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Caravaggio Contemporaneo

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Realismo storico e sperimentazione

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con il patrocinio di: Comune di Noto GAN Galleria civica d’arte contemporanea di Noto Accademia di Belle Arti di Catania Soprintendenza BB.CC.AA. di CataniaGalleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa Accademia di Belle Arti di Viterbo PDA Polo didattico accademico di Noto Liceo artistico “M.Carnilivari” di Noto

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collana diretta da Ornella Fazzina e Michele Romano

HDEMIABOOKS

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IDEE PER LE ARTI VISIVE

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CARAVAGGIOCONTEMPORANEO

REALISMO STORICO E SPERIMENTAZIONE

MICHELE ROMANO

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1. Caravaggio, Seppellimento di Santa Lucia (1608), olio su tela, cm. 408 x 300, Siracusa, chiesa di Santa Lucia al Sepolcro

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PREFAZIONE“…Io farò che lo corpo della santa

sia disteso longo la fossa…”A.Camilleri, Il colore del sole

L’idea di narrare la visione immaginaria e realistica del fare pittorico di Caravaggio (1571/1610) nasce esclusivamente da una riflessione personale sull’iconografia borderline o di confine di un ermetico genio delle arti visive.Longhi ricorda un Caravaggio dai “contrasti istantanei di mi-sura, sbalzi tra ‘primi piani e ‘campo lungo”1 e nel dipinto con il Seppellimento di Santa Lucia a Siracusa (fig.1), con-siderato ‘fra tutti il più guasto’2, emerge una frenetica ricer-ca di volumi umani, dai manigoldi che schiacciano in primo piano lo spazio pittorico, ma che fanno emergere una linea ideale di fisionomie umane, quella luce ‘come spicco di ve-rità’3 che rievoca le lectio lombarda leonardesca, una pira-mide rovesciata che penetra lateralmente il dipinto e scarica la sua luminosità nella triangolarità che punta sulla martire.È questo un viaggio a ritroso nell’agire iconografico del Ca-ravaggio, dove nella piena maturità delle opere siciliane e maltesi, si intravedono i segni di un realismo fugace,4 una verità simbolica, non solo la fuga e la colpa, ma quel senso di narrazione del natural fiammingo, dove ogni gesto si narra come ingegno di una ermetica macchinazione divina.Il primo decennio del Seicento per Caravaggio è l’era delle certezze inattese, la sintesi che rievoca “la memoria della brutalità di Antonio Campi”5, la riflessione sulla corporalità come segno dell’umano e che si trasmuta come messagge-ro divino. La realistica gestualità fisica nel Sacrificio di Isacco di Firenze, nel David e Golia di Madrid o nella bruta cen-tralità della Decollazione del Battista di Malta, testimoniano

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CARAVAGGISMOIN SICILALA FISIOGNOMICA TRA MANIERA E REALISMO:MINNITI E PALADINI

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La presenza di Caravaggio tra Malta e la Sicilia, dal 1607 al 1609, determina per la pittura seicentesca mediterranea un percorso di riflessioni e di cambiamenti, sia negli artisti che per la committenza pubblica e privata.

Lo stesso artista in fuga riordina la sua produzione con grandi pale d’altare che affrontano delle sintesi chiaroscura-li sceniche, una riflessione matura dell’artista lombardo, che coniuga narrazione fisiognomica dell’umano al pathos divino.

Il viso è lo specchio dell’anima, così la fisiognomica e la patognomica percorrono le tessere di un labirinto facciale per trasmutare i segni in azione e le tracce in inconsce pas-sioni, e non a caso nel Seicento controriformato, effimero e transitorio, il dolore, la forza e lo stupore servivano a co-ordinare la gestualità umana attraverso un vacuo teatro di persuasione e mistica devozione1.

Il concetto e la coscienza di devozione nella realtà barocca conduce gli artisti ad una intima realtà fedele, vera e forse pudica afferma Argan2, per questo il realismo non reale della cultura seicentesca produsse una magica visione della fisio-nomia popolare, che non meraviglia il fedele, ma lo invita ad una condizione di umile devozione. Il volto è quindi l’indice dell’effimero teatro delle passioni che l’iconografia barocca ha tradotto, da una tradizione cinquecentesca, con luci e segni per percorrere una realtà di affetti, i moti dell’anima.

Nel Caravaggio siciliano, la morte si fa bella e nella sua oscurità lumeggiata, di Lucia e Lazzaro, emerge una eso-terica metafora barocca, la vanitas morente,3 una dolce agonia del trapasso dove i volti degli astanti sono i punti di maggiore intimità d’affetti, una persuasione mistica, dove il soggetto, nel suo agire e nel suo patire privilegia la naturalità umana, attraverso una reale conoscenza dei valori morali e sociali. Un percorso emotivo, che Cartesio stesso definisce passioni dell’anima4, dove l’immagine altera la realtà e tradu-ce il sentimento in un momento conoscitivo.

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4. Mario Minniti, Miracolo della vedova di Naim, olio su tela, cm 245 x 320, Messina, Museo Regionale

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committenti e santi, emerge una mediazione di policromie squillanti, la lezione della grande maniera toscana, Cigoli, Empoli e dall’altra una ricerca dell’ombrosità appena accen-nata di derivazione caravaggesca, un fare pittorico che nei diversi centri dell’isola educa alle due correnti stilistiche e dove emerge una giusta attenzione al paesaggio e alla ca-ratterizzazione del genius loci.

Nell’Immacolata concezione, san Francesco e le Anime purganti (fig.3) dei PP.Conventuali di Mazzarino (CL), Pala-dini fa emergere la sua ascendenza manierista con pose e allungamenti della figura in ascesa che rievocano le mae-strie cromatiche di un Andrea del Sarto o di un Pontormo e anche dell’Allori, pose e gesti che sono ben studiate e riscontrabili nei taccuini da disegno, il gesto e l’articolazione delle mani da Francesco alla Vergine invitano il fruitore ad osservare il paesaggio naturale e urbano, con forti citazioni antiche e territoriali, mentre la gerarchia celeste fortemente chiaroscurata rievoca la luce radente del contemporaneo Caravaggio, presente tra Malta e la Sicilia12.

In parallelo nell’isola, tra Siracusa e Messina, emerge la figura di un artista aretuseo Mario Minniti (Siracusa 1577-1640), che il biografo messinese Francesco Susinno ricor-da insieme a Caravaggio e che appena quindicenne lascia Siracusa per Malta e poi si trasferisce a Roma, dove nella bottega di “…un siciliano pittore…strinse amistà col Cara-vaggio…e si risolvettero far coabitazione…”13.

Ritornato in Sicilia, dove ospitò successivamente il Cara-vaggio in fuga da Malta, Minniti aprì una fiorente bottega tra Siracusa e Messina, con “dodici giovani bramosi della disci-plina”14 che partecipando attivamente alla messa in opera dei dipinti, numerose pale d’altare, mostravano una lectio pittorica stantia e leziosa, anche se nel il suo fare pittorico “die’ più all’oscuro che nel vago colorire; ma quantunque oscuro fu tenero oltremodo…”15.

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CARAVAGGIOCONTEMPORANEOFERITOIE CORPORALI:SERRANO E BACON

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Il tema della ferita come incisione e visione dell’interiorità dell’anima novecentesca è la rilettura contemporanea del naturalismo caravaggesco, “..per comprendere l’dea di sé che ha offerto l’uomo contemporaneo…”, afferma Flavio Caroli, “… esiste un continente profondo, i cui dettami e i cui impulsi si impastano con le nostre fattezze fisiche.”1

Nella contemporaneità delle arti visive il corpo diventa se-gno primario della sperimentazione, luogo di intense batta-glie, il corpo mutante come luogo infinito di indagine e azio-ne, non per ciò che rappresenta, ma per ciò che è e per le infinite possibilità di ciò che può essere.2

Una identità corporale fatta di carne, sangue, ferite e cica-trici, un alfabeto iconografico ben individuabile nella fattura cromatico-ombrosa caravaggesca, un rito del dolore tra pa-thos e ascesi, il famigerato dito nella piaga, che introduce ad una conoscenza non fisica ma esistenziale, quell’idea di artisticità della Psicanalisi,”…che non cessa per un solo istante di paragonare i meccanismi immaginativi con quelli onirici…”3

Gli studi fisiognomici e patognomici tra Cinque e Seicen-to, quei trattati dell’Io visivo, da Leonardo a Cartesio, si tra-smutano nel nostro secolo con Freud, Jung e Lacan che innescano un dedalo mobile dai meccanismi liberatori della libido, una sperimentazione d’avanguardia già inconscia nel-la rivoluzione caravaggesca, quella ricostruzione atavica e archetipa che conduce con surrealismi informali alle pratiche pluridisciplinari del linguaggio contemporaneo.

In Francis Bacon (1909-1992) il corpo viene considerato ricettacolo4, i suoi ritratti urlanti, feriti e snaturati, che Gilles Deleuze considerava “..parti confuse, semicancellate..assu-mono un nuovo senso, perché marcano la zona esatta in cui sorge la forza…”5.

Nello Studio per ritratto II (fig.10) emerge tutta la ricer-ca storica dell’artista, la forza dell’oscurità seicentesca, la

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10. Francis Bacon, Studio per ritratto II, (1955),Londra Tate Gallery

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modellazione chiaroscurale dei ritratti poliedrici e materici di Caravaggio, la pennellata gestuale e graffiata che fa emer-gere la maschera umana (in questo caso specifico quella di W.Blake), un gioco di luce radente che nasce dalla materia pittorica scabra, alla variazione luministica corrisponde quel-la cromatica,”…un ritratto vivido….Bacon sembra forzare la rigidità del modello per concentrarsi sulla resa dell’epider-mide….ripercorrendo pieghe e avvallamenti, morbidezze e asperità…”6.

Una ricerca, dove corpo e martirio rievocano emozioni ba-rocche, il volto segnato e sfaccettato dalla luce è la chiara adesione dell’artista contemporaneo irlandese alla tavolozza dai toni bassi, terra e cenere dove il corpo viene dissossato7, quasi all’essenza dell’essere e della sua completa cancella-zione. Nella sua indagine dell’umano Bacon colloca la figura in un luogo indefinito e surreale, la metafisica visione del re-alismo magico di Caravaggio, la povertà e la piattezza dello spazio di una pittura o scena di genere, la chiara indagine introspettiva e non figurativa del fare contemporaneo.

L’interiorità del corpo, la ricerca del suo dentro, conduce l’indagine corporale contemporanea alle ferite dell’essere, ad una funzione tattile dell’agire sul corpo, quell’apparente Body Art, che predilige il rito alla visione, quella funzione pu-rificatrice, che grazie alla catarsi valorizza l’ascesi del corpo e dell’anima.

Il binomio tanto rivisitato nelle coscienze di una Chiesa controriformata seicentesca, quella lombarda visione della natura umana che da Caravaggio a Serrano, segnano i punti cardini di una intima ricerca di sé e dei suoi simili.

Una forte religiosità emerge nell’opera di Andres Serrano (New York, 1950), anche se vive una relazione estremamen-te complessa con la Chiesa cattolica e la propria educazio-ne religiosa, non si ritiene un eretico, anzi con la sua fare artistico “…più che distruggere delle icone, è convinto di

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11. Andres Serrano, The Morgue/Death by Drowning II, (1992)

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Finito di stampare nel mese di Novembre 2010per conto di LetteraVentidue Edizioni S.r.l.

presso Grafica Saturnia (Siracusa)

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