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Pagina 1 di 38 CAPITOLO 2 FABBISOGNI DI POTENZA E DI ENERGIA E FONTI PRIMARIE 2.1. Il sistema elettrico nazionale Il sistema elettrico è articolato in tre fasi: produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. La trasmissione di energia elettrica ad alta tensione (380 kV - 220 kV - 150 kV) è la funzione che in Italia svolge Terna. Trasmettere energia vuol dire trasferire l’energia prodotta dai centri di produzione alle zone di consumo. Perché ciò avvenga occorrono linee, stazioni elettriche e di trasformazione, cioè gli elementi che compongono la Rete di trasmissione un insieme di circa 40.000 km di linee possedute da Terna per il 98%. Terna gestisce in sicurezza la rete di trasmissione nazionale e i flussi di energia elettrica necessari all’Italia attraverso il dispacciamento, bilanciando, cioè, l’offerta e la domanda di energia 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno. Una volta trasportata sul luogo finale, l’energia elettrica viene consegnata in media e bassa tensione agli utenti finali: questa fase si dice distribuzione. Il Piano di Sviluppo della Rete Elettrica di Trasmissione Nazionale è lo strumento per la pianificazione dello sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, predisposto annualmente da Terna sulla base: dell’andamento del fabbisogno energetico e della previsione di domanda di energia elettrica da soddisfare; della necessità di potenziamento della rete; delle richieste di connessione di nuovi impianti di generazione alla rete. Nel piano sono riportati tutti gli interventi da avviare o in fase di ultimazione relativi alla costruzione o al potenziamento di stazioni elettriche, alla realizzazione di elettrodotti per la connessione di nuovi impianti di generazione, per l’eliminazione delle congestioni di rete, per lo sviluppo dell’interconnessione con l’estero. Lo sviluppo della rete elettrica di trasmissione ha molteplici obiettivi: garantire la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti; aumentare l'efficienza e l'economicità del servizio di trasmissione e del sistema elettrico nazionale; migliorare la qualità del servizio;

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CAPITOLO 2

FABBISOGNI DI POTENZA E DI ENERGIA

E FONTI PRIMARIE

2.1. Il sistema elettrico nazionale

Il sistema elettrico è articolato in tre fasi: produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. La trasmissione di energia elettrica ad alta tensione (380 kV - 220 kV - 150 kV) è la funzione che in Italia svolge Terna. Trasmettere energia vuol dire trasferire l’energia prodotta dai centri di produzione alle zone di consumo. Perché ciò avvenga occorrono linee, stazioni elettriche e di trasformazione, cioè gli elementi che compongono la Rete di trasmissione un insieme di circa 40.000 km di linee possedute da Terna per il 98%. Terna gestisce in sicurezza la rete di trasmissione nazionale e i flussi di energia elettrica necessari all’Italia attraverso il dispacciamento, bilanciando, cioè, l’offerta e la domanda di energia 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno. Una volta trasportata sul luogo finale, l’energia elettrica viene consegnata in media e bassa tensione agli utenti finali: questa fase si dice distribuzione. Il Piano di Sviluppo della Rete Elettrica di Trasmissione Nazionale è lo strumento per la pianificazione dello sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, predisposto annualmente da Terna sulla base:

• dell’andamento del fabbisogno energetico e della previsione di domanda di energia elettrica da soddisfare;

• della necessità di potenziamento della rete;

• delle richieste di connessione di nuovi impianti di generazione alla rete. Nel piano sono riportati tutti gli interventi da avviare o in fase di ultimazione relativi alla costruzione o al potenziamento di stazioni elettriche, alla realizzazione di elettrodotti per la connessione di nuovi impianti di generazione, per l’eliminazione delle congestioni di rete, per lo sviluppo dell’interconnessione con l’estero.

Lo sviluppo della rete elettrica di trasmissione ha molteplici obiettivi:

• garantire la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti;

• aumentare l'efficienza e l'economicità del servizio di trasmissione e del sistema elettrico nazionale;

• migliorare la qualità del servizio;

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• connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti aventi diritto;

• ridurre le congestioni di rete;

• sviluppare e potenziare l'interconnessione con l'estero;

• rispettare i vincoli ambientali e paesaggistici.

2.1.1. Il dispacciamento

L’energia elettrica oggi non si può immagazzinare. E' quindi necessario produrre, istante per istante, la quantità di energia richiesta dai consumatori e gestirne la trasmissione in modo che l'offerta e la domanda siano sempre in equilibrio, garantendo così la continuità e la sicurezza della fornitura del servizio. La gestione di questi flussi di energia sulla rete si chiama dispacciamento. Tale attività, svolta da Terna, richiede il monitoraggio dei flussi elettrici e l’applicazione delle disposizioni necessarie per l’esercizio coordinato degli elementi del sistema, cioè gli impianti di produzione, la rete di trasmissione e i servizi ausiliari. La gestione in tempo reale del nostro sistema elettrico, interconnesso con quello europeo, viene svolta attraverso un sistema di controllo, che fa capo al Centro nazionale di controllo. Il Centro nazionale di controllo ha il compito di assicurare il funzionamento del sistema elettrico nelle condizioni di massima sicurezza, per garantire la continuità e la qualità del servizio. Pertanto, il sistema di controllo acquisisce, istante per istante, tutti i dati relativi allo stato del sistema elettrico e, in base alle esigenze del momento, mette in atto le opportune azioni correttive.

I compiti fondamentali del Centro nazionale di controllo si svolgono:

• Nella fase di programmazione, con l'elaborazione dei piani di esercizio sviluppati sulla base delle previsioni della domanda di energia e di potenza a livello nazionale e delle disponibilità dei mezzi di produzione. Le previsioni a breve termine, settimanali e giornaliere, sviluppate in base a quelle a medio termine, consentono la determinazione dei livelli di produzione, la configurazione di funzionamento della rete e la riserva di potenza.

• Nella fase di controllo in tempo reale, analizzando lo stato del sistema elettrico, il Centro nazionale di controllo interviene sulla produzione della potenza attiva e reattiva e sull'assetto di rete; contemporaneamente opera per l'ottimizzazione del servizio, per il ripristino in caso di disservizi, per il controllo di eventuali emergenze ed il coordinamento delle manovre per lavori.

• Nella fase di analisi dell’esercizio, oltre all’elaborazione delle statistiche di tutti i dati di esercizio, analizza il funzionamento del sistema di produzione e trasmissione, così da raccoglierne utili indicazioni per l’ottimizzazione dell’esercizio del sistema.

Il Centro nazionale di controllo, svolge il proprio compito attraverso otto centri di ripartizione.

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2.1.2. La rete elettrica di trasmissione nazionale (RTN) I dati sotto riportati sono aggiornati al 2006 e ben rappresentativi dello stato della rete. Comunque, per una visione aggiornata in tempo reale della rete si rimanda al relativo capitolo “rete elettrica” dell’allegato “Rete elettrica”. La RTN è costituita da:

• Rete ad alta e altissima tensione

• Linee di interconnessione con l’estero

• Stazioni di trasformazioni e smistamento

Estensione della rete (dati 2006 GRTN):

• Rete ad altissima tensione: 22.848 km • Rete ad alta tensione: 20.332 km Totale: 43.180 km

Interconnessione della rete con l’estero:

• 16 linee di interconnessione:

- 4 con la Francia;

- 8 con la Svizzera;

- 1 con l’Austria;

- 2 con la Slovenia;

- 1 con la Grecia.

• Con le 15 terne (6 a 380kV e 9 a 220kV) di interconnessione sulla frontiera nord, l’Italia importa mediamente tra il 14÷16% dei consumi nazionali di elettricità.

• L’Italia da luglio 2002 è connessa con la Grecia con un cavo in corrente continua per una potenza di 500 MW.

Nelle cartine seguenti (Figura 1 e Figura 2) si può evincere come sia strutturata la RTN sull’intero territorio italiano.

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Figura 1: rete italiana a 380 kV al 31 dicembre 2010 – tratta dal report “Rete Elettrica” rilasciato d a RTN.

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Figura 2: rete italiana a 220 kV al 31 dicembre 2010 – tratta dal report “Rete Elettrica” rilasciato d a RTN

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2.2. Fabbisogni e coperture di energia L’Ufficio statistico di Terna, inserito nel Sistan (Sistema Statistico Nazionale) ha il compito per legge di elaborare le statistiche ufficiali dell’intero settore elettrico nazionale ed è pertanto anche responsabile per il nostro Paese delle comunicazioni statistiche ufficiali agli organismi internazionali come Eurostat, IEA, OCSE, ONU. Le rilevazioni previste nel Programma Statistico Nazionale interessano la totalità dei circa 1800 operatori del settore elettrico, quali i produttori, i distributori ed i grossisti, e forniscono un quadro completo dell’energia elettrica in Italia.

2.2.1. Dati statistici TERNA rende disponibile in rete l'annuario "Dati statistici sull'energia elettrica in Italia" elaborato dall'Enel fino al 1998 e fino al 2004 dal GRTN. L'Annuario fornisce il quadro completo della consistenza degli impianti, della loro produzione e dei consumi di energia elettrica in Italia. In allegato è riportato il documento di TERNA aggiornato “Dati statistici ITALIA 2010”. La crisi economica internazionale in atto ha portato negli ultimi anni ad una contrazione del fabbisogno energetico a livello mondiale e nazionale, che in precedenza evidenziava invece una continua crescita annuale della domanda di energia elettrica dell’ordine del 2%. Ad esempio il fabbisogno annuale elettrico nazionale, che prima della crisi si attestava nell’ordine dei 325.357 GWh nel 2004 e dei 337.459 GWh nel 2006 si è attestato nel 2010 al valore di 330.454 GWh. I "Dati Statistici" sono articolati in nove sezioni:

• Dati generali: contiene una sintesi dei principali dati statistici dell’anno confrontati con i dati analoghi dell’anno precedente.

• Rete elettrica: mostra la consistenza della rete di alta ed altissima tensione al termine dell’anno di riferimento.

• Impianti di generazione: riporta la consistenza degli impianti idroelettrici, termoelettrici e da fonti rinnovabili.

• Carichi orari : analizza i carichi orari con particolare riferimento al terzo mercoledì di ogni mese.

• Produzione: indica le produzioni idroelettriche, termoelettriche e da fonti rinnovabili, disaggregate sia per tipologia di impianto che per regione.

• Consumi: analizza i consumi secondo i parametri Istat delle attività economiche e secondo le diverse tipologie di utenti.

• Confronti internazionali : fornisce – a livello internazionale - un quadro sintetico della potenza installata e della produzione elettrica, nonché di alcuni indicatori socio-economici ed energetici.

• Dati storici : riporta, per quanto disponibili, alcuni parametri elettrici italiani, a partire dal 1883. Sono riportati tutti i dati riguardanti la produzione e la richiesta di elettricità a partire dal 1883, anno che segna l'inizio dell'impiego di energia elettrica in Italia. Grazie ad essi è possibile ripercorrere la strada dello sviluppo economico nel nostro Paese. Comprendere la portata della crescita industriale e il cambiamento di usi e costumi sociali. A partire dal 1931 sono disponibili anche le indicazioni riguardanti le caratteristiche degli elettrici di generazione e della rete elettrica. Dal 1963 - anno di costruzione dell'Enel - sono presentati

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i dati sulla produzione termoelettrica tradizionale suddivisi secondo il tipo di combustibile adoperato e le serie storiche dei consumi di energia elettrica divisi per settore di utilizzazione. Vengono infine proposti i dati relativi ai consumi di energia elettrica per abitante, disaggregandoli per regione di appartenenza e i consumi interni lordi di energia primaria.

• Elettricità nelle regioni: presenta in due schede per ciascuna regione i principali parametri elettrici e un bilancio regionale dell’energia elettrica.

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2.3. Le fonti di energia Si definisce fonte di energia quella sostanza o quel processo capace di mettere a disposizione dell’uomo una certa quantità di energia utilizzabile (esempio: il gas naturale che attraverso la sua combustione mette a disposizione dell’uomo in uno spazio e in un tempo deciso dall’uomo stesso una quantità di energia termica opportunamente impiegabile). Si definiscono fonti primarie di energia quelle fonti di energia che si trovano in natura:

• generate direttamente o indirettamente dalla radiazione solare:

- energia solare;

- energia eolica.

• attraverso un lungo processo chimico e fisico:

- carbon fossile;

- petrolio;

- gas naturale.

• dal campo gravitazionale Sole-Luna-Terra:

- energia delle maree.

• dal processo di formazione degli elementi:

- energia nucleare.

• dal processo di formazione del sistema solare:

- energia geotermica. Tra le diverse possibili classificazioni delle fonti energetiche primarie, quella pratica ai fini della loro utilizzazione tecnologica si basa sulla durata nel tempo delle fonti.

a) fonti esauribili

• combustibili fossili:

o carbone;

o petrolio;

o gas naturale;

• fissione nucleare (non autofertilizzante)

a) fonti quasi inesauribili (1)

• calore endogeno

• fissione nucleare autofertilizzante

• fusione nucleare

b) fonti rinnovabili

• direttamente o indirettamente provenienti dal sole:

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o idraulica;

o eolica;

o radiazione solare;

o biomasse;

• maree

• rifiuti (2) NOTE (1) Come quasi inesauribili sono definite le fonti primarie, la cui durata, confrontata con i consumi attuali, è tale da ritenerle pressoché inesauribili. (2) I rifiuti sono anche costituiti da biomassa e pertanto a ragione rientrano tra le fonti rinnovabili direttamente e indirettamente provenienti dal sole. Però dalla analisi merceologica del rifiuto, soprattutto in certe tipologie di materiale, si ritrovano come componenti anche le plastiche, che derivano dai combustibili fossili (esauribili). In questa ottica il rifiuto potrebbe rientrare tra le fonti esauribili. Ecco che la moderna normativa qualifica ai fini delle incentivazioni solo la parte biodegradabile del rifiuto. Dal sito della bp (british petroleum - http://www.bp.com alla sezione Statistical Review of World Energy) è possibile reperire numerosi dati stati statistici e analisi relative ai consumi e alle riserve delle diverse fonti di energia, quali ad esempio il documento denominato “Statistical Review of World Energy 2011” allegato al presente capitolo.

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2.3.1. Combustibili e potere calorifico Un combustibile è una sostanza che, in presenza di un comburente, può bruciare con sviluppo da calore e di fiamme. La combustione è un processo di conversione dell’energia chimica del combustibile in energia termica dei prodotti di combustione. Un esempio di combustibile è il gas metano che in presenza di ossigeno (comburente), in un certo range di temperatura, brucia formando, in caso di combustione completa, vapor d’acqua e anidride carbonica.

CH4 + 2O2 � CO2 + 2H2O

Si definisce potere calorifico superiore (PCS) la quantità di calore che si rende libera per effetto della combustione completa (a pressione costante) di 1 kg di combustibile, riportando i prodotti della combustione a condizioni standard (T = 25°C). Nel riportare i prodotti di combustione (ad esempio CO2 e vapor d’acqua nel caso della combustione del gas metano) alla temperatura di 25°C si ha la condensazione del vapor d’acqua. Il PCI quindi include il calore latente di evaporazione dell’acqua. Si definisce potere calorifico inferiore (PCI) come il potere calorifico superiore (PCS) al netto del calore latente di evaporazione dell’acqua contenuta nei prodotti di combustione, cioè nei fumi.

PCI < PCS

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kcal/kg kJ/kgcombustibili vegetali 2.500 10.465lignite picea 4.300 18.000lignite xiloide e torbosa 2.500 10.465carbon fossile nazionale 5.300 22.186carbon fossile estero 7.400 30.976carbone da legna 7.500 31.395coke di cokeria 7.000 29.302coke di officina 6.400 26.790coke di petrolio 8.300 34.744

kcal/kg kJ/kgpetrolio greggio 10.000 41.860condensati petroliferi 10.600 44.372distillati leggeri di petrolio 10.400 43.534benzine 10.500 43.953carboturbo 10.400 43.534petrolio raffinato 10.300 43.116gasolio 10.200 42.697olio combustibile 9.800 41.023gas di petrolio liquefatti (GPL) 11.000 46.046

kcal/m 3 kJ/m 3

gas naturale 8.250 34.535

gas di cokeria (espresso in quantità equivalenti) 4.250 17.791

gas di officina (espresso in quantità equivalenti) 4.250 17.791

gas di altoforno (espresso in quantità equivalenti) 900 3.767

POTERI CALORIFICI INFERIORI DEI COMBUSTIBILIS

OLI

DE

LIQ

UID

EG

AS

SO

SE

combustibileFonte energeticap.c.i

Tabella 1: potere calorifico inferiore di alcuni combustibili.

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2.3.2. Il carbone Il carbone è la più abbondante fonte di combustibili fossili, oggi un po’ in ribasso a favore di gas e petrolio. Quando il progressivo esaurimento delle riserve di petrolio e di gas provocherà il loro aumento di costi, si sarà costretti a scaricare sul carbone una parte dei consumi oggi coperta dagli idrocarburi. La storia Il carbone fossile era conosciuto fin dall’antichità, ma solo nel Medioevo si afferma prepotentemente, impiegato per il riscaldamento e per la fusione dei metalli. Per questa ultima attività risulta particolarmente indicato perché permette di raggiungere temperature ben più elevate di quelle della legna e del carbone da legna. La difficoltà di combustione del carbone fossile, sua peculiarità, rende difficile l’ottenimento di una perfetta combustione e quindi la possibilità di avere una presenza importante di monossido di carbonio nei fumi. Ritornando all’antichità, in cui i sistemi di combustione non erano sofisticati come oggi, la cattiva combustione era all’ordine del giorno e pertanto fino alla fine del medioevo, in cui comparvero i primi impianti di convogliamento dei fumi all’esterno degli edifici (i camini di oggi) il suo impiego fu pesantemente limitato. Con la comparsa dei camini incomincia l’uso sempre più intenso di questo combustibile, prima in Inghilterra e in Belgio e poi nel resto dell’Europa. Con l’avvento delle macchine a vapore nel XVIII e nel XIX secolo il carbone diventa la prima fonte energetica, utilizzata nelle industrie, nei trasporti marittimi e nei trasporti ferroviari. Il XIX secolo vede il carbone fossile come l’attore principe tra le fonti energetiche al punto di essere chiamato “ l’oro nero”. L’origine Il carbone (carbon fossile) deriva da processi di trasformazione di imponenti ammassi di prodotti vegetali che a seguito di particolari condizioni biologiche, chimiche e fisiche hanno subito un processo di fossilizzazione. Si origina per progressiva decomposizione da resti vegetali fuori dal contatto con l’aria, in formazione depositate in ambienti continentali o di transizione (come ad esempio le paludi costiere), attraverso un lento procedimento naturale durato anche intere ere geologiche. in particolare nel Carbonifero (345-280 milioni di anni fa), gran parte della superficie terrestre era occupata da paludi in cui cresceva una vegetazione lussureggiante che comprendeva molte varietà di felci, alcune grandi come alberi. Man mano che morivano, le piante venivano sommerse dall'acqua. La materia organica dunque non si decomponeva, ma cominciava a subire un lento processo di carbonizzazione, una particolare forma di fossilizzazione consistente nella perdita graduale e continua di atomi di idrogeno e di ossigeno, con il conseguente accumulo di un'alta percentuale di carbonio. In tal modo si formarono i primi giacimenti di torba, ricoperti col passare del tempo da strati di terreno più o meno spessi. In milioni di anni la pressione degli strati sovrastanti, i sommovimenti

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della crosta terrestre e, talvolta, il calore dei vulcani compressero e compattarono gli originari depositi di torba, trasformandoli progressivamente in carbone I carboni fossili (o anche detti naturali) sono formati da una sostanza carboniosa non omogenea, microscopicamente risolubile in numerosi componenti (alginite, cutinite, resinite, vitrinite, sporinite, ecc.) aventi caratteristiche diverse, i quali sono i componenti fondamentali dei quattro tipi di deposito elementare riconoscibile anche microscopicamente (clorite, fusite, durite, vitrite), dal cui insieme viene caratterizzato il tipo di carbone. A seconda della durata del processo, dal più recente al più antico, si sono formati:

• torba, prodotto più recente, databile al periodo neozoico; • lignite: del periodo cenozoico; • litantrace, del periodo paleozoico e mesozoico; • antracite: è il prodotto più antico del periodo paleozoico.

Visivamente si può schematizzare la formazione del carbone così:

ANTICHE FORESTE : circa 300 milioni di anni fa nell'era detta del Carbonifero, il clima della terra era caldo-umido, l’ideale per la crescita di immense foreste pluviali. le radici affondavano nella terra morbida delle paludi. Quando un albero moriva, veniva rapidamente sommerso da acqua e detriti e la mancanza di ossigeno di questo ambiente ne favoriva una lentissima degradazione.

FOSSILIZZAZIONE: albero su albero, sedimenti su sedimenti, gli strati sovrapposti uno all'altro si compirono sempre più sprofondando sotto il proprio peso. Nel frattempo, i batteri presenti nel sottosuolo avviavano le trasformazioni essenziali nella materia organica.

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OSSIGENO E IDROGENO SONO ELIMINATI: col il passare del tempo, dai resti scomparivano progressivamente l'ossigeno e l'idrogeno finché rimaneva quasi esclusivamente carbonio, che poteva costituire fino al 95% del materiale. Rimanevano sempre piccole parti di impurità: zolfo, sali minerali argilla.

DINAMICA DELLA TERRA: durante la trasformazione da legno a carbone, anche gli strati di sedimenti seguivano i lenti ma costanti movimenti della crosta terrestre. Alcuni strati si fratturavano, altri sprofondavano ancora più verso il basso, altri venivano sospinti verso la superficie.

La classificazione Industrialmente i carboni si classificano in base al decrescente contenuto di carbonio e cioè:

• antracite e litantrace, per i quali è conveniente anche l’estrazione in sotterraneo; • lignite e torba, estratte generalmente dai giacimenti che permettono lo sfruttamento a cielo

aperto. Le qualità di carbone sono tante. Per avere un’idea si riportano in Tabella 2 “Analisi macroscopiche e analisi elementari di alcuni carboni” solo alcune tipologie.

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umidità sostanze volatili carbonio fisso ceneri totale S H C N O totale% % % % % % % % % % % kcal/kg kJ/kg

antracite 4,4 4,8 81,8 9,0 100,0 0,6 3,4 79,8 1,0 6,2 91,0 7.350 30.767semiantracite 2,8 11,9 75,2 10,1 100,0 2,2 3,7 78,3 1,7 4,0 89,9 7.500 31.395carbone bituminoso

basso volatile 2,3 19,6 65,8 12,3 100,0 3,1 4,5 74,5 1,4 4,2 87,7 7.400 30.976medio volatile 3,1 23,4 63,6 9,9 100,0 0,8 4,9 76,7 1,5 6,2 90,1 7.600 31.814alto volatile A 3,2 36,8 56,4 3,6 100,0 0,6 5,6 79,4 1,6 9,2 96,4 7.900 33.069alto volatile B 5,9 43,8 46,5 3,8 100,0 3,0 5,7 72,2 1,3 14,0 96,2 7.400 30.976alto volatile C 14,8 33,3 39,9 12,0 100,0 2,5 5,8 58,8 1,0 19,9 88,0 5.900 24.697

carbone sub-bituminosorango A 13,9 34,2 41,0 10,9 100,0 0,6 6,2 57,5 1,4 23,4 89,1 5.800 24.279rango B 23,6 32,2 40,3 3,9 100,0 0,5 6,9 53,9 1,4 33,4 96,1 5.400 22.604rango C 25,8 31,1 38,4 4,7 100,0 0,3 6,3 50,0 0,6 38,1 95,3 4.800 20.093

lignite 36,8 27,8 30,2 5,2 100,0 0,4 6,9 41,2 0,7 45,6 94,8 3.900 16.325

p.c.i.analisi microscopica (solo frazione combustibile)analisi macroscopica

ANALISI MACROSCOPICA E MICROSCOPICA DI ALCUNI CARBO NI

tipo

Tabella 2

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L’estrazione Il carbone si trova in quantità abbondanti sulla crosta terrestre a diverse profondità fino a raggiungere qualche migliaio di metri sotto il livello campagna. Le tecniche di estrazione si sono via via affinate utilizzando tecniche sempre più efficaci in grado di aumentare la produttività di materiale in modo rilevante passando da circa 1 alle attuali 50 tonnellate al giorno (con sistema “strip mining” utilizzato nelle miniere a cielo aperto). Come si può riscontrare nei film che trattano l’emigrazione di italiani in Svizzera e Germania per cercare lavoro nelle miniere di carbone, l’estrazione manuale era pesante e dava una bassa produttività, oltre a sottoporre l’organismo umano ad una vita durissima. Ma la qualità del prodotto derivante dall’estrazione manuale era di ottima qualità, ovvero molto pulito, con poche impurità, le quali invece caratterizzano in maniera importante il materiale derivante dall’estrazione attraverso processi automatici. E per ciò che in tal caso il materiale deve subire dei processi di purificazione, che in generale sono caratterizzati da lavaggi con ingenti quantità di acqua. Produzione Le riserve accertate di carbone ammontano a circa 700.000 Mtep, il maggior quantitativo di combustibili fossili accertati. I maggiori produttori sono:

• Cina; • USA; • Australia; • India.

I consumi Il carbone, anche se in percentuale inferiore, copre il 25% del fabbisogno energetico mondiale. Di tale quantitativo:

- il 70% serve per produrre energia elettrica; - il 30% per la produzione dell’acciaio.

I consumi attuali annuali di carbone sono dell’ordine di 2.400 Mtep (anno 2002). Risulta interessante il parametro annuo “R/P” (Riserva/Produzione) che è il rapporto tra le riserve accertate nell’anno in esame e le relative produzioni. Tele rapporto per il carbone è al 2010 nell’ordine dei 120 anni (Figura 3).

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Figura 3: rapporto R/P (Riserva / Produzione) di carbone – bp Statistical Review of World Energy 2011.

L’utilizzo del carbone, nei Paesi a “sensibilità ambientale”, è limitato, principalmente, alle centrali termoelettriche e nella produzione degli acciai. In alcuni Paesi in via di sviluppo (ad esempio la Cina) invece il panorama è ben diverso e il suo utilizzo capillare, senza importanti precauzioni, incide in maniera importante sull’ambiente apportando dei pesanti inquinamenti. L’inquinamento Nel carbone, in generale, sono presenti componenti varie, come ad esempio silice, allumina, calce, ferro, sodio, potassio, zolfo, magnesio ecc., in base alla provenienza del carbone. Alcuni di questi componenti, durante la combustione, assumono un ruolo “inquinante” importante o nelle ceneri o nei fumi. Un esempio su tutti è lo zolfo che brucia durante la combustione dando origine all’anidride solforosa SO2 , che dov’essere opportunamente abbattuta. Il trasporto e il costo In base al potere calorifico del carbone si preferisce, in linea di principio, procedere nella seguente maniera:

• carbone a più alto potere calorifico, trasporto a distanza; • carbone meno pregiato (più basso p.c.i.), utilizzi in prossimità dei luoghi di estrazione.

Nel caso di utilizzo del combustibile a distanza, in generale, l’incidenza del costo del trasporto (come autoconsumo per il trasporto) è modesta. Risulta invece rilevante l’impatto ambientale legato alle fasi di carico e scarico del materiale. I mezzi di trasporto più tradizionali sono:

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• le navi, su lunghe distanze anche di alcune migliaia di km (costo indicativo trasporto 2$/t ogni 1000 km);

• i treni , sono vagoni speciali detti “carri a gondola” con copertura per non disperdere la polvere; su brevi distanze di qualche centinaio di km (costo indicativo trasporto 30$/t ogni 1000 km);

• i nastri trasportatori , sono nastri alloggiati in cunicoli chiusi mantenuti in leggera depressione per evitare fuoriuscite di polvere; su brevissime distanze di qualche decina di km.

Sono in fase di affermazione sistemi di trasporto diversi da quelli sopraddetti e che si basano sul trasporto di una miscela liquida costituita al 70% da carbone polverizzato mescolato con il 30% di acqua (detta miscela “coal-water”). Come liquido il materiale si presta ad essere pompato, analogamente a quanto si fa con il petrolio, in appositi condotti (“carbondotti”) o ad essere trasportato via mare con le petroliere. La miscela “coal-water” si presta ad essere direttamente utilizzato come combustibile (impiegando aria come comburente ) in caldaie. In analogia sono state studiate miscele carbone olio (“coal-oil” o “slurry ”), ma hanno avuto meno successo. Il costo del carbone varia a seconda della qualità e del luogo di utilizzazione rispetto al sito di produzione. A parità di energia fornito il carbone è molto meno caro del petrolio, circa un quarto. Combustibili liquidi e gassosi dal carbone Un ulteriore aspetto importante è la produzione di combustibile gassoso e liquido dal combustibile solido carbone. Nel primo caso si parla di processi di gassificazione del carbone. Già nel XIX secolo il carbone veniva usato per produrre gas per alimentare i sistemi di illuminazione delle città (“gas illuminante”), poi sostituito dall’elettricità o per produrre gas da distribuire nelle abitazioni principalmente per usi domestici(“gas manifatturato”). La produzione di combustibili liquidi dal carbone per il settore dei trasporti fu un’esperienza della Germania, dopo la seconda guerra mondiale, per la produzione di benzine sintetiche (essenzialmente a base di metanolo CH3OH).

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2.3.3. Il petrolio Il petrolio è un’ottima fonte energetica, il cui svantaggio principale è di natura strategica legata alla garanzia di fornitura in quanto è presente in gran quantità in aree instabili politicamente La Storia Il petrolio era noto fin dall’antichità. Le prime tracce di sfruttamento si possono riferire ad episodi nelle zone del Caucaso ove vi era presenza di affioramento in superficie del materiale. Nel 1859 in Pennsylvania fu effettuata la prima perforazione con successo trovando petrolio alla profondità di circa 20 metri dal piano campagna. Da quel momento si iniziò la ricerca e si individuarono via via giacimenti. La zona del Caucaso vide subito una forte produzione di petrolio. Inizialmente l’utilizzo principale era legato all’illuminazione, poi si svilupparono in maniera importante i motori a combustione interna e il petrolio diventò una fonte irrinunciabile. Con il passare del tempo si sviluppò la tecnica di estrazione e si adottarono materiali sempre più resistenti per la perforazione, si passò così dai 20 metri delle prime perforazioni agli attuali pozzi di profondità di poco inferiore ai 10.000 metri. “L’imperatore Guglielmo II”, questo era il nome della più grande nave da crociera transoceanica che cento anni fa lasciava il porto di Brema alla volta di New York con a bordo 1000 passeggeri e 600 gli uomini di equipaggio, montava il più grande ed avanzato sistema di propulsione dell’epoca con macchina a vapore: 45.000 cavalli (circa 34 megawatt) forniti da un sistema a carbone (portata di funzionamento 760 tonnellate al giorno), costituito da caldaie, bruciatori, surriscaldatori, sistemi a stantuffo alternativo. Ma quasi contemporaneamente, siamo nel 1902 a Volgograd in Russia naviga sul fiume Volga la prima nave cisterna “Vandal”, trasportante petrolio azionata da motore Diesel, esperienza che segnerà a breve il sopravvento della tecnologia di propulsione diesel a quella a carbone. Rudolf Diesel nel 1895 aveva progettato e costruito (e brevettato) il primo motore a combustione interna per installazioni fisse in grado di offrire al mercato un sistema di produzione di energia meccanica e quindi elettrica senza l’alimentazione a carbone. Nel breve la fabbrica di Ausburg produceva a regime queste macchine sempre però per installazioni fisse. Il problema di Diesel ad applicare il motore alla propulsione marina consisteva nell’impossibilità di poter variare la direzione di marcia, ovvero la possibilità di fare manovra utilizzando con frequenza il cambio di direzione di marcia, problema inesistente in una configurazione fissa. In aiuto giunse l’idea di un inventore italiano, un certo Del Proposto, che ideò di installare in asse con il motore diesel, tramite opportuni giunti meccanici, un motore elettrico ed un generatore di corrente. In marcia avanti operava direttamente il motore Diesel sull’albero dell’elica, in marcia indietro operava invece l’accoppiamento generatore-motore elettrico (che trasformava in energia elettrica l’energia meccanica prodotta dal motore diesel ed alimentava il motore elettrico che azionava l’elica). Quindi in realtà questa nave cisterna “Vandal” fu la prima a propulsione con motore diesel e la prima con motore elettrico. Oggi ben il 96% del trasporto merci via mare avviene tramite navi azionate da motori diesel. Oggi il motore marino diesel più grande al mondo è il K98MC della MAN B-V, che eroga 80 megawatt (110.000 cavalli) ed è lungo 28 metri con un’altezza di 13 metri ed un peso di 2.500 tonnellate.

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Provenienza Il petrolio si trova in natura concentrato in alcune aree geografiche, le principali in Paesi non di stabilità certa. Il tep e il barile di petrolio Esistono diversi tipi di petrolio le cui differenze sono sicuramente meno marcate rispetto a quelle dei carboni fossili. Così come il potere calorifico che varia poco tra un tipo e l’altro e si attesta attorno a 41.800 kJ/kg. Per convenzione si utilizza considerare come potere calorifico del petrolio di riferimento il valore 10.000 kcal/kg e si è soliti utilizzare come unità di misura della grandezza energia il tep (tonnellata di petrolio equivalente), che corrisponde al valore di:

1 tep = 10.000 kcal/kg x 1.000 kg = 10.000.000 kcal. Pertanto si può costruire la seguente tabella di conversione (Tabella 3):

TABELLA DI CONVERSIONE Grandezza ENERGIA

tep Mcal MJ MWh

tep 1 10.000 41860 11,628

Mcal 1x10-4 1 4,186 1,163x10-3

MJ 2,389x10-5 2,389x10-1 1 2,778x10-4

MWh 8,600x10-2 860 3.600 1 Tabella 3

È consuetudine parlare anche di barile di petrolio (b):

1 b = 159 dm3 ~137 kg � 1b = 0,137 tep. Origine ed estrazione Il petrolio è costituito da una miscela complessa di idrocarburi liquidi della serie paraffinica, naftenica e, in piccola misura, aromatica nei quali sono disciolti altri idrocarburi, solidi e gassosi. La miscela contiene anche piccole quantità di composti ossigenati, solforati e azotati. In base alle quantità di zolfo presente si parla di “petrolio a basso tenore di zolfo”, usualmente indicato come btz (<0,4%, limite in continua diminuzione). Il petrolio si ritiene derivi dalla trasformazione, ad opera di batteri anaerobi, di sostanze organiche di origine animale e vegetale contenute in grandi ammassi formatisi sul fondo di mari e lagune. La ricerca del petrolio avviene attraverso l’esame dei caratteri stratigrafici e tettonici della regione, tenendo conto di eventuali manifestazioni petrolifere (emanazioni, tracce di bitumi,ecc.). Dal pozzo di estrazione, preventivamente trivellato, solitamente il petrolio fuoriesce spontaneamente, soprattutto per la pressione esercitata dai gas che l’accompagnano. Quando la

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forza non è sufficiente o si vuole aumentare la produzione si può ricorrere all’uso di pompe o utilizzare particolari metodi quali ad esempio il riciclo del gas associato al greggio o pompando acqua nelle rocce serbatoio. Il petrolio estratto è più correttamente indicato come greggio, ovvero come materiale non ancora sottoposto a trattamento nella raffineria. Infatti il materiale non viene utilizzato greggio, ma viene opportunamente raffinato . Si ha dapprima un frazionamento primario che mira a suddividere il petrolio in frazioni (cioè miscele ancora molto complesse di numerosi composti) attraverso una distillazione, detta anche topping, che separa principalmente le sostanze gassose, la benzina (leggera e pesante), il cherosene, il gasolio e l’olio combustibile. Alcune sostanze così separate sono usate direttamente previo trattamenti di stabilizzazione e depurazione, altre vengono sottoposte a processi di conversione che hanno lo scopo di modificare la resa e la qualità dei prodotti (ad esempio il cracking, il reforming,ecc.). Riserve e consumi Le riserve accertate di petrolio ammontano a circa 160.000 Mtep. Nell’anno 2000 i derivati del petrolio coprono all’incirca il 38% del fabbisogno energetico annuo mondiale pari a circa 3.400 Mtep che corrispondono ad un rapporto R/P inferiore ai 50 anni. Pertanto si può affermare che oggi il petrolio è la più importante fonte energetica. Il caso del petrolio è critico in quanto il valore del rapporto R/P è inferiore ai 50 anni ed ultimamente è in lenta ma continua e inesorabile discesa. Il che vuol dire che i nuovi giacimenti non riescono più a coprire la produzione e quindi l’uso. Da ciò si può affermare che con tale trend e se non si individuano nuovi e importanti giacimenti (cosa sempre più difficile) la fonte naturale data dal petrolio si sta estinguendo.

Figura 4: rapporto R/P (Riserva / Produzione) di petrolio – bp Statistical Review of World Energy 2011.

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Trasporto Il trasporto del petrolio e derivati è un sistema che costituisce più di un terzo di tutte le merci trasportate via mare. Si veda la piantina mondiale con le indicazioni degli import/export (Figura 5).

Figura 5: flussi mondiali si import ed export di petrolio - bp Statistical Review of World Energy 2011.

Il trasporto del grezzo, così come dei suoi distillati, può avvenire tramite:

• petroliere, su lunghe distanze con costi dell’ordine di 0,5$/t per ogni 1000 km (questa è la modalità di trasporto di energia più economica con i combustibili fossili);

• oleodotti, su medie distanze con costi dell’ordine di 14$/t per ogni 1000 km; • autobotti, su brevi distanze con costi dell’ordine di 70-140$/t per ogni 1000 km (trasporto

tipico per i derivati del petrolio). Usi Gli usi prevalenti dei derivati del petrolio sono:

• nel settore trasporti terrestri, marittimi e aerei (dove non oggi non hanno concorrenti). Oggi è difficile pensare la sostituzione con altra fonte;

• nelle centrali termoelettriche, con lo sviluppo dei reattori nucleari e dei cicli combinati il petrolio sta progressivamente perdendo importanza.

Conclusioni Quindi in sintesi si può dire che il petrolio è un’ottima fonte energetica, non presenta particolari problemi con i materiali, si può contenere con estrema facilità in condotti o in grandi serbatoi. Il processo di distillazione, a cui il petrolio deve sottoporsi, consente anche di utilizzarlo in

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compatibilità con l’ambiente. Il suo svantaggio principale non è di natura tecnica, ma strategica. Infatti la garanzia di fornitura, data la sua presenza primaria in aree instabili politicamente, non è certa. Ciò influenza in maniera importante il prezzo. Si faccia riferimento alle tabelle dei prezzi e si possono evidenziare grosse differenze anche nel giro di un anno con l’altro.

Figura 6: andamento del prezzo del petrolio - bp Statistical Review of World Energy 2011.

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2.3.4. Il gas naturale Il gas naturale è caratterizzato dall’essere facilmente bruciabile, ma, in condizioni particolari, da poter dar luogo a miscele esplosive. In aree in cui esiste una rete di distribuzione viene utilizzato per usi domestici (riscaldamento e cucina). Storia e definizioni Si tramanda che i cinesi usassero il gas naturale, noto fin dall’antichità, canalizzandolo attraverso un sistema di piping fatto di canne di bambù tenute unite da pece. La comparsa significativa si deve far coincidere con le prime estrazioni di petrolio, infatti i due idrocarburi (petrolio e gas naturale) sono spesso presenti assieme nei giacimenti. In realtà, all’inizio, durante le estrazioni del petrolio il gas naturale era visto solo come un disturbo nelle operazioni e per bonificare la zona era consuetudine bruciarlo direttamente in torcia senza alcun recupero energetico. Negli Stati Uniti d’America, all’inizio del 1900, si pensò di sfruttare il gas costruendo i primi gasdotti che partivano dal giacimento di petrolio e gas e raggiungere l’utenza attraverso un idoneo trasporto. Via via si specializzano i gasdotti si rinvengono i primi giacimenti non collegati al petrolio e perciò detti di gas secco, tra cui quelli italiani. Ci sono poi, oggi, diversi importanti giacimenti di gas naturali rilevati, ma lontani dai possibili utilizzi e per ora quindi non collegati a sistemi di trasporto. (questo è detto gas remoto). Riserve e consumi Le riserve accertate di gas naturale ammontano a circa 150.000 Mtep, che corrispondono ad un rapporto R/P di circa 65 anni.

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Figura 7: rapporto R/P (Riserva / Produzione) di gas naturale – bp Statistical Review of World Energy 2011.

Attualmente il gas ha assunto un ruolo notevole coprendo circa il 25% dei fabbisogni energetici dell’uomo. Il consumo annuo di gas naturale è dell’ordine di 2.300 Mtep, tale da farlo diventare la seconda fonte energetica superando il carbone. Composizione Il gas naturale è composto prevalentemente da metano e può contenere altri idrocarburi e altri gas come CO2, N2, He, H2O e H2S e in tracce altri componenti. La sua composizione varia a seconda della provenienza e determina i pretrattamenti che deve subire per essere adeguato all’uso. Ad esempio si ricorda, perché molto importante da un punto di vista ambientale, è l’eliminazione fatta generalmente alla fonte dello zolfo. Il potere calorifico inferiore del gas naturale varia al variare della composizione, ma normalmente rientra tra le 8.000 e 9.000 kcal/Nm3. Stoccaggio Un importante aspetto del gas naturale è lo stoccaggio. Infatti l’estrazione e quindi produzione nell’area del giacimento vede tecnologicamente necessarie portate di gas naturale pressoché costanti. Ciò si sposa male con il fatto che una buona frazione dei quantitativi utilizzati del gas è legato ai fabbisogni di riscaldamento ambientale, che hanno un andamento temporale variabile. Ecco la necessità di accumulare il gas naturale, possono essere usati all’uopo giacimenti esauriti, come avviene in Italia.

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Trasporto Il trasporto del gas naturale, su apprezzabili distanze, è generalmente molto più costoso del trasporto del petrolio e del carbone. Le metodologie di trasporto sono:

• i gasdotti, sono la forma di trasporto più diffusa sia per mare che per terra, coprendo distanze di qualche migliaio di chilometri. Richiedono pesanti investimenti che per essere ammortizzati hanno bisogno della sicurezza di poter funzionare per lunghi periodi. Indicativamente il costo di trasporto, per 1.000 km, è calcolabile con la seguente formula

1000)000.1

05,01(

$21

××− d

ove il temine tra parentesi al denominatore dà il costo del consumo delle stazioni di pompaggio, d è la distanza da percorrere in km

- per d = 0 km si ha un costo di 21$/1000 Nm3, - per d = 10.000 km si ha un costo di 42$/1000 Nm3;

• le navi metaniere, rappresentano una forma di trasporto per mare alternativa ai gasdotti. E

risulta l’unica su grandissime distanze. Per poter effettuare il trasporto è necessario liquefare il gas naturale (detto così GNL ) prima di stivarlo a pressione atmosferica e a -161°C e farlo rievaporare prima di immetterlo nelle reti di trasporto (rigassificatori). La riduzione di volume specifico tra gas naturale in condizioni atmosferiche e gas naturale liquefatto (GNL) è pari a circa 600 volte. Tale metodo di trasporto come si può capire, dovendo avere prima dell’imbarco e allo sbarco un impianto di liquefazione ed uno di evaporazione (impianti importanti economicamente), è molto costoso. Indicativamente il costo di trasporto lo si può ottenere con la seguente formula

+ kmogniperNmNm

000.1__000.1

$75,1

000.1

$1033

ove il primo addendo è il costo per la liquefazione e rigassificazione.

Impiego Attualmente l’impiego di gas naturale per produzione di energia elettrica è in continuo sviluppo soprattutto per la grande diffusione delle turbine a gas e dei cicli combinati.

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2.3.5. Il nucleare Senza ombra di dubbio si può affermare che la “scoperta del nucleare” rappresenti una delle maggiori conquiste dell’uomo da sempre. Il 2 Dicembre 1942 un gruppo di scienziati diretti da Enrico Fermi tenne sottocontrollo per la prima volta una reazione a catena nucleare entro una pila atomica costituita da uranio e grafite. L’utilizzazione di questa fonte energetica vide inizialmente uno sviluppo bellico (costruzione di armi), solo poi si sviluppò un uso pacifico per l’uomo con la realizzazione di impianti nucleari di potenza per la produzione di energia. Premessa In questo capitolo vengono riportate alcune considerazioni generali relativamente all’energia nucleare, rimandando al capitolo dedicato i maggiori dettagli anche sui principi fisici. Tali considerazioni sono organizzate in singoli paragrafi per una maggiore chiarezza espositiva volta anche ad evitare qualsiasi strumentalizzazione pseudoscientifica. Riserve e produzione di energia nucleare nel mondo Le riserve di uranio utilizzabili ed economicamente sfruttabili con l’attuale tecnologia sono dell’ordine di circa 200.000 Mtep. Va anche detto che l’uranio , a differenza di petrolio e gas, è un elemento abbondante e presente un po’ ovunque sulla terra. Pertanto, accettando dei costi poco superiori agli attuali, le riserve aumenterebbero in modo molto significativo. Diventano poi praticamente inesauribili considerando la fertilizzazione degli elementi U238 e Th232, fertilizzazione già applicata e in continua ottimizzazione solo per il primo negli attuali reattori. Da ricordare che il Th232 è circa tre volte più abbondante dell’U238 sulla crosta terrestre. In base ai dati forniti dall’International Atomic Energy Agency (IAEA) ad oggi sono 433 gli impianti nucleari in funzione per una potenza complessiva installata di 366.555 GW(e) e 65 i nuovi impianti in costruzione. L’energia elettrica complessiva prodotta per via nucleare nel 2003 nel mondo è stata di circa 2.574 TWh. La variazione di produzione di energia elettrica per via nucleare ha visto un incremento di entità enorme: si è passati da meno di 50 Mtep nell’anno 1972 a valori superiori ai 610 Mtep del 2002. Analizzando gli ultimi anni, dopo l’evento di Chernobyl (di cui si accennerà nel capitolo dedicato al nucleare), la produzione elettronucleare ha avuto gli incrementi percentuali che nessun altra fonte ha avuto. Tale considerazioni ed altre osservazioni si possono trarre analizzando la tabella e il diagramma relativi, dettagliati per ogni Paese. Per molti Paesi industrializzati il nucleare costituisce una fonte importante e irrinunciabile della propria strategia energetica.

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Nel 2010 annovera, per gli impianti nucleari, i seguenti eventi:

• 5 nuovi impianti sono entrati in parallelo con la rete elettrica

o Rostov 2, 950 MW(e), PWR-VVER, Russia, (18 March)

o Rajasthan 6, 202 MW(e), PHWR, India, (28 March)

o Lingao 3, 1000 MW(e), PWR, China, (15 July)

o Qinshan 2-3, 610 MW(e), PWR, China, (1 August)

o Shin Kori 1, 960 MW(e), PWR, S. Korea, (4 August)

• 1 impianto è stato dismesso

o Phenix, 130 MW(e), FBR, France, (1 February)

• È iniziata la costruzione di 15 nuovi impianti

o Ningde 3, 1000 MW(e), PWR, China, (8 January)

o Taishan 2, 1700 MW(e), PWR-EPR, China, (15 April)

o Leningrad 2-2, 1085 MW(e), PWR-VVER, Russia, (15 April)

o Changjiang 1, 610 MW(e), PWR, China, (25 April)

o Ohma, 1325 MW(e), ABWR, Japan, (7 May)

o Angra 3, 1245 MW(e), PWR, Brazil, (1 June)

o Rostov 4, 1011 MW(e), PWR-VVER, Russia, (16 June)

o Haiyang 2, 1000 MW(e), PWR-AP1000, China, (21 June)

o Fangchenggang 1, 1000 MW(e), PWR, China, (30 July)

o Ningde 4, 1000 MW(e), PWR, China, (29 September)

o Yangjiang 3, 1000 MW(e), PWR, China, (15 November)

o Changjiang 2, 610 MW(e), PWR, China, (21 November)

o Kakrapar 3&4, 2x 630 MW(e), PHWR, India, (22 November)

o Fangchenggang 2, 1000 MW(e), PWR, China, (23 December)

o Fuqing 3, 1000 MW(e), PWR, China, (31 December)

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Figura 8: impianti in funzione e impianti e impianti in fase di dismissione – dati AIEA aggiornati al 20-09-2011

(http://www.iaea.org/programmes/a2/).

Figura 9: impianti in costruzione suddivisi per tipo – dati AIEA aggiornati al 20-09-2011

(http://www.iaea.org/programmes/a2/).

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Figura 10: impianti in costruzione suddivisi per paese – dati AIEA aggiornati al 20-09-2011

(http://www.iaea.org/programmes/a2/).

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Figura 11: impianti in funzione ordinati per numero di anni di funzionamento – dati AIEA aggiornati al 20-09-

2011 (http://www.iaea.org/programmes/a2/).

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Figura 12: copertura percentuale di produzione di energia elettrica per paese - dati AIEA aggiornati al 20-09-

2011 (http://www.iaea.org/programmes/a2/)

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Il nucleare e i combustibili fossili L’analisi e l’abbattimento delle emissioni prodotte dagli impianti di produzione di energia vengono trattati in un capitolo dedicato del corso. Nel seguito si elencano le voci di interesse per un confronto tra il nucleare e l’impiego dei combustibili fossili, rimandando tutti dettagli al capitolo sopraddetto. L’energia nucleare ha il grande vantaggio, a differenza dell’energia prodotta utilizzando combustibili fossili, di NON CAUSARE:

• emissioni inquinanti (ossidi di azoto, ossidi zolfo, monossido di carbonio, idrocarburi incombusti, particolato);

• emissioni con effetto serra, qualora fosse accertato (oggi non lo è ancora) il contributo antropico alla variazione del clima, allora l’emissioni rilevanti l’anidride carbonica e il metano. In tal caso l’opzione nucleare sarebbe l’unica soluzioni importante percorribile.

I problemi connessi all’energia nucleare Da un lato l’incidente di Chernobyl, il referendum in Italia, la posizione dei Paesi del mondo occidentale, dall’altro, come trattato in precedenza, i dati dello sviluppo della produzione elettronucleare, anche e soprattutto dopo l’evento di Chernobyl, che in modo tangibile evidenziano una continua e rilevante crescita mondiale. In una situazione poco trasparente, soprattutto in Italia, grazie ad una voluta cattiva informazione pseudoscientifica è necessario fare chiarezza. Pertanto si elencano nel seguito gli aspetti prioritari legati al nucleare e si cerca in modo sintetico di trattarli con un approccio scientifico. Le emissioni dei reattori nucleari Un reattore nucleare durante il normale funzionamento emette effluenti gassosi e liquidi in quantità piccolissime e con livelli di radioattività pari a qualche millesimo di volte in meno rispetto al fondo naturale, a cui gli uomini sono sottoposti quotidianamente. Un impianto nucleare non causa alcuna emissione tipica dei combustibili fossili, come precisato precedentemente. L’effluente di rilievo di un reattore nucleare sono le scorie radioattive (ovvero il combustibile irraggiato). Innanzitutto va detto che le scorie prodotte da un impianto nucleare sono diverse per qualità e per quantità da quelle di un impianto che utilizzi una fonte fossile. Per fare un confronto si considerino i dati in Tabella 4 e Tabella 5 relativi ad un reattore di 1.000 MW funzionante per 6.500 ore l’anno (pari ad una disponibilità del 74%), a confronto con impianti di potenza analoga alimentati con combustibili tradizionali.

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IMPIANTO SCORIE AUTOCARRI (da 25 m3/cad.)

quantità u.d.m Numero Nucleare 100 m3/anno 4 Carbone 250.000 m3/anno 10.000

Olio 10.000 m3/anno 400 Inceneritore RSU 2.000.000 m3/anno 80.000

Tabella 4: scorie prodotte da impianti alimentati da differenti fonti (potenza impianto 1.000 MW).

IMPIANTO OSSIDI DI AZOTO OSSIDI DI ZOLFO u.d.m.

Nucleare 0 0 tonnellate/anno Carbone 4.500 4.500 tonnellate/anno Petrolio 2.600 6.200 tonnellate/anno

Gas 3.300 0 tonnellate/anno Tabella 5: inquinanti prodotti da impianti alimenta ti da differenti fonti (potenza impianto 1.000 MW).

Le scorie nucleari possono essere suddivise in tre frazioni in base al livello di radioattività:

• a bassa radioattività, i tempi di dimezzamento (T1/2) sono brevi e in poche decine di anno decadono. Queste coprono il 90% in volume delle scorie complessive, pari a 90 m3 per l’impianto di 1.000 MW.

• a media radioattività, la cui radioattività diventa trascurabile al massimo di qualche secolo. Queste coprono il 7% in volume delle scorie complessive, pari a 7 m3 per l’impianto di 1.000 MW.

• ad alta attività, contenenti radionuclidi la cui vita media è molto lunga superiore ai 300 anni. Queste coprono il 3% in volume delle scorie complessive, pari a 3 m3 per l’impianto di 1.000 MW.

Assodato il fatto che i reflui di funzionamento per un impianto nucleare si riducono alle scorie radioattive, delle quali solo una frazione ridottissima è ad alta attività, a questo punto vediamo quali sono le modalità di gestione nel mondo. Due sono le strade oggi presenti:

• il ciclo chiuso, ovvero il combustibile irraggiato viene riprocessato e poi vengono suddivise le frazioni a diversa attività. Questa è la strada su cui sono orientati la Francia, l’Inghilterra e il Giappone;

• il ciclo aperto, tutto il combustibile irraggiato viene trattato in modo unitario come fosse tutto ad alta attività. Questa è la strada su cui sono orientati gli USA e la Svezia.

Attualmente le scorie radioattive vengono tenute sotto rigido controllo, in vasche, all’interno della centrale che le ha prodotte. Trascorso un anno la radioattività si è ridotta a poco più di un decimo. Dopo un certo periodo le frazioni a bassa e media attività vengono opportunamente incapsulate in contenitori speciali e depositate nei luoghi di confinamento a controllo storico in attesa che perdano la loro pericolosità. Per la frazione ad alta attività oggi la soluzione è quella della vetrificazione per quella derivante dal ciclo chiuso e lo stoccaggio in involucri stagni degli elementi di combustibili per la frazione derivante dal ciclo aperto e tutte, depositate in strutture geologicamente stabili.

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È da riportare anche che è allo studio con successo la “ricombustione” in reattore delle frazioni ad alta attività, inserite assieme con il combustibile fresco, in modo che i decadimenti nucleari trasformino gran parte della scoria in prodotti a bassa e media attività, per i quali basterebbe un controllo visivo storico. In base a quanto detto si può concludere che il problema delle scorie radioattive di un impianto nucleare esiste, ma può essere gestito. Si ritiene più importante e problematico per una corretta risoluzione il decommissioning, ovvero lo smantellamento di una centrale alla fine della sua vita. Aspetto questo rilevante e molto sentito dagli addetti ai lavori, ma trascurato ad esempio da tutte quelle correnti pseudo ambientaliste, forse perché non d’impatto sull’opinione pubblica. La sicurezza (incidenti di Chernobyl e di Three Mil e Island) La sicurezza ha assunto, fin dalla prima applicazione nucleare, un ruolo fondamentale a causa dell’enorme pericolo potenziale derivante dall’accumulo di quantità di prodotti radioattivi nel combustibile. L’ammontare totale di radioattività accumulata in un reattore dipende dal tempo e dalla potenza di funzionamento. Considerando ad esempio un reattore PWR da 1.000 MW si distinguono i seguenti materiali:

• combustibile fresco,è debolmente radioattivo con attività di 150 curie (5x1012 Bq); • combustibile irraggiato, nel punto di massimo irraggiamento del combustibile l’attività

arriva fino a 17x109 curie (6,3x1020 Bq). L’obiettivo primario della sicurezza è quello di salvaguardare l’incolumità del pubblico contro i pericoli di rilascio di prodotti radioattivi. Nessun altro pericolo esiste per il pubblico! E’ impossibile avere situazioni simili ad un’esplosione nucleare: ciò non è reso possibile da aspetti fisici. (Anche se da un punto di vista psicologico tale argomentazione falsa è usata per condizionare l’opinione del pubblico). I prodotti di fissione contenuti nel combustibile sono separati dall’ambiente esterno da tre barriere:

• la guaina dell’elemento di combustibile; • il circuito di ricircolazione; • il contenitore.

Si definisce incidente quell’evento, non intenzionale, che riduce l’integrità di una o più barriere al disotto dei livelli ammessi in sede di progetto. Pertanto un incidente non implica necessariamente un pericolo. Nei 45 anni di produzione di energia per usi civili da fonte nucleare sono avvenuti presso gli impianti alcuni incidenti, ma l’unico con coinvolgimento grave per la popolazione è stato quello di Chernobyl (26 aprile 1986) e sono attualmente in corso di valutazione gli effetti dell’incidente di Fukushima. L’incidente di Browns Ferry del marzo 1975 ha visto lo sviluppo di un incendio conseguente all’imprudenza di un operaio che utilizzò una candela per vedere attraverso un foro.

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L’incidente di Threee Mile Island (28 marzo 1979), nella sua gravità impiantistica che vide più del 60% della fusione del nocciolo, non ebbe alcuna conseguenza rilevante sulla popolazione circostante. Il disastro di Chernobyl al contrario ha avuto effetti sanitari rilevanti sulla popolazione. Va detto che si è verificato in un contesto tecnologico, procedurale e operativo molto anomalo. Dalla prima verifica sommaria ma autorevole, a dieci anni dall’accaduto, effettuata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per fortuna, sembra che i danni legati all’esposizione a radiazioni siano meno gravi del previsto. La non proliferazione nucleare Lo sviluppo dell’energia per fini militari ha contribuito ad accelerare i tempi e le scelte tecnologiche civili. Infatti gli studi di base, ricerche tecnologiche, sviluppo e costruzione di reattori e impianti di arricchimento furono effettuati all’inizio per esigenze militari. Si può quindi dire che nella prima fase l’applicazione civile sfruttò le ingenti risorse economiche militari stanziate per svilupparsi. Conseguentemente, ad esempio grazie alla presenza dei tre impianti di arricchimento dell’uranio, la cui realizzazione richiede investimenti colossali che solo alcuni Paesi sono in grado si sopportare, si individuarono come scelte tecnologiche per la filiera civile quelle che utilizzavano uranio arricchito, già presente con gli impianti sopraddetti (reattori ad acqua leggera LWR). Inoltre venne utilizzata l’esperienza maturata nella costruzione della propulsione dei sottomarini nucleari, coni reattori PWR. Successivamente le grandi potenze (soprattutto USA) per evitare la proliferazione delle armi nucleari, hanno adottato politiche restrittive per quanto riguarda la cessione dei materiali, delle tecnologie e degli stessi impianti nucleari. Economicità del nucleare L’economicità del nucleare è dimostrata da tempo, per maggiori dettagli si rimanda a quando si parlerà specificatamente degli impianti nucleari.

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2.3.6. Le fonti quasi inesauribili La fissione nucleare autofertilizzante Già citata in precedenza. Si rimanda alla lezione sugli impianti nucleari per il dettaglio fisico e tecnologico. La fusione nucleare Rispetto alla energia da fissione nucleare, che ha già visto il raggiungimento della sua maturità industriale, la fusione non è ad oggi ancora nella fase dello sviluppo industriale. Si rimanda alla lezione sugli impianti nucleari per il dettaglio fisico e tecnologico. Il calore endogeno (energia geotermica) Il calore endogeno è inteso come l’energia trasmessa per conduzione termica dal nucleo centrale della Terra verso la superficie. Il calore affiorante dal centro della Terra verso la crosta superficiale è circa pari a 1/15 W/m2 . La sua manifestazione può essere:

a) presenza di gradiente termico, il contributo a ciò è dovuto anche all’energia liberata dal materiale radioattivo naturale, facente parte della crosta terrestre stessa. Tale gradiente si può esprimere come aumento di 3°C ogni 100 metri di profondità. Il che vuol dire che la temperatura misurata alla profondità di 10.000 metri sarà superiore di 300°C rispetto a quella della superficie. (L’escavazione di pozzi di 10.000 metri di profondità rappresenta oggi un’operazione alquanto complessa e unica). Facendo due calcoli molto semplificati, che danno però l’idea dell’ordine di grandezza si potrebbero pensare a un volume di controllo di un ipotetico parallelepipedo appoggiato sulla crosta terrestre e immerso nelle profondità di superficie di 1 km2 e di profondità di 1 km (delta T pari a 30°C) si otterrebbe una quantità di calore in esso contenuto pari a qualche milione di tep. Questo è un risultato entusiasmante, ma non corretto. Infatti bisogna considerare

- di tale calore una parte è sicuramente anergia e quindi solo considerando il valore exergetico dell’energia si passa da qualche milione a qualche centinaia di migliaia di tep;

- tale valore si riduce considerando che tale calore è diluito in un volume di un miliardo di m3;

- inoltre tale calore rimasto deve essere estratto a spot a centinaia di metri di profondità.

Tali considerazioni per dire che la fonte energetica geotermica che vuole usare il gradiente termico ordinario non è perseguibile. Cosa ben diversa nel caso di fornitura naturale di calore già in superficie.

b) presenza di gradiente termico naturale già sulla crosta della Terra,giacimenti di acque

calde e pressurizzate, caverne con vapore e quanto altro già a disposizione sulla superficie terrestre sono sicuramente una fonte di estrema ricchezza. L’unica precauzione da

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mantenere è quella di sfruttare in modo ragionevole tali peculiarità per impedire che uno sfruttamento eccessivo e non idoneo possa far venire meno le condizioni che consentono questi efflussi energetici naturali.

c) presenza di energia geotermica imprigionata nelle rocce, lo sfruttamento dell’energia

geotermica imprigionata nelle rocce calde e secche si basa sulla penetrazione con acqua in tali ammassi (con pressioni idrauliche o esplosivi) e conseguentemente l’utilizzazione del vapore formatosi dal raffreddamento della roccia. Pur provata tecnicamente, tale strada oggi economicamente pare non percorribile.

Per concludere la geotermia utilizzabile si riduce a valori anche se sovrastimati non superiori a qualche centinaio di Mtep. (Si ricorda che attualmente a livello mondiale si raggiungono consumi di energia primaria pari a circa 10.000 Mtep.