altre parole, volendo
parafrasare in maniera un po paradossale il pensiero di Boudon, si potrebbe dire che ladesione a
credenze dubbie, fragili o false da parte di scienziati e persone ben istruite non la prova
inconfutabile della profonda irrazionalit delluomo, bens esattamente il contrario! proprio degli
esseri umani assumere credenze di qualsiasi tipo: scientifiche e addirittura morali non per
opera di forze occulte che agiscono alle loro spalle, ma sulla base di ragioni che essi percepiscono
come forti o per lo meno come buone, data la situazione e le informazioni effettivamente loro
disponibili3. Il modello di attore sociale proposto da Boudon accoglie dunque idee del pensiero di
Weber (comprendere lazione sociale ricostruirne il senso che riveste per lattore) e di Popper
(lipotesi zero da assumere nella spiegazione del comportamento umano che lazione razionale).
Perch mai Boudon propone con forza e passione un modello di attore e una sociologia il cui
tratto distintivo un concetto di razionalit molto lato che ha suscitato e suscita ancora numerose
obiezioni? Come in tutte le vicende umane le motivazioni si mescolano e si intrecciano, cosBoudon ha reso conto della sua scelta attraverso argomenti scientifici e ideali. Le motivazioni di
ordine scientifico hanno a che vedere con i vantaggi in termini di capacit esplicative che la
sociologia guadagna aderendo al paradigma dellindividualismo metodologico, allinterno del quale
1 Per la stesura di questo articolo ho tratto utili spunti dalle osservazioni critiche di Filippo Barbera, Mario Cardano,Luca Ricolfi e Loredana Sciolla. A tutti loro sono grato, ferma restando la mia responsabilit per quanto espresso neltesto.2 La conferenza, svoltasi il 28 maggio 2002, concludeva un ciclo di conferenze italo-francesi organizzato dal
Dipartimento di Scienze Sociali.3 Nei lavori di Boudon fino aIl vero e il giusto, le ragioni dellattore venivano definite buone; nei lavori successivi, inparticolare neIl senso dei valori, diventano ragioniforti. Vedremo nel testo, e in particolare alla fine, gli esiti di questimutamenti terminologici.
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i fenomeni sociali devono essere ricondotti allazione e allinterazione tra attori sociali (di solito
individui, ma non sempre). Nellaccezione di individualismo metodologico proposta da Boudon
(2002, 2003a) le azioni hanno senso per gli attori, non in un significato generico e al limite
affettivo, ma specifico e riguardante le ragioni che essi hanno per credere e agire in un determinato
modo. Cercando di spiegare il comportamento sociale in base alle ragioni degli attori, Boudon vuole
mettere da parte spiegazioni che ricorrono a entit ignote e postulate apposta per rendere conto del
fenomeno in esame, come frames cognitivi, bias mentali, processi di socializzazione, inconscio,
falsa coscienza, ecc., concetti ai quali Boudon non nega cittadinanza tout court, ma accorda loro un
valore descrittivo di fenomeni che il sociologo non in grado di spiegare altrimenti. Al contrario, la
spiegazione in termini di azione razionale sta in piedi da sola e vanta un particolare privilegio
ermeneutico (Goldthorpe 2000, 135)4. La teorizzazione di ragioni diverse da quelle meramente
strumentali, capaci di rendere conto del comportamento degli attori serve, nelle intenzioni di
Boudon, a superare le inevitabili difficolt in cui incappa chi segue acriticamente la strada
delleconomia, scienza che immagina un attore razionale rispetto allo scopo, mirante al proprio
interesse e capace di calcolare il giusto rapporto tra costi e benefici; su questa strada, a rigore, non
dovremmo scorgere persone che votano, che rispettano certe regole, che esprimono giudizi di valore
disinteressati, e molte altre ancora. La dmarche teorica di Boudon serve per anche a scrollare di
dosso dalla sociologia limmagine di scienza che prefigura un attore ben poco razionale,
fondamentalmente limitato nelle capacit e nelle alternative di scelta, a volte addirittura cieco
rispetto ai suoi stessi interessi, insomma: agito pi che attore.
Arriviamo cos al ctideale delle motivazioni di Boudon che recentemente (2001) egli ha
espresso esplicitamente e con sincerit. In effetti queste motivazioni affiorano qua e l nei suoi
scritti, ma nellarticolo citato sono formulate senza troppi fingimenti. Lautore mostra qui in un
registro quasi confidenziale tutta la sua insofferenza verso le sociologie di stampo marxiano e
strutturalista che negano libert allattore, riportando lorigine dei fatti sociali alla configurazione
delle strutture economiche e di potere. Esprime inoltre profondo rammarico per le conseguenzenegative del relativismo postmoderno sulla comunicazione sociale e scientifica. Infine non tralascia
di rivelare le sue antipatie politiche, che presero corpo allepoca della formazione universitaria. Non
c che dire: lautore tiene allonest intellettuale e la sua posizione ormai consolidata nel panorama
delle scienze sociali gli permette di evitare il fastidiosopolitically correct, stile che peraltro non gli
consueto anche in altre occasioni. Tutto considerato, comunque, ritengo che il senso
4 Naturalmente Boudon consapevole del fatto che i discorsi scientifici si basano sempre su assunti che, per
definizione, sono indimostrabili. Tuttavia questa la condizione ordinaria della conoscenza scientifica e ci non leimpedisce di formulare teorie esplicative che reggano alla confutazione empirica nel tempo, quindi tale condizione(illustrata dal filosofo tedesco Hans Albert e ribattezzata da Boudon trilemma di Mnchausen) non una premessavalida per trarre conclusioni relativistiche, inaccettabili secondo Boudon.
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delloperazione teorico-intellettuale di Boudon si possa valutare in termini esclusivamente
scientifici. Quanto proposto dal sociologo francese si presta ad essere considerato, come tutte le
imprese autenticamente scientifiche, secondo criteri di confutabilit/falsificabilit offerti dalla
documentazione empirica disponibile. Tale pregevole facolt concessa anche dalla concretezza
con cui Boudon affronta le questioni teoriche, rifiutando le involuzioni del linguaggio
parascientifico che Wright-Mills stigmatizzava efficacemente con lappellativo di soc-speak.
2. Le potenzialit della razionalit allargata: alcuni esempi
Nel corso degli anni, Boudon, fedele a un partito preso per la concretezza, ha sviluppato
molti esempi attraverso i quali ha illustrato il suo approccio o paradigma, dimostrandone cos
lutilit5. Alcuni esempi ricorrono frequentemente nei suoi scritti, si tratta in particolare di esempi
tratti dagli autori classici: Tocqueville, autore trai suoi favoriti (la spiegazione del pluralismo
religioso in America, del comportamento dei nobili francesi e inglesi nel 700 di fronte
allassunzione di cariche pubbliche), Marx (perch gli operai accettano lo sfruttamento), Weber (le
credenze religiose dei funzionari romani e prussiani, le credenze magiche e altri), Durkheim (ancora
la magia, il suicidio). Altri esempi sono stati tratti, e reinterpretati, dagli studi sociologici moderni
dei pi diversi campi e dagli esperimenti di psicologia cognitiva sul ragionamento inferenziale, sul
giudizio morale, sul comportamento economico in condizioni di incertezza. Ultimamente
lattenzione di Boudon si spostata sul campo dei valori, delle azioni e delle credenze ispirate dalla
categoria weberiana di razionalit assiologica, dal momento che la loro razionalit non riguarda il
rapporto mezzi/fini e il contenuto un giudizio di tipo etico o morale. Da questampia messe di
esempi prover ad estrarne qualcuno che illustri i vantaggi dellapproccio di Boudon nella
spiegazione dei fenomeni sociali enigmatici. Allo stesso tempo, per, porter lattenzione verso i
limiti che il tipo di spiegazione boudoniana pu mostrare.
Nel campo delle credenze positive, il cui contenuto pu essere definito vero o falso, Boudoncita spesso esperimenti di psicologia sul ragionamento inferenziale. Ad esempio, in Boudon (1995)
e anche in altri lavori, lautore esamina i risultati di alcuni studi sperimentali. In essi stato chiesto
ad un gruppo di infermieri di dire se il sintomo S da considerare causa della malattia M a partire
dallosservazione di 100 cartelle cliniche dove riportata la presenza o meno di M e di S (gli
infermieri per non disponevano di una rappresentazione del problema sotto forma di tavola di
5 In effetti parlare di validit per lapproccio di Boudon non corretto, come lui stesso afferma in Boudon (1993b). Un
paradigma si pu giudicare utile, promettente, appropriato, ecc., in ordine ai risultati che consente di ottenere sul pianodella ricerca empirica e delle teorie generate, capaci di spiegare determinati fenomeni o classi di fenomeni. Certamente,con riferimento agli esempi concreti portati dallautore, si pu tornare a parlare di validit o plausibilit dellespiegazioni offerte.
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contingenza). Sulla stessa falsa riga, Kahneman e Tversky (1973) hanno condotto esperimenti in cui
domandavano a psichiatri se, dallosservazione della frequenza con cui la depressione associata a
tentativi di suicidio nei loro pazienti, potevano dedurre che la depressione causa di tentato
suicidio; Shweder (1977) ha chiesto a un campione di studenti americani di stimare la frequenza
con cui sono distribuiti nella popolazione gli attributi di autostima e capacit di leadership e da qui
predire se lautostima condizione necessaria e sufficiente della capacit di leadership. Ebbene, i
risultati di tutti questi esperimenti, con lo stesso problema concettuale alla base, sono chiari: le
persone traggono erronee inferenze causali perch utilizzano ununica informazione, ossia la
frequenza con cui sono associati i fenomeni in questione (sintomo e malattia, depressione e tentato
suicidio, autostima e capacit di leadership), mentre trascurano sistematicamente linformazione
complementare che consentirebbe loro di controllare che la relazione causale non sia smentita. In
linguaggio statistico, mancano di effettuare il confronto tra probabilit condizionate che indica la
presenza o meno di effettiva correlazione tra i fenomeni.
Come commenta questi risultati Boudon? La strategia argomentativa mira a dimostrare due
punti:
1) il modo di ragionare degli scienziati, delle persone istruite e di quelle non istruite
sostanzialmente il medesimo, semmai la differenza di grado, ma non di natura, non esiste una
mentalit pre-logica, primitiva o quantaltro;
2) i ragionamenti, pur errati, dei soggetti degli esperimenti sono basati su a priori, ovvero
congetture, ipotesi plausibili che portano a conclusioni valide in alcuni contesti, ma non nel
contesto sperimentale, di conseguenza le conclusioni sono da considerarsi razionali dal punto di
vista soggettivo, non oggettivo.
La ricostruzione del ragionamento che ipoteticamente ha guidato i soggetti, seppure in modo
metacosciente, la seguente: in molti casi, e specialmente quando si tratta di fenomeni non
normali (tra cui appunto tentato suicidio, malattia, capacit di leadership), per capire che unevento associato causalmente con un altro sufficiente osservare un numero di associazioni anche
relativamente basso e concludere con certezza che un nesso esiste. Qual la congettura, la priori
implicito di questo tipo di ragionamento? Che la distribuzione congiunta dei due fenomeni presenti
una marcata asimmetria dei marginali di riga e colonna, in termini statistici; cosa peraltro normale
quando si tratta di fenomeni anormali. Ad esempio, in una tabella di contingenza come la
seguente, sufficiente che il valore della cella a sia 10 per avere un ottimo indizio circa il nesso di
causalit.
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TAB. 1 Se i marginali sono molto sbilanciati una sola informazione pu bastare
Sintomo Sintomo
Malattia a (10) b (10) 20
Malattia c (8) d(72) 80
18 82 100
In altre parole, un soggetto che osservi in 10 casi su cento unassociazione tra i fenomeni ha gi la
chiave per rispondere positivamente al quesito. Il problema chiaramente che, nella situazione
sperimentale data, questa congettura non valida, dunque le conclusioni sono oggettivamente
errate. Per, secondo Boudon, ci non significa che i soggetti siano irrazionali, anzi hanno avuto
ragioni forti per rispondere nel modo in cui hanno risposto.
Gli insegnamenti di Boudon sono almeno due. Il primo che il concetto di razionalit non
pu essere di tipo esclusivamente strumentale: esiste anche una versione cognitiva secondo cui le
persone hanno come obiettivo la ricerca del vero, non dellutile, n del miglior modo di raggiungere
un fine (o meglio il fine esiste ed appunto il vero, ma non si pone il problema di avere i mezzi pi
efficienti). Il secondo insegnamento riguarda il fatto che le spiegazioni del perch le persone
ragionano in un certo modo, oggettivamente errato, anzich postulare cause mentali a partire dagli
effetti osservati, dovrebbero ricostruire il ragionamento dei soggetti facendo emergere la priori
implicito che, invalidamente applicato, li ha condotti a risposte sbagliate. E dal momento che in tutti
i tipi di ragionamento, scientifici e di senso comune, non si pu fare a meno di a priori impliciti, ci
significa che scienziati e uomini della strada condividono la medesima natura razionale.
Che dire delle argomentazioni e conclusioni boudoniane? Circa il concetto di razionalit
cognitiva credo che sia senzaltro utile, dal momento che ogni azione si basa su credenze e non si
capisce come potrebbe definirsi razionale unazione se la credenza cui si appoggia (che non sia
banale) non fosse altrettanto razionale6. Credere razionalmente unattivit mentale che presuppone
un minimo di coerenza tra ci che il soggetto ritiene vero e le prove empiriche a sua disposizionenel contesto in cui si trova. Ma consideriamo adesso gli esperimenti visti in precedenza. Le persone
che hanno dato risposte sbagliate ai quesiti posti loro non si sono comportate certamente in un modo
che tutti definiremmo irrazionale: non hanno risposto a casaccio, anzi, tutte devono aver seguito il
6 Certo, si pu agire in maniera perfettamente razionale in conformit con una credenza oggettivamente irrazionale,come nel caso delle credenze magiche. Per, se si pu mostrare che per un attore in certe condizioni la credenza nellamagia (soggettivamente) razionale, anche lesecuzione del rito magico diventa unazione (soggettivamente) razionale.Boudon riporta molto spesso nei suoi scritti, dai pi vecchi ai pi recenti, la spiegazione delle credenze nei riti magici
basata sui lavori di sociologia della religione di Durkheim e Weber. Infatti questo un modo molto efficace di attaccareil dualismo tra credenze oggettivamente fondate (razionali) e non oggettivamente fondate (irrazionali): se il primitivonon ha gli elementi cognitivi ed empirici necessari a dimostrare linfondatezza delle sue credenze, ma ne ha, alcontrario, di sufficienti per ritenerle fondate, perch non considerare il suo agire come razionale?
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medesimo ragionamento visto che le risposte sono state nella stragrande maggioranza dei casi
uguali. Tuttavia lerrore inconsapevole che hanno commesso stato proprio quello di applicare un
ragionamento giusto nella situazione sbagliata. Allora perch fare appello alla nozione di
razionalit? Tanto pi che, come ammette Boudon (1995, 60), la situazione che li ha indotti in
errore; la situazione ha determinato il modo con cui i soggetti potevano rappresentarsela. Dunque il
momento in cui le ragioni sono sostituite dalle cause spostato solo pi allindietro7. Perch le
persone hanno ragionato senza accorgersi che erano in una situazione in cui non potevano applicare
quel ragionamento senza cadere in errore? Evidentemente qualcosa li attirati e distolti dal
riconoscere il trabocchetto. Sar stato che di solito ragionare cos funziona oppure che la
formulazione linguistica del problema invitava a cercare nessi causali, o ancora il fatto che, senza
rappresentazioni sotto forma di tavola di contingenza, il problema molto difficile. Fatto sta che un
qualche potere di natura causale, insito nella situazione, li ha fatti sbagliare! Si tratta in effetti di
come il problema, posto in una determinata forma, stato percepito dai soggetti. Boudon ritiene che
i frame cognitivi siano entit causali non spiegate e argomenta a favore di una spiegazione che
faccia appello alle ragioni. Per abbiamo appena visto che lapplicazione di un a priori invalido
dipende dalla configurazione della situazione; e che cos unframe, se non un modo di percepire la
situazione tale che certe caratteristiche di essa vengono nascoste e altre evidenziate? Quando un
attore, posto in una determinata situazione, vede solo certe alternative di scelta o attribuisce a
quelle alternative un peso diverso a seconda della percezione della situazione, chiaro che la
razionalit del suo corso dazione largamente determinata dalla particolare configurazione della
situazione8. Lo stesso si potrebbe dire del concetto di disposizioni cognitive di cui Boudon ha fatto
uso in passato (cfr. in particolare Boudon 1986): queste costituirebbero un insieme di saperi che il
soggetto mobilita per gestire le pi diverse situazioni, ma non sono presenti in modo chiaro alla sua
coscienza. Non evidente il motivo per cui queste disposizioni utilizzate inconsapevolmente
(almeno in certi casi) renderebbero lazione pi razionale di quella dettata da disposizioni etiche o
affettive. C inoltre una straordinaria affinit tra il concetto e la funzione degli a priori in Boudon eil concetto e la funzione delle rappresentazioni sociali in Moscovici9 (1984, trad. it. 1989). Le
differenze ovviamente non mancano, la principale delle quali che in Moscovici non c alcun
tentativo di coprire lindividuo di una veste razionalistica, pur affermando egli che non c
7 Clment (1999) appunta le sue critiche al cognitivismo di Boudon anche su questo fatto: limpossibilit di conciliarerazionalit e a priori assunti in modo metacosciente modalit della coscienza troppo affine allinconsapevole equindi allirrazionale. Le critiche di questo autore sono mosse nellambito della psicologia evoluzionista che nonattribuisce un ruolo preminente ai meccanismi razionali nel trattamento delle informazioni.8 Cfr. (Tversky, Shafir 1992) citato in (Legrenzi, Rumiati 1993)9 Devo questa osservazione a Mario Cardano. Laffinit sorprendente dal momento che, a mia conoscenza, Boudonnon cita mai Moscovici. Comunque in Boudon (1999, trad. it. 2000, 88) lautore inserisce le rappresentazioni sociali
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differenza tra la mentalit degli scienziati e delle persone comuni. Comunque le rappresentazioni
sociali hanno lo stesso scopo degli a priori: organizzare la rappresentazione della situazione in
maniera tale da ricondurla ad uno schema intelleggibile dal soggetto. Il potere delle
rappresentazioni sociali davvero notevole nel guidare le azioni degli individui, come dimostra un
esempio tratto da un esperimento cui accenner brevemente. In esso (cfr. Abric 1989) si vede come
la rappresentazione dellavversario un essere umano o una macchina in un dilemma del
prigioniero, reiterato numerose volte, determini pesantemente la strategia (cooperativa o meno)
assunta dai soggetti, i quali credono di giocare contro un uomo o contro una macchina quando in
realt la controparte sempre la medesima (ovvero lo sperimentatore) e gioca sempre con la stessa
strategia (occhio per occhio). I soggetti sarebbero quindi guidati da rappresentazioni sociali della
situazione (la macchina rigida, insensibile; luomo flessibile, adattabile), non dalle
caratteristiche oggettive dellinterazione. Tuttavia questo avviene in un esperimento di laboratorio,
dove i soggetti e la controparte non comunicano, non si tratta di una situazione di vita concreta.10
Comunque la critica vuole anche essere costruttiva. Infatti il grande pregio reso dalla
ricostruzione del ragionamento degli attori costituito dalla possibilit di spiegare le forti
strutturazioni dei risultati sperimentali. Se la stragrande maggioranza dei soggetti ha risposto in un
modo, allora evidente che un tipo di ragionamento, plausibile in quella situazione, ha orientato le
loro risposte. Se i risultati pi frequenti fossero stati due, allora significa che cerano elementi, nella
situazione sperimentale, atti a sviluppare plausibilmente due tipi di ragionamenti, e cos via. I
vantaggi di questo modo di procedere sono chiari: si eliminano le spiegazioni a scatola nera (del
tipo: il ragionamento di senso comune segue logiche primitive) e si rende conto del carattere
collettivo e della distribuzione delle credenze. Ma sono i casi che riguardano pi da vicino la
sociologia a confermare la bont di questo approccio. Se vogliamo spiegare ladesione a un valore
morale o lavversione verso uninnovazione economica molto pi convincente comprendere
perch quel valore o quellinnovazione, in un dato contesto, risultano accettabili da cos tante
persone, piuttosto che postulare linteriorizzazione di valori via socializzazione o il tradizionalismodegli attori come cause del fenomeno11. Nellultima parte del paragrafo vedremo da vicino proprio
uno di questi casi.
tra le verbose cause irrazionali del comportamento, insieme a nozioni come quadro, mentalit, habitus, falsacoscienza, lacune cognitive ecc.10 veramente difficile dare uninterpretazione razionale di questi esperimenti di laboratorio. Un razionalista a tutti icosti potrebbe dire che, mancando la possibilit di accertare concretamente la natura della controparte, larappresentazione indotta dagli autori dellesperimento lunica informazione su cui basare una possibile strategiacooperativa nelle giocate successive, dato che la struttura di interazione prevedrebbe la defezione come strategia
dominante. Mi sembra evidente che un ragionamento del genere mostra rapidamente la corda.11 In questo modo il sociologo evita anche ci che gli psicologi chiamano errore fondamentale di attribuzione, ovvero latendenza ad imputare il comportamento di un soggetto alle sue disposizioni interne anzich al potere condizionantedella situazione in cui egli inserito.
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Resta una perplessit circa il concetto di razionalit cognitiva, utilizzato per indicare la
rappresentazione della situazione da parte degli attori o, nei termini pi consueti, il senso che una
credenza assume per loro e in base al quale essi agiscono. vero che la nozione di senso, come
sostiene Boudon, piuttosto vaga se non si riallaccia al concetto di ragioni. Ma dire che gli uomini
ragionano quando credono o agiscono in un modo lo stesso di dire che sono razionali? Possiamo
affermare che le loro azioni sono state guidate dalla rappresentazione che si sono fatti della realt
circostante, ma forse non sempre necessario qualificarle come razionali. Limportante
individuare il criterio al quale si sono conformate. Inoltre se le ragioni di unazione possono non
essere del tutto chiare anche per lattore stesso come ricorda giustamente Boudon allora mi
sembra corretto sostenere che il senso dellazione pu anche essere dato della pregnanza di
significato simbolico che quellazione riveste allinterno del sistema di credenze adottato
dallattore. In questo modo si rende evidente il carattere non strumentale e non consequenziale della
razionalit allargata di Boudon, ma se ne offuscano al contempo i limiti. Su ci ritorner pi avanti
attraverso lesame di un caso concreto.
Vediamo ora un esempio che mostra risvolti interessanti circa i diversi concetti di razionalit
(cfr. Boudon 1995, 200-4). il caso dellintroduzione delle assicurazioni sulla vita. Agli inizi
questa innovazione venne osteggiata a lungo da diverse categorie sociali, dagli agricoltori
proprietari di imprese agricole ai borghesi titolari di beni mobiliari. Perch? si chiede Boudon.
Perch un sistema di ragioni persuade i soggetti che lassicurazione sulla vita non utile n
moralmente accettabile per loro. Infatti, nelle condizioni socio-economiche vigenti fino allepoca
precedente lintroduzione delle assicurazioni, le imprese agricole erano organizzate intorno a una
struttura familiare allargata e, in caso di decesso del capostipite, potevano benissimo assorbire i
contraccolpi della perdita, mettendo i membri della famiglia al riparo da rischi di tracollo. Lo stesso
avveniva per i borghesi che potevano trasmettere le rendite e le fortune mobiliari per via ereditaria
non intaccate dai diritti di successione. Quindi queste persone avevano buone ragioni per ritenere
lassicurazione sulla vita inutile (razionalit strumentale) anche se non si accorgevano che lecondizioni socio-economiche andavano mutando: avrebbero compreso solo pi tardi che una
famiglia ristretta e nuove norme del diritto di successione li esponevano alle avversit della vita e,
di conseguenza, rendevano funzionale anche per loro lassicurazione sulla vita. Ma avevano anche
buone ragioni per non accorgersi del cambiamento (razionalit cognitiva): questultimo non era
ancora diventato argomento di discussione di politici, filosofi, giuristi, ecc., quindi era poco
probabile che anche soggetti potenzialmente interessati allinnovazione avessero gi provveduto a
riflettervi e ad adattare le loro rappresentazioni e i loro valori al mutato contesto ambientale. Infine arriviamo cos a toccare anche la categoria della razionalit assiologica agricoltori e borghesi
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trovavano ripugnante uninnovazione come lassicurazione sulla vita perch, dal momento in cui
non ne potevano riconoscere lutilit nel loro contesto, ritenevano implicitamente che essa fissasse
un prezzo alla vita, interpretazione effettivamente plausibile e al contempo inaccettabile quando
sono disponibili altre forme di tutela.
Su questo esempio vorrei proporre due commenti, il primo di segno positivo, il secondo di
segno negativo. Quanto al primo, mi sembra chiaro il punto di forza dellargomentazione di Boudon
circa la tenuta dei valori tradizionali di fronte allinnovazione: decisamente pi convincente
ricostruire le ragioni della resistenza al cambiamento piuttosto che agitare la forza
dellinteriorizzazione di norme e valori. In effetti cosa si guadagna a dire che le persone sono
contrarie allassicurazione sulla vita perch hanno interiorizzato valori di una cultura
tradizionalista? Si ridescrive semplicemente il fenomeno usando parole del gergo sociologico, ma
non si spiega davvero niente. In realt gli attori hanno s interiorizzato i valori della cultura di
appartenenza, ma il punto cruciale che, allinterno del contesto in cui sono situati, trovano molti
dati di fatto che fanno apparire loro quei valori accettabili, ragionevoli, utili, appropriati, ecc. In
altre parole, secondo la nota formula di Boudon, hanno buone ragioni per non rimetterli in
discussione. Anche qui c un a priori invalidamente applicato (la struttura familiare e le norme di
successione sono rimaste immutate), ma il ragionamento che ne consegue perfettamente coerente
e, se vogliamo, razionale. Largomento secondo cui le ragioni ricostruite non sono osservabili e
quindi non possiamo essere sicuri che siano veramente quelle ad aver generato lazione di marca
vetero-positivista. Di entit non osservabili piena la storia della scienza. Lammissibilit di tali
entit si pu giudicare in base alla loro plausibilit e alla congruenza delle conseguenze predette con
quelle effettivamente osservate.12 C invece, nellesempio citato da Boudon e nel relativo
commento, un particolare cui lautore si limita ad accennare. Riguarda il fatto che in molti casi, nei
momenti di transizione sociale, i valori del passato non vengono immediatamente adeguati alla
nuova situazione, anche se un osservatore esterno potrebbe benissimo rilevarne linadeguatezza
manifesta. Durante questa fase legittimo persino secondo Boudon (1995, 202) chiamare incausa il concetto di falsa coscienza per spiegare quello che un tempo si sarebbe chiamato ritardo
culturale13. Ovvero, riferendoci sempre allesempio citato, gli attori non riconoscono che la
12 Tra gli autori che hanno mosso lobiezione secondo cui le buone ragioni non sono osservabili c Pizzorno (1993).Inoltre egli pone la questione di chi decide se le ragioni sono buone. La risposta icastica di Boudon a questa frequenteobiezione che, sulla scorta di Kant, non esistono criteri generali e astratti per decidere quando le ragioni sono buone:dipende dal contesto e dal confronto con altri sistemi di ragioni ugualmente ammissibili, ma meno plausibili,ammissibili o valide. La razionalit, come ogni nozione valutativa, un concetto relativo non assoluto (cfr. Boudon2003a). Quando uno cerca i criteri generali di verit come se stesse tentando di mungere un caprone.13 Anche qui resta il fatto che il concetto di falsa coscienza effettivamente non spiega, ma descrive: la falsa coscienzanon una forza occulta, ma uno stato mentale connotato dallincapacit di riconoscere nella realt circostante ci chesarebbe nellinteresse dellattore. Il potere della falsa coscienza risiede invece nelle caratteristiche del contesto chefanno s che lattore consideri normale non rimettere in discussione il proprio comportamento.
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situazione mutata e ci che una volta non era nel loro interesse n ritenevano giusto, adesso
divenuto conveniente e moralmente accettabile. Tuttavia mostrare che, in circostanze mutate, gli
attori hanno ragioni forti (o buone) per adottare una certa credenza, mi sembra che trascuri un
processo sociologicamente ineludibile: come si diffonde una nuova credenza, quali canali, quali
meccanismi le permettono di superare la diffidenza iniziale, di ricevere una prima, incerta adesione
e ottenere un successivo, eventuale rafforzamento negli attori? Da questo punto di vista lapproccio
di Boudon sembra un po atomista, non nelle intenzioni esplicite, ma quanto meno negli esiti
effettivamente mostrati dai suoi esempi. In essi lautore raramente prende in considerazione il ruolo
decisivo svolto innanzitutto dalle istituzioni, le quali possono legittimare o meno una nuova
credenza, ma anche le interazioni quotidiane tra soggetti che, nel decidere se aderire o meno a una
credenza, si affidano spesso a chi a torto o a ragione percepiscono come competente e
legittimato ad esprimere un giudizio di verit o falsit, di giusto o ingiusto sul contenuto di
determinate credenze. ovvio che questi elementi da soli non basterebbero a decretare il successo
di una nuova credenza se questa non contenesse elementi a cui ogni attore pu riconoscere
fondatezza, ma altrettanto indubbio che si tratta di elementi decisivi nellevidenziare agli occhi
delle persone aspetti rilevanti delle credenze e nel determinarne una rapida diffusione. Sono, in altri
termini, elementi cruciali della situazione, frutto delle relazioni sociali cui partecipano gli attori
ovvero della struttura sociale in cui sono inseriti, ed entrano a far parte dellinsieme di vincoli e
risorse a loro disposizione14. In uno dei suoi ultimi libri, Boudon (2003b, 134-135) tratta dei
parametri non cognitivi della formazione delle credenze. In quella parte del testo, dove affronta
una serie di obiezioni rivolte al suo modello generale di razionalit, si occupa esplicitamente dei
fattori che, nel breve periodo, possono influenzare la formazione e diffusione delle credenze
collettive, tra cui le forme organizzative in cui sono inseriti gli attori e il prestigio o il carisma di cui
sono dotati alcuni attori chiave. Tuttavia lautore attribuisce a questi fattori e ai processi che ne
scaturiscono un ruolo minore poich, nel lungo periodo, il processo di selezione delle idee avviene
su basi razionali, nel senso da lui inteso. una posizione che ribadisce limportanza e la prevalenzadei fattori razionali cognitivi sui fattori prettamente sociologici; una posizione del tutto legittima,
ma che, a mio avviso, non dovrebbe sottrarre alla sociologia lo studio di quei fenomeni di breve
periodo in cui effettivamente sono altri i fattori determinanti per la diffusione delle credenze. Quello
di Boudon rimane comunque un monito a non dimenticare che le idee si situano in un orizzonte
temporale pi ampio di quello in cui sono inseriti gli attori e di conseguenza restano aperti gli spazi
14 Questa la posizione di Abell (1992), ma si potrebbe rilevare, in nuce, anche in Sperber (1996), il quale sostiene che
una credenza razionale dal momento in cui per il soggetto razionale avere fiducia nella fonte dalla quale emana lacredenza. Purtroppo la questione non approfondita da Sperber, ma credo che, opportunamente trattata, potrebbecostituire un fertile terreno sul quale esercitare un connubio tra sociologia della conoscenza (nellaccezione cognitivistadi Boudon) e le tecniche di ricerca che studiano linterazione sociale, quali la network analysis o letnografia.
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per unevoluzione in senso pi razionale. Un altro modo, sembrerebbe, di invitare i sociologici a
non cadere nella trappola relativista.
3. Le difficolt della razionalit allargata
A questo punto vorrei dirigere lattenzione verso quelli che mi sembrano punti critici della
concezione di razionalit proposta da Boudon. Per questo partir dalla discussione di un esempio
che egli utilizza per illustrare la nozione di razionalit assiologica. Si tratta del cosiddetto gioco
dellultimatum, un esperimento di economia condotto da Hoffman e Spitzer (1985). Per chiarezza
descriver con un minimo di dettaglio lesperimento, in quanto la trattazione di Boudon trascura,
per brevit, alcuni particolari a mio giudizio piuttosto importanti.15 Lesperimento articolato in
quattro sotto-esperimenti allo scopo di controllare se i soggetti impegnati in contrattazioni
economiche si comportano secondo le proprie concezioni di giustizia distributiva
indipendentemente dal contesto oppure se percepiscono che la situazione in cui sono inseriti
mobilita una particolare concezione di giustizia. I soggetti sono impegnati a coppie; in ogni coppia
uno diventa nel modo che si vedr il controllore e acquisisce cos la facolt di decidere se
tenere tutta per s una cifra messa a disposizione dallo sperimentatore (12$) oppure se disporre di
una somma maggiore (14$) da spartire come meglio crede con laltro. Accettando questa seconda
opzione, i soggetti devono trovare un accordo per la suddivisione che soddisfi entrambi, altrimenti i
soldi rimarrebbero allo sperimentatore. In un tipo di esperimento il controllore viene designato
con il lancio di una moneta, nellaltro diventa controllore chi tra i due soggetti vince un semplice
gioco con carta e penna; inoltre le istruzioni fornite ai partecipanti circa lesperimento sono
formulate in due modi: uno comunica ai partecipanti lidea che il controllore si guadagnato il
diritto morale a comportarsi secondo la sua volont e interesse personale; la seconda
formulazione comunica semplicemente lidea che il controllore ha acquisito il diritto legale acomportarsi secondo le facolt concesse dallesperimento. Riassumendo, i quattro sotto-esperimenti
sono definiti da due modi di designare il controllore e da altrettanti tipi di legittimazione delle
facolt a lui concesse: lancio della moneta con o senza autorit morale; gioco con o senza
autorit morale. In breve, gli autori dellesperimento hanno mostrato che le predizioni della teoria
economica standard (utilitarista) sono errate: questa predice che i soggetti decidano di accordarsi e
15 Boudon probabilmente fa riferimento a un precedente esperimento degli stessi autori che gli darebbe ragione senzadubbio alcuno, ma gli esperimenti successivi, quelli descritti nel testo citato, aprono spazio alle critiche che muovo neltesto.
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si spartiscano la cifra nella misura di 13$ al controllore e 1$ allaltro16. Invece le cose vanno in
maniera decisamente diversa: i soggetti decidono s di cooperare, ma in tre delle quattro situazioni
sperimentali (quelle con lancio della moneta pi quella con gioco senza autorit morale) la
maggioranza di loro si divide la cifra secondo una proporzione eguale o quasi, mentre nella quarta
situazione (gioco con autorit morale) una netta minoranza a spartirsi la cifra equamente.
TAB. 2 Quante coppie hanno diviso equamente la somma nel gioco dellultimatum.
DESIGNAZIONE DEL CONTROLLORE
LEGITTIMAZIONE LANCIO DELLA MONETA VITTORIA AL GIOCO
DIRITTO LEGALE maggioranza maggioranza
AUTORIT MORALE maggioranza netta minoranza
Ebbene, come si spiegano questi risultati? Certamente, come direbbe Boudon, bisogna
ricostruire le ragioni (non strumentali n consequenzialiste n utilitariste) che hanno orientato i
partecipanti. Non nemmeno un compito difficilissimo in questo caso: basta pensare che i soggetti
abbiano ritenuto ingiusto approfittare di una situazione in cui il guadagno non meritato poich
stabilito con il lancio di una moneta (a caso dunque); un po pi incerta la terza situazione
sperimentale, dal momento che aver guadagnato la possibilit di approfittare della situazione conla vittoria al gioco non supportato dallautorit morale (le istruzioni conferiscono solo un diritto
legale, non morale). La quarta situazione altrettanto chiara delle prime due: i soggetti si
comportano in larga maggioranza come utilitaristi (o lockeani, secondo gli autori) perch
percepiscono che la vittoria al gioco, insieme allautorit morale, conferiscono al controllore
pieno diritto, legale e morale, di proporre una divisione della somma a suo favore; in poche
parole: se l meritato. Il che autorizza un comportamento di tipo utilitaristico.
A questo punto bisogna fare alcune considerazioni circa gli esiti interessanti di questiesperimenti. Innanzitutto si noti un fatto: una buona parte dei soggetti coinvolti si comportata
secondo ragioni utilitariste anche laddove la maggioranza ha agito con equit; quindi sembrerebbe
che accanto alla razionalit assiologica, mobilitata da determinate situazioni, conviva comunque la
razionalit strumentale utilitarista. Come si spiega il comportamento differente di fronte alla
medesima situazione? Si tenga presente che il profilo sociale dei soggetti coinvolti nellesperimento
era abbastanza simile: studenti e laureati di discipline diverse tra cui economia e giurisprudenza.
Rimane insoluto il problema di capire perch qualcuno ha agito in un modo e qualcuno in un altro.
16 Infatti la controparte tra non ricevere nulla (se non coopera il controllore si tiene 12$) e ricevere un dollaro
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Se lesperimento avesse coinvolto un campione rappresentativo di una popolazione si sarebbe
potuto tentare un confronto tra gruppi sociali diversi, cosa che per avrebbe presumibilmente
riportato il problema allimpasse teorica (almeno dal punto di vista di Boudon)
dellinteriorizzazione di norme e valori oppure alla ricerca di altre ragioni che rendessero conto del
diverso orientamento degli attori. Allora, trasferendo il problema alle situazioni concrete che
incontra il sociologo, quale potrebbe essere il suo compito? Ad esempio potrebbe dire quale
comportamento suggerisce il contesto in cui si trovano gli attori secondo un concetto di razionalit,
individuabile in base allanalisi della situazione di interazione, delle aspettative degli attori, ecc. Al
limite il contesto potr suggerire soluzioni alternative in ragione di specifiche e determinate
possibilit di interpretazione della situazione da parte degli attori. Ma gli scarti dalla norma, gli
outlier,rimarranno sempre e non si potr giustificarli in base a un altro concetto di razionalit da
essi adottato, altrimenti si rischia di cadere nella spiegazione ad hoc o nel determinismo. O si
dispone di una teoria pi generale che spiega il diverso comportamento dei differenti gruppi di
attori, oppure bisogna studiare approfonditamente i casi devianti per capire come mai si discostano
dal modello di razionalit assunto.
Alcune aporie derivanti dalluso di diversi concetti di razionalit sono state individuate in
un registro a dir il vero poco generoso e francamente eccessivamente polemico anche da Lannoy
(2000) a proposito di altri esempi di Boudon come la spiegazione del paradosso del voto o la
prosaica spiegazione del perch si accettano i semafori. Prendiamo la spiegazione del
paradosso del voto, che poi tale solo dal punto di vista della rational choice theory. Boudon
sostiene che lelettore ha ragioni forti di votare, bench queste ragioni non siano strumentali o
consequenzialiste: infatti lunico modo di tenere in piedi un sistema di governo in cui i governanti
debbano tenere in conto la volont dei governati proprio lo svolgimento delle elezioni. Quindi
ogni elettore ha ragioni forti di ritenere buono e razionale andare a votare. Ma se cos chi si
astiene dal voto non razionale; eppure spesso lo fa proprio perch ritiene inutile votare allora
sarebbe lui lattore razionale, non quello che vota! E poi, se anche ritenesse razionale votare,potrebbe benissimo lasciare che lo facciano altri per lui, osservando il noto comportamento dafree
rider. Oppure, ancora, tra le file di chi ritiene razionale andare a votare sulla base di ragioni non
strumentali n consequenzialiste quindi non confida nel contributo che il suo singolo voto pu
dare allesito finale (tenere in piedi il sistema democratico) vi sono molti e lesperienza di
tutti lo pu confermare che esprimono un voto specifico a partire da considerazioni prettamente
strumentali: meglio votare X piuttosto che Y per non disperdere i voti, preferisco votare X
piuttosto che Y per ottenere la politica P, ecc. Insomma, mettere in campo diversi concetti di
dovrebbe scegliere questultima possibilit.
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razionalit non mette al riparo da contraddizioni: ci sono persone che decidono di andare a votare
non per ragioni strumentali, bens valoriali, e allo stesso tempo esprimono un voto secondo
considerazioni assolutamente strumentali!
Vorrei ancora proporre una situazione per chiarire e sviluppare il senso delle critiche fin qui
mosse alla concezione di razionalit di Boudon. Prendiamo in considerazione uno dei primi
importanti studi del sociologo francese: lIngalit des chances. In quel libro lautore spiegava il
persistere delle disuguaglianze di istruzione tra classi sociali facendo riferimento a un modello di
scelta razionale temperato dalla teoria dei gruppi di riferimento di Merton. Largomentazione
fondamentale era la seguente: lapprezzamento del valore dellistruzione, la sua utilit, come mezzo
di mobilit sociale da parte dei figli delle famiglie di classe operaia inferiore a quello dei figli
delle famiglie di classe media e superiore. Infatti per i primi anche un modesto investimento in
istruzione pu consentire una mobilit ascendente o quantomeno di restare allo stesso livello; per i
figli di classe medio-superiore necessario un forte investimento in istruzione per evitare la
mobilit discendente o per migliorare ulteriormente la propria posizione, ed noto che il timore
della mobilit discendente un incentivo pi forte del desiderio di mobilit ascendente. Questa
argomentazione spiega perch in media i figli delle classi operaie hanno un titolo di studio inferiore:
il frutto di un calcolo razionale alla luce delle aspettative, delle aspirazioni e della percezione della
situazione da parte degli attori. Ora, vediamo chiaramente che questa spiegazione in chiave di
azione razionale sul mercato dellistruzione, acquista valore esplicativo e analitico proprio perch
assume un criterio di razionalit unico, secondo cui gli attori tendenzialmente agiscono al meglio
che possono, date le condizioni di partenza, le loro motivazioni, le credenze, gli obiettivi, ecc.,
elementi che, come abbiamo detto, sono diversi a seconda della classe sociale di origine e si
comprende facilmente perch siano diversi. Se invece ragionassimo in termini di buone ragioni
dovremmo concludere che i figli degli operai che hanno investito di pi in istruzione rispetto ai
coetanei meno istruiti hanno seguito un criterio di razionalit diverso ad esempio hanno
attribuito un valore intrinseco allistruzione o altrimenti sarebbero da considerare irrazionali! Indefinitiva, se si pu individuare un unico criterio di razionalit messo in moto dalla situazione, si
possono interpretare i dati empirici a seconda del maggiore o minore adattamento rispetto alla
configurazione dei dati prefigurata dalla razionalit della situazione17. Rimane il fatto che una quota
pi o meno elevata di casi devianti ci sar sempre. Se invece si tenta di attribuire a ogni gruppo di
attori devianti le loro buone ragioni sar molto facile trovare ragioni ad hoc. Inoltre mi sembra
17 ovvio che si tratta di una spiegazione ex post factum, ma lopzione per una concezione di razionalit situazionale
anzich procedurale non preclude il test empirico n la possibilit di confutazioni. La distinzione tra razionalitsituazionale e procedurale, con lappello in favore della prima, proposta da Goldthorpe (2000, 132). La seconda poneattenzione agli aspetti della psicologia individuale che potrebbero far emergere eventuali utilit nascoste o costipsicologici non riconosciuti, nellottica di mantenere il modello di attore razionale delleconomia classica.
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che il danno maggiore sia la perdita di potere analitico del modello di azione razionale. Come
modello, esso funziona proprio perch un idealtipo: coglie un aspetto comune e ricorrente
dellazione sociale facendo astrazione dai casi particolari, non racconta come sono andate
effettivamente le cose in ogni singolo caso. In questa maniera il modello di azione razionale, basato
su un unico criterio di razionalit, permette di comprendere in linea generale il comportamento
degli attori e di spiegare in che modo si producano le tendenze centrali delle regolarit sociali18
(cfr. Goldthorpe 2000, cap. 5). Pi sono necessarie informazioni su ogni individuo (o gruppo di
individui), minore la capacit predittiva e analitica del modello. Aumenta la fedelt descrittiva, ma
il guadagno in termini esplicativi diminuisce19 (cfr. Lindenberg 1992). Non a caso lo scopo di
Boudon nellIngalit des chances era spiegare come si producono le disuguaglianze di istruzione
ipotizzando una strategia comune e ricorrente di azione individuale, non ricostruire le buone ragioni
di tutti i gruppi di attori.
Prima di concludere ancora un commento sulla razionalit assiologica secondo Boudon. Nel
tentativo di dare una pi chiara connotazione al concetto di razionalit assiologica, Boudon si sforza
di mostrare, anche attraverso la costante illustrazione di risultati sperimentali (Boudon e Betton,
1999), che la razionalit non riducibile al tipo strumentale n la razionalit assiologica pu
fondarsi solo sulle conseguenze di una determinata credenza normativa. Inoltre il modo nel quale si
arriva a stabilire (o credere) che X vero non fondamentalmente diverso da quello con sui si
stabilisce che X giusto: in entrambi casi un sistema di ragioni percepite come forti dal
soggetto a rendere conto delladozione della credenza. Anche qui rimane in vigore il discorso degli
a priori: un principio di giustizia non valido in generale, ma solo relativamente al contesto in cui
si applica. Il principio di equit nelle distribuzioni di beni, ad esempio, validamente applicabile
quando si possono stabilire con ragionevole certezza le responsabilit e i contribuiti dei soggetti
interessati. Tuttavia, il fatto che altrove tale principio non sia valido, non annulla la possibilit che
in specifiche situazioni sia oggettivamente valido. Izzo (2000) appunta le sue numerose e aspre
critiche sul problema della razionalit di a priori assunti inconsapevolmente. Ma la sua polemicacon Boudon maggiormente diretta a negare ci che sempre pi sta a cuore al sociologo francese:
loggettivit dei valori. vero: Boudon negli scritti pi recenti lascia intendere che esista
18 Lo stesso Goldthorpe sembra criticare luso elastico e variabile del modello di azione razionale al fine di comprenderele particolarit del comportamento: [] the point to be emphasized is then that, pace Boudon, using rational actiontheory in order to understand regularities in action established in respect of situations recurring within a relatively largeaggregate or collectively is a quite different proposition from using rational action theory to make sense of a historicalsingularity (corsivo dellautore). Infatti un conto utilizzare quel modello nel contesto della ricerca empirica perspiegare una quota di variabilit del comportamento umano in una situazione data; altro impiegarlo nella ricostruzione
di una concatenazione causale adeguata ( la Weber e, in alcuni esempi storici, la Boudon).19 probabile che nella previsione del comportamento umano esista un trade-off tra capacit analitico-esplicative ecapacit di rappresentare accuratamente la realt empirica. Una soluzione razionale del problema, in senso
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unoggettivit assoluta dei valori, fondata su ragioni forti e valide erga omnes che si sono imposte
nel processo di selezione sociale delle idee20. La storia delle idee scientifiche ha lasciato dietro di s
quelle che si sono dimostrate prive di sufficiente fondamento, lo stesso accade nella storia delle idee
etiche. una posizione senzaltro politicamente scorretta nellattuale contesto culturale, tuttavia
mi sembra che linvito di Boudon a cercare loggettivit resti metodologico: gli individui che
mantengono determinati valori non lo fanno semplicemente perch li hanno assorbiti tramite la
socializzazione, ma perch, nel loro contesto, hanno ragioni forti di mantenerli e non perch sono
trascinati dalla loro irrazionalit. La forza di tali ragioni pu essere compresa dallosservatore che
studia il modo in cui lattore vede la situazione qui risiede il fondamento delloggettivit per lui,
il sentimento di poter essere compreso da chiunque e nondimeno losservatore pu non
condividere tali ragioni. Il termine oggettive crea effettivamente problema quando si riferisce a
ragioni che appaiono tali solo assumendo il punto di vista degli attori, ma non quando le
caratteristiche di oggettivit sussistono indipendentemente dal punto di vista (cfr. gli esempi di
Boudon sul principio di eguaglianza tra contribuzione e retribuzione). In effetti la contraddizione in
termini sta proprio nellaccostamento della parola oggettivit con il verbo percepire. Un conto
dire: questa cosa oggettiva, ben altra riconoscere che vengapercepita come tale. In ogni caso lo
scopo dellanalisi sociologica dei valori proprio questo: comprendere le ragioni per le quali un
insieme di persone crede a certi valori.
4. Razionalit e credenze nella medicina alternativa
La discussione critica della teoria di Boudon pu essere condotta proficuamente oltre che
con esempi, anche attraverso lanalisi di un caso concreto investigato empiricamente. A questo
dedico il paragrafo che segue, dove esamino lapplicazione della teoria di Boudon alle credenze e
alle pratiche relative alla medicina alternativa (o complementare, come si dice in letteratura) 21.
strettamente economico, sarebbe quella di raggiungere un punto in cui laumento marginale delluna corrisponde aldecremento marginale dellaltra!20 InLideologia si leggeva (p. 46): Lopposizione tra giudizi di valore che sarebbero indimostrabili e giudizi di fattoche sarebbero sempre dimostrabili deve essere considerata con prudenza. Con la premessa che (p. 45) non vero che igiudizi di valore sfuggono sempre allalternativa del vero e del falso. In Il vero e il giusto e poi inIl senso dei valoriBoudon a mio giudizio senza una seria discontinuit rispetto al passato, palesando un certo coinvolgimento personaleverso la razionalit assiologica rafforza lidea di una identit di natura tra credenze positive e normative, cio di unloro eguale fondamento in sistemi di ragioni forti, anche laddove i sistemi di ragioni poggino su principi indimostrabili,
condizione tipica del ragionamento scientifico, ma non per questo invalidante il suo carattere di oggettivit.21 Questo argomento ha costituito loggetto della mia tesi di laurea intitolata: Ladozione di credenze secondo Boudone Sperber. Un confronto teorico ed empirico, discussa presso la Facolt di Scienze Politiche dellUniversit delPiemonte Orientale nel dicembre 2000.
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Innanzitutto una breve descrizione del campo di studio. Le medicine alternative o
complementari cosiddette perch chi vi ricorre in genere non ne fa un uso esclusivo, ma appunto
complementare rispetto a quelle ortodosse sono pratiche curative di diversa origine geografica
e culturale (dalleuropea omeopatia allorientale agopuntura) che oggigiorno vengono adottate da
milioni di persone nel mondo in Italia erano quasi 8 milioni nel 1999 (circa 17% della
popolazione) nonostante la maggior parte di queste terapie non goda di alcun riconoscimento
dalla medicina ufficiale. Infatti mancano prove certe dellefficacia di questi rimedi, prove ottenute
tramite i consueti canoni di sperimentazione della medicina evidence based. Considerando che il
profilo tipico del paziente di medicina complementare (dora in poi MC) non ritrae una figura di
credulone o di fanatico delle cure alternative, ma al contrario tratteggia una persona
relativamente giovane (intorno ai 40 anni), in prevalenza donna, con titolo di studio medio-alto e
buon reddito, ci si pu chiedere quali siano le buone ragioni che queste persone hanno per credere
alle MC e assumerle come terapia in risposta a disturbi solitamente cronici e non acuti22.
Vediamo quali sono i motivi che spingono le persone a rivolgersi alla MC. Secondo le
ricerche empiriche a me note sono i seguenti:
fallimento della medicina ufficiale nella cura dei disturbi accusati;
migliore qualit del rapporto medico-paziente (visite accurate, capacit di ascolto prolungato
non limitato ai problemi fisici);
assenza (presunta) di effetti collaterali con le MC, considerate terapie dolci e naturali;
approccio olistico alla malattia che permette una diversa comprensione del proprio stato di
salute e che tiene conto delle relazioni (presunte) tra diversi disturbi, sia fisici che psichici e
spirituali;
fiducia riposta in chi ha consigliato lutilizzo di una specifica MC.
Questi, di per s, sembrano certamente buoni motivi quanto meno per provare a sperimentare un
trattamento con le MC, soprattutto nel caso uno sia reduce da un precedente fallimento con la
medicina ortodossa. Notiamo innanzitutto che i motivi non costituiscono necessariamente ragioni
(per di pi da considerare buone o forti). Che cosa potrebbe decidere della razionalit di tali azioni e
delle credenze sottostanti? Qui si apre un primo problema poich lazione che consiste nel decidere
di curarsi con le MC pu avere ragioni diverse dallefficacia percepita della cura. Tocchiamo in
questo caso il problema del senso dellazione affrontato nel par. 2. Se un attore matura la
22 Cfr. la rassegna di studi sul tema effettuata da Vincent e Furnham (1997, cap. 3) dove sono si prendono in esamericerche svolte in Europa e Stati Uniti. Per lItalia vedi lindagine multiscopo Istat del 1999-2000 Condizione di salutee ricorso ai servizi sanitari. Tutti i dati tratti da questa indagine mi sono stati messi a disposizione dal Servizio
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convinzione che le MC rappresentano per lui uno stile di vita, un modo per prendersi cura di s, una
diversa comprensione del proprio stato di salute e del rapporto corpo-mente (o spirito),
considereremo ancora queste come ragioni o piuttosto come modalit di soddisfare una qualche
preferenza? Il fatto che qui sembra svanire il concetto di razionalit: che cosa giustifica la scelta di
questo o quellaltro mezzo per prendersi cura di s, per scegliere uno stile di vita, ecc., se non la
soddisfazione che, a posteriori, se ne ricava? E se poi la scelta fosse dettata dal fatto che le
rappresentazioni veicolate dalle MC sono particolarmente evocative, sono dotate di pregnanza
simbolica per lattore e soddisfano la sua aspettativa di senso circa le cause della sua malattia? 23
Ma torniamo nuovamente alla credenza nellefficacia delle MC quale motivazione razionale
per utilizzarle; qui invece credo che lapproccio di Boudon sia assolutamente valido. Consideriamo
il ragionamento iniziale di una persona che soffre di disturbi non curati dalla medicina ufficiale o
curati al prezzo di pesanti effetti collaterali. Il primo passo per questa persona potr essere quello di
chiedere consiglio a qualcuno di sua fiducia. Infatti nel caso delle MC i pazienti vengono consigliati
da amici, parenti, medici di famiglia (perlomeno quelli che non misconoscono le MC!), colleghi di
lavoro. In Italia (dati Istat 1999) il 30% degli utenti ha deciso di propria iniziativa mentre i restanti
si sono affidati ad amici, familiari e medici o altro personale sanitario. Se latto di fidarsi non si pu
considerare pienamente razionale altrimenti non si chiamerebbe fiducia (cfr. Mutti 1987)
certamente ragionevole nella situazione considerata: ho tentato senza successo le soluzioni
ortodosse, qualcuno di cui mi fido mi consiglia di usare una MC, pare che questa MC
quantomeno non faccia male, perch non provarla? Ma a questo punto entrano in gioco gli
argomenti degli scettici: le MC sono inefficaci, non ci sono prove sufficienti a dimostrare il
contrario; se i pazienti pensano che le MC siano efficaci perch non riconoscono le coincidenze
fortuite tra miglioramenti casuali nello stato di salute e lassunzione delle terapie24. Questa
spiegazione, che ricorda lesempio degli infermieri citato da Boudon (v. par. 2), senzaltro
plausibile e ciononostante penso che la credenza degli attori in tal caso sia perfettamente razionale.
vero che, per via di a priori metacoscienti, gli attori trascurano lipotesi di guarigioni indipendentidallazione della terapia, ma lassunzione di questi a priori mi pare assolutamente giustificata.
Quando uno va dal medico si aspetta di guarire perch a tale scopo che il medico esercita la sua
Soprazonale di Epidemiologia di Grugliasco (TO) ed elaborati da Francesca Vannoni, a cui va la mia gratitudine per illavoro svolto.23 Non credo che qui la nozione di senso abbia un significato vago. Si pensi a come il malato possa associare il suo statodi salute a stati emozionali e umorali negativi: vergogna, colpa, depressione, senso di impotenza ecc. Ottenere dalterapeuta una spiegazione che ingloba questi stati e i malesseri fisici associati in un quadro unitario mi sembra checostituisca esattamente una risposta allaspettativa di senso del malato, il quale vuole star bene ritrovando ordine nel
disordine fisico e psichico portato dalla malattia. Su questultimo punto cfr. Lvi-Strauss (1958, trad. it. 1967, 210-229).24 Si consideri per di pi che molti disturbi cronici hanno un andamento ciclico, alternano miglioramenti epeggioramenti; dunque concreta la possibilit di incontrare associazioni casuali tra remissione dei sintomi e terapie.
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professione; questa infatti laspettativa istituzionalizzata dal ruolo di medico (cfr. Parsons 1965).
Guarendo, il malato ottiene soddisfazione alla sua aspettativa. Se cos, perch una persona che si
rivolge alla MC dovrebbe essere sospettosa verso quelli che gli appaiono come miglioramenti legati
alluso di un rimedio proposto dal terapeuta? Non era quello lo scopo per cui aveva deciso di
provare la MC?
In questa situazione concreta il modello di Boudon mi sembra valido e spiega bene come
possa essere ritenuta soggettivamente (o meglio, trans-soggettivamente) razionale la credenza
basata su a priori invalidi. Ma rimane un punto da chiarire: come mai i pazienti non si accorgono
che a volte la terapia non funziona? Sono tutti fortunati? Certamente no, anche se la maggior parte
sembra esserlo: infatti tra coloro che hanno sperimentato lomeopatia (uno dei rimedi pi popolari)
ben il 72% dichiara di averne tratto benefici, il 19% di averne tratto solo in parte e appena il 6%
dichiara di non aver tratto alcun beneficio. Ma qui entrano in gioco altri fattori che contribuiscono a
rafforzare la credenza nellefficacia o perlomeno nella bont di aver scelto la MC. Intanto notiamo
che la tenacia di fronte a un fallimento atteggiamento comune anche tra agli scienziati: unipotesi
smentita dalla documentazione empirica non determina immediatamente labbandono della teoria
che lha generata, semmai induce una modifica della teoria che la renda compatibile con il risultato
empirico25. E poi ci sono tutti i fattori di contesto della relazione medico-paziente a favorire la
tenuta della credenza: la fiducia nel terapeuta maturata attraverso un rapporto positivo con lui, il
linguaggio non sempre univoco, compatibile con interpretazioni alternative da parte del paziente,
lenfasi sui tempi lunghi e naturali di guarigione; tutto ci facilita il differimento del momento in
cui il paziente decider che veramente la MC non efficace per lui. Durante questo periodo, se
anche il paziente non ha derivato un miglioramento diretto dalla MC, potrebbe aver seguito le
indicazioni del terapeuta relative a uno stile di vita sano, aver modificato comportamenti
insalubri, aver sviluppato un interesse e un atteggiamento positivo verso un modo differente di
intendere la salute, e cos via.
Rimane comunque da vagliare, in termini empirici, un problema individuato nel paragrafoprecedente. Tra i possibili pazienti ci sono sicuramente persone pi o meno scettiche rispetto alla
MC. Come agisce questa disposizione iniziale sul comportamento finale? Lo scetticismo fa parte
dellagire razionale? Nel complesso delle valutazioni effettuate dai pazienti (effettivi o potenziali)
prevalgono gli elementi pragmatici o i pregiudizi (pro o contro)? Purtroppo le ricerche a me note
non consentono di rispondere a queste domande. Infatti mancano studi longitudinali che abbiano
osservato nel tempo il comportamento di chi si rivolto alla MC per distinguere cause ed effetti del
Tutto questo senza contare leffetto placebo che una caratteristica di qualunque trattamento, convenzionale oalternativo.25 Cfr Lakatos (1976) citato in Cassano (1983).
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ricorso alla MC; inoltre gli studi si sono soffermati sui motivi della soddisfazione verso la MC, non
dellinsoddisfazione, che riguarda comunque unesigua parte dei pazienti, come documentato sopra.
Approfondimenti in tal senso aiuterebbero senzaltro la comprensione dei meccanismi. Una ricerca
condotta in Israele (Leiser 2002) ha mostrato che il favore accordato alle MC associato con una
serie di credenze nel paranormale e nella New Age. Questo risultato per non esclude
linsoddisfazione per gli esiti ottenuti con la medicina convenzionale, testimoniando cos del mix
post-moderno tra pragmatismo e ideologia che attuano i pazienti. Attualmente i risultati delle
ricerche empiriche non consentono interpretazioni univoche e non individuano fattori decisivi che
aumentano la probabilit di adesione alle medicine alternative. In Italia, secondo i dati dellindagine
Istat, i pazienti potenziali coloro che non hanno fatto ricorso alle MC negli ultimi tre anni si
dividono nel giudizio circa lutilit di alcuni rimedi alternativi (omeopatia, agopuntura, fitoterapia e
trattamenti manuali) in questo modo: una quota elevata, oltre il 40 %, non sa o non vuole esprimere
un giudizio, non avendo esperienza diretta; tra i rimanenti, la percentuale di chi li giudica inutili
sempre superiore a quella di chi li ritiene utili, ma il divario non supera il 10%.26 Quindi rimane da
valutare come questo giudizio favorevole o sfavorevole, emesso in assenza di esperienze dirette,
possa influire nel caso di un eventuale ricorso alle MC.
In definitiva credo di poter dire che il modello di Boudon, pur non avendo ispirato
direttamente le ricerche empiriche in questo campo, potrebbe spiegare adeguatamente il caso della
credenza nellefficacia delle MC, impiegando una nozione di razionalit pi ampia di quella
comunemente intesa, ma comunque definibile nel contesto in cui si manifesta. Questa spiegazione
aprirebbe anche la possibilit al fatto che la credenza abbia modo di svilupparsi nelle menti degli
attori, di persistere e di diffondersi per ragioni diverse da quella iniziale (lefficacia della MC).
Rimane il fatto che la spiegazione non pu che arrivare a posteriori, ma non vedo come in questo
caso ne rimarrebbe inficiata.
5. Conclusioni
Alla fine di questo excursus sulla teoria dellazione di Boudon, vorrei provare a tracciare un
bilancio sintetico dei punti che presentano maggior interesse, criticit e possibilit di sviluppo.
26 Le percentuali per cambiano non di poco quando si passa ad esaminare tali giudizi allinterno delle fasce dipopolazione che somigliano maggiormente allutente medio, quindi tra le donne, tra coloro che hanno unet compresa
tra 18 e 34 anni e tra coloro che hanno un titolo di studio superiore. Qui, anche tra i non utenti di MC, i giudizi positivisuperano i giudizi negativi circa lutilit e non sono molti gli incerti; ci si potrebbe spiegare con il fatto che questepersone hanno maggiori possibilit di conoscere utenti soddisfatti (ai quali somigliano sotto il profilo socio-demografico) e/o hanno maggiori opportunit di informazione su tali trattamenti.
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Un punto di interesse, suscettibile di sviluppo, deriva dal concetto di razionalit cognitiva.
Pur avendo visto le difficolt a definire razionale il comportamento in certe situazioni, rimane del
tutto valida e degna di attenzione lidea di individuare gli a priori che guidano la rappresentazione
della situazione e il ragionamento degli attori. Restiamo quindi distanti da una concezione
procedurale di razionalit che porterebbe, o allesclusione di molte azioni dal novero della
razionalit, o a forzature nellinterpretazione dellazione (esistenza di utilit nascoste, costi
psicologici non evidenti, ecc.). Un obiettivo supplementare potrebbe essere, nellottica di
completare la teoria sociologica cognitivista, quello di individuare quali siano gli a priori pi diffusi
in determinati campi dellazione sociale e di determinare i particolari aspetti o logiche, in termini
popperiani della situazione che mobilitano lapplicazione di a priori oggettivamente invalidi.
Una parte di questo lavoro gi stata svolta da Boudon stesso che ha indicato alcuni degli a priori
pi diffusi, ad esempio tutto ha una causa, responsabile del fatto che vediamo il mondo pi
ordinato di quanto effettivamente sia. Tuttavia credo che il vasto compito ancora da affrontare sia
introdurre nella mappa degli a priori e delle situazioni tipiche di fallimento relativi in modo
particolare alle credenze circa la realt sociale le condizioni di interazione degli attori e
linfluenza dei vincoli istituzionali, elementi che Boudon non ha tematizzato sempre in maniera
esplicita. La strada decisamente in salita, ma darebbe contributi importanti alla conoscenza dei
processi e meccanismi sociali. Nellesempio del par. 4 sulle medicine alternative abbiamo visto in
che modo le condizioni di salute dellattore, i diversi profili costi-benefici associati alle opportunit
di cura, le situazioni di interazione quotidiana (con parenti, amici, colleghi, medici) e le aspettative
istituzionalizzate verso il ruolo del medico modellano una razionalit situata e ancorata su a priori
definiti.
Un elemento di criticit deriva da tutti quei casi in cui ci troviamo di fronte gruppi di attori
che sembrano seguire criteri di razionalit diversi. Lo abbiamo visto a proposito delle concezioni di
giustizia, dei valori e dellapprezzamento dellistruzione. La domanda generale che si pone : come
mai alcuni seguono un tipo di razionalit e altri un altro tipo? Si possono sempre trovare delleragioni valide per comprendere il diverso orientamento degli attori o a volte necessario accettare
scatole nere per spiegare come mai alcuni appaiono pi utilitaristi, pi diffidenti (o viceversa) di
altri? La domanda ha rilievo soprattutto in termini analitici: applicare un unico criterio di razionalit
assiologica ad esempio, cio non utilitarista n consequenzialista alla situazione permette di
formulare ulteriori domande di ricerca circa i soggetti che si discostano da quella forma di
razionalit. Questo non significa che i contesti di interazione si prestino ad essere considerati solo
sotto il profilo assiologico o strumentale; anzi, di solito non sono disgiunti, come abbiamo vistonellesempio dellassicurazione sulla vita. Tuttavia un riferimento unico serve da termine di
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paragone; il calcolo costi-benefici di fronte allinvestimento scolastico ne un esempio. Ma i
soggetti che si sono comportati in maniera utilitaristica nel gioco dellultimatum come si
definirebbero? Assiologicamente irrazionali? Gi lenormit di questa locuzione suggerisce una
risposta negativa. O diciamo semplicemente che hanno sfruttato le prerogative concesse dalla
situazione, ma allora ci chiediamo perch gli altri non lhanno fatto o perch hanno pensato che non
fosse giusto farlo; oppure diciamo che erano pi predisposti degli altri ad agire in maniera egoistica
e quindi ci chiediamo da dove gli derivi la predisposizione. Una bella scatola nera.
Merita unosservazione anche il rapporto tra concetto di razionalit e realismo in Boudon. In
pi occasioni egli ha dichiarato il proprio favore per il realismo, n avrebbe potuto fare
diversamente un anti-relativista come lui.27 Del modello di scelta razionale classico Boudon non si
limita a dire che fallisce nella spiegazione di numerosi fenomeni sociali; va oltre quando dice,
criticando ad esempio le interpretazioni stile rational choice del voto o della disapprovazione del
furto, che le spiegazioni come se mancano di un fondamento reale, nel senso che non pare
plausibile che i soggetti ragionino a quel modo. Per Boudon non basta che una teoria elabori
rappresentazioni della realt sufficientemente conformi ai dati empirici; necessario che tali
rappresentazioni siano plausibilmente fondate su concetti, entit reali. In altre parole, non si pu
attribuire al soggetto lesecuzione di un calcolo costi-benefici del tutto congetturale anche se questo
spiegasse lazione; deve agire un meccanismo realistico, non puramente ipotetico. Questo realismo
compete anche allambito normativo e si evidenzia bene, a mio giudizio, in una critica che il
sociologo francese rivolge ad Habermas (cfr. Boudon 1999, 111-112 in nota e anche Boudon
2003b, 147-149). Il concetto di razionalit comunicativa del filosofo tedesco non sembra sostenibile
per Boudon, in quanto il consenso (circa il giusto, legittimo, ecc.) non pu essere raggiunto per via
procedurale: o il consenso realmente fondato oppure deriva da un rapporto di forze ineguale. Di
conseguenza la morale, i valori non possono essere qualcosa di arbitrario o assolutamente relativo:
sono fondati su elementi reali del contesto sociale. Forse proprio il rafforzamento dellopzione
realista ad aver condotto Boudon dalle buone ragioni alle ragioni forti. Il concetto di buoneragioni si allacciava alla nozione di razionalit soggettiva, non necessariamente coincidente con
quella oggettiva, ma poteva anche avere una controparte nel concetto di cattive ragioni.28 Il
concetto di ragioni forti sembra invece accentuare il fondamento reale e oggettivo delle norme e
dei valori. Ultimamente Boudon (2003b, 138-141) tornato proprio su questa differenza per
27 Recentemente Hamlin (2002) ha riletto il lavoro teorico ed empirico di Boudon come un percorso che, seppure inmaniera implicita e incompleta, si mosso nellorizzonte epistempologico del realismo critico (Bhaskar 1997). Tuttaviail mancato riconoscimento di uno statuto ontologico alle strutture sociali che, secondo lautrice, rappresenta lo
scostamento maggiore tra la teoria boudoniana della razionalit cognitiva e il realismo critico condurrebbe adinvitabili aporie circa il collegamento struttura-agente.
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renderla esplicita e ridimensionarla allo stesso tempo. Le buone ragioni caratterizzerebbero le
situazioni in cui il soggetto non trova un sistema di ragioni superiore a quello che lo guida e al
contempo nutre in maniera intuitiva qualche dubbio sulla validit di tali ragioni. Specularmente,
anche se lautore non lo dice direttamente, le ragioni forti dovrebbero caratterizzare situazioni in cui
il soggetto in grado di scegliere tra sistemi alternativi di ragioni tra i quali uno appare con forza
pi valido degli altri, anche nel caso in cui entrino in gioco a priori impliciti (validi o meno) a
conferire forza alle argomentazioni. La distinzione tra buone ragioni e ragioni forti poggia sulle
diverse modalit di convinzione dellattore, ma non rappresenta, a giudizio di Boudon stesso, una
distinzione fondamentale. Limportante mi sembra essere in grado, come osservatori e come
persone, di distinguere le situazioni in cui i fondamenti delle ragioni sono validi e reali da quelle in
cui non lo sono; un compito tuttaltro che facile.
28 Tali sono, ad esempio, secondo Boudon (1995, 175-177), quelle che inducono i soggetti dellesperimento di Milgram,a infliggere scariche elettriche alle controparti delle prove sperimentali.
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